MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI

ARCHIVIO DI STATO DI

AMMINISTRAZIONE DEGLI USI CIVICI DI

MONTORSAIO E LE SUE FAMIGLIE

TAMARA GIGLI SANESI

Grosseto, 2007

MADDALENA CORTI : Coordinamento editoriale LUCIA GIUSTARINI : Revisione dell’impaginazione e grafica del testo VINCENZO CORTI : Stampa e rilegatura www.given.it : Realizzazione grafica della copertina

Si ringraziano per la concessione del materiale iconografico i signori Aldo Ciabatti, Antonio Tosi e Franco Ballerini.

Le immagini riguardanti gli stemmi del paese di Montorsaio sono state gentilmente concesse dall’Archivio di Stato di su autorizzazione del 24 maggio 2007 prot.n. 2122/IX.2.

Pr ese ntazione

Il Comitato di Gestione della Amministrazione Usi Civici di Montorsaio, nelle persone degli attuali Consiglieri pro-tempore Riccardo Giovannini (Vice-Presidente), Belgrado Quadalti, Claudio Vagheggini, Stefano Ugolini, assistiti dal Tesoriere Rag. Luisa Saloni e dal Segretario Geom. Emilio Santucci, si è sentito onorato di poter fornire un proprio modestissimo contributo alla encomiabile iniziativa di Tamara Gigli Sanesi, che è riuscita con un laborioso e paziente lavoro di ricerca storica e archivistica a far rivivere nel lettore della sua opera antiche sensazioni, ancora più forti, poi, per i “vecchi” montorsaioli. Immagino, ad esempio, come avrebbe fatto piacere a mio padre Arcangelo sapere qualcosa di più di quel suo omonimo, morto nel 1917, di cui vedeva la lapide appesa al muro Est dell’antico Cimitero di Montorsaio e che, curiosità a parte, suscitava sempre in lui un’appena percettibile espressione di turbamento. Lasciandoci poi suggestionare dagli avvenimenti del nostro passato possiamo vedere il presente arricchito di nuovi particolari: forse solo sfumature, ma sempre significative e preziose. Ringraziamo per questo l’Autrice, anche a nome degli attuali abitanti della Frazione di Montorsaio. Rivolgiamo, infine, un ringraziamento particolare all’Archivio di Stato di Grosseto il quale, mettendo a disposizione le proprie strutture e la competenza delle proprie risorse umane, ci ha offerto la preziosa opportunità di valorizzare un aspetto di storia del nostro piccolo paese.

Ing. Paolo Migliorini Presidente dell’Amministrazione degli Usi Civici di Montorsaio

Introduzione

“Ai tempi della mia infanzia i cibi erano molto semplici, sia perché mancavano le materie prime, sia per la invariabilità della cucina stessa…….il cibo che faceva la parte del leone era la polenta. Questa veniva fatta la mattina per la prima colazione, veniva poi crogiata al pranzo o vice versa. Insomma dal mese di ottobre ad aprile, la polenta era il cibo di tutti i pasti…” (Giuseppe Corti)

A mio padre

Nell’ambito delle discipline ausiliare della storia, la genealogia è definita come “la scienza che studia l’origine e la discendenza di una famiglia o di una stirpe” 1. Attraverso varie tipologie di ricerca, dotate ognuna di particolari tecniche applicate per gli ascendenti, i discendenti e i collaterali di una famiglia, si può giungere a disegnare, volta per volta, i rami di quello che nella sua elaborazione finale viene chiamato “albero genealogico”. Tali indagini non sono mai semplici né brevi, poiché richiedono, oltre ad una preliminare chiarezza d’intenti e di metodo nell’affrontare le varie fasi di lavoro, notevole impiego di tempo ed energie per la consultazione di numerose fonti archivistiche e bibliografiche, dislocate in vari luoghi di conservazione. Quando però la ricerca non è mera esercitazione storica, ma aspirazione insita nell’animo alla scoperta delle proprie radici, quando la curiosità e la passione si coniugano all’esperienza e alla professionalità, quel bisogno intimo di conoscere il proprio passato, attraverso le generazioni che ci hanno preceduto, non solo riesce a raggiungere i risultati sperati, ma travalicando il privato, assume una dimensione comunitaria. Ed ecco che la microstoria di una singola famiglia, con la sua quantità di informazioni, di vicende e di note genealogiche, alimenta un movimento di andata e ritorno dal particolare al gruppo, dall’individuale al collettivo, intrecciandosi con le microstorie di altri nuclei familiari in relazioni reciproche e

1 Sono considerate discipline ausiliarie della storia: l’archivistica, la paleografia, la diplomatica, l’araldica, la sfragistica, la genealogia, la cronologia.

complesse, rinsaldate spesso da vincoli di sangue, fino a ricostruire, come in un mosaico, la storia economico-sociale di un piccolo paese medievale come tanti, arroccato su un “cucuzzolo” della Maremma. L’autrice di questo volume, che ho il piacere personale e professionale di presentare, Tamara Gigli, sembra aver raggiunto, forse anche un tantino inconsapevolmente questo risultato, dimostrando come la scienza genealogica, considerata nel passato strumento di indagine per ambienti aristocratici e un po’ snob, finalizzata principalmente all’esigenza di riaffermare e pubblicizzare antiche e nobili origini familiari, dimostri più che mai di essere una disciplina dai significati molto più ampi, coerenti e funzionali ai vari livelli di conoscenza storica. Sul piano concreto, gli obiettivi vengono raggiunti con la definizione di un tracciato archivistico e logistico da seguire, in cui via via si delineano sempre meglio le fonti scritte e orali da consultare ed i luoghi della conservazione e della memoria da visitare. Nel contesto dell’indagine svolta da Tamara Gigli, si sono rivelati luoghi d’eccellenza, gli Archivi di Stato di Grosseto, Firenze e Siena depositari, come tutti gli Archivi di Stato, di documentazione demaniale essenziale ai fini di una ricerca genealogica come quella appartenente allo Stato Civile, Ruoli Matricolari, Estimi, Catasti, Censimenti, Memorie e Relazioni; su tale genere di documentazione mi soffermerò nelle pagine successive. Gli Istituti sopra citati sono dotati, per altro, di biblioteche interne che oltre ad essere specializzate nei settori di competenza, comprendendo, in larga misura, anche opere di storia regionale e locale, possono essere e sono state, in effetti, di prezioso supporto al lavoro. Non meno importanti sono tutti gli altri istituti fiorentini visitati, come la Biblioteca Nazionale, l’Archivio Storico del , gli archivi della Curia Vescovile e del Battistero, mentre a Grosseto non posso non citare l‘Archivio Diocesano e la Biblioteca Comunale Chelliana. Voglio sottolineare come, oltre alle fonti archivistiche e bibliografiche, l’autrice abbia fatto ricorso alle fonti orali, attraverso l’intervista. Gli studiosi della disciplina sono concordi nel dare dovuta rilevanza a quest’ultime, in quanto i ricordi del passato, individuali o collettivi, trasmettono, in modo attendibile, il patrimonio di tradizione e di cultura

proprio delle generazioni che ci hanno preceduto. Inoltre, se è vero che ogni ricerca di carattere genealogico dovrebbe avere inizio da un documento certo che può essere un atto di nascita, una pagella scolastica o una vecchia carta d’identità, in alternativa, le memorie storiche di un anziano familiare o conoscente possono essere, in alcuni casi la scintilla, in altri invece, come in questo, il completamento dell’indagine. Ma Tamara Gigli è andata oltre, spulciando tra i giornali ed i periodici dell’epoca, visitando chiese e cimiteri, leggendo lapidi e vecchie cronache, ricercando foto d’epoca ed articoli nel tentativo di cogliere ogni più piccolo indizio con il fiuto di un consumato, esperto investigatore. Ed ogni nuova informazione reperita è servita per andare avanti, scavare ed allargare il campo degli intrecci e dei legami interfamiliari. Per questo mi corre l’obbligo di precisare che l’autrice non ha intenzionalmente voluto escludere dal presente lavoro alcune famiglie e privilegiarne altre, ma ha semplicemente riportato, partendo dal proprio nucleo familiare, le informazioni che involontariamente le fonti le hanno suggerito volta per volta. Non se ne dolgano, pertanto, quei pochi abitanti di Montorsaio che non ritroveranno alcun cenno ai propri antenati, anzi questo per loro potrebbe essere uno stimolo, magari da parte dei più giovani ad avvicinarsi alla ricerca archivistica talvolta dai risvolti sorprendenti ed imparare a frequentare quei luoghi della cultura che mai avrebbero immaginato. Nemmeno la scrivente, ad esempio, era a conoscenza che, più di un secolo prima, l’incarico di Ufficiale di Stato Civile che svolgeva mio padre, era già stato assegnato a Montorsaio, nell’anno 1866, al famoso “nonno Michelone”, il quale era “possidente” e “letterato”, condizione quest’ultima indispen- sabile e rara per quei tempi . Per cui vorrei evidenziare come questo libro possa servire di stimolo ed esempio per ricostruire la storia di mille altre famiglie della nostra terra e come, nello stesso tempo, costituisca uno strumento di lavoro per chi volesse iniziare ad incamminarsi, in alcuni casi con professionalità e competenza, in altri, soltanto con il cuore, lungo i percorsi intricati, affascinanti e talvolta dolorosi della memoria.

Un ringraziamento particolare rivolgo a Lucia Giustarini e Vincenzo Corti che hanno reso possibile la

realizzazione di questo lavoro nel Laboratorio di Cartotecnica e Stampa dell’Archivio di Stato, mettendo a disposizione impegno, pazienza e le loro speciali competenze tecniche e professionali.

Rivolgo, infine, un vivo apprezzamento nei confronti della Amministrazione degli Usi Civici di Montorsaio, nella persona del suo Presidente e di tutti gli Organismi di Gestione, per aver percepito il significato culturale dell’iniziativa, sia per il paese di Montorsaio che per i suoi abitanti e per aver contribuito alla realizzazione di una migliore veste grafica della presente pubblicazione.

Dr.ssa Maddalen a Corti Direttore Archivio di Stato di Grosseto

I DOCUMENTI

Ritengo che una breve, preliminare descrizione archivistica e istituzionale di alcuni fondi archivistici, serie o categorie più importanti, sia indispensabile per lo studioso interessato ad una ricerca genealogica, in modo che, conoscendo la tipologia dei documenti ed i luoghi in cui tradizionalmente sono conservati, possa orientarsi nel mondo degli Archivi.

Libri parrocchiali E’ del Concilio di Trento (1563) la norma che obbliga i parroci alla tenuta di appositi registri in cui trascrivere le nascite, i battesimi, i matrimoni e le morti; non essendovi allora alcun’altra organizzazione di carattere amministrativo in ambito comunale, tali registri costituivano e costituiranno, fino all’avvento dello Stato Italiano, la sola prova precostituita dello stato esistenziale e giuridico delle persone, nonché dei fatti umani che da tali stati derivano. I parroci avevano l’obbligo di conservare gli originali e di redigere copie autentiche degli atti che venivano trasmesse alla Curia alla fine di ogni anno. Ecco perciò che tali atti possono essere reperiti nelle Chiese parrocchia li o negli Archivi vescovili , dove con molta probabilità, la documentazione è più completa. L’esempio della Chiesa Cattolica fu seguito da altre confessioni religiose, che delegarono ai rispettivi ministri di culto la stesura di simili registri per i propri fedeli.

Stato Civile Con lo Stato Civile, introdotto dalla Rivoluzione Francese, che opera importanti cambiamenti sociali ed afferma la laicità dello Stato, la registrazione delle diverse condizioni giuridiche dell’esistenza umana, dalla nascita alla morte, sono assegnate a pubblici ufficiali. Lo Stato Italiano regolamenta la materia nel Codice Civile risalente al 1865 e dal 1866 le funzioni anagrafiche sono svolte dai Comuni del Regno. Nasce la figura di Ufficiale di Stato Civile il quale, nei piccoli paesi testimonia, insieme a poche altre figure, la presenza dello Stato e delle Istituzioni.

I registri di Stato Civile, ( nascita, cittadinanza, matrimonio, morte), sono conservati negli Archivi di Stato , dove vengono versati dai Tribunali competenti per ogni territorio provinciale ed utilizzabili soltanto a fini di studio. Nel nostro Istituto si contano oltre 9.000 pezzi tra atti e sentenze di Stato Civile andanti dal 1866 al 1899. La ricerca è libera e gratuita. In alternativa ed, in alcuni casi, a completamento delle ricerche negli Archivi di Stato possono essere visitati, con altre modalità e permessi, gli Uffici Anagrafe dei Comuni , nei quali sussiste la possibilità di ottenere copia di documentazione per uso amministrativo.

Estimi e catasti Gli Estimi prima ed i Catasti poi, sono le fonti descrittive e cartografiche a supporto di una ricerca genealogica che non sia pura identificazione e collocazione temporale dei personaggi, ma che voglia ricreare intorno ad essi un contesto socio-economico di provenienza. Tale materiale, di natura demaniale e pertanto conservato negli Archivi di Stato è una fonte inesauribile di informazioni per ogni tipologia di indagine, offre la possibilità nello specifico, di ricostruire i luoghi e lo stato patrimoniale delle persone.

Ruoli Matricolari Si tratta di una serie appartenente al fondo Distretto Militare- Ufficio Matricola Sottoufficiali e Truppa , corredata di rubriche nominative dei militari richiamati alle armi, rubriche dalle quali si può risalire al registro in cui è descritta la carriera militare di ognuno. Nell ’Archivio di Stato di Grosseto le date estreme dei registri matricolari sono 1875-1905, per una consistenza di 76 registri e 35 rubriche. Le classi anteriori al 1875 sono conservate nell’ Archivio di Stato di Siena .

Archivi comunali Gli archivi comunali conservano varie serie e categorie di grande interesse. Si segnalano, come esempio, quelle conservate nel Fondo del Comune di Grosseto.

Sezione pre-unitaria- Serie XIV , contiene: Stato civile e Stati d’anime, a partire dal 1754; Stati di popolazione;

Registri di popolazione e censimenti.

La Sezione post-unitaria-Categoria XV, contiene: Registri e Protocolli vari andanti dal 1870 al 1896; Censimento popolazione con dimora occasionale, anni 1881- 82; Registri della popolazione, anni 1868-1872; Registri censimento popolazione maschile e femminile con dimora abituale e occasionale; Registri pubblicazioni di matrimonio.

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ABBREVIAZIONI

Archivio del Battistero di Firenze (ABF) Archivio di Stato di Firenze (ASF) Archivio di Stato di Grosseto (ASG) Archivio di Stato di Siena (ASS) Archivio Storico del Comune di Firenze (ASCF) Archivio Vescovile di Firenze (AVF) Archivio Vescovile di Grosseto (AVG) Biblioteca Comunale Chelliana di Grosseto (BCCG) Biblioteca Nazionale di Firenze (BNF) Bollettino della Società Storica Maremmana (BSSM)

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STEMMA DEL PAESE DI MONTORSAIO ASS, ms. D 151, tav. XXXV.

Premessa

Mi chiamo Tamara Gigli e sono nata a Grosseto nel 1948. Ho scritto questo libro per conoscere il passato della mia famiglia, i Gigli di Montorsaio. L’amore per la ricostruzione storica è nato con gli studi universitari, particolarmente con l’insegnamento del Prof. Giuliano Procacci, relatore della mia tesi di laurea sulle Lotte contadine in Maremma durante il periodo giolittiano, e successivamente più volte ho scritto su argomenti di Storia locale ∗. A questo interesse professionale, dobbiamo aggiungere la curiosità sulle vicende di questa famiglia, di cui, non più presenti nonni o bisnonni, i giovani delle odierne generazioni poco o nulla sanno. Ho dunque iniziato questa ricerca, partendo dall’Archivio di Stato di Firenze dove ho consultato i Repertori dello Stato Civile Lorenese, prendendo come punto di riferimento Montorsaio, il cognome Gigli e, tra tutti i Gigli, quelli che avevano nomi presenti in più generazioni della famiglia. Dai Repertori sono passata alla consultazione degli Atti riguardanti le persone che avevo individuato e negli Atti, molto più estesi, emergevano il nome del padre, della madre, la Comunità di appartenenza, la condizione dei genitori ed il loro mestiere, l’età di tutti i nominati. Quindi ho cominciato a fare i collegamenti, andando a ritroso dai componenti attuali della famiglia fino a quelli che ritrovavo nello spoglio dei documenti. Mentre lavoravo, mi rendevo conto che la mia famiglia era imparentata con tante altre e quindi ho cominciato ad allargare la ricerca anche ad altri nuclei familiari. Per continuare a seguire i personaggi dopo il 1865, quando termina lo Stato Civile Lorenese, mi sono recata a Grosseto, al locale Archivio di Stato, dove ho analizzato i libri che riportano le nascite, le morti e i matrimoni fino al 1899 e, successivamente, per alcuni personaggi, ho fatto ricorso all’Ufficio di Stato Civile del Comune di Grosseto.

∗ Leopoldo II a Grosseto dal 1834 al 1846: le feste, BSSM n. 51, (1987 ); La toponomastica di Grosseto sotto i Lorena e sotto i Savoia , idem ; L’ordinamento costituzionale del Comune di Grosseto nel 1420 , BSSM n. 54-55, ( 1990); Dell’origine di Grosseto: mille anni fa…, BSSM n. 27, (1973).

Nell’Archivio di Stato di Grosseto ho ricercato notizie anche nei fondi dell’Estimo e dell’Antico Catasto ed ho consultato i Ruoli Matricolari di molti antenati che hanno prestato servizio militare nel Regno d’Italia. A Firenze, dove ho trovato notizia di alcuni miei familiari nel 1800, mi sono indirizzata all’Archivio Storico del Comune della città e poi a quello della Curia Vescovile e del Battistero. Ho cercato di consultare anche i libri conservati nell’Archivio della Chiesa Pievana di Montorsaio e poi ho utilizzato, molto più utilmente, quelli depositati presso l’Archivio della Curia Vescovile di Grosseto. Ugualmente determinante è stata la verifica in loco, cioè la visita a tutti i cimiteri in cui credevo di aver individuato dei possibili familiari, alla ricerca di lapidi, foto e notizie. A questo scopo ho visitato a Firenze il bellissimo Cimitero dei Pinti, oltre a quelli di Soffiano e di Trespiano; i Cimiteri di Siena e, in Maremma, quelli di Montorsaio, e Grosseto. Man mano che procedevo nella ricerca e nella sistemazione del materiale, sentivo l’esigenza di un inquadramento generale sul castello di Montorsaio, soprattutto sulla storia dei secoli più recenti, quindi ho letto le Relazioni di viaggio di Pietro Leopoldo, consultato i fondi della Segreteria di Finanze e della Segreteria di Gabinetto e le Relazioni di diversi auditori fiscali, quali il Gherardini e il Bertolini, ed ho utilizzato la bibliografia pubblicata sull’argomento. Molto interessante è risultata anche la lettura di alcuni quotidiani del 1800, quale L’ ed Etruria nuova. Per questa parte ho lavorato presso la Biblioteca Centrale di Firenze, la Biblioteca Chelliana di Grosseto e quelle esistenti presso gli Archivi di Stato di Firenze e Grosseto. Molto spesso ho ripreso più volte gli stessi documenti, perché man mano che divenivo più esperta e a conoscenza di fatti e di persone, vi individuavo altri particolari utili che erano sfuggiti ad una prima lettura. Ho avuto la fortuna di poter intervistare anche due persone, la signora Gioconda Saloni ed il signor Alizzardo Caporali, che hanno vivacemente risposto alle mie domande su come si viveva in questo piccolo paese di Maremma all’inizio del 1900. Molto interessante è stato anche il contatto umano con componenti attuali delle famiglie descritte, poiché tutti si sono dimostrati entusiasti e desiderosi di aiutarmi, a cominciare

dalla dottoressa Maddalena Corti, che ha sostenuto la mia fatica, e dall’ingegner Paolo Migliorini, che ha contribuito alla pubblicazione di questa ricerca. Il lavoro si è protratto per quasi due anni, con momenti di significative scoperte ed altri di insoddisfazione o addirittura di crisi, non essendo ampia la bibliografia di riferimento e dovendo soprattutto affidarmi alla logica, oltre che alla fortuna. Finalmente siamo arrivati alla conclusione, che non esaurisce l’argomento, ma getta le premesse per ulteriori approfondimenti, anche per volontà di famiglie che non sono state completamente descritte o solo parzialmente citate. Un ringraziamento particolare va a mio marito, il professor Guido Sanesi, che ha condiviso il mio entusiasmo o il mio disappunto e mi ha fedelmente accompagnato in tutte le peregrinazioni per i paesi della Maremma.

Montorsaio

In un documento del 1178, redatto dal notaio Damiano, si fa riferimento ad una “ curte et districtu de Montorsaio ”; quindi, il castello di Montorsaio esisteva già nel XII secolo e seguì le vicende di molte comunità della Maremma, contese tra vari signori feudali fino all’assoggettamento al Comune di Siena. Diverse sono le forme con cui tale castello è stato citato nel corso dei secoli: Monte Ursario, Mont’Orsaio, Mont’Orsajo, come scrive il Repetti 2. Tale denominazione deriva dal fatto che “ in antico forse c’erano gli orsi ”3 e, infatti, lo stemma del paese sarebbe una torre in mezzo a due orsi. Tuttavia, Alfonso Ademollo asserisce che “ questi animali non hanno mai potuto allignare allo stato brado e di libertà nelle boscaglie maremmane attesa la nostra longitudine e latitudine ”4. Il nome richiamerebbe quindi la condizione del paese, situato “ sulla ruvida cima di un poggio ben elevato, salubre sì, ma circondato da ogni lato da selve un dì ben chiomate e folte ”5. Riflettendo sull’origine del castello di Montorsaio e sulla sua collocazione, Enrico Cappelli 6 dice che “ nell’agro di Montorsaio esistono degli avanzi di romana costruzione; per esempio anni sono il possidente sig. Giuseppe Gigli, nella circostanza della costruzione di una sua casetta campestre ai Poggiarelli (piano delle Capannelle) trovò una piccola necropoli i cui cadaveri di non ordinaria grandezza erano racchiusi alcuni in casse di travertino, altri in recinti formati dallo stesso travertino. Vi furon trovate anche delle iscrizioni ma per noncuranza, o meglio per egoismo, furono murate nella fabbrica ”. Cappelli ricorda anche un illustre archeologo inglese, W. Stilmann, che nel 1891 ispezionò il Monte Leone alla ricerca di reperti etruschi, accompagnato dal signor Raffaello Benocci. Il Dizionario geografico fisico storico di Emanuele Repetti colloca Montorsaio “ su un alto poggio di aria salubre..a 670 braccia (pari a m. 391,28) sopra il livello del mare Mediterraneo, a tre miglia a ponente di Campagnatico ”, tra

2 E. Repetti, Dizionario, vol.III, voce Montorsaio; 3 S. Pieri, Toponomastica, pag. 237; 4 A. Ademollo, L’Ombrone, nn. 12/13, (1872); 5 A. Ademollo, ibidem ; 6 E. Cappelli, L’Ombrone, (1891).

Batignano, , , , e Pescaia. Il territorio su cui domina il paese è ancora oggi tutto coperto di boschi, tranne pochi spazi coltivati a uliveti ed una stretta fascia esterna al circuito murato, oggi abbastanza incolta o costruita di moderne abitazioni. Un lungo tratto di pianura appare solo verso le Cappannelle, attraversato oggi dalla strada provinciale, e coltivato a vigne ed a grano. Più volte, nel corso dei secoli, i montorsaioli si sono lamentati dell’estensione sempre più vasta delle boscaglie, poiché, le “ dette estese e folte boscaglie davano gradito e sicuro asilo ad uomini di malo affare ed a bestie pericolose ”7. Ancora nel 1879 di Campagnatico erano piene di banditi e malviventi, come dimostra questo articolo di cronaca locale: “Da Campagnatico ci mandan dicendo che in quelle boscaglie scorazza una banda di 6 o 7 malviventi, che tiene in apprensione gli abitanti di quelle località. Sembra che sia quella stessa che in passato aggiravasi nel mancianese e luoghi limitrofi, ove comise delle furfanterie. Noi raccomandiamo alle autorità di dispiegare tutta la energia e solerzia possibile, affinché la pubblica tranquillità non venga turbata, molto più ci verrebbe assicurato che le trasgressioni contro delle proprietà da un pezzo a questa parte vadano aumentando ”8. Inoltre, in vigenza di certe vetuste leggi, agli abitanti di Montorsaio, come a tutti nel Granducato di Toscana, era proibito sia cetinare 9 che tagliare alberi di alto fusto e solo nel 1788 Pietro Leopoldo restituirà alle comunità tutti i boschi, con libera facoltà di poterne disporre, dopo che le antiche leggi che ne limitavano l’uso erano state abolite nel 1776 e nel 1780 e dopo che, nel 1781, il Dipartimento dei boschi era stato unito allo Scrittoio delle possessioni imperiali 10 . La gran quantità di bosco che in molti scritti dell’epoca viene presentata come un freno allo sviluppo, fu utilizzata come risorsa dagli abitanti di Montorsaio che erano boscaioli, cacciatori, tordai e anche carbonai, tanto da richiamare anche gente dai paesi vicini o addirittura venuti

7 E. Cappelli, ibidem , riferimento a Francesco Rasi d’Arezzo, Auditore fiscale di Siena, Visita in Maremma ,1572; 8 L’Ombrone ,(1879); 9 Dal latino caedere , tagliare. Tagliare tratti di bosco al fine di renderli domestici e pronti alla coltura; 10 Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, Relazioni, Vol. I, pag. 215.

in Maremma con la transumanza, che aveva una calla, o entrata, proprio a Paganico. Le altre calle, quasi disposte a scacchiera, erano: Montepescali, Cinigiano, Manciano e Massa Marittima, dove confluivano le greggi provenienti dalla Romagna Pontificia, dall’alta Montagna Pistoiese, dal Mugello e dal Casentino 11 . Il pascolo invernale, in particolare, andava dall’8 settembre all’8 maggio e portava nella Provincia Inferiore una grande quantità di animali e di uomini che si spargevano nelle pianure e sulle prime colline. Da quanto emerge dall’Antico Catasto Lorenese, il cui impianto risale agli anni 1822/23, nelle campagne attorno a Montorsaio erano molte pasture e pasture olivate, oltre a lecceti, castagneti e scopeti con particelle piccole e talvolta piccolissime. Antonio Salvagnoli Marchetti 12 nel 1846 così descrive le colline grossetane: “ Le colline della Maremma, ed in specie della Grossetana, sono coperte di belle e vegete piante di olivi selvatici, frammisti al leccio, al pruno, alla sughera, al sondro, al lillatro. Forse una volta quegli olivi furono domestici, e facilmente domestici ritornano mediante il taglio delle piante boschive circostanti, e col mezzo dell’innesto ”. Anche Pietro Leopoldo, nel 1767, aveva detto che i boschi erano ricchi di “ cerri, lecci, sugheri e querce belle e di macchia alta ”13 . Sempre nelle Relazioni di Pietro Leopoldo (Vol. III) si legge che, nel 1771, “ si mandò da Grosseto l’ispettore Carlo Setticelli della Magona, uomo accorto ed abile, per vedere le macchie di Campagnatico, Paganico e Monte Orsaio, a vedere se si potesse stabilire un forno per la Magona, per lasciar riposare le macchie di Cecina, Campiglia e Massa ”, ma non se ne fece nulla per la difficoltà delle vie di comunicazione. Lupi, cinghiali, caprioli, istrici, lontre, lepri e volpi popolavano i fitti boschi e costituivano parte integrante delle risorse alimentari delle popolazioni. A partire dagli antichi orsi, che adornavano lo stemma castellare, per finire ai lupi, molti erano gli animali oggetto di caccia; in ogni caso, i lupi erano molto più abbondanti degli orsi, infatti “ nel 1848 uccisero addirittura delle bestie somarine al possidente sig. Ferdinando Faccendi in luogo denominato i Gavoni ”14 .

11 D. Barsanti , Pastori, e bestiame, BSSM, (1983), pag. 69. 12 A. Salvagnoli Marchetti, Memorie, pag. 43; 13 Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, Relazioni , Vol. III, pag. 121; 14 E. Cappelli, Montorsaio, L’Ombrone, (1891), dal n. 10 al n. 25.

Il problema era sempre stato molto sentito, tanto che, al fine di arginare tale piaga, anche lo Statuto del 1432 15 , nella terza Distinzione, prevede premi pecuniari per chi cattura lupi, grandi e piccoli. Anche la caccia al cinghiale (o cignale, come si dice in Maremma) era una tradizione che si è conservata fino ad oggi. Molto frequentate erano le battute di Caccia grossa nella tenuta di Banditaccia del marchese Francesco Corsi- Salviati, a cui arrivavano a partecipare anche 123 cacciatori. Nel gennaio 1874, in una sola cacciata furono uccisi 11 cinghiali 16 . Tutti i maremmani avevano ed hanno familiarità con le armi, per la caccia, che era una componente importante della vita quotidiana, ma anche per difesa personale. Ogni uomo disponeva di un fucile sempre ben oliato che teneva a portata di mano; anche mio nonno Arrigo possedeva un Liegi originale di cui andava molto fiero e tante volte l’ho visto ritornare con la lepre nelle tasche della giacca (o giubba, come dicevano allora) di fustagno, detta oggi alla Maremmana. Il suo compagno di caccia, quando abitava a Roselle, era Pietro Passerini, con cui talvolta inseguiva la volpe che attentava ai pollai dei paesani. Mia nonna Fiorisa era orgogliosa di un collo di pelliccia di fulva volpe maremmana, con tanto di occhi, che annodava sul cappotto in inverno, e che era stata uccisa proprio da suo marito Arrigo. Nell’Ombrone del 27 aprile 1879, un articolo di cronaca dimostra la presenza costante, e talvolta pericolosa, di un fucile nelle abitazioni di quel tempo. “Lunedì sera una famiglia in Montorsaio stava per cenare, quando una disgrazia la incolse e produsse nella medesima dolore e tristizia, non che in tutta quanta la borgata. In un angolo della cucina era appoggiato un fucile carico a palla e ignorandosi il perché e il come, la arma cadde a terra, esplose ed andò ad investire il piede destro alla madre di casa perforandoglielo perfettamente e quindi il proiettile andò a colpire in una pietra del camino, da dove di rimbalzo investì la figlia nel piede sinistro. Per ora le ferite non sono gravi. Bisognerebbe usare molta precauzione nel tenere le armi cariche nelle abitazioni e così si potrebbero evitare tante disgrazie di più”. I montorsaioli sparavano con facilità, anche in aria, in occasione di feste e ricorrenze religiose ed Enrico Cappelli

15 M. Mordini, La Comunità di Montorsaio, pag.182, rub.141; 16 L’Ombrone , 24 gennaio 1874.

ricorda questa usanza quando l’immagine della Madonna delle Grazie di Grosseto, nell’aprile 1762, fu salutata in modo fragoroso all’osteria delle Capannelle dove aveva fatto sosta, in transito verso Siena 17 : “ Accostandoci alle Capannelle si sentiva sonare le campane di Montorsaio, e tirare delle spingardate, che rispondevano allo sparo che ogni tanto facevano li detti 12 uomini armati ”. La familiarità con le armi era una tradizione pericolosa ma frequente in tutta la Toscana, tanto che una legge Lorenese del 1764 proibiva di sparare con “ archibugi, pistole, mortaletti, morte codette in città durante feste sacre che profane ”. Nel 1767 viene ribadito il divieto di “ tirare per le pubbliche Piazze e strade, particolarmente in occasione di adunanze di popolo, topi matti, saltarelli o raganelle ”18 . In aggiunta all’impervio territorio circostante, anche le condizioni della viabilità non erano certo ottimali. Riferisce sempre Pietro Leopoldo, nelle relazioni dei suoi viaggi in Maremma, che nel 1787 gli abitanti di Montorsaio si dolgono, in una supplica al loro nuovo sovrano, di avere “cattive strade, non avere altra acqua che una fonte molto cattiva senza cisterna veruna che chiedono di far fare e che gli venga distribuito il terreno della comunità loro che è boschivo e macchioso, con permetterli però di smacchiarlo, il che ora nei pezzi che hanno avuto non gli è stato permesso e non si sa il perché: questo va ricercato ”. Una supplica rivolta a Sua Altezza Imperiale e Reale nel 1846 da due abitanti di Montorsaio, chiarisce la difficile condizione della strada principale, connessa con la pratica dell’estatatura. Ci piace riportarla quasi per intero: “ Don Domenico Baccherini pievano in Monte Orsaio e Pietro del fu Francesco Nisi possidente domiciliato in detto paese, servi e sudditi fedelissimi dell’A.V.I.R. ossequiosamente espongono che il castello di Montorsaio della Comunità di Campagnatico non ha attualmente altra strada che quella che conduce alla Via Regia di Grosseto a breve distanza dal paese di ; che questa sia per essere stata tracciata per la parte la più scoscesa e la meno adatta, sia per poco mantenimento assegnatole, sia forse anche per la di lei poco regolare costruzione, è al giorno d’oggi assolutamente impraticabile, di modo che può francamente dirsi che il Castello di Monte Orsaio sia uno di quei pochi nella Maremma mancante di un braccio di strada ruotabile, che gli pongano in commercio

17 E. Cappelli , L’Ombrone , (1891); 18 ASF, Leggi e bandi, 1767-CX.

colla via Regia Provinciale. Molti e gravi sono i danni che per questa mancanza ne derivano e relativamente ai rapporti di commercio, per quanto limitati che passano tra questo paese e la città di Grosseto, ai mezzi d’industria che i paesani potrebbero procurarsi, e non potendo provvedere ai molti bisogni e comodi di vita, che non mancherebbero allorquando vi fosse una strada più comoda e ruotabile che da questo paese conducesse alla Via Maestra Maremmana. Né è da trascurarsi come alcuni ministri dell’A.V.I.R., alcune famiglie possidenti e artisti grossetani, approfittando della vantaggiosa posizione di questo paese e della di lui tanto breve distanza da Grosseto, vi stabiliscono dimora per quei mesi dell’anno nei quali son soliti star lontano da quella città, trovando in questo paese aria alquanto omogenea, e mezzo ai primi di servire con attività e zelo ai loro diversi uffici, ed ai secondi una quasi continua vigilanza ai loro interessi. Per il vantaggio di questo intiero Paese sarebbe da desiderarsi che in numero anche maggiore vi concorressero, e ciascun paesano sente il desiderio di riparare internamente anche alla mancanza di molti comodi, ma la mancanza della via che s’implora potrebbe forse disanimare i primi dal concorso, non che i secondi, dal commettere delle spese che in questo stato sarebbero per riuscire infruttuose. D’altronde una strada quale si invoca sarebbe di limitato dispendio nella sua costruzione e mantenimento. La distanza che passa da Monte Orsaio alla Strada Regia Grossetana, costeggiando il così detto Monte di Cornocchio, per quanto agevole voglia prendersi la via, non potrà mai riuscire maggiore alle 3 miglia, il terreno da occuparsi è incolto, macchioso, e di facile escavazione ”19 . La strada Regia Grossetana cui fa riferimento la supplica, correva nella pianura davanti all’osteria delle Capannelle ed era percorsa a cavallo o in carrozza; per dare un’idea di quale fosse lo stato miserando di tale via, Girolamo Gigli ci dice, “ Giovedì la mattina parte dalla Posta dell’Angelo il Procaccia di Grosseto con lettere per tutta la Maremma…e tornano in giorni 6” 20 . E Grosseto distava da Siena solo 40 miglia, mentre Montorsaio 30. Sappiamo anche che S.A.I.R. Pietro Leopoldo di Asburgo, nelle sue annuali visite in Maremma, partiva da Palazzo Pitti, a Firenze, all’incirca alle 4 e un quarto del mattino ed arrivava a Grosseto alle 6 del pomeriggio, impiegando ben 14 ore, anche nel viaggio di ritorno, con fermata a Fercole, a

19 ASF,Segreteria di Gabinetto , 1846; 20 G. Gigli, Diario senese , pag. 15.

metà strada tra Siena e Grosseto, ove si cambiavano i cavalli e “ si sostava per un certo ristoro” . Durante una di quelle trasferte, Pietro Leopoldo, nel 1767, così osserva: “ Si vide la città di Grosseto e poi si andò a Siena per tutti monti, 52 miglia di strada erta e montuosa e, fuori che Batignano e Paganico, non si trovano che poche osterie, tutti terreni cattivi, pochi sementati e quasi tutti a macchia bassa ”21 . Anche Giorgio Santi, nel Terzo viaggio per la Toscana del 1806, compiuto nel periodo napoleonico 22 , dice di Montorsaio: “ Paese povero ed incapace di migliorare e di crescere .…perché..suo territorio montuoso, magro ristretto e per lo più boscoso ”. A causa dell’asperità del territorio, le case che formavano il paese vero e proprio erano, e sono ancora oggi, tutte chiuse dentro le mura e poche sono le abitazioni sparse nelle campagne. All’interno della cinta muraria che proteggeva il paese troviamo orti e scopeti con edifici relativamente stretti caratterizzati da palchi e chiostre. Poco distante dal castello, ben in vista su un modesto colle a sinistra della strada che dalle Capannelle conduce al paese, sorge anche l’attuale, piccolo cimitero, a cui sono tuttora accompagnati i montorsaioli. Il cimitero più antico era invece collocato al centro del paese. Dopo la peste del 1525, che ridusse la popolazione di Montorsaio a 12 persone, fu ritenuto causa del contagio 23 , ma rimase in uso fino al 1793 quando ne fu costruito uno all’Aiottola, in mezzo alla vigna del Pievano, cimitero che fu successivamente abbandonato nel 1891, quando fu costruito quello attuale. Il castello di Montorsaio è rimasto ancora oggi abbastanza simile a quello che l’Auditore generale in Siena, Bartolomeo Gherardini, descrive per ordine di Cosimo III dei Medici nel 1676: “ E’ cinto da mura, in parte rovinate. Ha una sola porta a levante (ora più non esiste) ed è di forma rotonda. Le strade anguste, corte e mal selciate…Le abitazioni sono piccole e scomode. Vi sono due sole cisterne, una della comunità e l’altra del Rambelli….due fonti poste in sito declive e

21 Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, Relazion i, Vol. III, pag. 132; 22 G. Santi, Viaggio terzo; 23 ASF, Segreteria di Finanze, Affari prima del 1788, Governo civile. In esecuzione del Sovrano Motuproprio del 4 agosto 1781, a Montorsaio, per circondare il Campo santo di un muro, erano state spese: per il disegno lire 13.6.8, per la perizia 40, per i saggi 40 e per le fosse 326.5.

scosceso, una lontana più di mezzo miglio e l’altra un quarto…. La comunità possiede due forni, un’osteria dentro al castello e un’altra fuori detta le Cappannelle posta nella strada maestra grossetana, una fornace da mattoni…., l’oliviera et un mulino… ”. La situazione non era molto diversa un secolo dopo, nel 1773, al tempo del visitatore Miller, “ si vede nella strada maestra un nuovo pezzo di salita fatta sotto le capannelle di Montorsaio per scansare l’antica troppo ripida e questa nuova è buona; si vede che la strada non era troppo ben mantenuta ”. Nel 1787, Pietro Leopoldo di Asburgo Lorena, da poco nuovo signore della Toscana, così relazionava 24 : “ Fra Paganico e Grosseto a mano diritta della strada maestra in distanza di 2 miglia si trova il castello di Monte Orsaio sopra un poggio, fa da 300 anime, d’aria sufficientemente buona con buon’acqua dove vanno a statare gli abitanti di Grosseto a cui è sottoposto …”. In virtù, dunque, dell’aria e dell’acqua buona che attirava d’estate gli abitanti di Grosseto, Montorsaio ha ospitato i natali di molti bambini “ di passaggio ”. Ad esempio, Pietro Sardelli, di Giuseppe e Maria Stefani, nasce nel giugno 1844 a Montorsaio, pur appartenendo alla comunità di Colle di Valdelsa, perché il padre è Cassiere del Reale Tribunale di Grosseto; così come, nell’ottobre 1844, vi nasce Fortunato Taddei, il cui padre, amanuense del vicariato, è di Borgo San Lorenzo. Ancora, nel 1843, Angelo Becherini nasce a Montorsaio perché il padre Domenico, domiciliato a Grosseto nella parrocchia di San Lorenzo, era lì per l’estatatura, essendo Cavalleggere militare, come annota diligentemente l’economo Bacherini negli atti mensuali del paese. Cinque unità di Carabinieri a cavallo ed un picchetto a piedi dovevano infatti risiedere a Montorsaio durante l’estatatura del 1844; salgono a nove uomini nel 1845 25 e addirittura, nel 1854, tutti i Gendarmi a cavallo di stanza a Grosseto si trasferirono d’estate a Montorsaio, con l’obbligo di perlustrare quotidianamente i dintorni di Grosseto fino a che vi rimanevano le autorità pubbliche. Nel 1834 furono 140 i grossetani che andarono ad estatare a Montorsaio; le guardie, oltre allo stipendio mensile di 80

24 Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena , Relazioni , v.III, pag. 179; 25 M. Corti, Estatatura, pag. 30.

lire, ne percepivano altre 100 26 , come indennità di estatatura, che quindi costava moltissimo allo Stato ma arricchiva la debole economia dei paesini collinari della Maremma. Nei resoconti della Segreteria di Gabinetto Lorenese si legge “ prende per il collo questi marcioni di Grossetani per creduta più sicura estatatura, alzati i prezzi dei quartieri ” e, probabilmente la stessa cosa avveniva a Montorsaio. Anche la “ pubblica levatrice ”, poteva estatare a Montorsaio, garantendo la sua reperibilità, a conferma del fatto che l’aria del paese era salubre, al contrario, come dice Pietro Leopoldo, di quella di Paganico che “ passa per la peggiore di tutta la Maremma, senza che si sappia il perché, la mortalità e spopolazione è continua, le case rovinano, la gente è tutta avvilita e scoraggita e tutto va in malora, tutto è sudicio, rovinato, pieno di conci, erbaccie e moltissime case son vuote e abbandonate ”. Eppure intorno non c’erano grossi paduli ed anche l’Ombrone scorre abbastanza distante e non ristagna.

Antico stemma di Montorsaio ASS, ms. D 11, c. 127v.

26 1 lira toscana equivaleva a 20 soldi. 1 soldo a 12 denari e 7 lire costituivano 1 scudo.

In considerazione dell’afflusso di persone al paese nei mesi estivi, il dottor Mariano Costa, con lettera dell’8 dicembre 1834, chiede al sovrano Lorenese un aumento dei suoi emolumenti perché “ essendo chirurgo condotto a Montorsaio dall’agosto 1830, con l’annua provvisione di L. 1008, e l’onere di prestar gratuitamente le cure non solo agli abitanti del Comunello di Mont’Orsaio, ma anco a quelli della terra di Paganico, e sue adiacenze, onere gravissimo soprattutto nella stagione estiva. Che la preaccennata provvisione era stata dal Magistrato della suddetta Comunità fissata a si tenue entità nell’epoca che la popolazione di Paganico nell’estate non oltrepassava mai le venti unità, ma da qualche anno in quà non vi è mese d’estate che non ne conti non meno di 60 ”27 . In particolare, il dottor Costa chiede un aumento per pagare le spese della sua cavalcatura e per potere “ con maggiore assiduità e diligenza assistere gli abitanti di quel disgraziato paese ”. Con riferimento all’abitato di Montorsaio, molto interessante è il confronto che il Cappelli fa tra le situazioni descritte dal Gherardini nel 1676 e quelle da lui conosciute nel 1891: “Delle tre case che sole, secondo l’auditore generale avevano apparenza e comodità, la prima, quella del tenente Rambelli è posseduta ora da Ignazio Manini; la seconda, quella di Sergio Berlinghieri, è la casa padronale degli eredi Nisi, oggi abitata dal nipote nostro amico Natale Ballerini. La terza, di Cipriano d’Armenio Bandini, ignorasi dove fosse. La canonica era al moro ( n.d.r., al moro è in corsivo nel manoscritto originale ). Il Gherardini menzionò due cisterne in paese: una del Comune e l’altra in casa Rambelli. Ora ve ne è una terza nell’abitazione del canonico Ascanio Gigli, Vicario generale di Monsignor vescovo di Grosseto ”. La Comunità possedeva il Palazzo di giustizia e il cassero, la cui costruzione risale al 1255, ed era protetta da una torre preesistente, forse la stessa che aveva dato origine allo stemma del paese. Il Cappelli spiega che, nel 1891, il Palazzo del Comune e il cassero appartenevano “ ai signori Giuseppe Faccendi ed Oreste Bacci, come alcuni avanzi caratteristici tuttora dimostrano….La stanza del sale era sotto la scala del palazzo stesso e la prima rivendita di generi di privativa fu affidata a Lino Benocci; esisteva un granaio pubblico, una casa vicina al palazzo, una stanza sotto la casa suddetta, due forni, un’osteria dentro al castello ed un’altra fuori in

27 ASF, Segreteria di Gabinetto , Appendice, 1834.

località denominata le Capannelle, oggi dei fratelli Nati. La Comunità possedeva inoltre una fornace di mattoni alle Fornacelle (oggi del canonico Gigli), l’oliviera (oggi della signora Angela Santini nei Nannini) ed un molino denominato il Molinello che fino a pochi anni or sono era del signor Giuseppe Gigli, che lo vendette alla casa Patrizi di Roma ”. I due frantoi più antichi, del tenente Fortunato Rambelli e del Berlinghieri, erano, alla fine del 1800, passati rispettivamente alla famiglia Santini ed agli eredi Nisi, a cui si erano aggiunti i nuovi frantoi di Bacci, Cugini e Ferrari. Il Cappelli ricorda anche la bandita 28 , detta l’Orsali o Usali, o Usi, unita al paese, venendo verso Paganico, riconosciuta anche dal governo della città di Siena, a cui Montorsaio era stato ceduto dai Salimbeni nel XV secolo. In questa bandita anche gli abitanti di Paganico godevano dello ius pascendi , a condizione che i montorsaioli potessero mandare le loro bestie ad abbeverarsi nell’Ombrone, durante la stagione secca 29 . La situazione economica, sociale e demografica di Montorsaio non è mai molto cambiata sia sotto i Lorena, che sotto Napoleone o di nuovo sotto i Lorena e il Regno d’Italia. Dal 1766 Grosseto era costituita in Podesteria e divisa in Comunità quali Campagnatico, Paganico, Mont’Orsaio, ed altre, mentre nel 1815, dopo la parentesi napoleonica, quando in Toscana ritornano i Lorena, senza vendette e inutili stragi, Montorsaio fa ancora parte della Comunità di Campagnatico che comprende anche altre parrocchie: Santa Maria ai Monti di Civitella, San Biagio di Pari, San Donato a Casal di Pari, San Tommaso apostolo di , San Michele Arcangelo a Paganico e, naturalmente, San Giovanni Battista di Campagnatico 30 . Interessante è osservare le variazioni su come, nei registri mensuali, è scritto il nome della parrocchia di Civitella, che risulta: Santa Maria ai Monti, oppure in montibus , a seconda che il pievano conoscesse o no la lingua latina. Dal 1200 Montorsaio è sempre rimasto all’interno della protezione delle mura, anche se in parte dirute, e le strade, nel 1800, erano ancora “ anguste e corte ”, come le aveva definite il Gherardini.

28 Pascolo riservato, quasi sempre demaniale; 29 La bandita denominata degli Orzali fu di spettanza prima della famiglia Medici e più tardi della nobile Casa Patrizi di Roma; 30 Nella Appendice D sono riportate ancune strofe che fanno parte di una descrizione giocosa della Provincia di Grosseto scritta da Silverio Barducci nel 1874.

