Delle Rime Volgari Trattato Di Antonio Da Tempo, Composto Nel 1332, Dato
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Ofcr-. 9<P COLLEZIONE DI OPERE INEDITE RARE DEI PRIMI TRE SECOLI DELLA LINGUA PUBBLICATA PER CURA DELLA R. COMMISSIONE PE' TESTI DI LINGUA NELLE PROVINCIE DELL' EMILIA RIME VOLGARI TBATTATO DI GIUDICE PADOVANO COMPOSTO NEL 1332 dato in luce integralmente ora la prima volta PliR CUKA DI GIUSTO GRION <? ^ BOLOGNA Presso Graetano Komagiaoli 1869. BOLOGNA. REGIA TIPOGRAFIA. PREFAZIONE APSTTOIVIO r>A TE]V1I*0 Della famiglia padovana I>a. Tempo poche sono le notizie che corrono ne' fasti della illustre città Antenorea. La menzione più antica di essa ci venne fatto di trovare nella inedita Istòria della diocesi di Padova, volume in 4.° di 1400 pagine del celebre Brunacci , copiato nel 1777, che si conserva nella padovana biblioteca comunale. Nel libro tren- tesimoterzo od ultimo è ricordato un Giovanni da Tempo, il quale in due istrumenti del 1193, legaliz^ zati addì Ì9 marzo 1194, testifica che V anno 1156 Giannibuono de' Lemizzoni si trovava alle scuole di Bologna. La nobile famiglia de' Lemizzoni , i cui consanguinei si distinguevano pei cognomi di Lemizi, Lemizetti, Dente, Linguazzi e Linguadi vacca , abitava nel quartiere del Duomo, nella via che da questo conduce al ponte dei Tadi: ed. è verisimile, che 6 anche il testimonio abitasse nella stessa contrada. Crediamo altresì apporci al vero, presumendo che Giovanni da Tempo nel 1156 fosse col Lemizzoni allo studio di Bologna; e quivi dai celebri professori, che alla dieta di Roncaglia confusero i diritti del- l' imperatore romano assoluto con quelli dell' im- peratore romano-germanico, imbevessesi di quel ghibellinismo, che nei Da Tempo, come nei Le- mizzoni, si manifesta poi fino all' età Carrarese. Un secolo dopo, i Da Tempo ci si presentano di- ^ stinti in due rami : l' uno ha le sue case nel quartiere di Pontemolino e conserva il patronimico Giovanni, cognominandosi dal plurale de' Tempi; r altro dimora nelle case avite presso la Chiesa Maggiore, dirimpetto all'odierno palazzo del conte Pietro Colloredo. Dal taumaturgo portoghese, la cui eloquenza, ammirata a Roma nel 1227 dallo stesso Sommo Pontefice, aveva fatto piegare in vantaggio del Comune di Padova il fiero Ezelino alla pace del 1228, questa linea abitante al Duomo aveva assunto circa gli anni or mentovati il nome di Antonio. E siccome il figlio ordinariamente si denominava dall'avo, egli è probabile altresì, che questo primo Antonio fosse figlio d' un Buzzarino e nipote di quel primo Giovanni, il quale, se stu- diava legge a Bologna nel 1156 e attestava nel 93, dovette essere nato poco innanzi del 1140. E in 1) Vedi nella I.^ Appendice la Descrizione dei nobili cittadini di Padova del 1275. 7 fatto il Portenari * rinvenne Antonio di Buzzaccarino Tempo nella Matricola de' Dottori del 2 aprile 1275, e la Descrizione delle famiglie nobili padovane dello stesso anno, che pubblichiamo nell' Appendice, menziona e lui e un Buzzarino da Tempo , eh' era, senza dubbio, di lui figlio. Questo Buzzarino vuol essere il padre del nostro trattatista, che in quel- r anno 1275 o doveva già essere nato o poco farsi aspettare. Deduciamo ciò dalle parole del cronista Nonio % eh' è del 1370 e sta manoscritto alla bi- blioteca comunale; il quale ci fa sapere, che il nostro autore erasi arricchito col fare il banchiere, avea murato tre case ( che veggonsi tuttodì ) dietro il cimitero del Duomo, avea due figli Buzzaccarino e Panevino , e con essi insieme fu bandito perchè avverso a parte guelfa , che andava per la maggiore. Il bando ^ può essere stato pronunciato dopo l'aprile del 1314, quando Guglielmo Novello di Camposam- piero, caporale de' ghibellini , fu assassinato dinnanzi a quel pretorio, che uno e due secoli prima era 1) Felicità di Padova, 1623, pag. 279. 