Signora Lo Jacono, Non È Dato Sapere Da Quale Fonte Risulti Che Il Figlio Della Teste Fosse Candidato Ad Una Carica Politica E

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Signora Lo Jacono, Non È Dato Sapere Da Quale Fonte Risulti Che Il Figlio Della Teste Fosse Candidato Ad Una Carica Politica E signora Lo Jacono, non è dato sapere da quale fonte risulti che il figlio della teste fosse candidato ad una carica politica e, in secondo luogo, che trattasi di affermazione del tutto sprovvista di logiche argomentazioni e, in sé, poco credibile, essendo inverosimile che una incensurata signora di 69 anni rischi un’accusa di falsa testimonianza e, quel che è peggio, renda dichiarazioni accusatorie, la cui rilevanza per la posizione dell’imputato Andreotti non poteva sfuggirle, al solo fine di procurare pubblicità al figlio, quasi che questo fosse l’unico modo per propagandare efficacemente la candidatura del suo rampollo. Rileva, ancora, la sentenza impugnata che: “Vi sono però sul punto anche le testimonianza di Gioacchino Pennino, socio in affari con Gaetano Sangiorgi in un laboratorio di analisi a Palermo, e Brusca Giovanni, complice nell’uccisione dello zio Ignazio Salvo, i quali riferiscono di avere appreso in circostanze diverse la medesima cosa e cioè che Giulio Andreotti aveva regalato un vassoio di argento per il suo matrimonio, che la polizia lo aveva ricercato ma non lo aveva trovato perché nascosto da Gaetano Sangiorgi. Anche in questo caso le notizie, anche se in situazioni diverse, possono collocarsi a ridosso della perquisizione subìta da Gaetano Sangiorgi anche perché, come riferito dallo stesso Sangiorgi, egli era stato arrestato nel gennaio 1994 in Francia ove si era rifugiato, e le notizie non possono essere state date che tra la fine di luglio 1993 e il gennaio 1994. Esse, poi, sono state date, a parere della corte, oltre che per soddisfare il suo desiderio di apparire “bravo e intelligente”, anche per dare rassicurazioni al suo ambiente mafioso sull’esito della perquisizione subita per la ricerca proprio del regalo ricevuto da Giulio Andreotti. E’ notorio infatti come in Cosa Nostra siano preoccupati quando le indagini della magistratura e della polizia vertono su fatti che possono mettere in pericolo rapporti delicati e riservati, come sono quelli con gli uomini politici. A tale proposito vale la pena richiamare il giudizio di Giovanni Brusca su Salvatore Riina allorché afferma che costui si allerta al semplice vedere un berretto riconducibile ad una qualche istituzione non perché egli abbia paura, ma perché è oltremodo sospettoso, cauto e prudente. Da tali testimonianze si ha la prova, quindi, che effettivamente per il matrimonio con la figlia di Nino Salvo Giulio Andreotti aveva regalato un vassoio d’argento. Né sulle conclusioni della corte influisce il fatto che tale vassoio non è stato trovato, perché, come emerge dalle dichiarazioni di Giovanni Brusca e di Gioacchino Pennino, esso è stato nascosto. 270 Sul punto, l’affermazione di Giovanni Brusca che il vassoio è stato ufficialmente regalato da un avvocato o un notaio romano non ha trovato riscontro, non essendo emersi elementi sufficienti per affermare che esso sia quello regalato dal notaio Salvatore Albano anche se nella vicenda dell’acquisto di detto vassoio vi sono molti elementi di ambiguità, così come non sono moto chiari gli scambi di favori e di doni tra Giulio Andreotti e il notaio Salvatore Albano53. Forse, ad un risultato utile si sarebbe arrivato se, in occasione della perquisizione effettuata nella casa palermitana di Gaetano Sangiorgi, l’autorità delegata avesse ispezionato, come peraltro avviene normalmente, completamente la stanza da letto, senza fermarsi davanti a dei cassetti chiusi a chiave, provvedendo quindi alla rottura delle serrature; se avesse agito in tal modo, forse nei cassetti avrebbe trovato qualcosa di più utile alle indagini in corso di quello che, qualche giorno dopo, Gaetano Sangiorgi ha spontaneamente consegnato sicuro che il vero vassoio, da lui occultato, non era tra numerosi vassoi di argento consegnati54. In definitiva, sul punto, la corte ritiene che il regalo del vassoio d’argento è stato fatto, che a farlo è stato Giulio Andreotti e che la circostanza, all’evidenza, sta a significare che il regalo non è stato fatto per la personalità dello sposo, un professionista medico analista di Palermo, come ve ne sono tanti, ma perché diventava il marito della figlia di Nino Salvo, facente parte di una delle famiglie economicamente più potenti della Sicilia, in stretto rapporto con Salvo Lima e grande elettore dell’esponente di spicco della corrente alla cui testa era proprio Giulio Andreotti55. Esso indica, anche, che tra la famiglia dei cugini Nino e Ignazio Salvo e Giulio Andreotti vi erano rapporti tali da giustificare, da un lato, la spedizione della partecipazione a Giulio Andreotti del celebrando matrimonio e, dall’altro, il piacere di Giulio Andreotti di ricambiare tale partecipazione con un regalo. • Episodio relativo alla frequentazione dell’albergo Zagarella da parte di Giulio Andreotti. 