I nomi odierni delle vie del paese non concordano del tutto con quelli più antichi; ad esempio nel 1808, nello Stato Civile di Toscana, troviamo Via del Bugiale, Via della Torretta, Piazza Padella e contrada la Piazza, che non riscontriamo successivamente. Attualmente, al centro del castello sorge una piazza con la fontana e la cisterna, che fu costruita nel 1891 con acqua proveniente dal Monte Leone. Molto interessanti sono le Relazioni dei luoghi dello Stato di Siena raccolte nel 1761 dall’Auditore Generale Cavaliere Stefano Bertolini e predisposte sulla base di un questionario, inviato a tutte le Comunità della Toscana a seguito della recente acquisizione di tali territori al Granducato Lorenese. Ogni Comunità doveva rispondere a tale questionario, molto dettagliato, riguardante l’orografia, l’idrografia, la popolazione, l’alimentazione ecc. Per Montorsaio, riportiamo in Appendice C l’intera Relazione. Tornando alle vie del paese, Via del Corso corre all’interno della cinta muraria e su questa si aprono tutte le altre strade: Vicolo del Moro, Vicolo Buio, Vicolo degli Archi e Vicolo delle Mura, con piccolissime piazze, del Moro e degli Archi, dove possiamo facilmente immaginare crocchi di massaie al lavoro e giovani che si scambiano le prime audaci occhiate d’amore. Come ricorda un anziano del paese, l’arco che da Via del Corso porta alla Piazza della Cisterna, chiamato familiarmente l’Arcone, con il suo buio percorso, ha visto nel corso dei secoli tanti abbracci rubati e baci furtivi. In questo ambito di poche centinaia di metri quadrati si svolgeva la vita di 292 persone, come riporta la relazione Gherardini nel 1600, che raramente nel corso degli anni sono significativamente aumentate. Nel 1808, secondo il Santi, gli abitanti erano ridotti a 160; nel Censimento del 1841, il pievano Cosimo Fabbri conta ancora 225 anime a Montorsaio e 571 a Paganico. La Segreteria di Gabinetto Lorenese riporta 244 abitanti nel 1842, su una popolazione totale della Toscana di 1.496.207 individui. Un poco più elevate sono invece le cifre riportate da Emauele Repetti nel suo Dizionario geografico fisico storico della Toscana 31 , che salgono a 265 unità nel 1833. Nel 1838 a Montorsaio si contano solo tre matrimoni (Stato Civile di Toscana), così come nel 1839; due sono annotati per il 1840 ed uno solo per il 1842 e per il 1843; le

31 E. Repetti, Dizionario.

cerimonie salgono a quattro nel 1844, cinque nel 1845 e poi calano di nuovo: tre nel 1846 e due l’anno seguente. Nei registri mensuali non sono mai individuati cittadini non cattolici, che evidentemente non esistevano. Come dice nel 1891 Enrico Cappelli (che, quando scriveva sul settimanale L’Ombrone, si firmava E. Cleppali) “Nell’insieme Montorsaio è uno dei migliori castelli della Provincia, sia per la fertilità dei suoli sia la estensione del suo territorio. Il paese è discretamente pulito, perché il capoluogo vi mantiene uno spazzino con obbligo di nettarlo ogni giorno. Buoni sono i lastrici delle vie interne. Migliorata è la serale illuminazione mercè sette lampioni. Vi è una pubblica latrina. Il servizio di posta è giornaliero. Evvi pure il medico condotto ed una scuola mista ”32 . Montorsaio non teneva fiere né mercati, ma Cappelli ricorda che l’8 ottobre, per le sue strade, si svolgeva la corsa dei cavalli senza cavaliere, detti sciolti, in occasione delle feste in onore di S. Michele e S. Cerbone, che si celebravano proprio in quel mese. La gara è forse ricollegabile alla via denominata del Corso. In questa piccola comunità, i componenti della stessa famiglia tendevano a vivere vicini, come i fratelli Gigli, Andrea e Innocenzio, le cui case erano contigue, secondo le dichiarazioni fatte nel 1783 al Catasto Lorenese, e collocate in contrada la Piazzetta. Nella seconda metà del 1800 Michelangelo Gigli abitava in Via della Porta 65, Innocenzio Gigli in Via degli Archi 26, Luigi Benocci in Via del Corso 46, Gregorio Saloni prima in Piazzetta della Cisterna 17 e poi, sempre nella stessa Piazza, al numero 53; Domenico Saloni risulta, in un primo momento, in Via del Corso 5 e poi in Vicolo della Fortuna 26. I Nati nel 1800 abitavano alle Cappannelle, sulla via provinciale verso Siena, dove sono domiciliati ancora oggi Giovambattista Nati e la sua famiglia. Gestivano anche l’osteria che vi sorgeva fin dal 1572 33 ed era stata di proprietà del Comune di Montorsaio. I Nati possedevano pure una casa in paese, in Via del Moro, davanti alla quale mia nonna Fiorisa Nati mi portava con nostalgia, quando era ancora viva. Dalla sua casa in Via del Moro si scorge la casa di Alberto Gigli, in Via del Corso 5, dove è nato Arrigo, che divenne suo marito e che forse ella vedeva, quando lui

32 E. Cappelli, L’Ombrone ; 33 E. Cappelli, L’Ombrone , riferimento a Francesco Rasi, Visita in Maremma di Francesco Rasi di Arezzo.

andava nei campi, passando a prendere il cavallo nella stalla posta poco fuori dalle mura, mentre lei andava alla sorgente, sotto l’attuale cimitero. Quando io ero una giovinetta, che aveva appena preso la patente di guida, mia nonna Fiorisa si faceva accompagnare da me al cimitero e sotto gli alberi e gli arbusti rintracciava una sorgente di acqua che giudicava ottima e che potrebbe essere quella a un quarto di miglio dal paese di cui parla il Gherardini nella sua relazione. La signora Gioconda Saloni, sposata Corti, che ha vissuto gran parte della sua vita a Montorsaio, ricorda certe attività che forse sono rimaste uguali per secoli: “ Gli uomini stavano tutto il giorno alla macchia, cacciavano, tagliavano la legna per vendere e per fare il carbone. Alcuni avevano greggi di pecore o di maiali che tenevano bradi nelle bandite. Le donne pulivano la casa, andavano alla fonte in piazza a prendere l’acqua con le brocche, preparavano da mangiare, allevavano i figli che però erano un po’ sotto la custodia comune, perché nel piccolo paese tutti si conoscevano e durante il giorno la vita si svolgeva soprattutto all’aperto. Le massaie curavano anche l’orto, quando lo avevano, e magari allevavano qualche gallina e qualche coniglio, per integrare la magra economia familiare. Il lavoro più faticoso era andare a lavare i panni. Partivano tutte insieme, di mattina e andavano alla fonte del Canale col suo lavatoio e abbeveratoio (n.d.r., come cita anche il Gherardini), dove lavoravano e chiacchieravano tra loro. Man mano che i panni erano lavati li appoggiavano sugli arbusti per farli scolare e poi ricaricavano tutto sulle proprie spalle e tornavano faticosamente in paese ”. Forse, possiamo aggiungere noi, avranno approfittato dell’acqua abbondante per rinfrescarsi durante le calde estati. “La fonte del Canale era sotto il paese ”, continua la signora Corti, “ prima della porta di accesso, e ci si arrivava con una stradella ripida e tortuosa. Esisteva anche un’altra fonte, verso Pietratonda, all’ultima curva a sinistra, prima della porta d’ingresso al paese, detta fonte del Vignolo. Le più fortunate erano aiutate dalla presenza di un ciuco che le liberava dal peso dei panni bagnati. Le famiglie erano molto numerose e comprendevano non solo i tanti figli ma anche i genitori e i nonni, quando c’erano, anche se le case erano piccole e spoglie. Talvolta le figlie femmine dormivano con la vecchia nonna rimasta vedova e i maschi avevano un’unica camera da letto, che poteva essere la stessa dove dormivano i genitori.

Il cuore della casa era la cucina con il focolare che veniva acceso al mattino e che serviva per riscaldare l’ambiente, far da mangiare e anche illuminare la stanza e risparmiare sulle candele. Tutto veniva prodotto in casa utilizzando anche i residui, come il sapone fatto con le cotiche di maiale, o la cenere, che serviva a imbiancare le lenzuola. Il giorno in cui si preparava il pane per tutta la settimana, o anche di più, era particolarmente festoso con le donne che si ritrovavano al forno, quando non disponevano di uno in casa ”. “Le donne dovevano anche procurare la legna per il camino, perché gli uomini non se ne preoccupavano ” aggiunge Alizzardo Caporali, nato nel 1913, che ricorda la sua abilità di tagliatore di boschi con la sola accetta. Alizzardo prosegue nei suoi ricordi: “ All’inizio del 1900 la maggior parte degli abitanti di Montorsaio erano operai che da ottobre a maggio tagliavano il bosco e facevano il carbone e in estate raccoglievano e mietevano il grano. La vita degli operai era molto dura, spesso mangiavano solo un po’ di pane con il sale ed una cipolla, o pane e fichi secchi o con un pugnello di olive tostate. Noi contadini stavamo meglio perché nel podere c’era il maiale, le galline, le pecore, gli alberi da frutto. Non si buttava via niente, neanche le ossa degli animali uccisi o il letame delle bestie che concimava i campi e gli orti. E le stalle erano il luogo più caldo della casa, spesso ci si riuniva lì a spannocchiare il granturco mentre le donne filavano o tessevano o preparavano con i ferri rozze calze e maglie di lana di pecora. In paese c’erano alcuni mestieri, dal calzolaio al fabbro, ma ognuno cercava di fare da sé per risparmiare. Il taglio del bosco era pericoloso, io ero molto bravo, ma mi ricordo che un giorno mi sfuggì l’accetta dalle mani e mi colpì ad una gamba; fortunatamente portavo i gambali di cuoio, non mi tagliai la carne, ma li rovinai tutti. L’abbigliamento era costituito da una rozza camicia di tela e da un paio di pantaloni di fustagno, che cambiavano poco nel corso dell’anno. Al collo tenevamo un fazzoletto, legato a fiocco, che talvolta copriva la bocca per difenderla dalla polvere. Le donne, quelle più povere che erano costrette a lavorare anche nei campi, usavano gonne ampie e lunghe, di colore scuro e un fazzoletto in testa (o pezzuola), detto alla segatora o alla mietitora, che tenevano legato dietro alla nuca, un poco spiovente sugli occhi, per ripararli dal sole e per difendere i capelli dalla polvere e dalla pula durante la mietitura e la battitura.

Talvolta le famiglie più povere erano costrette a mandare le figlie a servizio presso qualche signorotto, in paese, ma ce ne erano pochi, se no a Grosseto, a Siena e perfino a Firenze ”. La famiglia Gigli è simile a molte altre che vivevano in questo piccolo e abbastanza isolato paese della Maremma, dove le notizie arrivavano in ritardo e la politica contava meno della semina e del raccolto. Dove i legami matrimoniali sono spesso conclusi entro una ristretta cerchia di famiglie, a volte imparentate tra loro. Spesso si deve addirittura chiedere la dispensa ecclesiastica per celebrare tali nozze. Ad esempio Arrigo Gigli, di Alberto e Giuseppa Bonucci, sposa Fiorisa Nati, di Francesco e Annunziata Barbieri, il giorno 8 novembre 1913, dopo aver ottenuto la dispensa, con Decreto pontificio, sull’impedimento del quarto grado di consanguineità, attingente il terzo. Fiorisa era infatti nipote di secondo grado di Sulspizia Nati, che aveva sposato il 24 novembre 1859 Michelangelo Gigli, zio di Arrigo, in quanto fratello di suo padre Alberto. Anche Innocenzo Gigli, figlio di Michelangelo e Sulspizia Nati, per sposare Maria Bonucci, il 18 febbraio 1882, aveva avuto bisogno di un Breve pontificio del 9 gennaio 1882, con cui si scioglieva la sua consanguineità di terzo grado con la sposa, che era nipote di Giuseppa Bonucci, moglie di Gigli Alberto, zio paterno di Innocenzo. Nella generazione precedente, Oliva Nati, figlia di Francesco e Lucia Manini, aveva sposato il 20 luglio 1845 Raffaello Benocci, così come il di lui padre Cosimo aveva sposato Caterina, di Innocenzo Gigli e Maria Mugnaini. Anche tra i Gigli e i Nati sono avvenuti frequenti matrimoni come quello tra Michelangelo Gigli e Sulspizia Nati e poi quello della nipote di Sulspizia, Fiorisa Nati e Arrigo Gigli, nipote di Michelangelo. Giuseppe Gigli, di Michelangelo e Sulspizia Nati, sposa il 9 settembre 1889 una Teresa Bellacchi di Sasso di Maremma, come Elvira Nati, di Giovambattista, aveva sposato un Giuseppe Bellacchi del suo stesso paese, il 10 ottobre 1859, ed aveva avuto come testimone proprio Michelangelo Gigli. Le dispense erano spesso necessarie anche per abbreviare o evitare le pubblicazioni di nozze; ad esempio, nel caso di Michelangelo Gigli, vedovo di Sulspizia Nati morta il 9 febbraio 1871, che sposa Clorinda Sodi, vedova Soldati, il 15 febbraio 1885, senza le pubblicazioni per dispensa di monsignor Ascanio Gigli, suo zio e Vicario della città e diocesi di Grosseto.

Molto frequente nelle famiglie è anche il secondo matrimonio. Vedovi e vedove spesso convolavano a nuove nozze, per motivi di interesse economico, allargare e difendere il patrimonio immobiliare, o forse perché un uomo solo con figli senza una donna in casa non poteva resistere. Certamente era anche una forma di protezione nei confronti delle vedove, rimaste in difficoltà economiche. Oltre al menzionato caso di Michelangelo Gigli, anche Alberto Gigli sposa, il 21 giugno 1888, Giuseppa Bonucci, ventisettenne, vedova di Alessandro Bolognini, morto nel marzo 1887. In tal caso, poiché ancora non era terminato il periodo di lutto, per contrarre il nuovo legame, si ricorre di nuovo alla dispensa di monsignor Ascanio e la cerimonia fu in forma molto privata “ senza solennità di nozze ”, come recita il registro dei matrimoni della parrocchia di San Cerbone a Montorsaio. Anche Pietro Saloni si sposa due volte: dapprima, il 22 maggio 1854, con Eleonora Perna, campagnola di anni 17, che muore in ospedale il 26 aprile 1857 per cause non precisate, e poi, la seconda volta, il 1 febbraio 1858, si unisce a Filomena Costa, di venti anni, atta a casa. Addirittura, Francesco Nati si sposa tre volte con donne via via più giovani e solo l’ultima gli sopravvive. La prima moglie è Amalia Minardi, che muore nel 1867, forse per le conseguenze del parto del suo unico figlio Giovambattista, che nasce il 5 dicembre 1867 e muore pochi giorni dopo. Francesco sposa in seconde nozze, il 14 gennaio 1869, Assunta Amalia Cugini, che muore il 1 agosto dello stesso anno, all’età di ventiquattro anni, senza aver dato eredi al Nati. La terza sposa di Francesco è Annunziata Barbieri, di Roccastrada, che muore a 61 anni nel giugno 1919, dopo aver dato al marito almeno sette figli. Molti bambini morivano pochi giorni dopo la nascita. Emblematiche sono due gemelline, Francesca e Caterina Saloni, di Francesco e Isolina Bolognini. Nascono il 1 maggio 1898 e Caterina muore subito, mentre la gemellina sopravvive fino al 12 maggio. Maria Saloni, sempre di Francesco e Isolina Bolognini, nasce e muore l’8 gennaio 1886, e così tanti altri innocenti, come risulta dai registri parrocchiali di Montorsaio. Dai suddetti registri si ricavano tante curiosità: ad esempio le nozze di Giuseppe Gigli, di 24 anni, figlio di Michelangelo e Sulspizia Nati, con Teresa Bellacchi, di anni 22, sono officiate da Monsignor Ascanio e viene specificato “ senza le pubblicazioni di rito ” per mancanza di sacerdote nel piccolo paese di Maremma.

Evidentemente la penuria di preti non è un problema solo dei nostri giorni! Molto interessanti a questo proposito mi sembrano le parole che ho trovato in una relazione su un viaggio in Maremma 34 avvenuto nel 1775 da parte di S.A.I.R Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana: “ Il vescovo di Massa, Vannucci, e il vescovo di Grosseto Franci sono due invalidi, per l’età, diventati anche imbecilli, ignoranti e non sanno più quello che si dicono ”. E ancora nel 1787: “ Le cose ecclesiastiche a Grosseto e nella Diocesi vanno molto male, il vescovo è quasi imbecille e non ha talento e il vicario suo Stefanopoli con poco talento si dà una grand’aria ed è assai odiato e ognuno fa quello che vuole. I preti sono ignorantissimi, non si prendono che dei forestieri per le cure senza informazione e di fatti mancano di cappellano curato, benchè sian pagati dall’amministrazione ecclesiastica, le chiese di Castiglioni della Pescaia, Montorsaio, Sasso Fortino e Rocca Tederighi e vi sono cattivi parrochi, i proposti di Castiglioni della Pescaia, di Monte Pescali, ed un Fratini di Torrita che sta ad Istia e fu esiliato di Val di Chiana: questo cattivissimo prete concorre ora a Siena per la pieve di Paganico con un prete Spampani di che è cieco affatto e sarebbe interdetto e si crede che sono passati tutti e due ”35 . Il clero maremmano nel 1700 era dunque poco istruito e parecchio sanguigno, come dimostrano vari episodi famosi riportati da Candeloro Giorgini 36 , il quale definisce “fervorosissima ” la missione a Montorsaio, nel 1732, dei Lazzaristi, cioè preti della Missione di S. Vincenzo de Paul, che venivano da Firenze, durante la quale “ s’aggiustò una differenza non potuta aggiustare da personaggi di sfera, et era un negozio di stupro, con processi ”. Durante quella missione si comunicarono 220 persone. Fervorosa fu anche la missione del 1749, quando il paese si presentava “ quasi del tutto in rovina per i sconcerti presenti e passati ”, con appena un centinaio di anime da comunione, oltre ai pastori dei dintorni che accorsero insieme ai paesani alle prediche, e tutti si confessarono dal missionario “ a riserva del Pievano e due altri ”. In tale circostanza, i comunicati ascesero a 160; furono ammessi alla prima Comunione anche una dozzina fra ragazzi e ragazze, di cui

34 Pietro Leopoldo D’Asburgo Lorena, Relazioni , Vol. I, pag. 70; 35 Pietro Leopoldo D’Asburgo Lorena, ivi , Vol. III, pagg. 528-529; 36 C. Giorgini , La Maremma Toscana, pag. 228.

una di 18 anni. Il missionario potè anche riconciliare “ il Pievano con molti del popolo, e lo dispose a rinunciare alla Pieve per esimersi con ciò da un processo che la curia episcopale andava formando contro di lui per la gravidanza e parto della sua serva ”! Nei registri parrocchiali di Montorsaio e in quelli conservati presso la Curia vescovile di Grosseto, ho trovato nominati alcuni parroci: nel 1589 è pievano Biagio Ricci, sostituito nel 1592 da Fabrizio Benedetti; Gaspare Donnoli lo troviamo officiare tra il 1652 e il 1671, sostituito da Michele Galardi. Nel 1680 troviamo pievano Mattia Alberti, e dal 1722 al 1737 è citato Domenico Santi. Nel 1746 è ricordato il pievano Niccolò Bernini, da , nel 1750 Antonio Pieri e nel 1762 Vittorio Fondelli. E’ forse di uno di questi prelati che parla con termini così critici Candeloro Giorgini? Nel secolo seguente, nel 1808, è cappellano di Montorsaio Luigi Simonelli; successivamente, don Giuseppe Trenti, originario di Istia, figlio di Arcangelo e della signora Anna, che vi muore nel marzo 1814, all’età di 66 anni, come dichiarano Flaminio Gigli e Antonio Faccendi a Bernardino Marcucci, Ufficiale aggiunto di Stato Civile. Cosimo Fabbri, figlio di Eusebio ed Elisabetta Brunacci, è parroco di Montorsaio dal 1838 al 1843, quando è sostituito da Domenico Bacherini, di Ignazio e Amabile Gentilini, che rimane pievano fino all’ottobre 1853, quando sopraggiunge Giovanni Niccola Fabbrucci, cappellano vacante la Cura . Nel 1859 firmano i registri mensuali sia Luigi Montaini, economo spirituale, che Giovanni Niccola Fabbrucci, cappellano, dopo la morte del Bacherini, in attesa di un nuovo pievano. Don Niccola Fabbrucci era originario di Monte Giovi e morì a Montorsaio all’età di 80 anni nel 1874 37 . Anche Ascanio Gigli fu curato di Montorsaio, dal 1889 al 30 settembre 1890. Nel novembre 1794 Grosseto contava una sola chiesa curata, la cattedrale dedicata a San Lorenzo, e 24 erano sparse nella campagna, tra cui San Cerbone vescovo, a Montorsaio, che faceva parte della Comunità di Campagnatico e della Cancelleria di Grosseto.

37 BCCG, L’Ombrone 21 giugno 1874. Ieri all’albeggiare cessava di vivere in Montorsajo il sacerdote Gio. Niccola Fabbrucci, di anni 80. Logorò la sua vita ad utilità di quella borgata, ove per oltre 6 lustri fu Cappellano Curato. La sua perdita è stata un lutto per lo intero paese.

La chiesa di Montorsaio è dedicata a San Cerbone, di cui si ricorda l’amore per le oche selvatiche e l’odio per i corvi, tanto che i montorsaioli credono che i corvi “ non possano danneggiare le loro sementi perché maledetti da San Cerbone che li aveva a noia, come il fumo agli occhi ”38 . La festa di San Cerbone si celebrava il 10 ottobre, ed era una delle poche solennità, perchè a Montorsaio non si organizzavano neppure delle fiere e la più vicina era quella di Paganico che si teneva nel giorno della Pentecoste. Nel 1800 Paganico vantava anche una fiera annuale il 14 settembre, di bestiame e mercerie, che richiamava grande concorso di gente, ed un mercato settimanale, mentre i venerdì di marzo si svolgeva la fiera del bestiame, soprattutto porcino, che era motivo di un discreto afflusso di persone da tutti i paesi vicini 39 . Grosseto invece aveva fiera e mercato dal 15 al 25 aprile 40 . Erano eventi importanti, perché costituivano momenti di incontro, di scambio e di acquisti diversi, anche di spose. A Montorsaio, accanto alla chiesa plebana, si trova un oratorio, menzionato già dal Gherardini, dedicato al S.S. Crocifisso, che ospita la Compagnia della S. Croce 41 . Durante questa ricerca, mi è capitato di riflettere sui nomi degli appartenenti alle varie famiglie di Montorsaio, che si ripetevano di generazione in generazione; spesso infatti sono stata tratta in inganno da frequenti omonimie o dal fatto che venivano usati indistintamente il primo o il secondo nome, o a volte anche il soprannome, per la stessa persona. Ad esempio abbiamo una Uliva Nati, figlia di Francesco e Lucia Manini, che si sposa a Montemassi, ed una sua nipote, che si chiama sempre Oliva Nati ma è figlia di Giovambattista, fratello della quasi omonima Uliva, e di Degnamerita Guerri. La più giovane Oliva si unisce a Ignazio Manini, anch’egli della stessa casata di Lucia, sposa di Francesco Nati e madre di Uliva coniugata al Benocci. La stessa Degnamerita Guerri, coniugata con Giovambattista Nati, ripete il proprio nome in sua figlia Degnamerita Nati (1882/1940) che sposa Attilio Saloni. Anche tra gli uomini alcuni nomi sono ricorrenti, come nei Gigli, Guglielmo che si ritrova in tre generazioni: Guglielmo, nato nel 1776, dà il proprio nome al suo ultimogenito, che abiterà poi a Firenze, ed anche tra i figli di Alberto, di

38 E. Cappelli, L’Ombrone , (1891), n. 22; 39 S. Totti, La sottoprefettura di Grosseto, B.S.S.M., (1973), pag.120; 40 G. Gigli, Diario senese, pag.782/3; 41 A. Gianninoni, La Compagnia di S. Croce, B.S.S.M.,(1964).

Giuseppe Gigli e Fortunata, il più giovane viene chiamato Guglielmo, che poi sarà abbreviato familiarmente in Memmo. Di solito al primogenito si dava il nome del nonno paterno, infatti Innocenzio Gigli, nato a Guglielmo nel 1809 e quindi suo primogenito, riprende il nome del nonno paterno, come anche tra i figli di Arrigo e Fiorisa, il primogenito è Alberto, come il padre di Arrigo, e il secondogenito Francesco, come il babbo di Fiorisa. Fiorisa è un nome che appare solo una volta, bello, originale ed evocativo di campagne estive, e così tutti chiamavano mia nonna, ma il suo vero nome era Frolisa, nata il 23 gennaio 1894. Altri nomi sono inconsueti ed unici quali Artemisia, Lucrezia Adelaide, Genovieffa, Gerbina, Adelinda; altri indicano le virtù femminili, come Giusta, Umile, Onesta, Benedetta, Umiltà, Onorata, Amabile. Alizzardo Caporali, per spiegare l’origine del proprio nome, dice che in paese c’era il culto per i Paladini di Francia e a molti bambini venivano imposti questi nomi poetici, forse intesi da qualche cantastorie di passaggio. Lia, di Giuseppe Gigli e Fortunata Giovannini, è citata nel certificato di nozze come Elia, e Alberto, marito di Giuseppa Bonucci, usava il suo secondo nome, mentre il primo era Luigi. Un po’ come per il figlio dell’attuale Arrigo dottor Gigli, il cui primogenito si chiama Alberto, come il nonno paterno, e il secondogenito Andrea ma tutti lo conoscono per Federico. Appare anche il nome Andrea, usato indistintamente per uomini e donne: Andrea Gigli nel 1600 è moglie di Carlo, ma nella generazione successiva lo stesso nome viene attribuito ad un figlio maschio. Poi ci sono gli Angeli, maschi e femmine, che ripetono il nome di Angela Viti, di Tommaso da Siena, moglie del più antico Guglielmo, e il cui fratello si chiamava, poco originalmente, Angiolo. Compare anche il nome del patrono di Montorsaio in un Cerbone Giuseppe Bernardino Corti, di Lorenzo, di Michele, e Rosa Fralassi, di Giovanni, che nasce il 9 ottobre 1871 in Via degli Archi 27. Le donne partorivano molte volte, quasi una all’anno, ma pochi erano i figli che sopravvivevano, ad esempio Noè, di Michelangelo Gigli e Sulspizia Nati, muore il 5 luglio 1861 a nove mesi; Teresa Saloni di Pietro, del fu Francesco, muore il 30 gennaio 1867 a sei anni; Giovambattista Nati, di

Francesco ed Amalia Minardi, muore l’11 dicembre 1867 a sei giorni. Anche Fortunata Gigli, di Michelangelo e Sulspizia Nati, muore il primo febbraio 1870 a soli quattro giorni; Attilio Saloni, di Pietro, del fu Francesco, e Filomena Costa, muore il 28 agosto 1871 a sette anni; Pietro e Filomena hanno un altro figlio a cui danno di nuovo il nome Attilio, che nasce il 9 gennaio 1872, ma muore il 13 gennaio 1872 a quattro giorni. Quando nel 1877 nasce loro un altro maschio, riprendono il nome di Attilio, e questo finalmente riuscirà a vivere a lungo. Maria Gigli, di Innocenzo e Maria Bonucci, nasce e muore il 3 luglio 1882, mentre Sulspizia, sua gemella, vive venti giorni fino al 23 luglio 1882. Genovieffa Adalinda Alice, altra figlia di Innocenzo Gigli e Maria Bonucci, muore il 21 dicembre 1887 ad un anno, così come un’altra bambina, Adelia, nasce e muore nel febbraio 1890. Quanto grande deve essere stata la loro tristezza dopo tutte queste tragiche morti, fortunatamente allietate da altri due figli viventi: Sulspizia, che sposa Domenico Perna il 24 settembre 1904, e Claudio, che sposa Caterina Vagheggini, di 19 anni, il 5 febbraio 1910. Qual era l’età in cui si sposavano uomini e donne? Non molto presto: una delle più giovani è Degnamerita Nati, di Francesco e Annunziata Barbieri, che si sposa il 7 gennaio 1900, a diciotto anni. Nel Registro dei matrimoni di Montorsaio ho trovato una breve lettera, sciolta, in cui non si legge bene la firma, dove qualcuno invita il prete ad accertarsi che la ragazza non sia stata costretta in alcun modo alla fuga da casa e, nello stesso tempo, si invita il padre al perdono nei suoi confronti. Talvolta le donne erano più adulte degli uomini, ad esempio Innocenzo Nati, di Giovambattista e Degnamerita, quando sposa Maria Petrini, atta a casa, di Civitella, il 27 marzo 1870, ha 21 anni e la moglie 27. In ogni caso, i matrimoni non erano frequenti, vista l’esiguità della popolazione. Ad esempio, nel 1853 in tutta la Comunità di Campagnatico, si contano soltanto 28 matrimoni, di cui nessuno celebrato a Montorsaio. Spesso nascevano figli al di fuori del matrimonio che venivano legittimati solo al momento delle avvenute nozze e questo accadeva non solo per un figlio, ma anche per due e talvolta per quattro. Molti erano anche i bambini abbandonati, che venivano deposti, ad esempio, davanti alla casa di Virginia Cipriani,

levatrice di Campagnatico. Nei registri dello Stato Civile Lorenese si legge infatti che Virginia Cipriani aveva trovato una bambina “ fasciata con pezza lana ed una pezza lina in pessimo stato per essere queste alquanto lacere..senza alcun segno di riconoscimento ”. Questi innocenti venivano inviati all’Imperiale Spedale di Santa Maria della Scala di Siena, dopo aver conferito loro il battesimo ed anche un nome qualunque o che in qualche modo alludesse alla loro condizione di trovatelli. Nel Censimento del 1841 si leggono anche i nomi degli esposti registrati all’Ospedale della Scala di Siena, che erano 78 maschi, dai sei ai quindici anni, e 17 femmine. In un registro mensuale del 1858, alla voce paternità si legge “ figlio dello spedale di Siena” ed anche il nome di un uomo morto a Montorsaio è particolarmente significativo: Angelo Innocenti. Alcuni infanti sono ritrovati abbandonati anche in campagna, sempre con pezze lacere e senza segni di riconoscimento. Elisabetta Straccali, campagnola di Cinigiano, nel 1810, trova in luogo detto il Tesorino “una bambina fasciata e vestita in fascia bianca, pezza lana turchina e due pezze bianche, con nastro rosso ” a cui fu imposto il nome di Marta Tesorini, che in qualche modo ricordava il luogo del ritrovamento. Certamente la povertà spingeva a compiere questi gesti crudeli, anche in paesi piccoli come Montorsaio o Campagnatico, dove tutti si conoscevano e coprire una gravidanza risultava abbastanza difficile. Nel dicembre 1810, in pochi giorni, due sono gli esposti a Campagnatico e numerosi sono i bambini nati da “ genitori incogniti ” nel 1846, mentre non ne sono registrati nel 1845. Le coppie di sposi avevano tanti figli, ma, come abbiamo già visto, pochi erano coloro che sopravvivevano; nei registri dello Stato Civile Lorenese ci sono pagine intere dedicate a morti bambini; ad esempio, in un anno qualsiasi, il 1847, nell’intera Comunità di Campagnatico si registrarono 42 morti adulti e 60 bambini. Negli stessi registri, sono menzionati anche casi di bambine di cui si dice solo “ nata morta ”, senza i nomi dei genitori, e altri, battezzati privatamente, dei quali si riporta esclusivamente il nome della madre. Interessante mi è sembrata questa frase riguardante un bambino, nato nel gennaio 1854, di cui si dice il cognome ma non il nome poiché “ Non fu imposto il nome per essere stato battezzato nell’utero materno e quindi morto (Cappelli….di Antonio e Zacchi Umile )”.

Ancora, nell’aprile 1856, al figlio di Agostino Lelli e Teresa Vaccari “ non le fu imposto nome per essere morto poco dopo aver ricevuto in casa l’acqua battesimale….fu battezziere la pubblica levatrice”. Ho rappresentato in una tabella l’andamento demografico di circa 20 anni in questo piccolo paese di Maremma.

Montorsaio anni Nascite Matrimoni Morti 1839 12 3 15 1840 20 2 18 1841 11 5 16 1842 18 1 11 1843 15 1 13 1844 9 4 10 1845 13 5 3 1846 20 3 7 1847 14 2 10 1848 13 3 11 1849 15 3 11 1850 13 1 11 1851 15 4 19 1852 13 4 7 1853 20 0 11 1854 17 4 13 1855 18 2 12 1856 12 2 19 1857 16 0 15 1858 19 9 7 1859 17 6 22 1860 15 4 6 1861 21 2 18 1862 14 2 23 1863 17 2 15 1864 22 2 10 1865 8 2 19

E’ un vero peccato che nei registri, sia delle parrocchie che dello Stato Civile, non siano riportate le cause dei decessi, se non per rari casi, spesso di morti violente; ad esempio nel 1851 si dice che Corradina Pecciarini, di circa due anni, morì per annegamento nella parrocchia di Casal di Pari, e, nel 1838, che un uomo chiamato Luigi Paccagnini, di 50 anni, di professione vetturale, originario dell’Orsigna, nella Comunità di San Marcello Pistoiese, affogò nell’Ombrone in piena presso Campagnatico e fu ritrovato dopo 19 giorni.

Il Salvagnoli Marchetti, nella sua Statistica medica della provincia di Grosseto degli anni 1840/1845 42 , dimostra che in quegli anni le morti diminuirono molto, ma questo non è riscontrato nel paese di Montorsaio, forse perché qui sui decessi aveva poca influenza la malaria e molto pleuriti e polmoniti. Il numero dei morti non aumenta significa- tivamente neppure nel 1850, quando a Grosseto scoppiò una epidemia di colera.

Provincia di Grosseto 43

Anno Abitanti Ammalati Morti Guariti 1840-41 103,334 35,619 1,316 34,303 1841-42 104,664 36,479 1,645 34,833 1842-43 105,343 33,051 1,166 31,885 1843-44 105,556 31,029 1,343 29,686 1844-45 106,833 28,148 986 27,162

Sempre secondo Salvagnoli Marchetti, tale diminuzione degli ammalati in Maremma, negli anni dal 1840 al ’45, era dovuta ai benefici arrecati dai provvedimenti igienici, idraulici, agrari ed economici ordinati da Leopoldo II. Per capire l’andamento demografico della popolazione di Montorsaio è importante anche la seguente tabella, costruita da Enrico Cappelli.

Anno Abitanti di Montorsaio 1595 287 1640 281 1745 168+37 forestieri 1833 265 1839 301 1845 248 1855 295 1861 265 1864 312 1871 346 1890 500

42 A. Salvagnoli Marchetti, Memorie; 43 La tabella è tratta da A. Salvagnoli Marchetti, ivi , pag. 203.

Precise sono le notizie sulla demografia che ritroviamo nelle Relazioni di Pietro Leopoldo del 1794, di cui riporto i dati attinenti alcune località vicino a Montorsaio.

Località Popolazione Popolazione Totale Forestieri maschile femminile Grosseto 1375 14891 Campagnatico 195 192 387 Montorsaio 88 72 160 Casal di Pari 112 120 232 Batignano 152 132 284 Roccastrada 403 396 799 Sticciano 72 88 160

Come emerge dai dati sopra riportati, Montorsaio era un castello proprio piccolo, a cui era inferiore solo Istia, che contava 75 abitanti, mentre Castiglione della Pescaia, nello stesso anno, arrivava a 703 e Firenze a 81.079. L’elevato numero di forestieri nel grossetano comprendeva coloro che soggiornavano in Maremma dagli otto ai dieci mesi, occupati in lavori nelle campagne e nella guardia del bestiame 44 ed era soprattutto su di loro che pesava la malaria, costretti a vivere spesso all’addiaccio, sottoposti a pesanti fatiche, con un cibo frugale e povero. Nei libri della Curia, che riportano i dati dei nati e dei morti nel 1500 e 1600, numerosi sono i forestieri che poi troviamo stabili a Montorsaio, ad esempio la famiglia Perna, proveniente da Pariana (Lucca), ed i Nisi, originari di Citerna, presso Arezzo. Nello Stato Civile molto interessanti sono anche le parole usate per indicare la professione, che è distinta dalla condizione; ad esempio i bambini di pochi mesi, o ore o giorni, vengono chiamati “ inabili ”, o “ figlio di ”, e lo spazio della professione viene lasciato in bianco, mentre per la condizione si ripete quella del padre. Quali sono le professioni più rammentate nella Comunità di Campagnatico verso la metà del 1800? Soprattutto contadino, bracciante, zappaterra, mezzaiolo, che si distinguono per la condizione di povero, possidente o miserabile. Si conta qualche stalliere, qualche carbonaio, un barrocciaio (proveniente da Sambuca o dalla Montagna pistoiese), qualche massaro e guardia campestre; rari sono i pastori, provenienti dalla Toscana interna. A volte troviamo

44 ASF, Segreteria di Gabinetto, 321.

un bottegaio o un mercante che casualmente muore a Montorsaio. Per le donne si usano i mestieri degli uomini, zappaterra, contadina, campagnola, ma anche sarta, serva, fornaia, ostessa e qualche volta levatrice. Quando non svolgono una attività particolare, le donne sono definite “ attendenti a casa ” o la loro condizione viene definita “ donnesca ”. Si usa il termine “ impotente ” per le persone anziane che non svolgono più regolarmente il lavoro. Una dizione particolare compare nei registri mensuali dal 1858, che fa riferimento ad una circolare del 6 agosto dello stesso anno, in base alla quale i pievani devono accertare e sottoscrivere la condizione dei defunti, oltre al mestiere praticato, con particolare riguardo al fatto che essi percepissero o meno una “ pensione regia o communitativa ”. Pietro Leopoldo, in una Relazione del 1778, così parla della popolazione della Maremma: “ Nella provincia inferiore di Siena non vi sono differenze di classi; vi è qualche benestante e mercante, il resto è tutto popolo: la così detta classe di benestanti è prepotente, arbitraria, interessata all’ultimo segno, ed in genere il popolo di Maremma è composto di fuoriusciti e banditi da altri paesi, di gente che ci cala dalla montagna per guadagnarsi il pane, e di maremmani, che devono spesso difendersi da quella gente, a cui mancano preti e qualunque istruzione morale; che però quelli abitanti sono nella maggior parte senza religione, prepotenti, violenti, rissosi, dediti alla crapula ed al libertinaggio anche sudicio, indisciplinati, resistenti alla giustizia, armigeri, e non possono essere contenuti che col rigore, essendo i loro preti i primi che danno cattivissimi esempi in tutti i generi ”. E ancora “A Grosseto la popolazione è talmente moderna che non vi è individuo il cui bisavolo sia nato in Paese ”. Passo ora a parlare della mia famiglia, i Gigli, e di altre di Montorsaio con cui sono entrati in rapporti di parentela.

Quadro di insieme della Comunità di Campagnatico ASG, Antico Catasto , Comunità di Campagnatico, Sez. Q’ di Montorsaio.

ASG, Antico Catasto

FAMIGLIA GIGLI

Un Gilio di Leonardo è testimone dell’atto di sottomissione di Montorsaio a Siena nel 1404 45 e potrebbe appartenere alla nostra progenie, che io ho rintracciato in questi luoghi andando a ritroso fino al 1600, ed il cui cognome spesso si trova scritto come Gilli, anziché Gigli. I Gigli sono presenti fin dal 1400 a Siena, Lucca, Bologna e Anagni. Un Gigli Lorenzo risulta notaio a Firenze tra il 1491 e il 1530. Le notizie più sicure riguardano tuttavia il ceppo senese. Più volte nel corso dei secoli vari personaggi hanno ricevuto attestati di nobiltà; ci sono stati Gigli notai, medici, canonici, professori di Storia, avvocati e scrittori, come testimoniano le molte opere presenti nella Biblioteca Nazionale di Firenze. Nell’elenco ufficiale italiano della nobiltà, nel 1572, Giovambattista Gigli, canonico, è qualificato nobile; è citato poi un Costantino Gigli che lasciò opere nella Biblioteca vaticana, ed un Giacinto Gigli (1596/1671), nobile erudito e uomo di lettere, che scrisse un interessante Diario e visse a Roma. Nella Consulta araldica del Regno è citato un Gigli di Bologna che ha uno stemma con tre gigli, di chiara origine francese; tre gigli d’oro o gialli in campo azzurro rappresentano infatti la dinastia francese fino alla rivoluzione del 1789, mentre durante la Restaurazione i tre gigli d’oro sono in campo bianco. Il giglio di Firenze, o meglio l’iris, è invece bianco in campo rosso fino al 1251 quando vinsero i guelfi che, in omaggio al pontefice, lo cambiarono in rosso in campo bianco, mentre l’arma primitiva rimase come insegna dei ghibellini. Il Ceramelli Papiani 46 dice che la famiglia Gigli ha stemma con tre gigli d’oro su sfondo azzurro e fascia centrale dorata. Da Vittorio Petroni è annoverata tra le famiglie senesi che ressero la Repubblica tra il 1368 e il 1385 ed è elencata sotto il Monte (o Ordine) dei Riformatori, tanto originari quanto aggregati 47 , con un unico ramo.

45 M. Mordini , La Comunità di Montorsaio , pag. 54; 46 ASF, Fondo Ceramelli Papiani ; 47 V. Petroni, Le antiche famiglie.

A Siena è molto conosciuto Girolamo Nenci Gigli (14 ottobre 1660-4 gennaio 1722), figlio del dottor Giuseppe Nenci e Pietra Fazzioni 48 . Nel 1674, alla morte del padre, Girolamo Nenci fu adottato dal prozio materno, Girolamo Gigli, privo di eredi, che morì nel 1678 e gli impose il proprio cognome. Girolamo Nenci Gigli fu lettore nell’Università di Siena, fece parte dell’Accademia dei Rozzi e degli Intronati di Siena e di quella della Crusca di Firenze, anche se poi ne fu espulso per le sue rivendicazioni del dialetto senese contro il predominio di quello fiorentino. Scrisse moltissime opere tra cui un interessante Diario Senese , completato, dopo la di lui morte, dal figlio Lodovico nel 1723. In questa opera il Gigli fa un elenco delle famiglie nobili senesi “ al presente ”, cioè al 1723, ed annovera ancora i Gigli nel Monte dei Riformatori 49 . Girolamo Gigli scrisse anche una commedia, Don Pilone , sul falso moralismo e bigottismo dei preti. Egli sposò Laurentia, di Stefano Perfetti, ed ebbero dodici figli, tra questi: Provenzano, canonico, battezzato il 10 maggio 1683 in Siena, nella Pieve di San Giovanni Battista, come i fratelli, Lodovico (battezzato il 17 giugno 1689) e Giglio (20 ottobre 1685), che abitarono entrambi a Roma. Nell’Archivio delle Riformagioni (Siena) si riconosce la loro nobiltà, che sarebbe attestata da un decreto imperiale di Francesco I (Vienna) del 1758. Nel suddetto archivio, in particolare, si legge:

“11/3/1758

Il patrimonio loro è tenue, tuttavia vivono delle proprie entrate ed industrie, senza mistura di arti vili o meccaniche, essendo Lodovico e Giglio decorosamente impiegati in Roma e il Canonico Provenzano gode un canonicato nella Collegiata di questa città, né sono in pregiudizio di bando o altro e tutti i documenti prodotti sono in autentica forma e in fede .

Pietro Bambagini Cancelliere delle Riformagioni di Siena ”

Da questo documento si evince che i Gigli avevano chiesto conferma della loro nobiltà all’ufficio delle Riformagioni,

48 Virginia, figlia di Giuseppe Nenci, e quindi sorella di Girolamo Nenci Gigli, sposa Alessandro di Niccolò Fabiani di Fiesole e partorisce Agostino, battezzato l’11/1/1704; 49 G. Gigli, Diario senese , vol.III, pag. 776.

adducendo i documenti richiesti, e ne avevano avuto riscontro con le conclusioni sopra riportate. Sempre nel Ceramelli Papiani si legge che lo stemma della famiglia Nenci è quello dei Gigli, che si ritrova nella Chiesa di S. Virgilio dei Padri della Compagnia dei Segni e nell’altare della chiesa di San Francesco dei Minori Conventuali di Siena. Un nobile Agostino Gigli è presente ancora a Siena nella seconda metà del 1700 e da lui nasce Antonio Francesco che, l’11 agosto 1770, sposa la nobile Leonella di Silvestro Pieri di Pienza. Da queste nozze nasce Girolamo (battezzato il 6 febbraio 1773 nella Pieve di San Giovanni Battista in Siena), che sposa Carolina di Desiderio Pecci il 2 ottobre 1787 ed hanno due figli: Pietro Agostino (28 giugno 1798) ed Elena Teresa (28 settembre 1806) che, il 9 febbraio 1818, sposa Giovanni Leland, nato a Dublino il 10 settembre 1791. Un altro Agostino Gigli si sposa a Siena nel 1809. A Siena, nella parrocchia di San Giovanni Battista, è ricordata un’altra famiglia Gigli; ad esempio Andrea Gigli è testimone di un battesimo nel 1818 e nello stesso registro sono citati Teresa, Matteo ed Anna Gigli. In quella medesima parrocchia, da Giovambattista Gigli e Gesuina Meini, nasce, il 2 aprile 1818, Clementina, i cui genitori sono definiti negozianti. Un Gigli Leopoldo Maria nasce sempre a Siena il 22 settembre 1818 da Francesco, legnaiolo, e Fortunata Valentini, con Luigi Gigli come testimone. Quello stesso Leopoldo Gigli, il 2 luglio 1839, nella parrocchia di San Lorenzo martire, sposa Clementina Barbini, di 16 anni, figlia di Lattanzio e Maddalena Mazzieri. Nel Censimento del 1841 a Siena, nella parrocchia di Santo Pietro alla Magione, è residente ancora il nobile signor Girolamo Gigli, vedovo di 60 anni, con una serva di 30, Condi Maria. Secondo il mio parere, la nostra famiglia proviene da Siena e seguì a Montorsaio il consolidamento del potere della Repubblica; anche nel 1800 molti sono i legami matrimoniali (Guglielmo Gigli sposa Angiola Viti, senese) e culturali (Innocenzio Gigli studia Diritto all’università di Siena) con quella città, ma il cognome Gigli forse non deriva dalla famiglia di cui fa parte Girolamo Nenci Gigli, ma dai Gili de Grandi di Siena del Monte del Gentiluomo, infatti nei documenti più antichi, conservati nella Curia vescovile di Grosseto, spesso si legge Gili o Gilli o De Giglis, alla latina.

Nel 1200 Uberto Gili era uno dei consoli della Repubblica senese e stipulò la pace coi Fiorentini ( Tommasi, Storia di Siena 4/179 ) e nel 1204 intervenne al Lodo di Poggibonsi (ivi 4/159). Nel 1246 suo figlio Rinaldo fu mandato alla Comunità di Belforte dalla Repubblica a protestarla, affinchè riconoscesse i sanesi per signori e affinchè non accettasse altri rettori se non quelli o per essi mandati. Nel 1254 Rinaldo fu uno dei quattro Provveditori al Comune di Siena. Nel 1280 Jacomo di Rinaldo sindaco della Repubblica comparve davanti al Vicario Imperiale a S.Miniato al Tedesco e si appellò da una sentenza data dal medesimo contro la detta repubblica. Nel 1303 la Repubblica fece pacificare la famiglia Gili con quella degli Squarcialupi ( Compendio istorico de Sanesi, libro I, Mn. A 30 II). In Toscana ci sono Gigli a Pistoia, Firenze, Castel del Piano, Roccastrada, Pitigliano, Paganico, Casal di Pari e Grosseto. Ad esempio, a Paganico, nel 1814, in contrada la Ruga, muore una Veronica Gigli, di anni 51, figlia di Giacomo, vedova di Francesco Rossi, da cui aveva avuto Antonio, che nel 1809, all’età di 23 anni, sposa Celestina Ricciardi, di 19. Sempre a Paganico, muore nel 1812 Venanzio Gigli, che ha 34 anni, e, nel 1817, Giovambattista Gigli, porcaro ventottenne, testimonia la morte di un gendarme in luogo detto del Crocino. Giovambattista è un nome molto usato dalla famiglia Gigli di Paganico; Giovambattista infatti è forse è il padre sia di Veronica che di Venanzio e del suddetto Giovambattista, porcaro, come, molto probabilmente, anche di Antonio, a cui nasce una figlia chiamata Maria Domenica, che nel 1814 sposa a Paganico Carlo, del defunto Giovambattista Giusdini, fu Niccolò.

Ma torniamo ai Gigli di Montorsaio. Nel 1600 a Montorsaio vivono diverse famiglie Gigli, imparentate tra loro, sempre definite possidenti, e di cui si cita il cognome, mentre ciò spesso non avviene per altre persone. Nei registri parrocchiali del suddetto castello, depositati presso l’archivio della Curia vescovile di Grosseto, il primo Gigli di cui abbiamo trovato menzione è Giulio; da Giulio discende Niccolò che sposa Agnese ed hanno diversi eredi: nel 1597 nasce alla coppia Giulia Giovanna, primogenita che ricorda il nome del nonno paterno; nel 1598 viene alla luce un’altra femmina a cui impongono l’originale nome di

Sicilia; finalmente nel 1599 nasce l’erede maschio, che viene battezzato Marco. Seguono poi altri figli: Costanza Faustina, nata nel 1600; Giulia, nata nel 1606; Giovanna del 1608; Giulio del 1612, che muore nel 1657, a 40 anni, come testimonia il pievano Gaspare Donnoli; e, di nuovo, nel 1615, nasce Giulio Costanzo, a testimoniare l’importanza del nome dell’antenato. Marco Gigli, di Niccolò, è testimone di nozze nel 1635. Egli sposa Flavia da cui ha numerosi eredi, tra cui Iacomo, nato nel 1617, e Leonardo, nato nel 1623. Di Marco abbiamo poi trovato citati anche altri figli, quali Giuseppe, del 1624, e Iacoma, del 1625, che sposa Antonio di Salustio, a cui partorisce Anna, nel 1647, e Marco, nel 1650. La serie dei figli di Marco e Flavia Gigli prosegue con Agnese, che nel 1656 sposa Silvestro di Francesco; Ottavia, nata nel 1638; Giovanna, partorita nel 1640; e Geresia, che nel 1652 si era unita a Giovanni di Bastiano. Flavia Gigli muore nel 1657 a 60 anni di età. Anche Giovambattista e Caterina Gigli abitano a Montorsaio alla fine del 1500 e nei registri curiali sono ricordati alcuni loro figli: Francesco Ascanio, nato nel 1623, che risulta testimone di nozze nel 1674; Ascanio, nato nel 1639; Silveria, che nel 1635 sposa Francesco di Parente proveniente da Rippole sotto Bologna, evidentemente legato alla transumanza; e Michelangelo. Michelangelo ha un figlio di nome Domenico. Troviamo anche un Gigli Gianfranco (o Franco) di cui si ricordano le seguenti figlie: Iacoma, che si unisce ad Antonio, nel 1643, e Cecilia, che si sposa nel 1652 con Mario di Filippo, con dispensa per consanguineità. Un Carlo Gigli, figlio di Giovambattista, e quindi fratello di Ascanio, Silveria e Michelangelo, è testimone di nozze nel 1614 e nel 1615. Carlo Gigli è sposato con Andrea (nome usato al femminile), di Flaminio e Geronima, e, nell’aprile 1671, hanno una prima figlia, Giovanna, di cui fu “ commare ” di battesimo donna Albina di Vittorio Filippi; il 6 settembre 1673 nasce anche Caterina, che forse muore, perché il 13 dicembre 1674 a Carlo e ad Andrea nasce un’altra figlia a cui danno di nuovo il nome di Caterina, e, nel 1677, nasce un’altra Giovanna. Caterina Gigli nel 1727 sposa Arcangelo Mastiacci, mentre, nel 1694, Domenica Gigli, sempre figlia di Carlo ed Andrea, aveva sposato Augusto Barberini, di Scarlino. Nel 1679, a Montorsaio, si trovano citati come testimoni Marta, vedova di Orazio de Giglis, Flaminio ed Eufrasia

Gigli. Eufrasia, sposata con Domenico Cetarini, nel 1683 dà alla luce Virgilio, come scrive il pievano Mattia Alberti. Flaminio Gigli, nel 1697, è testimone di nascite e di morti. Flaminio è marito di Caterina (spesso il cognome della moglie viene omesso), da cui il 3 aprile 1701 ha Andrea Giovanna e, nel 1702, un’altra Andrea. L’imposizione di questi nomi alle figlie fa pensare che anche Flaminio possa essere figlio di Carlo Gigli e di Andrea. Nel 1720 a Flaminio Gigli e Caterina nasce Flaminio Ascanio Francesco. Il 5 febbraio 1735, Flaminio Gigli sposa Giulia Martinozzi di Sticciano, che è più adulta di lui. Da questo matrimonio nascono: - Bernardino 1736/1752 - Francesco 1748/1752 - Giovanni Giuseppe 1752/1752 - Giovanni Giuseppe Maria Gaspero, nel 1753 - Francesca Luisa, nel 1754. Tutti questi bambini muoiono in breve tempo; ne rimangono in vita tre: Bartolomeo, Innocenzio ed Andrea. Bartolomeo, nel 1759, sposa Diamante Durante che gli partorisce due figlie femmine, Maria Giulia, nel 1761, e Maria Maddalena, nata nel 1763 e morta nel 1775. Da questo ramo non abbiamo trovato altri discendenti.

