ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA

Ufficio stampa

Rassegna stampa

29 ottobre – 2 novembre 2005

Responsabile : Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected]) 1 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected][email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA

SOMMARIO

Pag. 3 TRIBUNALI: Tribunali minori da salvaguardare (italia oggi) Pag. 4 ASSICURAZIONI: Rca, legali in campo (italia oggi) Pag. 5 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO: Riserve sulla delega disciplinare (diritto e giustizia) Pag. 6 CONSULTA: Nomine Consulta parola a Ciampi (italia oggi) Pag. 7 PATROCINIO: Patrocinio a spese dello Stato: il penale costa 62 milioni di euro all'anno (diritto e giustizia) Pag. 8 PROCESSO CIVILE: Riforma salernitana del processo civile: abrogate le udienze (diritto e giustizia) Pag.10 PROCESSO CIVILE: Sul nuovo processo civile riforma controproducente (italia oggi) Pag.11 SOCIETARIO: Rito societario k.o (italia oggi) Pag.12 PRESCRIZIONE: La ex Cirielli in porto entro il 9/11 (italia oggi) Pag.13 CONVEGNI: Se l'opposizione diventa maggioranza bisognerà ricomprare tutti i codici (diritto e giustizia) Pag.15 CONVEGNI: Meeting point (diritto e giustizia) Pag.16 GIUSTIZIA TRIBUTARIA:Giudici tributari fino a 75 anni (italia oggi) Pag.17 NEWS: In breve (italia oggi) Pag.18 FALLIMENTI: L’incognita delle due fasi (il sole 24 ore) Pag.19 FALLIMENTI: Tutelare il pregresso (italia oggi)

02/11/2005 2 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected][email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA

ITALIA OGGI

Un convegno sulla revisione delle circoscrizion Tribunali minori da salvaguardare Voglia di riscatto per i tribunali minori. Dove i tempi di durata media dei processi possono anche diminuire della metà rispetto alla media nazionale. Accade nel distretto di Torino, citato come caso limite a sostegno dell'opportunità di rivedere le circoscrizioni giudiziarie per la presenza di 17 tribunali di cui otto provinciali e otto non provinciali, dove i tempi di smaltimento del processo civile si aggirano intorno ai 450 giorni contro una media nazionale di 876. La rilevazione è stata illustrata ieri da Marco Ubertini, dell'Organismo unitario dell'avvocatura, nel corso del convegno ´Giustizia e territorio' organizzato dall'ordine forense di Caltagirone in collaborazione con il Cnf e il coordinamento degli ordini minori. Il dato ha voluto rappresentare una provocazione rispetto alla diffusa opinione che la revisione delle circoscrizioni giudiziarie debba significare soppressione dei tribunali minori. Lo ha ribadito il presidente della Corte di appello di Catania, Guido Marletta: ´La revisione risponde a un'esigenza reale, ma non deve significare eliminazione di strutture giudiziarie utili sul territorio'. Così per il procuratore Onofrio Lo Re, per il quale in certe realtà, come quella siciliana, ´sguarnire il territorio significa disarmare l'intervento statale'. Questioni di legalità e vicinanza al cittadino, dunque, che non fanno parte delle consuete indagini statistiche su cui da sempre si basano i lavori istruttori. Dei gap d'indagine ha parlato Anna Italia del Censis che ha sottolineato la necessità di affiancare alle rilevazioni statistiche indagini di tipo quantitativo per capire che cosa significa per il cittadino avere un tribunale vicino. ´Spesso ha una funzione di rassicurazione perché se si eliminano tutti i presidi statali si lascia il deserto'. Da Marco Fabi, ricercatore Cnr, è venuta un'indicazione di metodo e anche una sferzata agli avvocati a non chiudersi ´in difesa di situazioni indifendibili', ma di farsi proattivi per affrontare con ´ragionevolezza' la questione. ´Occorre individuare obiettivi precisi, raccogliere dati funzionali agli obiettivi e attendibili e avviare una valutazione delle riforme senza fossilizzarsi in soluzioni precostituite e facendo uno sforzo di creatività'. Un ruolo proattivo agli avvocati di ´prossimità' lo ha indicato Antonio De Michele del Cnf, ´l'avvocato di provincia non deve limitarsi a difendere l'esistente ma deve rilanciare acquisendo alla sua formazione le tematiche più nuove a partire da quella Ue'. Claudia Morelli

29/10/2005

3 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected][email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA

ITALIA OGGI

Le richieste al governo delle associazioni dell'avvocatura

Rca, legali in campo

No al sistema di indennizzo diretto

Abrogazione dell'art. 149 del nuovo codice delle assicurazioni che introduce il meccanismo di indennizzo diretto per i danni da rca o in subordine la sua modifica in modo da rendere solo facoltativo il ricorso al nuovo meccanismo, partecipazione di almeno due componenti dell'avvocatura alla commissione che si sta occupando della redazione del regolamenti attuativi del codice e promozione di protocolli di intesa tra compagnie di assicurazione e ordini professionali per garantire la corretta gestione dei sinistri. Queste alcune delle proposte di modifica al nuovo codice delle assicurazioni presentate ieri dai rappresentanti delle principali associazioni dell'avvocatura (Ordine degli avvocati di Roma, Oua, Aiga, Agifor, Anf, Avvocati per l'Europa ecc.) e di quelle che operano nel campo dell'rca al sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta. Che le sottoporrà a breve all'attenzione del premier Silvio Berlusconi. Le richieste sono state presentate nel corso di una manifestazione, organizzata dai legali per protestare contro la nuova procedura di liquidazione dei sinistri che prevede l'estromissione degli avvocati dalla trattazione delle pratiche rcauto davanti alle compagnie assicuratrici. Una normativa che, a detta dei legali, non solo lede il diritto alla difesa del danneggiato che non avrà più diritto all'assistenza legale a spese dell'assicurazione ma rischia di compromettere seriamente il giro d'affari di tutti gli avvocati italiani. Il meccanismo, infatti, si applica ai sinistri stradali dai quali siano derivati danni ai veicoli e al conducente non responsabile ma solo se questo abbia riportato lesioni di lieve entità (non superiore ai 9 punti) ossia a oltre il 70% delle pratiche rca. Secondo i legali il provvedimento va a esclusivo vantaggio delle associazioni dei consumatori e delle compagnie assicuratrici che vedranno notevolmente aumentato il loro giro d'affari. Le prime, infatti, in base alle nuove disposizioni avranno la facoltà di gestire le pratiche rca, le seconde invece non dovranno più accollarsi, come avvenuto sino a oggi, le spese relative agli oneri degli avvocati. E avranno campo libero nella determinazione degli importi dei risarcimenti che non dovranno più essere trattati in via stragiudiziale con un difensore. Secondo Stefano Mannaccio membro dell'Aneis (Associazione nazionale esperti infortunistica stradale) l'entrata a pieno regime del provvedimento, inoltre, non comporterà alcuna diminuzione dei premi come sostenuto dalle associazioni dei consumatori. Il mercato dell'rca ha spiegato Mannaccio è un mercato chiuso in cui non c'è concorrenza tra gli operatori economici che sono pochissimi. Le compagnie assicuratrici quindi non avranno mai nessun interesse ad abbassare le tariffe. (riproduzione riservata) Simona Andreazza

