RIVISTA Lo storico presepe delle Il nestri avignî DI CULTURA Suore Orsoline di Cividale si trova nel Monastero DEL TERRITORIO cividalese di S. Maria in Dicembre 2009 Valle. Artistico e prezioso Anno 1 Numero 3 lavoro di artigianato, ISSN 2036-8283 realizzato nel silenzio della clausura, fa rivivere la gente che animava le vie di Cividale nell’Ottocento attraverso statuine che vestono i costumi 3 dell’epoca. N. 3 dicembre 2009

Nuvole

(Non sono solo nuvole le nuvole che nuvola più nuvola più nuvola fanno disfanno nel cielo figure di maghi di draghi o serpi o sirene ma sillaba più sillaba con cura staccano voci musiche serene queste che fra parentesi ho posate sulla prora di nuvole d’estate)

Pierluigi Cappello

Il nostro futuro. Fotografie di Michele Zuccato, Studio Attimi di Codroipo. Mostra regionale del Bovino da latte, Codroipo, 28 ottobre 2009. Inserto al n. 12 dicembre 2009 di fuocolento Robert Hogg, The Herefordshire Pomona, London, 1878. Si tratta di una raccolta straordinaria di cromolitografie opera del maestro litografo Guillaume Severeyns. I disegni sono realizzati dalle artiste Alice Blanche Ellis e Elisabetta Boll che per otto anni hanno seguito le varie fasi di maturazione dei frutti riproducendoli poi dal vero. Quest’opera è dedicata alla conservazione delle antiche varietà di mele e pere. Le 44 tavole sono suddivise in tre sezioni e sono accompagnate da un’accurata descrizione generale e scientifica del frutto. Biblioteca ERSA “Luigi Chiozza” di Scodovacca. 2 •

Pubblicità per il pastificio Mulinaris di Udine. L'autore è Gino Boccasile (Bari 1901 - Milano 1952), illustratore e cartellonista. • 3

Buon Natale con le coionarie

Nel periodo dell’anno che i nostri da un coltivatore lì presente nonni chiamavano Vendèmis, (vale più di qualsiasi etichet- e che potremmo tradurre con ta). Harvest time, vi sono, in Friuli, Fuori dal coro una piccola le “Feste delle Patate”. Hanno un patata de noantri, quella nome più aulico, ma noi amia- che si chiama coionàrie mo chiamarle “Feste” perchè (colonàrie dove prevale una mantengono questo signifi cato pruderie invero fuori moda), di manifestazione popolare. Ci o anche surisìn, il cui prezzo piace frequentarle, soprattutto andava dai 2,50 ai 3,00 euro in incognito, e osservare come, al chilo. al sonare del mezzodì, la gente Una signora non si fece arrivi a frotte e faccia una lunga sfuggire l’occasione per Nfi la davanti alle casse per un inveire contro i prezzi troppo ticket che dà diritto ad un piatto alti, quasi che i pataticoltori di cedere alla voglia di patatine. di . Quelli che in tanti praticassero l’estorsione come la Le signore che fanno la spesa paesi del Friuli, con scivolamento più organizzata delle delinquen- dovrebbero, però, cominciare a semantico, si chiamano tuttora ze. Il suo gracchiare “io tre euro capire i prezzi e, soprattutto, a macarons. non glieli dò” fece restar male il capire il lavoro che c’è dietro i Il successo gastronomico è dato giovane pataticoltore-venditore- prodotti locali. Capire signifi ca da due componenti: la qualità informatore assai gentile che si rispettare. della materia prima e le capacità trovava dietro il banco. Gli astan- Il numero 3 di Tiere furlane culinarie delle donne. Tanto la ti fecero quel movimento del vi arriverà, e ci pare una buona prima che le seconde sono “loca- capo che va da sinistra a destra strenna, prima di un altro tipo di li”, quindi uniche. È il concetto e viceversa. Le patate alzarono i “Feste”, quelle che hanno perso di terroir tanto caro ai produtto- loro numerosi occhi al cielo. le loro connotazioni più genuine. ri di vino. Quasi quasi oseremmo Entrati nel vicino super market Non vogliamo scadere nel mora- parlare persino di cru. constatammo che le “patatine” lismo codino, vi facciamo tanti Ogni “Festa della Patata” ha una hanno un prezzo al chilo che va sinceri auguri, ed uno in parti- Mostra-mercato del prezioso dagli 8,00 ai 21,00 euro; e se il colare: quello di trovare ancora tubero: un plauso ai tecnici e agli sacchetto contiene qualche inno- delle coionarie per guarnire appassionati che la allestiscono. cuo gadget per bambini allora il e arricchire i piatti di Natale e Il “Mercato”: i prezzi ci sono costo raggiunge le vette dell’as- Capodanno. Nessuna televisione sembrati più che accettabili per surdo. le pubblicizza: buon segno. un prodotto che non ha subito Naturalmente ognuno è libero di maltrattamenti di sorta e le cui comprare, o non comprare, ciò L’assessore regionale alle Risorse caratteristiche (mica tutte le pa- che vuole e confessiamo che ci agricole, naturali e forestali tate sono uguali) sono illustrate è successo, qualche rara volta, Claudio Violino 4 • INDICE

Tiere furlane RIVISTA DI CULTURA DEL TERRITORIO Autorizzazione del Tribunale di Udine n. 14/09 R.P. del 19/06/2009 Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia 7 Direzione centrale Risorse agricole, naturali e forestali chel Prossec cu plâs Dicembre 2009 - numero 3 - anno 1 a Tite e a Cec... [email protected] Direttore responsabile: Dai pàstini triestini ai colli della Marca Christian Romanini passando per la Patria ([email protected]) Comitato di redazione: Enos COSTANTINI Gabriella Bucco, Christian Romanini, Mauro Pascolini, Angelo Vianello, Pietro Zandigiacomo Coordinamento editoriale: Enos Costantini

Hanno collaborato a questo numero: - Giuseppe Berini 21 - Gabriella Bucco ([email protected]), Alvise Comel - Stefano Buiatti ([email protected]) Francesco DEL ZAN - Floriana Bulfon Sandro MENEGON (fl [email protected]) - Costantino Cattivello ([email protected]) - Enos Costantini ([email protected]) - Francesco Del Zan ([email protected]) 31 - Gabriele Gerometta ([email protected]) - Licia Ghetti De Nobili - Sandro Menegon ([email protected]) - Giovanni Puppatti Il pastifi cio ([email protected]) - Maurizio Tondolo Quadruvium ([email protected]) - Claudio Violino Licia GHETTI DE NOBILI ([email protected])

Referenze fotografi che: Quando non diversamente indicato le fotografi e sono dell’autore dell’articolo. Enos Costantini: pp. 56, 58, 59, 60, 61 62, 67, 75, 85, 86 alto, 88, 90, 91, 92, 100, 111, secondo risvolto di copertina; Michele Zuccato: copertina, primo risvolto di copertina

Ricerche iconografi che: Enos Costantini; Biblioteca ERSA “Luigi Chiozza” Scodovacca 39 Progetto grafi co e stampa: Speciâl bire Litostil, Fagagna (Ud) furlane Chi riproduce, anche parzialmente, i testi contenuti in questo fascicolo è tenuto a citare la fonte. Stefano BUIATTI • 5

53 85 Il çuç di Ledrania Ortaggi locali... Transumanza, o almeno con un pendolarismo e nome locale caseifi cazione in un paese delle Prealpi Costantino CATTIVELLO Floriana BULFON 75 Orticole furlane Enos COSTANTINI 63 La vacja e il Cont 93 La stagione d’oro dell’allevamento in Val d’Arzino Gabriele GEROMETTA

Lâ a tindi L’uccellagione in Friuli: una passione dura a morire Giovanni PUPPATTI, Giuseppe BERINI

105 L’Ecomuseo delle acque del Gemonese Maurizio TONDOLO 69 Giovanni Fiorini Gabriella BUCCO 6 • • 7

Enos COSTANTINI

chel Prossec cu plâs a Tite e a Cec... Dai pàstini triestini ai colli della Marca passando per la Patria

➤ Grappolo di Prosecco: Ampelografi a italiana Nella storia delle viticoltura non triestina, proprio sotto il villaggio pubblicata dal Ministero dell’Agricoltura e sono infrequenti i casi di vitigni di Prosecco. Commercio per opera del Comitato centrale ampelografi co e delle Commissioni provinciali. che, sottostimati o abbandonati Fascicolo quinto, tavole, Torino 1885. in patria, fanno fortuna altrove; Il nome (Biblioteca ERSA “Luigi Chiozza”). l’esempio del Sauvignonasse / L’ipotesi più accreditata è che il La grande Ampelografi a italiana, pubblicata, Tocai può essere paradigmatico. nome del vino di cui stiamo trat- tra il 1879 e il 1890 a cura del Ministero Non mancano, peraltro, casi tando venga dal centro abitato di dell’Agricoltura e del Comitato centrale ampelografi co, istituito nel 1872, fu un’opera di vini prestigiosi che vedono Prosecco (Prôsek in sloveno che incompiuta. Ne uscirono infatti soltanto sette rifl ettere il proprio nome in altre è la lingua del posto) in comune fascicoli di testo e un album di ventottoN tavole contrade per prodotti ben diver- di Trieste. Il toponimo ha una cromolitografi che, ciascuna dedicata a un vitigno italiano, di uve da vino. Proprio nel si; e l’esempio del Tokaij / Tocai prima attestazione nel 1311 in 1879, infatti, furono scoperte anche in Italia è altrettanto paradigmatico. cui, guarda caso, si menziona una peronospora e fi llossera e dunque l’attenzione Per il Prosecco possono valere vigna: vinea Muchor de Prose- delle autorità e degli studiosi dovette rivolgersi entrambe le vicende storiche cho; malgrado abbia un aspetto alla lotta contro questi agenti patogeni. L’autore di molte tavole è il pittore Giuseppe appena accennate: un vitigno “italiano” deriva dall’antico slavo Falchetti, nato a Caluso (TO), patria di un friulano può essersi trasferito prose˘ku˘ composto con la forman- famoso passito, nel 1843. Egli lavorò sotto la nel vicino Veneto; sicuramente te pro e la base verbale se˘k- ‘ta- direzione del maggior ampelografo dell’epoca, il conte Giuseppe di Rovasenda (1824 - 1913) il vino che ne deriva prende il gliare’, con il signifi cato di ‘zona che nel 1877 diede alle stampe il famoso nome di un prestigioso vino che disboscata’ (Merkù 1994, 207). Saggio di una Ampelografi a universale. nasceva sui pàstini della riviera A titolo di curiosità: in sloveno ☛ 8 •

☞ moderno tanto la vite che il vino di Prosecco sarebbe quello citato prendono il nome di Prosécˇan da Plinio (Castellum nobile (Šlenc 2006). vino Pucinum) nella sua Natu- ralis Historia. Il luogo Ciò non ci interessa, ci interessa La breve descrizione ottocente- la sua testimonianza che risale sca di Prosecco che segue, diffi- al 1647. Quanto alla “bontà” del cilmente superabile, mette bene vino di Prosecco pare che dal in relazione il luogo col vino: Tommasini sia attribuita solo alla “Lieto e ridente, nell’ubertosità reminiscenza classica, tanto che de’ suoi clivi verdeggianti, si ele- poi così fraseggia: “Dopo il vino va a piccola distanza da Trieste, istriano di Prosecco, ha il luogo formando un colle dolcemente il moscato di Capo d’Istria, anzi inclinato, a cui fianchi invano lo supera, poichè il signor abate cercheresti un palmo di terreno, Grillo nella lettera ove descrive che fosse sfuggito all’industre il suo viaggio in Istria, gustato il mano dell’agricoltore. Dalla radi- vino di Prosecco disse ch’era un ce al vertice, ivi s’addossa vigna vin grosso più tosto di zappa che sopra vigna, e l’ardente sole che di zuppa”. le feconda e le tepide aure che La nostra opinione è che l’abate le vagheggiano, vi maturano un Grillo (le sue Lettere vennero Goritia ha diversi, et prelibati Liquori, vino cui pochi forse ponno stare pubblicate nel 1616) si sia imbat- Vini esquisiti, come Prosecco, Di Staragora, Di Cormons, Lucinico, de a pari, niuno certo superare…” tuto in un ruvido Teran; oppure, Colli, Rifoschi. Tavola del goriziano (Marchesetti 1878, 7-8). come suggerisce Marchesetti Giovanni Maria Marussig (1641- 1878, 9, “pare che tal aspro giu- 1712). È probabile che, qui, il Prosecco sostituisca il nome Ribolla Il legame col territorio dizio del buon abate sia nato, per ad indicare un vino pregiato che, Nel 1647 Giacomo Filippo Tom- averne forse trincato un po’ più all’epoca, era dolce. masini (Padova 1595 - Cittanova del bisogno, se egli desidera che d’Istria 1654), all’epoca vescovo fosse foco in bocca ed acqua di Cittanova, scrisse i Commen- nello stomaco e ne bevesse la tarj storici-geografici della bocca e non la testa”. regolarmente dall’imperatrice Provincia dell’Istria (Arch. Nelle parole del Vescovo di Citta- Livia, ecc. ecc. 1837). Il Tommasini, dopo aver nova il Prosecco è sempre detto Da quei lontani tempi tanta affermato che “Universalmente “istriano” e ciò non deve fare acqua è passata dal Timavo e vien il vino d’Istria lodato”, scri- meraviglia: per gli antichi l’Istria sono cambiati i popoli, le lingue, ve: “Appresso gli antichi il vino cominciava al Timavo. La “Vene- le culture, la viticoltura, i vitigni primo, e più stimato era quello zia Giulia” sarebbe stata inventa- e i vini. di Prosecco. Questa è una costa ta, a tavolino, solo nel 1863. Finiamola di insistere nel voler di monte, non molto lontana da dare una patente di classicità San Giovanni di Duino, e posta al La solita fanfaluca ad un vino che, tra l’altro, porta sole, divisa in tre contrade, Gri- Sono pochi gli scrittori di cose un nome sloveno. E, poi, tutte gnano, Santacroce, e Prosecco, le enoiche, i geografi, gli storici, queste deboli non fanno quali tutte tre producono copia che sono riusciti a sottrarsi alla altro che citare gli immediati loro di vini rari, che tutti camminano sirena pliniana. È dal Cinquecen- predecessori, mai che vadano ad col nome di Prosecco, celebrato to che si discetta e si elucubra abbeverarsi alla fonte primaria, da Plinio [...]”. Secondo il vesco- sui vini locali che sarebbero il cioè in Plinio stesso. vo di Cittanova, e in questo si Pùcino, citato da Plinio nella C’è chi dice che il Pùcino era trova in buona compagnia, il vino Naturalis Historia, e trincato il Refosco e chi parteggia per • 9

