Associazione Pro Loco di Corcumello

CORCUMELLO

Linguaggio e frammenti di un’antica cultura

COMUNITA’ MONTANA “VALLE ROVETO”

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI ROMA

COMUNE DI ASSESSORATO ALLA CULTURA

Estrattoveduta aerea di Corcumello

a cura di ANDREA FABIANI www.corcumello.it

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In copertina: scorcio panoramico di Corcumello

Finito di stampare nel mese di agosto 2005

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Ai giovani che hanno conosciuto o conosceranno questo borgo perché ne conservino sempre la memoria, la storia e la cultura.

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Le foto in bianco e nero e a colori sull’aspetto attuale del paese, tutte le immagini ed illustrazioni del glossario sono state elaborate e realizzate da Anna Fabiani.

I disegni inseriti nel testo sono stati gentilmente forniti da Alberto Piacente.

L’impaginazione è stata curata da Roberto Lumaca e Vittoria Fabiani

Ringrazio per la collaborazione: Giovanni Balestra, Carlo Cipollone, Dott. Armando D’Alto Presidente della Comunità Montana “Valle Roveto”, Equizio Addari, Marcello Cicchetti, Francesco Piacente e tutto il personale dell’Archivio storico Diocesano dei Marsi e dell’Archivio storico del Comune di Capistrello.

Un particolare ringraziamento va alle istituzioni locali ed in particolare a: Direttivo della Pro Loco di Corcumello anno 2005-2006. Comunità Montana “Valle Roveto“. Comune di Capistrello, Assessorato alla Cultura. Istituto bancario “Credito Cooperativo” di Capistrello. e a cittadini ed amici che materialmente e moralmente hanno creduto e sostenuto la realizzazione dell’opera.

Estratto

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INDICE

Presentazione VI Corcumello: ieri e oggi 1 Corcumello: dintorni ed escursioni. 51 Cenni storici di Corcumello 67 Grammatica e morfologia 83 Verbi 89 Il vocabolario 99 Locuzioni e frasi idiomatiche 135 Tavole utensili 141 Feste e folclore 153 Una giornata come tante 165 Un poeta satirico 167 Attività domestiche 173 I giochi 178 Albero genealogico: De Pontibus,Vetoli e Marimpietri 181

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PRESENTAZIONE

Qual’è oggi la cultura nel nostro borgo? Un comprensibile giudizio di arretratezza e di staticità richiede di essere temperato da alcune eccezioni. I tentativi di produrre cultura nel nostro paese, pur in presenza di un patrimonio artistico, storico e ambientale di un certo valore e di una tradizione che affonda le sue radici nei secoli, sono sempre falliti sul nascere e per la mancanza di adeguate strutture e per la mancanza di continuità delle varie iniziative. Alcuni scritti: CORCUMELLO: nomi, cose e vicende–CORCUMELLO e la sapienza del suo popolo di Padre Livio Addari, CORCUMELLO: dall’antichità al Medioevo di G. Grossi e Canti e Detti Popolari, raccolta di proverbi e canti popolari curata dall’Associazione Pro-Loco di Corcumello nella persona del suo Presidente: Lillo De Carolis , hanno cercato di invertire quella direzione facendo conoscere nomi, vita, storia, arte e cultura del nostro paese. Ora, con questo volume si vuole rivisitare il nostro passato storico, urbanistico, culturale e letterario affinchè esso ci consenta di essere gli artefici di un futuro diverso; un futuro da lasciare a coloro che verranno, testimonianza e messaggio di civiltà per tutti coloro che amano la propria terra, pienamente convinti, che non c’è memoria, non c’è ricordo se non c’è conoscenza. Ad una cultura della rassegnazione bisogna sostituire una cultura della crescita individuale e collettiva che trovi il suo fondamento nel valorizzare il patrimonio delle tradizioni e per questo noi abbiamo voluto scrivere questo libro anche con le memorie dei nostri cari. Estratto Questo scritto ha la sola pretesa di far rimeditare il nostro presente attraverso i momenti più significativi del passato, fermando sulla carta i momenti della ricca storia del nostro paese per offrirliwww.corcumello.it ai giovani. vi

Negli anni precedenti abbiamo lavorato intensamente dedicandoci alla ricerca dei termini dialettali di Corcumello, delle locuzioni, delle frasi idiomatiche, della storia, degli itinerari turistici, delle fotografie di simboli, documenti, stemmi, decorazioni, abitazioni, cortili, ingressi, delle chiese, delle strutture medioevali, delle feste e delle tradizioni popolari. A conclusione una breve ed ultima considerazione che appare opportuna vista la limitatezza dei mezzi a nostra disposizione e che ci fa umilmente ripetere: abbiamo fatto tutto ciò che abbiamo potuto, poiché non abbiamo potuto fare quanto avremmo voluto. Vorremmo che, quanti hanno conosciuto o conosceranno il nostro paese, ne conservino viva la memoria e la continuità della sua cultura, e che questa documentazione, forse piacevole e comprensibilmente un po’ carente, fosse una motivata ragione del suo presente e del suo futuro. Andrea Fabiani

Questo libro da noi fortemente voluto vuole essere soltanto il punto di partenza di ulteriori studi e ricerche sulle nostre origini etniche, sulla nostra cultura e sulla nostra storia. Il lavoro è stato svolto con una chiarezza di linguaggio, con un fraseggio semplice ed una ricchezza di particolari come se fosse un atto d’amore e di riconoscenza alla nostra terra. I ringraziamenti più sinceri vanno quindi a chi ha scritto e curato queste pagine e a tutti coloro che in vario modo hanno collaborato senza alcuna pretesa più o meno ambiziosa, ma solo per cogliere e rievocare testimonianze lasciate dalle generazioni cheEstratto ci hanno preceduto.

ASSOCIAZIONE PRO LOCO DI CORCUMELLO www.corcumello.it

vii Estratto www.corcumello.it

CORCUMELLO IERI E OGGI

CORCUMELLO IERI

Ricostruzione topografica del borgo nell’alto medioevo con l’ampliamento e l’abbellimento da parte prima della famiglia De pontibus e poi della famiglia Vetoli. Sono evidenti le cinque torri di difesa nella parte sud-orientale più soggetta ad attacchi di nemici che provenivano dalla valle di Nerfa e quindi dal valico di Forca, mentre la parte nord ne è completamente sprovvista. Le case unite le une alle altre formavano una vera cinta muraria con gli unici accessi attraversi le quattro porte: porta San Lorenzo, porta Cancello, porta Piè la piaggia, porta SanEstratto Pietro Nell’interno c’era il castello, la chiesa, il forno, la casa comunale e spazi per la vita sociale. Solo più tardi sorsero nel centro altri caseggiati. www.corcumello.it

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Veduta panoramica del versante sud-ovest dell’antico borgo agli inizi del secolo XV (A. Piacente)

Estratto

Veduta panoramica del versante nord-est agli inizi dello stesso secolo (A. Piacente) www.corcumello.it

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Una ricostruzione computerizzata del versante sud e nord dell’antico borgo di Corcumello come poteva presentarsi nel 1700. Evidenti le torri e le case-mura che davano sicurezza agli abitanti

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Una vecchia foto www.corcumello.itdegli anni ’40 di via S. Antonio e via delle Valli non ancora asfaltate e i terreni ai piedi del monte Girifalco ancora tutti coltivati.

