CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

*** RASSEGNA STAMPA 5 dicembre 2008

Titoli dei quotidiani

Professioni

Italia Oggi Misure anticrisi allargate

Italia Oggi Adepp, resta alta la tensione

Italia Oggi Casse, controlli sostitutivi

Giustizia

Il Sole 24 Ore Why not, interviene Napolitano

Il Sole 24 Ore A difesa della giurisdizione

Italia Oggi Processi amministrativi accelerati

Italia Oggi Sì al ddl sullo stalking in commissione giustizia camera

Italia Oggi Why Not, interviene Napolitano

La Repubblica Il prestigio infranto della giustizia italiana

La Repubblica "Why not", è guerra tra le procure in campo Napolitano

La Repubblica Le paure del Colle "Caso senza precedenti il Csm deve essere tutelato"

La Repubblica Alfano: giustizia nel caos, il Pd collabori

La Repubblica "Massoni, politici e poteri forti ecco chi ha fermato le mie inchieste"

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Corsera Riparte il tentativo di concordare la riforma della giustizia

Corsera Napolitano e la guerra tra pm «Effetti gravi, datemi notizie»

Corsera «Stop alle ritorsioni» La mossa del Colle

Corsera Saladino, spunta la lista con i nomi dei politici

Corsera E Mancino rispolvera il diario ingiallito: “Non feci io quella telefonata

Messaggero “Why Not”, Procure in guerra e avvisi di garanzia incrociati

Messaggero “Vicenda senza precedenti”, Napolitano chiede notizie

Messaggero La mossa del Colle: fermare la guerra tra toghe

GIURISPRUDENZA

Italia Oggi Saltare l’assegno non è un reato

FLASH

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - *** Professioni Previdenza

Gabriele Ventura, Italia Oggi pag. 43

Misure anticrisi allargate Il governo deve varare misure anticrisi per i professionisti. E affrontare i problemi delle libere associazioni. Questo il doppio appello, l’uno degli ordini, l’altro delle professioni senza albo, lanciato nel corso del convegno «new deal per le professioni», organizzato a Montecitorio da Pierluigi Mantini (Pd) e Michele Vietti (Udc). Dove sono intervenuti, tra gli altri, esponenti del Cup e del Colap. «Così come sono stati previsti provvedimenti eccezionali per alcuni settori dell’economia», ha detto il vice coordinatore del Cup, Roberto Orlandi, «sono necessari interventi ad hoc anche per i professionisti. Innanzitutto, vista la crisi, non sono applicabili gli studi di settore, ma le contabilità ordinarie, che sono un’ottima prova di garanzia». Sulla riforma delle professioni, invece, il Cup ha ribadito che va presa in considerazione la proposta di legge di iniziativa popolare che giace in parlamento. «Abbiamo raccolto 65 mila firma e la nostra proposta non è decaduta», ha spiegato Orlandi, «da lì bisogna ripartire. Sono convinto infatti che non si procederà con una riforma a pezzi, semplicemente Alfano sta cercando di risolvere i conflitti di competenze tra notai, avvocati e commercialisti». Per il Colap, invece, il governo deve affrontare i problemi delle libere associazioni perché ormai «sono diventate un’emergenza sociale». «Non è pensabile oggi sentire ancora qualcuno sostenere che le professioni non regolamentate, perché non vi è nessun albo o percorso formativo giuridicamente riconosciuto che le regolamenti», ha detto il coordinatore del Colap Giuseppe Lupoi, «siano dei semplici fenomeni sociologici e per questo irrilevanti in quanto professionisti. Stiamo parlando di milioni di professionisti tra consulenti di direzione, esperti in logistica, pubblicitari, informatici, sociologi, mediatori familiari, interpreti, grafologi, formatori, tributaristi e molti altri ancora che il Colap rappresenta e che sono allo stato di fatto una realtà del sistema professionale non un fenomeno». All’appuntamento hanno partecipato anche i tributaristi dell’Ancit. «L’incontro ci ha finalmente liberato da una situazione di inerzia», ha commentato la vicepresidente Raffaella Firpo, «dovuta all’atteggiamento del governo, sul tema delle professioni e del riconoscimento delle associazioni».

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Italia Oggi pag. 43 Adepp, resta alta la tensione

Doveva essere la giornata cruciale per il futuro dell’Adepp, l’associazione degli enti di previdenza privatizzati/privati dei professionisti che da qualche mese vive una frattura interna. Invece si è conclusa con un nulla di fatto. Con il presidente Maurizio de Tilla, ancora una volta, convinto che la nuova riunione del 10 dicembre salverà l’unità del comporto previdenziale. Ma con i presidenti delle casse dissidenti (ovvero quelli che chiedono un azzeramento dei vertici e nuove elezioni perché dell’attuale direttivo due su tre non sono più presidenti dei rispettivi enti) che hanno lasciato la riunione a metà, dopo l’ennesima contestazione. Secondo quanto appreso da ItaliaOggi, infatti, registrata la volontà di non fare un passo indietro è iniziato un acceso dibattito che non ha permesso la riunione di andare avanti. Tanto da interromperla per riprenderla la prossima settimana. «Qualunque dialogo può essere ripreso», sottolinea il vicepresidente contestato Antonio Pastore, «nell’auspicio che sia dato ancora valore ad un principio cardine della democrazia: il consenso. Quando questo è espresso attraverso il voto». Diverso l’esito della riunione tecnica, invece. I direttori generali delle casse infatti hanno discusso del contratto collettivo dei dipendenti degli istituti previdenziali che aspetta di essere rinnovato.

Ignazio Marino, Italia Oggi pag. 43 Casse, controlli sostitutivi

«Se il governo vuole rivedere il sistema dei controlli sulle casse di previdenza dei professionisti è libero di farlo. Abbiamo 18 diversi modelli di valutazione a cui ci sottoponiamo. Se si vogliono concentrare in capo alla Covip queste attività va anche bene. Parliamone. Sia chiara una cosa, però: nessun intervento può essere imposto alle casse di previdenza». È questo il commento del numero uno della previdenza privatizzata/privata, Maurizio de Tilla, alla notizia, che ItaliaOggi ha anticipato sul numero di ieri, del progetto del ministero del lavoro di applicare un giro di vite nei controlli sulla gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile degli enti dei professionisti. «Questo governo ha già dato dimostrazione di voler dialogare con le professioni», aggiunge de Tilla, «e non credo voglia venir meno a questo metodo. Di fronte a una novità di questa importanza mi aspetto che se ne possa parlare in maniera serena analizzando i pro e i contro. Di controlli ne abbiamo fin troppi. A questo punto non serve un controllo aggiuntivo, ma semmai sostitutivo di quelli attuali».

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Antonio G. Paladino, Italia Oggi pag. 36

Processi amministrativi accelerati

Un processo amministrativo più snello e che si chiuda in tempi ragionevoli, razionalizzando termini processuali e individuando misure, anche transitorie, che possano definitivamente eliminare l’arretrato. Inoltre, al bando la prova di preselezione informatica che consente l’ammissione al concorso per il conferimento di posti di notaio. Tuttavia, i candidati che in tre precedenti concorsi saranno dichiarati non idonei, avranno, per sempre, le porte chiuse a un successivo concorso. Infine, all’Avvocatura dello stato partono i fondi perequativi alimentati dai proventi per compensi arbitrali, come previsti dalla manovra finanziaria varata la scorsa estate. Queste alcune delle novità che si desumono dagli emendamenti che il governo ha presentato al testo del disegno di legge sulla competitività (il n.1082) attualmente all’esame congiunto delle commissioni affari costituzionali e giustizia di Palazzo Madama. Le commissioni torneranno a riunirsi per esaminare il ddl dopo il 12 dicembre. Nuovo processo: Il governo intende emanare uno o più decreti legislativi con obiettivi ben precisi. Innanzitutto, assicurare la snellezza del processo in termini di ragionevole durata, anche attraverso una «razionalizzazione» dei termini processuali e individuando misure «anche transitorie» che possano eliminare l’arretrato (che ci sia all’orizzonte un’amnistia?). L’obiettivo, secondo l’intendimento governativo messo nero su bianco nell’emendamento, potrà altresì essere raggiunto riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, disciplinando «ed eventualmente riducendo» i termini di decadenza o prescrizione delle azioni e razionalizzando e unificando la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini. L’emendamento prevede che il decreto (o i decreti delegati) di riforma del processo amministrativo, siano emanati su proposta del presidente del consiglio dei ministri. Tuttavia, lo stesso premier potrà delegare al consiglio di stato la stesura dell’articolato, attraverso una commissione speciale che potrà essere integrata da magistrati di tribunali amministrativi regionali e da un massimo di cinque esperti in materia di processo amministrativo. Concorso notaio: Il governo ha anche inserito un nuovo articolo, il 39 bis, al testo del ddl competitività, denominato «semplificazione delle procedure per l’accesso al notariato». In tale disposizione si prevede la soppressione della prova di preselezione informatica per l’ammissione al concorso. Ma ci sono novità sul versante concorsi per accedere al conferimento dei posti di notaio. Si prevede infatti che non possono essere ammessi al concorso i candidati che siano stati dichiarati inidonei in tre precedenti concorsi. Ovviamente la «tagliola» scatterà dall’entrata in vigore del disegno di legge, per cui non si terrà conto delle dichiarazioni di non idoneità rese in concorsi banditi in data anteriore. Chi barerà al concorso la pagherà cara. I «furbetti» che saranno espulsi dopo la dettatura dei temi saranno considerati «non idonei», andando pertanto a incidere nella «franchigia» delle tre prove a propria disposizione. Tra le altre novità, quella per cui dalla data di entrata in vigore della legge, il concorso sarà svolto annualmente.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Fondi Avvocatura: All’Avvocatura dello stato nascono due fondi perequativi dei proventi derivanti da incarichi arbitrali, che, così come disciplina l’articolo 61, comma 9 del decreto legge n.112/2008 (la manovra finanziaria estiva) sono alimentati dal 50% dei compensi spettanti al dipendente pubblico sia per l’attività di componente che di segretario di collegi arbitrali. Pertanto sono due i fondi che il governo, con l’introduzione di un nuovo articolo al ddl competitività, il 26-bis, intende far decollare. Al fondo perequativo dei proventi derivanti da incarichi arbitrali, si affianca quello del personale amministrativo dell’Avvocatura. Quest’ultimo alimentato dalla quota dei proventi che derivano dagli incarichi di segretario di collegi arbitrali. A questo fondo, confluiranno, altresì una quota delle competenze spettanti agli avvocati e ai procuratori dello Stato ex articolo 21 del RD n.1611/1933.

