In Nome Del Popolo Italiano La Corte Di Assise Di Appello Di

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In Nome Del Popolo Italiano La Corte Di Assise Di Appello Di N. 4/2002 C.A.A. Sent. IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 3/2001 C.A.A. R.G. LA CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI SENTENZA PERUGIA In data 17.11.2002 Composta dai Magistrati: Depositata il 13.2.2003 Dott. Gabriele Lino VERRINA Presidente F.to Dr.ssa L.L. Marsella Dott. Maurizio MUSCATO Consigliere relatore Sig. Tiziana COLONNELLI Giudice Popolare Sig. Piero BORRI Giudice Popolare Sig. Alessandra FOSSATI Giudice Popolare Sig. Maria Cristina VALERI Giudice Popolare Sig. Gianfranca COSTARELLI Giudice Popolare Minuta depositata il Sig. Giuseppe FIORONI Giudice Popolare Ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A Pubblicata mediante lettura del dispositivo Nella causa C o n t r o 1) CALO’ Giuseppe, nato a Palermo il 30.9.1931, ivi residente Inviato estratto ex art.28 D.M.334/89 P.zza Giuseppe Verdi n.6 – il - attualmente detenuto p.a.c. presso Casa Circondariale di Tolmezzo – Redatta scheda il VIRTUALMENTE PRESENTE IN VIDEOCONFERENZA (rinunciante ad alcune udienze) C.P. n. 1 2) ANDREOTTI Giulio, nato a Roma il 14.1.1919, elett.te dom.to presso lo studio del difensore AVV. Franco COPPI in Roma Via B. Buozzi n.3 – - LIBERO - GIURIDICAMENTE PRESENTE 3) VITALONE Claudio, nato a Reggio Calabria il 7.7.1936 res. a Roma ed elett.te dom.to presso lo studio del difensore AVV. Carlo Taormina in Roma Via Federico Cesi n.21 (fgl.2260 giud.) – - LIBERO - P R E S E N T E 4) CARMINATI Massimo, nato a Milano il 31.5.1958, domiciliato a Formello (Roma) Via Maiano n.48 (dom. dich. alla scarcerazione) – - già detenuto dal 14.4.1995 al 25.4.1997 – - LIBERO - C O N T U M A C E 5) BADALAMENTI Gaetano, nato a Cinisi (PA) il 14.9.1923, elett.te dom.to in Italia a Cinisi (PA) Corso Umberto n.183 presso la moglie VITALE Teresa – - attualmente detenuto p.a.c. presso il Penitenziario di Fairton (U.S.A.) – - VIRTUALMENTE PRESENTE IN VIDEOCONFERENZA (rinunciante ad alcune udienze) 6) LA BARBERA Michelangelo, nato a Palermo il 10.9.1943 ivi residente via Castellana n.346 – - attualmente detenuto p.a.c. presso Casa Circondariale di Viterbo - - VIRTUALMENTE PRESENTE IN VIDEOCONFERENZA (rinunciante ad alcune udienze) I M P U T A T I 2 per il reato di cui agli artt.110, 112 n.1, 575, 577 n.3 C.P. per avere, agendo in concorso con BADALAMENTI Gaetano, CALO’ Giuseppe, ANDREOTTI Giulio, VITALONE Claudio, LA BARBERA Michelangelo e con ignoti, i primi quattro quali mandanti, il LA BARBERA e il CARMINATI quali esecutori materiali, nonché con SALVO Antonino, SALVO Ignazio, BONTATE Stefano, INZERILLO Salvatore, ABBRUCIATI Danilo, GIUSEPPUCCI Franco (questi ultimi sei tutti deceduti), cagionato con premeditazione la morte di PECORELLI Carmine mediante quattro colpi di pistola. In Roma 20.3.1979. A P P E L L A N T I il Procuratore della Repubblica di Perugia e le parti civili PECORELLI Rosina e PECORELLI Andrea e con appello incidentale la parte civile PECORELLI Stefano nonchè proponente ricorso per Cassazione l’imputato VITALONE Claudio, avverso la sentenza 24.9.1999 della Corte di Assise di Perugia con la quale BADALAMENTI Gaetano, CALO’ Giuseppe, ANDREOTTI Giulio, VITALONE Claudio, LA BARBERA Michelangelo e CARMINATI Massimo furono assolti dal reato loro ascritto in rubrica per non aver commesso il fatto. Con costituzione di PP.CC.: 