Corso di laurea in Economia e Direzione delle Imprese Dipartimento di Impresa e Management Cattedra di Economia e Gestione dei Media

I diritti audiovisivi del calcio: “analisi comparativa dei massimi campionati europei”.

RELATORE CANDIDATO Prof. Luca Balestrieri Pierluigi Bianchi Matr. 654251 CORRELATORE Prof. Luigi Gubitosi

ANNO ACCADEMICO 2014 – 2015

1 INDICE

ABBREVIAZIONI pag. 4

INTRODUZIONE pag. 7

CAPITOLO 1: STORIA DEI DIRITTI AUDIOVISIVI SPORTIVI 1.1 Dagli anni ’50 agli anni ’80 pag. 12 1.2 Gli anni ’90 pag. 19 1.3 La fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000 pag. 23 1.4 Gli anni del d.lgs. 9 gennaio 2008 n.9 pag. 30

CAPITOLO 2: “CALCIO E TV, UN MATRIMONIO DI INTERESSE?” 2.1 L’importanza economica del calcio pag. 35 2.2. Definizioni economiche del calcio pag. 40 2.3. Lo sviluppo economico del connubio calcio-media pag. 44

CAPITOLO 3: “IL DECRETO MELANDRI-GENTILONI” 3.1 Sviluppo, ratio e caratteristiche del Decreto pag. 54 3.2 Il mercato di riferimento pag. 59 3.3 Definizioni utilizzate dal Legislatore pag. 61 3.4 La contitolarità dei diritti audiovisivi sportivi pag. 68

CAPITOLO 4: LA CESSIONE DEI DIRITTI AUDIOVISIVI NEL SETTORE DEL CALCIO 4.1 Le norme generali pag. 71 4.2 La vendita individuale pag. 73 4.3 La vendita collettiva pag. 77 4.3.1 Intermediario Unico pag. 80 4.3.2 Advisor pag. 81 4.3.3 La commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi sul mercato nazionale pag. 82 4.3.4 I pacchetti pag. 85 4.3.5 Attribuzione dei diritti audiovisivi in capo ad un operatore pag. 89 4.3.6 L’organizzatore della competizione: produttore diretto di contenuto, il caso “SerieA Tv” pag. 95 4.3.7 I proventi della vendita collettiva pag. 96 4.3.8 Focus sul criterio di determinazione del “Bacino d’utenza” pag. 109 4.3.9 Focus sul concetto di Competitive Balance pag. 113 4.4 Spunti comparatistici tra , Liga Spagnola e Premier League pag. 120 4.4.1 Inghilterra pag. 121 4.4.2 Spagna pag. 126

2 CAPITOLO 5: FOCUS MEDIASET-SKY: UNA “GUERRA” INIZIATA MOLTI ANNI FA E CHE ATTUALMENTE HA INVESTITO IL “PRODOTTO EUROPEO” pag. 138

CAPITOLO 6: FOCUS SU INFRONT pag. 144

CAPITOLO 7: CONCLUSIONI pag. 153

BIBLIOGRAFIA pag. 165

NORMATIVA CITATA pag. 170

DOCUMENTI pag. 172

3 ABBREVIAZIONI

AGCM: Autorità garante della concorrenza e del mercato AGCOM: Autorità per la garanzia delle comunicazioni AIDA: Annali Italiani del diritto d’autore ANSA: Agenzia Nazionale Stampa Associata Arpu: Average Revenue per Unit BBC: British Broadcasting Company Bep: break even point BSKYB: British SKy Broadcasting BT: British Telecom CAGR: Compounded Average Growth Rate CB: competitive balance CFO: Chief Financial Officer CGC: Cecchi Gori Communications CIS: Centro de Investigaciones Sociologicas CONI: Comitato Olimpico Nazionale Italiano CSBM: Center for Business Management CSF: Contest success function DFL: Deutsche Fussball Liga DTN: Data Trasmission Network DTT: Digitale Terrestre

4 DVB-H: Digital Video Broadcasting – Handheld EBU: European Broadcasting Union FAPL: Football Association of Premier League FIA: Federazione Internazionale automobilistica FIFA: Fédération Internationale de Football Association FIGC: Federazione Italiana Giuoco Calcio FIS: International Ski Federation FL: Football League FTA: free to air HHI: Indice di Hirfindahl-Hirschmann IESE: Instituto de Estudios Superiores de la Empresa IPTV: Internet Protocol Television ISC: International Sporting Code ISTAT: Istituto Nazionale di Statistica Lda: Legge del diritti d’autore LNFP: Liga Nacional de Futbol Profesional LNP: Lega Nazionale Professionisti MMCC: Centro di Competenza Media e Marketing NBA: National Basketball Association

5 NFL: National Football League OTT: Over the Top PIL: prodotto interno lordo PMT: Plusmedia Trading S.r.l PwC: Price waterhouse Cooper QPR: Queens Park Rangers RAI: Radiotelevisione Italiana Ren: Risorse economiche nette RFEF: Real Federacion Espanola de Futbol RTI: Reti Televisive Italiane RTL: Radio Trasmissioni Lombarde SMA: servizi di media audiovisivi TCE: Trattato Comunità Europea TCP/IP: Trasmission Control Protocol / Internet Protocol UEFA: Union of European Football Associations ZDF: Zweites Deutsches Fernsehen

6

INTRODUZIONE

A partire dalla fine degli anni ’50 lo sport più praticato al mondo ha subito, sta subendo e continuerà a subire cambiamenti radicali. Cambiamenti che concernono tutto l’ambiente circondante il football, a partire dal regolamento delle partite e degli orari di gioco fino ad arrivare alle nuove differenti modalità di sfruttamento. Tale evoluzione del comparto calcistico si è vieppiù sviluppata da quando le televisioni diventavano un fenomeno di mass market generando un interscambio tra l’interesse economico e l’evento sportivo. Alla base della trasformazione del calcio vi sono in particolare le televisioni a pagamento che a partire dagli anni’80 hanno cominciato ad acquisire maggiore consapevolezza dell’importanza dell’esclusiva della diretta dei match attirando sempre più pubblico a sottoscrivere onerosi abbonamenti per fruire dello spettacolo calcistico. Con il passare degli anni la condizione del calcio moderno sta acquisendo dei connotati sempre più “digitali”: l’appassionato può scegliere se visualizzare la partita direttamente sul cellulare, sulla televisione comodamente dal divano di casa oppure recandosi allo stadio. Quest’ultima possibilità è un’opzione sempre meno utilizzata soprattutto in Italia, anche a causa dell’arretratezza e dell’obsolescenza delle strutture italiane in confronto a quelle degli altri campionati europei. Quello che maggiormente viene alla luce è che tutto il settore calcio si concentri principalmente intorno ad i ricavi prodotti dall’alienazione dei diritti audiovisivi delle partite dei campionati più importanti. Leggendo infatti i bilanci dei top team europei si evince che i diritti televisivi rappresentano la principale fonte di ricavo. Nel presente elaborato mi prefiggo la finalità di dimostrare la valenza sempre crescente del rapporto tra la commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi e le società di calcio europeo, attuando un excursus sia dal punto di vista normativo che da un punto di vista prettamente analitico . In particolare ho cercato di evidenziare i limiti e le contraddizioni del sistema di contrattazione commerciale dei diritti tv in Italia confrontandolo infine con il modello inglese e quello spagnolo.

7 Nel primo capitolo ho esposto l’iter storico-legislativo dei diritti televisivi sportivi partendo dagli anni ’50 fino ad arrivare al Decreto Melandri-Gentiloni che ha normato la disciplina della commercializzazione dei diritti audiovisivi e della relativa ripartizione delle risorse. La data d’inizio è significativa in quanto, con l’avvento e la diffusione della televisione, le prime partite furono trasmesse negli anni ’50. Epoca in cui la tv non era ancora diffusa a macchia d’olio e durante la quale non sussistevano ancora grossi problemi normativi circa la trasmissione degli eventi sportivi. L’unica distinzione che suscitava qualche problema era quella tra il “prodotto cinegiornale” e il “prodotto documentario”. Dagli anni 60-70 la televisione comincia ad acquisire sempre più importanza e le manifestazioni sportive attirano l’attenzione di un pubblico sempre più vasto. All’interno di questo contesto competitivo due sono le figure che svolgono un ruolo fondamentale: la Rai, con il proprio monopolio quale unica emittente televisiva italiana e la Lega Calcio quale venditrice del prodotto. Gli anni ’80 sono stati gli anni del cambiamento che vede la Rai perdere pian piano il monopolio a causa dell’entrata in gioco delle tv commerciali e in particolare di Fininvest con la concessionaria Reti Televisive Italiane che prontamente ha raccolto la sfida del calcio trasmesso. Da ora i diritti tv sportivi si configurano come industria basata su un processo di offerta-domanda al rialzo. Gli inizi degli anni ’90 sono stati connotati da uno sviluppo della normativa, con la cd. direttiva della “Televisione senza frontiere” e con la Legge Mammì, e dall’introduzione alla televisione predigitale con la nascita della Multitv. In questo clima di riforme nascono le pay tv convertendo la fruizione dello spettacolo calcistico in “stadio virtuale” e aprendo nuovi scenari per la vendita dei diritti criptati del calcio. La fine degli anni’ 90 è invece caratterizzata dal passaggio alla vendita individuale per la quale ciascuna società di Serie A e è detentrice dei diritti di trasmissione televisiva in modalità codificata e può contrattare direttamente con le nuove emittenti televisivi sempre numerose. La transizione dalla modalità di vendita collettiva alla vendita individuale, tutt’altro che portare agli esiti sperati, ha prodotto maggiori squilibri di potere tra

8 le squadre di Serie A creando una sperequazione delle risorse tra i top team e i club minori. Sulla scia degli squilibri prodotti da questo sistema è apparso urgente la modifica della normativa che è approdata al Decreto Melandri-Gentiloni, ripristinando il modello di contitolarità dei diritti audiovisivi sportivi in seno all’ente organizzatore della competizione (cd. vendita collettiva). Nel capitolo 2 ho invece intrapreso un’analisi sull’importanza del calcio nell’economia moderna e in particolare quale settore ad altissimo potenziale economico a partire dagli anni ’90 fino ai giorni nostri. In questo contesto emergono alcune definizioni della natura multipla del calcio: bene di mercato o bene relazione. Entrambe le definizioni risultano essere intrecciate tra loro anche se, per fini meramente economici, la prima prevale sulla seconda che per converso sottende finalità sociali. Intorno a questi concetti ho posto il focus sull’interdipendenza e sulle sinergie tra i new media e il settore del calcio. Nel capitolo 3 ho preso in esame le caratteristiche, le finalità e i risultati ottenuti con l’applicazione del Decreto Melandri-Gentiloni che ha sancito il ritorno alla modalità di vendita collettiva. È evidenziato nell’elaborato come il fine ultimo del Decreto sia assicurare un competitve balance tra le società del calcio italiano e ridurre quindi il gap tra le società più grandi e quelle più piccole. Il Decreto è incentrato sul concetto di “mercato di riferimento” all’interno del quale il prodotto scambiato è rappresentato dagli sport media rights definiti prodotti premium in virtù della loro capacità di attrarre un audience sempre maggiore. Passato al vaglio il concetto di mercato di riferimento vengono analizzate le varie definizioni utilizzate dal Legislatore al fine di costituire una normativa completa e uniforme dell’intero ecosistema creatosi tra i media e il calcio. Tra le quali, in tal senso è specificamente distinto l’organizzatore della competizione (Lega Calcio) dall’organizzatore dell’evento (la società calcistica) e viene una volta per tutte definito il “diritto audiovisivo sportivo” includendo tutti nuovi media e non solo la televisione. Collegato a ciò è poi illustrato il concetto di “prodotto audiovisivo” distinguibile in prodotto live e highlights.

9 Il capitolo 4 entra nel dettaglio per quanto concerne la cessione dei diritti audiovisivi nel settore del calcio confrontando il modello della vendita individuale e quello della vendita collettiva. La prima riconosceva la titolarità del diritto all’ente organizzatore dell’evento sportivo, il quale poteva contrattare con l’emittente televisivo assumendosi tutti i rischi e i costi imprenditoriali. Ovviamente ciò favorì le squadre più blasonate che potevano vantare un maggior potere contrattuale grazie al loro appeal sportivo ed economico, garantendo ad esse maggior introiti e quindi permettendo loro l’acquisto di talenti di richiamo, ovviamente più onerosi, rischiando di far cadere il presupposto alla base di un campionato di successo: l’incertezza del risultato. Per queste ed altre motivazioni è stato sancito il passaggio alla vendita collettiva. La ratio della disposizione è insita nella specificità del calcio, contraddistinto da una necessaria “cooperazione” tra tutte le squadre che risultano essere “partner obbligati” per marcare la natura compartecipativa dell’attività sportiva professionistica (raggiungimento del fine relazione-sociale esposto nel capitolo 2). Sulla scorta della modalità di vendita collettiva ho specificato l’iter necessario per una corretta alienazione dei diritti audiovisivi e le relative figure che possono partecipare a tale processo. Il prodotto è commercializzato nella modalità di “vendita per singola piattaforma” o “vendita multipiattaforma” ed è configurato sotto forma di “Pacchetti”, esaminati fino all’ultimo bando d’asta 2015-2018. Mi sono poi focalizzato sulla ripartizione dei proventi derivanti dalla vendita collettiva che tengono conto dei criteri mutualistico, meritocratico sportivo e di notorietà che a loro volta sottendono ulteriori due principi: “la solidarietà ed equità della ripartizione” e “la massimizzazione dei ricavi e dei profitti”. All’interno di tale discussione sono entrato nel dettaglio simulando una ripartizione dei ricavi derivanti dalla vendita dei diritti audiovisivi della Serie A, mediante il modello collettivo, usando come anno di riferimento il 2009-2010 (anno precedente all’applicazione del D.lgs. 9/2008). Ho poi continuato a sottoporla al vaglio negli anni successivi fino ai giorni nostri, riassumendo il tutto con una visione critica. Per convalidare la lettura valutativa ho approfondito i motivi per i quali, dal mio punto di vista, in Italia non si raggiunge il risultato più

10 efficiente. In tal senso “il bacino d’utenza”, utilizzato al fine del calcolo di una percentuale dei ricavi spettante a ciascuna squadra, è uno degli elementi di tale criticità; l’altro è rappresentato invece dal mancato raggiungimento della competitive balance. Ho poi comparato le enunciazioni formulate attraverso un esame ravvicinato dei due massimi campionati di calcio europei: quello inglese e quello spagnolo. L’esito di tale confronto ha marcato la netta superiorità del sistema inglese rapportato ai campionati italiano e spagnolo. Ho dedicato il capitolo 5 alle voci più importanti di tutto il comparto di commercializzazione dei diritti audiovisivi in Italia, rappresentate da Mediaset e Sky. Riassumendo le attuali strategie condotte da ciascuna, sono stati individuali possibili scenari competitivi futuri quali, tra gli altri, l’acquisizione della società del Biscione da parte di Murdoch e la contesa del prodotto europeo rappresentato dalla Champions League. L’ultimo capitolo è dedicato al caso Infront e qui è necessaria una precisazione: mi sono limitato a introdurre la società e a rappresentare il suo peso nel calcio italiano; non ho però potuto concludere le recentissime vicende che sono esplose sui media in quanto le indagini da parte dell’autorità giudiziaria sono tutt’ora in corso. Stravolgendo l’affermazione dello scrittore argentino J.L. Borges “Ogni volta che un bambino prende a calcio qualcosa per strada lì ricomincia la storia del calcio”: ogni volta che un’emittente televisivo conclude un contratto di acquisizione dei diritti televisivi, sembra quasi di dover aggiornare la storia del calcio.

11 CAPITOLO 1: STORIA DEI DIRITTI AUDIOVISIVI SPORTIVI

1.1. DAGLI ANNI ’50 AGLI ANNI’80

Italia-Egitto del 24 gennaio 19541, match amichevole di preparazione della Coppa Rimet in Svizzera , fu la prima partita di calcio trasmessa in televisione. Un inizio vincente per la “tv sportiva italiana” sia per il risultato favorevole alla nazionale azzurra (finì 5-1) sia per l’incremento dello sfruttamento del prodotto televisivo da lì a poco. A partire da questo incontro, il calcio divenne il fulcro e il fondamento della programmazione tv2. Per uno sport passionale come il calcio, la diretta televisiva cambiò il modo di viverlo. Fino a quegli anni il soccer era raccontato tramite la radio dal celebre Nicolò Carosio che sembrava interpretare un ruolo di attore Hollywoodiano piuttosto che telecronista sportivo. Lo studioso inglese John Ellis3 ha diviso la storia della televisione in tre grandi epoche: Scarsity, availability e plently. L’età della scarsità è definita da Ellis come quella in cui la televisione è stata introdotta nella società. Costruita sui successi della radio, come media per portare l’immagine all’interno delle case, la televisione divenne oggetto di consumo. Durante la prima metà del 1900 la famiglia è individuata come mercato di riferimento come si evince dalle parole del professore, specializzato in studi sui media, presso l’Università di Westminster Paddy Scannell: “I broadcasting generano una nuova tipologia di vita pubblica grazie ad una sequenza di eventi che danno sostanza e struttura alla vita di tutti i giorni” 4. In un’epoca, definita da Ellis della scarsità, in cui la tecnologia non era abbastanza sviluppata e i redditi medi delle famiglie non erano elevati, la televisione non

1 Precedentemente erano state messe in onda trasmissioni sperimentali quali la sfida tra Everton ed Arsenal del 1936 e Italia- nel 1953. (http://www.corrieredellosport.it/624/2011/01/24-151649/1954,+Italia- Egitto%3A+la+prima+partita+in+tv) 2 il 16 giugno 1954 venne trasmessa la partita inaugurale della Coppa Rimet in Svizzera 3 JOHN ELLIS, Seeing Things: Television in the Age of Uncertainty, 2002 4 In JOHN ELLIS, 2002, pag. 43

12 riuscì immediatamente a sostituire la radio come fenomeno di mass market ma si affianca a essa e al prodotto cinematografico. Si sviluppano quindi due modalità di fruizione dello sport giocato: il “cinegiornale” che sottintende la manifestazione sportiva fornendo solamente i momenti clou di quest’ultima e il documentario che invece descrive dettagliatamente lo svolgimento dell’attività sportiva dagli antipodi alla conclusione5. Questa distinzione delle due forme di visione dello sport giocato creano due scenari giuridici delineati. Il prodotto “cinegiornale” 6 non crea particolari problemi, è infatti basato sulla libertà di espressione e di informazione da fornire ai cittadini circa gli avvenimenti nazionali e internazionali. Per il prodotto documentario invece non è lecita la commercializzazione in mancanza di autorizzazione dell’organizzatore dell’evento. E’ in questo contesto, nonostante il possibile conflitto con l’affluenza negli stadi7, che si forma il primo step del “mercato dei diritti televisivi”. Si percepisce subito che le manifestazioni sportive e la televisione traggono beneficio l’uno dall’altro ma possono anche essere oggetto di motivo di scontro. Infatti la nascita del nuovo mercato di un prodotto sportivo produce contrasto con chi pretende di riprendere e trasmettere l’avvenimento in maniera gratuita. Da un lato troviamo i produttori televisivi che si basano sulla loro libertà di riprendere lo svolgimento delle manifestazioni sportive senza l’onere di pagare compensi agli organizzatori e ai partecipanti delle stesse; dall’altro lato, gli organizzatori, che manifestano la volontà di far valere il diritto esclusivo all’utilizzazione economica dell’evento. In tale collisione si comincia a delineare il mercato dei diritti delle manifestazioni sportive. La storia insegna che gli spettacoli teatrali e quelli relativi al settore cinematografico sono sempre stati tutelati dal diritto d’autore8, mentre l’iter legislativo a cui si sottoporranno i diritti audiovisivi sportivi sarà lungo e travagliato. Il primo atto a cui si rifanno i diritti televisivi sportivi è il

5 ENZO MORELLI, Diritti Audiovisivi Sportivi, Giuffrè Editore, 2012, pag. 7 6 Legge 29 dicembre 1949 n.958: i cinegiornali sono quelli non inferiori ai duecento metri di pellicola che riproducano fatti ed avvenimenti del giorno ed abbiano i caratteri dell’informazione o della cronaca cinematografica. 7 Le società sportiva e gli enti organizzatori hanno il timore che con la diffusione dei programmi televisivi a carattere sportivo si possa diminuire l’affluenza negli stadi. (A.GIANNINI,Televisione e diritto d’autore, in Riv.Dir. Ind., 1953, Vol. 5) 8 Legge 22 aprile 1941, n. 633

13 provvedimento della Pretura di Roma del 19559 che attribuisce importanza quale fenomeno sociale allo spettacolo sportivo. I primi pronunciamenti giurisprudenziali evidenziano l’importanza dell’attività dell’informazione che secondo molte tesi deve essere premiata. A partire dagli anni ’60 cominciano a pervenire davanti ai Tribunali i primi casi giudiziari riguardanti avvenimenti sportivi di interesse internazionale 10. Le cause giudiziarie poggiano sul conflitto tra chi non riconosce l’esistenza di un diritto in esclusiva alla riproduzione dell’avvenimento sportivo e chi lo riconosce. Si pronuncia in tal senso l’App. Roma 27 luglio 1960: “la manifestazione (sportiva) organizzata per l’utilità economica che può dare, va considerata alla stessa stregua di un’attività imprenditoriale, e cioè di un bene, il cui sfruttamento commerciale è riservato all’imprenditore medesimo. Rientra, perciò, nei legittimi poteri regolamentari del CONI il presidiare tale interesse nell’ambito della propria sfera organizzativa, sia imponendo un pagamento per l’ingresso nei propri impianti, sia limitando la facoltà in essi esercitabili, sia riservandosi di conferire ulteriori facoltà, quale quella di ripresa cinematografica delle gare, con specifici atti di concessione” 11. Tuttavia questa decisione è favorevole all’organizzatore solo se le riprese avvengono all’interno di un’area regolata, altrimenti al di fuori di quell’area, facente parte dello svolgimento della gara, è permesso ad ogni cineoperatore di realizzare riprese 12. Nel 1963 la Corte di Cassazione si pronuncia definitivamente sul caso dei mondiali di ciclismo del 1955 sentenziando che all’organizzatore dell’evento sportivo compete solo il diritto di limitare le riprese televisive all’interno dell’area di gioco13. La ratio della sentenza è il diritto in capo all’organizzatore di sfruttare commercialmente gli eventi da lui ospitati tramite l’obbligo da parte di chi acquista i biglietti della manifestazione nel non compiere riprese televisive e radiofoniche.

9 Pretura di Roma, ord., 15 novembre 1955, in Dir. Aut., 1956, pagg. 68 e ss. 10 I Mondiali di ciclismo del 1955 e le Olimpiadi Invernali del 1956 sono state oggetto di riprese di cameramen non dotati di autorizzazione da parte dell’organizzazione. 11App. Roma 27 luglio 1960, in Rass. Dir. Cinem., 1961, pag. 67 12 Secondo il Tribunale di Roma 28 Marzo 1959, in Foro It., 1959, I, 1213 13 Sentenza della Corte suprema, Cassaz. del 29 luglio 1963 n. 2118, in Riv. Dir. Ind., 1964, II,6

14 Agli inizi degli anni ’70 la televisione diventa il medium di maggiore impatto, rispetto alle riprese cinematografiche, per le manifestazioni sportive che possono essere trasmesse in tempo reale. L’obiettivo del nuovo mezzo di comunicazione è quello di attirare l’attenzione del pubblico di riferimento nei confronti delle prestazioni sportive. Nel corso di questi anni e maggiormente negli anni ’80, come afferma Aldo Grasso, l’aumento della fruizione televisiva “[…]dipende da una varietà di fattori. Avvengono importanti trasformazioni culturali e sociali riassumibili un po’ sbrigativamente con l’idea del passaggio da una società dei consumi ad una società consumistica” 14. L’età della disponibilità televisiva15 è motivata dall’aumento considerevole di domanda di intrattenimento televisivo e dalla maggiore diffusione del mezzo di comunicazione. Questi due fattori incoraggiano gli organizzatori dello spettacolo sportivo a usufruire al meglio dei “nuovi” introiti derivanti dai diritti di sfruttamento televisivo, ben più ricchi del mero incasso generato dalla vendita dei titoli d’ingresso all’evento. La prospettiva di un profitto sempre maggiore trasforma le gare in una realtà di mercato perché le competizioni sportive diventano sempre più spettacolo a pagamento. Nella realtà del mercato del calcio due sono le parti che giocano un ruolo primario: la Lega Calcio16,offerente del prodotto, e la RAI, unica acquirente del prodotto in quanto unica emittente televisiva italiana17. Le riprese, inizialmente in bianco e nero, erano sviluppate con l’utilizzo di 3 telecamere (al più 4) e permettevano la realizzazione di programmi e trasmissioni semplici e fedeli all’avvenimento. Con l’espansione della domanda di prodotti innovativi, la RAI sviluppò due nuovi programmi che crearono la generazione dei “calciodipendenti”: “La domenica Sportiva” 18 e “90° Minuto”. 19 L’elemento che cambia, oltre alle innovazioni

14 ALDO GRASSO, Quando la Televisione e il Televisore rompono il matrimonio, in Corriere della Sera, 3 giugno 2008 15 JOHN ELLIS cfr. nota 3 16E. MORELLI, Diritti audiovisivi sportivi cit.: “[…] fino al 1999, la Lega Calcio ha commercializzato i diritti televisivi in maniera centralizzata”, pag.24 17La Corte Costituzionale, nella Sentenza 6 luglio 1960 n.59, in Giur. Cost. Com., dichiara la legittimità del monopolio di Stato, garantendo però l’accesso a tutti i cittadini, cd. Diritti in chiaro e nega la formazione di emittenti private. 18 Nasce l’11 ottobre 1953 ma debutta sulla tv il 3 gennaio 1954 in seconda serata (non prima delle 23). Dal 1965 La Domenica Sportiva si tramuta in vero programma con la conduzione di Enzo Tortora. Durante gli anni ’70 introduce l’innovazione tecnologica più

15 tecnologiche, quali le riprese e la diffusione a colori, è il modo di raccontare il calcio. Il nuovo modo di parlare di calcio del medium entra nelle case e fa di questo uno strumento strategico e di profitto. Le emittenti locali autorizzate alla diffusione20 , nonostante si rendessero conto dell’impossibilità di competere con il monopolio della RAI, vedono la possibilità di sfruttare l’espediente del diritto di cronaca21 per ottenere ingenti successi nel settore sportivo-televisivo. Anche in questo terreno sorge uno scontro tra “ il diritto dell’organizzatore a sfruttare economicamente in esclusiva lo spettacolo generato da quell’evento e il diritto dei media di poter liberamente e gratuitamente “raccontare” quello spettacolo”22. L’ordinanza 26 novembre 1977 del Pretore di Roma pone fine a tale controversia fissando a tre minuti il limite temporale massimo del diritto di cronaca 23. Un anno dopo l’ordinanza del 21 luglio 1978 del Tribunale di Roma attribuisce la detenzione del diritto televisivo al soggetto organizzatore dell’evento. Con queste due pronunciazioni il ruolo del diritto di cronaca viene limitato solo alle trasmissioni in differita per offrire una sintesi di attualità senza snaturare lo spettacolo stesso24. Durante gli anni ’80 viene meno il limite temporale massimo di tre minuti. Si passa quindi da una tesi cosiddetta “quantitativa” ad una “finalistica” basata su un resoconto sintetico con finalità informativa. Il diritto di cronaca passa quindi da un semplice riassunto dell’evento sportivo ad un racconto dettagliato di quest’ultimo con l’aggiunta di statistiche.

importante del settore: la moviola. Il 27 marzo 1977 è la data che sancisce il passaggio alle immagini a colori per la trasmissione. 19 Sviluppata da Maurizio Barendson, Paolo Valenti e Remo Pascucci il 27 settembre 1970 fu la celebre trasmissione che diffondeva la sintesi delle partite di calcio del campionato italiano di serie A e di Serie B. 20 Corte Cost. 15 luglio 1975 n.202, pubblicata in Gazz. Uff., n. 205 del 4 agosto 1976 21 Il diritto all’informazione si differenzia in: libertà di informare e libertà ad essere informati, oppure come diritto di informare. Il diritto di cronaca (o ius narrandi) è il diritto di raccontare ciò che avviene con un eventuale commento. Tale diritto è contraddistinto dal limite del segreto, il limite della tutela dell’onore, della riservatezza, del buon costume e dell’ordine pubblico. (www.treccani.it/ecniclopedia/diritto-all-informazione) 22 E. MORELLI, Diritti audiovisivi sportivi, cit. pag. 32 23 Così, Pret. Roma 26 novembre 1977, in Foro It., 1977, II, 2806: “[…] la riproduzione televisiva di una partita di calcio a tale finalità possa realizzarsi entro un tempo massimo di tre minuti”. 24 Trib. Roma 21 Luglio 1978, in Foro It., 1978, I, 2318

16 Lo sfruttamento in via esclusiva dell’ente organizzatore dell’evento è sancito dall’ App. Roma del 10 novembre 1980 il quale affida l’organizzazione della manifestazione calcistica alla società sportiva ospitante e garantisce solamente a quest’ultima il diritto di sfruttarlo economicamente. In questo modo, secondo lo ius excludendi alios, non è consentito a nessun soggetto di riprendere e utilizzare immagini della partita senza aver precedentemente ottenuto l’autorizzazione della società organizzatrice. Da questo momento lo spettacolo sportivo comincia a delinearsi secondo la disciplina delle opere di ingegno25 e il diritto di cronaca perde campo e autonomia limitandosi nuovamente solo a “sintesi essenziale”. Negli anni ’80 sorge un’altra problematica: “il diritto della concorrenza”. Come sopra accennato, le emittenti locali acquisiscono consapevolezza delle potenzialità dei contenuti premium quale il calcio e gli eventi sportivi creando in tal modo una fase embrionale di un mercato concorrenziale. In questo contesto la funzione propria della tv si trasforma da veicolo “socio- pedagogico” a mezzo di intrattenimento ludico. Questa nuova finalità è stata ampiamente sfruttata dalla nascita della tv commerciale e dall’ingresso di Fininvest nel settore26. Come la tv pubblica, la tv commerciale ha raccolto la sfida imprenditoriale del calcio trasmesso sul medium; tuttavia, a differenza della prima, questa ha catturato più telespettatori possibili tramite la commistione tra il tradizionale calcio europeo e le caratteristiche dello “sport giocato oltreoceano” 27 .

25 Art. 2575 C.C: “Formano oggetto del diritto di autore le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.

26 La società fondata da Silvio Berlusconi nasce nella seconda metà del 1960. Acquisisce poi importanza con il controllo della concessionaria Reti Televisive Italiane (RTI) tramite l’acquisizione di Italia Uno e Rete quattro che si aggiungono al già posseduto Canale 5. Tale concessionaria permetteva la diffusione delle tre reti nazionali terrestri in tecnica analogica.

27 “[…]Il commento di Dan Peterson agli sport americani, sempre nel 1981, che ha introdotto una cultura diversa dello sport, un taglio “caldo” all’americana. Da allora la tv commerciale ha costruito la propria offerta sportiva creando un pubblico per nuovi sport e mutuando da questi nuovi linguaggi, approcci, format per la telecronaca e il discorso sul calcio.”, E.ROGNONI, Lo show a colori, Calcio e tv, in Link, idee per la televisione, RTI, 4/2005, pag. 7.

17 Con questo cambiamento di mercato la RAI comincia a perdere il monopolio delle trasmissioni sportive. L’evento che ha dato l’avvio ad un mercato pro- concorrenziale è il “Mundialito”28. Il torneo fu organizzato dall’allora presidente del Peñarol, Washington Cataldi, con il tacito permesso della FIFA29, pur non rientrando nelle manifestazioni ufficiali della stessa. RTI si assicurò, con un’offerta di circa un milione di dollari, la trasmissione del torneo in differita nazionale di 10-15 minuti, salvo la diretta in Lombardia. La RAI aveva perso il monopolio come titolò la Gazzetta dello sport: “Una rete televisiva privata batte la RAI”. Ciò costituì l’avvio per le Reti Televisive Italiane verso la specializzazione e la diffusione di programmi televisivi sportivi. Tanto che la concessionaria intese sfruttare questa conquista da produrre il Mundialito per club30 nello stesso 1981, creando addirittura un nuovo linguaggio nazional-popolare. Da questo momento i diritti audiovisivi sportivi diventano un’industria con il classico gioco di offerta-domanda al rialzo mosso dalla Fininvest. Il 12 aprile 1981, durante una riunione della Lega Calcio a Milano si ridiscussero i contratti di diffusione dei Campionati di calcio di serie A e B e della per il triennio 1981-1984. L’offerta di Berlusconi copriva l’offerta della RAI superandola con l’aggiunta del 50% degli introiti pubblicitari generati dalle trasmissioni di Canale 5. Tuttavia la Lega Calcio non aderì a questa offerta apparentemente più vantaggiosa tenendo conto dell’impossibilità, verificatasi già durante il Mundialito, delle reti RTI di trasmettere in diretta su tutto il territorio italiano31. L’accordo venne siglato con la RAI, per il triennio considerato, per una cifra record di 42 miliardi di lire. Da qui in avanti l’esborso a carico della RAI

28 Mundialito (Coppa d’oro dei Campioni del Mondo) è un torneo Internazionale disputato in Uruguay con la partecipazione di 6 delle maggiori squadre nazionali inclusa la Nazionale azzurra dal 30 dicembre 1980 al 10 gennaio 1981. 29 Federaciòn International de Football Association fondata il 21 maggio 1904 per organizzare tutte le manifestazioni sportive del calcio, del futsal e del beach soccer. 30 Disputato a Milano dal 1981 al 1987 fu un torneo ad inviti organizzato dall’emittente Canale 5 31 M. DE LUCA e P. FRISOLI, Sport in tv, Storia e storie dalle origini a oggi, Rai Eri, 2010

18 crescerà in maniera esponenziale fin quando non interverrà la legge 223/1990, cd. Legge Mammì32.

1.2. GLI ANNI ‘90 I prodromi degli anni ’90 furono caratterizzati da una spinta comunitaria e integrativa delle attività televisive. Con la Direttiva 89/552/CEE si istituisce la cd. “Televisione senza frontiere”. La direttiva poggia su dei concetti chiave quali la libera circolazione dei programmi televisivi europei e la creazione di “quote di trasmissione” 33. Sul piano nazionale interviene l’approvazione della cd. Legge Mammì imponendo da un lato limiti alla raccolta pubblicitaria e dall’altro fissando un numero massimo di tre emittenti nazionali comprese quelle a pagamento per ogni gruppo, congelando in tal modo il duopolio Rai-Fininvest. Oltre ad una normativa europea più omogena in materia audiovisiva, gli anni 90’ sono definiti da J. Ellis come l’età dell’abbondanza34. Il concetto di “plently” si rifà ad una diffusione ed ad uno sviluppo della tecnologia su larga scala con la conseguente nascita della “MultiTv”. Il milieu multitelevisivo trovava le sue radici già durante la fine degli anni settanta, anni in cui si diffusero le piattaforme predigitali (cavo e satellite) che permettevano una diversificazione dell’offerta e della modalità di fruizione. Il denominatore comune per definire la Multitv è un tipo di ibridazione delle forme mediali generata dall’aumento dell’offerta, delle piattaforme e da una crescente interattività con il mezzo. Negli stessi anni, con la Legge 422/1993 (recante provvedimenti urgenti in materia radiotelevisiva) si è cercato di concludere il conflitto spettacolo sportivo/diritto di cronaca 35 . Il risultato fu tutt’altro che positivo: la norma

32 La legge introduce due principi fondamentali in materia di diffusione di programmi radiofonici e televisivi: − “pluralismo interno” (pluralismo dell’informazione) che richiama la sentenza n. 826 del 1988 della C.C. − “pluralismo esterno”, possibilità di ingresso sul mercato di soggetti pubblici e privati, che trova fondamento negli articoli 21 e 41 della Costituzione. 33 I canali devono riservare alle opere europee più della metà del tempo di trasmissione 34 J. ELLIS, Seeing Things, cit. 35 “Ai concessionari privati per la radiodiffusione televisiva in ambito locale, nonché ai concessionari privati per la radiodiffusione sonora, ovvero ai soggetti autorizzati ad operare

19 riguardava infatti solamente le emittenti locali che sfruttarono questo vantaggio accedendo sui campi da gioco e riprendendo liberamente le partite di calcio. Il primo modello di paytv italiana è rappresentato da “Telepiù”, nata nel 1991. Il contratto d’abbonamento stabiliva 150 000 lire di attivazione e 36 000 lire al mese per usufruire di 24 ore al giorno di film senza interruzione pubblicitaria tramite la piattaforma satellitare . Le stime degli uffici di Telepiù erano molto ottimistiche, tuttavia i risultati effettivi disattesero le previsioni. La principale conseguenza dell’ingresso della paytv in Italia è la nascita dello “stadio virtuale” 36 , che consente di partecipare in diretta alle partite di calcio, e il frazionamento del mercato dei diritti televisivi in due forme di contenuto: il mercato in chiaro (free) e quello a pagamento (pay). L’individuazione del mercato proprio dei diritti audiovisivi dello sport più praticato in Italia è sviluppata attraverso l’attività dell’Autorità di controllo (AGCM37) su tre piani: • Il mercato rilevante, costituito da: il mercato delle Leghe e dei club che offrono il prodotto dello spettacolo sportivo e il mercato degli operatori tv, dei fornitori di contenuti e delle loro organizzazione. Questo secondo mercato, definito a valle si caratterizza in altri due mercati: il primo è il cosiddetto “mercato in chiaro” diviso nel versante della raccolta pubblicitaria e il versante della compravendita di inserzioni televisive (cd. Two sided market); il secondo è quello della paytv composta da un unico versante tra le emittenti e i consumatori del prodotto. • Il piano merceologico che individua prodotti/servizi in concorrenza e sostituibili. • Il piano geografico, circoscritto all’ambito nazionale per limiti delle barriere all’uscita. 38

in ambito televisivo locale o in ambito radiofonico nazionale o locale di cui all'articolo 32 della legge 6 agosto 1990, n. 223, è consentita, ai fini e nei limiti dell'esercizio del diritto di cronaca, l'acquisizione e la diffusione di immagini e materiali sonori e di informazione su tutte le manifestazioni di preminente interesse generale che si svolgono nel bacino di utenza oggetto della concessione”. Legge 27 ottobre 1993, n.422, art. 5, comma 2, pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 853 , 27 ottobre 1993 36 E.MORELLI, I Diritti audiovisivi sportivi cit, pag.50 37 Acrononimo dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (cd. Antitrust), nata con la legge 287/1990 per vigilare su tutti gli aspetti attinenti alle attività di mercato. 38 E. MORELLI, Diritti audiovisivi sportivi, Cit., pag.52 e ss.., suddivide nei piani sopraindicati le caratteristiche del mercato dei diritti audiovisivi sportivi durante gli anni ’90.

20 L’attività dell’antitrust, da questo momento in poi, condiziona il mercato dei diritti televisivi calcistici individuandolo in maniera ancora più stringente tra quelle discipline con maggiore appeal. In un clima europeo in cui la vendita dei diritti audiovisivi comincia a diventare centralizzata, a livello nazionale rimane la Lega calcio titolare delle transazioni di tali diritti. Effettivamente il mercato sta cambiando, proprio per effetto dell’apparizione sulla scena delle paytv. In relazione alla presenza di players sempre più di rilievo, la legge 249/199739 istituisce in Italia l’Autorità per le garanzie delle comunicazioni. Le trattative con la Lega calcio vedono la domanda dei diritti in chiaro da parte della RAI, mentre quelli a pagamento da parte di Telepiù. Il primo contratto avente oggetto i diritti televisivi criptati risale al 21 luglio 1993 tra la Lega Calcio e Telepiù. Contenuti nell’accordo 28 gare del campionato di Serie A e 32 di Serie B dietro un compenso monetario complessivo di 44,8 miliardi di lire a stagione. Con un altro contratto la Lega concesse alla RAI i diritti in chiaro del campionato di Serie A, di Serie B e della Coppa Italia per una cifra annua di 135 miliardi di lire; gli accordi prevedevano gli highlights , le differite e le sintesi delle gare di Serie A e B e di Coppa Italia, oltre alle dirette di 15 partite di Coppa Italia, nonché il diritto a sub- cedere in differita a emittenti locali la trasmissione dei campionati calcistici. La Lega, dopo un’attenta analisi circa gli sviluppi della paytv, intravede le potenzialità di nuovi e più alti introiti derivanti dalla modalità pay-per-view 40, la trasmissione in simultanea e in diretta di tutte le partite del Campionato. Il fondatore di Media Partners, società italiana di intermediazione dei diritti tv, R. Hecht Lucari dichiara«Il mercato dei new media era trainato da una killer application, il calcio. Mettere le mani sulla killer application significava fare banco. Eravamo convinti che il calcio fosse il mezzo con cui infilare in ogni casa un decoder. Comprare il "contenuto calcio" significava comprare il decoder. Comprare il decoder voleva dire controllare quella scatola da cui sarebbe passato di tutto e di più»41. E’ comprensibile che da un lato la possibilità di assistere ad un

39 Cd. Legge Maccanico disciplina congiuntamente radiotelevisione e telecomunicazioni perseguendo una sorta di unità mediale. 40 Modalità di fruizione di contenuti tramite il pagamento del singolo programma televisivo senza la necessità di sottoscrivere un abbonamento . 41 C. BONINI, in La Repubblica, I padroni del calcio all’assalto del tesoro tv, 1 marzo 2002

21 evento sportivo ad alto appeal in diretta può stimolare i fruitori a sottoscrivere abbonamenti alla paytv e dall’altro l’exploit dei diritti criptati tendono a decrementare il valore del mercato in chiaro. La Lega Calcio, per garantire la pluralità dei concorrenti, stabilisce di indire un bando di gara con scadenza 15 febbraio 1996. Questa è la frontiera superata per arrivare dai diritti collettivi ai diritti cd. individuali, ma la vera novità del contratto messo in offerta dalla Lega è l’aggiudicazione dello stesso da parte di Telepiù e Cecchi Gori Communications, che apparivano tuttavia meno qualificati degli altri due offerenti Rai e Mediaset che parimenti avevano partecipato alla gara. Con il “progetto Telecalcio” Telepiù propone il 50% dei ricavi alla Lega Calcio, nonché 203,55 miliardi di lire all’anno. L’innovazione per gli spettatori dell’emittente consiste nell’avere: in diretta tutte le partite di Serie A e di Serie B con il prodotto pay-per-view, 28 gare di serie A oltre che 32 gare di serie B e la Supercoppa di Lega con il prodotto pay tv. I 213 miliardi, offerti da CGC, non risultano realmente sicuri cosicché la Lega Calcio trasferisce i diritti alla RAI per un’offerta pari a 191 miliardi. La GGC si appella al Tribunale di Firenze che giudica inconsistente la motivazione di trasferimento dei diritti in capo alla Lega Calcio e riassegna questi alla prima. Dal canto suo la RAI cerca di trovare un compromesso con Cecchi Gori proponendogli la differita di una partita di Serie A (ogni domenica dopo le 19) e gli highlights e interviste (durante le 19-22.30) nonché alcune partite di Coppa Italia. Da questo provvisorio accordo resta esclusa la concessionaria RTI. Ciò nonostante le due parti cercano di coinvolgerla, in virtù dell’esposto presentato al Garante per la Radiodiffusione e l’Editoria dalla concessionaria di Berlusconi, proponendo la ripartizione dei diritti in base all’audience che ciascun emittente può generare all’interno del proprio palinsesto. Tuttavia, nonostante l’accordo raggiunto dalle tre emittenti, l’iter giudiziario era già iniziato. RTI a sua difesa affermava che l’intesa non riguardava limitazioni della concorrenza vista la durata di due stagioni e il numero ridotto delle partite. L’AGCM, a cui sono state trasferite le competenze, non era dello stesso avviso. Riteneva che le tre parti procedessero in un regime di oligopolio riuscendo ad influenzare il mercato della

22 raccolta pubblicitaria considerato che la RTI possedeva i diritti della Champions League, la RAI le partite della nazionale, la CGC gli highlights del Campionato di Serie A e alcune partite di Coppa Italia. In sostanza l’offerta CGC aveva spiazzato la RAI e RTI andando ad enfatizzare il conflitto fra queste due. Il culmine del contrasto si ebbe nel 1999 sui diritti in chiaro riguardanti le partite della Champions League. La RAI non poteva vantare diritti su questi42 ma si lasciò attirare dalla nuova formula organizzativa della UEFA che maggiorava gli introiti pubblicitari tramite l’aumento del numero dei team partecipanti. L’organo amministrativo del calcio europeo aveva mutato i criteri di distribuzione degli introiti, in base ai differenti proventi televisivi dei Paesi associati, rendendo il torneo ad alto indice di audience. Nonostante il ricorso al Tribunale di Roma, la RAI non riuscì a dimostrare i presupposti per un atto di concorrenza sleale da parte di RTI.

1.3. LA FINE DEGLI ANNI ’90 E L’INIZIO DEGLI ANNI 2000 Come ricordato nei paragrafi precedenti molti Paesi europei ritenevano che la vendita centralizzata dei diritti audiovisivi sportivi potesse minare la concorrenza. Questa spinta da parte delle federazioni di confutare la vendita centralizzata creava non pochi problemi agli organismi sportivi opposti agli enti tutelanti quali l’antitrust. L’unica voce contraria a questo clima cd. “individualista” è la Gran Bretagna che ritiene importante non la vendita del singolo evento ma quella della totalità dello spettacolo della Premier League. Anche in Italia si comincia a respirare un’aria di cambiamento con il passaggio alla tesi “individualista”43 nel 1998. L’Antitrust, per motivare il passaggio alla vendita individuale in capo alle singole società, ha dato inizio ad un’indagine sulla vendita centralizzata, andando ad analizzare se questa limitasse la libera concorrenza. Con il sentore di una transizione al nuovo sistema di vendita, Milan e Juventus per prime e poi Inter e Napoli stringono con Telepiù un contratto di

42 Provvedimento 10 dicembre 1998 n.6662 dell’AGCM, nel quale si riconosce un contratto tra RTI e TEAM (che gestisce i diritti audiovisivi per conto della UEFA). 43 Ogni società di calcio di Serie A e di Serie B è detentrice dei diritti di trasmissione televisiva in modalità codificata.