29/10/2005

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DIRITTO E GIUSTIZIA

Ordinamento giudiziario: riserve sulla delega disciplinare Approvato, con una riserva, il nono decreto legislativo di attuazione della legge di riforma dell’ordinamento giudiziario. Ieri, venerdì 28 ottobre, il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla nona delega della legge 150/05, che individua le fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati, le relative sanzioni e la procedura per la loro applicazione. Il testo, costituito da 33 articoli modifica inoltre la disciplina in tema di incompatibilità, di dispensa dal servizio e di trasferimento d’ufficio dei magistrati. La discussione si è però arenata all’articolo 28 del provvedimento, quello riguardante la possibilità, per i magistrati dispensati dal servizio, di transitare negli uffici della pubblica amministrazione. Solo un aggiustamento tecnico, hanno detto da via Arenula che non ha divulgato il testo giovedì sera, proprio a causa dei ritocchi. Il provvedimento, sulla linea della legge delega divide i comportamenti illeciti, a seconda se questi siano commessi nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, al di fuori di esse o in dipendenza con la commissione di un reato. Sempre sulla base della legge 150/05 il decreto legislativo prevede anche una razionalizzazione delle sanzioni gia previste, che vanno dall’ammonimento alla rimozione con la possibilità di trasferimento per gravi incompatibilità con la corretta amministrazione della giustizia. Tempi certi per i procedimenti, questo stabilisce la delega, seguendo sempre le orme della legge, mentre a garanzia del magistrato imputato viene previsto l’obbligo della comunicazione dell’inizio del procedimento e di atti di indagine. Si parlava quindi degli effetti dei procedimenti disciplinari e all’articolo 28 del decreto legislativo, si dava attuazione alla lettera o) del comma 6 della legge 150/05 che testualmente chiedeva: «prevedere la modifica dell’articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, consentendo anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con funzioni amministrative, i magistrati dispensati dal servizio». Articolo che «dispensa dal servizio o colloca in aspettativa di ufficio per debolezza di mente od infermità». Ma la trasposizione nel decreto legislativo di quanto contenuto nella legge delega non è andata bene a Palazzo Chigi che ha approvato «salvo intesa» il provvedimento ora al vaglio dell’ufficio legislativo che dovrà apportare le necessarie modifiche. A qualcuno, in pratica, non è piaciuta la modifica che offre la possibilità di rientrare nella pubblica amministrazione, in particolare negli uffici del ministero, al magistrato che, per qualsiasi infermità, non può adempiere convenientemente ed efficacemente ai doveri del proprio ufficio e per questo dispensato dal servizio. (p.a.)

29/10/2005

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ITALIA OGGI

Tre giudici lasciano l'incarico a fine settimana

Nomine Consulta Parola a Ciampi

Tre giudici della Corte costituzionale lasciano alla fine della settimana il collegio per scadenza del mandato: sono il presidente Piero Alberto Capotosti, i vicepresidenti Fernanda Contri e Guido Neppi Modona. Poiché fanno parte della cinquina di nomina presidenziale (divennero giudici nove anni fa per scelta dell'allora capo dello stato ), spetterà a nominare coloro che prenderanno il loro posto nel collegio. Prevedibilmente il reintegro avverrà rapidamente; non certo nei tempi lunghi (cinque mesi) che ci sono voluti per l'elezione, da parte del parlamento, degli ultimi giudici entrati alla Corte: Luigi Mazzella e Gaetano Silvestri. Ciampi dovrà scegliere i nuovi giudici costituzionali tra i magistrati, anche a riposo, delle giurisdizioni superiori ordinarie e amministrative, tra i professori ordinari di università in materie giuridiche, tra gli avvocati che hanno almeno vent'anni di esercizio della professione. E con l'uscita di scena di Fernanda Contri, unica donna, sinora, entrata nel collegio della Corte, si torna a fare i nomi di altre donne, come quelli di Lorenza Carlassarre, docente di diritto costituzionale a Padova, Elena Paciotti, magistrato, ex componente del Csm ed ex presidente dell'Anm, già europarlamentare, di Rosa Russo Iervolino, avvocato e sindaco di Napoli. Quanto agli uomini sono circolati, tra gli altri, i nomi di Stefano Rodotà e Giuseppe Tesauro, ex presidenti delle Authority, del costituzionalista Beniamino Caravita, dell'amministrativista Giandomenico Falcon. La parola, come detto, passa al capo dello stato. Ma l'uscita di Capotosti e dei due suoi vice pone per la Corte un'altro importante appuntamento: l'elezione del nuovo presidente del collegio, il trentesimo nei cinquant'anni di storia della Consulta. All'elezione potranno partecipare anche i nuovi giudici costituzionali nominati da Ciampi. Sulla carta per la presidenza sono candidati tutti i componenti, ma è consuetudine che la rosa si restringa ai giudici più anziani di mandato. Le previsioni vedono così in testa Annibale Marini, eletto dal parlamento nel giugno 1997 e il cui mandato scade nel luglio del prossimo anno; seguono Franco Bile, eletto dalla Cassazione nell'ottobre 1999 (lascerà la Corte nel novembre 2008) e Giovanni Maria Flick, nominato giudice costituzionale dallo stesso Ciampi nel febbraio 2000 e che rimarrà alla Consulta sino al febbraio 2009.

02/11/2005

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DIRITTO E GIUSTIZIA Patrocinio a spese dello Stato: il penale costa 62 milioni di euro all'anno

Nel 1995 le persone ammesse al patrocinio a spese dello Stato erano quindicimila, per una spesa di oltre cinque milioni di euro; nel 2004 le persone sono diventate oltre settantaduemila, con un esborso da parte delle casse statali pari a sessantadue milioni di euro.

La scorsa settimana è stata presentata al Parlamento la relazione sull’applicazione della normativa in materia di patrocinio a spese dello Stato riferita ai procedimenti penali dal 1995 al 2004. Il ministero della Giustizia, dopo i dati riguardanti il gratuito patrocinio per i procedimenti civili (vedi tra gli arretrati del 29 settembre 2005), ha consegnato al Parlamento anche quelli riferiti alla materia penale, secondo le disposizioni contenute nel Dpr 115/02, il TU sulle spese di giustizia, che all’articolo 294 invita il Guardasigilli a presentare una relazione biennale sull’applicazione della recente normativa per valutarne gli effetti «ai fini di ogni sua necessaria e tempestiva modifica».

Via Arenula innanzitutto lamenta la poca corrispondenza degli uffici giudiziari che, sebbene obbligati per legge, non sempre rispondono e quando lo fanno, non sempre la risposta arriva in tempo utile per la pubblicazione della relazione. La tabella relativa alle percentuali degli uffici rispondenti rileva infatti che se tre il 1995 si è registrato un aumento – dall’84% al 93% - dal 2001 in poi tale rispondenza è scesa drammaticamente, passando dall’87% del 2001 al 79% del 2004.