il Prosecco: il pliniano vino di 2. il Prosecco era caratteristico no, sarebbe lecito aspettarsi la Pùcino, nome di una località, del Friuli, tanto quanto il Marze- menzione della Ribolla. Non si probabilmente Duino, non poteva mino era caratteristico di Vicen- tratta, però, di una dimenticanza essere nè l’uno nè l’altro; e dia- za. Ed era un vanto del Friuli: del Marussig; gli è che, in certi moci un taglio a questa faccenda Doni... lu Friul il Prossech cu momenti storici, si è creata una che ha stufato tutti i santi del puarte vant. certa confusione tra Prosecco e paradiso, che non sono pochi. Nel medesimo secolo il Prosecco Ribolla e che il Prosecco, assunto era noto anche fuori dal Friuli, un prestigio superiore, magari I vini prosecchi almeno a Venezia, a giudicare da solo localmente o solo per un ciò che scrive Girolamo Brusoni periodo di tempo, possa avere È famoso oltremonti (1614 - 1686), nato in Polesi- sostituito la Ribolla nel parlare ed oltremare ne, ma immerso nell’ambiente comune e nei documenti. Però l’eccellente vino di Prosecco libertino di quella città: “... egli attenzione: cambia il nome, ma (Girolamo Co. Agapito, 1824) in meno d’un’ora si bebbe il vino rimane il medesimo. In tredici bicchieri di prosecco, di pratica può essere successo che, Vanto friulano moscato e di malvagia”. Si noti data la fama qualitativa del vino Uno dei primi testimoni, se fosse che il Prosecco è in compagnia di Prosecco possa essere stato stato una soubrette potremmo di altri due vini che, all’epoca, chiamato con tale nome anche dire testimonial, del Prosecco fu erano di alto pregio. Non si un vino fatto altrove, ad esempio quel buon viveur che corrispon- può trattare di Prosecco vene- nel Goriziano, dove il vino princi- de al nome di Ermes di Collore- to perchè questo avrebbe fatto pe è sempre stato la Ribolla. do (1622 - 1692), di professione capolino solo verso la fine del Il viennese Wolfgang Lazius conte, poeta per diletto, domi- secolo successivo, e avrebbe im- (1514 - 1565), storico e cartogra- ciliato a Gorizzo nell’attuale co- piegato oltre un secolo e mezzo fo, ci ha lasciato una descrizione mune di Camino al Tagliamento. per raggiungere l’attuale fama e geografica che ora ci illumina, Troviamo citato tre volte questo diffusione. peccato che scrivesse in latino: vino nei versi del conte poeta Nel Settecento il toscano Giovan- ...occurrunt Mons Falcone ubi che amava il nettare di Bacco ni Cosimo Villifranchi, autore di est ostium et portus Lisontii accanto alla piel vive: Oenologia toscana, pubblicata fluminis, Timavus fluvius - Chel Prossech blanch prezios, nel 1773, considerava il Prosecco cum suis fontibus, Duinum et oh ce gran truffe! L’han barat- ancora “triestino”: “...tuttora si Prosecchium: atque toto isto tat in t’un caratellat Di neri raccoglie nel pendìo del monte di litore vineta sunt electissima et cividin (NP); Cantuel in faccia al Mare Adria- ubi optimum Rifolium vinum - Al jere dal Prossech, / Cu tico, poche miglia distante da praecipue Prosecchi nascitur, plâs a Tite e a Cec, / Di tal che Trieste”, ma è sempre grazie alla quod dubio procul Pucinum la migràmie [per la rima in luo- solita reminiscenza pliniana. illud Plinii fuit (Marchesetti go di migrànie?] / Fasè vigni 1878, 9). Il solito riferimento al a ducuancj, ma senze infamie Prosecco e Ribolla pliniano Pucino non ci interessa, (Poesie scelte 1992, I, 183); In una tavola del prete-poeta- ci importa di sentire parlare di - Doni Vicenze il Marzemin disegnatore goriziano Giovanni Ribolla (Rifolium) e, in par- recent, / lu Friul il Prossech cu Maria Marussig (1641-1712) si ticolare, sapere che la Ribolla puarte vant (Poesie scelte 1992, legge: Goritia ha diversi, et migliore si faceva soprattutto a I, 124; Pellegrini 1994, 207). prelibati Liquori, Vini esquisi- Prosecco. Si può pensare, perciò, Da questi versi si può dedurre ti, come Prosecco, Di Starago- a uno scivolamento di significato: che, nel Seicento, ra, Di Cormons, Lucinico, de col nome di Prosecco si venne 1. il Prosecco era un vino molto Colli, Rifoschi. ad indicare, almeno in qualche stimato e apprezzato, quindi di Chi conosce la storia vitivinicola luogo e qualche epoca, la Ribolla elevata qualità; del Friuli sa che, da un Gorizia- migliore, o una Ribolla con ca- ☛ 10 •

☞ ratteristiche che la distinguevano la prima volta il Picolitto, limi- ci viene anche da una serie di dalla massa dei vini che andava- tatamente a qualche decina di documenti cividini gentilmente no sotto questo nome. bottiglie. Negli anni seguenti si messi a nostra disposizione da Janez Vajkard Valvasor (1641 oscilla ancora tra il Prosecco e Claudio Mattaloni. Ad esempio - 1693), nobile cragnolino, il Rosazzo con qualche presenza nel 1688 quattro barille de valido scrittore e fellow della di Picolit, finchè dopo il 1770 è Prosecco mandato à Venetia Royal Society, scriveva ahimè quest’ultimo a monopolizzare gli agl’Ecc.mi Protettori... in tedesco, ma pure lui mise in omaggi della città”. rapporto la Ribolla, che chiamava In nota: “Dal fatto che il Pro- Il Prosecco è meglio Reinfall, col Prosecco, anzi il secco veniva acquistato da un Se, come abbiamo sopra accen- vino di Prosecco è una Ribolla: mercante e dagli accenni a spese nato, il Prosecco poteva essere ...Prossegker Wein oder Rein- di barche e di dazio di Muscoli confuso con la Ribolla o, me- fall (Marchesetti 1878, 9). E il per quello fatto arrivare a Udine, glio, identificarsi con essa (si vino di Prosecco era weltbekan- si può arguire che si trattava di tratta sempre di uvaggi cali- nte ‘famosissimo, famoso in tutto un vino di importazione”. brati per un vino di qualità), in il mondo’. A riprova il Proclama contro alcune situazioni la distinzione quelli che s’ingerissero a ven- è netta. Valga come esempio È un Top Wine der Prosecchi, Ribole ed altre l’appena citato Proclama del Panjek 1992, 75 dimostra che sorti di vini forestieri a minu- 1703 (Panjek 1992, 73) e, per il nel Settecento il Prosecco ap- to del 22 gennaio 1703 (Panjek Goriziano, quanto dice Antonio parteneva alla “aristocrazia dei 1992, 73). Musnig tanto di uve (...ex uva vini” basandosi sulle regalìe che Una conferma dell’uso del Pro- dicta rebula, cevedin, picolit, i deputati della città di Udine secco come regalìa ai potenti gargagna, proseco, rosem- inviavano ai “potenti” dell’epoca: “Fino al 1716 continua la tradi- zione del secolo precedente che collocava il vino di Rosazzo al vertice della qualità. Nel 1717 e 1718 accanto al vino di Rosazzo (inviato al luogotenente) appare il Prosecco (inviato al patriarca e ai protettori veneziani). I nostri dati si interrompono fino al 1738 quando troviamo che il Rosazzo ha ripreso in pieno il suo ruolo per mantenerlo fino al 1756. Dal 1757 al 1763 è nuovamente il Prosecco a entrare nelle regalìe, anche quando l’assegnazione prevedeva il vino di Rosazzo (il 7 gennaio 1763 i deputati della città approvano una polizza per Questa pubblicità del 1895 offre un bel campione storico dei vini la consegna al luogotenente di 6 commercializzati a Trieste. Si noterà che il Prosecco esiste solo nella tipologia barille picole di prosecho a lire dolce e che ha prezzi abbastanza sostenuti; il vino di maggior pregio, e di 35 l’una in luoco de’ sei conzi gran lunga, è il Refosco. Dalla Guida Generale amministrativa commerciale e corografica di Trieste, di vino di Rosazzo). il Goriziano, l’Istria, Fiume e la Dalmazia, Luigi Mora editore, Trieste, 1895. Nel 1763 compare anche per Biblioteca ERSA "Luigi Chiozza", Scodovacca. • 11

plaz, etc. conficiuntur vina...) che di vini: Vina quoque alba differunt inter se bonitate pro varia uvarum natura, et Soli situ, Rebulla enim dulcedine, et generositate primum locum obtinet, sequitur Cevedino, hoc utrumque [utrimque?] ab exteris Carinthis, et Carniolis expetitur. Tertio est Praeseco, a loco natali ita dictum, quod grato sapore, et dulcedine bina priora antecellit, verum cum in minore quantitate paretur [paratur?], recens fere totum ebibitur, vel statim evehitur, in alterum annum nunquam ser- vatur (Musnig 1781, 111 e 112). Dal Clima goritiense descriptum ab Antonio Musnig, Goritiæ MDCCLXXXI. È una delle prove che, nel Settecento, un vino nominato Prosecco era Si può notare che i migliori vini prodotto nel Friuli austriaco; si noterà anche che viene distinto dalla Ribolla. dell'epoca erano dolci e che il Prosecco, prodotto in minore quantità, superava per questa caratteristica tanto la Ribolla che virtù che lo accomuna ai vini del espongono 20 vini, fra questi ve il Cividino. Monfalconese:... imperciocchè vi ne sono 4 che portano il nome è tra Medici chi concede tale di Prosecco fra cui due quello Virtù medicamentose virtù [di prevenire i calcoli] an- di “Prosecco spumante” (uno di In passato non era raro attribuire cora al Proseco, vino, che na- Prosecco e l’altro di Grignano). al vino, o almeno ad alcuni vini, sce nel Carso, paese a questo, Vi sono poi due genericamente delle virtù medicamentose. Il di cui ragioniamo, contiguo, e denominati “Vino bianco spuman- senese Pietro Andrea Mattioli dalla natura nel rispetto quasi te”, ma provenienti da Prosecco (1501 - 1577), che fu per molti medesimo collocato. e, quindi, con ogni probabilità, da anni protomedico di Gorizia, de- considerarsi dei Prosecchi. canta le virtù medicamentose di Bollicine triestine Altri tre Prosecchi arrivano quei vini ch’egli identifica, tanto Nel giugno del 1888 si tenne al da Terstenik in Dalmazia, due per cambiare, col Pùcino (ma Teatro Politeama Rossetti di Trie- definiti “Prosecco fino” e uno non disdegnava quelli del Vipac- ste una “Fiera di Vini” promossa “Prosecco comune”. Possiamo co) e ai quali attribuisce pure dalla Società agraria avente sede notare che la spumantizzazione una sua guarigione e recupero in quella città. L’iniziativa ebbe di queste uve era qui in auge delle forze (...ex Pucini et Vipa- successo, tanto che vennero pre- prima che i Colli trevigiani ne ci tantum usu, me pristinam sentate 400 qualità di vini da 124 assumessero il quasi monopolio. meam sanitatem et integrum concorrenti, tutti dell’Impero e Facciamo inoltre osservare che robur adeptum esse certo scio). in maggioranza dell’Istria (51), di vini definiti “Prosecco” si faceva- Basilio Asquini, nel Ragguaglio Trieste (14), del Goriziano (16), no anche in aree dell’Impero ben geografico storico del Territorio della Dalmazia (13) e del Tirolo lontane da Trieste. di Monfalcone nel Friuli, dato (14). Nel periodico L’amico dei alle stampe nel 1741, vanta le campi, anno XXIV, vi è l’elenco Negli anni Trenta grandi doti del Prosecco nella degli espositori e dei relativi vini. Nell’anno 1932 - X abbiamo prevenzione dei calcoli renali, I quattordici produttori triestini qualche notiziola su vitigni e vini ☛ 12 •

☞ di Trieste, compresa la parte una precisa tipologia di vino: El da un profumo fruttato e da un che più ci interessa: “Il paese bianco di Proseco se lo ciucia i gusto leggermente amabile”. Non di Prosecco è rinomato nella Triestini ne le gite domenicali. si tiene conto, se non nell’etimo regione per la buona qualità del Anche un’assenza può essere del nome (da Prosecco, frazione vino che produce, questo però è parlante: nel Nuovo dizionario di Trieste, ecc.), di un’origine ottenuto dai vitigni coltivati nei del dialetto triestino di Gianni e di un’antica produzione nella terreni arenacei sul pendio sot- Pinguentini (1943 - 1954) non vi nostra Regione, ma ciò è in linea tostante al paese verso il mare. è traccia del Prosecco. È proba- con la percezione che si ha fuori Questi terreni esposti al sole e bile, perciò, che in quegli anni dalla nostra Regione. protetti dalla bora si estendo- si fosse persa la memoria di un Più diffuso nelle nostre famiglie Il no in prossimità di Contovello, vino importante così chiamato: nuovo Zingarelli (ne possedia- ed appartengono dal punto di il medesimo dizionario riporta il mo l’undicesima edizione) secon- vista agrario alla zona collinare Refosco, la Ribolla (“vino bianco do il quale il Prosécco è “Pregiato pedemontana” (Costa 1932, 14). delle colline dell’agro triestino, vino bianco paglierino, dolce, lim- In questa zona le uve bianche rinominato fin dal medioevo”) e, pido e aromatico prodotto soprat- sono Ribolla, Moscato, Malvasia, ovviamente, il Teran. tutto sulle colline del Trevigiano, Pagadebiti, Pergola, Pinot bianco, E giù per l’Italia? Nel Gran- 10º-12º”. Circa l’etimologia: “dalla e il vino bianco, prodotto dalla de Dizionario della Lingua località di Prosecco (Trieste), di mescolanza di uve diverse "è di italiana di Salvatore Battaglia la dove è originario”. colore giallo, più o meno dorato, definizione di Prossécco è mo- secco con variabile intensità di derna e “da manuale”: “Nome di Nel Veneto aroma a seconda se predomina il un vitigno d’uva bianca coltivato La storia del Prosecco nel Veneto Moscato o la Malvasia. Il prodot- nelle province orientali del Vene- è più recente rispetto a quella to si conserva difficilmente e vie- to; il vino che si produce con le del Friuli e si lega alla nostra ne consumato tutto nei luoghi di uve di tale vitigno, caratterizzato Regione per due motivi: produzione ed in città nel corso da un colore bianco paglierino, 1. perchè il nome del vino, e dei dell’annata” (ibidem 12-13).