23 licenza dei diritti di trasmissione codificata via satellite. Due sono state le svolte per il riconoscimento dei diritti soggettivi: il decreto-legge n. 15 del 1999 convertito in legge 78/1999 che sanciva il passaggio alla vendita soggettiva dei diritti e la delibera 19 marzo 1999 della Lega Calcio la quale modifica il proprio regolamento riconoscendo a ciascuna società sportiva la titolarità dei diritti audiovisivi delle partite giocate in casa dando mandato alla Lega Calcio di negoziare in via esclusiva i diritti televisivi in chiaro. Per quanto riguarda i diritti criptati essi restano di dominio di ciascun club. Sono fissati due limiti: la possibilità di trattare i diritti in forma codificata da un singolo operatore per i match di serie A fino al sessanta percento; ed inoltre una durata massima di tali contratti di acquisizione di tre anni. In base a questi nuovi “regolamenti” la Lega Calcio perfeziona un vero e proprio “format televisivo” sulla base di più anticipi il sabato e un posticipo per la domenica, creando l’inizio dell’attuale “calcio spezzettato”. Telepiù, che fine a questi anni non aveva subito forti spinte concorrenziali da parte di altre emittenti, si vede costretto a fronteggiare una rivalità da parte di un’altra piattaforma satellitare Stream TV44 forte del capitale confluito in essa con l’ingresso in società del magnate Rupert Murdoch. Da questo momento entrambe le emittenti possono trattare con le società calcistiche per la trasmissione delle rispettive partite casalinghe. Stream TV, ritenendo che Telepiù adottasse comportamenti che limitavano la concorrenza, denunciò tale metodo all’AGCM, la quale si pronuncia contro Telepiù affermando che quest’ultima aveva condizionato la concorrenza rendendo più difficile e costoso l’ingresso di altre emittenti nel mercato delle trasmissioni televisive sportive. Tale pronunciamento costituì un importante precedente per la libera concorrenza nel mercato televisivo in specie riguardo al prodotto premium dei diritti audiovisivi sportivi. Il contrasto tra Stream e Telepiù si giocava principalmente sui contratti più sostanziosi quali quelli con Milan, Juventus, Inter, Roma, Lazio, Fiorentina e Parma, mentre il budget destinato alle società più piccole ammontava a meno della metà. Colonna portante della spartizione tra i due colossi televisivi delle

44 Nasce a dicembre del 1993 sotto la guida di Miro Allione e raccoglie il 75 %di Stet e il 25 per cento di Sip, T. CAMIGLIERI, La grande avventura della pay tv, 2008, Mursia, pag.168

24 squadre più e meno blasonate si fondava sulla regola del 60/40% prevista dalle legge 78/99. Tuttavia questa regola non teneva conto del valore delle partite ma solamente del numero degli incontri trasmessi rendendo incerte le società medio- piccole riguardo alla stipulazione o meno di un contratto con l’una e l’altra emittente. Telepiù mantiene i diritti delle partite di Milan, Juventus e Inter non rispettando in sostanza la regola fissata dalla legge 78/99. Nel frattempo, otto società di serie A e tre di serie B formano il consorzio Plusmedia Trading S.r.l. (PMT)45 con la finalità di difendersi da questa posizione di dominanza delle due emittenti e per negoziare direttamente, per il successivo triennio, i propri diritti televisivi. Le richieste di PMT alle due emittenti tv riguardano principalmente una riduzione sostanziale del divario creatosi tra i top team e i medium team ma la risposta dei due colossi fu tutt’altro che accondiscendente. Da questo periodo cessano le trasmissioni delle partite di calcio di Serie A da parte della Rai. Inoltre la Rai non è più interessata, come in passato, a rinnovare con la Lega il contratto di trasmissione in chiaro, temendo che la Lega frazionasse eccessivamente le partite. PMT minaccia di non partecipare al campionato e costringe la Lega a non assegnare a Stream e Telepiù gli anticipi e i posticipi, formando un calendario composto sempre da quattro partite giocate in casa da parte delle 8 squadre membri del PMT. La decisione drastica della Lega calcio è il rinvio del campionato. A questo punto si raggiunge un accordo tra la Rai e la Lega che indebolisce la posizione di PMT, infatti la Rai ottiene che sei partite su nove giocate si disputino la domenica pomeriggio. Stream e Telepiù invece sono costretti ad aumentare l’offerta per le otto società di serie A partecipanti al PMT, mentre i main team offrono al consorzio un una tantum di 12 milioni. Uscito sconfitto dalla scalata a Stream tv, Murdoch torna in scena nel 2003 tentando di acquistare Telepiù. La NewsCorp, società in capo al magnate, approfittò delle non buone condizioni finanziarie di Vivendi Universal46, ottiene uno sconto sull’acquisto di Telepiù di circa 400 milioni di euro. NewsCorp e Vivendi si avviano verso una conclusione a ribasso delle trattative. Il progetto di

45 Atalanta, Chievo, Brescia, Como, Empoli, Modena, Perugia, , , e Venezia 46 Colosso mondiale della comunicazione, a quel tempo proprietario degli Universal Studios, di numerose case discografiche e di Telepiù tramite Canal+, A. FONTANAROSSA, Stream- Tele+, accordo fatto la maggioranza ai francesi, in La Repubblica.it, 24 aprile 2011

25 Murdoch inizialmente si basava sull’acquisizione e sul riassetto di Telepiù e successivamente sul tentativo di fondere le due emittenti in una unica. All’interno di questo piano, partecipano per il 50% la NewsCorp, per il 20% la Telecom e il rimanente è destinato ad investitori strategici. In definitiva Murdoch il 1° ottobre sancisce l’acquisto di Telepiù per 900 milioni di euro e dichiara la volontà di fonderla con Stream per costituire una nuova pay tv chiamata Sky Italia. La formazione di un unico operatore, oltre che avere conseguenze sul piano concorrenziale del mercato dei diritti audiovisivi, ebbe ripercussioni anche sull’utente finale che poteva sottoscrivere un unico abbonamento per vedere tutte le partite di calcio. Prima di raggiungere la completa fusione delle due emittenti era però necessaria la preventiva approvazione da parte dell’Antitrust. Quest’ultima mette infatti sul piatto numerosi impegni che il tycoon avrebbe dovuto rispettare affinché l’accordo di fusione fosse valido. Gli accordi prevedevano che Newscorp dovesse acquistare i diritti in esclusiva per le partite di calcio riguardanti unicamente la piattaforma satellitare, dovesse rinunciare ai diritti di esclusiva non su piattaforma satellitare delle partite dei match premium affinché terzi potessero sfruttarli su altre piattaforme e stipulasse contratti non superiori ai 2 anni con le società calcistiche. Gli impegni, prima accennati, erano di fondamentale rilevanza per scongiurare le paure della nascita di un monopolio nella pay tv italiana. Il 31 Marzo la Commissione Europea approva la fusione e l’Autorità Garante per le Telecomunicazioni assume così l’onere importante di far rispettare i patti sottoscritti. Il mercato si rimodella quindi da concorrenza “infrapiattaforma” a concorrenza “multipiattaforma”. Di conseguenza chi ha la possibilità di raggiungere una qualche forma di posizione dominante dovrà divedere i contenuti con le emittenti con operano su piattaforme diverse. Simultaneamente il vicepresidente della Lega Calcio Antonio Matarrese dichiara la nascita di Gioco Calcio, una nuova piattaforma tv autonoma cui partecipa per il 25% PMT, per il 10% la Lega e il rimanente offerto sul mercato. Galliani, l’allora presidente della Lega, afferma apertamente che l’operazione aveva la finalità di creare un nuovo concorrente sul mercato rispetto a Sky. Tuttavia Gioco Calcio non avrà vita facile viste le difficoltà per gli elevati costi di produzione cosicché

26 molte delle squadre facenti parte il consorzio PMT passeranno alla piattaforma di Murdoch. Sky si era offerta in aiuto alla piattaforma Gioco Calcio pur riconoscendo il fatto che in assenza di un competitor vero e proprio sarebbe venuto meno il tetto del 60% dei diritti calcistici. Nonostante ciò Sky e Gioco Calcio scendono a patti e il primo concede al secondo quattro canali per la visione degli incontri casalinghi dei sei club di A affiliati. Sempre in quegli anni, in cui si percepivano squilibri di potere derivanti dalla vendita soggettiva, la Uefa, sulla scorta del pronunciamento della Corte d’appello di Berna47, è autorizzata alla vendita congiunta dei diritti riguardanti la Uefa Champions League. Parimenti la Premier League e la Bundesliga pervengono ad una modifica della loro modalità di vendita. Al contrario che nel resto dell’Europa, che come visto è segnato da rilevanti novità, il contenzioso italiano continua a crescere e investe le nuove tecnologie (Internet e Telefonia Mobile). Nei primi anni del 2000 si affermano così le “nuove tv”48 che offrono brevi clips e alcuni degli highlights del campionato di Serie A, B e C e della Champions League trasmessi tramite il protocollo internet sui cellulari e sui computer con dieci-quindi secondi di ritardo rispetto alla diretta. Il primo degli operatori telefonici che acquisisce i diritti esclusivi di 5 squadre di serie A (Milan, Juventus, Inter, Roma e Lazio ) è la Tre. Il secondo operatore che ottiene tali diritti è la Vodafone, che si assicura l’esclusiva di quasi trenta società sportive non solo di Serie A ma anche di Serie B e C. I restanti operatori, la Wind e la Tim, non partecipano a tale gara per i diritti audiovisivi, tuttavia quest’ultimo istituisce, in collaborazione con l’ANSA, una modalità di informazione dei goal delle partite di calcio sulla base del sistema GPRS tramite l’utilizzo di fotografie in sequenza. Tuttavia questo fatto, visto che Vodafone e 3 avevano acquistato i diritti per trasmettere sui mobile phone le immagini riguardanti i campionato di calcio, suscita l’allarme dei grandi clubs che ingiungono a Tim di sospendere la riproduzione delle scene delle partite. Prende quindi il via un contenzioso giudiziario che rimette in discussione i diritti di cronaca sulla telefonia mobile. Il

47 Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League, decisione del 23 luglio 2003, in GUCE, n.2291 dell’8 novembre 2003. 48 A.GRASSO, Quando la televisione e il televisore rompono il matrimonio, in Corriere della Sera, del 3 giugno 2008

27 regolamento dell’AGCOM promulgato alla fine del 200949 conclude la vicenda: assicura specificamente l’espletamento del diritto di cronaca in materia di mobile phone, ancorché limitato ad una foto. In Italia molti autori hanno sostenuto il carattere soggettivo dei diritti audiovisivi, mentre in gran parte dei Paesi europei la vendita di tali diritti si effettua ancora attraverso il sistema centralizzato. Sistema centralizzato che l’Italia non pratica. Nel 2004 le tre maggiori squadre del campionato italiano di Serie A (Milan, Juventus e Inter, cui seguirà di lì a poco la Roma) rinnovano, per il triennio 2005- 2007 un ricco contratto con Sky. La reazione delle altre società sportive e anche del mondo politico sarà di accesa polemica, anche perché le prime tre maggiori squadre avevano più volte manifestato la disponibilità ad attendere la conclusione dei lavori della VII Commissione della Camera dei Deputati sul calcio professionistico50. I clubs minori, dal canto loro, temono la continua erosione a loro svantaggio dei proventi residui. La VII Commissione della Camera conclude i suoi lavori: partendo dal presupposto che il calcio italiano rappresenta un rilevante comparto produttivo all’interno dello settore sportivo, ma attraversa tuttavia una crisi strutturale che occorre riequilibrare. Suggerisce quindi una più giusta proporzione tra il gruppo delle main societies e il resto delle società medio-piccole e un rafforzamento dei controlli sui bilanci delle società. Le tre maggiori società di cui sopra, oltre al contratto triennale per la diffusione sul digitale terrestre, trasferiscono a Mediaset51 i diritti di messa in onda via cavo

49 “Il diritto di cronaca esercitato per mezzo della telefonia mobile, fruibile dagli utenti senza oneri aggiuntivi, è limitato ad un fotogramma a corredo della notizia del goal o del risultato finale di ciascun evento”, AGCOM, 405/09/CONS art. 3, comma 7 50 Valutazioni finali del documento approvato dalla Commissione che termina l’indagine conoscitiva in data 4 marzo 2004 e conclusisi definitivamente in data 21 luglio 2004. 51 Mediaset aveva infatti costituito un nuovo sistema del digitale terrestre grazie alla Legge n. 112 del 3 maggio 2004 (cd. Legge Gasparri). “L’articolo 25 della legge - i cui effetti sono stati in parte anticipati dal DL 352 del 2003 – ha disciplinato le modalità per accelerare ed agevolare la conversione alla trasmissione in tecnica digitale. In particolare, la disposizione ha previsto: • l’attivazione, a decorrere dal 31 dicembre 2003, di reti televisive digitali terrestri, con un’offerta di programmi in chiaro accessibili mediante decoder o ricevitori digitali; • in capo alla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, l’obbligo di realizzare almeno due blocchi di diffusione su frequenze terrestri con una copertura del

28 e adsl e i diritti di prima negoziazione e prelazione sui diritti criptati per la pay tv per la stagione 2007-2008 e per i successivi due anni. Mediaset entra così nel mercato della televisione a pagamento producendo un effetto domino sul mondo della tv sia in termini di equilibri editoriali sia in termini di distribuzione dei diritti audiovisivi, confermando il calcio come valore primario della catena produttiva televisiva. L’esito di queste trattative ha prodotto numerose diatribe, sia dal punto di vista di assegnazione delle risorse tra i top team e team minori, sia tra chi auspicava un ritorno alla vendita centralizzata. La piattaforma di Murdoch, Sky, è stata il soggetto che maggiormente ha risentito in termini economici della stipulazione dei contratti tv tra Mediaset52 e i club di Serie A, andando a perdere il monopolio sulle partite del Campionato italiano. Nonostante il grande impegno mostrato, Mediaset si trova subito a dover impattare con le difficoltà dovute alla diffusione del segnale del digitale terrestre sul territorio italiano. La rivalità tra la rete di Berlusconi e quella di Murdoch è anche commerciale: Mediaset diffonde la notizia che le sue partite costeranno meno di quelle di Sky53, utilizzando leve di marketing simili a quelle usate da Telecom per la diffusione di alcune partite tramite il canale La 754. La strategia di Mediaset è efficace tant’è

territorio nazionale che raggiunga il 50% della popolazione dal 1º gennaio 2004, ed il 70% entro il 1º gennaio 2005, nonché di individuare uno o più bacini di diffusione, di norma coincidenti con uno o più comuni situati in aree con difficoltà di ricezione del segnale analogico, nei quali avviare entro il 1º gennaio 2005 la completa conversione alla tecnica digitale; • in capo all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di verificare – entro il 30 aprile 2004 – l’effettivo sviluppo del digitale terrestre e la rispondenza di tale sviluppo ai tempi e alle modalità previste dalla legge, nonché il compito di adottare provvedimenti deconcentrativi nel caso di verifica dell’assenza delle condizioni previste per l’ampliamento del pluralismo”, http://legxv.camera.it/cartellecomuni/leg14/RapportoAttivitaCommissioni/testi/09/09_ca p04.htm ,in Il Riassetto del sistema Radiotelevisivo

52 A breve Mediaset conclude i contratti per la diffusione sul digitale terrestre, sull’adsl e sul cavo dei diritti delle squadre Atalanta, Livorno, Messina e Sampdoria con un investimento totale pari a 200 milioni di euro. 53 Livorno-Milan del 22 gennaio 2005 è la prima partita a pagamento trasmessa sul digitale terrestre ad un costo di 3 euro. 54 Nasce il 24 giugno del 2001 sostituendo Telemontecarlo venduta nel 1999 da Vittorio Cecchi Gori alla Seat Pagine Gialle posseduta da Telecom Italia.

29 che nell’estate del 2005 conquista anche i diritti in chiaro aumentando il valore di questi ultimi da 62 milioni per la Serie A e B a 106 milioni.

1.4. GLI ANNI DEL D.LGS. 9 GENNAIO 2008 N.9

E’ il 23 dicembre del 2005: la Juventus stringe un accordo con Mediaset cui conferisce tutti i diritti in modalità codificata, su ogni piattaforma, dei match casalinghi per le successive stagioni, a sua volta Mediaset trasferisce tale contratto a Sky per la piattaforma satellitare per il valore di 248 milioni. Di lì a poco Mediaset sottoscrive i medesimi accordi con Inter, Livorno, Milan, Roma e Lazio. Le restanti società del massimo campionato italiano si accordano invece con Telecom andando alla creazione di un mercato basato su due leader: Mediaset, che possiede le società di spicco diventando content provider e attuando un ruolo di dominio sul calcio, e Telecom. Sky non svolge un ruolo determinante all’interno delle transazioni, ma acquisisce in sublicenza i diritti per la diffusione satellitare. L’AGCM dal canto suo ritiene di dover controllare il comportamento di Mediaset basato su contratti di esclusiva di lunga durata. I successivi provvedimenti dell’AGCM obbligano Mediaset ad accettare l’assunzione di impegni quali la stipulazione di contratti non superiori a tre anni e la rinuncia alle clausole di prima negoziazione e di prelazione. Il 2006 è per l’Italia l’anno più turbolento per il “sistema calcio”: nonostante il successo sportivo al Mondiale in Germania, le istituzioni sportive sono agitate dal fenomeno “”55, il calo degli spettatori negli stadi, l’obsolescenza di questi ultimi e la stagnazione dei ricavi fanno perdere gradi di competitività alle nostre squadre rispetto ai campionati europei. In Italia, a differenza degli altri Paesi della Comunità europea, mancava un progetto uniforme e coerente in

55 “[…] tra rivelazioni, intercettazioni, indagini e deferimenti alla giustizia sportiva e a quella ordinaria avvelenerà gran parte dell’estate, condizionando il successivo campionato a causa delle penalizzazioni alle squadre coinvolte. “ , T.CAMIGLIERI, La grande avventura della pay tv, cit, pag. 176

30 materia di diritti televisivi. Di conseguenza l’AGCM avvia un’indagine 56 che evidenzia come la vendita individuale abbia fallito e di come la vendita collettiva, già praticata nell’ Unione Europea, raggiunge successi di gran lunga migliori. Nei corridoi della Lega Calcio aleggiano pensieri e considerazioni critiche verso la vendita individuale. La tesi maggiormente condivisa è che la vendita soggettiva avrebbe aumentato il gap tra le società più blasonate e quelle minori minacciando addirittura l’attrattività del calcio basata su una forte incertezza del risultato sportivo. Innanzi a ciò la politica si sentì in dovere di entrare in gioco e cercare di risolvere la confusione creatasi. Già nei primi anni del XXI secolo la politica si era espressa a favore di un ritorno alla vendita centralizzata, affermando che essa avrebbe potuto ristabilire un equilibrio delle risorse economiche garantendo maggiore competitività. Tuttavia alla base della esigenza di un cambiamento in tal senso due erano i problemi: da una parte la necessaria modifica della normativa tramite la elaborazione di una legge specifica, dall’altra parte l’aggiornamento del concetto di mutualità su cui fondare la vendita dei diritti audiovisivi. Il problema, infatti, secondo l’indagine conoscitiva sul calcio professionistico attuata dall’AGCM era che “[…] se da un lato, la negoziazione accentrata è da ritenersi maggiormente garantista, posto che assicura a tutte le squadre, anche quelle minori, la certezza di un ricavo, dall’altro -tuttavia-, un ritorno alla vendita collettiva potrebbe non essere risolutivo se non è affiancato da una corretta redistribuzione delle risorse tra le varie società” 57. A supporto di queste tesi l’Independent European Sport Review 2006 differenzia le società calcistiche dalle normali imprese presenti sul mercato concorrenziale. Il report sottolinea che l’attività sportiva esiste infatti solamente in presenza di almeno due rivali, che incontrandosi generano valore e contenuto televisivo incrementato dall’aumento di mutualità tra le due squadre. L’incertezza del campionato è l’elemento su cui poggiano: l’affluenza agli stadi, i ricavi generati dagli sponsor, il numero degli abbonati alle pay tv. La vendita collettiva è quindi il risultato che deriva da questa analisi.

56 AGCM, indagine conoscitiva sul settore del calcio professionistico, provvedimento n. 16280 del 21 dicembre 2006, in Boll. Uf.. n. 51-52/2006. 57 AGCM,, ivi, par. 155

31 In Europa il sistema della vendita centralizzata dei diritti è un fenomeno piuttosto diffuso. In Francia, dopo la legge Lamour del 200358, si conferma la volontà da parte delle federazioni sportive di mantenere la struttura collettiva. In Germania la Deutsche Fussball Liga è titolare dei diritti televisivi e li vende in maniera centralizzata. In Gran Bretagna la Football Association of Premier League (FAPL) possiede e tratta collettivamente i diritti televisivi in diretta, gli highlights ed i diritti internazionali (che rimangono di proprietà dei club azionisti). La vendita avviene tramite una suddivisione dei pacchetti (in totale sei) con la proibizione per il singolo operatore di comprarne un numero superiore a cinque. Le squadre hanno comunque la facoltà di trattare individualmente la cessione sia per quanto concerne i diritti non inclusi all’interno dei 6 pacchetti che per quelli acquisiti da un’emittente ed in caso non utilizzati. Solamente la Spagna non utilizzava il sistema della vendita centralizzata, ma le singole società alienavano individualmente i loro diritti. Dal 2003-2004 però, alcune medium team della Primera Liga e tutti i team della Segunda Liga negoziano collettivamente i propri diritti. Il Ministro Melandri, dopo un attento esame della relazione propone, il 21 luglio 2006 al Consiglio dei Ministri, un disegno di legge denominato “Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione, messa a disposizione del pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati di calcio e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionale” volto a stabilire un equilibrio delle risorse prodotte dalla vendita dei diritti televisivi del calcio. Il Governo era evidentemente intenzionato a reintrodurre la vendita centralizzata dei diritti tv. Oltre ad un riassetto del mercato dei diritti audiovisivi, due divieti venivano previsti per il settore delle comunicazioni: 1. divieto di acquisto di diritti destinati ad uso su piattaforme per le quali non si possiede il titolo abilitativo;

58 “Legge Sportiva 84/610 promulgata il 16/07/1984 e successivamente emendata ed aggiornata nel 1992 e 2002, è una normativa non invasiva […], in forza della quale è unico proprietario dei diritti di trasmissione l’organizzatore dell’evento e competizione sportiva”, P.PACILEO, in La vendita dei diritti televisivi di eventi sportivi: recenti sviluppi e spunti comparatistici, in Comparazione e Diritto civile, 2013, pag. 17

32 2. divieto di sublicenza dei diritti acquisiti. La durata dei contratti inoltre non doveva permettere la costituzione di posizioni dominanti. Il 14 ottobre 2006 i maggiori quotidiani italiani intitolano così le loro pagine: “Si ai diritti tv collettivi”59. E’ la data che ufficialmente sancisce il ritorno alla vendita centralizzata. Per arrivare invece alla definitiva approvazione della legge delega n.1469 bisognerà aspettare un po’ di tempo. In questo arco temporale numerose sono state le discussioni in aula e fuori da questa. L’AGCM non rimane estraneo a questi dibattiti e il 7 gennaio 2007 presenta il “Libro Bianco” 60 sul calcio professionistico che in parte si discosta dalle previsioni della legge delega. In particolare, con riguardo alla vendita centralizzata, esso afferma che non deve essere imposta per legge ma deve essere facoltativa. Il 18 gennaio 2007 durante l’Assemblea della Camera dei Deputati nessuna fazione politica si dichiara sfavorevole al ritorno alla contrattazione collettiva. Con 259 voti favorevoli e 135 contrari il disegno di legge è quindi approvato. Qualche mese dopo si arriva alla votazione dei singoli emendamenti in Commissione e il 3 maggio 2007 dal Senato emerge il testo definitivo. La novità sostanziale della legge delega è l’inquadramento di tutti i diritti audiovisivi nella materia del diritto d’autore. La Legge Delega 19 luglio 2007 n.106 viene così pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.171 del 25 luglio 2007. Il 21 dicembre 2007 il testo del decreto legislativo è approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 1 febbraio 2008 entrando in vigore il 16 febbraio. E’ il passo più importante attuato dalla politica per regolamentare i diritti audiovisivi sportivi, garantendo una tutela giuridica agli operatori e agli organizzatori delle competizioni. Il 2007 è anche l’anno della nascita di una nuova “televisione europea” con la direttiva comunitaria 2007/65/CE61 sui servizi di media audiovisivi (SMA). Molte delle novità, introdotte dalla direttiva, derivano dalla necessità di adattare il

59 Corriere dello sport, 14 ottobre 2006 60 Commissione delle Comunità Europee, White paper on Sport, com (2007) 391, Bruxelles, 11 Luglio 2007 61 Recepita in Italia con il d.lgs. n.44 del 15 marzo 2010.

33 diritto comunitario dell’audiovisivo alle trasformazioni tecnologiche e commerciali del comparto. L’obiettivo principale dichiarato era quello di creare un “level playing field”62 tramite la costituzione di un insieme di norme coordinate sia verso i servizi di media audiovisivi, verso i servizi di radiodiffusione televisiva e verso i servizi di media audiovisiva non lineari. Tra gli esempi modificati dalla direttiva possiamo citare le norme sul diritto di cronaca e le norme cd. “antisiphoning” 63. La disciplina importata dal Decreto cambia la vita dei diritti audiovisivi e del prodotto calcio ma suscita anche numerose offensive contrarie al Decreto stesso. La prima offensiva è quella promossa da SKY Italia che denuncia una possibile contrarietà del Decreto al Trattato della CE. La seconda offensiva è mossa dall’AGCM che critica le norme di vendita dei diritti audiovisivi sportivi in particolare degli highlights del Campionato di Serie A e dei diritti pay del Campionato di Serie B.

62 In Riv. Diritto ed Economia dei Mezzi di comunicazione, anno IX, numero 1/2010, pag. 103 63 “[…] volta ad evitare il fenomeno della migrazione verso la televisione a pagamento o canali premium di programmi per lungo tempo trasmessi dalla televisione “in chiaro”, con conseguente esclusione di ampie fasce della popolazione dalla visione di avvenimenti considerati di grande rilevanza sociale”. G.GARDINI, Le regole dell’informazione, Dal cartaceo al bit, G.Giappichelli editore, Torino, pag. 208 e ss.

34 CAPITOLO 2: “CALCIO E TV, UN MATRIMONIO DI INTERESSE ?”

2.1. L’IMPORTANZA ECONOMICA DEL CALCIO

“Lo sport è parte del patrimonio di ogni uomo e di ogni donna e la sua assenza

non potrà mai essere compensata”64. Lo sport si concretizza in un fenomeno sociale ed economico che promuove gli obiettivi solidali dell’Unione Europea65. Oltre ad avere una crescente attrattività per la maggior parte dei cittadini europei, questo è portatore di valori quali la solidarietà, la correttezza e le relazioni personali. Per questi e molti altri motivi la Commissione legittima lo sport come strumento essenziale per la Comunità europea. Al di là dell’aspetto sociale le manifestazioni sportive fanno parte di un settore in rapido sviluppo con un elevato impatto macroeconomico sulla performance europea. A prova di questo, uno studio del 2006 ha portato alla luce l’importanza economica dello sport sull’economia europea. Nel 2004 infatti lo sport ha prodotto un valore aggiunto pari a 407 miliardi di euro (circa 3,7% del PIL europeo) e posti di lavoro per 15 milioni di persone (circa il 5,4% della forza lavoro)66. Con lo sviluppo di un settore ad altissimo potenziale sono emerse questioni attinenti alla relazione tra sport e mezzi di comunicazione. I Diritti tv, fonte principale di reddito per il professionismo sportivo sono stati e sono tutt’ora il propulsore per la genesi dei mezzi di comunicazione. Il calcio è la star di questo network mediale-sportivo in forte sviluppo. “L’ultima partita di calcio è stata giocata in questa città il 24 giugno 1937. Da quel preciso momento il calcio, come tutta la vasta gamma degli sport, è un genere drammatico, interpretato da un solo uomo in una cabina o da attori davanti

64 Pierre de Coubertin, fondatore dei Giochi olimpici moderni 65 Commissione Europea, Libro Bianco sullo Sport, in Rivista di diritto ed economia dello sport, Vol. III, Fasc. 2, 2007 pag.1 66 D. DIMITROV, C. HELMSTEIN, A. KLEISSNER, B. MOSER, J. SCHINDLER, Die makrookonmischen Efekte des Spots in Europa, Studie im Auftrag des Bundeskanzleramts, Sketion Sport, Wien, 2006

35 al cameraman” 67. L’Italia, come il resto dell’Europa, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale ha visto la nascita e lo sviluppo di due passioni: il calcio e la televisione. Queste due passioni con il tempo hanno incrociato le loro strade e sono diventate l’una il motore dell’altra. Compiendo un excursus sui titoli dei quotidiani dalla fine del XX secolo ai giorni nostri ci possiamo rendere conto di come il mondo calcistico sia sempre più interrelato ad un discorso economico fatto di network televisivi, sponsor, fonti di investimento e scommesse sportive. Per intendere pienamente il calcio professionistico moderno è necessaria un’accurata conoscenza della logica economica che sottende a questo settore. Molti studiosi parlano di “mutazione genetica”68 avvenuta nel calcio moderno riferendosi al recente sviluppo economico del calcio professionistico. Le prime trasformazioni si sono avvertite nel 1990 quando si è cominciato a diffondere in Italia lo spettacolo del calcio in televisione tramite l’impiego di ingenti capitali da parte di emittenti tv commerciali che investirono nelle nuove forme di pay-tv e che individuarono nel calcio il mezzo più efficace per il consumo televisivo. L’elevato utilizzo di risorse finanziarie nelle società di calcio da parte delle televisioni ha portato ad una rifondazione delle istituzioni sportive: da una parte si è attuato un processo di aziendalizzazione delle squadre, dall’altra parte si è profondamente trasformato lo spettacolo da spettacolo puramente sportivo a show business. In termini finanziari il risultato è stato un aumento del valore economico del calcio professionistico. Dal 1991 al 2011 il valore è passato da 455 milioni di euro a 1,5 miliardi69. All’interno di questo settore fortemente in crescita sono le pay-tv che hanno assunto un ruolo centrale. Basti pensare alla stagione 2012-2013 dove Sky insieme a Mediaset Premium hanno registrato una media di spettatori televisivi pari a 8,3 milioni per giornata70. Nonostante un cambiamento radicale nella struttura delle istituzioni calcistiche, la base del successo del calcio non è cambiata con il tempo ed è radicata nella capacità di generare passioni tra gli appassionati e i praticanti. Il sistema calcio è quindi divenuto l’anello di una

67 JORGE LUIS BORGES, ALFREDO BIOY CASARES, in Cronache di Bustos Domencq, Einaudi, 1975, pp. 86-89 68 N. PORRO, Sociologia del calcio, Carrocci, Roma, 2008 69 Siae, Lo spettacolo in Italia 1991 e Siae, Annuario dello spettacolo 2011 70 Dati del Centro Studi Lega Nazionale Professionisti Serie A

36 catena economica che si articola in una filiera produttiva basata su un complesso di fornitori di beni e servizi per la realizzazione degli eventi sportivi a monte e una serie di aziende che acquisiscono lo spettacolo per poi trasmetterlo in televisione a valle. Il mondo del calcio è contraddistinto da molteplici interessi e driver che lo classificano come un “prodotto perfetto” ad elevato indice di ascolto. Svolgendo un’analisi sui dati riferiti dall’anno 2006 fino ai giorni nostri, ci possiamo rendere conto di come il calcio abbia assunto un ruolo sempre più determinante all’interno dell’economia italiana e di come si sia strutturato quale driver fondamentale per lo sviluppo dell’industria della televisione. Basandoci su un’analisi Istat del 2006, già circa 17 milioni e 170 mila persone, con età superiore ai 3 anni, praticano uno o più sport71. L’aumento della pratica sportiva deriva da un aumento del tempo libero nelle società moderne e da sempre maggiori investimenti monetari in ,EONE"ARBIERI questo settore. Da subito emerge come il calcio sia uno degli sport più praticati, 4 milioni 152 milaÊÀˆ}Õ>À`œ]ʵÕ>V iʈ˜`ˆV>∜˜iÊ`ˆÊ“iÀˆÌœÊ­>ʏˆÛiœÊ>}}Ài}>̜®Ê«Õ¢Êià persone competono in questa attività. Nel biennio 2005-2006 il ‡ calcio professionisticoÃiÀiÊVœÌ>Ê`>ˆÊÀˆi«ˆœ} ˆÊ`ˆÊLˆ>˜VˆœÊ`ˆÊÃi}Ո̜ÊÀˆ«œÀÌ>̈]ʵÕ>ˆÊ«Ài`ˆÃ«œÃÌˆÊ ha prodotto ricavi per 12,6 miliardi di euro di cui la `>½œÌ̈“œÊ i˜ÌÀœÊ-ÌÕ`ˆÊ`i>Êi}>Ê >Vˆœ\ maggior parte generati dalla vendita dei diritti TV. -iÀˆiʺ»Ê

œ˜ÌœÊiVœ˜œ“ˆVœÊÉ °˜ˆÊ­>ÀÀ°® ÎäÉÈÉää ÎäÉÈÉä£ ÎäÉÈÉäÓ ÎäÉÈÉäÎ ÎäÉÈÉä{

‡Ê,ˆV>ۈÊ`>Ê}>Ài ÓäÓ £nÇ £™£ Ó£ä £nÈ ‡Ê ˆÀˆÌ̈ÊÌiiۈÈۈ x™È È£™ ÈäÓ È{È ÈÎÓ ‡ÊÌÀˆÊiÊ`ˆÛiÀÈÊÀˆV>ۈ ÓÈ£ Î{x ÎÎÎ ÎäÈ ÎÎx Ê Ê Ê Ê Ê *, £°äx™ £°£x£ £°£ÓÈ £°£ÈÓ £°£xÎ Ê Ê Ê Ê Ê Dati‡Ê œÃ̜Ê`iÊ>ۜÀœ , L.BARBIERI in Il settore del calcioÈÈä professionistico:nÈn spunti£°ä£{ per un'analisinn{72 n{x ‡Ê““°Ê`ˆÀˆÌ̈Ê>iÊ«ÀiÃÌ°Êë° ÎÈ£ {™x È{£ Îä{ Ó{n Confrontando‡Ê““°Êœ˜°Ê«°ÊiÝʏi}iÊÓnÓÉÓääÓ i bilanci dal 2000 al 2004 rileviamo,‡ all’interno‡ dei‡ ricavi,££È un peso£äÇ ‡ÊÌÀˆÊVœÃ̈ʜ«iÀ>̈ۈ {{x {™n xÓÈ x{Î x{Ó dominante dei diritti audiovisivi. Ê Ê Ê Ê Ê "* £°{ÈÈ £°nÈ£ Ó°£n£ £°n{Ç £°Ç{Ó Questo ci fa immediatamente capireÊ come il prodottoÊ calcisticoÊ stesseÊ assumendoÊ ," ‡{äÇ ‡Ç£ä ‡£°äxx ‡Ènx ‡xn™ già nei primi anni del XXI secolo unÊ ruolo competitivoÊ Êper le nuoveÊ tv. PassandoÊ ‡Ê*ÕÃ۰ɓˆ˜ÕÃ۰ʘiÌÌi {™Î x™Ó Ǚn £{Ç £nÓ al biennio 2008-2009 e 2009-2010Ê i ricaviÊ dai dirittiÊ radiotelÊ evisiviÊ sono ," nÈ ‡££n ‡ÓxÇ ‡xÎn ‡{äÇ incrementati del 3,4%, passando daÊ 999m euroÊ a 1033mÊ euro, Ê confermandoÊ la ‡ÊÌÀˆÊ«ÀœÛ°Éœ˜iÀˆÊ˜iÌ̈ ‡Î £Ó £ £Î ‡ÎÓ forte dipendenza del calcio italianoÊ dai diritti Êaudiovisivi.Ê Il passaggioÊ al biennioÊ / nÎ ‡£äÈ ‡ÓxÈ ‡xÓx ‡{Ι Ê Ê Ê Ê Ê ‡Ê“«œÃÌi ‡{n ‡ÓÇ ‡Ó{ ‡££ ‡£Î 71 Istat, La pratica sportiva in Italia, anno 2006, diffuso il 20 giugno 2007 Ê Ê Ê Ê Ê , Îx ‡£ÎÎ ‡Ónä ‡xÎÈ ‡{xÓ 72 In Analisi giuridica dell’economia, n. 2, 2005, pag. 267 e ss. Ê Ê Ê Ê Ê   \ ‡ÊÊÊ*, rÊ*Àœ`Õ∜˜iÊÊiVœ˜œ“ˆV> 37 ‡ÊÊÊ "* rÊ œÃ̈ʜ«iÀ>ÌˆÛˆÆ ‡ÊÊÊ," rÊ,i``ˆÌœÊœ«iÀ>̈ۜʏœÀ`œ

‡ÊÊÊ," Ê rÊ,i``ˆÌœÊœ«iÀ>̈ۜʘiÌ̜

‡ÊÊÊ /Ê rÊ >À˜ˆ˜}ÊLivœÀiÊÌ>ÝiÃ

rÊ,i``ˆÌœÊ˜iÌÌœÊ ‡ÊÊÊ, Ê `½iÃiÀVˆâˆœ

Ón{ 2010-2011, anno dell’entrata in vigore della legge Melandri-Gentiloni, registra invece un calo (-6%) dei ricavi dei diritti radiotelevisivi73. L’importanza del calcio è evidenziata tra il 2006 e il 2010 da una crescita del fatturato aggregato dei club delle prime divisioni dei campionati europei (Premier League, Bundesliga, Liga, Serie A, Ligue 1) del 42%. In Italia il ricavo medio per società nel 2010 era di 41.614 migliaia di euro con un’incidenza dei ricavi da sponsorship, advertising e commerciali del 22%. Per la stagione 2011-2012 i diritti televisivi mantengono il ruolo di principale fonte di ricavo della serie A, ma si riducono dal 46% dell’anno 2010-2011 al 43% (913 milioni, una riduzione del 1,9%) per l’anno 2011-2012. Questa riduzione è spiegata dal nuovo meccanismo di ripartizione più equilibrata delle risorse generate, introdotto nel 2010-11: infatti il rapporto fra i club di prima fascia e i club di media fascia si è ridotto da 19,2/1 nel 2007-2008 a 7,2/1 nella stagione 2011-2012. L’influenza del calcio professionistico sull’economia italiana è esaltata nel 2013- 2014 dall’aumento del valore della produzione aggregata in un Paese fortemente stagnante. I ricavi del calcio professionistico, pari a 2.727 milioni di euro in aumento del 1,2% rispetto all’anno precedente, hanno confermato una forte dipendenza da diritti TV e plusvalenze. I ricavi da diritti media hanno infatti sempre il maggior peso sul valore della produzione del calcio italiano (37% del totale) nonostante il calo (-2%) rispetto alla stagione precedente generato dalla flessione degli introiti dei club di serie B (scesi da 49,2 a 28,9 milioni). I ricavi generati dall’ingresso negli stadi di serie A sono scesi dal 226,7m di euro dal 2009 a 192,3m di euro per l’anno 2013-2014 con un CAGR74 (2009-2014) negativo (-4,0%) . Questo mostra una tendenza sempre più netta a preferire lo sport giocato in tv rispetto a quello praticato negli stadi. Per quanto riguarda la Serie A, si evidenziano 987 milioni di euro relativi ai ricavi da diritti radiotelevisivi di cui 136 milioni di euro (-8,9% rispetto all’anno precedente) provenienti dalle gare Uefa. Si nota inoltre un aumento del +9,6% del CAGR riferito al periodo 1998- 2014.

73 Dati Pwc 74 Tasso di crescita annuale composto, tasso di accrescimento di media durante molti anni. E’ una media geometrica dei tassi di crescita annuali: CAGR = ((Valore Finale/Valore Iniziale) (1/N)) - 1

38 Studiando il conto economico dei 54 Top Club della serie A si rimarca una crescita media annua pari al 5,7% dal 2008 al 2013 del fatturato totale, rispetto al +1,0% dell’economia europea dello stesso Paese. I diritti media sono passati da 2,8 miliardi (2008) a 5,9 miliardi (2013) con una variazione fortemente positiva. Il motore trainante dei ricavi commerciali di tutta Europa è rappresentato quindi dai diritti tv: il Manchester United per l’anno 2013-2014 ha incassato 518 milioni di euro senza portare a casa nessun trofeo. Questo ottimo risultato è stato possibile solo grazie agli introiti televisivi: l’accordo sui diritti della Premier League ha permesso un aumento del +26% del valore dei diritti tv della squadra di Manchester. L’esempio mette in mostra l’importanza del brand e della strategia di business delle grandi società di calcio europeo che riescono ad ottenere elevati introiti dalle emittenti tv e dai contratti di sponsorizzazione nonostante non conseguano ottimi risultati sul campo. L’importanza del calcio come valore di mercato è messo in evidenza dal confronto svolto dal PwC con l’economia europea: nel 2011 il PIL procapite dell’eurozona era pari a 103,7 mentre il fatturato dei 54 top division calcistiche europee era pari a 103. Nel 2013 la situazione si è ribaltata con un forte aumento esponenziale del fatturato delle migliori squadre europee (117,4) che ha superato il PIL procapite dell’eurozona (106,5).

39 2.2 DEFINIZIONE ECONOMICHE DEL CALCIO

Questa descrizione quantitativa dello sviluppo del calcio professionistico in Italia e del suo peso sull’economia moderna ci consente di fornire una definizione economica del football. Secondo Raul Caruso75 esistono due definizioni opposte: la prima descrive il calcio come un sub-settore dell’industria dello spettacolo, in particolare lo descrive come un bene di mercato; la seconda visione, considerando il contenuto del Libro Bianco sullo sport della Commissione Europea 76 , lo struttura come un bene pubblico. In questo libro si pone in evidenza il peso economico dello sport ma non vi è una chiara definizione di che cosa sia il calcio. Bisogna partire dal presupposto che il calcio abbia natura multipla configurandosi sia come bene di mercato sia come bene relazionale. Walter Neale nel 196477 ha cercato di distinguere le imprese attive nel settore dello sport rispetto a quelle operanti nei mercati tradizionali. La sostanziale caratteristica per cui le imprese sportive si differenziano dalle altre è che le prime creano un prodotto congiunto indivisibile. Tale prodotto congiunto è caratterizzato dalla presenza di almeno due concorrenti e quindi da un’interazione tra più agenti, nasce quindi dalla collaborazione di due teams che si configurano a livello economico come due imprese differenti. Una seconda differenza del fenomeno sportivo rispetto alle normali imprese capitalistiche è che l’attrattività di tale spettacolo è maggiore quanto più è elevata l’incertezza del risultato. Un’ultima caratteristica dello sport, che deriva dalle precedenti, è che non vi è alcun interesse da parte di nessuna squadra di creare una posizione monopolistica. All’interno del prodotto sportivo, la Lega svolge un ruolo fondamentale andando a organizzare le competizioni oltre che assumendo una posizione monopolistica nell’offerta dello spettacolo sportivo. Come vedremo più avanti, importante concetto all’interno di tale settore è quello di competitive balance, direttamente correlato all’incertezza del risultato che è il motore che spinge il pubblico ad interessarsi al complesso dell’ambiente sportivo. Bisogna comunque considerare il fatto che l’esistenza di tali caratteristiche in

75 RAUL CARUSO , Il calcio tra mercato, Relazioni e coercizione, in Rivista di Diritto Ed economia dello sport, Vol.IV, 2008,Fasc.1 , pag. 2 e ss. 76 Commissione Europea, Libro Bianco sullo Sport, cit. 77 W. NEALE, in Quarterly Journal of Economics, 1964, pag.2

40 seno al prodotto sportivo sono necessarie affinché si abbia la possibilità di massimizzare il tasso di profitto. In questa ottica, obbligo della Lega è mantenere vive le suddette caratteristiche intervenendo sull’offerta sportiva e cercando di mantenere viva la concorrenza all’interno del settore. Sloane78 invece si discosta parzialmente da questa visione monopolistica di Neale, affermando che nonostante la forte interdipendenza tra i clubs per la creazione del prodotto sportivo, questa non crei un monopolio. Secondo Sloane l’obiettivo della società sportiva non è unicamente quello di massimizzare il profitto ma anche: • sopravvivere • mantenere un seguito di tifosi • avere successo nelle competizioni • salvaguardare la lega di appartenenza Questa visione di Sloane ha permesso di distinguere le squadre che massimizzano i profitti e quelle che invece massimizzano il numero di vittorie79. Tale distinzione è facilmente applicabile ai campionati europei nei quali vige un sistema di promozioni e retrocessioni e quindi gli interessi delle squadre sono differenti. Un altro studio, compiuto dal N.C. Wiseman80 nel 1977, mette in evidenza come lo spettacolo calcistico offerto da una squadra ha peculiarità differenti rispetto a quello offerto dalle altre squadre, poiché la squadra considerata gioca nel proprio stadio alcune partite, ha le proprie divise, il proprio brand e così via. Wiseman osserva i fattori per i quali il bacino di utenza degli spettatori dipende dalla qualità dello spettacolo offerto rapportato al prezzo del biglietto. Lo studio si chiede quindi come mai le società di calcio, nonostante presentino perdite in chiusura di bilancio, si iscrivano ogni anno al campionato. La risposta più immediata è che le società di calcio non sono interessate unicamente e in via principale al profitto ma più che altro sono interessate alla notorietà e ai risultati sportivi.

78 P.J. SLOANE, in The Economics of professional football: The Football Club as a Utilitary Maximier, 1971, pag. 121-146 79 N.GIOCOLI, Competitive Balance in football leagues when teams have different goals, Inter. Rev. Of econ., vol 54, 2007 80 N.C. WISEMAN, The Economics of Football, in Lloyd Bank Review, 1977, 41

41 Non ci possiamo però limitare a considerare il calcio come l’industria produttrice di ricavi e interessi finanziari. Dobbiamo valutare l’impatto sociale e sulla sfera emozionale che questo genera. Il calcio è infatti uno spettacolo, facente parte delle cosiddette arti “sceniche” le quali trasmettono pathos e sensazioni: dall’attività di scout svolta dai procuratori che compiono lunghi viaggi in Paesi remoti per scovare un campione in un “campetto di fango”, fino ad arrivare ai grandi giocatori che coinvolgono milioni di spettatori tenendoli attaccati alla televisione o al seggiolino dello stadio. Questa accezione sul calcio, aggiungendo una sfumatura non solo professionistica ed economica, ci obbliga a rivedere la definizione di questo sport non solo in funzione del business che genera, del valore dei contratti TV, dell’advertising e delle sponsorizzazioni ma anche in funzione della relazione che crea. Nel corso degli ultimi anni la dimensione delle relazioni che esso crea sta ricoprendo maggiore rilievo nella sociologia. Pierpaolo Donati, filosofo e sociologo degli anni Ottanta, definisce il bene relazionale dai singoli termini che lo formano: bene e relazione. “Il termine bene viene considerato in una prospettiva sociologica: un bene è pertanto una realtà che soddisfa dei bisogni propriamente umanai, ed è buona in quanto realizza questo soddisfacimento. Secondo tale interpretazione il concetto di bene equivale a quello anglosassone di good quando viene riferito a una entità concreta che viene scambiata e raccolta tra le persone e i gruppi sociali, ma che non si identifica con una merce” 81. L’elemento fondamentale che distingue quindi i beni relazioni è la relazione stessa. Se volessimo tracciare una specificazione del bene relazionale, le caratteristiche fondamentali sarebbero le seguenti: 1. Identità: l’identità dei soggetti facenti parte della relazione permette di definire i beni relazionali mai anonimi e indipendenti dal volto dell’altro. 2. Reciprocità: questi beni possono essere percepiti solo in un rapporto di reciprocità. 3. Simultaneità: i beni relazionali si sviluppano e si consumano in maniera simultanea; quindi il bene viene co-prodotto e co-consumato nel medesimo momento dai soggetti che fanno parte della relazione.

81 R. MICELI, Cosa sono i beni relazionali?, in http://www.lastampa.it/2013/06/10/scienza/galassiamente/cosa-sono-i-beni-relazionali- JqiZXfWK4FWwzZVRsTEMCK/pagina.html , 2013

42 4. Fatto emergente: un bene relazionale nasce all’interno di una relazione, ed è per questo che può anche nascere all’interno di una semplice transazione di mercato. 5. Gratuità: il bene è relazionale se la relazione è cercata in quanto bene in sé e non è usata per altri scopi. 6. Bene: è un bene ma non è una merce poiché esso ha un valore in quanto soddisfa un bisogno, ma non ha un prezzo di mercato82. Esaminando questi elementi costitutivi ci si rende conto di come essi siano presenti anche nell’ambiente sportivo, in particolare nelle forme non professionistiche. La partita di calcetto al campetto dell’oratorio è sicuramente un bene relazionale, ma perfino alcuni atleti professionistici non sono mossi solo dalla volontà di massimizzare il profitto monetario. Da questa preliminare analisi sul calcio vengono poste in rilievo due componenti: quella commerciale (bene di mercato) e quella relazionale. Per conciliare la multipla identità del calcio moderno utilizziamo la teoria triangolare delle relazioni sociali di Kenneth Boulding83. La teoria dell’economista di Liverpool inizia da tre dimensioni che non appaiono in forma pura ed esclusiva ma possono essere combinati fra loro e permettono di definire gli avvenimenti e le strutture pubbliche o private: 1. scambio: sono le relazioni di mercato alla base delle quali vi è il concetto di prezzo. 2. Integrazione: ha un elemento di gratuità costituito da una dazione unilaterale che cattura l’identità e le motivazioni dell’individuo interessato. 3. coercizione e potere: le relazioni di potere sono contraddistinte dalla coercizione di un soggetto su un altro che ne limita e vincola le scelte possibili. Boulding rappresenta questi tre elementi sui vertici di un triangolo sociale: se un punto si troverà vicino al vertice dello scambio esso identificherà una relazione di mercato, se il punto invece si troverà in prossimità del vertice definito integrazione esso classificherà i beni relazionali, infine se il punto si troverà

82 L. BRUNI, Felicità e Beni relazionali, Milano-Bicocca Facoltà di Economia, pag. 7 83 K.BOULDING, Ecodynamics: a new theory of social evolution, Beverly Hill California, Sage Publication, 1978

43 vicino al vertice potere e coercizione è assimilabile ad una relazione di conflitto tra più individui. Utilizziamo questo triangolo per contestualizzare il calcio nella sua molteplice identità commerciale e relazionale. Nel caso di calcio non professionistico è chiaro che emergerà la sua componente relazionale, invece nella pratica professionistica l’elemento dello scambio e quindi della natura di bene di mercato sarà posto in evidenza, anche se la componente relazionale resta comunque presente e importante. Su questi dati un obiettivo di politica economica potrebbe essere quello di raggiungere un punto all’interno del triangolo in cui sia il fattore relazionale che quello di mercato sono in “equilibrio”. Infatti riducendo i rapporti di coercizione e di potere si potrebbero liberare risorse altresì indirizzate ad attività improduttive. Inoltre le attività di potere e coercizione sono un costo per l’insieme delle persone poiché creano distorsioni nell’allocazione delle risorse. Per raggiungere questo “equilibrio” è necessario che alla base del prodotto calcistico vi sia un assetto istituzionale efficiente; in primo luogo servirebbe una nuova organizzazione dei campionati. In secondo luogo bisognerebbe riconsiderare il ruolo relazionale del calcio in particolare investendo maggiori risorse nei settori dilettantistici e giovanili del calcio.

2.3 LO SVILUPPO ECONOMICO DEL CONNUBIO CALCIO- MEDIA

Lo sport e la televisione, fin dagli anni ’3084, hanno sempre avuto un rapporto interdipendente poiché il media ha permesso di sfruttare il potenziale ludico e rappresentativo del primo. Fin dagli albori, il rapporto tra tv e sport è stato sostanzialmente paritetico: il mezzo di comunicazione più diffuso nelle case è stato l’elemento di promotion sportiva; lo sport è invece il main event da trasmettere. Per questo motivo, nel corso degli anni ’80 in Europa emerge chiaramente l’importanza dello sport come attività economica. Le imprese produttrici di beni e servizi cominciano a palesare interesse verso le riprese

84 17 maggio 1939, trasmesso negli Stati Uniti in televisione per la prima volta un incontro di baseball

44 televisive, rendendosi conto che queste permettono maggiori esposizioni e maggiori ritorni d’immagine del brand e del logo rispetto alle tradizionali forme di . Questo forte rapporto tra sport e televisione dà vita ad un sistema produttivo con riflessi su molteplici settori dell’economia. Andreff-Nys85 nel 1987 aveva considerato la relazione tra televisione e sport come un insieme di settori distinti. A fronte della nostra analisi è più utile sfruttare un modello che considera la relazione tra sport e tv come un unico settore. Sulla base di tale modello i settori possono essere conglobati in due classi: nella prima sono presenti i mercati della trasmissione (pubblicitario e dei diritti televisivi); nella seconda i mercati della trasmissione sportiva (sponsorizzazioni, articoli sportivi, spettacoli, impianti, etc.). Il fine ultimo della televisione, nel momento in cui si è accorta dell’importanza dello sport come mezzo di pubblicità è divenuto quello di ottenere in esclusiva il diritto di trasmissione. In Europa degli anni ’50, a differenza degli Stati Uniti, lo sport e la televisione hanno avuto dapprima un assetto su base nazionale, costituito da un unico canale pubblico e un’unica federazione per sport in ogni Paese; tali federazioni nazionali convergono nelle organizzazioni europee come la UEFA per il calcio e l’European Broadcasting Union (EBU) per le reti tv. Le federazioni sportive, a seguito dell’incremento dell’importanza dei diritti tv, da semplici organi regolatori hanno cominciato ad assumere un ruolo più determinante nelle trattative di tali diritti e ci si è cominciato a chiedere se queste contemporaneamente potessero svolgere sia un ruolo regolatore che di soggetto commerciale privato. Già nel 1985, in molte zone dell’Europa occidentale iniziano a costituirsi le prime televisioni private che rompevano il monopolio della tv pubblica. Il primo effetto della concorrenza è stato l’aumento esponenziale dei prezzi dei diritti audiovisivi per la trasmissione degli eventi sportivi. Un secondo effetto generato dall’aumento della domanda di spettacolo sportivo da parte dei telespettatori è stata la modificazione dei regolamenti sportivi: chiari esempi sono i cambiamenti degli orari delle partite di calcio per permettere una copertura completa della programmazione tv durante l’intera settimana e il tie break nel tennis.