Italia Oggi pag. 37 Sì al ddl sullo stalking in commissione giustizia camera

Chiunque minacci o compia atti persecutori nei confronti di qualcuno rischia il carcere fino a quattro anni. Se poi a molestare è il coniuge (anche separato o divorziato), il convivente o il fidanzato la detenzione può durare fino a sei anni. È questa una delle principali novità del testo, appena approvato dalla commissione giustizia della camera, che introduce il reato di stalking nel nostro ordinamento con un nuovo articolo: il 612-bis del codice penale. Ma il provvedimento, atteso in aula per il 16 dicembre, stabilisce anche che nei confronti del molestatore si possa disporre l’allontanamento fino a un anno dalla casa o dal luogo di lavoro della vittima o anche, ad esempio dalla scuola dei figli. La proposta di legge, che ha ottenuto il via libera con voto bipartisan, ora dovrà passare l’esame dell’aula della camera e del senato. E, se approvata, entrerà in vigore il giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Ecco le novità in sintesi (si veda anche ItaliaOggi di ieri). Atti persecutori: È con questo termine che il nuovo reato verrà indicato nel codice penale. In sostanza la norma prevede la reclusione da sei mesi a quattro anni per chiunque «molesta o minaccia taluno con atti reiterati e idonei a cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero a ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero a costringere lo stesso ad alterare le proprie scelte o abitudini di vita». Le aggravanti: La pena aumenta se a molestare è il coniuge, anche se separato o divorziato, o il convivente o il fidanzato (anche ex). Si prevede più carcere anche se la vittima è un minore o un diversamente abile e se gli atti persecutori sono stati commessi usando armi, o da persona travisata, o con scritto anonimo. Querela e procedibilità d’ufficio: Il delitto è punito sempre a querela di parte. Ma si può procedere d’ufficio se il reato è commesso nei confronti di un minore o di un disabile e anche quando il molestatore era già stato ammonito dal magistrato. Ammonimento: Prima di presentare querela, la vittima può anche raccontare il suo calvario alla pubblica autorità chiedendo che questa ammonisca il responsabile degli atti persecutori. Il questore, nel caso ritenga fondata la denuncia della persona offesa, ammonisce oralmente l’accusato e lo invita a tenere una «condotta conforme alla legge». Se la persecuzione continua, il magistrato potrà procedere d’ufficio contro di lui. Divieto di avvicinamento: Il testo prevede che il giudice possa intimare all’imputato di non avvicinarsi ai luoghi normalmente frequentati dalla vittima. O quanto meno di mantenersi a distanza. E il divieto può durare anche fino a un anno. Niente comunicazione con i figli: Al molestatore si può vietare anche di comunicare con qualsiasi mezzo, non solo con la vittima, ma anche con i prossimi congiunti.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Il Caso De Magistris

Barbara Fiammeri, Il Sole 24 Ore pag. 14 Why not, interviene Napolitano

Nella guerra tra le procure di Salerno e Catanzaro sul caso De Magistris interviene il Capo dello Stato, che parla di “questione senza precedenti” chiedendo ai procuratori generali dei due uffici giudiziari “ogni notizia” e ogni “atto utile” al fine di conoscere meglio la situazione che “presenta aspetti di eccezionalità, con rilevanti, gravi implicazioni di carattere istituzionale”. L’iniziativa di Napolitano arriva dopo il sequestro, deciso dalla procura di Salerno mercoledì, dei documenti relativi alle inchieste Why not e Poseidone sulle quali indagava De Magistris, successivamente trasferito a Napoli dal Csm. I Pm salernitani sospettano che i loro colleghi calabresi abbiano sottratto illegalmente le inchieste a De Magistris, al fine di favorire gli indagati tra cui esponenti del mondo politico come l’ex Guardasigilli Clemente Mastella e l’ex premier Romano Prodi. Dopo la contro risposta dei magistrati calabresi che hanno proceduto a loro volta a un contro sequestro degli atti delle due inchieste e ipotizzando per i sette colleghi salernitani il reato di abuso di ufficio e interruzione di pubblico servizio, è arrivata la mossa del Capo dello Stato che ha ricevuto il plauso da entrambi gli schieramenti politici, fatta eccezione dell’Idv. La preoccupazione di Napolitano è la stessa dell’Associazione nazionale magistrati, secondo cui è in gioco la stessa “credibilità” della funzione giudiziaria, mentre l’Unione delle camere penali chiede che si proceda rapidamente alla riforma della giustizia e del Csm. La pensa così anche il Guardasigilli , che alla luce della vicenda chiede a Veltroni di “accettare il percorso delle riforme” a meno che “non voglia farsi scrivere il programma da Di Pietro”.

Donatella Stasio, Il Sole 24 Ore pag. 14 A difesa della giurisdizione

Che sia un “caso senza precedenti” lo ha scritto il Segretario generale del Quirinale, Donato Marra, nella lettera al Procuratore generale presso la Corte d’appello di Salerno così come “senza precedenti” è anche l’iniziativa di Giorgio Napolitano che ieri, per ben due volte è intervenuto nella guerra tra le due procure come garante del buon funzionamento della giurisdizione e della sua “indefettibilità” sancita dalla Corte costituzionale. Il Capo dello Stato è “gravemente preoccupato” per il rischio, più che concreto, che il processo resti paralizzato sine die. Napolitano ha chiesto “notizie” e,solo “ove possibile”, gli atti dell’inchiesta. Ben consapevole di muoversi su un terreno minato, nel rispetto delle specifiche iniziative di competenza dei vertici della magistratura. Il problema è che si è verificato un corto circuito istituzionale per cui un processo è stato, di fatto bloccato. La vicenda, oltre che inquietante, è diventata surreale e grottesca con Salerno che indaga sulle toghe di Catanzaro e sequestra l’inchiesta Why not e Catanzaro che sequestra gli atti sequestrati e indaga sui colleghi salernitani. A Napolitano non interessa il merito, cioè se l’indagine sottratta a De Magistris sia giusta o sbagliata ma interessa sapere se il sequestro era davvero l’unica via d’uscita o se, invece, esistono rimedi endoprocessuali per evitare la paralisi dell’inchiesta. Glielo impone la Costituzione, in quanto garante del buon funzionamento delle istituzioni.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Giuseppe D’Avanzo, La Repubblica pag. 1 Il prestigio infranto della giustizia italiana

Si può immaginare che Silvio Berlusconi se la goda come mai se l´è goduta negli ultimi quattordici anni di conflitto frontale con la magistratura. Mai Berlusconi e con Berlusconi tutti coloro che hanno in odio il controllo giurisdizionale hanno avuto un giorno di così vittoriosa, piena, gratificante gioia come questo giovedì 4 dicembre 2008. È una data da annotarsi perché sotto questa luna la magistratura, come ordine (potere) dello Stato, autonomo e indipendente da qualsiasi altro potere, raggiunge il punto più basso del suo prestigio istituzionale; livelli infimi di attendibilità, di rispetto di se stessa, di ossequio alle regole. Si infligge da sola, come in preda a una follia autodistruttiva, un´umiliazione che lascerà tracce durevoli. Coinvolge nella mischia, ingaggiata irresponsabilmente da due procure (Salerno, Catanzaro) anche il capo dello Stato. Giorgio Napolitano chiede notizie e, se non segreti, atti dell´inchiesta che i due uffici, come bambini prepotenti e irresponsabili, si sequestrano e  etro pensieri i accusandosi reciprocamente di reato. Non c´è nessuno che si salva in questa storia, da qualsiasi parte si guardi. La procura di Salerno indaga, su denuncia di Luigi De Magistris, sugli ostacoli che hanno impedito al magistrato di concludere le inchieste Why Not e Poseidone. Mette sotto accusa i procuratori di Catanzaro; il procuratore generale della Cassazione che ha promosso il provvedimento disciplinare contro De Magistris; il sostituto procuratore generale che ha sostenuto l´accusa al palazzo dei Marescialli; il vicepresidente del consiglio superiore e, nei fatti, l´intero Consiglio. Con un decreto di perquisizione di 1.700 pagine (1.700!) porta via da Catanzaro i fascicoli delle inchieste ancora in corso. La procura di Catanzaro replica che l´iniziativa è «un atto eversivo». Mette sott´inchiesta, a sua volta, le toghe di Salerno per abuso d´ufficio e interruzione di pubblico servizio e si riprende i fascicoli. Il presidente della Repubblica, dinanzi all´inerzia di una procura generale della Cassazione, si muove. Con un´iniziativa senza precedenti e, secondo alcuni addetti impropria, chiede a Salerno notizie utili sull´inchiesta (contro Catanzaro) e più tardi lo stesso fa con Catanzaro (contro Salerno). Ci sarà tempo e modo per affrontare nel merito il groviglio di questioni sollecitate da questo pasticcio. In queste ore di sconcerto, è forse utile ricordare che le inchieste di De Magistris, un generoso magistrato lasciato colpevolmente isolato in un opaco ufficio giudiziario, sono state valutate nel tempo da un giudice per le indagini preliminari, da un tribunale del riesame, dalla Corte di Cassazione. Sempre De Magistris ha avuto torto. Circostanza sufficiente per concludere, come in passato, che le sue inchieste sono eccellenti e attendibili ricostruzioni “giornalistiche” di un sistema di potere, ma un fragile quadro penale. Per di più, messo insieme con mosse «abnormi». O per lo meno giudicate tali, e censurate, dal procuratore generale della Cassazione, dal plenum del Csm, dalla Corte di Cassazione (respinge il ricorso di De Magistris). È una sequela di giudizi inequivocabili che la procura di Salerno cancella con un colpo di spugna come se fosse dinanzi al più gigantesco dei complotti. Senza attardarsi a dirci, finalmente, se le inchieste di De Magistris sono fondate o deboli (e magari dandosi da fare per rafforzarle, se incompiute), Salerno fa leva sulle accuse di De Magistris per partire lancia in resta contro Catanzaro con un decreto di perquisizione di 1.700 pagine. Ora un cittadino qualsiasi pensa che il magistrato che firma un decreto come quello, alto due spanne, di migliaia di pagine, non vuole chiudere davvero l´inchiesta. Pretende solo che si sappia di quali ingredienti, ancora tutti da accertare, sia fatta l´inchiesta. Vuole un´eco pubblica ingrassata dalle suggestioni e non da fatti accertati e documentati. Chiede soltanto pubblicità e, al di fuori del processo, prima di un processo, una condanna pubblica per i coinvolti, quale che sia il loro coinvolgimento. Deve essere questo che consiglia a Salerno di sequestrare le carte e non di chiedere, più utilmente e pacificamente, una copia degli atti. Catanzaro, dal suo canto, non è da meno. Avrebbe potuto rivolgersi alla procura generale della