Parleremo ora di Andrea (1741/1805) ed Innocenzio Gigli (1740/1801) e chiameremo 1° ramo quello di Andrea Gigli e 2° quello di Innocenzio, da cui discende la mia famiglia. Andrea ed Innocenzio Gigli figurano come proprietari di terreni e di case nel Libro dell’Estimo Lorenese del 1783 e in tutti i documenti sempre i Gigli sono definiti possidenti, come i Cugini, i Minardi, i Nisi, i Bolognini, i Corti, i Rambelli, i Benocci con cui spesso si imparentano. Nel 1797 Innocenzo dichiara spontaneamente di avere tre case con orto in piazza, una stanza in loco detto la Torretta, un oliveto presso Batignano, una terra in località il Canale, e vigne e castagneti tra Montorsaio, Paganico e Batignano, per una rendita totale di circa 816 lire. Anche Andrea elenca case, orti, castagneti, oliveti e macchie per una rendita di 826 lire, equivalente a quella del fratello, e specifica che le sue case sono confinanti con quelle di Innocenzio, in contrada la Piazzetta. Molto vaste erano anche le proprietà situate sul Monte Leone e in località le Secchete. Molte delle denunce all’Estimo del 1797 furono scritte proprio da Innocenzio Gigli, su commissione dei dichiaranti.

In questo libro non compaiono i Saloni, perché originari di Montalcino e perchè solo nel 1800 cominciarono ad esercitare il taglio del bosco da queste parti. Giovambattista Nati, figlio di Francesco, dichiara di possedere case e, soprattutto, pasture olivate e terreni lavorativi, mentre Rosa Faccendi denuncia una casa, posta in Piazzetta, confinante con il Palazzo di giustizia. I fratelli Luigi e Giovanni Andrea Benocci denunciano una casa posta in faccia alla Porta Castellana, confinante con la Pieve e con la proprietà di Domenico Ricci. Queste informazioni confermano l’ubicazione di alcuni monumenti del Castello di Montorsaio. Anche nella Lista degli elettori amministrativi per l’anno 1865, nel municipio di Campagnatico, figurano ben 4 uomini della famiglia Gigli, con patrimoni interessanti, secondi solo a Pietro Nisi, se si escludono gli storici casati dei Patrizzi, dei Tolomei e dei Corsi. Giuseppe Gigli, di Guglielmo, vanta un censo di 125,34 lire e il canonico Ascanio di 119,92 lire, mentre i figli di Giuseppe, sia Michelangelo che Adeodato, pagano una quota minore, 45,49 lire.

1° ramo

Andrea Gigli nel 1771 sposa Maria Domenica Valeri, vedova di Guglielmo Canali; le nozze sono allietate, nello stesso 1771, dalla nascita del piccolo Giovambattista, “ che fu battezzato in casa per il pericolo di morte ”, che infatti avvenne dopo soli tre giorni, e “ fu sepolto nel cimitero di quella chiesa parrocchiale nel luogo de Parvoli ”50 . L’anno dopo nasce Alfonso (1772/1777), il cui parto probabilmente causa la morte della madre, avvenuta nel dicembre 1772. Andrea si risposa con Elisabetta Pepi, del fu Francesco di Sticciano, ed hanno tanti figli: - Flaminio Carlo, nato nel 1775; - Lucrezia Maria Diamante (1777/1799), che sposa Michelangelo Giovannini il 29 agosto 1799 e muore nello stesso anno; - Maria Margherita; nata nel 1779, che si unisce a Biagio Gonnelli di Sticciano il 26 ottobre 1801 - Maria Giulia (1782/1783); - Giacomo Francesco (1785/1804), morto nel gennaio 1804 a soli 19 anni;

50 AVG, Libro dei nati del 1771 .

- Stefano Baldassarre, nato nel 1786; - Maria Caterina, nata nel 1794; - Teresa Maria Leopoldina 51 (nata nel 1785), che, il 22 giugno 1808, sposa Giuseppe Minucci (nato nel 1784), figlio del fu Marco di Montemassi e di Cecilia Soldateschi, alla presenza del fratello Flaminio che fa da testimone ai due sposi che non sanno scrivere. Nei documenti presentati per il matrimonio, si legge che Elisabetta Pepi, madre della sposa, è “ in quell’anno priva affatto della vista e già vedova di Andrea Gigli ”, morto il 18 ottobre 1805, ed è lei che dà il consenso alle nozze 52 . Da tali atti risulta che Giuseppe Minucci, qualificato campagnolo, è minore (24 anni) ed orfano di padre, quindi anche lui ha bisogno del consenso della madre. Teresa Maria Leopoldina ha invece 22 anni, essendo nata il 24 settembre 1785. - Flaminio (1769/1815), che muore il 19 maggio 1815, a 46 anni, presumibilmente celibe. Da questo ramo non abbiamo trovato altri discendenti maschi e sono evidenti gli stretti legami con la comunità di Sticciano, da cui provenivano Elisabetta Pepi e, prima di lei, anche Giulia Martinozzi, moglie di Flaminio Gigli. Il paese di Sticciano, situato verso il mare su un ripido colle, è collegato a Montorsaio da una fitta rete di boschi, boschi che certo non costituivano un impedimento ai montorsaioli che da essi traevano gran parte dei loro guadagni e che vi trascorrevano quasi per intero la loro giornata.

2° ramo

Innocenzio Gigli, l’altro figlio di Flaminio e Giulia, sposa dapprima Giovanna Fondelli, con cui genera una lunga serie di figli:

51 Il nome Teresa Maria Leopoldina dimostra che al tempo dei Lorena si metteva tale patronimico ai figli, e lo stesso si faceva al tempo di Napoleone, come ci ricorda Innocenzio Domenico Ascanio Raffaello Napoleone Gigli, nato nel 1809. Anche alle bambine si usava imporre il riverito nome di Napoleone, ad esempio Costanza Teresa Setta Letizia Napoleona Faccendi. 52 Le pubblicazioni di matrimonio erano lette a voce alta nelle ore centrali della giornata, per più di due volte, e poi affisse presso la porta principale del Palazzo Pretorio di Campagnatico e due volte nel paese degli sposi. Ad esempio a Montorsaio venivano affisse sulla porta principale della casa dell’Ufficiale di Stato Civile.

- Veronica Margherita, che, nel gennaio 1782 sposa Francesco, figlio del defunto Giuseppe Rossi di Campagnatico; - Costanza (1766/1770), - Maria Teresa (1768/1771); - Pellegrina, che nasce e muore nel 1770; - Flaminio Ascanio (1771/1771); - Maria Anna Luisa, nata nel 1772, che sposa Giulio Franci di Monticiano, il 23 maggio 1791; - Guglielmo Baldassarre (1776/1822), che muore il marzo 1822; - Giovanni Luigi (1781/1785). Poco dopo la nascita di questo ultimo figlio, Giovanna Fondelli Gigli muore “ a cui non fu tempo di amministrargli alcun sacramento per essere morta istantaneamente” ed Innocenzio, che ha tre figli ancora in casa, due dei quali in tenera età, nell’ottobre 1783, sposa Maria Mugnaini (che morirà nel 1822), del fu Francesco e Caterina, vedova di Giovanni Gabbrielli di Castiglioni della Pescaia. Dalle sue nozze con Maria Mugnaini nacquero tanti figli, ma solo le femmine sopravvissero: - Maria Caterina Luisa, nata nel 1785, si coniuga il 16 gennaio 1809 a Montorsaio con Cosimo Antonio Settimio Benocci, di Luigi, fu Cosimo, e Gioconda Benanti, avente come testimonio il fratello Guglielmo. Caterina e Cosimo, nel 1825, avranno un figlio, Raffaello, che il 20 giugno 1845 sposerà Uliva Nati. Raffaello Benocci “ che , dice il Cappelli, ci onoriamo di annoverare tra i nostri migliori amici, era dipendente del marchese Corsi Salviati di Banditaccia”. Altri figlie di Caterina e Cosimo furono Costanza, Ersilia e Benedetta. Maria Caterina Luisa Gigli nei Benocci muore nell’aprile 1847 e nei registri mensuali viene definita casiera possidente. - Giuditta (1784/1818); - Maria Caterina (1784/1791), morta a sette anni; - Stefano (1786/1796), morto a soli 10 anni il 19 agosto 1796; - Maria Felice, moglie di Francesco Granai dal 25 aprile 1808; - Maria Caterina Luisa Amalia, nata nel 1794. Nel 1778 Innocenzio Gigli, attuale Camarlingo della Comunità di Montorsaio, viene richiesto che continuasse provvisionalmente e fino a nuovo ordine ad amministrare le rendite comunitative, in vista tanto più di aver questi nel

corso di quattro anni reso un esatto conto della di lui amministrazione tenuta con la maggior diligenza.53 Nel 1782 ci sono varie domande di acquisto di terreni e di pascoli, presentate alla Comunità di Montorsaio, che ci fanno conoscere alcuni particolari sulle condizioni sociali ed economiche della famiglia Gigli. Innocenzio Gigli domanda in compra un pezzo di terra di staia 12 macchioso ed in piccola quantità seminabile posto in Dogana denominato Peroni; altro pezzo di terra di staia 2 macchioso posto ne confini in contrada il Canale; una stanza a tetto spalcata e senza imposte situata nel castello di Montorsaio denominata il Macello. Pietro Andreani, però, chiede la stessa stanza, colla malleveria di Bartolomeo Marcucci, offrendo soldi 25 contro i 23 presentati dal Gigli e la ottiene. In quello stesso anno, Innocenzio Gigli era terratichiere nella Banditaccia, dove vi ha anche un arnaio di api e ha dichiarato di non voler comprare il terreno dove fa la sementa, e dove ritiene le api, contentandosi soltanto di poter quella continuare col pagare il terratico al compratore, e che li siano lasciate stare le dette api. Aveva fatto anche una mallevadoria a favore di Gaspero Valeri di Grosseto per concorrere all’acquisto dell’orto della Nave. Innocenzio muore nel 1801 , “all’incirca a 61 anni di età ”, come testimonia il pievano Giovanni Crespi. Sappiamo che Guglielmo, di Innocenzio, e Flaminio, di Andrea, sapevano leggere e scrivere e nello Stato Civile Lorenese sono citati spesso come testimoni di nascite e di morti a Montorsaio. Nel 1810 Flaminio testimonia la morte di una bambina assieme al prete Luigi Simonelli e nel 1814 testimonia una nascita. Guglielmo testimonia nel 1808 e nel 1813 ed entrambi firmano “ mano propria ”. Caterina e Giuditta risultano avere possedimenti nel Comune di Campagnatico (Catasto Lorenese del 1834): Caterina e Giuditta braccia quadre 20,31 con reddito di lire 137,48, Caterina nei Benocci braccia quadre 2,00 con reddito di lire 4,78. Anche la famiglia Benocci era importante a Montorsaio; si rammenta una Diomira Benocci levatrice nel 1808, che avrà fatto partorire tanti nostri antenati.

53 ASF, Segreteria di finanze affari prima del 1788, 142.

Nel 1811 Cosimo Benocci, marito di Maria Caterina Gigli, denuncia la nascita della nipote Maria Gertrude Anastasia, figlia di sua sorella Maddalena, già vedova di un Marcucci di Batignano, il che dimostra come le famiglie fossero unite, specialmente nel momento del bisogno. Dal Censimento del 1841 a Montorsaio risultano residenti solo Gigli Giuseppe (anni 29), coniugato con Fortunata (anni 23) e il figlio Michelangelo di anni 2. Con loro abita anche Angela Viti (anni 57), vedova di Gigli Guglielmo, che quindi è morto prima di quella data. Anche Maria Mugnaini Gigli era deceduta il 30 ottobre 1822 a Castiglioni della Pescaia, dove era residente e faceva la sarta. Nessun cenno del ramo facente capo a Gigli Flaminio. Ho trovato notizia di un Gigli Flaminio morto a Montorsaio nel 1815 che forse potrebbe essere il mio antenato 54 .

Gigli Guglielmo (1776/1822) è, quindi, l’unico figlio maschio di Innocenzio e Giovanna Fondelli e si sposa con Angiola Viti (nata nel 1784), di Tommaso Viti di Siena. Guglielmo e Angiola hanno tanti figli con cadenza quasi annuale; alcuni muoiono bambini, altre sono femmine che si sposano e perdono il cognome paterno; uno si fa prete e tre continuano la storia della famiglia. - Innocenzio Domenico Ascanio Raffaello Napoleone nasce giovedì 26 gennaio 1809 alle 5 del mattino, ed è quello che poi troviamo Auditore del Tribunale di Firenze. Cosimo, di Luigi Benocci, suo zio, e Bernardino, del fu Bartolomeo Marcucci, sono i testimoni di questo lieto evento. - Erminia Giovanna Maria nasce il 13 novembre 1810, testimoni in parrocchia sono Flaminio e Giuseppe Gigli, di Andrea. - Giuseppa nasce e muore nel 1810. - Giuseppe Giulio Raffaello, nato il 29 dicembre 1813 e morto il 30 settembre 1889, è sepolto a Paganico. Guglielmo firma nello Stato Civile la dichiarazione di nascita di questo figlio in forma scorretta, Gulemo Gilli, quindi sa appena scrivere il proprio cognome, o forse lo usa nella forma più antica. A lui, dell’eredità paterna, era toccata una casa posta in Via del Corso 18. - Ascanio Evaristo, nato il 13 maggio 1815 alle sei del mattino e morto il 9 ottobre 1816.

54 In Appendice A al presente volume è riportato il Censimento di Montorsaio del 1841 (ASF).

- Ascanio, di nuovo, nato il 26 agosto 1817, alle ore 5 della sera, e morto nel 1909, divenuto Canonico del Duomo di Grosseto. Nel 1838 è testimone di alcune nozze ed è già chiamato chierico. - Angiolo, nato e morto nel 1817, a cui era stata imposto il nome del nonno materno. - Giulia, nata nel 1819, che il 30 aprile 1838 sposa Giuseppe Antonio Cappelli, definito bracciante povero di anni 21, di Antonio Giuseppe e Luisa Benocci, fu Luigi. Testimone di queste nozze è il dottor Mariano Costa, dal 1830 medico condotto di Montorsaio. A Giulia, citata come bottegaia, e Giuseppe nasce, nel febbraio 1839, Elvira Ermelinda Silvia, che probabilmente non sopravvive. Nel 1840, nasce infatti un’altra Elvira, che muore ad ottobre all’età di 9 mesi. Nel luglio 1842 viene alla luce Giuseppe Luigi Arrigo 55 , nel 1844 Giuseppe Ferdinando, e nel 1847 Sergio Rinaldo Cristofano.

55 Enrico Cappelli, come si faceva chiamare Giuseppe Luigi Arrigo, morì il 1 febbraio 1902, nella sua abitazione di Via Vinzaglio n. 3 a Grosseto, per anemia cerebrale. La necrologia apparsa sul settimanale Etruria nuova, scritta dal direttore Giuseppe Benci, in tale occasione recita così. “I nostri voti non dovevano purtroppo essere esauditi e all’ultim’ora apprendiamo che il nostro collega Enrico Cappelli, Direttore del giornale Ombrone, ha cessato di vivere per anemia cerebrale. Da molti anni ricopriva quell’ufficio e del giornale, di cui era anche proprietario, aveva fatto la sua cosa diletta. Non fu certo una tempra di lottatore per le idee che francamente professava, ma non può dirsi che in più occasioni abbia reso utili servigi al suo partito. Mai però nelle questioni che lo appassionarono portò la nota acre dell’odio e dell’ira. Fece utilissime ricerche storiche sulla nostra Provincia e per più anni ricoprì la carica di Giudice conciliatore. Modesto non cercò mai né cariche né onori e visse amando intensamente la famiglia e il lavoro. Noi che da avversari leali sapemmo sempre apprezzare la sua lealtà d’ animo e il suo carattere mitissimo ci sentiamo commossi dinanzi alla sua salma alla quale mandiamo il nostro mesto saluto con le condoglianze sincere alla famiglia ”. Enrico Cappelli, emigrato a Grosseto nel 1855, sposò Valeria Violetti, nome vero Beneria dell’ospedale, nata nel 1843, e da lei ebbe diversi figli: Antonio, nato e morto nel 1865; Giulia nata a Grosseto nel 1866, Antonio, nato nell’ottobre 1868, e Isolina. Egli abitava dapprima in Via Varese n.2; nel 1898, riceveva dal Comune di Grosseto lire 100.00 come assegno annuo per spese per l’Osservatorio meteorologico e pagava lire 401.50 per fitto di tre botteghe ed uno stanzino nel Palazzo del tribunale, dal 1 gennaio al 1 luglio 55 . Aveva studiato presso il Seminario di Grosseto, infatti nelle Liste della leva dei giovani nati nel 1842, nel Comune di Grosseto, appare il suo nome e la condizione di Chierico della cattedrale e suo padre viene definito guardia comunale, residente a Grosseto. Il giovane Enrico comincia ben presto a scrivere su l’Ombrone, in cui la sua firma appare dal 1872, quando il Direttore responsabile del periodico era Giuseppe Barbarulli, che era anche proprietario della tipografia dove avveniva la stampa, situata sempre in via Vinzaglio.

Nell’agosto 1849 Giulia partorisce anche Claudio Augusto Giuseppe, che però muore due anni più tardi, nel 1851. Egidio e Giuditta Bolognini sono testimoni del battesimo di Claudio, dimostrando ancora una volta i legami parentali e di amicizia tra le famiglie di Montorsaio. Anche Dante Cappelli è un altro figlio di Giulia e Giuseppe Antonio, nato probabilmente nel 1844; egli sposa Maria Cugini, continuando la tradizione dell’unione tra un ristretto numero di famiglie, e muore a 53 anni, nel 1897. Giulia Gigli muore nel 1852 a 32 anni. - Guglielmo, del 28 agosto 1822, la cui data di nascita è dedotta dai registri parrocchiali della chiesa di Santa Maria de Ricci a Firenze. Guglielmo Gigli e Angiola fanno studiare i loro figli maschi; ad esempio il secondo Ascanio frequentò il seminario Arcivescovile di Siena 56 e divenne sacerdote; dal 1889 al 30 settembre 1890 fu curato di Montorsaio, e nel 1885 era già Monsignore vicario della città e diocesi di Grosseto. In una Relazione del Granduca su un viaggio in Maremma nel 1787 si legge che a Grosseto “ non vi è seminario e solo vi sono 2 posti in quello di Siena per chierici della diocesi, si sta male a curati, nessuno fa nulla e i preti sono tutti ignoranti (pag. 525) ”.Forse uno di quei due posti in seminario fu utilizzato da Ascanio Gigli. Nel 1841, a 24 anni, Ascanio svolgeva la funzione di Segretario del Vescovo di Grosseto, monsignor Mensini, che apprezzò sempre la sua correttezza e la sua coerenza, anche contraria ai tempi. Infatti quando, dopo i fatti del 14 marzo 1849, con l’allontanamento dei Lorena e le nuove istanze rivoluzionarie, Ascanio rimase fedele a Leopoldo II e in città ci furono disordini molto forti, tanto che “ una truppa di forsennati si portò al Palazzo vescovile e con clamori chiese l’allontanamento di due canonici leopoldini, Serafini e Gigli, Monsignor Mensini in nome della giustizia energicamente rispose: Non cedo alla canaglia !” Erano anni intensi, in cui anche i chierici prendevano posizione a favore dell’una o dell’altra parte in lotta ed Ascanio era rimasto legato ai Lorena, e, soprattutto, a Pio IX 57 . Dal 1 febbraio 1876 Ascanio Gigli, in qualità di Vicario Capitolare, prese la direzione della Diocesi di Grosseto fino

56 AVG, Visite pastorali; 57 A. Cappelli, Grosseto nella prima guerra.

al 3 aprile dello stesso anno, quando vi fu traslato Monsignor Gio.batta Blasini 58 . Ascanio amò la chiesa, a cui per testamento, fatto il 28 novembre 1908 e consegnato al notaio Gualtiero Ugazzi, con studio in Grosseto in via Goldoni 7, lasciò un palazzetto posto tra il Duomo e l’attuale Palazzo comunale, ma amò anche la sua famiglia, che ricorda puntualmente nelle sue ultime volontà. A me e a mio cugino Arrigo, quando eravamo bambini, i nonni dicevano che aveva lasciato pagata la retta nel seminario di Collesalvetti per istruire un prete o una monaca, tra i suoi successori. Nessuno, per ora, ha raccolto questo suo invito. Negli anni tra il 1868 e il 1870 Ascanio Gigli era proprietario di una casa con chiostra situata a Montorsaio, in Vicolo delle Mura 29, probabilmente quella in cui oggi abita ancora l’ultimo Ascanio Gigli, e di una casa con stalla situata in Via del Poggio, frutto della divisione dei beni paterni avvenuta nel 1842 59 . Monsignor Ascanio Gigli morì alle 9,15 del 13 febbraio 1909 nella sua abitazione posta in Piazzetta del Campanile 2 a Grosseto, in quello stesso palazzo che aveva donato al Capitolo del Duomo, e che, dalla prima guerra mondiale fino al 1935, ospitò anche il Seminario Vescovile di Grosseto 60 . Ascanio godeva del canonicato di S. Maria Addolorata detto del Crespi, per la cui amministrazione aveva dato come cauzione lire 2.604,56 a favore dell’Economato dei Benefizi Vacanti, ipotecando alcuni fondi di sua proprietà posti in Montorsaio. Il canonico Antonio Cappelli era titolare dell’altra prebenda del Crespi, detta di S. Giuseppe, e de iure avrebbe dovuto succedere allo zio Ascanio. Nel novembre 1908, quindi, il canonico Gigli “ trovandosi nella tarda età di oltre 90 anni, riuscendo disagevole occuparsi dell’amministrazione dell’ufficio canonicale di cui è investito e quindi richiede l’aiuto e la coadiuvazione del collega e nipote Cappelli canonico Antonio il quale gliela prestò e continua a prestarla intelligente e disinteressata, a ricompensare il suo odierno volontario coadiutore e futuro successore nell’amministrazione dei servigi che a lui ha prestati e presta, è venuto in animo di donargli una somma di denaro, pagabile però dopo la sua morte, e da allora eventualmente fruttifera,

58 F. Anichini , Storia ecclesiastica della Città e Diocesi di Grosseto , vol. I; 59 ASG, Antico Catasto , sezione Campagnatico, foglio Q, particelle 120/437/454; 60 V. Burattini, Seminario, seminaristi, pag.31.

corrispondente appunto al capitale richiesto per la cauzione dell’amministrazione del canonicato Crespi, onde il prof. Cappelli, quando sarà succeduto al canonico Gigli potrà impegnare tale somma appunto a questo oggetto ”61 . Queste notizie sono contenute in un documento stilato dal notaio Gualtiero Ugazzi in casa Gigli a Grosseto, di fronte a due testimoni, pochi mesi prima della morte di monsignor Ascanio, che dona al Cappelli la somma di lire 2.604,56 centesimi, che, viene specificato due volte, “ dovrà essere pagata al prof. Cappelli solo dopo la morte del canonico dagli eredi di questo ”. Il documento non fu sottoscritto da Ascanio Gigli per tremito senile, data la sua veneranda età. Ascanio aveva fatto restaurare, con una spesa approssimativa di lire 800, anche l’armadio del XVI secolo, in legno scolpito, probabilmente su disegno del celebre Antonio da San Gallo, posto attualmente nella sacrestia della chiesa di Montorsaio, che proveniva dal convento di Santa Croce dei Padri Agostiniani Scalzi di Batignano, soppresso definitivamente nel 1810 62 .

61 Cappelli canonico professor Antonio, discendeva da Giuseppe Cappelli e Giulia Gigli, sorella di monsignor Ascanio. Era nato a Grosseto il 22 ottobre 1868 da Valeria Violetti (1843/1901) ed Enrico Cappelli (1842/1902) che dal 1877 era stato direttore, e poco più tardi anche editore e proprietario, de L’Ombrone, periodico della Provincia di Grosseto. Antonio Cappelli fu un giovane colto, promotore di cultura nella sonnolenta Grosseto. L’8 febbraio 1891, quale presidente dell’Accademia Gonzaga, istituita al fine di svolgere atti di pietà e di studio, per festeggiare il giovedì grasso, o Berlingaccio, organizzò una festa letteraria in cui suonò diverse graziose polke (Ombrone 1891). Si laureò in Teologia e in Lettere a Roma, fu ordinato sacerdote nel 1895 e nel 1900 fu nominato Canonico della Cattedrale di Grosseto. Nel 1923 assunse la carica di direttore della Biblioteca Chelliana e del Museo Civico; nel 1924 fu presidente della Società filarmonica grossetana e consigliere nel primo Consiglio direttivo della Società Storica Maremmana, di cui fu Presidente dal 1927. Dal 1928 si applicò con grande impegno, anche economico in prima persona, all’apertura del Museo Diocesano che fu inaugurato il 9 agosto 1933. Nel 1934 ricevette il Cavalierato della Corona d’Italia e nel 1936 fu nominato Cavaliere Ufficiale. Successivamente gli fu conferita anche la nomina a Cameriere Segreto Soprannumerario di Sua Santità, con il relativo titolo di Monsignore. Morì il 28 luglio 1939 e fu accompagnato al cimitero della Misericordia da tutte le autorità cittadine e da una grande folla (M. Grazia Celuzza, Il canonico Antonio Cappelli, in La cattedrale di S. Lorenzo a Grosseto , a cura di don Vittorio Burattini, Grosseto 1996, pag. 105 e seg.). Le sue ossa riposano nel colombaro n. 97 della Cappella di San Francesco nel suddetto cimitero. 62 Gli Agostiniani rimasero a Batignano fino al 1782, nonostante la soppressione avvenuta nel 1779, e furono sostituiti, con un provvedimento del granduca Pietro Leopoldo, dai Frati Minori Osservanti i quali, con una piccola famiglia religiosa, vi abitarono fino alla soppressione napoleonica.

Anche Guglielmo Gigli, fratello di monsignor Ascanio, studia, diventa computista e prende la via di Firenze. Innocenzio è quello che fa la carriera più importante. Una cosa da sottolineare è l’importanza che i Gigli attribuivano alla cultura: in ogni generazione ci sono ragazzi che studiano, conseguono lauree e diplomi e fanno brillanti carriere, ma anche coloro che rimangono legati alla terra sanno almeno leggere e scrivere. Nel 1800 due fratelli Gigli sono documentati a Firenze: Guglielmo di Guglielmo e Innocenzio di Guglielmo. Guglielmo Gigli scrive al Barone Bettino Ricasoli 63 dalla Chiesa de Ricci, in Via del Corso al n. 654, il 15 Ottobre 1856, e dice di averlo visto alla Camera del Comune di Firenze, dove il Gigli è impiegato. Via del Corso, nel quartiere di San Giovanni, a Firenze, apparteneva alla parrocchia di S. Margherita de Ricci; dai miei calcoli, il vecchio numero 654 di Via del Corso avrebbe dovuto trovarsi nell’area situata tra gli attuali numeri da 1 a 13 e da 2 a 12; quindi la casa di Guglielmo doveva trovarsi vicinissima alla chiesa. Nella lettera si parla di un’altra missiva acclusa, nella quale Guglielmo indica al Barone il nome di una persona a cui rivolgersi per risolvere una questione, ma tale lettera non è nel carteggio e non se ne capisce il contenuto. La lettera da me esaminata è scritta su carta Bath, sigillata con ceralacca rossa e stemma dei Gigli, un giglio rosso su sfondo bianco sormontato da un elmo cavalleresco, con ai lati le iniziali G.G. (Guglielmo Gigli). Guglielmo era amministratore del patrimonio del signor Cesare Sadun, come si vede da una sua richiesta del 30 dicembre 1859 fatta al Comune di Firenze 64 in cui chiede al Gonfaloniere il permesso di aprire una porta in un palazzo posto tra Via delle Oche n. 792 e Piazza del Giglio. Il 2 ottobre 1860 allo stesso Gonfaloniere, Guglielmo fa la richiesta di aprire una feritoia per dare luce alla cantina dello stesso palazzo 65 ; entrambe le richieste sono accettate. Guglielmo il 14 marzo 1859 consegna al notaio Antonio del fu Iacopo Maciani (notaio in Firenze, via de Pandolfini n. 479) un plico sigillato con ceralacca rossa e sigillo con l’arme di sua famiglia, contenente un testamento olografo che io stessa ho aperto per la prima volta (Ottobre 2004)

63 ASF, Cassetta 23, lettera 26 ; 64 ASCF, Delibere dal 1859 al 1877; 65 ASCF, idem .

con grande emozione, davanti a questa piccola busta ingiallita. Il testamento così recita: “L’anno 18cinquantanove e questo dì quattordici Marzo in Firenze. Determinatomi io sottoscritto Guglielmo Gigli del fu altro Guglielmo Gigli di condizione computista e possidente domiciliato in Firenze di disporre delle mie sostanze e beni per dopo la mia morte nel modo dalle veglianti leggi permesso, ho fatto il seguente testamento olografo. Prima di tutto raccomando l’anima mia all’Onnipotente Iddio che mi assista nel punto estremo della mia morte. Lascio mia erede universale di tutte le mie sostanze e beni la mia diletta moglie Maddalena Montomoli nei Gigli, ed alla sua esperimentata onestà, discrezione e capacità intendo di rimettermi sia per i suffragi da farmisi quando sarò decesso, quanto ancora per elargire un riconoscimento ai miei più stretti parenti, che si troveranno in vita dopo la mia morte, sia in denari o in oggetti, ben inteso però che ciò sia sempre dietro libera volontà ed a piacimento della rammentata mia Erede e non altrimenti. Fatto il presente e scritto per intero di mia mano questo suddetto dì quattordici Marzo Milleottocentocinquantanove in Firenze e precisamente nella casa di mia proprietà ed abitazione posta in via del Corso al Numero 654 e sigillato con ceralacca rossa e sigillo esprimente un Giglio e le iniziali del mio Nome e Cognome. Io Guglielmo Gigli M.P.

Consegnato nella Cancelleria del Vescovato di Fiesole posta nella piazzetta presso la Chiesa di Santa Maria in Campo nella via detta de’ Balestrieri davanti a due testimoni: Giuseppe di Anacleto Bronzuoli e Vincenzio del fu Andrea Bagnoli, impiegati e domiciliati in Firenze. ” Giuseppe di Anacleto Bronzuoli era un fratello della Misericordia dal 1847 e nel periodo tra il 1898 ed il 1899 ne fu il Provveditore; doveva essere amico di Guglielmo e forse erano colleghi perché il Bronzuoli è detto Cancelliere. Egli riposa nella cappella di famiglia nel cimitero della Misericordia a Soffiano. Guglielmo Gigli paga al notaio la tassa di lire 3 e soldi 10 “dovuta all’Opera di S. Maria del Fiore ” di questa città per la validità dell’atto. Dal testamento sembra non avere avuto figli.

Ho chiesto al parroco della Chiesa de Ricci, don Roberto Tassi, di vedere i registri parrocchiali. Da tali registri Guglielmo risulta presente in parrocchia nel 1863, ma non appare più nel 1864. La sua famiglia è composta da Gigli Guglielmo fu Guglielmo di anni 36, Montomoli Maddalena, moglie, di anni 31, Sestini Maria, vedova Montomoli, di anni 65, madre di Maddalena, e da Berti Rosa, figlia di Lorenzo, di anni 18, domestica. Quindi Guglielmo sarebbe nato nel 1827 e Maddalena nel 1832, ma dallo Stato Civile di Toscana non risulta un Guglielmo nato nel 1827 mentre ce ne è uno nato alle ore 6 del 28 Aprile 1822 da Guglielmo, possidente, ed Angela Viti, atta a casa, battezzato il 28 Aprile a Montorsaio con Angelo Viti come compare, nella parrocchia di San Cerbone. E’ la stessa persona? Probabilmente sì, specie in considerazione di quanto indicato dagli elenchi della Misericordia di Firenze, da cui risulta che Guglielmo Gigli fu sepolto nel Cimitero dei Pinti (quadrante E n. 2) essendo morto l’8 dicembre 1879 in via degli Alfani n. 2 di versamento pleuritico e nato nel 1822, poichè dicono che ha 58 anni. Siamo andati a vedere, con grande emozione, la casa posta in via degli Alfani n. 2. E’ una costruzione a due piani, modesta ma dignitosa. Anche Gigli cav. Innocenzio (1809/18 dicembre 1869), dai registri della Misericordia di Firenze, risulta sepolto nel Cimitero dei Pinti, con tomba definita distinta, di anni 60, di qualifica aggregato, morto in Borgo Santa Croce n. 6. Il Sig. Ottanelli è il custode del Cimitero, chiuso perché pericolante. Il giorno 16 dicembre 2004, mio marito Guido ed io siamo andati a visitare tale Cimitero che ci è parso molto bello, monumentale con addirittura antichi carri funebri. Peccato che sia quasi impraticabile. Non abbiamo trovato la lapide di Innocenzio, ma quella di Guglielmo Gigli, “ giornante attivo del giovedì per la Misericordia di Firenze, morto l’8 Dicembre 1879 ”. Il Cimitero dei Pinti era solo maschile per gli iscritti alla Misericordia, quindi non ci sono le mogli che devono essere, forse, a Trespiano. Nella chiesa di San Cerbone a Montorsaio, a sinistra entrando, c’è una lapide posta dai fratelli Guglielmo e Ascanio che ricordano amorevolmente il fratello Innocenzio. Nell’Ombrone del settembre 1872 è riportato un curioso e anonimo appello, che recita così: “Si rammenta al canonico Ascanio Gigli di fare apporre nella chiesa di Montorsajo un

marmo, che ricordi la memoria di suo fratello Avv. Cav. Innocenzo, giureconsulto profondo, consigliere della Corte d’Appello di Lucca, lustro e decoro della magistratura toscana, tolto ai vivi il 19 Dicembre 1869 in Firenze. Le poche lire erogate per questo santo scopo, crediamo essere più giustificate, di quelle elargite per il famoso obolo di S.Pietro. Intelligenti pauca ”. Altre notizie su Innocenzio ci sono state fornite da una necrologia scritta nel 1870 da un suo amico e collega, Luigi Sanminiatelli di Firenze. Innocenzio studiò a Siena nell’illustre Collegio Tolomei, dove certamente gli furono vicini gli zii Viti. Nel Censimento del 1841, a Siena, nella parrocchia di San Quirico e Giuditta, compare un nucleo familiare composto da “ Viti Angelo, di 62 anni, benestante sposato con Caterina, di anni 52, cieca, e Neri Assunta, di anni 25, serva e vedova ”, come vengono descritti gli zii di Innocenzio. Egli, grazie alle borse di studio Mancini e Biringucci, grande esempio di munificenza dei senesi 66 , entrò alla facoltà di Giurisprudenza di quella città e si laureò nel 1829. Dopo quattro anni di pratica a Firenze nello studio dell’avvocato Gaspero Capei si “ avvocatò ” nel 1833 e fino al 1838 esercitò l’avvocatura presso lo stesso illustre studio legale, che nel 1859 ancora si trovava in piazza Santa Croce al numero 7909. Nominato nel 1838 Auditore di prima istanza al tribunale di San Miniato, passò poi a Siena con lo stesso grado. Fu quindi Presidente del tribunale di Arezzo e dal 1844 Auditore a quello di Firenze per diversi anni. Nel 1853 fu promosso alla Magistratura superiore col grado di Consigliere alla Corte di Appello di Lucca. Nel 1856 passò nel Pubblico Ministero, in quella medesima corte come Avvocato generale e poi, con Decreto del 5 novembre 1859, fu elevato a Reale Procuratore generale. Nel 1860, fu chiamato a Torino a rappresentare la Toscana nella Commissione che avrebbe dovuto rivedere il Codice civile sardo per estenderlo alle nuove province e renderlo italiano. Nello stesso anno gli furono conferite le insegne di Cavaliere e salì al grado di Ufficiale nell’Ordine Mauriziano, ma non fu più chiamato in Commissione e nel 1862 si vide nominato Consigliere alla Cassazione di Firenze e poi di quella di

66 L’alunnato Biringucci prevedeva 6 posti, nominati dalla Compagnia della Madonna sotto lo Spedale, e quello Mancini era stato istituito, per 2 allievi, da Monsignor Vescovo Giuseppe Mancini (G. Gigli, Diario senese , pag. 25 Appendice).

Palermo. Dice il Sanminiatelli “ Egli ne rimase dolentissimo…e quando si vide traslocato alla Corte di Cassazione di Palermo, fu un colpo mortale per lui e di carattere iroso com’era, dopo 27 anni di servizio domandò il riposo ”. Scrisse un Diario politico dei fatti del 1848 e 1849, con linguaggio schietto e fiero contro gli Austriaci. Fu collocato a riposo nel gennaio 1866 e mantenne sempre una grande stima tra i suoi colleghi, come dimostra il fatto che, costituitasi nel 1869 una Società di mutuo soccorso fra gli avvocati e i procuratori delle province toscane, l’assemblea generale di detta società lo nominò direttore. “La natura non gli era stata prodiga di doti esteriori, ma egli colla gravità e col decoro del portamento adempiva il difetto. Dispiacque ad alcuni per la ruvidezza che qualche volta ne accompagnava i modi, ma chi lo conobbe intimamente assicura che ciò non andava al di là della prima corteccia. Morì colla calma di un filosofo e colla serenità di un uomo dabbene ” ricorda sempre il Sanminiatelli 67 . Nel certificato di morte si legge che Innocenzio, già Consigliere della Regia Corte di Cassazione, attualmente pensionato regio, era coniugato con Amalia Cappelli di anni 55 (1814/1889), possidente, e che è morto alle 4 e 20 del pomeriggio del 18 dicembre 1869 nella casa posta in Borgo Santa Croce n. 6, senza addurre il motivo della morte. Il Sanminiatelli spiega che fu “ rapito ai vivi da violenta febbre miliarica ” cioè da tubercolosi, come spesso avveniva a quel tempo. Sono anche andata a vedere il palazzo in cui sarebbe morto: è una costruzione del 1500 o 1600, ben tenuta e dignitosa. La via sarebbe stata sotto la parrocchia di San Giuseppe che ho visitato chiedendo a don Carlo, parroco anche di sant’Ambrogio, di consultare i registri parrocchiali. Ho parlato anche con don Foresto Niccolai, archivista della Misericordia di Firenze, che mi ha confermato quello che sapevo su Innocenzio senza aggiungere nulla ma facendomi dono di tre sue pubblicazione sulla storia di Firenze. Cappelli Amalia 68 , possidente, risulta nata a Firenze nel 1814, da Gianfranco (Giovan Francesco), e sposa Innocenzio Gigli il 3 febbraio 1839 nella parrocchia di Santa Lucia de Magnoli, mentre Innocenzio apparteneva al Popolo di Santo Stefano, comunità di San Miniato.

67 L. Sanminiatelli, Innocenzio Gigli, pagg. 15-17; 68 L’anno seguente, 1840, si sposa un’altra Cappelli, Anna, ugualmente figlia di Gianfranco.

Testimoni delle nozze furono l’eccellentissimo signor Giuseppe Mazzuoli e l’eccellentissimo dottor Antonio del fu Giuliano Spighi, forse colleghi di Innocenzio. Ho fatto una ricerca al cimitero di Trespiano dove ho trovato la sepoltura di Amalia Cappelli, fu Francesco, morta a 75 anni il 14 settembre 1889 in Corso dei Tintori n. 10. Ho visto la lapide in terra in una zona distinta (sezione F cella 403), molto incrostata su cui si legge male, ma si distingue la parola madre. Di Amalia ed Innocenzio ho rintracciato un figlio, Gigli Arrigo Filippo Angiolo, che nasce il 12 giugno 1846 nella parrocchia di Sant’Ambrogio ed è battezzato il giorno successivo nel Battistero di Firenze, con l’illustrissimo signor Roberto Bertacchi, uditore a Pisa, e Guglielmo Gigli, suo zio, come testimoni. E’ bello vedere come fossero mantenuti stretti i rapporti parentali, anche dopo che Innocenzio e Guglielmo si erano allontanati dalla nativa Montorsaio. I genitori saranno stati giustamente orgogliosi di questi figli! E’ anche interessante ricordare che, a Firenze, fino al 1900, tutti i battesimi avvenivano in Battistero, ma erano anche riportati nei registri della parrocchia di appartenenza.

Arrigo Gigli nel 1891 era Sostituto Procuratore del Re presso il Tribunale civile e penale di Siena, cioè aveva seguito la carriera del padre, e sua sorella, la signorina Rosalia, è definita valentissima pittrice dal Sanminiatelli 69 . Alla Conservatoria dei registri immobiliari di Firenze risulta che Gigli Guglielmo fu Guglielmo, ragioniere, nel luglio 1870 ha venduto a Batacchi Luisa un appezzamento di terreno a Ponte a Sieve e non risulta altro movimento tra il 1863 e 1870, mentre niente risulta a Innocenzio, però, l’impiegato che ha cercato i documenti mi ha detto che aveva non immobili, ma “ solo crediti ”. “ Cosa vuol dire?” , ho chiesto io , “Che tutti gli dovevano del denaro ”, ha risposto lui in maniera molto generica. Dal Catasto del 1834 (Possessori della Toscana) risulta che Innocenzio e fratelli, eredi di Guglielmo, possedevano a Campagnatico 656,73 braccia quadre di terreni per una rendita di lire 808,98. Ogni braccio quadro equivale a 0,34 metri quadri circa, quindi sarebbero circa 220 ettari odierni. Molto dettagliata è la descrizione delle particelle appartenenti ai figli di Innocenzio Gigli, di cui si sottolineano anche le specie delle culture: olivi, viti, pasture, pasture con sterpi, lavorativo nudo, lecceto, castagneto, scopeto e case, con chiostra, con orto o casa rurale. Nel territorio di Paganico i Gigli possedevano anche un mulino da grano, come abbiamo specificato nell’introduzione, oltre a varie pasture. Anche di Giuseppe Gigli, altro figlio di Guglielmo e Angiola, sappiamo molte cose. Giuseppe Gigli, dal 1881 al 1888, era Ufficiale di Stato Civile delegato dal Sindaco di Campagnatico a svolgere le funzioni pubbliche in casa propria. Così come, prima di lui, lo era stato Michele Corti (dal 1866 al 1874), e dopo di lui sarà Raffaello Benocci, dal 21 febbraio 1888, tutti elettori e possidenti, come prevedeva già la legislazione leopoldina. Giuseppe prende nota delle nascite, delle morti e dei matrimoni; sembra un uomo pratico e sbrigativo tanto che a volte omette il nome della via nel registro dell’anagrafe. Anche della propria casa dice solo “ posta in Montorsaio ”, forse in via del Corso 18. E’ pervenuto fino ad Adriana Gigli un timbro recante le iniziali G.G., cioè Giuseppe Gigli, con cui lui sigillava i documenti che era tenuto a compilare, come Ufficiale di Stato Civile.

69 L. Sanminiatelli, ibidem .

Nella sua attività, spesso usa come testimoni i propri figli Flaminio e Baldovino. Ad esempio, il 30 settembre 1868, Baldovino, di 26 anni, testimonia di aver trovato morto per due colpi di fucile , in luogo detto la Spianata dei monti, a Montorsaio, tale Luca Salario, di anni 42, bracciante, detenuto evaso dal forte di Monte Filippo ad Orbetello, nato e domiciliato a Ittiri, in provincia di Sassari. Ed ancora Baldovino è testimone per l’atto di morte della nipotina Fortunata Gigli nel 1870. Giuseppe Gigli fu, diverse volte, Presidente della Commissione per le feste in onore del patrono S. Cerbone, del cui impegno fu pubblicamente ringraziato 70 . Giuseppe sposa Fortunata Maria Antonia Giovannini, definita alcune volte “ povera donna di casa ” ed altre stiratrice, del fu Michelangelo e Caterina Faccendi, nel gennaio 1837, quando lei aveva 19 anni. Nel Censimento del 1841 risulta che Giuseppe aveva in casa propria anche la madre, Angela Viti, tutrice e proprietaria di case, già vedova di Guglielmo. Fortunata Giovannini nei Gigli morirà a soli 43 anni, il 23 febbraio 1861, e Giuseppe Gigli dovette essere distrutto dal dolore per la perdita della giovane moglie, perché è uno dei pochi vedovi che non si risposa. Gli anni del loro matrimonio furono allietati da numerosi figli: Michelangelo, Lia, Baldovino, Flaminio, Bartolomeo, Artemisia e Argia, Giuseppe, Innocenzio, Fortunata, Adeodato. Nel 1868/1870 Gigli Michelangelo, Balduino, Flaminio e Alberto sono possessori di una casa situata in Via del Moro 41, composta di due piani e quattro vani, mentre nello stesso periodo Lia Gigli, sposata Bacci, è proprietaria di un fabbricato di quattro piani e 16 vani collocato in Piazza della Cisterna 52, dove operava anche una rivendita di Sali e Tabacchi 71 . Tra i vari figli di Giuseppe e Fortunata Gigli, si annoverano: - Carlo, che nasce nel luglio 1840 e muore tre mesi dopo, a settembre; - Adeodato, che nasce e muore nell’agosto 1842; - Michelangelo Stefano Galgano, che nasce nel 1839 e il 21 novembre 1859 sposa Sulspizia Nati, di 19 anni, figlia di Giovambattista e Degnamerita Guerri. Il loro secondogenito, Noè Luigi Pietro, nasce nell’ottobre 1860 ed ha come

70 BCCG, L’Ombrone , 18 ottobre 1874; 71 ASG, Antico Catasto , Comunità di Campagnatico, sez. Q, particelle 199/200/201.

compare di battesimo Mons. Ascanio Gigli, ma muore il 5 luglio 1861 a soli 9 mesi. Nello stesso anno, il 16 dicembre, nasce Innocenzio Artemio Giuseppe, e il 14 gennaio 1864 nasce un altro Giuseppe Artemio Giovanni. Anche la figlia Fortunata Ermelinda Irma, che ripeteva il nome della nonna, nasce il 27 gennaio 1870 in via della Porta 65 e muore dopo soli quattro giorni, il 1 febbraio 1870. Quasi un anno dopo anche Sulspizia muore, il 3 febbraio 1871, a 27 anni, in vicolo del Moro 40, quando ancora era viva sua madre, Degnamerita Guerri nei Nati, di Ferdinando e Gioconda Mariotti, che morirà a 67 anni il 19 agosto 1881. Michelangelo Gigli, dopo diversi anni di vedovanza, il 15 febbraio 1885, sposa Maria Clorinda Sodi, fu Alessandro, vedova Soldati, senza le pubblicazioni di rito per dispensa di Monsignor Ascanio, suo zio. A questo proposito c’è qualche cosa di strano: nei registri parrocchiali il matrimonio è del 1885, mentre in quelli di Stato Civile è del 21 giugno 1890. Inoltre, il 9 novembre 1885 Michelangelo denuncia la nascita di una figlia, Adelaide Lucrezia, di madre ignota, che sarà legittimata solo dopo il 1890, anno del matrimonio civile. Questa fanciulla sposerà il 27 gennaio 1908 Lorenzo Pallini, di Casal di Pari, e dal loro figlio Fosco nasceranno Edvige e Lorenzo. Clorinda Sodi Gigli muore il 15 gennaio 1928 a 83 anni. Ma torniamo ai figli di Giuseppe e Fortunata. - Carlo Flaminio Silvio nasce il 3 luglio 1840, come testimonia il chirurgo Mariano Costa. - Polissena Artemisia viene alla luce nel 1844. - Ildegonda Argia nasce nel 1846. - Isabella Caterina Ildegonda nasce nel gennaio 1847. - Artemisia nasce nel 1849 e muore nel 1915. - Giuditta nasce nel gennaio 1858 e muore tre giorni dopo. - Flaminio Giuseppe nasce nel gennaio 1852 e rimane celibe; muore il 6 agosto 1913. Da una pietra murata nella casa colonica del podere detto il Casalone, vicino Montorsaio, attualmente di proprietà di Marisa Gigli e del marito Aldi Furzi, sappiamo che fu ristrutturato proprio da Flaminio nel 1879. Tutte le terre intorno al Casalone appartengono (o appartenevano) ai Gigli, come si vede dal testamento di monsignor Ascanio. - Bartolomea Lia nasce nell’agosto 1849 ed ha per compari di battesimo Egidio e Giuditta Bolognini. Quando ha 26 anni, Lia sposa, il 3 febbraio 1876, Oreste Bacci, fu

Desiderio e Anna Bertoni, vedovo di Maddalena Neri 72 , originario di Massa Marittima, falegname di 31 anni. Dalla loro unione, il 31 maggio 1877, nasce, in via del Corso 10, Luigi, che si sposerà nel 1896 a Campagnatico con Rosa Baldini. Anna Assunta Fortunata è un’altra figlia di Lia e Oreste Bacci, nata nel 1880. La diletta Annina morì il 20 ottobre 1901, nonostante le sollecite cure prestate dal dottor Francesco Nisi 73 . Sappiamo che Lia rimase vedova di Oreste Bacci nel 1906, e sappiamo inoltre che possedeva a Montorsaio l’edificio che ospitava la Caserma dei Carabinieri, da cui percepiva un affitto, e che era contiguo alla rivendita di Sali e Tabacchi, posta in Piazza della Cisterna. Forse fa proprio riferimento a questo esercizio commerciale un articolo di cronaca, apparso sull’Ombrone del 1879, che lamenta un fallito tentativo di furto operato in Montorsaio contro la rivendita di privative 74 . Lia morì il 31 gennaio 1920, all’età di 71 anni.

