Ticino, Il diritto d’asilo in Svizzera tra ideali e realtà storica un crocevia Nell’immaginario collettivo la Svizzera è percepita come “terra d’asilo” o come “fron- dell’anarchismo tiera della speranza” per la pratica di accordare nel corso dei secoli riparo e rifugio a internazionale profughi di differenti paesi. Questa reputazione ha trovato spesso giustificazione negli stessi miti di fondazione della Confederazione che ne esaltano l’indipendenza e la li- Maurizio Binaghi bertà. Non è un caso che, tra il XVII e il XVIII secolo, la pratica del diritto d’asilo si svi- luppi in contemporanea con l’affermazione pubblica dei miti fondatori. Si pensi, per far solo un esempio, al peso svolto dal poema Le Alpi (1732) di Albrecht von Haller, dove si celebravano la purezza, l’indipendenza e la libertà del mondo alpino svizzero. D’al- tronde questo stretto legame tra ideale mitico e pratica dell’asilo trova conferma anche nei famosi versi della canzone di Pietro Gori Addio bella in cui gli anarchici espulsi nel gennaio del 1895 salutano le «bianche di ghiacci montagne ticinesi» e ac- cusano il governo svizzero «schiavo d’altrui» di sconfessare la sua stessa identità poi- ché «le tradizioni offende e insulta la leggenda del tuo Guglielmo Tell». In realtà la pratica del diritto d’asilo non è la conseguenza di alcun mito identitario co- mune, ma – al contrario – è il diretto risultato delle differenti e conflittuali identità che componevano l’antica Confederazione. La grande difformità di regimi politici, di lin- gue e di religioni all’interno di un territorio formato da repubbliche aveva permesso a molti esuli di trovare un cantone che potesse, in un modo o nell’altro, accoglierli con simpatia e politica comprensione. Per questa ragione, il diritto d’asilo era per tradizio- ne riservato ai singoli cantoni che regolavano indipendentemente questo loro compito. Anche la costituzione del 1848 non riservava nessun articolo al diritto d’asilo, lascian- done ancora la competenza ai cantoni. Il governo federale poteva intervenire in un unico caso: obbligando gli stranieri ad abbandonare il paese. 1 Fino al secondo decennio del XX secolo non esisteva un vero e proprio “diritto d’asilo”, poiché questo diritto non aveva base legale: «Il diritto d’asilo riposava su una base giuridica negativa: non esisteva un diritto accordato agli individui, per contro i cantoni avevano il diritto di rifiutare l’asilo». 2 Anche il termine di rifugiato politico non aveva giustificazione giuridica: nella legislazione federale non esisteva nessun riferimento alla nozione di rifugiato. Un rifugiato era colui che si dichiarava tale: apparteneva in seguito alle autorità di decidere se accordare l’asilo politico. L’ottenimento dell’asilo politico e dello statuto di rifugiato non era, in verità, sottomes- so a severe norme. Spesso il diritto d’asilo si attuava nel semplice rilascio del permes- so di soggiorno a stranieri che, per ragioni politiche, non potevano presentare gli indi- spensabili documenti di legittimazione. I richiedenti, se non erano in condizione di mantenersi economicamente e se non c’era nessuno che ne garantisse l’identità, po- tevano essere obbligati ad abbandonare il paese. Nel 1880, in occasione dell’espulsio- ne dal Canton Ginevra del celebre anarchico Pëtr Kropotkin, il radicale ginevrino Geor- ges Favon criticò l’inasprimento delle condizioni di ottenimento dell’asilo, riaffermando che la maggior parte dei richiedenti era senza documenti e sostenendo che fosse nor- male accettare, come prova di identità, le garanzie di una persona conosciuta. 3 Le autorità, una volta rilasciato il permesso di soggiorno, stringevano con gli esuli una sorta d’implicito “contratto sociale ”: esigevano che gli stranieri ospitati limitassero le Elenco di rifugiati italiani loro attività politiche e non mettessero in pericolo le relazioni internazionali della Sviz- allestito dal Dipartimento di Giustizia e Polizia del 1 L’espulsione doveva essere decretata dall’autorità federale secondo i dettami dell’articolo 70 della Canton nel 1849 costituzione federale: «La Confederazione ha diritto di espellere dal territorio svizzero quei forestieri che mettono a pericolo la sicurezza interna ed esterna della Confederazione».

2 Walo Mina, Les r épercussions des émeutes de mai 1898 au Tessin , tesi di laurea, Ginevra,1984, p.57.

3 «Noi affermiamo che Kropotkin è stato ingiustamente espulso dal cantone. […]. Se si inizia a Ginevra, o in un cantone qualunque, a esigere dai proscritti delle carte di legittimazione, se non ci si accontenta della notorietà e della testimonianza di uomini conosciuti, noi affermiamo che in molti casi il diritto d’asilo diviene lettera morta: la maggior parte dei proscritti arrivano in effetti senza carte e non possono certo procurarse- ne […]», in Daniel-François Ruchon, Georges Favon et les réfugiés de la Commune à Genève , in “Revue Ritratto di Bakunin européenne des sciences sociales. Cahiers Vilfredo Pareto”, vol.XI, 1973, n.29, p.124.

37 zera. Le autorità si richiamavano al principio di neutralità che comportava una difficile mediazione tra il rispetto dei doveri internazionali, sottoposto alla pressione politica di potenze sempre più imperialiste, e il rispetto dei diritti individuali, richiesto da una po- litica d’asilo indipendente. 4

La politica d’asilo del Canton Ticino: un’efficiente rete relazionale Nel corso del XIX secolo il Canton Ticino si è distinto per una generosa politica d’asilo. 5 L’ascesa al potere del partito radicale permise la creazione di un’efficiente rete di assi- stenza agli esuli, soprattutto in centri urbani come Locarno o Lugano. 6 Si stima, ad esempio, che nell’agosto del 1848, di fronte al ritorno di Radetzky, furono circa 20’000 i Lombardi che oltrepassarono le frontiere svizzere in fuga dagli Austriaci. La consapevolezza d’essere, come scriveva Carlo Battaglini, «il solo popolo italiano costituito a forme democratiche», spingeva i radicali, influenzati dalle idee di Mazzini, ad adempiere alla missione di dare ai confratelli italiani, ramo separato di una comune famiglia, «l’esempio del vivere e del governare libero e repubblicano». I radicali non vedevano gli esuli come un corpo estraneo anzi, provenendo da ambienti culturali e sociali simili, strinsero con essi legami molto forti. Gli esuli, come ad esempio Carlo Cattaneo, furono arruolati negli apparati ideologici del partito e dello Stato (case edi- trici, tipografie, quotidiani, scuole e amministrazione) influenzando in maniera impor- Lettera di Mazzini tante il pensiero politico e la vita culturale del cantone. Ai miei Nemici pubblicata dal foglio luganese Tra il 1848 e il 1855 l’appoggio governativo al movimento risorgimentale indusse però le “La Tribuna” autorità austriache a imporre una serie di blocchi commerciali che miravano a indurre l’11 maggio 1869. il Cantone a espellere gli esuli dal suo territorio. 7 La presenza di Mazzini a La grave crisi economica seguita ai blocchi commerciali mostrò come la politica dei Lugano nel 1869 fu una radicali ticinesi non fosse così condivisa dalla popolazione contadina e cattolica: l’in- delle ragioni che spinsero Bakunin a scegliere Locarno flusso degli esuli, d’altronde, era rimasto relegato agli ambienti urbani di estrazione come sede di esilio prettamente borghese e anticlericale. Nel 1848, al momento delle “Cinque giornate” e della prima guerra d’indipendenza italiana, il governo radicale aveva avuto un forte sostegno popolare. Negli anni successivi, di fronte alle difficoltà economiche del bloc- co e all’espulsione dei lavoratori ticinesi dalla Lombardia, il malcontento emerse con forza. La spaccatura tra i radicali e l’elemento popolare si rivelò insanabile in periodo di crisi. L’elemento ideale, così decantato dai radicali, perdeva valore di fronte ai bisogni concreti della popolazione. Il movimento radicale fu dunque progressivamente svuota- to della sua base popolare. Le opposizioni cattoliche e moderate, confluite in un solo blocco, poterono condannare il governo, in quanto oligarchico, denunciare gli esuli come meri strumenti di propaganda radicale e conquistare il potere nel 1875.