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Cassazione (il più alto livello della funzione requirente) e sollevare un conflitto di competenza. Preferisce lo scontro aperto. Per sedarlo interviene Napolitano. Sono ore di smarrimento per chi ha fiducia nella funzione giudiziaria. Un ufficio essenziale dello Stato di diritto pare affidato a bande che si fanno la guerra in modo così estremo e furioso da coinvolgere anche l´arbitro. Del tutto irresponsabilmente, stracciano ogni apparenza di decoro, di leale collaborazione istituzionale, ogni traccia di rispetto delle regole e delle sentenze già scritte. Un cittadino non può che pensare che la sua libertà personale, i suoi beni, la sua reputazione sono affidati a una consorteria scriteriata e incosciente. Non può che prendere atto che il “potere diffuso” della giurisdizione è fallito come si è rivelato una rovina la gerarchizzazione degli uffici. Non può che concludere che la magistratura (per l´imprudenza o l´arroganza di pochi) appare non consapevole che autonomia e indipendenza si declinano con responsabilità o si perdono per sempre. Mentre Berlusconi si starà stropicciando le mani dalla soddisfazione, e il ministro Alfano si fa subito avanti con una proposta di riforma bipartisan, quel cittadino dovrà chiedersi se ora prevarrà almeno il buon senso prima che nei palazzi di giustizia appaia il cartello di «chiuso per fallimento».

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Giuseppe Baldessarro, Alberto Custodero La Repubblica pag. 2 “Why not”, è guerra tra le procure in campo Napolitano: datemi notizie

Scambio di avvisi di garanzia fra giudici di Salerno e quelli di Catanzaro: i primi indagano i secondi e viceversa. È guerra aperta fra magistrati sul caso De Magistris. Ma sul conflitto fra le due procure (quella di Salerno ha perquisito gli uffici giudiziari dei colleghi di Catanzaro che hanno reagito con una controdenuncia per interruzione di pubblico ufficio), è intervenuto il capo dello Stato. Attraverso la segreteria generale, Giorgio Napolitano – che è anche presidente del Consiglio superiore della magistratura – ha chiesto alle due procure in conflitto «notizie» e «ogni atto utile a meglio conoscere una vicenda senza precedenti». Questa iniziativa del Quirinale, tuttavia, ha registrato la perplessità del presidente emerito della Corte Costituzionale, Antonio Baldassarre, secondo cui, «in passato, non è mai accaduto niente del genere. Il presidente della Repubblica non ha il potere per chiedere atti all´autorità giudiziaria non essendoci alcuna norma costituzionale che lo consenta». «Riserve» sul passo del Colle sono state avanzate anche dal leader dell´Idv. «Con tale decisione – ha commentato Antonio Di Pietro – si rischia la criminalizzazione preventiva e preconcetta dell´attività di indagine che sta svolgendo la procura di Salerno nei confronti dei colleghi magistrati calabresi e di atti di indagine coperti da segreto istruttorio». A favore della richiesta di «notizie» da parte di Napolitano s´è invece espresso il leader del Pd, Walter Veltroni, secondo il quale il presidente della Repubblica ha agito «al fine di garantire, com´è nei suoi compiti istituzionali, il regolare funzionamento dell´attività giudiziaria oggi messo in forse». Ma lo scontro fra procure (il procuratore di Catanzaro definisce la perquisizione del suo ufficio ordinata dai colleghi salernitani addirittura «un atto eversivo»), ha provocato anche un terremoto al Csm per le notizie relative a una telefonata che il vicepresidente avrebbe fatto al principale indagato dell´inchiesta why not di De Magistris, Antonio Saladino. Immediata la replica di Mancino: «Quella telefonata fatta nel 2001, quando non ero più presidente del Senato, e De Magistris non era ancora a Catanzaro – ha detto con amarezza – non l´ho fatta io, ma un mio collaboratore che in quel periodo intratteneva rapporti personali con Antonio Saladino, con il quale condivideva la militanza in Comunione e Liberazione e nella Compagnia delle Opere». «Non vorrei – ha detto ancora il vicepresidente del Csm – che su di me ci fosse l´ombra del sospetto: se un´eventualità del genere dovesse accadere, o se una campagna di stampa dovesse incidere sulla mia autonomia, non esiterei ad andarmene, togliendo l´incomodo». A Nicola Mancino è arrivata il sostegno assoluto del plenum del Csm. «Gli attacchi al vicepresidente – ha dichiarato il togato di Magistratura democratica, Livio Pepino – mira a colpire tutti noi. Bisogna avere grande rigore e trasparenza con una risposta dura che ci porta a non farci intimidire». Solidarietà bipartisan a Mancino anche dal mondo politico, dall´opposizione dallo stesso Di Pietro, e dalla maggioranza dal capogruppo in Commissione Giustizia alla Camera Enrico Costa.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Giorgio Battistini, La Repubblica pag. 2 Le paure del Colle “Caso senza precedenti il Csm deve essere tutelato”

I primi “rumori”su quanto stava accadendo, di nuovo, intorno al caso De Magistris sono arrivati a Napoli, agli inizi della visita di Giorgio Napolitano in quella città. Il presidente ne ha parlato a villa Rosebery col segretario generale del Quirinale Donato Marra, che l´accompagnava nella visita. Rientrato a Roma il capo dello Stato ha potuto prendere atto, da vicino (anche in qualità di presidente del Csm) che il caso si stava  etro pensie oltre misura. In una situazione oltretutto priva di precedenti, priva cioè di punti di riferimento utilizzabili per una decisione. Da qui l´improvvisa, inedita decisione. Chiedere informazioni e, se possibile e necessario, prendere visione di tutte le «notizie sul caso». Un modo per interporsi nella lite fra magistrati chiedendo “le carte” per vedere chi s´è spinto troppo in là. Un modo anche, o forse soprattutto, per “coprire” preventivamente il vicepresidente dello stesso Consiglio superiore della magistratura, Nicola Mancino, di cui Napolitano è, costituzionalmente, il numero uno. La preoccupazione maggiore che ha mosso il capo dello Stato nella sua decisione di studiare le carte in vista d´una pacificazione, è tuttavia la funzionalità giudiziaria. L´urgenza di evitare un blocco delle attività giudiziarie in seguito al braccio di ferro in corso. Da qui la decisione del presidente di affidare al segretario generale del Quirinale (il numero due della presidenza della Repubblica, a tutti gli effetti) una indicazione operativa esplicitamente «su incarico del presidente Napolitano». Ecco, per la prima volta da quand´è stato eletto presidente, il capo dello Stato è stato investito d´una procedura repubblicana con un «atto pubblico e costituzionale» in una vicenda che allo stato attuale ancora non si configura come materia di lavoro per il Consiglio superiore della magistratura. Un intervento per raffreddare la disputa in corso, straordinaria e senza precedenti. Difficile dire quali scenari apre la mossa presidenziale. Difficile anche e soprattutto perché si tratta di un atto senza precedenti costituzionali cui fare riferimento. Un atto la cui eccezionalità è essa stessa unità di misura per valutare la tempesta istituzionale in corso. Infatti nella lettera che Donato Marra ha scritto in nome e per conto del capo dello Stato si chiede la «urgente trasmissione di ogni notizia e, ove possibile, ogni atto utile a meglio conoscere una vicenda senza precedenti» che al di là di ogni questione di merito (chi ha torto e chi ragione) ha «gravi implicazioni di carattere costituzionale» a partire dal rischio di «paralisi della funzione processuale», cosa che rappresenta di fatto una «compromissione del bene costituzionale dell´efficienza del processo». In serata si è appreso che lo stesso Marra, che appunto aveva chiesto «ogni utile informazione» sulla vicenda alla procura di Salerno «ha rivolto analoga richiesta anche al procuratore generale di Catanzaro». E dunque le iniziative per superare la paralisi dei processi restano affidate agli «organi di vertice dell´ordine giudiziario». Vale a dire al Consiglio superiore della magistratura.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Emilio Gioventù, Italia Oggi pag. 4 Why Not, Interviene Napolitano