Nell’insieme, comunque, dice il ministero, i risultati sono significativi per una corretta valutazione ed analisi quantitativa del fenomeno.

In una visione d’insieme le persone interessate ed ammesse al gratuito patrocinio, dice la relazione, sono aumentate, così come è aumentata la cifra che lo Stato si è trovato a dover fronteggiare nel corso di questi dieci anni. In particolare, si è registrato un forte aumento fino al 2002, mentre negli ultimi due anni è stata registrata una battuta d’arresto con un assestamento del numero delle persone coinvolte, con una percentuale di ammissione delle richieste sempre molto alta (86%).

Andando a leggere i numeri riferiti alle aree geografiche, si può notare che il fenomeno ha registrato una progressiva diminuzione delle percentuali al Centro nord (dal 68% delle persone interessate al patrocinio penale del 1995 si è passati al 42% del 2004), ed un aumento al sud e isole (dal 32% del 1995 al 57% del 2004). Considerando che il 90 % delle cifre del gratuito patrocinio si riferisce agli onorari degli avvocati, per quanto riguarda i costi lordi per area geografica i numeri evidenziano che il nord passa dal 47% del 1995 al 30% del 2004, il centro dal 21% all’11,7%, il sud dal 16% al 29% e le isole dal 14% al 28%. Questo sta a significare che al sud e nelle isole aumenta il numero delle persone interessate dal patrocinio a spese dello Stato con un conseguente aumento delle cifre pagate dallo Stato, ma che la percentuale più consistente delle somme va al nord.Nell’analisi dei costi a livello distrettuale, negli ultimi quattro anni è emerso che i distretti più “costosi” sono stati quelli di Catanzaro, Torino, Palermo, Catania e Roma; cinque distretti che per ammontare di costi sostenuti, da soli assorbono circa la metà dei costi complessivi del totale rappresentato da 29 distretti. Per quanto riguarda l’età delle persone, da rilevare che la percentuale dei minorenni è decrescente fino al 2002, stabilizzandosi poi attorno al 10 % (ma nel 1995 si partiva con un 45%). Di riflesso le persone maggiorenni interessate al beneficio passa dal 55% di dieci anni fa al 90% dello scorso anno. Mentre per quanto riguarda gli stranieri, questi incidono solo per un 13 % sui numeri dei connazionali (con un andamento negli anni pressoché costante) e per il 27% su quelli riguardanti i minorenni. Infine, nell’analisi concernente gli uffici giudiziari, nell’ultimo triennio si è visto che il 70% dei costi si è concentrato presso gli uffici giudicanti delle sedi principali dei Tribunali ordinari: ufficio Gip/Gup, tribunale dibattimentale e Corte d’assise. (p.a.)

29/10/2005

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DIRITTO E GIUSTIZIA

Riforma salernitana del processo civile: abrogate le udienze

Anticipiamo la conclusione, consapevoli che alcuni (ed è già tanto) leggeranno solo le prime righe: Diritto e Giustizia nell'interesse del diritto, e della giustizia, chiede al Guardasigilli ingegnere e al magistrato responsabile dell'ufficio ispettivo di via Arenula di disporre un'ispezione straordinaria al tribunale di Salerno. Per facilitare il compito (per la serie: mi può dare un aiutino) ricapitoliamo l'oggetto dell'ispezione: una storia che all'inizio era sconcertante, è diventata drammatica trasformandosi poi in grottesca e infine in un'ignobile farsa. Una farsa della quale potrebbe (e dovrebbe) interessarsi anche il Consiglio superiore della magistratura (la commissione per l'organizzazione degli uffici giudiziari) ora che si è ripreso dalle fatiche della telenovela per il superprocuratore. Sono quasi cinque mesi che le udienze civili del tribunale di Salerno sono sospese: un decreto del presidente del tribunale (il numero 463 del 20 ottobre) le ha bloccate tutte (dopo un precedente periodo di “fermo biologico” disposto con un precedente provvedimento) fino al 5 novembre ad eccezione delle udienze presidenziali e di quelle relative ai procedimenti cautelari. Ma è molto probabile che il 5 novembre il problema non sarà risolto neanche un po'. E perché a Salerno non si può fare udienza? Si chiederanno i nostri piccoli lettori. Allora: c'era una volta il tribunale civile di Salerno: le aule erano scalcagnate e malconce (un po' come dappertutto in un Mezzogiorno dove la giustizia lascia spesso il posto alle regole del Far West) ma si tirava avanti.

Prologo Un giorno, qualche tempo fa, si decide (vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, Divina Commedia, Inferno, Canto V) che le udienze civili non si svolgeranno più nel tribunale, ma in un asilo (voleva essere una metafora satirica?). Lo sconcerto Comincia così un calvario per giudici e avvocati: sempre aule sono, quelle dell'asilo, ma destinate ad altro. E poi c'è da convivere con bambini, mamme, maestri e maestre, bidelli: dividersi gli spazi non è facile. Le udienze solo formalmente si svolgono nelle aule (dell'asilo) ma in realtà si organizzano delle pantomime nel parcheggio, con i fascicoli appoggiati sulle auto, con i verbali compilati e sottoscritti senza più alcuna forma: una sorta di futurismo della giustizia, una destrutturazione che potrebbe essere filosofica se non fosse fuorilegge (perdete ogni speranza o voi ch'entrate, Divina Commedia, Inferno, Canto III). Il paradosso è didascalico: per amministrare la legge si vìola la legge.

Capitolo primo A febbraio scorso il primo allarme: si dice che le aule (della scuola) stiano per crollare (giustizia e istruzione, insieme, non possono che causare crolli e disastri). Per tre settimane tutto fermo: bisogna verificare. L'allarme rientra ma i cancellieri no: l'orario di apertura delle cancellerie viene ridotto in autonomia (ah, la devolution...) perché il personale deve smaltire l'arretrato. Si arriva alla rivolta degli avvocati che forzano il blocco, proprio come i no global.