72 Da Oreste Bacci e Margherita Neri, nel novembre 1875, in una casa posta nella campagna di Montorsaio al n.10, nasce “un bambino di sesso maschile, che non mi presenta e a cui non dà nome di sorte alcuna perché nato morto” ; come scrive Michele Corti a cui, come delegato di Stato Civile viene fatta la comunicazione. Probabilmente in seguito a questo parto muore anche Margherita, perché Oreste nel febbraio 1876 sposa Lia Gigli. Maddalena Neri, coniugata Bacci, doveva avere delle difficoltà a portare a termine le gravidanze, come dimostra un trafiletto rinvenuto nell’Ombrone dell’ottobre 1874: Montorsajo 10 ottobre 1874. Penetrato della più viva riconoscenza sento il dovere di rendere pubblici ringraziamenti agli eccellentissimi Signori Dottor Alfonso Ademollo di Grosseto, Dottor Bilisario Castellini di Campagnatico e Dottor Osvaldo Menichini Medico-condotto in questa borgata, per avere spesa ogni loro maestrevole cura ed assistenza di ostetricia alla mia consorte Maddalena nel 3 corrente in preda alle difficoltà del parto, al difficile secondamento e alla emorragia. Devo ancora ringraziare in modo speciale e distinto il prefato Dottor Ademollo, il quale benchè recatosi appositamente in Montorsajo volle che l’opera sua per me preziosissima in quella circostanza, fosse tutta gratuita e disinteressata. Ringrazio ancora tutta la popolazione della borgata, poiché in quel momento accorse in mia casa, prestandomi ogni aiuto e conforto. A titolo di gratitudine ho voluto che questo attestato di spontanea e doverosa riconoscenza fosse reso di pubblico diritto. Oreste Bacci. 73 BNF, L’Ombrone , 27 ottobre 1901; 74 BCCG, L’Ombrone, 18 maggio 1879: “Nella notte di domenica decorsa veniente il lunedì due astori sconosciuti scassinarono in Montorsaio il tugurio di un povero calzolaio e ne derubarono di quel po’ che ci aveva, la tentarono ancora alla già rivendita di privative, ma fecero fiasco perché la serratura essendo troppo consistente, vi ci restò dentro il grimaldello , allora veduto che il compendio furtivo era stato di molto scarso, rivolsero tutta l’attenzione sul pollaio del prete, credendo di trovarvi delle indie e si limitarono a sottrarvi una sola mamma di un gallo”.

Il 1876 fu un anno di matrimoni in casa di Giuseppe Gigli, perché, oltre a Lia, anche Argia (29 anni), il 30 novembre, si unisce a Vittorio Vittori, di Ferdinando e Marianna Monaci di Campagnatico, possidente di 34 anni. La coppia ebbe un figlio, Ferdinando Fortunato Amedeo, che morì il 17 marzo 1883 a 49 giorni. I Vittori, oltre ad essere possidenti in Campagnatico, talvolta nei registri dello Stato Civile sono definiti chirurghi. Argia, una volta vedova, seguì a Firenze la sorella Artemisia, poco più giovane di lei essendo nata nel 1849. Artemisia aveva sposato il dottor Luigi Bechi (Prato, marzo 1831 – Firenze, 6 aprile 1898), di Gaspero e Maria Frilli, Luigi Bechi, medico condotto a Batignano, era coniugato con Maria Taglioli, fu Vincenzo, originaria di . Alla morte di lei sposò Artemisia Gigli, con cui abiterà a Magliano fino al 1873, dove svolgeva funzione di medico condotto.Successivamente andarono a vivere a Firenze, dapprima in Via della Scala 43, primo piano; poi in Via Maggio 19, sempre al primo piano, e, infine, in Via Guicciardini 20, al secondo piano. Artemisia risulta emigrata a Pistoia l’11 giugno 1912. Artemisia e Luigi ebbero un figlio, Rodolfo Luigi Bechi, nato a Batignano il 18 giugno 1870 e morto a Firenze il 1 gennaio 1899. Rodolfo fu Brigadiere di Finanza prima a Roma e poi a Firenze. Il 4 dicembre 1882 Artemisia e Luigi Bechi ebbero un altro figlio, Tullio Aldo Giuseppe Guglielmo, della parrocchia di Santa Lucia del Prato a Firenze. Battezzato il 10 dicembre 1882 nel “ bel San Giovanni ”75 , alla presenza di Baldovino Gigli. Tullio Bechi fece il correttore di bozze di stampa e poi l’impiegato comunale. Morì a Firenze di tubercolosi polmonare il 25 aprile 1917 e fu seppellito nel cimitero di Trespiano solo nel 1927 (Cella 279 sez. 7° bis sud). Ho visitato a Trespiano la sua tomba, speravo che ci fosse una foto per vedere almeno uno dei nostri antenati di Firenze, ma la lapide non riporta né immagini né iscrizioni. Forse c’era una croce sopra che, però, è andata dispersa. Peccato. Non ho invece trovato la tomba di Artemisia Gigli, vedova Bechi, morta il 28 agosto 1915 all’età di 66 anni, che pur mi hanno detto essere a Trespiano (435 valle quadrato R). Le sue spoglie riposano ora in un ossario senza nome. Artemisia, anche se erede, non presenzia alla lettura del testamento di Monsignor Ascanio Gigli (detto in famiglia il

75 Dante Alighieri, Divina Commedia , Inferno, XIX, v.17.

prete Gigli) e si fa rappresentare da Luigi Bacci, figlio di Lia Gigli e del defunto Oreste Bacci. - Baldovino Gigli, altro figlio di Giuseppe e Fortunata, era nato nel 1842; era molto legato alla famiglia di Alfredo Weible ed Anna Gauci 76 , della quale aveva sposato la sorella Albina. Fu testimone alle loro nozze ed alla nascita dei loro figli, anche perché i Weible, possidenti e commercianti, abitavano vicino ai Gigli, in via del Corso 8 a Montorsaio. Nel 1893 Baldovino Gigli è testimone delle nozze tra Ernesta Weible (19 anni) e Giovanni Vincenzo Nisi. Baldovino Gigli fu Notaio regio ad dal 1874; nel 1877 era già rientrato a Grosseto ed aveva lo studio nella Strada Nuova al numero 8 e, tra il 1903 e il 1906, praticò la stessa professione in Piazzetta del Campanile n.2, in un appartamento di proprietà dello zio Ascanio. Egli morì a Livorno, nel febbraio 1907, in Via Vittorio Emanuele 68, come testimonia Ferdinando Weible, di 26 anni, impiegato e domiciliato in quella città, presso il quale, evidentemente, Baldovino ed Albina si erano recati. Albina Gauci era figlia di Matteo, domiciliato anche lui a Livorno, ed era nata nel 1842, mentre il fratello Diomede era nato nel 1846. Albina Gauci nei Gigli risulta iscritta alla Misericordia di Grosseto fino al 1888, poi, in una annotazione, è definita “ espatriata ”, probabilmente perché seguì il marito ad Arcidosso. I due sposi ebbero solo una figlia che morì ben presto e Albina riversò nelle opere di carità, specialmente a favore degli orfani, il proprio amore materno. - Luigi Alberto Gigli, altro figlio di Giuseppe e Fortunata Giovannini del fu Michelangelo, era nato nel luglio 1854 ed ebbe Giuditta Faccendi, vedova Bolognini, come commare di battesimo. Era iscritto permanente nelle lista di leva, essendo risultato abile alla visita militare. E’ il primo di cui abbiamo una foto nel cimitero di Montorsaio; era un uomo alto, abbastanza robusto con un bel paio di baffi, secondo la moda del tempo. Egli sposa Giuseppa Bonucci, di Primo 77 e Claudia Gianninoni, il 21 giugno 1888, senza solennità di nozze, con dispensa dello zio, Monsignor Ascanio, perché non era ancora trascorso il periodo di lutto dalla morte di Alessandro Bolognini (marzo 1887), primo marito di

76 Il 5 febbraio 1870 ad Alfredo Weible, di Valentino, ed ad Anna Gauci, fu Matteo, nacque Salvatore, che morì subito, ma il cui nome fu ripetuto il 23 dicembre dello stesso anno, in un altro figlio; 77 La famiglia Bonucci era residente a Roccastrada e Primo, nato nel 1837, era il penultimo figlio di Artemia, che nel 1841 è vedova con numerosi eredi, tutti definiti agricoltori non possidenti.

Giuseppa, che lei aveva sposato il 7 febbraio 1885. La donna, nata a Montemassi, aveva 27 anni e Alberto 34. La casa di via del Corso n.5 (attualmente al numero civico 5, ma nel 1887 al 2) apparteneva al Bolognini che la lascia alla figlia Gemma Filomena Umilita, nata nel 1886, che però muore, all’età di sei anni, l’8 febbraio 1893. L’abitazione rimane quindi alla vedova, Giuseppa Bolognini, la quale continua a viverci anche dopo il matrimonio con Alberto Gigli. I loro figli vengono dunque alla luce qui. Dapprima nasce Arrigo (1 maggio 1889), poi Fine (23 gennaio 1892) e dopo verranno Torquato (4 luglio 1894), Giuseppe (1900) e Guglielmo (1903). Anche di Giuseppa esiste una foto nel cimitero di Montorsaio: elegantemente vestita, adorna di gioielli, con una ricercata pettinatura che testimonia la sua condizione di possidente atta a casa. Giuseppa morì il 19 aprile 1930 a 68 anni ed è sepolta accanto al marito ed al figlio Arrigo, al quale fu dato lo stesso nome del cugino, figlio di Innocenzio, nato a Firenze nel 1846. Nel 1931, dopo la morte di Giuseppa Bonucci Bolognini Gigli la casa di Via del Corso passa in successione al marito Alberto. Nella primavera del 1891, alcuni giovani di Montorsaio si unirono per costituire una Società filarmonica, di cui facevano parte Enrico Cappelli, presidente; Pellegro Ferrari, cassiere; Luigi Benocci, segretario; e tra i consiglieri ricordiamo proprio Raffaello Benocci, Oreste Bacci, Francesco Saloni, Alfredo Straccali, Natale Ballerini, Tommaso Bolognini e, naturalmente, Alberto Gigli. Le riunioni del Consiglio erano quasi delle riunioni di famiglia! Nel giugno 1891, tra i contribuenti alla suddetta Società filarmonica di Montorsaio, figurano anche Arrigo Gigli avvocato, Ascanio Gigli canonico e Baldovino Gigli notaio, oltre a Francesco Saloni ed a Vittorio Vittori. Il testamento con cui Ascanio Gigli lascia la gran parte dei suoi beni al Capitolo del Duomo di Grosseto, forse, lascia i parenti un po’ sconcertati, tanto è vero che, nel marzo 1909, Alberto, in nome di tutti gli eredi di monsignor Ascanio, incarica il notaio Ugazzi di fare una valutazione della mobilia del testatario esistente nelle case di Grosseto e Montorsaio, la cui stima ammonta a lire 503,90 centesimi. Sappiamo così che l’appartamento posto al secondo piano del palazzotto di Piazzetta del Campanile era composto da “cucina, camera della serva, salotto da pranzo, salotto da ricevere, studio, camera attigua allo studio, salotto d’ingresso

e camera attigua all’ingresso ”, mentre a Montorsaio Ascanio disponeva solo di due camere e di un salottino.

Arrigo (1889/1962), figlio di Alberto Gigli e Giuseppa, era mio nonno; l’8 novembre 1913 sposa Fiorisa Nati, nata il 21 gennaio 1894, da Francesco e Annunziata Barbieri, rinsaldando quei vincoli familiari tra le due famiglie, stretti da tempo. Il loro primogenito, Alberto, nasce a Montorsaio (26 agosto 1914) secondo la volontà di nonno Alberto che voleva che tutti i suoi nipoti nascessero nella propria casa, come il secondogenito Francesco (30 novembre 1919), che viene alla luce dopo che il padre era tornato dalla Grande Guerra. Io ricordo che, quando ero piccolina, ogni tanto venivano a trovarlo alcuni reduci, come lui, con cui rievocava i tristi giorni trascorsi sul Sabotino e sul monte Grappa. Arrigo fu chiamato alle armi proprio quando l’Italia entrò in guerra, il 24 maggio 1915, nell’87° Reparto di fanteria. Fece le campagne del 1915, del 1916, 1917, 1918 e fu messo in congedo il 16 agosto 1919, decorato con una medaglia a ricordo dell’Unità d’Italia (R.D. 19 gennaio 1922 n. 1229). Dei figli di Alberto fu l’unico che partecipò alla Grande Guerra, perché Torquato fu congedato e riformato nel 1916 a causa della dentatura guasta. Di lui si dice che non sapeva leggere e scrivere, ma a me pare impossibile, forse aveva solo frequentato le prime classi delle elementari, perché tutti i Gigli hanno sempre imparato per lo meno a leggere e a scrivere. Arrigo nel 1939 fu messo a disposizione della Milizia Forestale. Dopo la Prima Guerra Mondiale Arrigo e Fiorisa lasciano Montorsaio e scendono a Roselle dove prendono in gestione lo stabilimento termale, edificato nel 1823 su progetto dell’ingegner Lorenzo Corsi 78 , e che, come leggiamo nell’Ombrone del 1891, era aperto al pubblico solo dal 1 giugno al 31 luglio. Forse Fiorisa aveva alle spalle la gestione dell’osteria che i Nati possedevano alle Capannelle e infatti, negli anni seguenti, Fiorisa e Arrigo costruiscono una casa al Bagno di Roselle, su un terreno che anticamente faceva parte della Mensa Vescovile di Grosseto e più recentemente era stato acquistato dalla Società Ansaldo di Genova, e aprono una mescita che rimarrà in attività fino alla morte di Arrigo.

78 E.M. Beranger- M. Corti, Formazione, storia , pag. 83.

Perché Arrigo e Fiorisa lasciarono Montorsaio? Forse per una questione di eredità. Alberto Gigli aveva fatto testamento il 16 ottobre 1926, sempre presso il notaio Ugazzi, con cui nominava erede universale Memmo, il figlio più piccolo, e lasciava agli altri solo la quota legittima del suo patrimonio. Alla moglie Giuseppa conservava tre stanze, precedentemente acquistate dai Migliorini, ed a Memmo e Torquato lasciava inoltre il bestiame e le “ grasce ”. In merito, il testamento è molto preciso e recita: “ Tutto il bestiame, le grasce che saranno in casa o sui fondi all’epoca della mia morte e le raccolte pendenti a quell’epoca nonché la mobilia di casa e gli arnesi di campo vadano a Guglielmo e a Torquato in quanto mandano avanti l’azienda, purchè essi continuino a lavorare come ora e a convivere con me. Altrimenti il presente lascito s’intende e per l’uno e per l’altro o per ambedue annullato ”. Alberto morì il 9 febbraio 1941 alle ore 4 e 41 nella sua casa di Montorsaio ed il testamento fu letto il 7 giugno dello stesso anno. Arrigo fu dunque liquidato con la legittima e, probabilmente, investì i suoi beni comprando, nell’agosto 1941, un podere di 13 ettari, denominato Vannuccini, o Campalpino, a Roselle, per 4/5 acquistandolo da Vittorio Tomassi, fu Pietro, nato a Segni, per 72.000 lire, e 1/5 dall’ingegnere Emanuele Della Valle, padrone di Fontebianca, per 21.000 lire. L’Ingegner Della Valle aveva comprato negli anni trenta la tenuta di Fontebianca dall’Istituto Fondi Rustici, costituito nel 1905 con sede a Roma, Istituto che aveva acquistato, sulla strada senese, circa 4500 ettari inselvatichiti che sperava di rendere in breve molto produttivi. Ciò non era avvenuto e, nel 1918, l’Istituto aveva venduto alla Società Giovanni Ansaldo di Genova molta parte dei suoi beni, compreso un appezzamento di terreno a nord del Bagno di Roselle, con alle spalle il colle di Mosconcina, terreno che Arrigo Gigli acquista dall’Ansaldo e su cui costruirà la sua casa 79 , tra il 1925 e il 1928. Vittorio Tomassi, da cui Arrigo aveva acquistato parte del podere di Roselle nel 1941, era il padre di Margherita (1921/1981), moglie di Alberto, primogenito di Arrigo e Fiorisa. Alberto Gigli è qualificato “ scritturale ” nel foglio matricolare, in cui si legge anche che fece la campagna di guerra in

79 G. Guerrini, Fattorie e paesaggio agrario, pag. 146.

Albania, sbarcando a Valona, dal febbraio 1941 al giugno 1942, aggregato alla 124° Compagnia del genio telegrafisti della 6° armata, dove evidentemente fece valere le sue conoscenze di impiegato alle Reali Poste. A quel tempo, Alberto era già coniugato con Margherita ed avevano già avuto il figlio Arrigo, nel 1940. Arrigo è rimasto unico discendente di Alberto e Margherita, si è laureato in Medicina ed ha sposato nel 1972 Giuseppina; da questa unione sono nati Alberto ed Andrea Federico, ai quali è affidato il compito di continuare il nome dei Gigli. Francesco fu il secondo ed ultimo figlio di Arrigo e Fiorisa; evidentemente le circostanze erano cambiate e non c’erano più le numerose nascite che abbiamo elencato nei secoli addietro. Nel 1900 ogni coppia partorisce quasi sempre solo due figli e i Gigli si adattano ai tempi. Francesco sposerà Maria Faragli ed avranno solo una figlia, Tamara, che sono io. Dal mio matrimonio con Guido Sanesi (1935/2006), sono nate Benedetta e Maria Elena. Particolare curioso, sia mio padre che suo fratello sapevano suonare uno strumento musicale: Alberto il violino e Francesco la fisarmonica, ma questi aspetti giocosi erano poco esternati e conservati con grande ritegno, forse perché pensavano che non si addicessero a dei responsabili capi famiglia. Inoltre tutti i Gigli sono sempre stati di poche parole e di grande dignità. Forse il più allegro era proprio mio padre Francesco, o, come lo chiamava sua madre, Cecchino, che ha sempre avuto tanti amici ed amava stare in compagnia. Francesco Gigli, nel febbraio 1940, fu avviato al 7° Reggimento del Genio di stanza a Firenze, ma nel giugno dello stesso anno fu congedato e riformato per un tracoma al secondo stadio che gli era stato riscontrato all’Ospedale militare della suddetta città. Francesco (morto il 16 febbraio 1988) e Alberto Gigli (morto il 23 novembre 1995) riposano nel cimitero di Montorsaio, accanto ai loro genitori ed ai loro antenati. Fine Gigli, l’unica figlia femmina di Alberto e Giuseppa, nasce il 22 gennaio 1892 a Montorsaio; si sposa a Grosseto con Alfredo Borghini, di Giuseppe e Annunziata Duchi, il 30 settembre 1912, e da loro sono nati Beppe, nel 1914, ed Alda, nel 1915. Quando ero piccola mi raccontavano che la zia Fine, da ragazza, veniva a trovare suo zio monsignor Ascanio in

carrozza chiusa, come si addiceva alla sua elevata condizione. Fine Gigli nei Borghini è morta nel 1978 a Grosseto. Torquato, altro figlio di Alberto e Giuseppa, nacque il 2 luglio del 1894 e rimase legato alla terra; dal suo matrimonio con Atide sono nati Giuseppina, che ripeteva il nome della nonna, e Vittorio, che non ha avuto eredi. Nel 1916 Torquato fu congedato da parte dell’ospedale militare di Roma e tale congedo fu confermato nel 1918. Giuseppe (25 agosto 1900 – 12 settembre 1959) dal marzo 1918 al novembre 1921 militò nel secondo Reggimento Bersaglieri di stanza a Grosseto. Fece carriera: da Caporale divenne Caporal Maggiore e poi Sergente, con ferma di due anni e 1000 lire di premio. E’ qualificato studente, forse di Ragioneria, ed era stato assegnato al Deposito del reggimento. Nel giugno 1935 fu iscritto al ruolo dei Bersaglieri in congedo della città di Massa Carrara, dove si era recato per il suo lavoro come impiegato presso un ente statale che riguardava l’agricoltura. Lì sposò, nel 1938, dopo un breve fidanzamento, Luisa Macchia, da cui ebbe due figlie: Alberta e Nerina. Guglielmo (27 novembre1903 - 1985) è il più giovane dei figli di Alberto e Giuseppa; accudì i genitori fino alla loro morte e non abbandonò mai Montorsaio. Nella foto del 1911 che ritrae la Banda Musicale di Montorsaio compare anche il piccolo Memmo, il terzo da destra nella seconda fila dal basso, che stringe orgogliosamente in mano il suo ottavino 80 . Fece il servizio militare tra il 1923 e il 1924 ed è qualificato come trombettiere. Richiamato alle armi il 4 settembre 1939, fu inviato in licenza illimitata il 19 novembre 1939. Sposò Cecilia Clorinda Giannini ed ebbero due figlie femmine: Adriana e Marisa. Marisa ha sposato Aldi Furzi ed hanno generato Francesco e Damiano. Anche Francesco si è sposato presto, con Maura, ed alla prima figlia hanno imposto il nome della nonna Cecilia.

Tra i fratelli di Alberto Gigli, Michelangelo (1839/1911) ebbe una vita molto intensa: il 24 novembre 1859 sposò Sulspizia Nati, appena diciannovenne, che il 2 ottobre 1860 gli partorì

80 Corto e piccolo flauto i cui suoni superano di un’ottava quelli corrispondenti del flauto.

Noè Luigi Pietro, al cui battesimo fa da compare il reverendo signor canonico Ascanio Gigli. Il piccolo Noè morì nel luglio 1861 a soli 9 mesi. Nel 1870 (gennaio) nasce anche una bimba, Fortunata Ermelinda Irma, che muore dopo pochi giorni. Anche Sulspizia Nati muore nel 1871 e Michelangelo sposa Clorinda Sodi, vedova Soldati, il 15 febbraio 1885, senza le pubblicazioni per dispensa di Monsignor Ascanio Gigli. Giuseppe (nato il 1864), anch’egli figlio di Michelangelo e Sulspizia Gigli, sposa Teresa Bellacchi, di 22 anni, il 9 settembre 1889, e la cerimonia è officiata ancora da Monsignor Ascanio, senza pubblicazioni, per mancanza di sacerdote in paese. Teresa Agostina Angelica Bellacchi, figlia di Francesco, fu Arcangelo, colono di 44 anni, dimorante alla Nave di Montorsaio n. 75, e di Maddalena Vannetti, fu Gaspero, era nata nell’agosto 1867. Teresa era originaria del Sasso di Maremma, come Giuseppe Bellacchi, che il 10 ottobre 1859 aveva sposato Elvira Nati, di Giovambattista e Degnamerita. Anche in questo caso la cerimonia religiosa precede di molto quella civile. La loro figlia, Concetta Antonietta, nata il 17 gennaio 1890 in via del Corso 10, il giorno 11 ottobre 1913 si unì a Francesco Fiornovelli, nato in Campagnatico nel 1889.

Rimane da parlare di Innocenzio Gigli, sempre figlio di Michelangelo e Sulspizia Nati, che nasce nel 1861. Il 18 febbraio 1882 sposa Maria Bonucci, di 19 anni, originaria di Montemassi e, forse, sorella di Giuseppa Bonucci, moglie di suo zio Alberto. Gli sposi hanno ancora bisogno di un Breve Pontificio del 9 gennaio 1882 per sciogliere il vincolo di consanguineità di terzo grado che li unisce. Maria Bonucci morirà il 2 settembre 1912 a 49 anni, dopo aver dato alla luce Maria e Sulspizia, due gemelle, che muoiono nello spazio di venti giorni tra il 3 e il 23 luglio 1883. Anche Genovieffa Adelinda Alice muore il 21 dicembre 1887 ad un anno ed Adelia nasce e muore nel febbraio 1890. Nasce un’altra figlia, Sulspizia, a cui viene dato il nome della nonna, che il 24 settembre 1904 sposa Domenico Perna e, infine, l’unico maschio in questa serie di femmine, Claudio Gigli (1888/1961) che il 5 febbraio 1910 sposa Caterina Vagheggini, di 19 anni. Dalla loro unione nascerà Giglio (1912/1994), marito di Eda Ottonelli, da cui avrà Ascanio, uno dei pochi Gigli maschi

ancora viventi, che continua ad abitare a Montorsaio nell’antica casa dei Gigli. Quando da bambina i miei genitori mi mandavano in vacanza a Montorsaio, dallo zio Memmo, io ricordo Giglio, un uomo imponente e un po’ scontroso che qualche volta incrociavo nelle viuzze del paese, quando le nonnine, vedendomi passare, mi dicevano: “ Tu sei una Gigli, si vede .” E mi raccontavano tutti i legami parentali che attraversavano il paesetto. Forse questo mio interesse per la storia della nostra famiglia risale proprio a quegli anni. Claudio riposa nel cimitero di Montorsaio assieme ad Arrigo, suo cugino, ed a tanti altri imparentati con i Gigli.

FAMIGLIA NATI

Nel 1800 troviamo famiglie Nati in molti paesi attorno a Montorsaio; ad esempio a Casal di Pari l’8 febbraio 1821, da Angelo Nati e Margherita Giorgi, qualificati come braccianti, nasce Pietro e il 22 ottobre 1824, Olimpia. Nel 1841 il suddetto Angiolo Nati viene censito come colono possidente nella parrocchia di Pari, dove evidentemente si era stabilito. Ha 54 anni, mentre sua moglie Margherita ne ha 40 ed hanno diversi figli: Olimpia, di 17 anni; Giuseppe di 14, Barbara di 9 e Dalinda di 3. Adelinda Nati nel 1855 sposa a Pari Angelo Neri, figlio di Giovanni e Luisa Cini, appartenenti alla parrocchia di San Giovanni Decollato in Lucrino. La sposa ha 17 anni contro i 23 dello sposo. Sempre a Casal di Pari, nel 1841, viene censito Giovanni Nati, ventottenne falegname possidente, marito di Andrea Battigalli, da cui ha avuto tre figli: Vindemio di 5 anni, M. Domenica di 3 e Francesco di appena un anno. Un’altra M. Domenica era nata il 27 gennaio 1831, ma era morta ben presto. E’ citata anche Gioconda Nati, moglie di Natale Brogi. Nella parrocchia di S. Donato di Pari, si trova Marianna Nati, fu Giuseppe ed Angela Magaccini, bracciante di 24 anni, che il 25 febbraio 1821 sposa Angelo Verdiani, bracciante di 34 anni. Nel Censimento del 1841 è nominato anche Nati Innocenzo, agricoltore possidente, di 14 anni, e ritorna Marianna Nati che si dice abbia 44 anni, quindi sarebbe nata nel 1797, vedova di Angelo Verdiani. I Nati compaiono a Montorsaio nel libro dell’Estimo del 1797, costituito in base a dichiarazioni spontanee da parte dei cittadini, e nei registri anagrafici del 1800 figurano sempre come possidenti di case, pasture, viti e olivi, domiciliati o alle Cappannelle o in vicolo del Moro n.37. Le notizie più antiche riguardano Santi Nati (1730/1770), sposato con Giovanna Giorgi (1723/1793), la quale muore il 6 ottobre 1793. Da queste nozze nascono Giovambattista, nel 1756 che muore nel 1777, e Maria Caterina Marta nel 1758. Quest’ultima sposa Giovanni Pietro Pepi, figlio di Francesco, originario di Sticciano, da cui ha un figlio, chiamato Francesco come il nonno, nato nel 1792, coniugato nel 1823 con Amabile Marcucci, e morto nel 1857. Nell’estate 1842 Francesco e Amabile ebbero una figlia, Caterina, che

ripeteva il nome della nonna paterna, ma che morì entro un mese dalla nascita. Di Santi Nati e Giovanna Giorgi ci sono rimaste notizie di un unico figlio maschio sopravvissuto, Francesco (1768/ 7 ottobre 1826), che si unisce in matrimonio con Supplizia Lanfrancotti da cui nascono: - Luigia Maria (1792/1798) morta a 6 anni; - Santi (1795/1797) vissuto solo 19 mesi; - Giovambattista (1797/1856), muore a 59 anni; - Carolina (1797/1857) che nel giugno 1841 sposa Pietro Bonfiglioli, vedovo di 44 anni originario di Montepescali. Quando Carolina morirà, nel 1857, era già vedova di Pietro ed è definita bettoliera, continuava cioè la tradizionale attività dei Nati di gestire osterie e taverne. Dopo la morte di Supplizia, Francesco, che non sa scrivere, come risulta dai registri di Stato Civile dove è definito testimone illetterato, sposa Lucia Manini, di Pietro Giovanni Manini di Montorsaio, da cui ha altri figli: - Rosa, nata nel 1801, che nel 1825, all’età di 24 anni, sposa Ippolito Franchi, campagnolo di 32 anni, figlio di Luca e Virginia Masotti. Ippolito morì nel maggio 1853 quando aveva 59 anni. Nel 1837 Rosa e Ippolito avevano avuto Luca, che nel 1863 sposa Cleope Golini, fu Francesco e fu Felice Pezzoli, che aveva 24 anni, due meno del marito. Virginia Birgitta Caterina, nata nell’ottobre 1839 e morta nel giugno 1840, ad appena otto mesi di età, ripeteva il nome della nonna paterna. Nell’ottobre 1847 nacque anche Silvestro Gregorio, al cui battesimo presiede Apollonia Salvi, moglie di Francesco Saloni. - Maria Giovanna, nasce e muore nel settembre 1802; - Nunziata (1804/05) vissuta solo 12 mesi; - Piero Angelo, nato e morto nel 1806; - Fortunato, nato e morto nel 1807, dopo pochi giorni di vita; - Maria Florinda (24 ottobre1808/1878) ha come testimone di nascita Cosimo di Luigi Benocci, di 22 anni, marito di Caterina Gigli. Maria Florinda sposa Vincenzo Gianninoni, definito campagnolo povero, e partorisce Pasqua Teresa Adelaide il 22 aprile 1829, che morirà a 16 anni il 18 settembre 1844. Domenico nasce il 24 luglio 1833, mentre il 27 settembre 1838 nasce anche Michele Salvadore Fedele Cosimo e nel 1841 Giuseppe Andrea. Michele Salvadore Gianninoni, nel 1898, sposa Rosa Lambardi, figlia di Giuseppe, ormai defunto, e di Stella Raspi originaria di Roccastrada, ed Alberto Gigli è testimone

di queste nozze. Lo sposo ha 60 anni, contro i 61 dalla moglie. La serie dei figli di Maria Florinda e Vincenzo Gianninoni prosegue nel 1842 con Giuseppe Andrea Giovanni 81 e nel 1843 con Teresa, che però muore nel 1857. Nel 1845 nascerà ancora Vespasiano Pietro, che muore all’età di 10 anni, nell’agosto 1855, e nell’ottobre 1848 la famiglia Gianninoni fu allietata dalla nascita anche di Francesco 82 . Nel 1836 Maria e Vincenzo avevano avuto una figlia di nome Claudia che nel luglio 1860 dettero in moglie a Primo Bonucci, di Roccastrada, figlio di Biagio e Giuseppa Ceccarelli, che in quell’anno era già morta. Primo aveva la stessa età di Claudia, cioè 24 anni, ma il matrimonio durò poco perché Claudia morì l’8 febbraio 1865, assieme alla bambina che stava partorendo, e di cui si dice “ che è stata battezzata nell’utero materno”. Giacomo, altro figlio di Vincenzo Gianninoni e Maria Florinda Nati, nel 1858, a 26 anni, sposa Elena Cappugi, ventisettenne figlia di Paolo e Caterina Padelletti di Civitella, allargando un poco la cerchia delle famiglie di Montorsaio. Nei registri parrocchiali Maria Florinda Nati Gianninoni è definita fornaia e muore il 19 marzo 1878, mentre il marito Vincenzo, figlio del fu Andrea ed Angela Poli, era deceduto nell’ottobre 1854, a 48 anni. - Giovanna Maria Custode Nati (ottobre1810/1887) si unisce a Francesco Barbagli, il 23 febbraio 1840, e muore il 14 gennaio 1887 a 76 anni. Francesco Barbagli, nel 1840 aveva cinquantadue anni, era figlio di Giuseppe e Teresa Mangiavacchi ed era vedovo. Nell’ottobre 1840 ebbero la prima figlia, Caterina Fernanda Maria, che muore dopo soli 6 giorni; un’altra figlia, Carlotta Filomena Caterina nacque e morì nel novembre 1841. Francesco Barbagli viene indicato in quell’anno come bestiaio. Nel 1843 a Giovanna e Francesco Barbagli nasce anche Palmira Veronica Agnese, che però muore il 10 marzo 1864, all’età di 21 anni. Nel 1845 i coniugi Barbagli avevano avuto Valente Silvio Ermenegildo e nel 1846 Antonio Maria Giuseppe. Nel novembre 1848 Maria Giovanna partorisce Stefano Francesco, che viene battezzato di fronte ad una sola comare: Cleope Corti.

81 Andrea Gianninoni e la moglie Annunziata Turchi misero al mondo Piero Leonardo Paris nel 1886 a Montorsaio; 82 Francesco Gianninoni, coniugato con Elisa Bartalucci, figlia di Pietro, nel 1883 ebbe un figlio, Vincenzio Pietro Archimede, che nel 1910 sposò a Campagnatico Niccola Cancelli.

Valente Silvio Ermenegildo, detto Valentino, aveva sposato Margherita Chiaretti, da cui nel 1875, a Montorsaio in Piazzetta della Cisterna 14, ebbe la figlia Palmira Allegra Elisa. Valentino morì a Montorsaio nel 1898. - Artemisia Florinda Nati nasce il 21 febbraio 1814 e muore il 12 agosto 1815 - Giovacchina Francesca Gertrude nasce il 20 aprile 1817, sempre figlia di Francesco Nati e Lucia Manini. - Oliva Adelinda nacque il 27 maggio 1822, sposò Raffaello Benocci, di Cosimo e Caterina Gigli, il 20 gennaio 1845 ed ebbe un figlio, Luigi Ferdinando Celestino sempre nel 1845. Nacquero poi Giuseppe Gaspero Silvestro, nel 1846, e Caterina Angiola Albina, nel 1851. Nel gennaio 1853 nacque Cesare Giovanni Angelo, che morì a nove anni il 19 aprile 1862. Nel dicembre 1862 Oliva e Raffaello Benocci perdono anche il figlio Vittorio Marco Emanuele ormai quindicenne. Un altro figlio, Augusto Baldassarre, morì il 7 agosto 1914 a 65 anni di età (1849/1914). Nel settembre 1854 era nato anche Oreste e nell’ottobre 1856 nasce un’altra figlia femmina a cui viene imposto lo strano nome di Adelasia Laura. Adelasia il 3 ottobre 1885, sposa Giovanni Carboni, possidente figlio di Achille e Pasqua Magni. Giovanni Carboni aveva 28 anni Nel dicembre 1858 Uliva partorisce Angelo Vincenzo e suo marito Raffaello viene definito guardiano di boschi. Il piccolo Angelo Vincenzo vive 29 mesi fino al giugno 1861. Il 24 agosto 1861 a Raffaello e Uliva nasce un altro Vittorio Marco Emanuele e il 14 maggio 1864 Uliva partorisce Raffaello Domenico Eustachio, che nel 1888 si coniuga con Gervisa Migliorini, figlia di Raffaello e Assunta Poggiarelli. Elvira Benocci, altra figlia di Oliva e Raffaello, nasce e muore nel 1866, in Vicolo della Cisterna 51. 12 figli sono quelli che io ho ritrovato e 5 di questi morirono ben presto. Oliva Nati è qualificata come sarta nel Registro dei matrimoni, mentre Raffaello Benocci è presentato come possidente e sappiamo che a Montorsaio fu anche delegato di Stato Civile del Comune di Campagnatico dal 1888, dopo Giuseppe Gigli, oltre ad aver costituito la Società filarmonica nel 1891. - Teresa Nati, che muore il 25 dicembre 1885, a 65 anni, era vedova di Anselmo Straccali, che aveva sposato il 12 febbraio 1844. Anselmo, quando si sposò, aveva 29 anni, svolgeva il mestiere del fabbro ed era figlio del fu Venanzio e di Anastasia Franci. Il 13 gennaio 1848 Teresa aveva partorito Venanzio Giuseppe, che ripeteva il nome del nonno

paterno. Nel 1850, ad Anselmo e Teresa nacque anche Giuseppe Silvio, che però muore nel 1852. Nel maggio 1853 nacque un altro figlio, Innocenzo, e nell’agosto 1855, una figlia, Lucia. La sequela dei figli continua con Beniamino Emanuele Giuseppe, che nasce a Montorsaio il 16 luglio 1861 e muore a febbraio del 1862. Il nome Beniamino forse evocava l’età della madre, ormai quarantaduenne, e l’idea che fosse l’ultimo bambino della nidiata. Anselmo Straccali morì a Montorsaio di lì a poco, il 28 aprile 1862: aveva quarantasette anni. Alfredo Innocenzo Straccali, fu Anselmo e Teresa, il 2 febbraio 1880, quando ha 27 anni, sposa Sofia Benocci, che ne ha appena 17, ed è figlia di Carlo e Maria Malevolti. Testimoni di nozze sono Francesco Nati e Ignazio Manini. Sofia muore subito e Innocenzo nel 1881 si sposa di nuovo con Clotilde Pieri, diciassettenne figlia di Giovanni e Agata Lelli, che nel 1883, quando nasce loro una bambina, molto teneramente accettò di chiamarla Sofia Giacoma Teclide, come la prima moglie di Innocenzo. Successivamente, nel 1886, Clotilde Pieri partorì Teresa Angiolina, la quale ha continuato a vivere a Montorsaio, dove è morta nel 1961. Venanzio Giuseppe Straccali, che ripeteva il lavoro di fabbro ferraio del padre, il 20 settembre 1880 si unisce ad Assunta Arrighi, figlia di Antonio e Carolina Tamberi, che è più adulta di lui, poiché ha 41 anni, e riconoscono il figlio Luciano, nato dalla loro unione naturale nel 1876. Gli Arrighi era originari di Tripalle, in Comune di Crespina, in Provincia di Pisa. Il 10 novembre 1879, la sorella Lucia Straccali aveva sposato Cesare Paolini, originario di Batignano. Nel Censimento del 1841 a Montorsaio sono elencati due nuclei familiari: il primo comprende Nati Manini Lucia, di 59 anni, possidente vedova di Francesco Nati, e Argentina (24 anni), Teresa (21), Uliva (20) e Cristina Nati di anni 50, ostessa. Lucia Manini, figlia di Giovanni e Maria, muore nel febbraio 1855, vedova di Francesco Nati Il secondo nucleo familiare fa capo all’unico maschio di questa grande nidiata che sopravvisse: Giovambattista, che sposò Degnamerita Guerri (1814/1881), nata a Jesa da Ferdinando e Gioconda Mariotti, definita moglie indigente, che morì il 19 agosto 1881. Oltre ai loro figli, è censito anche Guerri Giuseppe (27 anni), garzone, fratello della sposa. Giovambattista è definito oste alle Capannelle e Degnamerita ostessa.

L’osteria delle Capannelle nel 1825 apparteneva a Giovanni Vannucci, 83 figlio di Domenico, che possedeva anche molti terreni intorno e nel 1843 avviene la vendita a favore di Giovambattista Nati, mentre nel 1858, dopo la morte di Giovambattista, avvenuta nel 1856, l’immobile passa in eredità al figlio Francesco Innocenzo Ferdinando. I figli di Giovambattista e Degnamerita, furono: - Francesco Innocenzo Ferdinando (ottobre 1836/1917) il primogenito - Elvira Sofia Supplizia nasce il 27 ottobre 1838 e il 10 ottobre 1859 sposa Giuseppe Bellacchi, di 30 anni, figlio del defunto Arcangelo e Teresa Rossi, domiciliato presso l’ex convento della Nave a Montorsaio, ma originario del Sasso di Maremma. Michelangelo Gigli è testimone di queste nozze, allietate nell’agosto 1860 dalla nascita di Amerigo Baldassarre Luigi, che rimarrà celibe per tutta la vita. Il 13 aprile 1863 nascerà anche Antioco Eliseo Ferdinando, sempre a Montorsaio, quindi Giuseppe Bellacchi si era stabilito lì. Antioco Bellacchi torna invece al Sasso di Maremma e sposa Alfea Savelli da cui ha tre figli: Luigi, Giuseppe e Elvira, che ripete il nome della nonna Elvira Nati. Antioco Bellacchi morì il 19 marzo 1895, a soli 32 anni di età, come dimostra il necrologio trovato nel settimanale L’Ombrone, da cui si evince che aveva anche un fratello di nome Leone. Sua figlia, Elvira Bellacchi, è vissuta molto a lungo dal 1889 al 1973; ha sposato Salvatore Lenzini ed ha partorito Antioco. Molto forti rimasero sempre i legami di affetto con la cugina Fiorisa Nati e tra i loro figli Francesco e Antioco, infatti in estate, da Roselle, Cecchino Gigli veniva spesso mandato ad estatare al Sasso d’Ombrone dove lo aspettavano vacanze felici accanto ad Antioco. - Sofia Filomena Eufrasia (1840/1841) morta ad 1 anno e tre mesi di vita. La zia Uliva Nati era stata commare 84 di battesimo. - Oliva (1843/1936); - Uliva, nata e morta nell’aprile 1852, aveva avuto il dottor Mariano Costa e la zia Teresa Nati come compari di battesimo; - Caterina Anna Irene, nata nel febbraio 1845, come testimoniano gli zii, Anselmo Straccali e Teresa Nati, e morta nel settembre 1845, ad appena otto mesi.

83 ASG, Antico Catast , Comunità di Campagnatico, sez. O, particella 54, 1825; 84 Commare, forma dialettale di comare.

- Ferdinando Arnaldo nacque il 28 agosto1846, rimase celibe, come spesso avveniva per uno dei figli, e morì il 20 febbraio 1868; dimorava alle Cappannelle, via di Campagna n.72. Fanno la dichiarazione di morte il fratello Francesco e Michelangelo Gigli, cognato del defunto. - Sulspizia Edoarda (aprile 1843/3 febbraio 1871), muore in vicolo del Moro 40. La zia Oliva Nati era stata sua comare di battesimo. Sulspizia Nati, maritata con Michelangelo Gigli, aveva avuto 3 figli: Noè, nato e morto nel 1861;sempre nel 1861 venne alla luce Innocenzio e poi Fortunata Ermelinda Irma (1870/1870), forse legata alla morte della madre. Questa famiglia abitava in Via della Porta 65, ma Sulspizia muore in Via del Moro, a casa cioè dei suoi genitori. - Innocenzo Giuseppe Remigio nasce nel maggio 1849 e muore il 2 luglio 1907 alle Cappannelle per un colpo di fucile. Il 27 marzo 1870 aveva sposato Maria Petrini, di anni 27, atta a casa, originaria di Civitella. A pochi mesi di distanza dalle nozze di Innocenzo Giuseppe, anche la sorella Oliva, il 30 maggio 1870, si coniuga con Ignazio Manini, di Luigi, possidente di 28 anni, di una famiglia originaria di Firenzuola e già imparentata con i Nati. Michelangelo Gigli, marito di Sulspizia Nati, funge da testimone. Da queste nozze nasce, nella casa posta in via del Corso 7, Supplizia Carolina Maddalena Maria Antonia, il 13 marzo 1871, come testimoniano Afredo Weible, amico di famiglia, e Luigi Montaini, di Pietro, pievano di Montorsaio. Giuseppe Giovambattista Carlo Manini nasce il 27 gennaio 1872. Appena a nove mesi di distanza… Anche Giuseppe Manini divenne sacerdote e per molti anni, all’inizio del 1900, fu parroco di Batignano. Manini Eletta Argia, sempre di Ignazio e Oliva, nasce il 20 febbraio 1877 e nel 1897, il 27 ottobre, sposa Lorenzo Ferrari, di Carlo e Candida Carli, a cui nel 1899 partorisce Carla, in Via del Corso 12. Nel 1878 a Oliva e Ignazio Manini nasce anche Luigi, che morirà nel 1944. Oliva muore il 15 luglio 1936 ed è seppellita nel cimitero di Montorsaio. Degno di nota è il matrimonio di Sulspizia Manini (chiamata anche Supplizia), sorella di Eletta, celebrato sempre nel 1897, con Ulisse Giorgi, come viene specificato nel paragrafo sulla famiglia Manini. Le famiglie in paese erano poche ma tra nascite, morti e matrimoni c’era sempre qualcosa da ricordare.

La famiglia Nati era legata all’osteria delle Capannelle, su cui si raccontavano tante storie curiose. Ad esempio, il 7 agosto 1832, in località la Chiusa e i Casalini, sulla strada delle vigne, che dalle Capannelle sale a Montorsaio, Pasquale Giannetti, soprannominato Milanima, per una questione di gioco sorta nell’osteria delle Capannelle, uccise il suo compagno Luigi Appirelli, detto Girelli. In quell’estate la locanda era tenuta da Lino Benocci e sua moglie Vittoria, figlia di Giovanni Vaccari e Margherita Corti. 85 “La Rota criminale di Grosseto condannò il Giannetti a cinque anni di confino a Massa Marittima.” Francesco Nati, primogenito di Giovambattista e Degnamerita Guerri, sposa dapprima Amalia Minardi, di Scipione, 86 che partorisce Giovambattista Amerigo Mariano, che muore dopo sei giorni, l’11 dicembre 1867 alle Cappannelle. Anche Amalia muore nel 1867, forse per le conseguenze del parto, e Francesco, il 14 gennaio 1869, si unisce ad Assunta Amalia Cugini, di 23 anni, con Michelangelo Gigli come testimonio. Assunta muore poco dopo, il 1 agosto 1870, e Francesco si sposa per la terza volta con Annunziata Barbieri (1858/1919) figlia di Santi, da Roccastrada, ed abitano in Vicolo del Moro 37. Un loro figlio, Ferdinando, muore a tre anni il 28 luglio 1882. Il 14 marzo 1888 nasce di nuovo un maschio, chiamato anche questo Ferdinando, che muore a 5 anni il 28 luglio 1892, in Via del Moro 37, ed un terzo Ferdinando muore a 6 mesi il 26 settembre 1889.

85 E. Cappelli, L’Ombrone , n. 28; 86 Da Batignano: Giovedì 10 gennaio 1895 cessava di vivere in questo paese Scipione Minardi nella tarda età di 90 anni. Fu uomo di principi liberali che mantenne fino all’ultimo. Amò il suo paese sinceramente e sempre fu sollecito del suo bene e del suo miglioramento. Non ambì cariche pubbliche sebbene i suoi concittadini lo stimassero sopra ogni altro….Fu sopra tutto caldo fautore della conduttura d’aqua da Monteleone a questo paese che vide incominciare e che per indugi per noi inspiegabili, non potè vedere ultimata….Visse fino oltre i settanta anni sempre in Batignano, passandovi anche i pericolosi mesi dell’estate…la sua robusta fibra ormai provata negli strapazzi della caccia, di cui fu amatissimo e valoroso campione, non temeva gli oltraggi dei miasmi palustri e solo dovette cedere all’infiacchimento, allo esaurimento naturale per quella legge per la quale ogni essere deve avere il suo fine (L’Ombrone 13 gennaio 1895). Questo necrologio di Scipione Minardi potrebbe rappresentare il ritratto di molti maremmani dello stesso periodo, che non temevano la malaria, amavano la caccia e professavano principi liberali.

