Spea – Ufficio Geologia I

I N D I C E

1. INTRODUZIONE ...... 1

2. DESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ SVOLTE...... 2

2.1 Raccolta dei dati pregressi...... 2

2.2 Attività conoscitive ...... 4

2.3 Redazione della cartografia...... 5

3. INQUADRAMENTO DELL’AREA...... 8

3.1 Inquadramento geografico ...... 8

3.2 Inquadramento geologico – strutturale generale ...... 8

4. ASSETTO TETTONICO DELL’ AREA...... 14

4.1 Gruppo di Voltri ...... 19

4.2 Zona Sestri - Voltaggio ...... 21

4.3 Dominio dei Flysch appenninici...... 23

5. STRATIGRAFIA ...... 26

5.1 Unità tettonometamorfiche Voltri e Palmaro-Caffarella...... 26

Calcescisti (CS)...... 28

Quarzoscisti di S.Alberto (QPC)...... 31

Metagabbri (MG) ...... 32

Metabasiti (MB) ...... 34

Serpentiniti (S) ...... 35

Peridotiti lherzolitiche del Monte Tobbio (LHP)...... 40

5.2 Unità Tettonometamorfica Gazzo-Isoverde...... 41

Dolomie del Monte Gazzo (MDG) ...... 41

Gessi del Rio Riasso (GSR)...... 43

Serie Gallaneto – Lencisa (SGL) ...... 44

Metargilliti di Bessega (MBG)...... 45

5.3 Unità Tettonometamorfica Cravasco-Voltaggio...... 46 Spea – Ufficio Geologia II

Scisti filladici del Monte Larvego (LRV)...... 46

Calcari di Voltaggio (VOL)...... 47

Metabasalti di Cravasco (CVS)...... 48

Serpentiniti di Case Bardane (SPV)...... 48

5.4 Unità Tettonometamorfica Figogna...... 49

Serpentiniti del Bric dei Corvi (SPF)...... 51

Metabasalti del Monte Figogna (MBF) ...... 53

Metasedimenti silicei della Madonna della Guardia (MHF)...... 54

Metacalcari di Erzelli (ERZ)...... 55

Argilloscisti di Costagiutta (AGI) ...... 55

Argilloscisti di Murta (AGF)...... 57

5.5 Unità Tettonica Mignanego...... 59

Formazione di Mignanego (MIG) ...... 59

5.6 Unità Tettonica Montanesi...... 60

Formazione di Montanesi (MTE)...... 60

5.7 Unità Tettonica Ronco ...... 62

Formazione di Ronco (ROC)...... 62

5.8 Unità Tettonica Antola ...... 64

Argillite di Montoggio (MGG) ...... 65

Formazione del (FAN)...... 66

5.9 Depositi Tardo e Post-orogenici ...... 68

Brecce (B)...... 68

5.10 Depositi Post-messiniani ...... 70

Depositi Pliocenici marini e continentali - Argille di Ortovero...... 71

5.11 Depositi quaternari continentali...... 72

Depositi di versante...... 72

Accumuli di frana...... 73

Depositi alluvionali...... 74 Spea – Ufficio Geologia III

Depositi di spiaggia attuali...... 75

Depositi marini terrazzati ...... 75

5.12 Zone di faglia...... 75

6. ANALISI STRUTTURALE DEL GRUPPO DI VOLTRI...... 78

6.1 Approccio (o metodologia) di progetto...... 78

Criteri di analisi mesostrutturale...... 78

Deformazioni continue (duttili) e discontinue (fragili) ...... 79

6.2 Analisi del Gruppo di Voltri ...... 81

Strutture duttili (foliazioni e pieghe)...... 84

Strutture fragili (faglie e lineamenti) ...... 86

7. GEOMORFOLOGIA ...... 90

7.1 Forme e depositi geomorfologici...... 90

Forme e depositi dovuti all'azione della gravità e processi di pendio...... 90

Forme e depositi dovuti allo scorrimento delle acque...... 93

Forme e depositi antropici ...... 94

7.2 Acclività...... 94

7.3 Zonazione geomorfologica ...... 95

Fascia costiera ...... 95

Settore ad ovest della Sestri-Voltaggio ...... 96

Settore della Dolomia del M. Gazzo ...... 97

Settore tra M.te Gazzo e Borzoli ...... 98

Val Polcevera...... 100

Settore ad est del Torrente Polcevera ...... 101

8. CLIMATOLOGIA...... 103

8.1 Regime pluviometrico...... 104

8.2 Regime termico ...... 118

8.3 Regime climatico e quota ...... 119

8.4 Stima dell’infiltrazione efficace...... 124 Spea – Ufficio Geologia IV

9 IDROGEOLOGIA ...... 127

9.1 Censimento di sorgenti e pozzi...... 127

9.2 Definizione delle caratteristiche dei punti d’acqua ...... 130

Analisi delle acque ...... 130

Interpretazione dei dati idrochimici e chimico-isotopici ...... 134

Acque solforose ...... 141

9.2 Stima qualitativa del rischio di impatto dell’opera sulle risorse idriche...142

Stima qualitativa del pericolo di impatto sui punti d’acqua ...... 142

Valore economico dei punti-acqua ...... 143

9.3 Individuazione e classificazione delle Unità idrogeologiche...... 144

Planimetria dei complessi idrogeologici...... 147

Unità idrogeologiche a permeabilità primaria per porosità ...... 148

Unità idrogeologiche a permeabilità secondaria per fratturazione ...... 150

Unità idrogeologiche a permeabilità mista per fatturazione e carsismo...... 152

9.4 Correlazione tra strutture fragili, localizzazione e tipologia delle sorgenti..152

9.5 Permeabilità ...... 154

9.6 Acquiferi presenti nell’area in studio...... 161

Acquifero delle Dolomie di Monte Gazzo ...... 163

Acquifero dei Metabasalti del Monte Figogna...... 163

Acquifero dei Metagabbri indifferenziati delle Unità Palmaro-Caffarella ...... 163

Acquifero della Formazione del Monte Antola ...... 164

Acquifero dei depositi alluvionali attuali e antichi della vallata del Torrente Polcevera. 165

9. VINCOLI...... 169

10. INDAGINI GEOGNOSTICHE ...... 171

11.1 Indagini pregresse ...... 171

Indagini bibliografiche (Comune di Genova e privati)...... 171

Sondaggi dissesto Viadotto Veilino...... 171

Sondaggi Progetto definitivo “ Porto di Voltri”...... 172 Spea – Ufficio Geologia V

Indagini Galleria Montegalletto ...... 172

Indagini Campagna 2003...... 173

Indagini Campagna 2004...... 174

Indagini 2006-2007...... 176

11.2 Indagini progetto definitivo 2010 ...... 179

Indagini in sito e in laboratorio ...... 179

Rilievi geomeccanici ...... 186

11. STUDIO RELATIVO ALLA PRESENZA DI AMIANTO NATURALE.... 188

12.1 Il minerale amianto ...... 189

12.2 Fase preliminare...... 192

12.3 Fase di approfondimento...... 197

12.4 Studio progetto definitivo ...... 201

12. DEFINIZIONE DEI DOMINI STRUTTURALI ...... 205

13.1 Dominio della Val Leira...... 208

13.2 Dominio della Val Branega ...... 208

13.3 Dominio del Bric Boessa...... 211

13.4 Dominio Varenna-Contessa...... 211

13.5 Dominio Timone-Scarpino...... 211

13.6 Dominio di Bric Teiolo ...... 212

13.7 Dominio della Val Polcevera ...... 213

13. RELAZIONI TRA L’ASSETTO GEOLOGICO-STRUTTURALE REGIONALE E IL TRACCIATO DELLA GRONDA...... 213

14. DESCRIZIONE DEI TRACCIATI PRINCIPALI ...... 215

15.1 Zona ovest Polcevera...... 215

Gronda di Ponente ...... 215

Interconnessione di Voltri ...... 238

15.2 Zona est Polcevera ...... 241

Asse A7 Nord...... 242 Spea – Ufficio Geologia VI

Asse A12 Est...... 244

Interconnessione di Bolzaneto ...... 247

Interconnessione A7-A12 ...... 251

Interconnessione Genova est...... 254

Interconnessione Genova ovest...... 254

16 CANALE DI CALMA...... 257

16.1 Inquadramento geologico-geomorfologico-strutturale ...... 257

Lineamenti morfo-strutturali...... 257

Inquadramento geomorfologico...... 260

Inquadramento geologico-stratigrafico ...... 261

16.2 Indagini geognostiche ...... 265

16.3 Sezione geologica interpretativa ...... 266

17 BIBLIOGRAFIA...... 268

Spea – Ufficio Geologia 1 / 269

1. INTRODUZIONE

Il presente studio è stato redatto a supporto della progettazione definitiva del Nodo stradale e autostradale di Genova lungo l’asse definito a seguito del dibattito pubblico svoltosi a Genova nei primi mesi del 2009.

Il progetto prevede la realizzazione di una nuova infrastruttura autostradale in variante rispetto al tracciato esistente, tra Vesima e Genova Ovest (Gronda di Ponente), con attraversamento della Valle Polcevera in corrispondenza di Bolzaneto, il potenziamento dell’autostrada A7 nel tratto compreso tra Bolzaneto e Genova Ovest e la realizzazione della nuova carreggiata est dell’ A12 tra Begato e Genova Est nochè vari interventi di connessione alla viabilità esistente.

Figura 1 - Corografia del tracciato

Lo scopo della presente relazione consiste nell'illustrare gli elementi geologico strutturali, geomorfologici ed idrogeologici utili ad individuare i principali aspetti progettuali riconducibili alla natura ed alle caratteristiche dei terreni attraversati dai tracciato oggetto di studio. Spea – Ufficio Geologia 2 / 269

La presente relazione illustra quanto rappresentato negli elaborati cartografici (scala 1:5000) allegati al progetto.

I dati utilizzati per la redazione delle carte e dei profili sono stati ricavati sia dalla bibliografia esistente (sia geologica sia geognostica, reperita presso gli Enti locali o da privati), sia da apposite campagne di rilevamento geologico - strutturale e geomorfologico (che hanno interessato oltre 90 km2 di territorio), dall’analisi delle fotografie aeree, dal censimento di sorgenti e pozzi, da apposite campagne geognostiche in sito e da studi riguardanti il contenuto di amianto naturale.

2. DESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ SVOLTE

2.1 Raccolta dei dati pregressi

La prima fase del lavoro è consistita neI reperimento di tutti i dati disponibili presso vari Enti e Biblioteche universitarie, e di ogni altro dato disponibile ritenuto significativo per l’elaborazione di un modello concettuale dell’area.

Altri dati, prevalentemente di tipo cartografico e tecnico, sono stati raccolti dalle seguenti fonti:

Università degli Studi di Genova:

• Atlante degli acquiferi della . Volume III: le acque dei complessi ofiolitici (bacini: Arrestra, Branega, Cassinelle, Cerusa, Erro, Gorzente, Leira, Lemme, Lerone, Orba, Piota, Polcevera, Rumaro, Sansobbia, Stura, Teiro, Varenna, Visone).

Comune di Genova:

• Atlante cartografico geologico del territorio del Comune di Genova consistente in cartografia geologica, geomorfologica ed idrogeologica in scala 1:10.000 del territorio comunale;

• Sondaggi geognostici archiviati da progetti pubblici e privati.

Spea – Ufficio Geologia 3 / 269

Provincia di Genova:

• Piani di Bacino Stralcio sul Rischio Idrogeologico: cartografia relativa a tematismi geologici, geomorfologici, idraulici e valutazioni di rischio e pericolosità degli ambiti regionali di bacino 12-13, 14, Branega, Chiaravagna, Varenna, S.Pietro, Polcevera, Bisagno;

• Database relativo alle concessioni per la derivazione di acque di sorgente e pozzi censimento di pozzi e sorgenti.

Regione Liguria:

• Carte geologiche in scala 1:25.000 Foglio 213230 “Genova” sezioni 213-2 Genova e 213-3 Pegli (Progetto CARG);

Consorzio Mediterranea Acque:

• Ubicazione, stratigrafie e campionamento dei campi pozzi in Valle Polcevera.

Autorità Portuale di Genova, Ansaldo S.p.A. e Studio Geotecnico Italiano :

• Ubicazioni e stratigrafie di sondaggi geognostici.

Sono, inoltre, stati utilizzati i dati di campagne geognostiche e studi realizzati da Spea nell’ambito del progetto di fattibilità (2003), dei progetti preliminari del Nodo di Genova (2004-2005 e 2006-2007) ed ovviamente di tutti gli studi e le indagini appositamente realizzati per il presente progetto (2010-2011) descritte nell’ambito dei seguenti paragrafi.

La disponibilità, per l’area d’interesse, di documentazioni geologiche di dettaglio e di modelli geologico-strutturali di riferimento, ha permesso di inquadrare fin dall’inizio le attività di studio e di analisi all’interno di un modello generale adatto alle finalità del progetto. Tale modello, desunto dalla letteratura di settore e relativo a un settore di estensione molto più ampia dell’area di studio è stato sistematicamente utilizzato, adattandolo alle peculiarità della geologia osservate lungo il tracciato.

Uno studio che si prefigga di definire un contesto geologico, al fine di estrapolare lateralmente e/o in profondità le caratteristiche composizionali, strutturali e geometriche delle unità geologiche che lo compongono (quali ad es. limiti, pieghe, Spea – Ufficio Geologia 4 / 269

faglie, fratture o più genericamente “zone di localizzazione della deformazione”), deve infatti fare riferimento a un insieme di dati e conoscenze riguardante un’area più vasta di quella concernente l’obiettivo specifico, considerando un “intorno significativo” in relazione alle caratteristiche del progetto stesso.

Se da un lato lo studio può esulare parzialmente dal ricostruire l’intera storia deformativa e cinematica della regione e dalla comprensione delle paleo-relazioni sforzo-deformazione delle rocce, dall’altro deve comunque portare a conoscere le configurazioni geometriche e strutturali più ricorrenti, unitamente alle relazioni di antecedenza e di interferenza tra di esse. L’estrapolazione geometrica richiede inoltre una notevole quantità di osservazioni, in quanto è di solito molto elevato il numero di configurazioni geometriche possibili in uno stesso contesto geologico, anche quando esso sia stato ben caratterizzato dal punto di vista litologico e ben delimitato rispetto alle unità adiacenti.

Inoltre, i dati geologico-strutturali di terreno, principalmente derivanti da osservazioni mesoscopiche1 distribuite casualmente in un territorio (vincolate cioè alla disponibilità di punti di osservazione del substrato roccioso) possono presentare una correlabilità molto diversa da caso a caso, in funzione della rappresentatività del sito di osservazione rispetto alle caratteristiche dell’elemento macroscopico da ricostruire.

2.2 Attività conoscitive

La redazione del presente lavoro si è svolta mediante lo sviluppo delle seguenti attività:

• Analisi aerofotogrammetrica finalizzata sia al controllo delle risultanze geomorfologiche pregresse ed alla loro integrazione, sia al riconoscimento dei principali lineamenti tettonici dell’area;

• Rilevamento geologico strutturale in scala 1:5000 volto al riconoscimento dei litotipi presenti, alla definizione del loro assetto tettonico con riconoscimento e

1 In analisi strutturale (cfr. Hobbs et al., 1976), il termine “mesoscopico” si riferisce a oggetti o caratteristiche geologiche osservabili direttamente, che hanno continuità fisica e quindi non richiedono interpolazioni e interpretazioni. Il termine “macroscopico” riguarda invece tutte le entità geologiche non completamente esposte, la cui ricostruzione geometrica è effettuata sulla base dell’estrapolazione di osservazioni separate. I termini “meso” e “macro” esprimono quindi concetti che sono indipendenti dalle dimensioni fisiche assolute degli oggetti geologici a cui si riferiscono. Spea – Ufficio Geologia 5 / 269

misura di elementi fragili e duttili presenti in affioramento, al prelievo di campioni per l’analisi petrografica ed all’identificazione e campionamento di siti con presenza di minerali fibrosi asbestiformi;

• Rilievo geomorfologico con verifica delle risultanze dell’analisi aerofotogrammetrica ed integrazione dati;

• Sopralluogo lungo gallerie esistenti (oleodotto della Società PRAOIL Oleodotti Italiani) per verificare la presenza di eventuali settori non rivestiti atti a fornire ulteriori informazioni sulle caratteristiche litologiche e geomeccaniche degli ammassi;

• Verifica della presenza e posizione di sorgenti e pozzi ricavati da censimenti pregressi ed integrazione di nuovi dati, attraverso rilevamento di terreno con misurazione diretta di parametri fisico - chimici (PH, conducibilità e temperatura) e di portata;

• Analisi di tutte le stratigrafie dei sondaggi pregressi per integrare i dati di superficie;

• Realizzazione di una apposita campagna geognostica in sito (sondaggi, geofisica e rilievi geomeccanici) ed in laboratorio;

• Prelievo di campioni ed analisi chimiche eseguite sulle diverse litologie attraversate dai tracciati;

• Studio sulla presenza di amianto naturale

2.3 Redazione della cartografia

Sulla base delle attività conoscitive e di tutti i dati raccolti, è stato ricostruito il quadro geologico dell’area di studio (che interessa una fascia di larghezza variabile tra circa 2 e 4 km) e sono stati redatti i seguenti elaborati cartografici (a scala 1:5000):

• carta geologica • profili geologici in asse ai tracciati delle opere principali • carta geomorfologica • carta dei vincoli • carta di ubicazione delle indagini • carta dei complessi idrogeologici con ubicazione dei pozzi e delle sorgenti • profili idrogeologici Spea – Ufficio Geologia 6 / 269

Per le attività di terreno e per la fase di digitalizzazione dei dati si è fatto riferimento alla Carta Tecnica Regionale alla scala 1:5000 in formato vettoriale. Questa base garantisce la massima accuratezza del dato, compatibilmente con il fattore di scala, nei confronti delle reti geodetiche locali, a scapito della facilità di lettura del prodotto a stampa. Per la realizzazione della versione su supporto cartaceo è stata sostituita la base topografica vettoriale con la base topografica raster della Regione Liguria, di miglior leggibilità, ma che manifesta tuttavia alcune imprecisioni legate alla tecnica di scansione e alla successiva georeferenziazione.

Per quanto concerne la carta geologica, sono state riportate le litologie riconosciute sul terreno, distinguendo le aree in affioramento da quelle dove l'ammasso roccioso è sub - affiorante (ricoperto da modesti spessori di suolo o di detrito) e pertanto non direttamente osservabile. Sono state, inoltre, rappresentate le giaciture delle foliazioni e dei piani di faglia principali; per quanto attiene agli elementi strutturali ed al loro assetto, è opportuno evidenziare come la loro ubicazione in planimetria ed in profilo possa talora presentare un certo grado di indeterminatezza, in ragione della discontinuità degli affioramenti e della complessa storia deformativa dell’area (i contatti tra i diversi litotipi sono il risultato di un’evoluzione tettono-metamorfica polifasica e sono di tipo traspositivo). Per quanto riguarda i depositi quaternari sono stati riportati quelli più significativi per spessore e distribuzione distinguendo le frane attive da quelle inattive, individuate sul terreno in base ad evidenze geologiche e geomorfologiche.

Nella redazione di questa cartografia si è utilizzato un criterio “misto”: si sono distinti cioè i litotipi in base alla loro composizione mineralogica, rilevabile in campagna, secondo criteri tradizionali di rilevamento, integrata da informazioni (riportate con apposito sovrassegno) relative a quegli elementi tessiturali e strutturali che forniscono informazioni utili ad una prima distinzione degli ammassi basata sul loro comportamento meccanico.

Alcune delle osservazioni litologico petrografiche risultano difficilmente estrapolabili e pertanto sono state cartografate unicamente nell’ambito degli affioramenti (informazione puntuale), mentre nell’ambito della porzione sub-affiorante interpretativa sono stati mantenuti accorpamenti più generali. Spea – Ufficio Geologia 7 / 269

Sono stati cartografati, inoltre, i depositi quaternari più significativi per spessore e distribuzione, distinguendo i depositi di frana riconosciuti a seconda del grado di attività (frane attive o quiescenti).

Relativamente alla carta geomorfologica e delle acclività la legenda è stata concepita suddividendo le forme ed i processi geomorfologici in funzione della loro genesi:

• Forme e processi dovuti all’azione della gravità e processi di pendio; • Forme e processi dovuti allo scorrimento delle acque; • Forme e processi antropici.

È stata prodotta, inoltre, una carta delle acclività ottenuta dalla elaborazione delle sezioni del DTM fornite dalla Regione Liguria.

La carta dei complessi idrogeologici riporta gli elementi idrologici e idrogeologici principali tra cui la distribuzione dei punti d’acqua (pozzi e sorgenti) identificati nell’area con indicazione delle loro portate, il grado di permeabilità del substrato roccioso e dei principali depositi superficiali, l’estensione delle unità idrogeologiche identificate, il reticolo idrografico e gli spartiacque tra i bacini.

Carta dei vincoli: la carta dei vincoli è stata redatta estraendo i dati originali dai documenti ufficiali forniti dalla Provincia di Genova relativi ai Piani di Bacino.

Sono stati utilizzati i seguenti tematismi:

• Carta di ubicazione delle frane censite; • Carta della suscettività al dissesto; • Carta delle fasce fluviali. Spea – Ufficio Geologia 8 / 269

3. INQUADRAMENTO DELL’AREA

3.1 Inquadramento geografico

L’area studiata si estende dalla località Vesima ad ovest, allo svincolo di Genova Est lungo la A12 e raggiunge verso sud la zona portuale di Sampierdarena.

Morfologicamente l’area è caratterizzata da una stretta fascia pianeggiante, parallela alla costa, che passa bruscamente ai rilievi montuosi retrostanti sempre molto acclivi, talora aspri, che raggiungono quote superiori ai 700 metri s.l.m.

Il reticolo idrografico è caratterizzato da torrenti montani, a prevalente andamento nord-sud, con versanti spesso a forte acclività, fondovalle incassati e strette fasce alluvionali. L’unico corso d’acqua con un fondovalle più sviluppato è il Torrente Polcevera, che nell’area di studio risulta regimato e scorre all’interno di argini artificiali.

I bacini idrografici principali ricadenti in tutto o in parte nell’area indagata sono , da ovest ad est, quelli dei torrenti Cerusa, Leiro, Branega, S. Pietro, Varenna, Chiaravagna, Polcevera e Bisagno. Vi sono, inoltre, una serie di aree scolanti e bacini di dimensioni minori con corsi d’acqua spesso tombinati nella parte terminale, si tratta di elementi caratterizzati da deflusso in ambiente quasi completamente urbanizzato.

3.2 Inquadramento geologico – strutturale generale

L’area in esame si inserisce in un settore di grande complessità strutturale, che tradizionalmente giustappone il dominio orogenico alpino a quello appenninico, descritto in letteratura come “nodo collisionale ligure” (Laubscher at. al., 1992).

Procedendo da ovest verso est, sono riconoscibili tre settori con caratteristiche geologiche e strutturali peculiari:

• il Gruppo di Voltri Spea – Ufficio Geologia 9 / 269

• la Zona Sestri Voltaggio

• Il Dominio dei Flysch Appenninici, costituito da differenti unità tettoniche e tettonometamorfiche impilate con vergenza europea (circa E-W allo stato attuale).

Il Gruppo di Voltri e la Zona Sestri - Voltaggio, sono separati da un lineamento strutturale diretto N-S, noto in bibliografia come “Linea Sestri Voltaggio”, alla quale viene fatto corrispondere il limite fisico tra Alpi ed Appennini. Tale lineamento tettonico è stato variamente interpretato in letteratura: come faglia trasforme (Elter, Pertusati, 1973), come thrust (Cortesogno e Haccard, 1984) o come faglia estensionale (Hoogerduijn Strating, 1994). Attualmente è riconosciuta come parte di un complesso sistema di concentrazione preferenziale della deformazione legata a regimi tettonici esplicatisi a livelli strutturali diversi in momenti diversi della storia evolutiva della catena (Crispini et al. 2009).

La storia geologica di questo settore delle Alpi Liguri inizia nel Giurassico medio quando, in seguito all’apertura dell’Atlantico centrale ed alla deriva verso est della placca africana, si vennero a creare le condizioni per l’apertura di un bacino oceanico (bacino ligure - piemontese) compreso tra il paleocontinente europeo (avampaese) ed il paleocontinente africano (dominio insubrico) (v. fig. 1). Successivamente, si instaurarono le condizioni che portarono all’orogenesi alpina, con la progressiva chiusura del bacino con la collisione tra i due paleocontinenti.

Figura 2 – Schema paleogeografico ipotetico durante il Giurassico medio superiore dall’esterno avampaese) all’interno (Austro-Sudalpino) (da: Guida geologica regionale “Alpi Liguri”, 1991) Spea – Ufficio Geologia 10 / 269

Le principali fasi orogenetiche alpine si sono realizzate in quest’area tra i 90 ed i 40 milioni di anni fa (Cretaceo sup. - Eocene), determinando la deformazione sia dei depositi oceanici (per altro in gran parte subdotti), sia dei depositi continentali, prossimi alla zona di sutura, che risultano traslati verso l’avampaese: ne consegue una struttura a falde di ricoprimento. Ognuna di queste falde costituisce tradizionalmente una unità tettonica o stratigrafico - strutturale la cui successione stratigrafica e la relativa posizione nell’edificio della catena testimoniano, pur con alcune incertezze, l’appartenenza ad un dato dominio paleogeografico.

Alla fine dell’Eocene le Alpi Liguri risultano ormai formate ed emerse (anche se ancora in sollevamento) e costituiscono la zona di alimentazione dei depositi postorogenici.

Tra l’Oligocene sup. ed il Miocene inf. viene a crearsi, nell’area a S, un braccio di mare (Mar Ligure) in conseguenza alla rotazione antioraria del Blocco Sardo-Corso mentre ad est è presente il Bacino Terziario Ligure - Piemontese (i cui depositi caratterizzano la zona delle Langhe ed affiorano solo sporadicamente nell’area genovese).

Il Messiniano rappresenta una cesura di primaria importanza dal punto di vista dell’evoluzione fisiografica del territorio, poiché l’abbassamento drastico del livello base dell’erosione ha “congelato”, il reticolo idrografico preesistente. Le principali strutture vallive e le dorsali montuose si delineano in modo già simile all’attuale. Nel contesto delle unità recenti questo dato è significativo poiché tutti i depositi posteriori suturano una paleogeografia continentale complessa e morfologicamente matura, in cui gli assi vallivi corrispondono generalmente a quelli attuali e su cui la sedimentazione è funzione del tasso di sollevamento della catena e delle variazioni eustatiche del livello del mare. Si assiste quindi a eventi polifasici di erosione e deposizione all’interno delle valli.

Nell’area rilevata la linea di costa si presentava frastagliata, con valli in cui sfociavano i corsi d’acqua. L’ambiente prossimale è quindi caratterizzato da depositi fini schiettamente marini e da depositi grossolani derivati sia dagli apparati deltizi sia Spea – Ufficio Geologia 11 / 269

dal detrito di versante della costa alta. La Formazione delle Argille di Ortovero è l’espressione sedimentaria degli eventi deposizionali verificatisi durante il Pliocene.

Gruppo di Voltri

Le successioni appartenenti a questo Gruppo sono riferibili al dominio piemontese - ligure ovvero ad un bacino oceanico, costituito da originarie rocce intrusive ed effusive e da sedimenti di vario tipo deposti sopra le lave basaltiche; in letteratura sono state distinte al suo interno numerose Unità Tettonometamorfiche riconducibili tradizionalmente a due insiemi principali:

• Unità costituite prevalentemente da rocce metagabbriche e serpentinitiche (Unità Beigua, Unità Ponzema, Unità S.Luca Colma).

• Unità costituite da prevalenti calcescisti e prasiniti (metabasiti), ma anche da subordinate rocce di origine mantellica quali serpentiniti e peridotiti (Unità Alpicella, Unità Ortiglieto, Unità Palmaro-Caffarella, Unità Voltri-Rossiglione).

I litotipi dell’Unità Voltri hanno registrato un picco metamorfico eclogitico mentre la riequilibratura metamorfica delle rocce dell’Unità Palmaro-Caffarella è limitata alla facies scisti-blu (Federico et al. 2004).

L’evoluzione degli studi petrografico-strutturali, svolti in anni recenti, ha portato ad una diversa articolazione delle unità tettono-metamorfiche; in particolare l’Unità Tettonometamorfica Palmaro Caffarella verrebbe separata dall’Unità del Gruppo di Voltri in quanto le sue caratteristiche petrografiche indicherebbero una diversa evoluzione metamorfica. Nel presente studio si è deciso, comunque, di mantenere unite le due unità sopra citate in quanto gli elementi distintivi non sono identificabili in affioramento (necessitano di analisi in sezione sottile per identificare le paragenesi).

Zona Sestri - Voltaggio

Interessa la dorsale montuosa che costituisce la parte alta del versante in destra idrografica della Val Polcevera e comprende Unità Tettonometamorfiche estremamente differenti per litologia e livello di metamorfismo:

• U.T. del Monte Gazzo, costituita da dolomie e calcari triassici; Spea – Ufficio Geologia 12 / 269

• U.T. Cravasco - Voltaggio, costituita da serpentiniti e scisti filladici;

• U.T. del M.Figogna, costituita da serpentiniti, metabasiti e argilloscisti, talora con livelli carbonatici e silicoclastici fini.

Il livello del metamorfismo è progressivamente decrescente passando dalle unità Cravasco-Voltaggio e Gazzo-Isoverde (facies scisti blu) all'Unità Figogna (facies pumpellyite-actinolite).

Dominio dei Flysch Appenninici

Interessa la valle del Torrente Polcevera e comprende quattro Unità Tettoniche e Tettonometamorfiche (Mignanego, Montanesi, Ronco e Antola) assai omogenee dal punto di vista litologico, con un grado di metamorfismo progressivamente decrescente procedendo da W verso E; le unità in sinistra idrografica del Torrente Polcevera possono essere considerate non metamorfiche. Queste unità si presentano impilate con vergenza da E verso W, e occupano grossomodo fasce allungate in senso N-S lungo la Val Polcevera. Spea – Ufficio Geologia 13 / 269

Figura 3 - Schema tettonico dell’area.

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4. ASSETTO TETTONICO DELL’ AREA

Tutte le diverse unità tettoniche e tettonometamorfiche sono caratterizzate da un’evoluzione deformativa polifasica definita da almeno quattro eventi deformativi principali sovrapposti.

Le tracce di questa storia evolutiva sono rinvenibili sia direttamente in affioramento, come nel caso delle pieghe di generazione diversa presenti nelle unità tettonometamorfiche, sia indirettamente, come ad esempio nel caso degli eventi deformativi D3 e D4, ipotizzati per le unità di flysch sulla base di considerazioni cartografico-strutturali (Capponi & Crispini, 2007).

Nelle unità tettonometamorfiche, le associazioni strutturali legate ai diversi eventi deformativi sono chiaramente riferibili a traiettorie seguite dai volumi rocciosi attraverso livelli crostali progressivamente più superficiali.

Gli eventi deformativi D1 e D2

I primi due eventi (D1 e D2) mostrano caratteri geometrici simili, in quanto rappresentati prevalentemente da sistemi di pieghe isoclinali-traspositive espresse a tutte le scale. Il piegamento sovrapposto D1/D2 è responsabile della parallelizzazione delle superfici preesistenti alle nuove foliazioni di piano assiale, con la conseguente formazione di una superficie di origine composita a pervasività regionale, nel seguito indicata come SP (Scistosità Principale). Questa foliazione è generalmente quella più penetrativa alla scala dell'affioramento e nell'Unità Voltri è anche costituita da foliazioni eclogitiche legate alle fasi di subduzione pre-D1\D2 (evento preD1; Capponi & Crispini, 2002).

La superficie SP è piegata dalle strutture D1\D2 secondo direzioni assiali con andamento medio tra N-S e NNE-SSW e superfici assiali con inclinazioni da medie a elevate, generalmente verso E; l’inclinazione della SP aumenta procedendo verso il settore E dell’unità Voltri fino a essere subverticale in prossimità del contatto con la Zona Sestri-Voltaggio. Spea – Ufficio Geologia 15 / 269

Le pieghe D1\D2 deformano sia le principali superfici di contatto interne all’Unità Voltri, sia quelle tra le Unità Gazzo Isoverde e Cravasco Voltaggio suggerendo giustapposizioni tettoniche pre-D2, mentre la superficie di contatto tra queste due unità e l’Unità Figogna non risulta deformata dalle strutture sin-D2.

Le pieghe D1/D2 sono distinguibili con sicurezza solo quando sono sovrapposte geometricamente, generalmente secondo figure di interferenza di tipo 3 (Ramsay, 1967); nelle unità tettonometamorfiche a, causa dell’elevata componente di deformazione non coassiale che ha caratterizzato i primi due eventi deformativi, queste strutture possono assumere morfologie variabili tra le pieghe cilindriche e le pieghe a guaina (Capponi & Crispini, 2002).

Nell'unità Voltri, gli eventi D1 e D2 sono coevi con intervalli di riequilibratura metamorfica compresi tra la facies scisti verdi ad anfibolo sodico e la facies scisti verdi e sono correlati alla fase di esumazione e messa in posto delle unità metamorfiche (Capponi & Crispini, 2002); nelle Unità Palmaro-Caffarella, Cravasco- Voltaggio e Gazzo-Isoverde, le strutture D1\D2 sono coeve con la facies metamorfica scisti blu. Nell'Unità Figogna, le paragenesi sin-D1\D2 sono quelle tipiche della facies a pumpellyite-actinolite (Crispini & Capponi, 2001).

L’eterogeneità della propagazione e della distribuzione della deformazione sin-D2, procedendo in direzione della zona di contatto tra l’Unità Voltri e le unità della Zona Sestri-Voltaggio, potrebbe rappresentare un effetto dell'attività della Linea Sestri- Voltaggio già a partire dagli stadi finali dell’evento D2 sin-scisti verdi (Crispini & Capponi G. (2001). In particolare l’anisotropia reologica rappresentata dal contatto tra le rocce dell’Unità Voltri e i litotipi carbonatici dell’Unità Gazzo-Isoverde avrebbe rappresentato un importante fattore di controllo per la localizzazione delle Linea Sestri-Voltaggio (Capponi & Crispini, 2002).

Il ruolo della Linea Sestri-Voltaggio e più in generale l’architettura della zona di contatto tra le Alpi occidentali e l'Appennino settentrionale in Liguria centrale vanno infatti inquadrati nell’evoluzione geodinamica tardo-eocenica/miocenica del cosiddetto “Nodo Ligure” (Laubscher et alii, 1992), caratterizzata dalla convergenza obliqua tra la placca Adria e quella europea, a causa del movimento verso NW della Spea – Ufficio Geologia 16 / 269

placca Adria che avrebbe indotto la contemporanea rotazione antioraria della microplacca corso-sarda (Molli, 2008 con bibliografia). Gli effetti dei conseguenti retroscorrimenti delle Alpi liguri sulle unità appenniniche e dell’indentazione complessa della crosta europea e adriatica si sarebbero prevalentemente manifestati con eventi deformativi caratterizzati dalla coesistenza di strutture fragili-duttili e fragili legate a identiche condizioni termo-bariche.

L’evento deformativo D3

Il successivo evento deformativo D3, coevo con facies metamorfiche comprese tra scisti verdi e scisti verdi inferiore, è infatti caratterizzato dalla coesistenza di sistemi di pieghe e zone di taglio le cui caratteristiche testimoniano un’evoluzione progressiva della deformazione verso livelli strutturali più superficiali (Capponi & Crispini, 2002).

Le pieghe D3 sono strutture da decimetriche a decametriche con profili aperti, assi debolmente inclinati sia verso NNE che verso SSW e piani assiali sub-orizzontali, frequentemente riattivati come zone di taglio fragili-duttili a basso angolo. Questo evento plicativo, scarsamente scistogeno, piega ad alto angolo la foliazione composita regionale e i fianchi delle strutture D1\D2 ed è espresso in modo omogeneo nel settore oggetto di questo studio.

Al piegamento sin-D3 sono associati sistemi di zone di taglio inverse da duttili a fragili-duttili, poco inclinate, con direzioni WNW-ESE e con caratteri tipici di processi deformativi assistiti da intense attività di fluidi carbonatici, come nei sistemi idrotermali a controllo tettonico. L’azione metasomatica è stata tale da idratare e carbonatare le rocce incassanti, trasformandole; ad esempio, le serpentiniti sono state trasformate in scisti a clorite, tremolite e actinolite, oppure in serpentiniti carbonatate.

Queste zone di taglio rappresentano probabilmente strutture sviluppatesi progressivamente in un ampio intervallo di tempo, in quanto esse possono tagliare le pieghe D3 oppure essere piegate da queste, secondo assi sub-orizzontali NE-SW (Spagnolo et al. 2007). Le analisi cinematiche condotte da questi Autori Spea – Ufficio Geologia 17 / 269

suggeriscono per l’evento D3 una direzione regionale di raccorciamento finito diretta NW-SE.

L’evento deformativo D4

L’evento deformativo D4 è espresso in modo omogeneo da un’associazione strutturale costituita da pieghe, sovrascorrimenti e sistemi di faglie.

Le pieghe D4 sono distribuite in modo omogeneo in tutta l’Unità Voltri, hanno profili aperti, lunghezza d’onda plurichilometrica e assi sub-orizzontali diretti tra N-S e NW- SE. I piani assiali sono caratterizzati da direzioni N-S e NW-SE, ridotti valori di inclinazione verso W e sono talora associati a minerali della facies a zeolite. Queste strutture sono fortemente asimmetriche, con una marcata vergenza verso E-NE e in diversi settori dell’Unità Voltri deformano i livelli di età oligocenica del Bacino Terziario Piemontese (Capponi et al., 2001) senza tuttavia coinvolgere i termini del Miocene inferiore; grazie a questi vincoli stratigrafici è quindi possibile delimitare l’evento D4 alle fasi iniziali del Miocene inferiore.

I fianchi delle pieghe D4 sono frequentemente riattivati come sovrascorrimenti con direzioni di trasporto E-NE, associati allo sviluppo di livelli di potenza fino a decametrica di rocce di faglia di diverso tipo. Queste strutture sono caratterizzate da fronti a persistenza chilometrica e sono associate a mineralizzazioni a zeolite, clorite e carbonati indicative di livelli crostali piuttosto superficiali.

A questo evento deformativo vengono inoltre riferiti sistemi di faglie particolarmente ben espressi nel settore orientale dell’Unità Voltri in prossimità del contatto con la Zona Sestri-Voltaggio. Sulla base dell'orientazione e dei caratteri cinematici delle strutture più frequenti e persistenti è possibile definire due diversi domini strutturali (Crispini et al., 2009), uno a Nord e l’altro a Sud del settore di contatto; quest’ultimo è quello che interessa più da vicino il tracciato della Gronda.

Nel dominio settentrionale, le faglie hanno direzioni NW-SE e NE-SW, mentre in quello meridionale sono presenti faglie dirette N-S e NE-SW. Le faglie di tutti e due i domini sono subverticali, sono associate a livelli di rocce di faglia di potenza da Spea – Ufficio Geologia 18 / 269

decimetrica a metrica e sono caratterizzate da strie da sub-orizzontali a moderatamente inclinate, con sensi di movimento prevalentemente destri, molte volte di tipo inverso. Nelle zone di faglia N-S e NW-SE sono inoltre comuni strutture a fiore positivo. L’andamento della Zona Sestri-Voltaggio, delimitata da queste strutture, è caratterizzato a N da direzioni NW-SE, al centro da direzioni NNE-SSW e infine a S da direzioni N-S.

Le faglie del sistema NE-SW, sempre subverticali, sono solitamente più corte delle precedenti e possono tagliare i sistemi di faglie longitudinali N-S e quelli NW-SE. Queste strutture sono localmente molto frequenti, definendo zone di concentrazione della deformazione, oppure possono assolvere al ruolo di svincoli meccanici (tear faults) dei sistemi di sovrascorrimenti D4 sopra descritti.

Altri sistemi di faglie minori sono costituiti da faglie normali dirette NNE-SSW e WSW-ENE e da sistemi tardivi diretti E-W, anche di lunghezza chilometrica, i quali possono tagliare tutte le strutture descritte.

In tutti i diversi sistemi di faglie sono comuni fenomeni di riattivazione tardiva con movimenti di tipo normale, anche associati allo sviluppo di fibre di amianto s.l.

Le associazioni strutturali D4 sono geometricamente e cinematicamente congruenti con un raccorciamento regionale NE-SW, responsabile di un regime transpressivo destro attivo fino all’inizio del Miocene inferiore. Questo quadro cinematico sarebbe in accordo con il contesto geodinamico oligocenico-miocenico di questo settore della catena alpina, caratterizzato dalla tettonica transpressiva legata alla convergenza obliqua delle placche europea e adriatica. In particolare la zona Sestri-Voltaggio rappresenterebbe un sistema di svincolo destro di ordine minore, necessario ad accomodare la trascorrenza regionale sinistra del bordo meridionale della placca Adria (Crispini et al. 2009).

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Figura 4 - Modello strutturale di riferimento per le deformazioni duttili da Capponi et al., 1991

4.1 Gruppo di Voltri

Il Gruppo di Voltri ha subito una complessa storia deformativa e metamorfica; nell’ambito della quale si possono ricostruire cinque eventi plicativi sovrimposti:

• il più antico (pre-D1) consiste in pieghe sradicate correlabili agli stadi metamorfici di alta pressione;

• gli eventi plicativi principali (D1 e D2) sembrano coevi con l’evoluzione decompressiva che condusse alla riequilibratura del metamorfismo delle rocce alla facies scisti verdi. Le pieghe D1 e D2 sono di tipo isoclinale, con simmetria non cilindrica, con sviluppo di scistosità parallela al piano assiale; queste pieghe generarono la foliazione regionale, che è quella che è stata sistematicamente misurata in sito (giaciture riportate nell’ambito della carta geologica allegata).

• la fase deformativa D3 è caratterizzata da pieghe a “chevron” che risultano blande ed aperte, senza sviluppo di scistosità di piano assiale, ma con Spea – Ufficio Geologia 20 / 269

clivaggio di frattura. Gli assi di queste strutture immergono blandamente sia a WNW, sia a ESE.

• Le pieghe D4 sono aperte, hanno ampiezza fino a 10 km, presentano assi orizzontali ad andamento N-S e vergenza E-NE .

L’andamento delle scistosità principali (D1 e D2) all’interno del Gruppo di Voltri mostra una generale verticalizzazione nel settore orientale (ove si situa la zona di studio) che viene spiegata mediante una struttura (D4) est - vergente a scala chilometrica che coinvolge tutte le successioni presenti (Capponi, 1991) (Crispini, 1996).

In particolare studi recenti (Crispini e Capponi, 2001) attribuiscono lo sviluppo di questo Gruppo ad un regime di shear strain rotazionale.

L’osservazione dello schema strutturale sopra riportato consente di individuare i cinque eventi plicativi sovrimposti precedentemente descritti: il più antico (pre-D1) è riconoscibile solo localmente in pieghe sradicate; i successivi due (D1 e D2) sono rappresentati dalle pieghe isoclinali, ma solo raramente si riconoscono figure di interferenza tra le pieghe D1 e D2, in quanto spesso le pieghe D1 sono trasposte dalla scistosità associata a D2, in particolare la scistosità D1, la scistosità D2 e le foliazioni derivanti dalle precedenti deformazioni, compresa la superficie litologica non più distinguibile, generano un “fabric composito” (Capponi et al, 1994) che rappresenta la foliazione regionale principale che è stata cartografata.

La fase deformativa D3 è caratterizzata da pieghe “chevron” a scala metrica che ondulano le precedenti isoclinali.

La piega D4 è quella più evidente dello schema e cioè quella con asse orizzontale diretto N-S, aperta verso W.

Alle deformazioni duttili appena descritte, si sovrappongono numerose strutture fragili associate sia al sollevamento delle unità profonde, sia ai movimenti trascorrenti connessi alla vicina linea Sestri - Voltaggio. Le faglie risultano generalmente ben riconoscibili nell’ambito dei singoli affioramenti quando pongono a contatto litologie Spea – Ufficio Geologia 21 / 269

differenti, mentre la loro identificazione risulta particolarmente complessa se dislocano affioramenti appartenenti alle medesime formazioni, soprattutto nell’ambito delle serpentiniti.

4.2 Zona Sestri - Voltaggio

Questa zona comprende una fascia interpretata da tutti gli Autori come la sutura che mette a contatto il dominio alpino con quello appenninico. La sutura sarebbe stata carreggiata verso est durante le ultime fasi orogenetiche, in corrispondenza dell’inversione della vergenza alpina, mediante scorrimento lungo una superficie di scollamento crostale profonda. Alle fasi terminali dell’acme orogenetico si è sovrimposto il movimento rotatorio legato alla migrazione del blocco Sardo-Corso conseguente all’apertura dell’Oceano Ligure. Nella fascia di sutura si è manifestata una struttura complessa con componenti compressive e componenti trascorrenti destre sovrimposte in campo fragile.

Gli studi più recenti (Crispini, 1996; Crispini e Capponi, 2001) indicano che le Unità Tettonometamorfiche Gazzo - Isoverde e Cravasco - Voltaggio hanno avuto una storia deformativa comune. Le prime due fasi plicative si sono sviluppate in condizioni di facies metamorfiche a scisti verdi e sono caratterizzate da elevata deformazione di taglio. Tali piegamenti sono osservabili a tutte le scale e la scistosità di piano assiale costituisce la foliazione principale a scala regionale. Si tratta di pieghe fortemente non-cilindriche, con assi diretti NW-SE e E-W.

Alle prime due fasi segue un thrusting sviluppatosi al limite tra la facies metamorfica a scisti verdi e la facies pumphellite-actinolite. Il trasporto tettonico prevalente, desunto dalle miloniti, è diretto verso SSW.

La fase di thrust è deformata dalla terza fase di pieghe, sub-cilindriche, con assi orientati NE-SW e piani assiali immergenti a SE, sviluppatesi durante la fase di metamorfismo decompressivo a bassa pressione (associazioni albite + clorite + epidoto). Spea – Ufficio Geologia 22 / 269

Non sono attualmente noti elementi utilizzabili per definire le età delle fasi deformative, comunque viene ipotizzato dagli autori un intervallo temporale compreso tra il tardo Cretaceo e il tardo Eocene-Oligocene basale.

La quarta ed ultima fase plicativa mostra assenza di ricristallizzazione metamorfica; le pieghe di questa fase sono legate ai sistemi di thrust a vergenza ENE. Questi eventi tardivi causano il basculamento della foliazione regionale fino a farle raggiungere ripidi angoli di immersione nella maggior parte della Zona Sestri - Voltaggio.

L’Unità Figogna ha subito la medesima storia deformativa, ma le prime due fasi plicative si sono sviluppate in condizioni metamorfiche più basse (facies pumpellite- actinolite).

La giustapposizione delle tre unità della Zona Sestri - Voltaggio è avvenuta a differenti livelli strutturali. I contati milonitici tra le U.T. Gazzo - Isoverde e Cravasco - Voltaggio sono deformati da tutti e quattro gli eventi plicativi successivi (quindi appartengono ad una fase di thrust antecedente alle fasi plicative) mentre il contatto tra queste due unità e l’U.T. Figogna è posteriore alla seconda fase plicativa e può essere correlato all’evento di thrusting posteriore a queste due fasi, culminato con un trasporto tettonico verso SW. In tutte queste unità le lineazioni legate alle prime fasi metamorfiche sono riorientate dalle pieghe di terza e quarta fase.

Le macrostrutture della Zona Sestri - Voltaggio derivano dall’evoluzione delle prime tre fasi plicative e dalla dissezione causata dai più tardivi effetti dei due principali sistemi di faglie: faglie trascorrenti ripide a direzione N-S e faglie normali WSW-ENE. Durante le fasi di deformazione fragile vengono presumibilmente riattivati lineamenti precedenti. Tutte le faglie ad andamento N-S osservate, a partire dalla Linea Sestri - Voltaggio, hanno una persistenza notevole e una giacitura alquanto ripida verso E. Tra la val Chiaravagna e la Val Cassinelle si osservano numerosi lineamenti N-S che coinvolgono i termini dell’Unità Figogna: sono frequentemente vicarianti, con pattern anastomizzato, e coinvolgono duplex di basalto e serpentiniti. Questi litosomi si chiudono verso il basso per la convergenza dei piani di faglia delineando una struttura a fiore vera e propria. Spea – Ufficio Geologia 23 / 269

Alle trascorrenze N-S a carattere destrorso si associano faglie normali orientate NE- SW, talora con una certa componente trascorrente destra, e faglie orientate ENE- WSW con componente transtensiva sinistra. Al sistema di faglie normali NE-SW legate al sistema trascorrente della Zona Sestri - Voltaggio si sovrimpone il campo di fratturazione a direzione WSW-ENE, che interessa trasversalmente tutte le unità strutturali della Valle del Polcevera.

4.3 Dominio dei Flysch appenninici

Il Dominio dei Flysch Appenninici è caratterizzato dalla presenza di unità tettoniche che coinvolgono unità bacinali argillitiche e flyschoidi; interessa la valle del Torrente Polcevera e comprende una serie di Unità Tettoniche assai omogenee dal punto di vista litologico, con un grado di metamorfismo progressivamente decrescente procedendo da W verso E; le unità in sinistra idrografica del Torrente Polcevera sono considerabili non-metamorfiche.

Le unità, in apparenza molto omogenee dal punto di vista litologico e tessiturale, sono state in passato trattate come un unico insieme denominato “Argille a Palombini” o “Flysch di Busalla”. Studi recenti hanno contribuito a definire una migliore suddivisione delle unità che, sebbene difficoltosa sul campo, consente una migliore analisi della struttura geologica.

Più precisamente procedendo dal basso verso l’alto strutturale e da W verso E si susseguono le seguenti unità:

• Unità Tettonica Mignanego; • Unità Tettonica Montanesi; • Unità Tettonica Ronco; • Unità Tettonica Antola.

Queste unità si presentano impilate, occupano grossomodo fasce allungate in senso N-S lungo la Val Polcevera e sono separate da piani per lo più a basso angolo immergenti verso E, con vergenza dei thrust verso W. Spea – Ufficio Geologia 24 / 269

I thrust a basso angolo risultano tagliati e dislocati da faglie trascorrenti e normali, orientate tra E-W e ENE-WSW e dalle loro coniugate, caratteristiche del campo fragile e legate alle più recenti fasi deformative. Queste strutture tardive, generalmente sub-verticali, si manifestano mediante fasce cataclasate di ampiezza decametrica in quanto la presenza di litotipi plastici favorisce la diffusione delle deformazioni in volumi piuttosto ampi.

Data la scarsa quantità di affioramenti e l’impossibilità di seguire le strutture nel loro sviluppo planimetrico, la mappatura delle faglie è per lo più dovuta a considerazioni geometriche e a diffuse evidenze morfologiche

Nelle unità più basse la deformazione ha agito in buona parte in regime di anchimetamorfismo e frequentemente la giacitura media è dovuta ai fianchi di pieghe isoclinali. Data la paraconcordanza con le giaciture medie alcuni tratti dei sovrascorrimenti potrebbero essere in realtà superfici di scollamento e carreggiamento: sarebbe quindi più corretto usare il termine generico di thrust che non implica una “risalita” nella serie del blocco carreggiato.

Il seguente schema (derivato dal Progetto CARG, aggiornato con i risultati dal presente lavoro) sintetizza la suddivisione degli ammassi rocciosi nelle differenti unità Tettonometamorfiche e riporta l’andamento delle principali strutture di faglia. Spea – Ufficio Geologia 25 / 269

Figura 5 - Schema tettonico dell’area di studio (da Progetto CARG modificato) Spea – Ufficio Geologia 26 / 269

5. STRATIGRAFIA

Questo settore è stato recentemente oggetto di una dettagliata revisione cartografica in occasione della realizzazione del nuovo foglio CARG Genova alla scala 1:50000;, nelle descrizioni successive verranno adottate, sia la nuova suddivisione cartografica delle diverse unità, sia la terminologia classificativa (Capponi & Crispini, 2007). Più precisamente con il termine di “unità tettonometamorfica” si intenderà un volume roccioso caratterizzato da incompatibilità metamorfiche e strutturali rispetto ai volumi adiacenti, mentre il termine “unità tettonica“ verrà invece riservato alle unità di grado metamorfico da basso a molto basso.

5.1 Unità tettonometamorfiche Voltri e Palmaro-Caffarella

Nel presente lavoro si è ritenuto opportuno accorpare le successioni delle unità tettonometamorfiche Voltri e Palmaro Caffarella, infatti le loro litologie non possono essere distinte mediante osservazioni condotte ad occhio nudo, ma unicamente in microscopia ottica mediante analisi delle associazioni mineralogiche (cartografia CARG), tale distinzione non è però apparsa utile nei confronti delle finalità geologico - applicative.

I terreni ascrivibili a queste unità appartengono a successioni oceaniche metamorfiche, riconducibili ad un numero ridotto di termini litologici: calcescisti, quarzoscisti, metagabbri, metabasalti, prasiniti e serpentiniti.

Le serpentiniti sono considerate derivanti dal materiale peridotitico del mantello terrestre superiore, i metagabbri derivanti dalle sequenze intrusive gabbriche (strato 3 della crosta oceanica), i metabasalti dai basalti dello strato 2 oceanico, mentre i calcescisti e le quarziti sarebbero gli equivalenti metamorfici delle coperture sedimentarie della crosta oceanica (strato 1).