4 «Sul piano internazionale, la rivendicazione del diritto d’asilo, per uno Stato, significa che, accogliendolo, uno straniero fuggitivo non deve né violare il suo dovere di non intromissione negli affari interni di un altro Stato, né le obbligazioni che possono derivare da un trattato d’estradizione. Lo straniero, quanto a lui, non gode di un vero diritto d’asilo», in Jean-François Aubert, Traité de droit constitutionnel suisse , Editions Idées et Calendes, Neuchâtel, 1964, p.385.

5 Il ruolo e il movimento dei rifugiati italiani in Ticino durante il periodo risorgimentale sono studiati da Giuseppe Martinola. Cfr. Giuseppe Martinola, Gli esuli italiani nel Ticino (voll. I-II), Fondazione Ticino nostro, Lugano, 1980-1994.

6 A Lugano, in particolare, si era formato nel marzo del 1848 un comitato di sostegno alla causa italiana composto dagli elementi radicali luganesi più in vista: ne facevano parte, tra gli altri, Carlo Battaglini, redattore capo del quotidiano “Il Repubblicano della Svizzera italiana”, i fratelli Giacomo e Filippo Ciani, l’avvocato Giacomo Luvini Perseghini, Leone de Stoppani e gli esuli italiani Giovani Grilenzoni e Francesco Scalini. Nei primi mesi del 1848 questo comitato aveva intensificato la sua attività esportando clandestina- mente in Italia libelli politici, denaro e persino armi. Nei primi giorni dell’insurrezione di Milano, il comitato organizzò le spedizioni di volontari ticinesi in soccorso agli insorti.

7 Tra il 1848 e il 1855, l’Austria chiuse più volte le frontiere al Ticino e costrinse tutti gli emigranti svizzero italiani a ritornare nella madre patria. Cfr. Giuseppe Martinola, Il blocco della fame , in “Bollettino Storico della Svizzera italiana”, dicembre 1970. Cfr. Nicola Robertini, La prova del blocco (1853-1855) , mémoire de licence, Université de , Friburgo, 1992.

38 I mutamenti delle condizioni d’asilo dopo l’Unità d’Italia L’unificazione italiana privò l’emigrazione politica molte sue ragioni: gran parte degli esuli mazziniani divennero i governanti dell’Italia monarchica; 8 le morti di Cattaneo nel 1869 e di Mazzini nel 1872 estinsero il movimento repubblicano; l’arrivo di Bakunin e dei comunardi parigini fece confluire in Ticino rifugiati con nuove idealità, come l’instau- razione del socialismo, che pochi Ticinesi potevano condividere. In questo periodo mutò l’origine sociale degli esuli e la loro provenienza geografica. Ai ceti borghesi repubblicani seguirono esuli di origine proletaria che univano esilio poli- tico ed emigrazione economica. Questa novità mise in difficoltà il sistema di acco- glienza messo a punto dai radicali ticinesi. Se fino a quel momento i rifugiati borghesi e repubblicani erano facilmente reclutati negli apparati ideologici del partito, dagli anni Settanta gli artigiani e gli operai anarchici correvano il rischio, in una regione ar- retrata come la Svizzera italiana, di entrare direttamente in concorrenza con la mano- dopera indigena che era la base elettorale radicale. La grande crisi economica euro- pea, cominciata proprio in quegli anni, contribuì ad accrescere l’insofferenza della popolazione locale verso l’elemento straniero, rifugiato o meno. I nuovi rifugiati, inoltre, erano ormai in fuga da una situazione internazionale avversa: esuli russi, fuggiti dalla persecuzione dello zar; esuli francesi, scampati dalle prigioni della Comune annientata, esuli italiani, scampati dalle prigioni o dai processi delle prime agitazioni sociali o dalle rivolte internazionaliste. Nei primi anni dell’Unità molti dirigenti ticinesi non condividevano la svolta conserva- trice, antidemocratica e irredentista delle nuove autorità monarchiche. Continuarono così a svolgere un ruolo di sostegno verso coloro che, per difendere le loro idee politi- che, dovevano abbandonare il loro paese. L’aiuto andava agli esuli repubblicani; ma, pur non comprendendo a fondo le nuove correnti politiche, i radicali ticinesi manten- nero aperte le porte del cantone alle correnti socialiste e anarchiche. Anche i conser- vatori, pur favorevoli a una politica più restrittiva, non misero in dubbio il principio del diritto d’asilo. Dopo l’Unità d’Italia, dunque, pur venendo a esaurirsi le cause tradizio- nali di esilio, nuove categorie di rifugiati poterono comunque sfruttare la rete di acco- glienza sviluppatasi negli anni e trovare così asilo nel cantone.

In piedi, al centro, Bakunin Le radici dell’emigrazione anarchica: Michail Bakunin con la sua famiglia. Alla sua Tra il 1869 e il 1876 la presenza di Michail Bakunin a Locarno e a Lugano fu un momento sinistra Saverio Friscia. cruciale per la storia dell’esilio politico nel Canton Ticino. 9 Il soggiorno di Bakunin, per Seduta con il libro aperto la moglie di Bakunin Antonia la sua forza d’attrazione e per i contatti che aveva, funse da anello di congiunzione tra Kwiatkowska vecchia e nuova emigrazione: permise ai nuovi esuli anarchici, comunardi e socialisti di usufruire della rete relazionale che si era creata a sostegno dei rifugiati risorgimen- tali. I rapporti internazionali di Bakunin e le molte visite ricevute durante il suo soggior- no costruirono l’immagine di un Canton Ticino ospitale verso i rifugiati dell’Europa in- tera: accanto agli esuli italiani, ancora in maggioranza, la presenza di Bakunin portò in Ticino un’emigrazione francese, russa, tedesca, spagnola e polacca. L’esperienza del- la “Baronata”, benché fallimentare nel suo tentativo di creare un modello di colonia anarchica, s’impresse nell’immaginario tanto da rendere i monti ticinesi luoghi ideali per simili imprese. Pur interrotta da continui viaggi e costellata di croniche ristrettezze finanziarie, la pre-

8 Ad esempio, Emilio Visconti Venosta, mazziniano intransigente nel 1848, rimase per molti anni alla guida del Ministero degli Esteri italiano; Francesco Crispi, garibaldino, divenne per varie legislature Ministro dell’Interno e presidente del Consiglio; infine, Luigi Amedeo Melegari, braccio destro di Mazzini nella Giovane Italia, assunse la carica di ambasciatore del Regno in Svizzera.

9 Per un preciso e cronologico panorama del soggiorno di Bakunin nel Locarnese si prega di confrontare Maurizio Binaghi, Addio, Lugano bella. Gli esuli politici nella Svizzera italiana di fine Ottocento , Dadò, Locarno, 2002; Romano Broggini, Bakunin nel Locarnese , in “L’Almanacco”, n.11, 1992 e il contributo dello stesso autore Anarchie und Befreiungsbewegungen um 1870 in der Gegend von Locarno nel volume di Harald Szeemann, Monte Verità. Berg der Wahrheit , Electa, Milano, 1978, pp.15-25.