Il 9 marzo 1885, a Francesco e Annunziata nasce Giovambattista Orazio Lorenzo che morirà a Grosseto il 7 ottobre 1963. Questo Giovambattista l’ho conosciuto anch’io. Era grande e grosso, tanto quanto sua moglie, Irina Salvestroni, era piccola e minuta. Aveva mantenuto il podere delle Cappannelle ed aveva molto aumentato i suoi beni con i lavori agricoli e la raccolta e la vendita prima del carbone e poi del grano. Io lo ricordo quando veniva da Grosseto a Roselle a trovare la sorella più piccola, Fiorisa, su una bicicletta dal telaio rinforzato e dal sellino fatto su misura. Un uomo imponente che riposa nel cimitero di Montorsaio, vicino alla sorella, con cui le foto sottolineano la somiglianza. Era stato riformato nel 1918 per gli esiti di una frattura del collo del femore sinistro con deformazione dell’articolazione femorale, che gli dava una leggera claudicazione. Rina e Tista, come familiarmente li chiamavamo, ebbero un primo figlio Giuseppe nel 1912, che però morì nel 1914 e nello stesso anno Rina partorì di nuovo un maschio, a cui dettero ancora il nome di Giuseppe ma anche questo ragazzo morirà l’11 gennaio 1938 a Grosseto, di affezioni polmonari. Aveva studiato a Roma. Migliore sorte è toccata ai successivi figli: Enzo (il cui vero nome era Denzo, nato nel 1917), Rambaldo (1920/1995), Naldo (1922/) e le due fanciulle: Tosca, la primogenita, e Nunziatina, diminutivo di Annunziata. Molto spesso i nomi venivano ridotti a forme più o meno originali, ad esempio il secondo Giuseppe veniva chiamato Beppino per distinguerlo dal primo e sfortunato fratello. Giovambattista Nati venne ad abitare a Grosseto dapprima in via Zanardelli, poi in viale Sonnino, dopo che il dottor Salvestroni lasciò in eredità a Rina una casa lì situata. Di tutta la famiglia di Giovambattista e Rina rimane oggi un unico maschio, che ripete il nome del nonno ed abita ancora alle Capannelle di Montorsaio. Giovambattista aveva promesso un importante premio in denaro alla nuora che gli avrebbe partorito per prima un nipote maschio e così è avvenuto alla nascita dell’attuale Giovambattista Nati. - Degnamerita Nati (1881/1940), primogenita di Francesco e Annunziata, il 7 gennaio 1900, sposa Attilio Saloni, fu Pietro, di anni 23, dopo che la sposa diciottenne era fuggita di casa, dove era nata il 3 ottobre 1881, sempre in piazzetta del Moro 37, che talvolta è confusa con l’omonimo vicolo. I genitori di lei erano contrari al matrimonio, non solo per la giovane età della fanciulla, ma anche perché Attilio Saloni

non possedeva niente, in confronto ai beni terrieri dei Nati e solo dopo l’avvenuto rapimento e successivo matrimonio perdonarono Degna, come veniva familiarmente chiamata la ragazza. Attilio si sentì punto nell’orgoglio e si impegnò a diventare ricco per pareggiare i conti con i Nati. E ci riuscì, con il taglio dei boschi, il commercio del legname e la vendita del carbone, fino all’acquisto della tenuta del Marruchetone, a Roselle, dove costruì una casa all’altezza della sua adorata moglie. - Il 23 gennaio 1894, a Francesco Nati e Annunziata, nasce Frolisa, mia nonna, che sposerà Arrigo Gigli, suo cugino di terzo grado, di cui ho già parlato. Dell’educazione delle fanciulle del tempo mi è rimasta una testimonianza: un imparaticcio di tela tessuta a mano in cui la piccola Fiorisa, di appena 12 anni, fa i primi tentativi di ricamare a punto croce, ed è datato 1906. Francesco Nati muore il 21 marzo 1917, a 81 anni.

FAMIGLIA SALONI

Un’altra famiglia spesso imparentata con i Nati e, talvolta con i Gigli, è quella dei Saloni, probabilmente provenienti da Montalcino, dove esistono ancora oggi dei discendenti, scesi forse in Maremma a trovare lavoro come boscaioli. Ad esempio, Teresa Maria Saloni nasce a Montalcino nella Parrocchia di Sant’Egidio il 22 ottobre 1825, da Natale e Temperini M. Lauretana, agricoltori possidenti. Teresa Maria non compare nel Censimento del 1841, quindi vuol dire che era morta ben presto, mentre vi sono annoverati i suoi genitori: Natale, nato da Luigi proprio il 25 dicembre 1788, come evoca il suo nome, e sua moglie M. Lauretana, figlia di Michelangelo, venuta alla luce il 10 dicembre 1789; Lauretana il 4 agosto 1816 aveva partorito Olimpia e l’11 settembre 1821 Raffaello. Nel 1750 a Santa Caterina, vicino a , compaiono alcuni Saloni, provenienti con un Francesco da e costruiscono una abitazione che ancora oggi si chiama Casa Saloni. Nel dicembre 1809 ai Casoni di muore Andrea Saloni, figlio di Francesco e Caterina Vergari. Nel febbraio 1838 Saloni Franca, moglie del campagnolo Giovanni Guidarini, partorisce Maria ed abita ancora a Vallerona. Nel maggio 1809, sempre a Vallerona, era deceduta Maria Angela Saloni, campagnola vedova, come denuncia il figlio Carlo Saloni, erede del fu Fulvio, che non sa scrivere e al suo posto firma il curato Ginanneschi. Nel 1813 Carlo Saloni certifica anche la morte del figlio Angiolo, di 10 mesi, figlio suo e di Gentile Fabbreschi, morte avvenuta in una casa posta in località la Selvanella. Nel Censimento del 1841 a Vallerona si annoverano due nuclei Saloni: quello costituito da Carlo, 64 anni, ammogliato definito garzone, M. Oliva, di anni 48, probabilmente sua seconda moglie, attendente a casa, e tre figli: - Fulvio di 16 anni celibe, - Giacomo 10 celibe; - Francesco 31 anni, celibe e nato forse da Gentile Fabbreschi, prima moglie di Carlo Saloni. L’altro nucleo familiare è costituito da due soli uomini: Niccolò, di 36 anni, celibe agricoltore possidente, e il fratello Antonio di 32 anni.

Anche Domenico Saloni e Lucrezia Boschi, definiti campagnoli, sono domiciliati a Vallerona (Roccalbegna) quando nasce loro Francesco Antonio, il 22 gennaio 1818. A Vallerona abitano anche Alessandro Saloni e Caterina Riposati a cui il 28 marzo 1818 nasce un altro Francesco Antonio, il che farebbe pensare ad un rapporto di parentela tra le due famiglie che si richiamano ad un avo in comune. Nel 1846 ad Antonio nasce Andrea. Anche a Paganico c’è una famiglia Saloni, quella di Giuseppe, del fu Paolo Saloni di Montalcino (nato nel 1777), e Margherita Marchetti, appartenente alla diocesi di Siena, definiti contadini zappaterra, che hanno diversi figli: - Teodora, venuta alla luce nel 1808; - Maria Angela Luisa, nata nel febbraio 1811 e morta a tre giorni di vita in località detta Monte Verdi (Paganico); - Caterina che nasce l’8 settembre 1818; - Angiolo nato il 9 gennaio 1821 e risulta battezzato in casa, perché gracile di costituzione, e forse morì subito dopo, se la madre il 22 dicembre dello stesso anno partorisce un’altra figlia, a cui viene imposto il nome di Vittoria; - infine Luigi nasce il 12 settembre 1824, ancora a Paganico. Nel 1800, sempre a Paganico, è registrata anche la famiglia di Pietro Agostino Saloni, fu Agostino, nativo di Poggio alle Mura nel comune di Montalcino, che nel 1810 ha 36 anni e testimonia numerose volte, ad esempio per la morte di M. Angela Marzini, di 18 anni, quando è definito agricoltore e illetterato. E’ marito di Maria Domenica Lapi, nata nel 1780 da Francesco Lapi, da cui ha numerosi figli: - Pavolo Antonio nasce e muore a distanza di pochi giorni, nel 1808, come Agostino nel 1809 e Maria Angela nel 1812. Sempre nel luglio 1812 a Pietro e Maria Domenica nasce Donato Gaetano, che muore dopo un solo mese. Maria Domenica risulta nata a Paganico nel maggio 1811 e nel gennaio 1814, a Pietro e M. Domenica Lapi, nasce anche Fabiano, che probabilmente provoca la morte della madre avvenuta il 20 gennaio 1814. Giovan Pietro Agostino Saloni, fu Agostino e Maria Angela Montomoli (o Nantengoli), rimasto vedovo con due bambini piccoli, dopo pochi mesi, il 16 aprile 1814, si risposò con M. Angela Domenica nata nel 1780 (doveva amare molto questo nome o esso era tanto frequente), fu Giovambattista Marzini, morto nel 1791, e M. Oliva Badii, deceduta nel 1789. Testimone di queste nozze fu Amadio Marzini, fratello della sposa, la quale ha 34 anni, mentre il marito ne ha 48.

Poi si passa a Francesco Saloni, nato nel 1808, che probabilmente fu figlio di Pietro Agostino e M. Domenica Lapi. Francesco Saloni sposò Apollonia Salvi, vedova di Giuseppe Sorbi, da cui aveva avuto un figlio, Francesco, morto nel 1843. Apollonia morì nel 1873, a Siena. Pietro (1830/1882), altro figlio di Apollonia e di Francesco Saloni, sposa Eleonora Perna (1837/1857), di Domenico e M. Domenica Vicini, il 22 maggio 1854, quando la sposa ha 17 anni. Da queste nozze nasce una bambina, Teresa, che vive solo 6 anni e muore il 30 gennaio 1867. Nel 1855 gli era nato anche Emilio Angelo Nel 1872 Pietro Saloni viene qualificato come bracciante ed abita a Montorsaio in Piazzetta della Cisterna 17; morirà a 52 anni il 31 ottobre 1882. Eleonora Perna Saloni, sua prima moglie, era già deceduta il 26 aprile 1857 allo spedale e Pietro, il 1 febbraio 1858, si era risposato con Filomena Costa, nata il 27 ottobre 1838 e morta nel 1898, figlia del dottor Mariano e Assunta Poli. I figli Francesco, di 40 anni, e Attilio, di 22, denunciano la sua morte. Filomena ha una sorella, Maddalena, che sposa Domenico Benocci, fu Lino, da cui ha un figlio nel 1858 a cui viene assegnato il nome di Galgano e nel 1860 partorisce anche Vittorio Enrico Giovanni. Maddalena Costa rimase vedova di Domenico Benocci, infatti il 30 gennaio 1883, quando aveva 49 anni, si unì a Pellegrino Ferrari, di 60 anni, fu Cerbone e Vittoria Caramelli, nato nell’ottobre 1821. 87 Pellegrino Ferrari morì il 10 febbraio 1900, senza aver avuto figli, quindi nominò la moglie Maddalena usufruttuaria per i nipoti Silvio e Lorenzo, eredi dei defunti Carlo Ferrari e Candida Landi, figlia di Giuseppe e di Margherita Ricciardi. 88 Tra Maddalena e i nipoti ci furono diverse questioni per l’eredità che si conclusero solo nel 1906 con la mediazione appunto del notaio Baldovino Gigli. Filomena e Maddalena Costa erano figlie di Mariano, fu Giuseppe e Rosa Parenti, sposato con Assunta Poli. Egli era morto a 78 anni nel 1856 ed era classificato come chirurgo giubilato.

87 Cerbone Ferrari, padre di Carlo e di Pellegrino, muore nel 1867, a 73 anni di età. Era coniugato con Vittoria Caramelli, fu Pellegrino e Teresa Forasassi; 88 Carlo Ferrari e Candida avevano generato anche una figlia: Gerziaca Maria Luisa, nata a Montorsaio nel febbraio 1860. Candida Ferrari muore a Montorsaio nel 1898, vedova di Carlo.

Dall’agosto 1830 Mariano Costa era medico condotto a Montorsaio e Paganico. La moglie, Assunta Poli, fu Antonio e Rosa Galeotti, era nata a Borgo San Lorenzo ed era levatrice. Morì nel 1870, in Piazza della Cisterna 13, e a denunciare la morte è proprio il genero Pietro Saloni. Filomena e Pietro Saloni hanno numerosi figli: - Teresa Maria Anna, nata il 26 febbraio 1861, muore il 30 gennaio 1867; - Eleonora Pasquina Eufrasia, nasce il 24 dicembre 1862 e stranamente viene chiamata Pasquina e non Natalina, anche se è nata il 24 dicembre. Eleonora muore il 27 maggio 1863. - Francesco nasce nel 1858 e all’età di 26 anni, l’8 settembre 1884, sposa in chiesa Isolina Bolognini, di Eusebio e Mori Merope, atta a casa di 21 anni. Francesco, definito possidente e talvolta guardia campestre, abita dapprima in Via del Corso 5, a casa della moglie, e poi in Vicolo della Fortuna 26. Nel momento del matrimonio civile, che avviene il 15 gennaio 1889, Francesco e Isolina riconoscono due figli avuti dalla loro unione naturale: Ada e Pietro. Nel 1886 era nata anche Maria, da Francesco e Isolina, sua illegittima moglie , come scrive diligentemente il Delegato di Stato Civile Giuseppe Gigli. A questo atto erano presenti come testimoni Giuseppe Perna e Luigi Benocci e un altro Benocci, Raffaello, è delegato dal Sindaco a svolgere le funzioni di Stato Civile fin dal 1888. Francesco Saloni, nel 1891, è tra i sostenitori della locale Società filarmonica. Francesco ed Isolina Saloni hanno avuto diversi discendenti: - un maschio, Pietro, muore il 23 maggio 1883 a 44 giorni, curiosamente definito celibe, e un altro Pietro fa la stessa fine il 9 aprile 1885. Di lui si dice che Francesco intende legittimarlo col matrimonio da farsi in appresso. - Maria nasce e muore, a soli 15 minuti di età, l’8 gennaio 1886; - Adelinda Alice Ilda nasce il 25 gennaio 1887, viene legittimata dopo il matrimonio del 15 gennaio 1889, e muore il 1 gennaio 1902 a 15 anni; - Pietro era nato il 17 novembre1888 e morì il 7 maggio 1915 a 30 anni di età; - Francesca e Caterina, gemelle, nate e morte tra l’11 e il 13 maggio 1898; - Novilia che il 30 giugno 1917 sposa Virgilio Santucci;

- Gerbina nata il 18 giugno 1893 in Vicolo della Fortuna 26; - Teresa nata il 30 settembre 1891 in Vicolo degli Archi 26, e morta nel 1917; - Francesco, nato il 1 novembre 1899, in Via del Corso 5, cioè a casa della madre Isolina Bolognini, come testimonia Raffaello Benocci, nel 1933 sposò a Loreto Cesarina Gasparri. Ma torniamo ai figli di Pietro Saloni e Filomena: - Attilio Giuseppe Antonio nasce nel 1864 ma muore 7 anni dopo il 28 agosto 1871 in Piazzetta della Cisterna 17; - Domenico Santi Sinibaldo nasce il 13 agosto 1866 e si unisce a Clorinda Santucci, di Valentino e Maddalena Bernini 89 , atta a casa, di Campagnatico il 1 giugno 1893, da cui aveva già avuto Aladino, nato il 7 febbraio 1893. Aladino fu arruolato nell’87° Reggimento di Fanteria musicante e partecipò alla Prima Guerra Mondiale. Più volte convalescente tra il 1915 il 1918, fu successivamente congedato. Aladino si unirà a Clarissa Steri che gli partorirà Gioconda, nata nel 1922, e Ferdinando, detto Lando, marito di Giuseppina Manini, figlia di Luigi Manini (1878/1944), a sua volta erede di Ignazio Manini ed Oliva Nati, confermando i molteplici rapporti di parentela tra Nati e Saloni e più in generale tra le famiglie di Montorsaio. Anche Luigi Manini si era sposato due volte: la prima moglie, Adalgisa Lelli, era morta di parto e dalla seconda, Carola Luttazzi (1884/1938), aveva avuto due figlie: Giuseppina, già ricordata, e Argia, che sposò Giuseppe Guerrini. Dopo Aladino, nel 1896, Domenico Saloni e Clorinda generano Nello che a sua volta avrà due figli: Alda e Alfio. Da Alfio è nato Fabrizio che, a quanto mi risulta, è l’ultimo a continuare attualmente il nome dei Saloni di Montorsaio, poiché Lando Saloni, figlio di Aladino e Clarice e marito di Giuseppina Manini, ha avuto due gemelli, Luisa e Luigi e a quest’ultimo, Luigi Saloni, sono nate solo figlie femmine. Luisa Saloni risiede ancora a Montorsaio e lavora presso la locale Amministrazione degli Usi Civici. Domenico Saloni era morto il 13 febbraio 1928 a 62 anni.

89 Valentino Santucci e Maddalena Bernini, figlia di Giovanni, avevano generato Maria Assunta Emilia Crestina nel 1883, la quale, nel 1905, sposò Pietro Gamberi di Campagnatico. Anche Adamo Assunto Francesco era loro figlio, nato nel 1886 e morto nel 1965, così come Ida Argia era nata nel 1878 a Montorsaio in Via del Moro 47 e nel 1916 si coniugò a Campagnatico con Lino Benocci.

- Giovanni Gregorio Luigi (detto Goro) nacque il 2 luglio 1869 e morì a Montorsaio il 21 novembre 1899. Questo Saloni, qualificato bracciante, il 18 aprile 1896, sposò Amalia Elisa Pepi da cui ebbe tre figlie: - Daria nata nel 1897 e morta a 16 anni, l’11 febbraio 1913; - Filomena nata l’11 marzo 1899, in via della Cisterna 53; - Anna, nata nel 1903 e morta il 30 novembre 1907. Il 15 gennaio 1872 a Pietro Saloni e Filomena nasce un altro Attilio Giuseppe Guglielmo che muore di quattro giorni. Testimone di battesimo è ancora Baldovino Gigli, come di molti altri bambini. - Il terzo Attilio, nato nel 1876, il 7 gennaio del 1900 sposa Degnamerita Nati, come abbiamo già detto. Da questo matrimonio nacque Ferdinando (1900/1923), morto troppo giovane di appendicite, degenerata in peritonite, mentre si stava per laureare in Agraria. La seconda figlia, Severina (1905/1978), sposò l’avvocato Feliciano Spada (1901/1985), e partorì Anna Maria e Alberto. Attilio Saloni comprò una azienda di circa 226 ettari sulla strada detta dello Sbirro, tra Roselle e , che faceva parte dei Beni dell’Istituto dei Fondi Rustici, costituitosi a Roma all’inizio del 1900, mentre nell’Antico Catasto il Marruchetone risulta proprietà di Niccolò di Domenico Ghio, un antenato del quale era stato Cancelliere dell’Ufficio dei Fossi a Pisa nel 1700. Il 3 agosto 1922, Attilio aveva venduto dei terreni posti nelle campagne di Montorsaio a Domenico Saloni, e del 12 agosto dello stesso anno è il rogito, redatto dal notaio Gualtiero Ugazzi di Grosseto, per l’acquisto della tenuta del Marruchetone, per 193.500 lire, i cui confini vengono così individuati nella nota di trascrizione: “ a levante fosso Pesciatino, fosso , m.220 circa del muro a secco di est dell’oliveto del Marruchetone, a nord altro muro a secco del detto oliveto, ad ovest compratore e Pallini, a sud stradone dello Sbirro e compratore” 90 . Dopo l’acquisto di questo vasto appezzamento di terra a Roselle, Attilio e Degnamerita vi si trasferirono, infatti nel 1924 egli risulta domiciliato a Grosseto e non più a Montorsaio. La fine di Attilio Saloni fu tristissima: dilaniato da una bomba scoppiata nell’uliveto dietro alla sua casa del Marruchetone il 29 giugno 1944. La guerra stava ormai finendo e dietro alla fattoria si stavano bruciando delle

90 Conservatoria dei registri immobiliari di Grosseto, Nota di trascrizione.

carcasse di cavalli quando una miccia troppo corta provocò una esplosione in cui morirono quattro uomini, tra cui Attilio Saloni, che andò così a ritrovare la sua Degna, che lo aveva preceduto in cielo nel 1940. Fu veramente un caso sfortunato, perché Attilio era stato mandato a Montorsaio con i giovani figli di Severina e Feliciano, per proteggerli e stare lontano da avvenimenti pericolosi; quel giorno era tornato a Roselle per fare vista alla figlia e al genero, e ci trovò la morte. Attilio amava molto la madre, Filomena Costa, come testimonia una immagine di Santa Filomena che teneva sempre sopra il proprio letto. Forse questo affetto era aumentato per la triste fine che fece Filomena: ormai anziana cadde nel caminetto e riportò bruciature talmente estese e profonde che la fecero morire. Eravamo nel luglio 1898, in Piazza della Cisterna 17. Per capire questo luttuoso avvenimento dobbiamo immaginare i focolari delle case di un tempo, talmente grandi che sotto la cappa a volte trovavano posto anche una o due panche e gli anziani, sempre un po’ infreddoliti, d’inverno cercavano di stare quanto più potevano vicini al calore. Di Attilio Saloni e Degnamerita abbiamo al Marruchetone anche una foto che li ritrae davanti ad una casa colonica: vestito di elegante fustagno lui, con un abito leggero a fiori lei, testimoniano un matrimonio contrastato ma molto ben riuscito.

FAMIGLIA CORTI

La famiglia Corti probabilmente non è originaria della Maremma: si rammenta uno Stefano Corti, figlio di Giovanni, nativo di Castiglion de Gatti (de conti Pepoli, fuori del Granducato e poi facente parte del Dipartimento dell’Arno) e ivi domiciliato, che muore a Campagnatico, in casa Bellandi, nel 1813 a 67 anni. Nel Censimento del 1841 a Casal di Pari risulta una Silvia Corti, fu Domenico, di anni 21, moglie di Luigi Fratini (anni 26), fu Giuseppe, definito possidente, da cui ha avuto due figlie: Onesta, 5 anni, e Caterina, 2 anni, nata il 9 ottobre 1838. Luigi Fratini e Silvia hanno anche altri figli: nel 1841 Domenico Giuseppe, nel 1846 Antonio Maria Giuseppe, nel novembre 1848 Amabile Andrea (ancora una volta il nome Andrea è attribuito ad una donna) e nel 1851 Veronica Maria. Nel 1856, a Luigi e Silvia nasce anche Vitaliano Bernardino, sempre a Casal di Pari e nel 1859 la famiglia è arricchita dal figlio Pasquale. A Pari nel 1842 muore Umiliana Savelli, figlia di Giuseppe e di una certa Clorinda Corti, contadina. Nello stesso Censimento sono citati anche Corti Luigi di 14 anni, definito agricoltore possidente, e Corti Virgilio di 27 anni. Nel 1789 Corti Anna, forse sorella di Michele e Alessandro, è moglie di Giuseppe Dominici e partorisce Giacomo Serafino, a Montorsaio. Nel 1786, il vice curato di Montorsaio Giovanni Cresti, annota la morte di Alessandro Corti, di 40 anni, e, dopo pochi giorni, del fratello Michele, che ne ha 45, entrambi figli di Giuseppe Corti. Quando Michele muore, la moglie Maria Anna aveva da poco partorito due gemelli: Luigi Fortunato e Giovanni Bernardino. Nel castello di Montorsaio, nel 1800, ci sono due nuclei familiari con questo cognome: Corti Michele, fu Giuseppe, e Corti Sebastiano, erede del suddetto Michele. Sebastiano nel 1811 è definito testimone illetterato, come Giuseppe nel 1810 e 1813, perché, pur testimoniando, non sono in grado di firmare le loro deposizioni. Sebastiano Corti aveva sposato in prime nozze Lucia Bolognini, infatti nell’Estimo del 1802 è lui che fa dichiarazione dei beni per gli eredi Bolognini, in qualità di loro amministratore. In seconde nozze Sebastiano sposò Caterina Franci, figlia di Carlo e Giulia Marcucci, che

morirà nel 1853 a 72 anni. Sebastiano Corti, figlio del fu Michele e Marianna Salvani, muore nell’agosto 1847 ed è definito campagnolo povero; sua madre, Marianna Salvani, vedova Corti, era spirata a Montorsaio nel 1813. Nel 1809, in Contrada la Piazza, troviamo domiciliata anche Margherita Corti, figlia di Michele e Marianna, moglie di Giovanni Vaccari, fu Niccolò Ferdinando, che nel 1797 partorisce M. Francesca Teresa; nel 1799 Niccolò Ferdinando Michele e nel 1802 Luigi Franco. Nel luglio 1809 le muore il figlio Ferdinando, di dieci anni, ed una loro figlia, Vittoria Vaccari, definita bottegaia, sposa Lino Benocci e muore a Montorsaio nel 1851 a 43 anni di età. Sappiamo che nel 1832 Lino e Vittoria Benocci gestivano l’osteria delle Capannelle di Montorsaio e nel 1847 persero il figlio Ernesto di 19 mesi, come Vincenzo, che morì a 28 anni nel 1855. Lino e Vittoria Benocci ebbero anche il figlio Carlo che sposò Maria Malevolti, figlia di Luigi e Annunziata Pacci, il 23 aprile 1855. Pochi giorni dopo, cioè il 29 aprile, furono celebrate anche le nozze tra Domenico Benocci e Maddalena Costa, sorella di Filomena Costa, madre di Attilio Saloni. Della famiglia Corti, quello di cui abbiamo maggiori notizie è Michele Odoardo Ascanio, nipote di Michele Corti, come rievoca il nome, e di Marianna Salvani. Corti Michele Odoardo Ascanio, di Giuseppe e Modesta (1782/1849) di Mattia Giovannini, nasce il 24 marzo 1810 a Montorsaio; nel 1803 era nato Luigi, nel 1806 Lorenza Angelica e nel 1808 Caterina Maria. Michele morì il 22 marzo 1889, come testimonia il nipote Antonio di 22 anni; era vedovo di Cleope Lucrezia Lucherini e di Maria Mucciarelli, nativa di Sticciano, che era deceduta nell’agosto 1867, a 57 anni di età. A Modesta Giovannini, moglie di Giuseppe Corti, era morta nel 1810 la figlia Caterina, venuta al mondo nel 1808, chiamata parvula nei registri parrocchiali, e Flaminio Gigli è testimone di questo decesso. Modesta Giovannini, figlia del fu Mattia e M. Domenica Benocci, morì a Montorsaio nel 1849, già vedova di Giuseppe Corti. Nel Catasto del 1825 Michele risulta possessore di case, pasture e orti, come Sebastiano di Michele, la cui casa, identificata dalla particella 189 del suddetto Catasto, sembrerebbe quella di via degli Archi. Anche Michele Corti è, nel 1865, tra gli eleggibili del Comune di Campagnatico, con un reddito di lire 64,26.

Nel Censimento del 1841 a Montorsaio risulta un nucleo familiare così costituito: Corti Michele,di 33 anni, la moglie Cleope Lucrezia Mucciarelli di 31 anni, i figli Lorenzo (11) e Palmira (9) oltre alla madre Modesta (59) definita vedova possidente. Cleope è comare di battesimo nel 1846 di Francesco Vicini, il cui padre è definito bracciante miserabile. Lorenzo Corti, figlio di Michele, nel 1852 sposa Rosa Fralassi fu Giovanni e Maria Cavalli, a Paganico, paese di cui era originaria la sposa. Lo sposo ha 25 anni e la sposa 21. Nell’agosto 1853 hanno il primo figlio, Giuseppe, che però muore ben presto quando ha appena 11 ore; comare di questo frettoloso battesimo è la zia Palmira Corti. Nell’agosto 1854 a Lorenzo e Rosa Corti, nasce Isolina e nel luglio 1856 muore un altro Giuseppe di appena tre mesi. Nel dicembre 1858, all’età di 19 mesi, muore un terzo Giuseppe, figlio anch’esso di Lorenzo e Rosa, che era venuto alla luce nell’aprile 1857. Nell’aprile 1859 era nata anche una figlia, chiamata Apollonia Ginevra, seguita il 3 maggio 1861 da Giuseppe Pietro Giovanni, che muore il 26 febbraio 1864 a Montorsaio. Apollonia Corti vola al cielo nel settembre 1866, a 7 anni. Il 30 maggio 1863 Rosa Fralassi Corti aveva partorito Luigi Costantino Antonio, che però muore il 16 febbraio 1865. Il 13 giugno 1867 Rosa dette alla luce Antonio Eliseo Dante e infine, il 9 ottobre 1871, Cerbone Giuseppe Bernardino. Michele Corti ha anche una figlia Palmira, nata nel 1832, che nell’aprile 1856 sposa Antonio Gaggioli di 31 anni, possidente calzolaro, che evidentemente muore poco dopo, perché Palmira si risposa nel novembre 1859 con Pasquale Regoli, trentunenne possidente di Castiglioni della Pescaia, del fu Santi e Calzolari Caterina, da cui ha un figlio, Raffaello, che muore a 10 mesi il 13 ottobre 1861, dopo che il padre era già defunto. Poco dopo troviamo Palmira Corti di nuovo sposata, con Luigi Masetti di Pistoia, domiciliato anch’esso a Castiglioni della Pescaia, definito agente, a cui partorisce Leopoldo Agostino Ettore, il 28 agosto 1869. Baldovino Gigli e Luigi Benocci testimoniano anche questa nascita all’Ufficiale di Stato Civile, Michele Corti, padre di Palmira, che scrive tra parentesi molto semplicemente “ mia figlia ”. Da Antonio Eliseo Dante Corti, possidente di 26 anni, e “una donna non maritata, né affine né parente” , nasce Lorenzo nel 1895, sempre in Via degli Archi 27. Alberto Gigli

è testimone di questa nascita, come Antonio Corti lo era stato nel 1893 per la nascita di Aladino Saloni. Lorenzo sposa Concetta Giovannini, che gli partorisce Bruna, Rosa e Antonio. Come è evidente molti sono gli intrecci tra le famiglie Corti, Giovannini e Benocci. Anche Gino Corti nasce nel 1897 da Antonio e “ dalla sua unione con donna non maritata non parente né affine con lui nei gradi che ostano al riconoscimento” e solo successivamente Antonio sposa Giuseppa Santucci. Gino Corti, nell’agosto 1916, si unirà a Campagnatico con Maddalena Benocci di Eraide. Abbiamo trovato citata Eraide Benocci sul settimanale L’Ombrone del giugno 1891, quando partecipa a Montorsaio ad un concerto con scherzo comico intitolato: Meglio Vecchia , dimostrando piacevoli doti di attrice. Gino e Maddalena Corti hanno avuto quattro figli: Giuseppe, Eraide, Antonietta e Canzio. Gino Corti è morto nell’anno 1964. Giuseppe sposerà Gioconda Saloni, figlia di Aladino Saloni e di Clarissa (Clarice) Steri, rinsaldando i legami tra le due famiglie, e andando ad abitare in casa Saloni, posta nel Vicolo della Cisterna. Dalle nozze di Giuseppe e Gioconda nasce la odierna generazione dei Corti: Maddalena, già Direttrice dell’Archivio di Stato di Grosseto, e suo fratello Vincenzo. Maddalena Corti, coniugata con Pietro Tamburini, ha avuto due figli, Edoardo e Laura, ed anche suo fratello Vincenzo, marito di Rossana Dori, ha dato alla luce due figlie, a cui è stato imposto il nome di Irene e Giulia. Carla, la prima figlia di Giuseppe e Gioconda Corti, era nata il 6 settembre 1948 e morì il 22 luglio 1949, ad appena 11 mesi di vita, come avveniva così spesso a quei tempi. Zelinda Corti, forse un’altra figlia di Michele, era moglie di Ferdinando Innocenti da cui ebbe un figlio Gino Alessio nel 1880, in via degli Archi 27, ed Attilio nel 1877, che sposò Angela Pepi di Campagnatico nel 1905 e morì a Siena nel 1947. Zelinda Corti Innocenti nel 1883 aveva dato alla luce anche Arturo Anacleto Roberto, come testimoniano Giuseppe Gigli e Giuseppe Pieri. Nella casa posta in Vicolo degli Archi 27, Michele Corti svolgeva funzione di Ufficiale di Stato Civile delegato dal Comune di Campagnatico, con decreto del 10 luglio 1866, così come fece anche il suo discendente Giuseppe. La signora Gioconda Saloni nei Corti, di cui abbiamo riportato una intervista nel capitolo su Montorsaio, ci ha raccontato che Michele faceva il macellaio, veniva chiamato

Michelone, forse per la sua prestanza fisica, ed era un tipo burlone e chiacchierone.

FAMIGLIA BOLOGNINI

Abbiamo raccolto alcune notizie sui Bolognini per spiegare certi rapporti parentali tra questa famiglia e le altre di Montorsaio. Dalle notizie ricavate dai Libri mensuali raccolti nella Curia vescovile di Grosseto, i Bolognini risultano abitare a Montorsaio fin dal 1585. Erano certamente proprietari, come dimostra la dichiarazione resa da Alessandro di Angelo Bolognini all’estimo del 1783, in cui denuncia una casa posta nel castello di Montorsaio in contrada il Castelluccio, di stanze 4, dal valore di 36 lire e una stanza col semplice palco in via del Moro, da lire 10. Nel 1694, Maria Bolognini, figlia di Antonio e Margherita, nata nel 1675, si unisce a Giovambattista Rambelli, che nel 1679, con dispensa ecclesiastica per consanguineità, aveva sposato Costanza, figlia del tenente Fortunato Rambelli, citato dal Gherardini come proprietario di una delle due fonti di Montorsaio. Nel XVII secolo, a Montorsaio c’è un altro nucleo familiare che fa capo ad Alessandro Bolognini e Marta che hanno diversi figli: nel 1676 Giovanni; nel 1677 Clemente Francesco, nel 1679 Aurelio, nel 1682 Romeo; nel 1685 Barbara, nel 1694 Giuseppe e nel 1695 viene alla luce un’altra bambina a cui viene imposto ancora il nome Barbara, forse perché la prima era morta. Nel 1693 Artemia Bolognini, altra figlia di Alessandro, sposa Pasquino Angelini. Nel 1700 avviene un matrimonio tra Alessandro Bolognini (nome che ricorre spessissimo) ed una certa Caterina di Francesco. Si ricordano anche Alessandro e Giulia, a cui nel 1754 nasce Giuseppe Antonio Maria, nel 1755 Angelo Antonio e nel 1758 Maria Guglielma; Virginia Maddalena viene al mondo nel 1766 e Maria Anna nel 1768. Bolognini Pietro di Giuseppe nel 1756 sposa a Montorsaio Domenica Maria, figlia di Marco Palli Honestam puellam ex diocesi florentina.91 Le nozze furono allietate nel 1757 da Maria Maddalena Agnese, nel 1759 da Antonio Andrea e nel 1769 da Maria Benedetta Teresa. Pietro Bolognini muore nel 1770.

91 AVG, Libro dei matrimoni.

Altro nucleo familiare dei Bolognini che abitano a Montorsaio è quello di Angelo, di Alessandro, e Margherita di Matteo Tanzi; i due sposi generano Giuseppe Domenico Florindo nel 1792 e Tommaso Giovanni Santi nel 1793 La famiglia di Alessandro Bolognini e Giulia Guarnacci è allietata dai seguenti figli: - Giulio Cerbone nato nel 1760; - Bartolomea 1762/78; - M. Domenica nata nel 1771; - Margherita Giuseppa 1774/77. Nel Catasto del 1825 Alessandro Bolognini è registrato come proprietario di pasture, terreni vitati e di case, una delle quali in via del Corso 5, che è la attuale residenza di Adriana Gigli. Abbiamo trovato anche una Lorenza Bolognini, figlia di Tommaso, fu Angelo, e di Margherita Cugini 92 , figlia del fu Giovambattista Cugini, che nell’ottobre 1841, l’anno del Censimento, sposa il dottor Pietro Vannuccini, possidente come lei, medico di Sticciano, nato nel 1813, come Lorenza era nata nel 1817. Alessandro Bolognini è testimone di queste nozze. Probabilmente Tommaso e Alessandro erano fratelli, in quanto entrambi figli di Angelo Bolognini. Nel 1842, una Giuditta Bolognini, di Gaspero, è testimone di alcune nascite a Montorsaio. Nel Censimento del 1841 a Montorsaio è registrata una famiglia Bolognini così composta: - Alessandro, anni 47 possidente; - Gaspera Bartaletti, sua moglie di anni 41; - Tommaso di 16 anni, nato quindi nel 1825; - Maria Marta, possidente, ha solo 19 anni, quando sposa Giovanni Landi. I due sposi vanno ad abitare a Campagnatico, dove, nel 1850 hanno un figlio a cui impongono l’austero nome di Santi Zenone e Tommaso Bolognini, suo zio, fa da compare. Maria Bolognini, nei Landi, nel 1861 partorisce anche Felice Gaspero Eugenio. - Egidio, di anni 12, venuto al mondo nel 1829; - Clementina 11 anni; - Eusebio 6, nato nel 1835; - Ulisse 5; Bolognini Giulio Giuseppe Cornelio era nato nel 1840 e morto nel marzo 1841, cioè poco prima del Censimento. C’era stata anche una Elisa Maddalena Giulia Bolognini, sempre di Alessandro e Gaspera, che nasce e muore nel 1839.

92 Tommaso e Margherita si erano sposati nel maggio 1814 a Montorsaio.

Nel 1842 ad Alessandro e Gaspera nasce anche Margherita Assunta, che nel 1862 sposa Carlo Sartori, trentenne originario di Cinigiano, figlio di Antonio e Maria Grossini. Nel Repertorio alfabetico dei possidenti della Comunità di Campagnatico del 1854 sono citati tutti i personaggi da noi ricordati, distinguendo, come avveniva in realtà, i maschi, che erano proprietari di beni, e le femmine, che invece ricevevano di solito solo la legittima. Ad esempio Tommaso, Egidio, Eusebio e Angelo di Alessandro sono definiti possidenti e Margherita Assunta e Clementina sono solo legittimarie. Alessandro Bolognini, fu Angelo e Margherita Tanzi, morì, già vedovo di Gaspera Bartaletti, a 67 anni il 24 marzo 1863. Abbiamo trovato anche Angelo Bolognini, erede del defunto Alessandro e Gaspera, nato nel 1837, che sposa Teresa Ferrari figlia di Ignazio e Violante Santucci il 24 novembre 1862, quando lui ha 25 anni e la moglie 24. Il 27 maggio 1863, ad Angelo e Teresa nasce il primo figlio che ripete il nome del nonno paterno, Alessandro Lodovico Luigi Bolognini ma che ha vita breve, infatti muore, a otto mesi, il 2 febbraio 1864 e, per compensare la perdita, il 28 agosto 1864 nasce di nuovo Alessandro Giuseppe Pietro. Questo Alessandro Bolognini, all’età di 21 anni, il 7 febbraio 1885 sposa Giuseppa Bonucci, ventitreenne figlia di Primo e Claudia Gianninoni, da cui ha una bambina, Gemma, ma il giovane muore nel 1887, e la vedova si risposerà con Alberto Gigli, come abbiamo spiegato in precedenza. Giuseppe Gigli, padre di Alberto, era stato il Delegato di Stato Civile che aveva ufficializzato le nozze tra Alessandro e Giuseppa. Ad Angelo e Teresa Bolognini, nel novembre 1867, in via del Corso, nasce un altro figlio che deve essere stato molto atteso se lo chiamano Amato Lodovico Serafino, ma anche lui muore nel dicembre 1874; come nel settembre 1867 era morto il figlio Adolfo, a 20 mesi di età. Angelo Bolognini muore nel 1875, a 38 anni di età, come ricordano la moglie Teresa ed il figlio Alessandro nella lapide che posero nella chiesa di Montorsaio Clementina Bolognini, figlia di Alessandro e Gaspera, nel novembre 1849, sposerà Tommaso Pepi, che ha 24 anni ed è figlio di Francesco e di Amabile Marcucci. Anche Clementina è molto giovane, infatti ha solo 18 anni. Dobbiamo ricordare che Francesco Pepi, padre di Tommaso, era figlio di Caterina Nati e Pietro Pepi.

Rimasta ben presto vedova, nel 1852, Clementina, che ha appena 21 anni, si unisce ad Alfonso Marzocchi, di 34 anni, figlio di Vincenzo e Rosa Ciacci, che nel 1844 era medico condotto a Montorsaio. Registra queste nozze Niccola Fabbrucci, cappellano, vacante la Cura , come scrive diligentemente, e non è l’unica registrazione che troviamo a suo nome, infatti il pievano Bacherini era morto il 26 ottobre 1852 e solo nel 1853 troviamo un nuovo parroco a Montorsaio: Luigi Giangiacomi. Clementina e Alfonso Marzocchi nel gennaio 1855 hanno una figlia Vincenza Adele che nasce gracile e a nulla valgono le premurose cure del padre medico, la bambina muore dopo 9 giorni di vita. Nel febbraio 1857 ad Alfonso e Clementina nasce Vincenzo, a cui viene dato il nome del nonno paterno, e che ha come commare di battesimo Assunta Bolognini, sorella di Clementina. Nel 1856 troviamo Clementina Bolognini nei Marzocchi commare di battesimo di Cesira Versi domiciliata a Grosseto, nata forse a Montorsaio per l’estatatura della famiglia. Sempre a Montorsaio, Tommaso Bolognini, altro figlio di Alessandro e Gaspera, nel marzo 1850, si unisce a Porzia Faccendi, diciottenne figlia di Ferdinando e Carolina Perfetti. Nel marzo 1851, in Via del Corso 11, nasce loro una figlia a cui danno il nome di Flavia Maria Ersilia e nel febbraio 1853 Porzia partorisce un’altra figlia a cui viene dato il nome di Elettra. Nel luglio 1854 Porzia Faccendi Bolognini presenzia al battesimo di Alberto Gigli. Porzia e Tommaso Bolognini, nel settembre 1859, hanno un altro figlio, Eugenio Costantino Ottavio, battezzato alla presenza di Francesco ed Elvira Nati, ma il bambino muore dopo soli 12 giorni, come succedeva molto spesso a quei tempi. Il 16 marzo 1862 la loro unione è allietata dalla nascita di un’altra bambina: Fine Elisa Teresa. Questa donna è ricordata in una lapide collocata nella parete di fondo della chiesa dedicata a S.Cerbone, dove si legge che morì nel 1880, a soli sei mesi dalle nozze con un giovane della famiglia Pacinotti. Il 28 dicembre 1864, a Porzia e Tommaso Bolognini era nato anche Ferdinando Vincenzo Napoleone, il cui nome forse testimonia un rimpianto verso il grande condottiero.

Nell’ottobre 1867 a Tommaso, che ha 42 anni, e Porzia nasce Brigida Claudia Placidia Serafina, in Vicolo Buio 33 e nel dicembre 1873, a Tommaso, che ha ormai 50 anni, ed a Porzia nasce Emma Anna Annunziata, che nel maggio 1895 sposerà Guglielmo Bordigoni. Flavia Bolognini, primogenita figlia di Tommaso e Porzia, sposa Silvio Ferrari, di Carlo e Candida Landi nel 1874 e nell’aprile 1875 nasce la prima figlia, Amelia Assunta Savina, la cui morte è registrata a Campagnatico nel 1966. Cerbone Leone Giuseppe Gabbriello Ferrari nacque nel 1878 e di lui sappiamo che nel 1927 sposò a Grosseto Terzilia Radichiasani. Nel 1883, a Flavia e Silvio Ferrari, nasce un’altra bambina, a cui viene dato un lungo nome, in parte secondo le regole del rispetto verso gli antenati, e in parte del tutto nuovo: Porzia Vittoria Adelaide Sincletica. Placido Ferdinando Antonio, sempre di Silvio Ferrari e Flavia, viene alla luce nel gennaio 1886. Porzia Faccendi Bolognini muore nel marzo 1876, all’età di 44 anni, e Tommaso, che ne ha ormai 55, il 13 settembre 1880 si risposa con Maria Lelli, di 38 anni, fu Giuseppe ed Angela Santi ed ha Luigi Benocci, definito Procaccia comunale, come testimonio. Tommaso Bolognini nel 1879 figura nell’elenco dei giurati ordinari chiamati a prestar servizio nella prima quindicina, cioè la quarta sessione, che iniziava il 13 novembre 93 . Nel maggio 1895, il settimana L’Ombrone riporta la seguente notizia: “ Il possidente Tommaso Bolognini rimanendo a contrasto tra un carro riportò la frattura di varie costole”. Una Giuditta Faccendi, figlia di Guglielmo, muore nel luglio 1865, all’età di 63 anni, quando era già vedova di Giuseppe, quindi era nata nel 1802 ed era zia di Porzia Faccendi. A proposito della famiglia Faccendi, il settimanale L’Ombrone del 1891. riferisce un curioso episodio accaduto il 7 ottobre 1764 ad uno dei suoi componenti. “Circa l’un’ora di notte il signor Luigi Faccendi, uno dei principali possidenti del Castello di Montorsaio, essendo al balzello al cinghiale, in luogo denominato la Bufalatica, senza saperlo, essendovi anche il suo compaesano Santi Bacconi, lo scambiò per un cinghiale e lo ferì mortalmente, per cui dopo tre giorni cessò di vivere. Il Faccendi non potè essere catturato perché si rifugiò nel convento dei Padri Scalzi di S.

93 BCCG, L’Ombrone , 9 novembre 1879.

Ansano in Roccastrada. 94 La vedova, donna Tommasa Tartagli, ebbe per compenso mezzo moggio di grano ed uno staiale di olio”. Sembra un aneddoto scherzoso ed invece ancora oggi talvolta incidenti simili accadono durante la caccia al cinghiale. Eusebio Bolognini, che dimorava in Vicolo della Fortuna 26, si coniugò con Merope Mori, fu Giuseppe, da cui ebbe il 24 agosto 1861 un figlio a cui fu dato il nome di Gaspero Antonio Eufemio, che morì il 28 settembre 1866. Il 30 agosto 1863 era nata Margherita Alessandra Isolina, che ebbe lo zio Egidio come testimone di battesimo. Isolina Bolognini, il 15 gennaio 1889, si unisce a Francesco Saloni, dalla cui unione naturale erano già nati Ada, nel 1887, e Pietro nel 1889. Bernardino Augusto Oreste, altro figlio di Eusebio Bolognini e Merope, muore a tre mesi di vita il 3 gennaio 1865, era nato nell’ottobre 1864. Nel gennaio 1868, sempre in vicolo della Fortuna 26, venne alla luce anche Giuseppe Sem Francesco, che visse fino al 23 settembre 1870. Nel gennaio 1870, a Eusebio Bolognini, che ha 35 anni, e alla moglie, Merope,era nata anche Elisea Maria Carolina, come testimoniano ancora una volta Baldovino Gigli e Luigi Benocci, ma la bambina muore tristemente due giorni dopo. Apollonia Maddalena Amalia Bolognini nasce nell’aprile 1873, ma muore nel dicembre 1875. Nel maggio 1871 erano venuti alla luce anche due gemelli, chiamati poco originalmente Maria e Giuseppe Bolognini. Nell’aprile 1875, dopo la morte di tanti figli, ad Eusebio Bolognini e Merope, che resiedevano in Vicolo Buio 26, nasce Amato Lorenzo Luigi, che nel 1897 sposerà Marianna Piazzesi e morirà a Grosseto nel maggio 1961. Dall’unione di Amato e Marianna nacque la figlia Concetta, in via degli Archi 26, che però morì a soli 21 giorni il 29 dicembre 1897. Un’altra Isolina Bolognini, atta a casa, nasce il 1 novembre 1899. Nel 1878 Eusebio Bolognini faceva parte del Consiglio Comunale di Campagnatico.

94 Il diritto di asilo nelle chiese fu abolito da Pietro Leopoldo nel 1769.

FAMIGLIA MANINI

La famiglia Manini è esemplare per dimostrare i diversi modi con cui si popolava la Maremma tra il 1700 e il 1800. Era originaria di un piccolo villaggio vicino a Firenzuola: la Badia di Moscheta, ed era venuta in Maremma, come tante altre, per utilizzare i pascoli invernali per le proprie greggi, soggiornando invece, per il resto dell’anno, nell’Appennino toscano. La badia di San Pietro a Moscheta era stata fondata da San Giovanni Gualberto per la Congregazione vallombrosana e più volte il santo vi soggiornò. Fu soppressa nel secolo XVIII, ma rimase la parrocchia che era stata istituita nel 1784. Nel popolo di Moscheta esistono due oratori: uno dedicato a San Giovanni Battista, situato nella proprietà del signor Giuseppe Calamini, e l’altro di S. Matteo del signor Domenico Rinaldi 95 . Le notizie più antiche riguardano Giovanni Antonio Manini della Cicuta, cioè originario di un piccolo gruppo di case vicino alla Badia, nato da Pietro nel 1673 e morto nel 1733. I registri delle parrocchie diventano sempre più difficili da interpretare man mano che si va indietro nel tempo, perciò non è del tutto sicuro che Giovanfrancesco di Piero della Cicuta, morto a 6 anni il 7 agosto 1686, sia figlio di Pietro Manini, come Giovanni, morto nello stesso anno, il 22 agosto all’età di 9 anni, ma ciò è abbastanza verosimile. Pietro Manini ha anche una figlia, Domenica, che muore nel 1729 a 55 anni di età. Giovanni Antonio ha diversi figli: Giovanna, che muore nel luglio 1729 a 13 mesi; Jacopo, Mariano, M.Santa, Archangelo, Santi e Domenica. Seguiremo separatamente ogni ramo di questa famiglia. -Nel 1712 muore Pietro Antonio, figlio di Archangelo, a 4 anni di età e nel 1716 muore anche una bimba, Maria, di appena 15 mesi. Nel 1736 Giovanni Antonio Manini, altro figlio di Arcangelo, si unisce a donna M. Ancella di Domenico Ballerini. L’anno successivo, il 1737, sua sorella Maddalena sposa Costantino di Santi Clarini e nel 1738 Domenica, altra figlia di Arcangelo Manini, si coniuga con Pietro Maria Rinaldi di Domenico. Archangelo Manini muore a 60 anni nel 1721. Francesca Manini muore a 65 anni nel 1734 e potrebbe essere la moglie di Archangelo.

