Cividale Nel Quattrocento Storia Religiosa E Civile
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FAUSTINO NAZZI Cividale nel Quattrocento Storia religiosa e civile Storia religiosa IV 1- Rapporti tra il capitolo ed il patriarca ♦ Dire che il patriarcato di Aquileia una volta divenuto anche principato temporale nel 1077 sia stato dilaniato doppiamente è una constatazione che dovrebbe attenuare l’entusiasmo di coloro che vogliono vedere nella Piccola Patria del Friuli di quest'epoca un modello privilegiato ed esemplare di istituzioni consimili. Nulla di buono è derivato al Friuli da una simile commistione, né in campo civile né in campo religioso, nonostante tutte le autocelebrazioni delle proprie miserie. Sofferenze senza fine per il popolo friulano, specie dalla metà del secolo XIII quando ai patriarchi tedeschi subentrano quelli italici e ciò per mancanza di una qualsiasi realistica prospettiva storica. Stretto fra le mire imperiali d’Oltralpe e quelle di un'Italia circostante ha dovuto pagare un prezzo doppio senza alcun vantaggio, se non quello di infarcire la propria storia di una dose in più di violenze di ogni genere, magari eroiche. Il Friuli in radice rimane quello che si è forgiato nella simbiosi tra la chiesa di Aquileiese ed i longobardi, non per una ritrovata libertà, ma nel drammatico fallimento del suo progetto di civiltà. La doppia vittoria franco-papale del 774/776, ha soffocato un modello di civiltà che, da allora in poi, subìto dal Friuli con grave frustrazione, è mancato pure alla civiltà occidentale cristiana ed ai suoi epigoni secolarizzati fino ai nostri giorni. Oggi, la “crisi dei valori" appella, dalle ceneri di un’insensata "damnatio memoriae", proprio a quel modello di civiltà e sorprende che gli stessi promotori di tale rinnovamento si ispirino, senza avvedersene, proprio a tale concezione. L'Occidente ha bisogno di ritornare sui suoi passi per riprendere quel cammino interrotto nella speranza di ri/uscire “a riveder le stelle” (sito, I Longobardi). Iniziamo da una serie di documenti riferentesi al capitolo ricavati in regesto dalla raccolta di pergamene del can. Lorenzo d'Orlandi (1835). 1005 -Regesto. Alberto giudice figlio di Iprando... corte, masserizie, cappella “Sancti Alberti”, mulini, selve e tutto il resto della stessa corte “et istius capellae pertinentia”. Si citano molti lavoranti, le masserizie o massari “Petrum, Andream, Paganum, Castagnola quae regitur per Arnoldum”, sempre “pro anima mea”, dei figli e del marito, “predicta curtis cum capella et masseritia”. Sono “jugales” che affrancano “curtem nostram de Gaubia cum omnibus masseritiis ad eam pertinentibus cum campis, vineis, pratis, pascuis, sylvis ac stellareis, rupis, rupinis ac paludibus, cultis et incultis, divisis et indivisis una cum finibus et terminis acceptionibus et usibus etc.”. Il tutto in riferimento all'abbazia di Sesto. Notiamo come il territorio sia considerato in tutti i suoi spazi e dimensioni, lasciando alla fantasia di alcuni l'esistenza di spazi vuoti, dove “res nullius fit primi occupantis”, permettendo infiltrazioni di tribù e popoli che mettono radici qua e là, negli angoli più dissiti e crescono come funghi nella totale indifferenza dei locali e proprietari. 1015 -Giovanni IV (984-1019) a Moronto, preposito di Cividale e canonico della collegiata di Santo Stefano. Note: Signoria temporale di Premariacco e altro come principe laicale. Nel 1122 Santo Stefano e Santa Maria unite dal patriarca Gerardo (1121-1128). Il capitolo di Santa Maria esisteva fin dal patriarca Callisto (730-756). Al tempo di Giovanni IV esistevano due collegiate nella città di Aquileia: Santa Maria e chiesa Metropolitana unita poi nel 1751 a Udine e Santo Stefano di Aquileia, costituito dopo quello di Santo Stefano di Cividale, cioè 1049 da Gallopoldo (Godepaldo preposito di Spira) patriarcato poi soppresso. Il patriarca Giovanni IV conferisce al capitolo la giurisdizione spirituale nelle cappelle nominate. Un solo battistero si teneva nelle città. Cresciuta la popolazione, non potendo solo il vescovo ecc. anche i capitoli amministravano i sacramenti, dirigevano cappelle ossia parrocchie. (Cita dall'abate Fumagalli). Nasce da questo diploma di Giovanni IV l’autorità del capitolo di Cividale che prima non esercitava che il vescovo stesso. Tutte le successive bolle e diplomi scaturiscono da questo primo. Giovanni IV amico e consigliere di Enrico II imperatore (973-1024) che convinse i papi 333 a concedere autorità anche laicali: fodero, copulatico, cattedratico ecc.-. La struttura temporale del patriarcato di Aquileia stava nei fatti più che nelle intenzioni degli imperatori. La vicenda aquileiese rientra nell'ordinaria temporalizzazione della chiesa che è uno dei tanti esiti inevitabili dell'evanescenza parusiaca. I papi, patriarchi, vescovi, abati ecc. rientrano nella gestione media di qualsiasi altro potere temporale, perché ciò che fa il potere è il possesso non la santità. 