Marino. La Campania Dei Partiti
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO UNIVERSITÀ UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO Il volume ricostruisce la storia politica della Campania in epoca repubbli- SCIENZE UMANISTICHE E DELLA FORMAZIONE cana, utilizzando la prospettiva delle interazioni tra Stato centrale e poteri Marino Andrea locali per leggere le trasformazioni sociali ed economiche del territorio. La Campania è scelta come case study per comprendere quanto le élite, al- cune scelte legislative, le spinte localistiche e l’interdipendenza tra «cen- Andrea Marino tro»/«periferia» abbiano potuto avere ricadute sulle strutture sociali ed eco- nomiche, nonché sull’evoluzione politica e democratica, tanto locale quanto nazionale. Storia locale e nazionale così diventano decifrabili alla luce della La Campania dei partiti complessa rete d’interazioni che intrattengono reciprocamente, consenten- do di cogliere in maggiore profondità le svolte problematiche dell’epoca La Campania dei partiti repubblicana e le ragioni della progressiva emersione di contraddizioni e fragilità in quel regime democratico. Stato centrale e poteri locali Andrea Marino. Dottore di ricerca in Storia contemporanea, attualmente è assegnista di ricerca presso l’Università di Salerno. Si occupa principalmente di storia dei partiti repub- blicani, istituzioni e gruppi dirigenti meridionali. Riguardo tali tematiche ha recentemente pubblicato su alcune prestigiose riviste storiche italiane, tra cui «Mondo contemporaneo», «Ventunesimo Secolo» e «Nuova rivista storica». € 19,00 Collana Scientifica dell’Università di Salerno Scienze Umanistiche e della Formazione - Monografie Andrea Marino La Campania dei partiti Stato centrale e poteri locali © 2019 - Rubbettino Editore 88049 Soveria Mannelli - Viale Rosario Rubbettino, 10 - tel (0968) 6664201 www.rubbettino.it Introduzione Alla fine degli anni ottanta gli studi sull’Italia contemporanea erano ancora per lo più fermi al dopoguerra1, ma la frattura che si è prodotta all’inizio del nuovo decennio, i grandi sconvolgimenti internazionali e la crisi interna hanno però generato la sensazione di una cesura storica, politica e culturale2. Sul piano storiografico ciò ha permesso di superare il limes delle analisi bloccate agli anni cinquanta, per cominciare a interrogarsi più compiutamente sui fondamenti dell’evoluzione repubblicana, spesso ridefinendo gli indirizzi interpretativi pre- cedenti3. Ne è derivato un nuovo stimolo verso una rilettura della Repubblica che avrebbe caratterizzato il dibattito pubblico e la comunità scientifica, non solo storica, all’inizio degli anni novanta4; tuttavia privilegiando un taglio in- 1. A un intenso dibattito sul periodo 1943-48 e immediatamente prossimo corrispondeva un certo vuoto storiografico sugli anni successivi. Inoltre, i principali studi sulla democrazia italiana erano stati condotti non da storici, ma principalmente da politologi e scienziati politici, offrendo tra l’altro teorie e modelli estremamente validi. Cfr., G. Sartori, Parties and party systems: a framework for analysis, Cambridge University Press, New York 1976; Id., Teoria dei partiti e caso italiano, SugarCo, Milano 1982; G. Galli, Il bipartitismo imperfetto, il Mulino, Bologna 1966; Id., Dal bipartitismo imperfetto alla possibile alternativa, il Mulino, Bologna 1975; P. Farneti, Il sistema dei partiti in Italia, 1946-1979, il Mulino, Bologna 1983. 2. Cfr., C. Donzelli nell’introduzione alle Lezioni sull’Italia repubblicana, Donzelli Editore, Roma 1994. 3. Per un quadro articolato rispetto ai lavori di sintesi storica succedutisi dopo la fine degli anni ottanta e relative interpretazioni vedi Interpretazioni della Repubblica, a cura di A. Giovagnoli, il Mulino, Bologna 1998. Per una comparazione internazionale tra storiografia francese, spagnola e italiana, vedi Historia cultural de la politica contemporànea, a cura di J. Canal, J. Moreno Luzòn, Centro de Estudios politicos y costitutionales, Madrid 2009. 4. Il ritardo con cui gli storici hanno affrontato la storia repubblicana si sta rivelando un dato positivo perché, intanto, sono declinate le tradizionali correnti ideologiche e i consolidati indirizzi storiografici condizionati da queste ultime – gramsciani e comunisti, socialisti, cattolici, azionisti –, 5 terpretativo sui grandi temi nazionali che avevano disegnato il profilo storico della democrazia italiana5. Rimanevano, invece, nell’ombra le storie regionali e locali, – anche piuttosto sorprendentemente considerando l’influenza esercitata da numerosi sistemi locali in epoca repubblicana –6. Questo volume vuole inserirsi in tale solco, ricostruendo una storia regionale e scegliendo, tra le tante interpretazioni possibili, quella delle interazioni tra Sta- to centrale e poteri locali. In questa dinamica