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ARTE E ARCHEOLOGIA STUDI E DOCUMENTI 31 MAURO MINARDI LORENZO E JACOPO SALIMBENI Vicende e protagonisti della pittura tardogotica nelle Marche e in Umbria LEO S. OLSCHKI EDITORE 2008 ACCADEMIA RAFFAELLO – URBINO Tutti i diritti riservati CASA EDITRICE LEO S. O LSCHKI Viuzzo del Pozzetto, 8 50126 Firenze www.olschki.it Il volume e` stato pubblicato con il contributo di: L’Accademia ringrazia, per il sostegno accordato alla pubblicazione, il Ministero per i Beni e le Attivita` Culturali, l’Assessorato alla Cultura della Regione Marche e la Provincia di Pesaro e Urbino ISBN 978 88 222 5787 1 PRESENTAZIONE Sulla soglia di questo importante volume, di questa densa esplorazione che Mauro Minardi ha dedicato all’opera di Lorenzo e Jacopo Salimbeni da Sanseverino e alla pit- tura del primo Quattrocento nelle Marche – dall’alta valle del Potenza all’area picena, dal Montefeltro, a Urbino, alle localita`dell’Umbria meridionale –, non posso non rac- cogliere l’espressione discreta, ma intensa, del nostro animo: l’orgoglio e il compiaci- mento per avere, l’autore, voluto affidare e sottoporre il suo lavoro all’attenzione e al giudizio della nostra Accademia; la soddisfazione che la Casa Editrice Olschki abbia deciso d’accoglierlo in una collana del suo prestigioso catalogo; e, ultima ma non ulti- ma, la viva gratitudine per il sostegno che alla nostra iniziativa hanno voluto concreta- mente garantire, con generosa e sensibile partecipazione, la Fondazione Cassa di Ri- sparmio di Pesaro, la Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata, la Banca delle Marche s.p.a. e il Legato Albani di Urbino. GIORGIO CERBONI BAIARDI Presidente dell’Accademia Raffaello – Urbino — V — PREMESSA Scrivo ben volentieri queste righe di presentazione del libro dedicato ad un artista che mi ha sempre affascinato e di cui mi ero sempre proposto di approfondire lo stu- dio. Ricordo ancora vivamente l’impressione profonda provata, piu ` di quarant’anni or sono, davanti al ciclo salimbeniano dell’oratorio di San Giovanni Battista, in occasione della mia prima visita ad Urbino. La caleidoscopica vivacita`di quei racconti, nei quali la ricerca di acute osservazioni realistiche e l’atmosfera d’incanto di un mondo fiabesco si amalgamano con impeccabile eleganza d’esecuzione in un insieme organico, ne fa, no- nostante la sua non grande notorieta`, un testo davvero fondamentale della pittura del gotico internazionale e non solo nel contesto italiano. Firmati da Lorenzo Salimbeni in- sieme con il fratello Jacopo, questi affreschi stupendi sono per lo piu ` considerati lavoro di due mani, sebbene rivelino uno stile perfettamente unitario. Visto anche poi che gli esiti dei tentativi finora compiuti di identificare brani attribuibili a Jacopo e di restituire a quest’ultimo una fisionomia artistica autonoma, non hanno portato risultati convin- centi, ho maturato la convinzione che Jacopo intervenisse nel ciclo solo in un ruolo su- bordinato e che il catalogo solitamente collegato con i nomi di entrambi i fratelli in real- ta` spetti al solo Lorenzo. Mi fa piacere che l’autore dello studio qui pubblicato sia giunto a conclusioni simili. Il fatto che un artista di tale statura sia rimasto cosı` lungamente in ombra dipende probabilmente da vari fattori, non ultimo che – a differenza di Gentile da Fabriano e Pisanello – egli apparentemente non viaggiava molto, concentrando la sua attivita` tra l’Umbria e le Marche. Si puo`cosı`, almeno in parte, spiegare la distrazione degli studiosi che, seguendo l’esempio di Giovanni Battista Cavalcaselle, Adolfo Venturi e Pietro Toesca, ritenevano l’arte salimbeniana un fenomeno di importanza soltanto locale, ‘provinciale’; un pregiudizio che sicuramente contribuı` a frenare l’interesse della storio- grafia artistica per questo rilevante capitolo della storia della pittura tardogotica. Un altro motivo che influı` negativamente sull’apprezzamento della produzione di Lorenzo Salimbeni e`il fatto che il grande artista sanseverinate lavorava quasi esclusivamente nel campo della pittura murale: buona parte dei suoi lavori o e`andata completamente per- duta, o ci e`pervenuta gravemente diminuita a causa di guasti subiti. Va tenuta presente infine la brevita`della vita di Lorenzo, scomparso nel pieno della sua forza creativa poco piu ` che quarantenne. Di conseguenza, e`solo nel 1976 che esce la prima monografia dedicata all’artista da Alberto Rossi, figura di studioso che persone della mia generazione ricordano volentieri come funzionario della Soprintendenza di Urbino e fine conoscitore dell’arte marchi- giana. Il suo volume ben illustrato testimonia che, grazie ai risultati di campagne di re- — VII — PREMESSA stauro e di ritrovamenti piu ` o meno recenti, l’alto valore storico artistico dell’opera