Le Due Anime Del Cardinale Lercaro
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Protagonista della vita della Chiesa tra il 1952 e il 1968, il cardinale Giacomo Lercaro era stato mandato a Bologna per ridare un «volto cristiano» alla diocesi più rossa d'Europa. Tre lustri dopo venne dichiarato dimissionario per ragioni che non sono mai state chiarite. L'arco che unisce questi due momenti contraddittori è sicuramente pieno di episodi di non facile lettura. Se è vero che nel 1959 si dichiarò contrario all'incontro all'ONU tra il presidente degli USA Eisenhower e il segretario del partito comunista dell'URSS — perché era favo- revole al proseguimento della «guerra fredda» tra le grandi potenze — è altresì vero che nel 1968 chiese pubblicamente la fine dei bombardamenti americani sul Vietnam del Nord. Non va neppure dimenticato che il sacer- dote che nel 1956 accusò i bolognesi di essersi sbattezzati perché nelle elezioni amministrative avevano votato contro Giuseppe Dossetti — da lui designato a guidare la DC — nel 1966 salì le scale di Palazzo d'Accursio per ricevere dalle mani di un sindaco comunista la cittadi- nanza onoraria. In quella occasione molti si chiesero cosa avesse trasformato il vecchio cardinale. In effetti non era facile comprendere perché il sacerdote che si era battuto nelle piazze contro i rossi, mandando all'assalto i «frati volanti», dopo il Concilio avesse comin- ciato a sostenere che l'unità dei cattolici si fa attorno all'eucarestia e non alle urne elettorali. Alcuni si chiesero se il cardinale partito per il Concilio nel 1962 era lo stesso tornato nel 1965. E se era lo stesso, cos'era mutato nella sua anima? Onofri — che ha esercitato la professione giornalistica a Bologna per oltre un qua- rantennio, quindi, nell'intero periodo del- la presenza di Lercaro — ha ricostruito la parabola del cardinale dal giorno in cui salì sulla cattedra di S. Petronio, il 22 giugno 1952, al momento in cui gli fu ordinato di lasciarla, il 12 febbraio 1968. Ha interrogato decine e decine di uomini politici e di sacerdoti protagonisti o testi- moni degli avvenimenti narrati: se molti hanno preferito tacere, altri hanno riferito su episodi parziali, mentre altri ancora hanno tentato di accreditare versioni non conformi al vero. Soprattutto in campo cattolico si sostiene che è "prematuro" riparlare del caso Lercaro. È un modo per dimenticare, o piuttosto per rimuovere? Nazario Sauro Onofri LE DUE ANIME DEL CARDINALE LERCARO Cappelli editore Copyright © 1987 by Nuova Casa editrice L. Cappelli spa, via Marsili 9, 40124 Bologna Finito di stampare presso la Tipografia Babina, di Bologna, nell'aprile 1987 PERCHÉ LERCARO? Quando hanno saputo che stavo preparando questo saggio, molti amici mi hanno rivolto una domanda maliziosa: « Perché scrivi la biografia di un cardinale, ti sei convcrtito? ». « Perché no? » ho replicato invariabilmente « Dal momento che scrivo per mestiere oltre che per piacere? ». E subito dopo aggiungevo che non era mia intenzione fare una biografia tradizionale, ma, più semplicemente, isolare una pagina, se non addirittura un momento della vita di un uomo che ha ricoperto un ruolo importante nella Bologna del secondo dopoguerra. Mi ha spinto il desiderio di ricostruire gli episodi e di approfon- dire i risvolti psicologici della parabola terrena di un cardinale la cui vita — sia prima che dopo la morte — è stata avvolta in un alone di incertezze, di mezze verità, se non addirittura di verità deformate e di mistero. Attorno a un prete che ha avuto, come pochi, l'onore delle prime pagine per molti anni e in tutto il mondo, è stata organizzata una vera congiura del silenzio. Un fatto apparen- temente inspiegabile e singolare. Singolare come il personaggio. Ma era anche scomodo. Di qui il silenzio attorno a lui. Tanto scomodo che molti cattolici bolognesi hanno fatto opera di rimozione per non dover fare i conti con la sua eredità pastorale e politica. Che Lercaro, mandato a Bologna nel 1952 per organizzare la crociata religiosa contro il cosiddetto « mondo marxista », sia stato destituito nel 1968 perché sospettato di essere venuto a patti, se non addirittura di essersi fatto convertire da chi avrebbe dovuto convertire, tutti lo sanno. Ma chi — se si escludono i suoi collabo- ratori — conosce le tappe del suo soggiorno bolognese e i partico- lari di una vita cominciata e vissuta nel segno della fede e conclu- sasi non in partibus infideliutn, ma sicuramente in tragedia? Più che scrivere una biografia, ho voluto ricostruire, esplorando la sua figura, una pagina importante di storia nazionale, più ancora che bolognese. L'incontro tra cattolici e comunisti avvenuto a Bologna ne- gli anni Sessanta fu il prologo, la prova generale del « compromesso storico » e dei « governi di unità nazionale » degli anni Settanta. 