In Italia si sta per abbattere una crisi morale potenzialmente devastante. E l’unico ad accorgersene è il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ne coglie i segnali e scende prepotentemente in campo. Caso Napoli, con i sussurri di nuove tempeste giudiziarie e politiche con un suicidio (quello dell’ex assessore Giorgio Nugnes) sulla coscienza, questioni morali, amministrazione della giustizia: il capo dello Stato in pochi giorni concentra tutti gli sforzi che consegneranno alla storia il suo settennale mandato presidenziale. L’ultimo intervento ieri, quello più dirompente, presagio di una nuova bufera sulla questione giustizia. E anche in questo caso l’impressione è che si tratti soprattutto di questione morale. La cronaca quirinalizia registra la scossa tellurica. È il terremoto De Magistris, il giudice al quale fu strappata di mano l’inchiesta Why not che coinvolgeva anche l’ex premier Romano Prodi e l’ex guardasigilli Clemente Mastella. Atti e informazioni sulla vicenda sono stati chiesti dal segretario generale della presidenza della Repubblica, Donato Marra, al procuratore generale presso la Corte di appello di Salerno. Il giorno prima la locale procura aveva effettuato perquisizioni e sequestri nei confronti di magistrati e uffici della Procura Generale presso la Corte di appello di Catanzaro e della Procura della Repubblica che tolsero l’inchiesta a all’ex pm ora in servizio a Napoli. «Una vicenda senza precedenti» per Napolitano «che presenta aspetti di eccezionalità, con rilevanti, gravi implicazioni di carattere istituzionale, primo tra tutti quello di determinare la paralisi della funzione processuale cui consegue», scrive Marra al pg di Salerno dando voce alle inquietudini del capo dello stato. E che questo sia un bubbone pronto a esplodere lo si intuisce dalla reazione del vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Nicola Mancino, alle notizie di un presunto coinvolgimento nell’inchiesta salernitana: «Non vorrei avere sulla mia persona neppure l’ombra di un sospetto. Il giorno che dovesse accadere non avrei esitazione a lasciare». Appena pochi giorni prima, Napolitano durante una visita ufficiale nella sua città Natale aveva mandato inequivocabili messaggi agli amministratori locali, (governatore) e Rosa Russo Iervolino (sindaco di Napoli) costringendo poi di fatto il leader del Pd, Walter Veltroni, ad affrontare finalmente con la questione morale napoletana. A Napoli il presidente della Repubblica chiedeva di «mettere in discussione la qualità della politica, ‘efficienza delle amministrazioni pubbliche e l’impegno a elevare il grado complessivo di coscienza civica». Parole forti che affondavano in un corpo già scosso dal suicidio di un ex amministratore e debilitato dai timori della mega inchiesta della Procura partenopea che coinvolgerebbe assessori comunali, amministratori locali, dirigenti di maggioranza e di opposizione che secondo le accuse avrebbero messo in piedi una cabina di regia per la gestione di mega appalti in città. Questo, almeno si sussurra, facendo sprofondare la città amministrata dalla Iervolino e la Regione governata da Bassolino in un presagio cupo. E imbarazzante per Veltroni, che adesso vuole i suoi amministratori rossi lontano dalla gestione della politica all’ombra del Vesuvio. E mercoledì prossimo a Roma la resa dei conti con il segretario democratico che chiederà a Bassolino di farsi da parte come promise sotto gli schiaffi dell’emergenza rifiuti e lo stesso passo forse chiederà alla Jervolino. Perché non si dica, come ha denunciato il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky due giorni fa che a sinistra senza una guida centrale comandano soltanto i potentati locali. Soltanto i cacicchi.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Vladimiro Polchi, La Repubblica pag. 3 Alfano: giustizia nel caos, il Pd collabori

È l´implosione dell´ordine giudiziario, che non solo si trasforma in potere, ma pretende anche di non incontrare limiti». Il Guardasigilli, Angelino Alfano, coglie al volo l´occasione. La guerra tra procure gli offre infatti il destro per rilanciare la sua riforma della giustizia: «Mi auguro che questa vicenda faccia aprire gli occhi al Pd e lo induca a votare con noi». E il Pd? Per ora rispedisce al mittente l´invito.In un´intervista al Foglio, il ministro della Giustizia avverte che «per la responsabilità che la Costituzione mi assegna, non posso non ravvisare l´onta che finisce per coprire l´intero ordine giudiziario». Spostandosi sul versante più prettamente politico, Alfano «si augura che la ferma presa di posizione di Napolitano faccia aprire gli occhi al Pd e lo induca a votare con noi le riforme costituzionali. Il partito di Veltroni non ha altra strada: o accetta, con noi, il percorso delle riforme liberali o accetta di farsi scrivere il programma da Antonio Di Pietro. Non esiste altra via che quella di una buona riforma della giustizia per segnare un confine certo tra il Pd e il cosiddetto partito dei giudici». Poi, chiude con una frecciata al sindacato dei magistrati: «Mi abbaglia l´imbarazzato silenzio dell´Associazione nazionale dei magistrati. Forse stanno preparando una memoria integrativa all´Onu. Quella presentata a metà novembre contro Berlusconi e contro di me, forse non basta più». Eppure sullo scontro in corso tra procure, l´Anm era già intervenuta nel pomeriggio: «Oggi siamo sgomenti e preoccupati per quanto sta accadendo. È in gioco la credibilità della funzione giudiziaria», avevano sottolineato il presidente dell´Anm Luca Palamara e il segretario Giuseppe Cascini, chiedendo a «tutti il rigoroso rispetto delle regole». Quanto al Pd, la replica ad Alfano arriva per bocca del ministro ombra della Giustizia, Lanfranco Tenaglia: «Il ministro deve comprendere che il confine tra riformismo e conservatorismo sulla giustizia, è fra coloro che come il Pd ritengono che una buona riforma significhi ridare efficienza al sistema e ridurre i tempi dei processi e coloro che pensano invece all´eterno conflitto fra magistratura e politica. Per questo abbiamo presentato una piattaforma organica di riforma, che affronta anche la questione del corretto rapporto fra poteri dello Stato, ma per noi la priorità è quella di aver sentenze rapide e certezza della pena». Insomma, «su questi temi il Pd è pronto al confronto. Per ora, però, dal ministro Alfano abbiamo ascoltato solo proclami: di proposte concrete la più importante è stata solo il lodo che porta il suo nome».

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Francesco Viviano, La Repubblica pag. 3 “Massoni, politici e poteri forti ecco chi ha fermato le mie inchieste”

Le inchieste «Why Not», «Poseidone» e «Toghe Lucane», dovevano essere fermate ad ogni costo. I personaggi a vario titolo coinvolti, erano «eccellenti» e «potenti». C´erano politici, massoni, magistrati, imprenditori in odor di mafia e tanto altro. E su tutto questo ci fu anche il «silenzio» del presidente della Repubblica Napolitano, «nonostante avessi pubblicamente auspicato un suo intervento». Queste le accuse che il pm Luigi De Magistris, titolare di quelle inchieste ha consegnato ai colleghi di Salerno in numerosi interrogatori. Accuse che mercoledì scorso hanno portato al sequestro degli atti negli uffici di Catanzaro, provocando un terremoto, giudiziario ma anche istituzionale. Le indagini su Mastella: Il 12 novembre 2007, quando non è più titolare delle inchieste, avocate dai suoi superiori di Catanzaro, De Magistris viene interrogato dai pm di Salerno e racconta: «Togliendomi “Poseidone” loro mi hanno voluto lanciare un messaggio per cercare di fermarmi. Ancora non sapevano del livello che avevano raggiunto “Toghe Lucane” e “Why Not”. Allora hanno dovuto accelerare la mia richiesta di trasferimento cautelare e qui si innestano poi, evidentemente, anche delle sinergie istituzionali… E´ ovviamente inquietante il silenzio istituzionale sulla vicenda – per esempio – del trasferimento cautelare e in qualche modo sul coinvolgimento di Prodi e Mastella (indagati da De Magistris ndr)… Io credo che non si sia mai visto che un ministro della Giustizia chieda il trasferimento cautelare di un magistrato che indaga sul presidente del Consiglio di cui lui è ministro e che regge in modo determinante la maggioranza che è un po´ fragile, e soprattutto che chiede il trasferimento di chi sta lavorando in qualche modo su di lui. E il ministro Mastella lo sapeva benissimo delle intercettazioni che lo riguardavano direttamente… quindi vuol dire che necessariamente si è disposti anche a mettere sul tappeto il rischio di una rottura istituzionale sui rapporti tra esecutivo e magistratura o anche una rivolta dell´opinione pubblica o dei magistrati a fronte di un atto così grave…». Il caso Prodi: Sempre nell´interrogatorio del 12 novembre De Magistris spiega le «accelerazioni» per togliergli le inchieste e trasferirlo ad altra sede. «L´accelerata era evidente, cioè loro dovevano fermare l´inchiesta e l´inchiesta “Why Not” e si comprende perché. Perché coinvolge in modo serio Romano Prodi con ipotesi di reato serie e sicuramente già accertate nei confronti di suoi strettissimi collaboratori, in particolare Piero Scarpellini, Sandro Gozi e che soprattutto lasciava intravedere un discorso molto interessante di riciclaggio di denaro dalla Calabria a San Marino, e i risultati che stavamo raggiungendo erano straordinari… stavamo entrando nel pieno coinvolgimento del ministro Mastella soprattutto sul discorso dei finanziamenti pubblici che lui otteneva. Per esempio attraverso la gestione de «Il Campanile», il giornale dell´Udeur a fini privatistici. Oppure i rapporti tra Mastella, il generale Poletti e il costruttore Valerio Carducci. Non solo, ma nell´indagine “Why Not” erano in corso accertamenti riservatissimi in collaborazione con la Procura di Reggio Calabria sull´omicidio Fortugno».

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - La massoneria segreta: «Le indagini «Why Not» - racconta De Magistris ai magistrati di Salerno – stavano ricostruendo l´influenza dei poteri occulti. In particolare si stavano ricostruendo i contatti intrattenuti da Giancarlo Elia Valori, Luigi Bisignani, Franco Bonferroni ed altri e la loro influenza sul mondo bancario ed economico finanziario. Elia Valori pareva risultate, dagli accertamenti preliminari che stavamo svolgendo con la massima riservatezza, ai vertici della massoneria «contemporanea». Elia Valori si è occupato spesso di lavori pubblici. Nel recente passato, agli inizi del 2000 ha trovato anche una sponda rilevante a sinistra, all´interno del governo D´Alema, in . E si era anche interessato di telefonia, - settore in cui, come poi dirò, si è interessato anche il professor Francesco Delli Priscoli, figlio del pg della Cassazione Mario (che aveva promosso l´azione disciplinare nei confronti di De Magistris ndr). Non posso però non tenere conto dei seguenti elementi, pur se non si volesse mettere in discussione onestà e serenità di giudizio delle persone elencate: sul vice presidente del Csm, Nicola Mancino (che presiede la sezione disciplinare che dovrà giudicarmi) che ha già fatto intendere in una intervista che avrei violato il codice etico della magistratura, del consigliere togato, Fabio Roja, del giudice Luerti attuale presidente dell´Anm che ha stretti rapporti con la Compagnia delle Opere».