39 senza di Bakunin nella Svizzera italiana durò ben sette anni. Sebbene avesse scelto Locarno perché consapevole che a Lugano la sua presenza accanto a quella di Mazzini non sarebbe stata gradita, 10 Bakunin poté godere nella città sul Verbano della fitta e sperimentata rete di sostegno che si era andata organizzando nei decenni passati. 11 Grazie al suo ruolo nelle rivoluzioni del 1848 e alla sua lunga prigionia nelle carceri za- riste, Bakunin poteva essere considerato dall’opinione pubblica democratica come uno dei suoi principali leader. Nel 1867, ad esempio, la sua presenza accanto a Garibaldi e a La “Baronata” deve la sua Hugo al primo Congresso indetto a Ginevra dalla Lega della Pace e della Libertà fu sa- fama alla permanenza di Bakunin che l'acquista nel lutata come un evento: «col suo passo pesante e lento, salì gli scalini della piattaforma 1873 grazie alla generosità dove era seduto l’ufficio della presidenza, vestito come sempre trascuratamente, con di Carlo Cafiero un abito grigio sotto il quale si vedeva non una camicia ma una maglia, si gridò qua e là, Bakunin! Garibaldi, il presidente, si alzò, fece qualche passo verso di lui e gli diede l’abbraccio. Questo incontro entusiastico di due vecchi e provati combattenti della Ri- voluzione fece un’impressione straordinaria…Tutti si alzarono e gli applausi entusia- stici non finirono più.». 12 La Lega aspirava a essere, secondo il programma reso pubbli- co dal comitato organizzatore, l’«assise della democrazia europea». Molti radicali ticinesi vi avevano un ruolo di primo piano, tanto che nel 1872 il Congresso fu organiz- zato a Lugano. I radicali sentivano di appartenere pienamente alla grande famiglia de- mocratica europea. 13 Condividevano con Bakunin il forte accento federalista e il culto per la “rivoluzione” come fonte di progresso. Si consideravano essi stessi rivoluzionari. Nei loro rituali politici la liturgia del cittadino armato di carabina aveva un ruolo fonda- mentale. Lo stesso Bakunin fu chiamato a partecipare a feste di ginnastica e a premia- re vincitori di concorsi di tiro a segno. Nel 1839 i radicali avevano ottenuto il potere grazie a una rivoluzione; ne avrebbero tentate due anche dopo aver perso il potere a vantaggio dei conservatori: fallirono nell’insurrezione del 1876, ma ripresero il potere nel 1890 con un’ennesima rivoluzione.

10 A proposito del suo mancato incontro con Mazzini, Bakunin aveva osservato che «sembra che il vecchio [Mazzini, ndr] sia di nuovo a Lugano [...]. Si capisce, che io ai suoi occhi sono un eretico pericoloso, che ha fatto molto male all’Italia», in Nello Rosselli, Mazzini e Bakunin , Fratelli Bocca, Torino, 1927, p.267.

11 Negli anni Quaranta e Cinquanta dell’Ottocento, Locarno e la sponda occidentale del Lago Maggiore si erano arricchite dell’arrivo, soprattutto nella bella stagione, di personalità di spicco sia sul piano industriale e manifatturiero, sia sul piano intellettuale. Alessandro Manzoni era solito passare l’estate sul Verbano, il filosofo Antonio Rosmini abitava a Stresa, il grecista napoletano Ruggero Borghi, più tardi ministro del Regno d’Italia e direttore del giornale liberal-conservatore “La Perseveranza”, si recava spesso in villeggiatu- ra a Belgirate. I contatti di queste personalità con alcune famiglie di Locarno erano divenuti frequenti, in particolare con l’avvocato Modesto Rusca e con sua moglie Cristina Ceriani, intima amica di Giuseppina Raimondi, la seconda moglie di Garibaldi. Nel 1855 Ruggero Borghi aveva sposato Carlotta Rusca, figlia dell’avvocato Modesto. Qualche anno dopo la seconda figlia, Antonietta, andò sposa a Emilio Bellerio, figlio del vecchio repubblicano Carlo Bellerio, a sua volta fratello di Giuditta Sidoli, la compagna di Mazzini. Da quel momento l’antica casa di Modesto Rusca assunse il nome di “casa Rusca Bellerio”. Quest’abitazione, grazie alla profonda amicizia dei Rusca con Garibaldi e dei Bellerio con Mazzini, divenne durante il Risorgimento un importante centro di attività repubblicana. Ancora nel 1862 Garibaldi in persona vi trovò alloggio in occasione della sua visita a Locarno. L’attività politica dei Rusca nel capoluogo locarnese era d’altronde determinante: Luigi Rusca fu sindaco della città e consigliere nazionale, Felice Rusca era Commissario di Governo. Vicina ai Rusca era la famiglia Franzoni, composta da un marito ticinese, l’avvocato Giuseppe Franzoni, e da una moglie milanese, Emilia Stadler, una figura intellettualmente coraggiosa, allevata dai duchi Cesarini-Sforza in una Milano aristocratica, ma anche sostenitrice dalla causa risorgimentale. Tra coloro che entrarono in contatto con il rivoluzionario russo c’erano anche il radicale Paolo Mordasini, deputato al Gran Consiglio e redattore del quotidiano “La Democrazia” e poi del giornale “L’Impavido”, il parlamentare cantonale Giacomo Schira, il farmacista Paolo Garivati, l’albergatore Giacomo Franciola e l’armaiolo Angelo Bettoli, che avrebbe fatto da padrino ai due figli di Bakunin.

12 Edward Hallet Carr, Bakunin , Rizzoli, Milano, 1977, p.315 e p.317.

13 A questo proposito, nel mese di giugno del 1866, “Il Repubblicano” aveva solennemente scritto: «Abbiam dichiarato altre volte ed ora lo ripetiamo, che le nostre simpatie seguon in Italia le dottrine politiche di Mazzini, in Francia quelle di Victor Hugo, in Germania quelle di Blind, in Russia quelle di Hertzen, perché in esse riscontriamo consacrati que’ principi liberali e repubblicani su cui poggia l’esistenza e la felicità della patria nostra», in “Il Repubblicano”, 28 agosto 1866.

40 Bakunin seppe muoversi bene e sfruttare appieno il sostegno radicale (non disde- gnando neppure quello conservatore), ottenendo aiuti finanziari e agevolazioni politi- che, sia nel suo soggiorno a Locarno sia in quello successivo a Lugano. Nel 1874 il frettoloso trasferimento di Bakunin da Locarno a Lugano, sebbene fosse contraddi- stinto dalle difficoltà personali e politiche susseguite al doppio fallimento della Baro- nata e dell’insurrezione di , fu reso ancora possibile dalla rete relazionale che lo sosteneva fin dal suo arrivo in Ticino. Quest’aiuto permise all’esule russo di supera- re anche la principale paura che lo perseguitava: l’espulsione. Malgrado non potesse fornire un documento valido, Bakunin ricevette sempre il permesso di soggiorno 14 , pri- ma a Locarno e poi a Lugano grazie al solerte intervento dei suoi protettori. 15

La nuova emigrazione internazionalista e i suoi conflitti interni: due comunità a confronto Nella sua fitta corrispondenza, Bakunin elogiava il Canton Ticino come il luogo ideale per l’asilo politico grazie alle protezioni che vi aveva trovato, al magnifico clima e al basso costo della vita. Invitando il nichilista Necaev a raggiungerlo a Locarno, Bakunin scriveva: «Questo è un vero buco: tutti mi sono devoti e nessuno verrà a disturbarci. […] Nelle stesse buone condizioni sono già giunti a trovarmi francesi, italiani, spagnoli e nessuno ha fatto attenzione a loro». 16 L’epistolario e il diario di Bakunin dimostrano l’influenza che ebbe nella scelta di molte persone di eleggere il Canton Ticino a luogo d’asilo. Grazie a Bakunin, personaggi come Carlo Cafiero, e Andrea Costa conobbero il loro primo di molti futuri soggiorni ticinesi. Bakunin fu per questi giovani di tradizione repubblicana «un soffio d’aria salubre» che «aveva loro aperto gli occhi sopra nuovi e vasti orizzonti». 17 «Volete voi essere vivi? Siete voi stanchi di aggirarvi inutilmente in un circolo vizioso? Di pensare senza nulla inventare? Di gridare ai quattro venti ripetendo sempre la stes- sa cosa ad un pubblico che più non vi ascolta? Di agitarvi incessantemente senza far nulla? Volete voi sfuggire alla condanna, che è sospesa sul mondo dal quale nasceste? Volete finalmente vivere, pensare, inventare, agire, creare, essere uomini? Rinunziate definitivamente al mondo borghese, a’ suoi interessi, a’ suoi pregiudizi, a’ suoi senti- menti, alle sue vanità e mettetevi alla testa del proletariato. Abbracciate la sua causa, votatevi a questa causa, dategli il vostro pensiero, ed esso vi darà forza e vita.». 18 Con i suoi ospiti l’esule russo condivideva sia l’alloggio e i pochi soldi a disposizione,

