Ticino Un Crocevia Dell Anarch

Ticino Un Crocevia Dell Anarch

Ticino, Il diritto d’asilo in Svizzera tra ideali e realtà storica un crocevia Nell’immaginario collettivo la Svizzera è percepita come “terra d’asilo” o come “fron- dell’anarchismo tiera della speranza” per la pratica di accordare nel corso dei secoli riparo e rifugio a internazionale profughi di differenti paesi. Questa reputazione ha trovato spesso giustificazione negli stessi miti di fondazione della Confederazione che ne esaltano l’indipendenza e la li- Maurizio Binaghi bertà. Non è un caso che, tra il XVII e il XVIII secolo, la pratica del diritto d’asilo si svi- luppi in contemporanea con l’affermazione pubblica dei miti fondatori. Si pensi, per far solo un esempio, al peso svolto dal poema Le Alpi (1732) di Albrecht von Haller, dove si celebravano la purezza, l’indipendenza e la libertà del mondo alpino svizzero. D’al- tronde questo stretto legame tra ideale mitico e pratica dell’asilo trova conferma anche nei famosi versi della canzone di Pietro Gori Addio Lugano bella in cui gli anarchici espulsi nel gennaio del 1895 salutano le «bianche di ghiacci montagne ticinesi» e ac- cusano il governo svizzero «schiavo d’altrui» di sconfessare la sua stessa identità poi- ché «le tradizioni offende e insulta la leggenda del tuo Guglielmo Tell». In realtà la pratica del diritto d’asilo non è la conseguenza di alcun mito identitario co- mune, ma – al contrario – è il diretto risultato delle differenti e conflittuali identità che componevano l’antica Confederazione. La grande difformità di regimi politici, di lin- gue e di religioni all’interno di un territorio formato da repubbliche aveva permesso a molti esuli di trovare un cantone che potesse, in un modo o nell’altro, accoglierli con simpatia e politica comprensione. Per questa ragione, il diritto d’asilo era per tradizio- ne riservato ai singoli cantoni che regolavano indipendentemente questo loro compito. Anche la costituzione del 1848 non riservava nessun articolo al diritto d’asilo, lascian- done ancora la competenza ai cantoni. Il governo federale poteva intervenire in un unico caso: obbligando gli stranieri ad abbandonare il paese. 1 Fino al secondo decennio del XX secolo non esisteva un vero e proprio “diritto d’asilo”, poiché questo diritto non aveva base legale: «Il diritto d’asilo riposava su una base giuridica negativa: non esisteva un diritto accordato agli individui, per contro i cantoni avevano il diritto di rifiutare l’asilo». 2 Anche il termine di rifugiato politico non aveva giustificazione giuridica: nella legislazione federale non esisteva nessun riferimento alla nozione di rifugiato. Un rifugiato era colui che si dichiarava tale: apparteneva in seguito alle autorità di decidere se accordare l’asilo politico. L’ottenimento dell’asilo politico e dello statuto di rifugiato non era, in verità, sottomes- so a severe norme. Spesso il diritto d’asilo si attuava nel semplice rilascio del permes- so di soggiorno a stranieri che, per ragioni politiche, non potevano presentare gli indi- spensabili documenti di legittimazione. I richiedenti, se non erano in condizione di mantenersi economicamente e se non c’era nessuno che ne garantisse l’identità, po- tevano essere obbligati ad abbandonare il paese. Nel 1880, in occasione dell’espulsio- ne dal Canton Ginevra del celebre anarchico Pëtr Kropotkin, il radicale ginevrino Geor- ges Favon criticò l’inasprimento delle condizioni di ottenimento dell’asilo, riaffermando che la maggior parte dei richiedenti era senza documenti e sostenendo che fosse nor- male accettare, come prova di identità, le garanzie di una persona conosciuta. 3 Le autorità, una volta rilasciato il permesso di soggiorno, stringevano con gli esuli una sorta d’implicito “contratto sociale ”: esigevano che gli stranieri ospitati limitassero le Elenco di rifugiati italiani loro attività politiche e non mettessero in pericolo le relazioni internazionali della Sviz- allestito dal Dipartimento di Giustizia e Polizia del 1 L’espulsione doveva essere decretata dall’autorità federale secondo i dettami dell’articolo 70 della Canton Ticino nel 1849 costituzione federale: «La Confederazione ha diritto di espellere dal territorio svizzero quei forestieri che mettono a pericolo la sicurezza interna ed esterna della Confederazione». 2 Walo Mina, Les r épercussions des émeutes de mai 1898 au Tessin , tesi di laurea, Ginevra,1984, p.57. 3 «Noi affermiamo che Kropotkin è stato ingiustamente espulso dal cantone. […]. Se si inizia a Ginevra, o in un cantone qualunque, a esigere dai proscritti delle carte di legittimazione, se non ci si accontenta della notorietà e della testimonianza di uomini conosciuti, noi affermiamo che in molti casi il diritto d’asilo diviene lettera morta: la maggior parte dei proscritti arrivano in effetti senza carte e non possono certo procurarse- ne […]», in Daniel-François Ruchon, Georges Favon et les réfugiés de la Commune à Genève , in “Revue Ritratto di Bakunin européenne des sciences sociales. Cahiers Vilfredo Pareto”, vol.XI, 1973, n.29, p.124. 