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Uno scorcio panoramico di Forca e via Piana; è evidente la scarsa vegetazione del monte Arunzo nei primi anni del dopo-guerra.

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Una foto degli anni ’40: sullawww.corcumello.it destra l’ex campo sportivo.

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Ruderi di un’antica costruzione dei Vetoli su cui sorgerà la nuova casa parrocchiale. (A. Piacente)

Estratto

Lavori nel giardino Vetoli per la costruzione della sala-teatro che sorgerà su un vecchio rudere in una foto anni ’40. www.corcumello.it

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Altra immagine dei lavori per la costruzione della casa parrocchiale in una foto anni ’40.

Una vecchia casa ampliata e ristrutturata, nel piazzaleEstratto antistante la chiesa di S. Nicola. (A. Piacente) www.corcumello.it

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Ex casa comunale sormontata da torretta-orologio in cui un angelo batteva le ore con un martello; dopo il terremoto del 1915 venne abbattuto dal Genio Civile di AvezzanoEstratto perché pericolante, fino a quando nel 1935 venne costruito l’attuale , anche questo purtroppo abbandonato. (A. Piacente) www.corcumello.it

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Piazza centrale con la fontana, una volta luogo d’incontri di giovani coppie. (A. Piacente) www.corcumello.it

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Interno del giardino Vetoli con il vecchio portone d’ingresso. (A. Piacente)

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Chiesa di S. Lorenzo fuori la porta. (A. Piacente) www.corcumello.it

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Resti dell’antica chiesa di S. Antonio del XV I secol o fuori la porta Piè la Piaggia. Distrutti il tetto ed il pavimento, durante la seconda guerra mondiale, fu restaurata negli anni ’80. Ben visibile nella facciata Nord il rosone che venne abbandonato ed in seguito sepolto come materiale di risulta e di riempimento delle tre celle sottostanti. Nel portale cinquecentesco si nota lo stemma di San Bernardino da Siena e alcune iscrizioni in latino. (A. Piacente)

EstrattoVecchia fontana: conche in attesa di essere riempite di acqua potabile. (A. Piacente) www.corcumello.it

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Ricostruzione dell’antica quinta torre.(A. Piacente)

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Ricostruzione dellawww.corcumello.it quarta torre. (A. Piacente)

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Ricostruzione della terza torre. (A. Piacente)

EstrattoRicostruzione della prima torre in via porta S. Lorenzo. (A. Piacente) www.corcumello.it

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Inizio di via Centrale in una foto degli anni ‘40. Tutte le strade erano lastricate con selci.

Contadini intenti a Estratto“sfricojà j’anasi” www.corcumello.it

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Giovani dell’Azione Cattolica in una foto ricordo del tesseramento ne1949

Estratto

Giovani studenti in una foto delwww.corcumello.it ‘49

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Una foto degli anni ’30: la bottega di un artigiano

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Una foto degli anni ’50: alcune ragazze che frequentavano un corso di economia domesticawww.corcumello.it presso il castello Vetoli

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Torre aragonese nel giardino pensile del castello Vetoli.Le facciate riportano tre fregi: una lastra con iscrizione, un bassorilievo con Ecate triforme, un bassorilievo con cagna sacrificale; sull’architrave della porta di accesso lo stemma di Giovanni Battista De Pontibus, già vescovo di Bitonto nel XV secolo.

Estratto Facciata della chiesa di San Nicola di Bari del XII secolo. www.corcumello.it

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Interno della chiesa di San Nicola, ampliata dalla famiglia de Pontibus e restaurata dalla famiglia Vetoli. Il vecchio pavimento con pietre è stato recentemente ricoperto con lastre di travertino e la balaustra, che riportava alcuni simboli di Corradino di Svevia, fu tolta e trasportata nella chiesa di S. Antonio. L’organo del XVIII secolo venne restaurato nella parte lignea e strutturale, mentre i lampadari furono acquistati con le rimesse-offerte di emigrati di Corcumello in America. Estratto www.corcumello.it

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CORCUMELLO OGGI

Scorcio panoramico di Corcumello sul versante Nord-est e versante Sud Ovest.

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Villa comunale realizzata nell’exwww.corcumello.it campo sportivo

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Nuovi edifici costruiti su via S.Antonio

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Via di porta S. Lorenzo,inizio dei casati Vetoli Marimpietri; sulla sinistra vecchie murawww.corcumello.it dell’antica chiesa di S. Giovanni

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Vedutadella2°torre

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Veduta della 3° torre www.corcumello.it

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Veduta della 1° torre,www.corcumello.it oggi, ristrutturata internamente e adibita a abitazione

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Chiesa di S.Antonio restaurata

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Il centro di agriturismo “Le Acacie“ sorto sui ruderi di un’antica stalla, silenzioso, accogliente e ospitale.

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Veduta della 4° torre

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www.corcumello.it Veduta della 5° torre

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Inizio di via centrale Estratto www.corcumello.it

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La fonte ristrutturata dall’Associazione Ecolviva

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Ruderi dell’antica chiesa di S. Anatolia www.corcumello.it

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Ruderi dell’antico mulino ad acqua

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Resti di una torre quadrata a www.corcumello.itdifesa di Porta Cancello

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Vicolo CasalenoEstratto

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Vicolo del Forno Estratto www.corcumello.it

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DOCUMENTI ANTICHI

Vengono qui di seguito riprodotti e menzionati alcuni registri e documenti antichi, conservati presso l’archivio storico della Diocesi di , previa autorizzazione della Sovrintendenza archivistica dell’

