Luciana Distante 1

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Luciana Distante 1 05 VOLUME LE FOLLI DONNE DI GAETANO DONIZETTI a cura di LUCIANA DISTANTE 1. Le folli donne di Gaetano Donizetti. Il dramma che si nasconde dietro la follia ha sempre innegabilmente esercitato un’am- bivalente curiosità, a volte morbosità, nell’uomo. Quando la ragione improvvisamente viene risucchiata nel vortice del non senso e an- nebbiata dalle passioni umane, i freni della coscienza sono annullati, ed allora, perso il contatto con la realtà, è possibile commettere anche l’atto più scellerato. Per questo motivo il tema della follia ben si presta a diventare il fulcro delle rappresen- tazioni del Melodramma soprattutto nell’Ottocento. C’è poi un elemento che caratteriz- za queste composizioni sulle quali è molto evidente l’influsso del Romanticismo: le protagoniste del dramma della follia sono le donne. La figura femminile acquisisce nuovi connotati ed una prospettiva di introspezione interiore molto forte. Di solito, la donna non è rappresentata come una folle sin dell’inizio, ma il più delle volte ama “alla follia”. Potremmo parlare, in questo senso, di vera e propria “follia amorosa” che, il più delle volte, porta ad eventi drammatici. Le protagoniste “folli” dell’Opera sono numerose. Solo per citarne alcune: Lucia di “Lucia di Lammermoor” di Donizetti, Elvira de “I Puritani” di Bellini, Margherita del “Mefistofele” di Boito, Ophelia nell’”Hamlet” di Thomas. Ovviamente, nel Melodramma, gli uomini non sono esenti da questo turbamento men- tale, si pensi a Werther dell’omonima Opera di Massenet, o a Don Carlo nell’Opera di Verdi. La caratteristica che però differenzia i personaggi femminili da quelli maschili è, senza dubbio, la scarsa complessità psicologica di questi ultimi. Anche se un discor- so più complesso meriterebbero casi particolari come Orlando Furioso nell’Opera di Vivaldi e gli shakespeariani Macbeth e Amleto in Verdi, possiamo affermare che i per- sonaggi femminili godono di una prospettiva a tuttotondo e di uno spessore psicologico molto più complesso e coinvolgente. Ed infatti, alcune delle aree più celebri del reper- torio operistico sono cantate da queste donne impazzite. Manifestando tutto il loro do- lore con il canto, esse riescono a commuovere l’ascoltatore. Il coinvolgimento emotivo dello spettatore è raggiunto attraverso l’utilizzo di particola- ri tecniche narrative, prima tra tutte il topos che vede nelle candidate folli delle giovani vergini, bellissime e promesse spose, che sbocciano ed appassiscono nell’arco di un paio di atti. Una fanciulla in fiore, spesso in abiti bianchi e veli trapunti, o in camicia da prima notte nuziale regolarmente macchiata del sangue della vittima della sua follia che non ha avuto il tempo di consumare le nozze, si aggira sul palcoscenico tra gli a- stanti, padri, fratelli, tutori, invitati al matrimonio. Che pianga in una cella o, ancora, che sia stata abbandonata quasi sull’altare sembra in ogni caso ripetersi l’infallibile e geniale “effetto Ofelia” che, originariamente, non aveva nulla di romantico, data l’epo- ca della tragedia shakespeariana, ma che diventa un topos abilmente messo in musica in pieno e tardo romanticismo, facendo rientrare la follia nel celebre “Sturm und Drang” che permea tutta la cultura romantica. Dalle ugole di queste donne sgorgano parole e note di sublime fascino: mai la follia è 2. disgiunta dal sentimento, né da un fondo di quell’antica saviezza che, riemergendo, provoca alti e bassi nella protagonista. Essa esprime in scena tutto il proprio dolore, distorcendo, spesso, la propria realtà, e mostrandola, in contrasto, cruda e coinvolgente allo spettatore. Spesso l’eroina crede di essere altrove ed ha dei semplici flash-back del proprio crudele passato; la desolazione nel vederla in quello stato tengono desta l’atten- zione dell’ascoltatore. 2. Gaetano Donizetti e la follia. Molti compositori ed artisti si sono confrontati con il tema della follia 1, ma in questo lavoro credo sia opportuno circoscrivere l’analisi del tema ad un determinato periodo storico, in questo caso l’Ottocento, e soprattutto ad un determinato autore: Gaetano Donizetti. Senza riportare l’intera biografia del compositore, ritengo molto utile ricordare alcuni passaggi fondamentali della sua esistenza che, senza dubbio lo hanno reso particolar- mente sensibile nei confronto di questo tema. La carriera del bergamasco Gaetano Donizetti (1797-1848) non fu certo facile. Allievo di Simone Mayr , poco più che ventenne, si affacciò sul panorama musicale della sua epoca e si dovette confrontare con Rossini e Bellini, trovandosi nella classica posizione di terzo incomodo. Lo aiutò un genio fertilissimo che lo supportò nel frenetico lavoro nel quale si gettò e che lo porterò a comporre oltre settanta opere comprese le revisioni. Il suo grande rivale