8. SASSOFORTE

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l paese di Sassofortino si raggiunge facilmente dalla S.S. 1 I uscendo a e imboccando la S.P. 19, da percorrere sino a una rotatoria che si bordeggia seguendo le indicazioni per Mon- temassi; dopo un centinaio di metri si volge a destra imboccando la Torre sud strada del Peruzzo e seguendo le indicazioni per Sassofortino. Dal del cassero paese, uno dei due per- corsi per Sassoforte è evi- denziato dalla segnaletica del Trekking Roccastra- da, consistente in strisce biancorosse; l’altro, più diretto, viene indicato in questa sede.

l massiccio di Sassoforte I emerge sul paesaggio circostante come un im- ponente cono vulcanico coperto da un folto manto boscoso, caratterizzato dal- la presenza di macigni tra- chitici dalle forme bizzarre e maestose e, a mezza co- sta, da sorgenti di acque purissime. Man mano che si risale l’altura i castagneti lasciano spazio a un ricco bosco di faggi. 110 Guida alla Maremma medievale

L’AMBIENTE L’abitato, incastellato almeno dall’XI secolo, dovette la sua fortuna alla ottima posizione strategica sulla via della transumanza e allo svi- luppo di attività manifatturiere locali, quali la coltivazione del croco- zafferano e, all’interno della cinta muraria, la produzione di maioli- che pregiate. Eccezionale, si è detto, appare la posizione strategica del sito, che domina tutta la pianura della Bruna, il versante sud delle Colline Metallifere, le colline di Roccastrada con il Monte Leoni e tutta la vallata del Gretano fino all’Ardenghesca. Verso nord, invece, l’altura sovrasta la valle ancora incontaminata scavata dal torrente Farma e consente di giungere con lo sguardo, nelle giornate limpide, sino alla Montagnola senese e alla stessa città di Siena.

LE INDAGINI olo sporadici recuperi di materiali ceramici avvenuti durante gli ARCHEOLOGICHE S anni Settanta del XX secolo esauriscono la storia delle indagini ar- cheologiche del sito, che in tali occasioni ha restituito frammenti di re- cipienti in maiolica arcaica e alcuni sassolini invetriati che potrebbero testimoniare una produzione locale di questi manufatti. I ruderi me- dievali del castello sono numerosi e imponenti ma è evidente come, in mancanza di scavi archeologici, sia impossibile ricostruire sulla sola base dello studio degli elementi visibili le stratificazioni storiche di que- sto pur importante fenomeno di incastellamento.

Montagna sacra e area di confine In età etrusca l’aspetto naturale del massiccio di Sassoforte favorì la sua destinazione a sede di una grande area sacra all’aperto, dai ca- ratteri simili a quelli assunti, più a sud, dal maggiore cono vulca- nico della regione, il Monte Amiata, analogamente dedicato, in età romana, al dio Giove. La vetta del Sassoforte costituiva anche il li- mite tra i territori delle lucomonie di Volterra e e, dopo che quest’ultima perse importanza verso il VI secolo a.C., tra quelli di Volterra, Roselle e, forse, Populonia. Possiamo supporre che la cima boscosa mantenne la funzione di confine tra le circoscrizioni (civili e religiose) di Volterra e di Ro- selle anche in epoca medievale, sino alla fondazione di un castello sulla sommità del cono, avvenuta in un momento ancora impreci- sato, ma comunque prima della fine del XI secolo d.C. Una sorta di “fossile” dell’antica vocazione limitanea del crinale di Sassoforte può essere riconosciuto nella nota delimitazione dei con- fini della Maremma contenuta in un atto del 27 gennaio 1251 con- cordato tra il Comune di Siena e quello di . Secondo questo documento, si doveva intendere per Maremma l’area compresa all’in- terno dei seguenti confini: da Massa Marittima sino al porto del e dai Gessi di Sassoforte sino al Poggiolo di Roc- castrada e da sino a Sasso di Maremma e, attra- verso il Monte Amiata, sino a Pitigliano e infine, seguendo il corso del fiume Fiora, sino al mare. Possiamo allora ipotizzare che proprio il crinale compreso tra Sassoforte e la località I Gessi, vale a dire lo spartiacque tra val di Bruna e val di Farma, avesse già costituito un più antico confine (quello appunto tra i territori vetuloniesi e volter- Sassoforte 111 rani) e come tale abbia inciso nelle confinazioni dei secoli XIII e XIV anche quando, dopo l’affermazione del distretto castrense di Sas- soforte, il limite ecclesiastico tra le Diocesi di Volterra e Roselle venne spostato in corrispondenza del fiume Farma.