LIBRO DELLE VISITE – E’ un registro in cui venivano regolarmente descritte tutte le visite pastorali effettuate periodicamente dal vescovo della diocesi per controllare lo stato dei luoghi di culto. La prima visita pastorale venne fatta il 29/maggio/1912 da monsignor Pio Marcello Bagnoli dei carmelitani scalzi che donò due chiavi d’argento per il ciborio. Egli fu ricevuto dall’allora parroco don Giuseppe Bucceri, dalle Confraternite e dal popolo; nel registro viene annotato che le chiese di S. Nicola di bari, di S. Pietro, S.Anatolia e S. Lorenzo furono trovate in uno stato indecoroso e deplorevole: nelle visite successive del 1926, del 1932, e del 1940 si legge che nulla era stato fatto di quanto concordato tra la Curia ed il parroco per cui vennero rinnovate le precedenti esortazioni. Il 10/ottobre /1946 fu effettuata la visita pastorale da monsignor Domenico Valeri e a riceverlo c’era ancora don Giuseppe Bucceri, l’Abate di Ville S. Sebastiano don Ottaviano Celi. In questa occasione il vescovo vietò a tutti i fedeli di attaccare denaro alle statue delle Madonne portate in processione. Infine il 20/giugno/1954 ed il 12/marzo/1961 seguirono altre due visite dello stesso vescovo , ma ad accoglierlo c’erano il nuovo parroco don Vincenzo di Giambattista, monsignor Antonio Masci del Santo Uffizio, i rappresentanti delle due Confraternite e l’Associazione dell’Azione Cattolica.

STATUTO DELLE CONFRATERNITE – Lo statuto delle Confraternite è stato elaborato l’8 dicembre 1901, proprio per la mancanza di un precedente regolamento; la confraternita del SS. Sacramento aveva veste bianca e cingolo rosso, mentre quella del SS. Rosario aveva veste bianca e cingolo ceruleo. La direzione dei lavori venne affidata al Vicario don Angelo Foraneo, all’Abate don Cosimati di Cese e al parroco di Corcumello don Lorenzo Melone dietro premura di don Emidio Masci e dell’allora giovane sacerdote don Giuseppe Bucceri. Esso è composto di 80 articoli e fu ultimato il 20 Aprile 1902

ELENCO DELLEEstratto RELIQUIE –In una busta sono contenute delle reliquie, con le relative dichiarazioni di autenticità, già conservate dall’Abate don Girolamo Vetoli; sono 38 pezzi con sigilli in ceralacca

PERGAMENA DELLA CONFRATERNITA DEL SS ROSARIO a stampa e colori datata 3 novembrewww.corcumello.it 1606 e con visto di autenticità del 28 maggio 1889, con

29 allegati due registri delle deliberazioni che vanno dal 1900 al 1956 e un registro delle riunioni che va dal 1925 al 1957

PERGAMENA DELL’ARCICONFRATERNITA DEL SANTISSIMO SACRAMENTO a stampa e colori datata 3/novembre/1607 con allegato un registro dei conti annuali che va dal 1897 al 1961 e un elenco dei confratelli che va dal 1876 al 1957

CATASTO VETOLI – Nel 1700 i signori Conti Vetoli fecero redigere da Ottavio Fedeli un libro, formato 23 x 33, con decorazioni a inchiostro nero e rosso , di pregevole fattura nel frontespizio, nelle iniziali di parola e nei titoli. In esso vengono elencati tutti i possedimenti dei Vetoli in Corcumello, Cese, Scurcola. , Villa di Tagliacozzo, Sorbo e Poggio, Rocca de Cerro, Pretella, Cappadocia, Pagliara, Castello a fiume, Peschio Canale, Morino, Cappelle, Magliano e Valle Pietra. I possedimenti erano descritti con i nomi dei relativi assegnatari, dei confinanti, delle superfici e delle rendite e delle risposte espresse relativamente in are e once.

NUOVO CATASTO – Il 16 novembre 1769 fu redatto un nuovo Catasto da Filippo Masci su invito di: don Antonio Vetoli, don Filippo Vetoli, don Nicolò Vetoli e don Giuseppe Vetoli. Esso è un grande volume costituito da 86 fogli riccamente decorati, formato 30 x 40 con planimetrie catastali acquerellate a colori e con coperta in pergamena e cuoio.

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CORCUMELLO

DINTORNI ED ESCURSIONI

Corcumello trovasi nell’Italia centrale, ad un’ora di macchina da Roma, percorrendo l’autostrada Roma-L’Aquila con uscita Tagliacozzo o Magliano ed appartiene alla provincia di L’Aquila in Abruzzo. La sua posizione geografica è a 42,11 di latitudine e a 13,12 di longitudine est da Greenwich. Il borgo, situato a 750 m. sul livello del mare, è adagiato sul dosso di una collina, e sembra quasi essere custodito e sorvegliato dall’imponente castello Vetoli e dalla torre. Al turista appare circondato completamente dal verde nel periodo primavera-estate o immerso in una coltre di neve, quasi un presepe in miniatura, durante il periodo invernale. Le sue referenze sono il fresco perenne, il clima salubre, le sue vie strette e lastricate, il palazzo Vetoli e Marimpietri, archi, cantine, cortili, stemmi nelle porte di ogni famiglia, torri a difesa del borgo che conservano la loro storia da secoli, panorami stupendi ed escursioni.

FORCA: si accede al valico di Forca seguendo due sentieri; il primo attraverso via Piana con un percorso poco faticoso, quasi pianeggiante e molto ombreggiato data la fitta vegetazione ed un rimboschimento avvenuto negli anni ’50. Il secondo sentiero anch’esso segnato dal F.I.E. è la direttissima che parte da via S. Antonio e, attraverso jo fossato, in meno di un’ora permette di raggiungere la cima superando una pendenza di oltre il 30%. I due sentieri venivano percorsi giornalmente sia dalla gente di Corcumello per prestazioni di mano d’opera nella valle di Nerfa sia dalla gente di e Pagliara che con i muli portava la legna e le tortorelle al nostro paese. Oggi una parte del ripido sentiero (la direttissima) non è più agibile e quindi si devono percorrere tratti alternativi più faticosi e pericolosi. Nel piccolo pianoro di Forca, nei cui pressi si possono ancora vedere alcuni tracciati percorsi dai carri degli antichi Romani, che trasportavano viveri ed armi alla fortezza di Girifalco, sorge un’edicola con copertura a volta ed ingresso esposto ad EST. Nella parte interna si nota ancora un piccolo affresco raffigurante la Madonna col Bambino chiamata anche ”Madonna della neve”. Forse fu la devozione religiosa che in quegli anni (presumibilmente nel secolo XIII) spinse le genti a dedicareEstratto alla Vergine questa edicola! Senza dubbio questo valico doveva essere molto frequentato sia durante l’età romana sia durante l’alto e basso Medioevo fino all’età sveva e angioina (1300); il tratto viario infatti si snodava da Subiaco (sub-lacum cioè sotto il lago, formato dal fiume Aniene) Campo dell’Osso, Ienne, Vallepietra, Rocca Morbano, Monte Autore, Cappadociawww.corcumello.it , la Valle di Nerfa (cioè la valle del Liri) Pagliara e quindi la