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Massimo Franco, Corriere della Sera, pag. 2 Riparte il tentativo di concordare la riforma della giustizia

Non è frequente osservare un capo dello Stato costretto ad arginare la rissa fra due procure: neppure in Italia. L’iniziativa con la quale ieri Giorgio Napolitano ha chiesto informazioni su due procedimenti in corso a Salerno e a Catanzaro, in guerra fra loro, ha il sapore dell’eccezionalità; ma riflette una situazione altrettanto eccezionale, ed allarmante per le conseguenze che sta avendo. L’«aperto, aspro contrasto fra Uffici giudiziari» denunciato nel comunicato del segretario generale del Quirinale, Donato Marra, rappresenta un’autodelegittimazione della magistratura. E ridà forza automaticamente a quanti nel governo invocano una riforma del Csm e della giustizia. La procura di Salerno ha sequestrato gli atti processuali di quella di Catanzaro sul processo all’ex pm Luigi De Magistris. Offeso, il procuratore generale di Catanzaro, Vincenzo Iannelli, ha disposto una sorta di  etro pensieri i, bloccando il trasferimento dei documenti. E intorno si è creata una gora torbida di veleni, fughe di notizie, che hanno indotto Napolitano ad intervenire: tanto più che l’inchiesta sembrava riguardare perfino il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, il quale si è difeso con forza davanti al Consiglio, ottenendone l’appoggio. Ma i veri contraccolpi di questa vicenda scivolosa promettono di essere politici. Il Guardasigilli, Angelo Alfano, ha già chiesto al centrosinistra di votare col governo il testo col quale il centrodestra vuole riformare il sistema giudiziario: un tentativo fatto nei mesi scorsi, e naufragato fra mille polemiche. Il modo in cui sta riaffiorando il problema finisce tuttavia per rilanciarlo. E tende per l’ennesima volta i rapporti nell’opposizione fra il Pd di Walter Veltroni e l’Idv di Antonio Di Pietro. Il primo elemento di contrasto è il giudizio divergente sulla richiesta di Napolitano alle procure. Il Pd ha appoggiato il capo dello Stato; Di Pietro invece lo ha criticato, accusandolo di bloccare i processi in corso. Si tratta di un rilievo rispedito al mittente: nel senso che ad interrompere l’inchiesta di Catanzaro, viene fatto notare, sarebbe semmai il sequestro degli atti chiesto dalla procura di Salerno. Ma a radicalizzare lo scontro è la coincidenza con alcuni scandali in incubazione nelle giunte di centrosinistra. Dalla Campania a Firenze, il Pd è lacerato dalla cosiddetta «questione morale». E Di Pietro sta approfittando di queste difficoltà per incalzare Veltroni. Pretende dagli alleati un «codice etico interno» in vista delle elezioni europee di primavera. E ricorda che da due anni chiede le dimissioni del governatore della Campania, Antonio Bassolino, ex diessino, logorato dall’emergenza dei rifiuti. Palazzo Chigi osserva la rissa fra giudici e fra avversari politici a distanza, ma non troppo. L’obiettivo è doppio. Nell’immediato, si tratta di difendere la mossa del capo dello Stato, che ha agito «non come presidente del Csm ma come presidente della Repubblica», secondo il ministro della Giustizia, Alfano; e con il «solo scopo di tutelare la giurisdizione». A medio termine, si punta invece ad un risultato più ambizioso e azzardato: spingere il Pd a recidere l’ultimo cordone ombelicale con quello che la maggioranza berlusconiana chiama «il partito dei giudici».Alfano spiega in un’intervista al Foglio che «siamo all’implosione di un ordine giudiziario». Registra quanto sta accadendo fra Catanzaro e Salerno come una vergogna. E sostiene che a Veltroni ormai rimarrebbe una sola strada: «O accetta con noi il percorso delle riforme liberali. O accetta di farsi scrivere il programma da Antonio Di Pietro». Lo smarcamento dalla magistratura come premessa per approvare riforme costituzionali concordate; e per ridisegnare il potere e le funzioni di procuratori e giudici, a cominciare da quella separazione delle carriere che si è rivelata sempre un tabù. Per la sinistra, sarebbe la rottura con un passato quasi ventennale, ormai. E la fine traumatica dell’alleanza con l’Idv dell’ex pm di Mani pulite. Per questo, lo strappo definitivo non si consumerà facilmente, nonostante tutto.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Dino Martirano, Corriere della Sera pag. 2 Napolitano e la guerra tra pm «Effetti gravi, datemi notizie»

La guerra delle procure sul caso De Magistris –con i carabinieri schierati da ieri a difesa del palazzo di Giustizia di Catanzaro contro le incursioni dei magistrati di Salerno ora  etro pensieri i dai colleghi calabresi-ha generato un pauroso effetto domino, costringendo il capo dello Stato a un doppio richiamo senza precedenti per il rispetto rigoroso delle regole processuali. Ma la guerra delle procure sta anche offrendo al Guardasigilli, Angelino Alfano, un’occasione irripetibile: «Siamo all’implosione del sistema giudiziario e mi auguro che questa vicenda, e la ferma e responsabile presa di posizione di Napolitano, faccia aprire gli occhi al Pd e lo induca a riforme costituzionali che, senza finalità ritorsive, siano al servizio del Paese».Ben prima che il governo elaborasse la sua strategia, dal Quirinale era dunque partita una prima lettera indirizzata al procuratore generale di Salerno, Lucio Di Pietro, firmata dal segretario generale del Colle, Donato Marra: «Il presidente Napolitano mi ha dato incarico di chiederLe la urgente trasmissione di ogni notizia e –ove possibile –di ogni atto utile a meglio conoscere una vicenda senza precedenti che-prescindendo da qualsiasi profilo di merito-presenta aspetti di eccezionalità, con rilevanti, gravi implicazioni di carattere istituzionale primo tra tutti quello di determinare la paralisi della funzione processuale…». Ma poi-quando a Catanzaro si consumava il contro sequestro dei fascicoli dell’inchiesta Why Not sequestrati 72 ore fa dai magistrati campani-il Quirinale era costretto ad aggiustare il tiro chiedendo ogni «informazione utile » anche alla procura calabrese. Quanto alle intenzioni del governo e di Alfano, che ha fatto la sua offerta al Pd scegliendo il Foglio per farsi intervistare, siamo vicini al punto di non ritorno per dirla con le parole di Giuseppe Maria Berruti (togato di Unicost al Csm): perché «quando un ordine autonomo non riesce a darsi una regola di responsabilità forte e credibile può succedere di tutto….». E ieri a Catanzaro «succedeva di tutto»: in procura c’erano ancora i carabinieri inviati dalle toghe di Salerno controllati, però, dai carabinieri di Catanzaro mobilitati dal procuratore generale, Iannelli, che ha parlato di atto eversivo dei colleghi campani ora denunciati per abuso d’ufficio per il sequestro Why Not. Insomma, un clamoroso conflitto di competenza. Mentre a Catanzaro succedeva di tutto –con l’effetto paradosso che l’inchiesta tolta a suo tempo a Luigi De Magistris (punito per i metodi disinvolti usati e trasferito a Napoli) potrebbe slittare nella competenza della procura di Roma-tra i magistrati montavano i timori che tutto questo offra al governo l’occasione per concretizzare la riforma del Csm e la separazione della carriere tra pm e giudici. E l’intervista di Alfano ha confermato i timori espressi assai timidamente dall’Anm: «Siamo sgomenti e preoccupati, è in gioco la credibilità dell’ordine giudiziario», ha detto il presidente Luca Palamara.Poi il Csm-per bocca dei consiglieri Berruti, Pepino, Riviezzo, Patrono, Anedda e Siniscalchi-ha solidarizzato con il vicepresidente Nicola Mancino che pure aveva ipotizzato di togliere l’incomodo se ombre e sospetti lanciati da campagne di stampa si addosseranno su di lui per aver incontrato nell’85 Antonio Saladino. Poi indagato nell’inchiesta all’origine della guerra tra le procure.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Marzio Breda, Corriere della Sera pag. 2 «Stop alle ritorsioni» La mossa del Colle

Le prime informazioni sulla svolta che stava per avvenire nello scontro tra Procure, il capo dello Stato le ha avute all’inizio della settimana a Napoli. Riservatamente. E il suo allarme è cresciuto di ora in ora, dopo una serie di sondaggi istruttori con il vicepresidente del Csm Mancino, con il Guardasigilli Alfano, con il procuratore generale della Cassazione Esposito. Finché l’urgenza di «vederci chiaro» e di fare il possibile per evitare una crisi istituzionale e spegnere «la logica delle reciproche ritorsioni» -così si esprimono sul Colle –lo ha spinto a un’iniziativa senza precedenti, come del resto «senza precedenti » è il conflitto sul caso De Magistris. È nato dunque da un’estrema preoccupazione il suo sofferto intervento di ieri, in due tempi e su un doppio fronte. Anzitutto sul palazzo di giustizia di Salerno e poi su quello di Catanzaro (ciò che è servito a bilanciare la propria azione, preservando un’immagine di neutralità del Quirinale), in modo da acquisire «ogni notizia e ogni atto utile a meglio conoscere» la situazione. Vale a dire che, con l’aiuto dei consiglieri giuridici e del segretario generale Marra, già mobilitato, il capo dello Stato intende indagare fino in fondo e vagliare il rispetto delle regole in una prova di forza ormai tanto destabilizzante da mettere in torsione il sistema. Quando si sarà formato un’opinione precisa e completa, proverà a imporre una tregua. Un tentativo comunque difficile, e Giorgio Napolitano l’ha verificato di persona nelle ultime ore. È infatti bastato l’annuncio della sua iniziativa per scatenare, accanto a un coro di consensi dei poli, alcune pesanti reazioni critiche (del senatore a vita Cossiga, del presidente emerito della Consulta Baldassarre e del leader dell’Idv Di Pietro), in cui si recriminava su una «criminalizzazione preventiva» verso l’attività d’indagine di Salerno e si obiettava su un presunto sconfinamento dalle prerogative che la Costituzione gli assegna. Ciò che ha costretto il Colle a precisare in serata-con una rincorsa di spiegazioni e con un terzo comunicato- che il presidente non ha commissariato nessuno, ma si è curato di difendere il «bene costituzionale» della efficienza del processo, bloccato da sequestri e  etro pensieri i. Che ovviamente non prende parte ad alcun «complotto » ed è rimasto sempre nell’alveo delle proprie competenze, intervenendo nella funzione di garante dell’equilibrio tra poteri (nella veste di capo dello Stato, quindi, e non in quella di «numero uno» del Csm). Che si è limitato a chiedere non gli atti dell’indagine, ma notizie procedurali e non processuali della vicenda. E che «specifiche iniziative», a partire da eventuali provvedimenti disciplinari, restano affidate a organi diversi.Nella marea montante di veleni che intanto s’incrociano tra Salerno e Catanzaro, qualche schizzo tossico coinvolge addirittura Nicola Mancino, vicario di Napolitano a Palazzo dei Marescialli. E qui la partita si fa delicatissima, anche perché qualcuno pretenderebbe di reclutare il presidente della Repubblica da una parte o dall’altra dei contendenti, almanaccando su eventuali  etro pensieri che avrebbero ispirato la sua azione e interpretandola come fiancheggiamento o sconfessione di Mancino.In realtà basta ripensare alla sintonia con cui hanno affrontato insieme certi momenti tesi del Csm negli ultimi due anni per sgombrare l’idea che non gli sia oggi solidale.Il sequestro Carabinieri inviati dai pm di Salerno escono dalla Procura di Catanzaro con i computer sequestrati ai magistrati calabresi