Lettera di Bakunin a 14 Commentando l’ennesimo rinnovo, il console italiano Chiora metteva in risalto che «questo governo ha Elisée Reclus in cui afferma più volte chiesto il passaporto al signor Bakounine, il quale promise sempre di presentarlo, ma non avendone di essere «troppo vecchio, non poté adempiere alla promessa, con tutto ciò essendo protetto da qualcuno lo lasciano tranquillo, invece troppo malato, troppo un povero galantuomo viene qui sempre molestato», rapporto del console Chiora del 11 novembre 1874, stanco e, bisogna dirlo, Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri (in seguito ASDMAE), Serie Moscati VI, b.1, in molti punti troppo 434. disilluso, per sentire ancora 15 In una lettera all’amico Bellerio, Bakunin spiegava come aveva ottenuto a Lugano il permesso di la voglia e la forza soggiorno: «Grazie all’amico Gavirati e al possente intervento dell’eccellente signor Battaglini, ho infine di partecipare» ricevuto un permesso di soggiorno di quattro anni. Eccomi finalmente tranquillo. Sono stato a fare una visita alla preparazione di una al signor Gabrini, il quale è stato molto amabile con me e mi mostrato il suo bello ed immenso parco: è nuova rivoluzione. veramente magnifico!», in Broggini, op. cit., p.91. (Lugano, 15 febbraio 1875) 16 Lettera di Bakunin del 30 maggio 1875, in James Guillaume, L’Internationale, op.cit., Stock, Parigi, 1864-1868, p.287. Bakunin poté dunque godere della protezione del vecchio leader radicale Carlo Battaglini, consigliere nazionale svizzero e futuro sindaco della città, dell’influente Gabrini, direttore del liceo e erede delle proprietà dei fratelli Ciani, e dell’intraprendente avvocato Emilio Censi. In particolare, secondo le fonti italiane, sembra che Battaglini partecipasse ad alcune riunioni serali in casa di Bakunin sebbene prendesse l’accortezza di non mostrarsi mai in pubblico con lui.

17 Pier Carlo Masini, Storia degli anarchici da Bakunin a Malatesta , Rizzoli, Milano, 1969, pp.27-28.

18 Michail Bakunin, Circolare ai miei amici d’Italia , in Gastone Manacorda, Il socialismo nella storia d’Italia. Storia documentaria dal Risorgimento alla Repubblica , Laterza, Bari, 1966, pp.92-104.

41 sia le conoscenze e la rete di amicizie locali. Grazie alle raccomandazioni di Bakunin 19 il famoso comunardo francese Elisée Reclus scelse Lugano nei primi giorni di aprile del 1872 come suo luogo di esilio e ottenne la protezione del gruppo radicale locale coordi- nato da Carlo Battaglini. 20 La presenza e la nomea internazionale di Reclus aprì le porte ad altri comunardi in fuga dalla Francia che diedero un nuovo impulso alla comunità di esuli ticinesi e al movimento internazionalista italiano. Il comunardo Benoît Malon, residente prima a Chiasso e poi a Lugano, propose una revisione critica del pensiero bakuniniano che invece Cafiero, Malatesta e Costa seguivano nella sua ortodossia. Tra il 1875 e il 1876, in opposizione a quelli che chiamavano “i baroni della Baronata”, Malon, assieme agli italiani e Ludovico Nabruzzi e al cuoco svizzero , fondò il Ritratto di Elisée Reclus, giornale “L’Agitatore” e animò la Sezione del Ceresio che entrambi si opponevano alla comunardo e geografo, che trova rifugio politica cospirativa proposta dalla Federazione italiana. nel 1872 a Lugano La fondazione di questa sezione dissidente dell’Internazionale anarchica fu subito av- versata. La reazione della Federazione italiana venne elaborata a Locarno da Cafiero alla fine del 1875 e sostenuta da Malatesta e Costa, entrambi fermatisi a Lugano. 21 Tra i fautori della linea dura vi era Carlo Salvioni, un giovane studente ticinese già vicino a Bakunin e a Reclus, che nel settembre 1876 fondò in aperta opposizione alla Ceresio la Sezione di Bellinzona. Dalla seconda metà degli anni Settanta dell’Ottocento si assistette così al radicamen- to in Ticino di due comunità socialiste. Da un lato, un gruppo intransigente fedele all’ortodossia bakuniniana, guidato da Cafiero e da Malatesta, si impegnò a rilanciare l’attività rivoluzionaria organizzando prima nel 1877 un’insurrezione nel Matese, poi nel 1880 un congresso anarchico a Chiasso. Dall’altro invece, un insieme più eterogeneo capeggiato da Malon, che si rivolse verso un’azione politica legalitaria e parlamenta- re. 22 Grazie alle conoscenze e alle attività di Malon, Lugano si popolò di esuli tedeschi, esponenti di primo piano della socialdemocrazia, in particolare Franz Wiede, Eduard Bernstein e Karl Höchberg, redattori del giornale “Der Sozialdemokrat”. L’influenza di questo ambiente condusse il 27 luglio 1879 Andrea Costa a scrivere, sempre a Lugano, Carlo Cafiero durante il suo la sua famosa lettera diretta «agli amici di Romagna» in cui rivendicava la necessità soggiorno luganese cerca di riordinare le file dell’Interna- per il movimento internazionalista di prendere parte attiva alla vita politica. zionale anarchica dopo la defezione di Andrea Costa 19 Reclus conosceva Bakunin dal 1864, aveva aderito alla Fratellanza internazionale, la società segreta creata dal rivoluzionario russo, e partecipò al Congresso della Pace e della Libertà di Berna dove firmò con Bakunin una protesta collettiva di dissidenza.

20 «Sono stato molto ben ricevuto, malgrado fossi un comunardo, dal signor Battaglini, uomo lento, ma pieno di benevolenza. Egli forse mi aiuterà a trovare per un buon prezzo una villa confortevole. Battaglini ha parlato della casa nella quale ha vissuto Carlo Cattaneo che è situata ammirabilmente», lettera del 7 aprile 1872, in Elisée Reclus, Correspondance , Schleicher Frères, Parigi, vol.II, p.97. L’avvocato Emilio Censi gli affittò a Pazzallo una piccola casa, chiamata la Luvina. Per le sue ricerche frequentò il Liceo cantonale, il cui direttore Antonio Gabrini gli permise di prendere in prestito alcuni volumi della biblioteca. Partecipò inoltre all’assemblea degli Amici dell’Educazione del Popolo. A Lugano cominciò a concepire la monumentale opera La Géographie Universelle, la terre et les hommes , pubblicata a partire dal 1875 e completata nel 1894, che rappresentava in 19 volumi la prima completa sintesi scientifica della geografia umana e naturale del pianeta Terra.

21 Il 26 ottobre 1876 Cafiero e Malatesta parteciparono come delegati al Congresso generale dell’Internazio- nale anarchica organizzato a Berna. I due capi anarchici ribadirono la loro intransigenza e proclamarono quella che per loro doveva essere la sola azione rivoluzionaria dell’Internazionale, la “propaganda del fatto”: «La Federazione Italiana crede che il fatto insurrezionale, destinato ad affermare con delle azioni il principio socialista, sia il mezzo di propaganda più efficace ed il solo che, senza ingannare e corrompere le masse possa penetrare nei più profondi strati sociali [...]», in Franco Della Peruta, Il socialismo italiano dall’anarchi- smo alla socialdemocrazia , in Democrazia e socialismo nel Risorgimento , Editori Riuniti , Roma, 1965, p.298

22 A Lugano Malon continuò la sua azione, pubblicando diversi volumi e divenendo redattore dal 1° gennaio 1878 della rivista “Le Socialisme progressif. Revue des idées sociales et des faits économiques” che si voleva «sperimentalista, tollerante, e più un inventario di idee sociali che un dogmatico riassunto», in Vincent K. Steven, Between Marxism and Anarchism. Benoît Malon and French Reformist Socialism , University of California Press, Berkeley, 1992, p.56.