Il castello di Sassoforte Sassoforte costituisce senza dubbio un fenomeno di incastella- mento che per ampiezza, articolazioni strutturali e caratteristiche di architettura fortificata è da considerarsi tra i più notevoli dell’intero territorio grossetano. La più antica testimonianza documentaria relativa al castello ri- sale agli anni 1075-1076 e riguarda l’esistenza di diritti vantati sulla locale chiesa intitolata alle sante Lucia e Margherita da parte di Il- debrando V Aldobrandeschi e di sua moglie Iulitta. Non è certo, però, che la fondazione del castello sulla sommità dell’altura fosse stata promossa dai due coniugi o dalle loro famiglie o, addirittura, da altri soggetti, poiché il medesimo testo fa riferimento alla pre- senza in quest’area di vigne appartenute alla contessa Adalaieta, un personaggio di cui non conosciamo eventuali rapporti di parentela con la casata aldobrandesca e che può essere verosimilmente identi- ficato con una esponente del gruppo aristocratico noto come i “do- mini de Sasso” imparentatasi con i conti Gherardeschi. È possibile, inoltre, che all’epoca la sommità del monte di Sas- soforte già fosse occupata da un villaggio, poiché in questo territorio è stata registrata a partire dalla tarda antichità una spiccata tendenza degli insediamenti alla “risalita sulle alture”. In assenza di ricerche ar- cheologiche, comunque, non è dato sapere se la popolazione del ter- ritorio di Sassoforte risiedesse per la sua totalità entro il castello già dal momento della sua fondazione oppure se, come sembra più pro- babile per analogia con vicine realtà, vi confluisse solo nella seconda metà del XII secolo provenendo da villaggi e case sparse nella campa- gna. In ogni caso, prima della metà del Duecento la massima parte degli abitanti della zona si era ormai trasferita all’interno delle mura castrensi, che giunsero a comprendere un esteso borgo disposto sul pianoro sottostante, dando vita a un castello di grandi dimensioni. Nei primi decenni del XIII secolo il controllo esercitato in questa zona dagli Aldobrandeschi era debole, sebbene nel 1216 il castello fosse stato inserito in un progetto di spartizione della contea tra i quattro figli di Ildebrandino VIII: ormai i detentori dell’effettivo con- trollo politico sull’insediamento erano alcuni esponenti di una dina- stia di domini locali, che si sarebbero definiti i “signori di Sassoforte”.

I signori di Sassoforte Durante i primi decenni del Duecento Uguccione di Sassoforte, esponente di una famiglia legata agli Aldobrandeschi da rapporti di fidelitas, appariva strettamente legato all’imperatore Federico II, per il quale ricoprì anche incarichi di fiducia e grazie al quale la famiglia uscì rafforzata dal decennio di occupazione imperiale della contea al- dobrandesca (1240-1250). 112 Guida alla Maremma medievale