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Virginia Piccollillo, Corriere della Sera pag. 3 Saladino, spunta la lista con i nomi dei politici

Stavolta a dirlo sono le carte della procura di Salerno e le agende di Antonio Saladino. Luigi De Magistris aveva puntato le indagini verso un intreccio potente di interessi. Un grumo di affari, potere, amicizie eccellenti che metteva d'accordo politici di maggioranza e opposizione, magistrati e imprenditori contigui alla mafia, generali e vescovi con l'aiuto di raffinati tessitori. Per questo le sue inchieste «Why Not», «Poseidone » e «Toghe Lucane» dovevano essere sottratte a lui, frantumate e disperse. Le accuse: L'inchiesta che scuote il mondo politico e istituzionale fino al Colle riparte da lì. Dalle accuse del magistrato, nel frattempo spogliato delle indagini e trasferito a Napoli. Poi ripercorre il filo delle sue inchieste che si incentrano sulla figura di Antonio Saladino, «punto apicale di Cl e della Compagnia delle Opere della Calabria». E tra i vorticosi contatti spunta il nome del vicepresidente del Csm, che ha sempre sostenuto di aver incontrato Saladino una sola volta nell'85, presentatogli da un giovane candidato alle elezioni. C'è la telefonata «di ben 183 secondi » partita dall'utenza di Mancino e giunta a Saladino, che l'ex presidente del Senato ha precisato venne compiuta da un suo collaboratore. Ma di lui parla anche Caterina Merante, socia di Saladino: la testimone dalla quale è scaturita tutta l'indagine. «Nel corso di questi anni in almeno tre occasioni Antonio Saladino ha avuto modo di riferirmi di incontri da lui avuti con Nicola Mancino, anche quando era presidente del Senato». Le agende di Saladino: Il 26 febbraio 2008 De Magistris ricostruisce la rete di relazioni di Saladino attraverso la consultazione delle agende che lui stesso aveva sequestrato durante una perquisizione all'indagato. Le agende sono poi state trasmesse alla procura di Salerno. Dagli appuntamenti emerge un quadro molto più ramificato di quanto si era pensato ai tempi dell'indagine su Prodi quando spuntarono i nomi del senatore di Forza Italia Pittelli, di Luigi Bisignani, del generale della GdF Poletti. Saladino aveva rapporti bipartisan. Si va da «La Torre, numero progressivo 04, credo esponente ds molto vicino all'on. D'Alema». Interessante per il pm l'incontro La Torre e Valerio Carducci «collegamento del Saladino con gli ambienti politici romani». Al numero 07 «il generale della Guardia di Finanza Adinolfi. Sul quale — riferisce De Magistris — stavamo concentrando l'attenzione proprio quando è intervenuta l'avocazione». Al numero 09 il nominativo «ritengo, dell'onorevole Minniti». Poi vicino a quello di Carducci. Il 12 luglio appuntamento con Mastella. E un «incontro con un vescovo». Il 26 ottobre «riferimento all'ex ministro dell'Interno Pisanu, all'europarlamentare Sandro Gozi (vicino a Prodi). Nelle agende anche i nomi dei «coniugi Bassolino» (n.85). Il fratello dell'ex ministro Antonio Marzano (96). E dell'attuale ministro Renato Brunetta. Al numero 115 si annota: «Carducci da Corrias/ Alemanno; Pisanu Angelo X Ancitel; Poletti ». I politici: Nello svolgimento delle indagini emergono molti altri politici contattati da Saladino. Si va dall'ex segretario ds Nicola Adamo a , ai presidenti della Regione Calabria, Giuseppe Chiaravalloti e Agazio Loiero, ai quali Saladino promette voti. De Magistris parla anche della società Tesi, «riconducibile alla moglie dell'ex segretario Ds» che aveva avuto commesse nell'informatica, nella sanità e nell'ambiente. In essa figurano «rappresentanti di quasi tutti i partiti politici. Dalle sinistre «alla famiglia Abramo, Sergio già sindaco di Forza Italia, Why not, riconducibile all'epoca a Saladino il quale aveva rapporti di affari stretti e intensi con la cosiddetta Loggia di San Marino e gli ambienti molto vicini al presidente del Consiglio Prodi».A far scalpore sono però soprattutto le accuse di De Magistris ai colleghi. Non ha risparmiato nessuno. Rammaricandosi anche per il mancato intervento del presidente della Repubblica «un intervento che avevo auspicato pubblicamente». Nelle 1800 pagine di decreto di perquisizione e sequestro, le accuse sono tutte nero su bianco.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Contro i colleghi: Il 12 novembre 2007 De Magistris accusa i colleghi: «Togliendomi Poseidone mi hanno voluto lanciare un messaggio per cercare di fermarmi perché ancora non sapevano ancora del livello che avevano raggiunto Toghe Lucane e Why Not». Per questo «hanno dovuto accelerare la mia richiesta di trasferimento cautelare e qui si innestano poi, evidentemente, anche delle sinergie istituzionali perché è ovviamente inquietante il silenzio istituzionale sulla vicenda, per esempio, del trasferimento cautelare e in qualche modo il coinvolgimento di Prodi e Mastella (indagati da De Magistris ndr)... Io credo che non si sia mai visto che un Ministro della Giustizia chieda il trasferimento cautelare di un magistrato che indaga sul Presidente del Consiglio di cui lui è ministro e che regge in modo determinante la maggioranza che è un po' fragile e soprattutto che chiede il trasferimento di chi sta lavorando in qualche modo su di lui... e il ministro Mastella lo sapeva benissimo, intercettazioni che lo riguardavano direttamente... quindi vuol dire che necessariamente si è disposti anche a mettere sul tappeto il rischio di una rottura istituzionale sui rapporti tra esecutivo e Magistratura o anche una rivolta dell'opinione pubblica o dei magistrati a fronte di un atto così grave...». I legami d'affari: Il pm De Magistris denuncia anche legami di tipo affaristico che si consolidano attraverso la costituzione dell'Istituto per il turismo del Sud e la nuova Merchant spa con il supporto della Banca Nuova Spa con sede in Palermo. «È questo il caso della Free foundation for research on european economy».

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Dino Martirano,Corriere della Sera pag. 3 E Mancino rispolvera il diario ingiallito: “Non feci io quella telefonata

Apre un cassetto chiuso a chiave e ne cava fuori un mazzo di agende da tavolo ingiallite dal tempo: «Vi sto dimostrando che non posso essere preoccupato... Non ho timori per cose che non ho fatto. Infatti, eccole qua, qui scrivo tutto, meticolosamente... E non chiedetemi se ho imparato da Andreotti (che si difese con le unghie al processo di Palermo anche grazie alle sue agende, ndr), perché io ho iniziato negli anni '50, imitando il ministro dell'Industria Fiorentino Sullo che esibì la sua agenda in Tribunale a Roma dove si giudicava un sindaco dell'Avellinese accusato di truffa ai danni dello Stato». Il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, dopo aver detto al plenum che ove ci fossero «ombre e sospetti» sul suo operato lui sarebbe pronto «a togliere senza esitazioni l'incomodo », si chiude nel suo studio. E si sfoga. «Eccola », dice sventolando la fotocopia della sua agenda alla data 30 aprile 2001, il giorno in cui il consulente Genchi della procura di Salerno addebita alla sua utenza fissa una telefonata all'ex presidente della Compagnia delle Opere Antonio Saladino. E sventola pure la lettera autografa del suo ex collaboratore Angelo Arminio che scrive: «Quella telefonata l'ho fatta io, dall'utenza fissa della segreteria politica del presidente Mancino».Mancino è amareggiato, ma vuole togliersi un sassolino dalla scarpa. «Sono sempre stato culturalmente distante dall'area di Comunione e Liberazione...». Saladino, già ai vertici della Compagnia delle Opere, «mi venne presentato nell'85 da un giovane candidato avellinese ma poi con lui non ho intrattenuto rapporti. In ogni caso, sono fatti del 2001, anno in cui Saladino non era indagato da De Magistris che arrivò a Catanzaro solo a novembre del 2002... Ma poi, scusatemi, anche se l'avessi fatta io la telefonata, dovevo forse scoprire prima se il mio interlocutore fosse indagato? Quel giorno, in campagna elettorale, io ero in giro per la provincia di Avellino con appuntamenti nella parrocchia di San Ciro, alle 18, e in contrada Municipio, alle 19, quando mi si attribuisce una telefonata fatta alle 18.47 dall'utenza fissa della mia segreteria politica. La telefonata, dunque, l'ha fatta Armonio, il nipote del ministro Salverino De Vito, che aveva una moglie, purtroppo deceduta, molto legata a Cl e a Saladino».Mancino, a questo punto, ripone le agende e cerca di far capire che lui non ha proprio nulla da temere dai pm di Salerno. «Non so se ci sono indagini nei miei confronti... Ma come si fa a parlare di complotto contro De Magistris? Qui si vuole coinvolgere Mancino come presidente della sezione disciplinare che lo ha giudicato, il pg di udienza Vito D'Ambrosio, il pg della Cassazione Mario Delli Priscoli che aveva avviato l'azione disciplinare contro di lui... Ci manca solo che venga chiamato in causa l'intero Csm. Per noi la vicenda di De Magistris è definitivamente chiusa con la sentenza delle sezioni unite della Cassazione».«Ma ora il problema, assai grave, è un altro: l'anomalia è che la procura di Salerno ha fatto mettere in cassaforte i faldoni di Why Not, un'inchiesta in corso, con conseguenze sulle indagini e sui diritti della difesa. Non voglio parlare io, ma è un fatto che il Pg di Catanzaro abbia definito la perquisizione "un atto di eversione perché così si blocca un nostro fascicolo tra l'altro prossimo alla chiusura". Ecco dove sta il problema segnalato anche dal capo dello Stato... ». Mancino, a questo punto, si congeda perché, forse, si rende conto che ha parlato troppo: «Sono reattivo perché, ripeto, non posso essere preoccupato per cose che non ho fatto...».