2) Cod. Q. 493 pag. 56: Illi qui a Tempo prsenominantur, fuerunt homines populares et omnes foeneratores. Antonius de Tempo, dives foenerator, homo placibilis et alacer, genuit Buzzacarinum (et) Panevinum; qui tres pulcras domos mu- ratas post viridarium Episcopalis Eeclesi-cB possidebat; sed eo tempore, quo Paduani rebellaveruut Imperatori, fuit cum omnibus flliis expulsus de Padua, et tanquam rebelles for- bannitus. 3) Ferreti Vicentini 1. IV in Murat. Script. IX, 1127; e Cortusiorum Hist. 1. 1. e. 15 ib. pag. 787 del v. XIL >* 8 stato palazzo d' abitazione de' suoi maggiori , e del quale rimangono ancora a pianoterra due capitelli di stile bizantino , monumento del gusto cittadinesco del secolo XI. Anche per la Descrizione del 1320 * si conferma , che in quest' anno , in uno coi Lemiz- zoni , i da Tempo erano banditi , il padre e i figli; donde traesi con certezza, che ambedue i figli nel 1320 fossero maggiori di 18 anni, età legale per esercitare secondo gli statuti padovani certi diritti politici e civili, e perciò uno almeno di essi due fosse al mondo prima del 1301. Il che obbliga a far retrocedere la nascita del nostro Antonio verso al 1275. La terza Descrizione * delle famiglie dei cittadini, che pubblichiamo perchè anch' essa fin qui inedita, fu fatta essendo podestà il dottore in legge Nigresolo degli Ansaldi , che vi durò dal 2 agosto 1320 a tutto aprile 1321 ^ Per essa vediamo, che in princi- pio dell' anno 1321 i da Tempo e i Lemizzoni erano restituiti in patria, e la difendevano contro Cangran- de. La stagione correva poetica ; e la patria di Alber- tino Mussato contrapponeva ai canti ghibellini di Ferreto e Benvenuto de' Campesani canti guelfi , dei quali un frammento riporta la detta Descrizione ^ 1) Vedila nell' Appendice. 2) Gloria, Serie dei podestà che furono in Padova du- rante la dominazione carrarese. Pad. 1859. 3) Vedi neir Appendice l.^ V introduzione alla seconda Descrizione. 9 11 4 novembre 1319 i Padovani, non potendo resi- stere da sé allo Scaligero, s'erano dati volontaria- mente ad Enrico conte di Gorizia e Tirolo, vicario di Federico d' Austria , riconosciuto imperatore da Cangrande. Quale capitano e vicario imperiale giunse a Padova il 3 gennaio del 1320 Ulrico di Colloredo- Valse, a cui Jacopo da Carrara rinunciò la signoria. Poco poi i ghibellini poterono ripatriare, e con essi il nostro Antonio. Ulrico abbandonò Padova nel luglio del 1321, avendo l'imperatore conferito il vicariato al fratello Enrico, duca di Carinzia, il quale a dì 5 novembre vi mandò capitano Corrado di Owenstein; ed a questi nella seconda metcà del 1323 succedette Engelmario de Villandres. Fuggito nel luglio 1328 il podestà Gerardo Morosini, il vice- capitano Villandres a dì 6 agosto nominò podestà il proprio fratello GriiFo, uomo non meno odiato e più rapace dell' antecessore. Davanti al malcontento