51 fortezza di Girifalco; scendendo si raggiungeva Valle Majora e quindi il primo ed antichissimo insediamento di Corcumello nella ROTELLA DI COLLALTO. L’asse viario non si limitava alla Rotella di Collalto ma, attraverso i Piani Palentini raggiungeva anche Cese e la Contea di Alba. Da Alba si dipartiva la strada Fucense che al di sopra delle sponde delle acque del Fucino, attraversava Antrosano, toccava Angizia ( Luco dei Marsi ) dove era un santuario dedicato alla dea Angizia e continuava per Antinum (Civita D’Antino) per raggiungere Sora. Un’altra via, staccandosi dalla Fucense, raggiungeva Aielli alto e quindi, inerpicandosi nei boschi, parallelamente alle gole di Celano, attraversava Ovindoli per terminare infine ad Amiternum. Sul lato Sud di questa antica strada romana sono ancora ben visibili i resti di una grande ed antica fortezza, del XII secolo, da cui i soldati vigilavano sulla sicurezza dei trasporti e dei loro insediamenti. Lungo il tratto stradale si notano ancora delle rientranze scavate nella roccia, ad altezza degli assi sporgenti dei carri, con le relative piazzole costruite per permettere il passaggio simultaneo di due carri in senso alterno.

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GOLE DI CELANO .Per gli amanti della montagna, le Gole di Celano sono senza dubbio il canyon più noto e frequentato dell’Appennino centrale.

Pareti a picco delle Gole di Celano. In alcuni tratti presentano un’altezza di oltre 100 mt. ed una larghezza di appena 80 cm.

Si tratta di un percorso facile, spettacolare da fare ovviamente quando le gole sono asciutte. La discesa ovviamente potrebbe essere la soluzione più comoda utilizzando due macchine. Una macchina siEstratto lascia alla foce e l’altra viene utilizzata per il trasporto di quattro persone nella piana di Ovindoli. Si parcheggia l’automobile negli appositi spazi, si percorrono a piedi circa 3 km, e si inizia quindi la lunga e pericolosa discesa. Attraversate le gole, nel tardo pomeriggio si raggiungere finalmente la foce per riprendere la prima macchina, per proseguire di nuovo verso Ovindoli. A metà percorso www.corcumello.itsi incontra il fontanile degli innamorati, un rivolo di acqua portato da un torrente che compare e scompare più volte nella roccia. E intanto ci

53 si avvicina al tratto più spettacolare delle gole, con pareti alte un centinaio di metri, a picco e con massi grandi e scivolosi che rendono più lunghi i tempi di percorrenza (dalle tre alle cinque ore – carta IGM 146).

I MURACCI: seguendo l’itinerario segnato si arriva ai Muracci, (resti di un’antica fortezza, baluardo e posto di guardia, posta sulla sommità del monte Girifalco). Qui sono ben visibili i resti delle mura e riconoscibili le continue trasformazioni in lunghezza e nelle strutture perimetrali dovute essenzialmente a motivi di difesa, come si può notare dalle carte topografiche. Nel XIII secolo essa diventerà una delle fortezze più importanti del regno di Sicilia Il castello fortificato di Girifalco assumerà in questo periodo una funzione di controllo di tutte le strade che immettono nei Piani Palentini e di tutti i terreni della Valle di Nerfa. Poiché le sue strutture sono quelle conservate nel modo migliore in tutto il territorio marsicano, si può ritenere che risalgano anche a periodi precedenti i Normanni, cioè al secolo IX con strutture esterne magari costruite in legno dalle Signorie della Contea dei Marsi. Spesso in questo luogo, come nella Rotella di Collalto, sono state rinvenute e abusivamente trafugate monete e oggetti antichi in metallo di età romana e medievale.

LE RUTTI: da Forca percorrendo uno strettissimo sentiero, si giunge alle Rutti (grotte) delle quali le più grandi sono: la grotta di S.Monaca e di S. Lorenzo. Quest’ultima presenta una grande apertura con una vasca che raccoglie l’acqua di stillicidio e alcuni gradini attraverso i quali vi si accede; al di sotto resti di un piccolo abitacolo in pietre. Nel 1200 esse furono un piccolo eremo benedettino forse connesso con il più grande monastero di S. Pietro in Corcumello. Costituirono inoltre un sicuro riparo dalla pioggia per i pastori, rifugio sicuro dalle malattie malariche per i numerosi stagni nella piana palentina, e durante la guerra un luogo protetto dalle bombe. Nella parte opposta del monte Arunzo (presso Petrella Liri) si trova la Grotta Nera e la Grotta Cola lunga circa un centinaio di metri, ma molto bassa. Essa presenta notevoli difficoltà di esplorazione anche perchè sembra non avere uscite alternative. Sotto il monte Valminiera, tra il Liri e l’alto Imele, a Petrella Liri, si trova la grotta di Beatrice Cenci da visitare in primavera quando le abbondanti acque formano all’esterno delle splendide cascate (tempo richiesto per la visita circa 45 minuti). Beatrice Cenci, nobileEstratto romana ma non nobile di costumi, vissuta nel 1580 e protagonista della vicenda e che provocò la rovina della sua famiglia, fu confinata con la matrigna nella rocca di Petrella Salto dove divenne l’amante di Olimpio Calvetti. Con questi e con suo fratello, si sbarazzo, per riavere la libertà, del padre facendolo precipitare da un balcone. Il processo che ne seguì si concluse con una condanna e Beatrice fuwww.corcumello.it decapitata davanti al ponte S. Angelo.