Nell’ambito della cartografia geologica sono stati distinti i litotipi in base alla loro composizione mineralogica, rilevabile in campagna, integrata da informazioni Spea – Ufficio Geologia 27 / 269

(riportate con apposito sovrassegno) relative ad elementi tessiturali e strutturali, che sono stati ritenuti propedeutici alla caratterizzazione geomeccanica degli ammassi.

Si osserva come sia presente una certa eterogeneità nella percentuale affiorante rispetto a quella interessata da coperture detritiche ed a quella sub-affiorante: la porzione con la minor quantità di affioramenti si trova ad Ovest (zona dei calcescisti), mentre spostandosi verso Est e Nord la quantità e la qualità degli affioramenti (grado di esposizione) tende ad aumentare (serpentiniti e peridotiti lherzolitiche).

Figura 6 – Successione dell’Unità Palmaro-Caffarella (da Note illustrative Foglio CARG)

Figura 7 – Successione dell’Unità Voltri (da Note illustrative Foglio CARG) Spea – Ufficio Geologia 28 / 269

Calcescisti (CS)

Con questo termine si indicano metasedimenti di varia composizione, in particolare si riconosce un’alternanza di scisti carbonatici più o meno filladici o marmorei e di scisti quarzoso micacei..

Dato che la differente percentuale tra i minerali costituenti (essenzialmente quarzo, carbonati e miche, ± clorite, ± cloritoide) determina la transizione calcescisti– micascisti e constatato che nell’ambito dell’area di studio si assiste a una variabilità continua di tale percentuale, si è scelto di cartografare i due litotipi (calcescisti e micascisti) in maniera distinta solo nelle porzioni affioranti e di considerarli in maniera indistinta nell’ambito delle zone di subaffioramento.

I calcescisti s.s. sono maggiormente rappresentati nelle valli del Torrente Cerusa e del Torrente Leira, mentre i micascisti si trovano prevalentemente nell’estremità occidentale dell’area (Val Vesima) ed in quella centrale (Rio Molinasse). Sono caratterizzati da una scistosità marcata, legata a diverse generazioni di deformazioni. La foliazione principale riportata in carta, definita da minerali in facies scisti verdi, ha allineato, oltre alla superficie litologica originaria, anche altre superfici tettoniche che non risultano più differenziabili (fabric composito, Capponi et alii, 1994). La foliazione principale risulta piegata più o meno blandamente dalle successive fasi deformative. Spea – Ufficio Geologia 29 / 269

Foto1: pieghe nella foliazione nei calcescisti

I Calcescisti sono talvolta associati a bande trasposte di metabasiti (di spessore decametrico) disposte parallelamente rispetto alla foliazione pervasiva principale.

metabasalti

Calcescisti

Foto 2: bande di metabasiti nei calcescisti

Nelle facies più carbonatiche la foliazione principale è marcata prevalentemente dall’alternanza tra livelli di carbonati ed altri maggiormente quarzosi con rari Spea – Ufficio Geologia 30 / 269

fillosilicati; nei micascisti la foliazione si esprime mediante l’alternanza di film millimetrici di fillosilicati (mica bianca) e di lithons millimetrici a quarzo prevalente.

Foto 3: lenti di quarzo

I calcescisti carbonatici appaiono di colore da marrone (superficie debolmente alterata) a grigio (frattura fresca), mentre se sono più profondamente alterati assumono colorazioni rossastre.

Gli scisti quarzoso micacei, invece, assumono delle tonalità più scure, con colorazioni solitamente da grigie chiare a grigie scure in frattura fresca; sono rocce che spesso si alterano, assumendo tonalità arancione - ocra e si disgregano fino a generare spesse coltri di disfacimento.

Il settore più orientale dell’area presenta micascisti intensamente foliati e particolarmente alterati; questa caratteristica, evidenziata in carta da un apposito sovrassegno, potrebbe derivare dall’assetto strutturale della zona che si colloca a ridosso della “linea” Sestri – Voltaggio, oppure da una diversa composizione mineralogica originaria.

Età ipotizzata dal CARG: Giurassico sup-Cretaceo sup

Denominazioni da CARG: Calcescisti della Val Branega (VGB) Calcescisti del Turchino (TUR) Spea – Ufficio Geologia 31 / 269

Quarzoscisti di S.Alberto (QPC)

Scisti quarzitici di colore chiaro (biancastro - verdastro), si presentano in lenti di spessore decametrico, ad andamento N-S, al contatto tra i calcescisti e le serpentiniti. Al loro interno è possibile riconoscere pieghe e scistosità legate a diverse generazioni di deformazioni (foto4).

I Quarzoscisti si trovano esclusivamente sul versante tra il Rio Molinasse ed il Santuario della Madonna del Gazzo; essi assumono in carta una forma lenticolare, di lunghezza pari a circa 1 km, intercettata dal sondaggio VB11 che ha consentito il prolungamento della lente verso N.

Foto 4: affioramento di quarzoscisti

Si osserva al loro interno un’alternanza composizionale parallela alla foliazione principale della roccia, che è deformata da pieghe aperte. Nei livelli a prevalente composizione quarzoso feldspatica, il quarzo, che può arrivare a costituire l’80% in volume, ha tessitura granoblastica, con tipici contatti a circa 120° tra i granuli. I granuli di calcite sono rari, costituiscono al massimo il 5 % della roccia; i fillosilicati e la clorite, anch’essi poco abbondanti, sono dispersi tra i granuli di quarzo e feldspato Spea – Ufficio Geologia 32 / 269

ma sono orientati parallelamente alla foliazione. Sono anche presenti minerali opachi.

Età ipotizzata dal CARG: Giurassico sup-Cretaceo sup

Metagabbri (MG)

I metagabbri si presentano in affioramento come molto compatti, resistenti e formano lenti di qualche centinaio di metri, distribuite all’interno sia dei Calcescisti, sia delle Serpentiniti. Sono stati distinti in affioramento due categorie di metagabbri: un tipo preserva minerali di paragenesi eclogitica, mentre l’altro mostra una spiccata retrocessione metamorfica in facies scisti verdi. Quando non è stato possibile definire a quale di queste categorie appartenessero alcuni metagabbri, li si è indicati con il termine litologico generico.

I metagabbri in facies eclogitica sono stati cartografati esclusivamente in località Torrazza, in prossimità del Viadotto autostradale Fagaggia; i metagabbri indistinti, invece, risultano prevalentemente concentrati nella parte centro-meridionale dell’area in esame, tra il Bric Fagaggia ed il Bric Castellaccio.

Foto 5: affioramento di metagabbri Spea – Ufficio Geologia 33 / 269

I Metagabbri in facies scisti verdi sono di colore verde e bianco in frattura fresca, in alterazione assumono colorazioni ocra. Hanno grana da medio a fine e struttura talvolta foliata. Tale foliazione è continua e marcata dall’alternanza tra livelli centimetrici a pirosseni ed anfiboli (retrocessi) ed altri a quarzo: spesso mostrano tessitura di tipo flaser. Questa roccia si presenta in affioramento come molto compatta e resistente. Estesi affioramenti di metagabbri di colore biancastro, con tessitura flaser e caratteristica mineralogia a smaragdite (anfibolo cromifero di colore verde smeraldo) pseudomorfa sui siti dell’originaria onfacite, si rinvengono in Val Varenna.

Nell’ambito dello studio relativo alla presenza di amianto naturale è stata evidenziata la presenza di scisti ad anfibolo della serie tremolite-actinolite e clorite, ± diopside, ± carbonato (abbreviazione: SAC), tipicamente collocati al contatto tra calcescisti e metabasiti, in livelli da centimetrici a decimetrici, che hanno subito eventi multipli di deformazione e ricristallizzazione in facies metamorfica degli scisti verdi. Nella carta geologica (GEO002-009) i principali orizzonti di SAC sono evidenziati con un colore specifico.

Si tratta di rocce marcatamente foliate, ricche in anfibolo (comunemente con habitus aghiforme) e clorite; generalmente alla macroscala si apprezza una evidente eterogeneità litologica. Gli scisti a clorite-tremolite probabilmente derivano da protoliti a composizione basica, che hanno subito eventi multipli di deformazione e ricristallizzazione nella facies metamorfica degli scisti verdi.

Età ipotizzata dal CARG: Dogger – Malm

Denominazioni da CARG: Metagabbri di Carpenara (MGP), Metagabbri del Bric Fagaggia (MFP), Metagabbri eclogitici della Colma (MGV), Metagabbri eclogitici del Prato del Gatto (MGP)

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Foto 6: affioramento di scisti a clorite-tremolite

Metabasiti (MB)

Sono riportate in carta con questo termine rocce derivate da originari basalti o gabbri per le quali non è stato possibile riconoscere il protolito in maniera continua. Solo a livello degli affioramenti, quando possibile, sono stati distinti i metabasalti. Questi si presentano sia compatti che scistosi a grana fine frequentemente a tessitura listata di spessore da millimetrico a centimetrico a prevalenti albite + epidoto e anfibolo + clorite.

Età ipotizzata dal CARG: Dogger - Malm

Denominazioni da CARG: Metagabbri di Carpenara (MGP), Metagabbri del Bric Fagaggia (MFP), Metagabbri eclogitici della Colma (MGV), Metagabbri eclogitici del Prato del Gatto (MGP)

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Foto 7: affioramento di metabasiti

Serpentiniti (S)

Sotto questa voce sono comprese serpentiniti e serpentinoscisti derivanti dal materiale peridotitico di derivazione mantellica superiore, che mantengono talvolta relitti della tessitura lherzolitica originaria. Si presentano di colore verde, da chiaro a scuro, in frattura fresca; quando alterate, invece, assumono colorazioni più arancioni- rossicce, talvolta marroni.

In affioramento si presentano con caratteristiche tessiturali e strutturali estremamente variabili in risposta alla deformazione subita.

Le diverse facies tessiturali osservate sono descritte di seguito.

Serpentiniti a tessitura massiccia: presentano un aspetto generalmente compatto, le foliazioni sono presenti ma prevale la componente massiva (foto 8). Passano gradualmente a Spea – Ufficio Geologia 36 / 269

Foto 8: affioramento di serpentiniti a tessitura massiccia

Serpentiniti a tessitura foliata (che rappresentano il tipo più diffuso), caratterizzate dallo sviluppo di clivaggi e/o scistosità evidenti, riferibili a diverse generazioni di deformazione.

Va sottolineato che le caratteristiche reologiche delle serpentiniti sono tali da far si che questo litotipo risponda in maniera pervasiva a quantità di deformazione anche modeste; per questo motivo, molti affioramenti sono caratterizzati da superfici di scistosità differenti, variamente compenetrate e con orientazione estremamente variabile. Un’analisi efficace della giacitura delle superfici di scistosità deve quindi normalmente essere condotta alla macroscala, piuttosto che alla mesoscala

Le serpentiniti da massicce a foliate sono accomunate da parametri di coesione e resistenza della roccia intatta relativamente elevati.

Queste due litofacies affiorano con continuità nell’intera parte centro-settentrionale dell’area (Val Varenna, Rio Condotti), mentre in quella occidentale (Val Vesima, Val Spea – Ufficio Geologia 37 / 269

Cerusa e Val Leira) formano lenti ettometriche trasposte, parallelizzate alla foliazione regionale.

In generale, la foliazione è prevalentemente marcata dall’isoorientazione del serpentino, del talco e dei minerali fibrosi.

Foto 9: affioramento di serpentiniti a tessitura foliata

Accanto a queste due litofacies, ve ne sono altre le cui caratteristiche sono ereditate da deformazioni tettoniche subite principalmente in un contesto post-metamorfico, a livelli crostali superficiali e in regime di deformazione essenzialmente fragile.

Tra queste, si riconoscono facies di Serpentiniti brecciate, affioranti in Val Branega e lungo una facia di estensione plurichilometrica che prosegue in direzione NNW verso il settore di Acquasanta Terme; si tratta di brecce di origine tettonica, a clasti serpentinitici eterometrici, con matrice solitamente ben cementata. Spea – Ufficio Geologia 38 / 269

Foto 10: affioramento di serpentiniti brecciate

Foto 11: dettaglio di affioramento in serpentiniti brecciate Spea – Ufficio Geologia 39 / 269

Facies di Serpentiniti a tessitura cataclastica sono state distinte nel settore più prossimo alla linea Sestri - Voltaggio, in corrispondenza della valle del Rio Cassinelle (zona di deformazione di Scarpino del Dominio Timone-Scarpino) e nel settore di Case Timone (zona di deformazione di Timone del Dominio Timone-Scarpino); sono caratterizzate da un intenso grado di fratturazione con presenza di tutte le facies tipiche delle zone di deformazione cataclastica, in particolare protobrecce, brecce cataclastiche, cataclasiti, ultracataclasiti e porzioni a gouge argilloso; le zone deformate possono avvolgere litoni da centimetrici a pluridecametrici poco deformati che, in virtù della loro maggiore resistenza meccanica, spesso sono gli unici elementi affioranti sui versanti impostati in queste fasce di deformazione. Le superfici di disgiunzione si presentano per lo più lisce, spesso con superfici di aspetto vetrificato.

Età ipotizzata dal CARG: Dogger - Malm

Denominazioni da CARG: Serpentiniti di S. Carlo di Cese (RLO), Serpentinoscisti antigoritici del (SNV)

Foto 12: affioramento in serpentiniti cataclasate Spea – Ufficio Geologia 40 / 269

Peridotiti lherzolitiche del Monte Tobbio (LHP)

Lherzoliti a(olivina, orto e clinopirosseno, spinello e plagioclasio. Sono presenti nella zona centro settentrionale della carta, mostrano diversi gradi di serpentinizzazione, passando gradualmente a serpentiniti con relitti più o meno preservati di tessiture mantelliche. Al loro interno sono localmente riconoscibili filoni e/o dicchi più o meno intensamente trasposti a composizione basaltica o gabbrica, quasi sempre interessati da processi di rodingitizzazione.

La distinzione tra peridotiti lherzolitiche ± serpentinizzate e serpentiniti a relitti di tessiture peridotitiche non è sempre di facile applicazione, poiché non si individua quasi mai un limite netto, essendo la transizione tra le due litofacies di natura graduale e complicata da probabili ripetizioni per piega, difficilmente riconoscibili. Con il termine di peridotiti lherzolitiche, si indica quindi un litotipo in cui la struttura granulare e la mineralogia originarie sono ancora riconoscibili in modo apprezzabile.

Età ipotizzata dal CARG: Dogger - Malm

Foto 13: affioramento di lherzoliti intersecato da un filone di metagabbri Spea – Ufficio Geologia 41 / 269

5.2 Unità Tettonometamorfica Gazzo-Isoverde

L’Unità Gazzo - Isoverde è costituita essenzialmente da un nucleo di dolomie di età norica (Dolomie del M.Gazzo), equivalenti alla Dolomia Principale del sud-alpino, al cui tetto sono conservati lembi di unità bacinali a sedimentazione mista carbonatica / silicoclastica (Serie Gallaneto - Lencisa e Meta - argilliti di Bessega).

La successione è strutturata secondo una culminazione antiforme con andamento N- S, con pieghe ad asse orientato NNE-SSW ed è interessata da estesi sistemi di tettonica fragile legati alla trascorrenza della Linea Sestri - Voltaggio.

Figura 8 – Successione dell’Unità Gazzo-Isoverde (da Carta Geologica della zona Sestri-Voltaggio – Cortesogno-Haccard 1985)

Dolomie del Monte Gazzo (MDG)

Dolomie e calcari dolomitici, da grigio chiaro a nerastri, ricristallizzati, spesso saccaroidi. Lo spessore degli strati è variabile, anche se mediamente si osservano strati di spessore da 60 cm a 2 m, si registra comunque la presenza di banchi spessi circa 10 m, costituiti da strati decimetrici rinsaldati. Sono frequenti le intercalazioni di Spea – Ufficio Geologia 42 / 269

metapeliti e calcari marnosi giallastri. La stratificazione non è sempre facilmente riconoscibile anche a causa dei disturbi tettonici. Verso l’alto stratigrafico sono presenti filoni sedimentari e brecce intraformazionali ad intraclasti dolomitici scuri fino a nerastri. Raramente sono conservate strutture sedimentarie (tappeti algali, oospariti, intramicrospariti e fossili). La porzione superiore della serie è costituita da dolomicriti nerastre e facies di breccia.

La parte centrale dell’ammasso dolomitico è interessata da pieghe isoclinali che si evidenziano solo mediante la composizione delle giaciture misurate, che risultano sempre molto ripide, con assi orientati NNE-SSW; è possibile individuare sistemi di faglie normali orientati NE-SW , faglie inverse NW-SE, faglie trascorrenti sinistre orientate ENE-WSW e sistemi di fratture orientati NE-SW e NW-SE. Il pattern strutturale fragile è coerente con un campo di stress legato a trascorrenza destra. I sistemi di fratture sono sede di frequenti fenomeni carsici, associati a condotti di dimensioni metriche, impostati all’intersezione delle fratture e particolarmente sviluppati nel settore centro-meridionale dell’ammasso. Il sistema carsico della Dolomia del Gazzo costituiva un significativo acquifero, che presumibilmente è stato modificato dalla perforazione del tunnel ferroviario Borzoli diretto al porto di Voltri. Tuttavia sul versante della Val Chiaravagna le sorgenti risultano ancora attive. Età ipotizzata dal CARG: Carnico sup. - Norico Spea – Ufficio Geologia 43 / 269

Foto 14: affioramento di Dolomie del Monte Gazzo

Gessi del Rio Riasso (GSR)

Si tratta di gessi saccaroidi associati a calcari vacuolari, brecce dolomitiche e anidriti, osservabili solo in alcuni limitatissimi affioramenti lungo il Rio Riasso e tra Cravasco e Isoverde.

Secondo le note illustrative del foglio CARG Genova risulta da fonti storiche che i gessi siano stati oggetto di coltivazione in sottosuolo nell'area tra Cravasco e il Passo della Bocchetta e che nel sottosuolo di Isoverde abbiano frequentemente causato problemi di instabilità a causa di fenomeni di dissoluzione. Le anidriti non sono note in superficie ma risulterebbero da alcuni carotaggi profondi. È probabile che le anidriti esposte in superficie si siano idratate in gesso, mentre in profondità esse si siano mantenute inalterate.

L'associazione di questi litotipi suggerisce un ambiente costiero di transizione, con locali emersioni. La posizione stratigrafica di questa formazione è ambigua: alla base della successione stratigrafica triassico-liassica per alcuni autori, al top delle dolomie e calcari dolomitici e al bottom dei Calcari di Gallaneto per altri. Al top delle dolomie e Spea – Ufficio Geologia 44 / 269

dei calcari dolomitici sarebbe stato riconosciuto un progressivo avvicinamento a condizioni evaporitiche, nell'evoluzione del bacino deposizionale. Le note illustrative del CAR propendono per questa seconda interpretazione.

Età ipotizzata nella cartografia CARG: Norico

Serie Gallaneto – Lencisa (SGL)

Le Formazioni dei Calcari di Lencisa (Sinemuriano - Pliensbachiano) e dei Calcari di Gallaneto (Norico - Hettangiano) sono state cartografate congiuntamente, poiché risultano difficilmente distinguibili, se non a valle di analisi del contenuto paleontologico. Affiorano sul fianco nord - orientale e sul fianco meridionale dell’Unità Tettonica Gazzo - Isoverde.

Calcari di Lencisa: metacalcari grigi, grigio-neri e nocciola, con intercalazioni di livelli metapelitici, liste e noduli di selce. La stratificazione è solitamente riconoscibile, anche se appare trasposta; mentre il clivaggio risulta più o meno evidente, a seconda dei litotipi considerati. Lo spessore degli strati varia da centimetrico a decimetrico.

Calcari di Gallaneto: metacalcari grigi più o meno micacei, alternati a scisti pelitici e marnosi; verso l'alto stratigrafico si rinvengono calcari cristallini puri. La stratificazione è generalmente ben riconoscibile, mentre lo sviluppo del clivaggio è poco pervasivo. Lo spessore degli strati varia da decimetrico a metrico.

Spea – Ufficio Geologia 45 / 269

Foto 15: affioramento di calcari

Metargilliti di Bessega (MBG)

Metargilliti scistose grigio-scure e nere, più o meno siltose, organizzate in strati di spessore da centimetrico a decimetrico, con intercalazioni di calcari cristallini in strati da millimetrici a centimetrici. A tale unità sono state attribuite anche facies chiaramente scistose, a basso tenore in carbonati, organizzate in strati centimetrici talora filladici di colore bruno-grigiastro, che affiorano in modo discontinuo in sinistra idrografica della Val Bianchetta. Questi litotipi presentano giacitura sostanzialmente conforme alle sottostanti unità carbonatiche, con immersione verso i quadranti orientali.

Le Metargilliti di Bessega sono interpretate come depositi bacinali distali, disposti al tetto della successione Norica.

Età ipotizzata dal CARG: Lias Sup. - Dogger Spea – Ufficio Geologia 46 / 269

5.3 Unità Tettonometamorfica Cravasco-Voltaggio

L’unità tettonometamorfica Cravasco-Voltaggio affiora in una porzione ridotta dell’area rilevata, poiché si chiude lateralmente procedendo verso S, restando compresa tra le unità tettonometamorfiche Figogna e Gazzo-Isoverde. Le linee strutturali che delimitano l’unità a tetto ed a letto si immergono verso ENE con una giacitura che delinea una struttura regionale del tipo a fiore, tipica di zone transpressive; in posizione intermedia tra le due si rileva il piano possibile di sovrascorrimento che porta a contatto gli Scisti Filladici di Larvego con le Serpentiniti di Case Bardane.

Figura 9 – Successione dell’Unità Cravasco-Voltaggio (da Carta Geologica della zona Sestri- Voltaggio – Cortesogno-Haccard 1985)

Scisti filladici del Monte Larvego (LRV)

Scisti filladici grigio verdastri fittamente laminati con spaziatura da millimetrica a centimetrica e superfici untuose al tatto di aspetto sericitico, che in alterazione prendono un color nocciola. Locali livelli di metasiltiti e metaareniti bruno scuro di Spea – Ufficio Geologia 47 / 269

spessore centimetrico e liste di silice microcristallina biancastra di spessore centimetrico. La scistosità principale descrive localmente pieghe da aperte a serrate.

Le filladi sono caratterizzate da diverse generazioni di scistosità, con fasce tettonizzate piuttosto ampie e gli affioramenti, a causa dell’alterazione, risultano di estensione molto limitata e di difficile correlazione.

Età ipotizzata dal CARG: Cretacico inf.

Foto 16: affioramento di Scisti

Calcari di Voltaggio (VOL)

La formazione dei calcari di Voltaggio, nota anche con il termine di "calcaires pointillés" (Cortesogno & Haccard, 1979), è costituita da calcari cristallini grigi, spesso a grana grossa, con livelli sottili ricchi in fillosilicati, che presentano almeno due scistosità sovrapposte (Marini, 1998). Generalmente questi litotipi presentano un’abbondante frazione quarzosa e micacea, indicante un’origine detritica.

Verso la parte basale della sequenza, al contatto con un orizzonte di diaspri, si possono incontrare alcuni metri di calcari cristallini bianchi, ricchi in quarzo microcristallino. Il limite stratigrafico inferiore è determinato dai diaspri o, in loro Spea – Ufficio Geologia 48 / 269

assenza, direttamente dall’unità basaltica di Cravasco; il limite stratigrafico superiore è rappresentato dal passaggio graduale agli scisti filladici.

L'ambiente di deposizione delle originarie sequenze calcareo-silicee e calcareo- marnose era presumibilmente di tipo pelagico. I calcari di Voltaggio presentano inoltre una spiccata analogia di facies con i calcari a Calpionella dell'Appennino settentrionale (Cortesogno & Haccard, 1984).

Età ipotizzata nella cartografia CARG: Malm? – Cretacico Inf.?

Metabasalti di Cravasco (CVS)

I metabasalti di Cravasco sono litotipi spesso foliati, con metamorfismo in facies scisti blu. Il protolite era rappresentato da basalti oceanici, anche a grana grossa, sia massicci che con tessitura a pillow, brecciate o a pillow-breccia. Affiorano fondamentalmente a nord dell’area di studio.

Età ipotizzata nella cartografia CARG: Malm?

Serpentiniti di Case Bardane (SPV)

Serpentiniti a crisotilo e antigorite, frequentemente a relitti mineralogici e tessiturali di lherzolite, spesso cataclastiche.

Le serpentiniti, di colore da verdastro a grigio-verde chiaro, hanno tessitura da scistosa e intensamente laminata, con sviluppo di piani di clivaggio pervasivi, a spaziatura submillimetrica, con superficie liscia o untuosa al tatto, fino a cataclastica e ultracataclastica (zona di deformazione tettonica di Timone).

Si riconoscono al loro interno pieghe disarmoniche a scala da centimetrica a plurimetrica, riferibili a pieghe di trascinamento di una foliazione preesistente, sviluppatesi nell’ambito della zona di taglio cataclastico. Le facies deformate (brecce, cataclasiti, ultracataclasiti e gouge) possono avvolgere lithons di forma amigdalare, meno deformati ma comunque intensamente fratturati e brecciati, da centimetrici a metrici. Localmente si osservano fasce brecciate con litoni allungati metrici o Spea – Ufficio Geologia 49 / 269

plurimetrici, circondati da zone di taglio cataclastico da decimetriche a metriche, percentualmente subordinate, che definiscono un pattern anastomosato.

Sono spesso presenti minerali asbestiformi visibili ad occhio nudo, concentrati lungo i piani di frattura o in vene estensionali.

Età ipotizzata dal CARG: Dogger - Malm

Foto 17: affioramento di Serpentiniti

5.4 Unità Tettonometamorfica Figogna

Include le formazioni degli Argilloscisti di Murta, Argilloscisti di Costagiutta, Metacalcari di Erzelli, Metasedimenti silicei della Madonna della Guardia, Metabasalti del M.Figogna e Serpentiniti del Bric dei Corvi (zona di deformazione di Scarpino).

La massa dei metabasalti appare relativamente indisturbata, procedendo da Borzoli fino al M. Figogna, mentre nel settore occidentale essa è interessata da numerose Spea – Ufficio Geologia 50 / 269

faglie transpressive a direzione N-S e con vergenza W, che delineano dei duplex della sequenza serpentiniti-metabasalti.

Queste strutture determinano lo sviluppo di tessiture cataclastiche, soprattutto entro le serpentiniti, che all’interno della sequenza serpentinite/basalto sembrano agire da orizzonte plastico, assorbendo la maggior parte della deformazione. A ridosso del limite occidentale dell’unità si osservano nuovamente scaglie dei termini bacinali sedimentari pinzate tra le metabasiti e le unità Cravasco-Voltaggio e Gazzo.

Nel Foglio Genova della Carta Geologica d’Italia l’unità Figogna è stata interpretata come una serie ofiolitifera rovescia (fianco rovescio di una piega plurichilometrica coricata) successivamente ripiegata a formare una struttura regionale sinforme, in cui i contatti tra le singole unità sono ripresi dalle fasi deformative più recenti e costituiscono superfici di scollamento principali, fino ad arrivare a un thrusting vero e proprio all’interno dell’unità tettonometamorfica.

Nell’ambito del presente studio è stata formulata un’ipotesi alternativa, che appare decisamente più coerente con le osservazioni di terreno.

Tutto il settore occidentale dell’unità Figogna ricade infatti all’interno del Dominio Timone-Scarpino, una potente fascia di deformazione tettonica, che arriva a comprendere le dolomie del Gazzo, ed è caratterizzata da due piani di deformazione cataclastica di estensione regionale, riferibili a un regime deformativo di tipo transpressivo (zona di deformazione di Timone, coincidente con le serpentiniti di Case Bardane e zona di deformazione di Scarpino, coincidente con le serpentiniti del Bric dei Corvi).

Sulla base della ricostruzione in affioramento e in sezione dell’andamento regionale di queste zone di taglio, appare verosimile che la presunta struttura a piega rovesciata sia in realtà una zona a scaglie dove la sequenza dei litotipi è ripetuta per sovrascorrimento in un contesto regionale transpressivo, come del resto già messo in evidenza dalle note illustrative del CARG. Spea – Ufficio Geologia 51 / 269

Non sono state infatti riscontrate evidenze, nell’area rilevata, di strutture plicative a grande scala; è difficile escludere del tutto l’interpretazione per piega, in assenza di affioramenti chiaramente interpretabili, tuttavia l’ipotesi di una zona di taglio cataclastico con raddoppiamenti dovuti a scaglie tettoniche plurichilometriche, avvolte da fasce di deformazione, appare ugualmente plausibile, in base alle geometrie osservate sul terreno e in sondaggio.

Questa seconda interpretazione è stata preferita nella sezione geologica anche perché decisamente più cautelativa a livello di previsioni delle condizioni geologiche e del rischio amianto esistenti a quota galleria.

Figura 10 – Successione dell’Unità Figogna (da Carta Geologica della zona Sestri-Voltaggio – Cortesogno-Haccard 1985)

Serpentiniti del Bric dei Corvi (SPF)

Serpentiniti a crisotilo e lizardite, a tessitura cataclastica con fenomeni di deformazione duttile legati a pieghe di trascinamento disarmoniche e a strutture di flusso cataclastico sviluppate attorno a nuclei rigidi (litoni) di relitti lherzolitici, serpentinitici o di oficalci. Sono localmente presenti filoni di metabasalti rodingitizzati.

Entro l’ammasso serpentinitico sono presenti metabasalti in filoni, incuneati lungo discontinuità strutturali spesso riprese dalle fasi tettoniche fragili successive. Le Spea – Ufficio Geologia 52 / 269

Serpentiniti del Bric dei Corvi sono distribuite sul fianco occidentale del M.Figogna, suddivise in più corpi stretti ed allungati in direzione N-S a definire una fascia di taglio cataclastico di potenza pluriettometrica, immergente verso E con inclinazioni medie comprese tra 45° e 65°.

I tre duplex più interni alla struttura presentano condizioni di fratturazione intensa, con lithons da decimetrici fino a metrici e piani di shear intensamente foliati di spessore da decimetrico a metrico con sviluppo di clivaggio pervasivo a spaziatura millimetrica, con superfici dei piani di clivaggio lucidate a specchio. Sulle facce dei lithons prismatici sono spesso presenti strie con cristallizzazioni allungate riferibili a crisotilo e più raramente a probabile epidoto. All’interno dei litosomi più compatti la fratturazione delinea lithons di maggiori dimensioni di forma prismatica; al crescere della deformazione le fratture aumentano di densità producendo lithons amigdalari di dimensioni progressivamente decrescenti; la tessitura tipica a brecce di lithons serpentinitici a spigoli vivi a pezzatura da centimetrica a decimetrica, con superfici generalmente untuose al tatto, immersi in matrice sabbioso-limosa (di derivazione cataclastica), con foliazione evidente, si riscontra a scala diversa, da millimetrica a decametrica. I duplex più occidentali presentano il maggior tasso di deformazione, e sono pressoché interamente foliati e cataclasati; i lineamenti principali sono contraddistinti da fasce di milonisi. Lungo l’asse centrale di questa struttura a duplex che coinvolge scaglie di basalto di delinea una fascia fortemente catclasata e foliata con miloniti che imballa al suo interno blocchi di relitti lherzolitici di dimensioni plurimetriche estremamente compatti, di forma sub - arrotondata a superfici lucidate (vetrificate) secondo numerose direzioni di stress connesse all’azione tettonica subita. Questi blocchi, con diametro da 3 a 15 m, se isolati dall’erosione presentano risalto morfologico e costituiscono una discontinuità litologica di rilievo all’interno della serpentinite cataclasata e foliata. Questa fascia, che rappresenta il settore di più forte disturbo tettonico, è caratterizzata da un nucleo di cataclasiti ampio circa 60 m.

I lineamenti tettonici principali sono associati a fasce di milonisi. Nelle facies cataclastiche, dove si riscontra la presenza di fratture tensionali, non è raro osservare minerali asbestoidi, solitamente con fibre lunghe 3-4 cm.

Età ipotizzata dal CARG: Dogger - Malm Spea – Ufficio Geologia 53 / 269

Foto 18: affioramento di Serpentiniti con Lithons decametrico e zone milonitizzate

Metabasalti del Monte Figogna (MBF)

Metabasalti massivi ed a cuscini, con orizzonti di brecce basaltiche a tessitura fluidale, più raramente in filoni massicci a tessitura doleritica. Localmente sono presenti metadioriti in filoni, di spessore da decimetrico a metrico, a tessitura granulare, con fenomeni di autoclastesi ai bordi. I metabasalti si presentano poco deformati; un accenno di scistosità è più evidente dove si osserva lo stiramento dei pillow, che raramente è accentuato.

Nella parte centrale del corpo di metabasalti si osservano brecce con matrice a tessitura fluidale pressoché non deformate, come evidenziato dalla vacuolarità primaria conservata. Presso la cresta sono osservabili facies ialoclastitiche vere e proprie.

Più a S, nella cava di Borzoli ubicata nella parte bassa in asse alla struttura, sono presenti orizzonti di oficalce, interessati da campi di fratture tensionali suturate da calcite. Spea – Ufficio Geologia 54 / 269

Nel settore orientale e centrale l’ammasso presenta sempre un discreto livello di fratturazione e le fratture sono generalmente rinsaldate e prive di riempimento. Nel settore occidentale, interessato da faglie, si riscontrano frequentemente condizioni di maggiore fratturazione, con presenza di riempimenti discontinui. In questo settore le facies a tessitura doleritica sono tuttavia marcatamente più massive, e si evidenziano lithons plurimetrici pressoché privi di fratture delineati da fasce a maggiore fratturazione con lithons decimetrici.

Età ipotizzata dal CARG: Malm

Foto 19: Metabasalti a pillow

Metasedimenti silicei della Madonna della Guardia (MHF)

Affiorano sempre in associazione con i basalti nella peculiare posizione stratigrafica che questi depositi conservano nelle successioni ofiolitifere. Possono essere rappresentati da scisti silicei, rossi o più raramente verdi e da ftaniti zonate con sporadici livelli radiolaritici, oppure da scisti quarzosi rosso–rosati, fittamente foliati e con giunti. Il loro spessore medio non supera di solito i pochi metri (Marini, 1998). Localmente sono intercalati con peliti grigie e possono presentare livelli inquinati da Spea – Ufficio Geologia 55 / 269

prodotti vulcanoclastici (zona ad ovest del M. Figogna; Cortesogno & Haccard, 1984). Essi differiscono dai diaspri appartenenti alle serie Liguridi, in quanto queste ultime mostrano caratteri marcatamente propri di radiolariti e selci.

Età ipotizzata nella cartografia CARG: Malm?

Metacalcari di Erzelli (ERZ)

Sono calcari microcristallini e finemente arenacei di spessore fino a pluridecimetrico, talora foliati, con giunti pelitici; in alcuni strati sono osservabili tracce di gradazione torbiditica (Marini, 1998). Questa formazione è stata definita anche come "calcareniti" (Cortesogno & Haccard, 1984), e "calcaires en bancs" (Haccard, 1976).

La formazione è costituita da una sequenza serrata di strati deformati di calcari grigi a patina d’alterazione bianco–cinerina; sono riferibili a calcari micritici, spesso impuri per una più o meno abbondante frazione terrigena silicoclastica (soprattutto argilla e quarzo detritico) e con giunti di emipelagiti argillose nere; nelle zone ove questi sono più importanti, gli strati calcarei si presentano spesso boudinati. Accentuati processi di ricristallizzazione sono evidenziati dalla presenza di strati foliati con livelli di fillosilicati concentrati nell'intervallo pelitico maggiormente marnoso.

Gli strati calcarei maggiormente arenacei conservano alla base evidenti laminazioni sedimentarie e mostrano le caratteristiche di originarie torbiditi; la non trascurabile componente terrigena torbiditica farebbe presumere ambienti di deposizione pericontinentali (Marini, 1998).

La potenza è stimata in poche decine di metri, non superando i 50-60 metri nelle zone di migliore affioramento (Est di Erselli; M. Figogna).

Età ipotizzata nella cartografia CARG: Malm? – Cretacico Inf.?

Argilloscisti di Costagiutta (AGI)

Alternanze di argilloscisti e di calcari cristallini, metapeliti scistose grigio-nerastre, più o meno siltose, metasiltiti e metaareniti in strati centimetrici. con intercalazioni di Spea – Ufficio Geologia 56 / 269

metacalcilutiti siltose più o meno marnose, di colore grigio o grigio-bruno in strati e banchi, più frequenti alla base della sequenza.

Lo spessore degli strati è generalmente centimetrico, ma nella parte alta della sequenza si osserva stratificazione più irregolare con stati decimetrici ed interstrati pelitici foliati. Sono frequenti noduli allungati e liste di quarzo microcristallino biancastro. Le giaciture individuate sono frequentemente la media di una stratificazione disturbata da serie di pieghe più o meno frammentate; la scistosità descrive pieghe ad “S” decimetriche e pieghe strizzate centimetriche.. Nella settore verso la Val Polcevera, la formazione mantiene una vergenza analoga alle altre unità riconosciute nella valle; in prossimità del contatto con i metabasalti del M.Figogna la vergenza delle giaciture si inverte, probabilmente a causa del trascinamento del thrust basale dei metabasalti. L’unità affiora diffusamente ad E della dorsale del M.Figogna e in misura minore sul lato occidentale della struttura, dove il limite tettonico inferiore è il contatto con le U.T.Gazzo e Cravasco-Voltaggio. Nel settore meridionale affiora soprattutto lungo il T. Chiaravagna ed è segnalata in scavi di fondazione e sondaggi.

Età ipotizzata dal CARG: Cretacico inf. Spea – Ufficio Geologia 57 / 269

Foto 20: affioramento di Argilloscisti di Costagiutta

Argilloscisti di Murta (AGF)

Alternanza di argilloscisti filladici grigio scuro e grigio argenteo, a patina sericitica, con intercalazioni di sottili straterelli calcarei di spessore centimetrico (1-2 cm), di metasiltiti e metaareniti fini di colore grigio chiaro, nocciola in alterazione, con laminazioni piano-parallele localmente convolute. Gli strati hanno generalmente spessore da centimetrico a decimetrico; sono presenti orizzonti con strati fino a 30 centimetri di argilliti e metasiltiti.

Il rapporto stratimetrico metaareniti / metapeliti è di 1 : 2. Le superfici di strato su roccia fresca sono normalmente lucide, con veli di sericite talcosa al tatto; presentano talvolta tracce di scivolamento ed aspetto vetrificato (fenomeni di dinamometamorfismo). Spea – Ufficio Geologia 58 / 269

Possono essere presenti noduli allungati e liste di quarzo microcristallino biancastro. I limiti con le Unità sovra e sottostanti sono di tipo tettonico. Al suo interno l’unità presenta giaciture vergenti ad E, presso il limite con il Flysch di Mignanego; spostandosi verso W le giaciture seguono l’andamento delle pieghe alla macroscala, ma sono raramente significative, poiché la stratificazione è disturbata da fitte sequenze di pieghe strizzate a piccolo raggio con assi orientati circa NNE-SSW.

L’unità mostra intensi fenomeni di alterazione, infatti l’orizzonte pedogenizzato può superare i 4 m di spessore, senza contare l’accumulo di detrito di versante. I processi pedogenetici conferiscono alle superfici sericitiche un tipico aspetto di color nocciola grigiastro chiaro.

Età ipotizzata dal CARG: Cretacico inf.

Foto 21: affioramento di Argilloscisti di Murta Spea – Ufficio Geologia 59 / 269

5.5 Unità Tettonica Mignanego

Include la sola Formazione di Mignanego, che affiora in lembi discontinui in destra idrografica del Torrente Polcevera. Il limite superiore (con la Formazione di Montanesi) è eroso e in parte coperto dalle alluvioni di fondovalle; il limite inferiore, con gli argilloscisti di Murta, è localmente visibile e si presenta come un contatto tettonico distribuito su più superfici di frizione entro le argilliti.

Formazione di Mignanego (MIG)

La formazione del Flysch di Mignanego è costituita da alternanze di arenarie calcaree grigio chiaro, nocciola in alterazione, a grana da media a medio - fine con laminazione da piano-parallela a convoluta (sequenze di Bouma), in strati da centimetrici a decimetrici, e di siltiti grigio nerastre sottilmente laminate in livelli decimetrici. Gli orizzonti arenacei conservano tracce di figure di erosione alla base.

Presenza di pieghe a piccolo raggio con asse parallelo ai piani di clivaggio. Il rapporto arenarie/siltiti è pari a 1:2.

Sulla base delle strutture sedimentarie in un affioramento presso il fondovalle è stata ipotizzata una giacitura rovescia, ma la scarsità e la bassa qualità degli affioramenti non hanno consentito una verifica di questa possibile struttura.

Nella parte a quota più elevata si osservano soprattutto pieghe asimmetriche a vergenza occidentale, a scala decimetrica, che fanno ipotizzare il proseguimento dello stile strutturale individuato in sinistra idrografica della Val Polcevera.

Età ipotizzata dal CARG: Cretacico sup. Spea – Ufficio Geologia 60 / 269

Foto 22: Formazione di Mignanego

5.6 Unità Tettonica Montanesi

Include la sola Formazione di Montanesi, affiorante in sinistra idrografica del Torrente Polcevera, a partire dal fondovalle fino al contato tettonico con l’Unità Tettonica Ronco. Il limite superiore non è mai direttamente osservabile ma si assiste ad un progressivo incremento del grado di disturbo tettonico (scompaginazione degli strati e clastesi). Il limite inferiore, anch’esso tettonico, non è visibile poiché coperto dalle alluvioni di fondovalle.

Formazione di Montanesi (MTE)

Argilliti e argilliti siltose fittamente laminate, di colore da grigio nerastro a nero, solo raramente policrome, nocciola in alterazione; superfici di laminazione planari da lisce a molto lisce, leggermente alterate con patine argillose, localmente riempite. Talora si rinvengono intercalazioni di arenarie quarzose fini laminate, grigie, nocciola in Spea – Ufficio Geologia 61 / 269

alterazione, in straterelli da millimetrici a decimetrici. Il rapporto arenaria/pelite è mediamente pari a 1:10. Sono presenti numerose vene di quarzo di spessore centimetrico.

Le superfici di laminazione risultano lisce, con ossidazione superficiale e sviluppo di patine limoso - argillose.

La stratificazione raramente appare poco disturbata e dove questo si verifica le giaciture sono vergenti mediamente verso E. Localmente si osserva una pseudo stratificazione indotta da pieghe isoclinali strizzate a piccolo raggio con interruzione della continuità degli strati arenacei, sempre con immersione verso i quadranti orientali e vergenza mediamente verso W; tali strutture potrebbero essere indotte da fenomeni di trascinamento legati a piani di thrust sub - paralleli alla stratificazione. La foliazione suddivide l’ammasso in lithons di aspetto scaglioso, che sono interessati da fenomeni di pedogenesi fino a 5-6 m di profondità.

Età ipotizzata dal CARG: Cretacico sup.

Foto 23: Formazione di Montanesi Spea – Ufficio Geologia 62 / 269

5.7 Unità Tettonica Ronco

Include la sola Formazione di Ronco. Il litosoma, delimitato da contatti tettonici (thrust) a tetto ed a letto, ha geometria complessivamente tabulare con immersione verso E; secondo alcuni modelli (Ellero, 2000) costituirebbe il nucleo di una grande piega isoclinale laminata.. Le giaciture, mediamente orientate verso E, paiono maggiormente disturbate in una fascia centrale tra la cresta e il fondovalle a partire da Fregoso verso S. Si evidenziano pieghe di ampiezza compresa tra decine e centinaia di metri, con assi orientati grossomodo NE-SW e orizzonti fortemente disturbati da pieghe metriche e decimetriche. Oltre alle pieghe ad ampio raggio, si osservano in vicinanza di faglie e del thrust dell’Unità Antola pieghe strizzate, generalmente con nucleo siltitico od argillitico.

Formazione di Ronco (ROC)

Torbiditi costituite da areniti fini grigiastre, a laminazione piano-parallela, localmente convoluta, siltiti marnose e argilliti, in strati da centimetrici a decimetrici con interstrati siltitici di spessore da millimetrico a centimetrico. Verso il tetto sono presenti strati di 70-80 cm di spessore. La stratificazione è sempre piano-parallela a scala dell’affioramento.

L’unità non presenta tracce significative di metamorfismo ed il contenuto paleontologico è limitato a nannoplancton calcareo (mal conservato), che fornisce indizi di età compresa tra il Santoniano superiore e il Campaniano inferiore. A causa delle estese coperture la Formazione di Ronco affiora diffusamente ma per piccole estensioni. I disturbi sono maggiori nella porzione medio - bassa dell’unità, dove il rapporto tra gli stati arenitici e le intercalazioni pelitiche può oscillare tra 1:1 ed 1:2. Nella parte medio - alta della formazione, caratterizzata da strati decisamente più massicci con interstrati pelitici sottili, i disturbi sono meno evidenti e la clastesi è concentrata in fasce più ristrette.

In questa unità non sono state osservate sorgenti significative o particolari evidenze relative alla presenza di acqua nell’ammasso. Spea – Ufficio Geologia 63 / 269

I sondaggi effettuati lungo il tracciato (MB4, MB7, MB9, MB11, MB23, MB26 e MB28) evidenziano la presenza di orizzonti di brecce a clasti da spigolosi a subarrotondati immersi in matrice pelitico-argillitica con strutture fluidali. I clasti sono talora intrabacinali – potrebbero indicare un’origine da depositi di debris-flow, non segnalati in bibliografia all’interno dell’unità Ronco - ma più frequentemente sono presenti arenarie litificate, che hanno subito clastesi e ricristallizzazione di quarzo prima del coinvolgimento nella breccia – che portano a considerarle un’origine puramente tettonica.

La presenza di tali brecce non è mai stata riscontrata nel rilevamento di superficie, quindi non è riportata nella planimetria geologica. Nei profili, invece, sono stati indicati i vari livelli con un soprassegno; Occorre sottolineare, comunque che dove in profilo sono indicati gli spessori maggiori, si ha in realtà una fitta successione di pacchi di brecce alternati a pacchi di strati arenacei non tettonizzati. Gli spessori, inoltre, sono sovente solo apparenti in quanto risentono fortemente dell’inclinazione localmente molto elevata (fino a sub verticale) della stratificazione.

Questi orizzonti di brecce potrebbero essere legati a livelli tettonizzati, convolti nella deformazione plicativa. La possibilità di estendere lateralemente l’informazione puntuale dei sondaggi risulta fortemente aleatoria, in quanto i dati geometrici disponibili sono ben lontani dal consentire un quadro interpretativo univoco con sufficienti punti fissi. Nel settore meridionale, tra Il Viadotto Morandi e Piani di Fregoso (sondaggi MB4, MB7, MB9 e MB11) i piani individuati dalle brecce potrebbero costituire orizzonti tettonici più continui, di cui è stata ipotizzata in carta l’intersezione con la superficie topografica.

Un ulteriore dato emerso dai sondaggi, che ha consentito di suffragare osservazioni considerate dubbie in affioramento, è la ripetizione di porzioni di Formazione di Ronco isolate dal litosoma principale dell’unità, e distribuite in corpi allungati sul versante E della Val Polcevera, con orientamento NNE-SSW. Si ripete così un motivo già parzialmente evidenziato verso S, in cui un nucleo di Formazione di Ronco è coinvolto in una struttura a piega sinclinale del contatto con la sottostante Unità di Montanesi e successivamente il lato di monte evolve in una faglia normale, in campo fragile, che ribassa il nucleo di Ronco: l’unità in questo modo affiora così Spea – Ufficio Geologia 64 / 269

fino al fondovalle ed è stata identificata anche sotto la copertura alluvionale. Nella porzione più settentrionale dell’area l’unità affiora anche in destra idrografica del T. Secca, dato cartografico che non era stato evidenziato in passato, e la sua presenza si accorda con il modello interpretativo sopra descritto.

Età ipotizzata dal CARG: Santoniano sup. – Campaniano inf..

Foto 24: Formazione di Ronco

5.8 Unità Tettonica Antola

L’Unità di Antola si trova al tetto dell’edificio a falde affiorante nell’area in esame ed è interpretata come espressione del bacino oceanico ligure - piemontese e della sua transizione al margine continentale della placca Adria. La corrispondenza di sequenza e di intervalli biostratigrafici documentati consente di correlare l’unità a quella del Flysch ad elmintoidi (Unità di M.Cassio), affiorante nell’Appennino settentrionale esterno, suggerendo che l’unità del M. Antola sia collocabile tra le successioni flyschoidi del bacino ligure esterno. Questa correlazione implica che per raggiungere l’attuale livello strutturale al tetto della catena nord-appenninica l’Unità di Antola deve aver subito una antica fase tettonica Europa - vergente. Spea – Ufficio Geologia 65 / 269

Nell’area rilevata l’Unità di Antola è presente con una formazione del complesso basale (Argillite di Montoggio) e con i depositi torbiditici carbonatici intermedi che costituiscono la Formazione di Antola s.s. Le giaciture sono mediamente vergenti verso i quadranti orientali, più ripide nel settore meridionale rilevato (30°-70°) e meno inclinate da Fregoso verso N (10°-30°).

Argillite di Montoggio (MGG)

Argilloscisti da grigio argenteo a grigio nerastro, privi di carbonati, in strati da centimetrici a decimetrici, con intercalazioni di arenarie fini e arenarie fini calcaree torbiditiche, in strati planari da centimetrici a decimetrici, talora debolmente rinsaldati; al tetto sono dominanti orizzonti di argilliti policrome laminate. In sondaggio questi orizzonti sono frequentemente ammorbiditi ove si trovino in corrispondenza di rilasci o di settori fratturati della Formazione di Antola, quindi soggetti a percolazione profonda di acqua. Nel sondaggio MS1, in località Armoglietti, la presenza di fratture all’interno della Formazione di Monte Antola, consente infiltrazione di acqua per tutto il tratto costituito da calcari e quindi le sottostanti Argiliti di Montoggio subiscono fenomeni di rammollimento molto spinti.

Questa unità è presente in modo discontinuo ma diffuso alla base della Formazione di Antola, e costituisce corpi lenticolari rimasti legati all’hanging wall del sovrascorrimento della Formazione di Antola sulle unità sottostanti. Il thrust basale si presenta con un’inclinazione a basso angolo verso i quadranti orientali che tende a verticalizzarsi verso S (risulta anche piegato a W di Granarolo per probabile interferenza con il sistema strutturale orientato WNW-ESE). L’Argillite di Montoggio ha costituito l’orizzonte di scollamento per l’unità soprastante; per questo motivo gli affioramenti oltre che essere discontinui si presentano fortemente tettonizzati. Le argilliti sono attraversate da numerose famiglie di fratture che delineano lithons molto allungati e gli intervalli silicoclastici sono frammentati con scarsa continuità (area S.Benigno).

Verso N si osservano intercalazioni di livelletti arenacei con sottili interstrati pelitici non eccessivamente deformati. È comunque sempre evidente una certa discordanza angolare tra le due formazioni. Spea – Ufficio Geologia 66 / 269

Età ipotizzata dal CARG: Campaniano

Foto 25: Formazione di Montoggio

Formazione del Monte Antola (FAN)

Sequenze di torbiditi carbonatiche, in prevalenza calcareo - marnose, talvolta siltose, con orizzonti fini prevalentemente marnosi: calcareniti e calcareniti marnose grigio chiare, biancastre in alterazione, marne e marne calcaree in strati planari, da decimetrici fino a plurimetrici, intercalati da strati marnosi e siltitici ed in misura minore argillitici, in strati da centimetrici a decimetrici. Rapporto calcareniti/siltiti >>1.

Negli orizzonti calcareo - marnosi più massivi il disturbo tettonico rende di difficile lettura la stratificazione, usualmente ben evidente. Il comportamento rigido degli orizzonti calcarei è manifesto nelle aree di cerniera, dove sono frequenti fratture radiali, quasi sempre suturate da calcite. Gli orizzonti calcarei basali immediatamente soprastanti alla Formazione delle Argilliti di Montoggio, sono estremamente competenti e mostrano buon rilievo morfologico (es. tra Fregoso e Begato, alta Val Torbella), poiché le pareti sono ringiovanite da crolli innescati dalla presenza di un Spea – Ufficio Geologia 67 / 269

substrato tendenzialmente plastico (Argillite di Montoggio). Le falde di detrito generate in queste condizioni possono superare lo spessore verticale di 25 m.

Nel settore più orientale, in val Bisagno a monte di Staglieno, i sistemi di pieghe a mesoscala sono più sviluppati, grazie anche alla presenza di orizzonti a stratificazione da sottile a media.

La parte bassa della Formazione è localmente sede di risorgenze diffuse, quasi sempre sepolte entro il detrito di falda. Risorgenze effimere sono presenti anche in concomitanza di faglie a basso angolo; le faglie inverse, in unità di questo tipo, costituiscono normalmente acquicludo che sorreggono piccole falde temporanee, tuttavia la fratturazione fragile in regime distensivo, legata alle fasi neotettoniche soprattutto verso costa, determina l’impossibilità che queste falde temporanee possano dare sorgenti di carattere più continuo. Dove non direttamente interessati da disturbi tettonici gli ammassi rocciosi si presentano in buone condizioni.

Età ipotizzata dal CARG: Campaniano sup.