Nei vocabolari Non si può chiedere ai com- pilatori di vocabolari di essere ampelografi ed enologi. Il loro lavoro è nondimeno interessante in quanto trasmette la percezio- ne che essi hanno di un certo vino, percezione che è senz’altro quella popolare. Così, nel Vocabolario del dia- letto veneto-dalmata (ed. Lint, Trieste, 1984), l’autore Luigi Miotto definisce il Prosecco un “vino passito” e riporta la frase un bon bicer de prosèco, co do savoiardi. Enrico Rosamani, invece, nel suo Vocabolario giuliano (ed. Lint, La zona di Conegliano nella Carta topografica del Regno Lombardo- Veneto dell'imperial regio Stato maggiore austriaco pubblicata nel 1833. Trieste, 1990) si riferisce al solo Nell'Ottocento qui vi era già una discreta produzione di Prosecco, ma toponimo, cioè non identifica prevaleva di gran lunga il Verdiso. • 13

vitigni che hanno concorso, e 2000; Antonio Calò, Angelo Co- zionata manca la Ribolla. Questo concorrono, alla sua formazione, stacurta, Prosecco, in “Dei vitigni il commento di Panjek 1992: riprendono quello di un centro italici”, Matteo editore, Dosson di “Sorprende di non trovare fra le abitato in provincia di Trieste in Casier (TV), 2004. viti pregiate di monte la Ribolla, grazia della qualità del vino quivi Per i non tecnici un libro come che è la gloria vinicola del Friuli prodotto; dovrebbero essere tutti quel- austriaco e appare fittamente 2. perchè i suddetti vitigni si li che parlano di vino ai non attestata nella documentazione identificano con la nostrana addetti ai lavori: Il Prosecco di dell’epoca. L’unica spiegazione Glera. Conegliano - Valdobbiadene di plausibile è che si nasconda nella In un ditirambo (diciamo che Giampiero Rorato. Storia, territo- voce Prosecco, raramente pre- è un componimento poetico rio, arte, cucina, produttori, foto- sente come tale nelle fonti coeve. elogiativo, ma in origine era un grafie di Sandra Raccanello, tutto La nostra ipotesi è incoraggiata canto corale in onore di Bacco), in un agile libro dalle parvenze da un documento sugli antichi intitolato Il Roccolo, scritto nel di un manuale, Morganti editori, dazi di Trieste, dove si accenna 1754 dal prete vicentino Aurelia- Sona (VR), 2002. all’esenzione accordata all’estra- no Acanti (anagramma di Canati) zione del vino riboleo, poste- si ha la prima attestazione del riormente detto prosecco”. vino Prosecco nel Veneto, su Il vitigno, anzi Noi sappiamo, però, che la quei Colli Berici che poi non lo i vitigni Ribolla era un uvaggio fatto con videro crescere. le uve di più vitigni e, fra questi, Per la prima volta si trova nomi- Ce che si samene al nas non è detto che ci fosse un viti- nato il Prosecco come vino pro- ce che si insede al cres gno chiamato Ribolla. Appaiono dotto sulle colline di Conegliano bensì in seguito delle varietà così nel 1772 quando Francesco Ma- La prima attestazione nel chiamate (Ribolla gialla, Ribolla ria Malvolti, in una sessione della Goriziano verde, Ribuelàt), ma hanno an- Accademia degli Aspiranti di Co- Nel 1763 il conte Ferdinando che dei sinonimi, ed è probabile negliano, pone la domanda: Chi Giuseppe d’Attems promuove che tali vitigni abbiano preso il non sa quanto squisiti siano i un’inchiesta tra i contadini di Lu- nome del vino a causa del suo nostri marzemini, bianchetti, cinico e Podgora (località presso prestigio. prosecchi, moscatelli, malvasie, Gorizia) per avere una lista di grossari…?” (Rorato 2002, 30). vitigni “buoni” e “cattivi” sia di Il “Lungo” e il “Tondo” Per motivi di spazio non possia- colle che di piano. Il Prosecco è Il conte Pietro di Maniago, nel mo, qui, fare la pur avvincente catalogato tra i primi: ciò signifi- suo Catalogo delle varietà delle storia del Prosecco nel Veneto. ca che un vitigno con tale nome Viti del Regno Veneto del 1823, Ancor più a malincuore non pos- era coltivato al di fuori dall’area non menziona vitigni col nome siamo illustrare la vita e le opere triestina. I casi sono due: o da di Prosecco coltivati in Friuli, di personaggi come Antonio Car- Prosecco è arrivato a Gorizia un ma solo sui Colli trevigiani, dove penè, Giovanni Dalmasso, Italo vitigno che è stato battezzato col si ha un Prosecco minuto o Cosmo, Tullio De Rosa. nome della località di provenien- lungo (Bianca mangereccia Dobbiamo rimandare il lettore za; oppure ad un vitigno locale, da bottiglia, e da botte. Pian- alla bibliografia esistente, peral- o di provenienza ignota, è stato ta poco vigorosa, tralci con tro abbastanza completa. I due dato il nome di Prosecco a causa nodi fitti; foglie lobate in tre contributi più tecnici, ed anche della fama di cui godevano i vini o cinque poco marcatamente, abbastanza simili, sono i seguen- che si fregiavano di quella deno- pochissimo lanuginose al rove- ti: AA. VV., Delle viti Prosec- minazione. Entrambe le ipotesi scio; grappoli poco allati, poco che, ovvero della distinzione sono plausibili e la verità vera lunghi, piuttosto grossi, accini fra Prosecco tondo e Prosecco non la sapremo mai. ineguali alquanto rari, giallo- lungo, Libra edizioni, Pordenone, Nella lista dei vitigni sopra men- rossicci trasparenti, meno che ☛ 14 •

☞ mediocri, rotondi, assai dolci, breve lemma riguarda, quindi, un saporiti, scorza grossa e dura. vitigno friulano e non veneto, an- Colli Trevigiani) e un Prosec- che perchè il Pirona non avrebbe con o prosecco tondo (Bianca avuto motivo di inserire un viti- mangereccia, e da botte. Pian- gno non friulano. Tanto più che ta vigorosa, tralci con nodi chiude con l’abusata citazione piuttosto fitti, foglie trilobe al- pliniana che non avrebbe senso quanto lanuginose al rovescio, per un vitigno veneto: “Vuolsi grappoli allati, lunghi alquan- che di questa varietà fosse il to sottili, acini rari, giallastri, vin Pucino tanto amato da Livia pochissimo ovali, alquanto imperatrice”. grossi, dolci poco fragranti, La varietà Prosecco (bianca) si polpa spessa, scorza grossa e trova nel catalogo dello Stabi- dura. Colli Trevigiani). limento agro-orticolo di Udine La spiegazione di ciò può essere dell’anno 1864 dove si legge: duplice: “dà un vino piccante e di lun- Prosecco tondo a Gagliano presso - il di Maniago, nella sua indagi- ga conservazione, preferisce Cividale, settembre 2009. ne, non ha preso in considera- il colle”. Viene riproposta nel zione il Friuli austriaco, ma solo catalogo del 1867. Non sappiamo, quello ex-veneto. Se nell’attuale però, se si tratta di un vitigno provincia di Gorizia, sul Collio, friulano o veneto; propendiamo nel Vipacco, o nella attuale pro- per la seconda ipotesi perchè lo vincia di Trieste vi fosse stato un Stabilimento agro-orticolo faceva vitigno chiamato Prosecco il di arrivare materiale vivastico dal Maniago, anche se edotto di ciò, resto d’Italia e anche dall’estero. non lo avrebbe inserito nel suo L’uva detta Prosecca è sicura- Catalogo; mente coltivata nel Cividalese nel - può darsi benissimo che nel 1893 (Bullettino 1893, 3). Acini di Prosecco tondo. Friuli ex-veneto il vitigno fosse Nella “Esposizione delle uve noto con un altro nome (Glera?). friulane” del 24 settembre 1921 Nella “Mostra d’uve” tenutasi a il Prosecco presentato viene così Udine nel 1863 non compare il descritto: “Uva bianca a grappolo Prosecco. spargolo, matura. Pare il Prosec- Nel 1871 Giulio Andrea Pirona co Balbi”. ristampa il Vocabolario botanico In un opuscolo edito a Man- friulano inserendolo nel Vocabo- zano nel 1922 dai Vivai Dott. lario friulano dell’abate Jacopo Domenico Dorigo si legge che il Pirona. In esso troviamo men- Prosecco è: “Vitigno a uva bianca zionato e brevemente descritto rustico e fertile per collina. Dà il Prosecco (Bianca da bottiglia vini di pregio sul Carso presso e da botte. Foglie mediocri, Trieste e sulle colline di Cone- verde-pallide, glabre; pedunco- gliano” (Dorigo 1922, 15). Non è lo verde, tenace; acini sferici, specificata la provenienza delle dorati, dolcissimi, acromatici barbatelle. [aromatici?]. In colle ed in piano) In uno scritto del 1972 Gaetano con parole che, a differenza della Perusini ricorda che, fino agli maggioranza degli altri vitigni, anni Trenta del Novecento (“Una Grappolo di Prosecco lungo. non sono prese dal di Maniago. Il quarantina di anni fa, quando • 15

la coltivazione della Ribolla era nell’Ottocento ne sono segnalate ancora abbastanza estesa…”) il almeno due a bacca bianca: la Prossec poteva entrare, assie- Glera secca e la Glera grossa, me a molte altre varietà, nella detta anche mostosa. composizione del vino Ribolla Vertovz 1844, 26, che scrive (Perusini 1972, 71). L’autore Gljera e Glera, afferma che, si riferisce ai colli orientali del tanto il vino Prosecco che la Friuli. Ribolla sono per la maggior parte fatti con questo vitigno il quale Glera presenta ben 5 tipi diversi (a Glera appare sempre come nome grappolo grande compatto e acini di vitigno, mai di vino. Si tratta, gialli, a grappolo grande e spar- quindi, di uno dei tanti vitigni le golo con acini biancastri, a grap- cui uve entravano nella formazio- poli più piccoli e acini ovali, idem ne degli uvaggi che hanno fatto con acini tondi, semi-pruinosa). la storia della viticoltura friula- Dal canto suo Della Bona 1844, na e triestina, in pratica della 30 scrive: “Glera debela moste- Ribolla; nome che poteva essere na, Glera zelena drobna, Glera sostituito da Prosecco... suha, verificate e descritte in Nel 1763 la Glera è elencata tra i Ranziano [località presso Gorizia vitigni che danno un vino cattivo dove l’autore aveva un vigneto e poco serbevole nei colli attorno ampelografico], corrispondono a Gorizia (Panjek 1992, 50). alle uve dette Piccotche in S. È opinione corrente tra gli ampe- Pietro di Gorizia; la suha Gle- lografi che il Prosecco tondo e la ra è pure detta uva Picca nel La zona dove, già dal Cinquecento, Glera siano il medesimo vitigno: Coglio”. Debela significa ‘grossa’, è testimoniata la produzione di vini “...sul Collio e nella Val Vipacco zelena ‘verde’; suha in questo eccellenti è quella di Prosecco, Contovello, Grignano, Santa Croce. in provincia di Gorizia, e sulla caso dovrebbe significare ‘secca’. È uno dei luoghi più belli della nostra costiera eocenica tra Duino e A S. Pietro presso Gorizia viene Regione, e non solo di essa; non a Miramare in provincia di Trieste, chiamata Brisca Glera [= Glera caso qui venne costruito il castello di dove sorge il paese di Prosecco, del Collio] la varietà nota nel Col- Miramare. Dalla Carta del Friuli con la provincia si coltiva da tempo il vitigno lio come Stiriana (ibidem 31). di Trieste, particolare; stampata nello Glera, che è stato importato Alberto Levi, agronomo e possi- stabilimento dell'editore Antonio nella provincia di Treviso, dove dente che ebbe i natali a Farra Vallardi di Milano per conto della Società filologica friulana, 1925. ha assunto il nome del paese di d’Isonzo, esprime questa opi- provenienza. […] Propriamente nione nel 1877 in “Atti e Me- al Prosecco tondo si devono morie dell’I. R. Società agraria riportare la Glera della provin- di Gorizia” anno XVI, vol. 2: glèra, che è vizzato assai meno cia di Gorizia e di Trieste e la “Ribola è nome generico di uve, pregevole della ribola, conta nu- Serprina dei Colli Euganei (La o piuttosto di quel vino bianco, merose varietà; e fra queste una Viticoltura 1942, 246 e si veda anzi leggermente pagliato dei comunissima, a grappoli pirami- anche 227). colli, alla cui fattura concorrono dali molto allungati e spargoli, i Non abbiamo ragioni per du- parecchie qualità di uve, fra cui cui acini restano sempre alme- bitare della preparazione degli primeggiano la vera ribola e la no per metà agrestini, e che autori di questo scritto, Viscardo glèra. La prima ha due varietà: meriterebbe per conseguenza di Montanari e Giuseppe Ceccarelli, la verde e la gialla, o gargania essere inesorabilmente divelta ma sarebbe interessante sapere dei Cogliani, la quale è più ferace dai vecchi e sbandita dai nuovi di quale Glera si tratta perchè e più profumata dell’altra. La piantamenti di viti”. ☛ 16 •

☞ Nel settembre 1884 si tenne in anche una Glera del Collio: presentati alla “Mostra d’uve” Gorizia una Esposizione provin- “Verde, molle. Acino allungato” di Udine del 1863 si ha Glera ciale organizzata dalla imperial e, tra le uve da tavola, un Clera secca, coltivata a Rutars (attuale regia Società agraria; nella rela- Mostoza. comune di Dolegna del Collio, zione sui vini presentati l’agrono- Nel 1935 il Perusini ricorda la prov. di Gorizia). mo Giovanni Bolle accennò alla Glere, il cui inserimento nei nuo- Di Rovasenda 1877 ha Glera Gleria la quale “dà un’uva ordi- vi impianti è assolutamente da bianca coltivata a Trieste e Gle- naria assai, con grappoli spargoli, sconsigliarsi, la quale, pur dando ra secca coltivata a Udine. però più lassi e più grandi ancora un prodotto scadentissimo, viene Nel 1972 Gaetano Perusini ricor- della Gargania, portanti sempre vinificata con la Ribolla gialla e da che, fino agli anni Trenta del un maggior o minore numero di venduta sotto tale nome (Perusi- Novecento, la Glere secje poteva crudini” (Atti e memorie dell’i. r. ni 1935, 4; si veda anche Perusini entrare, assieme a molte altre Società agraria di Gorizia, 1884, 1972, 71); come sopra accenna- varietà (fra cui il Prossec!), nella pag. 440). to nello stesso uvaggio poteva composizione del vino Ribolla Nel 1891 si teneva nella medesi- entrare il Prossec. Nel medesimo (Perusini 1972, 71). ma città il IV Congresso enologi- anno si esprime anche l’agrono- co austriaco e, in quel consesso, mo e valente ampelografo Guido Glera grossa o mostosa, e Giovanni Bolle ripetè la mede- Poggi: “Filtrati dolci di Ribolla e spunta un rosso sima descrizione: “Se ne hanno di alcune altre varietà di minor Nel Catalogo del di Maniago [di Ribolla] diverse sottovarietà, pregio quale il Gran Rapp, la del 1823 si ha Glera mostosa: così il Ribolla verde, il Ribolla Glère, l’Agadène erano quotatis- Bianca da botte, e gli acini giallo, la Gargania e la cosid- simi avanti guerra nell’ex Impero più grossi e succolenti con la detta Glera o Gleria, che spesso Austro Ungarico. Oggi ad unità scorza più sottile, ed il sapore è confusa col Ribolla e che è uva compiuta, i viticoltori debbono dolce melato. Ne colli del di- quasi simile alla Gargania, ma persuadersi che il mutare indi- stretto di Cividale in Friuli. più grande e più spargola e fram- rizzo rappresenta per loro una Nel Vocabolario botanico mischiata sempre ad un certo ineluttabilità assiomatica: il che friulano del 1871, allegato al numero di acini verdi o crudini; sta avvenendo” (Poggi 1935, 2). Vocabolario friulano di Jacopo quest’ultima si dimostra più fera- Per la provincia di Trieste, nel Pirona, il nipote Giulio Andrea ce di tutte, ma facile a marcire e 1932, la Glera è data come pre- scrive Glere grosse o mostòse produce un vino assai mediocre, sente nei comuni di Muggia e San “Bianca da botte. Somiglia alla povero d’alcole e senza corpo; il Dorligo della Valle, nonchè nel Glere secje, ma ha gli acini più Ribolla verde poi stenta a matu- Sesanese (Costa 1932, 14, 17). grossi e succulenti, con la buccia rare e dà vino ricco d’acidi”. La Ribolla verde o Glera figura più sottile, ed ha sapore dolce- Alla “Esposizione delle uve friu- tra le varietà più diffuse nel Gori- melato. In colle a Cividale”. lane” del 1921 a Udine vennero ziano all’inizio del secolo scorso Nell’Elenco delle uve presentate presentate almeno due tipologie (Tonizzo 1924, 100). alla Mostra di Udine del 1863 si di Glera (chiamata anche Uva ha Glera grassa [probabile erro- Pissona) che la Commissione Glera secca re per grossa], coltivata a Rutars. così descrive: “Fertile. Grappolo Nel Catalogo del di Maniago Sempre a Rutars, nel 1871, è spargolo. Acino medio o piccolo, del 1823 troviamo Glera secca: ricordata una Glere rosse e Della rotondo o allungato, carnoso, Bianca da botte. Vegetazione Bona 1844, 32 cita un Prosecco dolce. Buccia tannica, sottile. mediocre; foglia ordinaria; rosso: “Uva rossa-grigia dolce Molto soggetta alle crittogame, grappolo idem, acini dorato- in Ronchi di Monfalcone”. Può marcisce. - Altro campione: grap- cariche, un poco lucenti, dolci essere un ulteriore segnale della polo serrato; acino meno dolce, poco resistente, da buon fama e del prestigio raggiunto dal allungato; buccia più tannica”. vino. Ne colli del Friuli. Prosecco: ci sono dei Tocai rossi Alla stessa Esposizione c’era Nell’Elenco dei vitigni friulani e dei Refoschi bianchi! • 17