Dopo la morte di Fede- rico II (dicembre 1250), i signori di Sassoforte fu- rono indotti ad avvicinarsi al Comune di Siena, che in quegli anni era il più at- tivo fautore della politica ghibellina in questa parte della Maremma: così, nel 1251 Bertoldo (II), a no- me anche dei suoi con- sorti, sottopose al Comune di Siena il castello di Sas- soforte, impegnandosi a combattere contro Gu- glielmo Aldobrandeschi a richiesta del governo citta- dino, come effettivamente avvenne negli anni imme- diatamente successivi, fino a che i rapporti con Siena subirono un certo allenta- mento. Dopo che il Comune senese passò sotto il con- trollo di un governo guel- Il cassero, fo attorno al 1270, i signori di Sassoforte, fedeli alla tradizione filo- strutture interne imperiale, si avvicinarono ai conti Aldobrandeschi di Santa Fiora, principali esponenti dello schieramento ghibellino tra le forze si- gnorili maremmane. I contrasti che dividevano i signori di Sassoforte e quelli di Roc- catederighi verso gli anni Novanta del Duecento segnarono anche una fase del riacutizzarsi dei contrasti con il Comune di Siena, che riuscì nel successivo decennio a estendere il proprio contado ai danni dei conti di Santa Fiora sino a comprendere i centri di Roc- castrada e : in tal modo Sassoforte veniva a trovarsi, al pari del vicino , soffocato tra le terre del contado senese e i castelli che, pur esterni a esso, erano controllati da elementi signo- rili di provata fede guelfa. Fu così che l’avvento in Toscana dell’imperatore Enrico VII (l’Arrigo VII tanto caldamente invocato da Dante) indusse le fami- glie dei signori di Sassoforte e dei Cappucciani di Sticciano a unire le proprie forze a quelle dei conti di Santa Fiora per supportare le truppe imperiali impegnate militarmente in territorio senese nel corso del 1313. La morte dell’imperatore a Buonconvento il 24 agosto 1313 rappresentò un improvviso e ineluttabile smacco per i ghibellini, a cui seguirono il disimpegno del Comune di Pisa dalle questioni maremmane e l’insorgere di violenti contrasti tra i signori di Sas- Sassoforte 113

Il cassero, porta sud

soforte e gli Aldobrandeschi di Santa Fiora, che rivendicavano la proprietà eminente sul castello; così nel 1316 Ghinozzo e Longa- rello del fu Pepo da Sassoforte cercarono un accordo con il Co- mune di Siena, al quale sottomisero il centro fortificato. A questo atto, tuttavia, non seguì la definitiva pacificazione tra l’irrequieta famiglia dei signori di Sassoforte e il Comune cittadino, così come non cessarono neanche le lotte tra la stessa famiglia e i conti di Santa Fiora, che nel 1329, catturato Ghinozzo da Sassoforte, espu- gnarono e si impadronirono del castello.

econdo una cronaca dell’epoca, nel 1329 i “Conti di Santafiore fa- GHINOZZO DA S ceano guera a’ signori di Sassoforte che n’era signore Ghinozo, unde SASSOFORTE il detto Ghinozo con sua gente cavalcò sopra le terre de’ conti di Santa- fiore scorrendo in fino nel Patrimonio. Inperoché egli era omo d’animo e franco e avea uno cavallo che lui cavalcava ed era di gran valore e di meravigliosa bontà, unde mettendosi in cavalcata non gli valse il suo cavallo né sua gente, che fu preso dal capitano del Patrimonio e messo nella rocca [...] El capitano del Patrimonio, volendo cavalcare il ca- vallo del detto Ghinozo, non sapeva guidare né farlo andare; Ghinozo, essendo nel corso de la rocha guardato e rinchiuso, disse il detto Ghi- nozo: “volete che io lo cavalchi e mostrarovi il modo del suo andare”. Il capitano disse “tolle, salivi suso”, e così fe’ Ghinozo facendolo andare per lo detto corso e rivellino de la rocha di passo, e poi di trotto, e poi corere in modo che il detto Ghinozo si pensò di fare una grande prova, e corendo il detto cavallo si la fe’, disse: ‘chi mi vuole venga a Sas- soforte’; e fè saltare al cavallo el rivellino de la rocha, e giunse sul bar- bacane, e saltò in terra, e tochò di sproni il cavallo e per la via corendo se n’andò a Sassoforte; unde il capitano del Patrimonio e gli altri che lo videro lo’ parve grande meraviglia e grande prodeza di cavallo e animo di Ghinozo, che saltò d’alteza di braccia vinti. Ghinozo signore di Sas- soforte essendo in guera co’ li conti di Santafiore [...] morì in prigione 114 Guida alla Maremma medievale

Planimetria (da Maccherini, Spolverati 2000)

con poco mangiare. Di poi ine a poco del mese di febraio, i detti conti di Santafiore vendero lo detto castello di Sassoforte al comuno di Siena per cinque milia cinquecento fiorini d’oro”.