era Bellini. Quando Donizetti, nel 1830, finalmente conquistava Milano con l'opera "Anna Bolena", il trionfo della "Sonnambula" e della "Norma" bel- liniane offuscarono quel successo un anno dopo. Ma il tenace Donizetti continuò im- perturbabile il suo lavoro: dal 1832 compose "L'elisir d'amore" che, con il "Don Pa- squale" (1843), sono i suoi capolavori comici, opere buffe venate però da un sottile velo di malinconia, in particolare nel "Don Pasquale". Seguono "Parisina" e "Torquato Tasso" del 1833. Nel 1834 vanno in scena "Lucrezia Borgia" e "Maria Stuarda", mentre l’anno successi- vo "Marin Faliero" e l'opera considerata il suo capolavoro, "Lucia di Lammermoor". Successivamente il "Belisario", opera suggestiva e ricca di belle pagine, trionfò a Ve- nezia nel 1836 e fu seguita da altri fortunati lavori: "Il Campanello" (1836), "Roberto 1. Si pensi nelle arti pittoriche alle opere di Vincent Van Gogh, Francisco Goya, Richard Dadd, Edvar Munch, Francis Bacon, Salvador Dalì, per citare solo alcuni esempi. Nella Letteratura vi sono le note compo- sizioni di Seneca, Leopardi, Nietzsche, Pirandello ed il celeberrimo “Elogio della Follia” di Erasmo da Rot- terdam. Un campo a sé è poi rappresentato dagli studi di psichiatria e psicoanalisi che, con un approccio scientifico e metodico, hanno analizzato le cause, i sintomi, e le possibili cure della follia. È infatti interessante sottolineare una differenza imprescindibile tra l’approccio artistico e quello psicoanaliti- co. Il primo poco si interessa alla cura della follia, concentrandosi invece sul momento che induce alla follia ed alla rappresentazione della follia stessa. Il secondo, invece, trova il suo motore negli studi del giovane Freud ed è incentrato sull’analisi del percorso causa-effetto-cura della follia. 3. Devereux" (1837). L'intensità della sua attività lo aiutò a superare i travagli della sua vita privata attraversata da vicende quanto mai tristi: la perdita in rapida successione dei genitori, dei figli 2 e della moglie lasciò Donizetti in uno stato di profonda prostra- zione. Nel 1839 egli cercò la definitiva affermazione conquistando il pubblico parigino. Ottenne un notevole successo con "La fille du regiment" (1840) e "La favorite", rappre- sentata la sera del 2 dicembre 1840 all'Opéra con straordinario successo. Nel 1842 Do- nizetti aveva già composto la "Linda di Chamounix" con la quale conquista il pubblico di Vienna, dove aveva già ottenuto l'incarico di maestro di cappella dell'imperatore (incarico che fu anche di Mozart e di Haydn). L'ultimo periodo di attività di Donizetti lo vide diviso tra Vienna e Parigi, dove nel 1843 applausi entusiastici accolsero il suo "Don Pasquale". Il 5 giugno è nuovamente a Vienna dove porta in scena "Maria di Rohan". A novembre è a Parigi per il "Don Seba- stiano". A gennaio lo ritroviamo a Vienna. Nel frattempo, le condizioni fisiche del mu- sicista vanno aggravandosi. I sintomi della sifilide, che aveva colpito Donizetti attorno al 1845, lo conducono alla pazzia e non gli consentono di portare a termine la sua ulti- ma opera "Il Duca d'Alba", che verrà completata dal musicista Matteo Salvi. Il 19 set- tembre del 1847, dopo aver vinto le ultime resistenze delle autorità parigine, il povero Donizetti inizia il doloroso ritorno alla città natale dove si spegnerà l'8 aprile 1848. Dunque gli ultimi tre anni di vita conobbero solo il buio della follia e dell'incoscienza. In venticinque anni d'attività Donizetti scrisse più di settanta melodrammi, oltre che ad un cospicuo numero di canzoni, arie da camera e composizioni religiose. Una fervida vena creativa ed una sorprendente fecondità musicale furono la sua caratteristica più sorprendente, egli aveva una personalità eclettica e contemporaneamente una fantasia musicale ricchissima, la rapidità nel comporre non aveva in lui un carattere contingen- te, cioè legato a particolari richieste del teatro, essa era una sua necessità, un bisogno insopprimibile della sua natura di artista, e tutta la sua carriera fu caratterizzata da que- sta inventiva oltre che da una sorprendente capacità e duttilità di ingegno. Donizetti fu un artista sicuro, immediato, non mancò di vigoroso temperamento drammatico, unito anche ad un certo gusto letterario e poetico non mancante di quel pizzico d'ironia intel- ligente che contraddistingue molti suoi lavori teatrali. Come una mente così vivace, così viva e versatile, si annullò completamente sino a perdersi nella nebbia dell'oblio? Questo accadde al compositore, il male esplose nella sua tragica evidenza nell'estate del 1845, quando egli era ancora impegnato nei suoi numerosi viaggi fra Bergamo, Milano, Roma, Napoli, Vienna e Parigi, città dove le sue opere erano nei cartelloni dei teatri più importanti. Da un giorno all'altro la sua vita fu cancellata e nessuna
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