Ragatska in lode de’ vini del Friuli di G. darut una vite ben diversa che Un vitigno così denominato è B. Michieli, pubblicato nel 1773, per quelli di Braulicco è Raput. tuttora coltivato da Elio Blasu- si cantano le lodi della Spiçòte: Chi preleva il materiale per il tig a Vernassino in comune di Che può gir ai Lidi Eoi / La DNA passa soltanto a Orgnacco, San Pietro al Natisone. Dopo un Spizota, da cui spremesi / Vin quindi si stabilisce che Raput e sopralluogo, ivi condotto nel set- sì forte, e sì robusto / Che di Codarut sono vitigni per nulla tembre 2006, Carlo Petrussi (inf. tutti dà nel gusto. imparentati. Se fosse passato in pers.) ha appurato che si tratta La medesima si trova nell’Elenco entrambi i paesi avrebbe stabi- del Prosecco tondo. La medesima della “Mostra d’uve”, tenutasi a lito che Raput e Codarut son varietà era stata citata da Poggi Udine nel 1863, come Spizzote, proprio la stessa cosa. Ma non 1930, 150 come tipica delle Valli ma all’Esposizione di Udine del si può passare in tutti i paesi e, del Natisone. 1921 si ha uno Spizzot. Nel NP oramai, gli antichi vitigni sono Della Bona 1844, 29 ha: “Cagna- si dice che la Spizzote è colti- quasi scomparsi e chi ricorda i ra in Ronchi di Monfalcone, cor- vata a Faedis, mentre Sartorelli loro nomi fa spesso, a sua volta, risponde all’uva sciapita chiamata 1961, 238 la cita tra i vecchi confusione... Rogatka in Ranziano ed in altri vitigni “superstiti”. All’Espo- Ciò in chiave sincronica; in comuni”. sizione di Udine del 1921 era chiave diacronica possiamo dire Vertovz 1844, 27 nomina questa presente anche una Spizzade. che la Glera a cui accenna l’aba- varietà come sinonimo di Ver- Naturalmente non sapremo mai te Vertovc (pronunciate pure tenza, affermando che è molto se queste varietà corrispondono Vèrtovez) nel 1844 non neces- produttiva e soggetta al marciu- alla Ribolla spizade descritta dal sariamente è la medesima che si me del grappolo nei climi umidi. Costacurta. trova ora in circolazione... Anche per Glera e Prosecco Fra Cividât e Cormòns Lettor mio... qualcuno si è preso la briga di Accanto ad impianti recenti, non Il lettore poco aduso a codesti fare un’analisi genetica con le numerosi, ma talora di una certa cincischiamenti storico-ampe- più moderne tecniche, ed ecco la consistenza, sono state reperite lografici, se fin qui giunto, sarà sintesi dei risultati (Crespan et (2009) delle vecchie viti, di solito basito, oltrechè confuso. Ci augu- al. 2009, 217): in filari misti, tanto di Prosecco riamo d’incorrere nel suo indulto, tondo (alla Badia di Rosazzo, ma sappia che così vanno le cose The ‘Glere’ have been histori- Vernasso, Gagliano) che di Pro- nel mondo dell’ampelografia: qui- cally reported as an ensemble secco lungo (Albana, Prepotto). vi la confusione regnava sovrana of varieties, estimated different In nessun caso il coltivatore sa fino a non molti anni or sono. and less valuable than ‘Prosec- dare un nome a questi vitigni, nè Ma ora c’è il DNA, mi si dirà. co’; additional studies referred li riconosce come Prosecco. Con quello si scoprono perfino that ‘Glera’ is coincident with Nel caso di Vernassino il Pro- gli assassini. ‘Prosecco tondo’. Neverheless, secco tondo ha un nome locale, Vero, con questa tecnica si sono on the basis of our results, Rogatska, che non consente di fatti dei grossi passi avanti. Ma ‘Glera’ is now widespread in individuare una eventuale prove- la confusione del passato non the Carso area only occasional- nienza. sempre potrà essere dipanata. ly as ‘Prosecco tondo’; in most Il Prosecco lungo è stato repe- Ed ecco perchè. cases our ‘Glera’ samples have rito, ma col nome di “Ribolla Nell’ìnclito paese di Orgnacco un been identified as ‘Prosecco spizade” sulle colline di Cormòns tal vitigno può essere noto come lungo’, a cultivar suspected to e una sua scheda ampelografica è Rapùt, mentre nell’altrettanto have survived only as a relict. stata stilata da Angelo Costacur- ìnclito, e finitimo, paese di Brau- On the contrary, we found that ta in Calò 1991, 314-17. Vitigni licco il medesimo è denominato ‘Prosecco lungo’ is scattered col nome simile appaiono anche Codarut. Vi è anche da dire che from Veneto to Friuli Venezia in passato, così nel Ditirambo a Orgnacco conoscono come Co- Giulia, not only as ‘Glera’, but ☛ 18 •

☞ also as ‘Tocai nostrano’ and [...]; the similarity is very high ‘Ribolla spizade’. also from the molecular point Moreover, sometimes the name of view... ‘Glera’ indicates other grapevi- nes in the Friuli Venezia Giu- Conclusioni lia region, such as ‘Vitouska’, Le Malvasie, tanto come vitigni ‘Aghedene’ and ‘Mocula’. The che come vini, sono decine. two ‘Prosecco’ varieties have a Perchè? Perchè il vino Malva- great morphological similarity, sia è stato, per secoli, il vino even if some key characters di maggior prestigio in molti allow to distinguish one from paesi d’Europa. Grazie a questo the other; the similarity is very prestigio sono stati così chiamati high also frome the molecular altri vini, non solo quelli arrivati point of view... dal Levante con le navi venezia- ne. Il prestigio del vino passa, In verità, e qui vorremmo poi, al vitigno ed ecco che Galet chiudere con la confusione 2000 censisce 54 vitigni detti ampelografica, anche per il prof. “Malvasia” nei paesi mediterra- Cosmo, che se ne intendeva e nei (e non sono certo tutti!). In che conosceva il territorio delle passato, nessuno ci pensa mai, Tre Venezie (ora Nord - Est), la molte viti provenivano da seme Glera sarebbe il Prosecco tondo e, quindi, siccome erano diverse Il centro di Prosecco. (Cosmo e Polsinelli, Prosecco). dai genitori, c’era il bisogno di Carlo Petrussi di Cividale, classe assegnare loro un nome. Siamo 1950, che ha avuto a che fare convinti che tra i battezzatori con la Glera fin da quando era delle Malvasie non ve ne sia stato compagnano le castagne), e un frut, e che ha accumulato una alcuno che avesse a mente la Prosecco passito e liquoroso non indiscutibile esperienza ampelo- greca città di Malvasia, da cui avrebbe molti estimatori. Cosic- grafica “sul campo”, sostiene che partivano le venete navi cariche chè nell’ambito della pletora di la Glera è il Prosecco lungo. del prezioso liquido. vitigni che davano Ribolla e Mal- Noi crediamo al Petrussi, le Le antiche Malvasie erano, fra vasia si è scelto quello che, per cui convinzioni sono suffragate l’altro, frutto di un uvaggio: il le esigenze del momento, forniva dalla sopra mentovata analisi vino monovitigno era raro (ci il prodotto più appropriato: la molecolare, senza contare che, sovviene, ad es. il Picolit) e la Ribolla gialla per fare la Ribolla, nell’Esposizione di Udine del stessa Malvasia istriana era fatta, la Malvasia istriana (o “friulana”) 1921 le Glere hanno prevalen- anche nel secondo dopoguerra, per fare la Malvasia nella no- temente l’acino “allungato”. Che mescolando varie uve bianche. stra Regione. Per il Prosecco la abbia sbagliato un luminare La Ribolla era un uvaggio che trafila è del tutto simile: il vino di come il Cosmo? Ma no! Chissà non dovette mancare di una sua Prosecco godeva di grande fama in quale Glera si era imbattuto “scienza”, e uvaggio fu il vino già nel Cinquecento (e, con ogni il professore, magari una con Prosecco, tanto in Friuli che a probabilità, anche prima), tanto l’acino sferico e, poi, le differen- Trieste e, successivamente, nel che col suo nome vennero deno- ze tra Prosecco lungo e Prosecco Veneto. minate pure le migliori Ribolle tondo, pur evidenti, e tali da Quando cambia la società cam- prodotte nel Goriziano. Proprio farne due varietà diverse, non biano anche i bevitori, oggi non in quest’ultima area nel Sette- sono proprio abissali: The two sarebbe ammissibile vendere una cento veniva prodotto dell’ottimo ‘Prosecco’ varieties have a Ribolla dolcissima (non fanno Prosecco e c’era già un vitigno great morphological similarity testo quei “turbolini” che ac- che ne portava il nome. Siamo • 19

convinti che codesta denomina- Ministero dell’Agricoltura e delle Treviso, 1950. zione non fosse dovuta al pur Foreste - Direzione generale del- d i Ma n i a g o = di Maniago Pietro, ameno paesello presso Trieste, la Produzione agricola, Commis- Catalogo delle varietà delle Viti bensì alla fama raggiunta dal vino sione per lo studio ampelografico del Regno Veneto compilato che ne traeva il nome pur essen- dei principali vitigni ad uve da per ordine di S.A.J. Francesco do, ormai, fatto anche altrove. vino coltivati in Italia, Raccolta Carlo figlio di S.M. Francesco Così pensiamo che il Prosecco delle monografie pubblicate negli I dal Nobile Sig.r Co Pietro di del Veneto debba indirettamen- Annali della Sperimentazione Maniago l’anno 1823, Archivio te la sua denominazione a quel agraria, Roma (dal 1952 al 1960). di Stato di Udine, Archivio Peru- paesello in amena posizione; il Co s t a 1932 = Costa Domenico, sini, busta LXXXVIII. motivo vero va ricercato nel vino Cannella Clara, I vini della Pro- Ma r c h e s e t t i 1878 = Marchesetti che si era guadagnata sì grande vincia di Trieste, Estratto dal Carlo, Del sito dell’antico ca- fama, tanto da denominare vini Bollettino del Consiglio provin- stello Pucino e del vino che vi prodotti altrove, ad esempio in ciale dell’Economia corporativa cresceva, Archeografo Triestino, Friuli, e altresì vitigni. di Trieste, 1932. Fasc. 4, Vol. V, 1878. Tra le viti dette “Prosecche” col- Cr e s p a n e t a l . 2009 = Crespan Me r k ù 1994 = Merkù Paolo, Il tivate nella finitima Regione nel M., Cancellier S., Chies R., Libro di Perticazioni del Notaro corso dell’Ottocento i viticoltori Giannetto S., Meneghetti S., Co- Giusto Ravizza (1525): il testo hanno poi selezionato quella più stacurta A., Molecular Contri- e l’analisi dei nomi personali, confacente in questa congiuntura bution to the Knowledge of Two di istituzioni e luoghi, Editoria- economico-sociale: il Prosecco Ancient Varietal Populations: le Devin, Trieste, 1994. tondo. ‘Rabosi’ and ‘Glere’, in Peter- NP = Pirona Giulio Andrea, lunger E., Di Gaspero G., Cipriani Carletti Ercole, Corgnali Giovanni G. (editors), Proceedings of the Battista, Il Nuovo Pirona - Vo- Si ringrazia per la collabora- Ninth International Conference cabolario friulano, Società filo- zione Carlo Petrussi di San on Grape Genetics and Bree- logica friulana, seconda edizione, Giorgio di Cividale, Claudio ding, Acta Horticulturae n. 827, Udine, 1996. Mattaloni di Grupignan di 2009. Pa n i e k 1992 = Paniek Giovanni, Cividale, Pietro Zandigiacomo De l l a Bo n a 1844 = Della Bona La vite e il vino nell’economia dell’Università di Udine e la Giuseppe Domenico, Calendario friulana: un rinnovamento fre- Biblioteca ERSA “Luigi Chioz- per l’anno bisestile 1844 pub- nato, Giappichelli, Torino, 1992. za” di Scodovacca. blicato dall’Imp. Reg. Società Pe l l e g r i n i 1994 = Pellegrini agraria di Gorizia, Tipografia Rienzo (a cura di), Ermes di Bibliografia Paternolli, Gorizia. Colloredo - Versi e prose, Arti Ar c h . 1837 = L’Archeografo trie- Do r i g o 1922 = Vivai Dott. Do- grafiche friulane, Tavagnacco stino, vol. IV, Trieste, 1837. menico Dorigo, Norme per la (UD), 1994. Bu l l e t t i n o = Bullettino dell’Asso- piantagione delle viti, Manzano Pe r u s i n i 1935 = Perusini Gaetano, ciazione agraria friulana; uscì dal (Udine), 1922. Presso Biblioteca Note di viticoltura collinare, 22 novembre 1855 al 15 novem- comunale di Udine. L’Agricoltura friulana, n. 25, 1935. bre 1925. Ga l e t 2000 = Galet Pierre, Dic- Pe r u s i n i 1972 = Perusini Gaeta- Ca l ò 1991 = Calò Antonio, tionnaire encyclopédique des no, È provata l’esistenza di tre Costacurta Angelo, Delle viti cépages, Hachette, 2000. vitigni di Picolit, il Vino, II, n. in Friuli, Arti grafiche friulane, La Vi t i c o l t u r a 1942 = Montanari 4, dicembre 1972. Udine, 1991. Viscardo, Ceccarelli Giuseppe, La Po e s i e s c e l t e = di Colloredo Co s m o e Po l s i n e l l i , Prosecco = Viticoltura e la Enologia nelle Ermes, Poesie scelte, 2 voll., Cosmo Italo, Polsinelli Mario, Tre Venezie - Memoria statisti- Società filologica friulana, 1992. Prosecco in “Principali vitigni ca, tecnica, storica, descrittiva, Copia anastatica, con una nota da vino coltivati in Italia”, vol. I, Arti Grafiche Longo & Zoppelli, introduttiva di Rienzo Pellegrini, ☛ 20 •

di Poesie scelte edite ed inedite ro, Il Prosecco di Conegliano- slovensko italijanski slovar, in dialetto friulano di Ermes Valdobbiadene, Morganti, Sona DZS, Ljubljana, 2006. di Colloredo, con aggiunte di (VR), 2002. Sa r t o r e l l i 1961 = Sartorelli Emi- Pietro Zorutti, Fratelli Mattiuzzi, d i Ro v a s e n d a 1877 = di Rova- lio, Bacco in Friuli, Avanti cul Udine, 1828. senda Giuseppe, Saggio di brun!, 1961. Po g g i 1930 = Annuario 1927- una Ampelografia universale, Ve r t o v c 1844 = Vertovz Matija, 1930, Consorzio per la Viticoltu- Tipografia Subalpina di Stefano Vinoreja, Lubiana, 1844 (1845). ra, Udine, 1930. Marino, Torino, 1877. Ristampa anastatica del 1994. In Ro r a t o 2002 = Rorato Giampie- Šl e n c 2006 = Šlenc Sergij, Veliki lingua slovena.