1) PECORELLI Rosina, nata a Sessano del Molise (IS) il 3.10.1934, residente Cerenova (Cerveteri) via dei Volsci n.79, elett.te dom.ta in Roma, via Monte Santo n.68 presso il difensore Avv. Claudio Ferrazza; 2) PECORELLI Andrea, nato a Roma il 12.9.1964, ivi residente ed elett.dom.to in Roma, via Giovanni Bettolo n.17 presso il difensore Avv. Alfredo Galasso; 3) RUSSO Liliana, ved. PECORELLI, nata a Napoli il 12.12.1925, res.te a Roma, via Ugo De Carolis n.101, elett.te dom.ta in Roma via Fabio Massimo n.88 presso il difensore Avv. Raffaele Campioni; 4) PECORELLI Stefano, nato a Roma il 2.3.1957, residente in Cape Town Repubblica del Sud Africa, elett.te dom.to in Perugia presso il 3 difensore Avv. Francesco Crisi. CONCLUSIONI PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA Voglia l’adita corte dichiarare la colpevolezza di Calò Giuseppe, Andreotti Giulio, Vitalone Claudio, Carminati Massimo, Badalamenti Gaetano e La Barbera Michelangelo in ordine al delitto di omicidio doloso aggravato, loro ascritto in termini di concorso, e, concesse le circostanze attenuanti generiche, da ritenere equivalenti alle contestate circostanze aggravanti, condannare ciascuno dei predetti imputati alla pena di anni ventiquattro di reclusione ed al pagamento in solido delle spese processuali, oltre alla pena accessoria prevista dalla legge. PARTI CIVILI Pecorelli Stefano, Pecorelli Rosina e Pecorelli Andrea: Voglia l’adita corte dichiarare la colpevolezza di Calò Giuseppe, Andreotti Giulio, Vitalone Claudio, Carminati Massimo, Badalamenti Gaetano e La Barbera Michelangelo e condannarli al risarcimento dei danni, cagionati dal delitto, da liquidarsi in separato giudizio civile, assegnando a ciascuna delle parti civili, a titolo di provvisionale, immediatamente esecutiva inter partes, la somma di denaro indicata nelle conclusioni scritte, con condanna degli imputati alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili. DIFENSORI DEGLI IMPUTATI Calò Giuseppe, Andreotti Giulio, Vitalone Claudio, Carminati Massimo, Badalamenti Gaetano e La Barbera Michelangelo: Voglia l’adita corte confermare in toto l’appellata sentenza emessa in data 24.9.1999 dalla corte d’assise di Perugia. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO INTRODUZIONE Carmine Pecorelli fu ucciso la sera del 20 marzo 1979 in Roma, nei pressi della redazione di O.P, settimanale da lui diretto, con quattro colpi di pistola esplosi da una stessa arma munita di silenziatore. Nella circostanza 4 fu usata una pistola semiautomatica calibro 7,65 Browning/32 auto, riconducibile, probabilmente, ad una delle seguenti armi: MAB modello D(di fabbricazione francese), ASTRA 300, Erma KGP 68, Beretta modello 81, che esplose due cartucce marca Fiocchi e due cartucce marca Gevelot, queste ultime di fabbricazione francese, piuttosto rare, facenti parte di un lotto fabbricato in epoca successiva al 1976. Nell’occasione agirono, probabilmente, almeno due persone perché due furono gli individui notati da Franca Mangiavacca, collaboratrice ed amante del Pecorelli, sul luogo dell’omicidio. La vittima era un giornalista, che aveva rapporti con personaggi di spicco appartenenti agli ambienti più disparati, che gli consentivano di entrare in possesso, in via esclusiva, di notizie di grande interesse pubblico, alle quali Pecorelli cercava di dare la massima diffusione, sia pubblicandole sulla sua rivista, sia consentendo ad altri giornalisti di attingere al materiale in suo possesso. La