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LA MADONNA DE JO MONTO: su un pianoro del monte Arezzo sorge una piccola cappella dedicata alla Madonna che, particolarmente nel mese di maggio, è meta di devozione da parte degli abitanti di Corcumello oltre che meta di escursioni nel periodo estivo.Da Corcumello il luogo si raggiunge seguendo l’itinerario segnato dal F.I.E. ( via di Santa Maria ) impiegando circa due ore. Molti anni fa, il sentiero era molto curato e frequentato da ragazzi e ragazze che portavano i greggi e le mandrie di buoi a pascolare, da uomini e donne che andavano a raccogliere le fascine di legna per le fredde stagioni invernali. Oggi la mancanza di animali da pascolo e la crescita di una folta vegetazione ha ricoperto molti tratti del vecchio itinerario. La chiesetta fu eretta come un piccolo luogo di culto, a quota 1276 mt s.l.m. ed è citata dal Papa Clemente III nella bolla del 1188. All’esterno sono ancora visibili i resti di un piccolo eremo benedettino, una cisterna circolare per la raccolta dell’acqua e una recinzione muraria. Essa ormai non conserva più l’aspetto originario in quanto le strutture in cemento aggiunte di recente, ne hanno alterato completamente l’aspetto. Ha pianta rettangolare, a navata unica e un’immagine lignea della Madonna. Negli archivi storici si legge che nel 1722 venne chiesta al re una congrua somma per la ristrutturazione della cappella, ma nulla si ottenne fino al 1875 quando il beneficio della Madonna del Monte di 42 ducati venne sottratto alla famiglia Lante della Rovere di Roma e messo a disposizione del parroco di Capistrello. La Madonna del Monte appartiene, infatti, a Capistrello anche se negli anni precedenti c’erano state violente liti con Pagliara e Castellafiume per rivendicarne il possesso; poi però con un accordo si stabilì che il luogo rimaneva di proprietà del comune di Capistrello ma tutti gli abitanti dei paesi circostanti potevano recarsi sul posto a loro piacimento. A suggellare questo patto fu, infatti, eretta una croce in ferro sulla sommità del monte.

FONTANILE DELLE CASTAGNE E ACQUEDOTTO CLAUDIO Il fontanile delle castagne (la zona è ricca di castagneti) sorge ai piedi del Monte Arezzo, di fronte alla Rotella di Collalto e alla punta estrema della valle Majora a circa 30 mt. dalla vecchia galleria. Di qui si diparte un tubo di ghisa che porta l’acqua ad un fontanile realizzato e voluto come abbeveratoio per gli animali e come fonte di rifornimento di acqua (con le copelle e con i fiaschi) per i contadini che lavoravano i terreni dell’intera valle. Una porta di ferro, nascosta da cespugli ed alberi, chiude l’imbocco dell’acquedotto Claudio. Nella prima metà del primo secolo d.c. (nel 52 d.c.) fu iniziata, per concludersiEstratto dopo circa 25 anni, questa grande opera che doveva prendere le acque dalla sorgente di Riosonno e del fiume Liri e portarla a valle nei pressi delle Grottelle. Questo luogo fu il primo insediamento delle gentes italicae e poi dei primi romani. Più tardi infatti, sul lato est della Rotella, venne realizzata una necropoli e www.corcumello.it

55 nel secolo XII, fu costruita la chiesa di S. Gregorio in criptis o in Grottelle, oggi totalmente distrutta. Le acque incanalate dovevano servire per le persone, per gli animali, per l’irrigazione dei campi circostanti e attraverso invasi e condotte, anche per i rifornimenti dei villaggi (casarene) e delle ville romane. Tante ne sorgevano presso il torrente Rafia, prima della via Valeria. Fra queste è storicamente doveroso ricordare la grande villa della potente famiglia dei DE PONTIBUS che doveva sorgere ai piedi di , nella parte Nord/Ovest, al di sotto delle grotte di S. Felice, lo sperone terminale dei monti Cimarani (oggi sotto il serbatoio di Cese). Le acque, dopo aver attraversato la Rafia raggiungevano le altre ville romane che sorgevano anche al di là dei monti Cimarani e irrigavano le fertili pianure palentine (una lapide, conservata nella chiesetta della madonna della Rafia in Cese ne ricorda la conclusione dei lavori - anno 80 a.c.) per poi raggiungere Angizia, attraverso l’emissario claudiano. Qui avevano sede fissa i marinai di una flotta romana, addetti alla manutenzione dello stesso inghiottitoio del Fucino. La condotta, tutta dritta scavata nella roccia, è lunga km 2.075, alta mt 1.80 e larga mt 0.80. Essa ha una pendenza meno accentuata della montagna e a lavori ultimati, l’imbocco doveva trovarsi di un metro inferiore al letto del fiume Liri. Purtroppo però, i lavori non furono perfetti per cui il letto del fiume risultò superiore di mt 1.5. Il problema venne risolto rialzando il letto del fiume con materiali di risulta e creando una piccola cascata. Venne così assicurata un continuo deflusso delle acque nella Valle Majora. Qui le acque confluivano in una grande vasca quadrata di raccolta costruita sulla campestre Corcumello – Capistrello. Dopo un percorso a cielo aperto esse giungevano presso la Rafia in un enorme sifone distrutto purtroppo durante i lavori per la realizzazione del nuovo acquedotto consortile da parte della Cassa del Mezzogiorno. Infine, proseguendo verso una grande vasca di decantazione, giungevano nei pozzi 19-20 dell’emissario claudiano del Fucino. Ostruitosi nel corso degli anni con pietrisco e materiali vari, nel 1600 l’acquedotto venne fatto spurgare dai principi Colonna in modo che le acque potessero irrigare le praterie dove pascolavano i cavalli di loro proprietà. Nel 1909 cominciarono i lavori per la condotta delle acque verso Corcumello con il contributo finanziario del principe Alessandro Torlonia e finalmente nel 1957 venne realizzata dalla Cassa del Mezzogiorno la nuova condotta di acqua potabile inaugurata dal cardinale Ottaviani. Prima di questa data l’acqua potabile venne attinta alla “fonte”Estratto con una carrucola. La vecchia condotta claudiana, ormai non più utilizzata, può essere visitata dagli appassionati per decine di metri munendosi di lampade, giubbotti, pantaloni pesanti e guanti, data la rigida temperatura e l’umidità interna.

MONTE VIGLIO (2156): lawww.corcumello.it salita del Viglio è l’itinerario dell’Appennino centrale più panoramico e frequentato in tutte le stagioni; d’inverno il percorso

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Le tre cime del Velino.

Ingresso alla condotta Claudiana con arco interno a sesto acuto e rivestimento in mattoncini

Estratto

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Itinerario per Forca e Girifalco percorrendo il sentiero F.I.E. di via Piana.