Foto 26: Formazione di Antola Spea – Ufficio Geologia 68 / 269

5.9 Depositi Tardo e Post-orogenici

Brecce (B)

Le Brecce si collocano nella zona occidentale dell’area di rilevamento, lungo una fascia di circa 800 m di larghezza, disposta NW-SE tra Prà Palmaro e la Val Branega e delimitata lateralmente da faglie.

Le brecce sono principalmente a supporto clastico, risultano spesso costituite da elementi poligenici, mal selezionati, di dimensioni da millimetriche a plurimetriche, con bordi da spigolosi a sub-arrotondati, immersi in matrice, in percentuali variabili da 10% a 40%, ed in minor misura da cemento calcitico. La disposizione dei clasti è disomogenea e non sono presenti strutture; localmente sono riconoscibili su scala metrica dei blandi allineamenti di clasti.

La composizione dei clasti è fortemente controllata dalla natura litologica del substrato presente nelle immediate vicinanze. E’ possibile suddividere le brecce in tre categorie in base alla natura degli elementi costitutivi:

• Brecce a serpentinite: brecce monogeniche, con clasti di serpentinite e raramente di peridotite, di dimensione da millimetriche a 40-50 cm, con forma da irregolare a sub-arrotondata e bordi spigolosi; raramente presentano una foliazione interna. Supporto da clastico a matrice composta da cemento calcitico, materiale arenaceo e microgranuli di serpentinite. Non sono presenti strutture. Questa tipologia di breccia affiora in Val Branega, a contatto con serpentiniti e peridotiti.

• Brecce a calcescisti e a micascisti: brecce monogeniche e poligeniche, con clasti di micascisti, calcescisti e in minor numero quarziti. I clasti hanno dimensioni che variano da pochi millimetri a 25-30 cm, forma squadrata o tabulare e bordi netti; presentano foliazione interna. Supporto da clastico a matrice, con matrice composta in ugual misura da cemento calcitico e da materiale arenaceo. Solo in pochi casi i clasti sono ben allineati, mostrando anche continuità tra le foliazioni evidenziabili al loro interno. Questa tipologia di breccia affiora principalmente a nella parte sud (zona Prà Palmaro), a contatto con calcescisti e micascisti.

• Brecce poligeniche s.s.: brecce con clasti di: a) 50%-60% calcescisto e micascisto, con dimensioni da pochi millimetri a 2-3 m, forma squadrata, bordi angolosi e fittamente foliati; b) 30%-40% serpentinite, con dimensioni da sub- millimetriche fino a 15-20 cm, forma sub-arrotondata, bordi spigolosi e raramente foliati; c) 5%-10% quarzite e quarzo, con dimensioni da sub- Spea – Ufficio Geologia 69 / 269

millimetriche a 4-5 cm, con forma da irregolare a sub-arrotondata e bordi spigolosi. Il supporto è prevalentemente clastico, con matrice composta da cemento calcitico, materiale arenaceo e materiale serpentinitico. La disposizione dei clasti è casuale e non si riconoscono strutture. Questa tipologia di breccia occupa una fascia centrale intermedia tra le due precedenti tipologie.

Foto 27: affioramento di brecce conglomerati che

Le brecce sono di origine ora fluviali, ora di versante e sono attribuite dalla Carta CARG alla Formazione delle Brecce di Costra Cravara.

L’analisi della stratigrafia del sondaggio SGG 6, unitamente alle osservazioni di terreno condotte nella zona, in particolare lungo una sezione che attraversa il contatto tra le brecce e il substrato serpentinitico (a Nord di Case Covo), hanno mostrato che esistono due tipi di brecce: i) brecce sedimentarie presumibilmente quaternarie e ii) brecce tettoniche.

Le brecce sedimentarie, non proiettabili a quota tunnel, sono costituite da elementi e ciottoli di metabasalti listati in facies scisti blu, con locali megablocchi di quarziti e quarzo-micascisti (che ricordano il “Cristallino di Valosio”), mentre avvicinandosi al contatto con il substrato metamorfico si osserva un graduale aumento dei clasti di serpentiniti derivate dal substrato al quale passano stratigraficamente; le brecce tettoniche, che nella sezione geologica sono state proiettate al piano di progetto, rappresentano il substrato geometrico delle brecce quaternarie sopra descritte. Spea – Ufficio Geologia 70 / 269

Foto 28 – Brecce di origine sedimentaria ad elementi di metabasiti foliate. (Rif. int. ST_P1000245)

Queste osservazioni hanno consentito di ipotizzare che il corpo di brecce attribuito alle “Brecce di Costa Cravara” rappresenti invece il riempimento di una paleovalle di presunta età quaternaria.

5.10 Depositi Post-messiniani

Il Messiniano rappresenta una cesura di primaria importanza dal punto di vista dell’evoluzione fisiografica del territorio, poiché l’abbassamento drastico del livello base dell’erosione in un certo senso ha “congelato”, con il repentino approfondimento, il reticolato idrografico esistente. Le principali strutture vallive e le dorsali montuose si delineano quindi in modo già simile all’attuale. Nel contesto delle unità recenti questo dato è significativo poiché tutti i depositi posteriori suturano una paleogeografia continentale complessa e morfologicamente matura, in cui gli assi vallivi corrispondono generalmente a quelli attuali e su cui la sedimentazione è funzione del tasso di sollevamento della catena e delle variazioni eustatiche del livello del mare. Si assiste quindi a eventi polifasici di erosione e deposizione all’interno delle valli. Spea – Ufficio Geologia 71 / 269

Depositi Pliocenici marini e continentali - Argille di Ortovero

Nell’area rilevata la linea di costa si presentava frastagliata, con valli in cui sfociavano i corsi d’acqua. L’ambiente prossimale ad una costa ripida sviluppata ai margini di una catena in sollevamento è quindi caratterizzato da depositi fini schiettamente marini e da depositi grossolani derivati sia dagli apparati deltizi che dal detrito di versante della costa alta.

La Formazione delle Argille di Ortovero è l’espressione sedimentaria degli eventi deposizionali verificatisi durante il Pliocene.

Si tratta di argille marnose, limi e sabbie fini, di colore da grigio cinereo a grigio- azzurro, oppure giallastro; disposte in strati da centimetrici a decimetrici. Al contatto con il substrato lapideo è sempre presente un orizzonte basale di 2-5 m di spessore contenente ciottoli e blocchi, talora spigolosi, derivati dai versanti soprastanti; in corrispondenza degli sbocchi vallivi questi depositi basali grossolani aumentano significativamente di spessore, costituendo veri e propri coni di deiezione interni al bacino.

Nella Valle del Polcevera, che costituiva sostanzialmente un fiordo, questi depositi grossolani di versante e di colata sono sostituiti dai depositi ghiaioso-sabbiosi del Polcevera, deposti in ambiente prossimale o paralico e successivamente suturati dalle argille limoso-sabbiose.

La geometria dei depositi segue l’andamento del substrato, colmando depressioni strutturali sub-parallele alla linea di costa e guidate da lineamenti diretti ENE-WSW. Gli affioramenti sono assai ridotti, ma la loro estensione, ipotizzata su base morfologica e sulla base delle caratteristiche dei suoli, è stata localmente verificata mediante i dati geognostici.

Le Argille di Ortovero affiorano in lembi isolati nei pressi della linea di costa ligure, spesso come riempimento di fosse tettoniche plioceniche (graben); si ritrovano in buona parte della Riviera di Ponente e nel centro di Genova, che attraversano per diversi chilometri in direzione est-ovest. In ragione della loro posizione stratigrafica, Spea – Ufficio Geologia 72 / 269

hanno spessori estremamente variabili e comunque di difficile valutazione: dai pochi metri dei lembi esterni alle fosse, agli oltre 200 metri ritrovati nei sondaggi del capoluogo ligure.

L’unità non affiora nell’area in esame ma la sua presenza al di sotto dei depositi alluvionali del Torrente Polcevera è stata localmente verificata con i dati dei sondaggi disponibili. Al disotto delle alluvioni del T. Polcevera le Argille di Ortovero suturano i depositi grossolani di un paleoalveo del fiume, di età riferibile al Pliocene inferiore. Entro questi depositi grossolani si è instaurato un acquifero semi-confinato.

Il contenuto micropaleontologico descritto in letteratura comprende foraminiferi planctonici, bentonici, diatomee e nannoplancton calcareo.

Età ipotizzata dal CARG: Zancleano inf.

5.11 Depositi quaternari continentali

L’area rilevata presenta caratteristiche differenti a seconda delle litologie che costituiscono il substrato. Non essendo mai stata soggetta a glaciazioni, i meccanismi evolutivi predominanti sono guidati dalla pedogenesi, dalla gravità e dalle acque superficiali.

Depositi di versante

Hanno caratteri differenti a seconda della litologia del substrato:

• In generale metabasalti, lherzoliti e serpentiniti sono caratterizzati da coltri di detrito di versante di spessore esiguo, con affioramenti frequenti e di buon rilievo morfologico;

• serpentiniti tettonizzate, calcescisti e metagabbri sono invece marcatamente soggetti ai fenomeni pedogenetici; spesso in affioramento si osserva l’orizzonte C del suolo - denudato dall’erosione - in cui si riconoscono ancora i principali aspetti tessiturali (foliazione, pieghe) e il litotipo è argillificato. In queste condizioni sulle parti basse dei versanti si accumulano depositi medio - fini con spessori anche superiori ai 3-4 m.

• I litotipi argillitici e flyschoidi della Val Polcevera sono anch’essi molto sensibili alla pedogenesi ed in tutta l’area l’orizzonte di decarbonatazione si spinge fino Spea – Ufficio Geologia 73 / 269

a 3-4 m di profondità entro il substrato ad eccezione delle aree di cresta, maggiormente soggette all’erosione, dove è possibile individuare affioramenti più estesi; la parte bassa dei versanti presenta coperture di detrito di versante (tipicamente un diamicton a supporto di matrice limoso – sabbioso - argillosa) che superano generalmente i 3 m di spessore.

• Nel settore più orientale la Formazione di Antola è sorgente di ampie falde detritiche a blocchi, conseguenti alle caratteristiche litologiche di questa formazione. In questo settore sono stati individuati probabili livelli di fondovalle fossili con spessori di detrito di versante, proveniente dalla Formazione di Ronco e dalla soprastante Formazione di Antola, superiori ai 20 metri. Questi depositi sono sicuramente pre-quaternari, ascrivibili ipoteticamente al Pliocene in base a considerazioni di tipo geometrico. Il sondaggio MS1, in località Armoglietti, conferma questo modello interpretativo, in cui la Formazione di Monte Antola, molto competente, subisce imponenti rilasci per espansione laterale; i grandi sistemi di fratturazione consentono infiltrazione di acqua, con conseguente pedogenesi e corrosione carsica dalla superficie fino a profondità superiori ai 20 m. Le sottostanti Argiliti di Montoggio subiscono quindi fenomeni di rammollimento anche molto spinti, perdendo ulteriore consistenza e favorendo ancor più la frammentazione dei soprastanti orizzonti competenti, che vanno così a formare estesi macereti di blocchi fino a molti metri di diametro con matrice derivante dall’alterazione dei calcari marnosi.

In alcuni versanti interni, come in alta Val Cassinelle, si osservano depositi di versante spessi alcuni metri costituiti da ghiaie a clasti spigolosi moderatamente selezionati, supporto clastico e scarsa matrice sabbiosa: si tratta di depositi tipo greze litées, tipici di ambiente freddo e secco, legati con buona probabilità all’ultima fase di deterioramento climatico.

Accumuli di frana

Nell’area rilevata è stato individuati un numero relativamente esiguo di depositi di frana. Il più vasto ed evidente, ubicato di fronte a Begato, è legato ad una riattivazione di un movimento franoso all’interno di depositi di frana più antichi, costituiti essenzialmente da blocchi di Formazione di Antola con matrice limoso - argillosa con sabbia. Si tratta di un corpo pellicolare, di spessore ridotto, evidente soprattutto per la dimensione dei blocchi.

Sulle successioni flyschoidi della Val Polcevera i depositi di frana sono generalmente impostati nei depositi di versante a granulometria più fine. Si attivano come colate, ma perdono rapidamente evidenza morfologica a causa della densa vegetazione. Spea – Ufficio Geologia 74 / 269

Anche sulla dorsale del M.Figogna modesti corpi franosi interessano il detrito di versante, solitamente ciottoloso con scarsa matrice limoso sabbiosa.

Depositi di frana di dimensioni decisamente più consistenti si sviluppano invece sulle facies serpentinitiche brecciate del Gruppo di Voltri.

Depositi alluvionali

Sono costituiti principalmente da ghiaie medie e grossolane a matrice sabbiosa e da ghiaie e sabbie limose.

I torrenti minori dell’area, sia tributari del Polcevera (che è il principale corso d’acqua dell’area e quello in cui i depositi alluvionali sono più sviluppati), sia sfocianti direttamente in mare, presentano sempre materassi alluvionali costituiti da ghiaie sabbiose, il loro spessore appare inferiore a 1 m nelle aste montane e si incrementa rapidamente allo sbocco della stretta fascia costiera.

Nei corsi d’acqua che sfociano direttamente in mare sono talora presenti lembi di depositi alluvionali ghiaiosi e sabbiosi cementati, con spessore fino ad 1-1,5 m, e nuovamente erosi fino al substrato roccioso. Si tratta di depositi di entità ridotta che hanno riempito i corsi d’acqua già delineati come gli attuali. Il livello di cementazione della matrice è buono e la consistenza è semilapidea. Poiché le fasi di cementazione dei depositi continentali sono solitamente associate a climi caldi, è verosimile che questi depositi si siano cementati durante l’ultima fase di optimum climatico anteriore all’ultimo evento glaciale. Questi depositi non sono stati cartografati perché di entità ridotta e ininfluenti dal punto di vista progettuale.

La Val Polcevera è occupata in buona parte da depositi alluvionali grossolani, con spessori che variano da pochi metri fino a decine di metri di profondità. I dati dei sondaggi mettono in evidenza anche settori con matrice a forte componente limosa e subordinatamente argillosa. Verso lo sbocco a mare tali livelli raggiungono un notevole spessore (pluridecametrici) ed isolano la falda superficiale da quella più profonda, quest’ultima è sede dell’acquifero captato dal campo pozzi di Campi. Considerando i dati derivanti dai sondaggi (es. SPO4 e pozzi Torbella) non sembra Spea – Ufficio Geologia 75 / 269

esserci continuità all’interno di tali depositi, sia in senso trasversale, che longitudinale. Lo spessore dei depositi alluvionali (Pliocene inferiore) è irregolare poiché suturano una superficie erosiva che, nella zona interessata dal progetto, raggiunge i -30÷-35 m rispetto all’attuale livello marino.

Depositi di spiaggia attuali

Sono formati da sabbie prevalenti verso mare e ghiaie nella zona più vicina alla costa, interdigitati con i depositi alluvionali descritti nell’ambito del precedente paragrafo.

Depositi marini terrazzati

Caratterizzano il terrazzo su cui è posizionato il casello di Voltri. Sono costituiti da ghiaie e sabbie con una coltre eluvio-colluviale di spessore variabile. L’estensione di questo deposito è difficilmente ricostruibile a causa dell’elevata antropizzazione dell’area. Dai sondaggi risultano di spessore massimo 10÷15 m.

5.12 Zone di faglia

La descrizione delle rocce di faglia rappresenta un aspetto particolarmente importante nell’interpretazione geologica generale relativa alle opere in sotterraneo, in quanto (oltre all'importanza per la previsione dell'assetto geologico-strutturale e geomeccanico) tali rocce sono molto spesso sede di zone, vene e fasce ad elevata concentrazione di minerali fibrosi. Nella figura seguente è rappresentato uno schema-tipo che descrive sinteticamente una zona di taglio cataclastica e che include le più ricorrenti tipologie di rocce di faglia; sono individuati in dettaglio i diversi elementi che costituiscono la zona di taglio e ne è riportata l’accezione lessicale utilizzata.

La zona delimitata dalle due faglie principali (boundary fault) può essere descritta come zona di faglia e/o zona di taglio. Quest’ultimo caso è preferibile quando la zona mostra chiaramente i diversi ordini gerarchici di strutture interne e quando ha uno spessore sufficiente a permetterne una chiara identificazione. Spea – Ufficio Geologia 76 / 269

Figura 11 - Schema-tipo di una zona di taglio cataclastica. La zona delimitata da due boundary faults può essere zona di faglia e/o zona di taglio. Le porzioni della zona di taglio/faglia che mostrano un grado di fratturazione più elevato rispetto alla roccia incassante, sono descritte come “zona danneggiata o damage zone”, mentre la fascia centrale in cui sono presenti le rocce di faglia corrisponde al cosiddetto “fault core”, coincidente con la zona a scorrimento. Le rocce di faglia rappresentate sono cataclasiti (CTL) o cataclasiti foliate, derivate da riduzione di grana della roccia per processi frizionali con sviluppo o meno di una foliazione interna. Se la riduzione di grana è stata intensa e accompagnata da alterazione si possono formare fasce di gouge.

Le foliazioni preesistenti, che possono essere presenti all’interno della zona di taglio, spesso ruotate, sono descritte come superfici “S”.

Se la zona di taglio/faglia è stata interessata da deformazioni frizionali che hanno determinato una marcata riduzione di grana, è usato il termine cataclasite (CTL) per distinguerne le porzioni nelle quali la riduzione di grana è più evidente; se la riduzione di grana è accompagnata da alterazione è utilizzato il termine gouge, dove la grana è molto fine per la presenza di materiale a consistenza argillosa. Se le zone cataclastiche non sono cementate si può usare anche il termine di breccia di faglia, specificandone la taglia granulometrica (protobreccia, breccia, ultrabreccia). Se la cataclasite presenta una foliazione interna può essere definita come cataclasite foliata. Le porzioni della zona di taglio/faglia che non presentano marcata cataclasi, ma che mostrano un grado di fratturazione più elevato rispetto alla roccia incassante, Spea – Ufficio Geologia 77 / 269

sono descritte come “zona danneggiata” (damage zone). La fascia cataclastica centrale e il gouge spesso associato corrispondono al cosiddetto “fault core”, coincidente con la zona a maggiore entità di rigetto o scorrimento.

In sintesi, i termini utilizzati nell’analisi mesostrutturale sono:

Elementi geometrici :

• faglia; • zona di taglio e relativi ordini di piani di taglio interni; • faglia bordiera individuale; • damage zone; • fault core.

Rocce di faglia:

• cataclasite o fascia cataclastica; • breccia di faglia; • gouge; • cataclasite foliata.

In carta sono state distinte con sovrassegno una serie di zone di faglia ad elevato grado di frammentazione, caratterizzate da spessori superiori a 50 m. Generalmente sul terreno è possibile distinguere al bordo di tali zone una porzione ad elevata fratturazione, passante gradualmente verso il centro ad un nucleo intensamente cataclasato (gouge di faglia) costituito da frammenti centimetrici di roccia immersi in una matrice fine sabbioso-limosa talvolta ben cementata. Spea – Ufficio Geologia 78 / 269

6. ANALISI STRUTTURALE DEL GRUPPO DI VOLTRI

L’analisi strutturale di unità rocciose interessate da più eventi deformativi, che si sono succeduti nel corso della loro storia geologica, richiede l’applicazione di tecniche di analisi che permettano la descrizione delle caratteristiche geometriche (forma, estensione, disposizione relativa, ecc.) dei principali elementi strutturali di un ammasso roccioso o di un’unità geologica.

L’analisi geometrica è il primo passo verso la definizione della storia deformativa di una roccia e permette di acquisire elementi fondamentali per estrapolare, lateralmente o in profondità, le caratteristiche o l’esistenza stessa di una struttura geologica.

In uno studio di dettaglio (es. a scala 1:5000), gli elementi geometrici necessari sono in gran parte acquisiti alla scala mesoscopica, attraverso osservazioni dirette di affioramenti rocciosi o di carote di sondaggi; tali dati possono poi essere integrati da osservazioni indirette, ad es. metodi geofisici o remote sensing.

Queste informazioni sono utilizzate per caratterizzare la cosiddetta “macrostruttura” di riferimento, sia essa un elemento individuale, un’associazione di elementi o una fascia di territorio o del sottosuolo significativa ai fini progettuali (es. tratta omogenea). Il grado di rappresentatività delle informazioni di base influirà sul grado di attendibilità delle correlazioni ed estrapolazioni geometriche, ovvero sull’affidabilità del modello geologico previsionale.

6.1 Approccio (o metodologia) di progetto

Criteri di analisi mesostrutturale

La rappresentatività di un dato strutturale mesoscopico dipende dalla vicinanza fisica all’entità macroscopica alla quale si vogliono correlare le caratteristiche del dato, insieme a una valutazione soggettiva sulla possibile corrispondenza tra quanto osservato alla scala dell’affioramento e alla scala macroscopica (cioè alla scala della carta geologica di riferimento o alla scala dell’oggetto in esame). La soggettività del Spea – Ufficio Geologia 79 / 269

giudizio sarà tanto minore quanto più dettagliato e chiaramente descritto sarà il modello geologico di riferimento.

Di conseguenza, una scelta ragionata dei siti di misurazione sulla base del modello geologico, diviene fondamentale per una migliore rappresentatività dei dati. Nel caso di analisi effettuate invece in siti predeterminati (scelti in base a particolari condizioni di affioramento o di accessibilità) l’affidabilità delle estrapolazioni può risultare anche molto inferiore a quella ottimale.

Deformazioni continue (duttili) e discontinue (fragili)

L’analisi strutturale delle deformazioni continue che, ad una determinata scala di osservazione, modificano la roccia senza determinare perdita di coesione (sistemi di pieghe e zone di taglio duttile) e delle deformazioni discontinue, che determinano la formazione di sistemi di fratture s.l. (comprendendo con questo termine tutte le discontinuità originate da processi frizionali e dovute a perdita di coesione della roccia lungo superfici discrete) è condotta con approcci distinti.

Deformazioni continue (duttili)

Lo scopo principale dell’analisi delle deformazioni continue è quello di ricostruire la geometria di specifiche superfici geologiche di riferimento; nel caso di deformazione polifasica, scopo dell’analisi è anche di esaminare i rapporti reciproci di antecedenza tra le strutture sviluppate in momenti diversi della storia evolutiva.

In genere, le superfici analizzate sono rappresentate da contatti litologici oppure da alternanze mineralogico-composizionali (layering) e possono rappresentare i contatti sia tra diverse unità tettonostratigrafiche-tettonometamorfiche sia tra membri e/o complessi all’interno di una stessa unità.

Al fine di ricostruire le traiettorie crostali seguite dalle rocce durante la loro evoluzione strutturale, è inoltre fondamentale analizzare i meccanismi deformativi che sono attivi durante ogni fase della deformazione; nel caso delle rocce metamorfiche, è obbligatorio analizzare le relazioni tra gli eventi deformativi e le paragenesi metamorfiche. Spea – Ufficio Geologia 80 / 269

Nei domini metamorfici polideformati come quelli oggetto di questo studio, è importante identificare le superfici di riferimento più pervasive e continue da utilizzare per le correlazioni strutturali e per l’analisi geometrica. La metodologia di base è rappresentata dal tracciamento delle superfici di riferimento e dall’attribuzione delle diverse strutture sovrapposte a specifici intervalli temporali (“generazioni”).

La ricostruzione delle geometrie regionali viene effettuata inizialmente individuando i domini (o “subaree”) dove la deformazione è espressa in modo omogeneo, generalmente rappresentati da zone di piegamento cilindrico e/o da valori giaciturali costanti delle superfici di riferimento, assemblando in seguito le diverse geometrie ricostruite al fine di ricostruire le macrostrutture a partire dalle mesostrutture. Ovviamente, il grado di affidabilità di queste ricostruzioni strutturali è fortemente condizionato dalla percentuale di affioramento, dalla qualità delle superfici di riferimento utilizzate e dagli effetti disgiuntivi operati dalla deformazione discontinua tardiva.

Deformazioni discontinue

L’analisi delle deformazioni discontinue si effettua studiando la distribuzione delle giaciture degli elementi strutturali, al fine di raggrupparli in base alla loro orientazione spaziale.

Per effettuare estrapolazioni geometriche più efficaci, si può inoltre svolgere un altro tipo di analisi, volta a riconoscere le “associazioni strutturali”, ovvero particolari combinazioni di strutture (o di strutture e litotipi) che si ripetono sistematicamente nei volumi rocciosi studiati ed esprimono relazioni di tipo genetico tra gli elementi che le costituiscono.

Il valore correlativo delle associazioni strutturali è di norma superiore a quello ottenuto dall'analisi delle semplici caratteristiche geometriche degli elementi individuali. In pratica, è possibile estrapolare a contesti volumetricamente più ampi, particolari sistemi di fatture osservati alla scala dell’affioramento, generando insiemi di fratture statisticamente simili a quelli osservati. In questo caso, però, è necessario avere a disposizione una quantità e distribuzione di dati sufficiente a costituire una popolazione statisticamente significativa. Spea – Ufficio Geologia 81 / 269

Per poter ricostruire un ordine gerarchico tra i vari insiemi di strutture disgiuntive osservate, è di fondamentale importanza la definizione delle relazioni associative tra gli elementi strutturali misurati. Ad esempio, la ricostruzione dell’ordine gerarchico è essenziale per definire le forme e i volumi delle scaglie tettoniche allineate lungo le discontinuità principali.

6.2 Analisi del Gruppo di Voltri

Nota l’estrema complessità dell’areale relativo al Gruppo di Voltri, l’approccio metodologico adottato nell’ambito del rilevamento delle Unità del Gruppo di Voltri, si è basato non solo sul riconoscimento delle caratteristiche litologiche delle rocce affioranti, ma anche sulla misura di tutti gli elementi strutturali, rappresentati da foliazione, piani assiali, assi di pieghe, faglie e lineazioni. La notevole mole di dati raccolti ha consentito di eseguire un’analisi strutturale di dettaglio, focalizzata all’identificazione dei principali elementi di deformazione in campo duttile e fragile. Per analizzare i dati raccolti e le strutture sono stati identificati tre settori principali, a loro volta suddivisi in sub-aree o domini omogenei (Figura 4 e 5).

• Il primo settore, quello più occidentale, è dominato dalla presenza di calcescisti talvolta associati a lenti di rocce basiche ed ultrabasiche.

• Un secondo settore, centrale, è caratterizzato da una notevole variabilità litologica. In particolare lungo l’asse delle gallerie dominano serpentiniti associate a “lenti” chilometriche di lherzoliti. A sud del tracciato invece sono ancora presenti in prevalenza i calcescisti. Un potente corpo di brecce non metamorfiche, associato ad importanti elementi tettonici taglia obliquamente questo settore da NW a SE.

• Il terzo e più orientale settore è caratterizzato dalla presenza di abbondanti serpentiniti associate a metabasiti ed estesi livelli di calcescisti. Spea – Ufficio Geologia 82 / 269

Figura 12: Schema strutturale del Gruppo di Voltri

Questi settori oltre che distinguibili per la diversità litologica presentano importanti differenze nell’assetto strutturale, legate principalmente alla loro posizione rispetto alla Linea ed alla Zona Sestri - Voltaggio.

Per meglio analizzare e presentare i dati raccolti, sono state individuate 18 sub - aree caratterizzate da un’omogeneità strutturale al loro interno e delimitate dai maggiori lineamenti fragili o da contatti litologici.

La figura 5 contiene una serie di stereoplot che mostrano l’orientazione dei piani di faglia (i punti neri corrispondono ai poli dei piani), delle fibre e delle strie misurate sui piani stessi (punti rossi). Spea – Ufficio Geologia 83 / 269

Figura 13: Tavola Strutturale con stereogrammi della scistosità principale Spea – Ufficio Geologia 84 / 269

Strutture duttili (foliazioni e pieghe)

L’esumazione del Gruppo di Voltri (fasi D1 e D2) ha prodotto intense deformazioni duttili associate allo sviluppo di scistosità in facies scisti verdi, che interessano la quasi totalità delle rocce presenti. Relitti legati alle precedenti fasi di alta pressione (Pre-D1) sono quindi raramente preservati in lenti e/o boudins, soprattutto all’interno delle metabasiti e dei metagabbri.

L’esumazione di queste unità ha dato luogo a un fabric composito prodotto dalla trasposizione e dall’isorientazione dei contatti litologici (Capponi e Crispini, 2002). Tale fabric, dominato in genere dalla seconda scistosità (D2) in facies scisti verdi, è indicato nella presente relazione come scistosità principale. La scistosità principale è evidente nei calcescisti e nelle serpentiniti ed è caratterizzata da piani continui spaziati pochi millimetri che rappresentano il piano principale di fissilità. Pieghe a grande scala legate a queste prime due fasi deformative non sono state osservate sul terreno; la loro presenza non è però da escludere vista la scarsità di affioramenti che caratterizza alcune porzioni delle aree rilevate.

Si nota che, per quanto molto pervasiva, la scistosità principale non è presente nelle Lherzoliti, che costituiscono dei lembi relitti del mantello superiore. Tali rocce, grazie alla loro maggiore rigidità sono state interessate solo marginalmente da deformazioni in facies scisti verdi ed hanno spesso preservato la tessitura massiccia originaria e le associazioni mineralogiche primarie.

L’andamento della scistosità principale varia all’interno dell’area di studio. Nei calcescisti del settore più occidentale (Sub - aree 1 e 2), essa immerge in genere verso SE con inclinazione variabile, anche se alcune ondulazioni a grande scala sono state identificate nella sub - area 2. Spostandosi ad est (Sub - area 3) essa tende a ruotare leggermente e ad immergere verso SSE. Nella parte più orientale di questa sub - area sono presenti alcune pieghe recenti (fasi D3 o D4) associate a faglie che ripiegano la scistosità principale.

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Ad E il contatto tra i calcescisti della Sub - area 3 e le serpentiniti della Sub - area 4 è marcato da una faglia N-S. La sub - area 4 è caratterizzata da una situazione strutturale simile a quella osservata nei calcescisti con una foliazione principale che immerge prevalentemente verso SE, localmente interessata da grandi pieghe prive di un clivaggio di piano assiale penetrativo (D3 o D4).

Avvicinandosi verso est alla zona Sestri - Voltaggio la scistosità principale ruota e tende a disporsi con direzione N-S. Tale rotazione a scala regionale sembra essersi sviluppata in un ambiente duttile che, tuttavia, non ha prodotto nuove scistosità o foliazioni pervasive, mentre si osserva un notevole aumento della deformazione in campo fragile e al limite duttile - fragile.

Va infatti osservato che nelle zone più occidentali, le strutture duttili risultano dominanti, mentre ad est le strutture fragili o al limite duttile - fragile posteriori allo sviluppo della scistosità principale assumono una grande importanza.

Il margine orientale della sub - area 4 è caratterizzato dalla presenza di una importante zona di taglio NO-SE. La sub - area successiva (Sub - area 6) è dominata dalle deformazioni fragili.

Nelle Sub - aree 10 e 11 la scistosità principale è generalmente orientata N-S. La Sub - area 11 è caratterizzata dalla presenza di grandi “boudins”, di dimensioni chilometriche, di Lherzoliti allungate N-S e NE-SO. Le lherzoliti sono attraversate da zone di taglio duttili in cui si è avuta le completa trasformazione metamorfica delle lherzoliti in serpentiniti.

A sud del tracciato, nelle Sub - aree 5, 7 e 8, la scistosità principale mantiene un’immersione verso SE, simile a quella osservata nelle sub - aree 1, 3. La sub - area 13 rappresenta invece un’importante zona di taglio duttile - fragile successiva alla scistosità principale.

Nelle sub - aree 14, 15 e 18, caratterizzate da numerosi cambi litologici tra Serpentiniti, metabasiti e livelli di calcescisti, la scistosità principale rimane orientata N-S. Spea – Ufficio Geologia 86 / 269

A sud del tracciato nelle sub - aree 16, 17 e 19 la scistosità principale e il contatto Serpentiniti calcescisti (sub - area 17) ruotano gradualmente da un andamento WSW-ENE fino a disporsi N-S a ridosso della Zona Sestri - Voltaggio (Sub - aree 18 e 19). Tale situazione è probabilmente da correlare all’antica attività tettonica che si sviluppa nella Zona Sestri Voltaggio.

Tale attività, posteriore all’esumazione ed all’impilamento delle falde alpine ha dato luogo alle fasi di deformazione D3 e D4, caratterizzate da pieghe associate a clivaggi non pervasivi e non diffusi in modo ubiquitario. L’orientazione dei clivaggi e dei piani assiali D3 e D4 è molto varia: i piani tendono ad essere più verticali nelle zone più occidentali mentre ad est sono in genere poco inclinati.

Strutture fragili (faglie e lineamenti)

Le strutture fragili od al limite duttile - fragile ricoprono un ruolo importante, soprattutto nella parte orientale dell’area ove danno luogo a larghe e complesse zone di taglio. Nel settore occidentale (Subaree 1, 2 e 3) non si osservano infatti grandi strutture fragili come nei settori centrali ed orientali, ma solo numerose faglie minori. In genere si tratta di faglie con spessore inferiore al metro e zone di danneggiamento limitate a pochi metri. Solo in rari casi sono state osservate faglie con nuclei di spessore superiore.

Il rilevamento in sito e l’analisi delle foto aeree ha permesso di individuare tre sistemi di faglie principali.

a) Un primo sistema è caratterizzato da faglie sub-verticali con andamento N-S.

b) Un secondo importante sistema di faglie presenta un andamento NW-SE ed immerge ad alto e medio angolo verso SW.

c) Il terzo sistema invece presenta un andamento NE-SW ed immerge prevalentemente verso NW.

Questi tre sistemi presentano caratteristiche in parte simili per quanto riguarda il tipo di deformazione. Va in ogni caso osservato che la maggior parte delle deformazioni si sono sviluppate a temperature in cui i calcescisti reagivano ancora in modo duttile, Spea – Ufficio Geologia 87 / 269

mentre le serpentiniti formavano brecce di faglia e cataclasiti anche di notevole spessore.

Faglie N-S: questo sistema è stato riconosciuto in tutta l’area, ed assume particolare importanza nelle rocce affioranti nella parte centrale ed orientale. Le principali zone di taglio ad esso associate si trovano in sub - area 13 ed al margine orientale della sub - area 4.

Le strutture di deformazione si sono sviluppate in condizioni in cui le serpentiniti hanno avuto un comportamento prevalentemente fragile, con formazione di zone di faglia caratterizzate da nuclei di spessore variabile (da parecchi metri ad alcune decine di metri). I nuclei delle faglie sono formati da brecce cataclastiche spesso foliate da poco a ben cementate. Sul terreno le brecce si presentano come materiali dotati di coesione; tuttavia è lecito ipotizzare anche la presenza di brecce di faglia prive di coesione.

Nei calcescisti le zone di taglio associate al sistema N-S si presentano caratterizzate da deformazione di tipo duttile. Tale situazione è ben osservabile in Val Branega, ove in corrispondenza della sub - area 13 si osservano solo ridotte evidenze di deformazione fragile (brecce e/o cataclasiti).

Le zone di taglio N-S non sono caratterizzate da superfici di faglia isolati e continui, ma piuttosto da numerosi piani di faglia sub - paralleli talvolta collegati tra loro da faglie minori oblique rispetto a quelle principali.

I rari indicatori cinematici osservati indicano movimenti trascorrenti con senso di taglio destro. La genesi di queste faglie potrebbe quindi essere legata alla trascorrenza destra attribuita in letteratura alla Linea Sestri - Voltaggio (Crispini e Capponi 2001).

Le zone di faglia associate a questo sistema rappresentano elementi d’interesse ingegneristico per lo scavo della galleria. Si osserva inoltre che il contatto N-S tra calcescisti e serpentiniti (passaggio da sub - area 3 a sub - area 4) potrebbe essere Spea – Ufficio Geologia 88 / 269

legato a questo sistema di faglie; le condizioni di affioramento non permettono però di trarre conclusioni definitive a questo riguardo.

Faglie NW-SE: il secondo sistema disgiuntivo fragile è composto da faglie con andamento NW-SE che immergono ad alto e medio angolo verso SW. Tale sistema, presente in minor misura nel settore occidentale, è evidente soprattutto nel settore centrale dove si presenta sotto forma di una larga fascia costituita da rocce di faglia associata a brecce non metamorfiche (Sub - aree 6 e 12). La fascia di deformazione taglia trasversalmente l’area di rilievo. Nella parte meridionale (Sub - area 12), essa è caratterizzata da brecce conglomeratiche monogeniche e poligeniche delimitate da faglie che immergono in prevalenza verso SW. Piani di faglia minori legati a questo sistema sono presenti anche all’interno dei corpi di brecce. Le faglie hanno un aspetto simile a quelle del sistema (N-S) con nuclei spessi diversi metri costituiti da cataclasiti foliate di natura serpentinitica in parte cementate.

Verso NO le brecce conglomeratiche passano lateralmente ad una larga fascia di serpentiniti fortemente brecciate tagliate da numerosi piani di faglia (Sub - area 6) con caratteristiche simili a quelle osservate in sub - area 12.

Il tracciato in esame attraversa all’altezza della Val Branega questa zona di deformazione fragile al limite tra le sub - aree 6 e 12.

Si osserva che nella sua parte meridionale la fascia di deformazione è in parte dislocata da una zona di taglio N-S (Sub - area 13), indicando quindi che i movimenti, o parte di essi, lungo il sistema di faglie N-S dovrebbero essere posteriori alle faglie NO-SE.

Faglie NE-SW: il terzo sistema di faglie identificato ha un andamento NE-SW e si presenta in tutta l’area rilevata. Le strutture maggiori sono state osservate nelle sub - aree 14, 15 e 16 e sono costituite da grosse faglie che possono essere tracciate anche per chilometri. Le faglie hanno nuclei con spessori che raggiungono le decine di metri e sono caratterizzate da brecce di faglia in parte cementate e talvolta da cataclasiti molto foliate (cava Val Varenna). Anche le faglie maggiori associate a Spea – Ufficio Geologia 89 / 269

questo sistema (sub - aree 14 e 15) rappresentano elementi di perticolare interesse ingegneristico per la progettazione del tracciato.

Si nota che i tre sistemi di faglie hanno caratteristiche strutturali comuni, ad indicare ambienti di deformazione analoghi. Tuttavia, se si esclude la zona di intersezione tra le sub - aree 12 e 13, le relazioni temporali tra questi sistemi non sono evidenti e ciò induce a ritenere che i tre sistemi di faglie si siano per lo più coevi. Spea – Ufficio Geologia 90 / 269

7. GEOMORFOLOGIA

La caratterizzazione geomorfologica dell’area è stata affrontata sia tramite fotointerpretazione in stereoscopia, sia mediante verifiche in sito, al fine di discriminare e riconoscere l'insieme delle forme e dei fenomeni che possano avere interesse pratico nei confronti della realizzazione delle opere in progetto. Gli elementi derivati dalla fotointerpretazione risultano in buon accordo con quanto rilevato direttamente in sito, con quanto segnalato sulle carte fornite dalle Amministrazioni (Comune e Provincia di Genova) e con le risultanze delle indagini geognostiche.

Studi precedenti (a corredo delle cartografie tematiche sia comunali che provinciali) sottolineano come le morfologie – sia legate alla gravità sia all’azione delle acque superficiali - risultino fortemente influenzate dall’orientazione degli elementi tettonici principali (direttrici ad andamento N-S, NW-SE e NE-SW). Probabilmente questi lineamenti, determinando la fratturazione ed il decadimento delle caratteristiche dell’ammasso roccioso, favoriscono lo sviluppo di coltri di detrito favorevoli all’instaurarsi di successivi fenomeni di dissesto ed influenzano l’andamento dei corsi d’acqua.

7.1 Forme e depositi geomorfologici

Le forme ed i processi geomorfologici riconosciuti e riportati in cartografia, sono riferiti alle seguenti categorie:

• Forme e depositi dovuti all’azione della gravità e processi di pendio; • Forme e depositi dovuti allo scorrimento delle acque; • Forme e depositi antropici.

Forme e depositi dovuti all'azione della gravità e processi di pendio

L’area studiata presenta una notevole copertura eluvio-colluviale e di alterazione, che in qualche caso si estende dal crinale al fondovalle, sulla quale si impostano i fenomeni franosi. Nelle zone dove l’attività agricola è ancora presente si ha una mitigazione dei fenomeni di dissesto; infatti i versanti per quanto acclivi sono coltivati in terrazzamenti.

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Per quanto concerne il grado di attività delle frane, sono state distinte in frane attive, per le quali è possibile riconoscere un’evoluzione stagionale, frane quiescenti che attualmente non hanno indizi di attività e paleofrane. Facendo riferimento alle frane quiescenti non è comunque possibile escludere una loro riattivazione, quantomeno parziale, in relazione al fatto che tali fenomeni non hanno necessariamente esaurito la loro potenzialità evolutiva. La concomitanza di elementi quali piogge di intensità eccezionale, eventi sismici dotati di elevata energia, oppure eventuali maldestri interventi antropici (es. indiscriminati scavi al piede e/o sovraccarichi in testa) è in grado di riattivare i dissesti.

Sono stati riconosciuti, inoltre, numerosi fenomeni di franosità diffusa sia attiva che quiescente: si tratta di forme di piccole dimensioni, tra loro ravvicinate ed anastomizzate, che si impostano sia lungo versanti con coperture detritiche e di alterazione, sia nell’ambito di depositi antropici (es. cava in sinistra del Torrente Varenna).

I fenomeni di soliflusso, impostatisi sulle coltri di disfacimento del substrato lapideo, sono risultati frequenti; ai fini progettuali tali zone devono essere considerate con cautela a causa della possibile evoluzione del fenomeno. Anche le frane di dimensioni non cartografabili sono da considerare come indice di versanti predisposti al dissesto.

Sono state inoltre distinte le seguenti forme:

• orlo di distacco di frana, che rappresenta la linea di rottura lungo la quale è avvenuto un distacco di materiale, talora anche di notevoli volumi. L’orlo evidenzia la parte superiore (testata) del movimento franoso.

• orlo di scarpata o rottura di pendio, che comprende le scarpate naturali, connesse alla litologia e/o ad elementi tettonici disgiuntivi, oppure le forme di deposito o erosive nell’ambito di accumuli di detrito e le frane quiescenti. Queste forme sono presenti in tutte le litologie rilevate.

• orlo di scarpata in erosione.

L’analisi aerofotogrammetrica e le evidenze di terreno hanno inoltre permesso di individuare due zone con morfologie (versante dissestato, con contropendenze e presenza di materiale intensamente fratturato) che potrebbero far presupporre l’esistenza di deformazioni gravitative profonde.

Spea – Ufficio Geologia 92 / 269

• La prima zona è ubicata lungo il versante destro orografico della Val Branega, tra il Monte Amandola ed il corso del torrente, ed al suo interno sono talora preservati affioramenti di ampie dimensioni.

• la seconda interessa il versante sinistro della Val Torbella ed è caratterizzata da ripiani e contropendenze, inoltre i sondaggi SA7-1 ed MS1 hanno evidenziato la presenza di materiale completamente fratturato (FAN) fino alla profondità di circa 70 m o rammollito (MGG).

Particolare attenzione è stata rivolto durante le verifiche in sito al settore in destra orografica della Val Branega, tra il Monte Amandola e il corso del torrente; questo settore è stato nel progetto prelimare interpretato come una possibile area in deformazione gravitativa profonda (DGPV), con morfologia a sackung. Alla base di tale interpretazione vi è l’osservazione di elementi quali la presenza di contropendenze e di affioramenti di roccia intensamente fratturata.

L’analisi fotogeologica ha in effetti messo in rilievo la presenza di avvallamenti con orientazione trasversale rispetto alla direzione del pendio, tuttavia una serie di controlli mirati di terreno ha messo in luce i seguenti aspetti:

• gli avvallamenti sono costituiti da vere e proprie valli, profondamente incise nel substrato, non chiuse come talora ci si potrebbe aspettare in presenza di trincee di origine gravitativa, ma regolarmente collegate al reticolato idrografico locale;

• il reticolato idrografico ha in effetti un andamento piuttosto articolato, tuttavia in diverse di queste piccole valli trasversali sono presenti ruscelli che denotano che l’ammasso roccioso sottostante (costituito da metaultrabasiti fratturate) non drena i corsi d’acqua come ci si potrebbe aspettare in una zona in DGPV, fortemente permeabile;

• l’ammasso roccioso lungo tutto il versante si presenta fortemente fratturato ma non disarticolato; la fratturazione è diffusa e spesso con spaziatura subdecimetrica, tuttavia nel complesso gli affioramenti si presentano integri, ancorché fortemente erosi dal ruscellamento superficiale.

A tali osservazioni si aggiungono le seguenti considerazioni di carattere generale:

• l’energia di rilievo è piuttosto bassa lungo il versante considerato; il dislivello lungo la linea di massima pendenza tra la cima del M. Amandola (350 m) e il fondovalle (60 m ca), è di poco inferiore a 300 m, su una distanza in pianta di circa 900 m; il profilo del versante non sembra quindi tale da giustificare la messa in gioco di tensioni sufficienti a generare condizioni di instabilità diffusa dell’ammasso.

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• Mancano elementi strutturali evidenti che possano svolgere un ruolo di causa predisponente e innescante per un processo di DGPV, come ad esempio piani di taglio a basso angolo con livelli di debolezza geomeccanica (ad es. piani a gouge argilloso). Qui il contesto geologico è semplicemente quello di un corpo omogeneo di metaultrabasiti a tessitura massiva, fortemente fratturate.

In definitiva, non vi sono al momento elementi sufficienti a qualificare questo settore come area in DGPV.

Come spiegazione alternativa per la particolare morfologia osservata in sito, si evidenzia che la massa di serpentiniti fortemente fratturate costituisce un corpo da un lato fortemente erodibile, dall’altro dotato di una certa isotropia strutturale. Ciò può aver favorito l’innesco di processi erosivi con orientazione casuale, oppure condizionata dalla direzione di alcuni set di fratture piuttosto che di altri. Situazioni molto simili, con morfologia altrettanto complessa ed articolata, sono osservabili in diversi altri contesti dove affiorano rocce ultrabasiche, come ad esempio nel settore di Sassello (SV), o all’imbocco della Valle di Susa (TO).

Forme e depositi dovuti allo scorrimento delle acque

L'azione erosiva delle acque incanalate svolge un importante ruolo nell’attivazione dei dissesti, pertanto sono stati cartografati gli alvei in approfondimento, le porzioni di alveo soggette ad erosione di sponda e le aree con erosione diffusa. Queste ultime rappresentano quelle zone ove avviene un trasporto delle particelle detritiche lungo linee di massima pendenza ad opera del velo d’acqua che ricopre diffusamente il suolo, il quale subisce un logoramento pressoché uniforme su tutta la superficie. Questo fenomeno è caratterizzato da un finissimo reticolato di rivoli, i quali si distribuiscono sul pendio in maniera diversa nel tempo, i solchi generati, nelle zone coltivate, vengono facilmente eliminati dalle lavorazioni agrarie stagionali. Quando il fenomeno si accentua si formano sottili linee di scorrimento idrico che finiscono per concentrarsi e canalizzarsi entro incisioni già esistenti o approfondite dalla stessa corrente in forma di rigagnoli, molto spesso mettendo a nudo il substrato.

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Forme e depositi antropici

Sono state incluse in questa classe le forme di origine antropica ancora riconoscibili, dovute ad accumulo e riporto di materiali per varie esigenze. Esse comprendono: rilevati stradali, riporti e discariche di materiali di risulta. Tali forme sono state cartografate nei casi in cui rappresentino significative alterazioni della originaria morfologia.

Le Cave sono state rappresentate unitamente alle aree di loro pertinenza, distinguendo tra attive ed inattive o dismesse. I fronti di cava inattivi presentano talora fenomeni di crollo.

Le scarpate di origine antropica indicano la presenza di rotture di pendio determinate da sostanziali modifiche del profilo del versante ad opera dell’uomo. Appartengono a queste forme le scarpate connesse ai coronamenti ed alle aree in fossa delle cave, i salti morfologici determinati da movimenti di terra per opere di urbanizzazione ed i margini degli accumuli di terreno di riporto.

7.2 Acclività

Ad integrazione della carta geomorfologica è stata inserita come sfondo una carta dell’acclività. Questo tematismo risulta utile in quanto il parametro pendenza può avere implicazioni nei confronti della valutazione della propensione al dissesto dei versanti e nella valutazione delle cause che hanno generato i dissesti riconosciuti.

La carta è stata ricavata in modalità semi-automatica dai fogli del DTM della Regione Liguria con passo a 5 m. Ogni foglio del DTM fornito dalla Regione, derivato dalla Carta Tecnica Regionale 1:5.000 in formato vettoriale, è stato ricavato autonomamente dalla sezione cartografica centrata, con l’aggiunta di un certo margine; pertanto l’unione dei fogli che coprono l’area interessata dai tracciati in studio ha richiesto interventi manuali di correzione mediata sulle fasce di sovrapposizione. Dal singolo DTM così ottenuto è stato estratta automaticamente la Carta delle Acclività in continuo tramite due software: ArcGis (ESRI) ed ILWIS (ITC). La suddivisione in classi di acclività utilizzata come sfondo alla carta geomorfologia è la seguente:

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CLASSE DI PENDENZA INCLINAZIONE PENDIO

(°)

Classe 1 0° - 8°

Classe 2 8° - 20°

Classe 3 20° - 30°

Classe 4 30° - 40°

Classe 5 40° - 50°

Classe 6 50° - 70°

Classe 7 70° - 90°

La Classe 1 termina in corrispondenza del limite di pendenza di una strada ragionevolmente carrozzabile; i passi successivi sono stati individuati per una distribuzione omogenea, tenendo conto dell’assetto del territorio.

7.3 Zonazione geomorfologica

Il territorio rilevato è grossolanamente divisibile in 6 settori distinti dal punto di vista dei caratteri geomorfologici:

Fascia costiera

La fascia costiera, oramai pressoché irriconoscibile per i pesanti interventi di antropizzazione, è impostata sia sui depositi alluvionali dei torrenti Bisagno, Polcevera, Chiaravagna e minori e sia su depositi transizionali.

Gli interventi di antropizzazione hanno portato alla modificazione ed al livellamento della zona, soprattutto mediante riporti entro la vecchia cinta muraria ed alla creazione di imponenti terrazzamenti nella fascia di raccordo verso monte.

La linea di costa lungo il fronte portuale ha subito una progressiva migrazione verso mare ad opera dei successivi interventi di colmata, finalizzati ad ampliare l’area industriale. La morfologia della zona risente enormemente da un lato dalle variazioni del livello del livello del mare, che hanno portato alla formazione di terrazzi marini a varie quote, dall’altro della

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presenza dei corsi d’acqua che hanno inciso le rocce alterate e tettonizzate generando valli molto incassate, con versanti ripidi e piccole piane nella zona in cui sfociano in mare.

Settore ad ovest della Sestri-Voltaggio

La zona ovest dell’area rilevata si imposta sui litotipi dell’UT Voltri e Palmaro-Caffarella ed è caratterizzato dallo sviluppo di morfologie strettamente legate alla resistenza del substrato:

Nelle aree più vicine alla costa e nella zona tra il Monte Amandola e Vesima affiorano prevalentemente calcescisti la cui erodibilità determina lo sviluppo di coltri eluvio-colluviali costituite da depositi talora di spessore consistente a granulometria prevalentemente di sabbie-limose, sabbia-argillosa e ghiaie, sulle quali si instaurano diffusi fenomeni erosivi e dissesti, sia attivi che quiescenti (tipo colata o rototraslazione).

Nella parte alta delle valli, vicino alle testate dei bacini, la presenza di estesi affioramenti di serpentiniti e lherzoliti più competenti, dà luogo a morfologie aspre ed a scarsa od assente presenza di coperture e suoli. In questo ambito prevalgono le frane in roccia e le falde di detrito derivanti dal disfacimento dell’ammasso roccioso alterato e fratturato. Diffusi sono i fenomeni erosivi per ruscellamento diffuso e scorrimento superficiale. I versanti sono normalmente ripidi e denudati, mentre le valli risultano strette e molto incise (es. Val Branega). Sul lato occidentale (M. Gazzo) si evidenzia, entro le serpentiniti del Gruppo di Voltri una fascia a morfologia blanda, dalla quale emergono litosomi lherzolitici massivi di grande volume, con superfici levigate. Sono stati interpretati come lithons residuali entro una fascia ad elevata laminazione a ridosso della Linea Sestri - Voltaggio. All’interno di questa fascia a morfologia blanda, coperta da suoli a matrice fine, sono presenti sorgenti, alcune delle quali impattate dallo scavo del tunnel ferroviario di servizio al porto di Voltri.

L’area più occidentale, compresa tra la stazione di Vesima, l’abitato di Terrarossa, il Rio Laego e la dorsale Bric del Vecchio - Bric del Vento, è caratterizzata dall’affioramento di litotipi dell’unità Voltri, principalmente calcescisti, metagabbri e serpentiniti.

Le serpentiniti affiorano nella parte nord-occidentale dell’area, a costituire il rilievo del Bric del Vecchio, mentre nella parte sud-orientale affiorano calcescisti con intercalazioni

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decametrico-ettometriche (per piega o per scagliamento tettonico) di metagabbri e metabasiti; questi costituiscono dei nuclei più resistenti all’erosione, evidenziati alla scala del versante da una morfologia a dossi e vallecole alternati, con allungamento circa N-S.