Capitolo secondo Un allarme tira l'altro, come le ciliegie, e a luglio cominciano i lavori a quello che pomposamente e burocraticamente viene definito il “plesso civile” (volgarmente detta scuola). Per fare spazio agli operai del mattone gli operai del diritto traslocano armi e bagagli: tutti i processi, le cartelline, i documenti che formano tutti i fascicoli, vengono ordinatamente - più o meno - riposti in grandi scatole (che rischiano di rompersi...) e spostati... ah, già - devono aver pensato - e dove li spostiamo? Idea! Nelle aule penali. Ma come? Lì non ci sono i giudici, i cancellieri e gli avvocati del penale? Beh, insomma, aggiungi un posto a tavola. Tavole vecchie: il 8 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected][email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA

palazzo di giustizia del penale non è che versi in condizioni migliori... Il dramma Ci si rende conto che tutte quelle carte nelle scatole non possono essere tirate fuori facilmente e allora un provvidenziale ordine della presidenza stabilisce che gli avvocati possono accedere ai fascicoli solo presentando una richiesta al presidente del tribunale, dimostrando l'urgenza, e solo allora il cancelliere viene autorizzato a mettere le mani nella scatola. Ma non sono ammessi motivi d'urgenza del tipo: devo pur lavorare altrimenti non mangio e il cliente mi picchia. In pratica non si riesce a far nulla. Il grottesco Dopo qualche giorno ci si accorge che nemmeno le udienze urgenti vanno a buon fine: giudici e avvocati sono costretti a umilianti peregrinazioni tra corridoi ingolfati di scrivanie, sedie, scatole, carte ammonticchiate, alla ricerca di un'aula libera dai giudici penali. A volte si ammassano, tre o quattro giudici civili, in una stessa aula (per me si va tra la perduta gente, Divina Commedia, Inferno, Canto III) con decine di avvocati, testimoni, cancellieri, attori (non nel senso di saltimbanchi, quelli stanno altrove), convenuti tutti insieme appassionatamente. E qualche altra volta la ricerca di un angolino libero non porta buoni frutti: udienza rinviata d'ufficio a data da destinarsi.

Capitolo terzo Trascorsa l'estate, tutto il formicaio della giustizia torna ad affacciarsi nelle aule civili: sono finiti i lavori? Quasi, un po' di pazienza. Pochi giorni dopo il 20 settembre arriva il via libera: guardate che bei locali che vi abbiamo preparato! Qui sì che si farà giustizia! Insomma... In ogni caso ora possiamo riprendere a lavorare? Eh, si fa presto a dire. Ora dobbiamo rimettere a posto tutte quelle carte, altrimenti come si fa? Intanto le udienze proseguono - è un eufemismo - nelle aule penali. Si tenta di andare avanti un mese, poi il 21 ottobre nuovo decreto del presidente: tutto fermo fino al 5 novembre. Come dire: cari avvocati, se non smettete di stare tra i piedi qua non si combina nulla. Su, a casa, sciò! sciò! Certo, il decreto, è bene ribadirlo, non ferma i procedimenti cautelari e le attività urgenti: per queste ci si può rivolgere ad un “presidio” delle cancellerie civili che continua a vegetare negli uffici del penale. Una specie di buco nero che inghiottisce qualunque atto di qualsiasi avvocato e c'è da pregare affinché un giorno ricompaia, magari per sbaglio, da qualche parte. L'ignobile farsa Il giorno prima dell'ultimo decreto di blocco, il presidente dell'Ordine degli avvocati ha convinto il presidente del tribunale per un sopralluogo: ma venite a vedere in che condizioni stiamo! Insieme, è arrivata anche la stampa. C'erano giornalisti e telecamere: il presidente del tribunale è andato su tutte le furie, non solo ha impedito alla telecamere di riprendere (e fin qui è bene sapere che è nelle sue facoltà) ma ha anche impedito ai giornalisti di fare domande, minacciando di chiamare i carabinieri. Purtroppo i giornalisti si sono fatti intimidire (avrebbero dovuto farli chiamare davvero, i carabinieri) e sono andati via. Questo è molto grave. Davvero molto grave. Non si fa. Proprio non si fa. Purtroppo l'Ordine dei giornalisti della Campania non è intervenuto. L'Ordine dei giornalisti della Campania interviene molto di rado, in queste circostanze.

Epilogo? Il 5 novembre, sabato (dunque il 7 novembre, lunedì) tutto dovrebbe tornare alla normalità. Oggi siamo ancora ben lontani dalla normalità. Anche se ciò dovesse accadere, ripetiamo che un'ispezione che chiarisca cosa è successo fino ad ora e perché è necessaria. Noi, in ogni caso, il 7 novembre vi informeremo su cosa è successo. E ci auguriamo che qualcuno chiami i carabinieri.

Roberto Ormanni

29/10/2005

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ITALIA OGGI

Magistratura democratica e Movimenti riuniti critici sulla competitività

Sul nuovo processo civile riforma controproducente

La riforma del processo civile, contenuta nella legge di conversione del dl competitività (n. 80/2005) e che entrerà in vigore il 1° gennaio 2006, rischia di essere controproducente. Da una parte potrebbe sacrificare l'obiettivo di una riduzione dei termini processuali. Dall'altra la sventolata concentrazione potrebbe lasciare spazio alla contrazione dei diritti di difesa delle parti. ´Si crea così una illusione di efficienza attraverso la previsione di termini che sono difficilmente osservabili dal giudice e inutilmente contratti per i difensori'. Ne sono convinti i magistrati di Magistratura democratica e di Movimenti riuniti, che nel gruppo di lavoro sul civile hanno predisposto un articolato documento per evidenziare i nodi critici dell'intervento e proporre alcune modifiche, possibili visto che la commissione giustizia della camera sta lavorando proprio a una proposta correttiva di alcune sviste o integrativa rispetto alla riforma competitività. Tra l'altro, alcune critiche avanzate dai magistrati sono in sintonia con quanto sottolineato dall'avvocatura a partire dall'Organismo unitari dell'avvocatura. Vediamo più in dettaglio le principali obiezioni, che partono dalla critica di metodo per la quale ´il legislatore si è dimostrato indifferente ai veri nodi critici della giustizia, preferendo tenere occupati giudici e avvocati a sciogliere intricate questioni processuali che assorbiranno energie e tempo'. Non convince, per iniziare, la eliminazione della obbligatorietà dell'interrogatorio libero e del tentativo di conciliazione, di cui si chiede la reitroduzione per favorire il contatto parti-giudice. Né piace la previsione che le parti debbano precisare domande ed eccezioni nelle stesse memorie con le quali devono chiedere i mezzi di prova, sostanzialmente al buio rispetto a quanto dedotto dalla controparte. ´Si determina così una contrazione del diritto di difesa, perdendo la lezione più vitale della novella 90/95'. La controproposta è quella di fissare quattro distinti termini (magari ravvicinati) alle parti in relazione alla memorie destinate alla definizione dei fatti e a quelle destinate alle prove. Terzo aspetto critico è quello attinente alla tendenziale eliminazione, attraverso la previsione della riserva obbligatoria del giudice sulle prove, del colloquio con il giudice impedendosi la discussione orale sulle istanze di prova. Per questo la richiesta è per la modifica in modo che il giudice, concessi i termini per le memorie, fissi una udienza per la discussione del tema di indagine e la decisione sui mezzi istruttori, salva la facoltà di riservarsi. Di contro, per evitare ingiustificati ritardi, il documento propone di prevedere espressamente che, se le esigenze di trattazione lo consentono, il giudice possa decidere sulle istanze di prova delle parti sin dalla prima udienza e possa assumere la causa in decisione sin dalla stessa udienza. E che, ove ce ne fosse bisogno, il giudice possa svolgere le attività processuali previste dall'articolo 183 del cpc non necessariamente nella stessa udienza. I magistrati propongono inoltre di eliminare ´la farraginosa e irrazionale alternativa del rito societario'. Giudizio più morbido è quello espresso con riferimento alle modifiche del processo esecutivo, per le quali la richiesta è quella di dotare gli uffici delle necessarie risorse organizzative. Unico appunto è per l'ampliamento delle categorie professionali a cui affidare le esecuzioni e l'estensione alle scritture private autenticate del valore di titolo esecutivo: ´Tale scelta avrà probabilmente una valenza deflattiva del contenzioso ordinario e tuttavia rischia di incidere in senso negativo sulla tutela dei soggetti deboli nei rapporti obbligatori'. (riproduzione riservata) C.Morelli