Non prosecco, bensì Prosecco

Un obiettivo prioritario, tanto per la filiera vitivinicola veneta che per quella friulana, è stato quello di ottenere che il vino “Prosecco” potesse godere della massima tutela contro ogni possibile imitazione. Ciò, evidentemente, al fine di prevenire iniziative di terzi che, in futuro, potrebbero vanificare gli sforzi sinora sostenuti per far conoscere ed apprezzare questo vino che figura come un prodotto di tendenza sui più importanti mercati di consumo. La recente approvazione del Disciplinare di Produzione della nuova DOC interregionale ha consentito di raggiungere questo scopo e si spera, tra l’altro, che ciò possa porre un argine al malvezzo di chiamare “pro- secco” qualsivoglia vino bianco con bollicine. Il Prosecco, con la P- maiuscola, ha una storia ben radicata in un certo territorio, ha ben precise caratteristiche organolettiche, ed è prodotto in un’area geografica ben precisa, delimitata e circoscritta. E le cifre parlano chiaro: a una superficie vitata di oltre 11.000 ettari corrisponde un numero di bottiglie, che si fregiano di Denominazione di Origine, o di Indicazione geografica tipica, aggirantesi sui 160 milioni. Non può sfuggire a nessuno che il Prosecco, quello con la P- maiuscola, rappresenta, in termini di volume, e ancor più di valore, una produzione di importanza nazionale. Il mercato di questo vino, tanto dello spumante che del frizzante, è in continua espansione e, accanto ai tradizionali estimatori del Nord Europa, si affacciano paesi nuovi, nordamericani ed asiatici, in particolare quelli dell’Estremo Oriente. È comprensibile ed umano che il successo del nostro Prosecco faccia nascere l’intento di produrlo nei paesi a viticoltura emergente (Sud America, Australia, paesi europei non CE) i quali possono giovarsi di costi inferiori e trovarsi più vicini ai nuovi mercati. Ma non possiamo buttare a mare i risultati sinora ottenuti dai viticoltori e degli spumantisti veneto-friulani in oltre 50 anni di assiduo lavoro. Ognuno può fare quello che vuole, ma non può e non deve chiamarlo come vuole. La DOC con specificazione territoriale ha un chiaro riferimento geografico, amministrativamente delimitato, che corrisponde alla frazione Prosecco del Comune di Trieste e ha il preciso fine di tutelare dalla concor- renza sleale i vini “Prosecco” ottenuti nel Veneto e nel Friuli Venezia Giulia. Le finalità legislative rispon- dono a quelle previste all’articolo 1 della legge 164/92, che sono sostenute e suffragate dall’articolo 34 del regolamento CE n. 479/2008 (OCM vino), relative alle denominazioni di origine e indicazioni geografiche, in particolare nel paragrafo 2, il quale stabilisce che a determinate condizioni taluni nomi tradizionali possono identificarsi con una denominazione. Il vino Prosecco si fa con l’uva del vitigno Prosecco, ma è in itinere la proposta per il cambiamento della denominazione in Glera. Comunque sia, ai sensi di quanto previsto dalla legge n. 82/2006 “Disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l’organizzazione comune di mercato (OCM) del vino”, articolo 2, ha tutti i requisiti per fregiarsi della qualifica di “vitigno autoctono nazionale”, essendo coltivato sia in Veneto che in Friuli Venezia Giulia da ben oltre 50 anni: è attestato almeno a partire dal Settecento. Vanni Tavagnacco • 21

Francesco DEL ZAN Sandro MENEGON

Alvise Comel Dalle prime carte geognostico-agrarie alla Carta pedologica della pianura friulana: una vita dedicata allo studio del suolo

In Italia, nella seconda metà sulla nutrizione minerale delle dell’Ottocento, il conseguimen- piante, cui fece tosto riscontro la to dell’unifi cazione politica fece produzione di concimi chimici da concepire grandi speranze di parte dell’industria. risveglio economico del Paese: in Sorsero un po’ ovunque le prime primo luogo risveglio dell’agricol- stazioni sperimentali, con il com- tura, viste le condizioni ancora pito di verifi care le nuove teorie essenzialmente agricole dello e adattarle alle pratiche agricole Istesso. Alimentavano d’altro locali. Esse si dedicarono con fama nazionale, Antonio Stoppani canto in modo sostanziale que- impegno ad una miriade di prove e Torquato Taramelli, presen- ste attese i recenti e continui di coltura; ben presto ci si rese tarono alla Commissione per la progressi delle scienze fi siche e conto che queste non bastavano, Carta geologica del Regno una naturali, che “valsero ad inaugu- da sole, a risolvere il diffi cile e Motivazione di un progetto di rare l’impero della ragione sopra complesso problema della più legge per la formazione di una l’empirico esercizio dell’agri- opportuna distribuzione dei con- Carta geognostico - agraria coltura”, com’ebbe a scrivere cimi. Si avvertiva la necessità di del Regno, in grado di fornire Franco Sestini, direttore della R. uno studio sistematico e raziona- “le indicazioni necessarie circa la Stazione Agraria di Udine. Tra i le del terreno, inquadrato in una costituzione litologica e chimi- più fecondi contributi, giova qui cornice di vasto respiro. ca del suolo vegetale a profi tto ricordare l’opera di Giusto Liebig Così, nel 1880, due geologi di dell’industria agricola”. ☛ 22 •

In Friuli tra i primi Qua e là fi orirono diverse inizia- tive, alcune delle quali consegui- rono importanti risultati pratici. Particolare rilievo assumono gli studi avviati in Friuli, perché furono tra i primi ad essere in- trapresi e per gli esiti raggiunti. Fu nel 1896 che il consiglio della Stazione agraria di Udine decise di iniziare la compilazione di una carta agronomica del Friuli. In seguito, l’Associazione agraria friulana nominò una commissione speciale per lo studio del proble- ma. Le due istituzioni procedet- tero con sinergia e incaricarono Domenico Pecile di compiere gli studi preliminari e di avviare il lavoro. Fu convenuto che questo, da principio, non dovesse com- prendere tutto il territorio della provincia, ma essere piuttosto limitato a piccole aree, caratteri- stiche di superfi ci più ampie, per consentire al metodo d’indagine di evolversi e perfezionarsi. Pecile prese in considerazione una zona poco più ampia di un chilometro quadrato, situata nel comune di San Giorgio della Richinvelda, a lui ben nota. A San Giorgio, infatti, era ubica- In alto: Domenico Pecile, dalla Carta di San Giorgio della Richinvelda, 1899; al centro: AA.V.V, dalla Carta del Podere d’Istruzione del R. Istituto Tecnico, ta l’azienda di famiglia, sede di 1900; in basso: Domenico Feruglio e Giovanni Battista De Gasperi, dalla numerose esperienze colturali, Illustrazione geologica dei dintorni di Cividale del Friuli, 1909. Evoluzione eseguite prima dal padre Ga- registrata nell’arco di un decennio dalle prime carte geognostico-agrarie realizzate in Friuli. briele Luigi e poi da lui stesso. Ciò gli permetteva di conoscere molto bene le condizioni agri- ☞ L’iniziativa rimase lettera morta; sibile. “I terreni – diceva – van- cole della località. Fra i modelli l’esigenza però continuava ad no studiati circa alla loro natura di carte agronomiche allora essere avvertita in modo pres- e profondità, meccanicamente maggiormente usate in Europa, sante. Pacifi co Valussi, nel 1885, e chimicamente anche sotto il fu preferito quello prussiano, invocava uno studio sistematico punto di vista degli ammenda- perché, rispetto a quelli francese del terreno su tutto il Friuli, menti e delle concimazioni da e belga, manteneva una veste più così da poter formare la Carta poter usare in essi e quindi della scientifi ca. Questa scelta decise agraria – come egli ebbe a loro adattabilità alle diverse implicitamente del carattere dato chiamarla – il più completa pos- condizioni”. allo studio geoagronomico: non • 23

ria Bonomi per quella agraria, vivo encomio, alla Reale Accade- Giovanni Nallino e il personale mia d’Agricoltura di Torino dal della Stazione agraria per le presidente Carlo Fabrizio Parona, analisi. Giuseppe Gattolin fu docente presso quell’Università. incaricato dei rilievi e dei disegni La fase preparatoria, iniziata tipografici. Ne costituì oggetto la appena dieci anni prima, poteva tavoletta di Udine per la descri- dirsi ora conclusa: la padronanza zione geologica, mentre la parte del metodo era tale che era pos- geognostico-agraria fu limitata ad sibile cimentarsi in studi di più una striscia di circa tre chilome- vasto respiro. L’occasione giunse tri quadrati, posta tra il torrente dalla Sezione della Cattedra per Cormor e la strada Udine-Palma- l’Alto Friuli orientale di Civida- nova, a sud della città. Il lavoro le, e fu data dalla necessità di Laboratorio della Stazione Chimico- rappresenta un notevole progres- ricostruire su ceppo americano Agraria Sperimentale. so, rispetto a quello precedente, i vigneti distrutti dalla fillossera. soprattutto per quanto riguarda Domenico Rubini, presidente l’associazione di colore e trat- di quell’istituzione, avvertì la destinato all’uso diretto degli teggio nella rappresentazione necessità di orientare il lavoro in agricoltori, ma riservato alle per- cartografica. Che si stesse ancora base ad una carta calcimetrica sone colte, sulle quali incombeva perfezionando il criterio d’indagi- della zona. L’esempio delle carte l’obbligo della divulgazione, so- ne, lo rivela, chiara contaminazio- geoagronomiche già realizzate in prattutto attraverso le Cattedre. ne col modello francese, l’ampio provincia gli fece comprendere In questo modo si diede anche spazio dedicato alla descrizione che assai più utile sarebbe riusci- un contributo decisivo all’affer- delle condizioni agricole: non to uno studio organico e com- mazione del modello prussiano solo per quanto riguarda le col- pleto sotto vari aspetti. Raccolti come standard nel nostro Paese. ture, ma anche l’allevamento, gli un vasto consenso e un modesto I risultati furono pubblicati a attrezzi e addirittura i contratti finanziamento, agli inizi del 1908 cura dell’Associazione nel 1899. agrari in uso. l’incarico del lavoro fu affidato a Particolare impegno fu dedicato Nel 1907, due giovani studiosi Domenico Feruglio, divenuto nel alla rappresentazione cartogra- – Domenico e Giuseppe Fe- frattempo direttore tecnico del fica, con l’intento di fornire, a ruglio – diedero un ulteriore R. Laboratorio di Chimica Agraria colpo d’occhio, i dati geologici e contributo alla conoscenza dei di Udine – nuova denominazione quelli agronomici, ossia un’indica- terreni friulani, che risulterà assunta nel 1907 dalla Stazione. zione precisa e simultanea della importante soprattutto sotto In seguito, nel rilievo geologico, condizione del suolo e del sotto- l’aspetto metodologico. Il rilievo si associò Giovanni Battista De suolo. A sottolineare il carattere generale interessò la tavoletta di Gasperi. Il territorio esaminato è preparatorio, in vista di ulteriori Tricesimo; quello geoagronomico davvero esteso: esso misura una sviluppi, l’opera fu corredata una superficie di circa quat- superficie di circa 130 chilome- da un capitolo che riassumeva i tro chilometri quadrati, situata tri quadrati e testimonia il salto tempi occorsi all’esecuzione dei lungo il Cormor, fra Tavagnacco compiuto. Lo studio, ultimato e rilievi e delle analisi. e Feletto. Il lavoro è ricco di pubblicato a tempo di record nel osservazioni, deduzioni e consigli 1909, si compone, secondo lo Parole di vivo encomio per i pratici per l’agricoltore, frut- schema perfezionato nei lavori giovani Feruglio to della particolare attenzione precedenti, di una carta geolo- A questo primo tentativo, nell’an- dedicata dagli Autori nel collega- gica alla scala 1:50.000 e di una no 1900 seguì un secondo studio, re la parte geologica con quella relazione in cui si descrivono gli cui collaborarono Achille Tellini agraria. Esso ebbe l’onore di aspetti orografici, idrografici, geo- per la parte geologica, Zacca- essere presentato, con parole di logici, climatici, vegetazionali del ☛ 24 •

☞ territorio, i risultati delle analisi Piave nelle provincie di Udine e i compiti del Laboratorio, che chimiche, le condizioni agricole e Venezia, per una superficie di ol- assunse la denominazione di delle industrie agrarie. Frequenti tre sessantamila ettari di terreno. Stazione Sperimentale Chimico anche le indicazioni pratiche. Domenico Feruglio comprese ap- - Agraria) venisse incaricata di Nel 1910 Domenico Feruglio pieno l’importanza che gli studi eseguire entrambi i progetti nel divenne direttore effettivo del geoagronomici avrebbero assunto Veneto occidentale ad occidente Laboratorio. Fermamente convin- nell’ambito della politica agraria dell’Isonzo, precisamente nelle to che il razionale sfruttamento che si stava delineando. La boni- provincie di Udine, Venezia, Bel- agricolo dovesse fondarsi su una fica integrale, attraverso il testo luno, Treviso, Padova, Vicenza, precisa e completa conoscenza unico del 1923 e la legge Serpieri Verona, Rovigo. I finanziamenti del territorio, egli diede ulteriore del 1924, era divenuta, infatti, per l’anno 1925 ammontavano impulso agli studi geoagronomici. uno degli elementi portanti della complessivamente a 63.000 lire, Nel 1912 il Laboratorio affrontò politica agraria del fascismo. Per corrispondenti, oggi, grosso lo studio della zona delle risor- assicurare il necessario supporto modo a 41.000 euro. Assieme ad give, situata tra il Tagliamento e tecnico, nel 1924 era stata istitu- altri contributi speciali, questi il Torre. Si tratta di quindicimila ita presso il Ministero dell’Agri- furono utilizzati, tra l’altro, per ettari, al tempo per la massima coltura la “Fondazione per la assumere quattro assistenti, fra parte impaludati o comunque in sperimentazione e la ricerca cui figurava Alvise Comel. difficili condizioni di scolo, che agraria”, cui fu affidato il compito versavano in condizioni agricole principale di indirizzare l’attività Alvise Comel assai misere. Tra le popolazioni degli istituti sperimentali. Tra i Comel era nato il 9 marzo 1902 infierivano, endemiche, la malaria primi progetti ad essere finan- a Rovereto, dove il padre Luigi, e la pellagra. ziati furono lo Studio chimico noto pittore goriziano, era titola- L’opera, che per il rilevamen- agrario dei terreni italiani e to geologico e idrogeologico si lo Studio sulla reazione dei avvalse della collaborazione di terreni italiani. Egidio Feruglio, nel 1914 era già La pubblicazione, avvenuta a buon punto. Lo scoppio della nel 1925, del lavoro sul- guerra però dapprima ostacolò le risorgive – che con le il lavoro; l’invasione nemica di- sue 479 pagine costituiva sperse poi il materiale fino allora all’epoca lo stato dell’arte raccolto e gli scritti. Al termine degli studi geoagronomici del conflitto, infatti, i locali del – fece sì che la Stazione Laboratorio furono trovati in (nel 1922 il Mi- stato di completa devastazione: nistero aveva nulla, all’infuori di alcuni mobili, ampliato era stato risparmiato. In guerra erano caduti anche due valenti Autori dei primi studi geoagro- nomici: Giuseppe Feruglio e Giovanni Battista De Gasperi. Con grave sacrificio finanziario e ferma tenacia, nel 1920 fu possi- bile finalmente riprendere lo stu- dio. Durante il 1922 era iniziato anche il rilievo della vasta zona che racchiudeva i comprensori Serie di setacci utilizzati nell’analisi granulometrica del terreno appartenuta alla di bonifica litoranea tra Isonzo e Stazione Chimico - Agraria Sperimentale di Udine. • 25