L’acquisto del castello, che si affiancava alla conquista militare di , venne ritenuto in Siena un grande successo tanto che si stabilì di effigiare i due centri maremmani nella “Sala del Mappa- mondo” del Palazzo Pubblico.

Da Sassoforte a Sassofortino Una consolidata tradizione vuole che nel 1330, dopo l’acquisto del castello da parte del Comune di Siena, gli antichi abitanti di Sassoforte, trasportando sino a valle le pesanti pietre lavorate con cui edificare le loro nuove abitazioni, avrebbero costruito ex novo il paese di Sassofortino, dal quale prende avvio la visita. Tuttavia, sappiamo che Sassoforte e Sassofortino coesistettero e convissero a lungo come centri abitati; è inoltre probabile che il secondo abbia origini ben più remote rispetto al 1330 e che – anche in conside- razione della rilevata tendenza alla risalita sulle alture degli insedia- menti – sia stato abitato ancor prima di Sassoforte, vista pure la buona predisposizione del sito ad accogliere un villaggio stabile. Comunque, dopo il passaggio di Sassoforte sotto il controllo del Comune di Siena, la cinta difensiva di questo castello fu resa inser- Sassoforte 115

vibile e il centro medievale venne spopolato in seguito alla diaspora Il cassero, degli antichi abitanti. Tuttavia, la stessa rilevanza strategico-militare parete nord del castello determinò la sopravvivenza di alcune delle strutture for- tificate più importanti, perché il Comune cittadino provvedette all’immediato allestimento in esse di un cassero destinato a ospitare una piccola guarnigione senese. L’elemento di spicco del cassero di recente istituzione era costituito dall’alta torre – effigiata anche nell’emblema del Comune di Sassoforte – nella quale era stata si- stemata l’antica campana, cui si accedeva tramite uno sportello pensile, al quale si giungeva dopo aver percorso grandi scale in le- gno; dovevano rimanere a disposizione dei difensori cinque balestre e un vecchio mulino “a secco” (vale a dire a trazione animale), do- tato di due macine. L’abbandono del castello, se rappresentava per Siena una ragione di relativa tranquillità sul piano militare, costituiva d’altro canto un rilevante danno economico per il Comune cittadino, che aveva ac- quistato un territorio assai esteso ma sostanzialmente infruttuoso per la mancanza di uomini che lo abitassero e ne consentissero lo sfruttamento. Inoltre, il formidabile sito fortificato di Sassoforte, pur ridotto a una sorta di fantasma rispetto a quello che era stato sino a poco tempo prima, doveva essere comunque attentamente presidiato per evitare che all’interno di ciò che restava delle antiche mura si annidassero pericolosi nemici, interni ed esterni, del go- verno senese. Nel 1339, perciò, fu stipulato un accordo tra il Co- mune di Siena e alcuni abitanti di Sassoforte residenti in Rocca- strada per il ripopolamento dell’area e in particolare di Sassofor- tino, ma l’operazione non sortì gli effetti sperati. Dopo anni di conflitti che coinvolsero anche il castello di Sas- soforte, sul quale si erano appuntate le mire di famiglie magnatizie 116 Guida alla Maremma medievale