29/10/2005 10 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected][email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA

ITALIA OGGI

Studio di Gruppo civile sull'applicazione del dlgs 5/2003 Rito societario k.o Poche le controversie, lunghi i tempi

Nuovo rito societario sotto processo. Poche le cause in cui viene applicato e, quasi nella metà dei casi, non consente di ottenere i risultati più rapidi tanto auspicati. A un anno e mezzo dall'entrata in vigore del nuovo rito societario (dlgs 5/2003), il Gruppo civile facente capo a Magistratura democratica e Movimento per la giustizia ha fornito una prima analisi dell'applicazione del nuovo rito attraverso la diffusione di un questionario a tutti i 165 tribunali italiani e gli avvocati dell'ordine di Milano, i cui risultati sono stati rielaborati dalla Camera arbitrale della camera di Commercio di Milano. Hanno risposto però solo 28 tribunali dislocati in 17 distretti, ma le risposte risultano sufficientemente significative in quanto, pur rappresentando solo il 20% dei tribunali, i questionari sono stati restituiti da tutti i tribunali di dimensioni molto grandi e medio grandi (Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste, Venezia), dai tribunali di medie dimensioni (Bergamo, Brindisi, Como, Lecce, Mantova, Monza, Sassari, Trani, Trento, Treviso, Varese, Verona) e da quelli di dimensioni più piccole (Cassino, Larino, L'aquila, Ivrea, Rovereto, Viterbo). Secondo la ricerca, il nuovo rito societario ´specifico' è riservato a un numero molto limitato di controversie applicato da un giudice non specializzato ´in via ordinamentale'. La comparsa del giudice sulla scena del processo è differita ad una fase a contraddittorio per definizione già articolato, nella fase preparatoria scritta il rito presenta particolari complessità di schemi nel processo con più di due parti. E la nuova disciplina non determina una maggiore rapidità dei tempi processuali. Nei due terzi dei casi, le materie alle quali si applica il rito processuale societario rimangono distribuite tra più sezioni (solo 16 tribunali hanno risposto che la competenza è affidata a una sola sezione) e in tutti i tribunali i giudici che si occupano di rito societario sono anche assegnatari di processi in altre materie. Non solo. Nella maggioranza dei casi, inoltre, non è rispettato il termine di 30 giorni per la fissazione dell'udienza collegiale: 18 tribunali su 30 sforano il limite allungando i tempi di svolgimento del processo di almeno tre mesi (13 tribunali su 30), tre tribunali li allungano fino a un anno. ´Non è il rito, ma l'organizzazione del tribunale che determina i tempi di svolgimento del processo', dichiara a ItaliaOggi Giorgio Costantino, professore di diritto processuale civile all'università Tre di Roma. ´La mancata istituzione di sezioni specializzate rende impossibile attribuire una corsia preferenziale alle cause commerciali. Solo a Milano esiste una sezione specializzata'. Hanno dato invece risultati positivi il nuovo procedimento sommario e il cautelare. ´La pluralità di riti in vigore crea sconcerto tra gli operatori', prosegue Costantino, ´basti pensare che a partire da gennaio 2006 i riti ordinari saranno circa una ventina e tutti diversi'. Chiara Cinti

29/10/2005

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ITALIA OGGI

La ex Cirielli in porto entro il 9/11 Tempo scaduto per la riforma della prescrizione e recidiva. La proposta passerà alla camera senza modifiche forse anche giovedì prossimo, in anticipo di cinque giorni rispetto al calendario ufficiale. Il messaggio è di Luigi Vitali, sottosegretario alla giustizia di Fi, che annuncia a ItaliaOggi che il partito potrebbe chiedere giovedì l'inversione dell'ordine del giorno dei lavori dell'assemblea se la conversione del dl agricoltura lascerà lo spazio. ´A questo punto le condizioni per chiudere sulla ex- Cirielli ci sono', ha sottolineato Vitali obiettando all'argomerntazione che sul provvedimento la maggioranza è sempre stata ondivaga. Un segnale positivo, ad avviso del sottosegretario, è venuto dal Consiglio nazionale dell'Udc e dalle prime dichiarazioni del nuovo segretario Lorenza Cesa. ´Siamo passati dal no di Follini alle aperture di Cesa che mentre ha chiuso sulla par condicio, sulla prescrizione ha solo ammesso che nel partito ci sono sensibilità diverse', evidenzia Vitali. Dunque, il destino del provvedimento, criticato aspramente da opposizione, magistrati e avvocati, a questo punto sembra segnato. La sua approvazione è solo questione di tempo e al più tardi arriverà l'8 o il 9/11. (riproduzione riservata) Ilaria Cortesi

01/11/2005

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DIRITTO E GIUSTIZIA Se l'opposizione diventa maggioranza bisognerà ricomprare tutti i codici

Leggi ad personam, se l’Unione dovesse vincere le prossime elezioni saranno sospese con un apposito decreto. Questa la proposta lanciata dal segretario dei Ds, nel corso del convegno dal tema «Giustizia e politica: appunti per un programma di governo» organizzato, venerdì scorso, dalla Fondazione «italianieuropei», a Roma, a Palazzo Valentini, presso la sede della Provincia.

Al dibattito, durante il quale il centrosinistra ha colto l’occasione per confrontarsi sul sistema giudiziario italiano, la fondazione ha invitato magistrati e avvocati, ma anche esponenti della società civile. Ad aprire i lavori è stato il presidente della Provincia, Enrico Gasbarra ricordando una frase di Vittorio Bachelet che ripeteva « Non trasformiamo la legge in una ragnatela perché le mosche grandi la sfondano, quelle piccole restano imbrigliate ».

Sulle leggi ad personam messe a punto dall’attuale Governo, la proposta più ragionevole è arrivata proprio dal segretario dei Ds che si è detto pronto ad uscire dalla discussione riguardo alle abrogazioni con un operazione molto semplice: emanare «un immediato provvedimento di sospensione degli effetti di quelle leggi e contemporaneamente mettere in campo un’azione di riscrittura che ridefinisca il modo di funzionare della giustizia in Italia». E ha incalzato «Bisognerà ripristinare il principio della legalità, principio che è stato messo in discussione e incrinato».

Secondo Piero Fassino, infatti, in questi anni di governo del centrodestra è venuta meno l’eguaglianza dei cittadini di fronte alle leggi».