– consistente in quasi trecento pagine e corredata dalla relativa cartografia – era già stata stam- pata. L’opera però non fu diffusa; anzi, dopo un lungo tira e molla con la Fondazione, fu avviata al macero. Le testimonianze scritte a noi pervenute non spiegano il perché di questa decisione. Comel ne riportò una delusio- ne cocente, che il tempo non riuscirà a lenire: in fin dei conti, mentre nel resto del Paese si discuteva ancora sul modo di eseguire le carte acidimetriche, egli le aveva portate a termine su un vasto territorio. Tuttavia, egli non si lasciò so- praffare dall’amarezza: al contra- rio la sua determinazione ne uscì rafforzata. Nel 1929 aveva completato lo studio sull’Alta e Media pianura occidentale, che dovrà attendere – per mancanza di spazio, fatto allora frequente – il 1934 per es- sere pubblicato sugli Annali del- la Sperimentazione Agraria. Alvise Comel, Tipi colturali dell’Alta pianura centrale friulana, 1926. Senza alcun indugio, egli diede quindi inizio alle ricerche sui ter- reni dell’Anfiteatro morenico del Tagliamento e su quelli del Friuli re di una cattedra presso l’istitu- Pola il corso allievi ufficiali, fu occidentale. Contemporanea- to artistico. La madre, Giuditta definitivamente assunto nel no- mente – su iniziativa del tutto Paulini, era originaria di Latisana. vembre 1925. personale e sorretto, com’ebbe Nel 1924 egli aveva conseguito la a scrivere, solo dall’amore per laurea in Scienze agrarie pres- Mistero romano la sua terra – egli rilevò l’intera so la Regia Scuola Superiore di Ricevette tosto l’incarico di provincia di Gorizia, appro- Agricoltura di Milano. eseguire lo studio acidimetrico fittando, per le osservazioni, In considerazione della sua in- dei terreni del Friuli centrale e delle innumerevoli trincee che la clinazione per gli studi geopedo- sud-orientale, compresi nei fogli solcavano, triste retaggio della logici, il professor Vittorio Alpe Udine e Palmanova, e di rediger- prima guerra mondiale. lo aveva indirizzato alla Stazione ne le relative carte. Chimico - Agraria Sperimentale Egli assolse il compito con alacre Un’opera colossale con pochi di Udine, dove prese servizio il impegno: all’inizio del 1927 aveva mezzi primo agosto, pochi giorni dopo prelevato, preparato e analizzato Verso la metà degli anni Tren- essersi laureato. ben 1300 campioni. ta poteva così dirsi ultimato Assentatosi per frequentare a Entro lo stesso anno la relazione lo studio dei terreni del Friuli: ☛ 26 •

in laboratorio si procedeva, con grande dispendio di forze e di tempo, con i metodi dell’analisi ponderale. I metodi strumentali, che consentono di esaminare con rapidità numeri elevati di cam- pioni, erano ancora da inventare.

La Terra rossa Ciò nonostante, nel medesimo periodo Comel riuscì a dedicarsi con pari abnegazione agli studi teorici. L’argomento prediletto era quel- la “terra rossa” che aveva eser- citato su di lui un fascino del tutto particolare fin da quando, bambino, si recava sul Carso con la madre a raccogliere le foglie rosse dello scotano per abbellire il salotto durante l’inverno. “La terra rossa m’appariva come il sangue della roccia calcarea nelle cui incisure… si vede- va come raggrumato nei vasi recisi”. Ne trattò, per la prima volta, nel 1924; nel 1931 un suo lavoro sull’argomento fu pubblicato sul Bollettino della Società inter- Alvise Comel, Carta acidimetrica dell’Anfiteatro morenico del Tagliamento e nazionale per la Scienza del zone contermini, 1926. Suolo (Comel fu uno dei soli tre italiani iscritti a questa Società nel periodo tra le due guerre mondiali). ☞ ad opera soprattutto di Alvise per un solo uomo, per di più Per approfondire le sue ricer- Comel, dato che Feruglio si era equipaggiato con mezzi tecni- che, affrontò una serie di viaggi: ormai dedicato con esclusivo e ci assai limitati. L’esplorazione nel Lazio, in Sicilia, in Tripolita- crescente impegno ai problemi avveniva con lunghe marce, nel nia, nelle isole dell’Egeo fino alle della bonifica. corso delle quali, secondo la sua coste della Turchia. In quest’ul- Le rappresentazioni cartografiche testimonianza, “l’occhio dopo tima occasione il suo occhio riassuntive delle provincie di Udi- aver spaziato su questi più vasti rimase vigile anche in mare, ne e di Gorizia furono pubblicate, orizzonti concentra ora il suo nell’ambiente meno familiare rispettivamente, nel 1938 e nel sguardo sui singoli punti della per un pedologo. Egli infatti non 1940, primo esempio in Italia di superficie del suolo nel tentativo mancò di osservare le variazioni copertura sistematica di un’intera di identificare lo stato di evolu- di colore della terra sulle coste regione. zione pedogenetica del terreno”. che sfilavano davanti alla nave. Si tratta di un’opera colossale Non si deve dimenticare poi che Riteneva, infatti, che “come • 27

nelle persone, così anche nel precise osservazioni sul clima di terreno il colore è un sintomo Valona, rilevando con regolarità di equilibrio interno che svela tre volte al giorno temperatu- spesso da solo molte cose sulla ra e stato del cielo, annotando più intima costituzione, oserei poi una serie di considerazioni dire, del suo stato fisiologico”. d’insieme. Dalle zone ove non si era potuto Catturato dai tedeschi l’8 set- recare, si fece inviare campio- tembre 1943, dopo quattro giorni ni di terra dai colleghi con cui fuggì, facendo vita per alcuni era in corrispondenza. Questi mesi coi partigiani sulle monta- lo ebbero nella massima consi- gne albanesi. derazione: De Angelis d’Ossat Rimpatriato e temporaneamente reputava Comel “quegli che ha internato a Corigliano d’Otranto Terra rossa dilavata dal Monte di Medea. maggiormente studiato la terra – prima di essere assegnato al rossa italiana, con apprezzate servizio delle truppe alleate, al ricerche speciali e generali”. cui seguito partecipò alla Guerra di Liberazione, guadagnandosi Con grande fatica si dedicò alla Libera docenza e Croce di la Croce di merito – approfittò ricerca, ordinamento ed esame Guerra dell’ozio forzato per eseguire nei di centinaia di opuscoli, articoli, Nel 1937 conseguì, presso dintorni una serie di osservazioni opere maggiori, carteggi d’ar- l’Università di Bologna, la libera pedologiche. chivio. L’opera che ne scaturì docenza in Geologia applicata. In delinea un quadro esauriente su- quegli anni trovò anche il tempo All’Istituto di Gorizia gli aspetti e sui problemi tecnici di divulgare le proprie cono- Quando nel 1948, chiusa la dell’agricoltura goriziana a caval- scenze: ideò una collana di testi parentesi del Governo militare lo tra l’Ottocento e il Novecento. rivolti ai giovani che intendevano alleato, Gorizia tornò a far parte Essa inoltre rivela un altro lato, dedicarsi allo studio del terreno a pieno titolo dello Stato italiano, meno conosciuto, della personali- e diede alla stampa i primi tre Comel fu incaricato di dirigere il tà di Comel, che qua e là tra- trattati che, con modestia, chia- locale Istituto Chimico - Agrario spare in vari suoi scritti: quello mava “volumetti”. Sperimentale, denominazione di un profondo conoscitore dei Nemmeno la guerra riuscì ad assunta nel frattempo dall’Im- fatti storici della propria terra, interrompere la sua opera di perial Regio Istituto bacologico dedito ad appassionate e diligenti studioso. Richiamato alle armi sperimentale (K.K. Seidenbau – ricerche bibliografiche. durante il conflitto con la Grecia Versuchsstation), eretto a Gori- e assegnato alla nona Armata, zia nel 1869. Toccando con mano La Monografia che raggiunse in Albania nel lo stato di desolante abbandono Impossibilitato ad affrontare marzo 1941, non si lasciò sfug- in cui era caduto l’Istituto stesso, nuovi studi – la ricostruzione e gire l’opportunità di compiere a seguito di un lunghissimo l’ammodernamento dei laboratori osservazioni sul tema che più gli periodo d’incuria e di vicende procedevano con fatica e la do- stava a cuore. belliche, esclamò: “Lavoisier tazione di personale era limitata Ogni occasione infatti era buona poteva disporre di un laboratorio ad occasionali borsisti – Comel si per raccogliere campioni di terra migliore!” misurò in un’impresa che aveva rossa, che inviava in patria, in Ma non si perse d’animo. Per concepito alla fine degli anni attesa di tempi migliori per ese- prima cosa volle conoscere il Trenta e che la guerra gli aveva guire le analisi chimiche. passato dell’Istituto e rendersi impedito di realizzare: inqua- Servendosi di un semplice termo- conto delle cause del suo decadi- drare in modo organico tutte le metro che aveva portato con sé, mento, dopo un lungo periodo di cognizioni fino a quel momento per quasi due anni compì anche gloriosa e feconda attività. acquisite sui terreni friulani. La ☛ 28 •

a casa dall’Albania, continuan- do ad approfondire quel tema, dandone conto con puntuali comunicazioni. Nel 1956 Comel fu nominato direttore della Stazione Chimico - Agraria Sperimentale di Udi- ne: succedeva così a Domenico Feruglio, collocato a riposo dopo aver diretto l’Istituzione per un cinquantennio. Iniziò a studiare i terreni della montagna friulana: sebbene le indagini – sovvenzionate dal Con- siglio Nazionale delle Ricerche attraverso la Fondazione per i Problemi Montani dell’Arco Alpi- no – avessero lo scopo precipuo di dare indicazioni pratiche, volte al miglioramento della fertilità, egli non trascurò gli aspetti geoli- tologici e pedogenetici, coerente con la propria convinzione che ogni studio dovesse basarsi su salde basi teoriche. Metodico e ordinato, egli volle inoltre concludere quei lavori Alvise Comel partecipò alla campagna d’Albania nel periodo 1941 - 1943. che, iniziati da tempo, le vicissi- Nonostante l’incalzare degli eventi bellici, egli riuscì a compiere osservazioni tudini della storia e le passioni geo-pedologiche sulla diffusione e sulle caratteristiche della terra rossa in quel paese. degli uomini avevano impedito di proseguire. Primi, tra tutti, i rilievi geoagro- nomici del Veneto, in ossequio ☞ Monografia sui terreni della l’età dei vari tratti di pianura e al mandato assegnato tanti anni pianura friulana – monu- dei rispettivi terreni. prima dalla Fondazione per la mentale opera di poco meno di Il quarto volume contempla la sperimentazione e la ricerca novecento pagine, distribuite su descrizione dei terreni agrari, agraria alla Stazione. quattro volumi, pubblicati tra il classificandoli in rapporto alla Rilevato l’ultimo lembo della 1954 e il 1957 – costituisce la loro origine, età e costituzione. pianura friulana, quella zona infe- summa del suo sapere di geolo- Tuttora la Monografia costitui- riore della Bassa, il cui studio era go e di pedologo. sce un punto di partenza capitale stato preannunciato nel 1922, ma La prima parte tratta della genesi per ogni ulteriore studio sull’ar- che poi non aveva avuto corso, della pianura friulana: quali siano gomento. egli affrontò quindi lo studio dei state le correnti fluvioglaciali e terreni delle provincie venete, fluviali che le dettero origine, Direttore a Udine con l’intento di realizzare la quali le proprietà litologiche e In quegli anni egli riuscì anche carta dei suoli del territorio fino chimiche delle alluvioni fluitate e ad analizzare quei campioni di all’Adige. i relativi territori di spaglio, quale terra rossa che si era portato I lavori iniziarono senza indugio • 29

Una quiescenza attiva Poco prima, come presago di questi avvenimenti, egli aveva dato alle stampe un’altra di quel- le opere di sintesi in cui eccelle- va, raccogliendo il frutto di oltre quarant’anni di studi sul tema che lo aveva appassionato fin dalla giovinezza. Con la consueta modestia egli affermò che il vo- lume di 360 pagine Studi sulla “terra rossa” italiana non aveva “la pretesa di essere un lavoro completo, bensì solo una comuni- cazione di quello che io penso e conosco…”. Nel 1981 ricevette il Premio Epifania, istituito in onore di quei friulani che si distinguono nei più svariati campi. Un uomo come Alvise Comel non poteva comunque rimanere inoperoso: pubblicò due trattati di pedologia e partecipò alla redazione di una storia dell’agricoltura italiana. Collaborò a lungo con il Centro regionale per la Sperimentazio- ne agraria: la sua esperienza si rivelò determinante nell’elabo- razione della Carta pedologica della pianura friulana – che compendiava i suoi precedenti lavori e aggiornava la catalogazio- ne dei suoli della regione in base Stazione Chimico - Agraria Sperimentale di Udine, Anfiteatro morenico e Alta- alla classificazione FAO/UNESCO Media pianura del Friuli centro-orientale, Ubicazione degli assaggi del suolo; – e nella derivata Carta per la particolare. L’indagine, come si vede, venne fatta a maglie fitte. valutazione agronomica dei terreni. Negli ultimi anni aggiunse alla sua ricchissima bibliografia – e proseguirono incessanti fino scientifico, lo prepose alla dire- ricca di circa 200 pubblicazioni al 1968; tuttavia i confini atesini zione dell’Istituto sperimentale – alcuni titoli sugli artisti trentini non furono raggiunti, con suo per lo studio e la difesa del suolo di Rovereto e una monografia sul profondo rammarico. di Firenze. padre. In quell’anno, infatti, in segui- Egli tuttavia, gravato da pro- Morì il primo agosto 1988, assi- to alla riforma degli Istituti di blemi di salute, non accettò stito dall’amata sorella Fiorina, sperimentazione, il Ministero, il trasferimento e si ritirò in che gli era rimasta accanto tutta riconoscendo il suo alto valore quiescenza. la vita. ☛ 30 •