sua vita privata, pur caratterizzata da un matrimonio finito e da diverse relazioni sentimentali, da ultimo con Franca Mangiavacca, non presentava, secondo i giudici di primo grado, aspetti tali da fare pensare che in tale ambito dovesse essere individuato il movente del delitto, sicché quest’ultimo era da ricercare nell’attività professionale svolta dalla vittima, come confermavano i tentativi di depistaggio messi in atto subito dopo l’omicidio – rivendicazione dell’omicidio da parte di un sedicente gruppo anarchico nella notte sul 21 marzo 1979; lettera anonima inviata al procuratore della repubblica di Roma indicante in Licio Gelli il mandante dell’omicidio; abbandono a bordo in un taxi, la notte sul 15 aprile 1979, di un borsello contenente, fra l’altro, la fotocopia di una scheda relativa a Carmine Pecorelli, che indirizzava le indagini verso le B.R.-, nonché le minacce telefoniche ricevute dal Pecorelli nei mesi precedenti l’omicidio, il danneggiamento dell’auto del medesimo e le preoccupazioni per la sua vita espresse dallo stesso Pecorelli in relazione agli articoli che andava scrivendo. Del resto, proprio il giorno dell’omicidio Pecorelli, nel consegnare a Umberto Limongelli, cugino e suo collaboratore al giornale, 5 un pacco, contenente apparentemente fogli e definito esplosivo, perché lo portasse in tipografia, espresse ancora una volta timori per la sua vita: del pacco, regolarmente consegnato e ritirato da persona sconosciuta al Limongelli, non è stata trovata alcuna traccia. La corte di primo grado, pertanto, ha esaminato le varie vicende trattate da Pecorelli sulla sua rivista, soprattutto con riferimento a quelle che, al momento dell’omicidio, si presentavano come attuali, perché nuove o perché riproposte all’attenzione del pubblico attraverso la rivelazione di nuovi particolari o la fornitura di una nuova chiave di lettura, sulla premessa che solo una notizia attuale è idonea, per il pericolo che la sua pubblicazione rappresenta, a costituire valido movente per la soppressione di una persona. Dall’esame degli scritti pubblicati sulla rivista sono emerse cinque vicende aventi spiccate caratteristiche di pericolosità per gli interessati, vale a dire: il golpe Borghese, l’Italcasse, il fallimento Sindona, il dossier Mi.Fo.Biali, il caso Moro(16.3/9.5.1978). IL GOLPE BORGHESE La vicenda giudiziaria del c.d. Golpe Borghese, come ricostruita dai primi giudici, è nata su impulso di Giulio Andreotti, ministro della difesa all’epoca, il quale, avuta notizia, dal generale Gianadelio Maletti del servizio segreto (Sid), di una attività golpista di Valerio Borghese e del coinvolgimento in essa del generale Vito Miceli, suo predecessore, aveva trasmesso il rapporto fornito dal Sid all’autorità giudiziaria. Dell’indagine era stato incaricato il sostituto procuratore della repubblica di Roma, Claudio Vitalone. Pecorelli era in possesso di documenti segreti e aveva preso netta posizione in favore del generale Vito Miceli, sostenendo che dal rapporto originale e completo erano stati eliminati i nomi di politici e di alti funzionari che avevano aderito al golpe e precisando, ancora, che l'originario dossier era stato regolarmente inviato dal generale Vito Miceli alla magistratura, che l’aveva restituito, avendo preferito lavorare su ipotesi minori. Nei suoi articoli Carmine Pecorelli aveva sempre sostenuto che il coinvolgimento del generale Vito Miceli nel c.d.
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