42 Le due comunità, pur in lotta tra loro, ottennero lo stesso sostegno da parte del gruppo radicale. Cafiero intratteneva ancora relazioni con i Bellerio e i Rusca che avevano ac- colto Bakunin, ormai dieci anni prima. L’esistenza di una rete di protezione era denun- ciata dalle autorità italiane che sorvegliavano i movimenti degli anarchici. Nel marzo del 1881, il Ministero degli Interni italiano aveva stilato una lista delle persone ticinesi «sulle quali gli internazionalisti sanno di poter fare assegnamento in caso di bisogno». 23 Sulla lista spiccavano i nomi di Carlo Battaglini e del figlio Antonio, del garibaldino tici- nese Natale Imperatori e dell’esule repubblicano Ippolito Pederzolli. I radicali continuavano a sostenere i gruppi socialisti e anarchici, benché ormai su po- sizioni ideologiche molto distanti dalle loro, anche per ragioni di politica locale. Perso il potere nel 1875, i radicali avevano lasciato la guida del governo cantonale ai conser- vatori cattolici in pieno Kulturkampf . Si assistette così a un tentativo da parte del partito Prima circolare della Sezione del Ceresio liberale radicale di assorbire a suo vantaggio gli esuli. I liberali, infatti, sfruttando la (20 novembre 1875) forte idealità dei rifugiati, si presentavano come il partito del progresso e della libertà e inducevano gli esuli a schierarsi contro il governo conservatore. I liberali tentavano dunque di spostare nel microcosmo ticinese il conflitto in seno alla società europea, proponendo un parallelo tra la loro condizione di oppositori al regime conservatore e la situazione dei rifugiati fuggiti da governi autoritari. Il corteggiamento fatto al giornale ”L’Agitatore” e alla Sezione del Ceresio durante il biennio 1875-1877 e l’aggancio al par- tito liberale del periodico socialista “Il Lavoratore” nel 1888 rappresentavano due chiari esempi di questa politica condotta dall’opposizione radicale prima del 1890.

Una colonia anarchica sotto il segno di Malatesta Nel 1878 il fallito attentato dell’anarchico Passanante contro re Umberto I aveva provo- cato la reazione dello Stato italiano, sempre meno disposto ad accettare che il Canton Ticino desse rifugio agli esuli. La pressione verso la Svizzera divenne più forte. Nell’a- prile del 1879 Malatesta era stato colpito da un decreto di espulsione, perché conside- rato colpevole di aver stampato e affisso un manifesto rivoluzionario che minacciava Il primo numero de “Il Lavoratore - Periodico l’ordine sociale italiano e il re Umberto. Nel mese di marzo 1881 l’uccisione dello Zar Socialista” Alessandro II a San Pietroburgo si ripercosse negativamente sulla condizione degli (1 gennaio 1888) alla cui esuli in Svizzera e dimostrò alle autorità elvetiche la pericolosità dei gruppi rivoluziona- redazione partecipano per ri rifugiati sul suo territorio. Sottoposta a una pressione internazionale, la repressione un certo periodo gli governativa si intensificò: Pëtr Kropotkin fu espulso, mentre Carlo Cafiero fu arrestato anarchici residenti in Ticino e interrogato per dieci giorni. 24 Sopraffatto dall’estenuante sorveglianza, nel settembre del 1881 l’anarchico italiano abbandonava il Canton Ticino per raggiungere Malatesta a Londra. L’espulsione di Malatesta e la partenza di Cafiero svuotarono per alcuni anni la colonia anarchica nella Svizzera Italiana finché, nel 1884, un nuovo gruppo anarchico, formato da rifugiati toscani, trovò asilo a Lugano. Malatesta di ritorno in Italia, aveva posto nel 1882 come base d’azione Firenze, «città in cui un gruppo anarchico omogeneo era ri- masto vivo e compatto, dove operavano compagni fedeli come Francesco Natta, Fran- cesco Pezzi, la moglie di questo Maria Luigia Minguzzi». 25 Natta, Pezzi e la moglie ave- vano vissuto a lungo in Ticino, prendendosi cura di Bakunin: conoscevano dunque molto bene gli ambienti toscani e ticinesi. Fu probabilmente a loro che si rivolsero alcu-

Ritratto di Errico Malatesta ni anarchici pistoiesi quando furono perseguitati per aver pubblicato un manifesto in

23 ASDMAE, PI, b.7, rapporto del Ministero dell’Interno al Ministero degli Affari Esteri.

24 Il 27 agosto 1881, Enrico Bignami scriveva a Cafiero: «Non ci stupiamo punto delle vessazioni alle quali anche costì siete fatti segno, e, dopo lo sfratto di Kropotkin, non ci sorprenderebbe vederti al bando anche nella libera Svizzera!», in G. C. Maffei, Carlo Cafiero nel Cantone del Ticino, in AA.VV., Anarchismo e socialismo in Italia , Editori Riuniti , Roma, 1973 , p.215. L’originale della lettera è conservata all’Archivio federale a Berna, AFB E 21/ 5697.

25 Vittorio Emiliani, Anarchici. Vite di Cafiero, Costa, Malatesta, Cipriani, Gori, Berneri, Borghi, Bompiani, Milano, 1973, p.78.

43 sostegno di Malatesta: a Firenze furono loro fornite delle raccomandazioni da presen- tare a Lugano. Colpiti da mandato di cattura e non potendo possedere il passaporto per l’estero richiesto dalla legge svizzera, gli anarchici toscani ebbero diritto all’asilo grazie al sindaco di Lugano Carlo Battaglini che procurò loro il permesso di soggiorno e un lavoro. Questa nuova colonia anarchica, composta principalmente dal sarto Isaia Pacini, dal barbiere Maurizio Marracini, dall’operaio Argante Vecchi e dallo scultore Attilio Paniz- za, rappresentò per dieci anni una presenza stabile nella Svizzera italiana. Il gruppo anarchico pistoiese aveva una struttura aperta, in cui non esistevano obblighi di sotto- scrizione e dove nessuno era tenuto ad annunciare le sue origini, la sua professione o la sua futura destinazione. Il gruppo si ritrovava in un luogo prescelto nel quale ognuno discuteva a piacimento con nuovi arrivati, con vecchi amici o con semplici conoscenti: «Quasi tutte le domeniche vengono a Lugano gli Internazionalisti Panizza Attilio e Vec- Ritratto di Andrea Costa chi Argante, pistojesi entrambi, impiegati presso lo stabilimento Torriani di Mendrisio. Essi radunasi coi socialisti qui dimoranti; ma pare che tali riunioni non abbiano uno scopo ben definito all’infuori di quello di passare allegramente la giornata, declaman- do contro la tirannia del capitale». 26 Il gruppo luganese aveva stretti contatti con le altre realtà della diaspora anarchica e concentrava il suo lavoro politico nell’organizzazione del movimento socialista italiano e nella diffusione degli scritti anarchici. Il centro della diaspora era Londra, dove risie- deva Malatesta che, d’altra parte, aveva molta fiducia nel gruppo luganese. Sicuri del- la protezione che avevano nel Canton Ticino, negli anni le capacità organizzative degli anarchici crebbero notevolmente: prima cominciarono a proporre riunioni locali, poi regionali. Infine, nel gennaio del 1891, il gruppo di Lugano si assunse il compito di fun- gere da comitato organizzatore dell’importante Congresso anarchico di Capolago. Impossibilitati dalla repressione governativa ad attuare una solida e continua azione dall’interno del paese, gli anarchici avevano inoltre imparato a sfruttare le libertà che Prima pagina de la Svizzera lasciava al movimento. La stampa e la diffusione dei testi di propaganda in "L'Impavido" del 14 aprile 1872. Italia seguivano una metodologia precisa. In un primo tempo era scelta una tipografia Il giornale radicale ticinese di fiducia: nel 1888 toccò alla tipografia Berra, nel 1890 fu invece Natale Impe- locarnese presenta un ratori a stampare manifesti e opuscoli sovversivi. Gli anarchici, in un secondo tempo, articolo di chiara inviavano lo stampato via posta ai centri di Parigi e di Marsiglia che badavano a smista- ispirazione bakuniniana re i pacchi verso l’Italia. Gli opuscoli potevano anche essere spediti direttamente in Italia a vari compagni, oppure introdotti da appositi corrieri attraverso la frontiera sviz- zera. Per sviare la polizia, a trasmettere, spedire o ricevere gli stampati non erano di- rettamente gli internazionalisti, ma spesso delle persone a prima vista estranee al mo- vimento libertario. A Lugano il movimento aveva il suo centro nella casa di Isaia Pacini, in Via Nuova, che serviva all’anarchico come abitazione e come laboratorio di sartoria. Gli esuli che giun- gevano a Lugano sapevano di trovare nell’indirizzo di Via Nuova un sicuro rifugio, che serviva, assieme alla cartoleria di Natale Imperatori, come centro di raccolta dei nuovi arrivi. 27 Pacini, con Imperatori o altri simpatizzanti ticinesi, faceva da tramite fra gli esu- li e le autorità locali che provvedevano – quando era possibile – a fornire ai rifugiati un permesso di soggiorno e un lavoro. Fu così, ad esempio, che Sante Caserio trovò ospi- talità e un lavoro a Lugano presso la Panetteria Luganese. 28