5 Non è stata una fatica lieve, anche se mi erano noti i personaggi e le vicende descritte. Avendo iniziato la professione giornalistica all'indomani della Liberazione — anno 1945, dopo avere fatto la Resistenza — ho vissuto come spettatore di prima fila tutti gli avvenimenti che rivivono in queste pagine. E di quelli ho dato la mia versione nei giornali dove ho lavorato e, in particolare, nel- l'« Avanti! ». La fatica non è stata lieve perché — pur non rinnegando una riga di quanto scritto allora — mi sono sforzato di rivedere e ri- considerare quegli avvenimenti con occhio e animo più distaccati. Non dico più sereni perché mi considero un giornalista onesto, an- che se di parte. Sono sempre stato e sono laico e socialista. Ma la difficoltà maggiore è stata un'altra. Accedere alle fonti d'informazioni è stato un grosso problema. Non ho potuto vedere i documenti della prefettura dell'epoca. Poco — a causa del disor- dine burocratico — ho trovato negli archivi comunali. Nulla è uscito da quelli della curia, dove alcuni avevano la tentazione di rispondere alle mie domande: « Lercaro chi? ». Meno che mai ho potuto mettere gli occhi sulle carte private di Lercaro. Sono sparite e si sussurra che siano in Svizzera. Difficoltà enormi ho dovuto affrontare quando ho chiesto di in- contrarmi, per un colloquio, con esponenti del mondo cattolico. Al- cuni hanno lasciato cadere la richiesta, come se neppure l'avessi rivolta. Altri si sono concessi a fatica. Altri ancora mi hanno chiesto pregiudizialmente di conoscere le linee portanti del lavoro e le conclusioni, non intendendo dare un contributo a un libro che avrebbe potuto logorare come esaltare l'immagine di Lercaro. Perché l'aspetto più incredibile della vicenda è proprio questo. Se alcuni cattolici sono rimasti fedeli al defunto cardinale, altri — i più — preferiscono ignorarlo. Come ha fatto Giovanni Paolo II nel maggio 1982, in occasione della sua visita a Bologna. Non posso dire — ora che questo lavoro è concluso — che il personaggio mi appaia diverso da quello che conoscevo. Non credo di avere patteggiato per lui, come capita spesso in simili casi. Spesso il biografo si innamora del personaggio. Ho cercato di entrare nel suo modo di pensare, di capirlo nei risvolti dell'animo e ho vissuto con lui la sua tormentata vicenda personale. Ho anche condiviso la penosa agonia spirituale degli ultimi anni della sua vita, ma non posso dire che abbia lasciato un segno in me. Mi ha sorpreso, infine, il tono di grande sufficienza di molti cattolici quando mi parlavano del loro ex pastore e della sua ani- ma. Solo che ho avuto la sensazione che tutti, pur parlando dello stesso uomo, non parlassero della stessa anima. Per alcuni era una 6 certa anima, per altri un'altra ancora. La vedevano da differenti punti di vista e ne parlavano in modo diverso, quasi fossero due uomini diversi. Di questo li ringrazio perché tutti mi hanno confermato — sia pure da punti di vista opposti — nell'idea che ho sempre avuto di Lercaro. Per me sono esistiti almeno due Lercaro, molto diversi l'uno dall'altro, e quindi due sono le anime. È vero che un cattolico non può accettare un simile concetto, ma sono stati proprio i miei interlocutori a dissipare i dubbi che avevo in proposito. Ho il dovere di dire che alcuni amici cattolici mi hanno consigliato di lasciare perdere, essendo laico e non specialista della materia. Tutto vero, anche se non capisco perché avrei dovuto rinunciare a scrivere una pagina di storia bolognese e a capire quante anime può avere un sacerdote. Per me, Lercaro ne ha avute due. Spero solo di essere riuscito a dimostrarlo. Alla fine dell'ottobre 1986 — mentre il manoscritto percorreva il solito iter editoriale presso la Cappelli — si sono verificati due avvenimenti molto importanti. Dopo un silenzio durato quasi un ventennio, don Giuseppe Dos- setti ha parlato in due occasioni del cardinale Lercaro e della chiesa bolognese negli anni del Concilio. Il 21 ottobre, nella chiesa di S. Domenico, ha tenuto una conferenza sul tema: « La chiesa di Bologna e il Concilio ». Il 25, nella sala dell'Archiginnasio, ha con- cluso il convegno sul tema: « Esperienze pastorali nella chiesa ita- liana tra Pio XII e Paolo VI ». In entrambi i casi ha cominciato ad aprire — come faccio in questo lavoro — il capitolo della presenza bolognese di Lercaro, sul quale dal 1968 grava un equivoco e inquietante silenzio della chiesa. Sempre alla fine di ottobre è uscito il libro di Mario Tesini Oltre la città rossa. Il lavoro è dedicato alle elezioni amministrative del 1956, alle quali ho dato ampio spazio nel primo capitolo. Sia delle conferenze di Dossetti che del libro di Tesini non ho potuto tenere conto. Una cosa però voglio rimarcare. Dossetti, a proposito della fine dell'episcopato di Lercaro, ha usato più volte il termine « rimozione ». Io quello di « destituzione ». N.S.O. 7 IL CARDINALE D'ASSALTO La lotta tra Dio e Satana a Bologna Quando morì il cardinale di Bologna G.B. Nasalli Rocca — il 13 marzo 1952, più che ottantenne, dopo 57 anni di sacerdozio e 44 di episcopato, una trentina dei quali vissuti all'ombra delle Due torri — il successore era pronto.