85 W. ANDREFF, J.F. NYS, Economie du Sport , PUF, 2002, 5a edizione

45 Agli inizi del 1990 le istituzioni europee cominciarono a percepire l’importanza delle attività commerciali generate dal mondo sportivo agonistico. La Corte di Giustizia Europea immediatamente classificò le società sportive come aziende86 e la Commissione individuò gli eventi sportivi come avvenimenti di notevole interesse tra i broadcasters87. La decisione della Commissione ha contraddistinto l’importanza dei diritti di trasmissione sugli eventi sportivi: da una parte l’attenzione dello sport volto ad aumentare l’audience, dall’altra parte l’interesse degli operatori televisivi ad ottenere e trasmettere un prodotto premium. Il problema era individuare il giusto prezzo sul quale le società, le Leghe e il diritto si sono fortemente scontrate fino ai giorni nostri. Al fine della corretta determinazione del “prezzo di equilibrio” i problemi erano due: a) la titolarità del diritto di immagine sugli eventi: la titolarità del diritto compete all’ente organizzatore se ci riferiamo agli eventi a partecipazione individuale; per quanto riguarda i campionati round robin come il calcio la titolarità poteva essere reclamata sia dalla società sportiva organizzatrice sia dall’Ente organizzatore. b) la natura del mercato nel quale le transazioni si svolgono: oltre ad esistere diverse tipologie di mercati (upstream tra gli organizzatori degli spettacoli e i broadcasters, downstream tra i media e gli utenti) esistono anche diverse nature tecniche dei diritti trattati (diritti in chiaro, diritti criptati, nuove tecnologie e così via). Mentre in gran parte d’Europa si è cercata una soluzione maggiormente razionale, in Italia sia è attuata una de-regulamentation che non ha portato ai risultati sperati. In Italia il problema di trattazione dei diritti audiovisivi è iniziato quando sono state introdotte le TV criptate e la possibilità di trasmissione in pay per view delle gare di Serie A e si prolungò come abbiamo visto nei precedenti capitoli fino alla Legge Melandri-Gentiloni. Fino agli anni ’90 infatti la modalità di trasmissione dei diritti audiovisivi sportivi presentava come unico referente la Rai; con il passare degli anni e l’ingresso delle pay-tv i diritti di trasmissione degli eventi

86 Corte di Giustizia, sentenza 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hofner 87 Commissione Europea, decisione 19 febbraio 1991

46 sportivi acquisirono un ruolo primario nei piani di finanziamento delle società sportive. Ripercorriamo brevemente la storia dei diritti audiovisivi sportivi dal 1960 ai giorni nostri: nel 1960-61, a fronte del primo accordo Rai-Lega Calcio per la differita di un tempo di una partita, il valore complessivo dei diritti tv era pari a 0,8 milioni di euro. La data che ha segnato un aumento considerevole del valore dei diritti di trasmissione è stato l’anno 2004-2005 in cui è iniziata la vendita individuale di questi. Nel biennio 2010-2012, con il ritorno alla vendita centralizzata, il valore medio annuo era pari a 939 milioni di euro. Le prospettive per il triennio 2015-18 vedono una media annua pari a 1205 milioni di euro con una distribuzione per le dirette satellite Sky equivalenti a 573 milioni e per il digitale terrestre Mediaset pari a 370 milioni88 Sostanzialmente, con il passare degli anni e il moltiplicarsi dei servizi audio, video e dati la domanda di sport delle televisioni è aumentata notevolmente. I cosiddetti nuovi media (DTT, reti cellulari, Internet) si contendono l’offerta dei programmi sportivi in aperta competizione. Gli elevati investimenti compiuti dalle emittenti tv costituiscono una posta in bilancio rilevante tra le entrate delle società sportive. Questo implica che nel settore sportivo la domanda e l’offerta sono in forte interdipendenza creando un circolo virtuoso sorretto dal peso dei mezzi di comunicazione e degli investimenti compiuti da questi ultimi. Il proliferare dei nuovi fornitori di servizi interattivi e multimediali è dipeso dallo sviluppo e dalla convergenza delle nuove tecnologie. Oggi è infatti possibile, grazie all’integrazione del contenuto televisivo con interattività one-to-one e internet, assistere ad una partita di pallone e consultare le statistiche del campionato e le caratteristiche dei giocatori partecipanti. Poiché le nuove piattaforme media hanno formato per il pubblico differenti modalità di fruizione, la competizione ruota attorno al contenuto distribuito (qualità e caratterizzazione dei programmi sportivi). “Lo sport è il linguaggio universale dell’intrattenimento”89 tenendo incollati milioni di spettatori davanti

88 Fonte Footballspa Gazzetta, http://footballspa.gazzetta.it/files/2015/07/Diritti- andamento-storico.pdf

89 R.MURDOCH, News Corporation Ltd., Annual Report, 1998

47 alla televisione. Facendo leva forza su questo assunto lo sport rappresenta un elemento chiave per il raggiungimento del successo, poiché permette di: • “confermare il proprio ruolo, rafforzando l’immagine verso gli spettatori, abbonati e sponsor; • catalizzare l’attenzione di milioni di persone, soprattutto nel caso di importanti eventi sportivi (Olimpiadi, Campionati Mondiali di calcio, ecc.); • vendere alle aziende sponsor spazi a prezzi elevati ed ad alto margine; • disporre di un “contenuto” efficace senza sostenere costi di produzione interna “. 90 L’importanza economica dello sport per le emittenti tv giustifica questo aumento della competizione tra i canali di distribuzione che si trovano a concorrere per l’ottenimento dei diritti di trasmissione sportiva. Gli alti importi impiegati per l’acquisto dei diritti tv sportivi accentrano fortemente il potere dei canali di distribuzione i quali cominciano ad avere un ruolo fortemente decisionale nella struttura delle modalità di trasmissione e nella veicolazione del prodotto. Secondo Caparini 91, “l’evoluzione dei programmi e dei contenuti mediatici ha attraversato quattro grandi fasi” 92. La prima fase è così definita monopolistica, dove tv, radio e stampa costituivano un mezzo pubblico di informazione, intrattenimento ed educazione. La fase successiva, con la nascita e la diffusione delle televisioni commerciali ha spinto la diffusione di nuove tipologie di intrattenimento e informazione. La terza fase è contraddistinta dalla forte crescita nell’offerta di programmi e contenuti grazie alla generazione del digitale terrestre. Questa fase è caratterizzata dalla circolazione dei nuovi contenuti attraverso i più recenti canali tematici. Lo sport si inserisce fortemente all’interno di queste fasi vista la forte domanda e la nascita delle nuove tecnologie di diffusione. Nella quarta fase la gravosa competizione tra i media per l’ottenimento dei diritti televisivi sportivi cambia le modalità di fruizione e le regole che caratterizzano lo spettacolo sportivo, particolarmente quelle del calcio. Ci si è mossi verso

90 P. ZAGNOLI, E. RADICCHI, Sport Marketing. Il nuovo ruolo della comunicazione, Convegno annuale “tendenze evolutive del marketing dei servizi”, MIB School of Management , 2005 , pag. 8 91 D.C. CAPARINI, Vice Presidente dal 2001 al 2006 della Camera Parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. 92 in P.ZAGNOLI, E. RADICCHI, Sport Marketing, cit., pag. 9

48 un’espansione commerciale del calcio governata dall’operare dei media. Sia gli spettatori che le società sportive sono quindi investiti dal potere competitivo dei nuovi media. Con l’imporsi dei new media ha preso piede il concetto di interattività definita come la facoltà di partecipare in maniera attiva sia alle funzioni del canale televisivo sia all’evento trasmesso. “L’introduzione del replay come elemento di arricchimento dello spettacolo sportivo e della moviola come strumento di critica e di indagine, ha prodotto una situazione in cui il medium televisivo ha assunto progressivamente il ruolo di protagonista in merito ad episodi controversi” 93 . Le novità come la moviola, il replay oltre ad un miglioramento complessivo della tecnologia ha permesso al pubblico spettatore di fruire l’evento attraverso molteplici punti di vista. Numerosi sono quindi gli aspetti positivi delle nuove forme di trasmissione televisiva, tuttavia il progresso tecnologico secondo molti fa perdere l’aspetto eccitante della partita creando una sorta di frammentazione dell’esperienza sportiva. Un ulteriore esempio è il più volte ripetuto “spezzettamento” del calendario sportivo da parte delle emittenti televisive. La volontà di offrire un’offerta più vasta all’audience e la necessità di promuovere i diritti audiovisivi acquistati a caro prezzo hanno comportato una modifica del calendario agonistico da parte delle reti tv. Il settore dei media si ha assistito ad una profonda evoluzione tecnologica che lo ha portato a diventare in questi anni a sviluppare una tendenza “bundle” tra internet, la televisione e le chiamate. Grazie alla banda larga e al protocollo TCP/IP il tradizionale ruolo delle televisioni verrà affiancato da servizi over the top (quali Netflix) e da provider internet. Il caso British Telecom, che ha reso attivi alcuni canali sportivi e ha partecipato all’asta per assicurarsi i diritti della UEFA Champions League e dell’Europa League, spiega l’importanza che gli operatori internet e voce stanno acquisendo nel settore televisivo. Dal lato dell’offerta di contenuti, la maggiore concorrenza che si è venuta a creare ha portato ad una modifica delle strategie di business delle emittenti tv con l’inserimento di nuove modalità di differenziazione e innovazione escludendo i concorrenti tramite l’acquisto in esclusiva di contenuti premium sportivi. A differenza degli altri contenuti offerti in televisione, gli eventi sportivi premium

93 P. RUSSO, Sport e società , Carrocci, 2004

49 coinvolgono un target di consumatori con un potere d’acquisto superiore alla media e ciò comporta una potenziale vendita degli slot pubblicitari a prezzi superiori alla media. Inoltre il calcio oltre che audience elevate richiamano audience omogenee che garantiscono investimenti pubblicitari più elevati. Di nuovo , trasmettere gli eventi sportivi più importanti consente alle emittenti televisive di creare una brand image specifica e distintiva, andando a creare una correlazione tra il numero degli abbonati alle pay-tv e la presenza di eventi sportivi premium. Esempio da utilizzare per motivare questa tesi è quello della Germana quando la pay-tv Premiere non si è aggiudicata i diritti audiovisivi per trasmettere le dirette della Bundesliga, andando a perdere circa il 42% del suo valore di mercato e gran parte degli abbonati 94. Il binomio sport-media ha lunga data e la componente spettacolare, rappresentata dallo sport, non costituisce solo un contenuto premium per la televisione, ma è fortemente influenzata da quest’ultima. Le relazioni e i conflitti vigenti tra le emittenti tv in chiaro e quelle criptate hanno creato dei legami ancora più forti e solidi tra le imprese sportive, le emittenti tv e le imprese sponsorizzatrici, andando a modificare le abitudini degli spettatori sportivi (una riduzione della partecipazione attiva allo stadio) e incrementando il prezzo dei diritti televisivi sportivi. Per quanto concerne la prima conseguenza abbiamo evidenziato tramite l’analisi della Pwc e della Deloitte come con l’inserimento nel mercato televisivo delle pay-tv si sono modificati i comportamenti di fruizione delle partite di calcio da parte dei tifosi e degli appassionati. La televisione ha assunto un ruolo leader non solo nelle riprese negli stadi, ma anche nell’organizzazione di questi ultimi; basti pensare alla disposizione degli sponsor, ai tabelloni indicanti il punteggio, alle sale vip dove gli ospiti possono partecipare alla partita in campo ma anche vedere simultaneamente questa riprodotta sui dispositivi multimediali. In riferimento all’aumento dei prezzi medi dei diritti televisivi, è chiara la dipendenza dei bilanci delle team delle Top Division dagli introiti generati dalle pay-tv. Le modalità decisionali delle televisioni è basata su un principio puramente economico: al blasone di una squadra corrisponde un’elevata

94 ASSER INSTITUTE, Study on sports organisers’ rights in the European Union, Amsterdam, 2014, 63, nota 296

50 attrattività da parte del pubblico spettatore che provoca simultaneamente un aumento del prezzo per i diritti tv andando a formare un circolo vizioso. A loro volta il brand, il logo, la storia della squadra, associati ad un’emittente tv forniscono grande richiamo per gli sponsor e quindi è interesse delle società sportive far parte di un’emittente conosciuta e solida finanziariamente. Frequentemente le squadre di calcio compiono campagne di calciomercato non propriamente oculate, acquistando giocatori ad alto appeal, a fronte di un esborso monetario molto elevato, per aumentare la visibilità del team e quindi essere più appetibile per le emittenti tv. Questo crea deficit di settore andando ad ampliare il gap fra le società più grandi e quelle più piccole che spesso rimangono emarginate dal circolo miliardario creato dalle emittenti tv. Da questo quadro appena esposto, lo squilibrio di capitale umano e introiti monetari fra i diversi team rischia di minare la colonna portante del successo dello sport più praticato in Europa: l’incertezza del risultato. Nel campionato 2013/2014 la Juventus, con 17 punti di vantaggio sulla Roma, si è aggiudicata il campionato di Serie A con un monte ingaggi pari a 115 milioni di euro. Il Bologna, poi retrocesso in Serie B, si è classificato penultimo con un monte ingaggi pari a 29,6 milioni di euro. Questa breve specificazione ci fa comprendere come la performance agonistica è in gran parte in funzione della quantità di denaro utilizzata per acquisire i calciatori e dal valore degli stipendi. Per i principali Top team della massimo campionato italiano si forma quindi un circolo vizioso dove in presenza di Giocatori migliori è associata una successione temporale di vittorie e risultati sportivi; a sua volta quest’ultima comporta una maggiore quota nella ripartizione dei diritti tv, una più alta attrattività per gli sponsor e un aumento degli incassi generati dal botteghino. Sostanzialmente le società di calcio si stanno avvicinando alle società di intrattenimento quali le principali major del cinema. Per assicurarsi i talenti, per sviluppare e produrre eventi e manifestazioni sportive, il business è divenuto contemporaneamente capital intensive95 e rischioso perché spesso il successo di

95 Processo di business o industria che richiede un elevato ammontare di risorse finanziarie per produrre un bene o un servizio. http://www.investopedia.com/terms/c/capitalintensive.asp

51 un singolo match è fine a se stesso tant’è che molte società mostrano bilanci in pessime condizioni con reali possibilità di fallimento ( basti pensare al caso Parma dell’anno corrente). Tra le innovazioni tecnologiche che hanno investito il settore dei media, certamente la televisioni digitale96 rappresenta il canale di comunicazione più importante per i tifosi e gli spettatori di una squadra di calcio, poiché essa permette di decidere in piena autonomia il contenuto, come fruire questo e in che momento della giornata. La società sportiva si conferma impresa creatrice di contenuto tramite i recenti canali mediatici. Essa non offre più unicamente il match, ma vere e proprie programmazioni televisive che possono spaziare da interviste, filmati esclusivi, documentari sugli atleti e sulla società (ad esempio Roma Tv e Lazio Style Channel 97). Analizzando i conti economici aggregati delle società di Serie A, possiamo notare come la forte interdipendenza tra televisioni e calcio giocato non rappresenti solo una fonte di potenziale successo per le imprese sportive, ma anche un limite per lo sviluppo del settore. Si nota facilmente come i ricavi dipendano fortemente dai proventi ottenuti tramite la vendita dei diritti tv. Compiendo un confronto tra i maggiori campionati europei (Inghilterra, Francia, Germania e Spagna) il campionato di Serie A ha l’incidenza percentuale più elevata sui ricavi dei diritti media (56,8%). Ciò provoca un più forte legame del calcio professionistico con i due network leader della televisione a pagamento italiana. In relazione a questo fattore, la maggior parte dei teams di Serie A raggiungono un valore medio dei ricavi da partecipazione attiva allo stadio minore rispetto agli altri campionati europei (cd. “fuga dagli stadi”). Soffermandoci sull’anno 2011-2012, sul podio

96 “[…]Televisione rappresentata in forma digitale ovvero che fa uso di tecniche di trasmissione digitale per la trasmissione dei relativi segnali informativi audio, video e dati da parte delle emittenti televisive”. https://it.wikipedia.org/wiki/Televisione_digitale

97 “Lazio Style Channel è un canale televisivo tematico dedicato alla squadra di calcio italiana Lazio, nonché a tutta la Polisportiva biancoceleste”. https://it.wikipedia.org/wiki/Lazio_Style_Channel “Roma TV è un canale televisivo tematico interamente dedicato alla squadra di calcio italiana Roma in onda sulla piattaforma televisiva Sky al canale 231”. https://it.wikipedia.org/wiki/Roma_TV

52 delle società sportive con maggior livelli di pubblico dal vivo troviamo le società tedesche, al secondo posto le squadre della Premier League con 16,2 milioni di spettatori. .Nell’appena conclusa stagione 2014-2015, la Serie A ha archiviato una stagione nera per quanto riguarda le presenze negli stadi. Su 380 partite disputate, 8.387.432 spettatori hanno partecipato live alle partite giocate con una media di 22.072 a partita (rispetto ai 23.011 della stagione 2013-2014)98. Anche relativamente allo sviluppo delll’attività di sfruttamento del brand tramite attività di merchandising, sponsorship e partnership commerciali, l’Italia risulta essere in una posizione svantaggiata rispetto agli altri campionati. Da una parte quindi :stadi sempre più vuoti, partite non più spettacolari, presidenti sempre più in disaccordo, valore commerciale delle squadre italiane in forte calo; dall’altra parte la voce dei diritti tv che sostiene il calcio italiano ai vertici europei fanno pensare che l’attrattività del brand Serie A e il potere delle televisioni italiane siano i due elementi su cui deve poggiare e deve ripartire il sistema calcio.

98 G.CAPUANO, Serie A 2014-2015 stadi sempre vuoti: tutti i numeri e le statistiche, Panorama.it , 4 giugno 2015

53

CAPITOLO 3: IL DECRETO MELANDRI-GENTILONI

3.1 SVILUPPO, RATIO E CARATTERISTICHE DEL DECRETO

Dal 1999 al 2009 i diritti di trasmissione audiovisiva in forma criptata e i diritti televisivi per l’estero erano negoziati in modalità individuale dalle singole società sportive calcistiche secondo la legge n.78/199999. Alla Lega Calcio spettava una ridotta percentuale delle entrate relativa alla ripartizione a base mutualistica fissata dalla Lega stessa. Come analizzato nel primo capitolo, il Decreto Melandri-Gentiloni si sviluppa in un clima instabile e burrascoso di definizione della disciplina di vendita dei diritti audiovisivi, con la finalità di assicurare il competitive balance tra le società e ridurre la disparità tra le società più e meno potenti. Secondo la Relazione del governo sul disegno di Legge in data 27/7/2006 la modalità di vendita individuale aveva avvantaggiato principalmente le società di calcio più note garantendogli profitti molto elevati. Questo aveva creato una forte sperequazione tra i diversi club affiliati ai campionati italiani. L’indagine conoscitiva nel settore del calcio professionistico del 2006 dell’AGCM aveva messo in discussione i contratti sottoscritti da Juventus, Inter e Milan per le stagioni 2006/2007 e 2007/2008. Le tre società aveva ceduto i propri diritti rispettivamente per 90, 70 e 80 milioni a stagione. Confrontando questi dati con quelli del (5,5 milioni), dell’Ascoli (5,6 milioni) e del Livorno (5,8 milioni) si rimarca un’esponenziale differenziale tra i Top Team e quelli medio-bassi. Il differenziale economico era correlato anche ai risultati sportivi, basti vedere i successi del FC Internazionale campione d’Italia per 5 anni di fila (2006-2010), comportando quindi una riduzione dell’attrattività del campionato italiano e dell’incertezza del risultato. Mosso dalle motivazioni dell’AGCM e dal fatto che circa il 40% del budget dei club dipendono dai ricavi di trasmissione televisiva, la legge delega n. 106 del 19 luglio 2007 e il decreto n. 9/2008 istituirono nuovamente la vendita in forma

99 C.d. “Legge Vita” ; Conversione in legge, con modificazioni del DL. 30/01/1999 n.15, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell’emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo.

54 centralizzata per i campionati di calcio e per gli altri tornei professionistici a livello nazionale. Si tratta di un “ritorno all’antico” 100 attuato dal Legislatore per trovare un compromesso tra lo sport definito attraverso il suo valore sociale e lo sport definito attraverso la sua accezione economica. La vendita centralizzata dei diritti promuove da un lato l’equilibrio competitivo tra i club e dall’altro la regolamentazione del mercato affinché il gioco rientri nei limiti della concorrenza. Tuttavia il Decreto presenta dei profili-anticoncorrenziali quali: 1. La finalità del legislatore: l’articolo 1 comma 1 101 afferma come la finalità della legge delega sia quella di “garantire l’equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive”. Differentemente rispetto ad ogni altro mercato, la presenza della collaborazione tra i diversi club è la condicio sine qua non per l’esistenza di un campionato attraente. Il sopracitato equilibrio competitivo è ottenibile, secondo il Decreto, attraverso due strumenti: prima ripartendo equamente il ricavato tra i vari club, poi aumentando i ricavi complessivi. “Al fine di regolamentare la ripartizione delle risorse, non è certo necessario disciplinare le modalità di ottenimento delle stesse, essendo bastevole semplicemente il quantum della contribuzione di ogni club al fondo comune. […] Un’equa distribuzione delle risorse può esser assicurata a prescindere dal modello di cessione dei diritti, sia esso la titolarità individuale, la titolarità collettiva o un joint selling agreement. E’ come se il legislatore fiscale, al fine di garantire l’efficacia dell’elemento ridistribuivo proprio al sistema, non si limitasse alla modulazione della contribuzione fiscale del singolo contribuente, ma imponesse dei limiti alla capacità di reddito dello stesso”102. Con riferimento all’aumento dei ricavi complessivi esso si distacca fortemente dal criterio del benessere del consumatore. Questo obiettivo, pur non esplicitamente indicato in alcun atto legislativo, deriva da una lettura approfondita del Decreto. Possiamo correlare l’aumento delle risorse per il

100 A. GIANNACCARI, Calcio, diritti collettivi e ritorno all’antico. Storia a lieto fine? ,in Merc. Conc. Reg., vol. VIII, n.3, 2006, pag.487 101 Legge 19 luglio 2007, n.106 102 J.FIGUS DIAZ e V.FORTI, La disciplina antitrust della uova legislazione sui diritti di trasmissione: quid novi sub sole?, Rivista di diritto ed economia dello sport, Vol. IV, Fasc. 2 , 2008 pag. 30

55 calcio ad un aumento del prezzo di cessione dei diritti. Tale incremento non è interamente accollabile al gestore acquirente, ma quest’ultimo per trasferire parte dell’onere al consumatore aumenta il prezzo dell’abbonamento. All’aumento del valore e del prezzo dei diritti audiovisivi sportivi, secondo alcune teorie, è affiliata un’accezione negativa e quindi non è immune da critiche.

2. La nozione di titolarità collettiva: il nuovo Decreto, tramite il modello di cessione collettiva, crea un cartello immune dal diritto concorrenziale. In base al Decreto l’organizzatore della competizione e quelli degli eventi sono contitolari dei diritti audiovisivi, ma l’esercizio è accordato in via esclusiva all’organizzatore della competizione. Questa concessione crea un cartello immune dal controllo antitrust103.

3. L’utilizzo dello strumento regolatore: la regolamentazione concorrenziale e il diritto della concorrenza operano con meccanismi opposti, il primo agendo ex ante sul mercato, il secondo invece agendo ex post. Nel mercato dei diritti audiovisivi questa differenza sta pian piano scomparendo. L’impiego posteriore delle norme concorrenziali dovrebbe essere prediletto rispetto ad un intervento legislativo preventivo, poiché “le limitazioni imposte dall’applicazione delle prime incidono esclusivamente sull’attività di impresa che si caratterizza per la sua antigiuridicità, non interessando, viceversa, l’attività economica giuridicamente legittima”104. In un mercato fortemente connotato da innovazioni tecnologiche la rigidità della valutazione concorrenziale potrebbe essere nociva. Per esempio le regole del Decreto derivano da decisioni comunitarie appartenenti un arco temporale ampio105 e quindi potrebbero non essere coerenti tra loro.

103 Le norme concorrenziale previste agli artt. 81 e 82 TCE sono destinati alle imprese e non agli Stati membri i quali possono emanare atti che possono avere risultati anti- concorrenziali. 104 J.FIGUS DIAZ e V.FORTI, La disciplina antitrust della uova legislazione sui diritti di trasmissione: quid novi sub sole?, cit. 105 La decisione Uefa del 2003, la decisione Bundesliga del 2005 e la decisione della Premier League del 2006.

56 La “filosofia” che sottende al Decreto, secondo Zeno-Zencovich106 è quella di aumentare l’incidenza dei controlli dello Stato sul “traffico” dei diritti televisivi. Infatti con una sola legge lo Stato è riuscito a controllare il settore del calcio e quello televisivo, settori importanti dell’economia italiana. L’ulteriore critica mossa dall’autore è al richiamo alla tutela costituzionale e comunitaria dello sport da parte del Decreto Melandri-Gentiloni. Il D.Lgs. 9/08 infatti si rifà maggiormente all’art. 2 della Costituzione107 piuttosto che all’articolo 32 della Costituzione 108. La disciplina dei diritti audiovisivi sportivi è sviluppata intorno allo spettacolo, a cui assistono milioni di telespettatori, prodotto da giocatori professionistici retribuiti con altissimi stipendi. L’affidamento agli art. 2 e 32 della Costituzione risulta quindi paradossale e abbastanza relativo poiché per assurdo richiederebbe che la salutare attività compiuta dai miliardari giocatori si trasferisse attraverso il televisore ai telespettatori. Il Consigliere d’amministrazione del A.C. Milan Cantamessa nel 2008, in relazione ad incerta compatibilità del Decreto con il diritto costituzionale, ha così affermato: “è ricca di norme in contrasto con la Costituzione e ha in buona parte confuso le acque”109. La critica è rivolta alla contitolarità e alla pratica dei diritti tv prevista dal Decreto poiché secondo Cantamessa implicherebbe una riduzione di libertà di iniziativa economica, prevista all’art.41110 della Costituzione, dei soggetti partecipanti alla competizione sportiva. Tuttavia in base ai comma due e tre dello stesso articolo, che premettono i principi del “ruolo sociale” 111 e

106 V.ZENO-ZENCHOVICH, La statalizzazione dei “Diritti Televisivi Sportivi”, Il diritto dell’informazione e dell’informativa, Anno XXIV Fasc. 6, 2008 107 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, così la Costituzione della Repubblica italiana.

108 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. 109 Gazzetta dello Sport 1° agosto 2008 110 “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. 111 Così definito dalla Commissione Europea nel Libro bianco dello sport, cit.

57 dell’utilità alla protezione degli interessi economici privati, si rifiuta la presunta incostituzionalità. A conclusione di questa incertezza si è pronunciato il Legislatore, dopo un’attenta “Analisi tecnico-normativa”, affermando che la commercializzazione dei diritti audiovisivi in forma centralizzata non comporta un conflitto con l’articolo 41 della Costituzione se è mantenuto e rispettato il concetto di “utilità sociale”. Tale concetto è inglobato e connesso a quello della solidarietà112 e giustifica quindi la modalità di vendita in forma centralizzata dei diritti. La prassi di commercializzazione collettiva dei diritti audiovisivi da una parte deriva dal fatto che i team partecipanti ad una competizione calcistica non possono essere considerate come imprese tipiche presenti sul mercato, sia perché le squadre devono “cooperare” per rendere la partita di calcio più attrattiva, sia perché la partita è interessante solo quando è in gioco qualcosa. Dall’altra parte, la vendita in modalità centralizzata permette una giusta ripartizione delle risorse tra l’ente organizzatore e i soggetti partecipanti garantendo l’equilibrio competitivo. La ratio del Decreto è basata sull’equa ripartizione delle risorse per agevolare le squadre con un minore bacino d’utenza, garantendo ad esse una maggiore percentuale di ricavi rispetto a quella garantita dalla commercializzazione individuale.

112 Individuato dal Consiglio Europeo di Nizza il 7-9 dicembre 2000 nella “Dichiarazione relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa che devono essere prese in considerazione nelle politiche comuni”, Allegato IV, cfr. Corte di Giustizia, sentenza 11 aprile 2000, cause riunite C 51/96 e C 191/97, in RACC., I, 2549

58 3.2. IL MERCATO DI RIFERIMENTO

Il D.Lgs. 9/2008 si è sviluppato intorno ad un ulteriore problema: definire il concetto di mercato rilevante. Secondo la Commissione europea, pronunciatasi il 9 dicembre 1997, per mercato rilevante si intendono: “tutti i prodotti o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati”113. La questione da risolvere era individuare quali prodotti/servizi sono scambiati nel medesimo mercato e qual è il loro rapporto di sostituibilità. I prodotti scambiati nel mercato in questione sono gli sport media rights e quindi la programmazione sportiva è derivante dallo sfruttamento di questi diritti. L’AGCM spesso ha puntualizzato la distinzione tra mercato dei diritti e dei programmi televisivi generici e mercato dei diritti e programmi sportivi, affermando che questi ultimi: “[…] riescono a generare livelli di audience elevati, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo […]. La disponibilità dei diritti relativi a eventi sportivi caratterizzati da elevata popolarità risulta poi di particolare importanza per un’emittente commerciale che si affacci sui mercati televisivi e voglia assicurarsi la possibilità di attrarre investimenti elevati.” 114 I programmi a contenuto calcistico in particolare presentano un elevato livello di attrattività poiché permettono di ottenere, oltre che un elevato livello di audience, anche flussi monetari considerevoli tramite le funzioni commerciali (product placement, spot pubblicitari, etc.) che sono in grado di sviluppare. Questo crea una connotazione distintiva dei programmi di calcio rispetto agli altri programmi sportivi televisivi rendendo i primi, nella maggior parte dei casi, non sostituibili con i secondi. Nel cluster dei “programmi sportivi” si attua quindi un’ulteriore distinzione: i programmi sportivi generici e quelli ad elevato indice di audience come il calcio. Il Decreto in questione definisce premium e quindi programmi ad elevata audience esclusivamente le partite facenti parte del Campionato di calcio di Serie A. Tuttavia ciò che acquisisce maggiore valore non è la singola partita ma il

113 Gazzetta Ufficiale, C372, 9 dicembre 1997 114 ACGM, I299, provvedimento n. 6633, RAI- Cecchi Gori Communications, in Boll. Uff. 49/98, par. 5

59 complesso delle partite giocate: “[…] il valore economico del diritto di trasmettere un insieme di partite risulta essere superiore alla somma dei valori dei diritti sulle singole partite che compongono l’insieme”115. In relazione ad altri sport minori, con livelli di audience minori e maggiore sostituibilità, la commercializzazione dei relativi diritti non appartiene allo stesso mercato di riferimento anzi non crea un vero e proprio mercato dei diritti audiovisivi. Ciò che si evince da quanto detto è che l’unica modalità per individuare il mercato di riferimento è conoscere il grado di sostituibilità del prodotto offerto e più un prodotto è premium e quindi ad alto valore economico, più questo risulta essere meno sostituibile. La regola generale è: gli sport non sono sostituibili tra loro e inoltre è differente per ciascuna tipologia di sport il grado di attrattività da parte dell’audience. A valle del mercato dei programmi televisivi sportivi si articola il mercato della tv distinto in mercato pay e mercato della televisione free-to-air. Il mercato della pay-tv rappresenta un mercato diverso rispetto a quello della televisione gratuita, per questo motivo all’interno del sistema delle due tipologie di televisioni si configurano a loro volta due tipologie di concorrenza differenti. Il free-to- air market è definito mercato a due versanti: • nel primo versante le imprese tv entrano in contatto con il target dei consumatori proponendo content televisivo come informazioni, intrattenimento e così via; • nel secondo versante le imprese tv vendono gli spazi pubblicitari agli inserzionisti che hanno l’obiettivo di promuovere i propri prodotti o servizi presso i consumers. I gruppi televisivi quindi si posizionano come intermediari mettendo in contatto gli inserzionisti pubblicitari con i consumatori. Sia il mercato dei programmi sportivi che quello della televisione in generale sono ambedue distinguibili anche grazie alla distinzione tra il criterio geografico e quello merceologico. Per il criterio geografico è valido il medesimo concetto: sia i

115 Commissione Europea, caso “COMP/C.2-37.398- Vendita congiunta dei diritti della Uefa Champions League”, decisione 23 luglio 2003, 2003/778/CE, in GUCE n. L291 dell’ 8 novembre 2003.

60 programmi sportivi che il resto dei programmi televisivi sono inquadrati nel “territorio nazionale” vuoi per le differenze delle culture, vuoi per la connotazione nazionale delle manifestazioni, che per l’attività di squadre e giocatori nazionali. Tuttavia molto spesso “i programmi sportivi, in modo specifico, fanno venir meno il paradigma della dimensione strettamente nazionale del mercato delle trasmissioni televisive, essendo molto adatti alla trasmissione transfrontaliera […]116”.

3.3. DEFINIZIONI UTILIZZATE DAL LEGISLATORE

Un ulteriore fattore su cui bisogna porre attenzione, per inquadrare bene la ratio del Decreto, è quello delle definizioni del legislatore per definire alcuni termini fondamentali del mercato dei diritti audiovisivi. Il primo elemento che individuiamo è quello riferito ai soggetti sportivi. In particolare “l’organizzatore della competizione” è riconosciuto nella figura della Lega, ossia l’associazione a cui sono collegate le società sportive. La Lega agisce su specifica delega della federazione competente che deve garantire le “le regole di gioco”. In particolare la Lega calcio struttura il calendario delle competizioni, fissa le regole per il recupero delle partite interrotte o annullate, accorda il permesso alle società di calcio di organizzare match amichevoli ed è responsabile del regolare svolgimento delle attività agonistiche. Differente “dall’organizzatore della competizione” è “l’organizzatore dell’evento” cioè la società sportiva la quale è responsabile dell’organizzazione della partita nell’impianto sportivo da essa utilizzato. In riferimento al settore audiovisivo, il Legislatore ha utilizzato definizioni tipiche del settore per circoscrivere i poteri dell’organizzatore della competizione rispetto a quello dell’evento. Al club è proibito valersi dei diritti di natura primaria (cd. “diritti di prima messa in onda” ossia dirette e prima differita) e la “prima trasmissione in assoluto delle immagini salienti”. La distinzione tra i diritti di

116 MANGIONE, Mercato rilevante televisione, cessione in eslcusiva e diritti sportivi, AIDA, 1996, pag. 751

61 natura primaria e quelli di natura secondaria, prevista all’art. 1 comma 3 della legge delega, individua rispettivamente da una parte i prodotti audiovisivi principali, attribuiti in esclusiva all’organizzatore della competizione, dall’altra parte i prodotti di secondo livello utilizzati in modalità distinta e parallela tra l’organizzatore della competizione e quello degli eventi. Il decreto invece non distingue tra mercato in chiaro e mercato a pagamento, ma si riferisce solamente alla tempistica della messa in onda: gli highlights in chiaro tramite connessione internet devono essere considerati prodotti primari. Fino a poco tempo fa, “la diretta tv”117 necessitava della coincidenza temporale tra l’evento sportivo e la ripresa televisiva oltre che tra l’emissione e la ricezione da parte del consumatore. Oggi invece spesso l’emissione e la ricezione non hanno coincidenza temporale: con l’utilizzo di un hard-disk in un apparecchio di ripresa delle immagini si può memorizzare l’evento sportivo e visualizzare questo con un leggero ritardo. La definizione di “diritti audiovisivi sportivi” è tratta dal diritto d’autore: all’artt. 78-ter e 79 Lda118 si uniscono in un unico contesto tutti i diritti sul diritto d’autore riguardanti l’assegnazione di immagini audiovisive al produttore e all’emittente. I suddetti articoli riguardano sia la disciplina dei diritti di produzione e opere audiovisive che i diritti di emissione televisiva. La Legge Delega, affinché i diritti audiovisivi sportivi rientrassero nell’ordinamento dei diritti di trasmissione, si rifaceva solamente ai due articoli appena citati. Il termine “diritto televisivo”, a differenza del periodo in cui era in vigore la legge 78/99119, non è più utilizzato vista l’abbondanza dei mezzi di comunicazione presenti sul mercato per la trasmissione di eventi sportivi. Il termine televisivo è stato quindi sostituito con audiovisivo andando a costituire il “diritto audiovisivo sportivo”. La definizione di diritto audiovisivo sportivo, risultante dalla somma dell’art. 78-ter e 79 Lda, tiene conto di elementi esclusivi del settore televisivo:

117 “ […] evento televisivo che ripropone al telespettatore l’evento agonistico-sportivo che in tempo reale si sta svolgendo sul terreno di gioco”, E.MORELLI, I diritti audiovisivi sportivi, cit., pag. 355 118 Legge 633/41, cit. 119 C.d. “Legge vita”, cit.

62 − il diritto di sfruttamento pubblicitario che consiste nei diritti di utilizzare le immagini dell’evento per fini promozionali e pubblicitari. Questi diritti, rientrando nel cd. “diritto ancillare”, sono il termine di riferimento per le emittenti televisive e per i fornitori di contenuto mediale i quali attraverso lo strumento pubblicitario ottengono risorse necessarie alla attività. Il valore degli spazi pubblicitari messi in vendita dalle emittenti televisivi è tanto più elevato quanto più lo è il numero dei “contatti” che si concretizzano. Maggiore è il numero dei contatti, maggiore è il livello di audience. Il Legislatore, dopo averlo codificato, ha assegnato all’organizzatore della competizione il “diritto ancillare”. − il diritto di sfruttamento dell’evento sportivo con la finalità di gioco e scommessa. Per la prima volta è disciplinata, con un complesso di regole autonome, l’associazione delle immagini a giochi e scommesse. L’organizzatore della competizione permette all’assegnatario dei diritti da un lato di predisporre all’interno delle trasmissioni degli eventi sportivi giochi a premio, quiz e altro, dall’altro lato di sfruttare le riprese degli eventi per gestire pratiche di scommesse durante le trasmissioni. − il cd. “diritto di archivio”, sfaccettatura del “diritto di riproduzione delle fissazioni” delle immagini secondo l’art. 79 Ida. Si definisce diritto di archivio, secondo la relazione illustrativa del Decreto, l’archiviazione delle immagini dell’evento per costituire una banca dati da modificare, trasmettere e utilizzare a partire dalla mezzanotte dell’ottavo giorno successivo all’evento 120 . Nel termine di questi otto giorni il diritto audiovisivo sportivo è utilizzato sia dall’organizzatore della competizione sia da quello dell’evento. Anche all’interno del diritto di archivio il Legislatore ha distinto i “diritti di natura primaria” negoziati unicamente dall’organizzatore della competizione al quale spettano i ricavi della vendita e i “diritti audiovisivi di natura secondaria” che possono essere

120 Durante la presentazione del disegno della Legge Delega del 21 luglio 2006 vi era la convinzione che il Legislatore potesse fissare le 48 ore come termine per la nascita del diritto di archivio.

63 commercializzati da entrambi di cui i ricavi sono attribuiti in alcune circostanze all’organizzatore dell’evento. Per differenziare i diritti di natura primaria e secondaria il Legislatore ha utilizzato il criterio temporale tramite la descrizione di finestre temporali simili a quelle del cinema:

MODALITA’ DI SFRUTTAMENTO FINESTRA DELL’EVENTO TEMPORALE (dalla conclusione dell’evento) Trasmissione in diretta dell’evento

Utilizzazione highlights (non esclusiva Circa 5 ore (dopo le 22:30 a livello nazionale e in chiaro) della domenica)

trasmissione integrale e in differita Circa 6 ore dell’evento sul canale tematico satellitare e sul web Trasmissione integrale in differita Dopo 24 ore( lunedì dell’evento a livello locale successivo)

Esercizio del diritto di cronaca 48 ore Utilizzazione dell’archivio Ottavo giorno (E.MORELLI, Diritti audiovisivi sportivi, cit., pag.390)

Alla base della scelta del Legislatore è la tesi secondo cui passati otto giorni dalla cessazione dell’evento le immagini di questo perdano i connotati di attualità tipiche del diritto di cronaca. Alcune tesi dottrinali hanno osservato una inesattezza tra la contitolarità e la titolarità piena nei confronti della singola squadra dopo che sono trascorsi otto giorni. I dubbi su questa possibile conflittualità non sono del tutti

64 inesatti, tuttavia vanno confutati con lo sviluppo storico del diritto d’archivio, il quale si è formato quando i club si sono resi conto del potenziale economico delle immagini sportive. Lo “spettacolo sportivo” si produce ogni volta che è ripreso e poi trasmesso. In quel momento le immagini acquisiscono valore diventando assets della società di calcio che a sua volta forma una libreria con una specifica quotazione inserita tra le attività del bilancio. Il Decreto, per evitare la costituzione di un business parallelo a questo, ha espressamente affidato tali diritti al singolo club.

Importante argomento affrontato dal Legislatore è anche la differenza tra cessione e licenza dei diritti audiovisivi sportivi. Definiamo “contratto di licenza” quel contratto “avente ad oggetto la licenza a termine, all’operatore della comunicazione o all’intermediario indipendente, dei diritti audiovisivi relativi agli eventi della competizione”121. Alcuni studiosi hanno affermato che in presenza di diritti audiovisivi sportivi vi fosse soltanto una cessione: infatti la licenza riconoscerebbe il godimento di un bene immateriale che non si configurerebbe nella partita di calcio. Il bene immateriale giusto appunto implicherebbe una creazione intellettuale come per le opere dell’ingegno e per il marchio d’impresa. La partita, per converso, non presuppone nessuna creazione intellettuale, ergo ogni volta che l’organizzatore dello spettacolo cede il prodotto “partita” lo fa in via definitiva. Secondo questa teoria, quindi, senza una specifica norma non si potrebbe parlare di licenza ma giustappunto di vendita. Contraria a questa tesi vi era l’opinione che non riteneva possibile un trasferimento di un bene come la partita ma considerava possibile la licenza di un diritto di trasmissione. La scelta del Legislatore è caduta sulla seconda ipotesi, prevedendo che “il godimento del diritto di sfruttamento economico (l’esercizio dei diritti) fosse disgiunto dalla sua titolarità, in modo che oggetto della licenza non fosse il bene (partita), ma il diritto” 122 . Il contratto di licenza è l’accordo tramite cui il licenziante dispensa l’uso temporaneo e a termine di sfruttamento dell’evento

121 Decreto legislativo 9 gennaio 2008 n. 9, art. 2 lettera t) 122 E.MORELLI, I diritti audiovisivi sportivi, cit., pag. 394

65 sportivo ad un licenziatario. E’ una tipologia di contratto che appartiene alla categoria dei contratti “di scambio”, “oneroso” e “non formale”; è di scambio perché l’accordo tra il licenziante e il licenziatario non forma nessuna nuova organizzazione funzionale ad uno scopo comune: il licenziatario infatti vuole ottenere i diritti con la minor spesa possibile e il licenziante vuole massimizzare il profitto derivante dalla vendita dei diritti audiovisivi; è un contratto oneroso perché, sia il dante causa che l’avente causa sostengono un sacrificio: il primo “perde” l’uso del diritto, il secondo compie un sacrificio economico pagando il corrispettivo per l’ottenimento dei diritti; è poi in ultima analisi un contratto non formale perché non è prevista alcuna forma specifica affinché questo venga concluso. L’ultima definizione, contenuta nel Decreto, che intendiamo analizzare è quella di “prodotti audiovisivi” che ci permette di interpretare nel miglior modo possibile le modalità di commercializzazione dei diritti audiovisivi. I prodotti audiovisivi sono: “prodotti editoriali aventi ad oggetto eventi della competizione, confezionati sulla base delle diverse modalità di trasmissione, nonché delle diverse piattaforme, in conformità agli orari e agli schemi approvati dall’organizzatore della competizione” 123 . Lo spettacolo sportivo nonostante faccia parte dell’entertaiment124 si differenzia da questo poiché: • è un prodotto che viene consumato in un arco temporale molto breve; • è un prodotto formato da caratteristiche che lo rendono desiderabile a tutti i soggetti che vantano un interesse economico su questo; • è un bene “protetto” in relazione alle licenze che possono essere concesse per l’utilizzazione di questo. Ogni forma di utilizzazione del prodotto-evento sportivo, come per gli altri bene sottoposti alla disciplina del diritto d’autore, deve essere autorizzata dal titolare del diritto.

123 Decreto legislativo 9 gennaio 2008 n. 9, art. 2 lettera v) 124 “ per spettacoli e/o trattenimenti possono intendersi tutti quei divertimenti, distrazioni, amenità intenzionalmente offerti al pubblico, in rapporto ai quali si prospetta l’esigenza che la potestà tutrice della pubblica autorità intervenga per garantire l’incolumità pubblica, l’ordine, la moralità e il buon costume”, secondo la Circolare del Ministero dell’Interno del 20 novembre 1982 n. 52 (sito Ministero dell’Interno, circolari) in virtù della quale per avere spettacolo (entertaiment) è necessaria la presenza di pubblico

66 Nell’ambito televisivo i prodotti equivalgono ai “programmi televisivi” aventi due diverse forme: 1. live. Può essere a sua volta di due tipologie: a. In chiaro: “modalità di trasmissione dei prodotti audiovisivi in forma non codificata e gratuitamente accessibile a tutti gli utenti; b. A pagamento: modalità di trasmissione dei prodotti audiovisivi attraverso un sistema ad accesso condizionato e dietro il pagamento di un corrispettivo per la visione da parte dell’utente, anche su richiesta individuale” 125 ; Il campionato di Serie A è diffuso unicamente a pagamento con modalità pay-tv e pay-per-view. A loro volta poi le dirette pay sono suddivise in più pacchetti, in Inghilterra negli anni che vanno dal 2007 al 2010 erano previsti 6 pacchetti di cui 4 assegnati ad un operatore e i rimanenti 2 ad un altro (attualmente la maggior parte sono assegnati a BSKYB). La diretta rappresenta una parte imprescindibile di un programma sportivo, per questo motivo è descritta usualmente come “telecronaca”. Tuttavia il programma sportivo non si limita solo alla telecronaca ma spazia dal “telegiornale sportivo”, ai “talk show”, alle “rubriche di approfondimento sportivo”, tutti format televisivi che non sfruttano solamente la diretta ma utilizzano gli highlights, sulle discussioni e sugli interventi degli ospiti.

2. Highlights in differita che comprendono anche la moviola.

Queste distinzioni e precisazioni attuate dal Legislatore sono giustificate dall’ampia popolarità degli eventi a contenuto calcistico tra il pubblico italiano e dalla necessità di disciplinare un settore con un altissimo potenziale economico e sociale.

125 Decreto legislativo 9 gennaio 2008 n. 9, art 2 lettera w) e x)

67 3.4. LA CONTITOLARITA’ DEI DIRITTI AUDIOVISIVI SPORTIVI

Come abbiamo detto più e più volte, la peculiarità del D.lgs. 9/2008 è il ritorno alla vendita centralizzata dei diritti audiovisivi sportivi. Tale modalità è resa possibile dall’attribuzione della contitolarità ex lege dei diritti in capo all’ente organizzatore della competizione (nel caso del calcio la Lega) e in capo agli organizzatori degli eventi ( le squadre di calcio)126. La titolarità dei diritti audiovisivi è definita dall’art. 3 contenuto nel titolo II, capo I del Decreto: “L’organizzatore della competizione e gli organizzatori degli eventi sono contitolari dei diritti audiovisivi relativi agli eventi della competizione medesima, salvo quanto previsto al comma 2. La titolarità del diritto di archivio relativo a ciascun evento della competizione è riconosciuta in esclusiva all’organizzatore dell’evento medesimo”. Al comma 1 è quindi stabilita la contitolarità dei diritti audiovisivi tra l’organizzatore della competizione e gli organizzatori degli eventi sportivi appartenenti alla competizione stessa. Questa norma deriva da una decisione della Commissione Europea, su un caso di Champions League, che si è pronunciata a favore di una comproprietà tra le società calcistiche e la UEFA per ogni partita presa singolarmente127 e dalla sentenza di Francoforte del 1998 dove i giudici avevano manifestato una propensione verso la tesi della contitolarità tra l’organizzatore del singolo evento e la federazione internazionale automobilistica (FIA)128. La nuova disciplina che comprende tutti i diritti di utilizzazione a fini economici degli eventi sportivi, surclassa il sistema della titolarità individuale dei diritti. Si afferma la contitolarità del diritto sullo specifico contenuto audiovisivo calcistico, nella misura in cui questo sia prodotto sia dal singolo club che dall’ente organizzatore della competizione. Il Legislatore, tenendo conto della

126 Infatti “La vendita collettiva, giuridicamente deriva dalla comproprietà sui diritti di diffusione tra l’ente organizzatore e le singole squadre partecipanti, essendo tutti sodalizi concorrenti nella produzione dello spettacolo sportivo”, così PISCINI, L’evoluzione della disciplina sulla diffusione dei diritti di immagine relativi agli eventi sportivi – in Italia e in Europa- tra affari, concorrenza e specificità, in RDES, Vol. III, Fasc. 3, 2007 127 Commissione CE, caso “COMP/C.2-37.398, Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League, decisione 23 luglio 2003, 2003/778 CE in GUCE, n. L 291 dell’ 8 novembre 2003, par. 123 128 Landesgerichtsof Frankfurt a. M, 18 marzo 1998, caso “Eisele c. FIA e ISC”, in Rivista Diritto Sportivo, 1999, pag. 593

68 definizione di organizzatore della competizione prevista all’art. 2 lettera e), si è voluto discostare dalla prassi giurisprudenziale che classificava questo unicamente come ente preparatore e gestore dei campionati, senza associargli alcun interesse finanziario nei confronti del prodotto audiovisivo. Il sistema sviluppato dal Legislatore secondo gli art. 3 e 4 del Decreto si basa su due principi: 1. la comunione germanistica 129 . Il Legislatore piuttosto che attenersi alla comunione prevista all’art. 1100 e seguenti del Codice Civile ha privilegiato marcare in primo luogo la proprietà collettiva degli eventi a contenuto sportivo appartenenti ad una specifica competizione. Le circostanze oggettive della comunione germanistica rimarcano l’assenza di quote di appartenenza individuale del bene comune. 2. Il diritto d’autore. La legge sul diritto d’autore 130 “scende in campo” nel momento in cui il Decreto garantisce l’esclusiva dell’esercizio del bene ad un membro negando altresì la proprietà esclusiva di questo. L’art. 28 del D.lgs. giudica i diritti audiovisivi sportivi quali diritti connessi ripresentando la soluzione prevista agli artt. 44-45 Lda131. La Lega Calcio, in veste di organizzatore della competizione, non si limita ad amministrare l’attività agonistica ma ha l’onere di provvedere all’elargizione mutualistica dei ricavi. Onde promuovere tale distribuzione equa e corretta, il Decreto

129 “[…]definita "a mani riunite", di tipo collettivistico, connotata dall'assenza di determinazione di una quota specificamente riconducibile a ciascun soggetto partecipe: la cosa appartiene al gruppo come tale e non ai singoli”. D. MINUSSI, Natura giuridica della comunione, in http://www.e-glossa.it/wiki/natura_giuridica_della_comunione.aspx 130 Legge 22 aprile 1941 n.663, testo consolidato al 9 febbraio 2008 , G.U. n.166 del 16 luglio 1941,cit.

131 Art. 44: “Si considerano coautori dell'opera cinematografica l'autore del soggetto, l'autore della sceneggiatura, l'autore della musica ed il direttore artistico”.

Art. 45: “L'esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell'opera cinematografica spetta a che ha organizzato la produzione dell'opera stessa, nei limiti indicati dai successivi articoli. Si presume produttore dell'opera cinematografica chi è indicato come tale sulla pellicola cinematografica. Se l'opera è registrata ai sensi del secondo comma dell'articolo 103, prevale la presunzione stabilita dall'articolo medesimo”.