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Scorcio panoramico della Rotella di Collalto e a valle l’antica necropoli romana “Le Grottelle”. www.corcumello.it

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è alpinistico, ma facile; qualche precauzione richiede comunque il superamento del picco Gendarme. Da Capistrello si sale per la tortuosa provinciale fino al valico della Serra(1601).Di fronte alla strada asfaltata per Campo Staffi, inizia la strada sterrata a mezza costa che conduce all’ampio vallone dov’è la fonte della Moscosa e di qui inizia il sentiero segnato giallo-rosso (carta IGM 151 I SE, tempo di salita 3 ore – tempo di discesa ore 1,30). Si lasciano sulla destra i sentieri che conducono al Pozzo della Neve e al versante OVEST del Viglio e si sale il vallone, dove si trova il fontanile, seguendo i segni giallo-rossi. Il sentiero inizia a salire fino a raggiungere il panoramico punto sommatale di Monte Piano (1838) ottimo belvedere su gran parte dell’Appennino centrale, della piana del Fucino e dell’intera valle Roveto.Il sentiero prosegue toccando la cresta dei Cantari (2050), un’ampia sella erbosa e le rocce arcigne del Gendarme. Superato il torrione attraverso un canale roccioso (facile arrampicata di I grado) si prosegue poi per una panoramica cresta fino all’ampio pianoro della vetta, formata da una larga dolina (2156)

I MONTI CIMARANI E IL VELINO: sul lato Nord di Corcumello si ergono i monti Cimarani, e sullo sfondo in lontananza il Velino con le sue tre vette rocciose. Questi picchi sembrano delle divinità gemelle, sono severi e quasi sempre ricoperti di neve. Le tre cime: di Sevice, Velino e Cafornia (2486)si possono raggiungere dall’altopiano delle Rocche o da Campo Felice attraversando la bellissima Val di Teve. Altro itinerario, più lungo, ma meno faticoso: da Rosciolo. Si parte da passo Le forche e dopo aver lasciato il paese e l’antica chiesa di S. Maria in Valle Proclameta; si oltrepassa il vallone di Sevice la Fontana di Sevice e quindi dopo 4 ore di cammino si arriva al rifugio, normalmente custodito nei mesi di luglio e di agosto. Ancora un’ora di cammino e si arriva alla cresta Nord del Velino. Tuttavia il percorso più panoramico e spettacolare è la ripida e rocciosa cresta Sud-Ovest che domina il Fucino. Altri itinerari, tutti segnati (giallo-rosso) e su carte IGM 145, partono da Cartore, da massa d’Albe e da Forme.

I PIANI PALENTINI, che si estendono da Corcumello a Cese e da Capistrello a Tagliacozzo (cheEstratto era una contea di cui faceva parte Corcumello) e Scurcola furono teatro di battaglie tra la lega Italica e gli eserciti romani. Inoltre erano luoghi molto paludosi e circondati da piccoli gruppi di capanne, detti vichi, come le Grottelle di S. Gregorio, Piazza del Colle, S. Pietro, i Casali, I Castellani e Santa Marta, dove la leggenda vuole che esistesse un antico convento di suore (e suor Marta ne fossewww.corcumello.it la badessa) ma col passare del tempo gli abitanti sentirono il bisogno di ritirarsi in luoghi più alti e sicuri sia dalle malattie che dalle guerre.

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Essi sono attraversati dal fiume Imele, che dopo aver percorsa un’ampia curva, giunge alla fortezza Pontium da dove prende il nome di fiume Salto e si unisce al Velino che sbocca nel Tevere. Le terre a Sud e a Nord dei monti Cimarani fino ai piedi del Velino erano lambite dalle prime acque del Fucino, allora il terzo lago d’Italia per estensione, dopo il lago di Garda e il lago Maggiore. Non a torto poteva considerarsi un vero mare interno, diviso dallo sperone dei Cimarani.

LA VALLE ROVETO: come accennato in altra parte, essa si stende a sud di Corcumello, a partire da Capistrello fino ai confini con Sora. E’ una valle delimitata da due catene montuose con cime che superano spesso i 2.000 metri di altitudine e che scendono ripide a valle, dove scorre il fiume Liri. Una fitta e rigogliosa vegetazione riveste le montagne, specie sul versante destro del fiume, più ricco di sorgenti, offrendo itinerari di alto interesse paesaggistico. Particolare rilevanza storica, oltre alla già richiamata Civita D’Antino, antico castrum romano, risalente al IV - III secolo a. c., assumono il castello di Balsorano, imponente nelle sue mura medioevali e quello di Morrea, il cui borgo circostante conserva tuttora aspetti urbanistici medioevali. Da non perdere una gita sia alla Riserva naturale dello Zompo lo Schioppo, raggiungibile da Morino, dove una spettacolare cascata di oltre 80 metri precipita dai monti sovrastanti originando un ruscello dalle acque limpidissime, immerso in un ambiente tutto da scoprire e godere, che alla Sponga, facilmente raggiungibile da Canistro, con la sue sorgenti di Santa Croce, in un percorso arricchito da cascatelle e laghetti naturali. Per gli osservatori più attenti da non perdere una visita ai vari Eremi, ubicati alle pendici dei due versanti montagnosi e risalenti al primo monachesimo, soprattutto benedettino che, dalla vicina Subiaco, si andava estendendo nella Valle Roveto, fino a raggiungere Montecassino.

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It. 2 Valle-Teve - Da Passo le Forche mt. 1221 scendendo per la carrareccia si raggiunge Bocca di Teve. Piegando a destra e percorrendo l’intera valle si raggiunge tra pareti a strapiombo, Capo Teve mt. 1680 e le verticali pareti Nord-Est del monte Velino e quindi il Vallone dei Briganti con maestosi scenari(percorrenza 5 ore)

It. 2A Lago della Duchessa - dopo 3 ore di cammino sul sentiero n° 2 si piega a sinistra; all’altezza di Capo di Teve. Si sale fino a Malopasso da dove si raggiunge il lago della Duchessa mt. 1788 ( ore 2 )

It. 3 Monte Velino – Da Passo le Forche si risale il Vallone di Sevice fino all’omonimo fontanile perenne m. 1975(ore 2.30); si prosegue fino alla Selletta dei Cavalli e quindi al rifugio Capanna di Sevice m. 2119. Continuando, il sentiero rasenta le verticali pareti NE della Valle di Teve e si arriva alla vetta del Monte Velino m. 2487 dopo aver affrontato il cono finale(ore 3.50)

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Itinerari F.I.E. per il monte Velino e il lago della Duchessa.

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Si ritiene che, in tempi molto remoti, nell’altipiano delle Rocche ci fosse un altro bacino idrologico, tra Ovindoli e Rovere, e che la parete Sud del lago dovesse squarciarsi in seguito ai frequenti sconvolgimenti geologici della terra. Le acque inevitabilmente si riversarono nella parte sottostante, formata da una vasta conca,quella del Fucino. Gli stessi sconvolgimenti e relativi assestamenti del pianeta terra causarono anche la frattura della catena di montagne che si innalzavano da Capistrello a Sora, dando luogo a quella gola che noi oggi chiamiamo: Valle Roveto (roveto infatti deriva da “ ruere – lat. rovinare,spaccare). Infatti le pareti sono dirupate ed a picco e la loro stratificazione, specialmente nella parte superiore dello squarcio, è quasi perfettamente coincidente.