26 ASDMAE, PI, b.45, rapporto del console Marazzi del 4 settembre 1888.

27 Il ruolo di Pacini e di Imperatori è dimostrato dai rapporti del console Marazzi: «Il 21 andante giunse a Lugano da Trieste un giovinotto, che si qualificò come disertore dall’esercito austriaco e tosto andò in cerca del sarto Pacini, che lo collocò presso certo Molinari», rapporto di Marazzi del 26 gennaio 1891. «Sono arrivati in questi giorni e si presentarono al tipografo Natale Imperatori due giovani che le indagini qualificarono come anarchici: Mangiarotti Luigi di Pietro, […] sarto, nato nel 1853, da Barbanello (Pavia); Bosello Dante, […] calzolaio, nato il 1858 a Rovigo», ASDMAE, PI, b.31, rapporto di Marazzi del 2 maggio 1891.

28 «Trovasi da qualche tempo a Lugano, presso la Panetteria Luganese, l’anarchico Caserio Sante da Motta Visconti, iscritto nella leva del 1873, e condannato nel 1892 nel Regno a 8 mesi di reclusione per reato

44 Gli esponenti del gruppo pistoiese residenti a Lugano avevano una concezione umani- stica del socialismo, di cui l’anarchismo era considerato il tronco primitivo e privilegia- to. Essi cercavano così di riproporre in piccolo, nella città di Lugano, l’azione socialista: tramite la stampa di manifesti rivoluzionari aiutavano la realizzazione pratica dell’idea- le socialista; sostenevano i più deboli e coloro che richiedevano un lavoro o un allog- gio; sviluppavano una propaganda educativa che allontanasse gli operai dall’immora- lità. Centro nevralgico di tutta l’iniziativa anarchica fu la partecipazione alla redazione del giornale “L’Agitatore” e l’apertura a Lugano di un Circolo di Studi sociali, chiamato Humanitas , che rappresentava, nella sua struttura federalista e nella sua azione edu- cativa e rivoluzionaria, il coronamento dell’ideale anarchico e il modello pratico della futura società postrivoluzionaria. 29

Appello agli Operai e ai La fine della tolleranza verso gli anarchici e i provvedimenti di espulsione Contadini del Canton Ticino , Pochi mesi dopo il Congresso anarchico di Capolago, Errico Malatesta fu arrestato in redatto dalla Società di propaganda socialista casa di Isaia Pacini per aver infranto il decreto d’espulsione del 1879. Tra il 21 e il 22 lu- di Lugano, animata glio 1891 si aprì il processo contro Malatesta, «un tipo veramente meridionale, seduto da Serafino Mazzotti freddo, impassibile al posto degli accusati, avente ai lati due gendarmi». 30 Al processo, e da Anna Kulisciov l’accusa era rappresentata dal procuratore pubblico conservatore Carlo Conti. Nella sua requisitoria Conti dichiarò apertamente che «faceva a malincuore questo proces- so, e che era certo lo facevano con rincrescimento anche i Giudici, perché in conclu- sione il Malatesta non è un malfattore, sibbene una persona onesta, professante opi- nioni chimeriche, ma pure rispettabili, perseguitata unicamente per le sue idee come furono perseguitati in altri tempi tanti patrioti e tanti personaggi politici, che pur cerca- rono e trovarono sul suolo svizzero generosa e sicura ospitalità.». 31 Il processo si concluse con una pena minima: le autorità svizzere ignorarono le pres- sioni italiane che chiedevano l’estradizione di Malatesta. L’anarchico fu accompagnato al confine di Basilea e lasciato libero. Secondo la corte, il professare «opinioni chime- riche ma pure rispettabili» non doveva essere considerato un reato e quindi Malatesta non poteva essere estradato ma solo espulso. Meno di un anno dopo si svolse un processo contro un giovane ticinese, Achille Fonta- na, accusato di aver rubato 200 bottiglie di vino: «tale processo eccitò in sommo grado Alla Stampa e al Popolo la pubblica attenzione e attirò molto pubblico alle udienze, essendo gli imputati affilia- Svizzero , appello degli ti all’anarchia e costituendo il detto reato, come gli accusati stessi ebbero a dichiarare, anarchici svizzeri contro niente altro che una pratica applicazione dei loro principi». 32 In questo caso il procura- l'arresto di Errico Malatesta pochi mesi dopo tore Conti fu meno magnanimo e chiese il massimo della pena: Achille Fontana fu il Congresso di Capolago condannato a sei anni di reclusione. Commentando il processo, in un articolo dal titolo L’anarchia in tribunale, il “Corriere del Ticino” scriveva: «Tocca alla magistratura di re- primere energicamente questi conati. È strano che si faccia luogo alla sola imputazio- ne di furto e non si prosegua contro chi del diritto di rubare si fa professore e paladino

politico», ASDMAE, PI, b.31, rapporto di Marazzi del 1 giugno 1893. Tra le carte poi sequestrate a Caserio fu ritrovata una lista di recapiti: tra i vari nomi era presente anche «Pacini Isaia, sarto, Via Nuova, Lugano», ASDMAE, PI, b.21, rapporto del Ministero dell’Interno del 4 marzo 1892.

29 «Considerando come l’odierno stato miserando in cui, moralmente e materialmente l’Uomo soggiace, contrariando le più vitali leggi di natura, generi miseria, ignoranza, antagonismi di classe, lotta dell’uomo contro l’uomo ed in generale, pressoché tutti i vizi e tutte le colpe che l’Umanità lamenta. Considerando come lo studiare le cause che producono tali squilibrio sociale, onde suggerirne efficaci rimedi, dovrebb’es- sere suprema cura di tutti coloro, che al nobile sentimento della propria dignità, congiungono fede in migliori destini umani: Spinti dall’istinto sociale, voluto da natura: fidando nello spirito di solidarietà che affratella gli uomini e sul concorso ed appoggio di tutti i buoni e volenterosi si è costituito in Lugano il “Circolo–Istruttivo– Humanitas”», Circolo Istruttivo Humanitas, Programma, AFB E 21/ 13965.