il ruolo di primo piano esercitato dai gruppi dirigenti, la funzione dei partiti e le ricadute delle politiche regionali e nazioni saranno incrociate con l’analisi dei processi istituzionali e l’evoluzione socioeconomica del territorio. La Campania, dunque, è scelta come un caso di studio per comprendere la trasformazione di questi assetti, decidendo di con- tribuire attraverso una prospettiva che tenga insieme il rapporto «centro»/«pe- riferia» allo spettro di conoscenze sulla democrazia italiana. Utilizzare, quindi, la categoria delle strutture politico-istituzionali e questa diversa angolazione per scoprire quanto le élite, talune scelte legislative collegate a spinte localistiche e l’interdipendenza «centro»/«periferia» abbiano potuto avere delle ricadute sulla configurazione sociale ed economica, nonché sull’evoluzione politica e democratica tanto locale quanto nazionale. Il caso campano, infine, appare par- ticolarmente significativo poiché, nonostante il potere esercitato dai suoi gruppi dirigenti in epoca repubblicana e precedentemente, in quella post-unitaria, la Campania risulta, in assoluto, la regione comparativamente cresciuta meno e con le peggiori performance socioeconomiche rispetto ai livelli di partenza7. L’arco temporale preso in considerazione va, dunque, dagli anni settanta fino al biennio 1992-93, benché in una prima parte introduttiva si sia ritenu- to opportuno collocare la Campania nel contesto della ricostruzione seguita al conflitto mondiale. Tuttavia, è con gli anni settanta e la formazione delle Regioni che si determinerà per la storia nazionale e regionale il momento di passaggio in cui le «periferie» acquisiranno una maggiore autonomia – effettiva e funzionale –, che andrà gradualmente a modificare la costruzione centralista dello Stato. Una crescente libertà gestionale delle élite locali che sarà analizzata anche attraverso gli effetti e le azioni collegate ad alcune importanti riforme con l’emersione di una storiografia che, superando le precedenti scuole, ha provato a riconsiderare laicamente le radici e lo sviluppo della Repubblica. Cfr., M. Ridolfi, Storia politica dell’Italia repub- blicana, Bruno Mondadori, Milano 2010, p. VII. 5. Per una sintesi degli approcci interdisciplinari, cfr., F. Bonini, L’Italia repubblicana e le sue storie, in «Contemporanea», n. 3, luglio 1999, pp. 537-55. 6. S. Tarrow, Tra centro e periferia. Il ruolo degli amministratori locali in Italia e Francia, il Mulino, Bologna 1979. 7. Svimez, 150 anni di statistiche italiane: Nord e Sud. 1861-2011, il Mulino, Bologna 2011. 6 legislative, innanzitutto la creazione del Sistema sanitario nazionale. All’interno del primo capitolo verrà osservata pure l’evoluzione del “compromesso storico”, evidenziando dopo quali resistenze e perplessità dei gruppi dirigenti campani prenda vita, come sia portato avanti in un quadro politico conflittuale e infine in che modo riesca a persistere nonostante il modificarsi delle strategie delle rispettive segreterie nazionali, nuovamente in un vincolo mai scontato tra «cen- tro» e «periferia». Nel secondo capitolo, invece, sarà affrontato il controverso caso del rapimento del politico Dc Ciro Cirillo. Tale singolo evento ci consentirà di approfondire attraverso una specifica vicenda l’intreccio tra politica, miti rivoluzionari e criminalità, in un complesso ambiente urbano come quello campano in cui, almeno in una determinata fase storica – ma non per la prima volta –, s’incontreranno poteri pubblici, criminali e terroristi. Nella seconda parte del volume sarà descritto il tentativo da parte dell’élite politica campana di costruire un sistema di potere egemonico, mentre con- temporaneamente avveniva la trasformazione della struttura dei partiti con lo smarrimento della loro funzione storica e la caduta degli slanci ideali, e un conseguente progressivo scollamento tra cittadinanza e classi dirigenti. Processi storici che culmineranno in Campania nell’estremizzazione dei caratteri della personalizzazione politica, un fenomeno estremamente evidente nelle azioni dei principali esponenti campani, dei quali, per tali ragioni, saranno indaga- te le biografie personali e l’organizzazione del consenso. Infine, il volume si concluderà con la crisi del biennio 1992-93 e il racconto dell’ultima stagione della «Repubblica dei partiti». In questa ultima parte si osserverà il dipanarsi dell’azione giudiziaria, la riemersione della questione morale come strumento di delegittimazione politica, la mobilitazione civile collegata e la lotta politica per sostituirsi ai detentori del potere con la definitiva frantumazione degli equilibri «centro»/«periferia» consolidati nei decenni precedenti. Da questo punto di vista, i mutamenti delle strutture istituzionali, le tra- sformazioni politico-sociali, la messa in discussione del modello