Breve ricordo della storia del lago del Fucino

Il livello delle acque del Fucino era molto variabile a seconda delle precipitazioni atmosferiche e dello scioglimento delle nevi, per cui esso poteva raggiungere anche i 20 mt di profondità e di conseguenza un’estensione maggiore. Esso esisteva già da 18.000 anni ed allora il livello delle acque era di circa 40 mt. Solo intorno a 10.000 anni fa raggiunse il livello di poco superiore a quello dell’epoca romana. Questi innalzamenti e regressioni periodici ma imprevedibili delle acque del Fucino distruggevano i ricchi raccolti delle zone circostanti e mettevano in pericolo anche gli insediamenti dei Marsi; le case e le rimesse per viveri fatte con fango, paglia e travi di legno venivano continuamente sepolte e distrutte dalle acque. E’ in questo modo che è scomparsa l’antica Manruvium, capitale del popolo Marso (nei pressi dell’attuale San Benedetto). L’insediamento di Ortucchio invece, che è situato ad un livello più alto, durante le escrescenze non veniva oltrepassato dalle acque per cui sembrava un’isola che poteva essere coltivata: (ortigia, hortus = Ortucchio), come l’insediamento di Trasacco che era situato fuori delle acque: (trans-aquas = al di là delle acque). Quindi non desta alcuna meraviglia che già da allora molti residenti e particolarmente i Marsi, e in seguito i romani (molto interessati a sfruttare ricchi terreni per rifornire di grano Roma), abbiano pensato al parziale o totale prosciugamentoEstratto del lago recuperando così all’agricoltura le fertili terre emerse. Il primo progetto fu abbozzato da Cesare nel 50 a.c. dietro le vivaci richieste del popolo Marso, ma nulla fu realizzato a causa della sua improvvisa morte per assassinio. Il progetto fu ripreso da Ottaviano Augusto nella seconda metà del I° secolo a.c. e poi da Claudio imperatorewww.corcumello.it negli anni 40 d.c. Fu realizzata una grande vasca (Incile = inciso, scavato) che raccoglieva le acque prima dell’ emissario,

63 furono scavati pozzi che servivano sia ad immettere o ad espellere aria per gli operai che vi lavoravano sia per la fuoriuscita dei materiali di risulta. Fu scavata una galleria di circa 6 km che a forma di “ S “ attraversava Monte Salviano, i piani Palentini, Capistrello e terminava nel Liri. I lavori durarono 11 anni e furono impiegati 30.000 schiavi. Per festeggiare l’apertura, fu dato uno spettacolo di una finta battaglia navale, (che poi tanto finta non fu perché si racconta che le acque erano diventate rosse per il sangue dei morti e dei feriti) composta di due flotte in cui erano stati reclutati 19.000 galeotti presi da tutte le prigioni. C’era Claudio, che saltellava di gioia sul palco, ma in una maniera goffa poiché era zoppo; c’era la sua quarta moglie Agrippina, che indossava un mantello tutto ricamato d’oro, quasi a dispetto della miseria del popolo dei Marsi, e tutta la corte; l’emissario risultò più alto delle acque per cui non tutto il lago venne prosciugato; dei 40.000 ettari di superficie delle acque ne rimasero così soltanto 6.000. Fu questo il periodo in cui il popolo Marso e tutti gli insediamenti limitrofi toccarono il massimo della prosperità sia per le terre da coltivare sia per il clima molto mite. Ciò nonostante la cattiva progettazione, la scarsa pendenza dell’inghiottitoio e la mancanza di manutenzione dello stesso, causarono il reinterramento del canale di scarico e quindi il lago riprese l’antico livello. Quì è doveroso ricordare che non ci fu un errore di progettazione ma volutamente ci furono molti errori nella realizzazione tecnica, poiché Narciso e Pallante, rispettivamente tesoriere e segretario dell’imperatore Claudio, si rivelarono cattivi e corrotti funzionari. Infatti non eseguirono i lavori del traforo a regola d’arte rubando i denari risparmiati (non usarono pozzolana ma calce, non diedero una pendenza regolare, la pavimentazione ed il rivestimento non furono eseguiti con pietre tagliate, la larghezza al centro dell’emissario era appena di 2 mq mentre alle due estremità era di circa 15 mq.) In una zona più a Sud, nei pressi di Luco, c’era anche un inghiottitoio naturale detto Pedogna, ma questo si comportava da canale di scolo solo quando le acque di massima raggiungevano l’orificio. I tentativi di svuotamento continuarono attraverso i secoli dal 200 d.c. al 1800 con progettazioni di famosi ingegneri francesi ed inglesi, ma tutti inesorabilmente fallirono sia per le resistenze dei grandi proprietari terrieri sia perché le società interpellate pretendevano, a fine lavori, l’appropriazione di tutte le terre emerse. Nel 1790 iniziarono di nuovo i lavori di ripulitura del condotto claudiano e la mano d’opera venne reclutataEstratto anche da Corcumello e Capistrello; la pozzolana che servì per gl’impasti venne estratta dalle cave dei due comuni e furono approntate anche due calcare per cuocere la calce. Nel 1836 ci fu un altro spurgo dell’emissario ed alcuni anni dopo fu realizzato un progetto di tagliare addirittura il Monte Salviano con l’intento di far defluire le acque nella valle del Liri, mawww.corcumello.it tutto fu abbandonato a causa delle guerre e dei primi movimenti rivoluzionari.