30 Processo Malatesta , in “Gazzetta Ticinese”, 22 luglio 1891.

31 ASDMAE, PI, b.31, resoconto del processo inviato da Marazzi il 22 luglio 1891.

32 ASDMAE, PI, b.31, rapporto di Marazzi del 4 agosto 1892.

45 persino nelle aule del tribunale. Il Fontana, per esempio, non si sgomenta di confessa- re d’avere adescato gli altri commentando loro un romanzo dell’ Inquisizione e svolgen- do le sue ravasciolesche teorie. È strano che si processino i seduttori volgari e non i corruttori dell’intelletto. Tocca alla legge impedire che questi pazzi possano ancora colpire e adescare nuovi proseliti.». 33 In pochi mesi la situazione e la percezione dell’anarchismo erano mutate radicalmen- te. Nella primavera del 1892 era esploso il terrorismo anarchico. La Francia, l’Italia, gli Stati Uniti e la Spagna furono presto colpiti da una serie di attentati dinamitardi e di assassinii politici: nel 1894 il presidente francese Sadi Carnot fu ucciso dall’anarchico italiano Sante Caserio; nel 1898 a Ginevra fu accoltellata l’imperatrice Elisabetta d’Au- stria; nel 1900 il re d’Italia Umberto I fu colpito a morte da Gaetano Bresci; nel 1901 al presidente degli Stati Uniti William McKinley toccò la stessa sorte. Il terrorismo anar- chico impaurì l’opinione pubblica svizzera e la preparò ad accettare, come richiesto dal “Corriere del Ticino”, prese di posizione più intransigenti verso l’anarchismo. Di fronte alla crisi economica, alle rivendicazioni operaie e al terrorismo anarchico, le strutture statali europee, incapaci di risolvere i problemi economici, cercarono di com- pattare i ranghi sviluppando un nazionalismo più aggressivo e proponendo un ordina- mento politico più autoritario e repressivo. L’Italia aveva già aperto la strada conside- rando l’anarchismo una «associazione di malfattori» alla stregua della criminalità organizzata. La Francia aveva messo in atto nel dicembre del 1893 nuove leggi libertici- de, le cosiddette lois scélérates . Nel luglio del 1894, il primo ministro Francesco Crispi Sante Caserio in carcere impose in Italia l’adozione di leggi eccezionali che condannavano alla carcerazione e al domicilio coatto chi manifestava idee «contro l’ordinamento sociale». Queste leggi in- troducevano l’arbitrarietà degli arresti e furono la base giuridica che permise alla Pub- blica sicurezza italiana di reprimere il dissenso sociale. Quando la polizia non bastava, il governo faceva intervenire l’esercito: nel 1894 le truppe stroncarono i Fasci siciliani e nel maggio del 1898 ben 200’000 militari in assetto di guerra occuparono Milano per reprimere una vera e propria insurrezione popolare. Questi eventi internazionali si ripercossero sulla Svizzera. Nell’estate del 1894, in con- comitanza con l’approvazione delle leggi eccezionali, si presentò alla frontiera ticinese un’ondata di rifugiati che raggiunse una dimensione mai costatata negli ultimi decen- ni. Nel 1898 la situazione si ripresentò, ma i numeri furono ben maggiori, tanto che più d’uno in Svizzera fece un paragone con le giornate del 1848, anche se in verità le auto- rità stimavano a circa 150 il numero dei rifugiati in Ticino.34 La presenza sul territorio svizzero di persone considerate pericolose a livello europeo non passò inosservata. Nel 1894, ad esempio, si notò subito la presenza di Pietro Gori a Lugano. Dopo l’assassinio di Carnot, Gori era accusato dall’opinione pubblica modera- ta di essere stato il «corruttore dell’intelletto» di Caserio, il vero mandante occulto dell’attentato a Carnot. Una campagna di stampa ben orchestrata in Francia e in Italia dipinse allora Lugano come una vera e propria «accademia dell’anarchismo» in cui poveri disperati erano vittime di lavaggio del cervello e trasformati in assassini. 35 Le accuse imbarazzavano il governo svizzero, già confrontato con la crescita del nazio- nalismo europeo che stava mettendo in pericolo la posizione internazionale e la coe- sione interna della Confederazione. Di fronte a questo pericolo le autorità si erano già mosse su più fronti. Furono aumentati i poteri del governo federale. Fu creato su pres- sione della Germania un Ministero pubblico federale il cui compito era di sorvegliare Gli anarchici Gori, Croce, «la polizia degli stranieri in ciò che concerne gli atti che compromettono la sicurezza Borghetti e Milano nella prigione di Lugano prima di essere espulsi dalla 33 L’Anarchia in tribunale , in “Il Corriere del Ticino”, 3 agosto 1892. Svizzera 34 Per una panoramica dei fatti del 1898 e sulle sue ripercussioni in Ticino si rimanda al testo di Walo Mina, op.cit.

35 Il giornale parigino “Le Matin” scriveva che «a Lugano, durante il soggiorno di Caserio (marzo-luglio 1893) esisteva una specie di accademia anarchica assai frequentata», in Gli anarchici a Lugano. Le esagerazioni del Matin, in “Il Corriere del Ticino”, 20 agosto 1894.

46 interna ed esterna della Svizzera». 36 Fu accentuata la costruzione e la valorizzazione di uno “spirito svizzero” al di sopra delle differenziazioni linguistiche, religiose e culturali. Nel 1894 il Consiglio federale svizzero propose e ottenne dalle Camere federali l’accet- tazione di nuove disposizioni penali che seguivano la linea adottata dagli altri paesi europei e che miravano a colpire chi attraverso la stampa promuoveva delitti contro la sicurezza pubblica. L’unico deputato svizzero schierato in commissione contro il pro- getto fu il radicale ticinese Germano Bruni che giudicò questi articoli «un vero e pro- prio pericolo per la libertà della parole e la libertà di stampa garantite dalla Costituzio- ne federale». 37 Nel dicembre del 1898 una rappresentanza svizzera partecipò alla conferenza internazionale antianarchica tenutasi a Roma e sottoscrisse le misure di collaborazione tra le polizie dei diversi Stati. Il presidente della Confederazione, il radicale Ruffy, difese questi provvedimenti, giu- dicando «desiderabili […] le misure d’insieme del mondo civilizzato contro il flagello dell’anarchia.». 38 Si faceva strada nel mondo politico svizzero, e di conseguenza nell’o- pinione pubblica, l’idea che l’anarchismo si fosse ormai posto al di fuori del «mondo civilizzato», mettendosi alla stregua della «peggior specie di malfattore». Per questa categoria, come ribadiva già nel 1892 il “Corriere del Ticino”, il diritto d’asilo non era più da considerare applicabile: «In generale nel rifugiato politico c’è la vittima di una tirannia, l’animo caldo di un patriota che sogna la patria libera e forte: – nell’anarchico invece non c’è che l’assassino, la peggior specie di malfattore; in lui gli istinti di belva, sordo com’è ad ogni sentimento di umanità […]. Il diritto d’asilo è troppo sacro perché si confonda colla licenza di impunità. Non può certo ben meritare dalle Nazioni conso- relle quel paese che a titolo di ospitalità accarezzasse e nutrisse nel suo seno una classe intera di malfattori, i quali preparerebbero al sicuro quelle macchine di morte destinate, come dicono, a rigenerare la società. Le teorie anarchiche non si discutono più, – si aborrono, e coloro che si fanno paladini di queste idee si mettono da sé al ban- Rapporto dell'ambasciatore do della civiltà. La nostra bella patria sdegnando di accogliere sul suo suolo i corifei italiano a Berna della distruzione non macchierà sicuramente la sua gloriosa bandiera, – anzi dimo- sulla consegna alle strerà all’Europa come essa sappia e voglia continuare nella lotta contro i nemici autorità italiane di duecentocinquanta dell’ordine, della libertà e del progresso». 39 operai che, partiti dalla La posizione intransigente del “Corriere del Ticino” rispecchiava il mutamento della si- Svizzera, intendevano tuazione politica ticinese dopo il 1890. In seguito alla rivoluzione radicale dell’11 settem- andare in aiuto ai milanesi in bre e all’intervento militare della Confederazione, il nuovo governo ticinese era composto rivolta nel maggio del 1898 su base proporzionale e consociativa dagli elementi più moderati del partito liberale e di quello conservatore. I liberali avevano dovuto abbandonare la linea rivoluzionaria spo- sando la stabilità. Dopo più di mezzo secolo venne dunque a mancare agli esuli un im- portante fattore di sostegno ideologico. Gli stessi gruppi più radicali che difendevano ancora a spada tratta il diritto d’asilo, riuniti nel quotidiano “Idea Moderna” attorno a fi- gure come Romeo Manzoni, Emilio Bossi e Francesco Chiesa, furono emarginati. In questo nuovo contesto, l’attività politica degli anarchici non poteva essere più ac- cettata. Lo stesso Gori fu avvisato delle autorità di questa situazione. Il commissario di Lugano Masella, capo del servizio di polizia, annotava però che gli anarchici stavano indirizzando la loro attenzione sulla gioventù ticinese: persino gli studenti del liceo cantonale avevano minacciato di scioperare. Masella commentava amaro che «mal- grado le loro promesse, fanno propaganda tra la gioventù del nostro paese, spingendo i poveri diavoli alla rovina e a quella delle loro famiglie». E aggiunge: «È un fatto sicuro che Gori entra nelle taverne operaie e vi mangia per