69 prevede una specifica distinzione per ogni singola partita che è negoziata potenzialmente in modo autonomo; tuttavia il singolo match è un ingranaggio del sistema campionato, di conseguenza è necessaria un’organizzazione sia dei singoli tasselli (le singole partite) che del complesso dei tasselli (il campionato). Oltre a ciò colui che produce le immagini dell’evento (l’organizzatore dell’evento ovvero l’organizzatore della competizione, in base all’art.4 commi 4 e 5) deve mettere a disposizione di coloro che si sono aggiudicati i diritti, “l’accesso al segnale” sulla base di un tariffario trasparente e non discriminatorio132. Affinché venga rispettata la non discriminazione e la trasparenza l’organizzatore della competizione può adottare un Tariffario che specifichi quanto onerosa sarà la produzione audiovisiva. Il costo della produzione è suddiviso a monte dai “costi di produzione”, a loro volta divisi in “costi tecnici” relativi alla riproduzione in senso stretto degli eventi sportivi, e il “prezzo delle immagini” che l’avente diritto paga per sfruttare i diritti audiovisivi. Il Tariffario è in tal senso composto da una parte relativa ai costi tecnici e l’altra relativa al prezzo delle immagini (basato sul numero di utilizzazioni che l’assegnatario ha effettuato nel corso della licenza).

132 “Il soggetto che produce le immagini degli eventi della competizione ai sensi dei commi 4 e 5, e' tenuto a mettere a disposizione di tutti gli assegnatari dei diritti audiovisivi, a condizioni trasparenti e non discriminatorie, e secondo un tariffario stabilito dall'organizzatore della competizione, l'accesso al segnale, unitamente ai servizi tecnici correlati, senza loghi e commenti parlati e dotate di rumori di fondo. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni vigila sulla corretta applicazione della presente disposizione”. Art. 4 D.Lgs. n. 9/2008, art. 4,comma 7.

70 4: CESSIONE DIRITTI AUDIOVISIVI NEL SETTORE DEL CALCIO

4.1. LE NORME GENERALI

A partire dal XX secolo numerosi dibattiti e disposizioni legislative, relative alla vendita e all’utilizzazione dei diritti audiovisivi sportivi, hanno formato quello che oggi è il mercato dei diritti tv. Come abbiamo più volte ripetuto the sports media rights market rappresenta la fonte di finanziamento predominante nei bilanci delle società di calcio professionistiche italiane. In nessun altro paese europeo la sopravvivenza del “premium calcio” è così fortemente correlata agli introiti ottenuti tramite la vendita dei diritti audiovisivi. Nei tempi recenti in Italia le discussioni sulle modalità di contrattazione per la vendita dei diritti audiovisivi sportivi hanno occupato quotidianamente le sale dei Tribunali e degli enti sportivi. La questione era scegliere tra il sistema di contrattazione individuale oppure quello centralizzato. Nel caso di vendita individuale il singolo club trattava i propri diritti televisivi con i network. Godendo di ampia libertà di scelta e decisionale nel rapporto con i media, le società potevano ottenere elevati introiti di cui solo una parte destinata ad un monte comune. Nel caso di vendita centralizzata, invece, è compito dell’ente avente diritto all’organizzazione dell’attività professionistica sportiva, nel nostro caso la Lega Calcio, sia negoziare per conto dei singoli clubs la cessione dei diritti audiovisivi riguardanti le partite di campionato che distribuire le entrate tra questi in base al principio di mutualità. Fino al 1993 la Lega Calcio, offerente, commercializzava i diritti audiovisivi sportivi tramite la contrattazione collettiva con la Rai, unico acquirente, ripartendo i proventi in maniera equa tra le squadre di Serie A e le squadre di Serie B. Per il triennio successivo la Rai acquisiva i diritti in chiaro, mentre Telepiù si aggiudicava i diritti criptati. Negli anni a seguire, tramite le innovazioni tecnologiche che riguardarono il settore dei media, le

71 più blasonate società di calcio cominciarono a promuovere un cambiamento che portasse alla vendita individuale. Sostanzialmente i fattori di mercato da cui la domanda dei diritti audiovisivi dipende sono: • Il grado di concorrenza all’interno dell’industria audiovisiva (numero di potenziali licenziatari di diritti sportivi); • Rivoluzione tecnologica: − diffusione della pay-tv − passaggio alla concorrenza intrapiattaforma (nell’ambito di un’unica piattaforma) alla concorrenza interpiattaforma ( multi piattaforma) − sviluppo dei nuovi media (es. telefonia mobile, banda larga/IPTV, web-Tv e così via)

Le società accusavano una dipendenza eccessiva dalla Lega nella vendita dei diritti televisivi riferiti alle gare da esse organizzate. Il legislatore, tenendo conto di questa contestazione, con la D.L. n. 15/1999, convertito con la legge n.78, consentì la vendita individuale. Due furono i fattori che portarono a questa decisione: 1. la pressione delle grandi squadre 2. la paura della creazione di un monopolio da parte di una delle due piattaforme, Telepiù e Stream. Dopo l’intervento legislativo il valore dei diritti in forma criptata aumentò vertiginosamente: infatti Telepiù e Stream investirono 1300 milioni per il triennio 1999-2002 a differenza del triennio 1996-1999 in cui Telepiù investì 325 milioni. La Lega si sentì obbligata ad apportare modifiche al proprio regolamento interno nell’assemblea del 19 marzo 1999, introducendo un piano di mutualità che garantisse un’equa ripartizione dei ricavi riferiti al periodo 1999-2005. Nonostante che la legge n.78 del 1999 garantì alle società di calcio proficui introiti, questa creò una maggiore distribuzione delle risorse nei confronti delle società più importanti andando ad intaccare la competitività del campionato di calcio.

72 La volontà di tornare alla contrattazione collettiva fu proposta dai presidenti delle piccole società nel dicembre del 2005. Tale idea fu abbracciata dall’allora Presidente federale Franco Carraro e appoggiata dalla politica. La procedura di ritorno alla vendita centralizzata si concluse con la legge delega n.106/2007 e con il decreto legislativo 9 gennaio 2008 n.9.

4.2 LA VENDITA INDIVIDUALE

“ciascuna società di calcio di serie A e di Serie B è titolare dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata”133. L’idea che predominava era che i diritti contrattati fossero connessi all’attività organizzativa dell’evento sportivo e che quindi all’ente organizzatore dell’evento sportivo competesse la titolarità del diritto poiché ad esso spettava l’onere di organizzare i match assumendosi i costi e i rischi imprenditoriali. Quindi i diritti televisivi e i costi relativi venivano affiliati al “club di casa” facendo decadere la modalità di vendita collettiva. Di pari passo era il procedimento Vendita diritti televisivi134 emanato dall’AGCM che riteneva la vendita collettiva, sì pratica diffusa e predominante in Italia, ma non modalità fondamentale al fine di mantenere vivo l’interesse verso le manifestazioni sportive. L’AGCM affermò infatti che poteva essere predisposto in seno alla Lega Calcio un nuovo meccanismo perequativo che garantisse il mantenimento del valore commerciale dei diritti audiovisivi sportivi. Due punti furono decisi nell’assemblea della Lega del 19 marzo 1999: 1. la titolarità dei diritti sul campionato e sulla Coppa Italia spettava alla società di calcio che ospitava la partita, rimuovendo quindi tutti i riferimenti alla vendita collettiva135;

133 Art. 2, legge n.78/1999, cit. 134 AGCM, Provvedimento n. 7340, I362, in Bollettino n. 26/1999 135 Regolamento della Lega Nazionale Professionisti, art. 1, comma 3 e art. 25, comma 2

73 2. riguardo ai criteri di redistribuzione dei proventi venne inserito l’art. 46 che stabiliva le modalità di ripartizione fino al 30 giugno 2005. I ricavi generati dai diritti tv del campionato e dei diritti esteri, sia per quanto riguarda la televisione a pagamento che il pay per view, erano di competenza delle società che giocavano in casa, sottratto il 18 % degli introiti corrisposti alla squadra ospite. I diritti rimanenti (highlights, contratti di sponsorizzazione, etc.) venivano distribuiti in base a criteri mutualistici: 200 miliardi di lire (convertiti in 103 milioni di euro) per la Serie B cioè pari al 20% degli introiti totali per la stagione 2002/2003. La volontà di proporre la vendita individuale è stata esternata dalle società sportive, con la finalità di ottenere condizioni contrattuali migliori. Infatti nei primi anni del 2000 il valore dei diritti audiovisivi è stato sopravvalutato dalle squadre, le quali hanno investito cifre superiori ai ricavi conseguiti per la compravendita dei giocatori. Ciò ha portato ad un esponenziale peggioramento del reddito e della posizione finanziaria dei club. Per raggiungere i criteri del 1999 che destinavano gran parte delle risorse alle squadre di serie B e le restanti quote ai club medio-piccoli della Serie A, la politica e la Lega Calcio hanno messo in discussione i criteri di ridistribuzione delle risorse derivanti dai diritti tv sia a livello verticale, quindi tra i club appartenenti a campionati diversi, sia a livello orizzontale quindi tra i club della massima serie. Questi criteri, nonostante riequilibrassero parzialmente la sperequazione, non furono sufficienti ad eliminare i divari tra i club più importanti e quelli meno. Infatti il problema maggiore che si percepì, in seno alle società, non fu la modalità di vendita dei diritti bensì i criteri che stabilivano la distribuzione dei ricavi. Nel 2005, quando scadde il regolamento valido per la ripartizione dei proventi, i club di serie B invocarono un rinnovo a scadenza quadriennale del precedente accordo. Ciò avrebbe ad essi consentito di ottenere circa 110 milioni di euro annui (la cessione dei diritti collettivi avrebbe garantito 41 milioni di euro, mentre il contributo di mutualità tra i club di serie A 69 milioni). L’accordo fu negato provocando una rottura tra i

74 club di minore importanza e riportando alla luce il problema verticale della mutualità. Il ritorno alla vendita individuale aveva determinato una forte crescita dell’importo dei diritti e di conseguenza del valore da stabilire per il fine mutualistico. Nel 1999 le trasmissioni in forma criptata permettevano alla Lega di monetizzare 110 milioni di euro mediante il contratto con Telepiù. A partire dalla stagione 2003/2004 questo valore si era più che CALCIO, DIRITTI COLLETTIVI E RITORNO ALL’ANTICO. STORIA A LIETO FINE? 495

quadruplicatoTAB. 1. Rapporto . tra incassi lordi e netti da diritti TV e da stadio (stagione 2003/2004, in milioni di euro) Società Totale lordo Totale lordo Totale Effetto mutualità Totale proventi diritti incasso lordo (18% TV; netto criptati e esteri da stadio 18% stadio) Ancona 5,7 4,2 9,9 3,9 13,8 Bologna 13,9 7,2 21,1 1,8 22,9 Brescia 7,5 4,1 11,6 3,6 15,2 Chievo 7,5 3,9 11,4 3,6 15,1 Empoli 7,5 2,5 9,9 3,9 13,9 Inter 64,6 19,1 83,7 –10,1 73,5 Juventus 69,7 11,4 81,1 –9,6 71,5 Lazio 34,9 12,9 47,8 –3,3 44,5 Lecce 9,3 4,1 13,5 3,2 16,7 Milan 64,6 19,5 84,1 –10,2 73,9 Modena 7,5 6,0 13,5 3,2 16,7 Parma 25,1 5,7 30,8 –0,1 30,7 Perugia 7,5 2,5 10,0 3,9 13,9 Reggina 9,3 6,7 16,0 2,8 18,7 Roma 41,3 21,9 63,2 –6,2 57,0 Sampdoria 8,6 6,5 15,1 2,9 18,0 Siena 5,7 3,3 9,0 4,1 13,1 Udinese 13,2 4,2 17,4 2,5 19,9 Totale 403,2 145,8 549,0 0,0 549,0 Fonte: Federazione Italiana Giuoco Calcio.

Rapportolioni di traeuro incassi dal lordi contratto e netti da con diritti Telepiù, audiovisivi eperiore da stadio rispetto riferiti alla alle stagione precedenti 2003/2004, nego- dati in milioni di euro ha visto quadruplicare tale somma ziazioni con la RAI. La crescita degli già dalla stagione 2003/2004, come si introiti, e di somme da destinare alla Comeevince si dai evince dati demessialla suddetta dalla FIGC tabella10. la Juventusredistribuzione, comanda è stata il campionato evidentemente con 69,7 milioniRincari di euro ancor derivanti più marcati dai diritti si sono criptati associata e esteri, allo seguita sviluppo da Inter di piattaforme (64,6) e Milan registrati negli anni seguenti, sia per alternative: senza considerare la tele- (64,6).le trasmissioni All’ultima criptate posizione, (nella stagionecon un distacco fonia notevole,mobile, torna troviamo utile rilevareil Siena che (5,7) e 2004/2005 si è raggiunta la cifra di il campionato di serie A è oggi frui- l’Ancona433 milioni (5,7). di euro), Aume chenti ancoraper quelle più consistentibile a pagamento sono avvenutiattraverso nelle il canale stagioni in chiaro. Le maggiori squadre hanno satellitare, con SKY; sul digitale terre- successiveincrementato (per ulteriormentei diritti criptati inella pro- stagionestre, con2004/2005 Mediaset si eè LA7;raggiunto su reti un via valore venti, per Milan e Juventus pari ad cavo, con Mediaset; e su tecnologia dioltre 433 90milioni milioni di di euro). euro Nell’anno; 2005 e, lanel Lega A DSLCalcio, con ha Telecom attribuito Italia i diritti e SKY .a CiòMediaset a per2005, un in valore controtendenza che supera rispetto del 50% alla quello dire negoziato che la via nelle di mercato stagioni – precedenti.metafori- Il progressiva contrazione di ricavi per camente rappresentata dalla vendita crescentele trasmissioni valore inche chiaro, si è manifestato la Lega ha negli soggettiva anni successivi – ha favoritoal 2003 è la connesso crescita allo assegnato i diritti a Mediaset (tramite del valore dei diritti, una maggiore sviluppoun’asta) per tecnologico un valore ecirca delle il 50% piattaforme su- disponibilità che hanno del consentito prodotto (osserve-una migliore disponibilità e una concorrenza più agguerrita sul prezzo. 10 FIGC, Primo documento del Consiglio Federale sulle conclusioni dell’Indagine conoscitiva sul calcio professionistico della VII Commissione della Camera dei Deputati, 11 novembre 2004, p. 6.

75 L’attuale Direttore generale della Lega Calcio, Marco Brunelli136, in un intervento all’Università di San Marino, del 12 giugno 2014, descriveva i punti di distacco della vendita individuale da quella centralizzata: • Minore solidarietà all’interno della famiglia del calcio e di conseguenza minore equilibrio competitivo nel campionato; • Maggiore concorrenza sia nel mercato a monte (diritti sportivi) sia in quello a valle (tv); • Mancanza di armonizzazione (prodotto finale; contenuti editoriali; produzione audiovisiva); • Minore efficacia sui mercati internazionali; • Maggiore supporto da parte dell’Autorità Antitrust; • Minore potere contrattuale con i broadcaster e minori valori di mercato per il campionato nel suo insieme; • Maggiore quantità di prodotto; • Migliori risultati dei club nelle competizione europee; • Minore coesione a livello domestico e rischi di tentazioni opportunistiche da parte di club; • Maggiori costi transazionali (mancanza di controllo su alcuni aspetti cruciali del gioco, ad esempio i calendari); • Mancanza di coerenza con le caratteristiche peculiari dell’industria del calcio (quali la cooperazione tra le squadre); • Minori benefici per i consumatori. Il ritorno alla vendita individuale non ha risolto quel problema che tanto premeva alla politica e alla Lega calcio: il divario economico tra i club di serie A. La tabella mostra come il rapporto tra i ricavi derivanti dalla vendita dei diritti in forma criptata è maggiore di dieci volte tra le squadre con più alta brand awareness e quelle con meno appeal. Questo elemento discrimina l’incertezza del risultato, costituendo un campionato nel quale solamente pochi club possono lottare per la vittoria e i restanti devono lottare per la sopravvivenza. Su questo argomento si sono mosse le dispute tra le squadre di Serie A. Nonostante ciò il 3

136 Convegno San Marino, 12 giugno 2014

76 marzo del 2006 la Lega deliberava, in riferimento al periodo 2006-2008, il rispetto delle titolarità alle singole società, aumentando però la quota percentuale spettante a ogni squadra ospite (che passa dal 18% al 19%), e la seguente suddivisione di una somma fatturata dalla Lega di 40 milioni di euro: • 1 milione di euro alle prime quattro squadre in classifica; • 16 milioni di euro da dividere tra le squadre posizionate tra il quinto e il decimo posto; • i restanti 23 milioni da ripartire tra i club collocati tra l’undicesimo e il diciassettesimo posto in classifica. Questi cambiamenti e l’immissione di nuovo capitale spettante alle squadre cosiddette “fanalini di coda” non bastò. Nuovi dubbi furono sollevati dal Ministero dello Sport e delle Comunicazioni.

4.3. LA VENDITA COLLETTIVA

L’articolo 6 del Decreto Melandri-Gentiloni inaugura la disciplina relativa alla commercializzazione dei diritti audiovisivi composta da cinque sezioni e 8 articoli. La ratio di questo articolo e di conseguenza della vendita collettiva è insita nella particolare specificità del calcio. Si ritiene infatti che il football abbia delle caratteristiche di specificità estranee ad altri contesti. La cooperazione tra le squadre per la buona riuscita del torneo, portata avanti da Neale 137 e precedentemente affrontata, è una delle caratteristiche imprescindibili che connotano la peculiarità di questo sport. Sostanzialmente la ridotta performance dei partecipanti può ridurre l’interesse verso la manifestazione poiché impoverirebbe il livello di incertezza del torneo. In termini economici parliamo di co-opetition in cui coesistono due momenti: 1) il momento competitivo (momento in cui vengono acquistati i giocatori e viene strutturato il team) e 2) momento cooperativo (in cui viene organizzata la manifestazione). In tal senso molti autori

137 W. NEALE, in Quarterly Journal of Economics, cit.

77 parlano di “partner obbligati”138 per marcare la natura cooperativa dell’attività sportiva professionistica. Le Linee Guida139 per la commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi sono state elaborate per la prima volta nel 2008 dalla Lega Calcio, che oltre ad aver indicato le norme per partecipare all’acquisizione dei diritti ha specificato dettagliatamente i pacchetti posti in vendita. La specifica indicazione dei pacchetti ha suscitato non poche discussioni da parte del Legislatore e delle Autorità indipendenti, i quali ritenevano che solamente nella fase dell’invito ad offrire questi dovessero essere rivelati. Il primo principio fissato dall’art. 6 del Decreto è quello di “non discriminazione” da parte dell’organizzatore della competizione nella compilazione delle Linee Guida. La non discriminazione si concretizza in un obbligo ad offrire a tutti i terzi i pacchetti, trattando tutte le piattaforme e gli operatori allo stesso modo. Invece è l’utente consumatore che può autonomamente decidere quale è l’offerta più vantaggiosa sul mercato e quindi scegliere quell’operatore. Il secondo principio espresso è quello della “trasparenza”. Ciò consiste nella messa a disposizione di tutte le informazioni e i dati relativi alla procedura di vendita dei diritti televisivi. L’ultimo principio esposto è quello “dell’equità” volto a non costituire uno squilibrio tra i partecipanti. Tali principi sono assoluti e quindi dovranno essere garantiti a ciascuno dei partecipanti anche nel caso in cui questi partecipi ad una gara ma non ad un’altra. Dopo che le Linee Guida sono state preparate devono essere approvate in primo luogo dall’assemblea di categoria delle società sportive, che fanno parte del campionato considerato, e poi dalle Autorità indipendenti. L’organizzatore della competizione si deve quindi attenere, all’atto della vendita dei diritti, alle disposizioni delle Linee Guida approvate. L’art. 7, “offerte dei diritti audiovisivi”, fornisce le modalità per regolamentare l’offerta dei diritti audiovisivi sportivi. Tre sono le regole generali stabilite:

138 G.GHIDINI, V. FALCE, i diritti di trasmissione televisiva sugli eventi sportivi nella prassi comunitaria- le clausole di esclusiva, in AIDA, 2004, pp. 314-315 139 “[…] sono il documento con il quale l’organizzatore della competizione è tenuto a predeterminare la disciplina delle procedure di vendita dei diritti audiovisivi sportivi”, E.MORELLI, I diritti audiovisivi sportivi, cit., pag, 595

78 1. soggettiva: “L’organizzatore della competizione è tenuto ad offrire i diritti audiovisivi a tutti gli operatori della comunicazione di tutte le piattaforme, attraverso distinte procedure competitive relative al mercato nazionale e, tenuto conto delle relative peculiarità, al mercato internazionale e alla piattaforma radiofonica”140. La norma precisa che l’onere dell’organizzatore del campionato è quello di consentire a tutti gli operatori di competere per ottenere i diritti. L’organizzatore quindi deve sia utilizzare procedure concorrenziali per il mercato nazionale che porre attenzione al mercato internazionale e alla piattaforma radiofonica. La norma non indica l’obbligo di vendita, l’organizzatore ha ampia libertà negoziale senza però escludere nessun operatore dall’offerta. 2. temporale: “l’organizzatore della competizione è tenuto a procedere all’offerta dei diritti audiovisivi con congruo anticipo rispetto alla data d’inizio della competizione”141. L’anticipo considerato dalla norma è di almeno un anno rispetto all’inizio del campionato. La Lega Calcio ha suddiviso la procedura in due parti: una prima composta dall’invito a offrire e da un’offerta pubblica; la seconda composta da una trattativa privata (caratterizzata da alcuni obblighi quali la presenza del notaio, la redazione di verbali delle riunioni tra le parti, etc.) che si terrà nel caso di un risultato non positivo della prima fase. Questa procedura è stata approvata nelle Linee Guida del 6 marzo 2009 per le stagioni 2010/2012. 3. oggettiva: “l’organizzatore della competizione non è tenuto a commercializzare le dirette relative a tutti gli eventi della competizione. Le linee guida di cui all’articolo 6 indicano il numero minimo delle dirette destinate alla competizione” 142 . Con questa norma il Legislatore ha concesso la discrezionalità al venditore di decidere come far fruttare al meglio il prodotto sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, affinché l’ammontare dei diritti audiovisivi sportivi non perda valore.

140 Art. 7, comma 1 141 Art. 7, comma 2 142 Art. 7, comma 3

79

4.3.1 L’INTERMEDIARIO UNICO

Analizzati i principi su cui si fonda la contrattazione collettiva bisogna soffermarsi sulla figura “dell’intermediario unico”. La vendita in blocco di tutti i diritti audiovisivi all’intermediario, individuato come unico, permetterebbe all’organizzatore della competizione di poter sia evitare il formarsi di possibili cartelli tra gli operatori sia spostare il rischio imprenditoriale sulla figura dell’intermediario. I club, segnati da bilanci in negativo e conseguentemente spinti ad investire sempre di più in talenti per mantenere un ruolo nel massimo campionato, non possono “navigare” nell’incertezza del mercato dei diritti audiovisivi, ma devono esser certi dei futuri introiti generati da questo. E’ per tale motivo che il fine della norma è quello di commercializzare i diritti nel miglior modo possibile. Il Legislatore ha quindi fondato la procedura di commercializzazione su un intermediario unico evitando poi il rischio che quest’ultimo possa accordarsi tacitamente con l’ente organizzatore della competizione. In tal senso all’intermediario sono ingiunti tutti gli obblighi indicati nel Decreto e delle Linee Guida in capo all’organizzatore della competizione. L’intermediario unico è caratterizzato da alcune specificità: − il suo uso è consentito anche sul mercato internazionale tuttavia con una differente disciplina: nel mercato nazionale è prevista solamente la partecipazione di intermediari indipendenti, nel mercato internazionale invece non è supposto l’obbligo del carattere indipendente da parte dell’intermediario. − l’intermediario, come al punto 1 definito, può essere indipendente o dipendente. Si individua la figura dell’intermediario unico in molte sfumature: per il mercato nazionale deve essere indipendente, mentre per il mercato internazionale può essere sia dipendente che indipendente e la figura dell’intermediario partecipante all’acquisto di singoli pacchetti destinati al mercato internazionale per aree geografiche. Solamente gli intermediari

80 indipendenti che hanno la facoltà di prender parte ad entrambe le procedure possono ottenere la totalità dei diritti sia nazionali che internazionali. Come sopra espresso, la figura dell’intermediario unico per il mercato nazionale provoca una translatio dei rischi imprenditoriali dall’organizzatore della competizione al primo ed è regolata da una peculiare procedura competitiva: la pubblicazione di un avviso di questa, su un web site dell’organizzatore della competizione e su almeno due quotidiani nazionali, che inviti gli intermediari indipendenti richiedenti. Terminata la procedura, colui che organizza la competizione deve aspettare quarantacinque giorni dalla comunicazione dei risultati della procedura all’AGCM per assegnare i diritti tv. Trascorsi quarantacinque giorni l’intermediario surroga l’organizzatore della competizione assumendosi gli obblighi in capo precedentemente in capo al secondo. L’intermediario dispone quindi la formazione o la modifica dei pacchetti con la finalità di ottenere il miglior profitto dalla vendita di questi. Sono indicate alcune delle caratteristiche tecnico-economiche necessarie affinché l’intermediario possa partecipare alle procedure competitive. Innanzitutto è necessario che l’intermediario abbia un’ottima conoscenza diretta nel trading dei diritti media sportivi e nel marketing sportivo, poi è necessario che questo dimostri la propria solidità economico-finanziaria che garantisca la piena efficacia dei futuri contratti di licenza.

4.3.2. L’ADVISOR

Differente dal ruolo dell’intermediario unico è quello dell’advisor. Questi infatti non sostituisce l’organizzatore della competizione ma acquista il ruolo di consulente. Dal 16 febbraio 2008, data in cui è entrato in vigore il Decreto, più soggetti hanno concorso per assicurarsi il ruolo di advisor finché la Lega Calcio ha scelto Infront . Anche a carico di questo soggetto, caratterizzato da elevate professionalità di consulenza, spetta l’onere di raggiungere il miglior risultato all’atto della vendita dei diritti televisivi. Come corrispettivo del suo operato,

81 viene pattuito a favore dell’advisor un emolumento calcolato in funzione dei risultati raggiunti. L’organizzatore della competizione deve avere l’accortezza nel controllare che l’advisor non abbia intenzione di vendere tali diritti audiovisivi ad un intermediario indipendente prevedendo accordi con esso. Per evitare ciò sono previsti alcuni casi di incompatibilità: “nell’eventuale società “funzioni di advisor”, costituita dall’organizzatore della competizione, non possono partecipare gli operatori della comunicazione, gli intermediari indipendenti e i soggetti che operano in qualità di advisor” 143 . In alternativa è concessa la formazione di società composta da soggetti esterni che non possono poi configurarsi come intermediari indipendenti per acquistare i diritti audiovisivi sportivi.

4.3.3 LA COMMERCIALIZZAZIONE DEI DIRITTI AUDIOVISIVI SPORTIVI SUL MERCATO NAZIONALE

L’art. 8 è il fondamento su cui si basa l’intera disciplina volta alla vendita dei diritti audiovisivi sul mercato nazionale. Il mercato nazionale è definito “mercato di riferimento” ed è suddiviso in: 1. il mercato definito up stream formato dai soggetti, titolari del diritto di sfruttamento economico degli eventi sportivi, quali club e leghe. 2. mercato definito down stream, a sua volta diviso in mercato in chiaro e mercato pay (servizi televisivi a pagamento erogati via satellite DTN,tramite il digitale terrestre DTT, via cavo, tramite la telefonia mobile e via Internet), composto dagli operatori televisivi e dai media di recente nascita. Il Decreto lascia ampia autonomia all’ingresso delle innovazioni tecnologiche e in particolare alle nuove piattaforme, evitando per il futuro di escludere dal gioco i new media. Il denominatore comune che si evince è il seguente: il mercato pay è

143 E.MORELLI, I diritti audiovisivi sportivi, cit. pag. 629

82 contraddistinto da tecnologie comunicative in continua evoluzione e dal proliferare delle piattaforme, il mercato in chiaro è connotato da un’unica piattaforma. L’inizio dell’iter di vendita è sancito dalle procedure competitive messe in pratica dall’organizzatore della competizione per offrire i diritti audiovisivi. L’atto competitivo di vendita ha inizio con l’avallo delle Linee Guida e termina con l’attribuzione dei diritti audiovisivi all’aggiudicante, il quale deve dichiarare chiusa la procedura di acquisto. Due elementi vengono stabiliti all’interno delle procedure competitive: I. i periodi temporali di vendita che stabiliscono quali diritti mettere prima in vendita e quali dopo; II. modalità di vendita. Sul secondo punto bisogna soffermarci maggiormente giacché l’organizzatore della competizione deve attenersi a delle specifiche regole nonostante abbia notevole discrezionalità di scelta. Questo deve scegliere tra: a) vendere i diritti per singola piattaforma; b) porre in concorrenza le differenti piattaforme; c) svolgere l’attività di vendita in parte per singola piattaforma, in parte in concorrenza tra piattaforme. La logica alla base della vendita centralizzata sta nell’assicurare la presenza di una molteplicità di operatori della comunicazione in grado di garantire una distribuzione completa dei prodotti audiovisivi sul mercato. Tale logica è poi rispettata nel caso di “vendita per singola piattaforma”, mentre nel caso in cui vi sia competizione tra le diverse piattaforme è necessaria l’offerta di più pacchetti che garantiscano l’acquisto da parte di operatori diversi. La ratio esposta va interpretata a seconda del mercato a cui è riferita: − nel caso di mercato pay si attua una “vendita per singola piattaforma”144 nel caso in cui i diritti televisivi sono proposti, nel medesimo arco

144 Parliamo di “vendita per singola piattaforma” quando l’offerta dei diritti tv sportivi è indirizzata a tutte le piattaforme quali il digitale terrestre, il digitale satellitare e il web. Per esempio la diretta del derby romano Lazio-Roma da una parte potrebbe essere proposta agli operatori satellitari e dall’altra agli operatori del digitale terrestri con il risultato che un operatore satellitare e un operatore digitale trasmetteranno la partita. L’organizzatore organizzerà un pacchetto per ciascuna piattaforma in modo tale da soddisfare almeno un operatore per ogni piattaforma. In tal modo la concorrenza si sposta sul piano degli operatori che sfruttano il satellite e quelli che usano il digitale terrestre e i restanti. L’esito

83 temporale e nello stesso mercato, a diverse piattaforme distributive. L’organizzatore deve provvedere alla creazione di un pacchetto per ogni piattaforma in modo tale da compiacere almeno un operatore per ciascuna piattaforma. In presenza di vendita per singola piattaforma, i diritti televisivi sono alienati “in esclusiva per la piattaforma”. Tuttavia questa esclusività è parziale giacché il prodotto è acquistato da più di un operatore nello stesso mercato di riferimento, pur rimanendo saldo il principio di pluralismo degli operatori. Per quanto concerne la “vendita multipiattaforma” se lo stesso operatore procedesse all’acquisto di tutto il pacchetto calcio cadrebbe il principio del pluralismo degli operatori. È quindi predisposta la “vendita per prodotto” dove l’esclusiva non è posta sulla piattaforma, come nella precedente modalità in cui veniva posta un’esclusiva sul satellite e una sul digitale, ma sul prodotto o meglio l’evento. Il risultato è che le partite sono mandate in onda o da una specifica piattaforma o dall’altra: il prodotto alienato è solamente uno e se lo può aggiudicare un’unica emittente nell’intero mercato. A tutela del pluralismo degli operatori si è cercato di limitare l’esclusiva della vendita multipiattaforma introducendo il concetto della “no single buyer rule”145. Nel caso in cui più piattaforme siano in concorrenza tra loro l’organizzatore della competizione ha l’obbligo di suddividere l’insieme dei diritti tv, riferiti alla competizione da lui regolata, affinché nessun operatore possa ottenere tutti i pacchetti (“è fatto divieto a chiunque di acquisire in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette” 146 ). Quindi nel caso di vendita “per singola piattaforma” il pluralismo si concretizza in una competizione tra le piattaforme, mentre nel caso di “vendita per multipiattaforma” il pluralismo si concretizza in una competizione tra più operatori; − nel caso di mercato in chiaro, caratterizzato dalla sola piattaforma terrestre (non è quindi prevista la vendita multipiattaforma) e dalla vendita

della trattativa porterà all’acquisto dei diritti da un acquirente per il digitale terrestre e un acquirente per il satellite. 145 Cfr. più avanti 146 Art. 9 comma 4

84 unicamente degli highlights, l’organizzatore della competizione avrebbe la facoltà di costituire un unico pacchetto in esclusiva e attribuirlo ad un unico operatore. Tuttavia l’organizzatore ne forma una molteplicità di pacchetti in rispetto del pluralismo: alcuni in esclusiva e altri non.

4.3.4 I PACCHETTI

Solamente i diritti, attinenti al Campionato di Serie A ed in presenza di vendita multipiattaforma di questi, è previsto un obbligo di pacchettizzazione. I pacchetti costituiti devono essere equilibrati tra loro affinchè l’acquirente di un determinato pacchetto non venga discriminato rispetto a quello di un altro. Per ottenere tale equilibrio tra i pacchetti è necessaria un’attenta analisi del contenuto “di elevato interesse” di questi presi individualmente. La caratteristica di “elevato interesse” va qualificata in relazione sia all’importanza mostrata dall’operatore della comunicazione, sia a quella mostrata dal consumatore e non necessariamente all’attrattività delle partite (es. Roma-Lazio) contenute nel pacchetto. Gli operatori devono quindi avere la possibilità di acquisire i pacchetti che essi ritengono più appetibili, mentre i consumatori devono poter beneficiare dei contenuti da essi ritenuti attraenti. Per questi motivi: ai pacchetti che mostrano contenuti di più alto appeal è correlato un prezzo più elevato. Il prezzo dei diritti audiovisivi sportivi è sempre stato un argomento delicato sia per la politica che per la materia economica. La procedura di commercializzazione si articola attorno al concetto di “prezzo minimo” di ciascun pacchetto, fissato dall’organizzatore della competizione che permetta di raggiungere il fatidico “miglior risultato” nella vendita dei diritti audiovisivi sportivi. Questo prezzo permette a sua volta la revoca del pacchetto dall’offerta sul mercato. Oltre al prezzo minimo per ciascun pacchetto, è consentito fissare un prezzo minimo totale per la vendita dell’intero complesso dei pacchetti. In caso di fallito raggiungimento dell’obiettivo prefisso dal prezzo minimo, l’organizzatore può non trasferire la titolarità dei pacchetti per cui non è stato

85 raggiunto il prezzo minimo e ad esempio iniziare una trattativa privata per allocare meglio questi. In tutti i casi, sia di revoca che di inizio di trattative private, l’organizzatore deve prontamente comunicare la sua decisione all’AGCM. Un problema che affligge il prezzo minimo è quello riguardante la fissazione di prezzi differenti per prestazioni equivalenti. In tal caso bisogna considerare una distinzione all’interno della struttura del mercato, del grado di sviluppo delle nuove tecnologie e così via. Considerando il mercato del digitale terrestre, questo ha un tasso di penetrazione molto più alto rispetto a quello satellitare e quindi deve applicarsi un trattamento di prezzo differente in base a una e all’altra piattaforma. Nel 2014 la Lega Calcio ha avviato il Bando di Gara per l’attribuzione dei diritti televisivi per gli eventi sportivi da essa organizzati dal 2015-2016 al 2017-2018. Il format previsto fino alla stagione 2014-2015 era articolato in 7 pacchetti esclusivi e 6 pacchetti non esclusivi:

Pacchetto Specificazione Valore su base triennale (milioni di euro) Pacchetto 1 Satellite a pagamento 1.683 Pacchetto 2 Satellite a pagamento 99 Pacchetto 3 Digitale terrestre a 804 pagamento Pacchetto 4 Digitale terrestre a 216 pagamento Pacchetto 5 Digitale terrestre a 69 pagamento Pacchetto 6 Digitale terrestre e/o 78 Satellite in chiaro Pacchetto 7 Piattaforma Radiofonica 9,9 Totale 2958

86 Con l’introduzione del nuovo Bando di Gara valido per il triennio 2015-2018 sono stati ridotti e semplificati i Pacchetti: Pacchetto Specificazione Valore su base triennale (in milioni di euro) Pacchetto A Piattaforma satellitare, 822 Internet, DVB-H, Telefonia Mobile e IPTV Pacchetto B Piattaforma digitale 822 terrestre, Internet, DVB- H, Telefonia Mobile e IPTV Pacchetto C Diritti accessori per il 201 Pacchetto A o per il B Pacchetto D Tutte le piattaforme 705 Audiovisive Pacchetto E Piattaforma Internet, 327 Telefonia Mobile, IPTV e modalità OTT Totale 2877

Vediamo nel dettaglio che cosa assicurano i rispettivi Pacchetti. I Pacchetti “A” e “B” conferiscono il diritto a trasmettere, sulla piattaforma satellitare e su quella digitale, un totale di 248 partite home and away di 8 squadre del campionato di Serie A. Differentemente il Pacchetto “C” è complementare ai primi due ed è infatti acquisibile solo da chi possiede i due Pacchetti “A” e “B”. Esso prevede in particolare alcuni diritti accessori quali: la tecnologia 3D, l’utilizzo di telecamere opzionali, le immagini da spogliatoi/tunnel, etc. Il Pacchetto “D” invece conferisce il diritto di trasmissione in diretta di 132 partite di ogni stagione calcistica su qualsiasi piattaforma pay.

87 In ultimo il Pacchetto “E” consente la trasmissione live, solo sulla piattaforma internet, IPTV e Mobile Phone, di 114 gare, a discrezione del titolare, escludendo le due partite serali del sabato e della domenica. L’elemento che differenzia questo Bando da quello antecedente è una maggiore frammentazione dell’offerta delle partite rispetto all’anno precedente in cui il titolare dei diritti per la trasmissione tramite il satellite poteva diffondere tutte le partite. Infatti il licenziatario dei Pacchetti “A” e “B” può ora trasmettere in diretta le partite di 8 squadre in casa e in trasferta con i seguenti limiti: • solo 4 squadre tra le quinte migliori classificate del campionato dell’anno precedente; • solo 2 squadre classificate tra la sesta e la decima posizione nel campionato; precedente; • solo 1 squadra che ha raggiunto la undicesima e la quindicesima posizione nella stagione precedente; • solo 1 squadra fra quelle che hanno raggiunto la sedicesima e la ventesima posizione. Le restanti partite saranno quindi fruibili solo tramite la diffusione del segnale da parte del titolare del Pacchetto “D”. La sostanza è che chi è appassionato di una squadra che non rientra nelle 8 dei Pacchetti “A” e “B” assegnati al satellite o al digitale terrestre dovrà sottoscrivere più di un abbonamento, infatti se la squadra considerata si incontrerà con un club rientrante nelle 8 l’assegnatario del Pacchetto “D” non potrà trasmettere live la partite147.

147 Resta salvo il caso in cui questo ultimo detenga anche il Pacchetto “A” o quello “B”.

88 4.3.5 ATTRIBUZIONE DEI DIRITTI AUDIOVISIVI IN CAPO AD UN OPERATORE

Chi può partecipare alle operazioni di assegnazione dei diritti? l’Art. 9 comma 1 stabilisce il diritto del solo operatore della comunicazione, dotato di titolo abilitativo148, a partecipare a queste procedure. L’operatore della comunicazione inoltre potrà avvalersi di tali diritti solamente sulla piattaforma dotata del titolo abilitativo in modo tale da evitare qualsiasi possibile confusione fra il ruolo di reale utilizzatore dei diritti e il ruolo di intermediario che potrebbe altresì sublicenziare questi. Al comma 1 del medesimo articolo è poi consentita la partecipazione al bando di assegnazione dei diritti, nel caso in cui più piattaforme siano concorrenti, all’operatore della comunicazione dotato di titolo abilitativo solamente per una piattaforma. Si vuole in tal senso impedire la mancata partecipazione di un operatore nel caso in cui questo per esempio sia dotato del solo titolo satellitare rispetto alle due piattaforme, satellitari e digitali, messe in concorrenza tra loro. Tramite la regola del no single buyer, che affronteremo più avanti, è espressa la volontà di offrire all’acquirente “un’esclusiva positiva” sulla piattaforma per cui si ha un titolo abilitativo e “un’esclusiva negativa”149 spogliando gli altri operatori del diritto di garantirsi il medesimo prodotto su piattaforme differenti. Ne scaturisce un mercato, nel quale tutti i player non sono esclusi dalla procedure competitive di acquisto, così articolato: • SKY ha il diritto di acquisire i diritti premium in esclusiva per la piattaforma satellitare. Per le altre piattaforme non può acquistarli in via esclusiva ed inoltre non può utilizzarli su tutte le piattaforme;

148 Rilasciato dal Ministero delle Comunicazioni o dall’AGCOM in base alle disposizioni del TUMSA. Per il rilascio dell’autorizzazione nei confronti dei servizi di media audiovisivi lineari (come “live streaming”, “webcasting”, etc.) è necessaria l’autorizzazione da parte dell’AGCOM, secondo la Delibera AGCOM 606/10/CONS, Regolamento concernente la prestazione di servizi di media audiovisivi lineari o radiofonici su altri mezzi di comunicazione elettronica ai sensi dell’art. 21, comma 1-bis, del Testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici, del 25 novembre 2010. 149 “da una parte l’assegnatario deve esercitare i diritti solo sulla piattaforma per la quale è in possesso del titolo abilitativo, dall’altra l’organizzatore della competizione non può rimettere sul mercato i diritti audiovisivi relativi alla piattaforma per la quale l’assegnatario non ha titolo abilitativo […]” così E.MORELLI, I diritti audiovisivi sportivi, cit. pag. 670

89 • Mediaset, può acquistare i diritti audiovisivi per ciascuna piattaforma, ma ha l’onere di sublicenziarli a terzi nel caso in cui quelle determinate piattaforme non rappresentino il business di riferimento. Nel caso del satellite Mediaset è obbligata a rivendere i diritti a SKY. • Rai può acquisire solamente i diritti audiovisivi sportivi non a pagamento. Oltre a ciò se un operatore, con un unico titolo abilitativo su tre piattaforme concorrenti, prende parte alla procedura, questo, nel caso in cui diventi assegnatario dei diritti, li utilizzerà solamente per la piattaforma dotata di titolo abilitativo. Per tale ragione è posto il divieto all’organizzatore della competizione di vendere i diritti televisivi non più utilizzabili per le piattaforme non sfruttate dall’assegnatario (nel caso in cui partecipi e si aggiudichi i diritti Mediaset, dotato di titolo abilitativo solamente per il DTT, l’organizzatore della competizione non può commercializzare i diritti relativi al satellite), rendendo efficace il principio di esclusività sull’evento sportivo. Ciò concretizza la volontà del Legislatore di rendere valido il principio di neutral platform150volto a garantire l’esclusiva del diritto di messa in onda, su una o sull’altra piattaforma tecnologica, di un particolare avvenimento sportivo. Correlato al principio di “neutralità tecnologica” è la “vendita multipiattaforma”. L’organizzatore della competizione cede l’evento sportivo in esclusiva. L’acquirente ha il diritto di decidere su quale piattaforma metterlo in onda, escludendo i concorrenti nella trasmissione su altre piattaforme o su quelle che l’avente diritto non intende usare, potendolo poi sublicenziare solo nel caso in cui l’organizzatore della competizione permetta la procedura. La scelta di utilizzare la “vendita multipiattaforma” è giustificata da una parte dalla necessità di raggiungere il miglior risultato possibile nella commercializzazione dei diritti audiovisivi e dalla garanzia di protezione dell’esclusiva di questi, dall’altra poiché rispetta i canoni concorrenziali. Un altro argomento su cui è giusto dibattere è la regola del no single buyer che inibisce qualsiasi operatore, e anche l’intermediario indipendente, di acquistare in

150 “[…] non discriminazione tra particolari tecnologie, non imposizione dell’uso di una particolare tecnologia rispetto alle altre e possibilità di adottare provvedimenti ragionevoli al fine di promuovere taluni servizi indipendentemente dalla tecnologia utilizzata”. Codice delle comunicazioni elettroniche, art. 4, comma 3, lettera h).

90 esclusiva tutti i pacchetti contenenti le dirette. Il contenuto della norma è focalizzato sulle dirette dal momento che rappresentano il prodotto principale e con più attrattività. La regola è destinata solo alla “vendita multipiattaforma” . La durata dei contratti di licenza è sancita dall’articolo 10 che fissa questa ad un massimo di tre anni. La scelta di questo limite temporale non è stata casuale, ma è fondata su un ragionamento economico: nel caso in cui fosse stata stabilita una durata ridotta gli operatori non sarebbero stati incentivati ad effettuare investimenti redditizi per la piattaforma; nel caso in cui fosse stata scelta una durata più prolungata ciò avrebbe potuto ostacolare il criterio di concorrenza su cui si regge il Decreto. L’organizzatore della competizione può stabilire una durata inferiore a quella insita nell’art. 10. Questo però deve fissare una durata temporale massima dei contratti di licenza che garantisca la partecipazione degli operatori alle procedure competitive. Nel momento in cui l’operatore della comunicazione si aggiudica i diritti acquista anche l’obbligo di utilizzarli solo sulla piattaforma per cui è in possesso del titolo abilitativo. L’acquisto del suddetto obbligo è motivato dalla volontà di tutelare il consumatore finale che vuole esser messo in condizione di poter usufruire della visione dell’evento sportivo. Questa regola non implica la possibilità di visualizzare quell’evento su qualsiasi tipologia di piattaforma, infatti, se è prevista la distribuzione solo sul satellite, l’utente non ha alcuna possibilità di vedere quell’evento sul digitale terrestre o su internet. La sanzione prevista nel caso in cui l’operatore utilizzi i diritti acquisiti su una piattaforma per la quale non è dotato del titolo abilitativo è la risoluzione del diritto. In tal senso l’assegnatario che trasmette su una piattaforma diversa da quella dotata di titolo abilitativo o nel caso in cui questi perda il titolo abilitativo, durante la scadenza temporale prevista dal contratto di licenza, vedrà ritirato il diritto di trasmissione dei diritti in questione senza alcun indennizzo del corrispettivo pattuito.

91 Ulteriore divieti fissati dal Legislatore riguardano la possibilità dell’assegnatario di sublicenziare i diritti ad altri e di ritrasmettere il proprio segnale in assenza di autorizzazione in forma scritta da parte del suo dante causa. In primo luogo non è quindi consentita la sublicenza per evitare che l’assegnatario dei diritti rimpiazzi l’organizzatore della competizione nella commercializzazione dei diritti. L’assegnatario, in assenza di questo divieto, avrebbe potuto infatti acquistare il diritto e poi rivenderlo controllando il mercato a suo piacimento. Quando si parla di sub-licenza bisogna analizzare due termini distinti: • “cedere i contratti di licenza”151. Mediaset ha utilizzato nel passato con SKY la forma di cessione parziale dei diritti di trasmissione in forma satellitare per le partite con alcune top team (Juventus, Inter, etc.) poiché la società di Murdoch aveva intenzione di creare un rapporto con le società sportive cedute. • “subconcedere in licenza”. E’ un contratto per il quale il licenziatario accorda in licenza ad un altro operatore, il diritto di utilizzare i diritti audiovisivi sportivi su una o più piattaforme in chiaro o pay. I licenziatario però non perde la facoltà di controllare e gestire i diritti concessi in sublicenza. In un comunicato stampa del 19 maggio 2015 AGCOM informa che è stata concessa una deroga al divieto di sub-licenza per il pacchetto dei diritti audiovisivi riferiti al campionato di Serie A per le stagioni 2015/2016, 2016/2017 e 2017/2018. Tale concessione è scaturita da un’intesa concordata tra l’AGCOM e l’Antitrust che hanno ritenute valide le motivazioni sollevate dalla Lega Nazionale Professionisti Serie A: − “gli accordi fra sub-licenziante e sub-licenziatario prevedono forme di condivisione dei prodotti audiovisivi oggetto del Pacchetto 152 tali da consentire un’ampia diffusione degli eventi su più piattaforme;

151 art. 1406 c.c.: “Ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l'altra parte vi consenta”. 152 Pacchetto D che comprende 132 partite non incluse nei pacchetti aggiudicati A e B relativi entrambi a 248 eventi in esclusiva rispettivamente sul satellite e sul digitale terrestre.

92 − il sostanziale beneficio per gli utenti, i quali non sarebbero costretti a stipulare nuovi contratti con operatori diversi e a cambiare conseguentemente i propri apparati tecnologici per poter fruire di un’offerta unitaria relativa a tutti gli eventi del campionato di serie A”;153 La deroga si rifà solo al Pacchetto D, molto inferiore a tutti gli eventi della Competizione, ed inoltre non è prevista la sub-licenza di tutti i 132 eventi del Pacchetto. La finalità della norma è quella di consentire la diffusione degli eventi su più piattaforme e la condivisione dei prodotti contenuti nel Pacchetto D fra più operatori concorrenti, andando a migliorare il prodotto audiovisivo e conseguentemente portando valore per l’utente. Non è proibita invece dal D.lgs. n. 9 del 2008 la pattuizione, dopo aver avuto l’autorizzazione dall’organizzatore della competizione, da parte dell’assegnatario dei diritti televisivi di accordi non esclusivi contenenti la ritrasmissione dei prodotti audiovisivi da parte di terzi e accordi di distribuzione del segnale su altre piattaforme. Sono richiesti però nel seguente ordine: l’autorizzazione in forma scritta da parte dell’organizzatore della competizione, il pagamento di una somma all’organizzatore della competizione e l’assenza di pregiudizio dei diritti acquistati da terzi. Solamente nel caso in cui si verifichino questi presupposti, l’operatore della comunicazione può stipulare differenti tipologie di accordi aventi ad oggetto: − “la ritrasmissione, in simultanea o in differita, dei prodotti audiovisivi, direttamente, anche sulla stessa piattaforma; − la ritrasmissione, in simultanea o in differita, dei prodotti audiovisivi, da parte di terzi, anche sulla stessa piattaforma; − la distribuzione del segnale su altre piattaforme”154. Passando al caso in cui i diritti audiovisivi sportivi che non siano stati venduti, ossia non siano stati alienati con la procedura della commercializzazione centralizzata, l’organizzatore dell’evento può vendere indifferentemente sia i

153 AGCOM, Delibera n.379/14/CONS, Rilascio di deroga al divieto di sub-concessione in licenza a terzi di cui all’articolo 11, comma 6, del decreto legislativo 9 gennaio 2008 n.9, del pacchetto dei diritti audiovisivi relativamente al campionato di Serie A per le stagioni sportive 2015/2016, 2016/2017 e 2017/2018, in AGCOM.it 154 E. MORELLI, I diritti audiovisivi sportivi, cit. pag, 704

93 diritti di natura primaria che quelli di natura secondaria, in parallelo e in concorrenza con l’organizzatore della competizione, attraverso il suo canale tematico 155 . In caso di fallimento della vendita l’organizzatore conserva comunque la contitolarità sui diritti ma passa da un controllo in via esclusiva a un controllo non esclusivo. Si modifica solo la procedura di esercizio del diritto audiovisivo sportivo volta, da una parte ad assicurare la concorrenza tra organizzatore della competizione e organizzatore dell’evento e dall’altra a tutelare il diritto dell’utente a partecipare all’evento televisivo, ma non la titolarità. L’unica eccezione che il Legislatore fissa con riferimento all’alienazione dei diritti rimasti invenduti è quella riguardante i cosiddetti diritti invendibili 156 relativi alle dirette, che per decisione dell’organizzatore della competizione non possono essere venduti157. Riassumiamo ora brevemente chi si è aggiudicato i diritti audiovisivi alienati dalla Lega Calcio dal 2014 fino alla conclusione del venturo triennio 2015-2018. La stagione appena conclusa (2014-2015) ha visto SKY trasmettere 380 partite di Serie A in diretta, mentre Mediaset Premium ha avuto il diritto di diffondere le partite in casa e fuori casa di 12 squadre di Serie A: Juventus, Milan, Inter, Roma, Lazio, Napoli, Genoa, Palermo, Torino, Verona, Fiorentina, Atalanta. Nella stagione attualmente in corso (2015-2016), Mediaset Premium si vede ridotto ad 8 il numero di squadre per cui ha il diritto di trasmissione in diretta. Può infatti distribuire sulla piattaforma digitale solamente le partite in casa e fuori di: Juventus, Milan, Inter, Napoli, Lazio, Fiorentina e Genoa. Guadagna però la precedenza nelle interviste, a conclusione della partita e l’esclusiva dell’intervista tra il primo ed il secondo tempo, delle immagini all’interno degli spogliatoi. Di contro SKY può trasmettere tutte le partite della Serie A per l’intero triennio 2015-2018, garantendosi l’esclusiva di 132 partite all’anno del massimo campionato oltre a quella del Campionato di Serie B.