senesi, le incertezze sulla titolarità dell’effettivo dominio sull’area si conclusero solo nel luglio 1404, quando Pietro di Niccolò Salim- beni vendette al Comune di Siena per 2000 fiorini d’oro le sue proprietà maremmane, ivi compresi i diritti vantati su Sassoforte e Lattaia, riservandosi esclusivamente i possessi di . Nel 1438, per evitare che l’area di Sassoforte potesse nuovamente costituire una base per le ambizioni egemoniche di famiglie magna- tizie avverse al governo cittadino, sia Sassoforte che Sassofortino, definiti entrambi “guasti e disabitati” già nel 1430, vennero sotto- posti direttamente alla giurisdizione del Comune di Siena. Proprio sul finire del Medioevo, una serie di documenti relativi all’ultimo quarto del XV secolo consente di cogliere una fase fon- damentale che segnò la definitiva affermazione di Sassofortino come centro di popolamento e di inquadramento territoriale nei confronti di Sassoforte, e di cogliere, in un certo senso, il vero e proprio momento fondativo della comunità che ha dato vita all’at- tuale paese di Sassofortino.

LA VISITA n alternativa al percorso Trekking Roccastrada che risale il ver- I sante meridionale del monte di Sassoforte, giunti a Sassofortino ci portiamo presso la chiesa parrocchiale di San Michele e lasciamo le vetture, imboccando a piedi per una strada bianca che si allontana in direzione dei castagneti sovrastanti, mantenendoci sempre sulla destra. Dopo una serie di salite, percorriamo un breve tratto rettili- neo in pianura e vediamo sulla nostra destra una casa colonica cir- condata da una recinzione: è questo il punto in cui si incontra, dalla parte opposta (sulla nostra sinistra), il sentiero ben battuto che, iner- picandosi tra i castagni, ci conduce al castello di Sassoforte. Il completo abbandono del luogo ha permesso la conservazione, se pur sotto forma di ruderi, dell’insediamento nella sua integrità, con l’imponente cinta esterna, l’elegante palazzo duecentesco e la severa quanto ben munita area militare-signorile. Il castello ci si presenta dinanzi con le robuste mura immerse in un bosco di alto fusto. Su questo lato, il meno difeso naturalmente, la cinta è impostata sopra uno sbalzo roccioso, in parte naturale, in parte prodotto dall’azione dell’uomo che qui ha cavato le pietre per la realizzazione degli edifici medievali, realizzando così una sorta di fossato artificiale che proteggeva all’esterno le mura. Il sentiero si im- mette proprio in questo spazio sottostante il fronte di cava e volge verso sinistra; lo percorriamo per alcuni metri sino a quando il viot- tolo piega repentinamente verso destra, superando il dislivello me- diante una ripida rampa ricavata nella roccia, che conduce a un varco nella cinta prodotto in corrispondenza di una antica porta di accesso. Attraverso la porta ci immettiamo nel borgo fortificato. Dinanzi a noi tra i faggi e i noccioli si stendono allineati i resti delle abita- zioni contadine, di cui rimangono solo le mura perimetrali. Sparsi nel pianoro vediamo numerosi manufatti in pietra locale (riolite), quali macine e vasche di varie dimensioni per la raccolta dell’acqua Sassoforte 117 piovana, che rappresentano le testimonianze concrete della vita quotidiana in un villaggio medievale. Ci dirigiamo verso destra costeggiando internamente la cortina muraria e percorrendone la sommità nei tratti in cui l’azione del tempo e dell’uomo l’ha ridotta a un robusto terrapieno. Dopo poco, avvicinandosi a un tratto ancora abbastanza conservato in elevato, che mostra un paramento ben realizzato in pietra, possiamo osser- vare il basamento di una torretta che sporge dalla cortina e presso la quale si apriva, forse, una piccola pusterla. Proseguendo lungo il circuito murario notiamo che le strutture difensive del castello si risolvono nei precipizi naturali creati dagli enormi massi in pietra riolitica che delimitano da più parti il bordo dell’altura. Sulla nostra sinistra, verso l’interno del borgo, si sten- dono gli avanzi di numerosi edifici medievali, realizzati sfruttando i numerosi affioramenti rocciosi e adattandosi alle forme di queste pietre, che in quest’area danno origine anche a delle profonde ca- vità naturali. Giunti presso una radura, ci si prospetta dinanzi la cinta più in- terna del castello, che racchiude la zona sommitale di nord-ovest, entro la quale hanno sede gli edifici di maggior valenza monumen- tale. Saliamo sul ciglio di questa seconda cortina muraria, a ridosso della quale si dispongono ordinatamente a raggiera una serie di am- bienti di cui rimangono oggi le robuste mura perimetrali. Alcune di queste strutture erano destinate ad attività produttive, come di- mostra la presenza in esse di una pesante macina in pietra. Muo- vendosi verso la nostra sinistra giungiamo presso i resti di un edifi- cio religioso che era stato realizzato in corrispondenza del perime- tro di questa cinta più interna e la cui abside, oggi franata, andava La spianata a sporgere sensibilmente verso il borgo. La chiesa venne realizzata sommitale e il cassero in muratura romanica a sacco e oggi la sua pianta è difficilmente leg- (foto D. Marini, gibile tranne che nell’area presbiteriale, ove si conserva ancora uno 1926) 118 Guida alla Maremma medievale