36 Roland Ruffieux, La Svizzera dei radicali , in AA.VV., La Nuova Storia della Svizzera e degli Svizzeri , Casagrande , Bellinzona, 1982-83, p.72.

37 Consiglio Nazionale , in “Gazzetta Ticinese”, 7 aprile 1894.

38 AFB, E 21/ 13882, rapporto del Dipartimento di Giustizia e Polizia al Consiglio federale del 31 luglio 1894.

39 Diritto d’asilo ed anarchia , in “Il Corriere del Ticino”, 6 aprile 1892.

47 fraternizzare con queste povere genti e attira i giovani con la dolcezza delle sue manie- re e il suo linguaggio, li eccita nel parlar loro come uguali. Poi una brochure a uno, un libro ad un altro e ogni giorno egli fa dei proseliti preparando lentamente il terreno». 40 L’esplosione sul territorio elvetico di atti di violenza – una bomba scoppiò a Losanna e a Lugano Gori fu oggetto di un attentato a colpi di pistola – e la percezione che gli esuli stranieri stessero ammorbando quello “spirito svizzero” così faticosamente costruito, convinsero le autorità che gli anarchici avessero definitivamente rotto quell’implicito “contratto sociale” stipulato al momento dell’ottenimento del permesso di soggiorno. 41 La Svizzera, che grazie al suo diritto d’asilo si era sentita “diversa” e al riparo dalla vio- lenza anarchica, nel 1894 – se possiamo così dire – si risvegliò “normale” e fragile. L’e- spulsione dalla Confederazione di Pietro Gori e Isaia Pacini e di altri 21 rifugiati nel gennaio del 1895 ne fu la logica conseguenza. Lista degli anarchici presenti a Bellinzona Gli esuli nel nuovo secolo nel 1903. Tra i nomi dei Le espulsioni del 1895 non trovarono grandi opposizioni. La stampa elvetica e ticinese rifugiati etichettati come accolse con sollievo i provvedimenti del governo federale. Solo gli ambienti vicino ai anarchici anche quello di Benito Mussolini radicali più intransigenti – tra cui i giornali “Gazzetta ticinese” e ”Idea Moderna” – pro- testarono, principalmente con lo scopo di mettere in difficoltà il nuovo governo e di distinguere tra emigrazione socialista e anarchica. In particolare, ”Idea Moderna” si batté contro l’espulsione del socialista Ernesto Majocchi, redattore con Angiolo Cabri- ni dello stesso giornale. Dal 1894, i giovani radicali avevano ricominciato, con l’arrivo degli esuli socialisti, ad arruolare i rifugiati nei loro apparati ideologici. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, invece, nessun anarchico scrisse per i quotidiani radicali. Per i giovani radicali, soffocati dalla grande corrente liberale al governo, si trattava quindi di trovare, tramite l’idea sociale, un terreno politico indipendente e vitale in cui poter evolvere. In fondo, una volta espulsi gli anarchici e arruolati i socialisti italiani nei loro apparati ideologici, i radicali avevano trovato un terreno fertile di azione politica e il campo libero per guidare il primo abbozzo di movimento socialista del cantone. In que- sto contesto, come scriveva Emilio Bossi, i giovani radicali ticinesi non ebbero proble- mi a rivendicare una visione umanitaria del socialismo e a rigettare il rivoluzionarismo anarchico: «Gli anarchici attivi sono nemici dei socialisti; per essi distruggere ed atter- rire è lo scopo immediato. Sono essi i primi e necessari nemici di ogni progresso e di ogni riforma nel lento e faticoso cammino dell’umanità verso uno stato migliore. È per essi che si allontana la soluzione equa e pacifica dei problemi economici che ingom- brano la via, e ed è perciò che insieme all’orrore che destano così orribili fatti, la ripro- vazione deve essere affermata altamente, senza reticenze; perché questi delitti di lesa umanità, invece di affrettare il trionfo della verità lo ritardano, ed invece di creare sim- patie per una causa giusta ed umana, le suscitano intorno l’avversione, l’odio, il so- spetto. L’anarchia è la nemica mortale del socialismo, il quale è anzitutto umanesi- mo». 42 A partire dal nuovo secolo, l’emigrazione anarchica nel Canton Ticino assunse un ruo- lo marginale, soffocata dalla vague socialista a cui andavano i favori della nuova cor- rente radicale e del nascente partito socialista ticinese. Importanti colonie di esuli, so- prattutto repubblicane, socialiste e sindacaliste rivoluzionarie, si crearono attorno a

40 AFB E 21/ 6576, rapporto speciale di Masella inviato al Consiglio di Stato il 14 gennaio 1895.

41 Nel mese di giugno del 1895 il consigliere federale Ruffy aveva ribadito di fronte al Parlamento le ragioni che avevano condotto il governo a decretare l’espulsione degli anarchici dalla Confederazione: «La Svizzera ha, in ogni tempo, fatto largo uso del diritto d’asilo, ma il popolo svizzero vuole che coloro i quali godano della sua ospitalità non facciano atti, che valgano a turbare l’ordine interno od i rapporti che la Svizzera mantiene con gli Stati esteri. La Confederazione procede come procederebbe un privato: mette alla porta chi le reca il disordine in casa. Così il Consiglio ha sempre fatto, e così farà sempre», ASDMAE, PI, b.36, rapporto della sessione parlamentare redatto da Mayor des Planches, incaricato d’Affari dell’ambasciata italiana a Berna, datato 29 giugno 1895.

42 Emilio Bossi, Il fatto anarchico , in “Gazzetta Ticinese”, 11 agosto 1897.

48 riviste come “Pagine Libere” o “Coenobium”. Non è un caso che l’esponente anarchico più attivo sia stato Luigi Bertoni, uno Svizzero e non un esule, che fu attivo a Ginevra dove fondò e diresse per decenni il giornale “Il Risveglio”. Per le autorità, invece, il termine «anarchico» divenne una sorta di etichetta poliziesca da applicare a ogni elemento sovversivo: il rifugiato considerato pericoloso era bollato come «anarchico» per essere meglio sorvegliato e perseguito dalla polizia. Nel 1903, per esempio, le autorità ticinesi segnalavano il giovane Benito Mussolini nella lista de- Luigi Fabbri (al centro, con il gli «anarchici in Bellinzona». 43 Attività anarchiche erano avvertite nei movimenti sinda- cappello bianco) in una foto cali e nelle manifestazioni del 1° maggio. È difficile valutare quanto di veramente anar- di gruppo del 1914 chico ci fosse in questi movimenti individuati dalle autorità. Furono segnalate attività di anarchismo pacifista, soprattutto nei momenti in cui l’Italia era in guerra, ad esem- pio nel 1911 durante il conflitto in Libia. Il fallimento della settimana rossa del giugno 1914, che portò in Ticino Errico Malatesta e Luigi Fabbri, rappresentò l’ultima ondata di emigrazione anarchica prima della Grande Guerra.

43 Archivio di Stato di Bellinzona, Fondo Polizia Politica, scatola 1, anno 1903.

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