155Segnalazione AGCM al Governo del 13 settembre 2008 “qualora all’esito della complessiva procedura così esperita, la Lega Calcio non pervenga comunque all’assegnazione dei diritti, dovranno trovare applicazione le previsioni della Linee Guida relative alla commercializzazione dei diritti rimasti invenduti, ai sensi dell’art. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 9/2008, vale a dire l’immediata attribuzione ai singoli club della facoltà di commercializzare individualmente”, sito web istituzionale AGCM. 156 Art. 10, comma 4 157 in tal senso si consulti l’art. 7, comma 7

94 La Rai dal canto suo mantiene i diritti di trasmissione fino al 2018 della Coppa Italia e della . La novità per emittenti tv italiane per il triennio 2015-2018 riguarda la distribuzione delle partite della Uefa Champions League. Infatti Mediaset Premium, con un’offerta pari a 660 milioni di euro, si aggiudica l’esclusiva del torneo a discapito di SKY che ottiene invece il diritto esclusivo della Europa League.

4.3.6. L’ORGANIZZATORE DELLA COMPETIZIONE: PRODUTTORE DIRETTO DI CONTENUTO, IL CASO “SERIE A TV”

Se l’organizzatore optasse per produrre e distribuire direttamente i prodotti audiovisivi sportivi dovrebbe preliminarmente compiere una scelta: alienare a terzi o operare in proprio158. La previsione di questa modalità di utilizzazione dei diritti audiovisivi sportivi è mossa dalla volontà di favorire la Lega Calcio sia nel caso in cui questa voglia semplicemente provvedere alla vendita di questi, sia nel caso in cui intenda assumere il ruolo di editore dei propri contenuti. Sta prendendo piede, così, per la stagione 2015-2016, “Serie A Tv”, un canale, a pagamento e visualizzabile solo tramite IPTV o Telefonia Mobile, direttamente edito dalla Lega Serie A sul quale verranno trasmesse, per ogni giornata del campionato, tre partite in diretta contenute nel Pacchetto E (invenduto all’asta). Infront ha acquisito tale Pacchetto che include 114 partite distribuibili sulla piattaforma Internet da trasmettere in modalità OTT159. I vantaggi di questo nuovo canale, istituito direttamente dalla Lega Serie A, sono quelli di rendere fruibile un

158 Se decidesse di operare in proprio, esso dovrà agire “nel rispetto dei principi di libera concorrenza e nei limiti delle disposizioni comunitarie vigenti”, ex art. 13 D.Lgs. n. 8/2008. 159 “L’AGCOM definisce gli OTT imprese prive di una propria infrastruttura e che in tal senso agiscono al di sopra delle reti, da cui il termine over-the-top, e che forniscono, attraverso le reti col protocollo Internet, servizi, contenuti e applicazioni di tipo "rich media" (ovvero tipologie di pubblicità che appaiono “sopra” la pagina di un sito mentre lo si visita e che dopo una certa durata scompaiono), basati sulla forte presenza di contenuti audiovisivi, e che traggono ricavo, in prevalenza, dalla vendita di contenuti e servizi agli utenti finali (ad esempio nel caso di Apple e del suo iTunes) o di spazi pubblicitari, come nel caso di Google e Facebook”, fonte Wikipedia

95 pacchetto che non era stato venduto all’asta e inoltre permette all’organizzatore della competizione di svincolarsi dagli operatori della comunicazione che hanno oramai sempre più peso all’interno delle trattative. Tuttavia non pochi sono i dubbi sollevati dalla dottrina contro questa pratica. La Lega Calcio infatti potrebbe assumere una posizione dominante nel mercato dei diritti audiovisivi, aumentando vertiginosamente il suo potere contrattuale e creando i presupposti per il c.d. leveraging160. La ratio della norma è completamente svincolata da queste possibili conseguenze. Il Legislatore intende scongiurare un possibile obbligo da parte dell’organizzatore dell’evento nel vendere a tutti i costi il prodotto in presenza di offerte al ribasso da parte di un operatore. Da una parte quindi troviamo la Lega Serie A che vuole vendere il prodotto direttamente all’utente finale; dall’altra l’operatore che non vuole veder pregiudicata la sua attività di distribuzione dall’operare della Lega. È fuori dubbio che la distribuzione diretta dei prodotti audiovisivi da parte della Lega Serie A rientri nella sua autonomia negoziale e commerciale e quindi non pregiudichi l’operato degli operatori della comunicazione.

4.3.7. I PROVENTI DELLA VENDITA COLLETTIVA

I proventi della vendita collettiva sono distribuiti tra le squadre in base ad alcune modalità che variano da Paese a Paese. Tre criteri principali sono però alla base di tale procedura: 1. mutualistico 2. meritocratico sportivo; 3. di notorietà. Circa la metà dei profitti è ripartita tenendo conto del principio mutualistico, ossia sono divisi in parti equivalenti tra le squadre partecipanti al Campionato. La

160 Distorsione dei mercati generata dalla possibilità della Lega Calcio, monopolista nella produzione di eventi a contenuto sportivo, di assumere una posizione di monopolio anche nella distribuzione.

96 rimanente parte dei ricavi è divisa secondo un mix di criteri di notorietà e meritocratici. I secondi rispecchiano i risultati sportivi che la squadra ha conseguito nell’ultima e/o nelle precedenti edizioni del campionato, mentre i primi tengono conto di alcune formule per calcolare la capacità di un club di attirare spettatori allo stadio. Entriamo ora più nel dettaglio per derivare l’iter distributivo dei proventi ricavati dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi. Le norme attinenti alla ripartizione dei ricavi, generati dalla vendita centralizzata dei diritti audiovisivi, sottendono due principi cardine del Decreto: la “solidarietà ed equità della ripartizione”161 e la “massimizzazione dei ricavi e dei profitti”162. Il concetto di solidarietà espresso dalla norma è giustificato da una necessaria promozione dei campionati inferiori e una congrua crescita delle squadre meno blasonate per assicurare “l’equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive”163 volto a mantenere vivo l’interesse degli appassionati sul campionato nella sua interezza e non sulla singola partita di cartello. Nella ripartizione dei proventi sono preliminarmente distinti i diritti audiovisivi primari e secondari venduti in modalità collettiva dai diritti secondari la cui utilizzazione spetti all’autonomia decisionale degli organizzatori degli eventi164. Solamente i ricavi generati dall’alienazione dei diritti appartenenti al primo gruppo sono suddivisi tra tutti i soggetti partecipanti alla competizione. Di contro i ricavi prodotti dalla vendita dei diritti appartenenti al secondo gruppo spettano al singolo club che organizza la partita. In aggiunta, dall’ammontare complessivo dei ricavi della vendita centralizzata vanno dedotte le quote stabilite per la mutualità generale e per il principio di solidarietà sopra esposto. Oggetto di discussioni e riflessioni è il concetto di “mutualità”. Il primo obbligo solidale posto in capo alle società sportive professionistiche è quello di destinare una somma non inferiore al 4% delle risorse ricavate dalla vendita dei diritti

161 Art. 10 162 SARTI, Gestione individuale e collettiva dei diritti su eventi sportivi, in AIDA, 2008, pag. 123 163 Art. 1 164 Spettano al singolo club i ricavi derivanti dalla commercializzazione dei diritti secondari: a) i diritti secondari stabiliti dall’art. 4, comma 3, relativi ai canali tematici; b) i diritti secondari fissati da un contratto; c) i diritti secondari che diventano, a seguito di una mancata alienazione, oggetto di autonoma commercializzazione da parte del singolo club ex art. 11, comma 3.

97 televisivi ad una Fondazione165 che dovrà poi a sua volta ripartire le risorse per: “ […]lo sviluppo dei settori giovanili, la valorizzazione delle categorie dilettantistiche, il sostegno agli investimenti in materia di sicurezza degli impianti sportivi e il finanziamento di almeno due progetti a sostegno di discipline sportive diverse da quelle calcistiche”166. La Fondazione assume un ruolo primario nella ripartizione dei ricavi e persegue principalmente due scopi: − non lucrativo, svolgendo la propria attività di utilizzazione delle risorse e di intervento nella massima trasparenza contabile-finanziaria possibile, ex art. 23, comma 2 del Decreto − di pubblica utilità in virtù dei tre obiettivi ex art. 22, comma 1, D.lgs. n. 9/2008. Gli obiettivi fissati dal sopraccennato articolo, non solo sono obbligatori, ma anche esclusivi. La Fondazione ha l’onere di eseguire l’attività di finanziamento nei confronti dei settori giovani delle società professionistiche, della sicurezza degli impianti sportivi, di discipline sportive differenti dal calcio. Il secondo obbligo di “solidarietà” è destinato all’organizzatore del campionato di calcio di Serie A, la quale deve disporre di una somma annua non inferiore al 6% delle risorse complessive, garantite dalla vendita dei diritti audiovisivi del Campionato di Serie A, destinata alle categorie professionistiche inferiori (Lega di Serie B, e della Lega Pro). La ratio in tal caso sta nel far crescere e incentivare il Campionato di Serie B e Lega Pro per ridurre il divario con la Serie A. Conclusa l’analisi riguardante la distribuzione su base “mutualistica”, passiamo alla ripartizione dei proventi fra i soggetti partecipanti alla competizione. Due sono i criteri, secondo l’art. 25 del Decreto, per distribuire le risorse all’interno della competizione stessa: 1. Il primo criterio riguarda l’obbligo di destinare, in egual misura, una somma non inferiore al quaranta percento tra tutti i partecipanti alla competizione sportiva. L’attribuzione in parti uguali del 40% tra tutti i

165 “Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre”, ex art. 23 166 Art. 22

98 soggetti partecipanti è conditio sine qua non per il raggiungimento del conclamato obiettivo della competitive balance. 2. Il secondo criterio è su base meritocratica sportiva: per ogni squadra partecipante deve essere destinata una quota restante, calcolata relativamente al risultato sportivo, che non può essere inferiore a quella relativa al bacino d’utenza. La bontà di tali criteri è garantita dall’incertezza del risultato, che è alla base dell’equilibrio delle squadre e quindi di un’equa ripartizione meritocratica, dalla professionalità degli atleti nell’attività sportiva, che permette alle squadre di ottenere risultati migliori nei campionati, e dal mantenimento di un buon bacino d’utenza di una squadra, che è direttamente correlato ad i risultati sportivi conseguiti. Nonostante la validità dei due criteri ex art. 25, la Lega Calcio ha il diritto di modificare, con delibera approvata da una maggioranza qualificata dei tre quarti dei titolari del diritto di voto nell’assemblea di categoria, i criteri di ripartizione delle risorse.

Il primo anno di applicazione dei criteri di ripartizione, per il campionato di calcio, fissati dal Decreto è il 2010-2011 e si sono estesi fino al 2011-2012. Le percentuali sono state così fissate:

Ripartizione dei Diritti audiovisivi Serie A Risultato storico 10%

Risultato storico Utime 5 stagioni Utime 5 stagioni Ultima stagione Parti uguali 15% 40% Ultima Popolazione stagione 5% sostenitori Popolazione Parti uguali sostenitori 5% 25%

99

• il quaranta per cento in egual misura tra i partecipanti alla Serie A; • il trenta per cento a seconda dei risultati sportivi. Questa percentuale è calcolata tenendo conto: del “risultato storico” ottenuto dal 1946 fino ai cinque anni anteriori il campionato considerato per il 10%, del risultato sportivo dell’ultimo quinquennio per il 15% e del risultato nell’ultimo torneo per il 5%; • il trenta per cento in base al bacino d’utenza, di cui il 25% relativamente ai sostenitori di ciascuna società sportiva di Serie A e il 5% in base alla popolazione del comune di riferimento della squadra. Come analizzeremo più avanti, a partire dal 2010 la questione relativa alla determinazione del bacino d’utenza sarà argomento largamente dibattuto. Entriamo ora nel dettaglio, focalizzandoci su un’analisi quantitativa della ripartizione dei ricavi derivanti dalla vendita dei diritti audiovisivi della Serie A, simuliamo fittiziamente l’applicazione delle norme del D.lgs. 9/2008 per la stagione 2009-2010167 Il primo criterio, come abbiamo spiegato sopra, prevede una suddivisione paritaria pari al 40% dei ricavi fra le 20 squadre partecipanti168, quindi ad ogni club spetta il 2% delle Risorse Economiche Nette (Ren)169. Il secondo criterio è più complesso del primo poiché prevede una suddivisione per i risultati sportivi pari al 30%, ripartito a sua volta in base a tre percentuali. La prima (pari al 5%) considera il risultato dell’ultima stagione, si creano quindi 210

167 Dati stimati vista la mancanza di dati sensibili distribuiti dalla Lega Calcio. 168 Per la stagione 2009/2010: Inter, Milan, Napoli, Roma, Juventus, Fiorentina, Lazio, Palermo, Parma, Genoa, Bari, , Sampdoria, Cagliari, Udinese, Bologna, Atalanta, Livorno, Siena, Chievo Verona. 169 Dal valore complessivo dei diritti audiovisivi devono essere sottratte: − la quota destinata alle tre squadre retrocesse in Serie B: importo fisso calcolato in base al numero delle partecipazioni al campionato di Serie A nei due anni precedenti 2007/2008 e 2008/2009( per esempio la squadra retrocessa che ha partecipato a due campionati di Serie A precedenti alla retrocessione ha diritto ad incassare 5 milioni di euro, mentre la squadra che ha partecipato a solo un campionato precedente deve incassare 2,5 milioni di euro); − a ciascuna delle tre neopromosse (Bari, Livorno e Parma) devono essere dedotti 2,5 milioni di euro spettanti equamente alle squadre che hanno partecipato all’Europa League.

100 parti ciascuna pari allo 0,024% (210*0,024=5%) che saranno attribuite rispettivamente:

Club (in base alla posizione in %Risorse economiche nette classifica, dal primo piazzamento, (20-x)*0,024% con x=1,2,…,19 all’ultimo) Inter 20*0,024%=0,48% Roma 19*0,024%=0,45% Milan 18*0,024%=0,43% Sampdoria 17*0,024%=0,40% Palermo 0,38% Napoli 0,35% Juventus 0,33% Parma 0,31% Genoa 0,28% Bari 0,26% Fiorentina 0,24% Lazio 0,21% Catania 0,19% Cagliari 0,17% Udinese 0,14% Chievo 0,12% Bologna 0,09% Atalanta 0,071% Siena 0,048% Livorno 0,024% (x=19)

La seconda (pari al 15%) considera i risultati delle ultime cinque stagioni (in tal caso dal 2004/2005 al 2008/2009). Come nel caso precedente, sono assegnati 20 punti a chi ha raggiunto il miglior risultato nella Serie A, 19 al secondo miglior risultato, e così via fino all’ultima squadra, posizionata in questa classifica, alla

101 quale è assegnato un solo punto170. Si sommano quindi i punti ottenuti dalla stagione 2004-2005 e ogni squadra potrà avere un punteggio massimo pari a 100 e minimo pari a 5. Per esempio la Lazio ha ottenuto rispettivamente:

Club 04-05 05-06 06-07 07-08 08-09 Totale Lazio 12 8 18 9 11 58

Collocandosi nell’ottava posizione della classifica 171, stilata in base a tale criterio, la Lazio ha ottenuto 12 punti che vanno moltiplicati per per 0,071% (=15%/210) ottenendo una Ren%= 12x,071% = 0,857. L’ultima quota (10%) è particolarmente complessa, ed è calcolata tenendo conto dei risultati sportivi conseguiti, dal 1946/47 fino ai cinque anni precedenti il campionato in corso, in tutte le manifestazioni nazionali e internazionali. Anche in tal caso sono assegnati dei punti a seconda del piazzamento nei campionati e nelle coppe: • 10 punti alla squadra che ha partecipato al campionato di Serie A, 7 punti al il campionato di Serie B, 4 punti al campionato di o C1 o , 2 punti al campionato di Serie C2 o Lega Pro seconda divisione; • 4 punti per ogni scudetto vinto, 2 punti per ogni Coppa Italia (o Tim Cup) vinta, 1 punto per ogni Super Coppa italiana vinta; • 5 punti per ogni Champions League (o ex Coppa dei Campioni) vinta, 3 punti per ogni Coppa delle coppe conquistata, 2 punti per ogni Europa League (o ex Coppa Uefa) o ex Coppa delle Fiere vinte, 1 punto per ogni Super coppa Uefa o Mondiale FIFA per club o Coppa Intercontinentale vinte.

170 I piazzamenti in Serie B si calcolano nel seguente modo: chi vince la finale dei play off è considerata terza nella classifica finale, chi perde la finale si colloca al quarto posto, la squadra arrivata in semifinale e con il miglior piazzamento sulla classifica di Serie B si colloca al quinto posto, l’altra semifinalista al sesto posto. Chi ha vinto il play out invece è diciottesimo e chi l’ha perso è diciannovesimo. 171 Al primo posto troviamo l’Inter con 98 punti, seguita da Milan (88), Roma (86) e Palermo (70); nelle ultime posizioni troviamo Catania (29), Bologna (18) e Bari (12).

102 Si sommano quindi i punteggi dal 1946-47 al 2003-2004 e si stila una classifica uguale a quella del caso precedente (alla prima classificata sono associati 20 punti, all’ultima 1 punto). Sempre portando come esempio la Lazio, essa ha conseguito un totale di 569 punti collocandosi in settima posizione172, ottenendo quindi 14 punti. Questi punti vanno ora moltiplicati per 0,048% (=10%/210) producendo un risultato pari a 14x0,048%=0,667. Passiamo all’analisi del terzo criterio che ha suscitato polemiche e discussioni. Esso definisce il bacino d’utenza a cui spetta una percentuale del 30% suddivisa a sua volta in 25% in base al numero dei tifosi del club e in 5% in base alla popolazione del comune di riferimento. La quota del 25% riferita al numero dei tifosi è calcolata considerando alcune rilevazioni effettuate su base triennale da tre società specializzate nelle ricerche di mercato. In ogni caso una squadra tipo non potrà vedersi attribuire più del 25% della quota, quindi la squadra con il più alto numero di tifosi potrà avere il 6,25% delle Ren. Se un club eccedesse questo valore, la differenza spetterebbe ai club restanti in proporzione al numero dei propri tifosi. Facciamo tre esempi di squadre del massimo campionato italiano con un numero complessivo di tifosi pari a 37.848.300: Club Tifosi nel %Ren Fattore %Ren territorio =(n°tifosi/tot.tifosi serie correttivo (Fa) finale= A)*25% italiano 173 %Ren+Fa

Juventus 10.040.000 6,632% 6,25%-6,632%= 6,250 -0,382 Lazio 1.791.000 1,183% 0,025 1,208 Siena 38.500 0,025% 0,001 0,026

La quota del 5% relativa alla popolazione è definita considerando gli abitanti del comune della squadra sulla base delle rilevazioni ISTAT. Per calcolare la % dei

172 Juventus in prima posizione con 701 punti, Milan con 687, Inter (635); Livorno in terzultima posizione con 270 punti, seguito da Siena (197) e Chievo (105). 173 Essendo in eccesso il valore della Juventus deve essere ripartito fra le restanti 19 squadre. Il totale dei sostenitori, ridotto di 10.040.000 relativi alla Juventus, è ora di 27.808.300. Per calcolare la quota spettante a ciascuno dei 19 club bisogna applicare la seguente formula: (n°tifosi/tot.tifosi)*0,382

103 Ren bisogna dividere il numero degli abitanti del comune per la popolazione totale dei comuni con almeno una squadra di Serie A e moltiplicare il risultato per il 5%.

Club Abitanti comune % Ren Lazio 2.553.873 0,920

Possiamo ora individuare la percentuale esatta spettante alla Lazio sommando le %Ren ottenute: %Ren tot.=0,21+0,857+2+0,667+1,208+0,920=5,862 Confrontiamo i dati relativi alla stagione 2009-2010, in cui non era ancora entrato in vigore la Legge Melandri-Gentiloni, e la stagione 2010-2011, primo anno di ritorno al sistema di vendita centralizzata.

Ricavi diritti audiovisivi Serie A (dati Gazzetta dello Sport)

100 90 80 70 60 mln 50 40 30 20 2009-2010 10 2010-2011 0 Bari Roma Lazio Napoli Genoa Parma Chievo Catania Cagliari Udinese Bologna Palermo Juventus Sampdoria Fiorentina Club

Come si evince dal grafico, il sistema di joint selling ha riequilibrato la distribuzione delle risorse, derivanti dalla vendita dei diritti tv, tra le squadre di Serie A174, riducendo leggermente la sperequazione tra le diverse società. La Juventus ha mantenuto un ruolo primario nella ripartizione delle quote, passando da 88 milioni di euro per la stagione 2009-2010 a 75,1 milioni nel 2010-2011

174 Mancano Il Brescia, il Lecce e il Cesena che nella stagione 2009-2010 erano in Serie B e nella stagione 2010-2011 incasseranno rispettivamente 23.4, 23.4 e 20,8 milioni di euro.

104 registrando una variazione negativa del 11,4%. Il Bologna invece, che nel 2009- 2010 valutava in bilancio 20 milioni di ricavi derivanti dai diritti tv, ottiene nel 2010-2011 28,6 milioni con una variazione positiva del 43%. La contitolarità dei diritti risulta quindi parzialmente efficace nel perseguire un’equa ripartizione dei ricavi. Infatti le tre maggiori squadre (in base ai risultati sportivi e al loro bacino d’utenza) Juventus, Inter e Milan ottengono complessivamente 218,7 milioni di euro su 789,5 milioni totali quindi una percentuale pari a 27,7 % dell’ammontare complessivo dei diritti audiovisivi. Questo ci fa capire che nel primo anno di applicazione dei principi e criteri del Decreto, solo limitatamente sono stati raggiunti gli obiettivi contenuti nella ratio della legge. Per la stagione 2012-2013 il valore complessivo dei diritti audiovisivi da suddividere tra i club è pari a 966,2 milioni da cui vanno sottratti 100,8 milioni175 determinando un ammontare delle Risorse economiche nette pari a 865,35 milioni di euro. Riepiloghiamo brevemente la suddivisione di tali risorse mediante l’applicazione dei principi ex articolo 25:

175 96,2 milioni per i settori giovanili e il calcio dilettantistico, 0,5 milioni verso AGCOM, 3,75 milioni ai club di Serie B.

105 Club Parti Bacino Risultati Totale uguali d’utenza sportivi Juventus 17,31 54,3 23,49 95,09 Milan 17,31 39,32 23,28 79,91 Inter 17,31 40,26 22,25 79,82 Napoli 17,31 25,48 18,75 61,54 Roma 17,31 21,91 20,6 59,82 Lazio 17,31 14,09 16,7 48,08 Fiorentina 17,31 7,53 18,74 43,59 Udinese 17,31 4,5 15,87 37,67 Palermo 17,31 7,03 10,51 34,85 Sampdoria 17,31 4,28 12,98 34,57 Genoa 17,31 6,02 10,5 33,84 Bologna 17,31 7,75 8,45 33,5 Cagliari 17,31 4,28 11,33 32,92 Atalanta 17,31 4,3 9,69 31,29 Torino 17,31 4,84 8,65 30,80 Catania 17,31 4,79 8,04 30,14 Parma 17,31 2,71 9,27 29,29 Chievo 17,31 2,46 5,35 25,13 Siena 17,31 1,76 3,08 22,15 Pescara 17,31 2,01 2,07 21,38 Totale 346,14 259,62 259,6 865,35

Dalla lettura della tabella deriva sempre la leadership della Juventus seguita da Milan, Inter, Napoli e Roma. I bianconeri si evidenziano per una dominanza rilevante nella quota del bacino d’utenza, detenendo infatti il 21% della quota complessiva (259,62 milioni) a differenza di un club come il Chievo Verona che detiene lo 0,95% del totale. Questo elemento ci fa intendere come la norma relativa al bacino d’utenza, contenuta nell’articolo 25 del D.Lgs. 9/2008, sostanzialmente privilegi i top team con un numero sempre maggiore di sostenitori e di cittadini del comune di riferimento. Risulta abbastanza surreale

106 infatti confrontare la tifoseria del Chievo con quella della Juventus e attribuire lo stesso peso alle percentuali ricavate. Da una prima analisi, quindi, il Decreto ha sì aumentato il valore dei ricavi delle squadre più piccole, basti pensare che nel 2003-2004 la squadra di Verona incassava circa 8 milioni di euro dalla contrattazione individuale mentre nel 2012-2013 ha ottenuto 25,13 milioni con una variazione positiva del 214,125%, ma non ha ancora del tutto risolto il problema del divario tra queste e le squadre più blasonate. Ciò ci può far pensare che l’elevata sperequazione tra le diverse società di calcio di Serie A non dipenda necessariamente dalla modalità di vendita dei diritti audiovisivi, ma piuttosto dalla tipologia di ripartizione delle risorse tra i diversi club. Come ha già ipotizzato Zeno-Zencovich176, il Governo non ha efficacemente risolto il problema ma ha voluto imporre una normativa dirigistica per controllare un settore fortemente in crescita rischiando di cristallizzare la normativa e sottovalutando le continue innovazioni tecnologiche dei new media. La medesima situazione emerge per la stagione 2014/2015 dove l’ammontare complessivo dei diritti audiovisivi risulta essere pari a 1.006 milioni di Euro. Da questo, come di consueto, vanno detratte la commissione all’Advisor Infront, la quota con finalità mutualistica, e il contributo per le squadre retrocesse in Serie B177. Svolgendo questi calcoli le Risorse Economiche Nette ammontano a 837 milioni di euro così suddivisi:

176 V.Z. ZENCOVICH, La statalizzazione dei diritti televisivi sportivi, cit. 177 Per la stagione 2014-2015 tale ammontare è aumentato fino ad un valore massimo di 30 milioni di euro per stagione.

107

Ricavi diritti audiovisivi Serie A 100 2014-2015 90 94 80 70 76,476,1 60 50 62 60,9 40 50,7 44 30 38,2 34,933,333,331,9 20 30 28,728,628,327,3 10 20,819,517,9 0

Juventus, Inter e Milan rientrano tra le squadre di prima fascia relativamente alla loro audience e all’appeal. Esse controllano il mercato incassando 246,5 milioni di euro, circa il 30% del totale. In seconda fascia troviamo il Napoli, la Roma e la Lazio, con il 20% delle risorse totali. Distanti da questi valori troviamo i cosiddetti club di terza fascia (Fiorentina, Sampdoria, Torino, Udinese, Genoa, Palermo, Cagliari, Parma, Atalanta, Chievo, Hellas Verona) che possiedono il 43% del valore complessivo. Sull’ultimo gradino del podio e fortemente distaccate vi sono le squadre di quarta fascia quali Sassuolo, Cesena e Empoli che hanno il 7% dell’ammontare totale. I club di prima fascia assumono quasi una posizione di monopolio delle risorse se confrontati con quelli di terza e quarta fascia. Infatti le due squadre di Milano e i bianconeri hanno 246,5 milioni contro i 358,5 detenuti da ben undici squadre appartenenti alla terza fascia. È poi disarmante il confronto tra la prima fascia e la quarta fascia, con una differenza di 188,3 milioni di euro a favore della prima e a parità di numero di squadre contenute negli insieme considerati. L’aumento dell’importo disponibile per il triennio 2012-2015 è andato a beneficio di tutte le squadre ma non ha colmato il gap tra il first-to-last group. Si concentrano infatti le risorse tra le prime cinque squadre (che controllano il 44,1% delle risorse nel 2014-2015 rispetto al 41,5% del 2010-2011).

108 A conclusione di questa analisi le colpe più grandi sono state attribuite al criterio di determinazione del “bacino d’utenza” e quindi ritengo opportuna una precisazione più dettagliata di questo.

4.3.8 FOCUS SUL CRITERIO DI DETERMINAZIONE DEL “BACINO D’UTENZA”

La contrattazione dei diritti per il triennio analizzato, 2012-2015, ha prodotto la somma record di 2,5 miliardi di euro versata da Sky Italia che si è aggiudicato il pacchetto 1 per 1,638 miliardi (558 milioni per il 2012-2013, 561 milioni per il 2013-2014 e 564 milioni per il 2014-2015) e da Reti Televisive Italiane che si sono aggiudicate il pacchetto 3 per 804 milioni (259 mln per la stagione 2012- 2013, 268 per il 2013-2014 e 277 per il 2014-2015) . Questo primato del calcio italiano comprova il ruolo leader della Serie A in tutta Europa nella vendita dei diritti audiovisivi per il mercato domestico. Viste le somme e gli interessi che muovono, i diritti audiovisivi sono sempre stati materia di discussione nei Tribunali. Un argomento fortemente critico è stata proprio la determinazione del bacino d’utenza. Il criterio del bacino d’utenza esplicita la capacità individuale della singola società di calcio, nel senso che determina il valore in termini di popolazione calcolata in base al numero dei sostenitori. Il termine “bacino di utenza” ha una derivazione tecnico-giuridica specialistica nel mercato della comunicazione televisiva. Il valore di un club è quantificato in funzione della sua popolarità che a sua volta è rilevata dal numero di soggetti presenti sul territorio nazionale che tifano per quel determinato club e finanziano le emittenti tv pagando l’abbonamento per assistere alle partite della loro squadra. Per definire il bacino d’utenza ci colleghiamo al concetto di utenza ossia all’insieme dei consumatori finali che fruiscono del prodotto audiovisivo tramite le differenti piattaforme. È per questo motivo che la componente del 5%, definita utenza potenziale, considera il bacino di utenza televisivo in base al comune o ai comuni dove la società sportiva ha sede. La delibera della Lega Calcio del 30 ottobre 2007 specificava la determinazione del bacino d’utenza in base al numero dei tifosi di ciascun club sportivo “[…]

109 quale risultante dalla media ponderata di tre rilevazioni demoscopiche effettuate di triennio in triennio da primarie società di ricerca” 178 . Inoltre era prevista l’assegnazione a ciascun club delle somme corrispondenti al risultato del rapporto tra il numero dei tifosi della squadra considerata e il numero dei tifosi complessivi di tutte le società iscritte al campionato di Serie A. Per proteggere le società minori era fissato un limite superiore della “quota tifosi” di ciascuna squadra pari al 25%. Il 1 luglio 2010 la Lega Calcio, nel proprio Statuto-regolamento, fissò la determinazione del bacino d’utenza in funzione del numero dei “sostenitori” di ciascun club determinato dalla media ponderata di tre rilevazioni demoscopiche effettuate ogni tre anni da società di ricerca. La nuova “quota sostenitori” è determinata dal numero dei sostenitori del club diviso il totale dei sostenitori del campionato di Serie A, fermo restando il limite massimo del 25%. “Il termine “sostenitore” 179 è utilizzato dal Legislatore in modo coerente con la propria tecnica linguistica e giuridica ed è sinonimo di “tifoso”. Entrambi i termini si riferiscono esclusivamente al soggetto che mostra un’univoca, appassionata, entusiastica e sistematica dimostrazione di favore per una sola e determinata squadra di calcio a svantaggio di tutte le altre”180. A partire dal 2010 sono state numerose le riunioni della Lega per cercare di modificare i criteri di determinazione del bacino d’utenza, cercando di rendere più efficaci i criteri applicati alle società di ricerca demoscopica. Ad opporsi a queste possibile modifiche furono i top team del massimo campionato italiano che volevano mantenere la loro elevata quota di Risorse economiche nette derivanti dal bacino d’utenza. . Il criterio del bacino d’utenza, inoltre, lascia una considerevole discrezionalità alla Lega Calcio e quindi è stato fonte di numerose critiche e opposizioni, anche in relazione agli importi che scaturiscono dalla sua formulazione181.

178 J.F.DIAZ, F.M.BALESTRA,G.S. SFORZOLINI, La ripartizione dei ricavi derivanti dalla vendita collettiva dei diritti audiovisivi degli eventi calcistici. Controversie tra le squadre e prospettive antitrust, pag. 10, in web site Clearly Gottlieb 179 art. 19 comma 2, b1 180 E.MORELLI, I diritti audiovisivi sportivi, cit., pag. 871 181 circa 600 milioni di euro per il triennio 2012-2015

110 Nel 2011 fu emanata dalla Lega Calcio la Delibera del 15 aprile 2011 che fissava dei principi per porre in essere l’attività di analisi demoscopica sulla base di un’intervista: 1. il primo step è la suddivisione degli intervistati in tre categorie: − appassionati: sono i veri “finanziatori” del calcio sia in termini economici, poiché spendono molti soldi per l’acquisto di abbonamenti allo stadio o alla pay tv, sia in termini emotivi e partecipativi; − partecipanti: a differenza dei primi non finanziano il calcio in maniera determinante né con gli abbonamenti allo stadio né con la fruizione in televisione. Assistono alle partite a casa di amici appassionati, seguono programmi sportivi in chiaro sulla televisione, si informano tramite internet; − simpatizzanti: mostrano interesse verso la squadra, ma seguono questa solamente tramite i mezzi di informazione; 2. il secondo step è il raggruppamento dei “tifosi” di un club ma allo stesso tempo “simpatizzanti” di un’altra in ulteriori due categorie: in quella degli “appassionati” o “partecipanti” del primo club e in quella dei “partecipanti” o “simpatizzanti” del secondo club; 3. il terzo step riguarda l’utilizzo dei dati Auditel riguardanti l’audience delle partite di Serie A per la stagione 2010/2011; 4. il quarto step è una ponderazione dei fattori nel seguente modo: − appassionati: 1,5 − partecipanti: 1,0 − simpatizzanti: 0,5 − dati Auditel: 1,5 Il concetto alla base della delibera del 2011 non è più quello di “tifoso” ma è quello di “sostenitore” poiché quest’ultimo termine concerne la fruizione del prodotto calcio tramite i mezzi audiovisivi. Infatti il numero dei tifosi dipende da variabili quali la città di provenienza, i successi sportivi della squadra, l’influenza della famiglia, mentre il concetto di sostenitore mette in risalto l’intero prodotto calcio distribuito sulle piattaforme audiovisive.

111 Nel 2011-2012 si è aperto un contenzioso tra Juventus, Inter, Milan, Roma e Napoli che si scontravano con le restanti quindici squadre di Serie A. I top team criticavano l’uso dei dati riguardanti l’audience televisiva. Sostanzialmente esse sottolineavano come in caso di un match tra una squadra più blasonata e una meno, la variazione di audience doveva essere ricondotta alla squadra più prestigiosa. Ciò che criticavano era l’impossibilità da parte dell’Auditel di rilevare la “fede calcistica” dei telespettatori, ad esempio “in Inter-Chievo fa risultare un milione di spettatori e questi vengono divisi in parti uguali, senza riuscire chiaramente a sapere il numero preciso di pubblico di entrambe le squadre”182. La Corte di giustizia federale rigetta il ricorso delle cinque grandi squadre e lo stesso fa l’Alta corte di giustizia sportiva del Coni. Solo a novembre del 2011 Juventus, Milan, Inter, Napoli e Roma furono accontentate parzialmente con una modifica della delibera aprile 2011, riducendo a metà i valori di ponderazione dei dati Auditel. Dalla stagione 2011-2012 la Juventus detiene la maggior percentuale di ripartizione del bacino d’utenza (24,02%) in base alle tre indagini demoscopiche. Sempre per la stessa stagione seguono l’Inter (16,88%), Milan (16,44%) e Napoli (10,01%). Bisogna evidenziare come le squadre di minor blasone risultano avere una percentuale bassissima, basti considerare il (0,81%), il Cesena (0,79%) e il Siena (0,65%). Per la stagione 2012-2013, secondo le indagini demoscopiche, la Juventus mantiene il podio per la ripartizione in funzione del bacino d’utenza con una percentuale del 23,81%. L’Inter (15,54%) invece perde il secondo posto a favore del Milan (15,65%). Negli ultimi gradini della classifica si trovano il Parma (0,96%), il Chievo (1,21%) e l’Atalanta (1,17%). Il Campionato di Serie A 2015-2016 potrebbe perdere una considerevole percentuale di “sostenitori” a favore del Campionato di Serie B. Infatti le squadre di quarta fascia della Serie A sono: Carpi, Empoli, Sassuolo, Frosinone e Chievo che non hanno un seguito determinante. In Serie B troviamo, di contro, club come il Bari, il Cagliari, la Salernitana con un’affluenza negli “stadi reali” e con

182 Paolillo, ex amministratore delegato dell’Inter, Paolillo minaccia le medio piccole: “ Non compriamo giocatori da voi”, in gazzetta.it , 13 maggio 2011

112 audience del cosiddetto “stadio virtuale” molto elevati. Per questo motivo si teme una riduzione sostanziale del valore dei diritti audiovisivi sportivi a fronte del calcolo del bacino d’utenza. La ratio della Legge Melandri, come abbiamo più volte ribadito, è quella di ridurre il gap tra le piccole e le grandi squadre, tuttavia non è ancora riuscita nel suo intento e la Serie A sta perdendo il fascino di un tempo visto il dominio di poche squadre. Un problema che si potrebbe sollevare riguarda la percentuale del 5% attinente alla popolazione del comune di riferimento della società di calcio. Infatti questa favorirebbe squadre della stessa città come la Roma e la Lazio, poiché la percentuale è applicata sul totale della popolazione per entrambe le squadre e non è divisa in due, aumentando ancora di più il divario con squadre quali il Carpi e il Frosinone. Per evidenziare come le squadre medio-piccole della Serie A non sono favorite dal sistema di ripartizione dei ricavi della vendita dei diritti audiovisivi possiamo compiere un confronto con gli altri campionati europei di calcio.

4.3.9 FOCUS SUL CONCETTO DI COMPETITIVE BALANCE

Il collegamento tra l’equilibrio competitivo e la ripartizione dei ricavi derivanti dalla vendita dei diritti audiovisivi riveste un’importanza rilevante all’interno della dottrina economica-sportiva. A partire dall’esponenziale aumento dei ricavi derivanti dai diritti tv, molti autori economici hanno posto l’attenzione sulle specifiche forme di ricavo delle società sportive. Di questi, ad esempio Szymanski nel 2001 identificò la redistribuzione dei ricavi derivanti dall’alienazione dei diritti audiovisivi come fonte di possibile rafforzamento della competitive balance183 nei campionati sportivi. A prescindere dai contributi teorici, sono state sviluppate alcune ricerche empiriche che collegano la competitive balance con la vendita dei diritti tv.

183 D’ora in poi CB

113 La CB nei campionati europei ha diverse dimensioni. Tre sono le principali classificazioni che Szymanski ha elaborato: • CB delle partite: si riferisce all’incertezza del risultato dei match in un determinato campionato di calcio. In tal senso la misura della CB è stata proposta da Goossens nel 2006 ed è basata sul sistema NAMSI che raffronta la deviazione standard delle percentuali di vincita 184 con la deviazione standard in presenza del peggior caso di CB. • CB della stagione: si riferisce all’incertezza dell’intera competizione. • championship CB: riguarda il grado di dominio in un campionato durante più stagioni. Dobson e Goddard nel 2001 hanno offerto un punto di vista sull’argomento, improntato sulla base di tre classificazioni: guadagna 3 punti chi vince, 2 punti il secondo classificato e 1 punto il terzo. Sommando i punti nel corso di alcune stagioni si ottiene una distribuzione di punteggi ottenuti dalle squadre nel campionato. Dopo aver ottenuto tale distribuzione è applicato l’indice di Gini185 usando la media del numero delle squadre nel corso delle stagioni considerate. La nostra analisi fin ora ha mostrato come il calcio europeo ha costruito, nella maggior parte dei campionati, un sistema eccessivamente squilibrato che garantisce il dominio di poche squadre. L’elemento che ha destato ancora più preoccupazione riguardo ad un’iniqua distribuzione delle risorse in Europa è stato la presenza del torneo Champions League, al quale possono partecipare solamente le squadre che raggiungono i migliori risultati sportivi nell’arco di una stagione e grazie al quale i club partecipanti ottengono altissimi ricavi. Le squadre che partecipano ai Campionati europei hanno incrementato nell’arco degli anni gli investimenti in talenti per competere in tornei sempre più competitivi. Questo ha reso la Champions League una manifestazioni dall’elevato interesse mediatico ed economico visto l’incertezza del risultato la quale sottende. Tuttavia questo si

184 La sconfitta vale la metà dei punti rispetto ad una vittoria 185 J.UTT, R.FORT, Pitfalls to Measuring Competitive Balance with Gini Coefficients, J. Sp. Econ., vol. 3, n.4, 2002 Introdotto da Corrado Gini, statistico italiano, è una misura della diseguaglianza di una distribuzione. Il suo valore variare nell’intervallo tra 0 e 1, valori vicini allo 0 dimostrano una distribuzione abbastanza omogena, mentre valori vicini all’1 mostrano una distribuzione diseguale. Fonte: Wikipedia

114 riflette sulle squadre più piccole, partecipanti ai campionati nazionali, che non possiedono sufficienti risorse per investire in talenti e quindi rimangono indietro rispetto a quelle che invece partecipano alle competizioni europee. Il risultato è una maggiore CB a livello europeo, ma una sempre minore a livello nazionale. In virtù di queste ipotesi è stato proposto una contest success function (CSF)186per il Campionato di Serie A, connotato da un metodo di promozione e retrocessione. Il CSF parte dall’ipotesi che la percentuale di vittorie di una squadra i dipenda dalla disponibilità di talento che ha a disposizione rispetto al talento complessivo.

Chiamiamo wi la % di vittorie della squadra i, xi il talento che la squadra i ha disponibile e X il totale del talento delle squadre che competono in quel determinato campionato. Otteniamo che wi= con X= �� nel campionato di

’ Serie A, mentre wi = all’interno della Champions League (X’ > X e wi’< wi). Il raggiungimento di una corretta CB è la somma di numerosi fattori, di cui uno dei più determinanti è la distribuzioni delle risorse tra le diverse squadre, maggiore è il gap tra esse maggiore è l’incertezza del risultato delle partite in virtù del più alto potere di acquisto di talento delle squadre più ricche. È sempre più forte l’idea che un campionato di calcio sia più interessante se vi è equilibrio tra le squadre partecipanti, poiché le partite sarebbero più incerte e quindi seguite con più attenzione. Szymanski collega i risultati sportivi all’acquisto di talenti sportivi, convertendo la parola “talento” con “denaro”187. La misura utilizzata da Szymanski per misurare la CB è definita BSV 188 . Esso ipotizza un campionato in cui vi è perfetta CB e ogni squadra detiene la stessa qualità di talento sportivo. Si misura la frequenza complessiva, durante un certo numero di stagioni, per ogni squadra che raggiunge le prime k posizioni in classifica. Le frequenza sono poi sommate per ottenere il numero di club che si collocano in una delle k posizioni almeno una volta nelle stagioni scelte. Questo

186 M. PIERINI, Diritti tv e competitive balance nel calcio professionistico italiano, Rivista di diritto ed economia dello sport, Vol. VII, Fasc. 2, 2011, pag. 89 187 S.SZYMANSKI, Economic Design of Sporting Contest, in JEL, vol. 41, 2003 188 S.SZYMANSKI,L.BUZZACCHI,T.M. VALLETTI, Equality of opportunity and equality of outcome: open leagues, closed leagues and competitive balance, in J. Ind. Comp. Trade, vol. 3, 2003

115 numero risultante si confronta con quello effettivo e questo misura la BSV189. Stesso discorso si può fare per le ultime h posizioni, con la differenza che le ultime posizioni non possono essere uguali per più stagioni a causa del sistema di retrocessione. Il sistema da me utilizzato per sviluppare un analisi della CB è basato sulle classifiche degli ultimi sette campionati di Serie A (2008-2015) associando un punteggio pari a 20 alla squadra in prima posizione, a scendere fino all’ultima classificata alla ventesima posizione pari a 1. Consideriamo 3 squadre di prima fascia ( Juventus, Roma e Inter ), 3 di seconda fascia (Lazio, Napoli, Fiorentina) e 3 di quarta fascia (Chievo, Bologna, Catania). Calcoliamo ora la media di punteggio acquisito dalle squadre che appartengono a ciascuna fascia individuata per ogni stagione considerata e ricaviamo un andamento fittizio degli ultimi campionati:

20 18 18 17,6 16 16 16,3 15,3 14 13,6 12 12,3 1 fascia 11,3 11 10 2 fascia 8 7,6 6 6,3 5 3 fascia 4 2 0 2008-2009 2009-2010 2010-2011 2011-2012 Come si nota dal grafico nel 2008-2009 e nel 2009-2010 il distacco di punti tra le squadre di prima fascia e quelle di terza fascia era molto elevato, infatti l’Inter ha vinto il campionato nei due anni considerati e le prime posizioni sono state comunque occupate da Roma e Juventus. Il Chievo, il Bologna e il Catania nel 2008-2009 si sono piazzate invece nelle ultime posizioni, rispettivamente nella sedicesima, diciassettesima e quindicesima, migliorando solo parzialmente il loro piazzamento nel 2009-2010. In quegli anni il sistema di vendita utilizzato per i diritti audiovisivi sportivi era ancora quello individuale e quindi una delle

189 Se tende a 1 è maggiore la somiglianza tra l’ipotesi di perfetto CB e la realtà.

116 possibili motivazioni che ha limitato la performance sportiva e quindi i risultati delle squadre di terza fascia potrebbero essere gli introiti derivanti dai diritti tv. Infatti come abbiamo evidenziato nei capitoli precedenti, i diritti tv rappresentano una delle più importanti voci nel bilancio delle società sportive e quindi si configurano come una delle maggiori fonti da cui attingere per acquistare giocatori e talenti. Questa situazione muta leggermente nel 2010-2011 in cui si applicano i principi di ripartizione dei ricavi, derivanti dalla commercializzazione dei diritti televisivi, previsti dal Decreto Melandri-Gentiloni. Le squadre di terza fascia scalano alcune posizioni in classifica, potendosi permettere una migliore campagna acquisti garantita da un maggior valore in bilancio dei diritti audiovisivi. 20 18,3 16,6 17,317 15 15,6 15,6 1 Fascia 10 10 2 Fascia

5 3 Fascia 3,3 2,3 0 2012-2013 2013-2014 2014-2015

Nel 2012-2013 la situazione risulta essere migliorata ancora di più con il Bologna che raggiunge la 9a posizione e il Chievo lo segue di pari passo alla 10a posizione ma nella sostanza il risultato non è cambiato nel corso di questi anni. Infatti, nonostante il nuovo sistema di ripartizione dei ricavi dei diritti tv abbia leggermente favorito i club più piccoli questo non cambia gli esiti degli ultimi quattro campionati (2011-2015), la Juventus conquista per 4 anni di fila la prima posizione e nelle seguenti posizioni si posizionano alternativamente Napoli e Roma seguite da Lazio, Inter e Fiorentina. Più nel dettaglio possiamo riassumere, tramite una tabella, le prime quattro squadre del campionato di Serie A dal 2008 al 2015:

117 08-09 09-10 10-11 11-12 12-13 13-14 14-15 Inter 1 1 2 Juventus 2 1 1 1 1 Milan 3 3 1 2 3 Fiorentina 4 4 4 4 Roma 2 2 2 Sampdoria 4 Napoli 3 2 3 Udinese 4 3 Lazio 4 3

Milan dal 2008 al 2011 e Juventus dal 2011 al 2015 hanno dominato il Campionato di Serie A negli ultimi anni. La Juventus solamente nel 09-10 non raggiunge le prime quattro posizioni e subentra al suo posto l’outsider Sampdoria. Il Milan solamente negli ultimi due anni 2013-2015 non ha raggiunto una delle prime posizioni mentre la Fiorentina e la Lazio alternano buoni piazzamenti a stagioni fallimentari. La Roma di contro dal 2013 è divenuta l’antagonista principale della Juventus, seguita poi dal Napoli. L’inter invece, che ha monopolizzato i campionati dal 2008 al 2010, nelle ultime quattro stagioni non mai è riuscita a piazzarsi sul podio della Serie A. Come abbiamo anticipato prima, un livello più elevato di CB si concretizzerà in una maggiore incertezza dei risultati. Ciò non vuol dire però che il massimo grado di CB, dove ogni squadra detiene gli stessi livelli di “forza sportiva” ed economica, sia la soluzione ottimale. Un altro indice molto utilizzato è l’indice di Hirfindahl-Hirschmann (cd. HHI), che rappresenta la concentrazione o meglio la quota di scudetti ottenuti in una determinata Lega nel corso del tempo. Tale indice è determinato dalla somma dei quadrati della quota di scudetti per ogni team nell’arco di tempo considerato. Su 7 campionati, dal 2008 al 2015, l’Inter ha vinto 2 campionati, la Juventus 4 e il Milan 1; quindi l’indice è HHI=(2/7)2+(4/7)2+(1/7)2= 0,46. Non è un risultato eccessivamente elevato però conferma la nostra ipotesi di scarsa competizione. Infatti su 7 campionati, 6 sono divisi tra Juventus (4) e Inter (2) la quale abbassa leggermente il valore della HHI. L’inizio della stagione 2015-2016 ha connotato un forte aumento delle rose delle squadre della Serie A. A fronte di 350 milioni di euro investiti nel calciomercato

118 (+55% rispetto alla sessione precedente), la Serie A aumenta il proprio valore di 100 milioni rispetto ai tre mesi precedenti. Le rose dei 20 team valgono infatti ora 100,1 milioni di euro rispetto al 31 luglio190. Sul podio resta anche in tal caso la Juventus, che può vantare la vittoria degli ultimi quattro campionati, con una rosa che vale 388 milioni (+69 milioni del campionato 2014-2015, un crescita pari al 21,8%). Al secondo posto troviamo il Napoli (262 milioni) seguito dalla Roma (258), mentre chiudono la classifica dei top 5 l’Inter (238) e il Milan (203). Le squadre invece di fascia più bassa sono guidate in terzultima posizione dall’Hellas Verona (41,80 milioni), seguita in penultima dal Chievo (34,4) e in ultima dal Frosinone (28,10). Si nota quindi che in Serie A il rapporto tra il valore della rosa della Juventus e quella del Frosinone è pari a 13,8 e che la somma del valore di tutte le rose delle ultime 5 classificate (Frosinone, Hellas, Chievo, Carpi e Empoli) vale la metà della rosa bianconera. Questi dati rafforzano la convinzione che la Serie A non presenti un buon grado di CB a differenza di altri campionati europei più equilibrati dove la vittoria dello scudetto di un outsider come il Carpi non è quotata da una società di betting 5001:1191. Il campionato italiano di Serie A palesa quindi da una parte un basso turonover nelle prime posizioni in classifica, dall’altra una spietata competizione nelle ultime posizioni per evitare la retrocessione in Serie B. Ne discende una forte dominanza dei club più ricchi, a discapito di quelli più piccoli che non riescono quasi mai ad entrare nelle posizioni valevoli per partecipare alle competizioni europee e quindi ad ottenere introiti dalle sponsorizzazioni e dalle emittenti tv sufficientemente elevati per allestire una squadra più competitiva.