53 Vedi, al riguardo, l’esame di Salvatore Albano e la documentazione sequestrata presso il suo studio e la sua abitazione, da cui emerge una intensità di rapporti, contornati da regale del notaio ad Andreotti che mal si conciliano con un mero rapporto professionale relativo, peraltro, a pochissimi atti, la testimonianza di Domenico Farinacci e Bruno Luigi. 54 Vedi esame Luigi Bruno ,avanti al tribunale di Palermo. 55 Vedi, al riguardo, l’esame di Francesco Maniglia che parla di propaganda elettorale fatta fuori dalla provincia di Palermo su indicazione di Nino Salvo in favore di Salvo Lima. 271 L’albergo Zagarella, di cui si è parlato a proposito dei rapporti tra Francesco Maniglia e Piero Di Pierri, era, all’epoca che qui interessa, di proprietà di Nino Salvo, oltre che di Francesco Maniglia, ed era diretto e, poi, anche gestito, in proprio, da Vittorio Di Martino, cognato di Francesco Maniglia56. In detto albergo, in occasione della chiusura della campagna elettorale per le prime elezioni europee, in cui candidato principale era Salvo Lima, si tenne una festa in onore di Giulio Andreotti che nel pomeriggio aveva tenuto il discorso di chiusura della campagna elettorale per la democrazia cristiana al cinema Nazionale. La circostanza risulta da numerose testimonianze acquisite al dibattimento, specie nel processo a carico di Giulio Andreotti avanti al tribunale di Palermo, ma anche avanti a questa corte, ed è ammessa anche da Giulio Andreotti(è pacifico in atti che ciò è avvenuto il 7/6/1979)57. Al comizio aveva preso parte insieme alle personalità della democrazia cristiana dell’isola, anche Vito Ciancimino, discusso sindaco di Palermo e affiliato alla Mafia, come risulta da sentenze passate in giudicato, e Nino Salvo che vi aveva assistito, mentre al ricevimento presso l’Hotel Zagarella vi era solo Nino Salvo. Tali presenze sono state documentate da fotografie, acquisite al processo avanti al tribunale di Palermo, che qui possono essere utilizzate sulla base della testimonianza di Attilio Ruffini58 che nelle foto a lui mostrate ha riconosciuto sia Vito Ciancimino che Nino Salvo. Il pranzo fu organizzato da Nino Salvo, il quale aveva dato disposizioni alcuni giorni prima dell’evento indicando una affluenza di persone di circa 150/200, mentre in realtà ne arrivarono circa 300 e Giulio Andreotti ne era a conoscenza perché, come si evince dalla deposizione di Giovanni Amalfitano, il buffet era stato spostato dalla terrazza alla sala 56 Vedi esami Francesco Maniglia, Piero Di Pierri, Euro Sabatini e Vittorio De Martino. 57 Vedi esame Antonio Pulizzotto, Attilio Ruffini, Gioacchino Pennino, Giovanni Amalfitano, Girolamo Di Giovanni, Giovanni Epifanio, Angelo Capitumino, Vittorio De Martino, Giulio Andreotti. 58P.M.:La domanda è se tra le persone che assistevano al comizio del Cinema Nazionale riconosce in particolare qualcuno? RUFFINI A.:Qualcuno ne riconosco la fisionomia ma non... non mi ricordo i cognomi, comunque vedo partendo dall'alto il dottor Salvo Nino... P.M.:Il dottor? RUFFINI A.:Nino Salvo. P.M:Nino Salvo. Quindi era anch'egli presente al comizio di quel 7 giugno in cui l'onorevole Andreotti concludeva la campagna elettorale per le europee dell'onorevole Lima. RUFFINI A.: Si, qua in piedi in fondo. PRESIDENTE: Come? RUFFINI A.:Lo vedo in piedi, lato in fondo, quello qua. 272 Ambassador, perché vi era vento, e l’ordine di spostare il buffet era arrivato nel pomeriggio. Nino Salvo aveva poi provveduto a pagare il conto del ricevimento, come affermato sia da Vittorio De Martino che dal vice direttore Giovanni Amalfitano che ricorda come sul promemoria del menù fosse indicato Nino Salvo come committente e pagatore. Nino Salvo teneva moltissimo alla riuscita del ricevimento tanto che per la prima volta si era interessato del menù e della disposizione del buffet. Nino Salvo aveva ricevuto e salutato personalmente Giulio Andreotti e lo aveva condotto, insieme ad altre persone, nella visita all’hotel rivolgendosi con il termine “Eccellenza”, aveva seguito l’andamento del ricevimento, interessandosi di Giulio Andreotti tanto da arrabbiarsi con Vittorio De Martino perché pretendeva che il buffet fosse servito al tavolo di Giulio Andreotti e la cosa non era possibile per l’organizzazione del ricevimento. L’interesse di Nino Salvo alla buona riuscita del ricevimento si desume anche dal comportamento successivo da lui tenuto perché, come riferisce Giovanni Amalfitano, il giorno dopo si era complimentato per la buona riuscita del ricevimento con tutto il personale. Da quello che si è finora detto in ordine al ricevimento presso l’albergo Zagarella discende una prima considerazione: l’interessamento di Nino Salvo è un interesse legato alla candidatura dell’onorevole Lima, atteso che Giulio Andreotti era venuto a Palermo
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