☞ Con Alvise Comel scompare una delle figure che più contribuiro- no, nel corso della prima metà del Novecento, alla crescita della pedologia nel nostro Paese, dalla fase pioneristica fino alla sua affermazione nel panorama delle discipline riconosciute. L’approfondimento delle cono- scenze scientifiche rende oggi molti suoi studi datati, ma ciò nulla toglie all’importanza del suo lavoro. Di questo limite, vero uomo di scienza, egli era ben conscio: non considerava la sua opera “quale meta raggiunta, ma come una fase dell’evoluzione del pensie- ro”. Atteggiamento che egli volle ribadire nelle Premessa alla Mo- nografia: “per poter perfezionare un’opera è pur sempre necessa- rio in un primo tempo costruirla. Appena allora si potranno vedere eventuali lacune da colmare, le parti che richiedono un perfezio- namento e gli elementi nuovi che potranno integrare conoscenze già acquisite. L’opera diventa in tal modo non solo un punto di arrivo, ma anche uno di partenza per quelle ulteriori ricerche che in definitiva rappresentano il continuo cam- mino e il progresso stesso della scienza”. E, in un altro saggio: “È tutto un immenso lavoro che attende i nostri successori e che essi sapranno affrontare e risolvere con la stessa tenacia e pazienza e con quella ostinata volontà che è la caratteristica più bella del Stazione chimico - agraria sperimentale di Udine, Anfiteatro morenico e Alta- popolo friulano”. Media pianura del Friuli centro-orientale, Carta geo-agronomica alla scala 1: 100.000; particolare. In azzurrino chiaro “Substrati ghiaiosi alterati in media non oltre 30-40 cm”; in azzurro più scuro “Substrati ghiaiosi alterati in media da 40 a 70 cm”. Si noterà come, sulla sinistra, gli abitati si trovino tutti all’interno della fascia di maggior alterazione, cioè dove i terreni sono più profondi. • 31

Licia GHETTI DE NOBILI

Il pastifi cio Quadruvium A Codroipo un tassello della storia alimentare d’Italia

A Codroipo c’era un vecchio pa- stifi cio, risalente ai primi decenni del secolo scorso, che sorgeva nell’area dove era precedente- mente situato il Teatro Benini. Distrutto dallo scoppio dei vagoni carichi di tritolo mitragliati in stazione il 12 ottobre 1944, fu successivamente ricostruito e Anotevolmente ampliato nell’area di via Cesare Battisti. L’attività riprese verso la fi ne degli anni Quaranta. Per la sua gestione fu costituita una società, deno- minata “Pastifi cio Quadruvium” (società per azioni), che, come si può evincere dallo statuto all’art. 2, “ha per oggetto l’industria mo- litoria, la fabbricazione di paste Il cav. Attilio De Nobili, la moglie Angelina e i fi gli Pietro, Linda e Gino. Inizi del alimentari ed il commercio dei ☛ Novecento. 32 •

☞ suoi prodotti, nonché la produ- La struttura re, le ditte Braibanti di Milano e zione e vendita di energia elettri- L’articolazione dei locali com- Garbusio di Treviso. ca, di imballaggi e l’esercizio dei prendeva: gli uffi ci per l’attività L’energia elettrica necessaria per trasporti attinenti all’industria ed amministrativa e di gestione il funzionamento degli impianti al commercio anzidetto. Potrà degli impianti; il magazzino per era prodotta da una centrale compiere tutte le operazioni le farine; i locali con le macchine situata sulla Roggia di S. Odo- commerciali, industriale, fi nan- per l’impasto e la lavorazione dei rico, in Comune di Flaibano, ziarie mobiliari e immobiliari che prodotti; locali per l’essicazione; e da una più piccola (detta la saranno ritenute necessarie ed il reparto per la pesatura e la “centralina”) localizzata sempre utili per il conseguimento dello confezione; i magazzini per i pro- lungo la Roggia nell’area del scopo sociale”. dotti fi nali. Il carico e lo scarico Pastifi cio. Tali centrali fornivano Da tutto ciò si desume che il delle farine e dei prodotti avveni- energia anche ad alcuni edifi ci pastifi cio svolgeva un complesso va sotto una apposita tettoia. di proprietà dei soci. In caso di di attività che si estendevano Fra i fornitori di macchine per la necessità si ricorreva alla Società ben oltre la semplice produzione pastifi cazione e l’essiccazione si Friulana di Elettricità (S.F.E.) o, di pasta. possono ricordare, in particola- in seguito, all’Enel, compensando

Manuale di comportamento in azienda SEMOLE & FARINE: Controllare sempre delle farine, semole, ESSICCAZIONE: Che siano tassativamente mantenuti i massimi pasta l’umidità ed il glutine e registrarne le prove sull’apposito e minimi stabiliti. libro. MATERIALI IN BALLO: Attenzione ad eventuali fabbisogni di MISCELE: Che vengano eseguite realmente come ordinate. stampati etichette, segna prezzi, onde avere il tempo materiale SEMOLE & FARINE: Data la stagione calda non si deteriorino. per fare bene. FABBRICA IMBALLI: dovranno venir demolite casse e ceste solo se inservibili. CAMERA D’INCARTAMENTO: Che siano costantemente mantenuti 95o di umidità e 30/32o di caldo. ENERGIA: Che venga usata solo quando non occorra al Pastifi cio. IMPASTI: Devono sempre corrispondere alla portata delle campane senza vi siano rimanenze. Una pagina del Manuale del comportamento in azienda. LAVORO: Deve essere interrotto ogni 3 ore al massimo durante la stagione calda. ROTTAMI: Non devono restare rottami, spuntature, pasta, nelle cassette più del tempo di torchiatura tra una campana e l’altra, onde evitare l’acidità. IMPASTI: Quelli relativi agli siano il più possibile senza rottami, utilizzando questi invece in quelli della tagliata, che ha meno importanza. PASTA: Deve riposare 10/15 minuti dopo incartata, per rinvenire, onde evitare che risenta i colpi d’aria fredda durante i trasporti in ascensore. CONFEZIONE: Lavoro molto delicato bisogna sorvegliare e controllare di tanto in tanto le casse. TARE: Controllarle spesso, e calcolare sempre la differenza dove sia necessario. CONF.NE PACCHETTI: Controllare i pesi, mettere attenzione che la merce sia tutta sceltissima, e che non si mescoli la 00 con la QUADRUVIUM. • 33

con il pagamento o la riscossione addetto alle vendite di cui erano defi cienze o eccessi di consumo. apprezzate la simpatia e la capa- cità di intrattenere il cliente. Il personale Nella fabbrica lavoravano com- I responsabili della direzione e plessivamente circa venti perso- dell’amministrazione dello sta- ne tra operai e operaie. Il lavoro bilimento erano i soci De Nobili era impegnativo e costante, cav. Attilio e Lotti Giuseppe, perché i macchinari richiedevano coadiuvati dall’impiegato Ernesti- un’assidua e competente sor- no Sambuco, mentre la direzione veglianza, date le diffi coltà che tecnica per la produzione, l’essic- presentava il loro funzionamento cazione, la resistenza alla cottura che poteva essere interrotto da della pasta e il controllo della guasti di vario genere. La manu- qualità del prodotto era affi data tenzione era effettuata da operai, Calendario della ditta Braibanti di Milano specializzata in macchine per a Gino De Nobili. C’era, inoltre, particolarmente esperti, fra cui pastifi ci. il “viaggiatore”, Pietro Cengarle, l’elettricista Eustachio Bianchini, ☛

TUTTI IMBALLI: Che vengano demoliti producendo legna GLI ACQUISTI, RAPPORTO CON RAPPRESENTANTI E TUTTO CIÒ da ardere; devono essere venduti indistintamente come già CHE È RELATIVO. cominciato, ed in special modo darli all’Albergo onde pagare il vitto Bianchini. SPESE GENERALI: Devono essere contenute il più possibile nei SPEDIZIONI: Spedire le casse peggiori per le destinazioni dalle limiti minimi. quali non fanno più ritorno i vuoti. I colli devono essere ben con- fezionati e le etichette relative chiare, regolari e ben centrate. “Chi spreca è personale da eliminare” CAMION: Deve sempre viaggiare, ad ogni modo il più possibile carico onde sfruttare le spese. È indispensabile che ogni ordine e disposizione impartita venga SERVIZIO CAMION: Deve essere sempre disposto per tutta la scritta sull’apposito libro memorie, onde evitare che da parte settimana. del principale vengano dati contrordini in secondo luogo così si UFFICIO: può sapere cosa viene ordinato e controllato. Firmare le fatture Primo: Le operazioni e registrazioni devono essere sempre e tratte e pure la corrispondenza quando quanto è scritto è au- aggiornate. torizzato dal principale in linea di massima. Secondo: Che non venga sprecata la cancelleria. Terzo: Le tratte devono essere emesse per tempo e dal loro PRELIEVI MATERIALI: Prima di fi rmarli accertarsi che proprio non importo vengano detratti i vuoti se resi nel frattempo. si può fare a meno. Pregare chi chiede che ridia un’occhiata se Quarto: I ritardatari vengano sollecitati. può nelle riserve, ferro; rame, pulegge, motori, fi lo; legname, Quinto: La corrispondenza deve essere con tutti (salvo casi serrature, ecc. Se può rimediare rimandando l’acquisto ad altra specialissimi) molto cortese ciò - non costa nulla. volta. Sesto: Libri e pratiche sindacali devono essere sempre tenuti assolutamente in regola. PERSONALE: Tutto il personale indistintamente sia con gli indu- Settimo: Il libro costi di ogni partita di sfarinati sia sempre te- menti puliti. Le stanze delle donne e degli uomini siano giornal- nuto aggiornato. mente spazzate, pulite. Tutti devono osservare l’orario il quale Ottavo: I carichi e scarichi del deposito di Venezia siano sem- comincia con l’essere già al lavoro e termina lavorando. pre tenuti al corrente. Nono: La rimanenza a magazzino delle farine deve essere sempre aggiornata. SARTORELLO OFFICINA: Controllo costante di tutto il macchina- rio-lubrifi cazione-riparazioni. VEDO SOSPESI BIANCHINI: Conservazione generale impianto elettrico. Tenere VEDI PRATICHE IN CORSO aggiornato il libro motori in funzione, e l’elenco del materiale VEDI ACQUISTI esistente. Controllare il cosfi [?] del parallelo con la Friulana onde VEDI LIBRO MEMORIE prelevare il minimo e dare il massimo con il migliore fattore di RESTERANNO TASSATIVAMENTE A PAPÀ LE VENDITE TUTTE - potenza. 34 •

☞ il falegname Giuseppe Comisso e apprezzato dai consumatori e di il meccanico Giuseppe Sartorello, conseguenza dai negozianti e dai cui subentrò Luciano Domene- ristoratori. Il “Cavallo di Batta- ghini. Costoro provvedevano alla glia”, marchio usato sulle confe- riparazione dei pezzi danneggiati zioni, caratterizzava e distingueva con competenza e senso di re- la qualità. Costato ben venticin- sponsabilità. Alle operaie spetta- que lire, era opera di un noto vano la pesatura e la confezione grafi co pubblicitario dell’epoca. dei pacchi e, nel complesso, tutti i lavori faticosi che richiedevano Il processo diligenza e precisione. Carico Il processo produttivo era artico- Il Principe dei Cuochi e scarico dei camion adibiti al lato in diverse fasi che prevede- allegro e rubicondo trasporto delle farine e della pa- vano: lasciò pentole e fuochi sta erano effettuati dagli operai - l’impasto di acqua e farina nelle volle girare il mondo. addetti. Fra tutto il personale “giuste proporzioni”; E dopo aver girato regnava un clima di affettuosa - la “trafi lazione”, che permetteva quasi l’Italia intera amicizia anche perché il lavoro di ottenere vari formati di pasta; trovò il caval QUADRUVIUM stesso richiedeva la fattiva colla- - l’“incarto”, eseguito in un fl usso la pasta più sincera. borazione di tutti. di aria calda dal basso verso Saltò il gran cuoco in sella Quasi ogni anno si effettuavano l’alto, che aveva lo scopo di al magico destriero, lungo il corso della Roggia lavori asciugare tempestivamente la per dar questa novella di sgombro dai detriti e dalle superfi cie esterna della pasta, all’universo intero. erbe che potevano ostacolarne evitando così che potesse “ap- il corso. I piccoli pesci, pesca- piccicarsi” nelle fasi successive Pubblicità in rima del pastifi cio ti dagli addetti muniti di pale, di lavorazione; Quadruvium. Si trova nel numero picconi e vanghe, venivano fritti - l’essiccazione vera e propria, unico Quadruvium pubblicato per il XXXVII Congresso della Società e mangiati in allegra compagnia che era la fase più delicata per- fi lologica friulana, 1952. presso l’albergo Commercio che ché i macchinari di quell’epo- sorgeva di fronte al pastifi cio. ca richiedevano una costante sorveglianza per evitare sbalzi Il prodotto di umidità; produzione, non furono all’epo- La produzione giornaliera di - il taglio della pasta lunga, anche ca recepiti. Nel 1970, quando pasta era circa di 80 quintali. Si per eliminare gli “archetti”. venne a mancare Gino De Nobili, utilizzava “pura semola di grano Il processo si concludeva con le l’impianto fu affi ttato al Pastifi cio duro” che era fornita dai Mulini fasi di pesatura, impacchetta- Tomadini di Pordenone che per Variola di Cordovado. Veniva pro- mento delle confezioni singole, pochi anni (circa due o tre) con- dotta pasta comune e all’uovo di l’imballaggio, l’immagazzinamento tinuò la produzione, dopodiché vari formati indicati da un nume- e la spedizione. l’impianto venne defi nitivamente ro in catalogo, purtroppo andato chiuso. Nel frattempo, in data 30 perduto. I principali tipi di pasta Il declino luglio 1970, la Società per Azioni erano: spaghetti di vario numero; Sul fi nire degli anni Sessanta la fu trasformata in società in acco- una pasta per minestra di fagioli forbice tra costi e ricavi si fece mandita semplice costituita dai denominata “Pater Noster”; riga- sempre più sottile e questo è soci: De Nobili cav. Attilio, Lotti toni; tempestine per brodo. senz’altro il motivo di fondo che Giuseppe, Lotti Roberto, Salvi Il mercato della pasta “Qua- portò alla cessazione dell’attività. Lidia in Lotti, Lotti dr. Ennio, druvium” si estendeva anche Vari suggerimenti, che tutto- Gaggia Olga in Lotti, Lotti Fran- fuori dai confi ni regionali, fi no ra si rivelerebbero validi, volti cesca, De Nobili Linda in Ciani a Venezia, essendo il prodotto a diversifi care e aumentare la Seren, De Nobili Maria. • 35

