Pit) Con Valenza Di Piano Paesaggistico Regionale (Ppr)
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OSSERVAZIONI ALLA VARIANTE DI INTEGRAZIONE DEL PIANO DI INDIRIZZO TERRITORIALE (PIT) CON VALENZA DI PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE (PPR) OSSERVANTE: UNIONE DEI COMUNI MONTANI AMIATA GROSSETANA ambito 19 Amiata Comuni di: Castel Del Piano (GR), Seggiano (GR), Abbadia San Salvatore (SI), Arcidosso (GR), Santa Fiora (GR), Piancastagnaio(SI), Roccalbegna (GR), Castell’azzara (GR), Semproniano (GR). ambito 18 Maremma grossetana Comune di Cinigliano. PARTE PRIMA Considerazioni generali 1. La Variante di integrazione del Piano di Indirizzo territoriale (PIT) con valenza di Piano Paesaggistico regionale (PPR), d’ora in poi PPR, a nostro avviso, dovrebbe sviluppare una visione paesaggistica volta a promuovere la crescita culturale diffusa e l’innalzamento della qualità degli atti urbanistici. Ciò che appare, è la scelta di illustrare il paesaggio toscano, secondo un quadro di natura sostanzialmente estetico-percettiva e imporne la tutela con un insieme poderoso di conoscenze, obiettivi, direttive e prescrizioni, per indurre l’azione di governo del territorio nella direzione, peraltro corretta e condivisa, della salvaguardia dei valori paesaggistici. A ciò occorrono strumenti che rendano le cittadinanze, le amministrazioni, i soggetti che operano sui territori e le professionalità che lo indagano e ne predispongono progetti, consapevoli che il paesaggio è il risultato di processi storici fra strutture sociali e risorse del territorio, e che la sua qualità è legata alla possibilità di riconoscere questi processi nelle forme insediative, naturali, agrarie, in ciascuna delle diverse condizioni che le caratterizzano. Il paesaggio, infatti, ha natura ecosistemica, contiene stratificazioni date dall’interrelazione tra gli eventi antropici e naturali, diversi nello spazio e nel tempo, da un sistema di reti di diversa natura (visibili e invisibili, ecologico-naturali, antropiche e culturali, percettive e visive), che garantiscono il suo corretto funzionamento. Il paesaggio è anche la rappresentazione della capacità culturale espressa dal territorio, in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale, e riferimento della loro identità. Per tali motivi, esso non può essere racchiuso in una visione statica, coincidente con una condizione storica delle attività economiche e delle relazioni sociali, per la quale non sussistono più le condizioni strutturali. Il paesaggio del PPR dovrebbe superare la visione statica e descrittiva e divenire principale risorsa per lo sviluppo e la crescita di competitività dei territori. 2. A nostro avviso il PPR, risponde solo in parte alle aspettative e ai compiti che gli sono assegnati, ben rappresentate dall’aver integrato la componente paesaggistica da quella strutturale e strategica e perciò dal piano territoriale regionale, riduce il contenuto strategico di piano territoriale alla sola valorizzazione dei paesaggi. Il PPR rinuncia all’aggiornamento sostanziale che doveva incrementarne l’efficacia rispetto a quello adottato nel 2009, senza proporre una rinnovata strategia di sviluppo, commisurata alle mutate condizioni date dalla crisi, nelle quali i valori ambientali e paesaggistici devono costituire un motore per la qualità dello sviluppo medesimo. Il PPR contrasta anche con i Principi della Convenzione Europea, proponendo una visione del paesaggio che risulta sterilizzata e conformata al solo livello regionale, appiattita sulla dimensione paesaggistica volta a mere condizioni di tutela e conservazione, che elude le possibilità di interazione e socializzazione con il livello locale e rinuncia alle capacità (invece considerate dal Codice) di determinare la propria contemporaneità e di delineare al contempo le condizioni e le regole per realizzare e innovare (in un’ottica di compatibilità e sostenibilità) il futuro paesaggio toscano, promuovendo una filiera di azioni di governo pubblico coerenti, coinvolte, responsabilizzate. Avremmo auspicato uno strumento utile e facilmente utilizzabile in grado di governare la complessità delle situazioni reali e guidare le azioni sul territorio. Il PPR genera complicazioni aggiuntive - sul piano dell'interpretazione, dell'applicabilità, delle forme da rispettare a prescindere dalla sostanza delle cose stesse -. I paesaggi toscani non possono essere indagati con la ricchezza che contraddistingue il poderoso apparato conoscitivo e poi ridotti nella visione al futuro, all’immagine della mezzadria toscana. È questa, anche un’idea di società che le amministrazioni locali non hanno potuto discutere, che peraltro esse non condividono, tanto quanto è estranea ai molteplici attori che in Toscana forniscono una chiave per la tenuta economica e sociale in tempi così difficili come quelli nei quali viviamo. 