95 AVF, Raccolta di notizie storiche riguardanti la Chiese dell’Arcidiocesi di Firenze, a cura di Luigi Santoni, 1974

-Domenico, figlio di Jacopo, nel 1733 si coniuga con Donna Maria di Piero Diani, alla presenza di Giovanni Manini. Anche Caterina, altra figlia di Jacopo Manini, sposa un Diani, Giovanni Andrea figlio di Raffaello. Le nozze avvengono nel 1707. Un’altra sorella, di nome Domenica, muore nel 1719 ed era nata nel 1700. La famiglia Manini ha conservato alcuni documenti contabili dei secoli trascorsi che ci permettono di ricostruire determinati passaggi generazionali e di proprietà. Sappiamo quindi che Domenico Manini, il 6 maggio 1769 compra per scudi 19 e lire 7 un posto in Moscheta, denominato i Tronchi delle macchie, e lo compra da Paolo del fu Jacopo Pieri, come testimoniano Jacopo di Francesco Diani e Domenico Rinessi, stimatori eletti di comune consenso per misurare il suddetto terreno. Lo stesso Paolo di Giacomo Pieri nel febbraio 1778 compra alcuni pedoni di castagni stati questi assegnati a titolo e nome di sua dote dalla paterna e materna casa, in Moscheta, venduto in Montorsaio da Donna Lisabetta, vedova del fu Mario Ricci della badia di Moscheta, con i figli Lorenzo e Domenico, abitante ormai la donna da molti anni in questa terra. La vendita per procura avviene a Moscheta ad opera di Angiolo Lorenzo Ballerini. I Pieri e i Diani si imparentano spesso con i Manini. Nel 1790 Domenico e Pier Giorgio di Giovanni Antonio Pieri estinguono la tassa di dipendenza su alcuni loro beni facenti parte dell’ex Patrimonio Ecclesiastico e nel 1869 Giovanni Pieri è domiciliato al Cerro Sughero di Montorsaio, pur essendo originario di San Pietro a Moscheta di Firenzuola. Ma torniamo ai Manini: M. Lisabetta, figlia di Domenico Manini, nel 1775 si sposa con Giuseppe Ballini, figlio di Michele, del Popolo di S. Maria a Frena, da cui ha diversi eredi: Angiola nel luglio 1776, con il fratello Ferdinando Manini testimone al battesimo; Vincenzo nato nel 1778 e Lorenzo Gaetano venuto alla luce nel 1784. Anche Ferdinando e Paolo sono figli di Domenico Manini. Ferdinando nel luglio 1778 si unisce a Maria Maddalena di Paolo Pieri e nel 1779 ebbero la piccola Maria Angiola. Nel 1785 avranno il figlio Angiolo. Nel 1789 morì la piccola Domenica Maria, di Fiordinando, di appena 13 mesi e fu seppellita nella tomba degli Angioli, come la sorellina Violante che salì al cielo nell’agosto 1800, avendo 16 mesi. Ferdinando Manini è passato a quell’altra vita, in luogo detto la Cicuta, il 16 maggio 1830 e il di lui cadavero fu sepolto

sotto il loggiato di questa chiesa. Così riporta il poetico pievano di San Pietro a Moscheta. Angiolo Manini, di Ferdinando, si unisce a M.Annunziata Tagliaferri, fu Antonio e fu Angiola Malavolti, che muore nel marzo 1824 a 24 anni di età. Valente Manini, altro figlio di Ferdinando, rese l’anima al suo creatore , nel 1800 ad appena 1 anni e 4 mesi di età. Anche Domenico Maria era morto ad 1 mese e 9 giorni nel 1789, e il piccolo Giosafatte di Fiordinando (come a volte è scritto questo nome), morì dopo ore 9 che fu dato alla luce e fu battezzato in casa dalla levatrice e gli furono fatte le solite esequie e dopo ore 24 dalla morte gli fu data la sepoltura in questa chiesa nella tomba de bambini (3 marzo 1784), come scrive il curato Santi Niccolai. Era la seconda volta che Fiordinando provava a dare il nome di Giosafatte 96 ad un bambino: la prima era stata nel gennaio 1783, ma il piccolo Giosafatte Manini, dopo esser vissuto 17 giorni se ne volò alla gloria eterna del Santo Paradiso. Il terzo Giosafatte viene alla luce nel 1789, si unisce a Annunziata Tronconi, da cui ha tre figli, come risulta dal Censimento del 1841 a Moscheta: Angelo Luigi, di 18 anni; Domenico di 16 e M. Rosa di 12. Maria Rosa Manini, nel 1858, sposò Michele Innocenti, fu Giuseppe e Maria Diani, del popolo di Scarperia, del quale rimase vedova e morì ad Istia, in Piazza del Castello, il 29 dicembre 1899 a 72 anni di età, con benedizione pontificia in articulo mortis, come recita il certificato di morte. Maria, sua figlia, moglie di Isidoro Milli, muore a 48 anni nel 1906. Nel 1846 Michele Innocenti e Rosa Manini avevano generato Eusepio, nato alla Casetta di Tiara presso Firenze, il quale nel 1886 sposa Filomena, figlia di Matteo Ceccarelli e Angelica Gorini, nata a Seggiano, in territorio di Montalcino, ventitre anni prima. Domenico, figlio di Giosafatte, si unì a Maria di Domenico Giorgi, e nel 1875 misero al mondo Maria Domenica Annunziata, a Moscheta dove erano qualificati come possidenti. Ci sono altre notizie che riguardano Domenico Manini e la moglie Maria Diani, contadini proprietari , con diversi figli: Jacopo, che muore a Moscheta nel 1810, vedovo di 69 anni,

96 Il nome Giosafatte è di origine ebraica e significa il Signore giudica (jehosciafat dalla stessa radice di jehoa= il Signore), si festeggia il 12 novembre e si ricorda San Giosafatte vescovo e martire dell’Ordine di San Basilio, che operò in Rutenia, nel XVI secolo, quando questa regione faceva parte della Polonia.

come testimonia suo fratello Ferdinando, che nel 1810 ha 62 anni, e Marianna che, nel 1834, sposa Cosimo Barzagli, di Luigi e Assunta Tagliaferri. Altro testimone della morte di Jacopo Manini è il nipote Angiolo di 25 anni. Il 16 ottobre 1783 Raffaello, figlio di Jacopo, di 17 giorni rese l’anima al suo creatore , mentre M. Giovanna Manini, altra figlia di Jacopo, si coniuga nel 1805 con Jacopo Barlotti, fu Domenico, e le sue nozze sono poeticamente presentate dal pievano Pier Santi Niccolai con queste parole: “Vennero alla donazione dell’anello matrimoniale”. Dal loro matrimonio nasce Santi Barlotti, del Popolo di San Bartolomeo a Lozzole, che nel 1841 sposa M. Assunta di Domenico Rinaldi. Nel 1808 a Jacopo Manini muore un’altra figlia, M.Angiola, ad appena 5 giorni di vita. Il vecchio Domenico Manini, figlio del defunto Jacopo, muore nell’agosto 1772, a circa 60 anni; il 1 febbraio 1744 gli era morto il figlio Pier Giovanni e nel 1737 aveva perduto Antonio, di 2 anni e nove mesi. Sabato Manini, figlio di Jacopo e fratello di Domenico, nel 1739 sposa M. Lucrezia, nata nel 1702 da Giuseppe Malevolti, che cessa di vivere nel febbraio 1752. Suo figlio Piero morì nel maggio 1769. -Nel 1744 M.Santa, figlia di Giovanni Antonio Manini e probabilmente sorella di Jacopo, sposa Santi Rinaldi, figlio di Domenico e quindi fratello di Pietro Maria, marito di Domenica di Arcangelo Manini; il loro figlio Michele Rinaldi muore nel 1818 a 64 anni di età. -Giovanni Manini, nato da Giovanni Antonio nel 1709, passò da questa all’altra vita questo giorno suddetto (30 aprile 1767) ore 14 italiane della mattina d’anni 58 in circa senza ricevere i SS.Sacramenti per non essere stato avvisato il curato in tempo . Così si difende il curato Giovanni Filippo Simonetti. Giovanni aveva generato tantissimi figli, ma la maggior parte erano presto deceduti. Valentino era morto ad 1 anno nel settembre 1747; M. Francesca compiva 3 anni quando perse la vita nel 1741 e Angelo Maria aveva appena 8 giorni quando salì al cielo il 12 aprile 1741. Giuseppe, di Giovanni Manini, passò a miglior vita nel maggio 1759 a 2 anni di età; M.Rosa morì alla stessa età ma nel settembre 1750; nel febbraio 1751 era morto un altro Giuseppe Maria di 13 anni; nell’agosto 1767 fu la volta di Michele che ne aveva ben 28. M. Santa Manini, di Giovanni, visse una vita normale e morì a 52 anni nel 1803.

-Mariano Manini, altro figlio di Giovanni Antonio, muore nel febbraio 1771 a 56 anni, dopo aver sposato M. Santa del fu Pier Giovanni Calamini. Nell’ottobre 1792 M. Anna Manini, figlia di Mariano, e Maria Santa, diventa moglie di Giuseppe Diani, figlio del defunto Pier Domenico, ed il loro figlio Ermenegildo, nel 1827, si unisce a M. Maddalena di Sabato d’Agnolo e M. Santa Simonetti. Nel 1834 M. Assunta, figlia anch’essa di M. Anna e Giuseppe Diani, sposa Luigi Sforzi, figlio di Annangiolo. Domenico, altro figlio di Giuseppe e M. Anna Diani, muore a 35 anni il 6 dicembre 1824 e , terminate l’ore 24 dal punto della morte, il di lui cadavero fu sepolto sotto il loggiato di questa chiesa. Questa è una delle tante formule usate dai curati di Moscheta e Firenzuola che sembrano tentare di personalizzare il certificato di morte. Un’altra figlia di Giuseppe Diani e M.Anna Manini è Celeste, che, nel settembre 1821, muore, a 24 anni di età, in una località chiamata il Giogarello. Nel maggio 1809, a Giuseppe e M. Anna nasce anche Domenica Maria Carolina. Nel luglio 1808, Giovanni Antonio Maria Manini, nato il 9 febbraio 1771 da Mariano, sposa M. Francesca Carolina Bernini, di 21 anni, domiciliata a di Firenzuola, figlia di Giuseppe, del fu Valentino Bernini, morto nel 1800, e di Maria Maddalena del fu Pier Maria Carlaccini. La sposa non sa firmare mentre lo sposo sì. Giovann’Antonio Manini, nello Stato Civile Lorenese, viene definito coltivatore delle proprie terre. Dal suo matrimonio con Carolina Bernini, nel maggio 1811, a Moscheta, nasce Maria Maddalena Gesualda Domenica Gaspera e il 21 dicembre 1813 Luigi Mariano Gaspero. Maddalena Manini, nel 1833, sposa Gaetano Ballerini, anche lui originario di Moscheta, figlio di Giovanni e Alessandra Sabatini, e gli partorisce Giovanni Luigi Antonio nel 1839 e Pietro Ermenegildo nel 1841. La famiglia Manini si divideva tra la Maremma e la montagna seguendo il ritmo delle stagioni, quindi troviamo suoi componenti sia a Moscheta che a Montorsaio che ai di Campagnatico, ma tra il 1858 e il 1890 non troviamo battesimi di Manini a Firenzuola, quindi vuol dire che si erano spostati verso la Maremma. Al nucleo di Montorsaio appartengono Luigi Manini, figlio di Pier Giovanni Antonio e Carolina Bernini; Maria Lucia (1783/1855) e Domenico Antonio Florindo, nato nel 1786 da Pier Giovanni Manini e Maria Lambardi.

Luigi, nel 1840, aveva sposato Diomira, figlia di Giuseppe Calerini. Da Luigi e Diomira, nel 1855 a Moscheta nacque Giovanni, che ha come comare di battesimo Maddalena Manini. Da queste nozze erano nati anche Ignazio e G. Angelo. Il primo resiedeva a Montorsaio, in Via del Corso 7, dove svolgeva l’attività di macellaio, come si deduce dalle stanze terrene della casa attualmente appartenente ad Argia Manini, dove venivano macellate le bestie. Nel Censimento del 1841 Luigi e Diomira Manini sono ascritti a Moscheta di Firenzuola, assieme a Giovanni Domenico Manini, di 18 anni, forse fratello di Luigi, nel nucleo familiare di Calerini Giuseppe, di 62 anni, con la moglie Gaspera di 58, il fratello Ignazio, di 48, e sua moglie Gesualda, di 53 anni. Certamente Luigi Manini è uno dei più attivi e più produttivi della sua famiglia, ad esempio il 27 ottobre 1851 egli prende in affitto da Vincenzo fu Giuseppe Calerini e Diomira, sua moglie, al cospetto di Lorenzo Pieri, amministratore dei Calerini, un appezzamento di terreno posto in Moscheta, detto il Castagnetuccio, per 5 anni, a cominciare dal 1 gennaio 1852, pagando in anticipo l’affitto di 22 Francesconi e mezzo. E’ ancora lui che il 10 ottobre 1871 presta lire 297.80 a Vincenzo e Luigi di Francesco Barzagli, appartenenti al popolo di San Pietro in Moscheta, con un interesse del 6% all’anno. Molto interessante è un lasciapassare rilasciato dalla Delegazione di Governo di Scarperia a Luigi Manini nell’ottobre 1862, in cui si dice che lui e i componenti della sua famiglia sono persone non pregiudicate con la giustizia e perciò possono liberamente trasferirsi nella provincia di Grosseto per attendere alla pastorizia ed alla cultura dei propri possessi. Vengono anche descritti i suoi connotati, che ci danno particolari molto più precisi di una fotografia: - Anni 49 - Statura 1,69 - Capelli grigi - Occhi castagni - Fronte bassa - Ciglia castagne - Viso regolare - Carnagione olivastra - Naso piccolo - Bocca media - Mento coperto da barba nera

- Segni particolari: un soprosso nel polso della mano sinistra. Lucia Manini, moglie di Francesco Nati, aveva avuto tantissimi figli, ma pochi sopravvissero. Nel 1798 era nato Giovambattista Carlo, nel 1800 Maria Giovanna; un’altra Maria Rosa Giovanna nasce nel 1802; e nel 1804 Nunziata Giovanna; nel 1805 nasce Pietro Angelo, nel 1807 Fortunato e nel 1808 Maria, ma nel Censimento del 1841 a Montorsaio è elencato un nucleo familiare comprendente soltanto Nati Manini Lucia, di 59 anni, possidente vedova di Francesco Nati, e Argentina (24 anni), Teresa (21), e Uliva (20). Artemisia Florinda Nati era nata nel 1814 e morta nel 1815;Uliva era del 1822; Giovanna nasce nel 1811 e muore nel 1887; Teresa vive dal 1820 al 1885, ed era venuta al mondo anche la piccola Giovacchina. Lucia Manini, coniugata Nati, muore nel febbraio 1855. Il 30 maggio 1870, Oliva Nati si coniuga con Ignazio Manini, di Luigi, possidente di 28 anni; Michelangelo Gigli, marito di Sulspizia Nati, funge da testimone. Da queste nozze nasce, nella casa posta in via del Corso 7, Supplizia Carolina Maddalena Maria Antonia, il 13 marzo 1871, come testimoniano Afredo Weible, amico di famiglia, e Luigi Montaini, di Pietro, pievano di Montorsaio. Giuseppe Giovambattista Carlo Manini nasce il 27 gennaio 1872. Appena a nove mesi di distanza… Giuseppe Manini divenne sacerdote e per molti anni, dall’inizio del 1900, fu parroco di Batignano; nel maggio 1895 celebrò la prima messa nel paese di origine, con accoglienze oneste e liete da parte della popolazione. Don Manini era un uomo attivo, che forse deve la sua longevità alle camminate frequenti, come ricorda suo cugino Orlando, infatti da Batignano andava a piedi sia a Montorsaio che ai Marrucheti. Morì più che novantenne nel 1963. Manini Eletta Argia, sempre figlia di Ignazio e Oliva, nasce il 20 febbraio 1877 e nel 1897, il 27 ottobre, sposa Lorenzo Ferrari, di Carlo e Candida Carli, a cui nel 1899 partorisce Carla, in Via del Corso 12. Oliva Nati nei Manini muore il 15 luglio 1936 ed è seppellita nel cimitero di Montorsaio. Degno di nota è il matrimonio di Sulspizia Manini (chiamata anche Supplizia), sorella di Eletta, che si sposa nel 1897, con Ulisse Giorgi , ma muore, a soli 26 anni, poco dopo le sue nozze, come testimonia il fratello Giuseppe Manini, già sacerdote. Ulisse Giorgi, figlio di Domenico e Maria Anzidei, era nato a Castel del Piano, nella diocesi di Montalcino.

Nel registro dei matrimoni di Montorsaio si legge:“Io Giacomo Greppoli, assessore municipale in assenza del Sindaco esercente la funzione di Ufficiale di Stato Civile, in seguito di richiesta fatta a me a nome di Manini Supplizia la quale era in imminente pericolo di vita e intende contrarre matrimonio all’effetto di legittimare due figli naturali..mi sono con il segretario comunale trasferito in questa casa ove ho trovato nello stato sopra indicato ma sana di mente Supplizia Manini e Giorgi Ulisse, di Domenico e Anzidei Maria, originario di Casteldelpiano” . Era il 6 settembre 1897, in Via del Corso 7 e, di fronte a 4 testimoni, Francesco Saloni, Francesco Nisi, Alfredo Straccali e Gaetano Barbagli, Giacomo Greppoli ufficializzò le nozze. Le figlie, Adele nata nel 1891, e Luigia nel 1896, erano state riconosciute solo dal padre. “La detta sposa dichiara di essere la madre e di riconoscerle per proprie, all’effetto che coll’attuale suo matrimonio, siano i detti figli legittimati”. Nel 1878, Ignazio e Oliva danno alla luce Luigi Augusto Amedeo, che nasce in campagna, ai Marrucheti, quando il padre ha 36 anni. Luigi si sposò due volte: la prima con Adalgisa Lelli e la seconda con Carola Luttazzi da cui ebbe due figlie: Giuseppina e Argia. Egli morirà nell’aprile del 1944. Argia Manini ha sposato Giuseppe Guerrini, da cui non ha avuto figli, mentre Giuseppina, moglie di Ferdinando Saloni, ha partorito due gemelli: Luisa e Luigi. Nel 1891 i Manini possedevano a Montorsaio la casa del tenente Rambelli, citata nella Relazione Gherardini. G. Angelo, altro figlio di Luigi Manini, si stabilì ai Marrucheti e sposò Maddalena Pieri da cui ebbe diversi figli: Amato, Settimio, Amedeo, Stella e M. Benedetta. M. Benedetta si coniugò con Guglielmo Sforzi, rafforzando i legami parentali tra le due famiglie, da cui ebbe due figlie: Primetta e Artemia. Artemia ha sposato Narciso Tonini da cui sono nate Marta e Marco; mentre Primetta, coniugata con Gino Barzagli, ha dato alla luce Gilberto e Filiberto. Stella sposò il fattore di Ronta, località vicino Borgo San Lorenzo, e fece una tragica fine sotto i bombardamenti del 1944, assieme ad un figlio di appena quindici anni. Amedeo trascorse la sua esistenza a Ponsalla, nel comune di Scarperia. Amato, che era nato a Fiorenzuola nel 1886, Settimio e M. Benedetta rimasero ai Marrucheti, dove Amato prese in moglie Veronica Sforzi dalla quale ebbe tre figli maschi: Orlando, Amelio e Natalino, di cui è sopravvissuto solo

Orlando, nato nel 1916, coniugato con Dusolina Diani, che ha partorito Amelia, che ricorda il nome dello zio morto in giovane età, ma che tutti chiamano Maria Stella, in memoria di tutte e due le zie paterne. Orlando Manini ricorda le lunghe giornate trascorse a cavallo in mezzo alle greggi, la dura fatica del taglio del bosco e l’attesa di fronte alle oscure carbonaie ed è deceduto serenamente, nel 2007, dopo una vita lunga e serena. Settimio Manini, nato nel 1899, sposò Rosa Guidoni ed hanno avuto un figlio, Benito, che ha studiato Ingegneria ed ha preso la strada della grande città, Firenze, mentre il cugino Orlando ha portato avanti l’azienda agricola nella Maremma. Gli unici maschi attualmente in casa Manini sono i figli di Benito, cioè Luca ed Alessandro, a cui spetta il compito di perpetrare il nome della famiglia.

ALTRE FAMIGLIE

Passo ora a parlare brevemente di altre famiglie su cui le conoscenze non sono complete, perché solo strada facendo ho voluto allargare le ricerche ad altre persone con cui i Gigli, i Nati e i Saloni si erano imparentati. Chiedo scusa per l’incompletezza ma penso che in ogni caso farà piacere conoscere alcune vicende dei propri antenati e queste poche notizie potrebbero, inoltre, fornire materiale, e suscitare interesse, per una successiva ricerca.

Ballerini

Il riferimento più antico che abbiamo individuato, riguarda Angelo e Lorenzo Ballerini che, nell’Estimo del 1802, dichiarano di possedere in Montorsaio un corpo di terre incirca di moggia 13 in parte lavorative, in parte macchiose con piante tardive e scopi acquistate a livello da questa Comunità . Troviamo poi Natale Ballerini, che sposa Giovanna Rinaldi, da cui ha un figlio, Sabbatino, che muore a Montorsaio nel 1812, come testimoniano Franco Nati e Agostino Rambelli. Abbiamo inoltre notizia di Marco, nato nel 1793, figlio del defunto Marco, e Domenico, del 1782, che forse sono fratelli e parenti di Natale, poiché questo nome si ripete in molte generazioni. Nel Censimento del 1841 troviamo Marco Ballerini ( che ha 50 anni) marito di Maria Nisi, definito postino indigente, con tre figli: Guglielmo, di 8 anni; Natale di 6 e Maria Antonia Maddalena, nata nel 1838. Guglielmo e Natale Ballerini, sono elencati tra i possidenti della Comunità di Campagnatico del 1854, assieme ad Antonio Ballerini, figlio di Guglielmo, all’epoca già defunto. Natale Ballerini sposa nel febbraio 1865, all’età di 28 anni, Angela Fini (che ne ha 20 ) figlia di Pietro e Caterina Pepi. Egli abita dapprima in Via degli Archi 28 e poi in Via del Corso 45. Nel 1867 ai due coniugi nacque Marco Ignazio Sinibaldo, che ripeteva il nome del nonno paterno, che visse soltanto 4 mesi. Nel 1870, a Natale ed Angela, nasce anche Marco Giuseppe Antonio, sempre in Via degli Archi 28. Alberta Ballerini viene alla luce nel 1872 e nel 1891 si sposa con Eugenio Rocchi, figlio di Giuseppe e Diomira Pieri.

Nel 1841 a Montorsaio esiste un’altra famiglia Ballerini, così composta: Domenico, di 59 anni macellaio possidente, Luisa Edvige, sua moglie, figlia di Valentino, che ha 48 anni e 4 eredi: Vincenzo, il figlio ventiduenne che ha seguito il lavoro del padre, Clorinda di 19 anni, Annunziata di 17 e Adelaide di 15. Ballerini Luigi Alessandro, altro figlio di Domenico ed Edvige, era nato a Montorsaio nel gennaio 1821, ma probabilmente morì presto perché non è nominato nel Censimento del 1841. Vincenzo Ballerini morì, all’età di 48 anni, nel 1867, in Via del Corso 7, vedovo di Maria Tilli. La madre Luisa, già vedova di Domenico Ballerini, aveva all’epoca 76 anni ed è qualificata come ostessa. Ballerini Annunziata, figlia di Domenico, nata a Montorsaio nel 1825, definita bottegaia di stoviglie e cibarie , sposata con Giuseppe Ginanneschi, nato a Seggiano nel 1815, alla fine del 1800 resiedeva a Grosseto in Via Goldoni n. 4 con due figli: Egisto e Adelaide. Teneva in casa anche un nipote, Rinaldo Cappelli, fu Antonio, ministro di tabacchi, originario di Montorsaio nel 1847 e coniugato con Ada Neri. Adalgisa Cappelli, figlia di Rinaldo, era nata nel 1870 a Grosseto, come la sorella Adelinda, nata nel 1872; entrambe sono definite rettanti.

Cappelli

Cappelli Francesco (1784/1840) di professione muratore, figlio di Antonio, di Lino, e Angela Lamberi, filatrice originaria di Marradi, come il marito, era coniugato con Giuditta Fiornovelli (nata nel 1802), e morì a Montorsaio nel giugno 1840 a 56 anni di età. Infatti nel Censimento del 1841 Giuditta risulta indigente tutrice di Bernardino, di 17 anni, Carlotta di 8, Luigi di 5 e Pietro Valentino Lorenzo di 2, essendo nato nel gennaio 1840. I due sposi avevano generato altri figli, già defunti nel 1841: - Giovanni Silvio Cerbone, morto nel settembre 1839 ad appena 1 anno di età - Angelo, morto nel 1838 a 9 anni - Giovanni Luigi Cappelli, figlio del defunto Francesco e Fiornovelli Giuditta, nel 1859, quando ha 22 anni, sposa a Montorsaio Assunta Corsi, di 19 anni, figlia del defunto Gaetano e di Girolama Fantacci, che nel 1867 gli partorisce Carlo Antonio Assuero, che muore dopo appena 6 giorni di

vita. Nel 1868 muore anche Giovanni Luigi Cappelli, che ha solo 31 anni, in Via degli Archi 27.

Nei Libri mensuali si ricorda anche Cappelli Antonio Giuseppe, di 25 anni, forse fratello di Francesco, di professione muratore, coniugato dal 1809 con Edvige Umiltà Maria Benocci, di Luigi e Gioconda Benanti, da cui ha numerosi figli: - Teresa Maria Rosa Elisa Napoleona nata nel 1809 ( nel cui nome evidenti sono i riferimenti alla famiglia Bonaparte) e morta nel 1810; - Lucia Argentina Geltrude, nata nel 1812; - Antonio Lorenzo Poldo, venuto alla luce nel 1813 ; - Giuseppe Antonio che sposa Giulia Gigli il 30 febbraio 1838. Lo sposo ha 25 anni e la sposa 19 e testimonia il dottor Mariano Costa. Antonio Cappelli, figlio di Giuseppe, figura tra i possidenti del Comune di Campagnatico nel 1854 ed è marito di Luisa Benocci. Luisa (Edvige) Benocci, dopo la morte di Giuseppe Cappelli, sposò Marco Cugini da cui ebbe Alessandro Policarpo, morto nel 1842 ad appena 8 giorni di età, e Assunta Anna nata nell’agosto 1845.

Fiornovelli

Fiornovelli Francesco, figlio di Stefano, muratore di 34 anni, e di Ester Monaci, nasce a Campagnatico nel 1881. Fiornovelli Francesco, figlio di Giacomo, di 36 anni, e Antonia Vittori, nasce sempre nel 1881, pur appartenendo ad un altro gruppo familiare.

Vittori

I Vittori sono una famiglia importante di Campagnatico: Giuseppe Vittori, di Giovanni, che nel 1781 era Potestà in Montorgiali, originario di , compra per scudi 159 una casa posta nella Piazza di Campagnatico, composta di sei stanze e tre palchi e fondi, che confina con altra casa da esso acquistata, le mura castellane e la piazza medesima. Questo immobile faceva parte della Reale Fattoria di Campagnatico, posseduta in avanti dalla Casa Cotoni e poi

dalla Casa Tommasi et in oggi appartenente allo Scrittoio delle Reali Possessioni . Nel 1834 Giuseppe Vittori riveste la carica di Gonfaloniere di Campagnatico, ed acquista dei terreni in contrada San Bartolomeo. Vittori Giuseppa, di Giovanni e Giuseppa Rambelli, muore nel 1808, come Teresa Antonia passa all’altra vita nel 1811 e Giuseppe Girolamo Vittori muore nel 1812 a 11 giorni di età. Il padre Giovanni nel 1811 ha 57 anni, abita in contrada la Piazza, a Campagnatico, e viene definito chirurgo. Nel 1861, in occasione del Censimento da parte del costituito Regno d’Italia, Luigi Vittori, di condizione farmacista, merita una menzione onorevole per il lavoro svolto. Vittori Ferdinando, anch’esso figlio di Giovanni, è marito di Marianna Monaci , da cui nel 1842 ebbe Giuseppa Giuditta. L’altro figlio, Vittorio, sposò Argia Gigli nel 1876, che dette la vita a Ferdinando, come il nonno, nato e morto nel 1883.

Marzini

Nel 1810 Francesco Marzini, marito di Angela Bartaletti, muore allo spedale di Siena; era originario di Chiusdino e domiciliato a Paganico. Pochi giorni dopo muore anche il figlio Francesco, come dichiara la zio Giuseppe Marzini, a cui, dopo appena una settimana, in agosto, muore anche il proprio figlio, anch’esso chiamato Francesco, di appena un anno e sei mesi. Giuseppe, nel 1812, era contadino del podere il Civettaio, nel territorio di Paganico, e sua moglie Maria, in quello stesso anno, aveva dato alla luce una bambina a cui era stato imposto il nome di Francesca. Giuseppe, quando ha 36 anni, testimonia, assieme a Pietro Saloni, anche per la morte della sorella Mariangela, di 19 anni, avvenuta sempre a Paganico nel 1810. Nel novembre 1810, nel suddetto paese, muore anche Maria Antonia Marzini, di 31 anni, come dichiara il marito Giovambattista. Altre notizie sono comprese nel paragrafo dedicato alla famiglia Saloni.

Faccendi

Numerose sono le famiglie Faccendi che vivono a Montorsaio: nel 1756 Antonio e Rosa Faccendi generano Violante Modesta Adelaide, che muore nel 1758. Ricordiamo poi Luigi Ferdinando Faccendi ed Angiola Ricci, il cui figlio Lorenzo nasce nel 1787 e muore a Montorsaio nel 1811, e la figlia Leopolda si marita nel 1810. Nel 1779 era morto il figlio Michel’Angelo, di 9 mesi. Caterina Faccendi, altra figlia di Luigi Ferdinando, sposò Michelangelo Giovannini, fu Mattia, da cui ebbe Beatrice, nata e morta nel 1808, e Mattia Antonio che muore nel 1811, a pochi giorni di vita o forse poche ore, mentre alcuni giorni più tardi muore anche il suo gemello Ferdinando Domenico. Un altro Mattia Giovannini, sempre di Michelangelo e Caterina, muore nel 1813 in Contrada gli Archi, dove è segnalata anche la presenza di un forno. Faccendi Caterina è madre anche di M. Antonia Fortunata Giovannini, coniugata Gigli, e muore nel 1861 a 76 anni. Era vedova, in seconde nozze, di Ermenegildo Santini, a cui aveva partorito Domenico Michele nel 1813. Nel Censimento del 1841 Caterina Santini risulta avere 57 anni ed è tutrice per i pupilli Basilio, di 18 anni, Angelo di 12 e Rosa, di 9. Non è citato Domenico Michele, perché forse, già defunto. Un altro nucleo familiare è composto da Leopoldo Faccendi e Deidamia Franchi, a cui nasce a Montorsaio, nel 1812, Pietro Paolo Luigi Maria. Nel settembre 1814 Maria Amabile Faccendi, altra figlia di Leopoldo, “ volò al cielo” , ad appena 10 giorni di vita, come registra poeticamente l’economo di Montorsaio Luigi Simoncelli. Si rammentano anche Costanza Teresa Setta Letizia Napoleona Faccendi, figlia di Antonio e Maria Pagni, nata nel 1809 e Settimia Fidalma Epifania, nata nel 1812, che sposa Giovanni Carboni, a cui nell’agosto 1841 partorisce Lucia Letizia Giuseppa, come testimonia Onesta Migliorini. Anche Cleope Faccendi è figlia di Antonio e Maria Pagni ed era coniugata con Giuseppe Giovanni Corsi a cui nel febbraio 1842 aveva partorito Giuseppa Alessandra; nel Censimento del 1841, al nucleo familiare di Cleope e Giuseppe Corsi appartengono anche Arcangela Benocci, di 15 anni, e Maria di 11, che forse sono del primo matrimonio

di Cleope, la quale ha 40 anni, contro i 33 di Giuseppe, ma muore nel maggio 1876 vedova anche di Giuseppe Corsi. Esiste anche un nucleo familiare composto da Galgano Benocci e Giuseppa Faccendi, a cui nel settembre 1842 muore la figlia Ersilia di anni 13, i quali però non compaiono nel Censimento del 1841. Anche Pietro Fedele è loro figlio e vive dal 1837 al 1841 e sempre nel 1837 era nata anche Benedetta, che nel 1854 sposa Raffaello Migliorini, di 23 anni. Un altro nucleo familiare fa capo a Faccendi Baldassarre e Porzia Picchi, figlia di Guglielmo, originaria di Torrita di Siena. Baldassarre e Porzia Faccendi avevano avuto numerosi figli: - Isabella, nata nel 1811 - Domenico Lorenzo, che nasce e muore nel 1814 - Fillide, che muore nel maggio 1810, come testimonia Clemente Faccendi. - Lorenzo Silvio, nato nel febbraio 1840, come asserisce il compare Mariano Costa, e morto nel luglio 1840 - Ferdinando, nato nel 1806, che sposa Carolina Perfetti (nata nel 1808), e muore nel 1863, a 57 anni di età, già vedovo, dopo la nascita di Porzia (nel 1832) e Baldassarre, nato nel 1836 e morto nel 1841 a 4 anni e 8 mesi. Nel 1840 Carolina e Ferdinando avevano perduto il figlio Ferdinando di appena 7 mesi e nel 1857 è la volta di Augusta, che aveva raggiunto già i 16 anni. Anche in questa famiglia i nomi si ripetevano in maniera abbastanza regolare di generazione in generazione. Porzia Faccendi, che ripeteva il nome della nonna, si unì a Tommaso Bolognini, a cui nel dicembre 1873, in Vicolo Buio 33, partorì Emma Anna Annunziata che nel maggio 1895 sposerà Guglielmo Bordigoni. Porzia Faccendi Bolognini morirà nel marzo 1876 a 44 anni di età. Nel 1814 si ricordano anche Michelangelo Faccendi e Angela Luisa, sposata con Giuseppe Marcucci, da cui nel 1812 ha un figlio, Bartolommeo Luigi Lodovico, poco prima della morte del padre Giuseppe. Luisa Marcucci, altra figlia di Giuseppe e Angela, muore all’età di 8 anni nel 1814. Bernardino Marcucci è ufficiale di Stato Civile di Montorsaio dal 1808. Settimia Faccendi aveva sposato Giovanni Carboni ed aveva partorito Giacomo, che muore a 20 anni nel 1857. La famiglia Faccendi risulta tra quelle benestanti nella Relazione Bertolini.

Benocci

Le notizie più antiche riguardano Antonio Benocci, che nel 1723 sposa una certa Maddalena. Poi abbiamo Cosimo, padre di Luigi, che nel 1758 fa una fideiussione a Clemente Pieri per l’affitto della tenuta della Banditaccia, e muore nel 1777 a 55 anni. Luigi Cosimo Benocci, coniugato con Francesca, nel 1753 ha una figlia a cui mette il riverito nome di Maria Antonia, che nel 1770 sposa Mattio Giovannini, figlio di Mattio. Nel 1764, i coniugi Benocci mettono al mondo anche Maria Ancella e nel 1768 Maria Giuseppa. Nel 1758 i due sposi hanno un figlio maschio, a cui impongono il nome di Giovanni Andrea, che nel 1802 abita a Sticciano, ma dichiara all’Estimo di possedere in Montorsaio una casa composta di una stanza superiore abitabile e l’altra terrena ad uso di stalletta, non terminata ancora per esser mancante di porte e finestre, che confina con la Compagnia già soppressa. Poi Francesca Benocci muore e Luigi sposa Gioconda, fu Antonio Benanti; nel 1788 mettono al mondo Maddalena Domenica Maria e nel 1794 Galgano Andrea Giovanni; nel 1796 nasce Venanzio Domenico Massimiliano; nel 1798 Petronilla Lucia; nel 1800 Lino Pasquale e nel 1802, a cadenza biennale, Caterina Anastasia. Un’altra figlia, Maddalena Anastasia, è data in sposa a Bernardino Marcucci di Batignano. Nel 1802 Luigi Benocci dichiara di possedere una casa di sei stanze in luogo Capo al Corso ed una non abitabile in contrada il Castelluccio, oltre ad alcuni appezzamenti di terreno seminabile, alle Vigne, macchioso ricoperto di albatri in luogo i Cugini, e alle Livellane ricoperto di macchia pungente con pochi castagni. Luigi Benocci muore, a Montorsaio nel 1810. Benocci Gioconda, nata Benanti, è ricordata come levatrice nel 1839 ed era nata nel 1769. Nel Censimento del 1841 costituisce una famiglia a sé ed è definita proprietaria possidente, di 76 anni. Benocci Edvige Umiltà Maria, altra figlia di Luigi e Gioconda Benanti, si sposa nel 1809 con Giuseppe Cappelli, di Antonio fu Lino, muratore di 25 anni, originario di Marradi e domiciliato a Montorsaio. La sposa aveva solo 17 anni, essendo nata l’11 ottobre 1791, e morirà il 29 agosto 1878, a 87 anni, “ avendo avuto due mariti e più figli, fu ava e bisavola, non ebbe meno di 80 individui tra nepoti, bisnepoti

dei quali la maggior parte viventi 97 ” Edvige ha un fratello, Cosimo Antonio Settimio, battezzato nel 1786, che sposa Caterina Gigli. Benocci Cosimo (56 anni), con la moglie Caterina Gigli (59) e con i figli Raffaello (16), Costanza (12), Ersilia (11) e Benedetta (4), rappresenta un ulteriore nucleo familiare domiciliato a Montorsaio nel 1841, delle cui vicende abbiamo parlato a proposito dei Gigli.

Benocci Eraide Erminia Ildegonda, di Luigi, del fu Raffaello, e Leonilda Arrighi, fu Antonio, è nata nel novembre 1870 in via del Corso 46. Luigi Benocci fu Ufficiale di Stato Civile a Montorsaio, delegato dal sindaco dal 1886, era nato nel 1845 e morì nel marzo 1904, dopo un cruda malattia, di cui era stato premuroso medico Francesco Nisi, e il prete Manini tenne un toccante discorso al cimitero di Montorsaio 98 .Sappiamo anche che Luigi Benocci era un poeta dilettante, poiché scrisse un sonetto in onore del re Vittorio Emanuele II, che fu affisso alla porta della chiesa di S. Cerbone in occasione del rito funebre, in onore dell’illustre estinto, celebrato il 22 febbraio 1878 99 .

A Montorsaio vive anche un’altra famiglia Benocci, composta da Marco e Maria, a cui nel 1757 100 nasce Michelangelo Antonio. Altro riferimento è a Maddalena Benocci, forse sorella di Luigi, che sposa Paolino Nerozzi ed ha una figlia, Anastasia, che muore nel 1813. Altra famiglia Benocci è quella di Giovanni Andrea e Giuliana Nefani a cui nel 1787 nasce Maria Rosalba Nunziata. A Montorsaio abitano anche Francesco Benocci, fu Pietro, e Diomira Lazzeretti, fu Innocenzo, che nel 1788 partorisce Cerbone Rocco, come scrive il pievano Giovanni Cresti. Nel 1794 nasce anche Lucia Assunta Candida, nel 1796

97 BNF, L’Ombrone, 15 settembre 1878. 98 BCCG, L’ Ombrone, (1904); 99 BNF, L’Ombrone 24 febbraio 1878: “ La mattina del 21 del mese corrente anche la borgata di Montorsaio volle celebrare un funere in prò del defunto Re V.E. In mezzo alla chiesa sorgeva un bel catafalco per opera del pievano Montaini e di Oreste Bacci. Sulla porta della Pieve leggevasi analoga epigrafe e all’ingresso della medesima era attaccato un sonetto scritto da Luigi Benocci. La cerimonia, avuto riguardo all’importanza della borgata, riuscì discretamente”; 100 Tutte le notizie risalenti agli anni 1500-1600 e 1700 sono dedotte dai registri di nascita, morte e matrimoni conservati presso l’Archivio della Curia vescovile di Grosseto.

Giovanni Biagio; nel 1798 Maria Angela; nel 1801 Serafina Luisa Maddalena; nel 1803 Fortunata Lodovica e nel 1805 Maria Giovanna. Forse c’è anche la famiglia di Benocci Giovanni e Rosa Lazzeretti, probabilmente sorella di Diomira, da cui nasce nel 1789 M. Maddalena Prassede. Benocci Costanza, fu Galgano, nel settembre 1856 partorisce Ildegarda Bettini, figlia di Vincenzo del fu Felice.

Anche Pietro Benocci e Girolama Giomi sono domiciliati a Montorsaio, quando nel 1770 nasce loro il figlio Guglielmo, come annota il pievano Patrizio Fratini. Girolama muore improvvisamente nel 1771, a 40 anni, tanto che, “ Tommaso Bartoli maestro di scuola, confessa Girolama prima di morire in assenza del pievano Fratini Patrizio”.

Benocci Francesco e Diomira, forse, sono anche i genitori di Lino, nato nel 1798, che sposa Vittoria Vaccari, nata nel 1797 da Giovanni e Margherita Corti, da cui ha numerosi figli: - Vincenzio, nato nel 1827 e morto nel 1855, già coniugato con Rosa Giomi, che nel febbraio 1853 aveva dato alla luce Savina; - Margherita, del 1828; - Domenico (1833/76), coniugato con Maddalena Costa, muore nell’aprile 1876 in via del Moro 43. I due sposi avevano avuto diversi figli: Lino, che ripeteva il nome del nonno, nato nel settembre 1873, Vittorio Enrico Giovanni nato nel dicembre 1860 e Vincenzo Amos Angelo, nato e morto nel gennaio 1867, in Vicolo del Moro 43. Nel luglio 1856 era nato anche Vincenzo e nel 1858 Galgano. 101 Nel 1899 a Lino Michele, definito bracciante di 27 anni, ed una donna non maritata non parente ne affine con lui nei gradi che ostano il riconoscimento , nasce Ferdinando, in Via del Corso n. 29, legittimato da Lino Benocci ed Elda Giovannini solo nel 1908. Ferdinando il 29 settembre 1934 sposò Florida Bartoli, originaria dell’isola del Giglio, che gli partorì Elda, coniugata con Enrico Bucalossi. Ferdinando Benocci è morto a Grosseto il 7 novembre 1965. Sempre nel 1899, a Lino, e alla donna su ricordata, era nato anche Domenico, sempre in Via del Corso 29. - Rocco, nato nel 1833, sempre da Lino e Vittoria; - Alessandra Sofia, nata nel 1838;

101 ASG, Atti di nascita Montorsaio 1899.

- Galgano Silvio Luigi, nato nel 1841 e morto a 3 mesi nell’agosto 1841; - Guido Alessandro Galgano nato nel settembre 1842, sempre figlio di Lino e Vittoria, come testimonia Giuditta Bolognini; - Carlo, nato nel 1837, sposa Maria Malevolti, fu Luigi, e nel 1856 hanno una figlia che viene chiamata Faustina Pia. Nel 1867 Maria Benocci partorisce Margherita Rachele Silica, la quale muore, in vicolo del Moro 42, il 29/8/1870. Nel 1863 era loro nata Sofia che il 2 febbraio 1880 sposa Alfredo Straccali, figlio di Anselmo e Teresa Nati, e muore nello stesso anno. Gerolama Annunziata Teresa, sempre figlia di Carlo e Maria, era nata nel novembre 1869 e nel 1885 sposa Angiolo Santucci, ventunenne possidente, figlio di Luigi e Onorata Valentini. - Ernesto Claudio nato nel 1846 e morto nel 1847 Vittoria Vaccari nei Benocci muore nel 1851.

A Montorsaio è citato anche un altro nucleo familiare composto da Mariano Benocci (nato nel 1856 e morto nel 1918) e Carolina Giannetti, a cui nel 1898 muore il figlio Adino, di 6 anni, e quando nell’anno successivo nasce una femmina, ripetono con lei il nome Adina, la quale, il 26 dicembre 1927, sposerà in Campagnatico Natale Ugolini. Mariano Benocci riposa nel cimitero di Montorsaio.

Weible

Weible Giuseppe Melchiorre Giorgio, di Valentino, e Caterina Gerard, nasce a Batignano nel 1839, ma apparteneva alla Diocesi di Marsiglia. Probabilmente Caterina Weible muore, perché nel settembre 1841 Valentino risulta coniugato con Maddalena Monti che gli genera Giacomo Giuseppe. Weible Valentino, fu Melchiorre, muore il 18/8/1873 a 59 anni. Egli svolgeva la funzione di Maestro di lastre presso la fabbrica di cristalli operante a Batignano nell’antico convento di S. Croce. Tale convento, dopo la soppressione napoleonica del 1810, fu comprato dai signori Vergnory di Batignano che nella chiesa ormai sconsacrata, impiantarono una fabbrica di lastre di vetro, come allora si chiamavano i vetri per le finestre, in cui trovarono lavoro molti operai del luogo ed alcuni maestri artigiani, tra i quali ricordiamo Valentino

Weible. La vetreria rimase in funzione fino verso la fine del 1800, quando chiuse i battenti, non potendo sostenere la concorrenza di altre fabbriche più moderne e maggiormente favorite dalle vie di comunicazione. 102 Nel Censimento del 1841 la presenza di Valentino Weible a Batignano viene annotata dal pievano Pietro Vannucchi, che ricorda anche sua moglie Maddalena, che ha 30 anni. Weible Alfredo, figlio di Valentino, sposa Anna Vittoria Gauci, fu Matteo, che partorisce Salvatore, che muore dopo 14 giorni, il 18 febbraio 1870 in Via del Corso 8. E’ testimone Baldovino Gigli. Il 23 dicembre 1870 ad Alfredo ed Anna Weible nasce un altro Salvatore Ferdinando Vincenzo Leone e nel 1878, sempre ad Alfredo ed Anna, nasce una bambina a cui viene dato lo strano nome di Gennessa Lucia Rosa. Nel 1898, a Ferdinando Weible, definito commerciante di 28 anni, ed una donna non maritata, nasce il figlio Amerigo, che morirà a Torino nel 1966. Nel 1893 Ernesta, diciannovenne figlia di Alfredo ed Anna Weible, sposa Giovanni Vincenzo Nisi.

Nisi

I Nisi erano originari di Citerna, presso Arezzo ed abitavano a Montorsaio in Via del Corso 6. Il primo riferimento che abbiamo trovato riguarda la morte di Maddalena Bambi, figlia di Antonio, già defunto, e Santa Nisi, avvenuta a Montorsaio nel 1811, come testimonia Francesco Nati, definito illetterato. Nel Censimento del 1841 a Montorsaio, in via del Corso 6, troviamo domiciliato Pietro Nisi, fu Francesco, definito possidente, nato nel marzo 1812, che è testimone di alcune nascite fin dal 1838 e della cui rappresentatività abbiamo già parlato nel capitolo introduttivo su Montorsaio. Nello stesso nucleo familiare è compresa Petra, che ha 51 anni, mentre il marito Pietro ne ha 34; Santini Petra Anastasia Domitilla, figlia di Lorenzo del fu Crescenzio, e di Guglielma di Alessandro Bolognini, nasce a Montorsaio il 28 giugno 1791. I Santini erano originari di Sticciano; il riferimento più antico è a Crescenzio, padre di Lorenzo, Francesco e

102 L. Capitani, Un’industria a Batignano.

Pasquale. Nel 1811, Angiola Santini vedova Foggeschi, muore a Montorsaio nella casa del fratello Lorenzo. Francesco sposò Rosa Gozzi e nel 1790 misero al mondo Basilio Cerbone, dopo aver generato Ermenegildo e Stefano. Petra Santini nell’Antico Catasto risulta proprietaria di numerosi terreni e di diversi fabbricati, posti in Via del Corso 6, costituiti da una casa con forno, una cantina ed un frantoio che, secondo quanto dice il Cappelli, “ era quella antica di Sergio Berlinghieri” , citata dall’auditore Gherardini. La famiglia Santini era annoverata tra le più facoltose del paese nella Relazione Bertolini del 1761. Petra e Pietro Nisi si iscrissero alla Misericordia di Grosseto nel 1853 e lei morì nel 1868, a 77 anni di età, senza aver avuto figli, mentre Pietro nel 1874, per apoplessia fulminante. Entrambi furono tumulati sotto il loggiato del cimitero della Misericordia a Grosseto. Pietro aveva partecipato anche alla vita politica della Comunità di Campagnatico, di cui nel 1865 era Gonfaloniere, e, come conseguenza di questa sua carica, fu Presidente dell’Assemblea degli elettori del Comune di Campagnatico che doveva procedere all’elezione di 20 Consiglieri per comporre il nuovo Consiglio. Gli eleggibili della Comunità di Campagnatico erano 220, ovviamente tutti uomini e dotati di censo 103 . La componente censitaria di Pietro Nisi era di 422,58 lire, una delle più elevate. Egli era anche candidato al Consiglio provinciale del Regno d’Italia, e, con i 30 voti riportati, superò tutti gli altri eleggibili di Campagnatico. Dopo la morte di Petra, il vedovo Nisi si risposò con Clelia Devoti, originaria di Genova figlia del defunto Vincenzo, da cui ebbe tre figli: Pietro, Francesco e Vincenzio. Nel periodico L’Ombrone, tra agosto e settembre 1872, è segnalata una polemica che riguarda la famiglia Nisi e che io riporto interamente: “Ci scrivono da Montorsaio Li 24 agosto 1872 In questo castello fino ad ora vivevasi una vita quieta e tranquilla, quando per cause che non è bello enumerare,la cosa ha assunto un’aspetto diverso, e al presente questi popolani sonosi scissi per partiti e rancori intestinali forieri sempre di tristi conseguenze. Non vi sono parole per riprovare questi sconci, e facciamo calda preghiera a coloro che sono quivi elevati in posizione

103 ASG, Provincia di Grosseto ,122, Lista degli elettori amministrativi per l’anno 1865 .

sociale di far si, che questi dissapori cessino, e il castello torni alla pristina sua tranquillità. Anzi daremmo volentieri anche un buon consiglio al nostro sacerdote di Esculapio, perché egli non subisca la sorte stessa di altro suo congiunto( in corsivo nel testo). Che cosa vorranno fare quei di Montorsaio, se il facoltoso,ad eccezione di pochi possidenti, signor Pietro Nisi abbandona davvero il castello anche d’inverno, togliendo il lavoro continuo a molte persone, che vi campano la vita loro e quella delle loro famiglie? Abbiano presente gli abitanti di questa piccola Borgata che, a chi consiglia male e volpescamente non duole mai il corpo. Ciò basta per ora.” Chi sa cosa fosse successo e cosa si nascondesse dietro queste larvate minacce, o forse preghiere, nel timore di perdere uno dei pochi datori di lavoro esistenti in paese! Poche settimane dopo, nello stesso periodico appare una sorta di risposta. “Ci è stato scritto da Montorsajo, a rettificazione di quanto contenevasi nella Corrispondenza inserita nel N.34 del nostro Giornale, pregandoci dichiarare che ivi non esistono partiti, che se qualche disgusto esiste ciò è per il solito mestiere di qualche soffione e non per l’influenza del medico che lo si dice straneo. Che il ricco N. è tacciato a torto di lucri ed altro, avendo esso sempre cercato di fare il bene del Paese, nel quale si riconosce esservi certo baco che chi scrive conosce a pieno. Ci dicono poi che si associano nel desiderio da noi espresso di un migliore accordo fra di loro e noi rinnoviamo i nostri voti in proposito”. I Nisi erano ormai ricchi e importanti, e sono tra coloro che combattono a lungo contro chi chiedeva il recupero della piena proprietà sui beni di Uso civico della frazione di Montorsaio. Nisi Pietro, Regina e Lina andarono ad una conciliazione solo nel 1958 quando cedettero una parte dei loro terreni al comitato “ dei naturali” di Montorsaio, tra cui si distinsero Gino Corti, Azelio Benocci, Adamo Santucci, Galliano Benocci, Enzo Guerrieri ed il sacerdote don Lido Carubi. 104 Nel 1870, Clelia Nisi aveva partorito a Pietro il figlio Francesco Vincenzo Alberto Maria, nel cui nome si riunivano quelli di entrambi i nonni. Francesco Vincenzo Alberto Maria Nisi sposò Augusta Micheli, nel gennaio 1896 a Grosseto; svolgeva la professione di medico e si adoperò attivamente nella campagna elettorale che portò alla elezione in Parlamento di

104 S. Bueti- A. Riparbelli, La Comunità di Montorsaio , BSSM n.74-75.

Ettore Socci: ebbe due figli: Umberto e Gino (1896/1974). Anche Gino fu medico a Montorsaio e successivamente Ufficiale sanitario a Grosseto. Sua moglie si chiamava Lina Gagnoni, che partorì dapprima Florisa, nel 1924, e poi Francesco che ripeteva il nome del nonno. Anche Francesco Nisi, coniugato con Gina Massetti, ha avuto due figli: Barbara e Guido. Nel 1893 Giovan Vincenzo Nisi, di appena 19 anni, altro figlio del fu Pietro e Clelia Devoti, sposa Ernesta Weible, diciannovenne figlia di Alfredo e Anna Gauci, nata a Paganico. Pietro, terzo figlio di Pietro e Clelia Nisi, nel 1898 viene definito farmacista di 26 anni; è sposato con Regina Giannini che in quello stesso anno gli partorisce Luigi, in Vicolo del Corso n.6. Luigi Nisi nel 1906 sposerà a Genova la signora Dorinda Piazza. Anche Mario è figlio di Pietro e Regina e dà ai propri eredi nomi un po’ diversi dai soliti. Infatti li chiama Pierpaolo, Luigi e Giuseppe, mentre Saverio, altro erede di Pietro e Regina Nisi, rimane fedele ai nomi di famiglia e chiama i propri figli Pietro e Regina, proprio come i suoi genitori. Probabilmente sorella di Santa Nisi, e di Pietro, è Maria Nisi, definita miserabile campagnola, moglie di Marco Ballerini a cui, nell’agosto 1839, partorisce Maria Antonia Maddalena, al cui battesimo fa da commare Caterina Migliorini, la quale si chiamava Gianninoni, da ragazza, ed era coniugata con Arcangelo Migliorini, da cui, nel 1838 ha la figlia Maria Maddalena Filomena Fortunata. Maria Nisi Ballerini era madre anche di Natale, venuto alla luce nel 1837, che nel 1865, all’età di 28 anni, sposa Angela Fini, di Pietro e Caterina Pepi. Maria Nisi e Marco Ballerini avevano generato anche Guglielmo nel 1833.