La zona del Bric del Vecchio - Bric del Vento è invece caratterizzata da versanti rocciosi piuttosto spogli (la fitotossicità delle metaultrabasiti, determinata soprattutto dalle concentrazioni di metalli pesanti, determina lo sviluppo di vegetazione stentata e conseguentemente di scarse coperture di suolo), esposti all’erosione per ruscellamento. Alcune aree di ex-cava in serpentiniti localizzate al piede del versante, tra i rii Laego e Lupara, sono attualmente soggette ad erosione, crolli localizzati e arretramento del ciglio delle scarpate.

I corsi d’acqua del settore occidentale (bacino del Rio Laego e versante destro del bacino del Rio Lupara) sono in fase di approfondimento e incidono direttamente il substrato roccioso; gli accumuli di depositi torrentizi in alveo sono estremamente ridotti, anche in virtù della forte pendenza delle aste; il Rio Lupara a valle di quota 100 m presenta un corso meno acclive (prevalenza di calcescisti), con presenza di depositi alluvionali localmente più importanti, fino allo sbocco a mare.

Va sottolineato che le caratteristiche morfologiche e di copertura vegetale dei versanti in corrispondenza di questi dissesti, classificati come quiescenti, sono tali da rendere estremamente difficile l’individuazione di elementi morfologici distintivi, tali da permetterne un sicuro riconoscimento. Si è osservato come tali dissesti siano stati perimetrati, nella maggior parte dei casi, seguendo il limite tra aree boscate e zone a prato/coltivo/terrazzamenti; in aggiunta, l’assenza di corpi di accumulo e nicchie di distacco ben delineate, il rimodellamento antropico e, in alcuni casi, la presenza all’interno delle presunte aree in frana di fabbricati, anche antichi, privi di lesioni evidenti, fanno ritenere dubbia la reale presenza di tali frane.

Settore della Dolomia del M. Gazzo

Coincide con l’area di affioramento dell’Unità Morfotettonica Gazzo-Isoverde. Il nucleo dolomitico dell’unità è caratterizzato da un rilievo morfologico significativo, quasi interamente intaccato dalle cave di dolomia. Delle morfologie superficiali sono conservate

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poche tracce. L’ammasso è interessato da evidenti fenomeni carsici, con condotte freatiche fino a 200 m di quota, attualmente asciutte. Le condotte a livello del fondovalle risultano interessate da flussi idrici temporaneamente consistenti.

Settore tra M.te Gazzo e Borzoli

In questo settore si ritrovano rocce appartenenti alle UT Figogna e Cravasco-Voltaggio, in prevalenza costituite da serpentiniti e metabasalti. Le morfologie si presentano aspre dove i materiali sono meno tettonizzati (M.te Figogna), mentre nelle zone interessate da cataclasi si evidenziano ampie superfici denudate interessate da fenomeni di erosione accelerata. Il fenomeno è molto evidente all’imbocco della Val Cassinelle, entro la cava di serpentinite in sinistra idrografica, dove le serpentiniti presentano facies cataclastiche, della granulometria della sabbia, che hanno generato forme di erosione con un aspetto calanchivo (gully erosion), soggette a crolli ripetuti di materiale dalle pareti.

In alta Val Cassinelle i metabasalti danno origine a pareti verticali di altezza decametrica, che generano successioni di piccole cascate lungo il torrente; appena più a valle il torrente incide profondamente le unità serpentinitiche dando luogo a una forra con pareti da sub- verticali a ripide, non evidenziate dalla cartografia tecnica regionale.

Tutto il settore compreso tra il dominio Varenna-Contessa e i metabasalti del M. Figogna è stato accorpato in questo studio al Dominio Timone-Scarpino, una zona di intensa deformazione tettonica a direzione prevalente N-S. Al suo interno sono presenti due imponenti fasce di deformazione tettonica, impostate in serpentiniti a tessitura per lo più cataclastica, di direzione approssimativamente N-S: una situata a est, al margine occidentale dei metabasalti del M. Figogna (zona di deformazione di Scarpino, sul versante sinistro orografico della valle del Rio Cassinelle) e una situata a ovest, al margine occidentale degli scisti dell’unità Cravasco-Voltaggio (zona di deformazione di Timone).

La morfologia locale è fortemente condizionata da questo assetto strutturale, con valli principali allineate secondo l’andamento delle principali direttrici tettoniche. I settori di più intensa deformazione, caratterizzati da brecce, cataclasiti e imponenti fasce di gouge tettonico, presentano caratteristiche di erodibilità accentuata, rispetto ai litotipi circostanti.

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Ne derivano versanti spesso completamente privi di vegetazione e soggetti a intensa erosione superficiale per ruscellamento.

Nel settore di Timone, l’allineamento della fascia di deformazione cataclastica principale genera un corrispondente allineamento di piccoli colli e rotture di pendio, con forme calanchive impostate nel detrito fine a prevalente composizione serpentinitica.

Foto 29 – Veduta verso Sud della zona di deformazione tettonica di Timone.

Nel settore di Scarpino, tutto il versante sinistro del vallone del Rio Cassinelle, in corrispondenza della discarica comunale, è soggetto ad erosione accelerata con nicchie di frana in roccia parzialmente rimodellate, localmente in costante arretramento per fenomeni di crolli puntuali o diffusi.

L’area a ovest della valle del Rio Cassinelle si presenta estesamente boscata, con morfologia piuttosto articolata, caratterizzata da numerose vallecole laterali dal profilo morbido ma molto inciso; tutti i corsi d’acqua risultano in erosione, incidendo spesso il basamento prequaternario; la tendenza fortemente erosiva dei corsi d’acqua è emersa chiaramente in occasione degli eventi alluvionali che hanno colpito questo settore della Liguria nell’autunno 2010.

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La dorsale che delimita a W la valle del Rio Cassinelle, impostata nei metabasalti del M. Figogna, presenta una copertura vegetale discontinua, e spessori di suolo alquanto moderati per cui è spesso soggetta ad erosione superficiale. Verso est, il fianco destro della Val polcevera ha una morfologia condizionata dalla presenza di litotipi a dominante componente pelitica (argilloscisti), fortemente erodibili, che danno luogo a una coltre di alterazione piuttosto continua. Sono visibili sul versante diversi lineamenti morfologici rappresentati da vallecole con orientazione N-S, perpendicolare alla direzione generale del pendio. Tali avvallamenti riflettono probabilmente la presenza di strutture plicative a scala del versante, cioè pieghe aperte decametrico-ettometriche di terza fase, che determinano ampie ondulazioni della foliazione regionale e sono associate a piani di taglio cataclastico di potenza decimetrico-metrica, paralleli al piano assiale delle pieghe.

Anche in questo settore i corsi d’acqua risultano in progressivo approfondimento, anche se non sempre arrivano ad incidere il substrato, soprattutto nel settore orientale dove la potenza della coltre detritica è maggiore.

Sono presenti alcuni depositi di frana che interessano generalmente le serpentiniti e secondariamente i metabasalti; si tratta sempre di frane a blocchi, talora con caratteristiche di colata se la pendenza del versante è ridotta, probabilmente legate a fenomeni di espansione laterale dovuti all’appoggio sulle facies più laminate e tettonizzate.

Spostandosi verso Borzoli le morfologie cambiano in modo brusco in corrispondenza dei depositi argillosi e argilloso - sabbiosi delle Argille di Ortovero, che costituiscono ripiani e rilievi residuali ben riconoscibili.

Val Polcevera

La Val Polcevera è dominata dalle successioni di argilloscisti, argilliti ed unità flyschoidi, che determinano morfologie morbide sebbene caratterizzate da versanti ripidi.

L’elevato spessore delle coltri di alterazione, che supera localmente i 15 metri, ma presenta valori medi di 2-4 m, è facilmente inciso da rii minori e canali di ruscellamento temporaneo, con scarpate in erosione che raggiungono i 6-7 metri di altezza; tuttavia data

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l’intensa copertura vegetale non si evidenziano testate in arretramento e significativi fenomeni di erosione accelerata.

I versanti impostati nell’ambito di unità argillitiche sono spesso soggetti a frane in corrispondenza di interventi antropici, come a monte dei serbatoi ERG dismessi (imbocco est della galleria Borzoli). Qui si evidenziano, nelle strutture dei muri a monte dell’area industriale, innumerevoli fratture tensionali orientate circa NW-SE, che suggeriscono il rilascio dell’intero ammasso. Il dissesto si estende a monte fino al serbatoio soprastante la mulattiera di accesso, e non coinvolge i muretti delle aree coltivate appena ad W sul versante.

Il fondovalle è sostanzialmente pianeggiante sebbene quasi interamente antropizzato e modificato dai rilevati ferroviari e stradali realizzati sulla sponda orientale e dalle spianate dell’area industriale ubicata sulla sponda occidentale. L’alveo di esondazione del fiume è interamente contenuto entro le scarpate morfologiche, completamente rettificate e rivestite da muri. Per ampi tratti anche il fondo del fiume è rivestito da lastre di cemento.

L’evoluzione neotettonica non mostra interferenze significative con l’evoluzione morfoclimatica dei versanti; nelle aree di cresta sono conservate paleosuperfici residuali, con discreto grado di correlazione, alle q. 90-100, 140, 190-200 m s. l. m.

Settore ad est del Torrente Polcevera

Il settore orientale è dominato dalla cresta dei Forti costituita dalla Formazione del Monte Antola che, soprattutto nella parte basale, presenta bancate carbonatiche di discreto rilievo morfologico; queste scarpate hanno generato consistenti falde di detrito, di cui alla testata della valle del T. Torbella sono conservate ampie porzioni fossili. Le pareti ad elevata acclività hanno generato fenomeni franosi nel recente passato; a NE di Begato sono conservate tracce visibili e di fronte, in località C. del Diavolo, è presente una frana attiva caratterizzata dalla riattivazione di una precedente colata di blocchi estesa su un fronte più ampio.

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Alcuni dissesti minori sono diffusi sui versanti; in particolare la Formazione di Ronco appare suscettibile in corrispondenza di alcune delle linee strutturali ad andamento coniugato lungo la direttrice E-W.

Di problematica interpretazione sono risultati i depositi individuati in località Monte Galletto, sull’asse dell’omonima galleria autostradale, costituiti da diamicton alterati il cui spessore, misurato da un sondaggio preesistente, è superiore ai 5 m; la morfologia pianeggiante che ne risulta potrebbe riferirli sia a depositi di versante su una paleosuperficie sia a frane antiche; il dubbio interpretativo è legato anche al fatto che parte della morfologia originaria è stata obliterata dall’attività agricola e dalla costruzione di terrazzamenti, sia con muretti sia in terreno riportato Sulla carta è stata riportata l’interpretazione più conservativa come corpo di frana.

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8. CLIMATOLOGIA

Per l’acquisizione dei dati meteo climatici è stato fatto riferimento alle pubblicazioni degli Annali Idrologici. Tali pubblicazioni sono state storicamente curate dagli Uffici Compartimentali dell’ex Servizio Idrografico, divenuto successivamente Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale (SIMN), ma inizialmente afferente al Genio Civile del Ministero dei Lavori Pubblici e poi al Dipartimento per i Servizi Tecnici Nazionali. L’Ufficio di Genova ha iniziato la pubblicazione degli Annali Idrologici nel 1932.

A partire dalla fine del 2002 il sistema di rilevamento del Compartimento di Genova del SIMN è stato acquisito dalla Regione Liguria che ha affidato ad ARPAL le competenze inerenti le attività di monitoraggio idro – termo – pluviometrico e la compilazione degli Annali Idrologici.

Ai fini della presente ricerca è stata consultata tutta la serie storica degli Annali disponibili sul sito APAT (http://www.annali.apat.it/site/it-IT/) curato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

Sono stati quindi individuati i bacini idrografici di interesse per l’ambito di realizzazione della Gronda acquisendo i dati delle stazioni ubicate entro i bacini nel territorio compreso tra Sansobbia e Bisagno. Tale gruppo di stazioni è caratterizzato da una certa omogeneità di distribuzione sul territorio di interesse sia dal punto di vista areale che altimetrico e dalla disponibilità di una prolungata serie di dati. Ai fini dello studio idrogeologico in oggetto sono stati acquisiti i dati relativi ai totali annui ed ai totali mensili delle precipitazioni.

Tra le stazioni elencate nella tabella 2 sono riportate anche i siti “Il Pero, Passo del Turchino, Santuario Monte Gazzo, Cogoleto, Genova Pegli, Scoffera, Genova Ufficio Idrografico, La Presa e Davagna” che tuttavia risultano scarsamente significativi per via della loro limitato numero di anni di osservazione.

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totale anni media sul periodo di Periodo Bacino di riferimento Stazione osservazioni osservazione delle osservazione effettive precipitazioni annue (mm) Alpicella 1935 - 1984 48 1233.4 Stella San Martino 1935 - 1979 39 1340.7 Varazze 1935 - 1979 41 1060.6 Il Pero 2004 -2005 2 848.0 Sciarborasca 1942 - 2005 43 1293.2 Lerca 1935 - 2005 48 1052.3 Bacini minori tra Sansobbia e Arenzano 1971 - 1998 24 1056.4 Polcevera Fiorino 1935 - 2005 62 1700.8 Mele 1961 - 2005 39 1656.2 Passo del Turchino 2005 1 866.2 Madonna delle Grazie 1951 - 2005 38 969.3 Santuario Monte Gazzo 2005 1 1012.6 Cogoleto 1998 - 2003 2 963.3 Genova Pegli 2004 - 2005 2 871.6 Monte Capellino 1958 - 2005 43 1475.9 Mignanego 1935 - 2005 61 1323.4 Genova Pontedecimo 1935 - 2005 41 1350.9 Isoverde 1935 - 2005 64 1714.5 Polcevera Vigomorasso 1951 - 1958 10 1292.5 Genova Bolzaneto 1951 - 2004 23 1222.9 Crocetta d'Orero 1935 - 2005 53 1444.4 Valleregia 1961 - 1976 13 1496.4 Bacini minori tra Polcevera e Genova Castellaccio 1937 - 2005 34 1205.6 Bisagno Genova Università 1937 - 2005 59 1237.7 Viganego 1935 - 2005 25 1681.2 Scoffera 1986 - 1991 3 1580.7 Genova Ponte Carrega 1938 - 2005 25 1315.0 S. Eusebio 1938 - 1998 12 1183.4 Bisagno Genova Ufficio Idrografico 1955 - 1977 3 1279.8 Genova Prato 1968 - 1997 15 1538.3 La Presa 2004 - 2005 2 1092.9 Davagna 1997 - 2004 5 1627.7

8.1 Regime pluviometrico

Il regime pluviometrico dell’area di intervento è stato ricostruito sulla base dell’analisi delle serie storiche relative a 7 stazioni - distribuite all’interno di una fascia di circa 5 km di ampiezza, centrata sul tracciato dell’asse autostradale in progetto.

Le stazioni utilizzate per l’analisi sono di seguito elencate:

Stazione Codice Coordinata est Coordinata nord Quota (m s.l.m.) Periodo di osservazione

Fiorino 550 1476137 4924211 290 1951-2003

Mele 560 1478516 4921981 280 1961-2003

Madonna delle 570 1478508 4919759 145 1951-1998 Grazie

Madonna della 620 1498961 4925286 814 1951-1998

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Stazione Codice Coordinata est Coordinata nord Quota (m s.l.m.) Periodo di osservazione Guardia

Genova Bolzaneto 630 1490451 4921953 61 1951-1998

Genova Università 660 1493631 4918616 21 1951-2003

Genova Sestri - 1488058 4918624 3 1971-2000

Si precisa che ai fini dell’elaborazione statistica dei dati acquisiti sono state considerate le sole annate complete, mentre per l’esame storico dei dati giornalieri si è considerato l’intero periodo di osservazione sopra indicato.

L’ubicazione planimetrica delle stazioni di misura considerate in rapporto al tracciato di progetto è mostrato nello schema seguente:

Figura 14 – Distribuzione delle stazioni di misura

Nella seguente tabella si riportano i risultati salienti dell’analisi storica dei dati acquisiti e dell’elaborazione statistica dei dati di ciascuna stazione considerata:

Stazione Piovosità media Giorni di pioggia Eventi con intensità > Giorni di pioggia con annua 50 mm intensità > 100 mm [n°] [mm] [n°] [n°]

Fiorino 1747.6 116 8 2

Mele 1707.9 120 8 2

Madonna delle Grazie 966.1 96 3 1

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Stazione Piovosità media Giorni di pioggia Eventi con intensità > Giorni di pioggia con annua 50 mm intensità > 100 mm [n°] [mm] [n°] [n°]

Madonna della Guardia 1810.2 124 9 2

Genova Bolzaneto 1384.3 97 5 1

Genova Università 1316.4 104 5 1

Genova Sestri 1099.4 - - -

Nelle pagine seguenti si riporta, per ogni stazione considerata, l’andamento delle precipitazioni annue e giornaliere registrate nel periodo di osservazione, con la sola eccezione della Stazione Genova Sestri per cui sono disponibili solo i dati medi.

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Regime pluviometrico [periodo 1951-2003] Stazione Fiorino Precipitazioni annue

3000

2500

2000

1500 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 1000

500

0

1951 1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1993 1994 1995 1996 1997 1998 2003

Regime pluviometrico [periodo 1951-2003] Stazione Fiorino Precipitazioni giornaliere

500

400

300

200 Precipitazioni [mm] Precipitazioni

100

0 gennaio-50 gennaio-55 gennaio-60 gennaio-65 gennaio-70 gennaio-75 gennaio-80 gennaio-85 gennaio-90 gennaio-95 gennaio-00 gennaio-05

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Regime pluviometrico [periodo 1961-2003] Stazione Mele Precipitazioni annue

3000

2500

2000

1500 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 1000

500

0

1951 1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1993 1994 1995 1996 1997 1998 2003

Regime pluviometrico [periodo 1961-2003] Stazione Mele Precipitazioni giornaliere

500

400

300

200 Precipitazioni [mm] Precipitazioni

100

0 gennaio-60 gennaio-65 gennaio-70 gennaio-75 gennaio-80 gennaio-85 gennaio-90 gennaio-95 gennaio-00

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Regime pluviometrico [periodo 1951-1998] Stazione Madonna delle Grazie Precipitazioni annue

3000

2500

2000

1500 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 1000

500

0

1951 1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1993 1994 1995 1996 1997 1998 2003

Regime pluviometrico [periodo 1951-1998] Stazione Madonna delle Grazie Precipitazioni giornaliere

500

400

300

200 Precipitazioni [mm] Precipitazioni

100

0 gennaio-50 gennaio-55 gennaio-60 gennaio-65 gennaio-70 gennaio-75 gennaio-80 gennaio-85 gennaio-90 gennaio-95 gennaio-00 gennaio-05

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Regime pluviometrico [periodo 1951-1998] Stazione Madonna della Guardia Precipitazioni annue

3000

2500

2000

1500 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 1000

500

0

1951 1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1993 1994 1995 1996 1997 1998 2003

Regime pluviometrico [periodo 1951-1998] Stazione Madonna della Guardia Precipitazioni giornaliere

500

400

300

200 Precipitazioni [mm] Precipitazioni

100

0 gennaio-50 gennaio-55 gennaio-60 gennaio-65 gennaio-70 gennaio-75 gennaio-80 gennaio-85 gennaio-90 gennaio-95 gennaio-00 gennaio-05

Spea – Ufficio Geologia 111 / 269

Regime pluviometrico [periodo 1951-1998] Stazione Genova Bolzaneto Precipitazioni annue

3000

2500

2000

1500 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 1000

500

0

1951 1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1993 1994 1995 1996 1997 1998 2003

Regime pluviometrico [periodo 1951-1998] Stazione Genova Bolzaneto Precipitazioni giornaliere

1000

900

800

700

600

500

400 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 300

200

100

0 gennaio-50 gennaio-55 gennaio-60 gennaio-65 gennaio-70 gennaio-75 gennaio-80 gennaio-85 gennaio-90 gennaio-95 gennaio-00 gennaio-05

Spea – Ufficio Geologia 112 / 269

Regime pluviometrico [periodo 1951-2003] Stazione Genova Università Precipitazioni annue

3000

2500

2000

1500 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 1000

500

0

1951 1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1993 1994 1995 1996 1997 1998 2003

Regime pluviometrico [periodo 1951-2003] Stazione Genova Università Precipitazioni giornaliere

500

400

300

200 Precipitazioni [mm] Precipitazioni

100

0 gennaio-50 gennaio-55 gennaio-60 gennaio-65 gennaio-70 gennaio-75 gennaio-80 gennaio-85 gennaio-90 gennaio-95 gennaio-00 gennaio-05

Spea – Ufficio Geologia 113 / 269

L’esame dei dati di piovosità annua evidenzia la presenza di variazioni dei valori massimi e minimi anche significativamente distanti dalla media, come riassunto nella seguente tabella:

Stazione Piovosità media Piovosità annua Anno Piovosità annua Anno annua massima minima [mm] [mm] [mm]

Fiorino 1747.6 2820.6 1994 883.6 1986

Mele 1707.9 2967.8 1977 936.2 1967

Madonna delle Grazie 966.1 1588.8 1994 436.2 1967

Madonna della Guardia 1810.2 2952.2 1951 971.1 1973

Genova Bolzaneto 1384.3 2349.2 1951 927.3 1956

Genova Università 1316.4 2073.4 1977 822.8 1973

La piovosità giornaliera mostra picchi superiori ai 200 mm, con punte di oltre 700 mm, come riassunto nella seguente tabella, in cui sono riportati i 3 eventi con la massima piovosità giornaliera registrata:

Stazione Evento Data Evento Data Evento Data

[mm] [mm] [mm]

Fiorino 410.0 21/10/1959 300.0 24/09/1993 286.0 01/10/1965

Mele 280.0 31/10/1995 252.4 01/01/1965 251.2 24/09/1993

Madonna delle Grazie 280.0 24/09/1993 256.6 05/10/1995 172.0 21/10/1959

Madonna della Guardia 472.8 08/10/1970 338.0 08/11/1951 259.0 21/10/1959

Genova Bolzaneto 749.2 08/10/1970 367.2 08/11/1951 215.8 09/10/1970

Genova Università 365.0 24/09/1993 254.0 09/10/1970 241.4 08/09/1951

Per quanto concerne la distribuzione della piovosità nell’arco dell’anno nei grafici si evidenzia l’andamento delle precipitazioni medie mensili registrate nelle stazioni considerate.

Spea – Ufficio Geologia 114 / 269

Regime pluviometrico [periodo 1951-2003] Stazione Fiorino Precipitazioni medie mensili

300

280

260

240

220

200

180

160

140

120 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 100

80

60

40

20

0 gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre = 123,5 117,8 144,3 152,7 165,5 106,2 66,3 94,9 181,0 259,8 211,2 124,5

Regime pluviometrico [periodo 1961-2003] Stazione Mele Precipitazioni medie mensili

300

280

260

240

220

200

180

160

140

120 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 100

80

60

40

20

0 gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre = 152,7 125,1 153,3 151,1 137,6 107,0 53,9 102,4 160,6 225,6 211,3 127,2

Spea – Ufficio Geologia 115 / 269

Regime pluviometrico [periodo 1951-1998] Stazione Madonna delle Grazie Precipitazioni medie mensili

300

280

260

240

220

200

180

160

140

120 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 100

80

60

40

20

0 gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre = 64,7 64,4 57,2 85,3 80,0 63,9 32,3 63,9 105,9 162,1 118,9 67,4

Regime pluviometrico [periodo 1951-1998] Stazione Madonna della Guardia Precipitazioni medie mensili

300 280 260 240 220 200 180 160 140 120 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 100 80 60 40 20 0 gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre = 137,5 139,8 127,0 132,9 126,8 85,9 64,6 89,6 175,8 295,7 263,6 170,8

Spea – Ufficio Geologia 116 / 269

Regime pluviometrico [periodo 1951-1998] Stazione Genova Bolzaneto Precipitazioni medie mensili

300

280

260

240

220

200

180

160

140

120 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 100

80

60

40

20

0 gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre = 118,0 95,4 119,1 94,2 98,2 50,7 37,9 78,2 102,8 266,1 173,2 150,6

Regime pluviometrico [periodo 1951-2003] Stazione Genova Università Precipitazioni medie mensili

300

280

260

240

220

200

180

160

140

120 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 100

80

60

40

20

0 gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre = 128,0 94,6 104,7 97,3 81,4 60,8 38,6 68,7 123,8 206,9 175,0 136,7

Spea – Ufficio Geologia 117 / 269

Regime pluviometrico [periodo 1971-2000] Stazione Genova Sestri Precipitazioni medie mensili

300

280

260

240

220

200

180

160

140

120 Precipitazioni [mm] Precipitazioni 100

80

60

40

20

0 Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre = 105,8 68,2 85 94,1 68,9 57 24,3 74,2 139,9 178 115,7 88,3

Regime pluviometrico Precipitazioni medie mensili

300

280 Fiorino Mele 260 Madonna delle Grazie

240 Madonna della Guardia Genova Bolzaneto 220 Genova Università

200 Genova Sestri

180

160

140

120 Precipitazioni [mm] Precipitazioni

100

80

60

40

20

0 Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

L’andamento delle precipitazioni nell’arco dell’anno evidenzia la presenza di un picco di piovosità autunnale nel mese di ottobre e di un minimo estivo nel mese di luglio; si individuano poi un picco secondario primaverile, tra marzo e maggio, e un minimo

Spea – Ufficio Geologia 118 / 269

secondario invernale tra febbraio e marzo. L’andamento pluviometrico osservato è dovuto alla circolazione delle correnti atmosferiche in quota che determina la convergenza sul Mar Ligure dei cicloni atlantici durante i mesi primaverili (Aprile) e autunnali (Novembre) dando luogo ad abbondanti precipitazioni.

8.2 Regime termico

Per quanto concerne il regime termico dell’area si è fatto riferimento ai dati registrati nella stazione di Genova Sestri (1971-2000). Le temperature medie mensili mostrano un minimo di 8.3ºC nel mese di gennaio e un massimo di 24.4ºC nel mese di agosto. L’escursione termica annua – intesa come differenza tra la temperatura media del mese più caldo (agosto) e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) - è pari a 16.1°C.

Regime termico [periodo 1971 - 2000] Stazione Genova Sestri

30

25

20

15 T media [° C] media [° T

10

5

0 Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre T media 8,3 8,9 11,4 13,5 17,4 20,8 24 24,4 21,1 16,7 12 9,4 T max 11,5 12,3 14,7 16,7 20,6 24 27,3 27,8 24,5 20 15,1 12,6 T min 5,6 6 8,3 10,5 14,4 17,7 20,9 21,1 18,1 13,9 9,3 6,7

A partire dai dati climatici di base sopra riportati si è poi proceduto all’elaborazione del climatogramma di Peguy , nel quale vengono messi in relazione i valori medi di precipitazioni e di temperatura mensile e si confronta l’andamento climatico ottenuto con un diagramma di riferimento generale in cui sono distinti i campi relativi ai mesi di gelo, ai mesi freddi, ai mesi temperati, ai mesi caldi ed infine ai mesi aridi. Il climatogramma ottenuto è mostrato nel seguente grafico:

Spea – Ufficio Geologia 119 / 269

Climatogramma di Peguy [periodo 1971 - 2000] Stazione Genova Sestri

250

200

Ottobre F C 150 Settembre G Novembre Gennaio T 100 Dicembre Marzo Aprile Agosto Febbraio

Preciptazione media mensile [mm] Maggio Giugno 50 A Luglio

0 -10-50 5 1015202530 Temperatura media mensile [°C]

L’esame del climatogramma dell’area considerata evidenzia la presenza di 8 mesi temperati (da febbraio a giugno e da ottobre a dicembre) di 2 mesi caldi (agosto e settembre), di 1 mese arido (luglio) e di 1 mese freddo (gennaio); non sono presenti mesi di gelo.

8.3 Regime climatico e quota

L’analisi relativa al quadro climatico è stata finalizzata alla valutazione su base annua e stagionale della precipitazione efficace (Pe=P-E), di riferimento per la stima dell’infiltrazione nei bacini idrogeologici in esame.

Nelle figure seguenti e nelle relative tabelle sono riportate le relazioni sperimentali tra quota, temperatura e altezza di precipitazione, sulla base dei dati di stazioni meteorologiche attive sul territorio in esame.

A differenza della temperatura, che presenta un andamento approssimativamente regolare, per le precipitazioni si riscontra una certa dispersione per le quote più elevate, verosimilmente per l’influenza di un clima più marcatamente “padano”, osservabile per le stazioni più prossime allo spartiacque principale.

Spea – Ufficio Geologia 120 / 269

Utilizzando i dati di temperatura media mensile del periodo di osservazione si è proceduto al calcolo della evapotraspirazione potenziale mensile a mezzo della formula di Thornthwaite:

(0.5 + 0.016 I) Etpi = 16 pi (10 ti / I ) dove: Etpi = evapotraspirazione potenziale del mese i-esimo [mm]

pi = indice correttivo funzione della latitudine

ti = temperatura media del mese i-esimo [°C]

I = indice calorico annuo = Σi =1,12 (ti / 5)1.514

L’evapotraspirazione potenziale media annua ammonta complessivamente a 836 mm circa, con un differenziale di circa 263 mm rispetto alle precipitazioni. Nell’arco dell’anno il valore massimo si registra nel mese di luglio (152.6 mm) mentre il valore minimo viene registrato nel mese di gennaio (16.7 mm).

La distribuzione mensile dei valori medi di evapotraspirazione potenziale e di precipitazione, riportata nel grafico seguente, consente di valutare il bilancio idrico della zona in esame, che evidenzia l’instaurarsi di una situazione di deficit idrico nel periodo compreso tra maggio e agosto, in cui vengono intaccate le riserve idriche del suolo, con una perdita potenziale stimata in circa 279 mm, mentre nei rimanenti periodi dell’anno si hanno condizioni di surplus idrico che favoriscono la ricarica delle riserve idriche, con un eccesso potenziale stimato in circa 542 mm.

Spea – Ufficio Geologia 121 / 269

Bilancio idrico [periodo 1971-2000] Stazione Genova Sestri

190,0 180,0 170,0 160,0 150,0 140,0 130,0 120,0 Deficit idrico 110,0 100,0

[mm] 90,0 80,0 Surplus idrico 70,0 60,0 50,0 Surplus idrico 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre P 105,8 68,2 85,0 94,1 68,9 57,0 24,3 74,2 139,9 178,0 115,7 88,3 Etp 16,7 19,0 35,4 51,3 87,4 118,9 152,6 144,7 98,9 61,6 30,6 19,5

A partire dall’evapotraspirazione potenziale calcolata a differenti quote sulla base del noto metodo di Thorntwaite, è stata valutata la variazione con la quota medesima dell’aliquota di precipitazione efficace Pe.

Per ogni stazione la precipitazione efficace è stata stimata per differenza tra i valori di evapotraspirazione e di precipitazione, escludendo i mesi con deficit di deflusso (P

1900,0

1700,0

1500,0

1300,0 (mm/a)

1100,0 y = 141,96ln(x) + 759,03 Hmed R² = 0,762 900,0

700,0

500,0 0,0 50,0 100,0 150,0 200,0 250,0 300,0 350,0 400,0 450,0 500,0 Quota m s.l.m.

Relazione quota - precipitazione media annua.

Spea – Ufficio Geologia 122 / 269

18,0

16,0

14,0 (°C) 12,0 annua

10,0 Tmed 8,0 y = ‐1,756ln(x) + 21,088 R² = 0,9969 6,0

4,0 0,0 100,0 200,0 300,0 400,0 500,0 600,0 700,0 Quota m s.l.m.

Relazione quota - temperatura media annua.

180 250,0

Q = 20 m s.l.m. 160

200,0 140

120 150,0 100

80

P (mm) P 100,0 ETP (mm) 60

40 50,0

20 Precipitazioni (mm)

ETP (mm) 0 0,0 GENFEBMARAPRMAGGIULUGAGOSETOTTNOVDIC

Grafico P (mm) - ETP (mm) al livello del mare (stz. GE Centro).

Spea – Ufficio Geologia 123 / 269

250 250,0

Q = 500 m s.l.m. 200 200,0

150 150,0

P (mm) P 100 100,0 ETP (mm) ETP

50 50,0 Precipitazioni (mm)

ETP (mm)

0 0,0 GENFEBMARAPRMAGGIULUGAGOSETOTTNOVDIC

Grafico P (mm) - ETP (mm) alla quota 500 m s.l.m. (staz. Passo dei Giovi).

1200

1000

800 y = ‐0,001x2 + 1,3951x + 556,48 R² = 1 (mm) 600 Pnetta

400

200

0 0 100 200 300 400 500 600 700 800 Q (m s.l.m.)

Correlazione tra quota e precipitazione efficace Pe al netto dell’evapotraspirazione.

Spea – Ufficio Geologia 124 / 269

8.4 Stima dell’infiltrazione efficace

L’aliquota di ricarica verticale I può essere oggetto di una prima valutazione, basata sulla stima di un coefficiente di infiltrazione, attraverso la relazione:

I = (P-Er) * χ = Q* χ [1] dove Q rappresenta la precipitazione efficace al netto dell’evapotraspirazione Er.

Per la stima del coefficiente χ si propongono i range di valori riportati nella tabella seguente, compatibili anche con risultati di ampia sperimentazione nell’ambiente geologico e climatico mediterraneo.

I = 1060 * 0,15 = 160 mm

Diagramma dei range del coefficiente χ nel caso di terreni e rocce poco coperte (da Sappa G., pubbl. Università di Roma 1 - Ingegneria dell’Ambiente e Territorio, a.a. 2009-2010).

Spea – Ufficio Geologia 125 / 269

Stime a partire da correlazioni empiriche (metodo di Kennessey)

E’ stato calcolato il coefficiente di deflusso medio annuo attraverso metodo di Kennessey. I coefficienti sono stati scelti in funzione dell’indice di aridità Ia calcolato sulla base dei dati climatici locali, riportati alla quota 500 m.

In particolare si valuta:

Ia = 0.5* (P/(T+10) + (12 p /t)) = 83 in cui (quota 500 m)

P = precipitazione media annua (1599 mm)

T = temperatura media annua (9,5°C) t = temperatura media mese più arido (18,6°C) p = precipitazione mese più arido (68 mm)

Attraverso l’attribuzione dei coefficienti previsti dal metodo si stima un deflusso D pari al 58% della precipitazione totale. Si ricorda che tale valore, che parrebbe in assoluto basso se riferito al coefficiente D per il calcolo della generazione delle portate di piena, è in realtà un D medio, di riferimento per il bilancio idrologico-idrogeologico

Considerando un deflusso medio superficiale R pari a

R = P*D = 0.58* 1650 mm = 957 mm/a

Si stima un’aliquota disponibile per l’infiltrazione

I = Pe – R = 1060 – 957 = 103 mm/a

Un ulteriore approccio alla stima dell’infiltrazione efficace è basato sul bilancio a scala di bacino idrogeologico, considerato con buona approssimazione coincidente, in acquiferi metamorfici a bassa permeabilità, con il bacino imbrifero.

Spea – Ufficio Geologia 126 / 269

In accordo con il metodo proposto da Castany (1967), in un bacino chiuso il volume di infiltrazione viene considerato equivalente al volume restituito dalle sorgenti. Tale metodo fornisce di norma valori di infiltrazione sensibilmente sottostimati, in quanto non tiene conto dell’aliquota di filtrazione profonda che non viene restituita dalle sorgenti, ed dell’aliquota di alimentazione verso le aste dei corsi d’acqua.

I valore di infiltrazione efficace calcolato è inferiore ai valori precedentemente calcolati con differenti approcci metodologici.

A livello di considerazione complessiva è significativo notare come in tutto l’ambito interessato da litotipi metamorfici fratturati (ovvero non includendo le unità carbonatiche di M.Gazzo ed Erselli), la densità areale e portata di magra delle sorgenti è caratterizzata da valori in prima approssimazione omogenei, evidenziando un campo di variazione relativamente ridotto delle proprietà acquifere del mezzo fratturato e dei valori areali di infiltrazione e ricarica. Ulteriori considerazioni richiederebbero in ogni caso un monitoraggio di portata esteso a differenti periodi stagionali e regimi di ricarica- esaurimento.

300

250

200

150 (l/min)

Q Qmed

100 Qmax

50

0 SPF AGI ERZ LRV SPV LHP RLO CRA AGF SNV TUR VBG ROC MFP MBF MGP MGV MDG

Litotipo (CARG)

Portate di magra delle sorgenti, per unità litologiche di risorgenza (classi cartografia CARG).

Spea – Ufficio Geologia 127 / 269

9 IDROGEOLOGIA

Il presente capitolo è dedicato alla definizione delle caratteristiche idrogeologiche dell’area interessata dalla realizzazione dell’opera.

Il lavoro è stato eseguito con le seguenti finalità:

• Censimento dei punti d’acqua (pozzo e sorgenti) presenti nell’area

• Definizione delle caratteristiche dei punti d’acqua

• Individuazione dell’assetto idrogeologico e definizione delle Unità idrogeologiche

• Stima della permeabilità

9.1 Censimento di sorgenti e pozzi

Al fine di ottenere un quadro conoscitivo relativo alla distribuzione delle sorgenti e dei pozzi situati nell’area investigata, è stata operata un’analisi preliminare dei dati bibliografici, seguito da un capillare censimento in sito, nell’ambito del quale i dati bibliografici sono stati verificati ed integrati.

Nell’ambito delle ricerche rivolte alle istituzioni sono stati interpellati i seguenti Enti pubblici:

• Regione Liguria - Dipartimento Ambiente Settore Ciclo Integrato e Gestione delle Risorse Idriche; Sportello Cartografico SITAR - Sistemi Informativi Territoriali e Ambientali Regionali. Presso lo Sportello Cartografico della Regione Liguria è stato acquisito un censimento delle sorgenti idriche dell’intero territorio regionale; i punti censiti sono circa 9295, sono georeferenziati in coordinate Gauss Boaga e vengono forniti su supporto informatico. Purtroppo il data base correlato non contiene informazioni generali o specifiche dei singoli punti.

• Provincia di Genova - Direzione Ambiente, Servizio Acque e rifiuti, Ufficio Derivazioni Idriche;

• ARPAL Dipartimento Provinciale di Genova – Settore Ciclo delle Acque. Complessivamente ARPAL ha fornito l’ubicazione in coordinate geografiche di 105 sorgenti e di 11 pozzi, questi ultimi monitorati negli acquiferi di fondovalle di Cerusa, Torbella e Polcevera. I dati acquisiti da ARPAL associano ai punti georeferenziati un data base con le serie storiche dei dati idrometrici sia su sorgenti che su pozzi.

Spea – Ufficio Geologia 128 / 269

• Comune di Genova Ufficio Geologico e Ufficio Ambiente. Il Comune di Genova ha fornito un censimento di captazioni idriche ubicate entro i limiti comunali. Il data base acquisito comprende 232 pozzi e 342 sorgenti georeferenziate ma prive di altre informazioni. Per il territorio del Comune di Genova parte dei punti coincidono con quelli del censimento regionale.

• Comune di Mele - Ufficio Tecnico.

• Comune di Ceranesi - Ufficio Tecnico.

• La società Mediterranea delle Acque, nata dalla fusione dei tre principali gestori del servizio idrico genovese (Genova acque, acquedotto De Ferrari - Galliera e acquedotto Nicolay), non disponeva di un censimento delle captazioni gestite ma ha fornito la disponibilità del personale per effettuare i sopralluoghi su tutti i punti di interesse.

I contatti con il Settore Ciclo delle Acque di ARPAL e con l’Ufficio Derivazioni Idriche della Provincia di Genova hanno permesso di ottenere informazioni sull’ubicazione delle captazioni adibite ad utilizzo idropotabile che sono oggetto di monitoraggio istituzionale (data base ARPAL) e delle captazioni su cui esiste una richiesta di concessione (data base Provincia). L’ubicazione dei punti fornita dai due Enti dovrebbe essere in massima parte coincidente anche se la Provincia dispone di un maggior numero di punti in quanto dispone anche dell’ubicazione delle captazioni in cui la richiesta di concessione non è attiva e che quindi non è coinvolta dalle attività di ARPAL. Al momento sono pervenuti solo i dati ARPAL mentre la Provincia sta ancora elaborando i dati richiesti.

Tra le pubblicazioni accademiche sono stati individuati studi eseguiti sulle acque delle sorgenti della Provincia di Genova particolarmente attinenti le problematiche idrogeologiche in oggetto. Sono state acquisite le coordinate geografiche di 585 punti di prelievo di acque sorgive di cui una parte sono compresi nell’area di riferimento delle indagini sulla Gronda.

Le informazioni così ottenute sono state inserite in una banca dati georeferenziata, al fine di ricostruire un quadro iniziale della distribuzione delle sorgenti e dei pozzi nell’area di interesse.

Nell’arco dell’attività di terreno si è cercato di percorrere omogeneamente l’intera area di interesse, al fine di individuare tutti i pozzi e le sorgenti (captate e non captate) presenti nell’area. Pertanto sono stati contattati direttamente i gestori delle principali reti di

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approvvigionamento idrico, sia private sia pubbliche; ciò al fine di ottenere i permessi d’accesso alle opere di captazione.

Tra gli enti pubblici contattati figura la società principale è rappresentata da “Mediterranea delle acque”; mentre nel settore privato lo sfruttamento delle risorse idriche è realizzato dall’acquedotto “Le sette fontane”, dagli enti clericali, oltre che da numerosi piccoli proprietari.

Per ogni “punto-acqua”, identificato mediante una sigla alfanumerica, è stata predisposta una scheda (cfr. elaborati GEO080-GEO081) con riportate le seguenti informazioni:

• sigla,

• ubicazione (comune, coordinate geografiche e località – rilevate mediante GPS);

• eventuale gestore;

• bacino d’utenza;

• periodicità della portata;

• contesto geomorfologico, strutturale e geologico;

• ripresa fotografica.

Per le sorgenti viene indicata inoltre:

• tipo di sorgente

• tipo di captazione (se presente)

• portata

• parametri geochimici misurati: PH, conducibilità elettrica, solidi disciolti (TDS);

• eventuale carattere solforoso. mentre per i pozzi sono riportare:

• caratteristiche dello scavo (profondità e diametro);

• livello della falda (sia dinamico sia statico);

• portata emunta e caratteristiche delle acque.

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Per ciascun punto-acqua è stato stimato un valore economico, basato su portata, numero di utenti e tipo di uso ed è stata calcolata la distanza dall’opera in progetto al fine valutare il possibile impatto tra risorsa ed opera anche su base geometrica.

Nell’area investigata (fascia di circa 2 km a cavallo del tracciato) sono stati censiti 460 punti d’acqua, suddivisi in 417 sorgenti e 43 pozzi.

9.2 Definizione delle caratteristiche dei punti d’acqua

Analisi delle acque

Zona est Polcevera

I campioni di acqua prelevati dalle sorgenti e dai pozzi sono stati analizzati in loco al fine di ottenere i valori di conducibilità elettrica (μS/cm), di temperatura (°C), di PH e di TDS (ppm).

La conducibilità elettrica ed il PH forniscono indicazioni sul tipo di roccia che l’acqua ha attraversato prima della sua venuta a giorno e sui tempi di permanenza all’interno dell’ammasso roccioso; il che consente di evidenziare l’esistenza di diversi circuiti sotterranei delle acque.

I parametri utilizzati per distinguere i tipi di acque analizzati sono riportati nella tabella seguente

Conducibilità pH Circolazione <200 < 7,0 superficiale 200-600 7,0-8,5 intermedia >600 >8,5 profonda - >9 profonda

La temperatura dell’acqua è invece apparso un parametro di scarsa affidabilità, ciò a causa dell’inaccessibilità di alcune scaturigini; infatti in queste circostanze le misure sono state effettuate su campioni di acqua provenienti da serbatoi o da vasche di raccolta, che forniscono purtroppo valori di temperatura falsati e poco correlabili alla circolazione sotterranea.

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Zona ovest Polcevera

Nell’area interessata dal tracciato della Gronda tra Bolzaneto e Vesina, oltre a condurre le valutazioni speditive di portata, conducibilità, temperatura e PH, sono state effettuate anche analisi di laboratorio per definire le caratteristiche geochimiche delle acque.

Per ogni punto indagato, sia quelli censiti ex novo che quelli solo verificati, è stata realizzata una schematizzazione grafica delle opere di presa mediante una simbologia semplificata. Questa integrazione di informazioni ha lo scopo di consentire una pianificazione più efficace degli eventuali interventi progettuali di approvvigionamento idrico alternativo per tutte le risorse che sono a rischio di interferenza con lo scavo della galleria.

Come accennato in elenco le misurazioni effettuate sono sostanzialmente di due tipi: idrometriche e di qualità. Le determinazioni idrometriche sui pozzi sono consistite in rilievi del livello piezometrico eseguiti con sondino elettroacustico. Sulle sorgenti le misurazioni della portata sono state effettuate con metodo volumetrico, ossia misurando il tempo di riempimento di contenitori di varia forma e volume precedentemente tarati in laboratorio. Il dato di portata volumetrica viene ricavato ripetendo più volte la misurazione ed effettuando la media dei tempi di riempimento registrati.

Nel corso delle attività in sito sono stati censiti 98 nuovi punti d’acqua (tutte sorgenti), mentre l’attività di verifica ed integrazione delle informazioni ha interessato 258 punti. In totale l’attività di censimento nell’area di indagine ha permesso di individuare 374 sorgenti e 43 pozzi.

Contestualmente alle attività di censimento e di misura in sito dei parametri chimico - fisici sono stati eseguiti i prelievi dei campioni d’acqua per le determinazioni analitiche di laboratorio.

Lo studio del chimismo delle acque sotterranee ha la finalità di ottenere delle indicazioni che permettano la ricostruzione dei circuiti, la caratterizzazione dei bacini di alimentazione, l’individuazione di zone di alimentazione e di drenaggio preferenziali e la possibilità di confrontare o correlare tra loro le varie acque.

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A tal fine nella fase preliminare delle indagini è stato individuato il seguente “set” di parametri sufficientemente in grado di caratterizzare dal punto idrochimico le acque analizzate:

Analisi cationi: Litio (Li+), Sodio (Na+), Potassio (K+), Ammoniaca (NH4+), Calcio (Ca2+), Magnesio (Mg2+)

Analisi anioni: Fluoruri (F-), Cloruri (Cl-), Bromuri (Br-), Nitrati (NO3-), Nitriti (NO2-), Fosfati (PO43-), Solfati (SO42-), Carbonati (CO32-), Bicarbonati (HCO3-)

In aggiunta ai suddetti parametri sono state anche eseguite delle determinazioni sugli isotopi stabili (ossigeno-18 e deuterio), parametri comunemente utilizzati nell’ambito di indagini idrogeologiche finalizzate a caratterizzare l’acqua e determinarne l’origine.

Le determinazioni chimiche sono state quindi eseguite dal laboratorio di Idrochimica del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Torino; mentre quelle isotopiche dal Laboratorio ISO 4 anch’esso operante all’interno dell’Università di Torino.

Le procedure di campionamento sono state stabilite in fase preliminare all’esecuzione dei rilievi con contatti diretti tra le unità operative ed i laboratori analitici. Per le determinazioni chimiche sono stati prelevati per ogni punto due campionatori (contenitori in plastica a chiusura ermetica da 0.125 l); le acque di uno dei due contenitori sono state filtrate mediante membrana 0.2 mm ed acidificate all’atto del prelievo, mentre le altre, finalizzate alle determinazioni di carbonati e bicarbonati sono state mantenute tal quale. Un terzo campionatore è servito per le analisi degli isotopi. Subito dopo il prelievo i campionatori sono stati conservati a temperature di 2 – 4° fino alla consegna al laboratorio di analisi.

I punti di campionamento sono stati scelti sulla base dei seguenti criteri:

• acque con particolari caratteristiche chimico – fisiche (per esempio pH con valori molto elevati, acque “solforose”, variazioni evidenti della conducibilità rispetto al valore mediamente osservato).

• Importanza del regime idrologico (per esempio sorgenti caratterizzate da portata rilevante).

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• Importanza del punto d’acqua nel contesto locale (per esempio unica sorgente indispensabile per l’approvvigionamento idrico di una casa o di un gruppo di case isolate).

• Vicinanza con l’opera in progetto e presunto elevato grado di rischio di interferenza.

• Uniformità nella distribuzione areale nell’ambito della zona indagata.

Le analisi sono state eseguite su 50 campioni. Nelle seguenti tabelle sono riepilogati i risultati delle analisi chimiche ed isotopiche.