3. Credevamo che la formazione del PPR avrebbe reso necessario il coinvolgimento sostanziale delle istituzioni locali. Ciò che appare, è che previlegia alcuni canali di comunicazione e confronto: il mondo universitario, il mondo dei comitati e delle associazioni ambientaliste (merita ricordare l’attivazione di specifica sezione tematica nel portale regionale del paesaggio, dedicata alla raccolta delle segnalazioni critiche: “ecomostri” e altri danni). In fase di elaborazione l’unica vera occasione di confronto con i Comuni ha riguardato la cosiddetta vestizione dei vincoli, ovvero l’elaborazione delle schede del piano relative agli immobili e aree di notevole interesse pubblico di cui all’art. 136 del Codice, mentre per le schede degli ambiti di paesaggio vi è stata una illustrazione itinerante nei diversi territori, alla quale non ha fatto seguito la messa a disposizione del materiale prodotto nè alcuna interazione con i Comuni. Il metodo praticato, così come avvenuto per il processo di revisione della legge 1/2005, nega i rapporti consolidati tra istituzioni regionali e locali, quest’ultimi ritenuti corresponsabili delle trasformazioni deteriori del paesaggio e del territorio toscano. Si deve aggiungere che, se il PPR è stato elaborato senza il necessario coinvolgimento delle popolazioni locali, e in primis delle amministrazioni che le rappresentano, si è contravvenuti anche ai dettati della Convenzione europea, che, come noto, non pone al centro dell’attenzione i soli paesaggi di eccellenza, competenza della tradizionale tutela ad opera di specifici vincoli riconosciuti per legge, ma i paesaggi ordinari della comunità, i luoghi del vivere e dell’abitare che le popolazioni riconoscono come propri paesaggi, in quanto vissuti e percepiti come tali; in sostanza il territorio nella sua interezza e complessità. Si può concludere che le modalità scelte per la formazione del PPR non hanno prodotto consapevolezza e condivisione degli obiettivi negli amministratori locali e negli altri soggetti interessati. Obiettivi, va ricordato, largamente condivisi e già presenti in molte delle attività comunali in materia di pianificazione territoriale e urbanistica, che non sono state minimamente considerate. I danni ai paesaggi toscani, che il PPR intende correttamente fermare, e le trasformazioni dei territori che sempre hanno effetto sui paesaggi, che il PPR intende correttamente governare, non si possono contenere né gestire tramite un prodotto che non si è rivolto, né pare volersi rivolgere, se non per via coattiva, a chi dovrà metterlo in opera, agli amministratori locali e ai professionisti, alle associazioni di categoria e ai soggetti delle attività produttive. 4. A fronte di un apparato conoscitivo estremamente corposo e culturalmente qualificato, che costituisce un quadro sistematico delle informazioni relative agli ambiti di paesaggio, nonché degli obiettivi e delle regole per la conservazione e valorizzazione del patrimonio territoriale e paesaggistico, si nota che, per come è stata formulata la disciplina, si è ottenuto un ulteriore appesantimento burocratico nei processi di pianificazione territoriale. Il perseguimento degli obiettivi culturali ai fini un'efficace tutela paesaggistica e della rigenerazione urbana e ambientale è contraddetto dalla farraginosità procedurale che il PPR mette in moto e dalla mancanza di componenti fondamentali (come le aree degradate ricadenti in zone già sottoposte a vincolo paesaggistico e la definizione delle fasce di tutela dei fiumi ex legge Galasso), nonché da una rigidità di visione che vede nella negazione e nel controllo l’unica garanzia per la tenuta dei paesaggi toscani. Si prenda la questione del consumo di suolo. Il PPR offre spesso un divieto di consumo di ulteriore suolo che è per definizione prerogativa degli strumenti urbanistici: il consumo di suolo, di per sé, non assume in astratto alcuna valenza paesaggistica. Può sussistere consumo di suolo che riqualifica un paesaggio degradato, ovvero consumo di suolo che non ha alcun effetto sui valori paesaggistici, come - certamente - consumo di suolo che deteriora il bene paesaggistico: dipende da intervento a intervento. Il compito della pianificazione paesaggistica risiede non in imposizioni astratte di divieti generalizzati, quanto nell'esame caso per caso e nella individuazione delle modalità per assicurare la compatibilità paesaggistica delle trasformazioni, se consentite dagli strumenti urbanistici. 5. L’apparato normativo del piano appare di complessa applicazione e gestione per la sovrapposizione di numerose e articolate direttive/prescrizioni che agiscono sui medesimi ambiti territoriali, che richiederanno complesse attività di verifica incrociata da parte di Uffici comunali e Soprintendenze