Edificio turriforme, prospetto nord-est (da Maccherini, Spolverati 1995)

stipite con ghiera modanata relativo a un’apertura molto strombata e dove recenti scavi clandestini hanno portato alla luce un piccolo por- tale secondario sorretto da un monolite in pietra trachitica. L’edificio religioso presenta elementi architettonici già duecenteschi, ma – an- che in considerazione della sua ubicazione all’interno della cinta più interna – possiamo supporre che le strutture più tarde insistano su una chiesa più antica, forse identificabile con l’oratorio dedicato a Santa Margherita e Santa Lucia, attestato nei documenti assieme alla più antica menzione del castello di Sassoforte, e con la chiesa “di stile toscano” ancora ben riconoscibile alla metà del Settecento. Non lontano si erge un alto edificio turriforme completamente rea- lizzato in pietra. Si tratta di una costruzione a pianta rettangolare, suc- cessivamente suddivisa in due ambienti, che giungeva a un’altezza di almeno due piani, come emerge dalla presenza nelle alte mura perime- trali di buche per l’alloggio di travi in corrispondenza degli originari solai. L’edificio, dotato di una grande monofora, si caratterizza per la raffinatezza della tecnica costruttiva e degli elementi architettonici. Non conosciamo la funzione di questo edificio, ma possiamo ipo- tizzare la sua destinazione a sede della giustizia signorile. A poca distanza da questo palazzo, si trovano le strutture più con- sistenti dell’intero castello, nell’area del cassero, situato nell’estrema punta nord-occidentale del rilievo. Si tratta di una costruzione ampia e articolata: il prospetto che guarda verso i borghi è costituito da una lunga e alta cortina, rinfor- zata, all’angolo morto, da una torre quadrangolare realizzata con una rotazione di 45°. Al recinto del cassero si accede attraverso un ingresso piuttosto an- gusto, costituito da una porta rettangolare con architravatura sorretta da mensole aggettanti, decorate a motivo vegetale goticheggiante; il Sassoforte 119 tutto è protetto da una piombatura consistente in due semplici becca- telli e caditoie ormai in rovina. All’interno del cassero si trova una cisterna di notevoli dimen- sioni, mentre il prospetto nord- orientale, che è protetto dalla profonda rupe nella piattaforma riolitica, presenta tracce di uno sperone ad angolo vivo verso l’esterno. Questa parte della co- struzione è caratterizzata da una notevole articolazione strutturale con diversi elementi caratteristici dell’architettura castellana (fine- strelle, porte, feritoie). Nel pianoro retrostante il cas- sero si conservano i resti della cinta muraria, in parte demolita. Per raggiungere il punto di partenza dobbiamo uscire dal cassero e, tenendosi sulla destra, costeggiare internamente la cortina Edificio muraria, nella quale si ergono ancora i resti di alcune torrette, sino turriforme, monofora a raggiungere una radura presso la quale sorgono i ruderi di una casa colonica: si tratta dei resti di una caserma con funzioni di in- tercettazione aerea, che venne costruita durante gli anni 1935- 1940; in base a testimonianze raccolte localmente è emerso che, in questa occasione, vennero demolite una chiesa e una torre merlata dotata di feritoia.