Bilancio Codice cond Li+ Na+ K+ Mg2+ Ca2+ NH4+ F- Cl- Br- SO42- NO3- NO2- HCO3- CO32- SiO2- PO43- pH ionico stazione uS/cm mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l mg/l (mg/l) mg/l mg/l mg/l (mg/l) %errore S311 7.4 754 <0,01 17.8 0.5 10.5 114 <0,005 0.05 36.3 0.10 91 23.3 <0,005 222 <0,01 11.3 < 0,01 2.8 S325 7.7 347 <0,01 4.9 0.2 8.8 51 <0,005 0.03 10.1 <0,01 22.6 0.5 <0,005 168 <0,01 7.9 < 0,01 0.4 S317 8.5 228 <0,01 11.9 0.5 19.3 5.8 <0,005 0.01 10.4 0.03 6.9 4.9 <0,005 103 3.0 4.2 < 0,01 2.3 S334 8.3 290 <0,01 9.9 0.2 6.3 33 <0,005 0.04 43.7 <0,01 14.1 3.4 0.025 63.5 <0,01 14.7 < 0,01 0.7 S339 8.1 3.97 <0,01 6.5 0.1 8.2 64 <0,005 0.06 8.3 <0,01 45.2 3.3 <0,005 181 <0,01 9.7 < 0,01 1.4 S358 8.1 417 <0,01 7.4 0.2 17.2 63 <0,005 0.10 9.5 0.14 42.3 5.7 0.027 210 <0,01 13.3 < 0,01 2.0 S297 7.9 205 <0,01 5.0 0.6 18.9 10 <0,005 0.01 6.4 <0,01 6.5 1.7 0.041 105 <0,01 20.9 < 0,01 4.6 S298 8.0 187 <0,01 3.9 0.1 18.5 5.1 <0,005 < 0,01 7.1 0.03 5.6 2.9 <0,005 96.4 <0,01 29.4 < 0,01 0.2 S299 6.7 159 <0,01 7.0 0.1 4.8 15 <0,005 0.04 8.0 <0,01 11.4 6.1 <0,005 58.6 <0,01 14.5 < 0,01 2.1 S372 8.0 466 <0,01 7.9 0.4 40.9 34 <0,005 < 0,01 15.3 <0,01 25 5.5 <0,005 251 <0,01 29.7 < 0,01 2.5 P005 8.0 899 <0,01 29.5 0.6 49.8 112 <0,005 0.20 30.0 0.14 220 10.4 <0,005 294 <0,01 17.0 < 0,01 2.7 P001 8.2 547 <0,01 9.7 0.8 44.7 58 <0,005 0.04 12.4 <0,01 22 2.8 <0,005 330 6.2 47.4 < 0,01 4.1 P019 7.6 259 <0,01 11.4 1.2 11.2 28 <0,005 0.03 15.8 <0,01 13.6 1.8 <0,005 112 <0,01 12.9 < 0,01 4.8 S021 11.4 566 <0,01 21.4 2.3 1.7 40 <0,005 < 0,01 16.9 <0,01 1.7 0.2 <0,005 11.0 66.7 13.9 < 0,01 3.2 S047 8.0 435 <0,01 12.1 1.5 20.7 56 <0,005 0.08 15.0 <0,01 40.9 7.3 <0,005 200 <0,01 22.0 < 0,01 4.0 S060 7.6 424 <0,01 17.7 1.8 18.7 46 <0,005 0.11 15.5 <0,01 68.7 35.0 <0,005 120 <0,01 18.9 < 0,01 3.0 S071 7.6 329 <0,01 8.8 0.8 12.7 37 <0,005 0.05 14.0 <0,01 24.0 1.5 0.017 155 <0,01 15.1 < 0,01 2.6 S078 8.2 533 <0,01 12.3 1.4 46.9 43 <0,005 0.07 10.5 <0,01 24.7 <0,01 <0,005 315 6.6 54.5 < 0,01 3.4 S081 8.2 300 <0,01 7.5 0.5 29.5 16 0.33 0.07 8.4 0.09 13.2 1.8 <0,005 164 2.9 36.8 < 0,01 4.1 S085 8.0 565 0.078 10.0 0.9 14.1 83 <0,005 0.04 16.8 <0,01 24.0 2.0 <0,005 317 <0,01 19.0 < 0,01 3.8 S086 8.1 412 <0,01 9.6 1.0 18.7 54 <0,005 0.07 11.5 0.08 20.8 0.5 <0,005 225 <0,01 21.3 < 0,01 2.6 S095 10.9 333 <0,01 28.2 1.0 2.1 13 <0,005 < 0,01 14.9 0.08 3.2 0.1 <0,005 7.3 48.2 40.8 < 0,01 3.3 S096 11.2 375 <0,01 19.7 1.5 0.6 29 <0,005 0.04 11.1 0.05 2.0 7.1 <0,005 13.2 51.6 13.5 < 0,01 0.4 S115 7.7 563 <0,01 12.4 0.9 8.9 103 <0,005 0.05 32.1 0.05 76.7 23.1 <0,005 194 <0,01 10.5 < 0,01 3.2 S122 7.8 526 <0,01 12.7 1.0 9.0 93 0.067 0.14 16.9 <0,01 90.8 7.3 <0,005 195 <0,01 9.6 < 0,01 2.5 S136 8.1 311 <0,01 6.6 0.4 19.4 33 <0,005 0.06 8.8 0.08 11.1 0.1 <0,005 172 3.0 30.4 < 0,01 2.1 S137 7.7 369 <0,01 9.7 3.7 19.8 42 <0,005 0.06 16.5 0.07 24.3 1.5 <0,005 176 <0,01 23.3 < 0,01 4.1 S145 8.2 515 <0,01 13.5 3.5 19.7 75 <0,005 0.06 18.0 <0,01 52.7 4.0 <0,005 227 6.4 16.8 < 0,01 3.9 S158 7.9 324 <0,01 6.7 0.1 37.1 10 <0,005 0.01 17.2 0.03 17.8 0.9 0.068 161 <0,01 35.2 < 0,01 4.7 S159 7.5 374 <0,01 10.9 0.6 12.1 55 <0,005 0.06 11.4 0.03 39.0 10.0 <0,005 156 <0,01 15.1 < 0,01 4.8 S165 8.0 320 <0,01 9.2 0.6 5.9 44 <0,005 0.04 13.3 <0,01 14.8 4.0 <0,005 156 <0,01 11.4 < 0,01 3.6 S168 8.1 511 <0,01 23.2 4.6 10.4 75 <0,005 0.04 79.8 <0,01 34.8 8.3 0.048 127 <0,01 9.3 < 0,01 4.9 S174 11.6 800 <0,01 30.1 4.0 1.9 45 0.09 0.02 16.9 0.12 1.2 0.1 <0,005 9.8 94.6 2.2 < 0,01 0.3 S184 8.1 353 <0,01 10.6 1.2 5.9 57 <0,005 0.05 23.6 0.04 29.2 18.3 <0,005 116 0.0 8.7 < 0,01 4.7 S188 8.4 140 <0,01 3.0 0.8 11.9 7.4 0.224 < 0,01 4.4 0.01 2.6 2.0 0.01 74.4 2.4 14.1 < 0,01 0.0 S203 7.9 840 <0,01 25.0 3.1 21.2 155 <0,005 < 0,01 24.5 <0,01 265 3.4 <0,005 223 <0,01 12.3 < 0,01 2.9 S207 8.5 81 <0,01 7.7 0.2 2.3 1.9 <0,005 0.03 12.8 0.03 3.0 2.3 <0,005 11.0 <0,01 8.8 < 0,01 1.4 S209 8.0 515 <0,01 13.4 1.4 11.7 84 <0,005 0.11 18.8 <0,01 112.6 <0,01 <0,005 172 <0,01 17.5 < 0,01 0.6 S213 8.2 307 <0,01 7.4 0.2 9.5 41 <0,005 0.04 8.7 <0,01 16.9 3.1 <0,005 146 3.1 16.7 < 0,01 0.1 S233 8.0 313 <0,01 6.6 0.6 25.2 27 0.382 0.02 9.6 <0,01 12.0 <0,01 0.124 181 <0,01 28.3 < 0,01 3.5 S237 8.2 248 <0,01 9.1 0.2 11.1 23 0.015 0.04 13.1 0.07 18.6 <0,01 0.14 101 2.8 22.8 < 0,01 0.7 S240 8.1 304 <0,01 7.4 1.1 12.4 43 <0,005 0.04 8.9 <0,01 19.8 2.4 0.093 155 <0,01 15.8 < 0,01 4.3 S247 8.1 272 <0,01 8.7 0.5 4.0 34 <0,005 0.05 14.0 0.04 13.6 12.9 <0,005 105 <0,01 9.2 < 0,01 3.9 S253 7.8 516 <0,01 16.2 1.7 21.3 60 <0,005 0.03 19.8 0.04 57.2 4.3 <0,005 214 <0,01 13.5 < 0,01 1.6 S256 8.4 280 <0,01 6.4 0.4 8.4 34 0.015 0.02 11.1 0.05 14.6 3.6 <0,005 132 1.9 13.7 < 0,01 4.1 S106 8.0 405 <0,01 6.6 0.7 14.8 63 <0,005 0.03 7.7 <0,01 18.1 0.2 <0,005 238 <0,01 16.6 < 0,01 1.8 S088 8.1 376 <0,01 7.8 0.5 38.1 23 <0,005 < 0,01 8.4 <0,01 14.1 14.1 <0,005 215 <0,01 44.1 < 0,01 3.7 S290 7.4 227 <0,01 9.0 0.3 5.3 27 <0,005 0.05 11.6 0.03 16.3 0.3 <0,005 91.5 <0,01 16.9 < 0,01 0.3 S367 8.0 182 <0,01 4.8 0.4 11.7 16 <0,005 0.02 5.1 <0,01 10.6 2.7 <0,005 87.9 <0,01 13.5 < 0,01 3.3 S369 8.2 324 <0,01 6.9 0.5 8.6 57 <0,005 0.04 9.8 <0,01 22.9 2.1 <0,005 168 4.9 10.2 < 0,01 1.7

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sigla campione del sigla campione del δ18O δH2 δ18O δH2 prelievo prelievo P001 -5.80 -38.82 S184 -5.86 -37.58 P005 -6.28 -41.06 S188 -6.36 -39.00 P019 -6.53 -42.34 S203 -5.65 -36.24 S021 -6.82 -42.64 S207 -5.77 -37.89 S047 -5.81 -36.27 S209 -5.84 -37.79 S060 -5.74 -35.72 S213 -5.95 -37.53 S071 -6.71 -43.99 S233 -5.75 -35.60 S078 -5.42 -34.27 S237 -5.83 -35.31 S081 -5.67 -35.80 S240 -5.88 -37.95 S085 -5.73 -34.26 S247 -6.05 -40.00 S086 -5.83 -36.36 S253 -6.44 -41.29 S088 -5.99 -37.49 S256 -6.04 -37.11 S095 -6.69 -42.11 S290 -6.14 -36.16 S096 -6.77 -42.76 S297 -6.47 -41.28 S106 -5.82 -37.10 S298 -5.91 -36.48 S115 -5.71 -34.85 S299 -6.14 -37.06 S122 -5.71 -34.33 S311 -6.16 -39.19 S136 -5.89 -36.42 S317 -6.85 -42.05 S137 -5.82 -35.54 S325 -6.60 -42.03 S145 -5.91 -36.06 S334 -6.33 -37.95 S158 -5.74 -36.53 S339 -6.11 -37.33 S159 -5.68 -36.53 S358 -6.18 -36.60 S165 -5.94 -36.80 S367 -6.59 -41.20 S168 -6.11 -38.13 S369 -5.84 -35.32 S174 -7.33 -47.94 S372 -6.03 -36.35

Interpretazione dei dati idrochimici e chimico-isotopici

L’attività di interpretazione dei dati idrochimici e chimico-isotopici è finalizzata, sulla base delle usuali e consolidate tecniche in campo idrogeologico, a correlare le caratteristiche di un gruppo di acque sotterranee con quelle della roccia serbatoio e del flusso sotterraneo. Tale analisi si effettua individuando “linee evolutive” caratteristiche del chimismo di base delle acque, in facies primaria e da eventuali mescolamenti con acque di differenti origine. L’evoluzione del chimismo sulla base di tali “linee” connota il passaggio da acque “giovani”, a chimismo scarsamente evoluto, di norma correlabili a circuiti idrogeologici brevi e superficiali, verso acque “mature”, in equilibrio idrochimico con la matrice solida, queste ultime di norma caratterizzanti circuiti di di alimentazione più profondi (“zonalità idrochimica verticale”).

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L’interpretazione dei dati chimico-isotopici si basa invece sulla proprietà dei rapporti degli isotopi dell’ossigeno e idrogeno costituenti la molecola d’acqua, di risultare “conservativi”, ovvero, a differenza del chimismo di base, di non variare nel corso del flusso sotterraneo per interazione con la matrice rocciosa dell’acquifero. La composizione di tali isotopi naturali dell’acqua dipende infatti unicamente dal fenomeno del “frazionamento isotopico”, correlabile, in ambiti omogenei, alle condizioni climatiche ed indirettamente all’altimetria della zona di ricarica.

L'elaborazione dei dati idrochimici e chimico-isotopici è effettuata mediante metodi di statistica multivariata, in correlazione con il modello geologico e strutturale del sottosuolo, ovvero con le caratteristiche litologiche e petrografiche dei litotipi fratturati costituenti il mezzo acquifero.

Nell’ambito di acquiferi a composizione petrografica omogenea, in assenza di mescolamenti, la composizione chimica delle acque evolve in funzione del tempo di residenza sotterraneo, di norma indicativo del grado di approfondimento del circuito idrogeologico.

L’evoluzione idrochimica si caratterizza per il fenomeno cosiddetto della “convergenza idrochimica”.

In particolare il fenomeno cosiddetto della convergenza della composizione chimica delle acque sotterranee, porta ad un aumento progressivo della concentrazione in sali ed alla conseguente evoluzione del chimismo secondo la sequenza anionica che segue (Shoeller, 1934; Castany, 1968):

HCO3- → HCO3- + SO42- → SO42- + HCO3- →SO42- + Cl- → Cl- + SO42- → Cl-

Ne deriva, in base alla seguente linea evolutiva, una zonalità idrochimica verticale, per cui si ha una stratificazione di acque a salinità (TDS, conducibilità elettrica specifica) crescente, dall’alto verso il basso, con facies chimiche che riflettono l’evoluzione sopradescritta, ovvero:

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• zona superiore (cicolazione corticale “local”) in facies carbonatica, ovvero dove l’acqua contiene il HCO3- come anione dominante ed ha uno scarso contenuto di TDS;

• zona intermedia in facies solfatica, ovvero con SO42- come anione dominante;

• zona profonda (circolazione “regional”), caratterizzata di norma da circuiti lunghi e lenti, con un elevato contenuto in TDS e Cl- come anione dominante

Il parametro che principalmente influenza la composizione isotopica delle acque naturali è la temperatura.

Nell'ambito di un fenomeno di precipitazione meteorica, il frazionamento isotopico dell'acqua segue una legge di distillazione di tipo Raleigh. Pertanto quanto più lunga sarà l’esposizione dell'acqua alle condizioni atmosferiche, tanto maggiore sarà il processo di evaporazione che la interessa e, conseguentemente, tanto più accentuato sarà il fenomeno di arricchimento in isotopi pesanti della fase liquida rispetto alla fase aeriforme che progressivamente evapora.

Generalmente le precipitazioni avvengono in condizioni di umidità relativa pressoché costanti, per cui il processo di frazionamento isotopico naturale risulta aderente alla legge di distillazione citata. A parità di condizioni climatiche, e cioè quindi all'interno dello stesso bacino, dove i fenomeni di precipitazione si ripetono con ciclicità stagionale, per cui i periodi di alimentazione degli acquiferi sono quasi sempre gli stessi, è possibile fare la distinzione che segue. Le acque meteoriche che si infiltrano alle altitudini maggiori del bacino sono quelle che hanno subito una minore esposizione alle condizioni atmosferiche, si sono verificate a temperature più basse, perciò hanno subito un minore processo di evaporazione e, conseguentemente, hanno distillato una minore percentuale di isotopi pesanti. Esse risultano perciò impoverite in isotopi pesanti ed all'interno di un diagramma isotopico, le deviazioni isotopiche ad esse relative si collocano in una posizione più lontana rispetto all'origine del sistema di riferimento.

Diversamente le acque meteoriche che si infiltrano ad una quota altimetrica più bassa avranno subito i processi descritti per un tempo più prolungato, hanno incontrato temperature mediamente più alte, e ne consegue che risulteranno più ricche in isotopi

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pesanti, risultando le deviazioni isotopiche ad esse relative posizionate più in alto nel diagramma isotopico, e più vicino all'origine del sistema di riferimento.

Estrapolando questo ragionamento si può affermare che prolungandosi l’esposizione delle precipitazioni meteoriche alle condizioni atmosferiche, le acque tendono a riassumere il connotato isotopico medio, in termini di δ2H e δ18O, delle masse di acqua da cui ha inizio la evaporazione che origina il ciclo idrologico.

Ciò spiega perché in generale, laddove non intervengano fenomeni particolari, la composizione isotopica delle acque sotterranee presenta una deviazione negativa rispetto a quella standard dell'oceano (SMOW, “Standard Mean Ocean Water”). La stretta correlazione fra la distillazione degli isotopi pesanti nella fase liquida e le quote altimetriche è stata ampiamente studiata, da cui la definizione di relazioni sperimentali.

Per il dettaglio sull’interpretazione dei dati chimicied isotopici si rimanda alla relazione IDR301.

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Figura 15 - Valori di conducibilità elettrica specifica delle sorgenti (misure luglio 2010).

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Figura 16 - Valori di pH delle sorgenti (misure luglio 2010).

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Figura 17 - Valori di temperatura delle acque sorgive (misure luglio 2010)

.

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Acque solforose

I valori di PH si sono rivelati, una fonte di informazione fondamentale anche al fine dell’individuazione delle acque solforose, che sono caratterizzate da PH decisamente anomalo (>10), che indica una circolazione profonda delle acque.

Nella maggior parte dei casi, un primo evidente indizio della presenza di acqua solforosa è rappresentato dai depositi di travertino accumulatisi sulle rocce da cui essa sgorga.

Generalmente le sorgenti solforose si allineano lungo zone di faglia, identificate nel corso dell’attività di rilievo geologico e per tale motivo risultano essere indicatori utili per la definizione dell’assetto tettonico dell’area.

Figura 18 - Sorgenti “solforose” censite nell’area in esame.

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9.2 Stima qualitativa del rischio di impatto dell’opera sulle risorse idriche

Stima qualitativa del pericolo di impatto sui punti d’acqua

Nell’ambito dello studio idrogeologico si propone anche la stima di pericolosità relativa al depauperamento di ciascun punto-acqua in relazione alla realizzazione dell’opera (vedi schede di censimento). Tale stima fa riferimento a due elementi fondamentali: il tipo di circolazione idrica e la distanza che separa il punto-acqua dal tracciato del progetto.

La distanza tra il punto acqua e l’opera è stata misurata lungo la retta planimetrica, perpendicolare al tracciato, che collega i due punti.

Sono stati esclusi dallo studio quei punti-acqua situati in posizioni tali per cui non si ritengono probabili significative interazioni con l’opera. In particolare si tratta di:

• punti-acqua giacenti nel fondovalle del torrente Leira, ad una quota inferiore rispetto al tracciato dell’opera;

• punti-acqua situati a valle di gallerie che già fungono da linee di drenaggio quali ad esempio l’oleodotto Praoil e le gallerie autostradali;

• punti-acqua giacenti all’interno di bacini idrografici non interessati dalla costruzione dell’opera, il cui spartiacque è rappresentato dal dosso su cui sorge l’abitato di Mele.

Per contro, sono stati inclusi nello studio i punti-acqua rilevati nella porzione più a monte del bacino di Acquasanta, nonostante si trovino relativamente distanti dal tracciato. Essi infatti rappresentano la manifestazione superficiale di una circolazione profonda impostata su un sistema di faglie, testimoniata dalla presenza di acque solforose. In una situazione di questo tipo l’interazione tra punti-acqua ed opera, nonostante la distanza che li separa, non può essere esclusa a priori e deve essere contemplata nella stima della pericolosità.

Il grado di pericolosità è stato definito in funzione della distanza dall’opera secondo i criteri indicati di seguito:

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• 0-250 m: è stata correlata ad un grado di pericolosità alto per circolazioni idriche intermedie, profonde e per quei punti-acqua che appartengono a tipologie non definibili a causa dell’impossibilità di effettuare misure, mentre nei confronti della circolazione superficiale la pericolosità è media;

• 250-500 m; è stata correlata ad un grado di pericolosità alto per le circolazioni profonde, per quelle intermedie e per quelle non definite la pericolosità è media, mentre per le circolazioni superficiali è bassa;

• 500-1000 m: è stata correlata ad un grado di pericolosità medio per circolazioni profonde, per quelle intermedie o non definite è basso, mentre per le circolazioni superficiali è molto basso.

• > 1000 m: per i punti-acqua a questa distanza la pericolosità viene stimata bassa per la circolazione profonda, molto bassa per quelle intermedia e trascurabile per quella superficiale.

Per i punti acqua la cui portata è >20 l/min, il grado di pericolosità viene aumentato di un livello a causa dell’importanza che la risorsa può rivestire

Valore economico dei punti-acqua

Si ritiene altresì utile fornire una stima economica dell’impatto potenzialmente prodotto dall’opera, relativamente a ciascun punto-acqua.

Il valore è stato valutato prendendo in considerazione alcuni aspetti fondamentali di ciascun punto-acqua, tra cui l’uso che ne viene fatto, il bacino di utenza che rifornisce ed il fatto che esso sia o meno captato. Sulla base di questi criteri di definizione, la stima del valore dei punti-acqua può essere rappresentata secondo lo schema seguente.

VALORE TIPOLOGIA

Punti - acqua gestiti da acquedotti pubblici e privati o che riforniscono piccoli agglomerati abitativi.

Punti - acqua ad uso idropotabile che soddisfano le esigenze ALTO di comunità ridotte o ampi bacini di utenza.

Pozzi.

Acque solforose captate.

MEDIO Punti - acqua privati monofamiliari ad uso domestico ed irriguo

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o dedicati allo svolgimento di attività di vario genere

BASSO Punti - acqua non captati o con la funzione di fonte pubblica

NON VALUTABILE Punti - acqua con il cui utilizzo è sconosciuto

L’alto valore dei punti-acqua captati dagli acquedotti è intuitiva in quanto rendono un servizio fondamentale a vaste fasce di popolazione locale. Per la stessa ragione vengono compresi in questa categoria i punti-acqua di proprietà di enti clericali o di gestori privati piccolo-medi, che approvvigionano piccoli agglomerati abitativi. I pozzi vengono inclusi per il valore economico connesso alla loro realizzazione. Le acque solforose assumono un valore economico soltanto per l’uso terapeutico.

Valore medio viene attribuito a punti-acqua gestiti da privati che ne fanno uso domestico - irriguo monofamiliare. Si ricorda che spesso le sorgenti servono abitazioni non raggiunte dall’acquedotto.

Valore economico basso è assegnato alle sorgenti non captate o a quelle risorse idriche sfruttate per la realizzazione di fontane pubbliche.

Non valutabile è il valore economico di sorgenti captate ma di cui resta sconosciuto l’uso che ne viene fatto, il bacino di utenza che serve o il gestore.

Per i dettagli sull’impatto delle gallerie sulle sorgenti si rinvia all’elaborato IDR301.

9.3 Individuazione e classificazione delle Unità idrogeologiche

La quantità d’acqua immagazzinata nel sottosuolo e la presenza di falde acquifere sono legate, oltre che a fattori esogeni (precipitazioni, assetto morfologico ed orografico) anche a fattori endogeni (caratteristiche di permeabilità delle formazioni di substrato e loro rapporti geometrici – spaziali).

Scopo di questa parte del lavoro, è l’individuazione e classificazione delle Unità idrogeologiche presenti nell’area di indagine in relazione al grado e tipo di permeabilità delle formazioni esistenti. Per far ciò sono state prese in considerazione tutte le informazioni relative alla litologia, al livello di tettonizzazione, alle lineazioni

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rilevate, ai dati forniti dalle misure di permeabilità eseguite nei sondaggi perforati lungo il tracciato, alla presenza e caratteristiche dei punti d’acqua, ed a quanto riportato in letteratura.

Sulla base di tali dati è stato possibile ricostruire il modello concettuale di circolazione delle acque sotterranee e redigere una carta dei complessi idrogeologici nella quale sono stati individuate 8 Unità idrogeologiche divise in tre gruppi riconducibili al tipo di permeabilità (per porosità – primaria; per fessurazione- secondaria; per carsismo) ed in quattro classi riconducibili alla permeabilità media (Molto Alto - Alto, Medio, Basso, Molto Basso).

In linea generale si ritiene che gli ammassi rocciosi che verranno incontrati abbiano caratteristiche di permeabilità da medie a basse e che la circolazione idrica sotterranea nel substrato roccioso avvenga prevalentemente lungo i sistemi di faglie principali.

Nei paragrafi seguenti viene data una breve descrizione delle caratteristiche di ciascuna unità mentre nella tabella seguente è riportata la corrispondenza tra Unità Idrogeologiche e Unità geologiche.

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Al fine di inquadrare le diverse unità dal punto di vista idrogeologico si propongono permeabilità medie riferibili agli ammassi rocciosi nel loro insieme, dedotte su base qualitativa (vedi in tabella: Grado di Permeabilità). Tali classi di permeabilità risultano comunque soggette a variazioni anche significative in corrispondenza delle strutture principali (es. faglie).

Per quanto concerne la comprensione delle differenze riscontrabili tra il grado di permeabilità qualitativo ed i valori di K desunti dalle prove in sito o dalla letteratura (tabella di sintesi riportata nel paragrafo 9.3.3), è necessario evidenziare che le prove Lugeon sono espressione di una permeabilità puntuale e che possono essere eseguite solamente in corrispondenza di tratti di perforazione stabili; pertanto non tengono conto del comportamento idraulico delle porzioni d’ammasso maggiormente fratturato e permeabile. Tentare di eseguire le prove Lugeon in corrispondenza di tratti molto fratturati, oltre ad implicare rischi di danneggiamento per le attrezzature, fornirebbe risultanze scarsamente attendibili, in quanto gli otturatori atti ad isolare le

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camere di prova verrebbero facilmente sifonati dall’acqua iniettata ad elevata pressione.

Infine si ricorda che l’impiego di acqua nelle fasi di perforazione e di prova verosimilmente può determinare il rammollimento dei terreni argillitici; tale accadimento è in grado di determinare una non perfetta tenuta degli otturatori e l’instaurarsi di moti di filtrazione che, viste le basse permeabilità in gioco, possono condurre alla sovrastima dei valori di K nell’ambito delle argilliti.

Planimetria dei complessi idrogeologici

La planimetria dei complessi idrogeologici è stata elaborata con finalità di inquadramento e caratterizzazione complessiva delle diverse unità acquifere.

La cartografia riporta:

• gli elementi strutturali di tettonica fragile influenti sulla circolazione idrica sotterranea (faglie principali e vicarianti, zone di taglio;

• la localizzazione e classe di portata, in regime di magra (misure estive 2010), delle sorgenti censite;

• la localizzazione dei piezometri realizzati nelle diverse campagne di indagine;

• una distinzione delle unità idrogeologiche con riferimento alle distinzioni riportate nella precedente tabella.

Nella carta dei complessi idrogeologici vengono pertanto distinti, sulla base della ricostruzione geologica di progetto, i settori di sub affioramento del substrato litologico dalle coperture (alluvionali o detritiche) potenti, queste ultime caratterizzate da differente permeabilità primaria per porosità. Relativamente ai litotipi del substrato, vengono distinte le seguenti unità.

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Unità idrogeologiche a permeabilità primaria per porosità

Questo complesso comprende i depositi di età quaternaria ed i riporti antropici caratterizzati da permeabilità primaria per porosità. In tale complesso sono state distinte 4 Unità idrogeologiche in relazione al grado di permeabilità dei terreni.

Unità dei depositi antropici

Classe: I Permeabilità: da medio a basso

Unità Geologiche: Depositi di riporto

Note: Sono costituiti da accumuli eterometrici con spessori molto variabili derivanti dalle estese attività di trasformazione antropica del territorio.

Unità a comportamento acquifero

Classe: II Permeabilità: da molto alto a medio

Unità Geologiche: Depositi alluvionali attuali ed antichi, Depositi di spiaggia e depositi marini terrazzati

Note: I depositi alluvionali sono costituiti da materiali prevalentemente grossolani con alti coefficienti di permeabilità e sede di acquiferi indipendenti. Tali depositi interessano principalmente la Val Polcevera, con spessori che variano da pochi metri fino a decine di metri, mentre sono presenti in modo più limitato in corrispondenza degli altri corsi d’acqua.

Nella Val Polcevera i depositi sono costituiti da ghiaie medio - grossolane a matrice sabbiosa e da sabbie nella litozona superiore; la litozona inferiore invece risulta costituita da sabbie limose e sottostanti ghiaie; queste ultime sono sede di una falda captata dai campi pozzi gestiti dalla società Mediterranea Acque (GEO 019).

Nell’area di attraversamento in prossimità di Bolzaneto è presente solo la parte superiore ghiaiosa.

La presenza nelle alluvioni di lenti e/o livelli di sedimenti fini determina la presenza di setti a permeabilità anche molto bassa.

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Unità a comportamento acquitardo

Classe: III Permeabilità: da bassa a molto basso

Unità Geologiche: Depositi di frana attiva, inattiva, paleofrana e di versante ed eluvio colluviale

Note: I depositi sono composti da materiali di pezzatura variabile, con frequente ed abbondante frazione fine, conseguentemente il coefficiente di permeabilità diviene basso. Alcuni di questi depositi possono essere sede di modesti acquiferi. Gli spessori variano da 3-4 metri, fino a circa 20.

Unità a comportamento acquicludo

Classe: IV Permeabilità: da molto basso aimpermeabile

Unità Geologiche: -

Note: Non riportate in planimetria.

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Unità idrogeologiche a permeabilità secondaria per fratturazione

Sono state distinte 3 Unità:

A - Unità sostanzialmente “omogenee”, in cui la conducibilità idraulica dipende unicamente dal grado di fratturazione e dalla presenza e tipologia di materiali di intasamento, da frizione o alterazione delle pareti dei giunti.

B – Unità caratterizzate da una sostanziale variabilità litologica al proprio interno, in cui sono posti a contatto materiali a differente comportamento reologico da cui differente grado di fratturazione e conducibilità idraulica, con conseguente presenza di limiti di permeabilità nell’ambito della medesima unità.

C – Unità poco permeabili: fanno parte di questa tipologia i complessi meta sedimentari fini e i litotipi flyschoidi prevalentemente argillitici in sinistra del Polcevera.

Unità a permeabilità variabile in relazione al grado di fraturazione

Classe: V Permeabilità: da bassa a molto bassa

Unità Geologiche: Metabasalti del Monte Figogna, Metabasalti di Cravasco, Metagabbri e metabasalti indifferenziati delle unità Palmaro- Caffarella e Voltri, Serpentiniti del Bric dei Corvi, Serpentiniti di Case Bardane, Serpentiniti indifferenziate delle Unità Palmaro- Caffarella e Voltri, Brecce, Lherzoliti, Metasedimenti silicei della Moadonna della Guardia, Brecce di S. Pietro ai Prati

Note: Metabasalti: nel settore più orientale e centrale l’ammasso presenta sempre un discreto livello di fratturazione e le fratture sono generalmente prive di riempimento. Nel settore occidentale interessato da faglie si riscontrano frequentemente condizioni di maggiore fratturazione con presenza di riempimenti discontinui.

Entro il litosoma basaltico sono presenti alcune sorgenti, molte posizionate presso il limite strutturale inferiore, che essendo a contatto con unità argillitiche ha funzione di acquiclude; ulteriori sorgenti, ubicate a quote più elevate, sono legate a contatti con litosomi di serpentinite (Serpentiniti del Bric dei Corvi) e a lineamenti strutturali che agiscono da parziale acquiclude entro

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l’ammasso.

Metagabbri: si presentano intensamente fratturati e, in prossimità della Linea Sestri - Voltaggio, intensamente ripiegati (M.Spassoia). Le aree tettonicamente più disturbate a contatto con le serpentiniti sono sede di piccole sorgenti.

Serpentiniti: ove foliate costituiscono un orizzonte a permeabilità bassa o nulla, mentre i litosomi brecciati costituiscono livelli acquiferi talora consistenti.

Unità a permeabilità variabile in relazione al grado di fratturazione e alle variazioni litologiche

Classe: VI Permeabilità: da media a molto bassa

Unità Geologiche: Quarzoscisti e calcescisti indifferenziati delle unità Palmaro- Caffarella e Voltri, Formazione di Ronco, Scisti di Larvego, Argille di Ortovero, SAC

Note: Quarzoscisti: sono è sempre piuttosto fratturate, sono presenti sorgenti di modesta portata, in zone di contatto con altre unità.

Calcescisti: sono presenti sia affioramenti di Calcescisti sia di micascisti, con valori di permeabilità molto differenti. Vista la complessa storia geologica e la continua variabilità litologica, non è possibile estrapolare al sub affiorante la distinzione, quindi anche la permeabilità può variare in modo sensibile.

Ronco: l’unità contiene al proprio interno livelli di Brecce argilliti che con permeabilità molto bassa, a differenza della Formazione nella sua facies prevalente (arenarie e siltiti).

Unità a conducibilità idraulica molto bassa/semipermeabile

Classe: VII Permeabilità: da bassa a impermeabile

Unità Geologiche: Argilloscisti di Murta, Argilloscisti di Costagiutta, Metargilliti di Bessega, Argilliti di Mignanego, Argilliti di Montoggio, Argillti di Montanesi

Note:

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Unità idrogeologiche a permeabilità mista per fatturazione e carsismo

Unità costituite da litotipi carbonatici in cui è possibile sia lo sviluppo di grandi vuoti in ambiente carsico caratterizzate da sviluppo dei fenomeni carsici più limitato e localizzato, ed in cui la permeabilità per fratturazione può comunque risultare sostanzialmente incrementata da fenomeni chimico-dissolutivi.

Unità torbiditica calcareo - marnosa

Classe: VIII Permeabilità: da molto alto a molto basso

Unità Geologiche: Formazione del Monte Antola, Calcari di Erzelli, Dolomia di Monte Gazzo, Calcari della Serie di Gallareto-Lencisa, Calcari di Voltaggio, Gessi del Rio Riasso

Note: Dolomie: all’interno della formazionesono stati individuati sistemi di fratture orientati NE-SW e NW-SE: tali sistemi di fratture sono sede di frequenti fenomeni carsici, con condotte di dimensioni metriche impostate all’intersezione di fratture, concentrate soprattutto nel settore centro-meridionale dell’ammasso. La permeabilità si riduce a media laddove non siano presenti fenomeni carsici. Il sistema carsico della Dolomia del Gazzo costituiva un eccellente acquifero, che è rimasto alterato dalla perforazione del tunnel ferroviario Borzoli diretto al porto di Voltri. Tuttavia sul versante della Val Chiaravagna le sorgenti sono ancora attive .

Antola: la parte bassa della formazione è localmente sede di risorgenze diffuse, quasi sempre sepolte entro il detrito di falda; risorgenze effimere sono presenti anche in concomitanza di faglie a basso angolo: le faglie inverse in unità di questo tipo costituiscono normalmente acquiclude che sorreggono piccole falde temporanee; tuttavia la fratturazione fragile in regime distensivo, legata alle fasi neotettoniche soprattutto verso costa, determina l’impossibilità che queste falde temporanee possano dare sorgenti di carattere più continuo.

9.4 Correlazione tra strutture fragili, localizzazione e tipologia delle sorgenti

1 – Sorgenti di contatto RLO – VBG

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Nell’ambito dell’Unità tettono-metamorfica Palmaro-Caffarella, si riscontra affioramento delle acque lungo allineamenti al contatto tra Serpentiniti di San carlo in Cese (RLO) e calcescisti della Val Branega (VBG). L’allineamento di sorgenti è molto evidente e si osserva, dislocato dalle linee tettoniche con andamento NNE- SSW, nel limitrofo settore 1a.

Tale allineamento riflette un carattere complessivamente riscontrabile in zona, e segnalato anche a più ampia scala (cfr. note illustrative Carta Idrogeologica 1:5000 Comune di Genova).

In particolare le ultramafiti, con particolare riferimento a serpentinoscisti e lherzoliti, presentano una diffusa permeabilità per fratturazione, dando luogo a sorgenti di contatto per limite relativo di permeabilità con i calcescisti, in cui le fratture sono di norma riempite da materiale argilloso di alterazione.

2 – Sorgenti lungo linee tettoniche disgiuntive con andamento NNE-SSW

La sussistenza di una circolazione preferenziale nell’ambito delle linee tettoniche NNE-SSW è evidenziata dall’ allineamento di sorgenti, frequentemente con chimismo caratteristico di circuiti intermedi e profondi (cfr. localizzazione delle sorgenti “solforose”). Tali allineamenti di risorgive interessano tutti i sistemi di faglia vicarianti. La massima densità di sorgenti si osserva all’intersezione tra le suddette faglie, entro complessi metabasitici e ultramafitici (cfr. ancora settore 1a) per riduzione di permeabilità e risalita di acque profonde al contatto con i calcescisti, caratterizzati, come detto in precedenza, da diffuso intasamento delle fratture con argille di alterazione e conseguente circolazione maggiormente limitata al settore corticale.

3 – Sorgenti localizzate lungo la fascia di rocce carbonatiche MDG (Dolomie di Monte Gazzo).

L’allineamento di sorgenti è connesso alla fascia con andamento circa N-S di litotipi carbonatici, principalmente dolomie e calcari dolomitici, con brecce intraformazionali, strati di calcari marnosi, localmente con caratteri di breccia dolomitica vacuolare di origine evidentemente tettonica.

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Tali litotipi sono caratterizzati da permeabilità per fessurazione e carsismo, determinando linee di risorgive al contatto con i litotipi della medesima unità in facies meno permeabili (calcari marnosi, brecce tettoniche), o con le ultramafiti (SPV) e scisti filladici (LRV) dell’unità di Crevasco-Voltaggio.

4 – Sorgenti lungo la fascia di contatto tra metabasalti (MBF) e argilloscisti (AGI)

Nell’ambito dell’unità tettonometamorfica di Monte Figogna, si osserva un evidente allineamento di sorgenti lungo il contatto MBF-AGI, per limiite di permeabilità relativa, risultando per gli argilloscisti una permeabilità per fratturazione molto bassa e prevalentemente limitata alla porzione corticale dell’ammasso.

9.5 Permeabilità

La permeabilità delle litologie identificate durante il rilevamento può essere definita allo stato attuale solo in maniera approssimata, in quanto i dati relativi alle prove di permeabilità in situ sono molto limitati rispetto all’entità e complessità strutturale delle litologie riscontrate. Nella Tabella seguente sono riepilogati i dati disponibili, rielaborati facendo riferimento a quanto suggerito dalle Raccomandazioni AGI 1974.

Litologia del k (AGI) Sondaggio Campagna Prof. prova Unità geologica tratto in prova [m/sec] Depositi Ghiaia e ciottoli SL2 RCT2003 8.50-9.00 1.73E-04 alluvionali sabbiosa Depositi Ghiaia e ciottoli SL3 RCT2003 10.00-10.50 8.29E-04 alluvionali sabbiosa Depositi Ghiaia con ciottoli SPL8 Tecnosoil 2004 4.00-4.50 3.55E-03 alluvionali sabbiosa Depositi Ghiaia con sabbia SPL8 Tecnosoil 2004 9.90-10.50 2.49E-03 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SPL8 Tecnosoil 2004 15.90-16.50 1.60E-03 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SPL8 Tecnosoil 2004 20.50-21.00 1.53E-03 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SPL8 Tecnosoil 2004 24.90-25.50 2.07E-03 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SPL8ter Tecnosoil 2004 5.50-6.00 9.71E-04 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SPL8ter Tecnosoil 2004 10.00-10.50 1.69E-03 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SPL8ter Tecnosoil 2004 17.00-17.50 8.34E-04 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SPL8ter Tecnosoil 2004 22.00-22.50 1.15E-03 alluvionali ciottolosa

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Depositi SPL9 Tecnosoil 2004 5.90-6.40 Sabbia limosa 4.68E-05 alluvionali da prova di Depositi Ghiaia con sabbia SPL8 Tecnosoil 2004 3.01E-03 pompaggio alluvionali ciottolosa da prova di Depositi Ghiaia con sabbia SPL8bis Tecnosoil 2004 3.83E-03 pompaggio alluvionali ciottolosa da prova di Depositi Ghiaia con sabbia SPL8ter Tecnosoil 2004 3.66E-03 pompaggio alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SP01 Intergeo 2007 10.00-11.00 3.02E-03 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SP02 Intergeo 2007 9.00-10.00 2.31E-03 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SP02 Intergeo 2007 19.50-2.50 6.61E-03 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SP03 Intergeo 2007 9.50-10.50 1.67E-03 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SP04 Intergeo 2007 15.00-16.00 5.34E-04 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SP04 Intergeo 2007 38.20-39.00 4.25E-04 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SP05 Intergeo 2007 8.50-9.50 2.14E-03 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SP06 Intergeo 2007 9.50-10.50 1.28E-03 alluvionali ciottolosa Depositi Ghiaia con sabbia SP06 Intergeo 2007 18.50-20.00 8.52E-04 alluvionali ciottolosa Calcari dolomitici Dolomie del SG8 CSI 2004 64.00-66.00 mediamente 1.54E-06 Monte Gazzo fratturati Calcari dolomitici Dolomie del SG8 CSI 2004 78.50-80.50 mediamente 2.63E-06 Monte Gazzo fratturati Metabasite Metabasalti del SPL1 Tecnosoil 2004 18.00-20.00 intensamente 4.90E-06 Monte Figogna fratturata Metabasite Metabasalti del SPL1 Tecnosoil 2004 33.00-34.00 intensamente 5.06E-07 Monte Figogna fratturata Metabasalti del SPL2 Tecnosoil 2004 29.00-30.50 Metabasite ND Monte Figogna Metabasite Metabasalti del SN2 CSI 2004 21.60-23.60 intensamente 9.73E-07 Monte Figogna fratturata Metabasalti del SN2 CSI 2004 36.00-38.30 Metabasite 8.35E-08 Monte Figogna Metabasalti del SGG3 Landservice 2006 89.00-94.00 Metabasalti 2.15E-08 Monte Figogna Metabasalti del SGG3 Landservice 2006 108.00-113.00 Metabasalti 3.33E-08 Monte Figogna Metabasalti del SGG3 Landservice 2006 156.00-162.00 Metabasalti 2.61E-08 Monte Figogna Calcare marnoso Formazione di SB1 CSI 2004 33.00-35.00 con interc. 5.70E-08 Antola pelitiche Formazione di Calcare marnoso SB1 CSI 2004 37.00-45.00 1.56E-08 Antola con interc.

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pelitiche

Calcare marnoso Formazione di SB2 CSI 2004 32.00-34.30 con interc. 4.02E-07 Antola pelitiche Calcare marnoso Formazione di SB2 CSI 2004 46.00-48.00 con interc. 4.90E-08 Antola pelitiche Calcare marnoso Formazione di SB3 CSI 2004 26.00-28.00 con interc. 1.34E-07 Antola pelitiche Calcare marnoso Formazione di SB3 CSI 2004 35.00-38.25 con interc. 3.44E-07 Antola pelitiche Calcare marnoso Formazione di RE09 Tecno in 2010 20,50-21,50 con interc. 1.05E-06 Antola pelitiche Calcare marnoso Formazione di RE10 Tecno in 2010 10,50-11,30 con interc. 1.01E-06 Antola pelitiche Calcare marnoso Formazione di RE10 Tecno in 2010 40,00-40,80 con interc. 1.65E-06 Antola pelitiche Calcare marnoso Formazione di RE11 Tecno in 2010 41,00-41,80 con interc. 2.19E-06 Antola pelitiche Calcare marnoso Formazione di MS3 Terra 2010 234,00-239,40 con interc. 1.10E-07 Antola pelitiche Calcare marnoso Formazione di MS3 Terra 2010 249,25-254,15 con interc. 1.01E-06 Antola pelitiche Formazione di Calcareniti fini e SPL13 Tecnosoil 2004 102.00-103.00 1.10E-06 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e SA1 CSI 2004 64.00-66.40 7.42E-08 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e SA1 CSI 2004 77.50-80.90 2.76E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e SA4 CSI 2004 136.00-138.15 2.48E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e SA4 CSI 2004 151.50-153.75 2.03E-08 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB4 Landservice 2010 81,50-84,50 2.40E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB7 Landservice 2010 100,00-103,00 9.00E-09 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB8 Landservice 2010 187,00-190,00 1.89E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB9 Landservice 2010 217,00-220,00 1.36E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB9 Landservice 2010 230,00-233,00 2.57E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB11 Landservice 2010 187,00-190,00 3.95E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB11 Landservice 2010 200,00-203,00 2.84E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB17 Teknos 2010 7,80-9,80 5.50E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB20 Teknos 2010 126,55-129,55 3.12E-07 Ronco siltiti

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Formazione di Calcareniti fini e MB20 Teknos 2010 140,50-143,50 2.50E-08 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB23 Teknos 2010 124,60-127,60 6.40E-08 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB24 Teknos 2010 37,60-40,00 4.90E-08 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB26 Teknos 2010 122,10-125,10 2.60E-08 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB26 Teknos 2010 141,70-144,70 1.20E-08 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB28 Teknos 2010 107,50-110,50 1.10E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB28 Teknos 2010 119,60-122,60 5.70E-08 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB30 Teknos 2010 107,00-110,00 4.07E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB33 Teknos 2010 97,15-100,15 4.00E-08 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MB33 Teknos 2010 110,65-113,65 2.90E-08 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e RE01 Tecno in 2010 278,80-280,00 1.36E-06 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e RE01 Tecno in 2010 290,80-292,00 1.30E-06 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e RE02 Tecno in 2010 24,00-25,00 1.59E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e RE04 Tecno in 2010 18,00-19,00 6.00E-09 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e RE06 Tecno in 2010 40,00-40,80 9.17E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e RE06 Tecno in 2010 53,80-54,60 1.06E-07 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MS1 Terra 2010 116,00-120,00 8.00E-09 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e MS1 Terra 2010 130,00-133,00 1.00E-09 Ronco siltiti Formazione di Calcareniti fini e PO1 Terra 2010 40,40-45,50 5.00E-08 Ronco siltiti Formazione di SA7-1 Intergeo 2007 116.70-121.00 Siltite 3.42E-08 Ronco Formazione di MB7 LandService 2010 87,00-90,00 Brecce 1.30E-08 Ronco Formazione di MB8 LandService 2010 200,00-203,00 Brecce 1.71E-07 Ronco Formazione di MB23 Teknos 2010 112,75-115,75 Brecce 1.83E-07 Ronco Argilloscisti SL2 RCT2003 25.30-27.00 Mignanego 1.44E-06 calcarei Argilloscisti SL3 RCT2003 27.00-30.00 Mignanego 3.13E-07 calcarei

SG5 CSI 2004 73.60-75.60 Brecce Brecce ND

SG5 CSI 2004 90.00-92.10 Brecce Brecce ND

SGG10 Imprefond 2007 51.00-55.00 Metabasiti Metabasiti 8.78E-07

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SG2 CSI 2004 34.00-36.20 Calcescisti micascisti 3.94E-07

SG2 CSI 2004 48.00-50.10 Calcescisti micascisti 1.95E-07

SGG9 Imprefond 2007 40.00-45.00 Calcescisti Calcescisti 2.19E-06

SGG9 Imprefond 2007 65.00-70.00 Calcescisti Calcescisti 1.63E-06

SG6 CSI 2004 85.00-87.00 Calcescisti Micascisto 3.29E-08

VB12 Vicenzetto 2010 217.00-220.00 Calcescisti Calcescisti 1.4E-8

VB12 Vicenzetto 2010 232.00-235.00 Calcescisti Calcescisti 1.7E-8

VV1 RCT 2010 51.00-66.00 Calcescisti Calcescisti 3.2E-7

VV1 RCT 2010 96.00-101.00 Calcescisti Calcescisti 3.2E-7

VV9 RCT 2010 88.00-94.00 Calcescisti Calcescisti 5.62E-8 passaggio Ultrabasiti- SG6 CSI 2004 101.50-103.50 calcescisti- 1.05E-07 Micascisti metabasiti passaggio calcescisti- SGG5 Imprefond 2007 51.10-56.10 Serpentiniti 9.18E-08 metabasiti- serpentiniti passaggio passaggio calcescisti- SGG5 Imprefond 2007 108.50-112.00 calcescisti- 1.96E-06 metabasiti- serpentiniti serpentiniti passaggio calcescisti- breccia SGG5 Imprefond 2007 141.50-147.00 1.04E-06 metabasiti- serpentiniti serpentiniti passaggio calcescisti- SGG5 Imprefond 2007 179.00-184.00 Serpentiniti 7.12E-08 metabasiti- serpentiniti SGG6 Imprefond 2007 106.00-115.00 Serpentiniti Serpentiniti 3.35E-08

VV8 RCT 2010 67.00-70.00 Serpentiniti Serpentiniti 2.5E-8

VV8 RCT 2010 80.00-83.00 Serpentiniti Serpentiniti 3.1E-8

VV4 RCT 2010 42.00-45.00 Serpentiniti Serpentiniti 7.6E-7

VV4 RCT 2010 63.00-66.00 Serpentiniti Serpentiniti 7.0E-7

VV4 RCT 2010 152.00-155.00 Serpentiniti Serpentiniti 3.8E-8

VV1 RCT 2010 345.00-350.00 Serpentiniti Serpentiniti 4.14E-7

VB14 Vicenzetto 2010 69.00-73.00 Serpentiniti Serpentiniti 1.5E-7

VB14 Vicenzetto 2010 139.00-143.00 Serpentiniti Serpentiniti 4.9E-7

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VB14 Vicenzetto 2010 177.00-181.00 Serpentiniti Serpentiniti 4.06E-7

VB14 Vicenzetto 2010 223.00-227.00 Serpentiniti Serpentiniti 3.5E-7

Argilloscisti di Argilloscisti SL5 RCT2003 22.80-26.00 1.33E-07 Costagiutta calcarei Argilloscisti di Argilloscisti SPL2 Tecnosoil 2004 39.00-40.30 2.89E-07 Costagiutta calcarei Argilloscisti di VB7 Imprefond 2010 247.00-250.00 Scisti carbonatici 2.40E-06 Costagiutta Argilloscisti di VB7 Imprefond 2010 260.00-263.00 Scisti carbonatici 2.20E-06 Costagiutta Argilliti di SPL7 Tecnosoil 2004 23.50-28.50 ArgilIite 8.17E-07 Montanesi Argilliti di SPL7 Tecnosoil 2004 34.00-35.10 ArgilIite 9.24E-07 Montanesi Argilliti di SPL8 Tecnosoil 2004 29.00-30.00 ArgilIite 1.64E-06 Montanesi Argilliti di SPL8ter Tecnosoil 2004 26.50-27.60 ArgilIite 2.00E-08 Montanesi Argilliti di SPL9 Tecnosoil 2004 18.00-19.20 ArgilIite 2.72E-07 Montanesi Argilliti di SPL9 Tecnosoil 2004 27.40-28.40 ArgilIite 9.13E-08 Montanesi Argilliti di SPL11 Tecnosoil 2004 113.30-114.30 ArgilIite 2.71E-07 Montanesi Argilliti di SPL11 Tecnosoil 2004 126.50-127.50 ArgilIite 7.40E-07 Montanesi Argilliti di SA2 CSI 2004 27.50-30.40 ArgilIite 6.81E-07 Montanesi Argilliti di SA2 CSI 2004 43.50-45.5 ArgilIite 3.18E-07 Montanesi Argilliti di MB30 Teknos 2010 119,80-122,80 ArgilIite 3.05E-07 Montanesi Argilliti di MB31 Teknos 2010 67,70-70,70 ArgilIite 7.20E-08 Montanesi Argilliti di MB31 Teknos 2010 81,30-84,30 ArgilIite 2.00E-08 Montanesi Argilliti di RE15 Tecno in 2010 23,20-24,00 ArgilIite 2.60E-08 Montanesi Argilliti di RE16 Tecno in 2010 18,50-20,50 ArgilIite 5.00E-08 Montanesi Argilliti di RE17 Tecno in 2010 28,10-29,60 ArgilIite 2.60E-08 Montanesi Argilliti di RE19 Tecno in 2010 18,80-19,80 ArgilIite 9.03E-07 Montanesi Argilliti di RE23 Tecno in 2010 22,50-23,50 ArgilIite 8.58E-07 Montanesi Argilliti di PO2 Terra 2010 39,50-42,50 ArgilIite 9.00E-08 Montanesi

VB8 Imprefond 2010 182.00-185.00 Scisti di Larvego Argilloscisti 8.20E-07

VB8 Imprefond 2010 195.00-197.00 Scisti di Larvego Argilloscisti 6.90E-07

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VV1 RCT 2010 200.00-205.00 Metagabbri Metagabbri 3.54E-07

VB11 Vicenzetto 2010 70.00-73.00 Quarzoscisti Quarzoscisti 2.20E-07

Il campo di variabilità dei coefficienti di permeabilità puntuali misurati per ciascuna litologia e la stima qualitativa del grado di permeabilità medio degli ammassi rocciosi è riportato nella tabella seguente:

K [m/sec]

da bibliografia da prove in foro

Grado di Classe Unità idrogeologica Litologia permeabilità min max min max media stimato

Unità dei depositi I Depositi di riporto Medio - Basso - - - - - antropici Depositi alluvionali attuali Unità a ed antichi, Depositi di 4.68E- 6.61E- II comportamento Molto alto - Medio - - 1.93E-03 spiaggia e depositi marini 05 03 acquifero terrazzati Depositi di frana attiva, Unità a inattiva, paleofrana e di Basso - Molto III comportamento - - - - - versante ed eluvio basso acquitardo colluviale Unità a Molto basso - IV comportamento ------Impermeabile

Permeabilità primaria per porosità porosità per primaria Permeabilità acquicludo Metabasalti del Monte Figogna, Metabasalti di Cravasco, Metagabbri e metabasalti indifferenziati delle unità Palmaro- Caffarella e Voltri, Serpentiniti del Bric dei Unità a permeabilità Corvi, Serpentiniti di variabile in relazione Basso - Molto 1.00E- 1.00E- 2.15E- 4.90E- V Case Bardane, 7.06E-07 al grado di basso 08 02 08 06 Serpentiniti fratturazione indifferenziate delle Unità Palmaro-Caffarella e Voltri, Brecce, Lherzoliti, Metasedimenti silicei della Moadonna della Guardia, Brecce di S. Pietro ai Prati

Quarzoscisti e calcescisti Unità a permeabilità indifferenziati delle unità variabile in relazione Palmaro-Caffarella e 1.00E- 1.00E- 1.00E- 2.19E- Permeabilità secondaria per fratturazione fratturazione per secondaria Permeabilità VI al grado di Medio - Basso 3.45E-07 Voltri, Formazione di 07 04 09 06 fratturazione e alle Ronco, Scisti di Larvego, variazioni litologiche Argille di Ortovero, SAC

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K [m/sec]

da bibliografia da prove in foro

Grado di Classe Unità idrogeologica Litologia permeabilità min max min max media stimato

Argilloscisti di Murta, Argilloscisti di Unità a conducibilità Costagiutta, Metargilliti di Medio - Molto 1.00E- 1.00E- 2.00E- 2.40E- VII idraulica molto Bessega, Argilliti di 5.96E-07 basso 08 06 08 06 bassa/semipermeabile Mignanego, Argilliti di Montoggio, Argillti di Montanesi r o

Formazione del Monte Antola, Calcari di Erzelli, Unità a permeabilità Dolomia di Monte Gazzo, Molto alto - Molto 1.00E- 1.00E- 1.56E- 2.63E- VIII mista per fratturazione Calcari della Serie di 8.71E-07 basso 06 02 08 06 e carsismo Gallareto-Lencisa, Calcari di Voltaggio, Gessi del Rio Riasso fratturazione e carsism e fratturazione Permeabilità secondaria pe secondaria Permeabilità

Le significative differenze riscontrabili tra prove in sito, letteratura e valutazione qualitativa delle permeabilità deriva principalmente dal fatto che nel caso delle prove in sito si valutano permeabilità puntuali, mentre negli altri casi viene stimato un valore di permeabilità medio riferibile all’intero ammasso.

9.6 Acquiferi presenti nell’area in studio

Nell’area in esame sono presenti sostanzialmente cinque corpi acquiferi degni di rilievo, costituiti dalle formazioni rocciose delle Dolomie di Monte Gazzo, dei Metabasalti del Monte Figogna, dei Metagabbri indifferenziati delle Unità Palmaro- Caffarella, della Formazione del Monte Antola e dai depositi alluvionali attuali e antichi della vallata del Torrente Polcevera.

Di tali serbatoi sotterranei i più significativi per grado di permeabilità, spessore, estensione, potenzialità e sfruttamento, sono da considerarsi l’acquifero costituito dalla formazione delle Dolomie del Monte Gazzo, quello costituito dai Metabasalti del Monte Figogna e quello costituito dalle alluvioni del Torrente Polcevera.

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Gli altri acquiferi possono essere considerati di modeste capacità, sia per la loro estensione, sia per la presenza di litotipi a bassa permeabilità. A questo si associano i fenomeni di riempimento delle fratture con minerali secondari (serpentiniti e quarzoscisti) ed i fenomeni di trasporto e deposito della frazione fine (formazione di Ronco).

La circolazione idrica sotterranea in contesti in cui predomina la permeabilità secondaria è strettamente legata alla fessurazione delle rocce; tale circolazione può variare in relazione ad estensione, densità ed ampiezza delle discontinuità. Le direzioni di deflusso seguono gli andamenti dei sistemi di fratturazione e dei giunti di stratificazione e sono anch’esse condizionate dalla presenza di piani di faglia, strutture complesse, riempimenti di fratture, etc. Nell’ambito di tali acquiferi possono essere presenti sia falde libere che in pressione, legate alla presenza di orizzonti impermeabili o di blocchi fratturati saturi separati fra loro da setti impermeabili.