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Massimo Martinelli, Il Messaggero pag. 6 “Why Not”, Procure in guerra e avvisi di garanzia incrociati

Se non ci fosse di mezzo lo sgomento dei vertici dello Stato e la preoccupazione seria dei rappresentanti delle toghe, a guardarla bene questa vicenda potrebbe essere tranquillizzante. Perchè se sei magistrati di una procura piccola come quella di Salerno si mettono a scrivere un mandato di perquisizione da 1.700 pagine per sequestrare un fascicolo giudiziario in carico ai colleghi catanzaresi e per indagarli, e questi rispondono ri- sequestrando lo stesso fascicolo e ri-indagando a loro volta i colleghi di Salerno, allora viene da pensare che in quelle terre insanguinate improvvisamente sia tornata la legalità. E che i magistrati non abbiano di meglio da fare per evitare di girarsi i pollici in procura. Invece non c’è niente di cui rallegrarsi. «E’ un'onta su tutto il sistema giudiziario», taglia corto il Guardasigilli Angelino Alfano. E osserva che adesso come non mai sarebbe il caso di mettere mano ad una seria riforma della giustizia. E adesso come non mai «il partito di Veltroni non ha altra strada che quella di votare il cambiamento insieme alla maggioranza». Ma andiamo con ordine.Tre giorni fa il procuratore di Salerno Luigi Apicella, affiancato da alcuni sostituti, aveva inviato cento carabinieri a Catanzaro, con una missione precisa: tornare con il fascicolo completo e in originale (cioè decine di faldoni) della ormai celebre inchiesta Why Not, quella in cui il pm De Magistris ipotizzava collegamenti pericolosi tra imprenditori pregiudicati e pezzi dello Stato. Per aprire le porte del tribunale di Catanzaro quei carabinieri avevano una grimaldello mai visto in sessant’anni di applicazione della Carta Costituzionale: un decreto di perquisizione monstre da 1.700 pagine. Praticamente, per dirla in giuridichese, c’era tutta la discovery che di solito viene fatta quando si chiude l’indagine e il pm deve mettere a disposizione le prove raccolte. Con la differenza che in realtà quel decreto di perquisizione serviva appunto a raccoglierle, quelle prove. La singolarità dell’azione salta subito agli occhi, anche perchè qualcuno non si spiega perchè un atto a sorpresa, come è considerata la perquisizione in dottrina, possa essere disposta anche nel domicilio di un magistrato che si è sfilato la toga da mesi per andarsene in pensione dopo trent’anni di lavoro. Una rapida occhiata alle millesettecento pagine consente di capire che quell’atto porta all’esterno, cioè rende pubbliche, anche una serie di considerazioni rese da De Magistris ai pm di Palermo che gettano schizzi di fango persino verso il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, e un ex Pg della Corte di Cassazione. Per De Magistris entrambi avrebbero avuto in passato rapporti con persone successivamente indagate in Why Not: Mancino con una telefonata avvenuta nel 2004; l’ex Pg indirettamente, perchè suo figlio (docente universitario ed esperto in telecomunicazioni) aveva rapporti professionali con persone che per l’ex pm catanzarese andavano indagate. Mancino ha risposto a stretto giro, ieri mattina in apertura di Plenum: il telefono dal quale nel 2004 partì una chiamata verso l’utenza di un indagato (che nel 2004 non era ancora tale) non era in uso a lui, bensì ad un suo collaboratore. E comunque, ha tuonato il vicepresidente del Csm: «Sono pronto a dimettermi se si sporca la mia immagine». L’ex Pg della suprema corte non ha ribattuto; probabilmente perchè nel rincorrersi delle informazioni ieri sera non era ancora informato. Il secondo round di questo incontro senza esclusione di colpi si è svolto ieri, con un contrattacco deciso dei magistrati di Catanzaro. Con Enzo Iannelli in testa, che ha preso carta e penna e ha ri-sequestrato il fascicolo (che tra l’altro era in originale e non in copia). E poi ha indagato i colleghi di Salerno per interruzione di pubblico servizio e abuso d’ufficio. Ben presto dovrà cederla, questa inchiesta. Perchè il preciso schema della competenze la assegna ad altri magistrati. Ma ieri, al grido di «hanno commesso un reato nella mia città e io sono competente», Enzo Iannelli ha dato una dimostrazione tangibile di quanto sia vero quel motto goliardico che circola tra i frequentatori dei tribunali e che paragona la legge ad una sostanza gommosa, che la puoi rigirare come ti pare.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - I paradossi di questa storia non sono finiti, perchè c’è il dettaglio suggestivo dei carabinieri: gli stessi che tre giorni fa erano partiti da Salerno alla volta di Catanzaro per fare perquisizioni e sequestrare carte, sono stati riutilizzati nel viaggio di ritorno per notificare ai magistrati campani il contro-sequestro e l’avviso di inizio indagine nei loro confronti. E non basta ancora, perchè anche il ministro Alfano dovrà fare i conti con la propensione di De Magistris a denunciare quello che non gli quadra: negli anni scorsi, la ex toga catanzarese denunciò sistematicamente tutti gli ispettori che i precedenti Guardasigilli inviavano a Catanzaro. Ne denunciò cinque, che Alfano non potrà utilizzare adesso per motivi di opportunità. Ce n’è abbastanza per scomodare Kafka, se non sembrasse irriverente visto che l’opera che il celebre romanziere lasciò incompiuta, si intitola Il Processo.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Massimo Martinelli, Il Messaggero pag. 7 “Vicenda senza precedenti”, Napolitano chiede notizie

C’è una frase che da sola spiega tutto: ”Una vicenda senza precedenti. Spiega perchè si è mosso un uomo come Giorgio Napolitano. E perchè lo ha fatto su un palcoscenico, quello giudiziario, che solitamente lascia sgombro per non sovrapporsi ai protagonisti istituzionali della scena. Invece stavolta il capo dello Stato ha ascoltato cosa era successo sull’asse Salerno-Catanzaro,e ha interpretato che se cento carabinieri (di numero) circondano una procura generale per sequestrare un fascicolo giudiziario in originale esibendo un mandato di perquisizione di millesettecento pagine, in effetti si tratta di una vicenda senza precedenti”. Così ieri mattina il presidente ha incaricato il suo Segretario Generale, Donato Marra, di chiedere garbatamente lumi al Pg di Salerno, Lucio Di Pietro, dal quale ufficio dipende in qualche modo la procura della Repubblica che tre giorni fa ha deciso un’azione che appare decisamente più adatta al periodo in cui vigeva la legge Reale che al clima di collaborazione che dovrebbe essere d’obbligo tra uffici giudiziari. Questo il testo della lettera partita dal Quirinale: «La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno ha effettuato ieri (tre giorni fa, ndr.) perquisizioni e sequestri nei confronti di magistrati e uffici della Procura Generale presso la Corte di appello di Catanzaro e della Procura della Repubblica presso il Tribunale di quella città. Tali atti di indagine, anche per le forme e modalità di esecuzione, hanno avuto vasta eco sugli organi di informazione, suscitando inquietanti interrogativi. Inoltre, in una lettera diretta al Capo dello Stato, il Procuratore generale di Catanzaro ha sollevato vive preoccupazioni per l'intervenuto sequestro degli atti del procedimento cosiddetto 'Why Not' pendente dinanzi a quell'ufficio, che ne ha provocato la interruzione. Tenendo conto di tutto ciò, il Presidente Napolitano mi ha dato incarico di richiederLe la urgente trasmissione di ogni notizia e - ove possibile - di ogni atto utile a meglio conoscere una vicenda senza precedenti, che - prescindendo da qualsiasi profilo di merito - presenta aspetti di eccezionalità, con rilevanti, gravi implicazioni di carattere istituzionale, primo tra tutti quello di determinare la paralisi della funzione processuale cui consegue - come ha più volte ricordato la Corte costituzionale - la compromissione del bene costituzionale dell'efficienza del processo, che è aspetto del principio di indefettibilità della giurisdizione».Sembrava potesse limitarsi a questo passo l’improvvisa apparizione del capo dello Stato sul palcoscenico giudiziario nazionale. Ma poi è arrivata la notizia di quella sorta di ”regolamento di conti” tra procure che è sembrata essere l’apertura della contro-inchiesta dei magistrati catanzaresi contro quelli salernitani che li avevano perquisiti. E allora Napolitano ha chiesto notizie anche a loro. Con un’altra missiva, lo stesso Segretario Generale ha sollecitato informazioni al Pg di Catanzaro circa l’iniziativa di iscrivere nel registro indagati i magistrati di Salerno. Un mossa, si legge in una nota del Quirinale, che «ha introdotto elementi di ulteriore, grave preoccupazione sul piano delle conseguenze istituzionali, configurando un aperto, aspro contrasto tra Uffici giudiziari». E ancora, conclude un comunicato ufficiale della Presidenza della Repubblica, «specifiche iniziative dirette a superare la paralisi della funzione processuale, ripristinando le condizioni per il pieno esercizio della giurisdizione, restano affidate agli organi di vertice dell'ordine giudiziario nell'ambito delle attribuzioni previste dalle disposizioni vigenti».A testimoniare l’assoluta eccezionalità della situazione - casomai ce ne fosse bisogno - c’è la nota allarmata e allo stesso tempo prudente dell’Associazione Nazionale Magistrati. Che per l’occasione licenzia un comunicato firmato dal presidente Luca Palamara e dal segretario generale Giuseppe Cascini: «Siamo sgomenti e preoccupati, è in gioco la credibilità della funzione giudiziaria. In una situazione del genere non possiamo che chiedere a tutti il massimo senso delle istituzioni e il rigoroso rispetto delle regole, unico fondamento della funzione giudiziaria». Per il presidente dei penalisti italiani Oreste Dominioni, invece, «gli sviluppi del caso De Magistris confermano la necessità di una