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Nel 1853 un’altra società anglo-francese con sede a Napoli propose di prosciugare interamente il lago a sue spese, con l’obbligo da parte dello stato, che venissero ad essa assegnate tutte le terre emerse. A questa società partecipava anche Alessandro Torlonia con il 50% delle azioni. Durante la fase di progettazione i francesi e gl’inglesi si ritirarono per le grosse difficoltà da affrontare durante l’esecuzione dei lavori; a questo punto Torlonia con grande spirito di abnegazione, comprò l’altro 50% delle azioni diventando presidente ed amministratore unico di tutta la società. Nel 1855 Alessandro Torlonia, della ricchissima famiglia romana, inizia i lavori di un nuovo emissario. In prossimità dell’imbocco egli fece costruire tutte le attrezzature idonee anche alla salvaguardia della salute degli operai per cui vennero allestiti: un ospedale, una rimessa per cavalli da tiro, magazzini per viveri, officine, falegnamerie, fabbriche di corde e di mattoni e attrezzature varie Nel 1862 ci fu l’inaugurazione del nuovo inghiottitoio lungo 6331 mt, con quota iniziale s.l.m. di mt 644 e terminale di mt 637 con una pendenza quindi di 1.5 %. Il 19 agosto 1862 avvenne il primo svuotamento delle acque del Fucino le cui acque defluirono nel Liri per 12 mesi consecutivi portando il livello del lago ad appena 5 mt. Nel 1870 ripresero i lavori ed il lago fu completamente prosciugato: erano stati costruiti 28 pozzi e vi avevano lavorato 4.000 operai al giorno; tutt’intorno ai fertili terreni emersi fu costruita una strada che delimitava i possedimenti di Alessandro Torlonia Il prosciugamento totale del lago, ha dato all’agricoltura 16.000 ettari di ottimo terreno, ma è pur vero che ha cambiato il clima in peggio, le temperature si sono abbassate, sono scomparsi completamente ulivi ed altre piante che possono crescere e svilupparsi solo con temperature più miti ed in assenza di forti escursioni termiche. Non è superfluo o fuori luogo parlare, in questo libro, del bacino del Fucino perché Corcumello e gli altri paesi vicini hanno avvertito sostanzialmente la mancanza delle acque e di un clima più temperato. A distanza di oltre un secolo dal suo totale prosciugamento, non si sono ancora spente le polemiche di scienziati e di gente comune, se ciò sia stato opportuno ed utile, o se fosse stato meglio ridurre la sua superficie a 30/40 km quadrati, considerato che la superficie originaria del lago era complessivamente di 150 km quadrati. Questa soluzione a nostro giudizio avrebbe sicuramente consentito la continuazione di quell’azione mitigatrice delleEstratto acque del lago anche sul clima anche dei borghi vicini, rendendo le temperature più miti e gli inverni meno freddi e, nello stesso tempo, si sarebbero realizzati i sogni della gente del popolo Marso assetata di lavoro e di terre fertili da coltivare. www.corcumello.it

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66 ALBERO GENEALOGICO delle famiglie DE PONTIBUS-VETOLI - MARIMPIETRI

Già nel secolo X i De Pontibus erano una nobile ed antichissima famiglia; essi erano discendenti della famiglia dei Conti dei Marsi del ramo di Carsoli. Al tempo dei Franchi, nel 926 sotto Ugo duca di Provenza, incominciò nella nostra regione il dominio dei Conti dei Marsi. Nel 937 il prode conte Berardo il Francisco fece strage degli Ungari nella piana di Carsoli e alla vittoria contribuirono con grande valore alcuni uomini di Corcumello e di Tagliacozzo. (Il nome di Tagliacozzo o Tagliacostio, due pietre tagliate, due nontagne, incominciò ad apparire verso 1000 quando si costituì un primo nucleo di abitazioni di coloni addetto al monastero di S.Cosma. Al conte Berardo il Francisco successe Andrea di Comino e poi Ruggero il quale ebbe due figli: Bonaventura, signore di Tagliacozzo, parente del papa Clemente III e di Innocenzo III e Adoisia abbadessa di S.Cosma. Nel 1187 altri Signori della famiglia dei Conti dei Marsi che dominarono in Corcumello e Tagliacozzo, furono i Conti De Pontibus. Questi, secondo il P. Girolamo di S.Anna, carmelitano Scalzo della stessa famiglia De Pontibus, ebbero origine da Pietro Castelli, conte di Terni e Signore di Ponte sul fiume Nera nell’Umbria. Dall’Umbria i De Pontibus si trasferirono vicino a Scurcola, dove formarono il villaggio di Ponte. Il successore di Pietro Castelli fu Oderisio De Ponte, padre di Rinaldo, di Teodino e di Bartolomeo I. Bartolomeo morì nel 1173. Il successore di Bartolomeo fu Oderisio II , fratello di Mabilia abbadessa di S. Cosma, Signore di Tagliacozzo e parente di Andrea de Pontibus Il Novello, che sposò Cecilia Colonna, figlia di Stefano, al quale il Petrarca indirizzò il sonetto: ” vinse Annibale …”.Oderisio II muore nel 1196. A lui succede Bartolomeo II, che unitosi in matrimonio con Maria d’Aquino, sorella di S. Tommaso, ebbe una figlia Risabella la quale sposò Napoleone Orsini. Furono proprio i Bonaventura e i De Pontibus che contribuirono all’insediamento e all’espansione del dominio degli Orsini nelle nostre contrade cedendo loro parte dei possedimenti. Mentre Bartolomeo fu Signore di una parte di Tagliacozzo, Rinaldo tenne la metà di Scurcola, la quinta parte di Poggio, la quinta parte di Tremonti, la metà di Oricola, la quinta parte di Pereto,e di Tremonti, mentre Todino tenne Marano. Bartolomeo e Oderisio de Pontibus furono uomini terribili e prepotenti e avendo commesso angherie contro il monastero di S.Cosma; vennero chiamati in giudizio, che si tenne nelEstratto cortile del monastero (corte), e venne condannato dal giudice Oderisio di Verrecchie. Anche Andrea de Pontibus il Novello venne condannato su denuncia di un suo parente perché aveva costruito abusivamente una torre nel castello della Civita. Forse l’abitazione dei De Pontibus era proprio quella dove sorge la casa Cascella, in via della Misericordia Sul finire del XII www.corcumello.itsecolo i De pontibus erano già proprietari dei feudi di Oricola e Pereto, di una parte di Tagliacozzo, di Vicovaro e di Anticoli, e in seguito dei

181 feudi di Marano, Scurcola, Tremonti e Scanzano, appartenuti già ai loro zii e cugini, e del Contado di Terni donati proprio da Carlo D’Angiò per la loro neutralità durante la guerra del 1268 contro gli Svevi di Corradino. (Carlo D’Angiò era amico del papato e dei guelfi, mentre i De Pontibus, benché fossero ghibellini dichiarati, non presero posizioni politiche. L’altra grande e ricca famiglia Vetoli al contrario era guelfa).Sul finire della seconda metà del XIII secolo iniziò una decadenza e un conseguente disfacimento delle loro proprietà. Pietro De Ponte, infatti, figlio di Andrea De Ponte, proprietario ormai dell’unico feudo di Corcumello si ritirò e si stabilì definitivamente sull’altura del castello di Corcumello, mentre gli altri possedimenti, nel 1340, passarono completamente alla ricca famiglia romana degli Orsini. In Corcumello i De Pontibus dimorano fino al 1493, quando Buzia, l’ultima donna della dinastia, ricca ereditiera contrasse matrimonio con Sante, della Casa Vetoli, che a sua volta aveva ereditato tutti beni della famiglia i cui componenti avevano abbracciato la vita religiosa.

Matrimonio di Don Luigi Vetoli con Donna Margherita (per gentile concessione della figlia EstrattoMaria Pia Vetoli).

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