Ma non solo. Il leader dei Ds ha anche fissato i paletti per rendere in futuro «la giustizia accessibile rapida e certa». Per questo, ha continuato, «il ministro Castelli ha il dovere non di occuparsi delle sentenze ma di come far funzionare la giustizia».

Inoltre, l’inadeguatezza delle risorse, ha sottolineato Fassino, è una delle cause dell’eccessiva durata dei processi. E ha incalzato: «Nelle ultime quattro finanziarie varate dal centrodestra la dimensione dei fondi per la giustizia è minore rispetto ai 12 mila miliardi che stanziammo noi con la finanziaria del 2001». Il segretario dei Ds ha rilevato anche come l’Italia sia «indietro nella fornitura di strutture telematiche» per gli uffici giudiziari e ha sostenuto che questo «è responsabilità della politica». Del resto, ha aggiunto il leader dei Ds, «per amministrare le sedi giudiziarie occorre guardare a quanto si è fatto nella sanità dove c’è una separazione tra gestione amministrativa e competenze».

Infine, Piero Fassino denunciando «l’inadeguatezza delle risorse» messe in campo dal centrodestra ha criticato apertamente il Guardasigilli che ha perso «quattro anni non utilizzando l’aumento di pianta organica di mille magistrati di cui aveva disponibilità dal primo giorno in cui è diventato ministro mentre ha preso l’assurdo provvedimento di prolungare l’età pensionabile da 72 a 75 anni».

Una proposta quella dell’esponente della Quercia che è stata appoggiata anche dal senatore dei Ds, Guido Calvi che ha ritenuto «per certi versi sbagliata» l’ipotesi di cancellare tutto perché lo stesso obiettivo si può raggiungere attraverso il programma che l’Unione metterà a punto. Tuttavia, ha ribadito la necessità di «fermare gli effetti malefici» delle leggi fatte dal centrodestra magari attraverso un decreto di sospensione di un anno durante il quale si possa poi procedere alla scrittura delle nuove norme. Calvi ha sottolineato, infine, come da parte di questa maggioranza «incapace di fare una riforma complessiva» ci sia stata «un’aggressione costante e frontale al principio di indipendenza dei magistrati».

Tuttavia, ha chiarito Luciano Violante, capogruppo dei Ds alla Camera, «Ora che siamo in una fase politica che ci sta portando verso una lista unitaria c’è un punto teorico su cui ci dobbiamo chiarire: giustizialismo, 13 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected][email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA

garantismo, illegalitarismo e legalitarismo». Queste questioni, però, ha messo in guardia l’esponente della Quercia «vanno affrontate altrimenti ci troveremo nelle difficoltà che abbiamo già avuto quando governavamo». E ha aggiunto: «Il giustizialismo è un principio di destra, non di sinistra. Le classi subalterne hanno sempre chiesto giustizia, per questo oggi la sinistra ha istinti legalitari». Per cui, ha concluso Violante, una volta che il centro sinistra sarà al governo, il problema principale non sarà quello di abbattere tutto quello che è stato fatto ma quello di costruire. La priorità è assicurare la rapidità dei processi, dare una maggiore tutela alle parti offese, dare al settore maggiori finanziamenti, studiare quegli uffici giudiziari che funzionano per estendere il loro modello, attribuire la valutazione della responsabilità dei magistrati ad un organismo diverso dal Csm. L’obiettivo, però, ha detto Massimo D’Alema (Ds), «non è rimuovere gli errori degli altri, ma risolvere i problemi del Paese». Certo questo significa anche «rimuovere i pasticci fatti nel corso di questi anni ». Ma a chi, durante il convegno, chi gli chiedeva se nonostante le critiche avanzate dagli operatori del settore, magistrati e avvocati, nonché dal centrosinistra, il disegno di legge sulla ex Cirielli, sarebbe andato comunque in porto D’Alema ha detto, senza mezzi termini «Non mi sembra che siano persone che si muovano sulla base di appelli, piuttosto per esigenze preordinate e di parte». Quello che è importante, invece, ha sottolineato l’esponente della Quercia è il clima di questo dibattito.

Non sono mancati gli interventi degli addetti ai lavori. È stato l’ex presidente del Csm, Carlo Federico Grosso a dire chiaro e tondo che se «La sinistra nella prossima primavera va al governo, bisognerà dare un grandissimo segnale subito nel settore della giustizia: abrogare con forza le leggi votate da questa maggioranza parlamentare, anche se i guasti di questa legislazione non possono essere eliminati nemmeno con l’abrogazione di tutti i provvedimenti. Abrogando queste norme, comunque, porremo un rimedio per il futuro». Grosso ha detto quindi basta alle riforme di settore, e ha spiegato che è necessaria una riforma organica di tutta la giustizia penale. Ma non solo, ha anche ribadito che servono investimenti perché «una riforma della Giustizia gratis è una chimera». Sulla stessa lunghezza d’onda anche il presidente dell’Anm, Ciro Riviezzo, che ha ribadito che «occorre cambiare metodo di lavoro e tornare a un confronto con gli operatori del diritto. Deve essere chiara la consapevolezza che ciò che occorre difendere non è l’interesse dei magistrati ma i diritti dei cittadini». Nel suo intervento ha anche aggiunto che «c’è stata una legislazione mirata a singoli obiettivi. Una legislazione che ha avuto anche un intento punitivo verso la magistratura, ma non per quello che i magistrati non hanno fatto. Piuttosto per quello che la magistratura ha fatto, per i processi che ha avviato con la pretesa di applicare in modo uguale la legge verso tutti i cittadini». L’Anm, ha concluso Riviezzo, non è arroccata a difendere l’attuale sistema ma è necessaria «una riforma, ma una riforma che dia soluzioni opposte a quelle proposte perché sono un ritorno al passato e non una modernizzazione».

A proposito delle norme da abrogare, Giuliano Pisapia (Rifondazione comunista) ha detto, senza mezzi termini che «se l’Unione andasse al governo dovremmo passare la nostra vita parlamentare ad abrogare leggi, dalla Bossi-Fini, alla Moratti, alla Gasparri, all’Ordinamento giudiziario». Ma il centrosinistra ha «il compito di essere propositivo, di proporre norme organiche che di fatto azzerano le altre».È necessaria, però, ha detto ancora il parlamentare, una magistratura professionale attrezzata e di una avvocatura altrettanto preparata perchè «oggi vince il mercato», mentre sono necessari controlli di professionalità, anche seguendo le proposte dell’associazione nazionale magistrati che «io auspico diventino realtà». Su una questione, però, non transige, l’esponente di Rifondazione «Non dobbiamo illudere gli italiani. I fondi per la giustizia saranno pochi» e per questo sarà necessario andare a cercarli «negli ambiti degli sprechi».In particolare il parlamentare ha fatto l’esempio dei soldi necessari per il mantenimento dei 18 mila tossicodipendenti in carcere. «Se questi fondi - ha sottolineato - fossero utilizzati per il recupero e il reinserimento di queste persone, potremmo avere sensibili risparmi da orientare ad altre finalità». Pisapia si è tuttavia soffermato anche sulla necessità di “controlli di professionalità” sia per i giudici che per gli avvocati.Sulle leggi da “cancellare” interviene anche l’ex presidente del Senato che ha detto che «l’idea di una rimozione totale è una idea massimalista». Pertanto, è necessaria una tipizzazione delle questioni da affrontare. Tuttavia, ha concluso, Mancino, «le leggi ad personam hanno adeguato il rapporto tra l’esecutivo e l’ordine giudiziario», abbassando la considerazione dell’opinione pubblica verso la magistratura.Cristina Cappuccini