Relativamente all’acquifero alluvionale la circolazione idrica sotterranea è strettamente legata a porosità, forma, estensione e dimensione dei depositi ed alla posizione e continuità di livelli coesivi, che possono compartimentare localmente la falda. Gli apporti idrici sono dovuti sia ad infiltrazione diretta che ad alimentazione di subalveo del Torrente Polcevera e la normale direzione del deflusso delle acque segue la direzione dell’asse vallivo.

Sono inoltre presenti acquiferi locali relativi alle coltri detritiche, ai conoidi, ai depositi di frana attiva, ai depositi di frana inattiva, di paleofrana e di versante.

Per quanto riguarda le rimanenti Unità la circolazione idrica sotterranea è prevalentemente limitata alla porzione corticale dell’ammasso roccioso, ovvero alla coltre alterata superficiale; caratterizzata da porosità secondaria più elevata rispetto quella della roccia integra e pertanto da un maggior grado di conducibilità idraulica relativa. Ne consegue una modesta circolazione idrica superficiale, con relativo adattamento della superficie piezometrica alla morfologia del territorio (deflusso secondo le curve di pendenza). Tali falde idriche superficiali sono caratterizzate da limitate potenzialità e sono strettamente collegate alla stagionalità ed alla variabilità degli apporti meteorici.

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Acquifero delle Dolomie di Monte Gazzo

A questo acquifero viene attribuita elevata permeabilità, che può divenire localmente molto alta, ciò grazie all’intensa fatturazione, alle faglie e soprattutto a causa delle cavità carsiche, che all’intersezione dei sistemi di fratturazione principali possono raggiungere dimensioni di vere e proprie condotte (aperture metriche).

Sul versante della Val Chiaravagna vi sono sorgenti ancora attive in modo significativo.

Su base bibliografica tale formazione rocciosa viene accreditata di permeabilità K > 10-3 m/sec.

Acquifero dei Metabasalti del Monte Figogna

Questa unità viene accreditata di un’alta permeabilità, ciò grazie al discreto livello di fratturazione (fratture generalmente rinsaldate e prive di riempimento) ed alle faglie che la interessano.

In questa unità si rinvengono alcune sorgenti, molte posizionate presso il limite strutturale inferiore, che la pone a contatto con le unità argillitiche inferiori (Argilloscisti di Costagiutta), che assumono la funzione di acquiclude; ulteriori sorgenti, ubicate a quote più elevate, sono legate a contatti con le Serpentiniti del Bric dei Corvi ed a lineamenti strutturali che agiscono pure da parziale acquiclude entro l’ammasso.

Su base bibliografica tale formazione rocciosa viene accreditata di permeabilità K >= 10-3 m/sec.

Acquifero dei Metagabbri indifferenziati delle Unità Palmaro-Caffarella

Grazie alla intensa fratturazione che caratterizza questa unità, le viene attribuita una permeabilità media.

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In corrispondenza delle aree di contatto tettonico con le serpentiniti sono presenti piccole sorgenti.

Su base bibliografica tale formazione rocciosa viene accreditata di permeabilità 10-2 > K > 10-4 m/sec.

Acquifero della Formazione del Monte Antola

Tale unità affiora nella parte Est dell’area in studio, dalla costa verso i rilievi montuosi a Nord.

Dalla letteratura per tale formazione rocciosa risultano permeabilità 10-2 > K > 10-4 m/sec, mentre nella seguente tabella si riportano i risultati dalle prove Lugeon effettuate nelle diverse campagne di indagini e reinterpretate secondo AGI.

Litologia del tratto in k (AGI) Sondaggio Campagna Prof. prova prova [m/sec] Calcare marnoso con SB1 CSI 2004 33.00-35.00 5.70E-08 interc. pelitiche Calcare marnoso con SB1 CSI 2004 37.00-45.00 1.56E-08 interc. pelitiche Calcare marnoso con SB2 CSI 2004 32.00-34.30 4.02E-07 interc. pelitiche Calcare marnoso con SB2 CSI 2004 46.00-48.00 4.90E-08 interc. pelitiche Calcare marnoso con SB3 CSI 2004 26.00-28.00 1.34E-07 interc. pelitiche Calcare marnoso con SB3 CSI 2004 35.00-38.25 3.44E-07 interc. pelitiche Calcare marnoso con RE09 Tecno in 2010 20,50-21,50 1.05E-06 interc. pelitiche Calcare marnoso con RE10 Tecno in 2010 10,50-11,30 1.01E-06 interc. pelitiche Calcare marnoso con RE10 Tecno in 2010 40,00-40,80 1.65E-06 interc. pelitiche Calcare marnoso con RE11 Tecno in 2010 41,00-41,80 2.19E-06 interc. pelitiche Calcare marnoso con MS3 Terra 2010 234,00-239,40 1.10E-07 interc. pelitiche Calcare marnoso con MS3 Terra 2010 249,25-254,15 1.01E-06 interc. pelitiche

Dai dati acquisiti risulta una permeabilità media K = 6.69*10-7 m/sec

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Acquifero dei depositi alluvionali attuali e antichi della vallata del Torrente Polcevera.

Il corso d’acqua ha un andamento N-S per una lunghezza di circa 22 km ed un bacino a forma a ventaglio che occupa un’area complessiva di 144 km2. Dopo aver percorso l’ampia piana alluvionale per una lunghezza di circa 9.5 km sfocia nel porto di Genova, a Cornigliano.

La bibliografia testimonia l’esistenza di un canyon sottomarino identificabile come prosecuzione verso mare del corso d’acqua, la sua genesi viene imputata a fenomeni erosivi correlabili ad un eccesso di sedimenti trasportati.

I depositi alluvionali si estendono dalla linea di costa fino ad oltre Bolzaneto e si appoggiano sulle Argilliti di Mignanego e sugli Argilloscisti di Murta ad Ovest; sulle Argilliti di Montanesi ad Est.

Tali terreni hanno la funzione di acquiclude. Lo spessore dei depositi è crescente andando verso mare, infatti si passa da pochi metri in corrispondenza di Pontedecimo a circa 50 metri nell’area di foce tra Cornigliano e Sanpierdarena, con un volume stimato dell’ordine dei 55 milioni di metri cubi. Questi depositi sono costituiti principalmente da sabbie e ghiaie, con intercalazioni di livelli di limi ed argille che normalmente non presentano continuità orizzontale e sono caratterizzati da modesti spessori (1 metro).

Le percentuali dei materiali che costituiscono il materasso alluvionale sono: il 39% sabbie, il 27% ghiaie, il 27% limi ed argille il 7%. I depositi alluvionali attuali ed antichi del Polcevera , sono sede di una importante falda freatica sfruttata dai campi pozzi della società di gestione dei pozzi Genovesi, Mediterranea delle Acque s.p.a. (Campi pozzi Pietra e Torbella). Tale falda ha una escursione media annua compresa tra i 2 ed i 6 metri, con alimentazione per infiltrazione diretta e per gli apporti di subalveo del Polcevera.

La direzione del deflusso sotterraneo verso il mare segue l’andamento del torrente, con valori del livello della superficie piezometrica (letture del 15 luglio 2005)

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decrescenti da 11 metri (s.l.m.) all’altezza di Torbella, a 4 - 6 metri all’altezza di Pietra e di circa 2 metri (s.l.m.) 100 m circa a sud del Viadotto Polcevera. Sulla base di studi bibliografici è possibile affermare che la capacità complessiva stimata della falda si aggira intorno ai 15 milioni di metri cubi, con permeabilità orizzontale Kxy stimata in 10-2 - 10-3 m/sec e permeabilità verticale Kz di circa 10-5 m/sec. Il coefficiente di immagazzinamento è dell’ordine di 0.1.

Litologia del tratto in k (AGI) Sondaggio Campagna Prof. prova prova [m/sec] Ghiaia e ciottoli SL2 RCT2003 8.50-9.00 1.73E-04 sabbiosa Ghiaia e ciottoli SL3 RCT2003 10.00-10.50 8.29E-04 sabbiosa Ghiaia con ciottoli SPL8 Tecnosoil 2004 4.00-4.50 3.55E-03 sabbiosa Ghiaia con sabbia SPL8 Tecnosoil 2004 9.90-10.50 2.49E-03 ciottolosa Ghiaia con sabbia SPL8 Tecnosoil 2004 15.90-16.50 1.60E-03 ciottolosa Ghiaia con sabbia SPL8 Tecnosoil 2004 20.50-21.00 1.53E-03 ciottolosa Ghiaia con sabbia SPL8 Tecnosoil 2004 24.90-25.50 2.07E-03 ciottolosa Ghiaia con sabbia SPL8ter Tecnosoil 2004 5.50-6.00 9.71E-04 ciottolosa Ghiaia con sabbia SPL8ter Tecnosoil 2004 10.00-10.50 1.69E-03 ciottolosa Ghiaia con sabbia SPL8ter Tecnosoil 2004 17.00-17.50 8.34E-04 ciottolosa Ghiaia con sabbia SPL8ter Tecnosoil 2004 22.00-22.50 1.15E-03 ciottolosa

SPL9 Tecnosoil 2004 5.90-6.40 Sabbia limosa 4.68E-05

da prova di Ghiaia con sabbia SPL8 Tecnosoil 2004 3.01E-03 pompaggio ciottolosa da prova di Ghiaia con sabbia SPL8bis Tecnosoil 2004 3.83E-03 pompaggio ciottolosa da prova di Ghiaia con sabbia SPL8ter Tecnosoil 2004 3.66E-03 pompaggio ciottolosa Ghiaia con sabbia SP01 Intergeo 2007 10.00-11.00 3.02E-03 ciottolosa Ghiaia con sabbia SP02 Intergeo 2007 9.00-10.00 2.31E-03 ciottolosa Ghiaia con sabbia SP02 Intergeo 2007 19.50-2.50 6.61E-03 ciottolosa Ghiaia con sabbia SP03 Intergeo 2007 9.50-10.50 1.67E-03 ciottolosa Ghiaia con sabbia SP04 Intergeo 2007 15.00-16.00 5.34E-04 ciottolosa Ghiaia con sabbia SP04 Intergeo 2007 38.20-39.00 4.25E-04 ciottolosa

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Ghiaia con sabbia SP05 Intergeo 2007 8.50-9.50 2.14E-03 ciottolosa Ghiaia con sabbia SP06 Intergeo 2007 9.50-10.50 1.28E-03 ciottolosa Ghiaia con sabbia SP06 Intergeo 2007 18.50-20.00 8.52E-04 ciottolosa

Dalle prove eseguite risulta una permeabilità media K = 1.93*10-3 m/sec

Nel passato, causa i forti prelievi avvenuti, relativi ad emungimenti per uso industriale, si sono verificati episodi di ingressione del cuneo salino.

Un discorso a parte deve essere fatto per il Campo pozzi “Campi” . Infatti i pozzi che lo costituiscono captano una falda presente in un livello ghiaioso relativo ai depositi fluviali e deltizi antichi del T. Polcevera. Si tratta di un vero e proprio paleoalveo, presente all’altezza di questo campo pozzi ad una profondità di circa 30 m dal piano campagna, avente uno spessore di 10 m costituito da ghiaie fini, ghiaie compatte quasi cementate, sabbie e ghiaie, separato dai depositi sabbioso-ghiaiosi recenti da un potente livello di argille grigie di 19 metri di spessore a scarsa permeabilità.

Tale falda, nell’area di captazione di Campi, presenta infatti un livello piezometrico più basso di circa 9 metri rispetto a quella superiore presente nei depositi sabbioso- ghiaiosi recenti.

Il seguente grafico descrive l’andamento dei livelli piezometrici dell’Acquedotto de Ferrari Galliera ed i relativi apporti pluviometrici riferiti al 2005, l’analisi degli andamenti delle curve evidenzia come i livelli dei tre campi pozzi (Torbella, Pietra, Campi) rispondano simultaneamente agli apporti pluviometrici, il che confermerebbe una alimentazione comune a tutte le falde, che coinvolgerebbe anche la falda più profonda, presente nel paleoalveo del Polcevera.

Si osserva inoltre, per entrambe la falde, una immediata risposta sia nei confronti degli eventi di piena, sia nei confronti di quelli di morbida o di magra.

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9. VINCOLI

Per la realizzazione della carta dei vincoli allegata al progetto si è fatto riferimento a diverse fonti ed in particolare alle informazioni contenute nei Piani di Bacino (Stralcio sul rischio idrogeologico in adempimento all’art.1, comma1, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 1998 n 267), redatti dalla Provincia di Genova.

Nella seguente figura è riportato il quadro d’unione dei Piani di Bacino.

Figura 19 – Quadro d’unione dei Piani di Bacino

Per l’area in esame sono stati utilizzati i seguenti Piani di Bacino (da ovest verso est):

• Ambito 12 e 13: comprende il bacino idrografico del torrente Cerusa e Leira oltre che bacini minori e aree scolanti del ponente genovese

• Bacino del torrente Branega

• Bacino del torrente San Pietro

• Bacino del torrente Varenna

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• Bacino del Torrente Chiaravagna

• Bacino del Torrente Polcevera

• Ambito 14

• Bacino del Torrente Bisagno

Per ciascuno dei bacini sopraelencati è stata riportata la carta della suscettività al dissesto. I dati di partenza, purtroppo, non sono omogenei per tutta l’area, in quanto i vari bacini sono stati considerati in anni diversi.

Nella planimetria sono stati anche riportati i seguenti elementi (sempre derivati dai Piani di Bacino)

ƒ Corpi di frana, suddivisi in attivi (fa) e quiescenti (fq) intesi come relitti, inattivi o paleofrane.;

ƒ Ruscellamenti diffusi;

ƒ Fasce fluviali suddivise in Fascia A (zona interessata dall’alveo attuale del corso d’acqua e zone soggette ad esondazioni con tempo di ritorno pari a 50 anni); Fascia B (zone soggette ad esondazioni con tempo di ritorno pari a 200 anni) e Fascia C (zone soggette a piene catastrofiche con tempo di ritorno pari a 500 anni).

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10. INDAGINI GEOGNOSTICHE

Al fine di ricostruire la tipologia e le caratteristiche dei materiali presenti nel sottosuolo, risultano di fondamentale importanza le indagini geognostiche (in sito ed in laboratorio).

A tal fine si è provveduto in prima fase a reperire tutti i dati disponibili (presso Enti, privati o indagini pregresse realizzate da Autostrade all’interno dell’area in esame) e successivamente alla realizzazione di una apposita campagna di indagini mirata alla definizione degli aspetti di maggiore interesse ingegneristico ed ambientale (caratterizzazione litologica e meccanica delle diverse formazioni, caratteristiche idrogeologiche e geomeccaniche relative ai principali contesti tettonici, ricostruzione dell’assetto idrogeologico dell’area Polcevera, ecc.).

Nelle tavole GEO036-043 è riportata l’ubicazione di tutte le indagini eseguite.

11.1 Indagini pregresse

Indagini bibliografiche (Comune di Genova e privati)

Sono state acquisite tutte le stratigrafie dei sondaggi e dei pozzi per acqua che ricadono in una fascia ampia circa 2 km a cavallo dei tracciati. Si tratta di documenti reperibili presso gli archivi del Comune di Genova o presso privati (Autorità Portuale, Ansaldo S.p.A., Studio Geotecnico Italiano). Le perforazioni sono per lo più concentrate nella zona del Polcevera o della zona portuale di Voltri.

In totale sono state recuperate 488 stratigrafie di sondaggi (321 presso il Comune, 13 da Ansaldo, 5 da Autorità Portuale e 138 da S.G.I.) e di 11 di pozzi per acqua (GEO044-052 ).

Sondaggi dissesto Viadotto Veilino

Si tratta delle perforazioni realizzate a seguito del dissesto che ha interessato l’A12 in prossimità dello svincolo di Genova est. I dati recuperati comprendono indagini in

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sito (sondaggi e geofisica), prove di laboratorio e misure di monitoraggio inclinometrico.

Committente Cantiere Anno N. e tipo di indagine

Autostrade S.p.A. A12 - Viadotto Veilino 2002 6 sondaggi

Sondaggi Progetto definitivo “ Porto di Voltri”

Tali indagini sono inserite nel Progetto definitivo del Nuovo sistema di accesso alle aree operative del bacino portuale di Voltri e comprendono:

Committente Cantiere Anno N. e tipo di indagine

Autostrade Autostrada Genova- --- 11 sondaggi Savona

Progetto esecutivo delle opere di raddoppio (II carreggiata)

IMPRESA SALATI S.p.A. Via Diano Marina - 1989 4 sondaggi Palmaro

Spea Galleria artificiale Prà 2003 10 sondaggi Palmaro

Autostrade Progetto definitivo del 2007 1 sondaggio Nuovo sistema di accesso alle aree operative del bacino portuale di Voltri

Indagini Galleria Montegalletto

Realizzate per i lavori di sistemazione della Galleria Montegalletto, in prossimità di Begato.

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Committente Cantiere Anno N. e tipo di indagine

Autostrade Indagini geognostiche 2007 3 sondaggi + indagini presso la Galleria sismiche a rifrazione + Montegalletto geoelettrica

Indagini Campagna 2003

Si tratta di tutte le indagini realizzate nell’ambito del Progetto preliminare della Gronda di Genova su un tracciati differenti dall’attuale, constano di 31 sondaggi e 11.135 m di sismica a rifrazione (di cui 6.575 m con tomografia).

Sui campioni prelevati sono state eseguite prove di laboratorio per definire le caratteristiche dei materiali.

Sondaggi Tipologia Profondità (m)

S1 verticale 50.1

SA verticale 25

SB verticale 30.2

S5 verticale 20

SC verticale 25

S9 verticale 65.2

SD verticale 20.5

SEBIS verticale 20

S11 verticale 20.1

SL2 verticale 27

SL3 verticale 39.8

SL4 verticale 25

SL5 verticale 35

1 verticale 42.5

A verticale 24.5

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Sondaggi Tipologia Profondità (m)

D verticale 34.5

6 verticale 25

G verticale 24.8

H verticale 24.8

7 verticale 20

8 verticale 29

9 verticale 28

TOTALE 628 m

Indagini Campagna 2004

Le indagini, realizzate nell’ambito del Progetto preliminare della Gronda di Genova su un tracciato differente dall’attuale, constano di 22 sondaggi (di cui 19 a carotaggio, 2 a distruzione e un pozzo di 200 mm di diametro) e 1380 m di sismica a rifrazione. E’ stata inoltre eseguita una prova di pompaggio di lunga durata in corrispondenza del previsto sottopasso del Polcevera. Sui campioni prelevati sono state eseguite prove di laboratorio per definire le caratteristiche dei materiali.

Sondaggi Tipologia Profondità (m)

SA1 verticale 105

SA2 verticale 59.8

SA4 verticale 160.9

SB1 verticale 50.8

SB2 verticale 50.2

SB3 verticale 47

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Sondaggi Tipologia Profondità (m)

SG2 verticale 66.7

SG5 verticale 100

SG6 verticale 106.5

SG8 verticale 95

SN1 verticale 75

SN2 verticale 40.5

SPL1 verticale 60

SPL2 verticale 50

SPL7 verticale 45

SPL8 verticale 45

SPL8bis verticale 32

POZZO verticale 25

SPL8ter verticale 45

SPL9 verticale 45

SPL11 verticale 135

SPL13 verticale 130

TOTALE 1569.4 m

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Indagini 2006-2007

Nell’ambito del progetto preliminare – su un tracciato solo parzialmente coincidente con l’attuale - è stata eseguita una campagna geognostica che ha compreso le seguenti attività:

• 18 sondaggi (di cui 2 inclinati di 45°) a carotaggio continuo per un totale di 1490 m di perforazione

• Prove di laboratorio eseguite sui campioni prelevati dai sondaggi, per definire le caratteristiche meccaniche dei materiali

• Indagini geofisiche comprendenti 1000 m di sismica a rifrazione e 1300 m di elettrica, realizzate nella zona del Polcevera al fine di definire l’andamento del substrato

• 75 rilievi geomeccanici associati a Point Load Strenght Test

• 29 analisi ambientali (al fine di determinare il ”fondo naturale” dei vari litotipi presenti nell’area)

• prelievi finalizzati alla definizione del contenuto d’amianto naturale negli ammassi rocciosi.

Indagini in sito e in laboratorio

L’obiettivo della geognostica non è stato quello di indagare sistematicamente l’asse di progetto, quanto piuttosto quello di inquadrare gli aspetti geologico – tecnici dai quali potenzialmente dipende la possibilità di aperare le principali scelte tecnico – ingegneristiche, in particolare:

• definire in modo corretto alcune strutture geologiche e tettoniche altrimenti non risolvibili (sia per quanto riguarda la posizione dei contatti, sia per le caratteristiche idrogeologiche);

• prelevare campioni per caratterizzare in laboratorio i litotipi attraversati;

• ricostruire la struttura geologica ed idrogeologica dell’aer Polcevera.

La seguente tabella esprime una sintesi relativa a tipologia e profondità dei sondaggi:

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Sondaggi Tipologia Profondità (m)

SPo1 verticale 40

SPo2 verticale 40

SPo3 verticale 30

SPo4 verticale 50

SPo5 verticale 40

SPo6 verticale 45

SA7-1 verticale 165

SGGA1 verticale 15

SGG0 verticale 45

SGG1 verticale 65

SGG2 verticale 80

SGG3 verticale 240

SGG4 verticale 150

SGG5 Inclinato 45° 190

SGG6 Inclinato 45° 150

SGG7 verticale 40

SGG9 verticale 70

SGG10 verticale 55

TOTALE 1510

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Rilievi geomeccanici

Per quanto attiene alla caratterizzazione geomeccanica degli ammassi rocciosi, sono stati eseguiti n° 75 rilievi in sito, che hanno previsto anche l’esecuzione di prove di resistenza a carico puntuale (PLST) e cioè di una metodologia di prova speditiva, utile a stimare sperimentalmente la resistenza della matrice rocciosa.

Gli affioramenti rocciosi prescelti sono statisticamente rappresentativi delle condizioni geomeccaniche che interessano le opere di progetto e per ciascuno di essi sono state determinate:

• le orientazioni delle famiglie di discontinuità;

• le caratteristiche fondamentali di ciascuna famiglia (spaziatura, persistenza, apertura, alterazione, JCS, JRC) e la loro variabilità;

• le classi di appartenenza degli affioramenti rocciosi, con riferimento alle principali classificazioni geomeccaniche (RMR, GSI, Q);

• i parametri fondamentali d’ammasso riferiti al singolo affioramento attraverso le formule di correlazione di letteratura (mb, s, σcm, E, c, φ);

• la variabilità indotta nei parametri d’ammasso dalla variabilità naturale dei dati d’ingresso (simulazione statistica tipo Monte Carlo).

Analisi chimiche

Al fine di determinare le caratteristiche chimiche dei materiali presenti nella zona di interessata dal progetto , sono state eseguite una serie di analisi per determinare il “fondo naturale” caratteristico dei differenti litotipi.

Sono stati quindi analizzati i seguenti campioni:

• 17 campioni lapidei prelevati da affioramenti,

• 8 campioni lapidei prelevati dai sondaggi,

• 2 campioni di terreno prelevati nei sondaggi eseguiti nel Polcevera

• 2 campioni di terreno ed 1 campione d’acqua prelevati nella zona dell’imbocco est della Galleria Borzoli.

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11.2 Indagini progetto definitivo 2010

Nell’ambito del progetto definitivo è stata eseguita una campagna geognostica che ha compreso le seguenti attività:

• Sondaggi a carotaggio continuo e a distruzione

• Pozzi con piezometri di controllo per la realizzazione di prove di pompaggio a gradini e di lunga durata, volti a definire nel modo più preciso possibile le caratteristiche idrogeologiche

• Prove di laboratorio eseguite sui campioni prelevati dai sondaggi, per definire le caratteristiche meccaniche dei materiali

• Indagini geofisiche a rifrazione tomografica con acquisizione sia di Vp sia di Vs e prove Cross Hole in fori di sondaggio

• Rilievi geomeccanici associati a Point Load Strenght Test

• Analisi ambientali su campioni prelevati dai sondaggi (al fine di determinare le caratteristiche dei vari litotipi presenti nell’area)

• Prelievi finalizzati alla definizione del contenuto d’amianto naturale negli ammassi rocciosi.

Indagini in sito e in laboratorio

La campagna geognostica è stata finalizzata a:

• indagare le principali problematiche geologiche, strutturali ed idrogeologiche presenti lungo i tracciati interessati dal progetto.

• consentire la ricostruzione della geologia nel sottosuolo

• Eseguire prove in sito per definire le caratteristiche geotecniche, geomeccaniche ed idrogeologiche dei materiali del sottosuolo

• Prelevare campioni da sottoporre alle prove di laboratorio (geotecnico, geomeccanico e chimico-ambientale)

• Installare strumentazione per misurare le variazioni dei livelli di falda nel tempo

• Definire il contenuto di amianto delle “pietre verdi”

• Definire le caratteristiche sismiche dei materiali (Vs30) in accordo con Il D.M. del 14/01/08 “Nuove norme tecniche per le costruzioni”

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Le aree indagate riguardano tre ambiti:

• Tracciati del progetto della Gronda (Ovest Polcevera, est Polcevera e rampe): la campagna d’indagine è stata suddivisa in 8 lotti

• S. Benigno

• Canale di calma: in tale ambito sono state eseguite sia sondaggi a terra sul sedime dell’aeroporto sia indagini a mare eseguite da pontone

Le seguenti tabelle esprime sintetizzano tipologia e profondità dei sondaggi eseguiti:

Zona Est Polcevera

Sondaggio Profondità Tipologia Inclinazione

MB1 25 carotaggio continuo verticale

MB4 105 carotaggio continuo verticale

MB7 115 carotaggio continuo verticale

MB8 215 carotaggio continuo verticale

MB9 240 carotaggio continuo verticale

MB11 210 carotaggio continuo verticale

MB15 25 carotaggio continuo verticale

MB16 30 carotaggio continuo verticale

MB16bis 30 distruzione di nucleo verticale

MB16ter 30 distruzione di nucleo verticale

MB17 25 carotaggio continuo verticale

MB20 150 carotaggio continuo verticale

MB23 135 carotaggio continuo verticale

MB24 100 carotaggio continuo verticale

MB26 135 carotaggio continuo verticale

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MB28 130 carotaggio continuo verticale

MB29 115 carotaggio continuo verticale

MB30 130 carotaggio continuo verticale

MB31 90 carotaggio continuo verticale

MB33 120 carotaggio continuo verticale

100 m a distruzione e RE1 300 verticale 200 a carotaggio

RE2 25 carotaggio continuo verticale

RE4 30 carotaggio continuo verticale

RE6 65 carotaggio continuo verticale

RE9 35 carotaggio continuo verticale

RE10 50 carotaggio continuo orizzontale

RE11 50 carotaggio continuo orizzontale

RE12 30 carotaggio continuo verticale

RE13 140 carotaggio continuo verticale

RE15 35 carotaggio continuo verticale

RE16 35 carotaggio continuo verticale

RE17 35 carotaggio continuo verticale

RE18 25 carotaggio continuo verticale

RE19 25 carotaggio continuo verticale

RE23 25 carotaggio continuo verticale

MS1 140 carotaggio continuo verticale

MS3 260 carotaggio continuo verticale

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MS5 25 carotaggio continuo verticale

PO1 50 carotaggio continuo verticale

PO2 50 carotaggio continuo verticale

PO2bis 50 distruzione di nucleo verticale

PO2ter 50 distruzione di nucleo verticale

PO3 40 carotaggio continuo verticale

Zona ovest Polcevera

Sondaggio Profondità Tipologia Inclinazione

VB1 35 carotaggio continuo verticale

VB1 bis 35 distruzione di nucleo verticale

VB1ter 35 distruzione di nucleo verticale

200 m a distruzione e VB6* 450 verticale 250 a carotaggio

VB7 280 carotaggio continuo inclinato

VB7bis* 350 carotaggio continuo inclinato

VB8 205 carotaggio continuo verticale

VB10 285 carotaggio continuo verticale

VB11 195 carotaggio continuo inclinato

VB12 235 carotaggio continuo verticale

VB14 240 carotaggio continuo orizzontale

VB15 30 carotaggio continuo verticale

VB16 30 carotaggio continuo verticale

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VV1 350 carotaggio continuo orizzontale

VV4 200 carotaggio continuo inclinato

VV5 180 carotaggio continuo verticale

VV7 70 carotaggio continuo verticale

VV8 90 carotaggio continuo verticale

VV9 115 carotaggio continuo verticale

VV10 50 carotaggio continuo verticale

VV10bis 50 distruzione di nucleo verticale

VV10ter 50 distruzione di nucleo verticale

VV11 50 carotaggio continuo verticale

VV12 50 carotaggio continuo verticale

VV16 35 carotaggio continuo verticale

VV16bis 35 distruzione di nucleo verticale

VV16ter 35 distruzione di nucleo verticale

VV17 35 carotaggio continuo verticale

VV18 30 carotaggio continuo verticale

VV19 70 carotaggio continuo verticale

VV20 75 carotaggio continuo verticale

VV24 25 carotaggio continuo verticale

VV25 25 carotaggio continuo verticale

VV26 25 carotaggio continuo verticale

RO1 40 carotaggio continuo verticale

Spea – Ufficio Geologia 184 / 269

R01bis 40 distruzione di nucleo verticale

RO1ter 40 distruzione di nucleo verticale

RO2 62 carotaggio continuo verticale

RO3 95 carotaggio continuo verticale

RO4 90 carotaggio continuo verticale

VV3* 50 carotaggio continuo orizzontale

VV22* 155 carotaggio continuo verticale

POZZO 1 200 distruzione di nucleo verticale

Piezo 1 200 distruzione di nucleo verticale

Piezo 2 200 distruzione di nucleo verticale

POZZO 2* 100 distruzione di nucleo verticale

Piezo 3* 100 distruzione di nucleo verticale

Piezo 4* 100 distruzione di nucleo verticale

* in corso

S. Benigno

Sondaggio Profondità Tipologia Inclinazione

B1 35 carotaggio continuo verticale

B2 35 carotaggio continuo verticale

B3 35 carotaggio continuo verticale

B3bis 35 distruzione di nucleo verticale

B3ter 35 distruzione di nucleo verticale

B4 25 carotaggio continuo verticale

Spea – Ufficio Geologia 185 / 269

B5 25 carotaggio continuo verticale

B6 20 carotaggio continuo verticale

B7 25 carotaggio continuo verticale

B8 25 carotaggio continuo verticale

B9 35 carotaggio continuo verticale

B11 30 carotaggio continuo verticale

B12 30 carotaggio continuo verticale

B13 30 carotaggio continuo verticale

B14 30 carotaggio continuo verticale

Canale di calma

Sondaggio Profondità Tipologia Inclinazione

SJ1 48 carotaggio continuo verticale

SJ2 60 carotaggio continuo verticale

SJ3 49 carotaggio continuo verticale

10 m a distruzione e 40 a SJ4* 50 verticale carotaggio

SJ5 33 carotaggio continuo verticale

25 m a distruzione e 17 a SJ5bis 42 verticale carotaggio

SJ6 60 carotaggio continuo verticale

SJ7* 50 carotaggio continuo verticale

SJ8 30 carotaggio continuo verticale

28 m a distruzione e 32 a SJ8bis 60 verticale carotaggio

Spea – Ufficio Geologia 186 / 269

SJ9 50 carotaggio continuo verticale

45 m a distruzione e 15 a SJ9bis 60 verticale carotaggio

Nel canale di colma, al fine di meglio caratterizzare i materiali dal punto di vista geotecnico, sono state anche eseguite prove CPTU e prove con il dilatometro Marchetti.

Nel corso dei sondaggi sono state eseguite prove SPT, prove dilatometriche e pressiometriche, prove Lefranc e Lugeon.

In alcuni dei sondaggi, posti sia in corrispondenza degli imbocchi sia di importanti opere all’aperto (Viadotto Genova), sono state realizzate prove Cross Hole in foro per la definizione del Vs30.

Rilievi geomeccanici

Al fine di estendere le informazioni geomeccaniche derivate dai rilievi eseguiti nel 2006-2007 alla nuova area interessata dal progetto, sono stati effettuati ulteriori rilievi geomeccanici associati a Point Load Strength Test. Tali rilievi sono stati condotti con le stesse modalità della precedente campagna d’indagine e hanno interessato la zona non coperta dal precedente progetto.

Nella tabella seguente sono riepilogate le quantità di sondaggi ed indagini geofisiche recuperate o eseguite nell’area genovese ed utilizzate per la redazione del progetto.

Spea – Ufficio Geologia 187 / 269

Sondaggi Indagini geofisiche

n. m a rifrazione geoelettrica

INDAGINI PREGRESSE 616 3630 13515 1300

4230 OVEST POLCEVERA - 48 5522 (Vp e Vs)

2260 EST POLCEVERA - 43 3725 (Vp e Vs)

S. BENIGNO 15 450 - -

CANALE DI CALMA 12 592 ‐ ‐

TOTALE 734 13919 20005 1300

Spea – Ufficio Geologia 188 / 269

11. STUDIO RELATIVO ALLA PRESENZA DI AMIANTO NATURALE

Dall’esame della bibliografia geologica e delle normative della Regione Liguria (D.G.R. 2006, n. 878), risulta nota la presenza di minerali di amianto all’interno di alcuni litotipi che interessano il tratto di progetto tra il Polcevera e Vesima.

Al fine di acquisire maggiori informazioni circa la presenza di amianto all’interno delle litologie segnalate come a rischio, si è proceduto all’esecuzione di studi specialistici suddivisi in tre fasi, due relative al progetto preliminare del 2008 ed una realizzata appositamente per il progetto definitivo:

Fase preliminare: lo studio è stato eseguito in collaborazione con l’Università di Siena e con l’Università di Genova. La fase preliminare ha raggiunto l’obiettivo di definire gli ambiti geologico-strutturali favorevoli alla presenza di amianto, oltre che di definire le tipologie di minerali asbestoidi presenti. (cfr. GEO 170-171)

Fase di approfondimento: eseguita in collaborazione con il CNR – Unità di Pavia (referente principale), con l’Università di Torino (analisi strutturale delle fratture) e con l’Università dell’Insubria (analisi diffrattometriche quantitative). La fase di approfondimento ha prodotto la definizione quali - quantitativa delle fibre di amianto presenti lungo il tracciato della Gronda (GEO 172-178).

Gli studi sopra citati sono stati condotti su un tracciato parzialmente diverso dall’attuale - il tratto tra Vesima e la Val Varenna non è stato modificato - ma i risultati delle analisi sono stati riutilizzati per lo studio Definito.

Studio progetto definitivo: eseguito dall’Associazione Temporanea di Scopo costituita da:

• Università degli Studi di Torino, Centro Interdipartimentale per lo Studio degli Amianti e degli altri Particolati Nocivi “G. Scansetti”;

• Istituto di Geoscienze e Georisorse (IGG) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Unità di Torino e di di Pavia;

• GDP consultants di Saint Christophe (AO).

Spea – Ufficio Geologia 189 / 269

Tale ATS si è costituita per realizzare un’efficace integrazione delle svariate competenze necessarie ad affrontare lo studio, che hanno coinvolto le seguenti istituzioni e il relativo personale:

• coordinamento: Prof. Roberto Compagnoni (UniTO).

• Conoscenze petrografiche, mineralogiche, chimiche e fisiche del Centro G. Scansetti nel campo degli amianti. Referente Prof.ssa Bice Fubini, direttore del Centro.

• Laboratorio mineralogicopetrografico del Dipartimento di Scienze Mineralogiche e Petrografiche dell’Università di Torino (DSMP Referente: Prof.ssa Elena Belluso).

• Laboratori mineralogici dell’Unità di Pavia dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse (IGGReferente: Dott. Alberto Zanetti) e del Dip. di Scienze della Terra dell’Università di Pavia, Referente: Dott. Michele Zema

• Conoscenze geologico-strutturali dell’Unità di Torino dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse (IGG Referenti: Dott. Fabrizio Piana e Dott. Sergio Tallone).

• esperienza nel settore delle grandi opere di GDP consultants (Referente: Dott. Luca Delle Piane).

12.1 Il minerale amianto

Per la normativa italiana sotto il nome di amianto sono compresi 6 composti distinti in due grandi gruppi: anfiboli e serpentino.

ANFIBOLI (silicati di calcio e magnesio)

Crocidolite Na2Fe3Fe2[(Si4O11)(OH,F)]2

(amianto blu - dal greco: fiocco di lana)

Varietà fibrosa del minerale riebeckite.

Amianto blu del Sud Africa, caratterizzato da fibre aghiformi, per lo più di diametro fine. E’ considerato una delle varietà di amianto più pericolosa.

Spea – Ufficio Geologia 190 / 269

Amosite (Fe,Mg)7[(Si4O11)(OH)]2

(amianto bruno - Acronimo di "Asbestos Mines Of South Africa")

Nome commerciale dei minerali grunerite e cummingtonite.

Amianto di colore bruno del Sud Africa, caratterizzato da fibre aghiformi di diametro sia fine che grossolano.

Antofillite (Mg,Fe)7[(Si4O11)(OH)]2

(dal greco: garofano) amianto di colore grigio-azzurro-verde, con fibre aghiformi/prismatiche sia fini che grossolane.

Actinolite Ca2(Fe,Mg)5[(Si4O11)(OH,F)]2

(dal greco: pietra raggiata) amianto di colore grigio-olivastro, con fibre aghiformi/prismatiche, più grossolane che fini.

Tremolite Ca2Mg5([(Si4O11)(OH,F)]2

(nome della Val Tremola in Svizzera). amianto di colore grigio chiaro - verde, con fibre aghiformi/prismatiche, più grossolane che fini.

Spea – Ufficio Geologia 191 / 269

SERPENTINO (silicati di magnesio)

Crisotilo Mg6(Si4O10)(OH)8

(amianto bianco dal greco: fibra d'oro) amianto bianco, quasi sempre caratterizzato da fibre lunghe, sia fini che raccolte in ciuffi. E’ l’amianto commercialmente più utilizzato nel mondo ed anche l’unico attualmente estratto e commercializzato da molti paesi, tra cui Canada e Russia.

I litotipi individuati come possibili fonti di amianti, secondo il D.C.R. n.105 del 1996 richiamato dalla normativa regionale, sono i seguenti:

- Gruppo A: serpentiniti, serpentinoscisti ed eclogiti

- Gruppo B: anfiboliti, gabbri, metagabbri e metabasiti

- Gruppo C: brecce ofiolitiche, basalti e metabasalti

Nella tabella seguente sono riportate le principali associazioni mineralogiche caratteristiche dei vari tipi di metamorfismo; in rosso sono evidenziati i minerali del gruppo amianto.

Le rocce presenti nell’area del progetto sono essenzialmente riferibili ad un metamorfismo retrocesso a Scisti verdi e possono contenere quindi actinolite, tremolite e crisotilo.

Spea – Ufficio Geologia 192 / 269

12.2 Fase preliminare

Al fine di verificare l’effettiva presenza di amianto segnalata dalla bibliografia e sospettata dal rilevamento geologico (in alcuni affioramenti sono state notate fibre in corrispondenza di zone fratturate), si è proceduto ad un primo studio dell’area comprendente le seguenti attività:

• Analisi della normativa vigente in materia di amianto;

• Campionamento e rilevamento strutturale speditivo degli affioramenti segnalati come sospetti;

• Analisi di sezioni sottili;

• Analisi difrattometriche qualitative;

• Ipotesi riguardanti la presenza, la geometria e la volumetria dei corpi mineralizzati ad amianto;

Spea – Ufficio Geologia 193 / 269

• Definizione metodologica dei possibili scenari relativi alla gestione delle operazioni di scavo

• Definizione metodologica dei possibili scenari relativi alla gestione delle terre di scavo

• Definizione metodologica delle possibili indagini integrative

In particolare sono stati prelevati n° 50 campioni di roccia nell’ambito di n° 28 affioramenti di serpentinite in quei contesti dove è stata rilevata ad occhio nudo la presenza di minerali fibrosi.

L’analisi è stata condotta dapprima sulle sezioni sottili di roccia, mediante osservazione al microscopio ottico e successivamente mediante difrattometrie ai raggi X; l’osservazione dei campioni al microscopio ha evidenziato la presenza di minerali “sospetti” in corrispondenza di n° 25 campioni, che sono stati inviati presso laboratori universitari per essere sottoposti ad analisi difrattometrica per definire la specie mineralogica d’appartenenza.

Nella seguente tabella sono riepilogati i risultati delle analisi di prima fase.

Spea – Ufficio Geologia 194 / 269

Valutizione fibre Unita DGR N. Valutazione in sezione sottile Diffrattometrica Formazione Nota tettonometamorfica 878/2006 campione visiva fibre (crisotilo?) Frattura Massa Crisotilo Tremolite Altri minerali Argille di ------Depositi tardo e post Ortovero orogenici Brecce di - - - - Costa Cravara Formazione di ------Monte Antola Unità Antola Argilliti di ------Montoggio Formazione Unità Ronco ------Ronco Argilliti di Unità Montanesi ------Montanesi Argilliti di Unità Mignanego ------Mignanego Argilloscisti di ------Murta Argilloscisti di ------Costagiutta Zona di passaggio tra Metabasalti 8 serpentiniti e X NO x - - del Monte X Metabasalti Figogna Metabasalto fortemente 9 X NO x NO NO Lizardite Saponite serpentinizzato 1 X X X NO NO Lizardite serpentinite cataclastica 2 X NO x - - Breccia serpentinite in 3 X NO X - - Lithon Unità Figogna 4 Superficie Lithon X NO x - - 5 Lithon X NO x - - 6 Superficie Lithon X NO x X NO Lizardite Serpentiniti del X Bric dei Corvi Zona di passaggio tra 7 serpentiniti e X NO x - - Metabasalti 10 Zona di passaggio tra X NO x NO X Nontronite serpentiniti e 11 Metabasalti X NO x - - 12 Faglia X NO XX - - 13 Superficie Lithon X XX XX - - 14 Superficie Lithon X X X - - Scisti filladici Unità Cravasco- di Monte ------Voltaggio Larvego

Spea – Ufficio Geologia 195 / 269

Valutizione fibre Unita DGR N. Valutazione in sezione sottile Diffrattometrica Formazione Nota tettonometamorfica 878/2006 campione visiva fibre (crisotilo?) Frattura Massa Crisotilo Tremolite Altri minerali 15 X NO X - - 16 X NO x - -

17 serpentiniti X XX XX X NO Lizardite Magnetite 18 cataclastiche X NO x - -

Serpentiniti di 19 X XX XX - - X Case Bardane 20 X NO X NO NO Lizardite 47 X XX XX X NO Lizardite

48 serpentinite foliata fino X NO XX X NO Aragonite Lizardite 49 a milonisi X NO XX NO NO Lizardite 50 X NO X - - Metargilliti di ------Bessega Serie Unità Gazzo- Gallaneto------Isoverde Larvego Dolomie del ------Monte Gazzo Unità Palmaro- contatto serpentiniti- Montmorillo- Calcescisti - 31 X NO NO X X Talco Caffarella e Voltri calcescisti nite quarzoscisti in Quarzoscisti - 23 prossimità di contatti - NO NO NO NO Quarzo Muscovite Albite Clorite con serpentiniti Serpentiniti X 21 X NO X X X Nontronite Serpentinite 22 cataclastica - zona di X NO X - - faglia 24 X X X NO NO Lizardite serpentiniti in prossimità 25 di contatto con X X X NO X quarzoscisti 26 X - X NO NO Lizardite 27 X X X X NO serpentinite cataclastica 28 X X X - - 29 X NO x - - Lenti di serpentiniti nei 30 X NO x NO X Antigorite Clorite calcescisti con faglia serpentiniti 32 cataclastiche/brecce di X X X X X serpentinite

Spea – Ufficio Geologia 196 / 269

Valutizione fibre Unita DGR N. Valutazione in sezione sottile Diffrattometrica Formazione Nota tettonometamorfica 878/2006 campione visiva fibre (crisotilo?) Frattura Massa Crisotilo Tremolite Altri minerali serpentiniti foliate/brecce di 33 X NO NO X NO Calcite Magnesite Augite Talco Clorite serpentinite con cemento calcitico contatto calcescisti- 34 metabasiti-serpentiniti X X X - - zona di faglia 35 X NO x NO NO Lizardite Magnetite serpentiniti vicino a 36 X X NO NO NO Antigorite faglia 37 serpentiniti foliate X NO XX NO X Lizardite 38 serpentiniti foliate X NO x - - Lenti di serpentiniti 39 X NO X X X - - foliate nei calcescisti 40 serpentiniti brecciate X NO x - - 41 serpentiniti foliate X NO x - - 42 serpentiniti foliate NO NO x X NO Lizardite Magnetite Talco 45 serpentiniti brecciate X NO x - - 44 breccia di serpentinite NO NO x NO NO Lizardite Magnetite Antigorite clasto di gabbro nelle Metagabbri X 46 NO NO x NO NO Antigorite brecce Peridotiti X 43 Peridotite X NO X X NO Lizardite Saponite Calcite dolomite x rara

X presente ma non fibra significativa

X presente fibra significativa

XX quantità massiccia

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12.3 Fase di approfondimento

Nell’ambito della fase successiva si è cercato di determinare la quantità di fibre presenti lungo il tracciato della Gronda. Lo studio ha compreso le seguenti attività:

• Analisi di tutti i dati geologici, strutturali, geomeccanici (RGD) e petrografici inerenti l’area del progetto.

• Analisi della legislazione esistente, in particolar modo per quanto concerne gli aspetti inerenti le metodologie per determinare le percentuali di amianto (concentrazione e IR).

• Rilievo petrografico di dettaglio eseguito sulle carote di sondaggio (campagna 2006-2007), volto alla definizione delle caratteristiche mineralogiche e petrografiche dei litotipi, con misura di spessore, orientazione, riempimento delle fratture presenti e prelievo di campioni per le successive analisi di laboratorio.

• Rilievi strutturali di 50 affioramenti, mirati alla definizione delle caratteristiche delle fratture con mineralizzazioni fibrose e prelievo di campioni.

• Analisi petrografiche condotte con microscopio ottico di sezioni sottili di roccia, tali analisi hanno riguardato tutti i campioni prelevati sia dai sondaggi, sia dagli affioramenti, per un totale di 85 osservazioni; inoltre si è proceduto al riesame delle 50 sezioni sottili di fase 1.

• Analisi mineralogica qualitativa e quantitativa ottenuta mediante diffrattometria per polveri (XRD) e microscopia ottica eseguita sugli 85 campioni, mirata alla definizione quali-quantitativa della presenza di minerali appartenenti al gruppo dell’asbesto. L’indagine è stata preliminarmente dedicata alla definizione qualitativa della composizione mineralogica e successivamente, mediante l’impiego di specifici standard, questa è stata definita in modo quantitativo. Infine, i campioni in cui è stata rilevata la presenza di minerali potenzialmente asbestosi sono stati oggetto di ulteriori indagini in microscopia ottica a contrasto di fase per verificare l’effettiva presenza e natura dei minerali stessi. (GEO088).

• Analisi in microscopia elettronica a scansione (SEM) accoppiata a microanalizzatore a raggi X a dispersione di energia (EDS). Tali tecniche sono state utilizzate per definire in modo quantitativo ed accurato il contenuto di amianto degli stessi campioni di cui al punto precedente. Per ognuno degli 85 campioni, opportunamente frantumato e preparato, è stato eseguito il conteggio e la caratterizzazione mineralogica delle fibre, considerando le cosiddette “fibre respirabili” (ovvero le fibre di amianto con diametro inferiore a 3 µm, rapporto lunghezza/diametro superiore a 3:1 ed lunghezza superiore a 5 µm). Mediante EDS è stata definita, per ogni singola fibra, la specie

Spea – Ufficio Geologia 198 / 269

mineralogica. Da queste operazioni si è arrivati a definire la concentrazione (in mg/kg) di fibre liberabili presenti in ciascun campione. (GEO089).

Nella seguente tabella sono riepilogati tutti i risultati delle analisi mineralogiche:

Campione ANALISI QUANTITATIVA (% IN PESO) da RDX SEZIONI SOTTILI n° Fibre Fibre liberabili

SER ANF SM CC TLC CHL PX AB MC GYP MT CZO CTL TR ATG (mg/Kg)

SGG3 188.2 - - - 0,3 - 49,1 - 21,5 29,1 ------

SGG4 57.3 41,9 2,3 45,5 0,6 1,3 8,4 ------X - 3 306

SGG4 67.3 88,3 - 11,1 0,2 0,4 ------X - - 11 269

SGG4 77.8 80,5 2,1 8,5 0,2 1,0 7,7 ------X X - 26 992

SGG4 88.5 - 1,5 15,1 - - 81,6 - - - 1,8 ------

SGG4 50,7 2,6 36,0 0,3 1,6 8,8 ------X - 8 231 97.3A

SGG4 - 1,6 22,2 - 0,9 - - - - 75,2 ------97.3B

SGG4 106.5 48,9 5,9 27,3 0,1 1,5 16,2 ------X - 4 364

SGG4 107.3 40 1,9 37,6 0,2 1,5 13,4 - - - 5,4 - - X X - 16 446

SGG4 117.4 60,8 3,4 25,6 0,4 1,5 7,4 - - - 0,9 - - X X - 18 944

SGG4 120.7 56,7 6,1 29,4 0,1 1,3 6,2 ------X - 10 667

SGG4 135.6 60,3 4,2 29,2 1,1 1,2 4,1 ------X - 31 990

SGG4 149.5 51 3,7 28,0 0,1 1,1 16,1 - - - - - X X - 4 201

SGG5 9.3 - 8,3 - - - 32,8 - 3,6 - - - 55,3 - X - 7 171

SGG5 25.5 - 9 - 1,4 - 45,8 - 5,0 - - - 38,8 - X - 3 250

SGG5 37.8 - 47,8 - 0,9 - 15,5 - - 35,8 - - - - X - 1 < 86

SGG5 40.2 96,0 3,0 - 0,4 0,7 ------X - X 2 169

SGG5 45.0 95,2 - - 0,2 ------4,6 - X - - 7 80

SGG5 52.3 92 - - 8,0 ------X - X 10 733

SGG5 54.8 91,8 - 8,0 0,1 ------X - - 5 188

SGG5 55.4 99,7 - - 0,3 ------X - X 5 314

SGG5 59.3 98,5 - - 1,5 ------X ------

SGG5 67.4 98,5 - - 1,5 ------X - X 1 < 70

SGG5 74.4 99,8 - - 0,2 ------X ------

SGG5 99.5 - - - 1 - - - 25,9 20,6 - - 52,5 ------

SGG5 103.7 98,5 - - 1,5 ------X - X 6 360

Spea – Ufficio Geologia 199 / 269

Campione ANALISI QUANTITATIVA (% IN PESO) da RDX SEZIONI SOTTILI n° Fibre Fibre liberabili

SER ANF SM CC TLC CHL PX AB MC GYP MT CZO CTL TR ATG (mg/Kg)

SGG5 109.7 - - 6,5 1,8 - 22,7 69 ------

SGG5 111.6 48,1 9,0 - - - 42,9 ------X - 100 8950

SGG5 128.5 63,1 31,3 - 0,5 - 5,1 ------X X - 130 >27000

SGG5 139.5 - 63,1 - - - 36,9 ------X - 71 24400

SGG5 152.2 100,0 ------X - X 17 785

SGG5 158.4 91,8 - - 1,7 - 6,5 ------X - - 2 73

SGG5 161.3 99,4 - - 0,6 ------X - X 21 1370

SGG5 167.2 99,7 - - 0,3 ------X - - 3 115

SGG5 178.3 100,0 ------X - X 3 66

SGG5 182.8 98,8 - - 0,2 ------X - - 8 523

SGG5 186.2 95,6 - - 4,4 ------X - - 28 356

SGG6 6.6 99,2 - - 0,8 ------X - - 37 1550

SGG6 13.8 93,0 - - 7,0 ------X ------

SGG6 100,0 ------X ------18.6B

SGG6 99,5 - - 0,5 ------X - X 20 1470 18.6A

SGG6 26.6 99,6 - - 0,4 ------4 214

SGG6 32.1 99,9 - - 0,1 ------X - - 8 335

SGG6 37.5 44,1 9,7 - 1,8 0,7 30,8 12,9 - - - - - X - - 28 1030

SGG6 42.1 45,2 9,2 - 2 6,2 28,8 - - 8,5 - - - - X - 11 742

SGG6 50.8 87,7 - - 0,9 3,4 8,1 ------X X X ------

SGG6 61.7 53,1 10,0 - 0,7 8,9 27,3 ------4 86

SGG6 87.5 94,6 - 3,3 0,3 1,8 ------X X - 13 342

SGG6 100.5 63,5 - 6,6 1,7 - 17,8 - 2,0 8,3 - - - X ------

SGG6 115.4 98,6 - - - - 1,4 ------2 113

SGG6 125 100,0 ------X - X ------

SGG6 128.5 90,2 - - 7,2 - 2,6 ------

SGG6 146.8 99,6 - - 0,4 ------X ------

SGG7 4.0 99,6 - - 0,4 ------19 437

SGG7 8.5 99,3 - - 0,7 ------X - - 30 1720

SGG7 12.8 99,6 - - 0,4 ------X - - 18 234

Spea – Ufficio Geologia 200 / 269

Campione ANALISI QUANTITATIVA (% IN PESO) da RDX SEZIONI SOTTILI n° Fibre Fibre liberabili

SER ANF SM CC TLC CHL PX AB MC GYP MT CZO CTL TR ATG (mg/Kg)

SGG7 21.6 93,7 - - 1,2 5,1 ------X ------

SGG7 26.5 96,4 - - 1,0 2,6 ------X - - 17 368

SGG7 38.9 - 6,7 - 1,8 29,4 51,4 - - 10,8 - - - X - - 4 391

SGG7 39 - 26,7 - 0,2 3,1 70 ------X - 27 1860

GE1A 100,0 ------X X 2 332

GE1B - 14,6 - - 16,9 68,4 ------X - - 10 786

GE3B 32,6 17,1 - - 0,6 49,7 ------X - 141 6026

GE5A 100,0 ------X X 8 64

GE6 100,0 ------X 6 43

GE8 100,0 ------X - X 77 894

GE9 98,1 - - - - - 1,9 - - - - - X - - 1 < 18

GE11 94,8 - - - 1,6 3,5 ------X - - 12 252

GE12 93,9 - - - - 2,8 3,4 - - - - - X - X 46 436

GE13A 95,1 - - - 0,7 1,4 2,9 - - - - - X - - 6 197

GE13C 99,7 - - 0,3 ------X - X 45 1765

GE16A 100,0 ------X - - 1 < 134

GE17B 100,0 ------X - - 20 876

GE 18B 99,0 ------1,0 - - - X - - 19 376

GE18C 100,0 ------X - - --- >10000

GE 19B 97,5 - - - - - 2,5 - - - - - X - - 10 159

GE20A ND ND ND ND ND ND ND ND ND ND ND ND X ------

GE20B 100,0 ------43 335

GE20C 100,0 ------X - X 33 2606

GE21A 100,0 ------X - - 2 83

GE21B 100,0 ------X - - 52 1028

GE 22 100,0 ------X - - 29 281

GE 23A 100,0 ------X - - 27 562

GE 23B 100,0 ------X - - 2 110

GE24B 100,0 ------8 324 Legenda: SER=serpentino; ANF=anfibolo; SM=smectite; CC=calcite; TLC=talco; CHL=clorite; PX=pirosseno; AB=albite; MC=mica; GYP=gesso; MT=magnetite; CZO=clinozoisite; ND=non determinato; FL=fibre liberabili (mg/kg); ± variabilità del dato

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Sono stati quindi realizzate le seguenti tavole:

• una carta di sintesi di tutti i dati inerenti l’amianto a scala 1:10.000, con riportati gli affioramenti, suddivisi in funzione della suscettività alla presenza di amianto e dei limiti normativi (1000 mg/kg). Tale elaborato contiene anche gli stereogrammi relativi alla struttura degli affioramenti analizzati.