del popolo, gli Alemanni dovettero, licenziati, ritirarsi dalla città il 3 settembre; fu proclamato capitano e signore Marsilio da Carrara; ma questi, otto giorni dopo, secondo i concerti di segreto presta- biliti, rendeva la città a Cangrande. Lo Scaligero dava il capitanato di nome al Carrarese, di fatto al proprio nipote Alberto, che gli succedette nella signoria di Padova il 22 luglio 1328, e ne godette fino al 3 agosto 1337. A questo Alberto, il giudice padovano Antonio da Tempo dedica, per sentimento « di riverenza e d' inveterata soggezione » , la sua arte delle rime io volgari, compilata negli anni 1329-32, e in que- st' ultimo finita. Già vecchio, egli accenna qua e là ad altre opere sue poetiche, per noi perdute, e certo di non grande valore, se abbiamo a giudicarle dalle rime che nella sua Teoria ci allega per mo- delli. Nel 1335 lo incontriamo ancora una volta a Trieste, dove in qualità di giudice accompagnò il podestà Sebi nella de' Dotti ^ , suo concittadino di chiara prosapia. Era già sessagenario, quando ri- tornò da tale ufficio. L' età sua, la fama, la potenza che segue alle accumulate e giudiziosamente impie- gate ricchezze, la piacevolezza e sveltezza, la grazia che godeva appo Alberto Scaligero avrebbero dovuto assegnargli un posto tra que' cinque giudici: Daniele de Boccafolle veronese, Domenico degli Agrappati, Leonardo de'Pincoti, Ruggieri da Teolo e Guglielmo de' Cortusi padovani , che governarono la città di Padova dall' 8 al 23 giugno 1336, anzi che facesse il suo ingresso il nuovo podestà Federico de' Cavalli veronese. Non trovandolo tra essi, è lecito imagi- nare, che nei primi mesi dell' anno 1336 egli sia passato tra' pili. Il Nonio ^, che scriveva nel 1370, lo fa morto da gran tempo , e più morti che vivi i due figli, accennando che i nipoti continuavano a soggiornare nelle tre case dietro il viridario della chiesa episcopale. In principio del Milleseicento la 1) Ambedue sono registrati tra' podestà e giudici di Trieste nella Capra del Kandler, Trieste 1854. 2) Nel passo della cronica surriferita a pag. 7. 11 lapide sepolcrale di Antonio da Tempo, posta nel chiostro inferiore del Duomo, era digià obliterata, come ne fa sapere il Salomonio ^ , citando le Mo- numenta di Mons. Tomasini. Lo Scardeone ^ nel 1560 scrisse, che allora la famiglia da Tempo fioriva ne' discendenti di Antonio a Verona, ed anzi, che uno del medesimo nome era prestante nella lingua volgare. Il primo atto dell' Archivio notarile veronese , che riguardi i da Tempo di Verona, è un testamento ^ di Andrea q. Oaofrii del 15 dicembre 1549, che costituisce eredi universali i figli don Vincenzo e Pietro, ricordando pure la figlia Jacopa moglie di Raffaele Toroni , il figlio Onofrio emancipato, ed altra figlia Jacopa nubile. Il non trovar traccia dei da Tempo a Ve- rona innanzi al 1549 può far credere, che la famiglia vi si trasferì in principio del 1500 da luogo, ove il 1) Urbis Patavinae Inscriptiones.. .. Jacobi Salomonii. Patavii 1701 pag. 25. 2) Bernardini Scardeoni, De Antiquitate urbis Patavii et claris civibus patavinis. Basilese apud Nicolaum Episco- pium iuniorem, anno MDLX p. 253: Legimus autem huius (Antonii de Tempo) familiam, quia aliquando adversus Rempublicam prò Friderico Imperatore aperte palamque suaderet defectionem a Pontifice Romano, fuisse proscriptis bonis in exilium relegatam.