29/10/2005 14 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected][email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA

DIRITTO E GIUSTIZIA

Meeting point A Caltagirone, venerdì 28 e sabato 29 ottobre 2005, presso il Grand Hotel Villa San Mauro, il convegno dal tema «Giustizia e territorio», organizzato dall’Ordine degli avvocati di Caltagirone, dal Consiglio nazionale forense e dal Coordinamento nazionale degli Ordini forensi minori. Interverranno, tra gli altri, Marco Ubertini, centro raccolta e verifica dati organizzazione giudiziaria Oua, Nicola Cerreto, Capo dipartimento dell’organizzazione giudiziaria ministero della Giustizia, Salvatore Grimaudo, presidente dell’Unione nazionale Camere civili, Orazio Ciliberti, vice presidente Anci, Ettore Randazzo, presidente dell’Unione Camere penali italiane, Ciro Riviezzo, presidente dell’Anm, Mario Papa, presidente dell’Aiga, Michelina Grillo, presidente dell’Oua, Antonio di Pietro, senatore (l’Italia dei valori), Giuseppe di Federico, Csm, Aniello Nappi, magistrato della Corte di cassazione, Salvatore Cuffaro, presidente della Regione Sicilia, Guido Alpa, presidente del Cnf, Anna Finocchiaro (Ds), Giuseppe Fanfani (La Margherita), Erminia Mazzoni, (Udc), Giuliano Pisapia (Rifondazione comunista), (nuovo Psi), Luigi Vitali (Fi), Franco Frattini, vice presidente della Commissione europea, Roberto Castelli, ministro della Giustizia, Enrico La Loggia, ministro per gli affari regionali e Stefania Prestigiacomo, ministro per le Pari opportunità.

A Roma, sabato 19 e domenica 20 novembre, presso l’Università degli Studi di Roma Tre, facoltà di Scienze politiche, il convegno dal tema «Giustizia, diritto e comunicazione». Interverranno, tra gli altri, Ernesto Sticchi Damiani, Università di Lecce, Michele Corradino, consigliere di Stato e consigliere giuridico del ministero della Giustizia, Roberto Garofoli consigliere di Stato, Mauro Orefice, vicepresidente dell’Associazione nazionale dei magistrati della Corte dei conti, Luca Marini, sostituto procuratore della Repubblica presso la procura Dda ed antiterrorismo di Venezia, Salvatore Bonfiglio, Università «Roma Tre», Giuseppe caruso, consigliere del Tar Calabria, Viataliano Esposito, avvocato generale presso la Suprema corte di cassazione, Giovanni Tamburino, presidente del Tribunale di sorveglianza di Venezia, Massimo Brutti, responsabile giustizia dei Ds, Luigi Moccia, preside della facoltà di Scienze politiche Università di «Roma Tre», Sergio Santoro, presidente della quinta sezione del Consiglio di Stato, Giovanni Tinebra, capo del dipartimento amministrazione penitenziaria e Giuseppe Valentino, sottosegretario alla Giustizia.

29/10/2005

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ITALIA OGGI

A Torino Vietti ha illustrato la riforma

Giudici tributari fino a 75 anni

Giudice tributario anche fino a 75 anni. Al raggiungimento di questa età si cessa dall'incarico. È questa una delle novità previste dalla riforma della giustizia tributaria (anticipata ieri da ItaliaOggi) inserita come emendamento al decreto legge 203/2005 collegato alla Finanziaria 2006, illustrate da Michele Vietti, sottosegretario all'economia, nel corso di una tavola rotonda, tenuta ieri a Torino e dedicata al futuro delle commissioni tributarie. Il dibattito torinese è stata l'occasione per illustrare e commentare le novità per la giustizia tributaria inserite come emendamento al decreto legge citato, approvato l'altro ieri dalla commissione finanza del senato. Uno dei nodi della novella, dunque, è quello dei magistrati, con alcune micro-novità. Oltre all'indicazione dell'età massima fino alla quale si può rimanere in servizio, l'articolato si preoccupa di precisare che i requisiti di età per l'accesso alla magistratura vanno ancorati alla data della pubblicazione del bando. Un accorgimento, questo, volto a evitare che vengano rifiutate le registrazioni delle nomine di magistrati in possesso dei requisiti al momento del bando che abbiano superato l'età al momento della registrazione della nomina da parte della Corte dei conti. Sempre in materia di status del giudice tributario l'articolato precisa in maniera espressa che non si tratta di impiego pubblico: questo, ha spiegato Vietti, serve a rimarcare l'onorarietà dell'incarico. Altra novità di rilievo è la rotazione dei giudici nelle varie sezioni, così da consentire un ricambio della composizione. Non si può permanere nell'incarico presso la stessa sezione, quindi, per un periodo superiore ai cinque anni. Di valore nominalistico, ma teso a sottolineare la giurisdizionalizzazione degli organi della giustizia tributaria, è la modifica delle denominazioni da commissioni a tribunale tributario e corte di appello tributario. La ratio della modifica è fare intendere che ci si trova di fronte a organi di giustizia e non a organi amministrativi. Più di sostanza, invece, le disposizioni relative alla procedura. Da questo punto di vista la novità che spicca di più è l'attribuzione ai tribunali tributari dei canoni per spazi e aree pubbliche (cosap), canoni smaltimento rifiuti e acque reflue, imposte pubblicità e affissioni. Da questo punto di vista va sottolineato che ciò che conta è il rapporto tra ente impositore e contribuente e non l'atto con il quale si accerta e si esige l'entrata. L'effetto della novità è quello di evitare incertezze giurisprudenziali e interpretative riservando ai giudici tributari anche i canoni. L'articolato non prevede nulla a proposito dei compensi dei giudici tributari. In precedenti versioni del progetto si prevedevano compensi fissi per i magistrati, cumulabili con trattamenti pensionistici. I compensi, per i presidenti, erano agganciati al numero delle sezioni e conseguentemente al carico di lavoro. La materia dei compensi è stata stralciata, anche in relazione alle possibili obiezioni relative agli effetti sulla spesa. Come ha sottolineato il sottosegretario Vietti, l'emendamento non rappresenta una riforma radicale, ma rappresenta un compromesso che cerca di conciliare le esigenze di riforma con i tempi residui della legislatura. Le modifiche vanno a incidere sull'ordinamento vigente, ma in attesa di una riforma complessiva dei decreti legislativi 545 e 546/1991. Peraltro l'occhio del legislatore è attento a un settore caratterizzato da alta produttività (oltre 5 milioni e 500 mila decisioni dalla riforma del 1992 in avanti) e da qualità delle decisioni (appellate solo nel 12,5% dei contenziosi). (riproduzione riservata) Antonio Ciccia