190 Fonte Transfermarkt.it 191 Fonte WilliamHill.it

119 4.4. SPUNTI COMPARATISTICI TRA SERIE A, LIGA SPAGNOLA E PREMIER LEAGUE I contenuti premium, di cui fanno parte gli eventi sportivi, sono utilizzati dai broadcasters come elemento di differenziazione nel settore della pay tv per attirare livelli sempre più elevati di audience, quindi nuovi abbonati e flussi monetari. Per questi motivi, la scelta di un modello di distribuzione svolge un ruolo determinante per riuscire a competere con i diversi players e le emittenti televisive sono disposte a pagare somme molto elevate per ottenere l’esclusiva degli eventi calcistici. A livello mondiale la FIFA aliena tramite un bando d’asta i diritti audiovisivi sportivi che contengono le proprie competizioni, l’UEFA invece vende l’intero pacchetto e poi i titolari potranno gestirne la sua diffusione. Ad esempio la vendita mondiale dei diritti tv e di sponsorship per la UEFA Champions League, Supercoppa UEFA e UEFA Europa League nel triennio 2015-2018 è amministrata da TEAM Marketing192 tramite la UEFA. Si legge nel documento “Media rights sales: 2015-18 UEFA Champions League /UEFA Super Cup” pubblicato sul sito della UEFA, che i diritti commercializzati devono essere offerti sulla base della neutralità di piattaforma, quindi i licenziatari possono sfruttare i diritti su ogni piattaforma multimediale quale la televisione, Internet e Mobile. Tuttavia le esperienze nazionali e in particolare quelle europee sono molto differenti tra loro e non sono guidate, come nel caso delle competizioni UEFA da un unico e standardizzato bando d’asta.

192 “TEAM Marketing is based in Lucerne, Switzerland and is a subsidiary of Highlight Communications AG. […]Over more than twenty years, TEAM Marketing has developed a reputation for outstanding sales, delivery and development in sports marketing. We have been working as UEFA's marketing partner for its club competitions since the inception of the UEFA Champions League in 1992” , www.team.ch

120 4.4.1 L’INGHILTERRA

La prima nazione che possiamo osservare è l’Inghilterra, dove non è mai stata promulgata una specifica normativa in materia di commercializzazione dei diritti audiovisivi calcistici. Le modalità di vendita sono però gestite dalla Federazione inglese, avente mandato dalle squadre che mantengono però l’effettivo possesso dei diritti. La vendita collettiva riferita al triennio 2013-2016 ha portato ai club facenti parte della Premier League un valore molto vicino ai 3 miliardi di sterline, il 70% in più rispetto al bando d’asta riferito al triennio precedente. L’elevato importo, derivante principalmente dall’aumento del prezzo dei diritti per la diffusione al di fuori del territorio inglese (specialmente in Asia), è ripartito tra le 20 squadre del campionato. Oltre a beneficiarne i club di Premier ne traggono vantaggio anche le 72 squadre delle divisioni professionistiche sottostanti: 450 milioni sono infatti destinati dai 20 club alla Football League193. Ad esempio, per il triennio considerato, le squadre della Championship, parificata alla Serie B italiana, otterranno circa 2,5 milioni di euro ciascuna, mentre i club che sono passati dalla Premier alla Championship incasseranno una somma complessiva pari a 57 milioni di euro per i prossimi quattro anni. L’ultimo contratto porterà invece alle società facenti parte della Premier League la cifra record di 6,9 miliardi di euro, pagati da British Telecom e da SKY per i diritti televisivi nazionali, per le stagioni 2016-2017, 2017-2018, 2018-2019, a cui si aggiungono circa 700 milioni di euro annui per i diritti internazionali. In base dati disponibili sul sito della BBC possiamo elaborare una tabella che analizzi lo sviluppo del valore dei diritti tv inglesi dagli anni ’90 ai giorni nostri:

193 La Football League è la seconda lega professionistica inglese. Ne fanno parte a sua volta tre campionati, per un totale di 72 squadre, di livello inferiore rispetto alla Premier League: Football League Championship, Football League One, Football League Two. Fonte: Wikipedia

121

6000 5136 5000 1992-97 1997-01 4000 2001-04 3018 milioni di 3000 2004-07 sterline 2007-10 2000 1706 1773 2010-13 1200 1024 2013-16 1000 670 2016-19 191 0 Arco temporale

Si evidenzia una crescita pari a circa il 70% dal 2013 al 2019 che ha triplicato il valore dei diritti audiovisivi inglesi. SKY, per le stagioni 2016-2019, si è aggiudicata cinque dei sette pacchetti disponibili con un’offerta quasi pari a 6 miliardi di euro che gli permetterà di trasmettere 126 partite a stagione. BT Sport invece, per 897 milioni di sterline, ottiene i diritti sulla Champions League e Europa League per tre stagioni a partire dal 2015-2016 oltre il diritto di trasmettere 42 partite in diretta. Il recente accordo ha però delle conseguenze sul costo medio unitario di ogni singolo match che sale a 10,2 milioni di sterline (SKY paga 10,8 milioni di sterline per ognuna delle 126 partite mentre BT Sport versa 7,6 milioni per ognuna delle 42 partite). Il primo fattore che ha aumentato esponenzialmente il costo dei diritti audiovisivi calcistici inglesi è la concorrenza. Infatti alcune emittenti estere quali Discovery194 e BeInSport 195 hanno obbligato SKY e BT ad offrire somme più importanti per mantenere il diritto sui Pacchetti del campionato inglese. Un ulteriore fattore che ha influito è stato la strategia commerciale. Per tale ragione SKY, che può vantare di circa 10,5 milioni di abbonati, ha individuato l’offerta

194 L’azienda statunitense che possiede Eurosport. (fonte Wikipedia) 195 Rete globale di canali sportivi, gestita da Investments Sport Qatar. (fonte Wikipedia)

122 dei diritti tv della Premier come elemento determinante per mantenere e attirare i clienti a sottoscrivere abbonamenti sia per la banda larga, la telefonia fissa e l’offerta tv in bundle. L’ultimo fattore che ha condizionato l’aumento del valore dei diritti tv inglesi è stato il prodotto premium della Premier League. Mediante un’analisi sui dati di affluenza allo stadio e di audience televisiva del campionato inglese, SKY e BT Sport hanno giustificato una spesa così elevata per questo contenuto. L’effetto dell’aumento dei costi potrebbe portare al consumatore finale effetti negativi. In tal senso le due emittenti tv, per coprire gli alti costi, applicheranno dei prezzi più elevati ai pacchetti tv. Il tifoso inglese infatti non ha la certezza, ad inizio di ogni campionato, di quante partite del suo club verranno trasmesse in televisione ed è quindi “costretto” a sottoscrivere un abbonamento ad una delle emittenti televisive oppure a comprare il ticket per lo stadio. Nella stagione 2012- 2013, ad esempio, solamente il 36% delle partite erano trasmesse in televisione. La percentuale tenderà ad aumentare fino a prospettive che, per il 2016, dovrebbe arriverà a circa il 44%. Questo è un elemento che differenzia particolarmente il massimo campionato inglese da quello della nostra Serie A, dove l’affermarsi delle emittenti tv ha svuotato gli stadi. Riassumiamo il tutto con una tabella che esplicita alcune caratteristiche dei Bandi d’asta inglesi per i diritti tv dai primi anni ’90 all’attuale accordo fino al 2019:

Periodo Anni Broadcasters Partite per anno C medio singola partita

(milioni di sterline)

1992-97 5 Sky 60 0,64

1997-2001 4 Sky 60 2,79

2001-2004 3 Sky 110 3,64

2004-2007 3 Sky 138 2,47

2007-2010 3 Sky/Setanta 138 4,12

2010-2013 3 Sky/ESPN 138 4,28

2013-2016 3 Sky/BT 154 6,53

2016-2019 3 Sky/BT 168 10,2

(Dati: www.calcioefinanza.it)

123 Come abbiamo detto poco sopra, il prezzo unitario per ogni singola partita è aumentato a dismisura dal 1992 al 2019, così come è aumentato parallelamente il numero delle partite disponibili in televisione ogni anno. L’elemento che più differenzia la modalità di ripartizione inglese da quella italiana è la modalità mutualistica. Questa è fortemente favorita dai criteri di ripartizioni dei ricavi, ottenuti tramite la vendita dei diritti tv. Passiamoli al vaglio per capire meglio la disciplina inglese. In Inghilterra si opera preliminarmente una sostanziale divisione tra le revenues nazionali e quelle internazionali: • i ricavi nazionali, che si presentano come il 61% del totale, sono ripartiti tra le squadre nelle seguenti percentuali: − 50% in parti uguali; − 25 % in base al numero delle volte che una squadra gioca in diretta tv (Facility fee). Infatti, come abbiamo precedentemente spiegato, solo circa il 45% delle partite è trasmesso live. La Premier League dispone in tal senso di una soglia minima pari a 12 milioni di euro per ogni club per un numero di partite inferiore o maggiore a 10 e poi 1 milione di euro per ogni partita aggiuntiva. − 25% a seconda della classifica dell’anno (Merit fee); • i ricavi dalla cessione dei diritti audiovisivi all’estero (39%) è suddiviso in parti uguali tra tutti i club. Il risultato finale è un’attribuzione paritaria ad ogni club di Premier della quota complessiva pari al 70% del totale. Inoltre il massimo campionato inglese, differentemente per quanto accade con la Serie A italiana, dove il totale è determinato sulla base di informazioni storiche, determina la ripartizione finale alla conclusione della stagione.

124 Mettiamo in evidenza i ricavi dei singoli club della Premier League per la stagione 2014-15:

Ricavi diritti tv (mln Squadra €) Chelsea 136,21 Manchester city 135,53 Manchester United 133,13 Arsenal 132,79 Liverpool 127,65 Tottenham 122,17 Southampton 113,6 Everton 110,86 Swansea 110,86 Newcastle 107,09 Stoke City 107,09 Cristal Palace 106,45 West ham 105,04 West Bromwich 100,24 Leicester 98,53 Sunderland 96,13 Aston Villa 94,41 Hull city 91,67 Burney 89,96 QPR 89,28

Il gap tra il Chelsea e il QPR, pari a 46,93 milioni, non è così elevato. Infatti il rapporto first-to-last è pari a 1,52 contro a 5,2 dell’Italia. Il fattore che permette una riduzione del divario in Inghilterra tra i top team e quelli meno attrattivi è sicuramente l’equa ripartizione dei diritti garantita dalla quota pari al 50% del totale dei diritti nazionali alla quale è aggiunta la quota dei diritti derivante dall’alienazione internazionali suddivisa in parti uguali fra tutte le squadre. Si ottiene quindi una cifra circa pari a 1,5 miliardi di euro della quota da distribuire equamente a tutte le squadre. Negli ultimi anni la Premier League ha incrementato inoltre la “quota di solidarietà” destinata alla Fooball League a partire dalla stagione 2016-2017. “The Premier League and our Clubs are committed to sharing a significant

125 amount of revenue for the development of football outside of the League, […]the increase in Solidarity Payments to Football League clubs across seasons 2016/17 to 2018/19 is an important part of that, as is our continued support for community facilities, sports participation programmes, and other groups and projects”196. La novità principale è che i club retrocessi otterranno un “Parachute Payments” solamente per un massimo di tre anni, contro i quattro della disciplina precedente. Tuttavia questi pagamenti “paracadute” tenderanno ad aumentare in maniera proporzionale al valore dei diritti audiovisivi della Premier. La ratio della novità è chiara: mantenere vivo l’interesse per un campionato importante come quello inglese, finanziando e sovvenzionando le squadre in modo tale da limare il divario con i top team.

4.4.2 LA SPAGNA

Analizziamo ora la realtà spagnola nella quale si stanno compiendo dei passi importanti verso una riforma definitiva del sistema di commercializzazione. In Spagna sin dal 1997 vigeva il sistema di vendita individuale, il quale legittimava, in capo alle singole società, il diritto a negoziare individualmente i diritti audiovisivi sportivi della competizione. Tale modalità permetteva di conseguire apparentemente degli ottimi livelli di ricavi alle società iberiche, tuttavia si percepiva la necessità di una modifica sostanziale per parificare il modello spagnolo con la realtà europea. In tal senso, la finalità del Legislatore era quella di favorire una maggiore competitività all’interno della Liga, impedendo che squadre come il Real Madrid e il Barcelona si spartissero più della metà dell’intera quota ottenuta tramite l’alienazione dei diritti televisivi. Questa imparziale distribuzione dei ricavi aveva sviluppato nel 2011 una profonda crisi economica nei club spagnoli, andando a aumentare il debito complessivo di questi fino a 4 miliardi di euro e costringendo molte società a far ricorso alla Ley concursal197.

196 R. SCUDAMORE, Premier League Chief Executive, in Premier League to increase Football League Solidarity Payments, 2015, www.premierleague.com 197 Aiuta le imprese in forte crisi a dilazionare i debiti e a pagare il 50% dei salari. Pubblicata in B.O.E. il 14/08/2004 n.196/2004 pag. 29129 e ss.

126 Cominciamo la nostra analisi proprio dalla stagione 2011-2012 nella Liga BBVA, momento di massima crisi

160 Real Madrid Barcelona Atletico Madrid Valencia Villareal Sevilla Getafe Atletico Bilbao 140 140140 Zaragoza Real Sociedad Espanol Mallorca 120 Osasuna Levante Racing Betis Raya Sporting Malaga Granada 100

80

60 MILIONI DI EURO

40 42 42 20 29 24 18 17 1413,713,713,713 12 12 12 12 12 12 12 0 Squadre Liga

La contrattazione su base individuale ha prodotto forti squilibri tra le squadre della Liga creando un rapporto first-to-last pari a 11,67. Barcelona e Real Madrid si spartiscono 280 milioni di euro su 604,1, con una percentuale sul totale pari a circa il 40%. Atletico Madrid (42 milioni) e Valencia (42 milioni) si dividono invece il 60% dei ricavi totali enfatizzando un’imparziale distribuzione di questi. Nella stagione 2013-2014 la situazione non è mutata notevolmente. Real Madrid e Barcelona su un totale di 755 milioni se ne dividono 280. La distanza con il Valencia (48 milioni) rimane molto elevata (un rapporto 3:1) e ancor di più con l’Atletico Madrid ( rapporto 3,3:1). Il rapporto first-to-last pari si riduce leggermente rispetto al 2011-2012 ma rimane comunque molto alto (7,8). Il consumo degli eventi sportivi tramite i mezzi di comunicazione in Spagna è da sempre in continuo sviluppo, superando i confini nazionali ed portando il prodotto spagnolo ad un livello globalizzato. All’interno di questa nuova configurazione del mercato, l’impatto economico prodotto dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi delle competizioni professionali sportive è sicuramente il fattore che con maggior intensità influenza le possibilità di sviluppo di queste e,

127 congiuntamente, riflette i disequilibri tra l’elemento economico e quello sportivo. Per migliorare questa situazione, che minaccia fortemente l’attrattività e il blasone della Liga, il Governo spagnolo ha recentemente pubblicato il Real Decreto-Ley n.5/2015198, convertendo anche la Spagna al criterio di ripartizione collettiva dei diritti audiovisivi del calcio. Il Decreto-ley del 30 aprile è stato elaborato partendo dal presupposto che anche in Spagna, nelle competizione di calcio professionistico maschile, convergano sia elementi prettamente sportivi e culturali che elementi propri del settore economico. Il risultato è che i ricavi derivanti dalla vendita dei diritti audiovisivi diventano strumento fondamentale per riportare i campionati professionistici di calcio in Spagna ad essere uno dei migliori campionati del mondo. Come nel resto dei Paesi il calcio utilizza la televisione come mezzo fondamentale per ottenere risorse monetarie e reddito, ma allo stesso tempo la televisione dipendeva, dipende e dipenderà in gran parte dalla capacità di trasmettere partite di futbol. Come abbiamo detto, il modello di commercializzazione dei diritti audiovisivi delle competizioni di calcio professionistico in Spagna si basa sull’autonomia degli agenti, i quali possono disporre le attività commerciali di vendita a proprio piacimento. In tal senso, fino al Decreto del 2015, si è optato per la vendita individuale dei diritti audiovisivi da parte delle squadre partecipanti, riconoscendo in tal modo la titolarità del diritto alla ritrasmissione di ogni incontro del torneo al club ospitante, previo il consenso del club visitante. Tuttavia, a fronte del rapido sviluppo in tutta Europa del modello di vendita collettiva, il modello di vendita individuale ha richiesto che le squadre e gli operatori televisivi raggiungessero degli accordi per la trasmissione delle partite non sempre compatibili con le regole del mercato. Tale funzionamento instabile e frammentato del modello individuale ha portato ad una struttura variabile dei ricavi, sostanzialmente inferiori a quelli spettanti ad un campionato importante, di dimensioni notevoli e ad alto impatto internazionale come quello spagnolo e un elevato disequilibrio di reddito tra le squadre. Questa fragilità del sistema di commercializzazione dei diritti audiovisivi e la conseguente assenza di un mercato efficiente, sembra che abbia influito sullo

198 Real Decreto-ley 5/2015, de 30 de abril, in Boletin Oficial Del Estado, Viernes 1 de mayo de 2015, Nùm. 104, Sec. I.

128 sviluppo di nuovi canali di diffusione, in particolare per la televisione a pagamento, che nel resto dei Paesi europei si sono espansi creando un sistema di vendita dei diritti audiovisivi più trasparente e stabile nel tempo. Il Real Decreto-ley 5/2015 si regge su tre principi fondamentali. Principalmente, sebbene la titolarità dei diritti audiovisivi di ritrasmissione in diretta e/o in differita degli incontri di calcio professionistico siano attribuiti ai club o ai soggetti partecipanti, è stabilito l’obbligo di cedere la facoltà di vendita congiunta all’ente organizzatore della competizione quale la Liga Nacional de Futbol Profesional nel caso del Campionato della Liga de Primera y Segunda Division, e la Real Federacion Española de Futbol per la Copa de S.M. el Rey e la Supercopa de España. Questi soggetti sono poi obbligati a commercializzare i diritti rispettando il principio di uguaglianza e di libertà di impresa nel quadro generale delle norme nazionali e comunitarie in materia di concorrenza. Il secondo punto che affronta il Decreto è l’istituzione di un sistema di ripartizione dei ricavi ottenuti tramite la commercializzazione collettiva, nel quale vengano introdotti criteri correttivi che possano limitare le differenze delle entrate tra le squadre maggiori e minori. Questi criteri permetteranno di distribuire i ricavi tra la Prima e la Seconda Divisione e saranno ponderati secondo una distribuzione equa calcolata in base ai risultati sportivi e alla “implantacion social” (numero di abbonati, numero di paganti al botteghino, etc.) di ciascun partecipante. In terzo luogo, una volta distribuiti i ricavi ottenuti dall’alienazione, ogni partecipante deve versare i contributi obbligatori stabiliti per il Fondo de Compensacion delle squadre sportive che scendono di categoria al termine di un campionato. Nel mercato dei diritti audiovisivi sportivi, tre sono poi le ragioni che hanno legittimato un intervento così urgente del Governo spagnolo: 1. Il calcio è la disciplina sportiva che vanta il maggior numero di sportivi federali in Spagna, 855.987 nel 2013 (il 25% delle licenze federali) che partecipano alle competizioni ufficiali facendo parte di 21.584 squadre complessive. L’interesse per il calcio però supera la sua mera pratica, come si può ricavare dai dati del Barometro del CIS del giugno del 2014,

129 che evidenziano che il 48% della popolazione è interessata al futbol anche se non lo pratica. Nelle interviste effettuate, quando si chiede se il soggetto sia simpatizzante di una squadre di calcio professionistica la percentuale si eleva fino al 67,4%. Questo elevatissimo interesse delle società per il calcio influenza le abitudini di consumo della popolazione: i simpatizzanti delle squadre confessano infatti che fruiscono delle partite attraverso la televisione per il 75%, anche tramite la pay tv e che vanno allo stadio per il 32%. In particolare nella stagione 2013-2014 più di 13 milioni di individui hanno assistito ad una partita di calcio della Primera e della Segunda Division allo stadio. Per questi e altri motivi non bisogna sottovalutare l’impatto economico che il calcio ha sulle attività economiche e sulla produzione del reddito in Spagna. 2. La seconda motivazione è la difficolta degli operatori di adottare, a causa della autoregolamentazione, un modello efficiente di gestione dei diritti audiovisivi. Infatti il modello di vendita individuale, attivo dalla stagione 1997/1998, è stato sottoposto ad un revisione continua da parte degli organi giurisdizionali e delle autorità competenti spagnole creando spesso numerose tensioni tra i soggetti interessati. Queste tensioni sono sorte sia tra i club offerenti che tra gli operatori che domandavano i diritti audiovisivi. L’enorme tensione accumulata durante l’ultima decade ha impedito che le parti raggiungessero un accordo sia per la commercializzazione congiunta dei diritti che per la ripartizione dei relativi ricavi, come è avvenuto invece nelle altre competizioni europee. In tal humus, l’unico accordo raggiunto è sintetizzato dalla comunicazione della Giunta Direttiva della Real Federacion Española de Futbol del 7 aprile 2015: “Ratificar la unidad del futbol español, manifestada en la reunion de hoy, por todos los miembros representantes tanto del futbol profesional como aficionado, con el apoyo incondicional de la RFEF y de la LFP, para la promulgacion, con caracter urgente, de un Real Decreto Ley que regule

130 la comercializazion unificada de los derechos audiovisuales y su reparto solidario con todo el futbol español”199. 3. L’ultima motivazione risiede nella necessità di promuovere un regime concorrenziale nel mercato della televisione spagnola attraverso la costituzione di un sistema giudico che garantisca l’accesso alla vendita secondo la libera concorrenza . Inoltre uno dei motivi che ha spinto il Governo spagnolo ad intervenire rapidamente è stato la necessità di garantire l’aumento dei ricavi ai club per consentire loro di rispettare i piani di rientro per i debiti fiscali e previdenziali. In tal senso esiste una parte del Decreto che associa il pagamento dei debiti fiscali e previdenziali come preferenziale rispetto agli obblighi che scaturiscono dalla legge sui diritti audiovisivi. Quindi se una squadra è inadempiente nel pagare i propri debiti, lo Stato ha la facoltà di riscuotere coattivamente i debiti direttamente dalla Federazione, fino al pagamento completo di questi. Nel dettaglio il nuovo Decreto Legge spagnolo disciplina i diritti audiovisivi degli eventi che si svolgono sul terreno di gioco, includendo le zone del campo sportivo visibili dallo stesso, a partire dai due minuti che precedono l’inizio della partita, fino al minuto seguente la conclusione. Sono inclusi poi nella normativa del Decreto sia i diritti per la trasmissione in diretta che quelli in differita, destinati al mercato nazionale e a quello internazionale. Tuttavia sono esclusi dall’applicazione della Legge i diritti di sfruttamento dei contenuti per la trasmissione sui servizi di comunicazione radiofonici. Con la nuova normativa la titolarità dei diritti audiovisivi spetta al club della competizione, mentre la partecipazione ad una competizione ufficiale comporterà a sua volta l’assegnazione all’ente organizzatore della facoltà di commercializzare congiuntamente i diritti audiovisivi inclusi nell’ambito di applicazione della Legge. Sono riconosciuti quindi come enti organizzatori: • La Liga Nacional de Futbol Profesional; • La Real Federacion Española de Futbol; Fatto salvo il potere degli enti organizzatori, ai club spetta il diritto di trasmettere in differita l’incontro, tramite un canale tematico di sua proprietà, al termine della

199 In Boletin Oficial del Estado, num. 104, Viernes 1 de mayo de 2015, Sec. I, Pag. 37993

131 conclusione della giornata sportiva. Altresì può trasmettere in diretta la partita all’interno delle strutture dove si svolge il match. La commercializzazione dei diritti audiovisivi nel mercato nazionale e nell’Unione Europea si potrà o meno realizzare in regime di sfruttamento esclusivo, garantendo le modalità di commercializzazione non esclusiva alle stesse condizioni a tutti gli operatori interessati. Nessun club, che partecipa ad una competizione ufficiale di calcio professionistico, ha la facoltà di sottoscrive contratti individuali di commercializzazione dei diritti audiovisivi, salvo l’approvazione dell’entità organizzatrice a condizione che la durata del contratto non si estenda per un arco temporale superiore a quello stabilito nell’ultimo contratto regolare individuale in vigore. Argomento molto importante che è trattato nella legge è quello relativo ai criteri di ripartizione dei ricavi nei confronti dei soggetti partecipanti alla Liga. In tal senso, i ricavi ottenuti per lo sfruttamento e la commercializzazione collettiva dei diritti audiovisivi del Campeonato Nacional de Liga devono essere ripartiti tra i club partecipanti alla Prima e Seconda divisione secondo i criteri stabiliti dall’articolo 5 della Decreto-Legge 5/2015. Il 90% del totale dei ricavi si assegna ai club partecipanti alla Prima Divisione, mentre il restante 10% a quelli partecipanti alla Seconda Divisione. È compito della LNFP distribuire le somme conformi ai criteri, entro i seguenti limiti: − il 50% della somma totale deve essere distribuita tra i partecipanti al massimo campionato in parti uguali; almeno il 70% tra quelli della Seconda Divisione. − la somma restante è ripartita tra le squadre di ogni divisione in base ai seguenti sotto-criteri esposti: o in base ai risultati sportivi ottenuti. Nella Prima Divisione si terranno in considerazione i risultati sportivi delle ultime cinque stagioni, ponderando l’ultima stagione per il 35%, la penultima per il 20% e il 15% per ciascuna delle precedenti tre. In Seconda Divisione si terrà conto solo della ultima stagione. Il valore assegnato a ciascuna stagione verrà poi ripartito tra i partecipanti in

132 modo tale che il primo classificato ottenga il 17%, il secondo il 15%, fino all’ultimo classificato che ottiene lo 0,25%. o in base alla “implantacion social”. Un terzo del valore di tale criterio è determinato in base al numero degli abbonati e dei biglietti venduti nelle ultime cinque stagioni. I restanti due terzi invece per la partecipazione delle squadre alla creazione di ricavi derivati dalla trasmissione televisiva. Anche in Spagna, come in Italia, è fissato un limite massimo pari al 20% e nel caso in cui una squadra lo superi, questo verrà ripartito proporzionalmente tra le altre. Inoltre è fissato un limite inferiore pari al 2% in modo tale da non pregiudicare le squadre più piccole. L’obiettivo di tale norma, propriamente indicato, è quello di non creare una differenza di ricavi tra le squadre (first-to-last) superiore a 4,5 volte in modo tale da non ripartire le risorse in maniera iniqua e che possa compromettere il competitive balance del campionato. Inoltre se il ricavo complessivo della vendita dei diritti televisivi fosse maggiore al miliardo di euro annuo, tale obiettivo del 4,5 è ridotto fino al 3,5 se il totale ammontasse a 1,5 miliardi di euro. L’obiettivo di migliorare il funzionamento della competizione, senza creare eccessivi differenze di performance tra le squadre più importanti e quelle meno, e contribuire alla promozione dello sport non è perseguito solamente attraverso il nuovo sistema di ripartizione dei ricavi generati dall’alienazione dei diritti tv. In tal senso i club devono sottostare ai seguenti obblighi a cadenza annuale: a) devono destinare il 3,5% al Fondo de Compensacion dal quale traggono beneficio le squadre retrocesse. Il 90% di questa percentuale è disposto a favore delle squadre che dalla Prima Divisione scendono di categoria; il restante 10% a favore di quelle che scendono dalla Seconda Divisione; b) l’1% è destinato alla Liga Nacional de Futbol per promuovere le competizioni spagnole nel mercato nazionale e internazionale; c) l’1% è consegnato a la Real Federacion Española de Futbol, come contributo solidale per lo sviluppo del calcio spagnolo;

133 d) fino all’1% è destinato al Consejo Superior de Deportes, che lo investe per finanziare il sistema di previdenza sociale nei confronti dei lavoratori riconosciuti con lo status di sportivo; e) fino al 0,5% è assegnato al Consejo Superior de Deportes, che è allocato alle federazioni femminili, alle associazioni o sindacati calcistici, agli arbitri, ai preparatori e così via. Sul sito internet “futbolfinanzas.com” è stato poi ipotizzato un sistema di ripartizione dei ricavi per la Liga simile a quello utilizzato nella Premier League inglese200. Considerano un totale di 1,5 miliardi di euro prodotti dalla vendita dei diritti audiovisivi del calcio, si attuerebbe la seguente ripartizione201: RICAVI CLUB risultati sportivi partite live 50% totale Atletico Madrid 35,71 18,75 37,5 91,96 Barcelona 33,93 18,75 37,5 90,18 Real Madrid 32,14 18,75 37,5 88,39 Athletic Club 30,36 18,75 37,5 86,61 Sevilla 28,57 18,75 37,5 84,82 Villareal 26,79 18,75 37,5 83,04 Real sociedad 25 18,75 37,5 81,25 Valencia 23,21 18,75 37,5 79,46 Celta Vigo 21,43 18,75 37,5 77,68 Levante 19,64 18,75 37,5 75,89 Màlaga 17,86 18,75 37,5 74,11 Rayo Vallecano 16,07 18,75 37,5 72,32 Getafe 14,29 18,75 37,5 70,54 Espanyol 12,5 18,75 37,5 68,75 Granada 10,71 18,75 37,5 66,96 Elche 8,93 18,75 37,5 65,18 Almeria 7,14 18,75 37,5 63,39 Osasuna 5,36 18,75 37,5 61,61 Real Valladolid 3,57 18,75 37,5 59,82 Real Betis 1,79 18,75 37,5 58,04 375 375 750 1500

200 Il criterio delle partite trasmesse in diretta previsto per il campionato inglese non è attuabile tenendo conte della stessa modalità nel campionato spagnolo. Per tal ragione è utilizzato un criterio equitativo poiché nella Liga tutte le partite sono di diretta tv. 201 Fonte Dati: P.IRIONDO, Asì serìa el reparto de ingresos de television con el modelo Premier en 2016, http://futbolfinanzas.com/asi-seria-el-reparto-de-ingresos-de-television-con-el- modelo-premier-en-2016/

134 In tal modo tutti le squadre della Liga, ad eccezione di Barcelona e Real Madrid, otterrebbero un beneficio. Il rapporto first-to-last passerebbe in tal caso ad 1,58. Per la stagione 2015-2016 i diritti audiovisivi domestici sono stati venduti a Telefonica che aveva tuttavia mostrato interesse di acquisto per tutti i diritti televisivi della Liga con un’offerta pari a circa 1,35 miliardi di euro. Per il campionato 2015-2016, appena iniziato in Spagna, telefonica si è aggiudicata per 600 milioni di euro i diritti di sfruttamento nazionale sulla piattaforma a pagamento Movistar+ della Liga, della Copa del Rey e della Liga Adelante. Per quanto concerne i diritti esteri Mediapro 202 ha ottenuto il diritto di commercializzare i diritti esteri assicurando un ammontare pari a 400 milioni di euro. Secondo uno studio del Center for Business Management (CSBM) de IESE y Grant Thornton, ipotizzando un valore prodotto dalla vendita dei diritti audiovisivi tramite il nuovo sistema basato sulla collettività pari a circa 1000 milioni di euro, le squadre spagnole che maggiormente beneficeranno della riforma saranno la UD Palms, il Eibar, il Malaga e lo Sporting. Questi club otterranno, secondo le stime del centro, un aumento dei ricavi pari al 30% rispetto all’anno passato. I valori che sono previsti per ciascun equipo spagnolo sono riassunti in questo grafico:

202 Fondata nel 1994 a Barcelona, è un Gruppo Media con un’espansione internazionale. Tra le sue funzioni ritroviamo la produzione cinematografica, la gestione dei diritti del cinema e degli eventi sportivi, la creazione di programmi televisivi , il marketing e la pubblicità. Mediapro commercializza a livello internazionale i diritti del Campionato nazionale della Liga e gestisce i diritti per il mercato spagnolo dei principali avvenimenti sportivi. Nel 2006 acquistò le partite del Futbol Club Barcelona per una durata di 7 anni per un valore di 1 miliardo e quelle del Real Madrid per 1,1 miliardo di euro. Fonte: Wikipedia.it

135

Ricavi previsti 2015-2016 Ricavi previsti

160 140 120 100

80 150150 60 40 50 50 20 40 40 35 35 30 30 30 25 25 25 25 25 25 20 20 20 0 Rayo Betis Celta Eibar Getafe Sevilla Malaga Atletico Athletic Levante Villareal Granada Valencia Sporting Espanyol Deportivo Barcelona Real Madrid Real sociedad UD Las Palmas (Fonte: CSBM-IESE y Grant Thornton)

I club neopromossi riceveranno il maggior beneficio dalla modifica della normativa vigente. L’Union Deportiva Las Palmas e lo Sporting ottengono un valore che oscilla tra i 15-20 milioni di euro, con un aumento di circa il 570% dell’importo che si assicuravano con la partecipazione dell’anno precedente in Seconda Divisione. Il Betis invece percepirà un valore tra i 20 e i 25 milioni con un aumento del 140 % circa rispetto all’anno antecedente. Le squadre che già erano presenti nel massimo campionato della Liga BBVA, quali il Rayo Vallecano, il Eibar e il Malaga beneficeranno del maggior aumento di valore. La terza squadra di Madrid potrà osservare dei ricavi derivanti dai diritti televisivi fino a 25 milioni (con un aumento del 47%), l’ Eibar dei ricavi per circa 15-20 milioni di euro (con un aumento del 31%) e il Malaga circa 35 milioni (con un aumento del 30%). Real Madrid e Barcelona manterranno invece i livelli degli anni precedenti, anche in virtù della clausola di approvazione del Rey Decreto-Ley che stabilisce che il sistema di vendita collettiva potrà essere applicato solo se garantisce lo stesso ammontare degli anni precedenti alle due maggiori squadre di Madrid e Barcellona.

136 Dalla nostra analisi risulta quindi che la Liga, in attesa dell’attuazione della nuova Legge, abbia un sistema di ripartizione che favorisce principalmente le due grandi potenze di Madrid e di Barcellona, creando un notevole distacco con le squadre medio piccole; la Premier invece è riuscita a creare un sistema solido ed efficace che mantiene vivo l’interesse verso il campionato più importante d’Europa, riuscendo a ridurre il gap tra le principali squadre e quelle minori e non compromettendo la solidità finanziaria e l’immagine di una squadra che retrocede nei campionati minori. Di contro l’Italia non riesce ancora a ridurre il rapporto first-to-last minando l’equilibrio del campionato e il senso proprio del calcio: l’incertezza del risultato.

137 CAPITOLO 5: MEDIASET-SKY: UNA “GUERRA” INIZIATA MOLTI ANNI FA E CHE SI FOCALIZZA ORA SUL “PRODOTTO EUROPEO”

La nostra analisi richiede ora un’attenta riflessione e comparazione degli sviluppi economici e strategici negli ultimi anni delle due emittenti leader del mercato in Italia. Tra riprese esclusive, tra diritti televisivi utilizzabili solo da una particolare emittente tv e tra nuove strategie tecnologiche portante avanti dai colossi dell’attuale tv a pagamento italiana il mercato dei diritti tv sportivi ha osservato, osserva e osserverà uno scontro sempre più accanito per aggiudicarsi una fetta sempre più ampia dell’audience disponibile. La storia di Mediaset Premium è quasi sempre stata caratterizzata da fasi alterne: prende vita come alternativa a basso costo della televisione satellitare a pagamento, assumendosi subito da un lato tutti i rischi collegati ai limiti strutturali e tecnici del digitale terrestre (tutt’ora non è disponibile un alto numero di canali in alta definizione come quello proposto dal satellite) dall’altro lato i rischi connessi con un futuro aumento esponenziale del costo dei diritti sportivi. Il risultato è stato per molti anni il verificarsi di perdite di bilancio. Dal 1° dicembre del 2014 Mediaset Premium è resa operativa come società Mediaset Premium Spa, acquisendo tutte le attività proprie della televisione a pagamento costituite nel 2005 dal gruppo Mediaset. Posseduta per l’11 % da Telefonica203 e per l’89% da Mediaset, Mediaset Premium è riuscita a rivalutare l’appeal del proprio brand attraendo numerosi acquirenti tra i quali BeinSports204 e Vivendi205. La notizia più importante degli ultimi anni in materia di diritti audiovisivi del calcio è l’ottenimento in esclusiva da parte di Mediaset Premium per il

203 Telefonica S.A., fondata nel 1924, è una compagnia di telecomunicazione operante in Spagna e in Latino America . Attualmente detiene i diritti di sfruttamento di contenuti audiovisivi a pagamento per la stagione 2015/2016 della Liga spagnola. Fonte: Wikipedia 204 BeinSports è una rete di canali sportivi, presente in Francia, in Spagna, in Indonesia, a Hong Kong, negli Stati Uniti e in Canada, gestiti da Investments Sports Qatar. Fonte: Wikipedia 205 Vivendi S.A. è una società nata in Francia specializzata nel campo dei media e delle comunicazioni. Da giugno del 2015 è azionista di Telecom Italia con il 14,9% delle azioni (15,48% al 4 settembre 2015). Fonte: Wikipedia

138 triennio 2015-2018 dei diritti tv per la Uefa Champions League. La società di Berlusconi con questa operazione commerciale si è assunta un rischio importante, pagando 700 milioni di euro per l’esclusiva per i prossimi tre anni della massima competizione europea. Gli analisti non sono certi che un aumento di circa 300 mila o 400 mila abbonati possano permettere a Mediaset di raggiungere in breve termine il break even206 e tanto meno vi è la certezza che gli abbonati Sky passino con facilità al competitor per . L’analisi di Bank of America207evidenzia come Sky Italia subirà inizialmente una perdita di circa 200 mila abbonati e quindi sarà costretto a cambiare le proprie linee strategiche, abbassando il prezzo mensile degli abbonamenti da circa 43 euro a 40 euro. La riduzione di 200 mila abbonati potrebbe costare a Sky circa 103 milioni di euro ai quali vanno aggiunti 160 milioni derivanti all’abbassamento del prezzo pari a 3 euro. La situazione dovrebbe però cambiare negli anni a venire quando Sky Italia, società facente parte del gruppo Sky plc 208 (che include inoltre Sky Deutschland, Sky Uk e Sky Ireland), potrà sfruttare una parziale ripresa del mercato grazie al nuovo servizio streaming SkyOnline e al recente accordo tra la società di Murdoch e Telecom Italia che abbina la televisione proposta dal colosso con l’internet veloce proposto dalla fibra ottica Telecom. Una delle soluzioni, ritenute più vantaggiose per Sky dallo studio di Bank of America, sarebbe quella dell’acquisto di Mediaset Premium. Ciò consentirebbe infatti una ristrutturazione dell’industria della televisione a pagamento permettendo sinergie, risparmi e limiterebbe ancora di più gli ascolti e gli introiti pubblicitari della televisione in chiaro. Alla base di questa ipotesi vi è il fatto che il mercato italiano non si è sviluppato come era stato precedentemente stimato e non è sufficientemente vasto per comprendere due

206 Break even point, punto di pareggio è il valore che esprime la quantità di prodotto venduto necessaria per coprire i costi sostenuti, in modo tale da chiudere il periodo di riferimento senza perdite e profitti. 207 In La Champions a Mediaset può costare a Sky oltre 100 milioni, di Giuliano Balestrieri, La Repubblica, 12 dicembre 2014 208 Precedentemente chiamato “British Sky Broadcasting”. Attualmente può vantare di circa 20 milioni di abbonati e 11 miliardi di revenues. Fonte: BSkyB to be rebranded as Sky after takeover of European sister companies, Mark Sweney , The Guardian, 13 novembre 2014

139 competitors così forti209. La stima del mercato della televisione a pagamento era troppo ottimistica, si auspicava infatti il raggiungimento di quota 10 milioni di abbonati, mentre oggi i sottoscrittori dell’abbonamento a Sky sono circa 4,7 milioni mentre quelli di Mediaset Premium circa 1,7 milioni. Bernstein210, società di global asset management che fornisce un servizio di gestione degli investimenti e di ricerca nel mondo istituzionale, si è pronunciata a riguardo dell’ipotesi in cui Mediaset Premium fosse ceduta a Sky Italia. Secondo la società con sede a New York l’operazione porterebbe dei benefici sia al Biscione che a Sky. L’analisi parte da un’indiscrezione uscita qualche anno fa che mostrava l’interesse di Sky di irrompere nel mercato del digitale terrestre in chiaro. Questo è stato interpretato come “un messaggio a Mediaset a valutare una cessione della sua pay tv a Sky e considerare quali potrebbero essere i rischi se seguisse un’altra strada”211. La sostanza è che se tutto il mercato italiano della televisione a pagamento passasse nelle mani di Murdoch, nonostante i possibili rischi concorrenziali, da una parte si ridurrebbe il possibile aumento dei costi necessari per l’acquisto dei contenuti e dall’altra parte verrebbe concesso il diritto alla televisione satellitare di sfruttare il digitale terrestre come opzione alternativa a costo ridotto per segmentare il mercato e limitare l’ingresso nel mercato di nuovi operatori quali Netflix. A sostegno di questa analisi vi è una lettura dei recenti bilanci di Mediaset Premium, la quale ha accumulato perdite operative per circa 290 milioni dal 2004 al 2011, alle quali vanno aggiunte circa 160 milioni di perdite per il 2012-2013. La vendita a Sky, sottoposta a condizioni favorevoli quali il mantenimento della pubblicità su Premium e altre forme di earnout , potrebbe essere la soluzione migliore.

209 “[…] la situazione è la stessa anche in Francia e in Spagna, solo in Gran Bretagna è diverso, ma c’è una maggiore integrazione tra tv e telecomunicazioni.”, G.Balestrieri, La Champions a Mediaset può costare a Sky oltre 100 milioni, ivi. 210 Alliance Bernstein L.P., sede legale a New York, ha gestito patrimoni per circa 474 miliardi di euro al 31 dicembre del 2014. È una sussidiaria del gruppo francese AXA. Fonte: Wikipedia. 211 CLAUDIA CRISTOFERI, Mediaset, Bernstein vede buone ragioni in una vendita di Premium a Sky, Reuters.com, 27 ottobre 2014

140 I risultati per Mediaset sono leggermente migliorati nel 2015: nel primo trimestre ha registrato un utile di 700 mila euro rispetto alla perdita del 2014 pari a 12,5 milioni. I ricavi si sono assestati intorno a 828 milioni, con un incremento dell’1% rispetto all’anno precedente; nell’ultimo trimestre invece i risultati sono stati ancora più incoraggianti ma ancora non sufficienti per aspettarsi un raggiungimento del break even in poco tempo. Il CFO del Gruppo Mediaset, Marco Giordani, ha spiegato chiaramente quale è la situazione: “I diritti esclusivi della Champions League si sono confermati un “game changer”. In un mercato pay tv che nei principali Paesi Europei quali Gran Bretagna, Germania e Francia è sostanzialmente fermo o mostra crescite bassissime, Premium ha chiuso il terzo trimestre – il primo per cui commercializzava la nuova offerta- a 1.815.000 abbonati con una crescita di 112.00 unità rispetto al 30 giugno 2015. Ad oggi sono in aumento sia gli abbonati che le quote di mercato. In crescita anche l’Arpu212 relativo ai nuovi clienti”213. Mediaset Premium quindi punta ad incrementare i propri clienti mediante tre fattori: 1. migliorando l’attrattività della Champions League in esclusiva; 2. stimando una espansione delle televisioni a pagamento in Italia circa del 2% annuo; 3. fidelizzando gli abbonati. Nonostante i prossimi due esercizi saranno ancora un momento di transizione, con questa strategia Mediaset Premium si aspetta un aumento della quota di mercato attuale ma soprattutto un incremento dei ricavi; entrambi gli incrementi si dovrebbero concretizzare nel 2017 con un utile di circa 54 milioni e nel 2018 con un utile di 100 milioni214. Mediaset Premium ha avuto il primo test durante i preliminari dell’attuale Champions League che hanno visto affrontarsi la S.S. Lazio e il Bayer

212 Average Revenue Unit è il fatturato medio per utente. Generalmente è dato da ARPU=Total Revenue/ Number of Subscribers 213 ROBERTO PEZZALLI, Gli abbonati Premium sono 1,9 milioni, ma Mediaset crolla in borsa, DDay.it, 11 novembre 2015 214 Calcolato in base agli abbonati, senza considerare i ricavi delle prepagate.

141 Leverkusen. Partita fondamentale sotto due aspetti per il Biscione: da un lato la possibilità di aggiungere una squadra italiana alla fase a gironi con la potenzialità di incrementare gli abbonati in Italia, dall’altro la possibilità di valutare l’impatto della prima partita della Champions League trasmessa in Italia in esclusiva su Premium. È proprio questo ultimo aspetto che è stato motivo di discussione e di scontro. Infatti le partite dei preliminari tra la Lazio e la squadra tedesca furono visibili anche su ZDF215 per gli utenti che visualizzavano il canale con la parabola quindi sul canale 546 di Sky. La contromossa legale di Mediaset non è tardata ad arrivare, considerando i sorteggi della fase a girone che hanno visto la Roma nel gruppo dello stesso Bayer Leverkusen e la Juventus in quello del Borussia M’Gladbach, invocando il diritto all’esclusiva dell’intera programmazione. La risposta di Sky non è stata né difensiva né offensiva: “il canale ZDF deve smettere le trasmissioni via satellite, non sta a noi oscurare nulla”216. La società di Murdoch è parzialmente difendibile considerando alcune situazioni passate analoghe come un campionato di Formula 1 ( evento per cui Sky detiene l’esclusiva) che è stato mandato in chiaro sul satellite da RTL e alcune partite dell’Europa League che sono state diffuse da canali Polacchi e dell’Azerbaijan. Il responsabile dei contenuti Mediaset Premium, Yves Confalonieri ha così risposto a Sky: “la Uefa deve decidersi, una cosa di questo genere uccide i contratti, onerosissimi, apre un buco nero sul futuro. Ne abbiamo parlato, si sono pronunciati: l’esclusiva va tutelata, il segnale Zdf sarà criptato, non succederà più.” 217. A novembre la situazione non era stata ancora risolta, con le partite di Roma e Juventus trasmesse sul satellite da Zdf e con Mediaset che rispondeva diffondendo in chiaro la partita Roma-Bayer Leverkusen in chiaro su Canale 5 escludendo tutti gli abbonati Sky dalla visione.

215 Zweites Deutsches Fernsehen è una tv pubblica tedesca nata nel 1963. Fonte: Wikipedia. 216 CRISTIAN AMADEI, Champion League, ecco dove vederla. Diatriba Sky-Mediaset, il caso ZDF continua, Ibtimes.com, 10 settembre 2015. 217 A. DIPOLLINA, Yves Confalonieri: “Platini ci tuteli, cambi la Champions”, La Repubblica, 7 settembre 2015

142 Quest’accesa competizione tra Sky e Mediaset dal mio punto di vista giova al mercato dei diritti audiovisivi sportivi, anche se è sempre più contaminata dalle recenti vicende giuridiche che includono anche Infront. Tuttavia il mercato italiano non ha ancora raggiunto quel grado di competizione che contraddistingue da molti anni il mercato delle telecomunicazioni inglese e che gli ha permesso di raggiungere i livelli che possiamo osservare in questi anni.

143 CAPITOLO 6. FOCUS SU INFRONT

Infront Sports and Media, società leader nei servizi integrati per il marketing sportivo su scala globale, nasce nell’ottobre del 2002 attraverso l’integrazione di CWL, Prisma e KirchSportAG, con la finalità di sviluppare una televisione per i Campionati del Mondo di Calcio del 2002. Agli inizi il Gruppo nasce tramite la fusione di due società svizzere operanti nel settore del marketing, CWL e Primsa Sports & Media. Con il passare degli anni la strategia competitiva di Infront ha permesso alla società di consolidare il proprio core business sviluppando un’agenzia full-service che mette a disposizione un’ampia gamma di servizi specializzati nel ramo sportivo e un portfolio di diritti sportivi d’interesse globale. La società, con sede principale a Zug in Svizzera, può vantare 25 sedi in 13 paesi, gestite da alcune società controllate per area geografica. Un chiaro esempio del successo di Infront è il volume di eventi gestiti solo nel 2014: “4000 giorni evento” che includono 18 Campionati Mondiali con più di 30 000 ore di trasmissione ogni anno, rendono il Gruppo uno dei main producer and distributor al mondo di contenuti sportivi. Alla base del suo successo vi è un approfondito know how del business sportivo che gli ha garantito di mantenere relazioni di lungo periodo con i clienti. La missione ruota intorno al concetto di sport. Il Gruppo infatti, si pone da sempre come obiettivo primario la creazione di un servizio eccellente, innovativo e flessibile che segua il trend in forte crescita e in continuo sviluppo evolutivo dell’intrattenimento sportivo, per offrire al customer un ambiente personalizzato e appagante. Infront eroga un supporto personalizzato a quattro principali categorie di clienti: 1. Rights Holders. Considerando la necessità delle squadre sportive e delle federazioni internazionali e nazionali di proporre eventi unici ad elevato richiamo mediatico, Infront ha costruito le proprie strategie commerciali, individuando partner e sponsor professionali, volte alla produzione di eventi coinvolgenti e piattaforme efficaci di comunicazione che catturino i propri clienti e i tifosi.