37 zera. Le autorità si richiamavano al principio di neutralità che comportava una difficile mediazione tra il rispetto dei doveri internazionali, sottoposto alla pressione politica di potenze sempre più imperialiste, e il rispetto dei diritti individuali, richiesto da una po- litica d’asilo indipendente. 4 La politica d’asilo del Canton Ticino: un’efficiente rete relazionale Nel corso del XIX secolo il Canton Ticino si è distinto per una generosa politica d’asilo. 5 L’ascesa al potere del partito radicale permise la creazione di un’efficiente rete di assi- stenza agli esuli, soprattutto in centri urbani come Locarno o Lugano. 6 Si stima, ad esempio, che nell’agosto del 1848, di fronte al ritorno di Radetzky, furono circa 20’000 i Lombardi che oltrepassarono le frontiere svizzere in fuga dagli Austriaci. La consapevolezza d’essere, come scriveva Carlo Battaglini, «il solo popolo italiano costituito a forme democratiche», spingeva i radicali, influenzati dalle idee di Mazzini, ad adempiere alla missione di dare ai confratelli italiani, ramo separato di una comune famiglia, «l’esempio del vivere e del governare libero e repubblicano». I radicali non vedevano gli esuli come un corpo estraneo anzi, provenendo da ambienti culturali e sociali simili, strinsero con essi legami molto forti. Gli esuli, come ad esempio Carlo Cattaneo, furono arruolati negli apparati ideologici del partito e dello Stato (case edi- trici, tipografie, quotidiani, scuole e amministrazione) influenzando in maniera impor- Lettera di Mazzini tante il pensiero politico e la vita culturale del cantone. Ai miei Nemici pubblicata dal foglio luganese Tra il 1848 e il 1855 l’appoggio governativo al movimento risorgimentale indusse però le “La Tribuna” autorità austriache a imporre una serie di blocchi commerciali che miravano a indurre l’11 maggio 1869. il Cantone a espellere gli esuli dal suo territorio. 7 La presenza di Mazzini a La grave crisi economica seguita ai blocchi commerciali mostrò come la politica dei Lugano nel 1869 fu una radicali ticinesi non fosse così condivisa dalla popolazione contadina e cattolica: l’in- delle ragioni che spinsero Bakunin a scegliere Locarno flusso degli esuli, d’altronde, era rimasto relegato agli ambienti urbani di estrazione come sede di esilio prettamente borghese e anticlericale. Nel 1848, al momento delle “Cinque giornate” e della prima guerra d’indipendenza italiana, il governo radicale aveva avuto un forte sostegno popolare. Negli anni successivi, di fronte alle difficoltà economiche del bloc- co e all’espulsione dei lavoratori ticinesi dalla Lombardia, il malcontento emerse con forza. La spaccatura tra i radicali e l’elemento popolare si rivelò insanabile in periodo di crisi. L’elemento ideale, così decantato dai radicali, perdeva valore di fronte ai bisogni concreti della popolazione. Il movimento radicale fu dunque progressivamente svuota- to della sua base popolare. Le opposizioni cattoliche e moderate, confluite in un solo blocco, poterono condannare il governo, in quanto oligarchico, denunciare gli esuli come meri strumenti di propaganda radicale e conquistare il potere nel 1875. 4 «Sul piano internazionale, la rivendicazione del diritto d’asilo, per uno Stato, significa che, accogliendolo, uno straniero fuggitivo non deve né violare il suo dovere di non intromissione negli affari interni di un altro Stato, né le obbligazioni che possono derivare da un trattato d’estradizione. Lo straniero, quanto a lui, non gode di un vero diritto d’asilo», in Jean-François Aubert, Traité de droit constitutionnel suisse , Editions Idées et Calendes, Neuchâtel, 1964, p.385. 5 Il ruolo e il movimento dei rifugiati italiani in Ticino durante il periodo risorgimentale sono studiati da Giuseppe Martinola. Cfr. Giuseppe Martinola, Gli esuli italiani nel Ticino (voll. I-II), Fondazione Ticino nostro, Lugano, 1980-1994. 6 A Lugano, in particolare, si era formato nel marzo del 1848 un comitato di sostegno alla causa italiana composto dagli elementi radicali luganesi più in vista: ne facevano parte, tra gli altri, Carlo Battaglini, redattore capo del quotidiano “Il Repubblicano della Svizzera italiana”, i fratelli Giacomo e Filippo Ciani, l’avvocato Giacomo Luvini Perseghini, Leone de Stoppani e gli esuli italiani Giovani Grilenzoni e Francesco Scalini. Nei primi mesi del 1848 questo comitato aveva intensificato la sua attività esportando clandestina- mente in Italia libelli politici, denaro e persino armi. Nei primi giorni dell’insurrezione di Milano, il comitato organizzò le spedizioni di volontari ticinesi in soccorso agli

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