Perna

La famiglia Perna era oriunda di Pariana (Lucca) ed abitava in Vicolo della Cisterna 50. Non è presente nel Censimento del 1841.

Cancelli

Giuseppe Cancelli era originario di Montalcino, figlio di Francesco e Maria Panerati e sposo di Rosa Salvatici. Morì a Montorsaio nel 1868, all’età di 56 anni, come denunciano i figli, Gaetano e Fabrizio, nati a Roccastrada e dimoranti a Montorsaio.

Vicini

Anche i Vicini erano originari di San Lorenzo in Pariana (Lucca) e nel 1844, quando nasce loro un bambino, l’economo Bacherini annota: “ I genitori abitano nell’intorno di Montorsaio per ragione di caccia.”

Costa

Emilio Costa e Marianna Orlandini costituiscono una famiglia allietata da tanti figli. Nel febbraio 1840 nasce Ercole Paolo Fortunato, che però muore ben presto, perché non figura nel Censimento del 1841 dove invece è citata Edvige Margherita Elvira, venuta alla luce nel dicembre 1840. Ferdinanda Giulia Paola, sempre figlia di Emilio e Marianna Orlandini, nasce nel 1842 ed ha come testimone Mariano Costa, probabilmente suo zio. Nel 1865, a Campagnatico, Ferdinanda Dionisia Costa, che ha 18 anni e quindi è nata nell’aprile1845, sposa Angiolo Lorenzini, bracciante di 24 anni. Ferdinando Dionisio, altro figlio di Emilio e Marianna Orlandini, nasce a Montorsaio nel 1845 ed ha come compari Mariano Costa e Margherita Benocci. L’altra famiglia Costa fa capo al dottor Mariano, nato nel 1781, marito di Assunta Poli, nata nel 1801, e padre di Maddalena, Giuseppe e Filomena. Assunta Poli, figlia di Antonio, fu pubblica levatrice a Montorsaio. Altre notizie sono contenute nel paragrafo sulla famiglia Saloni.

Steri

Sabatino Steri, nel 1888, quando ha 26 anni, sposa Giulia Vagheggini, figlia di Giovacchino e Veneranda Pallini, come certifica Giuseppe Gigli, ufficiale di Stato Civile a Montorsaio.

Straccali

Giovambattista Straccali, originario di Poggio alle Mura, nel Cantone di Monte Antico, svolgeva il lavoro di fabbro e nel 1811 è testimone di una morte a Paganico. Sempre a Paganico, nel Censimento del 1841, è annoverato un nucleo familiare composto da Francesco, locandiere di 32 anni, coniugato con Umile Salvi, che ne ha 31; c’è poi Valentino, che ha 23 anni, e Beatrice che ne ha 20; le età fanno pensare che siano fratelli di Francesco e figli quindi di Carolina, vedova di 57 anni, componente lo stesso nucleo domestico. I figli di Umile e Francesco sono: Palmira, 9 anni, Rosa, 2 anni, e Annunziata,1. Regina Landi, serva di 20 anni, e Giobatta Salvatori, ventitreenne garzone, completano il gruppo familiare. Nel 1854 muore Ferdinando Attilio Straccali, di Francesco e Umiltà, ad appena 7 mesi, che viene definito curiosamente “senza mestiere”

Minardi

Minardi Matteo, agricoltore nato nel 1748, e la moglie Teresa Rambelli hanno una figlia, Eugenia, nata a Batignano nel 1824, sposata con Pietro Ramazzotti, fu Domenico, possidente nato nel 1818, mentre Maria Francesca Minardi nasce e muore a Batignano nel 1810. Anche Scipione Minardi era figlio di Matteo, nato nel 1808, coniugato con Rosa Jacometti fu Antonio e Margherita Foggeschi, nata a Pari nel 1806 e morta a Batignano l’11 maggio 1867. Rosa aveva partorito Silvia Umiliana Giuditta nel 1839; Antonio Dario Anacleto nel 1843, Virginia Amalia Assunta nel 1845 e Giuseppe nel 1850. Nel Censimento del 1841 Scipione è annotato come possidente ed ha con sè la moglie Rosa di 29 anni e i figli Matteo di 13, Margherita di 15, Elisa di 11, Ernesto di 7 e Silvia di 2. Silvia sposò Giuseppe Pepi, figlio di Francesco e Amabile, a cui nell’agosto 1869 partorì Elisa Amalia, in Piazzetta della Cisterna 56 a Montorsaio. Rosa Minardi aveva un fratello, Biagio Jacometti, divenuto sacerdote, che muore a Batignano nel settembre 1866, a 79 anni di età, come testimoniano Scipione Minardi, cognato del defunto, e Assunta, del fu Giovanni Corsini, sua serva. Antonio Minardi aveva sposato Teresa Parri, fu Vincenzo e Onesta Franci, nata nel 1852, che aveva generato Matteo, a cui viene dato al solito il nome del nonno, nel 1880, Teresa nel 1886 e Scipione nel 1892. Nel Censimento del 1861 tutta la famiglia abita a Batignano in Via del Castello, dove sono proprietari di diversi immobili, tra cui il mulino di S. Lucia e il mulino di mezzo. Nello stesso fabbricato erano residenti anche due fratelli di Scipione: Antonio, del 1816, e Luigi, del 1814, aiutati in casa da Domitilla Perna, fu Salvatore,vedova Pazzi, nata a Pariana (Lucca). Antonio e Luigi costituiscono un nucleo a sé mentre quello di Scipione e Rosa Minardi è arricchito dalla madre di lui, Teresa Rambelli, di 55 anni, e con lei è registrata Eugenia, sua figlia di 22 anni, che sposerà Pietro Ramazzotti e darà alla luce Maria Alduina Olimpia nel 1846. Viene ricordata anche Annunziata Minardi, vedova Bischeri, di cui si dice che abita in Via del Fiore 31, ed è unica in famiglia .

Antonio Minardi figura tra i promotori della messa e uffizio funebre per il defunto re Vittorio Emanuele II, celebrata a Batignano il 30 gennaio 1878. 105 Matteo Minardi si laureò in Giurisprudenza all’Università di Siena nel luglio 1901. Altre informazioni sono presenti nel paragrafo che si riferisce alla famiglia Nati.

Migliorini

Nel 1800, numerosi sono i gruppi familiari dei Migliorini presenti nella zona di Montorsaio. Migliorini Maddalena Angela Agata, figlia di Giuseppe di Lorenzo, oriundo di San Giminiano, e di M. Grazia del fu Niccolò Casini, originaria del Pozzo presso Arezzo, nasce nel 1807 a Montorsaio. Anche Francesco Migliorini , parvulo figlio di Giuseppe e Maria Grazia Casini, muore a Montorsaio nell’agosto 1810, come testimonia Flaminio Gigli .Nel 1812 a Giuseppe Migliorini nasce un altro figlio a cui viene dato il bellissimo nome di Benedetto Restituto. In quella stessa occasione, nei registri dello Stato Civile, Giuseppe Migliorini e la moglie vengono definiti entrambi oriundi di Foiano della Chiana. Un altro nucleo familiare è quello di Pietro Arcangelo Migliorini, figlio di Angelo e Domenica Grazini, nato a Montorsaio nel 1798; egli sposa Regina Landi e muoiono a breve distanza l’uno dall’altra: Raffaello nel febbraio 1857 e Regina nel marzo. Altra famiglia è quella di Arcangelo Migliorini, figlio di Domenico, e Caterina Gianninoni, definiti campagnoli miserabili, che, nel luglio 1840, hanno due gemelli, di cui uno muore subito e l’altro è chiamato Luigi Giuseppe Livio. Nel 1838 avevano avuto Maria Maddalena Filomena Fortunata. Alessandra Migliorini, altra figlia di Arcangelo, aveva sposato Clemente Guidi, figlio del defunto Filippo, a cui nel 1844 partorisce il piccolo Giovanni e nell’agosto 1853 Egidio che muore nel 1854, ad appena un anno di età. Nel 1833 era loro nata anche una figlia a cui avevano messo lo strano nome di Egeziaca, che nel 1854, quando la madre era già morta, sposa Leonida Mattioli, di 36 anni, del fu

105 BNF, L’Ombrone, gennaio 1878.

Marco e di Mattioli Lucrezia, originario di Bagno della Porretta, nello Stato Pontificio. Nel 1854 Raffaello Migliorini, altro erede di Arcangelo e Caterina Gianninoni, all’età di 23 anni, sposa in Montorsaio Benedetta Benocci, che ha appena 17 anni ed è figlia di Galgano e Giuseppa Faccendi, figlia del fu Giuseppe, entrambi all’epoca già defunti. Raffaello e Benedetta Migliorini, nel dicembre 1854, perdono il primogenito Bernardino, di appena due giorni di vita e nel giugno 1856 nacque loro il piccolo Tommaso, seguito da Benedetta che si coniugò con Luigi Mecacci. Nel 1859 Benedetta Benocci nei Migliorini morì e Raffaello, giovane vedovo di trenta anni, il 10 ottobre 1859 sposò Assunta Poggiarelli, figlia di Carlo e Serafina Anselmi, originaria di Pari, da cui nel 1867 ebbe una figlia, Gervisa Isolina Clarissa, che nel 1888 si coniuga con Raffaello Domenico Eustachio Benocci, figlio di Oliva Nati e Raffaello Benocci. Raffaello e Assunta Migliorini nel settembre 1860 avevano dato alla luce Vittorio Arcangelo ed erano residenti in località il Colombaio, nella campagna di Montorsaio, in prossimità della Strada Regia senese. Nell’Antico Catasto, lungo la strada vicinale del Colombaio che dà il nome alla località, si estendevano “ un bosco misto e vari terreni lavorativi nudi e olivati” su cui successivamente fu costruita la cosiddetta Casetta Migliorini, presso le Capannelle, dove, nel 1870, Raffaello è residente. Anch’essi non compaiono a Montorsaio nel Censimento del 1841, ma una donna di nome Onesta Migliorini è testimone di una nascita proprio in quell’anno. Raffaello Migliorini morì nel marzo 1904 a 74 anni di età, mentre Assunta era morta nel 1899, a 66 anni. Carlo è un altro figlio di Assunta e Raffaello Migliorini, che ha sposato Tina da cui ha avuto Irma, Armando e Assunta, nata nel 1901, che riprende il nome della nonna. Nei registri dello Stato Civile, si ricorda inoltre che Vittorio Arcangelo Migliorini era marito di Ernesta Venturi, originaria di Sticciano, a cui nel marzo 1891 nasce Lidia, in una casa posta in campagna e denominata il Colombaio, e nel 1892 Nello in Vicolo della Cisterna 2 a Montorsaio. Arcangelo Migliorini muore nel 1917, a 58 anni, e riposa nel cimitero del suddetto paese. Suo figlio Nello fece una tragica fine, colpito da una pallottola di fucile durante una caccia al cinghiale. Aveva appena 28 anni ed aveva sposato Adorna Perna, la quale aveva da poco partorito Arcangelo (1919/2001) ed era nuovamente incinta. Solo nel 1921 darà alla luce un altro

figlio maschio a cui fu imposto il nome del padre testè defunto: Nello (1921/2005),che è deceduto nel 2005 ed era sposato con Flavia Romano. Adorna era una donna forte, come ricorda il nipote Mario, e prese la difficile decisione, assieme al cognato Amedeo, di vendere Casa Migliorini, con l’osteria da loro gestita, ed andare in città per far studiare i propri figli. Arcangelo sposò Carla Barzagli e dettero alla luce il piccolo Paolo, oggi ingegnere Presidente dell’Amministrazione Separata dei Beni di uso Civico di Montorsaio, che è l’unico dei Migliorini a mantenere la sua residenza nel suddetto antico castello. Anche lui ha sposato una cugina, Manola Perna, rinsaldando i vincoli tra le due famiglie, ed hanno dato alla luce una figlia a cui hanno imposto l’antico nome di Arianna. L’altro figlio di Ernesta e Arcangelo è Amedeo, che ha sposato Eugenia Tiberio da cui ha avuto due figli: Nella, che ripropone il nome dello zio morto in giovane età, e Mario Francesco Romano. Mario Migliorini ha sposato Rometta Passalacqua, da cui ha avuto Maria Giovanna e Giancarlo, che non ha figli, quindi il nome dei Migliorini continuerà solo nei successori di Armando, figlio di Carlo e Tina.

Nel Censimento del 1841, a Batignano, viene segnalata una famiglia composta da Maddalena Migliorini, di 45 anni vedova, attendente a casa, nel cui nucleo familiare è presente il figlio Giuseppe, di 26 anni, Giovanni di 17, Annunziata di 10 ed Elisabetta di 7. Inoltre si ricorda Margherita Migliorini, anch’essa vedova di 45 anni, madre di Pasquale di 23 anni, Celeste di 20, Simone di 16 e Giacomo di 12. Nel Censimento del 1861 è presente ancora Maddalena Migliorini, che abita in Via di Mezzo al numero 19, da sola. Pasquale, figlio di Margherita, e già vedovo, abita in Via di Mezzo al numero 21 con i figli Anna Maria, la maggiore, Giuditta, Primo e Francesco. Il giovane Giacomo è residente in Via del Castello 52 con la moglie Antonia ed ancora non risultano avere avuto figli.

Rambelli

La famiglia Rambelli è una delle più antiche del paese ed è rammentata nella Relazione Gherardini del

1676, nella persona del tenente Fortunato, e successivamente nella Relazione Bertolini del 1761. Le notizie ritrovate sono molto frammentarie e fanno ipotizzare diversi nuclei familiari presenti sul territorio di Montorsaio. Silveria Rambelli, figlia di Giovambattista di Fortunato, e Bernardina nasce nel 1607. Nel 1678, da Andrea Rambelli e Guglielma nasce Prassede Orsina. C’è poi la famiglia composta da Alessio e Antonia Mecarini, che nel 1685 partorisce Bartolomea, nel 1687 Giovanni Battista, nel 1690 Giovan Battista Fortunato, nel 1697 Fiordistella Teresia e nel 1702 Andrea Antonio. Nel 1657 un Antonio Rambelli muore a Montorsaio a 31 anni di età. Nel 1659 è ricordata la morte di Giovanni Rambelli, definito figlio parvulo di Fortunato. Rambelli Giovambattista nel 1679 sposa, con dispensa per consanguineità Costanza, figlia del tenente Fortunato Rambelli. Rambelli Mattia nel 1726 sposa Francesca di Stefano Zamponi. Suo figlio Agostino e Virginia, fu Antonio Faccendi, si sposano nel 1779 e l’anno seguente mettono al mondo Cerbone Galgano; nel 1790 Maria Caterina Carolina e nel 1798 Edoardo Giuseppe Ferdinando. I due sposi nel 1780 avevano generato anche Giovanna Teresa Margarita; Mattia Bartolomeo Luigi nasce nel 1783 e nel 1785 viene alla luce Maria Rosa Orsola Felice Benedetta, che muore nel 1786. Nel 1778 Agostino Rambelli si lamenta di Montorsaio esponendo di essere stato da quel Vicario escluso per Camarlingo di quella Comunità non ostante che sia stato estratto nel caduto anno 1777 dal solito bossolo, implora di essere ammesso per il consueto triennio all’esercizio di tale impiego, avendo esibita l’opportuna mallevadoria . Il commissario Carlo Baldassarrini dice :- Rilevo dall’informazione che fa quel Vicario che il motivo di tale esclusione è derivato dal non essere ne il supplicante ne il fideiussore Luigi Faccendi, idonei a cautelare l’interesse della Comunità, vedendosi molti disattenti, e mal regolati ne propri interessi. Osservo inoltre che per ordine di questo Provveditore dovè il Rambelli nominare un nuovo fideiussore, il quale ancora fu riconosciuto incapace a corrispondere alla Comunità, in caso di mancanza del Rambelli, e di malversazione del denaro comunitativo, onde in tale stato di

cose fu ordinato dal Provveditore medesimo che l’attual camarlingo Innocenzio Gigli continuasse provvisionalmente e fino a nuovo ordine ad amministrare le rendite comunitative, in vista tanto più di aver questi nel corso di quattro anni anni reso un esatto conto della di lui amministrazione tenuta con la maggior diligenza . Non si è potuto procedere all’estrazione di altro soggetto perché nel bossolo non vi rimaneva che il solo Luigi Faccendi, quale non avendo potuto esibire altro fideiussore che il supplicante Rambelli, che si trova in stato miserabile per la sua cattiva condotta, è restato anche il Faccendi escluso. Virginia, vedova del fu Agostino Rambelli di Montorsaio, morì nel 1829 e con lei si estinse la famiglia Rambelli. Aveva donato alla chiesa di San Cerbone un reliquario d’argento con una preziosa reliquia di S. Giuseppe, sposo di M. Vergine. Rambelli Giovanni, figlio di Francesco e Angela Valeri, possidenti, nasce a Montorsaio nel 1821. Giovanni Agostino Rambelli nel 1810 testimonia la morte di Giovanni Cugini, ed è coniugato con Maria Bandinelli, che muore a Montorsaio nel 1813. Anche i Rambelli non figurano nel Censimento del 1841. Nel Repertorio alfabetico generale dei possidenti della Comunità di Campagnatico nell’anno 1854, vengono ricordate Rosa ed Emilia Rambelli, figlie di Francesco. Rambelli Emilia, nata a Montorsaio nel 1823, era sposata con Gaetano Baldacci, fu Francesco, originario di Poggio a Caiano (1820), di professione falegname. Misero al mondo Carlo nel 1848 e Alberto nel 1861. Abitavano in Via della Gavina n.3. L’antica casa dei Rambelli di Montorsaio, nel 1891 apparteneva a Ignazio Manini.

Bellacchi

Francesco Bellacchi, figlio del defunto Arcangelo, nel 1841 è definito contadino indigente vedovo di Teresa Rossi, con tre figli: Angelo di 18 anni, Veronica di 14 e Giuseppe di 12, che sposerà Elvira Nati, nell’ottobre 1859. Bellacchi Veronica, altra figlia di Francesco e Maddalena, aveva sposato Basilio Santini, fu Ermenegildo; nel novembre 1852 aveva generato il figlio Ermenegildo Angiolo; nel 1855 avrà la figlia Soave Cristina; nel 1857 perde il figlio Scipione, di

appena due mesi e nel dicembre 1860 partorisce a Montorsaio Vittorio Galgano. E’ definita fornara. Francesco Bellacchi si risposò con Maddalena Vannetti, figlia di Gaspero e Rosa Ubaldini, nata a Firenzuola, dalla quale ebbe altri figli, tra cui Eugenio Angelo, nato e morto ad otto mesi di vita nel 1854; Isolina venuta al mondo nel 1855; Luigi, che muore nel maggio 1857, e Pompilio Olivo Luigi, che nasce a Montorsaio nell’aprile 1860. Nel 1867, in località la Nave di Montorsaio, 106 dove abitavano i Bellacchi, Maddalena aveva partorito Teresa Agostina Angelica, che nel 1892 sposò Luigi Santucci, figlio di Pietro e Dorotea Ricciardi. Teresa aveva 25 anni e Luigi 26 e nel 1897 ebbero una figlia chiamata Maddalena, come la nonna materna, in Vicolo del Moro 47, ma la bambina morì nel 1899, all’età di due anni e quattro mesi. Pio, altro figlio di Francesco e Maddalena Bellacchi, nel 1893 sposa Elisa Stacchini, nata a Sassofortino nel 1849. Maddalena Vannetti muore nel 1891, a 66 anni, già vedova di Francesco Bellacchi, in Via del Corso 57, come testimoniano i figli Arcangelo, di 28 anni, e Pompilio di 33. Nel 1897 Arcangelo Bellacchi ha 34 anni e sua moglie Rosa Cancelli partorisce un bimbo che però nasce morto, mentre l’anno seguente (1898) viene alla luce Vitaliano Bartolomeo, in Via del Corso 57. Tullio Bellacchi, altro figlio di Arcangelo e Rosa, nato a Montorsaio l’11 dicembre 1913, era alto, biondo con gli occhi celesti; era impiegato ed aveva frequentato il liceo classico. Era ammogliato e residente a Montorsaio quando fu arruolato nella 98° legione G.N.R. col grado di aiutante e assegnato al Comando di Legione, il 7 aprile 1944. 107 Bellacchi Severino, altro figlio di Arcangelo e Rosa, nato nel 1901, nel 1922 sposa Prima di Orlando Daviddi e Annunziata Grechi. A Francesco Bellacchi, possidente di 33 anni, e Rosa Malevolti, nel 1897, a Montorsaio in via del Corso 7, nacque Alduina, che nel 1914 sposerà a Grosseto Bernardo Savelli. Giuseppe Bellacchi sposò Elvira Nati, come abbiamo scritto nel paragrafo riguardante questa famiglia, e nel 1890 dette alla luce Concetta Antonietta, futura moglie di Francesco Fiornovelli.

106 La casa rurale, detta della Nave, è ubicata nel sito del convento soppresso alla metà del secolo XVIII, sulle pendici settentrionali del Monteleone, 107 ASG, Comune di Grosseto , categoria XV, Ruoli militari.

Montorsaio sotto la neve

ALBERI GENEALOGICI 108

GIGLI 1500/1600 Giulio

Niccolò +Agnese

Giulia Giovanna 1597/Sicilia 1598/ CostanzaFaustina 1600/

Giulia 1606/ Giovanna1608/ Giulio 1612/1657

Giulio Costanzo 1615/1657 Marco1599/ +Floria 1597/1657

1)Iacomo 1617/ 2)Agnese + Silvestro 3)Leonardo 1623/ 4)Giuseppe 1624/ 5)Iacoma + Antonio 6)Ottavia 1638/ 7)Giovanna 1640/ 8)Geresia + Giovanni di Bastiano

108 Nelle tavole che riportano gli alberi genealogici delle varie famiglie con il segno “+” si indica il matrimonio.

GIGLI 1600/1700

Giovambattista +Caterina

Francesco 1623/ Silveria Michelangelo +Francesco Domenico Iacoma Cecilia Ascanio 1639/ +Antonio +Mario Carlo +Andrea

Giovanna 1671/ Caterina 1673/73 Caterina 1674/ +Arcangelo Mastiacci

Domenica +Augusto Barberini Giovanna1677/

Flaminio +Caterina

Andrea Giovanna 1701/ Andrea 1702/ Flaminio 1720/ +Giulia Martinozzi

GIGLI 1° ramo 1700/1800

Flaminio+Giulia Martinozzi

1)Bernardino 1736/52 2)Francesco 1748/52 3)Giovanni Giuseppe 1752/52 4)Francesca Luisa 1754/ 5)Bartolomeo + Diamante Durante Maria Giulia 1761/

Maddalena 6)Innocenzio1740/1801 7)Andrea 1741/1805 +Maria Domenica Valeri Giovambattista 1771/

Alfonso 1772/77 +Elisabetta Pepi

-Flaminio 1769/815 -Giacomo Francesco 1785/1804 -Stefano Baldassarre 1786/ -Maria Caterina 1794/ -Teresa M. Leopoldina 1785/+Giuseppe Minucci -Flaminio Carlo 1775/ -Lucrezia M. Diamante 1777/99 +Michelangelo Giovannini -Maria Margherita 1779/ + Biagio Gonnelli -Maria Giulia 1782/83

GIGLI 2° ramo 1700/1800

Flaminio +Giulia Martinozzi 1717/1757

Innocenzio 1740/1801 +Giovanna Fondelli /1781

-Veronica Margherita + Francesco Rossi -Costanza1766/770 -Maria Teresa1768/71 -Pellegrina 1770/70 -Flaminio Ascanio 1771/71 -Maria Anna Luisa 1772/ + Giulio Franci -Guglielmo Baldassarre 1776/1822 -Giovanni Luigi 1781/85

GIGLI 2° ramo 1700/1800

Innocenzio 1740/1801 +Maria Mugnaini /1822

Maria Caterina 1785/847 Stefano 1786/96 +Cosimo Benocci Marianna +Giulio Franci Giuditta 1784/1818 Raffaello +Uliva Nati Maria Caterina 1784/91 Maria Felice +Francesco Granai

Guglielmo 1776/1822 +Angiola Viti 1784

Erminia 1810/ Ascanio 1815/16

Giuseppa Angiolo 1810/10 1817/17

Ascanio 1817/1909

Guglielmo 1822/79 Innocenzio 1809/69 +M. Montomoli 1832/ +Amalia Cappelli 1814/89

Arrigo Rosalia 1846/

Giulia 1819/1852 +Giuseppe Cappelli

Giuseppe 1813/89 +Fortunata Giovannini 1818/61

Giuseppe 1813/89 +Fortunata Giovannini 1818/61

Giuditta 1858/58 Lia 1849/1920 Isabella 1847/ +Oreste Bacci 1842/ Baldovino 1842/1906 Bartolomeo 1849/ +Albina Gauci Flaminio Adeodato 1842/ 1853/1913 Artemisia 1849/1915 Argia 1847/ +Luigi Bechi +Vittorio Vittori

Michelangelo 1839/1911 LuigiAlberto 1854/1961 +Sulspizia Nati 1844/1871 +Giuseppa Bonucci +Clorinda Sodi 1845/1928 Noè 1860/1861

Fortunata 1870/1870 Flaminio1853/913

Giuseppe 1864/ Innocenzio 1861/ +Teresa Bellacchi 1867/ +MariaBonucci 1863/1912

Concetta 1890/ +Francesco Fiornovelli 1881/

Lucrezia Adelaide 1888/ +Lorenzo Pallini

Fosco

Edvige Lorenzo

Innocenzio 1861/ +Maria Bonucci 1863/1912

Sulspizia Adelia 1890/90 Genovieffa + Domenico Perna 1886/87

Claudio 1888/1961 Maria+Sulspizia 1883/83 +CaterinaVagheggini 1891/ (gemelle)

Giglio 1912/94 +Eda Ottonelli

Ascanio

Gigli Alberto 1854/ 1941 +Giuseppa Bonucci 1861/1930

Torquato 1894 +Atide Giuseppe 1900/1959 Fine 1892/1978 +Luisa Macchia +Alfredo Borghini

Vittorio Giuseppina Alberta Nerina Giuseppe Alda

Arrigo 1889/196 Guglielmo 1903/85 +Fiorisa Nati 1894/1978 +C.Clorinda Giannini

Adriana

Alberto1914/95 Francesco 1919/88 Marisa +M. Tomassi 1921/81 +Maria Faragli 1927/ +Aldi Furzi

Arrigo 1940/ Tamara 1948/ Damiano +Giuseppina +Guido 1935/2006 Francesco 1975/ +Maura Benedetta 1975/ Alberto1973/ Cecilia Andrea 1977/ Maria Elena 1977/

SALONI 1700/1800

Pietro Agostino 1774/1809 +M.Domenica Lapi 1780/1811 +M.Angela Marzini

Pavolo Antonio 1808/08 M.Angela Agostino 1812/12 1808/09

Fabiano1814/ Maria D.1811/

Francesco1818/43 +Apollonia Salvi /1873

Pietro1830/1882 +Eleonora Perna1837/1857 +Filomena Costa1838/98 fu Mariano

EmilioA.1855/ Teresa 1861/1867 Attilio 1864/71 Attilio1872/72 Eleonora 1862/1863 Attilio 1877/1944 +Degnamerita Nati 1882/1940 Domenico 1866/1928 +Santucci Clorinda 1872/ Ferdinando Severina 1900/23 +Feliciano Spada 1901/85 Fidalma Nello1896/ +DinoBenocci

Alberto A.Maria Alda 1936/ Alfio 1942/

Aladino 1893/1975 +Steri Clarice Gioconda1922/ +Corti Giuseppe Lando +G.Manini

Luisa e Luigi

Altri figli di Pietro Saloni e Filomena sono:

Giovanni Gregorio1869/99 +Amalia Pepi

Daria 1897/1913 Anna 1903/07 Filomena 1899/

e

Francesco 1858/ +Isolina Bolognini 1863/

Pietro 1883/83 Francesco 1899/1983 +C.Gasparri 1911/1985 Pietro Adelinda 1885/85 1887/902 Pietro 1888/1915 Teresa 1891/1977 Gerbina 1893/ +Santucci Maria 1886/86 Francesca e Caterina 1898/98

Novilia +Virgilio Santucci

NATI 1700/1800

Santi 1730/70 +Giovanna Giorgi 1723/1793

Angelo Maria 1760/

Caterina1758/ Giovambattista +Pietro Pepi 1756/

Francesco 1768/1826 + Supplizia Lanfrancotti +Lucia Manini 1782/ Uliva 1822/ Carolina 1797/1857 +Raffaello Benocci +Pietro Bonfiglioli Nunziata 1804/05 Giovacchina 1817/ Piero Angelo 1806/06 Santi 1795/97 Teresa 1820/885 +Straccali Vincenzo Fortunato 1807/07

Rosa 1801/ Artemisia 1814/15 +Franchi Ippolito Giovanna 1810/1887 +Barbagli Francesco

Maria Florinda 1808/1878 +Vincenzo Gianninoni

Giovambattista 1797/1856 +Degnamerita Guerri 1814/1881

Pasqua 1829/ Domenico 1833/

Teresa 1843/57

Giovambattista 1797/1856 +Degnamerita Guerri 1814/1881 Sofia 1849/ Paolo 1850/ Ferdinando 184/1868 Innocenzo G. 1849/1904 +Maria Petrini Oliva 1843/1936 +Ignazio Manini 1842/ Elvira 1838/ +Bellacchi Giuseppe Sulspizia 1871/ Giuseppe 1872/ Eletta 1877/

Luigi 1878/1944 +Carola Luttazzi

Sulspizia 1847/1871 +Michelangelo Gigli 1839/1911

Innocenzo 1861/ +Maria Bonucci 1863/ Noè 1861/61 Fortunata 1870/70

Genoveffa 1886/1887

Francesco 1836/1917(altro figlio di Giovambattista e Degnamerita Nati) +Amalia Minardi /1867 +Assunta A.Cugini 1846/1869 +Annunziata Barbieri 1858/1919

Giovambattista 1867/67 Ferdinando Ferdinando 1888/88 1887/92

Ferdinando 1889/ Florisa 1894/1978 +Arrigo Gigli

Giovambattista 1885/1963 +Irina Salvestroni

Degnamerita 1878/1940 +Saloni Attilio 1877/1944

Ferdinando 1900/923

Severina 1905/978 +Feliciano Spada 1901/985

Alberto Anna Maria +Gino Savio

Giulia Daniela Andrea

NATI 1800/1900

Francesco +Annunziata Barbieri

Florisa 1894/1978 +Gigli Arrigo

Alberto Francesco 1914/995 1919/988

Giovambattista 1885/1963 +Irina Salvestroni

Giuseppe 1912/14 Naldo Enzo +Ada Rambaldo +Laura +Fernanda

Giuseppe 1914/38 Tosca

Nunziatina +Marcello

Giovambattista

BOLOGNINI

Alessandro Maria +Marta +Giovambattista Rambelli

Barbara 1695/ Giovanni 1675/ Aurelio 1679/

Giuseppe 1694/ Giulia 1684/776

Alessandro + Giulia Guarnacci

1)M.Domenica 1771/ 2)Giulio Cerbone 1760/ 3)Maria Bartolomea 1762/78 4)Margherita Giuseppa 1774/77

Pietro /1770 + M.Domenica Palli

-Maria Maddalena Agnese 1757/ -Antonio Andrea 1759/ -M.Benedetta T.1769/

Angelo +Margherita Tanzi

Tommaso +Margherita Cugini

Lorenza 1817/ +Vannucchi Pietro 1813/

Alessandro 1794/1863 +Gaspera Bartaletti1800/

Alessandro 1794/1863 +Gaspera Bartaletti 1800/

Egidio 1829/ Ulisse 1836/ Tommaso 1825/ +Porzia Faccendi1832/876 Elisa 1839/39 Maria1824/ +Landi Giovanni Elettra

Giulio 1840/41 Margherita 1842/ +Carlo Sartori

Eusebio1835/ +Mori Merope

Gaspero Isolina 1863/ 1861/63 +Saloni Ferdinando

Clementina 1831/ +Tommaso Pepi 1825/ Gerbina +Marzocchi Alfonso

Vincenza Vincenzo 1855/ 1857/

Angelo /1875 +Teresa Ferrari

Alessandro 1863/64 Alessandro 1864//87 +Giuseppa Bonucci 1858/1930

Gemma 1886/93

CORTI 1700/1800

Giuseppe

Alessandro1746/1786 Anna +Dominici Giuseppe

Michele 1741/1786 + Marianna Salvani /1813

LuigiFortunato/Giovanni Bernardino 1786/86

Sebastiano 1778/1847 Giuseppe +Lucia Bolognini +Modesta Giovannini +CaterinaFranci1781/1853 1782/1849

Margherita +Giovanni Vaccari

Ferdinando 1799/1809 Vittoria +Lino Benocci

Ernesto /1847 Vincenzo /1855 Carlo +Maria Malevolti Domenico +Maddalena Costa

Giuseppe +Modesta Giovannini 1782/1849

Luigi 1803/ Lorenzo 1806/ Caterina 1808 /1810 Michele 1810/89 +Cleope Lucherini +Maria Mucciarelli 1810/1867

Palmira 1832/ +Antonio Giaggioli Lorenzo 1831/ +Pasquale Regoli +Fralassi Rosa +Luigi Masetti Apollonia1859/66 Isolina 1854/ Leopoldo 1869/ Cerbone 1871/ LuigiCostantino 1863/65 Giuseppe 1857/58 Antonio 1867/ Giuseppe 1856/56 +donna non maritata +Giuseppa Santucci

Giuseppe 1853/53

Lorenzo 1895/ +Concetta Giovannini Zelinda +Innocenti Ferdinando Bruna Rosa Antonio

Gino 1897/1964 +Maddalena Benocci Gino 1880/

Attilio 1877/1947 +Pepi Angela

CORTI 1900

Gino 1897/1964 +Maddalena Benocci

Eraide 1924/1995 Antonietta Canzio

Carlo Carla

Michele

Giuseppe 1921/2005 +Gioconda Saloni 1922/

Carla 1948/1949 Maddalena +Pietro Tamburini Vincenzo +Rossana Dori Edoardo Laura

Irene Giulia

MIGLIORINI

Giuseppe +M.Grazia Casini

Benedetto 1812/ Francesco1810/10

Domenico

Arcangelo +Caterina Gianninoni

M.M.Filomena1838/ Egeziaca 1833/ +Leonida Mattioli

Luigi Giuseppe 1840/40

Raffaello 1831/1904 +Benedetta Benocci 1837/1859 +Assunta Poggiarelli 1833/1899

Benedetta Tommaso 1856/ +Mecacci Luigi

Vittorio Arcangelo 1860/1917 Gervisa 1867 +Ernesta Venturi 1867/955 +Raffaello Benocci 1864/

Lidia 1891/ Nello 1892/1920 Carlo Amedeo1895/965 + Perna Adorna +Tina +Eugenia Tiberio

Irma Armando Assunta Nella Mario

Arcangelo 1919/2001 Nello 1921/2005 +Carla Barzagli +Flavia Romano

Paolo +Manola Perna Arianna

BALLERINI

Natale +Giovanna Rinaldi

Sabbatino /1812

Marco

Marco 1793/ +Maria Nisi 1803/

Natale 1835/ Guglielmo 1833/ +Angela Fini 1845/ M.Antonia 1838/ Antonio Marco Marco 1867/67 1870/

Domenico 1782/ +Luisa Benocci 1793/

Vincenzo 1819/1867 +Maria Tilli Clorinda 1822/ Annunziata 1824/

Adelaide 1826/ Luigi Alessandro 1821/

Forse Marco e Domenico sono fratelli e figli di Natale e Giovanna Rinaldi.

BELLACCHI

Arcangelo +Teresa Rossi

Francesco 1796/ +Maddalena Vannetti /1891 Pio +Elisa Stacchini Angelo 1823/

Pompilio 1860/ Teresa A. 1867/ Veronica 1827/ +Luigi Santucci +Basilio Santini

Maddalena Vittorio G.1860/ 1897/99

Arcangelo1863/ +Rosa Cancelli

Vitaliano 1898/

Giuseppe 1829/ +Elvira Nati 1838/

Amerigo B .1860/ Antioco 1863/ +Alfea Savelli

Luigi Giuseppe Elvira 1889/1973 +Lenzini Salvatore

Antioco +Francesca

Mirella

NISI

Santa +Antonio Bambi

Maddalena /1811

Francesco

Pietro 1812/1874 Maria 1803/ +Petra Santini 1790/1868 +Marco Ballerini 1791/ +Clelia Devoti

Guglielmo Natale 1837/ 1833/ +Angela Fini

M.Antonia Maddalena 1838/

Giovan Vincenzo 1874/ Francesco Vincenzo 1870/ +Weible Ernesta 1874/ +Augusta Micheli

Pietro 1872/ +Regina Giannini

Mario Saverio Luigi Ottorino +Dorinda Piazza Luigi Pietro Regina Orazio Pierpaolo Umberto

Giuseppe Gino1896/1974 +Lina Gagnoni

Florisa 1924/ Francesco+Gina Massetti

Barbara Guido

WEIBLE

Melchiorre

Valentino 1814/1873 +Maddalena 1811/

Alfredo +Anna Gauci

Salvatore 1870/70 Ernesta 1874/ +Vincenzo Nisi

Salvatore Ferdinando 1870/

Amerigo 1898/1966

CAPPELLI

Lino

Antonio +Angela Lamberi

Francesco 1784/1840 +Giuditta Fiornovelli 1802/

Angelo 1829/38 Giovanni Carlotta 1833/ S.C.1838/39

Pietro Valentino 1840/ Bernardino 1824/ Luigi 1837/1868 +Assunta Corsi 1840/

Carlo A. A.1867/67

Antonio +Angela Lamberi

Antonio Giuseppe 1778/1884 +Luisa Benocci 1792/

Teresa M.1809/10 Lucia Argentina 1812/

A.Lorenzo 1813/

Giuseppe Antonio 1813/ +Giulia Gigli 1819/52

Giuseppe Antonio 1813/ +Giulia Gigli 1819/52

Elvira 1839/39 Elvira 1840/40 Giuseppe F.1844/

Sergio R.1847/ Giuseppe Luigi Arrigo 1842/902 +Valeria Violetti

Claudio Augusto 1849/51

Antonio 1868/1939

BENOCCI

Galgano +Faccendi Giuseppa

Ersilia 1829/42 Pietro Fedele 1837/41 Benedetta 1837/ +Migliorini Raffaello

Francesco +Lazzaretti Diomira

Angiola /1813 Lino 1798/ Giovanni Vaccari +Vittoria Vaccai +Corti Margherita 1797/1851

Ferdinando /1809 - Vincenzo 1827/55 - Margherita 1828/ - Rocco 1833/ - A. Sofia 1838/ - Galgano Silvio 1841/41 - Ernesto Claudio 1840/ - Cosimo 1842/ - Guido Alessandro 1842/ - Ernesto Claudio 1846/47 - Carlo 1837/+Maria Malevolti: Sofia 1863/1880 +Alfredo Straccali Margherita1867/70 Girolama 1869/ +Angiolo Santucci

- Domenico 1833/1876 + Maddalena Costa

Vincenzo 1847/47 Lino M. 1873/ Vittorio E. 1860/ +Elda Giovannini Galgano 1858/

Domenico 1899/ Ferdinando 1899/1965 +Florida Bartoli

Luciana Elda + Bucalossi Enrico

BENOCCI Cosimo 1722/77

M.Antonia1753/ +Matteo Giovannini

Luigi /1810 Giovanni Andrea 1758/ +Francesca +Gioconda Benanti 1765/ Maddalena +Nerozzi Paolino

Anastasia/1813 Edvige 1791/1878 +Giuseppe Cappelli 1784/ Cosimo 1784/ +Caterina Gigli 1785/1847

1)M.Rosa 1809/10 2)A.Lorenzo 1813/ - Costanza 1829/ 3)Lucia A.1812/ - Ersilia /1830 4)Giuseppe Antonio 1817/ - Benedetta 1837/ +Gigli Giulia - Raffaello 1825/ +Oliva Nati 1822/

1)Luigi F.1845/1904 +Leonilda Arrighi Eraide 1870/

Luigi

Ferdinando Azelio 2)Giuseppe 1846/ 3)Caterina 1851/ 4)Cesare Giovanni Angelo 1853/62 5)Vittorio Marco 1847/62 6)Augusto B. 1849/1914 7)Caterina 1851/ 8)Cesare 1853/ 9)Oreste 1854/ 10)Adelasia 1856/ +Giovanni Carboni 11)Angelo V. 1858/61 12)Vittorio Marco 1861/ 13)Raffaello 1864/ +Gervisa Migliorini 14)Elvira 1866/66

FACCENDI

Luigi Ferdinando +Angiola Ricci

Caterina1785/1861 Lorenzo /1811 Leopolda +Giovannini Michelangelo +Ermenegildo Santini 2 gemelli 1811/11

M.Antonia Fortunata Beatrice1808/08 Mattia /1813 +Gigli Giuseppe Domenico Michele 1813/

Leopoldo +Deidamia Franchi

Pietro P.1812/ M.Amabile 1814/14

Antonio +Maria Pagni

Costanza 1809/ Settimia 181 2/ Cleope /1876 +Giovanni Carboni +Giuseppe Corsi

Giuseppa 1842/ Lucia Letizia 1841/

Galgano Benocci Ersilia 1829/42 +Giuseppa Faccendi Pietro Fedele 1837/41

Benedetta 1837/ +Raffaello Migliorini

Baldassare +Porzia Picchi

Baldassarre M. 1836/41 Lorenzo S. 1840/40 Isabella 1811/

Fillide /1810 Domenico L.1814/14

Ferdinando1806/63 +Carolina Perfetti

Porzia+Tommaso Bolognini

MANINI Pietro

Giovan Francesco Giovanni 1677/86 1682/86 Domenica 1674/729 Giovanni Antonio1673/733

Giovanni 1709/67

Giovanna1728/29 Santi Mariano M.Santa 1715/71 +Santi Rinaldi Maria/1684

Michele1754/818

Arcangelo/1721 Jacopo +Francesca1669/734

-Maria1715/16 -Caterina -Maddalena +Diani G.Andrea +Santi Clarini -Sabato -Pietro Antonio1708/12 +M.Lucrezia Malevolti1702/52- -Giovanni Antonio -Domenica1700/719 +M.Ancella Ballerini -Domenico1712/772 -Domenica +Diani Maria +Pietro Rinaldi Marianna +Cosimo Barzagli Jacopo1741/1810 Paolo Raffaelo1783/83 M.Giovanna M.Lisabetta +Barlotti Jacopo +Ballini Giuseppe

Angiola1776/ M.Angiola1808/08 Barlotti Santi Vincenzo1778/ +Rinaldi Assunta Lorenzo1784/

Ferdinando1748/1830 +Maddalena Pieri Domenica Maria1788/89 M.Angiola177 Giosafatte 1789/89 Giosafatte 1783/83 Angiolo1785/ +Tagliaferri M.Annunziata Giosafatte1789/ +Tronconi Annunziata 1793/

Giosafatte1789/+Tronconi Annunziata 1793/

A.Luigi 1823/ Domenico 1825/ +Maria Giorni

Domenica1875/

M.Rosa 1828/99 +Innocenti Michele

Eusepio 1864/ Maria 1858/1906 +Filomena Ceccarelli +Isidoro Milli

Giovanni Antonio 1673/1733

Mariano 1715/1771+M.Santa Calamini

M.Anna Domenica1809/ Pier Giovanni +Diani Giuseppe +Lambardi Maria M.Assunta Domenico 1789/1824 +Sforzi Luigi Diani Ermenegildo +M.Maddalena d’Agnolo M. Lucia1783/855 +Francesco Nati Celeste1797/1821 Giovanni Antonio1771/ M.Carolina Bernini 1787/

Maddalena 1811/ Luigi Mariano 1813/ +Ballerini Gaetano Gio.Domenico 1823/

Giovanni Luigi 1839/ Pietro Ermenegildo 1841/ Luigi1808/ +Diomira Calerini

Ignazio 1842/ +Oliva Nati 1852/1936

G.Angelo Eletta 1877/ Argia G.Giobatta +MaddalenaPieri +LorenzoFerrari 1872/1963

Carla 1899/

Ignazio 1842/ +Oliva Nati 1852/1936

Luigi 1878/1944 +Adalgisa Lelli +Carola Luttazzi Supplizia1871/897 +Ulisse Giorni

Adele1891/ Luigia1896/

Argia Giuseppina +Giuseppe Guerrini +Ferdinando Saloni

Luisa e Luigi

G. Angelo 1855/1927 +Maddalena Pieri

Amedeo Stella

Amato 1866/ Settimio 1899/ +Veronica Sforzi +Rosa Guidoni

Orlando1916/2007 Amelio1913/ Benito1927/ +Dusolina Diani +Anna Gallichi

Luca Alessandro M.Benedetta Natalino +Sforzi Guglielmo

Maria Stella Primetta Artemia +Convertiti Carlo +Barzagli Gino +Tonini Narciso

Marco Laura Gilberto Filiberto Marta Marco

APPENDICE A Censimento del 1841

Cognome Nome Età condizione

-Ferrari Cerbone 41 agricoltore possidente sarta Vittoria 39 Carlo 22 Pellegrino 18

- Santucci Francesco 25 proprietario terriero Orsola 24 Lorenzo 3 Annunziata 41

- Chiappelli Giuseppe 68 agricoltore possidente Caterina 60

- Santucci Luigi 23 agricoltore possidente Cristina 23 Lorenza 1 Carlotta 43 tutrice Rosa 19 pupilla Angela 16 pupilla Pietro 12 pupillo Santa 8 pupilla

- Benocci Cosimo 56 possidente Caterina 59 Raffaello 16 Costanza 12 Ersilia 11

- Paolini Francesco 28

- Nati Lucia 59 proprietaria possidente Argentina 24 Teresa 21 Uliva 20

Cognome Nome Età condizione

- Franchi Ippolito 47 proprietario possidente Rosa 39 Candida 10 Cecilia 7 Luca 5

- Gianninoni Vincenzo 34 Maria 34 Pasqua 12 Giacomo 10 Cristina 6 Michele 3 Giuseppe 1

- Parigi Francesco 55 proprietario Assunta 47

- Bruschi Giuseppe 28 calzolaro Maria 26 Adelaide 5 Apollonia 1

- Faccendi Ferdinando 35 proprietario Carolina 33 Porzia 9 Baldassarre 5 Innocenti 28 Arcangelo - Corsi Giovanni 33 lavorante indigente Cleope 40 Benocci Arcangela 15 Benocci Maria 11

- Corti Michele 33 proprietario possidente Cleope 31 Lorenzo 11 Palmira 9 Modesta 59 Neri Pietro 50

Cognome Nome Età condizione

- Giorgi Santi 50 agricoltore possidente Maddalena 46

- Giovannini Girolamo 50 proprietario Assunta 41 Maria 22 Mattia 21 Maddalena 15 Salvatore 9 Olimpia 5

- Chiaretti Lodovico 30 agricoltore indigente Marianna 23 Gaetano 3 Ernesta 1

- Costa Emilio 23 Marianna 21 Edvige 1

- Bernini Giovanni 41 agricoltore indigente Domenica 27 Luigi 8 Clemente 5 Erminia 3

- Costa Mariano 60 chirurgo indigente Assunta 40 Maddalena 8 Giuseppe 5 Filomena 2

- Gigli Giuseppe 29 proprietario possidente Fortunata 23 Michelangelo 2 Angela 57 tutrice

Cognome Nome Età condizione

- Cappelli Antonio 28 Indigente Giulia 22 atta a casa

- Facchielli Pasquale 42 contadino indigente Serafina 39 Diomira 18 Gesualda 8 Roberto 2

- Barbagli Francesco 44 Proprietario guardiano di vacche Giovannea 31 Teresa 16 Michelangelo 15 Giuseppe 14

- Boccardi Giovanni 32 contadino indigente Mariantonia 33

-Ginanneschi Anacleto 30 sacerdote cappellano

Angela 69 serva

- Ferrari Ignazio 35 proprietario

Violante 22 Teresa 1

- Cappelli Giuditta 39 vedova indigente tutrice Bernardino 17 Carlotta 8 Luigi 5 Pietro 2

Cognome Nome Età condizione

- Vaccai Elisabetta 45 proprietaria possidente tutrice vedova Teresa 14 pupilla Niccolò 10 pupillo

- Ballerini Domenico 59 macellaio possidente Luisa 48 Vincenzo 22 macellaio Clorinda 19 Annunziata 17 Adelaide 15

- Nisi Pietro 34 proprietario possidente Petra 51 Bianconi Santi 70 garzone Bucci Marianna 34 serva

- Corti Sebastiano 63 contadino agricoltore Caterina 61

- Santini Elisabetta 71 donna di casa

- Orlandini Carlo 28 proprietario Caterina 25

- Benocci Lino 43 proprietario Vittoria 45 Vincenzio 14 Margherita 13 Rocco 8 Carlo 6 Sofia 3

- Bolognini Alessandro 47 proprietario Gaspera 41 Tommaso 16 Maria 17 Egidio 12

Cognome Nome Età condizione

Clementina 11 Eusebio 6 Ulisse 5

- Ballerini Marco 50 postino indigente Maria 38 Guglielmo 8 Natale 6 Antonia 2

- Magni Giuseppe 59 bastiere Carolina 54 Angela 21 Marianna 16 Rosa 13 Pasqua 10

Camporanecchi Carlo 24 indigente Francesca 36 Giovanni 10 Antonio 8 Letizia 2

- Pepi Francesco 43 proprietario possidente Amabile 36 Tommaso 12 Candida 11 Giuseppe 8 Cesira 6

- Cugini Marco 22 proprietario possidente Lucia 17

- Santini Caterina 57 vedova tutrice possidente Basilio 18 pupillo Angelo 12 pupilla Rosa 9 pupillo

Cognome Nome Età condizione

- Carboni Giovanni 33 lavorante Settimia 30 Achille 8 Girolamo 7 Giacomo 3

- Migliorini Arcangelo 51 proprietario Caterina 32 Alessandra 14 Teresa 12 Raffaello 11 Monica 5 Maddalena 3 Luigi 1

- Faccendi Antonio 69 Proprietario

- Bartalucci Giobbe 39 lavorante contadino

- Benocci Gioconda 76 proprietaria possidente

- Nati Carolina 50 ostessa possidente

- Santoni Paolo 59 contadino indigente Angela 67 Fontani Pellegrino 53 garzone bestiaio - Nati Giovambattista 44 oste proprietario Degnamerita 29 ostessa Francesco 5 Elvira 2 Sofia 1 Guerri Giuseppe 27 garzone

- Settepassi Angelo 44 contadino agricoltore Domenica 50 contadina Bernardino 16

Cognome Nome Età condizione

Pietro 7

- Carossi Maria 41 tutrice macellara Gaspero 12 Antonio 7 Giuseppe 5

- Bellacchi Francesco 45 contadino indigente vedovo Angelo 18 Veronica 14 Giuseppe 12

- Giannetti Pasquale 40 muratore

- Fabbri Cosimo 54 pievano possidente Corrieri Tullio 8

- Lelli Giuseppe 23 lavorante macellaio Angelica 20 Gioconda 2 Agostino 20 Silvia 8

In totale 57 famiglie, su 53 case con 225 persone.