29/10/2005

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ITALIA OGGI

In breve

Condominio. Alla commissione giustizia del senato è saltata la sede deliberante (cioè, senza passaggio in aula) per la riforma del condominio. Dopo che il prescritto numero di senatori ha richiesto la rimessione all'assemblea, la commissione presieduta dal senatore Caruso ha concluso l'esame del provvedimento in sede referente conferendo mandato al relatore senatore Mugnai di riferire favorevolmente in aula. Per il governo era presente Giuliano, sottosegretario per la giustizia. Nel darne notizia, la Confedilizia ha rilevato in un comunicato che ´si tratta dello sbocco inevitabile di un provvedimento che, negli ultimi passaggi, aveva assunto connotati penalizzanti per l'istituto condominiale in sé, burocratizzandolo inutilmente, e, in particolare, per i piccoli condominii, di fatto espellendo dal mercato una platea benemerita di amministratori condominiali del proprio condominio, senza peraltro neanche valorizzare, così come invece meritano, gli amministratori professionali'.

29/10/2005

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IL SOLE 24 ORE

Fallimenti, l’incognita delle due fasi

Entrata in vigore a singhiozzo per la riforma del diritto fallimentare. A una prima parte, operativa dalla primavera scorsa nell'ambito della disciplina per il rilancio della competitività (legge 80105), si aggiungerà, se tutto procederà senza intoppi, una seconda con cui imprese e operatori dovranno fare i conti solo a partire da maggio-giugno del 2006, visto che è previsto un periodo di vuoto normativo di sei mesi. E questo uno degli effetti della scelta di tecnica legislativa che ha spezzato l'intervento. Una decisione in qualche modo obbligata visto che lo stesso Michele Vietti che, dal ministero dell'Economia, ha seguito la fase di redazione delle norme, ha più volte sottolineato come, nella legge n. 80105,fosse impossibile concentrare tutto il progetto di modifiche: la legge infatti ha rappresentato un contenitore di nonne eterogenee che non poteva essere dilatato oltre un certo limite. Di qui la delega e il successivo decreto oggi all'esame del Parlamento e in via di approvazione definitiva all'inizio di dicembre dopo gli ultimi ritocchi da parte del Governo.La conseguenza sarà, tra l'altro, quella di costringere gli interessati a confrontarsi con una serie di difficoltà interpretative e di necessità di coordinamento tra le norme stesse. Con effetti non semplici da prevedere e che potrebbero condurre a soluzioni non proprio rapide delle crisi d'impresa. E con fallimenti che già adesso si trascinano per anni non è un effetto auspicabile. I concordati. Un esempio per tutti che già sta facendo discutere, è quello dei concordati. Così come è stata ora scritta la disciplina rischia di vanificare l'intenzione di utilizzare l'istituto del concordato preventivo, modificato già da alcuni mesi, per arrivare all'emersione tempestiva delle difficoltà delle aziende evitando così di avviare la procedura fallimentare. Nello schema di decreto legislativo è stata infatti inserita la possibilità per l'imprenditore fallito o anche per un terzo di presentare un piano di concordato fallimentare nel quale prevedere che i creditori privilegiati non siano pagati integralmente. Una previsione che, come hanno sottolineato molti giuristi, potrebbe vanificare la chance del concordato preventivo, incoraggiando di fatto i comportamenti dilatori da parte dello stesso imprenditore che potrebbe ritenere più conveniente aspettare l'apertura del fallimento per puntare a soluzioni economicamente più vantaggiose. Tanto più che, come ha sottolineato la stessa Abi, il decreto legislativo sembra eludere quanto stabilito dalla stessa delega che condizionava il pagamento parziale a un'esplicita rinuncia del privilegio. La fase transitoria. È vero poi che le regole del decreto sulla fase transitoria prevedono che i ricorsi per la dichiarazione di fallimento e le domande di concordato fallimentare depositate prima dell'entrata in vigore del decreto stesso, ma anche le procedure di fallimento e di concordato fallimentare prendenti alla stessa data, siano definite secondo le nonne precedenti, ma viene da domandarsi quanti concordati fallimentari saranno chiusi in questi mesi quando la disciplina è destinata a essere modificata a breve. Di fatto poi, oltre ai problemi di coordinamento, l'entrata in vigore differita rende ancora più accidentata la fase transitoria.Le stesse competenze e il bilanciamento dei poteri tra gli organi della procedura è destinata a cambiare a partire dalla metà del 2006. Tra i cardini del decreto c'è infatti l'ampliamento dei poteri del comitato dei creditori e la limitazione delle prerogative del giudice delegato: così fallimenti aperti magari da anni dovrebbero misurarsi con i nuovi ruoli dei protagonisti delle procedure con effetti tutti da verificare. Come da verificare sarà l'impatto delle nuove soglie di esenzione che saranno introdotte dal decreto.Che potrebbero condurre a risultati più ampi di quelli preventivati. Già circolano voci allarmiste: dagli avvocati di Roma è stato, per esempio, segnalato, che la maggioranza dei fallimenti aperti davanti al tribunale della capitale è destinato a estinguersi quando saranno operativi i limiti relativi ai ricavi e agli investimenti. GIOVANNI NEGRI 31/10/2005

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ITALIA OGGI

Fallimenti, tutelare il pregresso Un passo in avanti è stato fatto, ora bisogna migliorare la legge per il fondo che dovrà risarcire gli acquirenti che sono stati danneggiati in passato dai fallimenti dei costruttori edili'. Il sottosegretario all'economia, Michele Vietti, parlando ieri a Milano all'incontro voluto dall'associazione vittime dei fallimenti immobiliari e associazione italiana condomini, Assocond e Confapi, ha spiegato che il 4 per mille del valore delle polizze che dovranno stipulare obbligatoriamente le imprese costruttrici non basterà a risarcire in tempi ragionevoli le vittime dei fallimenti, alcune delle quali presenti all'incontro, che hanno chiesto a gran voce una soluzione come quella per Cirio o Parmalat. Gabriella Pistone (Pdci) ha proposto di reperire i soldi in Finanziaria. ´Con questa legge abbiamo trovato una soluzione che non risolve tutti i problemi ma è stato fatto uno sforzo corale, bipartisan, con il sostegno delle associazioni', ha sottolineato Vietti parlando della legge delega 210/04 approvata all'unanimità dal parlamento che a tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili obbliga i costruttori, pena la nullità del contratto, a fideiussione bancaria o assicurativa per un importo pari alle somme riscosse e l'istituzione di un fondo di solidarietà per risarcire le vittime dei crack.

29/10/2005

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