• Un profilo geologico con opportune fincature inerenti il tema amianto.

Per la comprensione di tutti i dettagli conoscitivi connessi agli studi sull’amianto, si rimanda agli elaborati GEO 172-178.

12.4 Studio progetto definitivo

Lo studio ha compreso le seguenti attività:

• Definizionedei dati di input necessari allo svolgimento dello studio e verifica dello stato dell’arte delle conoscenze scientifiche e delle specifiche tecniche nel campo della gestione delle terre da scavo contenenti anche asbesto

• Ricerca delle normative vigenti (a livello nazionale e regionale) e delle tecniche di analisi previste per definire il contenuto di amianto naturale nelle rocce

• Validazione dello Studio eseguito nell’ambito del Progetto Preliminare 2008: analisi dello studio 2008 e verifica della rispondenza di quanto a suo tempo eseguito alle eventuali nuove normative e/o nuovi indirizzi legislativi e di studio

• Validazione dell’approccio seguito nello studio 2008 per quanto riguarda la scelta dei siti di rilievo e di campionamento e delle tecniche analitiche adottate per la caratterizzazione mineralogicopetrografica e strutturale

• Redazione di uno studio relativo alla presenza di amianto naturale sul nuovo tracciato

• Esecuzione di rilievi geologicostrutturali in sito, con prelievo di campioni da sottoporre ad analisi di laboratorio

• Definizione tipologia e quantità delle analisi mineropetrografiche di laboratorio necessarie per la determinazione del contenuto in minerali fibrosi dei litotipi, in accordo con le normative vigenti

• Analisi delle carote di sondaggio e prelievo di campioni di carota necessari per le analisi di laboratorio

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• Esecuzione delle analisi di laboratorio sui campioni prelevati in sito e dalle cassette di sondaggio

• Redazione di una relazione illustrativa (GEO 179) e di sezioni geologiche longitudinali (GEO 183)

Le analisi per la definizione del contenuto di amianto sono statte condotte con lo stesso metodo (SEM associato a EDS) utilizzato per il Progetto Preliminare 2008.

Lo studio ha permesso di raggruppare le rocce presenti nell’area di progetto in 4 Facies petro-strutturali sensibili per la presenza di amianto:

Facies 1. Rocce in zone di contatto tra unità geologiche

a) Zone a vene tremolitiche anastomosate (contatto calcescisti/serpentiniti)

b) Scisti a clorite e tremolite (SAC): fasce di contatto calcescisti/metabasiti

Facies 2. Rocce con fasce di vene di amianto «delimitabili»

c) Zone cataclastiche e ultracataclastiche con sistemi di vene interconnesse contenenti minerali fibrosi

d) Serpentiniti brecciate, spesso ricementate, con reticolo di vene a carbonato più o meno minerali fibrosi.

Facies 3. Rocce con minerali fibrosi diffusi

e) Peridotiti serpentinizzate ricche di relitti della paragenesi mantellica

f) Metabasiti in facies scisti blu a tremolite aciculare

g) Serpentiniti e serpentinoscisti con sporadiche vene a crisotilo

Facies 4. Rocce prive di minerali fibrosi.

Le «facies petro-strutturali» sono raggruppate in classi di rischio rispetto al contenuto di minerali fibrosi.

Rischio elevato (amianto in concentrazione >> 1 g/kg):

1a. Zone a vene tremolitiche anastomosate.

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2a. Zone cataclastiche e ultracataclastiche con sistemi di vene anastomosate contenenti minerali fibrosi.

Rischio medio (amianto in concentrazione intorno a 1 g/kg):

1b. Scisti a clorite e tremolite (SAC): fasce di contatto calcescisti/metabasiti

2b. Serpentiniti brecciate, spesso ricementate con reticolo di vene a carbonato e minerali fibrosi.

3b. Metabasiti in facies scisti blu a tremolite aciculare 3c. Serpentiniti e serpentinoscisti con sporadiche vene a crisotilo;

Rischio basso: (amianto in concentrazione < 1 g/kg):

3a. Peridotiti serpentinizzate ricche di relitti della paragenesi mantellica

Rischio nullo:

Rocce prive di minerali fibrosi.

Per il dettaglio sui risultati si riinvia alla relazione GEO179 ed ai profili GEO183.

Nelle fincature dei profili vengono riportate le seguenti informazioni:

1) unità tettono metamorfiche desunte dalla letteratura (CARG)

2) domini strutturali definiti «ad hoc» per il progetto Gronda (vedi capitolo seguente)

3) litotipo

4) tessiture e strutture prevalenti dei corpi rocciosi

5) tipologia di rocce di faglia ben localizzabili

6) tipologia di rocce di faglia difficilmente localizzabili

7) principali faglie (numerate progressivamente)

8) affidabilità delle previsioni riguardo alla effettiva esistenza degli elementi geologici rappresentati nella sezione, espressa con classi cromatiche di affidabilità;

9) affidabilità delle previsioni riguardo alla posizione del limiti e/o delle strutture geologiche significative, espressa con un grafismo che definisce l’intervallo d’incertezza rispetto alla posizione prevista;

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10) suddivisione in tratte omogenee per grado di affidabilità geologica.

11) facies petro-strutturali

12) classi di rischio amianto «minimo» (derivante direttamente dal profilo geologico)

13) classi di rischio amianto «massimo», che tengono conto dell’incertezza di posizionamento del litotipo, con indicazione della possibile presenza (in volumi %) di facies petro-strutturali appartenenti alla classe di rischio immediatamente superiore

14) tratta omogenea per contenuto in amianto

15) n° di campioni per tratta omogenea per km lineare di sviluppo del tracciato, con indicazione dei valori analitici minimi e massimi di concentrazione di fibre.

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12. DEFINIZIONE DEI DOMINI STRUTTURALI

In questo capitolo si presenta brevemente lo schema geologico-strutturale in scala 1:25.000 relativo al settore interessato dal progetto, ovvero si fornisce un documento sintetico che offre una visione complessiva semplificata della geologia del tracciato, nella tratta compresa tra la zona di Voltri e la Val Polcevera. In questo schema sono denominati e raffigurati i principali domini strutturali che caratterizzano il quadro geologico dell’area interessata dal progetto.

L’area d’interesse è stata suddivisa in sette domini strutturali principali che presentano caratteristiche distinte, in base alla loro strutturazione (geometria) interna, al grado di deformazione e ai litotipi che li costituiscono; essi possono essere ulteriormente suddivisi in zone dove la tettonizzazione è così intensa da costituire l’elemento maggiormente caratterizzante (zone di deformazione). I limiti dei domini strutturali talora corrispondono a macrostrutture individuali quali, ad es. faglie o zone di taglio note, oppure a zone attraverso le quali si realizzano significativi cambiamenti litologici e/o geometrici. I differenti domini strutturali sono stati utilizzati per suddivere in tratte omogenee relativamente al contenuto di amianto delle rocce (cfr. sezione realizzata da Centro Scansetti).

I domini strutturali definiti sono i seguenti:

1. Dominio della Val Leira

2. Dominio della Val Branega (comprendente la zona di Canova e la zona cataclastica della Val Branega)

3. Dominio del Bric Boessa

4. Dominio Varenna-Contessa (comprendente la Zona a scaglie Val Varenna e la Zona del M.Contessa)

5. Dominio Timone-Scarpino (comprendente le zone Gazzo e Serra e le zone di deformazione di Timone e di Scarpino)

6. Dominio di Bric Teiolo

7. Dominio della Val Polcevera

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La scelta di suddividere l’area di interesse in domini strutturali, risponde a diverse necessità:

• fornire un quadro sintetico relativamente semplice dell’assetto geologico complessivo;

• suddividere l’area in settori distinti nei quali, in funzione della diversa costituzione e omogeneità interna, le previsioni geologiche e relative al rischio amianto hanno affidabilità diversa e necessitano quindi di approcci differenziati e di diverse quantità di informazioni geognostiche;

• fornire un supporto geologico-strutturale alla caratterizzazione geomeccanica generale, tramite la rappresentazione areale del grado di tettonizzazione delle rocce.

Tale distinzione si è rivelata anche essere un parametro importante per la valutazione della concentrazione dei minerali fibrosi.

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Figura 20 - Schema strutturale dell’area di studio con indicazione del tracciato autostradale (limitato alla sola tratta oggetto del presente rapporto). L’area colorata, esclusa l’area a est del T. Polcevera, corrisponde alla porzione di territorio oggetto di studio. É indicata la linea di costa.

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13.1 Dominio della Val Leira

Il Dominio della Val Leira è il più occidentale dell’area d’interesse. Il suo limite orientale è stato posto in corrispondenza di un limite litologico principale, a direzione circa meridiana e di estensione laterale plurichilometrica, tra una zona a prevalenti calcescisti con intercalazioni di metabasiti e serpentiniti (a Ovest) e una zona a prevalenti serpentiniti (Dominio della Val Branega) a Est.

Il dominio della Val Leira appartiene all’Unità tettonometamorfica Voltri (picco metamorfico in facies eclogitica con locali retrocessioni in scisti verdi). I litotipi prevalenti sono i calcescisti del Turchino (TUR), con intercalazioni di potenti corpi di serpentiniti (SNV) e di subordinati metagabbri (MG). Al contatto tra calcescisti e metabasiti, si sviluppano bande di scisti a actinolite/tremolite e clorite indicati nell’ambito di questo studio come “SAC”.

L’assetto strutturale complessivo è dato da una deformazione omogenea prevalentemente plicativa. Le alternanze tra calcescisti, serpentiniti, SAC e metagabbri sono infatti il risultato di un piegamento a carattere isoclinale (evento deformativo D2) che definisce l’assetto della foliazione principale e controlla la distribuzione degli elementi geometrici a tutte le scale. Il terzo evento plicativo causa un’ondulazione a grande scala della foliazione principale e determina lo sviluppo di un clivaggio di fratturazione a spaziatura decimetrico-metrica, poco inclinato e parallelo all’orientazione del piano assiale delle pieghe. Tale clivaggio può in certi casi evolvere in zone di taglio fragili con associate brecce e cataclasiti.

13.2 Dominio della Val Branega

Il Dominio della Val Branega comprende un settore occidentale (Zona di Canova) costituito prevalentemente da serpentiniti, il cui assetto strutturale è dato dagli effetti di deformazione plicative analoghe a quelle del dominio descritto in precedenza, e da un settore orientale definito come “Zona Cataclastica della Val Branega”, che termina al limite orientale con il Dominio del Bric Boessa. Il dominio della Val Branega è

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posto tra l’unità Palmaro-Caffarella in facies scisti blu, parzialmente retrocessa in scisti verdi.

Le rocce affioranti sono serpentiniti prevalenti (SNVb) e minori calcescisti (TURb, VBG). La “Zona Cataclastica della Val Branega” è interessata da una marcata deformazione fragile polifasica, che ha determinato lo sviluppo di diverse generazioni di brecce di faglia e cataclasiti connesse a fasi di circolazione di fluidi che ne hanno causato la ricementazione. Questa zona, che presenta un gradiente di deformazione crescente da Ovest verso Est, è pertanto costituita da rocce brecciate, ma prevalentemente coerenti, ad eccezione delle fasce prossime al contatto basale del Dominio della Val Branega e a piani di taglio individuali localizzati a diversi livelli internamente al dominio.

Foto 30 – Serpentiniti brecciate della val Branega.

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Foto 31 – Zona cataclastica Val Branega - Serpentiniti cataclastiche attraversate da faglie a direzione NW-SE che determinano un’ulteriore brecciatura della roccia, a grana più fine.

Foto 32 – Serpentiniti intensamente fratturate e ricementate nella parte basale della Zona Cataclastica della Val Branega.

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13.3 Dominio del Bric Boessa

Il Dominio del Bric Boessa rappresenta un dominio omogeneo dal punto di vista litologico e strutturale, interposto tra la Zona Cataclastica della Val Branega e la Zona a Scaglie della Val Varenna. L’unico litotipo rappresentato in questa zona sono lherzoliti da parzialmente a totalmente serpentinizzate (LHP, Lherzoliti del Monte Tobbio), facenti parte dell’unità tettonometamorfica Palmaro-Caffarella (facies metamorfica scisti blu parzialmente retrocessa in scisti verdi). L’assetto strutturale è dominato dal forte contrasto di competenza tra le lherzoliti e le fasce serpentinizzate, lungo le quali è frequente lo sviluppo di fenomeni di shear.

13.4 Dominio Varenna-Contessa

Questo dominio appartiene all'Unità tettonometamorfica Palmaro-Caffarella (metamorfismo in facies scisti blu) ed è costituito da ripetizioni di metagabbri, metabasiti, serpentini e calcescisti congiuntamente ripiegati e parzialmente scagliati per evoluzione frizionale delle superfici di scistosità. Tra i litotipi si annoverano anche gli scisti actinolitico-cloritici (SAC), sviluppati al contatto tra le metabasiti e i calcescisti.

Il dominio è stato suddiviso in due settori:

• il settore occidentale corrisponde alla "Zona a scaglie della Val Varenna", dove le ripetizioni per piegamento e lo scagliamento dei litotipi sono molto frequenti;

• un settore orientale meno deformato denominato “Zona del M.Contessa”.

Al limite orientale della "Zona a scaglie della Val Varenna" è presente una fascia cataclastica di potenza decametrica a direzione meridiana, subparallela alla direzione delle strutture principali.

13.5 Dominio Timone-Scarpino

Comprende rocce appartenenti sia all’Unità tettono-metamorfica Gazzo-Isoverde (facies metamorfica in scisti blu), rappresentata dalle Dolomie del Monte Gazzo

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(MDG), dai calcari della serie di Gallaneto-Lencisa (SGL) e dai gessi del Rio Riasso (GRS), sia all’Unità Cravasco-Voltaggio (facies metamorfica scisti blu), con gli scisti di Larvego (LRV) e le serpentiniti di Case Bardane (SPV) sia, in parte, all’Unità Figogna (facies metamorfica pumpellyite-actinolite), con le serpentiniti del Bric dei Corvi (SPF) e i metabasalti del Monte Figogna (MBF) e dagli Scisti di Larvego (LRV).

Il Dominio Timone-Scarpino è una zona intensamente deformata in cui sono state distinte due zone di deformazione principali: la zona di deformazione di Scarpino e la zona di deformazione di Timone. La restante parte del dominio è costituita da due zone meno deformate: la zona di Gazzo, costituita principalmente da dolomie del M.Gazzo e la zona di Serra, costituita da metabasalti del M.Figogna.

Il limite occidentale del Dominio Timone-Scarpino è costituito da una faglia bordiera che lo separa dal dominio Varenna-Contessa. Le due zone di deformazione principali sono entrambe sviluppate in serpentiniti (SPV, SPF). Le due zone di Timone e di Scarpino hanno direzione media circa Nord-Sud e mostrano caratteri simili, per geometria e per stile di deformazione. Le serpentiniti sono intensamente fratturate, con fasce cataclastiche di potenza plurimetrica e zone a gouge decimetrico- centimetriche.

Il dominio Timone-Scarpino è inoltre dissecato da faglie chilometriche con direzione media Est-Ovest, a cui raramente sono associate rocce di faglia importanti, ma che causano dislocazioni locali.

13.6 Dominio di Bric Teiolo

Il Dominio della Val Polcevera è caratterizzato dai metabasalti del Monte Figogna (MBF), appartenenti all’Unità tettonometamorfica Figogna (facies metamorfica pumpellyite-actinolite). I limiti del dominio sono rappresentati, ad Ovest, dal contatto con la zona di deformazione di Scarpino, mentre ad Est corrispondono al limite litologico con i metasedimenti silicei della Madonna della Guardia.

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13.7 Dominio della Val Polcevera

Il Dominio della Val Polcevera è anch’esso interamente compreso nell’Unità Figogna ed è costituito dai metasedimenti silicei della Madonna della Guardia (MHF), dai metacalcari di Erzelli (ERZ), dagli argilloscisti di Costagiutta (AGI) e dagli argilloscisti di Murta (AGF).

La deformazione è prevalentemente plicativa nei litotipi scistogeni (argilloscisti) in cui si sviluppa una foliazione pervasiva sub-verticale ondulata dagli effetti dell’evento deformativo 3. Si sviluppano locali faglie sia nei metabasalti che negli argilloscisti, in posizione di piano assiale delle pieghe dell’evento 3.

13. RELAZIONI TRA L’ASSETTO GEOLOGICO-STRUTTURALE REGIONALE E IL TRACCIATO DELLA GRONDA

La complessa riorganizzazione strutturale fino a qui descritta, legata alla subduzione e alla successiva esumazione post-collisionale dei materiali oceanici e continentali che costituivano il prisma di accrezione orogenico alpino di età cretacea, ha quindi portato alla creazione di una eterogenea serie di associazioni strutturali caratterizzate da un diverso grado di pervasività regionale.

Per questo motivo, ai fini della descrizione dei rapporti tra le strutture principali e il tracciato si è ritenuto utile distinguere le associazioni strutturali caratterizzate da una pervasività “volumetrica” da quelle contraddistinte da una pervasività di tipo “lineare”.

Al primo gruppo appartengono strutture come le foliazioni regionali composite sin- metamorfiche e/o le zone di deformazione concentrata per le quali è in genere agevole ipotizzarne la distribuzione in quanto localizzabili in modo sufficientemente prevedibile nei volumi rocciosi.

L'altro gruppo è rappresentato da strutture come i sistemi di anisotropia planare di età e significato strutturale diversi, caratterizzate da spaziatura elevata e distribuzione eterogenea e orientate a basso angolo rispetto all'andamento del tracciato della Gronda, la cui presenza, pur se scarsamente prevedibile, può

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assumere un’importanza significativa in quanto in grado di interessare tratte importanti di galleria.

In generale, il tracciato dell’opera in progetto è orientato ad alto angolo rispetto all’andamento delle strutture regionali legate alle diverse tappe dell’evoluzione geologico-strutturale precedentemente descritte.

Infatti, in praticamente tutte le unità, le foliazioni composite traspositive sono distribuite attorno a direzioni medie N-S per effetto di almeno tre sistemi plicativi sovrapposti e sono caratterizzate da angoli di inclinazione piuttosto elevati, presumibilmente a causa della deformazione indotta dall’attività della linea Sestri- Voltaggio, già a partire dagli stadi sin-scisti verdi.

La ricostruzione della geometria in galleria dei volumi rocciosi deformati prevalentemente per piegamento isoclinale-traspositivo e non coinvolti direttamente all’interno della Zona Sestri-Voltaggio, è in genere piuttosto agevole grazie all’elevata stabilità direzionale delle foliazioni traspositive e delle superfici di inviluppo delle pieghe D3.

I principali fattori di rischio interpretativo in questi contesti strutturali sono rappresentati dalla possibile presenza di corpi e/o livelli di rocce potenzialmente amiantifere piegati in modo ripetitivo dalle diverse fasi traspositive.

L’altro gruppo di strutture che tagliano ad alto angolo il tracciato della Gronda è costituito dalle associazioni strutturali legate alla Linea Sestri-Voltaggio, costituita da strutture di inviluppo principale o “bordiere”, rappresentate da faglie trascorrenti a persistenza plurichilometrica con orientazione media N-S. Queste strutture delimitano domini deformati da sistemi di zone di taglio fragile a diversa orientazione, caratterizzate da relazioni gerarchiche e cinematiche tipiche dei sistemi transpressivi e, come tali, contraddistinte da una complessa ripartizione interna della deformazione.

L’intersezione sulla sezione geologica di queste associazioni strutturali definisce fasce di concentrazione della deformazione definite da orizzonti cataclastici e/o da zone a scaglie, i cui inviluppi presentano comunque direzioni medie attorno a N-S e risultano quindi proiettabili in profondità, a quota tracciato, con discreta affidabilità.

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Va sottolineato che si tratta spesso di strutture estremamente critiche anche dal punto di vista geomeccanico e idrogeologico, essendo caratterizzate dalla presenza di rocce di faglia che, a seconda delle loro caratteristiche e della potenza delle zone di deformazione attraversate, possono determinare significativi problemi di stabilità delle sezioni di scavo e veicolare importanti quantità di acqua o, al contrario, costituire setti in grado di compartimentare gli acquiferi in roccia; anche la fratturazione secondaria indotta da queste zone di deformazione negli ammassi meno deformati può influenzare significativamente il comportamento idrogeologico complessivo.

14. DESCRIZIONE DEI TRACCIATI PRINCIPALI

Di seguito vengono descritti i principali aspetti geologici ed idrogeologici di ciascuna delle tratte del progetto. Per maggiori dettagli si rimanda alla consultazione dei vari profili geologici allegati, in cui sono esplicitati tutti gli aspetti geologici inerenti sia le tratte in galleria sia i tratti all’aperto.

15.1 Zona ovest Polcevera

Gronda di Ponente

Il tracciato della Gronda da Vesima a Genova è caratterizzato principalmente da tratti in galleria intervallati da viadotti, fino al grande viadotto sul Torrente Polcevera.

Le gallerie incontrate da ovest verso est sono la galleria Borgonuovo, la Voltri, la Amandola e la Monte Rosso.

Si ripercorre virtualmente il tracciato procedendo da ovest verso est (elaborati GEO010-011).

Fino alla progressiva 4+500 circa, il tracciato attraversa materiali appartenenti al Gruppo di Voltri, essenzialmente attribuibili ai calcescisti, ma talora sono presenti lenti di serpentiniti e di metagabbri; l’estensione e la quantità di tali lenti non è definibile in maniera univoca, a causa della scarsità di affioramenti che caratterizza

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l’area ed allo spessore delle coperture, che raggiungono i 200 m. La presenza di serpentiniti e metagabbri inclusi nei calcescisti riveste grande importanza nella definizione del grado di tettonizzazione, che appare intenso soprattutto in prossimità dei contatti; inoltre in prossimità di tali contatti si osserva la presenza di litotipi ad elevato contenuto in fibre di amianto (SAC).

Tratta 0 ÷ 0+040 circa: viadotto e zona d’imbocco impostati su calcescisti prevalenti e sui depositi quaternari.

Tratta 0+040 ÷ 0+154 circa: calcescisti prevalenti.

Affidabilità generale delle previsioni: la ricostruzione geometrica è estrapolabile al piano di progetto con buona affidabilità, grazie alla costanza dei dati giaciturali e viste la buona percentuale di affioramento e la copertura ridotta.

Tratta 0+154 ÷ 0+210 circa: è previsto un corpo di serpentiniti, affiorante in superficie in condizioni d’affioramento scarse e con grado di fratturazione intenso; è presente una faglia che borda ad Est il corpo di serpentiniti.

Affidabilità generale delle previsioni: buona in funzione della limitata copertura topografica e la discreta affidabilità dei dati relativi alla giacitura del corpo roccioso.

Tratta 0+210 ÷ 0+350 circa: calcescisti con giacitura estrapolabile al piano di progetto con buona affidabilità, vista la buona percentuale di affioramento e la copertura ridotta.

Affidabilità generale delle previsioni: buona.

Tratta 0+350 ÷ 1+000 circa: calcescisti con possibili intercalazioni di serpentiniti. Intorno alla km 0+ 600 circa potrebbe essere presente un corpo di serpentiniti, che rappresenta la proiezione al piano di progetto del corpo affiorante sulla verticale della canna Ovest.

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Affidabilità generale delle previsioni: la porzione della tratta compresa tra le progressive 0+ 350 e 0+500 ha una affidabilità maggiore (media) rispetto al resto della tratta in funzione della maggior disponibilità di vincoli geometrici.

Tratte 1+000 ÷ 1+360 circa: in questo tratto ci si aspetta di incontrare prevalentemente serpentiniti, estesamente affioranti in superficie, dove presentano caratteri deformativi abbastanza costanti in termini di giaciture delle foliazioni e di elementi geometrici delle pieghe.

Affidabilità generale delle previsioni: per ragioni geometriche l’affidabilità della tratta è media.

Tratta 1+360 ÷ 1+585 circa: calcescisti fino alla progressiva 1+450, limitati verso est da una fascia plurimetrica di SAC che si sviluppa al contatto con serpentiniti foliate e localmente cataclasate, fino a fine tratta (Sondaggio VV20).

Affidabilità generale delle previsioni: buona, grazie al sondaggio e a buoni vincoli geometrici.

Tratta 1+585 ÷ 2+160 circa: fatta eccezione per la fascia di contatto con la tratta precedente, dove potrebbero essere presenti SAC, il resto della tratta dovrebbe essere costituito unicamente da calcescisti con giaciture e assetto deformativo abbastanza ben controllato dai dati di superficie ricavati a quote diverse lungo il versante destro della valle Cerusa. Alla progressiva 2+015 è stata proiettata una faglia che potrebbe presentare una fascia metrica di cataclasiti.

Affidabilità generale delle previsioni: buona su tutta la tratta.

Tratta 2+160 ÷ 2+621 circa: viadotto sulla valle del T. Cerusa impostato su calcescisti prevalenti e sui depositi quaternari.

Tratta 2+621 ÷ 2+890 circa: alternanze di metabasiti e calcescisti nella parte occidentale della tratta, con presenza di SAC disposti al contatto tra i due litotipi, che

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sono stati osservati sia in affioramento, sia nel sondaggio VV16; il sondaggio SGG 10 conferma che le metabasiti continuano in profondità fino alla quota del progetto.

Affidabilità generale delle previsioni: buona.

Tratta 2+890 ÷ 3+330 circa: viadotto sul Torrente Leira impostato su calcescisti prevalenti e sui depositi quaternari.

Tratta 3+330 ÷ 3+495 circa: calcescisti con giacitura ben controllata da affioramenti posti sulla verticale del tracciato e da sondaggi in asse (VV10 e VV11, interamente sviluppati in calcescisti); non sono visibili in superficie lenti di metabasiti o serpentiniti.

La condizione geomeccanica generale dei calcescisti risulta abbastanza buona, con sviluppo di piani di fratturazione lungo i piani assiali di pieghe aperte dell’evento deformativo 3, e superfici di foliazione e/o di fratturazione spesso molto ossidate.

Affidabilità generale delle previsioni: buona.

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Foto 33 – Calcescisti dell’unità tettonometamorfica Voltri: piega di terza fase interessata da riattivazione frizionale della superficie assiale

Foto 34 – Alternanze di metabasiti e calcescisti con livelli di scisti actinolitico-cloritici verticalizzati dalle pieghe dell'evento D2.

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Foto 35 – Alternanze di metabasiti e calcescisti con livelli di scisti actinolitico-cloritici. In posizione di piano assiale delle pieghe dell'evento D3 sono sviluppate zone di taglio fragili.

Tratta 3+495 ÷ 3+595 circa: calcescisti con intercalazioni di corpi di serpentiniti ripiegate. La proiezione sul piano di progetto dei corpi di serpentiniti, la cui esistenza è probabile, è stata effettuata sulla base degli elementi mesostrutturali osservati in superficie.

Affidabilità generale delle previsioni: bassa riguardo alla posizione dei corpi geologici, dovuta alla distanza tra le quote di terreno e di progetto.

Tratta 3+595 ÷ 3+950 circa: alternanze ripetitive di calcescisti, metabasiti e serpentiniti dovute agli effetti del piegamento polifasico.

In questo settore l’assetto geometrico complessivo è presumibile con buona affidabilità sulla base di osservazioni mesostrutturali diffuse, di stazioni di misura e del sondaggio SGG9. La stazione di misura IGG 42 (progressiva 3+620) riporta la presenza di una faglia immergente ad Ovest, con associata zona cataclastica di potenza plurimetrica.

I sondaggi VV9 e SGG9 confermano l’esistenza di corpi di calcescisti di potenza ettometrica. Il sondaggio VV9 mette in evidenza lo sviluppo di due fasce

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cataclastiche, di potenza plurimetrica, una nei calcescisti e l’altra al contatto tra la scaglia di serpentiniti e i calcescisti.

Affidabilità generale delle previsioni: media, a causa della notevole complessità dell’assetto geometrico, che può determinare errori nella precisa localizzazione dei corpi geologici.

Tratta 3+950 ÷ 4+090 circa: al limite occidentale della tratta è presente una zona di faglia con cataclasiti, proiettata sul piano della galleria in base alle stratigrafie del sondaggio VV8; il resto della tratta è contraddistinto da serpentiniti brecciate, fasce cataclastiche e gouge di faglia a spese di serpentiniti e subordinate metabasiti. Nella parte orientale della tratta, al contatto con i calcescisti, è possibile la presenza di livelli metrici di SAC, anche ripetuti.

Affidabilità generale delle previsioni: buona in quanto strettamente controllata dal sondaggio VV8.

Foto 36 – Fasce cataclastiche di potenza plurimetrica (nelle due carote di sinistra) al contatto tra serpentiniti e calcescisti nel sondaggio VV9.

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Tratta 4+090 ÷ 4+415: calcescisti prevalenti con presenza, intorno alle progressive 4+230 e 4+400 di corpi di metabasiti di potenza decametrica; in una fascia compresa tra le progressive 4+350 e 4+500 circa, si ha il passaggio tra i calcescisti e il grande corpo di serpentiniti che contraddistingue il tracciato fino a 5+700 circa. Tale passaggio, che avviene attraverso ripetizioni per piega dei due litotipi, corrisponde probabilmente al fianco di una piega macroscopica a direzione NW-SE circa, risultato delle prime due fasi di piegamento regionale (Crispini et al., 1991), come suggerito anche dalla distribuzione delle giaciture della foliazione di riferimento; non si rilevano fasce cataclastiche di importanza significativa lungo il contatto calcescisti/serpentiniti. La direzione del contatto è localmente modificata dagli effetti di pieghe parassite e del piegamento di terza fase. Le informazioni deducibili dalla parte piu’ superficiale del sondaggio VV7 permettono di proiettare in profondità le ripetizioni per piega di calcescisti e serpentiniti.

In questo ambito sono state censite 8 sorgenti, sparse nel raggio di 500 m, ma non allineate secondo le principali direttrici tettoniche.

Affidabilità generale delle previsioni: da buona a media per quel che riguarda l’assetto strutturale, da media a bassa riguardo alla posizione precisa degli elementi individuali.

Tratta 4+415 ÷ 5+700: settore costituito prevalentemente da serpentiniti con rare intercalazioni di metabasiti e metagabbri, con sporadici livelli decimetrici di rodingiti; giacitura della foliazione regionale di norma immergente verso i quadranti orientali a medio-alto angolo. L’assetto geometrico è conforme a quello dei settori adiacenti con caratteristiche relativamente costanti, anche se la bassa densità di affioramento non permette una descrizione dettagliata. Il sondaggio VV5 conferma la presenza di serpentiniti fino al piano di progetto e mette in evidenza la ricorrente presenza di fasce cataclastiche, a spaziatura da metrica a decametrica, contenenti talora livelli di gouge di potenza pluridecimetrica. Anche nelle porzioni non cataclastiche, la serpentinite è spesso costituita da una breccia ricementata e fittamente venata, con fratturazione a spaziatura media di ordine decimetrico. Il sondaggio conferma la presenza di sporadiche lenti di metagabbri con potenza plurimetrica, intercalate nelle

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serpentiniti. I primi 70 metri del sondaggio VV7, rilevano anche la presenza di calcescisti, ciò mette in evidenza l’alternanza di litotipi (calcescisti/serpentiniti /metabasiti) data da pieghe dell’evento deformativo 2.

Affidabilità generale delle previsioni: buona/media

Tratta 5+700 ÷ 5+975 circa: serpentiniti brecciate e ricementate.

Si tratta di brecce tettoniche appartenenti alla Zona cataclastica della Val Branega, con clasti di taglia variabile dal metro al centimetro, originate da processi frizionali post-metamorfici e completamente ricementate, con matrice quarzosa e/o carbonatica. Queste brecce sembrano connesse a piani di taglio contrazionali, semi- fragili e ad inclinazione medio-bassa, ripetuti alle diverse scale con spaziatura metrico-decametrica, ai quali si associa un clivaggio spaziato, immergente prevalentemente verso W e SW, che disloca e riorienta la foliazione metamorfica. In alcuni casi le brecce sono dislocate da faglie individuali a direzione NW-SE, che presentano fasce cataclastiche e brecce di faglia di potenza decimetrica.

In tale ambito sono state censite almeno una decina di sorgenti allineate secondo la direttrice tettonica principale, oltre alle quali sono stati individuati ulteriori punti- acqua, alcuni dei quali solforosi, tutti riconducibili alle strutture tettoniche vicarianti. Pertanto ci sono elementi sufficienti per ipotizzare venute d’acqua in galleria che difficilmente potranno esaurirsi naturalmente, infatti la vicina galleria ferroviaria della linea Genova – Ovada intercettò acquiferi che attualmente vengono sfruttati da “Mediterranea Acque” mediante un’opera di presa realizzata proprio all’interno della galleria, le portate di questa scaturigine sono comprese fra 60 e 120 l/min.

Affidabilità generale delle previsioni: affidabilità media in quanto, seppur in assenza di sondaggi, le associazioni strutturali presenti hanno buona pervasività e continuità laterale.

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Foto 37 – Zona cataclastica della Val Branega: serpentiniti cataclastiche attraversate da faglie a direzione NW-SE che determinano un’ulteriore brecciatura della roccia, con riduzione di grana.

Tratta 5+975 ÷ 6+260 circa: le serpentiniti brecciate della tratta precedente passano gradualmente ad una zona di cataclasi intensa, corrispondente in superficie alla parte inferiore del versante destro dell’alta Val Branega. Le caratteristiche di tale fascia, che presenta potenza pluriettometrica, sono deducibili da un’ampia casistica di osservazioni dirette (affioramenti della Val Branega), riassunte in alcune stazioni di misura e dai sondaggi VV4 e SGG7.

La zona di taglio responsabile della cataclasi si estende in direzione NW per almeno un chilometro, a partire dal fondo della Val Branega all’altezza della proiezione superficiale del tracciato di progetto e presenta immersione generale verso SW, con inclinazione media di 30-40 gradi; essa è caratterizzata da una serie di piani di taglio interni sub-paralleli, che sviluppano fasce di ultracataclasiti e di gouge di spessore centimetrico-decimetrico. Sono inoltre presenti sistemi di faglie individuali NW-SE a spaziatura metrico-decametrica con associate fasce cataclastiche centimetrico- decimetriche; tali faglie sono state proiettate a livello del progetto in quanto la loro presenza è assai probabile, anche se l’esatta posizione dei singoli elementi non è determinabile con precisione.

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A questo proposito, le due importanti faglie NW-SE di estensione chilometrica, rappresentate nella carta geologica del Progetto Preliminare, possono essere intese come fasce costituite da segmenti di faglia appartenenti a questo sistema, la cui presenza è però diffusa su tutta la tratta considerata. Queste faglie potrebbero essere relazionate con l’attuale circuito idrotermale di Acquasanta Terme.

Affidabilità generale delle previsioni: buona.

Tratta 6+260 ÷ 6+550 circa: questa tratta presenta caratteristiche simili a quelle della tratta precedente, ma con implicazione di scaglie tettoniche e/o boudins riferibili ad altre unità litologiche, quali calcescisti e marmi stratificati.

La geometria della zona di taglio della Val Branega è complicata da una serie di piani di faglia cataclastici a direzione NE-SW che la dislocano intensamente, limitandone la prosecuzione verso SW. L’intersezione tra i due sistemi strutturali sopra descritti è ben documentata, oltre che dal quadro cartografico, anche alla mesoscala dalle stazioni di misura.

Nella parte orientale della tratta sono inoltre presenti in superficie brecce stratificate ora fluviali, ora di versante, di presumibile età quaternaria antica, interpretate dal CARG come “Brecce di Costa Cravara”, separate dal substrato metamorfico da faglie molto inclinate a direzione NW-SE.

Le brecce sedimentarie, non proiettabili a quota tunnel, sono costituite da elementi e ciottoli di metabasalti listati in facies scisti blu, con locali megablocchi di quarziti e quarzo-micascisti (che ricordano il “Cristallino di Valosio”), mentre avvicinandosi al contatto con il substrato metamorfico si osserva un graduale aumento dei clasti di serpentiniti derivate dal substrato al quale passano stratigraficamente; le brecce tettoniche, che nella sezione geologica sono state proiettate al piano di progetto, sono analoghe a quelle descritte precedentemente e rappresentano il substrato geometrico delle brecce quaternarie.

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Foto 38 – Brecce di origine sedimentaria ad elementi di metabasiti foliate.

Affidabilità generale delle previsioni: da media a buona.

Tratta 6+550 ÷ 8+400 circa: tratta costituita da corpi di potenza ettometrico- chilometrica di peridotiti più o meno serpentinizzate che conservano relitti di strutture (foliazione mantellica) e di minerali mantellici.

Tali corpi sono avvolti da fasce di serpentiniti foliate e serpentinoscisti disposte parallelamente alla foliazione principale; dal momento che la dimensione dei corpi di peridotiti è molto variabile, la determinazione della loro posizione precisa al piano di progetto non è possibile; tuttavia, la loro presenza, anche in corpi molto potenti, è da tenere in seria considerazione durante lo scavo.

In questa tratta è inoltre teoricamente possibile la presenza di corpi di potenza limitata di metabasiti; la probabilità della loro effettiva presenza a quota tunnel è scarsa, in quanto in superficie è stato rilevato un solo corpo di metabasiti, nonostante l’elevato grado di affioramento.

Nella tratta è stata indicata la presenza di alcune faglie (progressive 7+900 e 8+170 circa) dedotte da analisi di foto aeree. I contatti tra le serpentiniti e il corpo di

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metabasiti alle progressive 8+440 e circa 8+500 sono stati interpretati come contatti litologici normali, corrispondenti alla foliazione metamorfica.

Dal punto di vista idrogeologico si ritiene che le rocce lherzolitiche rappresentino un buon serbatoio per le acque sotterranee, che saturano le fratture e che vengono a giorno solo in corrispondenza di elementi meno permeabili. Le faglie principali si impostano nell’ambito delle serpentiniti, determinando un sostanziale incremento della fissilità della roccia e generando un gauge di faglia minuto e scaglioso, con caratteristiche di bassissima permeabilità. In ragione di quanto sopra e delle elevate profondità alle quali si sviluppa la galleria, si prevede che le zone di faglia possano comportarsi come schermi impermeabili e che il loro attraversamento possa determinare venute d’acqua in pressione. Ulteriore elemento a conferma delle ipotesi esposte è rappresentato dalla presenza di oltre 25 sorgenti disposte lungo un fascio di strutture compatibili con le faglie di cui sopra.

Affidabilità generale delle previsioni: media per l’esistenza dei corpi geologici, da media a bassa per quanto riguarda la loro posizione.

Tratta 8+400 ÷ 8+980 circa: al bordo occidentale della tratta è presente un corpo di metabasiti (prasiniti derivate da metabasalti) di potenza decametrica, con possibili lembi di calcescisti ripiegati all’interno; seguono serpentiniti poco foliate con possibili relitti del clinopirosseno mantellico e presenza di corpi minori di peridotiti con contatti graduali in funzione del grado di serpentinizzazione.

Affidabilità generale delle previsioni: media.

Tratta 8+980 ÷ 9+360 circa: ripetizioni di metabasiti e calcescisti congiuntamente ripiegati e parzialmente scagliati. L’assetto strutturale è ben controllato dai dati di superficie e dal sondaggi VV1 ed SGG5. Sono presenti alcune faglie desunte dalla stazione IGG13 e da osservazioni puntuali. Un elemento degno di nota è rappresentato dalla presenza di abbondanti mineralizzazioni fibrose in corrispondenza delle zone di taglio.

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Affidabilità generale delle previsioni: buona per la densità di osservazioni, la presenza di sondaggi e la copertura limitata.

b b s

Foto 39 – Zona a Scaglie della Val Varenna: ripetizioni di metabasiti (mb) e calcescisti (cs) congiuntamente ripiegati e parzialmente scagliati.

Tratta 9+360 ÷ 9+590 circa: viadotto sulla Val Varenna; ripetizioni di metabasiti, serpentiniti e calcescisti, con possibili fasce di SAC; la struttura è spesso cataclastica con cemento carbonatico, come confermato dai sondaggi VB15 e VB16.

Affidabilità generale delle previsioni: buona.

Tratta 9+590 ÷ 9+750 circa: serpentiniti prevalenti con fasce cataclastiche (sondaggio VB 14); tali fasce cataclastiche, a direzione circa Nord-Sud, sembrano estendersi per lunghezze chilometriche dalla zona di Carpenara, a Nord, fino ad una probabile intersezione con il tracciato, a Sud. La potenza complessiva è di alcune decine di metri. Oltre la progressiva 9+700 la roccia sembra essere meno fratturata.

Affidabilità generale delle previsioni: buona.

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Tratta 9+750 ÷ 10+690 circa: prevalenti serpentiniti con relitti di peridotiti; è previsto un corpo di calcescisti tra le progressive 10+060 e 10+100 circa, ma non si può escludere la presenza di questo litotipo anche nella parte iniziale della tratta e in particolare intorno al km 9+900 circa. Nella parte intermedia della tratta tra le km 10+500 e 10+600 circa possono essere presenti zone intensamente tettonizzate di potenza fino a decametrica con locale sviluppo di serpentinoscisti.

Affidabilità generale delle previsioni: bassa, per l’assenza di sondaggi, la copertura elevata e per la presenza di corpi proiettati.

Tratta 10+690 ÷ 10+910 circa: nel tratto iniziale compare una banda di potenza decametrica di metabasiti, con probabile presenza di SAC al contatto con i calcescisti, che dovrebbero proseguire fino a fine tratta e la cui presenza è confermata dal sondaggio VB12.

Affidabilità generale delle previsioni: media.

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Foto 40 – Serpentiniti intensamente cataclasate, associate a livelli di potenza plurimetrica di minerali fibrosi bianchi, localizzati in corrispondenza di discontinuità con direzione media N-S.

Tratta 10+910 ÷ 11+400 circa: serpentiniti prevalenti con scarso grado di affioramento e assenza di indagini geognostiche.

Affidabilità generale delle previsioni: bassa.

Tratta 11+400 ÷ 11+515: contatto tra due grandi corpi di serpentiniti e di dolomia caratterizzato da una zona di deformazione che determina l’alternanza di serpentiniti, calcescisti, quarzoscisti e dolomie.

In questo settore l’assetto geometrico complessivo è presumibile con buona affidabilità sulla base di due sondaggi, uno in asse con il tracciato (VB11) e uno proiettato (SGG4) e sulla base delle stazioni strutturali IGG45 e IGG12. La stazione IGG 45 mette in evidenza una faglia con direzione subparallela al contatto e con inclinazione di 78°. Il sondaggio VB11, inclinato di 15°W, attraversa tutta la tratta

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dando una buona affidabilità alla posizione dei limiti. Alla progressiva 11+430 circa il sondaggio ha rilevato una zona di faglia con presenza di gouge argilloso. Il contatto con la dolomia è caratterizzato da una fascia brecciata e cementata da un network di vene carbonatiche con fibre di tremolite e con una potenza osservabile sul terreno di circa 15 m, e di 35 m proiettata a quota galleria (circa alla progressiva 11+575). In sintesi, la posizione dei contatti presenta affidabilità media, mentre le previsioni sulla presenza dei litotipi hanno affidabilità buona.

Affidabilità generale delle previsioni: media.

Foto 41 – Contatto tra la Zona del M. Contessa e il Dominio Timone/Scarpino: serpentiniti brecciate e ricementate con vene di tremolite lungo la fascia cataclastica di contatto.

Tratta 11+515 ÷ 11+750: dolomie a stratificazione metrica mal definita, con giacitura sub-verticale. L’affidabilità delle previsioni è buona per la presenza del litotipo al piano galleria, ritenuta molto probabile, mentre i dati sulla strutturazione interna sono scarsi a causa del basso grado di affioramento e della elevata distanza tra il terreno e le quote di progetto. Per quanto concerne il tratto di galleria che si sviluppa all’interno della Dolomia del Monte Gazzo si segnala la presenza di diffusi fenomeni carsici.

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Affidabilità generale delle previsioni: da buona a media.

Tratta 11+750 ÷ 12+040: contatto tra le dolomie, i Gessi del Rio Riasso (calcari cavernosi con cavità da dissoluzione carsica di dimensioni decimetriche) e i calcari della serie di Gallaneto-Lencisa. Nel settore orientale della tratta, in base ai dati di superficie e del sondaggio VB10, è stata riconosciuta la presenza di tre fasce di potenza plurimetrica (massimo 20 m) di carniole tettoniche e brecce da dissoluzione localmente argillificate, poste nella zona di contatto tra le dolomie del Monte Gazzo e le serie Gallaneto-Lencisa in prossimità del piano della galleria. Si tratta di rocce derivanti da tettonizzazione e conseguente parziale dissoluzione dei litotipi carbonatici ed eventualmente gessosi (?) all’interno di zone di taglio, nelle quali sono incluse anche scaglie di serpentiniti.

Foto 42 – Gessi del Rio Riasso: calcari cavernosi con cavità da dissoluzione carsica.

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Un fattore di rischio per lo scavo potrebbe essere costituito dalla possibile presenza di cavità carsiche di dimensioni anche metriche, con eventuali terre e limi residuali, fratture riempite da depositi travertinosi e venute d’acqua anche consistenti. Affidabilità generale delle previsioni: buona

Tratta 12+040 ÷ 12+170: serpentiniti di Case Bardane (SPV), interamente coinvolte nella zona di deformazione di Timone. L’assetto geometrico di questa tratta è ben caratterizzato dalle stazioni strutturali e dal sondaggio VB10, per quel che riguarda la parte alta della sezione. L’inviluppo complessivo della struttura è in media Nord-Sud. Sono presenti piani a basso angolo che determinano variazioni a scala plurimetrica nella localizzazione dei margini della zona di taglio principale. A questi sono associate zone cataclastiche con potenza plurimetrica e zone a gouge di potenza centimetrica.

Le previsioni della geometria a quota tunnel sono condizionate dal sondaggio VB10, che vincola, ad Ovest, la posizione del contatto tra i calcari e le serpentiniti e dal sondaggio VB8, posto ad Est della tratta, che vincola la posizione del contatto tra le serpentiniti e gli Scisti di Larvego.

In sintesi, le previsioni sono buone riguardo alla caratterizzazione della struttura, ma, data la sua complessità geometrica, non è possibile predire con precisione la posizione dei singoli piani di taglio.

Affidabilità generale delle previsioni: media.

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Foto 43 – Zona di Deformazione di Scarpino: zona cataclastica sviluppata in serpentiniti, in prossimità del sondaggio VB 10.

Tratta 12+170 ÷ 12+680: scisti di Larvego, argilloscisti e metabasalti talora foliati dell’Unità Figogna.

La tratta è molto ben caratterizzata da molti dati di superficie e da due sondaggi in asse al tracciato (VB7 e VB8). La geometria interna dei litotipi è legata prevalentemente all’evento di piegamento 2. Il contatto in superficie appare subverticale, mentre tende a diventare a medio angolo in profondità, secondo i dati di sondaggio. È possibile che il contatto sia ripiegato e parzialmente dislocato dall’evento deformativo 3 che sviluppa pieghe aperte e zone di taglio fragili in posizione di piano assiale delle pieghe.

Nel corso dell’esecuzione del sondaggio VB8 è stata rinvenuta acqua in pressione.

Affidabilità generale delle previsioni: buona.

Tratta 12+680 ÷ 12+975: livello di serpentiniti del Bric dei Corvi compreso tra due corpi di metabasiti del Monte Figogna.

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Le serpentiniti fanno interamente parte della zona di deformazione di Scarpino, all’interno della quale le rocce sono organizzate in livelli di gouge (o rocce cataclastiche a matrice argillosa) di potenza fino a plurimetrica, fasce cataclastiche e zone massive ad intensa fratturazione. La zona di deformazione ha caratteristiche analoghe alla zona di deformazione di Timone, ma con maggiore presenza di gouge e prevalente presenza di brecce di faglia e cataclasiti ricementate; l’inclinazione media dell’intera fascia di deformazione è di 40-50° verso Est. Il limite occidentale delle serpentiniti e della zona di taglio è caratterizzato da un elevato margine di incertezza e potrebbe spingersi fin verso la progressiva 13+150. La superficie basale della zona di deformazione non sembra corrispondere ad un singolo piano di taglio, ma ad una zona di 15-20 metri molto deformata contraddistinta da più livelli cataclastici, piani con gouge a spaziatura metrica e potenza decimetrica, inoltre sono presenti litoni meno deformati costituiti da serpentiniti massive e da oficalci a tessitura brecciata.

Foto 44 – Zona di Deformazione di Scarpino, Sondaggio VB7: gouge e brecce di faglia a spese di serpentiniti.

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Foto 45 – Zona di Deformazione di Scarpino, Sondaggio VB7: gouge e prevalenti cataclasiti ricementate a spese di serpentiniti.

Foto 46 – Superficie basale della Zona di Deformazione di Scarpino. Sondaggio VB7.

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Foto 47 – Gouge a spese di serpentiniti all’interno della superficie basale della Zona di Deformazione di Scarpino. Sondaggio VB7.

La zona è caratterizzata da un buon grado di affioramento, una copertura non molto elevata, due sondaggi (VB7-VB7bis), e varie stazioni strutturali.

Affidabilità generale delle previsioni: buona.

Tratta 12+975 ÷ 13+900: tratta costituita interamente da metabasalti del Monte Figogna. La zona è estesa ma molto omogenea per quanto riguarda la composizione litologica e la geometria interna. Si può ipotizzare la presenza di alcune faglie individuali a spaziatura ettometrica, alle quali possono essere associate rocce di faglia, probabilmente ricementate.

L’affidabilità delle previsioni è media in funzione della relativa omogeneità del contesto geologico-strutturale, anche se la copertura topografica è anche molto elevata.

Affidabilità generale delle previsioni: media.

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Tratta 13+960 ÷ 14+060: tratta al contatto tra le metabasalti del Monte Figogna, i metasedimenti silicei della Madonna della Guardia, i metacalcari di Erzelli e le argilliti di Murta. la tratta è priva di sondaggi e presenta una scarsa densità di affioramento. I metasedimenti silicei hanno andamento lenticolare e discontinuo in superficie, il che fa supporre una geometria analoga al piano galleria, rendendo difficile la previsione sia sulla presenza, sia sulla potenza effettiva a quota tunnel dell’unità di Madonna della Guardia. Per quel che riguarda i metacalcari di Erzelli, l’affidabilità delle previsioni è migliore in funzione dell’assetto strutturale costante riscontrato a scala locale e della non eccessiva copertura topografica.

Affidabilità generale delle previsioni: da bassa a media.