Quali considerazioni si possono ricavare dall’analisi di questo Censimento? Certo la maggior parte delle persone sono giovani, ma ci sono anche degli anziani quali Santi Bianconi di 70 anni, di professione garzone, o Santini Elisabetta, donna di casa, che ne ha 71. La maggior parte dei capifamiglia sono possidenti, più o meno grandi e in ogni caso tutta l’economia è di tipo agricolo-pastorale. Domenico Ballerini e suo figlio Vincenzo fanno i macellai; Giuseppe Bruschi lavora come calzolaio, Anacleto Ginanneschi è definito sacerdote cappellano ed Angela, chiamata serva di 69 anni, forse è sua madre, che convive con lui. Del nucleo familiare dei Nisi fa parte, oltre ad un garzone, anche una serva, che rivela la condizione della loro agiatezza. Molte di queste famiglie sono imparentate tra loro più volte nelle varie generazioni, come abbiamo dimostrato nella prima parte di questa ricerca. Non sono annoverati i Saloni. Alcune donne sono vedove, come Giuditta Cappelli o Elisabetta Vaccari che fungono da capifamiglia; altre vivono con un figlio e mantengono la funzione di tutrici per gli altri figli minori, quali, ad esempio, Rosa Santucci. Mariano Costa è chirurgo possidente ed ha una istruzione superiore. Tutti appartengono alla religione cattolica.

Abbiamo richiesto all’Istituto Nazionale di Statistica i dati relativi al Censimento del 1861, fatto dal Regno d’Italia recentemente costituito, ma i dati non sono così dettagliati come quelli del 1841 e quindi il confronto è impossibile. Li riportiamo comunque:

Comune Popolazi Ma Fem Popol Ma Fem one di schi mine azione schi mine fatto di totale diritto -totale

Campagnatico 4485 2546 1939 4528 2577 1951

Così distribuiti:

Centri Centri Casali Casali Case Case Fem maschi femmi maschi femmi sparse sparse mine ne ne maschi femmine

860 669 0 0 744 380 2653

Vedovi 60 176 0 0 45 46 326

Coniu gati 484 447 0 0 353 222 1506

Numer o Centri Casali Abitate Vuote Famiglie delle case 6 0 691 83 791

Nel periodico Ombrone del 4 febbraio 1872, sono riportati i risultati del Censimento di popolazione del 1871.

Frazione Famiglie Abitanti Campagnatico 281 1477 Paganico 58 421 Montorsaio 126 574 159 949 Casal di Pari 138 887 Pari 161 835 totale 923 5143 Abitanti presenti 4485 nel 1861

La popolazione del Comune di Campagnatico sarebbe quindi aumentata in dieci anni di 658 persone, ma lo scrivente specifica che tale “ differenza devesi in parte al reale aumento della popolazione indigena, e nel rimanente alla presenza di una quantità di lavoratori occupati alla costruzione della ferrovia Asciano-Grosseto e alle importanti lavorazioni del carbone presso Campagnatico e Montorsaio”.

Appendice B

Onomastica dei principali nomi propri utilizzati a Montorsaio

Nome Origine Significato

Adalgisa longobarda nobile freccia, nobile ostaggio Adelinda germanica dal nobile scudo di legno di tiglio Adriana latina che proviene da Adria Aladino araba devoto alla religione (musulmana) Alberto germanica tutto chiaro, illustrissimo Aleardo germanica nobile e forte Alfeo aramaica che va avanti, fa posto al successivo Alice celtica di nobile e bell’aspetto Amabile latina da amare, piacevole Andrea greca uomo, forza, vitalità Angelo greca messaggero di Dio Antiaco greca cittadino di Antiochia che resiste, sta fermo nella fede Antonio etrusca colui che precede, affronta Apollonia greca forza sterminatrice delle tenebre, dedicata ad Apollo Argia greca di Argo, argiva, abbagliante Ascanio letteraria (senso incerto) raro, illustre Atalia ebraica Dio è grande, eccelso (aferesi di Natalia) Attilio etrusca-latina avo, uomo, attivo Baldovino longobarda audace compagno, valoroso amico Battista greca immergere, battezzare Benedetto latina che augura il bene, che loda Beniamino ebraica figlio prediletto, figlio della destra Caterina greca pura Claudio latina claudicante, zoppicante Cleofe greca dal volto glorioso Cecilia latina cieca, invisibile Clorinda greca dal color verde chiaro Damiano greca domatore, discendente da Damia (Cibele) Dante latina che persevera, forte, sicuro (Durante)

Nome Origine Significato

Dalinda latina muta, consacrata Diodato latina donato da Dio Edvige germanica lotta, battaglia sacra Elena greca splendore del sole, fiaccola Elisa ebraica Dio è pienezza Elvira celtico emulo, rivale, cortese Eliseo ebraica Dio salva, dà aiuto e vita Emanuele ebraica con noi è Dio Enrico/Arrigo germanica capo di casa, signore, forte in patria Eufrasia greca letizia, allegria, felicità Eva ebraica che dà vita, feconda Federico germanica che domina con la pace Fillide greca foglia, petalo, stirpe, specie Filomena greca amante del canto, fedele Flaminio latina sacerdote, sacro, onore, culto Francesco latina francese Gelasio greca sorridente, allegro, gioviale Gemma latina bottone, germoglio, pietra preziosa Gabriele ebraica fortezza di Dio Genoveffa celticogotico donna di nobile stirpe Giacomo aramaico- seguace di Dio giudaica Giglio latina di giglio, bianca e pura Gioconda latina allegra, gradevole, lieta Giorgio latina lavoratore della terra Giovanni ebraica dono, grazia di Dio Giulia latina discendente da Giove Giuseppe aramaico- Dio accresca, alimenti ebraica Gregorio grecolatina sveglio, desto, vigilante, custode Gualberto germanica illustre, famoso e potente Guglielmo germanica uomo protetto dalla volont à Guido germanica dibosco,foresta (wood=bosco) Ilda germanica guerriera, combattente Ildebrando germanica combattente con la spada Imelda germanica grande in battaglia Innocenzo latina senza alcuna colpa Ismaele ebraica Dio esaudisce, Dio ascolta Isolina germanica guerriera, vergine di ferro

Nome Origine Significato

Lando germanica terra, paese, uomo della terra Lia ebraica stanca, affaticata, laboriosa Maddalena aramaica proveniente da Magdala Marcello latina consacrato a Marte Margherita latina perla Maria ebraico- signora, padrona, afflitta aramaica Mario etrusca forte, virile Marisa ebraica contrazione tra Maria e Luisa Marta aramaica signora, padrona della casa Matilde gallica possente in battaglia Maura etnica nativa della Mauritania Merope greca dal viso pensieroso, intelligente Nicandro greca uomo della vittoria Nicola greca vincitore del popolo Olga finnico- santa, felice scandinava Pellegrino latina viaggiatore, che va per i campi Pietro latina pietra, roccia, saldo Polissena greca molto ospitale Rabano germanica corvo sacro, messaggero di Odino Remigio latina medicina, che rema (rematore) Riccardo germanica potente, valoroso, audace Rosalia germanica fama, ascendo glorioso Sabatino ebraica nato di sabato, giorno sacro Sam ebraica che ha il nome di Dio Sergio latina curatore, guardiano Stefano greca corona, del martirio Tamara ebraica palma di dattero simbolo di superiorità o comando che porta la palma in segno di devozione Tommaso aramaica gemello Vincenzo latina destinato a vincere il male Zelinda germanica scudo della vittoria

Sviluppo del paese di Montorsaio ASG, Antico Catasto, Comunità di Campagnatico, Sez. Q’ di Montorsaio

Disegno del Castello di Montorsaio eseguito da Guido Sanesi durante una visita al paese.

Appendice C

“Relazioni dei luoghi dello Stato di Siena raccolte nel 1761 dall’Auditore generale Cavaliere Stefano Bertolini”, Vol .III .

Illustr. Sig. Mio Pron. Offerv.

Si compiacerà V. S. Illustrissima, dopo sentiti costì i ministri subalterni, ed altre persone d’integrità, lumi ed esperienza, favorirmi colla solita sua esattezza li schiarimenti relativi ai quesiti sotto indicati diretti al bene essere della Giurisdizione confidata meritamente dalla M.S.I. al di lei zelo. E col solito ossequio mi confermo Di V. S. Illustrissima Siena Giugno 1761 Devotissimo Servitore Sig. Capitano di Giustizia

Relazione su Montorsaio redatta da Girolamo Arrighi.

Castello di Montorsaio A. D. trenta ottobre 1761

Cap. I Siede il Castello di Montorsaio in alto monte, circondato da continuata boscaglia di folta macchia, et in distanza dalla strada grossetana circa un miglio, che rimane alle falde del detto monte, dal quale prende il nome il precitato Castello. E dovendosi questo opportunamente descrivere si dice che per essere il detto Paese posto nel citato luogo, resta il medesimo ventilato da qualunque vento, che ivi con grand’impeto respira, all’esclusiva del vento denominato ponente, per essere questo qualche poco trattenuto da alto monte superiore, chiamato monteleone, dal quale resta qualche poco impedita la ventilazione, e per tal motivo credesi che non solo il detto vento, quanto il vento di mezzo giorno, che non è di sua natura sano possa arrecar pregiudizio agli abitatori del Paese. Il detto castello e sua corte non resta bagnata da alcun fiume, se non chè da un piccolo torrente, del quale se ne parlerà a suo luogo. In detto castello per quello che vedasi, vi era una sola porta quale si serrava nelle occorrenze, il chè non succede a

nostri tempi, ed era parimente circondato da mura, quali tutte sono già dirute. Non vi si vedono logge ne portici pubblici ma solo un luogo aperto ad uso di piazzetta. Si passeggiano in detto castello numero cinque strade tutte tortuose, ma non tutte sufficientemente larghe, che vi possino passare carriaggi, ma solo colle bestie da soma, cariche, colle quali quotidianamente si praticano e frequentano. Distanze da Siena miglia 32, mare 17, Fiorentino 44, Aretino 40, Stato Pontificio 30, regi Presidi 33, Piombino 52, Livorno 100, Genova 204.

Case: abitate 36 disabitate 14 in cattivo stato 4 derelitte 1 dirute 16 fabbricate da pochi anni in quà 0 (in totale 71). Dovendosi trattare delle case abitate in detto castello, si dice che all’esclusiva di poche, tutte le altre non sono tenute pulite, per la forte ragione che in esse vi abitano povere famiglie, ne sono custodite e difese dall’aria con vetrate o tela incerata, ma solamente colle sole imposte di legno alle loro finestre, alla riserva come dissi di sole poche case, ove vi abitano persone qualche poco comode e facoltose. Sono poi le dette finestre esposte a tutti i venti per essere il detto castello ventilato ed alcune di queste restono opposte ai citati venti nocivi. Parlandosi dei tetti di detto Paese, sono questi tutti coperti con embrici, e poche tegole. Le case predette non si vedono se non poche intonacate dalla parte di fuori, ma solamente dentro alle medesime, e mai dai proprietari delle predette si usa la diligenza di imbiancarle, se non da due o tre famiglie di detto paese, per essere i medesimi più comodi e benestanti di tutti gli altri abitatori. Le predette hanno quasi che tutte il comodo di sotterranei per tenere asciutto il terreno ed hanno ancora il piano di mezzo, con camere mattonate, ma tra queste però ve ne sono alquante che son prive di tal comodità e però ad alcuni conviene dormire nelle stanze a tetto. Le strade del predetto castello non tutte sono salciate, come erano nei tempi passati, e sono le dette selci assai sfatte, per essere un lungo tratto di tempo che non sono state accomodate. Le medesime dagli abitatori alquante volte all’anno si ripuliscono e però non si vede se non poca immondizia, né ivi si vede crescere l’erba per essere queste quotidianamente praticate dagli abitatori, dai quali non si permette che vi passeggino bestie immonde, e per tal motivo

non vi si scorge troppe immondizie, tanto più che in tempo di pioggia, l’acqua piovana rilava le dette strade in modo tale che restano nette e pulite e per tale effetto dagli antichi furono ivi fatte quattro fogne, che presentemente sono ben mantenute.

Territorio

Cap. II Il territorio del predetto castello confina colle corti, e giurisdizioni che sotto, cioè: dalla parte di levante con il territorio di Campagnatico, dalla parte di settentrione colla giurisdizione di Roccastrada, dalla parte di ponente e tramontana colla giurisdizione di Sticciano, dalla parte parimente di ponente e di mezzo giorno, colla giurisdizione di Batignano, ed il medesimo resta tutto compreso dentro la Maremma. Trattandosi della sua estenzione tanto di lunghezza che larghezza, secondo l’asserzione di alcuni comunisti viene asserito, che la lunghezza di tal territorio possa ascendere a cinque miglia, e la sua larghezza circa a miglia otto, e per la migliore intelligenza di chi doverà la presente relazione leggere, ho creduto proprio accennarvi la circonferenza di detta corte, quale credesi, che ascender possa a miglia diciannove e più. Estenzione della

Lunghezza Larghezza Montagna ------Collina 2 3 Pianura 3 5

Scorre in detto territorio un torrente denominato la Fogna, il quale ha l’origine e sorgente nell’istessa corte, ed in luogo denominato pian galgano, che doppo si scarica direttamente nel fiume Ombrone, ne porta il medesimo se non pochi sassi, per essere il corso di esso piuttosto placido, ed ha piccole cadute di circa a braccia due d’altezza per ciascuna. Non si vedono in detta corte stagni, ne laghi di alcuna sorte, e però si tralascia il dire ove abbiano inclinazione per darseli scolo. Il territorio predetto è distante dal mare circa a miglia diciassette. Secondo l’asserzione dei Comunisti non è stata mai fatta carta tipografica di questo Castello, e suo territorio, ma solo

dicesi dai predetti esservi nel maestrato dei Conservatori della Città di Siena. La visita fatta dal fù Ill.mo Sig. Auditore Garardini, che in tempo di suo auditorato invitò tutti i Paesi dello Stato di Siena, facendone il medesimo per il buon governo, e regolamento, l’opportuna descrizione. Non si vedono in questa Corte altri Castelli, borghi, ne villaggi, dei quali sene possa divisare il numero e nome loro.

Strade, ponti, fiumi ecc.

Cap. III Passando a descrivere le strade di tutto il territorio predetto, brevemente si dice che alla riserva della strada detta Grossetana, che per quel poco di tratto traversa la detta Corte, tutte le altre non sono comode per essere queste tutte scoscese, guaste e ristrette, di modo tale che a gran fadiga possono gli abitatori praticarle colle sole bestie cariche a soma, essendo le medesime assai guaste e pericolose, come dissi di sopra, quasi per tutto il territorio di detto Castello, ma non sono le predette di gran passo e praticate dai forestieri se non che dagli abitanti di detto Castello, e dalla gente di altri Paesi circumvicini, alla riserva però della Strada Grossetana, quale viene assai frequentata e dai paesani, e sudditi, che dai forestieri, quali scendono nella Bassa Maremma in qualunque tempo dell’anno, e particolarmente dai vetturali e vinaioli, che giornalmente portano grascie nella Città di Grosseto. La strada, che sopra più frequentata, conduce a Grosseto, et ad altri luoghi che son per quella parte, e le altre tutte conducono, una a Campagnatico e Paganico, ed altre a Roccastrada e Sticciano. Non vi si vedono ponti di alcuna sorta, ne parimenti vestigie di ponti diruti, siccome ancora non si scorgono in tutto il territorio strade antiche carreggiabili, se non chè quelle che giornalmente si frequentano, ne vi è bisogno di fare ponti nella strada più frequentata, detta grossetana, come sopra, per essere questa placida e senza fiumi, torrenti e precipizi, ma solo novamente in qualche luogo accomodata, e resarcita. Quantunque che le strade suddette siano sfatte, ed in cattivo stato, non di meno non si sono rese difficili le comunicazioni fra i luoghi circonvicini, poi chè trattandosi di bisogno conviene ai comunisti ed altri, praticare le dette strade in quello stato, che sono.

Per mantenere e rifare in qualche luogo la strada grossetana, non vi è il comodo di ghiaie, ma soltanto il comodo di pietre grosse e piccole, mescolate con tufo, sufficientemente capaci a far selci. Mai per il passato è stato solito tenete preparati i materiali con mucchi di sassi, e tufo proda alla predetta strada per il mantenimento della medesima. Non si praticano da detti castellani carri di alcuna sorte, ne parimente si portano legna lunghe in modo che guastar possino le strade predette. In ciascun anno, e nel tempo debito si ripuliscono da proprietari de campi adiacenti le loro fosse, che per tal’effetto se ne pubblicano i soliti e consueti bandi, ma spesse volte alcuni trasgrediscono, e restono per tal motivo nelle pene prescritte condannati, e si procura che la terra immonda di dette fosse sia gettata nei respettivi campi, e mai nelle pubbliche strade. Parlando dei torrenti, e canali in tempo di grave pioggia, sono soliti inondare la strada detta Grossetana, e non tutte le altre descritte per essere queste in luoghi scoscesi, e non in pianura. L’ultima inondazione in detto territorio seguì l’anno mille settecento cinqunt’otto. Il torrente detto la Fogna per tutto il territorio di Montorsaio, è ben arginato, ma non di meno in tempo di grossa piena, l’acqua si stende per la boscaglia. Come dissi di sopra, non vi sono fiumi grossi che siano capaci per la navigazione.

Spese di trasporti sino a

A soma A carro Siena 3 --- Mare 2 --- Stato Pontificio 6 --- Regi Presidi 9 --- Piombino Non si praticano, come non vi è Fiorentino commercio con gli altri stati Valdichiana confinanti.

Parlandosi delle condotte regolate di carriaggi o bestie da soma, che giornalmente trasportano grascie, e merci, si dice non esservene alcuna in detto Paese, per non essere il detto Castello abbondante di alcuna grascia, e per non esservi in detto luogo famiglie che tenghino simili regolate condotte

per il trasposrto quotidiano; e per tal motivo non vi sono vetturali, che giornalmente vettureggino, ne con bestie, ne con altro. In tutto il territorio di detto castello vi è un solo albergo denominato l’Osteria delle Cappannelle che risiede presso la strada grossetana, tenuto da Bartolomeo Gandi di Batignano, del quale ne paga il provento alla Comunità di detto Castello, relasciatoli a pubblico incanto per anni cinque ma in detta osteria non vi è troppa comodità per le persone di qualità, per la ragione che non vengono fatte le necessarie spese dalla detta Comunità, per il riattamento delle stanze e mobili, né vi sono in essa poste regolate di cavalcature e calessi. Per tutto il tratto poi di detta strada, che traversa il territorio suddetto, non vi sono altre abitazioni. Non può negarsi che le strade tutte di detto castello, che traversano quella corte non siano boscate e macchiose; poiché le folte macchie restano in poca distanza dal detto castello e si dilatano per tutta quella corte, ne sono queste se non chè frequentate dagli abitatori di detto castello, e dalla gente dei Paesi circonvicini, alla riserva però della strada grossetana, quale viene abitata, e frequentata dai passeggieri che giornalmente passano per la medesima, per andarse nelle basse maremme, e ritornarsene rispettivamente ai loro Paesi; quale strada è ricoperta da boscaglia aperta e folta per lo spazio di miglia quattro, e più. Le altre strade che portano ai citati paesi sono ricoperte da fitto bosco per la estenzione che sotto la strada che dal detto Castello conduce a Campagnatico è boscata per l’estenzione di un miglio e più. La strada che porta a Paganico per l’estenzione di miglia cinque= La strada che porta a Roccastrada per l’estenzione di miglia sei= La strada che conduce a Sticciano per l’estenzione di miglia quattro= E finalmente la strada che conduce a Batignano per l’estenzione di miglia due.

Aria

Cap. IV Relativamente all’aria e clima del predetto castello, per essere questo situato in alto monte, e ventilato, si rende questa piuttosto fredda, particolarmente nella stagione d’inverno, di modo che le nevi vi si fermano alle volte per lo

spazio di otto e quindici giorni continui, ma non si rendono le medesime troppo frequenti per non essere il clima di aspro monte, ne si rende essere la qualità dell’aria umida, per essergli lontani i fiumi e paduli. Le pioggie, e nebbie non sono frequenti troppo, particolarmente nella stagione di primavera, e parlandosi delle nebbie, rare volte son quelle, che si vedono alzarsi al detto Castello. L’orizzonte si rende al detto luogo puro, e chiaro, ed in niun conto caliginoso, per non esservi monti che superino l’altezza, e situazione del precitato Paese. Non si vedono in tutto il territorio minerali di alcuna specie, dai quali scaturischino esalazioni nocive, e però si crede che il terreno sia di secondaria formazione, e così salubre, per l’indizio di pietre abrustolite, e da altri segni, che fanno credere non essere il detto terreno di primitiva, ed originaria formazione. Dovendo descrivere la natura e qualità del terreno del territorio tutto di Montorsaio, convien dire essere il medesimo di sua natura, più tosto magro, per essere questo, nelle respettive contrade, arenoso, tufaceo e sassoso. Conforme già si disse nel primo Capitolo, risiede il detto Castello in alto monte, al quale viene impedita la ventilazione del vento ponente da altro superiore, chiamato Monteleone, che poco distante dal detto Paese resiede, e per tal motivo credesi, che non tanto il detto vento, che passa dai paduli di Montepescali quanto il vento di mezzo giorno a questo di contro possino arrecare pregiudizio a quegli abitatori, per non avere i medesimi il loro corso veloce. Le folte macchie che circondano il detto Castello, restano in poca distanza dal medesimo, di modo che dalla parte più sfogata, ed aperta vi si correrà lo spazio di tre tiri di palla di archibugio; e l’estenzione delle medesime che circondano la detta Corte, per la loro circonferenza ascenderanno circa a miglia quindici, e più. I Paduli, ed acque stagnate delle quali si deve trattare al presente paragrafo, sono distanti dal detto Castello circa a miglia sette, essendo questi i più prossimi nella Corte di Montepescali. Nel torrente detto la Fogna vi è una sola, e piccola chiusa, che serve per uso del mulino della comunità di detto Castello, ma in niun conto impedisce la velocità del corso dell’acqua, e per tal causa non vi nascono deposizioni di terra putrida e fangosa; e per essere l’acqua del medesimo sempre perenne anche nell’estate, e così ristretto, ed

arginato, il detto torrente non tramanda cattive esalazioni; ne vi nascono in esso piante di lenticola, palustre, ne altre simili piante. Le acque salate non sono in questo territorio, per essere le medesime molto distanti dal predetto. La macerazione della canapa, e del lino, non si usa in detto paese, per non esservi l’arte ed industria di sementarle. L’erba cicuta non si vede in alcun luogo del territorio predetto, conforme rappresentano alquanti abitatori. In detto Castello esistono solamente le stalle per le bestie da soma, e le altre per le bestie aranti, e bestie immonde si tengono dagli abitatori nella campagna, ove hanno le loro mandrie, e capanne, per tali bestie. Non vi sono in detto paese macelli, ne conce di quio, ma solo la fabbrica del salnitro, quale non è in luogo dalle case separato, per non esservi comodità di fabbrica, che servire possa per tale lavoro. Si procura dal Parroco di detto Paese tenere stuccate le sepolture, in modo tale, che non tramandino fetide esalazioni, ed il cimitero di detta chiesa è circondato da muro, e può benissimo scolare l’acqua piovana. Nei passati anni sentesi che le bestie morte in poca distanza dal detto Castello si portavano, ed ivi si lasciavano senza sotterrarle, di modo tale che i cani se ne cibavano, e con facilità si guastavano, e se ne morivano arrabbiati; E vedendo il pregiudizio che ridondar poteva a chiunque fosse stato morsicato da detti cani, o avessero altresi morsicato bestiame domestico, fù per tale motivo fatto pubblicare Bando, che in avvenire, a chiunque morissero bestie, fossero le medesime portate fuori dal detto Castello, ed in qualche distanza dal medesimo, e che fossero sotterrate, in modo che non potessero essere scoperte da cani, o da altre bestie salvatiche, e credesi che ciascuno non trasgredirà ad un tal giusto ordine. Gli abitanti del detto luogo a qualunque ora della sera, nel ritornare che fanno dai loro lavori, e faccende di campagna se ne ritirano alle loro proprie case; ne possono riguardarsi dalle guazze, poi che trattandosi di gente che non ha, se non chè la pura industria delle loro braccia, le conviene ritornarsene a qualunque tempo ed ora della notte. Viemmi asserito che in ciascuna casa abitata da detti Castellani, vi sia il comodo del camino, per tenervi il fuoco, per comodo di chi le abita. Per rapporto alla statura degli abitanti, e loro qualità personali, si replica, che pochi se ne vedono di statura grande, ma molti di statura giusta, ed altri di statura più

tosto piccola, e di qualunque pelame; ne si vedono essere di cattivo colore in viso, ne troppo robusti, ma più tosto fadiganti. Vivono di presente numero otto persone molto invecchiate, ed in età la più avanzata di anni ottanta e più, le quali si vedono vegite e virtuose e di prima cognizione. L’infermità più frequenti che spesse volte soffrono i detti Castellani, sono febbri intermittenti, febbri acute e terzane doppie, e queste si rendono più frequenti nel tempo estivo, ed anche spesse volte nel mese di febbraio e marzo. Spezierie in detto Castello non vi sono, ne si sà che mai vi siano state, e per tal causa agli abitatori conviene andare altrove per provvedersi di medicine. Medici, ne chirurghi condotti dimoranti in detto Castello non vi sono, ma solo resta proveduto detto paese di presente del chirurgo di Batignano, il quale nelle occorrenze viene chiamato per far visita ai respettivi malati di detto luogo, e a tal’effetto se gli corrisponde da quell’universale alquanto grano, per l’incomodo che può soffrire in tutto il corso dell’anno. Sorgenti di acque termali, che siano atte alla malattie, non si trovano in tutto il territorio predetto. Gli abitanti di detto Castello, non si vedono troppo ben vestiti e calzati, per essere i medesimi in povero stato, ai quali per tal motivo non vien permesso potere spendere per potersi ben soppannare, e così difendersi dall’intemperie dell’aria, alla riserva però di otto, o dieci famiglie, che si vedono competentemente calzati, e vestiti, per essere questi in migliore stato di tutti gli altri.

Alimento

Cap. V Dovendosi in questo capitolo trattare dell’alimenti, conviene primieramente discorrere, e trattare, dei molini, de quali si servono gi abitanti per macinarvi; E però si dice che in tutto il territorio predetto esiste un sol mulino, quale è di pertinenza della Comunità di Montorsaio, tenuto in enfiteusi dall’eredi Chiarini, di Paganico, quale è in distanza dal detto Castello miglia quattro; ed è tenuto competentemente provisto di tutti gli attrezzi necessari, che si ricercano in un mulino; e si rende il medesimo in tutte le stagioni dell’anno macinante per gli abitatori di Montorsaio, che hanno l’obbligo ivi andare a macinare. Vestigie di altri mulini diruti non si vedono in detta Corte.

Parlandosi di forni, due ve ne sono in detto Castello, ed anche questi sono di proprietà di quella Comunità, quali si rendono comodi all’Abitatori per essere questi nel corpo del paese; ne sono in buon grado tenuti dalla Comunità predetta, avendo questi bisogno di resarcimenti, per i quali a gran fadiga ne ottenni nel mese di settembre prossimo scorso la permissione di restaurarli dal Magistrato dei Quattro Conservatori della città di Siena, quale sopraintende all’affari ed interessi di tutte le Comunità di questo Stato senese; e quantunque ottenuta ne abbia tale licenza, e decreto per la spesa, non si trovano muratori, che vogliano fare tali lavori necessari, per la forte ragione che mancano alla predetta Comunità l’assegnamenti per pagarsi con questi le mercedi ai lavoranti; venendo le dette più sicure ritirate dalla cassa di detto magistrato, e per tal motivo restano trascurati gli edifizi pubblici. Per la comodità che vi è in detto luogo di legna, il pane il più delle volte viene ben cotto, e se alle volte non viene a perfezione, deriva per defetto dei forni sfatti, ed è il medesimo composto di pura e buona farina, netta da mescolanze mal sane, e fatto con acqua buona, e pura, e senza immondizie. Macelli di alcuna sorte non si vedono in detto castello, conforme vi era questo nei tempi passati, e per tal motivo gli abitatori più comodi si provedono altrove di carni per loro servizio. Non si vendono parimente in detto luogo carni salate, ne pesce fresco, e salato, per non esservi pizzicheria, ma solamente si portano dai marinari, salume nei tempi opportuni. L’acqua, che bevono gli abitatori, è di buona qualità, ed assai purgata. Un sol pozzo vi è in detto Castello, ed è questo di famiglia particolare, quale serve per solo comodo della medesima, e per ciò si crede che sarà il medesimo ben votato, e tenuto netto da ogni immondezza. Due fonti pubbliche si vedono poco distanti dal detto castello, e l’acqua delle medesime è di buona qualità, e più sarebbe, se dalla Comunità a cui si aspetta il mantenimento, fossero fatte le spese necessarie per il ripulimento dei bottini, ed altro, che sono rotti, e crepati, e per tal causa resterebbe la medesima assai più purgata, ne averebbe luogo l’acqua piovana di comunicarsi, ed unirsi colle sorgenti. Vene di fonti, che portino, e conduchino l’acqua dentro al precitato castello non ve ne sono, ne vi è comodo, ne

maniera di potercele introdurre, per essere il medesimo situato in luogo più eminente delle sorgenti. Secondo l’asserzione delle persone più idonee di detto castello, si replica, che dai medici mai è stata fatta l’analisi di tali acque, ma per quello che vedesi dalla limpidezza, e sentesi respettivamente dalle qualità delle medesime è buona per bevere, e molto si rendarebbe purificata, come dissi di sopra, se venissero fatti i resarcimenti per tenere puliti non tanto i condotti, che i bottini, quanto le vasche, o siano serbatoi di dette fonti, e così non vi scolarebbero le acque fangose in tempo di pioggia, per essere rotti e sfatti i canali, quali con facilità si comunicano colle dette sorgenti Cisterne pubbliche non si vedono in detto Castello, alla riserva del sopra citato pozzo, e però non può farsene l’opportuna descrizione. Per rapporto ai vini, che si raccolgono da detti Castellani nella loro corte, si procura dai medesimi usare tutte le diligenze per rimetterli maturi e di buona qualità, con procurare che l’uve siano molto mature, e non acerbe, ma alle volte attesi i gran danni che i predetti ricevono dai cignali, ed altri animali notturni, gli conviene vendemmiare prima del doveroso tempo; ne si pratica dai predetti mescolarvi acqua, e si procura altresi pestare l’uve in vasi di legno buoni, essendo questo lo stile di detto paese. Relativamente agli orti, non troppo si vedono sementati dai precitati abitatori, quantunque siano questi comodi, et in poca distanza dal detto Castello, ne sono questi abbondanti di erbaggi, ma scarzi, ed in specie nel tempo estivo, per mancanza dell’acqua. L’uso delle frutta statareccie non resta impedito, tantopiù, che poche se ne ricogliono. Non si vedono in detta campagna alberi pomiferi di pini, e mandorli, se non chè pochissimi noci, ed alquanti ulivi, che il frutto dei quali servir puole al consumo, e condimento di tutto il paese. I luoghi da quali resta proveduto il detto Castello di viveri necessari, sono i seguenti, cioè parlando però di soli quelli, che non si ricogleno da detti Castellani nella loro corte. Carne = resta il detto castello proveduto dall’oste delle Cappannelle di detto luogo, ed alle volte dal macellaro di Batignano Pesce fresco e salato = resta proveduto dai marinari, che in qualche tempo dell’anno lo portano da Castiglione della pescaia

Vino per sei o più mesi dell’anno = dai vetturali della masse di Siena, che spesse volte passano per la strada grossetana, che resta in non lunga distanza dal detto Castello. Ogni restante di viveri, come grano, biade, farina di castagne, ed olio, si ricoglieno dagli abitatori.

Prezzo ordinario di Grano Lire 2.13.4 Biade a staio 1.16.8 Farina di castagne 2.3.4 Carne (libbra) 4 Pesce fresco (libbra) 0 Pesce salato 6.8 Vino(barile) 9 Olio(barile) 20

Per terminare il presente capitolo, nel quale si è tratto di varie cose, che servono per dar lume e divisarne il metodo, che si tiene dai comunisti di Montorsaio per il loro sostentamento, conviene adesso discorre e descrivere il modo con il quale si alimentano i detti castellani per tutto il corso dell’anno; e però si dice che i medesimi si alimentano con prodotti di loro industria, che usano, colla sementa, lavorar viti, far manna, ed anche con prodotti naturali, che prevengono dal bestiame, da castagni, e dalla caccia, che a questa ne tempi opportuni molto si attende.

Popolazione

Cap. VI Numero delle anime di tutto il territorio: maschi 73 femmine 66 totale 139 Maschi e femmine dai dieci, sino ai quattordici anni 9 Famiglie restate in pupillare età 1 Fuochi del detto castello 36 Fuochi del territorio 2 Famiglie benestanti 2 Mercanti 0 Artisti e manifattori 0 Lavoratori di campagna 0 Pastori 0 Marinari, pescatori, vetturali, mendici questuanti non stroppiati e così atti al lavoro, oziosi e vagabondi 0 Forestieri domiciliati 3 Forestieri non domiciliati compresovi le donne 38 I forestieri che stanno in detto castello, quali per non avere compito il decennio non si considerano domiciliati, vennero

di Modena, della Romagna e delle montagne di Firenzuola. Qualunque abitatore di detto Castello, che di presente tiene colì casa aperta, mai si parte dal detto paese, ma sempre ivi dimora, in tempo ancora dell’estate. Parlandosi della popolazione di detto Castello, e fino a quale numero di anime sia questa ascesa ne tempi antichi, e più floridi, si crede dalle persone provette, ed intelligenti del detto paese, che sia arrivata al numero di trecento anime, adducendone i medesimi la forte ragione delle case, che ai nostri tempi non sono abitate, per essere queste, quali dirute, ed altre in cattivo stato, come si disse nel primo capitolo, che molte delle quali sono rovinate al tempo degli uomini viventi in detto castello, per non avere avuta comodità i proprietari delle medesime di resarcirle in tempo proprio, stante la povertà e miseria delle respettive famiglie, delle medesime padrone, ne cessar vuole la rovina di dette case, per che sempre più si vedono numerose famiglie, come sono ancora in altri paesi di questo Stato, ricolme di molte miserie e povertà. E per tal motivo è mancata e manca al presente la popolazione, per rendere a coltura il terreno di detto Territorio, che per molti anni addietro si coltivava, essendosi molto di questo reso boscato, e ricoperto di folta macchia, quale per ridarlo nel primiero stato vi occorre grossa spesa, il chè non può farsi dagli abitatori, per non avere comodo di spendere denari in simile lavoro, convenendo a molti di detti andare a procacciare di giorno in giorno il vitto quotidiano, e necessario per alimentarsi. Prezzo delle pigioni annue delle case: benestanti, artisti, popolo minuto: non ci sono indicazioni in scudi. Dote solita costituirsi da ricchi ( spazio bianco), benestanti scudi 200, artisti ( spazio bianco), lavoratori di campagna 20. Nel dare ultimazione alla presente relazione, conviene prima parlare delle figliolanze, se siano queste numerose, o scarse, onde secondo l’osservazione da me fatta, e per l’informazione ricevuta dai Priori di detto castello, si dice,che generalmente parlando, da pochi anni in qua si sono rese le medesime più tosto numerose, che scarze. Tavola B: Rambelli, Santini e Faccendi.

Girolamo Arrighi Ufficiale”

Appendice D

“Geografia della Provincia di Grosseto a volo d’uccello”, compilata da Silverio Barducci direttore delle Scuole Comunali di Castiglione della Pescaja 109 .

Provincia di Grosseto divisa in venti comunità.

Partendo da Grosseto a destra, avrai Magliano, la città di Orbetello, Manciano e Pitigliano, ma pria in un promontorio, che sporge molto al mare, Monte Argentario e i porti è facile trovare; poi Sorano, Arcidosso e dopo trovi Castel del Piano e Cinigiano ancora; dal Poggio Campagnatico si passa a Roccastrada, poi di Montieri trovi la rigida contrada; vi è ancor Massa Marittima, l’acerbo Gavorrano, e il Porto Castiglioni nell’insalubre piano, e alla carta geografica, se guardi bene addentro, Scansano e Roccalbegna tu troverai nel centro, se poi del Giglio l’Isola hai di veder desio di fronte a per oltre al mar t’invio.

Comunità di Grosseto

Grosseto di piacevole struttura giace nel seno di una gran pianura, fertile un giorno e popolata terra straziata dal miasma e dalla guerra!! Ma sorgerà qual fiore in su l’aprile appena prosciugato il Lago Prile. Vi è presso Batignano, e di Roselle le antiche Terme per sanar la pelle… Ahi! Di Roselle un dì, grande e superba trovi le tracce sol fra i dumi, o l’erba! D’Istia il Castello dell’Ombrone in riva dove una barca traiettizia arriva; quindi in un Poggio dell’infausta zona i ruderi tu trovi di Moscona.

109 L’Ombrone, luglio 1874. Delle venti strofe scritte da Silverio Barducci riportiamo solo quelle attinenti ai luoghi di questa ricerca.

Comunità di Campagnatico

Il Castel di Campagnatico gaio, florido e simpatico, regolare ha la struttura, ma il restauro si trascura, e fra i piccoli villaggi che vi sono in quei paraggi, di Paganico il Castello in antico era il più bello, ma diruta fu la terra dal miasma e dalla guerra!! Né vi è zolla che la Storia non rammenti qualche gloria!! Fra i castelli rovinati sono sette i rammentati Castiglion, Galliano, Gello del Paganico castello, Cervia, Poggio a Caiano, Montaguto e Stertignano. Più di trenta focolari conta già Casal di Pari, ma vi è Pari assai più grande che in un Poggio si alza e spande; Casenovole non so se Villaggio io lo dirò, di abitanti ha un centinaio, ma più assai ne ha Monte Orsaio, cui la provvida natura diè buon acqua ed aria pura, talchè sono gli abitanti sani e svelti tutti quanti. Civitella in colle aprico merta più di Monte Antico, è un castello ancor murato ben tenuto e coltivato, per cui dire ci conviene Campagnatico sta bene.

BIBLIOGRAFIA

1) Alfonso Ademollo, L’Ombrone 12-13, (1872); 2) Eugenio Maria Beranger-Maddalena Corti, Formazione, storia e declino della Mensa Vescovile di Grosseto, Archivio di Stato di Grosseto, 1988; 3) Mario Barberini, Vocabolario Maremmano , Nistri-Lischi, Pisa, 1995, da cui sono tratte tutte le spiegazioni delle parole in dialetto maremmano. 4) Danilo Barsanti, Pastori e bestiame nella Maremma Toscana del ‘700 , Bollettino della Società Storica maremmana, (1983); 4) Serafina Bueti-Alberto Riparbelli , Bibliografia tematica su proprietà collettiva ed Usi Civici nella Provincia di Grosseto, Pisa, 1996; 5) Serafina Bueti-Alberto Riparbelli , La Comunità di Montor- saio ed i suoi Usi Civici, Bollettino della Società Storica maremmana, 74-75, (2000); 6) Vittorio Burattini, Seminario, seminaristi e vocazioni. La Chiesa di Grosseto saluta ed accoglie il suo nuovo pastore nella persona di S.E.Mons.Angelo Scola, Grosseto, 1991; 7) Paolo Cammarosano-Ugo Passeri, Città borghi e castelli dell’area senese grossetana , Siena, 1984; 8) Antonio Cappelli, Castelli, monasteri e chiese già esistenti nel territorio grossetano , Grosseto, 1910; 9) Antonio Cappelli, Grosseto nella prima guerra del Risor- gimento , Grosseto, 1928, VI; 10) Enrico Cappelli, Montorsaio , L’Ombrone, 10-25, (1981); 11) Davide Carlotti, Statistica della Provincia di Grosseto , Firenze,1865; 12) Maria Grazia Celuzza , Il canonico Antonio Cappelli , in La cattedrale di S. Lorenzo a Grosseto, a cura di don Vittorio Burattini, Grosseto, 1996; 13) Richard Colt Hoane, Viaggio attraverso la Maremma , in Grosseto e la Maremma. Viaggi e viaggiatori 1790-1910; 14) Maddalena Corti, Estatatura 1897/1997 , Contributo per la conoscenza di un fenomeno storico, Archivio di Stato, Grosseto, 1997; 15) Istituto Centrale di Statistica Dizionario ufficiale dei Comuni d’Italia , Roma, 1951; 16) Michele Francipane, Nomi , Milano, 1993; 17) Alfio Gianninoni, La compagnia di S. Croce a Montorsaio , Bollettino della Società Storica Maremmana, 10-12, (1964); 18) Girolamo Gigli, Diario senese , Siena, 1854; 19)Candeloro Giorgini, La Maremma Toscana nel 1700 , 1968;

20) Giuseppe Guerrini, Fattorie e paesaggio agrario nel Grossetano nel primo ‘900 , Roccastrada, 1994; 21) Aldo Mazzolai, Maremma storia e arte , Firenze, 1967; 22) Maura Mordini, La comunità di Montorsaio e i suoi statuti , Grosseto, 2004; 23) Bent Parodi, Guida ai nomi , Palermo, 1988; 24)Vittorio Petroni, Le antiche famiglie che ressero la repubblica e lo stato senese , Siena, 1949 ; 25) Silvio Pieri, Toponomastica della Toscana meridionale , Accademia degli Intronati, Siena, 1969; 26) Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, Relazioni sul governo della Toscana , a cura di Arnaldo Salvestrini, v.I-III, Firenze, 1997; 27) Gaetano Prisco, Preti, ancelle, contadini e butteri nella Maremma grossetana della tarda età longobarda, Grosseto,1995; 28) Gaetano Prisco, Castelli e potere nella Maremma grossetana nell’alto medioevo , Grosseto, 1998; 29) Odile Redon, Uomini e comunità del contado senese nel duecento , Accademia Senese degli Intronati, Siena, 1982; 30) Emanuele Repetti, Dizionario geografico fisico storico della Toscana , Firenze, 1835; 31) Antonio Salvagnoli Marchetti, Memorie economico statistiche sulla Maremma toscana , Firenze, 1846; 32) Luigi Sanminiatelli, Innocenzio Gigli di Montorsaio , Firenze, 1870; 33) Giorgio Santi, Viaggio terzo per la Toscana , Pisa, 1806; 34) Arnaldo Starnai, Il canonico Giovanni Chelli , Roma anno accademico 1977/78; 35) Ivan Tognarini, La Toscana nell’età rivoluzionaria e napoleonica , Napoli, 1985; 36) Silvana Totti, La Sottoprefettura di Grosseto in epoca napoleonica , Bollettino della Società Storica Maremmana, (1973).

LE FONTI

Periodici con relative annate consultati nella Biblioteca Comunale Chelliana di Grosseto e nella Biblioteca Nazionale di Firenze Etruria Nuova (1898-1899-1902); L’Ombrone , periodico della Provincia di Grosseto (1872- 1874-1875-1877-1878-1879-1891-1892-1895-1901-1904- 1906).

Periodici consultati nella Biblioteca dell’Archivio di Stato di Grosseto Bollettino della Società Storica Maremmana ..

Fondi archivistici Archivio di Stato di Firenze: - Stato Civile di Toscana dal 1808 al 1865; - Testamenti olografi ; - Segreteria di Gabinetto 1761-1825-1834-1842-1846; - Segreteria di finanze affari prima del 1788 ; - Fondo Ceramelli Papiani .

Archivio di Stato di Grosseto: - Stato Civile , 1866-1899; - Fogli matricolari , 1875-1945; - Antico Catasto , Sez. Q1 Montorsaio; B Bagno di Roselle; C Marruchetone; E Roselle; - Estimo di Grosseto.

Archivio di Stato di Siena: - Famiglie nobili senesi , Battezzati, MS. A50; - Compendio istorico de Sanesi , libro I, MS. A30 II; - Manoscritti .

Archivio Vescovile di Grosseto: - Fascicolo 276 e dal 579 al 1591 (numerazione provvisoria); - Libro dei battezzati, 1581-1625, 1671-1740, 1751-1761, 1764-1768; - Libro dei matrimoni , 1635-1657, 1672-1739; - Libro dei morti, 1651-1671.

Archivio della parrocchia di San Cerbone a Montorsaio - Libro dei battezzati, dei matrimoni e dei morti , 1800.

Archivio Storico del Comune di Firenze;

Archivio Vescovile di Firenze; Archivio del Battistero di Firenze; Archivio dell’Amministrazione degli Usi Civici di Montorsaio.

Sono state inoltre svolte ricerche a Firenze presso la chiesa di Santa Margherita dei Ricci, Sant’Ambrogio e San Giuseppe.

Sono stati visitati i cimiteri di Montorsaio, Campagnatico, Grosseto (Sterpeto e Misericordia) e a Firenze quello dei Pinti e di Soffiano, della Misericordia, e quello comunale di Trespiano. A Siena abbiamo cercato notizie al Cimitero della Misericordia a Porta Tufi e a quello del Laterino.

INDICE

- Presentazione pag. I - Introduzione III - Premessa XIII - Montorsaio 1 - Famiglia Gigli 31 - Famiglia Nati 69 - Famiglia Saloni 79 - Famiglia Corti 86 - Famiglia Bolognini 91 - Famiglia Manini 97 - Altre famiglie 106 - Alberi genealogici 131 - Appendice A: Censimento del 1841 163 - Appendice B: Onomastica 173 - Appendice C: Relazione Bertolini 177 - Appendice D: Geografia della provincia di Grosseto 190

- Bibliografia 192 - Le Fonti 194