del maestro marchigiano in quel momento era ormai finalmente riconosciuto. Il libro del Rossi costituisce quindi il primo, ragguardevole passo verso la rivalutazione dell’arte salimbeniana, sebbene sia privo di un catalogo ragionato delle opere e vi si trovino al- cune manchevolezze sia sul piano dei giudizi critici che dell’informazione bibliografica. In seguito, una mostra organizzata nel 1999 a Sanseverino dal gia`Assessore alla Cultura, Vittorio Sgarbi, riunı` varie opere dell’artista e di maestri attivi nel suo ambiente, offren- do ulteriori, utili indicazioni per la conoscenza di Lorenzo. L’iniziativa era importante soprattutto perche´richiamava l’interesse anche del grande pubblico sulla straordinaria stagione della pittura marchigiana che si apre ai primi del XV secolo. Soltanto oggi, pero`, grazie agli assidui studi di Mauro Minardi, che ha gia` dedicato numerosi, validi interventi a vari aspetti della pittura dell’Italia centro-settentrionale dei secoli XIV e XV, abbiamo una monografia che si puo` considerare esaustiva su Lorenzo Salimbeni. Il Minardi, a parte una puntuale ricostruzione della sfortunata vicenda critica di Loren- zo, propone per la prima volta un’ipotesi plausibile sull’origine della sua pittura, che ritiene sia da ricercare nell’ambito della miniatura emiliana di fine Trecento. Offre quindi un’attenta analisi delle tappe successive della produzione di Lorenzo, e redige il catalogo delle opere a lui riconoscibili, nonche´ di quelle in passato – ma in modo non convincente – collegate con il suo nome o con quello del fratello, la cui personalita`, purtroppo, continua ancora a sfuggirci. Segue quindi un approfondito sguardo d’insie- me sul seguito dell’artista in Italia centrale. Grazie al ricco materiale, anche documentario, qui riunito e alle equilibrate valuta- zioni che il testo propone, il lavoro del Minardi sara`sicuramente apprezzato quale stru- mento valido e duraturo per la ricerca e non dubito che risultera` utile anche per gli amatori dell’arte che qui troveranno efficaci chiavi di lettura per essere introdotti nel mondo affascinante dell’arte di Lorenzo Salimbeni. MIKLO´ S BOSKOVITS — VIII — PREFAZIONE I colori semplici, come tinteggiati appena in un diluito ma- gnifico e luminoso [...] di rosa, di nero, di verde tenero, sono di quella bellissima famiglia cromatica che conoscia- mo al suo apogeo nei piu ` grandi coloristi italiani del tem- po, i fratelli Sanseverinati, operosi appunto in quei pressi. LONGHI 1927 , ed. 1967 , p. 134 . La parabola vissuta da Lorenzo e Jacopo Salimbeni appare tuttora come una meteo- ra nell’arte del gotico tardo in Italia centrale. I numerosi affreschi oggi noti punteggiano saldamente una geografia relativamente vasta nel cuore dell’Appennino, da Urbino a San Ginesio, da Gubbio a Norcia, coprendo un raggio d’azione che si spinge ben oltre la nativa Sanseverino. In tale tessuto, nel primo ventennio del Quattrocento, l’arte dei due fratelli, divagante di ornati, sfrondata in tonalita` fluide e trasparenti, amante di iperboli e paradossi sul piano espressivo come della sottigliezza della piu ` minuta calli- grafia, si accese come una fiammata improvvisa e altrettanto bruscamente si spense. Eppure, la presenza radicata di Lorenzo, e in subordine di Jacopo, in questo territorio non e`tra i fattori che abbiano agevolato il chiarimento della loro formazione, ne´aiutato a stabilire relazioni profonde con altre personalita` cresciute nel medesimo ambiente. Del trittico della Pinacoteca Comunale di Sanseverino, prima opera conosciuta di Lo- renzo, sappiamo tutto: autore, eta`di costui, data di compimento, committenti e desti- nazione, ma alle sue spalle vi e` un persistente mistero. L’eccentricita`di tale percorso nei luoghi dove ebbe a svilupparsi e`tra i motivi che hanno indotto piu ` studiosi, nel corso del Novecento, a stabilire contatti pregnanti con gli orientamenti di punta dell’arte ‘cortese’ nel Norditalia, se non di spicco europeo, e tra queste voci si segnala soprattutto quella di Roberto Longhi, in alcune pagine memo- rabili delle lezioni universitarie bolognesi del 1935-1936 , le quali costituiscono il com- mento piu ` alto riservato fino ad oggi alle storie del Battista di Urbino. Da tale interpre- tazione, gia`palesata da uno scritto del 1927 su Pietro di Domenico da Montepulciano, sortisce l’intuizione dei Salimbeni come protagonisti della facies meno ombrosa e ‘de- cadente’ dell’autunno del Medioevo, quella che al contrario fiorı` in un delizioso e pri- maverile paradiso cromatico, che il fondo espressivo di una poetica cosı` singolare unı` alla capacita`di toccare le corde piu ` sensibili del pathos o della palpitazione psicologica. In questo mio libro rapporti a maglie larghe sono talvolta evocati per contestualizzare le scelte di gusto di Lorenzo in un disegno