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - profonda riforma della magistratura e del Csm». Il mondo politico, invece, si schiera compatto al fianco del capo dello Stato: Walter Veltroni manifesta solidarietà a Mancino e, soprattutto, giudica «importante e positiva l'iniziativa assunta dal presidente Napolitano al fine di garantire, come è nei suoi compiti istituzionali, il regolare funzionamento dell'attività giudiziaria». Da parte sua, il premier Silvio Berlusconi è convinto «che il Csm si appresti a intervenire, perchè sono cose che non dovrebbero accadere». L’unico controcorrente è Di Pietro, che esprime ”riserve” sul tono delle richieste di chiarimenti del Capo dello Stato.

Paolo Cacace, Il Messaggero pag. 7 La mossa del Colle: fermare la guerra tra toghe

E’ stato un crescendo di preoccupazione e di allarme per una situazione di eccezionale gravità che rischiava di sfuggire a ogni controllo. Dietro quelle due inedite lettere inviate ieri da Giorgio Napolitano al procuratore generale presso la Corte di Appello di Salerno e poi al procuratore generale di Catanzaro non è difficile cogliere lo stato d’animo del Presidente, attento ad evitare invasioni di campo ma convinto di non poter restare ulteriormente alla finestra. Egli prima ha voluto verificare attraverso contatti diretti o telefonici (Alfano, Mancino, il Pg della Corte di Cassazione, Esposito) i termini della ”querelle”. Poi, dopo l’istruttoria, ha deciso d’intervenire per bloccare una guerra tra toghe senza precedenti e per chiarire gli ambiti e quindi la correttezza delle procedure in modo che non ci sia alcun blocco della funzione giurisdizionale. Blocco che invece si stava verificando. Dunque - questo è un punto ben chiaro - Napolitano è intervenuto non come presidente del Csm ma proprio come capo dello Stato, garante dell’equilibrio tra i poteri e della correttezza istituzionale.. Altro significativo chiarimento proveniente dal Colle riguarda il passo della lettera in cui Napolitano chiede l’urgente trasmissione di «ogni notizia o atto utile a meglio conoscere una vicenda senza precedenti». In risposta implicita a un’osservazione dell’ex- presidente della Consulta, Baldassarre (formulata sulla base di qualche inesatto titolo di agenzia di stampa), viene precisato che il Quirinale non ha chiesto gli atti processuali e tanto meno quelli coperti da segreto istruttorio, ma soltanto quelli utili a valutare fatti e procedure. In altri termini: una relazione ovvero una documentazione sulle vicende che hanno determinato lo scontro tra le procure di Salerno e di Catanzaro sull’inchiesta ”Why Not” e ”Poseidone. Quindi non c’è stata alcuna violazione dell’autonomia della magistratura né alcuna volontà di entrare nel merito della diatriba.D’altra parte, la decisione di Napolitano - maturata nel pomeriggio di ieri dopo fitte consultazioni con lo staff giuridico del Colle (Sechi e D’Ambrosio) - di chiedere notizie anche a Catanzaro e non solo a Salerno riflette un’esigenza assoluta di equilibrio e di neutralità. Con una riaffermazione dei limiti dell’azione del Colle che traspare anche dalla sottolineatura che «le specifiche inziative dirette a superare la paralisi della funzione processuale restano affidate agli organi di vertice dell’ordine giudiziario». Allo stesso modo, sul Colle si respingono le critiche di quanti (ad esempio, Di Pietro) sostengono che con il suo intervento Napolitano rischierebbe di bloccare l’inchiesta giudiziaria. E’ vero esattamente il contrario - si osserva - poiché la procura di Salerno non è si limitata a chiedere copia degli atti a quella di Catanzaro ma ha disposto il sequestro degli atti che comporta l’immediata interruzione del procedimento giudiziario. Dunque: l’’iniziativa di Napolitano, invece, sarebbe avvenuta proprio a garanzia delle indagini in corso. Naturalmente sul Colle non si reagisce alle affermazioni, alle deposizioni del ex pm di Catanzaro De Magistris su un presunto incontro - nell’ottobre scorso - tra il vice-presidente del Csm, Mancino e il capo dello Stato dedicato alla sua vicenda. Su quell’incontro - si ricorda - è stato diffuso anche un comunicato. Quanto al ruolo el vice-presidente nell’inchiesta calabrese, ”no comment”. Ma prevale la convinzione che Mancino saprà difendersi a dovere.

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - GIURISPRUDENZA Cassazione

Famiglia

Debora Alberici, Italia Oggi pag. 36

Saltare l'assegno non è un reato

Non commette un reato il genitore che improvvisamente non è più in grado di mantenere i figli. Infatti può essere assolto il padre che, nonostante sia ancora giovane, non ha versato l'assegno perché, a un certo punto, ha perso il lavoro e si è accontentato di impieghi saltuari pur di guadagnare qualcosa. La Cassazione con la sentenza n. 45273 del 4 dicembre 2008 allenta la linea dura nei confronti dei giovani genitore che perdono il lavoro e che per questo non riescono più a versare l'assegno. Sono centinaia le decisioni di legittimità che danno sempre torto, prevalentemente ai padri condannati al mantenimento: anche in caso di disoccupazione. E a questo principio si era allineato anche il tribunale di Napoli che aveva condannato un quarantenne, per mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza, alla ex moglie e alla figlioletta. Infatti, dopo la chiusura della società nella quale lavorava aveva cercato altri lavoretti saltuari e aveva racimolato qualche soldo da dare alla figlia. La condanna (tre mesi di reclusione e 150 euro di multa) era stata poi confermata dalla Corte d'appello partenopea. Contro questa decisione lui ha fatto ricorso in Cassazione ottenendo un annullamento con rinvio della condanna. Importanti le osservazioni della sesta sezione penale che ritenuto fondati i suoi motivi di ricorso. Prima di tutto il Collegio ha richiamato l'orientamento restrittivo che viene applicato di solito a questi casi. «Il reato», si legge in sentenza, «si configura per la semplice mancata corresponsione all'ex coniuge dell'assegno nella misura disposta dal giudice, senza che sia necessaria la verifica della mancanza nel beneficiario dei mezzi di sussistenza e, ai fini della sua integrazione, è sufficiente anche un inadempimento parziale dell'obbligo di corresponsione». Ma, precisa la Corte, «il fatto che la norma sanzioni penalmente il mero inadempimento dell'obbligo non esclude la rilevanza dell'eventuale incapacità economica dell'obbligato, allorchè la stessa sia assoluta e non ascrivibile a colpa». Del resto è quanto avvenuto in questo caso. «Dopo aver perso il lavoro», ricordano i giudici, «l'uomo aveva sempre cercato di lavorare, accontentandosi anche dei lavori più umili e chiedendo aiuto, nella ricerca dell'impiego, persino alla ex moglie che, nelle sue possibilità, si era adoperata per aiutarlo».

Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - FLASH Il Sole 24 Ore pag. 31

Primo sì al Ddl sul reato di stalking Chiunque minaccia o compia atti persecutori rischia il carcere fino a 4 anni. Se poi a molestare è il coniuge (anche separato o divorziato), il convivente o il fidanzato la detenzione può durare fino 6 anni. E’ questa una delle principali novità del testo, appena approvato in commissione Giustizia della Camera, che introduce il reato di stalking nel nostro ordinamento con un nuovo articolo: il 612 bis del Codice penale. Ma il provvedimento atteso in Aula per il 16 dicembre, stabilisce anche che nei confronti del molestatore si possa disporre l’allontanamento fino a un anno dalla casa o dal luogo del lavoro della vittima o anche, per esempio, dalla scuola dei figli. Il delitto è punito sempre per querela di parte, ma si può procedere d’ufficio se il reato è commesso nei confronti di un minore o di un disabile o quando il molestatore era stato già avvisato dal magistrato.

Troppi ritardi,la Legge Pinto è da riscrivere Il sistema predisposto con la legge Pinto del 2001 per indennizzare le vittime dei processi lumaca non funziona perché anche i tempi pendenti davanti alle competenti Corti d’appello si stanno dilatando a dismisura. A metterlo in evidenza la lettera inviata al Guardasigilli Alfano e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta da parte del Consiglio d’Europa. Strasburgo riconosce all’Italia che molti aspetti della riforma del contenzioso amministrativo cominciano a produrre effetti concreti e incoraggia le autorità italiane a proseguire negli sforzi.

Dna conservato con limiti La conservazione dei prelievi di Dna, impronte digitali e campioni di cellule può essere prevista a livello nazionale per prevenire e combattere la criminalità, ma rispettando alcuni principi fondamentali. In caso contrario,lo Stato incorrerà in una condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo. Nel ricorso 30562/04 che ha bocciato le norme inglesi sulla conservazione dei prelievi del Dna, la Corte ha indicato alcuni punti guida (20) che potranno essere utilizzati anche per gli altri Paesi Ue. La Corte ha chiarito che il profilo del Dna rientra nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 8 della Convenzione europea che garantisce il rispetto al diritto alla vita privata.

( a cura di Daniele Memola )

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