144 2. Organizzatori di Eventi. Infront è una società specializzata in soluzioni all’avanguardia per progetti di sponsorizzazioni e vendita dei diritti. Oltre alle attività rientranti nel core business, il Gruppo dispone di numerose funzioni di supporto grazie al proprio Centro di Competenza Media e Marketing (MMCC), il quale coordina le attività, fornisce servizi alle emittenti, gestisce i clienti e offre tutti gli strumenti per la comunicazione e la promozione di un brand. 3. Broadcaster & Media Company. Tramite lo sviluppo e l’implementazione di nuove tecnologie Infront riunisce un pubblico di potenziali clienti sempre più in crescita e rafforza la relazione tra questi e l’evento. Essendo leader nella produzione e nella distribuzione di prodotti sportivi nel mondo, con una copertura a 360° e una programmazione completa da un’unica fonte, garantisce la fruizione di pacchetti ottimizzati di diritti media. 4. Sponsorizzazione dei Brand. Infront identifica le migliori strategie che permettono di promuovere un brand in un contesto così coinvolgente come quello sportivo. Infront ha sempre considerato il calcio come un settore in forte crescita e dall’enorme potenziale economico. Per tali ragioni oggi rappresenta 40 property calcistiche e risultata essere il “top player” del settore, offrendo una gamma diversificata di servizi che vanno dalle strategie commerciali fino ad arrivare all’hospitality negli stadi. Ma Infront non è solo calcio. Rappresenta tutte le discipline Olimpiche invernali, gestendo più del 90% degli eventi della Coppa del Mondo FIS218 e confermando il suo ruolo di partner commerciale della maggior parte delle federazioni di sci nazionali, e vanta un ampio portafoglio di sport estivi, tenendo conto dei rapporti con la Federazione Europea di Pallamano, la Federazione Europea di Pallavolo oltre che alcune delle maggiori leghe nazionali di Basket. In Italia il “caso Infront” è iniziato negli anni ’90 con la società Media Partners Digital S.r.l. fondata da Marco Bogarelli e Andrea Locatelli che tra le sue principali funzioni includeva l’acquisto e l’organizzazione degli eventi sportivi.

218 Fonte: Infront Group Company Profile

145 Nel 2006 la Media Partners viene acquistata proprio da “Infront Sports & Media” e cambia nome in “InfrontItaly S.r.l.” impegnandosi verso la “[…]produzione, aggregazione e distribuzione di contenuti media, nei servizi tecnici legati alla distribuzione del segnale televisivo, nell'organizzazione di eventi sportivi, nello sponsoring e nella consulenza strategica di marketing”219. Come abbiamo più volte ripetuto i diritti audiovisivi sportivi in Italia rappresentano la componente più importanti dei ricavi complessivi delle società calcistiche. In particolare su 2,727 miliardi di ricavi complessivi del calcio professionistico per la stagione 2013-2014 220 il 37% sono generati dai diritti televisivi. L’equazione di mercato che ne deriva è semplice: chi vuole partecipare al calcio professionistico ha enorme necessità dei diritti televisivi per poter sopravvivere in un settore altamente competitivo. Forte di questi dati, Infront nel 2008 viene candidato da Antonio Matarrese, allora Presidente della FIGC, come advisor della Lega per garantire una corretta commercializzazione dei diritti televisivi nella modalità collettiva. Lotito221, Cellino222 e tutti i consiglieri della Serie B appoggiano Matarrese nella nomina di Infront, mentre Cobolli Gigli223, Cairo224 e Ruggeri225 votano contrario. Il consigliere federale Galliani da una parte si mostra favorevole all’ingresso di Infront, dall’altro non rifiuta le considerazioni negative da parte del Presidente della Juventus il quale riteneva che l’advisor ricoprisse allo stesso tempo il ruolo di intermediario. La critica di Cobolli Gigli verteva sul fatto che la commercializzazione dei diritti tv, ex Decreto Melandri- Gentiloni, consta di tre figure principali: l’intermediario indipendente, l’advisor e l’organizzatore della competizione. Secondo il Presidente della Juventus se Infront avesse ricoperto il ruolo di advisor non avrebbe meramente svolto le attività proprie del consulente ma avrebbe altresì sub-assegnato i diritti a terzi soggetti, operazione che spetta invece, per il D.lgs. 9/2008, all’intermediario.

219 http://www.infrontsports.it/chi-siamo/chi-e-infront-italy/ 220 Report Calcio 2015, in Figc.it, pag. 9 221 Presidente della S.S. Lazio 222 Allora Presidente del Cagliari 223 Allora Presidente della Juventus 224 Presidente del Torino 225 Allora Presidente dell’Atalanta

146 La risposta del Presidente di Infront Italy Marco Bogarelli e del suo vice Andrea Locatelli, non tardò ad arrivare: “la novità della proposta di Infront […] sta nel fatto che non vuole limitarsi a essere un consulente appiattito nell’analisi della situazione contingente e il disbrigo delle procedure competitive. E solo come consulente Infront ha voluto comprovare di credere fortemente nel progetto e nei risultati, tanto da accettare di sottomettersi a una penale contrattuale nel caso in cui gli obiettivi di vendita sui quali svolgerà la consulenza non venissero raggiunti” 226 . In un orizzonte temporale in cui anche le società calcistiche cominciavano ad essere colpite dalla crisi economica, Infront garantisce 900 milioni di euro l’anno, dai nuovi contratti in forma collettiva per i diritti audiovisivi sia in chiaro che criptati per 6 anni, raggiungendo così una stimata somma di 5 miliardi e 400 milio di euro. Un miliardo di euro per ogni stagione è l’obiettivo che il Gruppo, insieme a quello di riportare il calcio italiano ad un ruolo primario nelle competizioni europee, si pone alla base del contratto con la Lega Calcio. Il ruolo di Infront si concretizza, sia in una consulenza alla Lega Calcio per l’alienazione alle emittenti televisivi dei diritti televisivi concernenti le partite di campionato, le conferenze stampa post match, le interviste e gli highlights, ma anche in uno sviluppo e gestione dei “centri di produzione e post produzione televisiva” che garantiscono la diffusione delle immagini prodotte. I ricavi di Infront quindi derivano da una parte mediante il ruolo assunto di advisor della Lega Calcio, dall’altra da quello di reale produttore delle immagini televisive e gestore dei diritti di marketing e advertising delle società di calcio sue affiliate. Il legame tra Infront Sports & Media e la Lega Calcio nasce quindi il 16 luglio 2008, momento in cui la società inizia la sua collaborazione con la Lega per la commercializzazione dei diritti audiovisivi. Per i primi 6 mesi, Infront collabora all’assegnazione dei pacchetti riferiti ai campionati 2008/2009 e 2009/2010227 favorendo alla Lega una proficua alienazione. Il risultato è quindi più che positivo, considerando il fatto che nelle due stagioni, antecedenti all’ingresso di

226 Così, M.BOGARELLI, in “Infront è l’advisor”: e la Juve non ci sta, A.CAPONE in archivio storico Gazzetta dello sport, 2008 227 Highlights in chiaro e diritti radiofonici di Serie A e Serie B, diritti pay della Serie B e diritti di trasmissione della Coppa Italia TIM e della Supercoppa TIM.

147 Infront, alcuni Pacchetti erano rimasti invenduti, tra cui quello attinente al campionato di Serie B. Il ruolo di Infront quindi è subito determinante all’interno del sistema di vendita dei diritti audiovisivi, anche in virtù del passaggio dal regime di vendita individuale al regime di vendita collettiva. Il 16 dicembre del 2013, l’assemblea ordinaria della Lega Calcio di Serie A, con 19 voti favorevoli e solamente l’A.S. Roma astenuta, ha convalidato la nuova proposta di Infront per il periodo 2015-2018, con un rinnovo228 per i successivi tre anni. Grazie all’accordo reso noto da Andrea Agnelli229, le squadre concorrenti nel massimo campionato italiano otterranno l’ammontare complessivo di 5,94 miliardi di euro in sei stagioni. L’iniziale proposta di Infront supponeva 900 milioni a stagione di “minimo garantito”230 per il 2015-2018 e poi 930 milioni per il 2018-2021. La Lega dal canto suo domandava 1 miliardo all’anno per il triennio 2015-2018 e poi un rinnovo condizionato dall’ottenimento di 1 miliardo e 150 milioni di euro annui. Le parti trovano una via di mezzo per 980 milioni di minimo per il triennio 2015-2018, con rinnovo nel caso in cui gli incassi stagionali raggiungano il miliardo e 40 milioni, e un miliardo di minimo per il 2018-2021. Infront da questo accordo otterrà: • per introiti fino 1,50 miliardi di euro, una parcella pari al 2,8% dell’ammontare totale incassato dalla Lega dalla vendita dei diritti domestici e pari al 4% da quelli esteri; • per introiti superiori al 1,50 miliardi, una parcella del 4% per i diritti domestici e del 6% per quelli esteri; • bonus di 4,5 milioni al superamento di 1,15 miliardi, di 1,40 miliardi e di 1,55 miliardi.

228 Scatta solo nel momento in cui la Serie A riesca ad incassare 1,40 miliardi di euro dalla vendita dei diritti audiovisivi per stagione. 229 Presidente della Juventus 230 “Non va commesso l’errore di parlare di minimo garantito. Infront infatti non è un intermediario, bensì un advisor, quindi si assume il rischio di impresa, […], e fa valere un commitment del fondo Bridgepoint per mettere i club al riparo dalle turbolenze del mercato, con la vera e propria fideiussione bancaria che coprirebbe fino a 50 milioni”, in Lega di A- Infront, tutti i dettagli dell’accordo sui diritti TV, Goal.com, 2013

148 Attualmente il Gruppo Infront è finito nelle proprietà del gruppo immobiliare cinese Wanda, con a capo Wang Jianlin 231 che lo ha acquistato pagandolo 1 miliardo e 50 milioni di euro, scalzando il gruppo di private equity Bridepoint che lo aveva acquisito nel 2011. Wanda è già un attivo protagonista del calcio europeo dato che possiede il 20% dell’Atletico Madrid. Jainling ottiene quindi un patrimonio vastissimo ed esclusivo: il calcio mondiale dal 2015 al 2022. Infront sin dal suo ingresso nel calcio italiano è sempre stato un vincente, ottenendo: squadre, istituzioni, uomini e stadi, riuscendo a controllare lo sport più seguito in Italia. Su 2,3 miliardi di euro di ricavi delle 20 team di Serie A, approssimativamente 1,1 miliardo (composto per 987 milioni dai diritti audiovisivi e 150 milioni dai diritti sponsorship e marketing) è garantito da Infront. Valore che aumenta se si considerano i 417 milioni di plusvalenze del giro d’affari del campionato. Nel dettaglio: ogni cento euro che nei bilanci delle squadre, 60 euro provengono da Infront232. Dal canto suo l’advisor nel 2013 ha chiuso il bilancio in positivo con 11 milioni di euro, gestendo anche il marketing e l’advertising di Lazio, Milan, Udinese, Genoa, Sampdoria, Lazio, Palermo e Cagliari. Questa rilevante dipendenza del sistema calcio dalla società di Bogarelli & Company ha sollevato dei dubbi e delle critiche da parte di alcuni presidenti dei club e delle istituzioni politiche233. In tal senso questo sospetto era emerso già nel 2008 quando Matarrese, candidando Infront, si alleò con Claudio Lotito e Massimo Cellino, iniziando ad ottenere i primi consensi dalla Serie B e dai club

231 Imprenditore cinese , 24° uomo più ricco al mondo e 4° uomo più ricco della Cina, con una ricchezza totale pari a 24,9 miliardi di dollari. Fonte: Wikipedia.it 232 E. LIVINI, M.MENSURATI, Dai diritti tv al marketing padroni del calcio italiano con un miliardo di euro, La Repubblica, 2014

233 Ultima è l’istruttoria aperta dall’Antitrust in riferimento alla vendita dei diritti audiovisivi relativi al triennio 2015-2018 assegnati nel 2014. La questione centrale è l’accordo, patrocinato da Infront, tra Mediaset e Sky, per impedire che la televisione di Murdoch potesse ottenere tutti i pacchetti più importanti per la Serie A. “Le Fiamme Gialle indagano con l'Antitrust sull'esito finale della vendita dei diritti televisivi per le stagioni calcistiche 2015-2018: i due operatori raggiunsero un accordo che manteneva lo status quo, mentre la Serie A rinunciò a milioni di potenziali guadagni. Il via libera all'accordo, però, arrivo direttamento dall'Autorità per la concorrenza. Mediaset: avevamo le autorizzazioni di Agcom e Antitrust” , G. BALESTRERI, Diritti tv: perquisizioni in Lega calcio, Sky e Mediaset. Ipotesi di accordo partita dalle parole di Lotito. In La Repubblica, 2015

149 meno blasonati. Come abbiamo già introdotto, Juventus e Roma, con Galliani che osservava imparziale, sono state le uniche ad opporsi a questo preliminare “regime” Infront-Lega Calcio. Da questo momento Infront ha cominciato a dirigere il calcio italiano, fino ad sovvertire l’ultima asta per i diritti tv della Serie A234 dove Sky, nonostante si fosse aggiudicata l’asta con un’offerta molto più elevata, è stata obbligata a trattare con il Biscione e quindi a far accettare alla Lega una somma molto più ridotta. Addirittura si sono sollevati dei dubbi sull’elezione del 2010 alla presidenza della Lega di Maurizio Beretta, uomo di fiducia di Mediaset, dove i voti favorevoli sono sempre stati espressi da Lotito, Cellino e Galliani235 e più recentemente sull’elezione di Carlo Tavecchio alla presidenza della FIGC. L’ultimo trimestre del 2015 si è concluso con una serie di indagini, portate avanti dalla guardia di Finanza di Milano e dall’Antitrust, nelle quali vengono poste sotto vaglio numerose operazioni compiute dai dirigenti di RTI, in particolare da Giorgio Giovetti236 e Marco Giordani237. In discussione è stato posto un presunto accordo valido per la ripartizione dei diritti televisivi riguardanti il campionato di calcio di Serie A per il triennio 2015-2018; in particolare si presume una gestione illegale da parte della Lega Calcio. Subito dopo aver prelevato tutti i documenti attinenti alla transazione di vendita per il sopra citato triennio, la Finanza è anche entrata nelle sedi di Infront con la finalità di perseguire il presidente Marco Bogarelli e i consiglieri Giuseppe Ciocchetti e Andrea Locatelli. L’accusa è di favoreggiamento alla società di Silvio Berlusconi nell’asta di vendita dei diritti audiovisivi del calcio italiano238.

235 “Il giochino è semplice. […] . Infront negli anni ha comprato i diritti commerciali delle società che non riescono a vendere gli spazi commerciali dentro i propri stadi, sovrastimandone sistematicamente di qualche milione il valore. La cifra pagata in eccesso è il prezzo pagato per il voto in Lega del presidente del club”. Così un anonimato, in E.LIVINI, M. MENSURATI cit. 236 Responsabile dei diritti sportivi Reti televisive italiane 237 Amministratore delegato Reti televisive italiane 238 “Il managementdi Infront nello svolgimento dell’iter di assegnazione delle licenze dei diritti audiovisivi relativi agli eventi sportivi, colludendo con i dirigenti Rti, ha turbato i relativi bandi e il corretto e imparziale svolgimento delle gare, in particolare violando i canoni di trasparenza e leale concorrenza in favore del competitor Rti”. Così il decreto di perquisizione, riportato da La Repubblica, “L’asta dei diritti tv truccata da Infront per favorire Mediaset”: ecco le accuse dei pm”, di E. Randacio e M. Mensurati, 2015

150 Oltre a ciò sono emersi presunti “indebiti profitti” incentrati principalmente sulla fiduciaria svizzera “Tax and Finance”239 e proprio Infront risulta essere il cliente più importante e proficuo della società svizzera. Quindi da un lato troviamo uno studio svizzero incaricato di creare fondi neri, dall’altro lato la società che controlla il calcio italiano. Dalle indagini sono emerse due società, controllate da Infront, create dalla fiduciaria: Aloca e Deruta, destinate a frapporsi tra i clienti e gli altri interlocutori economici così che si possano concretizzare operazioni volte alla raccolta di indebiti profitti. Il fatto più importante, che ci permette di dare una visione critica a tali avvenimenti attinente al lavoro svolto nel presente elaborato, è principalmente l’indagine portata avanti dalla procura di Milano e dall’Antitrust riguardante le modalità e i risultati dell’assegnazione dei diritti audiovisivi concernenti le stagioni 2015-2018. Come più volte abbiamo ripetuto, si è trattato di un affare pari a 940 milioni di euro che, secondo la Procura, avrebbe potuto giovare circa 150 milioni di euro in più alla Lega e quindi alle squadre del campionato italiano. Tutta la faccenda ha preso piede durante l’assemblea della Lega tenutasi il 26 maggio del 2014 che aveva visto Mediaset vincitrice per quanto riguarda i diritti della Champions e apparentemente sconfitta per quanto concerne i diritti di 8 squadre di serie A diffondibili sia sul satellite che sul digitale da parte di Sky. Forse per le affinità tra Adriano Galliani e Marco Bogarelli con Fininvest, forse per altre motivazioni celate negli uffici della Lega, l’offerta di Sky, pari a 1,2 miliardi di euro non soddisfece a pieno i dirigenti della Lega. L’argomentazione principale, destinata poi a rigettare l’offerta di Sky, era basata su una preoccupazione che la società di Murdoch potesse acquisire totalmente il diritto alla diffusione del massimo campionato italiano istituendo una forma di monopolio. La questione si è poi conclusa a fronte di un compromesso: Sky ottiene il diritto alla trasmissione sul satellite di tutte le partite di Serie A per un corrispettivo pari a 572 milioni di euro; Mediaset invece si riserva un pacchetto delle 8 top team sul digitale. In aggiunta il pacchetto D, composto dalle 12

239 “Il tipo di attività garantito da T&F concerne sostanzialmente la creazione di strutture societarie off-shore destinate a gestire occultamente risorse finanziarie ovviamente generate in modo illecito”, così in La Repubblica, I fondi neri del calcio nell’inchiesta Infront “Profitti indebiti”, di M.Mensurati, E. Randacio , 2015

151 squadre minori è acquisito da Mediaset, la quale lo concede in sublicenza a Sky. Il risultato sono 943 milioni ottenuti dalla Lega, circa 150 milioni in meno del presunto accordo preliminare. Se da una parte quindi Infront dovrebbe garantire il miglior risultato nell’atto della vendita dei diritti televisivi, senza sostituirsi alla Lega Calcio nel ruolo di organizzatore della competizione, dall’altra tesse una rete di contatti e relazioni che gli permettono di controllare il calcio italiano.

152 CAPITOLO 7: CONCLUSIONI

L’excursus sulla storia della televisione e in particolare sullo sviluppo dei diritti audiovisivi sportivi, svolto nei capitoli precedenti, ci ha permesso di capire l’importanza per il calcio di un settore in continua crescita e ad alto interesse quale è quello dei media. La televisione, e in particolar modo quella a pagamento, hanno modificato la classica definizione di calcio presente nei dizionari240, indirizzando questo verso una connotazione più economica e assecondabile alle imprese produttrici presenti in un ambiente competitivo. Attualmente i 5 migliori campionati d’Europa (Premier League, La Liga, Bundesliga e Serie A) determinano un giro d’affari di circa 4 miliardi solamente per i diritti audiovisivi, con risultati positivi sull’economia europea. In Italia tuttavia, nella storia recente, si è palesato un sostanziale peggioramento economico-finanziario che sta gravando sulla performance sportiva-agonistica e sui bilanci delle squadre. Dal mio punto di vista, questa riduzione di performance sta pian piano compromettendo la competitività delle squadre italiane nei campionati europei. In tal senso se si analizzano i coefficienti nazionali della UEFA, che definiscono un quadro sintetico della competitività internazionale, l’Italia è passata dal 2° posto nel 2005/06 al 5° posto nel 2014-2015. Differente dal caso italiano sono i campionati inglese e quello spagnolo dove il primo ha raggiunto un punteggio tale da portarlo dalla 3a posizione nel 2005-2006 alla 2a posizione nel 2015-16 e il secondo ha mantenuto invece la prima posizione nel ranking UEFA grazie ai successi del Real Madrid e del Barcelona. Si è creata quindi una forte relazione bilaterale tra la stabilità finanziaria di una squadra e i propri risultati sul campo da gioco. Infatti da una parte un migliore piazzamento nelle competizioni europee garantisce un aumento

240 “Il gioco del calcio come avvenimento spettacolare e sensazionale, che suscita l’entusiasmo di un vasto pubblico per la fantasia e la bravura atletica dei giocatori”, così in Vocabolario Treccani

153 considerevole dei proventi sia dalle emittenti tv che per i premi garantiti dai tornei stessi e dai vari contratti di sponsorship conseguibili. Dall’altra parte un buon piazzamento nelle coppe europee richiede un ingente investimento in talenti sportivi e in strutture adeguate per svolgere le gare stesse. Nonostante la recente finale di Champions League a cui ha fatto parte la Juventus, la Serie A sta attraversando un periodo di crisi che si riflette sulla spettacolarità di un campionato, ritenuto anni orsono il più bello d’Europa, e quindi di riflesso sulla partecipazione attiva dei tifosi alle partite di calcio. Questi elementi sono motivati da una ricerca che ho svolto mettendo a confronto con la Serie A la Premier League e la Liga spagnola per il campionato 2014-2015. Le variabili che ho utilizzato per svolgere l’analisi comparativa sono: • spettatori allo stadio; • ricavi dei diritti televisivi; • valore delle rose. Ho poi calcolato la media per ciascuna variabile in modo da individuare una “squadra tipo” per ogni campionato e ho confrontato questi valori:

Spettatori Valore Rose (mln Ricavi euro) diritti tv

(mln euro)241 Seria A 22.213 140,19 41,84

Liga 27.020 131,764 38,01 Spagnola Premier 36.176 205,17 110,16 League

La prima cosa che si evince è il numero degli spettatori che partecipano attivamente alla visione delle partite pagando un abbonamento o acquistando i biglietti per andare allo stadio. Nonostante una riduzione della partecipazione di circa l’1%, l’Inghilterra mantiene la quota più alta con una

241 La Premier League nel 2014-2015 ha incassato complessivamente 2,2 miliardi, la Liga 760 milioni e la Serie A 834 milioni di euro.

154 media annuale pari a 36.176 con un’utilizzazione totale pari al 96% della capacità disponibile in ciascun impianto. Il Manchester United mantiene il titolo di squadra più seguita della Premier League con una media di 75.335 spettatori a partita a fronte di uno stadio molto capiente (76.212 posti disponibili). Chiude la classifica del Regno Unito il Queens Park Rangers con una media a partita di 17.809 a fronte di 18.360 posti disponibili. La prima giustificazione che posso dare a questa grande affluenza negli stadi inglesi da parte dei tifosi e degli appassionati risiede proprio nel ruolo della televisione in Inghilterra; infatti sul territorio inglese la tv non trasmette tutte le partite di una determinata giornata di campionato ma solamente alcuni anticipi e posticipi. La seconda giustificazione si trova nelle strutture utilizzate dai club inglesi, sempre più all’avanguardia e spettacolari. Gli stadi inglesi infatti non vengono classificati solamente come “impianto stabile per gare e manifestazioni sportive e ginniche all’aperto”242 ma piuttosto come un teatro dove gli spettatori possono stare a dieci metri dai loro beniamini senza essere separati da barriere o da piste di atletica e dove al suo interno sono presenti tutti i negozi e le attività tipiche di un centro commerciale243. Nonostante i non buoni risultati raggiunti dalle squadre inglesi nelle competizioni europee, in particolare nella Champions League 2014-2015 dove non si sono qualificate per i quarti di finale, nonostante i rincari sul prezzo degli abbonamenti e sui biglietti d’ingresso, gli stadi sono sempre più pieni ed esistono delle vere e proprie waiting list per assicurarsi gli ultimi posti rimasti. Sostanzialmente la Premier League si avvale di un modo di agire globale che avvicina, secondo me, il prodotto del calcio al prodotto americano

242 Definizione di “stadio”, fonte: Treccani 243 “Il Taylor report è stato determinante per rifare gli stadi, anche con finanziamenti pubblici, e ripensare al sistema calcio.[…] Qualcosa della tradizione è andato perso, come le terrace con i tifosi in piedi e l’atmosfera della FA Cup”, L. MANES, in Made in England. Luci e ombre del football dei Maestri, 2008

155 dell’Nba244, aumentando i valori dei relativi brand grazie ad investitori, agli stadi sempre più pieni e al crescente valore dei diritti televisivi. Nella nostra particolare analisi la Liga spagnola si trova al secondo posto (27.020 presenza medie), conquistando un nuovo record di presenze totali tra la Prima e la Seconda Divisione pari a 13.546.935 spettatori 245 (9.779.032 spettatori della Liga con un tasso di riempimento degli stadi pari al 69,93%) . Il Barcellona in questo caso mantiene la vetta con una media di 77.632 a partita (più bassa di quella precedentemente esposta del Manchester United, nonostante una capienza pari a 98.760 posti del Bernabeu), seguito dal Real Madrid (72.553) e Atletico Madrid (46.829). Chiude la classifica dell’affluenza negli stadi spagnoli l’Eibar (4.815) anche a causa di uno stadio con una ridottissima capienza (6.479). All’ultimo posto della nostra classifica troviamo l’Italia con una media di 22.213 spettatori a partita. Ho voluto collegare il problema di diversificazione delle entrate che affligge i bilanci dei team del massimo campionato italiano alla riduzione degli spettatori negli stadi. Infatti i diritti audiovisivi costituiscono il 58% delle entrate, il commerciale circa il 20%, mentre gli stadi solamente l’11%. Per tali motivi la Serie A continua ad osservare un continuo aumento dei debiti: se nel 2009 erano circa 1,35 miliardi nel 2014 sono arrivati a circa 1,75 miliardi246. L’ammontare del patrimonio netto aggregato delle squadre di Serie A ammonta a circa 213 milioni, con un intervento sempre minore da parte dei proprietari e una conseguente necessità di far fronte ai prestiti delle banche (1 miliardo nel 2014). Il problema più considerevole della Serie A è la difficoltà nel ripagare i debiti contratti tramite le proprie risorse: sono solamente il Napoli, la Lazio, il Verona e qualche altra squadra riescono a produrre profitto, mentre le restanti squadre mostrano bilanci in negativo. Questi numeri evidenziano come i dati di affluenza negli stadi italiani siano preoccupanti. Su 380 partite di campionato il numero totale di spettatori è

244 La Nfl americana incassa dalle televisioni 4,2 miliardi fino al 2022, la Nba 2,2 miliardi fino al 2025. 245 Superato il record precedente del 2009/2010 di 13.537.717 246 M.IARIA, Inchiesta sui bilanci dei club della Serie A, Gazzetta dello Sport, 2015

156 stato di 8.387.432, una cifra non alta se confrontata a quella del massimo campionato spagnolo. Le uniche due squadre che mantengono un andamento positivo delle presenze negli stadi sono la Juventus e la Roma. I giallorossi hanno una media pari a circa 40.119, i bianconeri, con una media pari a 38.553 spettatori si collocano al secondo posto nonostante la vittoria del campionato. Chiudono questa classifica l’Udinese (9.132) e l’Empoli (9.229). Quello che emerge è una flessione da parte dell’Inter e del Napoli dove i primi perdono in media 8.967 spettatori a partita e i secondi 8.366 mentre positivo è stato l’anno della Lazio con un aumento di 3.044 unità in media a partita. Questi andamenti mostrano l’arretratezza, la mancanza di una strategia valida e la scarsa efficienza degli stadi del nostro campionato. In tal senso, Stefano del Giudice ha individuato 4 criteri fondamentale per la valorizzazione e la gestione dello stadio moderno247: 1. economici. Sottendono la necessità di grossi investimenti affinché possa essere sviluppata la struttura; 2. sociali. Quando si costruisce un nuovo stadio ci si rivolge a due tipologie di consumatori: una che partecipa live alla partita recandosi direttamente nella struttura e un’altra che sfruttano la visione del nuovo stadio tramite i nuovi sistemi di comunicazione; 3. ambientali. Il progetto di costruzione dell’impianto non può esimersi dal considerare la location in cui verrà collocato. La facilità di parcheggio e di trasporto ad esempio possono essere delle condizioni sine qua non per la realizzazione di un’efficiente struttura; 4. fisici. L’obiettivo di questi ultimi decenni è la creazione di una struttura innovativa e multifunzionale che possa essere visitata tutti i giorni in modo tale da generare ricavi continuamente e non solamente nel giorno della partita. Lo sviluppo tecnologico è la colonna portante di un efficiente impianto. L’importanza delle

247 S. DEL GIUDICE, Il marketing nella gestione di uno stadio moderno, Rivista di diritto ed economia dello sport, Vol. IV, Fasc. 2, pag. 40, 2008

157 televisioni e la richiesta di riprese sempre più innovative e appassionanti sta richiedendo alle società un adeguamento delle strutture. Un elemento che l’Italia scarsamente sfrutta è quello del Naming Rights , ossia un accordo che implica il legame tra il nome di una determinata azienda ad un impianto sportivo. Ad esempio in Germania il Gruppo Allianz ha fornito 80 milioni di euro, circa il 25% del costo totale di costruzione dello stadio, per garantirsi il naming rights per 30 anni. Quello che appare chiaro è che: salvo alcuni stadi, come quello della Juventus e quello del Sassuolo, l’Italia non rispetta nemmeno uno di questi principi chiave per la costruzione di uno stadio produttivo e efficiente, a differenza dell’estero dove in particolare in Inghilterra le società costruiscono autonomamente, o sostenute da azienda, stadi sempre più belli e tecnologici. Il secondo elemento che siamo andati ad analizzare è il valore delle rose nei tre campionati in questione. Nel 2012-2013, secondo un’indagine condotta da Deloitte, l’ammontare dei total revenue nella Premier League ammontava a circa 3 miliardi di euro, contro i 1,9 miliardi della Liga spagnola e i 1,68 miliardi della Serie A. Nel 2013-2014 invece il massimo campionato inglese ha raggiunto quasi i 3,8 miliardi, la Liga i 2 miliardi grazie ai trofei vinti dai suoi top team e la Serie A è rimasta invece ancorata a circa 1,7 miliardi di euro. Sempre secondo Deloitte 14 club inglesi (tra cui Liverpool, Manchester City, Arseanl, Manchester United e Chelsea) fanno parte della classifica delle 30 squadre al mondo con il più alto volume dei ricavi detratti i costi di gestione dei calciatori. Infatti la sola partecipazione al campionato inglese permette di fatturare alle società sportive inglesi circa 100 milioni, un valore a cui solamente pochissime squadre italiane possono ambire. Supportati da queste ottime prospettive economiche le migliori squadre inglesi riescono a raggiungere ottimi risultati europei allestendo squadre sempre più competitive.

158 Il valore economico delle rose è infatti, come abbiamo più volte ripetuto, un fattore che influenza positivamente o negativamente il piazzamento finale in classifica. Per giustificare questa ipotesi possiamo porre a paragone il valore di una rosa di una particolare squadra prima che inizi il campionato e la classifica finale raggiunta dal team. In Serie A la Juventus con il valore della rosa più alto (356,7 milioni248) si è aggiudicata il campionato 2014-2015 distaccando la Roma che presenta il quarto valore più alto (260,23 milioni). Negli altri due campionati, spagnolo e inglese, il Barcellona si è aggiudicato il trofeo con la rosa che mostra il secondo valore più alto (598,45 milioni) dopo il Real Madrid (654,1 milioni) arrivato secondo in classifica, mentre il Chelsea, con il valore della rosa (526,1) più alto della Premier League si posiziona davanti al Manchester City (478) vincendo il campionato. Questa particolare relazione tra valore della rosa e piazzamento in classifica vale anche per le squadre “fanalino di coda”. Il Burnley (36,75 milioni il valore della sua rosa) in Premier si è posizionato penultimo in classifica retrocedendo in Football League Championship con una rosa che vale 1:14 quella del Chelsea. Stesso discorso vale per il campionato italiano e la Liga spagnolo dove rispettivamente il Cesena (35,6 milioni), retrocesso in Serie B, palesa una differenza di valore della rosa con la Juventus di 1:10 e l’Almeria (25,1 milioni), retrocesso in Segunda Division, evidenzia una discrepanza di valore con il Real Madrid di 1:25. Esiste quindi una relazione per ogni campionato tra i punti conquistati a fine campionato e il valore delle rose. In tal senso la Premier League evidenzia una correlazione più alta tra i punti e il valore della rosa, con un coefficiente di determinazione249 pari a 0,79250, seguita poi da Spagna e Italia. Quindi la tesi secondo cui a maggior valore economico della rosa è associata una

248 Fonte Transfermarkt.it 249 Comunemente detto R2 misura la variabilità della variabile dipendente Y spiegata dalla variabile indipendente X. Quindi nel nostro caso la variazione dei punti giustificati da una variazione del valore delle rose. 250 R. MASTROLONARDO, Il valore di mercato della rosa della Juve a inizio campionato, GQ italia, 2015

159 migliore posizione in classifica è rafforzata in Inghilterra, in Spagna e in Italia. La riflessione che deriva da questi elementi è che nel campionato inglese, anche se è valida la regola per cui ad un maggior valore della rosa è associato un miglior piazzamento in classifica, con la conseguenziale e frequente vincita delle squadre dotate di maggior talento, la spettacolarità del torneo, l’affluenza media allo stadio e il numero di abbonati alla pay tv non sono messi a repentaglio. Dal mio punto di vista, quello che differenzia i due campionati dalla Serie A non è tanto l’incertezza della classifica finale, che spesso è occupata da una delle big five251, ma l’incertezza delle singole partite. L’esempio più lampante è il Leicester in Premier dove alla 6a giornata del campionato 2015-2016 è 2° in classifica, riuscendo a pareggiare con il Tottenham e vincendo con l’Aston Villa nonostante un valore della rosa di appena 90 milioni di euro. Probabilmente l’esito finale del campionato vedrà il trionfo del Chelsea, delle due squadre di Manchester o dell’Arsenal, ma tutti i match presi individualmente sono così incerti nel risultato da appassionare milioni di spettatori in 170 Paesi nei quali il campionato è trasmesso. Ritengo inoltre che un elemento distintivo della Premier League sia la competitività tra le squadre più forti che rende incerta una previsione di chi vincerà il campionato. Confrontando i punti in classifica nelle prime posizioni ho notato come ci sia il minor scarto possibile tra la prima classificata e la seconda, ma anche tra la seconda e la terza252. Il discorso è diverso nella Liga spagnola, infatti secondo me l’andamento della Liga BBVA non si distacca così nettamente da quello della Serie A, con il dominio di due/tre squadre principali e la rotazione di poche squadre che competono per assicurarsi un posto nelle coppe europee. Un elemento però che differenzia il campionato spagnolo da quello italiano, come abbiamo già detto, è l’affluenza media degli spettatori che rendono le partite sempre più coinvolgenti e appassionanti. Ritengo che questo fattore sia direttamente

251 Manchester United, Arsenal, Manchester City, Liverpool, Chelsea. 252 Premier League 2013-2014: 1° Manchester city con 86 punti, 2° Liverpool con 84 punti , 3° Chelsea con 82 punti. Premier League 2014-2015: 1° Chelsea con 87 punti, 2° Manchester City con 79 punti, 3° Arsenal con 75 punti.

160 imputabile allo stato attuale degli stadi in Italia, non all’altezza di un campionato così importante e non sufficientemente moderni per garantire uno spettacolo preferibile a quello offerto dalla combinazione televisione a pagamento e divano. Tutti questi fattori giustificano l’importo nettamente più alto del valore dei diritti televisivi nella Premier League (circa 2,2 miliardi) rispetto al campionato italiano (834 milioni) e alla Liga (760 milioni). L’ultimo elemento, su cui ho posto principalmente il focus dell’intera tesi, è infatti la distribuzione, nei principali campionati europei, dei ricavi derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi del calcio. Abbiamo visto come ciascun campionato adotti il proprio sistema di ripartizione dei ricavi con un recente e progressivo abbandono della forma individuale (solamente in Spagna, tra i campionati analizzati, è ancora vigente la modalità di commercializzazione individuale in attesa dell’applicazione del citato Real Decreto-Ley 5/2015 ) a favore della contrattazione collettiva. Nel massimo campionato inglese è chiaro come si attui una redistribuzione dei ricavi prodotti dall’alienazione dei diritti tv più equa rispetto agli altri due campionati in questione, riuscendo ad attribuire paritariamente ad ogni club una quota pari al 70% del totale. Se nei primi anni ’90 i diritti televisivi del campionato inglese erano stati venduti per meno di 190 milioni, oggi a distanza di 20 anni valgono circa dieci volte di più. Ad esempio il Chelsea, per la stagione 2014-2015, è riuscito ad ottenere circa 136 milioni di euro dai diritti televisivi mentre il Queens Park Ranger (QPR) circa 89 milioni producendo un rapporto tra le due squadre di 1:1,5, quindi non così alto come è invece quello italiano (1:5,25). Confrontando il valore dei diritti tv spettanti al QPR con quelli della Juventus si nota una differenza di appena 5 milioni a favore della Juventus, nonostante il migliore blasone del brand della squadra di Torino. Due sono i vantaggi che il campionato inglese ha nei confronti della Serie A: da una parte i maxi- contratti che riesce a siglare con le emittenti televisive, dall’altra un sistema di redistribuzione delle risorse più equo rispetto a quello italiano che si basa principalmente sull’importanza della squadra e sul bacino d’utenza. Un’altra

161 differenza che ritengo fondamentale è l’effetto di una retrocessione in Serie B e una in Championship. Nel primo caso la squadra retrocessa subirà un “danno economico” molto importante e sarà costretta a privarsi dei suoi giocatori più importanti ricostruendo da zero la propria squadra. Nel secondo caso invece la Football Association inglese grazie al sistema del parachute payment destinerà una quota di soccorso alle squadre retrocesse. In particolare il QPR, l’Hull City e il Burney otterranno rispettivamente 72,74 milioni suddivisi in 4 anni (24 milioni per il primo anno e poi a scalare di 12 milioni a partire dal secondo anno). A seguito di queste riflessioni, collego il minor valore dei diritti audiovisivi in Italia ad un prodotto, il calcio italiano, che è diventato sempre meno esclusivo. Infatti tutte le partite della Serie A, a differenza della Premier League, sono trasmesse live dalle emittenti televisive (Sky e Mediaset) che sostanzialmente si sovrappongono e abbassano quindi di molto i costi dei Pacchetti. Se si applicasse il modello presente nel campionato inglese, in cui solo alcune partite sono trasmesse in diretta dalle emittenti tv, il prodotto italiano potrebbe riacquisire valore sia da un punto di vista prettamente mediatico (aumento del valore dei diritti audiovisivi), sia da un punto di vista di affluenza negli stadi in relazione al fatto che alcune partite sarebbero visibili solamente mediante la partecipazione attiva allo stadio. Inoltre potrebbe essere più opportuno ripensare ad un’esclusiva per prodotto dei diritti audiovisivi della Serie A, come avviene in Inghilterra e in Spagna, a differenza dell’attuale esclusiva per piattaforma. La mia possibile soluzione è motivata dalla recente vendita in esclusiva per le stagioni 2015-2018 dei diritti audiovisivi della Champions League a Mediaset per 690 milioni di euro (un valore che supera di ben 44 punti percentuali quello previsto dal contratto precedente) e dell’Europa League a Sky per 100 milioni. Un altro problema che ritengo essere determinante all’interno della ripartizione dei diritti televisivi del calcio in Italia è quello del bacino d’utenza. Come abbiamo già anticipato, il 30% del valore complessivo dei diritti tv deve essere calcolato in base ai sostenitori di ciascuna squadra (per il 25%) e in base alla popolazione del comune di riferimento della squadra

162 (5%). In tal senso potrebbe essere preferibile aumentare la percentuale dei meriti, calcolata in base ai risultati degli anni precedenti, in modo da favorire squadre che hanno raggiunto traguardi inaspettati ma che non possiedono un bacino molto elevato (vd. Udinese, che negli ultimi anni ha ottenuto degli ottimi piazzamenti in classifica andando anche spesso in Europa, però ha un seguito di tifosi irrisorio se confrontato a quello della Juventus). Alla luce di quanto detto, è chiaro come il calcio italiano presenti degli elementi di incertezza e delle grandi lacune che rischiano di compromettere il suo appeal se paragonato al campionato inglese. Stiamo assistendo ad una “fuga” dalla Serie A dei migliori talenti con la conseguente riduzione della competitività dei club italiani nelle competizioni europee. Correlato a questo è il valore dei diritti audiovisivi: minori risultano le presenze dei top player nel campionato, minore è l’attrattività del campionato stesso, con la riduzione dell’offerta da parte delle emittenti televisive per l’acquisto dei Pacchetti. La Liga Spagnola si fa forte da una parte, come abbiamo precedentemente detto, degli stadi che possono essere definiti come veri e propri luoghi sacri del calcio, dall’altra parte gli sponsor commerciali che patrocinano la Liga BBVA. Con riferimento a questo ultima questione, per la stagione 2015-2016 i club del massimo campionato spagnolo incasseranno dagli sponsor commerciali attinenti alle maglie da gioco una cifra vicina ai 100 milioni di euro. In particolare possiamo stilare una classifica degli incassi attinenti agli sponsor del merchandising da gioco con il Barcelona al primo posto con un valore medio annuo pari a 35 milioni di euro garantiti da Qatar Airways, al secondo il Real Madrid con 30 milioni portati da Fly Emirates, mentre all’ultimo posto troviamo il Granada CF con circa 0,5 milioni di euro. Ciò che risalta da questi dati è la differenza sostanziale tra i top team e quelli di media-bassa classifica, proprio come accade per quanto concerne la ripartizione dei ricavi prodotti dalla vendita dei diritti audiovisivi sportivi: il Barcelona e il Real Madrid ottengono insieme 65 milioni, circa il 67% del valore totale prodotto dagli sponsor commerciali. Questi dati sono rilevanti se confrontati con il campionato italiano che perde circa il 20% del valore rispetto al campionato spagnolo. Quindi il campionato

163 italiano spreca la potenzialità di una delle competizioni più note sul globo non riuscendo ad attrarre valore dai brand più famosi sul globo. Ritengo quindi che anche in Spagna sia presente lo stesso problema dell’Italia: un’eccessiva sperequazione dei proventi ricavati da tutta “l’industria calcio”, a partire dai diritti audiovisivi fino ad arrivare agli sponsor, che ha portato a ridurre la competitive balance del campionato a favore delle due squadre più forti. L’obiettivo con la nuova legge spagnola approvata nel 2015 dovrebbe essere quindi quello di ridurre il rapporto first-to-last della distribuzione delle somme generate dalla vendita dei diritti tv, che nel 2010 era pari a 13:1. In conclusione, dal mio punto di vista due sono le possibili soluzioni per riavvalorare il campionato italiano e riportarlo ad un livello competitivo comparabile con il campionato inglese. La principale sarebbe quella di attuare una riforma strutturale dell’intero sistema calcistico volto a migliorare gli impianti oltre che a correggere il calendario, in modo tale da riportare un più interesse verso la competizione. La seconda riguarderebbe una modifica della vendita dei diritti audiovisivi cercando di destinare una maggior quantità di denaro alle squadre meno blasonate (anche istituendo un sistema di salvaguardia più rafforzato per i team che retrocedono nelle serie cadette) e cercando di rendere il prodotto più esclusivo, proprio come avviene in Inghilterra, riducendo il numero di partite trasmesse live invogliando gli appassionati a rifrequentare gli stadi e aumentando la competizione delle emittenti televisive per ottenere i Pacchetti contenenti un numero minore di partite disponibili.

164 BIBLIOGRAFIA

AA. VV. Infront Sports & Media Company Profile Infront.it, 2015 AA. VV., Football Money League 2015, Deloitte AA. VV., Report Calcio, 2012-2015, pwc.it ANDREFF W., NYS J.F., Economie du sport, PUF, 2002 V éd. ASSER INSTITUTE, Study on sports organiser’s rights in European Union, Amsterdam, 2014, BALESTRERI G., La Champions a Mediaset può costare a Sky oltre 100 milioni, Repubblica.it, 12 dicembre 2014 BIANCOSINO D., Diritti tv 2012-2013: finito il campionato ecco le cifre definitive, www.tifosobilanciato.it , maggio 2013 BONINI C., I padroni del calcio all’assalto, del tesoro tv, in La Repubblica, 1 marzo 2002 BOULDING K., Ecodynamics: a new theory of social evolution, Sage Publications, 1978 BRUNI L., Felicità e beni relazionali, Università Bicocca, Facoltà di Economia, pag.7 CAMIGLIERI T., La grande avventura della pay tv, Mursia 2008 CAPUANO G., Serie A 2014-2015 stadi sempre vuoti: tutti i numeri e le statistiche, in Panorama 4giugno 2015 CARLI S., Mediaset porta la Champions sul satellite: l’ultima sfida per salvare la pay tv Premium, Repubblica.it, 26 ottobre 2015 CARUSO R., Il Calcio tra mercato, relazioni e coercizioni, in Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.IV, Fasc.1, 2008, pagg.2 e ss. COMMISSIONE EUROPEA, Libro Bianco sullo Sport, Riv.Dir.Ec.Sport, Vol. III, Fasc.2, 2007 COMMISSIONE EUROPEA., White paper on sport.com.(2007), Bruxelles, 11 luglio 2007 CONI, Riv.Dir.Sport, n.1, 2002 DE LUCA M., FRISOLI P., Sport in TV, Rai-Eri, 2010 DE LUCA M., FRISOLI P.,Sport in tv, Storia e storie dalle origini a oggi, Rai Eri, 2010 DE MARTINI A., La disciplina dei diritti televisivi nello sport, Riv. Dir. Ec. Sport, Vol.