1122 -Placito sinodale “cum integra justitia” del patriarca Gerardo (1121-1128), concesso al capitolo di Cividale (DELLA TORRE 1836). Il placito veniva amministrato dall'arcidiacono del capitolo e comportava l'amministrazione della giustizia “unitaria”, cioè civile e religiosa. Col tempo le due giustizie si divideranno riservando all'istituzione ecclesiastica gli aspetti religiosi. 1161 -Il patriarca Pellegrino I (1132-1161) conferma donazione al capitolo di Cividale fatta dal sacerdote Volrico di alcuni masi in Albana, Prepotto e Pradelle. Pellegrino è figlio di Enrico II duca di Carinzia-. Le conferme intervenivano per togliere abusi e soprusi da parte di concorrenti laicali ed istituzionali. 1165 -Donazione al preposito Tommaso e capitolo di Cividale di un maso in Grupignano, fatta dal patriarca Wolrico II (figlio di Wolfrido conte di Trewen in Carinzia)-. Prepositura e capitolo erano ancora distinti e l'azione pastorale delle vicarie dipendenti era gestita dalla prepositura. 1167 -Wolrico patriarca dona alla chiesa di Santa Maria di Cividale un prato e 2 campi in Porta di Ponte per la morte del sacerdote Simone-. La chiesa collegiata riceveva a nome del capitolo. 1171 -Donazione al capitolo da Maria di Giovanni ed Arnaldo suo marito di Moruzzo, di alcuni beni in Rubignacco per anniversario-. 1174 -Nota: questa Bolla di Alessandro III papa (1159-1181) per il capitolo di Cividale, che esso pure ottenne dallo stesso patriarca di Aquileia, ebbe la giurisdizione parrocchiale e la giurisdizione temporale come nella 'Storia del Capitolo' del 1834 di Michele della Torre-. 1177 -Bolla di Papa Alessandro III al patriarca che obbliga Dietrico di Sacile a restituire 20 masi usurpati violentemente al capitolo di Cividale. Idem a restituire beni al capitolo da parte dei figli di Raz di Carizaco-1. Si andava consolidando lo spazio storico del momento religioso, dove il presente risucchiava l'eterno in un processo di presenzialità costante. La società di sussistenza d'allora aveva bisogno di sopravvivere e lo faceva grazie alla “fede” nell'eterno, con il paradiso e l'inferno che dividevano l'aldiqua. Nel territorio veneziano, nei pressi di Venezia, nel monastero della Santissima Trinità il 13 agosto 1177, Federico Barbarossa conferma al capitolo di Aquileia tutti i privilegi, le sue possessioni singolarmente di Mereto e ville annesse... “*tutti allora i possedimenti e qualsiasi bene elargiti per concessione dei re o imperatori e dei pontefici, per donazione dei fedeli o per qualsiasi altro titolo di legittima acquisizione possiede o ed in futuro potrà acquisire ragionevolmente, ebbene con la nostra autorità imperiale alla stessa chiesa confermiamo e pure riguardo ai frutti che ora sono di spettanza della stessa chiesa e pure dei loro successori, fermi e indiscussi, grazie alla nostra mano, con sanzione perenne stabiliamo: la villa di Mereto con tutti i frutti e le sue pertinenze, cioè con la villa degli slavi ugualmente chiamata Mereto e Palmada e Ronchis e Ronchiettis con i campi, le vigne i prati, i pascoli, i terreni coltivati ed incolti, le selve ed il diritto di caccia fino alla selva di San Lorenzo e fino a quella chiamata Cleula e fino alla villa chiamata Antoniano e fino a Felettis e fino a Bicinins e fino alla villa di Santo Stefano e fino a Tissano e fino alla villa chiamata Persereano, ed alla villa di Castions e di Morsano con i frutti e le pertinenze sue, alla villa di Sant'Andrea fino alla villa detta Gonars e fino alla selva con tutti i suoi redditi con vigne, campi, prati, pascoli, colti ed incolti, paludi e selve con il diritto di caccia con le acque ed i corsi d'acqua, con i mulini e le pescagioni. Le ville pure di Marano e di Carlino e la villa di Muzzana ed i rispettivi abitanti e la villa di San Giorgio con tutti i suoi redditi insieme a tutti i suoi frutti e le sue pertinenze, con campi, vigne, pascoli, colti ed incolti con le acque ed i corsi d'acqua nonché i mulini e le isole nel mare e nel fiume chiamato Corno fino all'acqua chiamata Aurochanchus con paludi e pescagioni con selve e cacciagioni, le chiese battesimali del patriarcato Aquileiese con ogni diritto e la quiete della pace come è, la stessa chiesa possiede finora e detenne con le sue cappelle di sua pertinenza. 1AMC Perg t. I, 12-11-1005 n. 21, p. 55. AMC Perg t. I, 8-10-1015 n. 22, pp. 56-68. AMC Perg t II, 1122. AMC Perg t. II, -29-4-1161. AMC Perg t. II, 16-6-1165. AMC Perg t. II, 19-4-1167. AMC Perg t. II, 16-11-1171. AMC Perg t. II, 26- 4-1174. AMC Perg t. II, 13-7-1177. 334 Nella piazza Aquileiese detiene 30 punti vendita e nel porto di Piro 20, 50 mansi in Osella con le chiese e le decime, la villa di Farra con le ville adiacenti cioè la villa Perteole e Dransa e Sebreda e la villa di Gradisca e di Breuma con tutte le rispettive pertinenze dal monte chiamato Gorest fino alla strada degli ungari e fino alla villa chiamata Borgo con le chiese e tutte le sue pertinenze, preti, selve, vigne, pascoli, colti ed incolti, cacciagioni e pescagioni ed ogni giurisdizione come il nostro predecessore di santa memoria l'imperatore Ottone concesse alla chiesa Aquileiese ed ai canonici.