Tratta 14+060 ÷ 15+760: tratta litologicamente omogenea, costituita interamente dalle meta-argilliti di Murta e di Costagiutta nella quale sono disponibili un sondaggio (VB1) e una stazione strutturale (ST21). La copertura non è mai elevata, ma il grado di affioramento è spesso molto basso. L’affidabilità del modello strutturale è quindi buona, data da una foliazione pervasiva sub-verticale e ondulata dall’evento deformativo 3 che sviluppa piani di taglio fragile, localmente associati a cataclasiti, in posizione di piano assiale delle pieghe di fase 3.

Affidabilità generale delle previsioni: buona.

Interconnessione di Voltri

Le tre rampe di accesso in galleria previste in zona Voltri (gallerie Bric del Carmo, Ciocia e Madonna delle Grazie) si sviluppano tutte all’interno dell’unità tettonometamorfica Voltri (Dominio della Val Leira), costituita da scisti carbonatici filladici (calcescisti) con intercalazioni a scala da metrica a pluriettometrica di metabasiti, metagabbri e meno frequenti serpentiniti/serpentinoscisti, con livelli da decimetrici a plurimetrici di scisti a tremolite-clorite (SAC). I relativi profili sono presentati nella tavola GEO 013.

Per tutte le gallerie l’affidabilità generale delle previsioni è da considerare buona, in virtù della ridotta copertura topografica e della presenza di alcuni sondaggi

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geognostici che permettono di interpretare meglio i dati geologico-strutturali di superficie. Questo settore è inoltre stato oggetto di un’accurata revisione strutturale di terreno.

Vengono di seguito descritte le condizioni geologiche previste per le tre gallerie in oggetto.

Galleria Bric del Carmo: tratta litologicamente omogenea costituita da calcescisti con possibili intercalazioni di metabasiti e/o metagabbri di potenza metrica o plurimetrica. La posizione delle possibili bancate di metabasiti, che sono costituite da lenti allungate, trasposte parallelamente alla scistosità regionale e localmente interessate da cerniere di pieghe isoclinali metrico-decametriche, non è definibile con precisione in quanto le metabasiti costituiscono solo una piccola percentuale della totalità dell’ammasso roccioso e affiorano in superficie in maniera molto discontinua.

Le metabasiti possono essere bordate, al contatto con i calcescisti, da livelli più o meno sottili e discontinui a prevalenti SAC.

Affidabilità generale delle previsioni: da buona nei tratti a bassa copertura topografica, media dove la copertura topografica è maggiore.

Galleria Ciocia: la galleria è suddivisibile in due tratte omogenee: nella prima tratta lo scavo si svolgerà in una massa di metabasiti foliate comprendenti prasiniti e metagabbri, con scistosità immergente ad alto angolo (60- 70°). Le metabasiti sono probabilmente bordate, al contatto con i calcescisti, da livelli discontinui di SAC. All’interno delle metabasiti sarà possibile incontrare alcuni piani di taglio duttile di potenza metrica, con locale riattivazione cataclastica e possibile sviluppo di SAC.

La seconda tratta è caratterizzata da prevalenti scisti carbonatici, con possibili subordinate intercalazioni di metabasiti di collocazione alquanto incerta e con potenza di ordine metrico o plurimetrico, localmente associate a piani di taglio duttile e/o SAC.

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Affidabilità generale delle previsioni: buona su tutto lo sviluppo della galleria, per la bassa copertura topografica, la buona percentuale di affioramento in superficie e la presenza di sondaggi le cui informazioni possono essere proiettate sul piano del profilo (sondaggi VV14, VV15, VV16, SGG10 e R03).

Galleria Madonna delle Grazie: la galleria è suddivisibile in quattro tratte omogenee principali. Nel complesso essa si sviluppa all’interno dell’unità tettonometamorfica Voltri, caratterizzata da calcescisti prevalenti con masse anche importanti di metabasiti. La giacitura della scistosità regionale è sempre da subverticale a fortemente inclinata (> 60°) ma, per effetto delle diverse curve seguite dal tracciato, l’intersezione geometrica tra la traccia della foliazione e il piano del profilo è estremamente variabile.

Nella Tratta 1 sono presenti metabasiti foliate con giacitura ad alto angolo (60-70°); il contatto con i calcescisti adiacenti può essere sottolineato da uno o più livelli decimetrico-metrici a SAC.

Affidabilità generale delle previsioni: buona per la presenza del sondaggio R03 proiettabile sul piano del profilo.

Nella Tratta 2 prevalgono calcescisti filladici con tessitura fortemente foliata. Al loro interno potranno essere rinvenute intercalazioni di metabasiti di potenza metrico- decametrica, eventualmente bordate da piani di taglio duttile e/o SAC, in particolare tra le progressive 0+350 e 0+430 ca.

Affidabilità generale delle previsioni: da buona a discreta, per l’omogeneità litologica riscontrata in superficie e per la moderata copertura topografica.

Nella Tratta 3 si attraverseranno alternanze ripetute di calcescisti, via via meno importanti, prasiniti foliate, metagabbri, SAC e serpentiniti. Potranno essere incontrati piani di taglio duttile con SAC e possibili orizzonti di riattivazione cataclastica, di potenza metrica o plurimetrica.

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Affidabilità generale delle previsioni: da buona a discreta per la bassa copertura topografica, la discreta percentuale di affioramento e la presenza del sondaggio SGG10 proiettabile sul piano del profilo.

Nella Tratta 4 la galleria rientra in prevalenti calcescisti, con locali e subordinate intercalazioni di metabasiti e/o SAC, la cui posizione è difficilmente prevedibile fuorché nella parte terminale della tratta (Progressiva 1+300 ÷ 1+320 ca.), dove un livello plurimetrico a prevalenti SAC può essere proiettato a partire dagli affioramenti di superficie.

Affidabilità generale delle previsioni: da buona a discreta grazie alla moderata copertura topografica.

15.2 Zona est Polcevera

I profili geologici (GEO014-GEO019) rappresentano tutti gli elementi noti e gli elementi ragionevolmente probabili derivanti dal quadro conoscitivo dedotto sulla base delle indagini eseguite.

Per quanto attiene agli elementi strutturali, si ricorda che:

• la loro ubicazione in planimetria ed in sezione può talora presentare un certo grado di indeterminatezza, in ragione della scarsa esposizione rocciosa e della presenza di estese coperture eluvio-colluviali.

• In prossimità delle faglie e delle strutture principali è sempre necessario considerare la presenza di una zona cataclastica, anche se non espressamente indicata.

• Le fasce intensamente tettonizzate o brecciate indicate nei profili possono essere presenti anche in altre porzioni di tracciato, ma non essere state esplicitate con il solito sovrassegno, in quanto non intercettate dai sondaggi e non osservabili in affioramento.

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Asse A7 Nord

L’asse A7 Nord, di lunghezza complessiva pari a 6710 m circa, si sviluppa quasi interamente in galleria e si estende tra l’attuale casello di Genova Ovest e l’innesto sul viadotto Torrente Secca dell’attuale A7.

Tratta 0+000 ÷ 3+500 circa: dal casello di Genova Ovest, dopo un primo tratto che sarà scavato in artificiale - in cui verranno interessati modesti spessori di depositi eluvio-colluviali e la porzione più corticale, allentata ed alterata del substrato lapideo - il tracciato (Galleria Granarolo) si svilupperà interamente all’interno delle sequenze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco. In questo tratto le indagini condotte hanno evidenziato la presenza di orizzonti di brecce, di origine presumibilmente tettonica, costituite da clasti da spigolosi a subarrotondati immersi in matrice pelitico- argillitica, con strutture fluidali che delineano orizzonti continui. Le porzioni brecciate di maggior spessore ed estensione dovrebbero essere incontrati nelle tratte 0+450 ÷ 0+670, 0+730 ÷ 0+770, 1+075 ÷ 1+560.

Le giaciture dei piani di strato, mediamente orientate verso E, sono frequentemente legate alla mesoscala a pieghe isoclinali; si evidenziano pieghe di lunghezza compresa tra decine e centinaia di metri, con assi orientati grossomodo NE-SW, e orizzonti fortemente disturbati da pieghe metriche e decimetriche.

In tale tratto, alle progressive km 1+040, 1+565, 2+455 e 2+610 circa verranno attraversate 4 zone di faglia a giacitura subverticale e direzioni da E-W a ESE-WNW.

Tratta 3+500 ÷ 3+620 circa: attraversamento in viadotto della Valle Torbella. In tale tratta, al di sotto di modesti spessori di depositi eluvio-colluviali e di terreni di riporto legati all’autostrada A12 esistente, il terreno di fondazione delle opere d’arte sarà costituito ancora dal’ammasso roccioso della Formazione di Ronco.

Tratta 3+620 ÷ 6+430 circa: il tracciato si svilupperà nuovamente in sotterraneo (Galleria Forte Diamante) interessando dapprima le sequenze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco e, a partire dalla progressive km 5+670 circa ,le successioni argillitiche ad assetto scaglioso della Formazione di Montanesi. Quest’ultima

Spea – Ufficio Geologia 243 / 269

Formazione nel suo complesso evidenzia una pseudostratificazione indotta da pieghe isoclinali strizzate a piccolo raggio, con immersione verso i quadranti orientali e vergenza mediamente verso W. Il passaggio tra le due formazioni si attua a mezzo di un orizzonte tettonico lungo il quale gli ammassi rocciosi risultano intensamente tettonizzati, con sviluppo di fenomeni di trascinamento (dragging) legati a piani di thrust secondari subparalleli alla stratificazione.

La continuità del piano di sovrascorrimento risulta interrotta da diverse strutture tettoniche a direzione prevalentemente E-W e giacitura sub verticale, che saranno attraversate dagli scavi in sotterraneo alle progressive km 3+650, 4+555, 4+770, 4+945, 5+280, 5+460 e 5+560. L’effetto di tali piani di faglia può determinare l’intercettazione della Formazione di Montanesi, più probabile per motivi geometrici tra le progressive 5+530 e 5+560. In tali situazioni lo scavo in sotterraneo avrà condizioni di fronte misto e condizioni di elevata tettonizzazione degli ammassi rocciosi.

Per quanto concerne le principali problematiche di natura geologica si evidenziano:

• possibili fenomeni di squeezing in corrispondenza dei tratti ad argillite prevalente e degli orizzonti tettonizzati all’interno della Formazione di Ronco

• problemi di instabilità di porzioni del fronte nei tratti scavati all’interno delle alternanze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco

• problemi di instabilità del fronte e del cavo nei tratti di attraversamento delle zone tettonizzate e difficoltà connesse allo scavo in situazione di fronte misto.

Particolare attenzione dovrà inoltre essere prestata alla progettazione e realizzazione delle opere di imbocco che coinvolgono l’orizzonte più allentato ed alterato del substrato lapideo ed i sovrastanti depositi eluvio-colluviali con spessori complessivi di 8÷10 m.

Per quanto concerne le problematiche di natura idrogeologica la ridotta permeabilità delle formazioni attraversate porta a ritenere probabili situazioni di stillicidio diffuso, con limitate venute in corrispondenza dell’attraversamento delle fasce tettonizzate e delle porzioni corticali più allentate dell’ammasso roccioso.

Spea – Ufficio Geologia 244 / 269

Tratta 6+430 ÷ 6+575: tratto in viadotto (Viadotti Orpea e Secca) tra le progressive km 6+460 e km 6+540 ed un tratto in scavo tra le progressive km 6+540 e km 6+575 prima dell’innesto sull’esistente viadotto Torrente Secca. In tale tratto le opere di scavo interesseranno le sequenze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco che mostrano qui un assetto blandamente anticlinalico.

Asse A12 Est

L’asse A12 Est, di lunghezza complessiva pari a 5100 m circa, si sviluppa quasi interamente in galleria e si estende tra il Viadotto Polcevera della futura Gronda Ovest e l’innesto con l’attuale tracciato della A12 in prossimità dell’imbocco est della esistente galleria Monte Sperone.

In corrispondenza della Val Polcevera il progetto prevede la realizzazione di un viadotto, le cui fondazioni intesseranno il substrato lapideo - costituito dalle argilliti della Formazione di Montanesi e dalle alternanze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco - posto al di sotto di depositi alluvionali di natura ghiaioso-sabbiosa di spessore compreso tra 15 e 30 m circa.

Tratta 0+000 ÷ 0+155: lo scavo della Galleria Bric du Vento interesserà, fino alla progressive km 0+155 circa, le sequenze argillitiche della Formazione di Montanesi. che nel complesso evidenziano una pseudostratificazione indotta da pieghe isoclinali strizzate a piccolo raggio con immersione verso i quadranti orientali e vergenza mediamente verso W.

Tratta 0+155 ÷ 0+255: verranno attraversate sequenze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco, intercettate dal sondaggio MB33. La Formazione di Ronco, in questo contesto, costituisce il nucleo - con orientamento NNE-SSW - di una struttura a piega sinclinale isolato dal litosoma principale dell’unità. Il lato di monte del litosoma di Ronco è evoluto in una faglia normale, che ha ribassato il nucleo di Ronco isolandolo dagli affioramente di ROC posti più ad E.

Spea – Ufficio Geologia 245 / 269

Tratta 0+255÷ 0+600 circa: lo scavo in sotterraneo interesserà nuovamente le argilliti della Formazione di Montanesi, per poi entrare nelle sequenze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco.

Tratta 0+600÷ 2+500: la galleria si svilupperà all’interno della Formazione di Ronco. fino all’imbocco. Il passaggio tra le due formazioni si attua a mezzo di un orizzonte tettonico lungo il quale gli ammassi rocciosi risultano fortemente tettonizati con sviluppo di fenomeni di trascinamento (dragging) legati a piani di thrust secondari subparalleli alla stratificazione.

In tale settore le giaciture dei piani di strato, mediamente orientate verso E, sono frequentemente legate alle pieghe isoclinali già descritte per l’asse A7 e che caratterizzano il Ronco in tutto questo settore. Le indagini eseguite hanno inoltre evidenziato orizzonti ad intensa tettonizzazione, con sviluppo di brecce - costituite da clasti da spigolosi a subarrotondati immersi in matrice pelitico-argillitica con strutture fluidali - distribuiti in particolare tra le progressive 2+260 e 2+420 circa. Sono inoltre stati individuati diversi piani di faglia a giacitura subverticale e direzione prevalentemente E-W che disarticolano il piano di sovrascorrimento tra la Formazione di Ronco e le sottostanti Argilliti di Montanesi e che saranno intercettate alle progressive 0+750, 0+770, 0+850, 1+240, 1+340 e 1+605 circa.

Tratta 2+500÷ 2+600 circa: è previsto l’attraversamento in viadotto della Valle Torbella. In tale tratta, al di sotto di modesti spessori di depositi eluvio-colluviali e di terreni di riporto legati all’esistente autostrada A12, il terreno di fondazione delle opere d’arte previste sarà costituito ancora dalla Formazione di Ronco.

Tratta 2+600÷ 4+615: il tracciato si svilupperà nuovamente in sotterraneo (Galleria Monte Sperone), interessando dapprima le sequenze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco sino alla progressive 3+340 circa dove verrà incontrato un piano di sovrascorrimento immergente verso i quadranti orientali, con inclinazione di circa 15°, attraverso il quale si realizza l’accavallamento tettonico dell’unità tettonica Antola al di sopra della Formazione di Ronco.

Spea – Ufficio Geologia 246 / 269

In corrispondenza del piano di sovrascorrimento, alla base della Formazione di Antola, verranno attraversate per circa 50 m argilliti policrome fortemente tettonizzate appartenenti alla Formazione di Montoggio, che costituisce corpi lenticolari rimasti legati all’hanging wall del sovrascorrimento della Formazione di Antola sulle unità sottostanti e che costituiscono l’orizzonte di scollamento per l’unità soprastante.

Nel tratto compreso tra le progressive km 2+850 circa e km 3+300 circa la galleria verrà scavata al di sotto di una porzione di ammasso coinvolta in una paleofrana il cui piano di base si colloca comunque ad una distanza minima di circa 90 m al di sopra della quota di progetto.

Superato il tratto in argilliti lo scavo interesserà le sequenze di torbiditi carbonati che della Formazione di Antola, che in tale tratto mostra giaciture vergenti verso i quadranti orientali con inclinazioni mediamente comprese tra 30° e 40°. La Formazione di Antola costituirà il fronte di scavo fino all’imbocco est della galleria, ubicato alla progressive km 4+615 circa.

Nel tratto finale all’aperto i terreni di fondazioni saranno costituiti da riporti antropici, che ricoprono con spessori compresi tra 10 e 20 m, le sequenze calcareo-marnose della Formazione di Antola.

Per quanto concerne le principali problematiche di natura geologica si evidenziano:

• possibili fenomeni di squeezing in corrispondenza dei tratti ad argillite prevalente e degli orizzonti tettonizzati all’interno della Formazione di Ronco

• problemi di instabilità di porzioni del fronte nei tratti scavati all’interno delle alternanze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco

• problemi di instabilità del fronte e del cavo nei tratti di attraversamento delle zone tettonizzate e difficoltà connesse allo scavo in situazione di fronte misto.

Per quanto concerne le problematiche di natura idrogeologica particolare criticità assume l’attraversamento del contato tettonico tra la Formazione di Antola e la sottostante Formazione di Ronco con interposizione dell’orizzonte argillitico tettonizzato della Formazione di Montoggio che agisce da acquicludo; in merito a tale aspetto si segnala che la parte basale della Formazione di Antola è localmente sede

Spea – Ufficio Geologia 247 / 269

di risorgenze diffuse, allineate lungo il piano di sovrascorrimento. Tale circostanza determina le condizioni per l’instaurarsi di significative venute idriche in fase di scavo che potrebbero inoltre dar luogo a fenomeni di ammorbidimento e plasticizzazione dell’orizzonte argillitico sottostante.

Nel tratto scavato all’interno della Formazione di Antola, che costituisce un acquifero a circolazione mista per fratturazione e carsismo, potrebbero verificarsi venute concentrate in corrispondenza dell’attraversamento di tratti maggiormente fratturati o dell’intercettazione di condotti carsici. A tale proposito si segnala che il monitoraggio piezometrico in corso evidenzia altezze piezometriche massime di circa 180 m al di sopra della quota di progetto.

Nei rimanenti tratti, la ridotta permeabilità delle formazioni attraversate porta a ritenere probabili situazioni di stillicidio diffuso, con limitate venute moderate in corrispondenza dell’attraversamento delle fasce tettonizzate e delle porzioni corticali più allentate dell’ammasso roccioso.

Interconnessione di Bolzaneto

Rampa A7 Nord – Gronda Ovest

La Rampa di collegamento A7 Nord – Gronda Ovest, di lunghezza complessiva pari a 2500 m circa, si sviluppa interamente in galleria e si estende tra la progressive km 4+300 dell’asse A7 Nord, con raccordo in sotterraneo, ed il Viadotto Polcevera della Gronda Ovest.

A partire dal raccordo con l’asse A7 Nord lo scavo in sotterraneo si svilupperà all’interno delle sequenze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco che costituirà il fronte di scavo fino alla progressiva km 1+335, dove verrà intercettato il piano di sovrascorrimento che pone in contatto la Formazione di Ronco con le sottostanti argilliti della Formazione di Montanesi. In corrispondenza del contatto tettonico tra le due formazioni gli ammassi rocciosi risultano intensamente tettonizzati con sviluppo di fenomeni di trascinamento (dragging), legati a piani di thrust secondari subparalleli alla stratificazione.

Spea – Ufficio Geologia 248 / 269

Nel tratto iniziale le giaciture dei piani di strato, mediamente orientate verso E, sono frequentemente legate a pieghe isoclinali alla mesoscala; si evidenziano pieghe di lunghezza compresa tra decine e centinaia di metri, con assi orientati grossomodo NE-SW, e orizzonti fortemente disturbati da pieghe metriche e decimetriche. Le argilliti della Formazione di Montanesi, nel complesso mostrano una pseudostratificazione indotta da pieghe isoclinali strizzate a piccolo raggio, con interruzione della continuità degli strati arenacei, con immersione verso i quadranti orientali e vergenza mediamente verso W.

La continuità del piano di sovrascorrimento risulta interrotta da diverse strutture tettoniche a direzione prevalentemente E-W e giacitura subverticale che saranno attraversate dallo scavo in sotterraneo alle progressive 0+265, 0+480, 0+640, 1+010, 1+105 e 1+170.

Tra le progressive 1+640 e 1+750 circa verranno attraversate sequenze pelitico- arenacee della Formazione di Ronco che costituiscono un nucleo di una struttura a piega sinclinale (vedi asse A12).

Tra le progressive 1+750 e l’imbocco della galleria, ubicato alla progressiva 1+915 circa, lo scavo interesserà nuovamente le sequenze argillitiche della Formazione di Montanesi.

Per quanto concerne le problematiche di natura idrogeologica la ridotta permeabilità delle formazioni attraversate porta a ritenere probabili situazioni di stillicidio diffuso, con limitate venute moderate in corrispondenza dell’attraversamento delle fasce tettonizzate e delle porzioni corticali più allentate dell’ammasso roccioso.

Nel tratto terminale dell’asse di progetto, le fondazioni delle opere all’aperto interesseranno dapprima la Formazione di Montanesi ed il relativo orizzonte eluvio- colluviale e successivamente, apartire dalla progressiva 1+955, terreni di riporto e depositi alluvionali di natura ghiaioso-sabbiosa che ricoprono il substrato lapideo con spessore di circa 30 m.

Rampa MI-GE

Spea – Ufficio Geologia 249 / 269

La Rampa MI-GE, di lunghezza complessiva pari a 2270 m circa, si sviluppa inizialmente in affiancamento al viadotto Secca e successivamente in galleria, collegando l’autostrada A7 alla nuova A12 est.

A partire dalla spalla nord del viadotto sul Torrente Secca, fino all’inizio del tratto in sotterraneo alla progressiva km 0+555 circa, il tracciato della Rampa MI-GE interesserà prima per una trentina di metri la formazione delle Argilliti di Montanesi, quindi i depositi alluvionali antichi (km 0+035÷km 0+065, km 0+175÷km 0+450) e recenti (km 0+065÷km 0+180) del Torrente Secca. Il substrato al di sotto delle alluvioni si rinviene rispettivamente a 6 m da p.c. (Alr) e 10-14 m da p.c. (Ala).

Alla progressiva km 0+447 il tracciato della Rampa MI-GE, subito prima dell’imbocco, supera il rilevato dell’autostrada A7 (km 0+450÷km 0+545) e interessa infine per una decina di metri depositi di versante dello spessore di alcuni metri.

Nel tratto in sotterraneo, il tracciato si svilupperà all’interno delle successioni argillitiche ad assetto scaglioso della Formazione di Montanesi (km 0+555÷km 0+905, km 1+015÷km 1+485) e delle sequenze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco (km 0+905÷km 1+015, km 1+485÷km 2+270).

Il passaggio tra le due formazioni si attua a mezzo di un orizzonte tettonico lungo il quale gli ammassi rocciosi a contatto risultano intensamente tettonizzati con sviluppo di fenomeni di trascinamento (dragging) legati a piani di thrust secondari subparalleli alla stratificazione della galleria.

Le giaciture dei piani di strato, mediamente orientate verso E, sono frequentemente legate a pieghe isoclinali alla mesoscala; si evidenziano pieghe di lunghezza compresa tra decine e centinaia di metri, con assi orientati grossomodo NE-SW, e orizzonti fortemente disturbati da pieghe metriche e decimetriche.

La continuità del piano di sovrascorrimento risulta interrotta da diverse strutture tettoniche a direzione prevalentemente E-W e giacitura subverticale che saranno

Spea – Ufficio Geologia 250 / 269

attraversate dagli scavi in sotterraneo alle progressive km 1+015, 1+620, 1+680 e 2+090;

Particolare attenzione dovrà inoltre essere prestata alla progettazione e realizzazione delle opere di imbocco che coinvolgono l’orizzonte più allentato ed alterato del substrato lapideo ed i sovrastanti depositi eluvio-colluviali con spessori complessivi di 8÷10 m.

Per quanto concerne le problematiche di natura idrogeologica, la ridotta permeabilità delle formazioni attraversate porta a ritenere probabili situazioni di stillicidio diffuso, con limitate venute moderate in corrispondenza dell’attraversamento delle fasce tettonizzate e delle porzioni corticali più allentate dell’ammasso roccioso.

Rampa MI-SV

La Rampa Milano – Savona, di lunghezza complessiva pari a 980 m circa, si sviluppa quasi interamente in galleria tra la attuale A7 Direzione Sud e il Viadotto Genova della Gronda Ovest .

Lo scavo in sotterraneo, esteso tra le progressive km 0+205 e 0+755 circa avverrà interamente all’interno delle sequenze argillitiche a struttura scagliosa della Formazione di Montanesi, che nel complesso evidenzia una pseudostratificazione indotta da pieghe isoclinali strizzate a piccolo raggio, con interruzione della continuità degli strati arenacei, con immersione verso i quadranti orientali e vergenza mediamente verso W.

In corrispondenza degli imbocchi della galleria gli scavi interesseranno depositi eluvio-colluviali con spessori di circa 2÷3 m ed il sottostante orizzonte di alterazione del substrato che mostra uno spessore di circa 5÷6 m.

Per quanto concerne le problematiche di natura idrogeologica, la ridotta permeabilità delle formazioni attraversate porta a ritenere probabili situazioni di stillicidio diffuso, con limitate venute moderate in corrispondenza dell’attraversamento delle fasce

Spea – Ufficio Geologia 251 / 269

tettonizzate, delle porzioni corticali più allentate dell’ammasso roccioso e del piano di base della deformazione gravitativa di versante.

Nei tratti all’aperto dell’asse di progetto le fondazioni delle opere d’arte interesseranno terreni di riporto e depositi alluvionali di natura ghiaioso-sabbiosa che ricoprono il substrato lapideo con spessore complessivo di circa 10 m nel tratto iniziale e di circa 30÷35 m nel tratto finale.

Rampa A7 Nord – A7 Sud

La Rampa A7 Nord – A7 Sud, di lunghezza complessiva pari a 815 m circa, si sviluppa in prevalenza a cielo aperto. L’asse di progetto si sviluppa sulle sequenze argillitiche della Formazione di Montanesi e sulle alternanze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco che verranno incontrate al di sotto di depositi eluvio-colluviali e detritici di spessore mediamente pari a 3÷5 m. In tale tratta le principali problematiche saranno connesse all’apertura degli scavi in trincea all’interno delle sequenze argillitiche.

Interconnessione A7-A12

Rampa A7 Nord - A12 Est

La Rampa A7 Nord - A12 Est, di lunghezza complessiva pari a 1990 m circa, si sviluppa interamente in galleria tra l’asse A7 Nord e l’asse A12 Est a cui si raccorda con innesti in sotterraneo.

A partire dalla connessione con l’A7 Nord e fino alla progressive km 1+130 circa, lo scavo interesserà le sequenze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco che mostrano giaciture dei piani di strato, mediamente orientate verso E, frequentemente legate a pieghe isoclinali. Le indagini eseguite hanno evidenziato orizzonti ad intensa tettonizzazione, con sviluppo di brecce che tuttavia non dovrebbero interessare l’ammasso alla quota di scavo.

Spea – Ufficio Geologia 252 / 269

In tale tratto sono stati individuati diversi piani di faglia a giacitura subverticale e direzione prevalentemente E-W, che disarticolano il piano di sovrascorrimento tra la Formazione di Ronco e le sottostanti Argilliti di Montanesi e che saranno intercettate alle progressive km 0+340 e 0+455 circa.

Alla progressiva 1+130 circa verrà incontrato un piano di sovrascorrimento immergente verso i quadranti orientali con inclinazione di circa 20°, attraverso il quale si realizza l’accavallamento tettonico dell’unità tettonica Antola al di sopra della Formazione di Ronco.

Le torbiditi carbonatiche della Formazione di Antola, che in tale tratto mostra giaciture vergenti verso i quadranti orientali con inclinazioni mediamente comprese tra 30° e 40° costituiranno il fronte di scavo fino all’innesto in sotterraneo con l’asse A12 Est.

Per quanto concerne le problematiche di natura idrogeologica particolare criticità assume l’attraversamento del contato tettonico tra la Formazione di Antola e la sottostante Formazione di Ronco; in merito a tale aspetto si segnala che la parte basale della Formazione di Antola è localmente sede di risorgenze diffuse, allineate lungo il piano di sovrascorrimento. Tale circostanza determina le condizioni per l’instaurarsi di significative venute idriche in fase di scavo.

Nel tratto scavato all’interno della Formazione di Antola, che costituisce un acquifero significativo a circolazione mista per fratturazione e carsismo, potrebbero verificarsi venute concentrate in corrispondenza dell’attraversamento di tratti maggiormente fratturati o dell’intercettazione di condotti carsici. A tale proposito si segnala che il monitoraggio piezometrico in corso evidenzia altezze piezometrico massime di circa 170 m al di sopra della quota di progetto.

Nei rimanenti tratti la ridotta permeabilità delle formazioni attraversate porta a ritenere probabili situazioni di stillicidio diffuso, con limitate venute moderate in corrispondenza dell’attraversamento delle fasce tettonizzate e delle porzioni corticali più allentate dell’ammasso roccioso.

Spea – Ufficio Geologia 253 / 269

Rampa A12 Est – A12 Ovest

La Rampa A12 Est – A12 Ovest, di lunghezza complessiva pari a 655 m circa, si sviluppa quasi interamente in galleria tra la progressive km 2+020 dell’asse A12 Est a cui si raccorda in sotterraneo e l’attuale sede della A12 Ovest.

Lo scavo in sotterraneo avverrà interamente all’interno delle sequenze pelitico- arenacee della Formazione di Ronco. All’interno della Formazione di Ronco sono stati individuati orizzonti ad intensa tettonizzazione, con sviluppo di brecce, distribuiti in particolare tra le progressive km 0+185 e km 0+335 circa.

In corrispondenza dell’imbocco della galleria gli scavi interesseranno depositi eluvio- colluviali con spessori di circa 2÷3 m ed il sottostante orizzonte di alterazione del substrato che mostra uno spessore di circa 5÷6 m.

Per quanto concerne le problematiche di natura idrogeologica la ridotta permeabilità delle formazioni attraversate porta a ritenere probabili situazioni di stillicidio diffuso, con limitate venute moderate in corrispondenza dell’attraversamento delle fasce tettonizzate e delle porzioni corticali più allentate dell’ammasso roccioso.

Rampa A12 Ovest – A7 Nord

La Rampa A12 Ovest– A7 Nord, di lunghezza complessiva pari a 620 m circa, si sviluppa per lo più in galleria tra il raccordo in sotterraneo con l’a A12 Ovest all’interno della Galleria Monte Sperone e la progressive km 3+965 dell’asse A7 Nord a cui si raccorda in sotterraneo.

Lo scavo in sotterraneo avverrà interamente all’interno delle sequenze pelitico- arenacee della Formazione di Ronco in cui sono stati individuati orizzonti ad intensa tettonizzazione, con sviluppo di brecce tra le progressive km 0+370 e km 0+510 circa.

Spea – Ufficio Geologia 254 / 269

Nel tratto iniziale lo scavo avverrà all’interno di un versante interessato da una paleofrana il cui piano basale verrà intercettata alla progressive km 0+200. Lo scavo interesserà l’ammasso coinvolto nella paleofrana fino alla progressive Km 0+245

In corrispondenza dell’imbocco della galleria gli scavi interesseranno depositi eluvio- colluviali con spessori di circa 2÷3 m ed il sottostante orizzonte di alterazione del substrato che mostra uno spessore di circa 5÷6 m.

Per quanto concerne le problematiche di natura idrogeologica la ridotta permeabilità delle formazioni attraversate porta a ritenere probabili situazioni di stillicidio diffuso, con limitate venute moderate in corrispondenza dell’attraversamento delle fasce tettonizzate, delle porzioni corticali più allentate dell’ammasso roccioso e del piano di base della deformazione gravitativa di versante.

Interconnessione Genova est

Rampe R1, R2 e R3

Le Rampe R1, R2 ed R3 realizzano il raccordo del nuovo asse A12 Est con lo svincolo di Genova Est e saranno realizzate in prevalenza all’aperto con un breve tratto in sotterraneo tra le progressive 0+205 e 0+325 della Rampa R1.

Le rampe in progetto verranno realizzate in un contesto geologico caratterizzato dalla presenza di alternanze calcareo-marnose della Formazione di Antola in genere subaffioranti, ricoperte in corrispondenza della sede della A12 da depositi di riporto eterogeneo con spessori massimi di circa 35 m, costituiti dallo smarino delle esistenti gallerie autostradali.

In tale area il substrato lapideo presenta piani di strato caratterizzati da immersioni verso S-SE con inclinazioni mediamente comprese tra 30° e 50°.

Interconnessione Genova ovest

Rampa 1

Spea – Ufficio Geologia 255 / 269

La Rampa 1, di lunghezza complessiva pari a 1100 m circa, si sviluppa quasi interamente in galleria realizzando il collegamento tra il casello Genova Ovest della A7 ed il viadotto Morandi della A10.

Lo scavo in sotterraneo, esteso tra la progressiva km 0+170 e km 0+990 avverrà interamente all’interno delle sequenze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco che mostrano immersioni dei piani di strato verso i quadranti orientali con sviluppo di pieghe isoclinali alla mesoscala.

In corrispondenza degli imbocchi, gli scavi interesseranno depositi eluvio-colluviali ed il sottostante orizzonte di alterazione del substrato che mostrano uno spessore complessivo di circa 10÷15 m.

In tale contesto le principali problematiche di natura geologica saranno connesse a problemi di instabilità di porzioni del fronte e difficoltà connesse allo scavo in situazione di fronte misto. Elemento di criticità è costituito dal sottopasso dell’asse A10 Est – A7 Nord che avviene con un setto di roccia limitato. Particolare attenzione dovrà inoltre essere prestata alla progettazione e realizzazione delle opere di imbocco che coinvolgono l’orizzonte più allentato ed alterato del substrato lapideo ed i sovrastanti depositi eluvio-colluviali con spessori complessivi di 10÷15 m.

Per quanto concerne le problematiche di natura idrogeologica, la ridotta permeabilità della formazione attraversata porta a ritenere probabili situazioni di stillicidio diffuso, con limitate venute moderate in corrispondenza dell’attraversamento delle fasce tettonizzate e delle porzioni corticali più allentate dell’ammasso roccioso.

Rampa 2

La Rampa Morandi 2, di lunghezza complessiva pari a 1000 m circa, si sviluppa quasi interamente in galleria realizzando il collegamento tra il viadotto Morandi della A10 e la progressiva 0+730 circa del nuovo asse A7 Nord con raccordo in sotterraneo.

Spea – Ufficio Geologia 256 / 269

Lo scavo avverrà interamente all’interno delle sequenze pelitico-arenacee della Formazione di Ronco. All’interno della Formazione di Ronco sono stati individuati orizzonti ad intensa tettonizzazione, con sviluppo di brecce distribuiti in particolare tra le progressive km 0+770 e km 1+000 circa.

In corrispondenza dell’imbocco gli scavi interesseranno depositi eluvio-colluviali ed il sottostante orizzonte di alterazione del substrato che mostrano uno spessore complessivo di circa 10÷15 m.

Per quanto concerne le principali problematiche di natura geologica connesse allo scavo della galleria in progetto si evidenziano problemi di instabilità di porzioni del fronte, problemi di instabilità del fronte e del cavo nei tratti di attraversamento delle zone tettonizzate e difficoltà connesse allo scavo in situazione di fronte misto. Elemento di criticità è costituito dal sottopasso dell’asse A7 Nord – A10 Ovest che avviene con un setto di roccia limitato. Particolare attenzione dovrà inoltre essere prestata alla progettazione e realizzazione delle opere di imbocco che coinvolgono l’orizzonte più allentato ed alterato del substrato lapideo ed i sovrastanti depositi eluvio-colluviali con spessori complessivi di 10÷15 m.

Per quanto concerne le problematiche di natura idrogeologica, la ridotta permeabilità della formazione attraversata porta a ritenere probabili situazioni di stillicidio diffuso, con limitate venute moderate in corrispondenza dell’attraversamento delle fasce tettonizzate e delle porzioni corticali più allentate dell’ammasso roccioso.

Spea – Ufficio Geologia 257 / 269

16 CANALE DI CALMA

I seguenti paragrafi illustrano gli elementi geologico strutturali utili ad individuare i principali aspetti progettuali riconducibili alla natura ed alle caratteristiche dei terreni e rappresentati nell’ elaborato cartografico (scala 1:5.000) allegato al progetto.

I dati utilizzati per la redazione del profilo sono stati ricavati da un’apposita campagna geognostica in sito, il cui obiettivo è stato sia quello di definire i limiti geologici, sia quello eseguire prove meccaniche in sito e di prelevare i campioni necessari per l’esecuzioni delle prove geotecniche di laboratorio e le analisi chimico – ambientali.

16.1 Inquadramento geologico-geomorfologico-strutturale

Lineamenti morfo-strutturali

Gli studi di geofisica e geologia marina hanno messo in evidenza come il Mar Ligure sia costituito, dal punto di vista strutturale, dalle propaggini settentrionali di due sistemi di bacini di diversa origine ed evoluzione (vedi fig. 1).

Fig. 1 Morfologia e partizioni strutturali del substrato (1. Isocrone in twd, secondi 2. Margine Ligure 3.Seamounts, paleo margine corso 4. Bacino Ligure 5. Margine corso attuale)

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La zona occidentale, indicata generalmente come Bacino Ligure, è caratterizzata da una depressione principale ad asse NE-SW con substrato di crosta continentale molto assottigliata o di transizione. Essa prende origine dalla migrazione del blocco sardo-corso verso est nell’Oligocene Superiore.

Il settore orientale, situato ad est della zona dei seamounts e di Capo Corso (vedi fig. 2), si presenta come un’area costituita da ampi bacini a substrato continentale con colmate sedimentarie di notevole potenza, generati a seguito della tettonica distensiva post tortoniana (Miocene Sup.) che dà origine a tutto il sistema tirrenico (Fanucci et al., 1987).

L’area comprendente il Mar Ligure, che si estende tra la costa ligure toscana e la Corsica nord-occidentale, può essere ripartita, in base ai suoi caratteri morfo- strutturali, in alcuni settori che si differenziano sia per l’attività neotettonica che per le caratteristiche del corpo sedimentario plio-quaternario:

- da Ventimiglia ad Imperia si ha un classico margine abrupto interessato da canyon profondamente incisi, al cui sbocco si trovano accumuli sedimentari paragonabili a piccoli “deep sea fan”;

- da Imperia a La Spezia, attraversando la Valle di Genova (vedi fig. 2 e 3), il margine del Golfo di Genova è caratterizzato da ampie depressioni laddove si alternano zone di forte accumulo sedimentario a zone di erosione (canyon); i depositi Plio- Quaternario arrivano ad assumere potenze considerevoli;

- a Sud di Livorno, il settore corso - toscano presenta, ad est caratteri simili a quelli del settore precedente, mentre la parte occidentale ha caratteri simili a quelli del margine corso adiacente.

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Fig. 2: Carta batimetrica del Mar Ligure con indicazione dei settori morfostrutturali e dei principali canyons (A. Scarpate alpine ad ovest di Imperia, B. Bacino ligure principale C. Bacino del golfo di Genova D. Scarpate interne al golfo di Genova E. Bacini della toscana settentrionale F.Graben “Valle di Genova” e ”Valle di la Spezia” G.H. Alti strutturali dei seamounts I. Arcipelago toscano L. Scarpate corso toscane M. Scarpate della corsica)

L’evoluzione tettonica disgiuntiva responsabile dell’evoluzione del Mar Ligure e dei suoi margini a partire dal Miocene medio ha condizionato in maniera importante la distribuzione e l’accumulo dei sedimenti plio-quaternari.

La sequenza neotettonica può essere così sintetizzata:

- fase distensiva, collocabile temporalmente a partire dal Miocene Medio, che porta alla formazione di aree di sedimentazione con direttrici N-S sulla costa ligure;

- fase compressiva, collocabile temporalmente al passaggio tra Miocene medio e Miocene superiore, con deformazione dei Bacini suddetti ed esteso processo di sollevamento ed erosione;

- nel Tortoniano (Miocene sup.) la sedimentazione riprende in nuovi bacini di distensione, il cui asse nel Bacino Ligure si dispone in senso SW-NE; la deposizione è inizialmente terrigena e successivamente evaporitica;

- nel Pliocene inferiore la costa ligure viene interessata da una trasgressione con sedimentazione di ambiente batiale e successivamente da importanti apparati deltizi, che indicano un ringiovanimento del rilievo e l'inizio di una regressione;

- nel Pliocene sup. – Pleistocene il Bacino ligure è in fase di subsidenza;

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- la tettonica Plio-quaternaria è essenzialmente distensiva con diverse fasi separate, una delle quali risulta essere ancora in atto.

In sintesi tale tettonica ha condizionato la distribuzione e l’accumulo dei sedimenti Plio-quaternari come segue:

- creazioni di depressioni, soprattutto nelle fasi neo e medio-plioceniche;

- mantenimento di bacini preesistenti o di neoformazione con accumulo di sedimenti al loro interno;

- creazione e mantenimento di avvallamenti normali alla costa (canyon) lungo i quali si incanalano le correnti di fondo.

Inquadramento geomorfologico

La morfologia dei fondali nella zona centrale del Golfo di Genova presenta particolari caratteristiche a causa dei due profondi ed estesi canyon sottomarini (vedi fig. 3) le cui testate si aprono al limite della piattaforma continentale in corrispondenza delle foci dei torrenti Bisagno e Polcevera; i canyon interessano tutta la scarpata e parte dell’ampio pre-continente sino a 1200 metri di profondità (Fanucci et al., 1974).

Fig. 3: Profilo sismico lungo le valli di Genova e La Spezia, particolare sui canyons di Genova

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La piattaforma continentale presenta una morfologia piuttosto regolare, originata da successivi episodi di sedimentazione dal Pliocene fino ai giorni nostri. La piattaforma ha il proprio ciglio in corrispondenza delle isobate 100 – 120 metri. Sulla base di dati geologici e sismici superficiali si può affermare che la piattaforma litorale antistante l’area urbana genovese risulta prevalentemente costituita da sedimenti accumulatisi nel corso del Plio-quaternario e che abbia subito successivamente, durante il Pleistocene, alterne vicende di sommersione ed emersione correlabili alle oscillazioni glaciali.

Per quanto riguarda le testate dei canyon, l’accumulo sedimentario Plio-quaternario giunge fino al ciglio con potenze notevoli, mentre non si nota una struttura di accumulo frontale. La zona interposta tra i due canyon antistante la zona portuale genovese presenta caratteristiche intermedie tra quelle descritte. In generale i sedimenti quaternari si concentrano nella parte occidentale dell’area in esame, da Voltri a Genova, assumendo le massime potenze sottocosta nella parte più interna del Golfo di Genova. Nella parte est dell’area, invece, la copertura sedimentaria è assai modesta con la sola eccezione del tratto prospiciente la Foce del Bisagno, dove si raggiungono potenze considerevoli. La distribuzione dei sedimenti mostra inoltre come ad occidente vi sia una concentrazione di lutiti argillose nella zona di maggiore sedimentazione: questo sta ad indicare la presenza di un prevalente trasporto in sospensione delle lutiti da est verso ovest, in accordo con la circolazione generale delle correnti del Mar Ligure.

Inquadramento geologico-stratigrafico

La coltre sedimentaria Plio-quaternaria presente nel Mar Ligure assume un’importanza notevole, non solo in rapporto alle conoscenze del Plio-quaternario, ma anche nei confronti del substrato roccioso (Barbetsea et al.,1982).

Nell’insieme, il Mar Ligure presenta potenze di coltri sedimentarie tutt’altro che costanti, talvolta la variazione è significativa anche nell’ambito di aree limitate (vedi fig. 4).

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Fig. 4: Spessore dei depositi Plio-quaternari del bacino ligure (1 ms = 1 m)

Si possono tuttavia distinguere zone similari sia dal punto di vista morfologico, sia dell’evoluzione tettonica; in questi ambiti la sedimentazione risulta piuttosto regolare. Si rinvengono spessori ridotti del sedimento limitatamente (1) alle aree soggette a ripetuti processi di erosione conseguenti ad eventi tettonici e glacio-eustatici, (2) alle aree di alto morfologico – strutturale e (3) alle zone di scarpata, le cui pendenze non hanno permesso il formarsi di accumuli considerevoli (Barbetsea et al., 1982).

Per quanto riguarda zone ad elevato accumulo possiamo distinguere i cosiddetti Bacini del Golfo di Genova, formanti un’ampia depressione delimitata da seamounts e da plateaux marginali, che si apre a ventaglio verso terra e comunica con la piana batiale tramite il solco centrale del Golfo.

Un caso particolare è costituito dai canyon soggetti ad intensi fenomeni di erosione subacquea e di trasporto in massa connesso a correnti di torbida oppure a correnti di fondo ad elevata energia; queste zone presentano scarsi accumuli.

Vi è infine la zona di piana batiale (con profondità comprese tra i 2000 e i 200 m circa), caratterizzata da sedimentazione molto variabile, suddivisibile in un primo uniforme livello pliocenico, seguito da una copertura quaternaria.

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Nell’ambito dell’area di interesse è stata riconosciuta una sola formazione geologica di substrato, rappresentata dai Metabasalti del Monte Figogna; al di sopra di tale tale formazione sono stati rinvenuti depositi alluvionali e marini, costituiti da materiale a granulometria eterogenea:

Metabasalti del Monte Figogna

Metabasalti massivi ed a cuscini, con orizzonti di brecce basaltiche a tessitura fluidale, più raramente si rinvengono filoni massicci a tessitura doleritica. Localmente sono presenti metadioriti in filoni, di spessore da decimetrico a metrico, a tessitura granulare, con fenomeni di autoclastesi ai bordi. I metabasalti si presentano poco deformati; un accenno di scistosità è più evidente dove si osserva lo stiramento dei pillow, che però solo raramente risulta accentuato.

Il corpo basaltico in generale è caratterizzato da una struttura allungata in direzione N-S, intensamente fagliata sul lato occidentale; nelle parti centrali si osservano brecce basaltiche con matrice a tessitura fluidale pressoché non deformate, come evidenziato dalla vacuolarità primaria conservata.

All’interno della cava di Borzoli, ubicata nella parte bassa della porzione affiorante del corpo basaltico, sono presenti orizzonti di oficalce, interessati da campi di fratture tensionali suturate da calcite.

Nel settore orientale e centrale l’ammasso presenta sempre un discreto livello di fratturazione e le fratture sono generalmente rinsaldate e prive di riempimento. Nel settore occidentale, che è quello maggiormente interessato da faglie, si riscontrano frequentemente condizioni di maggiore fratturazione, con presenza di riempimenti discontinui. In questo settore le facies a tessitura doleritica sono tuttavia marcatamente più massive e si evidenziano lithons plurimetrici pressoché privi di fratture delimitati da fasce a maggiore fratturazione in cui si concentrano le deformazioni, generando lithons decimetrici.

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In accordo con quanto affiora sul tratto continentale, i metabasalti sono stati ritrovati nei sondaggi Sj5 e Sj5 bis a partire da 28-29 metri di profondità dal fondo marino.

Età ipotizzata dal CARG: Malm

Depositi Alluvionali

Le alluvioni presenti nell’ambito dell’area indagata sono attribuibili al torrente Polcevera, che sfocia direttamente in mare proprio in questa zona; i depositi sono costituiti principalmente da ghiaie medie e grossolane a matrice sabbiosa.

Depositi Marini

Sono caratterizzati da assetti litostratigrafici e da composizione granulometrica estremamente eterogenea: superficialmente i depositi hanno granulometria variabile da sabbie a limi, con percentuali variabili di ghiaia e con consistenza tipicamente da sciolta a mediamente addensata.

Questi depositi sovrastano i già descritti Metabasalti ed i depositi alluvionali.

Nella porzione occidentale del canale di calma, a profondità variabile da 34 a 41 m, i depositi marini sono costituiti da argille consistenti. Tali depositi si interdigitano nella porzione orientale ai depositi alluvionali ascrivibili al torrente Polcevera.

Materiale di Riporto

Il riempimento antropico, costituito da materiale di svariata natura e pezzatura, si riscontra principalmente in prossimità del rilevato aeroportuale, che è stato costruito anche mediante l’impiego di cassoni; uno spessore ridotto di materiale antropico è comunque presente anche al di fuori delle pertinenze aeroportuali ed in particolare proprio all’internro del canale di calma.

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Lo spessore del riporto in corrispondenza del rilevato aeroportuale si attesta tra i 16 ed i 17 metri circa, mentre nel canale di calma, ove presente, il materiale antropico raggiunge spessori massimi nell’ordine dei 5 metri.

Il materiale di riporto non è stato distinto nella sezione di progetto, in quanto la traccia di sezione è stata collocata al centro del canale, in maniera tale da interpolare i sondaggi eseguiti su entrambi i lati; pertanto, visto la discontinua distribuzione del materiale antropico e visto il suo ridotto spessore, non si è ritenuto significativo rappresentarlo esplicitamente

16.2 Indagini geognostiche

Nel 2010 è stata eseguita una specifica campagna di indagini in corrispondenza dell’opera in progetto, al fine di verificare direttamente la litologia e le caratteristiche geotecniche dei terreni coinvolti e per eseguire tre prove di tipo Cross Hole funzionali alla determinazione dei parametri sismici.

Nell’ambito della campagna d’indagine geognostica, le attività sono state svolte principalmente nel canale di calma antistante l’aeroporto e in misura minore sul medesimo rilevato aeroportuale.

In particolare nel canale di calma sono state svolte le seguenti attività:

• N. 10 sondaggi a carotaggio continuo (SJ1, SJ2, SJ3, SJ5, SJ5bis, SJ6, SJ8, SJ8bis, SJ9, SJ9bis) con esecuzione di prove SPT

• N. 4 prove con dilatometro piatto tipo Marchetti (DMT1, DMT2, DMT6, DMT8)

• N. 4 prove penetrometriche CPT-U eseguite utilizzando apposita punta tipo CPT-WD (CPTU-J2, CPTU-J5, CPTU-J6, CPTU-J8)

• N. 2 sondaggi a distruzione (SJ2bis e SJ6bis) al fine di eseguire le prove Cross Hole.

Sul rilevato aeroportuale sono invece state svolte le seguenti attività:

• N. 2 sondaggi a carotaggio continuo (SJ4, SJ7,) con esecuzione di prove SPT

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• N. 2 prove penetrometriche statiche con piezocono CPT-U (CPTU-J4,CPTU- J7)

• N. 1 sondaggio a distruzione (SJ4bis) al fine di eseguire la prova Cross Hole.

Sui campioni prelevati nei sondaggi sono state eseguite prove di laboratorio al fine di definire le caratteristiche geotecniche dei materiali.

Sono stati inoltre prelevati campioni d’acqua e di terreno, sono state dunque eseguite una serie di analisi al fine di determinare le caratteristiche chimiche dei materiali presenti nella zona interessata dal progetto.

Sono stati analizzati i seguenti campioni:

• 28 campioni di terreno

• 3 campioni d’acqua

16.3 Sezione geologica interpretativa

Nonostante che, a partire dagli anni ’50, l’intenso intervento antropico abbia progressivamente modificato questo tratto di mare, le indagini geognostiche effettuate, unitamente alle notizie storiche relative alle diverse fasi di costruzione ed ampliamento dell’aeroporto di Genova, permettono di ricostruire la distribuzione ed i rapporti geometrici fra i diversi litotipi presenti.

La sezione interpretativa è stata tracciata all’interno del canale di calma, parallelamente alla diga foranea ed in posizione mediana fra diga e bordo del rilevato aeroportuale. Si è scelto di proiettare sulla sezione solo i sondaggi geognostici eseguiti nel canale di calma in quanto i sondaggi SJ4 ed SJ7 sono caratterizzati dalla presenza del rilevato, poco significativo ai fini della caratterizzazione dei materiali presenti sul fondale del canale.

I sondaggi sono stati proiettati evidenziando la distanza dalla traccia della sezione, che risulta compresa tra 68 e 82 m.

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I risultati delle indagini geognostiche condotte in corrispondenza dell’opera in progetto consentono l’individuazione della Formazione dei metabasalti del Monte Figogna e di tre litotipi principali, distinti su base granulometrica:

¾ terreni a prevalente frazione sabbioso – limosa ¾ terreni a prevalente frazione argillosa ¾ terreni a prevalente frazione ghiaiosa

I primi due litotipi sono entrambi riferibili ai depositi marini, mentre l’ultimo, che è attribuibile ai depositi alluvionali del torrente Polcevera sfuma anch’esso in terreni a prevalente frazione sabbioso – limosa.

I dati derivanti dai sondaggi indicano che i depositi individuati non presentano una continuità laterale estesa a tutta l’area d’indagine e conseguentemente i rispettivi spessori sono diversi nel settore orientale e nel settore occidentale del canale.

I depositi marini argillosi ed i depositi alluvionali ascrivibili al torrente Polcevera sembrano comunque separati dall’alto morfologico costituito da metabasalti che è stato individuato a circa metà del canale. Questo alto morfologico avrebbe impedito la sedimentazione alluvionale nella porzione occidentale.

La presenza dei metabasalti si trova in accordo con gli affioramenti presenti immediatamente a nord sulla porzione continentale.

I depositi marini di natura prevalentemente sabbioso-limosa suturano verso l’alto della serie i metabasalti, i depositi marini argillosi ed i depositi alluvionali fino al raggiungimento dell’attuale fondale marino.

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