165 VII Fasc. 2 , 2011 DI DOMIZIO M., La domanda di calcio in Italia: Serie A 1962-2006, Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.III, Fasc.1, 2007 DI DOMIZIO M., Localizzazione geografica e performance sportiva: un’analisi empirica sul campionato di calcio di Serie A, Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.IV, Fasc.3, 2008 FIGUS DIAZ J., BALESTRA F.M., SCASSELLATI SFORZOLINI G., La ripartizione dei ricavi derivanti dalla vendita collettiva dei diritti audiovisivi derivanti dagli eventi calcistici. Controversie tra le squadre, Riv.Dir. FIGUS DIAZ J., FORTI V., La disciplina antitrus della nuova legislazione sui diritti di trasmissione: quid novi sub sole ? , in Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.IV, Fasc.2, 2008 FONTANAROSA A., Stream-Tele+, accordo fatto, la maggioranza ai Francesi, in La Repubblica 24 aprile 2011 GARDINI G., Le regole dell’informazione, dal cartaceo al bit, Giappichelli, 2014, pagg.208 e ss. GHIDINI G., FALCE V., I diritti di trasmissione televisiva sugli eventi sportivi nella prassi comunitaria – le clausole di esclusiva, in AIDA, 2004 GIANNACCARI A., Calcio, diritti collettivi e ritorno all’antico. Storia a lieto fine ?, in Merc.Conc.Reg., Vol.VIII, n.3, 2006 GIANNINI A., Televisione e diritto d’autore, Riv.Dir. 1953, vol. V GIMENO R., Asì serà el reparto del dinero televisivo, Marca.it, 1 maggio 2015 GIOCOLI N., Competitive Balance in football leagues when teams have different goals, in Rev.Ec., vol.54, 2007 GIUDICE S., Il marketing nella gestione di uno stadio moderno, in Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.IV, Fasc.2, 2008 GRASSO A., Quando la televisione e il televisore rompono il matrimonio, in Corriere della Sera, 3 giugno 2008 GRASSO A., Storia della televisione italiana, Garzanti, 1992 GROOT L.,De-commercializzare il calcio europeo e salvaguardarne l’equilibrio competitivo: una proposta HELLIS J., Seeing Things: Television in the age of uncertently, 2002 http://futbolfinanzas.com

166 IARIA M., Inchiesta sui bilanci dei club della Seir A, in Gazzetta dello Sport, 2015 in Comparazione e Diritto Civile, 2013, pag.17 in La Repubblica, 2014 IRIONDO P., Asì serìa el reparto de ingresos de television con el modelo Premier en 2016, ISTAT, La pratica sportiva in Italia, anno 2016, pubblicato il 20 giugno 2007 Italia e in Europa tra affari, concorrenza e specificità, in Riv:Dir.Ec.Sport, Vol.III, Fasc.3, 2007 LIVINI E., Mediaset Premium vale 819 mln: tutti i numeri della pay di Arcore, Repubblica.it, 1 dicembre 2014 LIVINI E., MENSURATI M., Dai diritti tv al marketing padroni del calcio italiano con un miliardo di euro. MANGIONE G., Mercato rilevante televisivo, cessione in esclusiva e diritti sportivi, in AIDA, 1996 MAROTTA L., I ricavi dei diritti televisivi in Premier League, www.tifosobilanciato.it , MASTROLONARDO R., Il valore di mercato della rosa della Juve a inizio campionato. In GQ Italia, 2015 MASTROLUCA A., Calcio Serie A: i numeri della crisi e il confronto con l’Europa, calcio.fanpage.it, 2 luglio 2015 MICELI R., Cosa sono i beni relazionali, in La Stampa, 6 ottobre 2013 MORELLI E., Diritti audiovisivi sportivi, Giuffrè, 2012 NATALE R., “Grande salto con la Champions League, ci corteggiano tutte le telco”. Intervista a Franco Ricci, Key4biz.it , 28 novembre 2014 NEALE W., in Quarterly Journal of Economics, 1964 OSORIO M., Cuanto ingresarà cada club de la Liga por TV este año?, Expansion.com, 31 Luglio 2015 PACILEO P., La vendita dei diritti televisivi di eventi sportivi: recenti sviluppi e spunti comparatistici, pagg.121-146 PEZZALI R., Gli abbonati a Premium sono 1,9 milioni, ma Mediaset crolla in borsa, dday.it, 11 novembre 2015 PIERINI M., Diritti TV e competitive balance nel calcio professionistico italiano, Riv.Dir.Ec.Sport,

167 PISCINI A., L’evoluzione della disciplina sulla diffusione dei diritti di immagine relativi agli eventi sportivi in PISCINI A., Sul fronte sportivo qualcosa di nuovo (ma non troppo), Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.III, Fasc.1, 2007 PORRO N., Sociologia del calcio, Carrocci, 2008 PRETA A., Restrizioni verticali e ruolo dell’esclusiva: i diritti audiovisivi del calcio tra efficienza economica e benessere sociale, Coni.it ROGNONI E., Lo show a colori, calcio e tv, in Linck, idee per la televisione, RTI, 4/2005, pag. 7 RUSSO P., Sport e società, Carrocci, 2004 SCUDAMORE R., Premier League Chief Executive, in Premier League to increase football, 2015, SIAE, Lo spettacolo in Italia, Annuario dello Spettacolo 2011 SLOANE P.J. The economics of professional football, in Socottish Journal of political Economy, 1971, Sport, 2002, n.1 STAZI A., La disciplina dei diritti audiovisivi sportivi, DPS il Sole 24ore, n.1, 2010 SZYMANSCKI S., conomic designe of sporting contest, in Jour.Ec.Lit., Vol.41, 2003 SZYMANSKI S., BUZZACCHI L., VALLETTI T.M., Equality of opportunity and equality of outcome: open leagues, closed leagues and competitive balance, in Jou.Ind.Comp.Trade, Vol.3,2003 TARI’ D., Diritti tv: la Spagna passa al modello di ripartizione centralizzata, www.tifosobilanciato.it , maggio 2015 TARI’ D., La ripartizione dei Diritti tv in Serie A per la stagione 2014/2015, www.tifosobilanciato.it, giugno 2015 TARI’ D., Qualche riflessione sui 7 miliardi dei diritti tv della Premier League, www.tifosobilanciato.it , febbraio 2015 THOMPSON ED, Tv revenue distribution- comparing Italian and English models, financialfairplay.co.uk, ottobre 2012 TIFOSOBILANCIATO.IT, Cambia la ripartizione dei diritti tv in Spagna, gennaio 2015, www.tifosobilanciato.it TIFOSOBILANCIATO.IT, Diritti tv: alcuni dettagli sui bandi di gara.. aspettando la Serie A a 18 squadre, www.tifosobilanciato.it, maggio 2014

168 TIFOSOBILANCIATO.IT, La Premier League distribuisce 2,2 miliardi di euro di diritti tv, www.tifosobilanciato.it , giugno 2015 UTT J., FORT R., Pitfalls to measuring competitive balance with gini coefficients, Spec.Econ., Vol-3, n.4, 2002 Vol.VII, Fasc.2, 2011 Welfarista, Riv.Die.Ec.Sport, 2005, Vol. I, Fasc. 2 WISEMAN N.C., The economics of footbaal, in Lloyd Bank Rewieu, 4, 1977 www.premierleague.com ZAGNOLI P., RADICCHI E., Sport Marketing. Il nuovo ruolo della comunicazione, Convegno annuale “Tendenze Evolutive del marketing dei servizi”, MIB School of Managment, Trieste, 2005, pag.8 ZENCOVICH V.Z., La statalizzazione dei “diritti televisivi sportivi”, in Dir.Info., anno XXIV, Fasc.6, 2008 ZYLBERSTEIN J., La specificità dello sport nell’Unione Europea, Riv. Dir. Ec. Sport, Vol. IV, Fasc. 1 , 2008

169

NORMATIVA CITATA

Legislazione nazionale

Legge 29 dicembre 1949,n.958, Disposizioni per la cinematografia, in G.U. n.301 del 31 dicembre 1949 Legge 10 ottobre 1990, n.223, Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato, in G.U. n. 240 del 9 agosto 1990 Legge 27 ottobre 1993, n.422, di conversione con modificazioni del D.L. 27 agosto 1993, n.323, recante Provvedimenti urgenti in materia radiotelevisiva, in G.U. n.253 del 27 ottobre 1993 Legge 31 luglio 1997, n.249, Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle comunicazioni e radiotelevisivo, in G.U. n.177 del 31 luglio 1977 Legge 3 maggio 2004, n.112, Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A nonché delega al Governo per l’emanazione del Testo Unico della radiotelevisione, in G.U. n.104 del 5 maggio 2004 D.Lgs. 15 marzo 2010, n.44, Attuazione della direttiva n.2007/65/CE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive, in G.U. n.73 del 29 marzo 2010 Legge 29 marzo 1999, n.78, conversione in legge con modificazioni del D.L. 30 gennaio 1999, n.15, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell’emittenza televisiva e per evitare la costituzione e il mantenimento di posizioni dominanti nel settore televisivo, in G.U. n.75 del 31 marzo 1999 Legge 19 luglio 2007, n.106, delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità E al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede rediotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati e dei tornei

170 professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive organizzate a livello nazionale, in G.U. n.171 del 25 luglio 2007 Legge 22 aprile 1941, n.633, protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, in G.U. n. 166 del 16 luglio 1941, Legge annotata e aggiornata al D.L. 30 dicembre 2008 n. 207, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, (in G.U. n.304 del 31 dicembre 2008), convertito in legge, con modificazioni, dalla Legge di conversione del 27 febbraio 2009, n.14, Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30 dicembre 2008, n.207, in G.U. 3 dicembre 2008, n.304 Legge Costituzionale D.Lgs. 9 gennaio 2008, n.9, Disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi Sportivi e relativa ripartizione delle risorse, in G.U. n. 27 del 1 febbraio 2008 ( Rettifica G.U. n.93 del 19 aprile 2008) D.L. 24 dicembre 2003, n.352, Disposizioni urgenti concernenti modalità di definitiva cessazione del regime transitorio della legge 31 luglio 1997, n.249, G.U. n.300 del 29 dicembre 2003

Spagna

R. Decreto-ley 30 aprile 2015, n. 5

GURISPRUDENZA

Pret. Roma 15 novembre 1955, in Dir. Aut., 1956 App. Roma 27 luglio 1960, in Rass.Dir.Cinem., 1961 Trib. Roma 27 marzo 1959, in Foro It., 1959, I Cassaz. 29 luglio 1963 n.2118, in Foro It., 1963, I Corte Costituz. 6 luglio 1960, n.59, in www.Giurecost.org Corte Costituz. 15 luglio 1975, n.202, in www.Giurecost.org Pret. Roma 26 novembre 1977, in Foro It., 1977, II Trib. Roma 21 luglio 1978, in Foro It., 1978, I

171 App. Berna 8 novembre 2003

DOCUMENTI

AGCM, (caso Rai-Mediaset-Rti-Mediatrade) Provvedimento 10 dicembre 1998 n.6662, in Boll. Uff. 49/98 AGCOM, Cons. 17 luglio 2009 n. 405, Regolamento per l’esercizio del diritto di cronaca audiovisiva, in Gazz.Uff. n.191 del 29 agosto 2009 AGCM, (apertura indagine conoscitiva sul settore del calcio professionistico) delibera 14156 del 31 marzo 2005, in Boll. Uff. 13/2005 AGCM, ( chiusurai Indagine conoscitiva sul settore del calcio professionistico) delibera 16280 del 21 dicembre 2006, in Boll. Uff. 51/52/2006 Commissione Europea, Presentazione "Libro Bianco" sul calcio professionistico 11 luglio 2007 in Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.III, Fasc.2 Corte di Giustizia Europea (caso Hoefner, causa C/41/90) provvedimento del 23 aprile 1991, in Racc. I Commissione Europea, (causa " vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League" Decisione 2003/78/CE del 23 luglio 2003, in GUCE L291 dell’8novembre 2003 Commissione Europea, (causa " vendita congiunta su base esclusiva diritti trasmissione FA Premier League) Comunicazione ai sensi dell’art.13 del Regolamento n.17 del Cons. 2004/C, in GUCE C115/02 del 30 aprile 2004 Corte di Giustizia Europea 11 luglio 2000 (cause riunite C 51/96 e C 191/97, Delige/c.Ligue Francophone de Judo e Ligue belge de judo e F.Pacquee), in Racc. I AGCM, (caso Rai-Cecchi Gori Communications)provvedimento (chiusura istruttoria) n.6633 del 3 dicembre 1998, in Boll. Uff. n.49/98 Ministero dell'Interno, circolare del 20 novembre 1982, n.52, Min.Int. circolari AGCM (caso "vendita diritti televisivi, chiusura istruttoria”)provvedimento n.7340 del 1 luglio 1999, in, Boll. Uff. 26/1999 Lega Nazionale Professionisti, Regolamento TIM CUP, in Lega Calcio, Comunicato Uff. n.9 del 29 luglio 2008

172 AGCOM, (Regolamento sui servizi di media audiovisivi di cui T.U.dei servizi dei media audiovisivi e radiofonici del 25 novembre 2010) delibera n.606/10 AGCOM (Rilascio di deroga al divieto di sub-concessione di licenza a terzi di cui all’art.11, comma 6, del D.Lgs n.9/08 del pacchetto dei diritti audiovisivi relativamente al campionato di Serie A per le Stagioni sportive 2015-2016, 2016- 2017 e 2017-2018) Delibera n. 379 del 17 luglio 2014, in sito web AGCOM,it AGCM Segnalazione al Governo del 16 settembre 2008, in web AGCM

173

RESUME INDICE

ABBREVIAZIONI pag. 4

INTRODUZIONE pag. 7

CAPITOLO 1: STORIA DEI DIRITTI AUDIOVISIVI SPORTIVI 1.5 Dagli anni ’50 agli anni ’80 pag. 12 1.6 Gli anni ’90 pag. 19 1.7 La fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000 pag. 23 1.8 Gli anni del d.lgs. 9 gennaio 2008 n.9 pag. 30

CAPITOLO 2: “CALCIO E TV, UN MATRIMONIO DI INTERESSE?” 2.1 L’importanza economica del calcio pag. 35 2.2. Definizioni economiche del calcio pag. 40 2.3. Lo sviluppo economico del connubio calcio-media pag. 44

CAPITOLO 3: “IL DECRETO MELANDRI-GENTILONI” 3.1 Sviluppo, ratio e caratteristiche del Decreto pag. 54 3.2 Il mercato di riferimento pag. 59 3.3 Definizioni utilizzate dal Legislatore pag. 61 3.4 La contitolarità dei diritti audiovisivi sportivi pag. 68

CAPITOLO 4: LA CESSIONE DEI DIRITTI AUDIOVISIVI NEL SETTORE DEL CALCIO 4.1 Le norme generali pag. 71 4.2 La vendita individuale pag. 73 4.3 La vendita collettiva pag. 77 4.3.1 Intermediario Unico pag. 80 4.3.2 Advisor pag. 81 4.3.3 La commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi sul mercato nazionale pag. 82 4.3.4 I pacchetti pag. 85 4.3.5 Attribuzione dei diritti audiovisivi in capo ad un operatore pag. 89 4.3.6 L’organizzatore della competizione: produttore diretto di contenuto, il caso “SerieA Tv” pag. 95 4.3.7 I proventi della vendita collettiva pag. 96 4.3.8 Focus sul criterio di determinazione del “Bacino d’utenza” pag. 109 4.3.9 Focus sul concetto di Competitive Balance pag. 113 4.4 Spunti comparatistici tra Serie A, Liga Spagnola e Premier League pag. 120 4.4.1 Inghilterra pag. 121 4.4.2 Spagna pag. 126

CAPITOLO 5: FOCUS MEDIASET-SKY: UNA “GUERRA” INIZIATA MOLTI ANNI FA E CHE ATTUALMENTE HA INVESTITO IL “PRODOTTO EUROPEO” pag. 138

CAPITOLO 6: FOCUS SU INFRONT pag. 144

CAPITOLO 7: CONCLUSIONI pag. 153

BIBLIOGRAFIA pag. 165

NORMATIVA CITATA pag. 170 DOCUMENTI pag. 172

174

A partire dalla fine degli anni ’50 lo sport più praticato al mondo ha subito, sta subendo e continuerà a subire cambiamenti radicali. Cambiamenti che concernono tutto l’ambiente circondante il football, a partire dal regolamento delle partite e degli orari di gioco fino ad arrivare alle nuove differenti modalità di sfruttamento. Tale evoluzione del comparto calcistico si è vieppiù sviluppata da quando le televisioni diventavano un fenomeno di mass market generando un interscambio tra l’interesse economico e l’evento sportivo. Alla base della trasformazione del calcio vi sono in particolare le televisioni a pagamento che a partire dagli anni’80 hanno cominciato ad acquisire maggiore consapevolezza dell’importanza dell’esclusiva della diretta dei match attirando sempre più pubblico a sottoscrivere onerosi abbonamenti per fruire dello spettacolo calcistico. Il calcio è quindi la star di questo network mediale-sportivo in forte sviluppo, diventando un prodotto competitivo per le nuove tv: circa il 45% dei ricavi delle squadre di Serie A è rappresentato dai diritti televisivi. Per giustificare questa crescita esponenziale del valore del calcio bisogna considerare la sua natura multipla; secondo Raul Caruso253 in tal senso esistono due definizioni opposte: la prima descrive il calcio come un sub-settore dell’industria dello spettacolo, in particolare lo descrive come un bene di mercato; la seconda visione, considerando il contenuto del Libro Bianco sullo sport della Commissione Europea254 lo configura come bene pubblico. Il calcio si configura quindi sia come bene di mercato che come bene relazionale. In questa ottica Walter Neale nel 1964255 ha cercato di distinguere le imprese attive nel settore dello sport rispetto a quelle operanti nei mercati tradizionali. La sostanziale caratteristica per cui le imprese sportive si differenziano dalle altre è che le prime creano un prodotto congiunto indivisibile. Tale prodotto congiunto è caratterizzato dalla presenza di almeno due concorrenti e quindi da un’interazione tra più agenti, nasce quindi dalla collaborazione di due teams che si configurano a livello economico come due imprese differenti. Una seconda differenza del fenomeno sportivo rispetto alle normali imprese capitalistiche è che l’attrattività di tale spettacolo è maggiore quanto più è elevata l’incertezza del risultato. Un’ultima caratteristica dello sport, che deriva dalle precedenti, è che non vi è alcun interesse da parte di nessuna squadra di creare una posizione monopolistica (importante concetto all’interno di tale settore è quello di competitive balance, direttamente correlato all’incertezza del risultato che è il motore che spinge il pubblico ad interessarsi al complesso dell’ambiente sportivo). Secondo un’altra visione di P. J. Sloane256 possiamo distinguere le squadre che massimizzano i profitti e quelle che invece massimizzano il numero di vittorie257 (specialmente nelle competizioni europee dove vige un sistema di promozione-retrocessione).

253 RAUL CARUSO , Il calcio tra mercato, Relazioni e coercizione, in Rivista di Diritto Ed economia dello sport, Vol.IV, 2008,Fasc.1 , pag. 2 e ss. 254 Commissione Europea, Libro Bianco sullo Sport, cit. 255 W. NEALE, in Quarterly Journal of Economics, 1964, pag.2 256 P.J. SLOANE, in The Economics of professional football: The Football Club as a Utilitary Maximier, 1971, pag. 121- 146 257 N.GIOCOLI, Competitive Balance in football leagues when teams have different goals, Inter. Rev. Of econ., vol 54, 2007

175 Non ci possiamo però limitare a considerare il calcio come l’industria produttrice di ricavi e interessi finanziari. Dobbiamo valutare l’impatto sociale e sulla sfera emozionale che questo genera, focalizzandoci sull’aspetto relazionale del calcio. Pierpaolo Donati, filosofo e sociologo degli anni Ottanta, definisce il bene relazionale dai singoli termini che lo formano: bene e relazione. L’elemento fondamentale che distingue quindi i beni relazionali è la relazione stessa. Se volessimo tracciare una specificazione del bene relazionale, le caratteristiche fondamentali sarebbero le seguenti: Identità - Reciprocità – Simultaneità – Fatto Emergente – Gratuità- Bene. Esaminando questi elementi costitutivi ci si rende conto di come essi siano presenti anche nell’ambiente sportivo, in particolare nelle forme non professionistiche. Da questa preliminare analisi sul calcio vengono poste in rilievo due componenti: quella commerciale (bene di mercato) e quella relazionale. Per conciliare la multipla identità del calcio moderno utilizziamo la teoria triangolare delle relazioni sociali di Kenneth Boulding258. La teoria dell’economista di Liverpool inizia da tre dimensioni che non appaiono in forma pura ed esclusiva ma possono essere combinati fra loro: Scambio- Integrazione- coercizione e potere. Boulding rappresenta questi tre elementi sui vertici di un triangolo sociale: se un punto si troverà vicino al vertice dello scambio esso identificherà una relazione di mercato, se il punto invece si troverà in prossimità del vertice definito integrazione esso classificherà i beni relazionali, infine se il punto si troverà vicino al vertice potere e coercizione è assimilabile ad una relazione di conflitto tra più individui. Utilizziamo questo triangolo per contestualizzare il calcio nella sua molteplice identità commerciale e relazionale. Nel caso di calcio non professionistico è chiaro che emergerà la sua componente relazionale, invece nella pratica professionistica l’elemento dello scambio e quindi della natura di bene di mercato sarà posto in evidenza, anche se la componente relazionale resta comunque presente e importante. Per capire l’importanza che il calcio ha assunto in Italia dobbiamo ripercorrere brevemente la storia dal 1950 ai giorni nostri. Lo studioso inglese John Ellis259 ha diviso la storia della televisione in tre grandi epoche: Scarsity, availability e plently. L’età della scarsità è definita da Ellis come quella in cui la televisione è stata introdotta nella società. Costruita sui successi della radio, come media per portare l’immagine all’interno delle case, la televisione divenne oggetto di consumo. Si sviluppano quindi due modalità di fruizione dello sport giocato: il “cinegiornale” che sottintende la manifestazione sportiva fornendo solamente i momenti clou di quest’ultima e il documentario che invece descrive dettagliatamente lo svolgimento dell’attività sportiva dall’inizio alla conclusione260. E’ in questo contesto che si forma il primo step del “mercato dei diritti televisivi”. Agli inizi degli anni ’70 (L’età della disponibilità televisiva261 ) la televisione diventa il medium di maggiore impatto per le manifestazioni sportive che possono essere trasmesse in tempo reale. La prospettiva di un profitto sempre maggiore trasforma le gare in una realtà di mercato perché le

258 K.BOULDING, Ecodynamics: a new theory of social evolution, Beverly Hill California, Sage Publication, 1978 259 JOHN ELLIS, Seeing Things: Television in the Age of Uncertainty, 2002 260 ENZO MORELLI, Diritti Audiovisivi Sportivi, Giuffrè Editore, 2012, pag. 7 261 JOHN ELLIS cfr. nota 3

176 competizioni sportive diventano sempre più spettacolo a pagamento. Nella realtà del mercato del calcio due sono le parti che giocano un ruolo primario: la Lega Calcio262,offerente del prodotto, e la RAI, unica acquirente del prodotto in quanto unica emittente televisiva italiana263. Negli anni ’80 la funzione propria della tv si trasforma da veicolo “socio-pedagogico” a mezzo di intrattenimento ludico, con la nascita della tv commerciale e con l’ingresso di Fininvest nel settore264. Con questo cambiamento di mercato la RAI comincia a perdere il monopolio delle trasmissioni sportive (l’evento che ha dato l’avvio ad un mercato pro-concorrenziale è il “Mundialito”265). Da questo momento i diritti audiovisivi sportivi diventano un’industria con il classico gioco di offerta-domanda al rialzo mosso dalla Fininvest. Oltre ad una normativa europea più omogena in materia audiovisiva (Direttiva 89/552 CEE e Legge Mammì), gli anni 90’ sono definiti da J. Ellis come l’età dell’abbondanza266. Il primo modello di paytv italiana è rappresentato da “Telepiù”, nata nel 1991. La principale conseguenza dell’ingresso della paytv in Italia è la nascita dello “stadio virtuale”267, che consente di partecipare in diretta alle partite di calcio, e il frazionamento del mercato dei diritti televisivi in due forme di contenuto: il mercato in chiaro (free) e quello a pagamento (pay). Fino al 1993 la Lega Calcio, offerente, commercializzava i diritti audiovisivi sportivi tramite la contrattazione collettiva. Nel 1998 in Italia, come nel resto d’Europa, si comincia a respirare però un’aria di cambiamento con il passaggio alla tesi “individualista”. Due sono state le svolte per il riconoscimento dei diritti soggettivi: il decreto-legge n. 15 del e la delibera 19 marzo 1999 della Lega Calcio che riconosce a ciascuna società sportiva la titolarità dei diritti audiovisivi delle partite giocate in casa . Telepiù, che fino a questi anni non aveva subito forti spinte concorrenziali da parte di altre emittenti, si vede costretto a fronteggiare una rivalità da parte di un’altra piattaforma satellitare Stream TV268 forte del capitale confluito in essa con l’ingresso in società del magnate Rupert Murdoch, che nel 2003 tenta di acquistare Telepiù fondendola poi con Stream tv per costituire Sky Italia. Il 2006 è per l’Italia l’anno più turbolento per il “sistema calcio”: nonostante il successo sportivo al Mondiale in Germania, le istituzioni sportive sono agitate dal fenomeno “Calciopoli”, il calo degli spettatori negli stadi e la stagnazione dei ricavi fanno perdere gradi di competitività alle

262E. MORELLI, Diritti audiovisivi sportivi cit.: “[…] fino al 1999, la Lega Calcio ha commercializzato i diritti televisivi in maniera centralizzata”, pag.24 263La Corte Costituzionale, nella Sentenza 6 luglio 1960 n.59, in Giur. Cost. Com., dichiara la legittimità del monopolio di Stato, garantendo però l’accesso a tutti i cittadini, cd. Diritti in chiaro e nega la formazione di emittenti private. 264 La società fondata da Silvio Berlusconi nasce nella seconda metà del 1960. Acquisisce poi importanza con il controllo della concessionaria Reti Televisive Italiane (RTI) tramite l’acquisizione di Italia Uno e Rete quattro che si aggiungono al già posseduto Canale 5. Tale concessionaria permetteva la diffusione delle tre reti nazionali terrestri in tecnica analogica.

265 Mundialito (Coppa d’oro dei Campioni del Mondo) è un torneo Internazionale disputato in Uruguay con la partecipazione di 6 delle maggiori squadre nazionali inclusa la Nazionale azzurra dal 30 dicembre 1980 al 10 gennaio 1981. RTI si assicurò, con un’offerta di circa un milione di dollari, la trasmissione del torneo in differita nazionale di 10-15 minuti, salvo la diretta in Lombardia. La RAI aveva perso il monopolio come titolò la Gazzetta dello sport: “Una rete televisiva privata batte la RAI”. 266 J. ELLIS, Seeing Things, cit. 267 E.MORELLI, I Diritti audiovisivi sportivi cit, pag.50 268 Nasce a dicembre del 1993 sotto la guida di Miro Allione e raccoglie il 75 %di Stet e il 25 per cento di Sip, T. CAMIGLIERI, La grande avventura della pay tv, 2008, Mursia, pag.168

177 squadre italiane. La tesi maggiormente condivisa è che la vendita soggettiva avrebbe aumentato il gap tra le società più blasonate e quelle minori minacciando addirittura l’attrattività del calcio basata su una forte incertezza del risultato sportivo. È in questo contesto che si giunge al Decreto Melandri-Gentiloni con al fine di assicurare la competitive balance tra le società. La modalità di vendita individuale aveva avvantaggiato principalmente le società di calcio più note garantendogli profitti molto elevati. I ricavi generati dai diritti tv del campionato e dei diritti esteri, sia per quanto riguarda la televisione a pagamento che il pay per view, erano di competenza delle società che giocavano in casa, sottratto il 18 % degli introiti corrisposti alla squadra ospite. I diritti rimanenti (highlights, contratti di sponsorizzazione, etc.) venivano distribuiti in base a criteri mutualistici: 200 miliardi di lire (convertiti in 103 milioni di euro) per la Serie B cioè pari al 20% degli introiti totali per la stagione 2002/2003. Il ritorno alla vendita individuale aveva determinato una forte crescita dell’importo dei diritti e di conseguenza del valore da stabilire per il fine mutualistico. Nel 1999 le trasmissioni in forma criptata permettevano alla Lega di monetizzare 110 milioni di euro mediante il contratto con Telepiù. A partire dalla stagione 2003/2004 questo valore si era più che quadruplicato, tuttavia il rapporto tra i ricavi derivanti dalla vendita dei diritti in forma criptata è maggiore di dieci volte tra le squadre con più alta brand awareness e quelle con meno appeal. Per questi motivi si ritorna alla vendita collettiva con il Decreto Melandri-Gentiloni che ha introdotto nuove figure (l’Intermediario unico e l’advisor), ha istituito l’obbligo di pacchettizzazione dei contenuti e altre importanti novità quali una nuova ripartizione dei ricavi prodotti dalla commercializzazione dei diritti. In riferimento a questa ultima caratteristica le percentuali sono state così fissate: il 40% in egual misura tra i partecipanti della Serie A, il 30% a seconda dei risultati sportivi (di cui il 10% per il “risultato storico ottenuto dal 1946 fino ai 5 anni anteriori il campionato considerato, il 15% in base al risultato sportivo dell’ultimo quinquennio, il 5% in base al risultato nell’ultimo torneo), il 30% in base al bacino d’utenza (25% secondo i sostenitori di ciascuna squadra di Serie A e il 5% in base alla popolazione del comune di riferimento). Il primo campionato di Serie A, contraddistinto dal ritorno al joint selling ha parzialmente riequilibrato le risorse, riducendo leggermente la sperequazione: la Juventus mantiene il primato con 75,1 milioni incassati mentre l’ultimo gradino del podio è occupato dal Bari con 25 milioni di euro. Negli anni a venire fino alla stagione che ancora si sta disputando la Juventus mantiene il ruolo di leader dei proventi dei diritti audiovisivi seguita da Milan, Inter, Napoli e Roma. L’aumento dell’importo disponibile per il triennio 2012-2015 è andato a beneficio di tutte le squadre ma non ha colmata il gap tra il first-to-last group; si concentrano in tal senso le risorse tra le prime 5 squadre (che controllano il 44,1% delle risorse nel 2014-15 rispetto al 41,5% del 2010-11). La ripartizione dei ricavi derivanti all’alienazione dei diritti audiovisivi e la competitive balance (CB) sono fortemente correlate. In particolare quest’ultima può essere suddivisa in CB delle

178 partite, CB della stagione e championship CB secondo la classificazione di Szymanski. Il calcio europeo ha costruito, nella maggior parte dei campionati, un sistema eccessivamente squilibrato che garantisce il dominio di poche squadre, in particolare a causa della Champions League (alla quale possono partecipare solo i clubs migliori e grazie alla quale questi ottengono maggior ricavi) che acquisisce alto interesse mediatico ed economico vista l’incertezza del risultato che sottende. Tuttavia ciò si riflette sui team più piccoli, partecipanti ai campionati nazionali, non dotati di sufficienti risorse per investire in talenti e quindi indietro rispetto a quelli partecipanti alle competizioni europee. Il risultato è una maggiore CB a livello europeo, ma una sempre minore a livello nazionale. Szymanski collega i risultati sportivi all’acquisto di talenti sportivi, convertendo la parola “talento” con “denaro”269. Attraverso l’analisi delle squadre che hanno occupato le prime 4 posizioni nei campionati di Serie A dal 2008 al 2015 emerge che: Inter, Juventus, Milan seguite dalle outsider Roma, Napoli, Lazio, Fiorentina e Udinese hanno monopolizzato le prime posizioni. Il campionato italiano di Serie A palesa quindi da una parte un basso turonover nelle prime posizioni in classifica, dall’altra una spietata competizione nelle ultime posizioni per evitare la retrocessione in Serie B. I contenuti premium, di cui fanno parte gli eventi sportivi, sono utilizzati dai broadcasters come elemento di differenziazione nel settore della pay tv per attirare livelli sempre più elevati di audience, quindi nuovi abbonati e flussi monetari. Le esperienze nazionali e in particolare quelle dei massimi campionati europei (Italia, Inghilterra e Spagna) sono molto differenti tra loro. In Inghilterra non è mai stata promulgata una specifica normativa in materia di commercializzazione dei diritti audiovisivi calcistici, le modalità di vendita sono però gestite dalla Federazione inglese con mandato delle squadre (modalità collettiva). Questa articolazione del sistema ha permesso di assistere ad una crescita pari a circa il 70% dal 2013 al 2019 che ha triplicato il valore dei diritti audiovisivi inglesi (passati da circa 3 miliardi a circa 5 miliardi). Il primo fattore che ha aumentato esponenzialmente il costo dei diritti audiovisivi calcistici inglesi è la concorrenza. Infatti alcune emittenti estere quali Discovery e BeInSport hanno obbligato SKY e BT ad offrire somme più importanti per mantenere il diritto sui Pacchetti del campionato inglese. Un ulteriore fattore che ha influito è stato la strategia commerciale. Per tale ragione SKY, che può vantare di circa 10,5 milioni di abbonati, ha individuato l’offerta dei diritti tv della Premier come elemento determinante per mantenere e attirare i clienti a sottoscrivere abbonamenti sia per la banda larga, la telefonia fissa e l’offerta tv in bundle. L’ultimo fattore che ha condizionato l’aumento del valore dei diritti tv inglesi è stato il prodotto premium della Premier League che non comprende tutte le partite del campionato inglese ma solamente alcune. Questo ultimo elemento differenzia particolarmente il massimo campionato inglese dove il tifoso non ha non ha la certezza, ad inizio di ogni campionato, di quante partite del suo club verranno

269 S.SZYMANSKI, Economic Design of Sporting Contest, in JEL, vol. 41, 2003

179 trasmesse in televisione ed è quindi “costretto” a sottoscrivere un abbonamento ad una delle emittenti televisive oppure a comprare il ticket per lo stadio (per esempio nel 2013- 2016 erano 154 le partite trasmesse ogni anno, mentre nel 2016-2019 168). I diritti audiovisivi in Inghilterra sono così poi ripartiti : • Per i ricavi nazionali (pari al 61% del totale): 50% in parti uguali, 25% in base al numero delle volte che una squadra gioca in diretta tv (Facility fee), il 25% in base alla classifica dell’anno (Merit Free); • Per i ricavi dei diritti tv all’estero (pari al 39% del totale): suddivisi in parti uguali tra tutti i club. Questi parametri hanno permesso di raggiungere un rapporto first-to-last nel 2014-2015 pari a 1,52 contro i 5,2 dell’Italia. Inoltre negli ultimi anni la Premier League ha incrementato la “quota di solidarietà” destinata alla Fooball League a partire dalla stagione 2016-2017 grazie alla quale i team retrocessi otterranno un “Parachute Payments” che aumenterà con l’aumento del valore complessivo dei diritti televisivi. La realtà spagnola sta attraverso ora un iter per un ritorno al sistema di vendita collettiva. In Spagna sin dal 1997 vigeva il sistema di vendita individuale, tuttavia ha portato forti squilibri tra le squadre della Liga creando nel 2011-12 un rapporto first-to-last pari a 11,67 e osservando le due top team spartirsi 280 milioni di euro su 604,1. Nelle stagioni a seguire la situazione non è mutata notevolmente e per migliorare questi risultati , il Governo spagnolo ha recentemente pubblicato il Real Decreto-Ley n.5/2015270, convertendo anche la Spagna al criterio di vendita collettiva dei diritti audiovisivi del calcio. Argomento molto importante che è trattato nella legge è quello relativo ai criteri di ripartizione dei ricavi nei confronti dei soggetti partecipanti alla Liga. In tal senso, i ricavi ottenuti per lo sfruttamento e la commercializzazione collettiva dei diritti audiovisivi del Campeonato Nacional de Liga devono essere ripartiti tra i club partecipanti alla Prima e Seconda divisione secondo i criteri stabiliti dall’articolo 5 della Decreto-Legge 5/2015. È compito della LNFP distribuire le somme conformi ai criteri, entro i seguenti limiti: • il 50% della somma totale deve essere distribuita tra i partecipanti al massimo campionato in parti uguali; almeno il 70% tra quelli della Seconda Divisione; o la somma restante è ripartita tra le squadre di ogni divisione in base ai seguenti sotto-criteri esposti: § in base ai risultati sportivi ottenuti. Nella Prima Divisione si terranno in considerazione i risultati sportivi delle ultime 5 stagioni, ponderando l’ultima stagione per il 35%, la penultima per il 20% e il 15% per ciascuna delle precedenti tre. In Seconda Divisione si terrà conto solo della ultima stagione. Il valore assegnato a ciascuna stagione verrà poi ripartito tra i partecipanti in modo tale che il primo classificato ottenga il 17%, il secondo il 15%, fino all’ultimo classificato che ottiene lo 0,25%.

270 Real Decreto-ley 5/2015, de 30 de abril, in Boletin Oficial Del Estado, Viernes 1 de mayo de 2015, Nùm. 104, Sec. I.

180 Ø in base alla “implantacion social”. Un 1/3 del valore di tale criterio è determinato tenuto conto del numero degli abbonati e dei biglietti venduti nelle ultime cinque stagioni. I restanti 2/3 terzi invece per la partecipazione delle squadre alla creazione di ricavi derivati dalla trasmissione televisiva. L’obiettivo di tale norma, propriamente indicato, è quello di non creare una differenza di ricavi tra le squadre (first-to-last) superiore a 4,5 volte in modo tale da non ripartire le risorse in maniera iniqua e che possa compromettere il competitive balance del campionato. Inoltre i club devono sottostare ad alcuni obblighi a cadenza annuale, tra i quali: destinare il 3,5% al Fondo de Compensacion dal quale traggono beneficio le squadre retrocesse, l’1% è destinato alla Liga Nacional de Futbol per promuovere le competizioni spagnole nel mercato nazionale e internazionale. Secondo uno studio del Center for Business Management (CSBM) de IESE y Grant Thornton, ipotizzando un valore prodotto dalla vendita dei diritti audiovisivi tramite il nuovo sistema basato sulla collettività pari a circa 1000 milioni di euro, le squadre spagnole che maggiormente beneficeranno della riforma saranno la UD Palms, il Eibar, il Malaga e lo Sporting. Questi club otterranno, secondo le stime del centro, un aumento dei ricavi pari al 30% rispetto all’anno passato. Dalla nostra analisi risulta quindi che la Liga, in attesa dell’attuazione della nuova Legge, abbia un sistema di ripartizione che favorisce principalmente le due grandi potenze di Madrid e di Barcellona, creando un notevole distacco con le squadre medio piccole; la Premier invece è riuscita a creare un sistema solido ed efficace che mantiene vivo l’interesse verso il campionato più importante d’Europa, riuscendo a ridurre il gap tra le principali squadre e quelle minori e non compromettendo la solidità finanziaria e l’immagine di una squadra che retrocede nei campionati minori. Di contro l’Italia non riesce ancora a ridurre il rapporto first-to-last minando l’equilibrio del campionato e il senso proprio del calcio: l’incertezza del risultato. Inoltre in Italia si assiste ad un’accesa competizione tra Sky e Mediaset, che potrebbe giovare al mercato dei diritti audiovisivi sportivi, anche se è sempre più contaminata dalle recenti vicende giuridiche che includono anche Infront. In tal senso il mercato italiano non ha ancora raggiunto quel grado di competizione che contraddistingue da molti anni il mercato delle telecomunicazioni inglese e che gli ha permesso di raggiungere i livelli che possiamo osservare in questi anni. Attualmente i 5 migliori campionati d’Europa (Premier League, La Liga, Bundesliga e Serie A) determinano un giro d’affari di circa 4 miliardi solamente per i diritti audiovisivi. In Italia tuttavia si è palesato un sostanziale peggioramento economico-finanziario che sta gravando sulla performance sportiva-agonistica e sui bilanci delle squadre. Si è creata quindi una forte relazione bilaterale tra la stabilità finanziaria di una squadra e i propri risultati sul campo da gioco. Infatti da una parte un migliore piazzamento nelle competizioni europee garantisce un aumento considerevole dei proventi sia dalle emittenti tv che per i premi garantiti dai tornei stessi e dai vari contratti di sponsorship conseguibili.

181 Dall’altra parte un buon piazzamento nelle coppe europee richiede un ingente investimento in talenti sportivi e in strutture adeguate per svolgere le gare stesse. Questi elementi sono motivati da una ricerca che ho svolto mettendo a confronto con la Serie A la Premier League e la Liga spagnola per il campionato 2014-2015. Le variabili che ho utilizzato per svolgere l’analisi comparativa sono: • spettatori allo stadio; • ricavi dei diritti televisivi; • valore delle rose. Ho poi calcolato la media per ciascuna variabile in modo da individuare una “squadra tipo” per ogni campionato e ho confrontato questi valori:

Spettatori Valore Rose Ricavi I (mln euro) diritti tv l (mln euro)

271 p SERIE A 22.213 140,19 41,84 r LIGA SPAGNOLA 27.020 131,764 38,01 i mPREMIER LEAGUE 36.176 205,17 110,16 o dato in analisi è la media del numero degli spettatori che vanno negli stadi. Nonostante una riduzione della partecipazione di circa l’1%, l’Inghilterra mantiene la quota più alta. La prima giustificazione che si può dare a questa grande affluenza negli stadi inglesi da parte dei tifosi e degli appassionati risiede proprio nel ruolo della televisione in Inghilterra; infatti sul territorio inglese la tv non trasmette tutte le partite di una determinata giornata di campionato ma solamente alcuni anticipi e posticipi. La seconda giustificazione si trova nelle strutture utilizzate dai club inglesi, sempre più all’avanguardia e spettacolari (utilizzo inoltre del Naming Rights). Il secondo elemento analizzato è il valore delle rose. Il valore economico delle rose è infatti un fattore che influenza positivamente o negativamente il piazzamento finale in classifica. Esiste quindi una relazione per ogni campionato tra i punti conquistati a fine campionato e il valore delle rose. In tal senso la Premier League evidenzia una correlazione più alta tra i punti e il valore della rosa, con un coefficiente di determinazione272 pari a 0,79273, seguita poi da Spagna e Italia. La riflessione che deriva da questi elementi è che nel campionato inglese, anche se è valida la regola per cui ad un maggior valore della rosa è associato un miglior piazzamento in classifica, con la conseguenziale e frequente vincita delle squadre dotate di maggior talento, la spettacolarità del torneo, l’affluenza media allo stadio e il numero di

271 La Premier League nel 2014-2015 ha incassato complessivamente 2,2 miliardi, la Liga 760 milioni e la Serie A 834 milioni di euro. 272 Comunemente detto R2 misura la variabilità della variabile dipendente Y spiegata dalla variabile indipendente X. Quindi nel nostro caso la variazione dei punti giustificati da una variazione del valore delle rose. 273 R. MASTROLONARDO, Il valore di mercato della rosa della Juve a inizio campionato, GQ italia, 2015

182 abbonati alla pay tv non sono messi a repentaglio. Dal mio punto di vista, quello che differenzia i due campionati dalla Serie A non è tanto l’incertezza della classifica finale, che spesso è occupata da una delle big five274, ma l’incertezza delle singole partite. Il discorso è diverso nella Liga spagnola, infatti secondo me l’andamento della Liga BBVA non si distacca così nettamente da quello della Serie A, con il dominio di due/tre squadre principali e la rotazione di poche squadre che competono per assicurarsi un posto nelle coppe europee. Tutti questi fattori giustificano l’importo nettamente più alto del valore dei diritti televisivi nella Premier League (circa 2,2 miliardi) rispetto al campionato italiano (834 milioni) e alla Liga (760 milioni). Nel massimo campionato inglese è chiaro come si attui una redistribuzione dei ricavi prodotti dall’alienazione dei diritti tv più equa rispetto agli altri due campionati in questione, riuscendo ad attribuire paritariamente ad ogni club una quota pari al 70% del totale. Ad esempio il Chelsea, per la stagione 2014-2015, è riuscito ad ottenere circa 136 milioni di euro dai diritti televisivi mentre il Queens Park Ranger (QPR) circa 89 milioni producendo un rapporto tra le due squadre di 1:1,5, quindi non così alto come è invece quello italiano (1:5,25). Due sono i vantaggi che il campionato inglese ha nei confronti della Serie A: da una parte i maxi-contratti che riesce a siglare con le emittenti televisive, dall’altra un sistema di redistribuzione delle risorse più equo rispetto a quello italiano che si basa principalmente sull’importanza della squadra e sul bacino d’utenza. A seguito di queste riflessioni, collego il minor valore dei diritti audiovisivi in Italia ad un prodotto, il calcio italiano, che è diventato sempre meno esclusivo. Infatti tutte le partite della Serie A, a differenza della Premier League, sono trasmesse live dalle emittenti televisive (Sky e Mediaset) che sostanzialmente si sovrappongono e abbassano quindi di molto i costi dei Pacchetti. Se si applicasse il modello presente nel campionato inglese, in cui solo alcune partite sono trasmesse in diretta dalle emittenti tv, il prodotto italiano potrebbe riacquisire valore sia da un punto di vista prettamente mediatico (aumento del valore dei diritti audiovisivi), sia da un punto di vista di affluenza negli stadi in relazione al fatto che alcune partite sarebbero visibili solamente mediante la partecipazione attiva allo stadio. La Liga Spagnola, nonostante presenti il maggior valore first-to-last, si fa forte da una parte degli stadi che possono essere definiti come veri e propri luoghi sacri del calcio, dall’altra parte gli sponsor commerciali che patrocinano la Liga BBVA. Con riferimento a questo ultima questione, per la stagione 2015-2016 i club del massimo campionato spagnolo incasseranno dagli sponsor commerciali attinenti alle maglie da gioco una cifra vicina ai 100 milioni di euro. In conclusione, dal mio punto di vista due sono le possibili soluzioni per riavvalorare il campionato italiano e riportarlo ad un livello competitivo comparabile con il campionato inglese. La principale sarebbe quella di attuare una riforma strutturale dell’intero sistema calcistico volto a migliorare gli impianti oltre che a correggere il calendario, in modo tale da

274 Manchester United, Arsenal, Manchester City, Liverpool, Chelsea.

183 riportare un interesse maggiore verso la competizione. La seconda riguarderebbe una modifica della vendita dei diritti audiovisivi cercando di destinare una maggior quantità di denaro alle squadre meno blasonate (anche istituendo un sistema di salvaguardia più rafforzato per i team che retrocedono nelle serie cadette) e cercando di rendere il prodotto più esclusivo, proprio come avviene in Inghilterra, riducendo il numero di partite trasmesse live invogliando gli appassionati a rifrequentare gli stadi e aumentando la competizione delle emittenti televisive per ottenere i Pacchetti contenenti un numero minore di partite disponibili.

BIBLIOGRAFIA

AA. VV. Infront Sports & Media Company Profile Infront.it, 2015 AA. VV., Football Money League 2015, Deloitte AA. VV., Report Calcio, 2012-2015, pwc.it ANDREFF W., NYS J.F., Economie du sport, PUF, 2002 V éd. ASSER INSTITUTE, Study on sports organiser’s rights in European Union, Amsterdam, 2014, BALESTRERI G., La Champions a Mediaset può costare a Sky oltre 100 milioni, Repubblica.it, 12 dicembre 2014 BIANCOSINO D., Diritti tv 2012-2013: finito il campionato ecco le cifre definitive, www.tifosobilanciato.it , maggio 2013 BONINI C., I padroni del calcio all’assalto, del tesoro tv, in La Repubblica, 1 marzo 2002 BOULDING K., Ecodynamics: a new theory of social evolution, Sage Publications, 1978 BRUNI L., Felicità e beni relazionali, Università Bicocca, Facoltà di Economia, pag.7 CAMIGLIERI T., La grande avventura della pay tv, Mursia 2008 CAPUANO G., Serie A 2014-2015 stadi sempre vuoti: tutti i numeri e le statistiche, in Panorama 4giugno 2015 CARLI S., Mediaset porta la Champions sul satellite: l’ultima sfida per salvare la pay tv Premium, Repubblica.it, 26 ottobre 2015 CARUSO R., Il Calcio tra mercato, relazioni e coercizioni, in Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.IV, Fasc.1, 2008, pagg.2 e ss. COMMISSIONE EUROPEA, Libro Bianco sullo Sport, Riv.Dir.Ec.Sport, Vol. III, Fasc.2, 2007 COMMISSIONE EUROPEA., White paper on sport.com.(2007), Bruxelles, 11 luglio 2007 CONI, Riv.Dir.Sport, n.1, 2002 DE LUCA M., FRISOLI P., Sport in TV, Rai-Eri, 2010 DE LUCA M., FRISOLI P.,Sport in tv, Storia e storie dalle origini a oggi, Rai Eri, 2010 DE MARTINI A., La disciplina dei diritti televisivi nello sport, Riv. Dir. Ec. Sport, Vol. VII Fasc. 2 , 2011

184 DI DOMIZIO M., La domanda di calcio in Italia: Serie A 1962-2006, Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.III, Fasc.1, 2007 DI DOMIZIO M., Localizzazione geografica e performance sportiva: un’analisi empirica sul campionato di calcio di Serie A, Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.IV, Fasc.3, 2008 FIGUS DIAZ J., BALESTRA F.M., SCASSELLATI SFORZOLINI G., La ripartizione dei ricavi derivanti dalla vendita collettiva dei diritti audiovisivi derivanti dagli eventi calcistici. Controversie tra le squadre, Riv.Dir. FIGUS DIAZ J., FORTI V., La disciplina antitrus della nuova legislazione sui diritti di trasmissione: quid novi sub sole ? , in Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.IV, Fasc.2, 2008 FONTANAROSA A., Stream-Tele+, accordo fatto, la maggioranza ai Francesi, in La Repubblica 24 aprile 2011 GARDINI G., Le regole dell’informazione, dal cartaceo al bit, Giappichelli, 2014, pagg.208 e ss. GHIDINI G., FALCE V., I diritti di trasmissione televisiva sugli eventi sportivi nella prassi comunitaria – le clausole di esclusiva, in AIDA, 2004 GIANNACCARI A., Calcio, diritti collettivi e ritorno all’antico. Storia a lieto fine ?, in Merc.Conc.Reg., Vol.VIII, n.3, 2006 GIANNINI A., Televisione e diritto d’autore, Riv.Dir. 1953, vol. V GIMENO R., Asì serà el reparto del dinero televisivo, Marca.it, 1 maggio 2015 GIOCOLI N., Competitive Balance in football leagues when teams have different goals, in Rev.Ec., vol.54, 2007 GIUDICE S., Il marketing nella gestione di uno stadio moderno, in Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.IV, Fasc.2, 2008 GRASSO A., Quando la televisione e il televisore rompono il matrimonio, in Corriere della Sera, 3 giugno 2008 GRASSO A., Storia della televisione italiana, Garzanti, 1992 GROOT L.,De-commercializzare il calcio europeo e salvaguardarne l’equilibrio competitivo: una proposta HELLIS J., Seeing Things: Television in the age of uncertently, 2002 http://futbolfinanzas.com IARIA M., Inchiesta sui bilanci dei club della Seir A, in Gazzetta dello Sport, 2015 in Comparazione e Diritto Civile, 2013, pag.17 in La Repubblica, 2014 IRIONDO P., Asì serìa el reparto de ingresos de television con el modelo Premier en 2016,

ISTAT, La pratica sportiva in Italia, anno 2016, pubblicato il 20 giugno 2007 Italia e in Europa tra affari, concorrenza e specificità, in Riv:Dir.Ec.Sport, Vol.III, Fasc.3, 2007 LIVINI E., Mediaset Premium vale 819 mln: tutti i numeri della pay di Arcore, Repubblica.it, 1 dicembre 2014

185 LIVINI E., MENSURATI M., Dai diritti tv al marketing padroni del calcio italiano con un miliardo di euro. MANGIONE G., Mercato rilevante televisivo, cessione in esclusiva e diritti sportivi, in AIDA, 1996 MAROTTA L., I ricavi dei diritti televisivi in Premier League, www.tifosobilanciato.it , MASTROLONARDO R., Il valore di mercato della rosa della Juve a inizio campionato. In GQ Italia, 2015 MASTROLUCA A., Calcio Serie A: i numeri della crisi e il confronto con l’Europa, calcio.fanpage.it, 2 luglio 2015 MICELI R., Cosa sono i beni relazionali, in La Stampa, 6 ottobre 2013 MORELLI E., Diritti audiovisivi sportivi, Giuffrè, 2012 NATALE R., “Grande salto con la Champions League, ci corteggiano tutte le telco”. Intervista a Franco Ricci, Key4biz.it , 28 novembre 2014 NEALE W., in Quarterly Journal of Economics, 1964 OSORIO M., Cuanto ingresarà cada club de la Liga por TV este año?, Expansion.com, 31 Luglio 2015 PACILEO P., La vendita dei diritti televisivi di eventi sportivi: recenti sviluppi e spunti comparatistici, pagg.121-146 PEZZALI R., Gli abbonati a Premium sono 1,9 milioni, ma Mediaset crolla in borsa, dday.it, 11 novembre 2015 PIERINI M., Diritti TV e competitive balance nel calcio professionistico italiano, Riv.Dir.Ec.Sport, PISCINI A., L’evoluzione della disciplina sulla diffusione dei diritti di immagine relativi agli eventi sportivi in PISCINI A., Sul fronte sportivo qualcosa di nuovo (ma non troppo), Riv.Dir.Ec.Sport, Vol.III, Fasc.1, 2007 PORRO N., Sociologia del calcio, Carrocci, 2008 PRETA A., Restrizioni verticali e ruolo dell’esclusiva: i diritti audiovisivi del calcio tra efficienza economica e benessere sociale, Coni.it ROGNONI E., Lo show a colori, calcio e tv, in Linck, idee per la televisione, RTI, 4/2005, pag. 7 RUSSO P., Sport e società, Carrocci, 2004 SCUDAMORE R., Premier League Chief Executive, in Premier League to increase football, 2015, SIAE, Lo spettacolo in Italia, Annuario dello Spettacolo 2011 SLOANE P.J. The economics of professional football, in Socottish Journal of political Economy, 1971, Sport, 2002, n.1 STAZI A., La disciplina dei diritti audiovisivi sportivi, DPS il Sole 24ore, n.1, 2010 SZYMANSCKI S., conomic designe of sporting contest, in Jour.Ec.Lit., Vol.41, 2003

186 SZYMANSKI S., BUZZACCHI L., VALLETTI T.M., Equality of opportunity and equality of outcome: open leagues, closed leagues and competitive balance, in Jou.Ind.Comp.Trade, Vol.3,2003 TARI’ D., Diritti tv: la Spagna passa al modello di ripartizione centralizzata, www.tifosobilanciato.it , maggio 2015 TARI’ D., La ripartizione dei Diritti tv in Serie A per la stagione 2014/2015, www.tifosobilanciato.it, giugno 2015 TARI’ D., Qualche riflessione sui 7 miliardi dei diritti tv della Premier League, www.tifosobilanciato.it , febbraio 2015 THOMPSON ED, Tv revenue distribution- comparing Italian and English models, financialfairplay.co.uk, ottobre 2012 TIFOSOBILANCIATO.IT, Cambia la ripartizione dei diritti tv in Spagna, gennaio 2015, www.tifosobilanciato.it TIFOSOBILANCIATO.IT, Diritti tv: alcuni dettagli sui bandi di gara.. aspettando la Serie A a 18 squadre, www.tifosobilanciato.it, maggio 2014 TIFOSOBILANCIATO.IT, La Premier League distribuisce 2,2 miliardi di euro di diritti tv, www.tifosobilanciato.it , giugno 2015 UTT J., FORT R., Pitfalls to measuring competitive balance with gini coefficients, Spec.Econ., Vol-3, n.4, 2002 Vol.VII, Fasc.2, 2011 Welfarista, Riv.Die.Ec.Sport, 2005, Vol. I, Fasc. 2 WISEMAN N.C., The economics of footbaal, in Lloyd Bank Rewieu, 4, 1977 www.premierleague.com ZAGNOLI P., RADICCHI E., Sport Marketing. Il nuovo ruolo della comunicazione, Convegno annuale “Tendenze Evolutive del marketing dei servizi”, MIB School of Managment, Trieste, 2005, pag.8 ZENCOVICH V.Z., La statalizzazione dei “diritti televisivi sportivi”, in Dir.Info., anno XXIV, Fasc.6, 2008 ZYLBERSTEIN J., La specificità dello sport nell’Unione Europea, Riv. Dir. Ec. Sport, Vol. IV, Fasc. 1 , 2008

187

188

189