si che, nella diversificazione del prodotto, avrebbero sicuramente permesso di superare la crisi. Per una curiosa coincidenza, la fine del Pastificio Quadruvium avvenne in concomitanza con un altro passaggio epocale: quello che dall’agricoltura famigliare ha condotto, con l’avvento della “rivoluzione verde”, ad un’agri- coltura industriale. Così, un’in- dustria a conduzione famigliare venne sopraffatta da industrie più potenti e competitive. Pec- Il pastificio Quadruvium come si presentava negli anni Cinquanta. Disegno di cato. Crediamo che l’esperienza Maria De Nobili. del Pastificio Quadruvium possa, comunque, costituire una “spia” per comprendere e interpretare, L’edificio è stato demolito e, ora, tare che tendeva ad utilizzare e a livello regionale, il mancato su quell’area sorge il complesso valorizzare le risorse di un patri- processo di trasformazione del del supermercato COOP. monio regionale, il settore prima- comparto verso industrie alimen- rio, che in quei tempi era il vero tari che, salvo alcune significa- Conclusioni fulcro dell’economia di questa tive eccezioni (prosciutto di S. Il Pastificio Quadruvium è stato terra. Come si è sopra riferito, il Daniele, formaggio Montasio e per lungo tempo un vero “sim- suo declino è imputabile all’inca- settore vitivinicolo), non si sono bolo” di Codroipo, e non solo pacità di imboccare nuovi percor- affermate in Regione. per la denominazione evocativa dell’antico “quadrivio”. La sua eredità va, infatti, ben oltre una significativa e innovativa – anche in quei tempi si realizzavano processi innovativi! – industria alimentare, poiché ha coinvolto anche il tessuto sociale. Attraver- so questa attività imprenditoriale si sono intessuti rapporti umani, improntati a onestà e a corret- tezza, reciprocamente condivise, tra datore di lavoro e dipendenti, espressione di un mondo impren- ditoriale ancora legato a principi etici (a tal fine si rimanda al breve manuale di comportamento in azienda). Questa esperienza imprenditoria- le, accanto ad altre, ha, peraltro, costituito un esempio altamente significativo di industria alimen- L'interno della centrale idroelettrica sulla roggia di S. Odorico. 36 •

di Venezia, ne nacque che il la produzione, al maneggio a movimento commerciale delle cavalli sostituì molto oppor- Paste paste si limitò d’un tratto ai tunamente una macchinetta puri bisogni locali”. a vapore verticale con caldaia Ma non era detta l’ultima pa- tubolare annessa, sistema La furlane rola: “E tuttavia siccome il riso Chappelle di Parigi, della forza va perdendo un po’ di terreno di circa 4 cavalli”. Siamo adusi ad esotici nomi fra gli alimenti umani, specie Il pastificio di Giovanni Fran- come , , Voiello per la classe meno agiata, così chi poteva produrre da 4 a 8 e mai penseremmo che pure il non solo la fabbrica del D’Este quintali al giorno di paste in Friuli ha partecipato, seppur trova modo di resistere, ma sorte, vi lavoravano ogni giorno del par suo in modo discreto, altre due o tre hanno ora vita 4 operai e 2 operaie, ma il la- alla storia della pasta. Sfo- abbastanza rigogliosa”. voro era solo diurno e solo nei gliando la Illustrazione del In effetti la “Fabrica” si rammo- giorni feriali. Lo smercio del Comune di Udine, curata da dernò completamente nel 1886 prodotto avveniva tutto in città Giuseppe Occioni-Bonaffons “acquistando una caldaia con e provincia. per la gloriosa Società alpina motrice verticale di 4 cavalli I fratelli Molinaris, “panattieri” friulana e data alle stampe nel della ditta Hindley d’Inghilterra in piazza San Giacomo, ebbero 1886, ci siamo imbattuti in ben in guisa che ora può produrre diritto a questo passaggio nella quattro pastifici, all'epoca de- da 5 a 9 quintali di paste in “Illustrazione” della loro città: nominati “Fabrica di Paste”. sorte al giorno ed il doppio la- “attivissimi ed economi, senza Quello di Domenico D’Este, vorando anche di notte. Impie- aver lo slancio di cento altri tra fondato dal di lui padre anco- ga da 6 ad 8 operai, lavoranti a noi che afferrarono con mano ra nel 1817, risulta avere “un giornata, tutto l’anno, esclusi i molto ardita i capelli della volu- grande avvenire dietro le spal- dì festivi”. bile Dea, sono i migliori dei 24 le”. Trovandosi, fino al 1866, in E i rapporti con l’Impero non fornai di Udine”. Non saranno un Impero di ampie dimensioni, erano completamente interrotti stati “arditi”, ma certamente oltre che plurietnico e multicul- se “Acquista le farine ed il gries ritennero opportuno “diversi- turale, i suoi prodotti trovarono quasi tutto dai molini di Pest...”. ficare”, come si direbbe oggi, facile e lucroso smercio “in L’altro pastificio udinese carat- la propria attività: “E siccome tutto l’Illirico, fin sotto Trieste, terizzato da una buona produ- vendono anche paste da anni nell’Istria, a Linz, Presburgo, zione era quello di Giovanni parecchi, così nel 1884 pensa- Vienna...”. Franchi. Nel 1880, anno di rono di associare al panificio Ohimè entrammo a far parte di fondazione, era una fabbrica una fabbrica di paste...”. un Regno di minor respiro e di microscopica mossa a mano, Occupavano 4 operai per una sicura miopia commerciale: “I ma solo tre anni dopo assunse produzione di 3 - 4 quintali dazi enormi di esportazione da caratteristiche meno artigia- di pasta al giorno, quasi tutta parte dell’Italia e d’importazio- nali dotandosi di “un torchio smerciata al minuto e in città. ne da parte dell’Austria dopo il orizzontale ed uno verticale Giacomo Grifaldi rimane molto 1866 tolsero ogni via di smercio non che un mastrino ed una più artigianale, producendo una al di là del confine, e la grande tagliatrice per paste lunghe, il piccola quantità di paste, che produzione delle fabbriche di tutto mosso con maneggio a però sono definite “buone”, con Treviso avendo formato una cavalli”. Passano altri due anni un torchio verticale mosso a barriera formidabile sulla via ed ecco che “per accrescere mano. • 37

Passano gli anni e nascono i muri del pastifi cio Mulina- Il Barbacian edito dalla “Pro nuove guide del Friuli: in quella ris sono tuttora in piedi visto Spilimbergo”, n. 1 del 2007, di Gualtiero Valentinis del 1903 che tale giornale (25.06.2009) Maria José Tositti ci narra delle vengono elencate sette indu- titola: “L’ex pastifi cio Mulinaris attività economiche di Pietro strie alimentari che producono sarà demolito” e, in suo luogo, e Giovanni Tositti in Paludea “paste da minestra”: “I sette come ci pare ovvio, sorgerà di Castelnovo nella seconda pastifi ci meccanici appartengo- “una nuova area artigianale e metà dell'Ottocento: fra queste no alle ditte Fratelli Mulinaris commerciale”. La centoventimi- assunse particolare rilevanza (motore a gas povero), Vincen- lionesima. una fabbrica di paste alimen- zo D’Este (motore a vapore), La medesima fonte ci informa tari: “La fabbrica produceva Giuseppe Hoche (motore che ancora nel 1960 il pastifi cio artigianalmente prevalente- idraulico e a vapore), tutte di dava lavoro a 140 operai. In mente spaghetti ma anche altri Udine, Carlo Coiazzi (motore questo fascicolo potete ve- formati, come i subiots (subio- elettrico), Luigi Sam (motore dere un bella pubblicità della ti in dialetto veneto) delle più a vapore) e Pietro Favero, pasta Mulinaris nella forma di svariate dimensioni. tutte di Pordenone, e Ambro- un manifesto che si applicava In uno spazioso locale erano gio Piussi di Pavia di Udine. alle vetrine inumidendone il posti i macchinari, tra cui l’im- Vi sono poi altre fabbriche a retro. Sgarfando nel web salta pastatrice, che era azionata da mano, di minore importanza”. fuori anche una cartolina con un cavallo bendato e aggiogato E andiamo a Pavia in frazione la frase ad effetto: “... delizia a una barra, che veniva fatto Chiasottis: nel bel libro Pavie del ghiotto e ... tormento del girare in tondo per muoverne edito nel 2006 troviamo uno goloso”. Manifesto e cartolina gli ingranaggi. scritto di Gabriele Caiazza che, sono degli anni Cinquanta e La pasta così ottenuta veniva a pag. 304, accenna al “pastifi - rappresentano un bel bambi- fatta passare attraverso trafi le cio idraulico friulano Ambrogio none biondo nell’atto di ingur- di bronzo, collocata su gratic- Piussi” ma, soprattutto, ripor- gitare una megaforchettata di ci di stoini, e con una piccola ta un disegno, invero un po’ spaghetti. Ecco il signifi cato: teleferica fatta salire attraverso romantico, del pastifi cio e il si è passati dalle paste pre- il cortile nel solaio di fronte per “catalogo” delle paste prodotte valentemente da minestra (il essere essiccata. (Fidelini, , Reginette, “primo” dei friulani) all’italica Alla fi ne veniva confezionata in Bavette, Bavettine, , pastasciutta. Questa, in effetti, casse di legno foderate con pa- Coralli, Corallini, , è di rapida preparazione, quindi glia e spedita, con carri trainati , Stellette, Bovoli, assai comoda nella moderna da cavalli, in tutto il Friuli e Lingue di Passero, Occhi di Ci- società, mentre le minestre e i parte del Veneto. vetta, Denti di Cavallo, Denti di minestroni con la pasta richie- La fabbrica era anche molto Elefante, Denti di Pecorino...). dono più tempo e più dedizio- conosciuta dai bambini del Il medesimo Caiazza ci informa ne. Ora le zie e le nonne, se ci paese che, spesso, passando che a Cussignacco, accanto al sono, guardano le telenovelas... sotto la fi nestra, chiedevano già nominato pastifi cio Muli- È probabile che, spulciando e alla addetta al cavallo: Menia, naris, attivo dal 1883, vi era, sgarfando nelle pubblicazioni di dami un bigul! a partire dal 1910, il pastifi cio tipo locale, possano emergere Certamente a quel tempo uno Menazzi. dall’oblìo anche altre attività spaghetto valeva più di un dol- Leggendo il Messaggero Veneto pastaie nella nostra regione. Ad cetto di oggi...”. abbiamo scoperto che almeno esempio nell’ottimo periodico E.C. 38 •

Da Friuli fascista, Federazione dei Fasci di Udine, 1942. • 39

Stefano BUIATTI

Speciâl bire furlane Storia della birra nella terra del vino

La birra è la bevanda alcoli- ca più diffusa al mondo con un consumo annuo stimato in quasi un miliardo e ottocento milio- ni di ettolitri (dati 2008), oltre cinque volte quello del vino. In Italia il consumo pro capite annuo è di circa 30 li- 18 milioni di tri, il più basso in Europa. Infatti, ettolitri di cui 13 di produzione tradizioni, sebbene i consumi siano aumen- nazionale (su tre birre bevute alle materie Ltati di quasi otto volte nel corso una è di importazione, dati Asso- prime impie- degli ultimi cinquant’anni (era- birra, 2008). gate, alla storia, alla cultura dei no 4 litri pro capite nel 1958), La birra si presenta con que- diversi paesi. Essendo le birre l’Italia rimane il fanalino di coda sti numeri e queste credenziali così tante, non solo da un punto in termini di consumi, mentre il senza dubbio di tutto rispetto. di vista quantitativo ma anche primato è della Repubblica Ceca Proprio perché prodotto univer- qualitativo, sono stati adottati con circa 160 litri pro capite. In sale, è disponibile in una moltitu- criteri diversi per la loro clas- Italia vengono consumati circa dine di tipologie e stili, legati alle sifi cazione e descrizione. Uno ☛ 40 •

☞ dei più diffusi prevede la loro non signifi ca affatto che l’Italia che vedeva il vino come prodotto distinzione in base alla tecnica di non abbia un patrimonio storico cardine della produzione della fermentazione che viene defi nita di vecchie birrerie che un tempo terra. Non si dimentichi poi che alta, bassa e spontanea. Le birre disseminavano il nostro territo- l’Italia, alternandosi a seconda lager (bassa fermentazione) rio. La differenza sostanziale coi delle annate con la Francia, rappresentano oltre il 90% delle paesi sopra menzionati risiede detiene il primato mondiale di birre prodotte al mondo, mentre nel fatto che l’Italia, sebbene paese produttore di vino. Alla quelle a fermentazione sponta- assurta a una delle maggiori po- luce di queste considerazioni si nea, sia pure quasi trascurabili tenze industrializzate del mondo, può forse comprendere perché, quantitativamente, costituiscono ha radici storiche e culturali per il consumatore italiano, la un prodotto molto interessante fortemente rurali e agricole, pro- birra abbia una forte connotazio- e ricchissimo da un punto di fondamente legate ad un mondo ne “straniera”. Un dato per tutti: vista organolettico e qualitativo. che forse ora non esiste più, ma circa il 90% degli italiani identi- Le birre ales (alta fermenta- zione), sebbene per quantità meno importanti delle lager, Questa pianta è detta urtiçon in friulano, ma è nota anche col venetismo sono testimoni delle zone, delle bruscandul, e tutti sanno che i teneri germogli primaverili sono utilizzati tradizioni e della cultura dei in cucina, entrando nella preparazione del litum o in splendidi risotti. È, attualmente, meno in uso il nome cervêse con cui s’indicava la pianta ma, paesi in cui vengono prodotte; soprattutto, i coni fruttiferi. Questi ultimi erano ancora raccolti nei nostri tradizioni che spesso affondano boschi fi no agli anni Sessanta del secolo scorso per aromatizzare delle le proprie radici nei secoli e nella rustiche, ma buone, birre fatte in casa. Ai pochi che ancora sanno di latino non sarà sfuggito che cervêse discende direttamente da ce˘re˘vı˘sia che, nella storia anche millenaria di questo lingua di Cesare, signifi cava ‘birra’. Con uno dei tanti scivolamenti semantici prodotto. Come noto, infatti, fi no la pianta ha preso il nome della bevanda che contribuiva a formare, così alla metà del XIX secolo, tutte come il colza si chiama vueli ‘olio’. Nel Medio Evo friulano con cerevisia si intendeva ancora sicuramente la birra, come è attestato da un documento le birre venivano ottenute con la del 1275 che parla di unam soumam cerevisie; il signifi cato è una ‘soma’, tecnica dell’alta fermentazione cioè un carico (animale) di birra. che per molti secoli è stato l’uni- I lettori di Astérix avranno incontrato la cervoise, che è cervogia nelle edizioni italiane; il nome, in effetti, è di origine gallica ed è una delle rare co sistema utilizzato. Ma se la parole celtiche che sono passate nella nostra lingua. fermentazione rappresenta il più Il nome scientifi co della pianta Humulus lupulus L., coniato da Carlo comune sistema di classifi cazione Linneo (1707 - 1778), non va confuso col nome in uso presso gli antichi Romani che la chiamavano lupus salicta¯rius, da tradursi con ‘lupo dei delle birre per gli esperti e ope- salici’. Cresceva, e cresce tuttora, in effetti, assieme ai salici, ma perché ratori del settore, di certo non è lupus? Dovete sapere che, all’epoca, l’urtiçon non era ancora utilizzato quello adottato dalla gran parte nella fabbricazione della birra, neppure dai Galli, e le piante dal sapore aggressivamente amaro e, in questo caso anche fortemente astringente, dei consumatori che si limitano a prendevano il nome di ‘lupo’. Mai sentito parlare dei lupini? differenziare le birre solo in base Gli Antichi conoscevano però l’uso culinario dei teneri germogli, tanto è vero al loro colore o grado alcolico. che li chiamavano... asparagus! Il mercato italiano offre quindi Col “lupo” possiamo spiegare il nome italiano luppolo, così come il nome della specie creato da Linneo. Quanto al genere botanico Humulus pare oggi una varietà di birre che che Linneo abbia fatto una piccola forzatura linguistica prendendo il nome sino a non molto tempo fa era del luppolo da una qualche lingua slava e adattandolo al latino scientifi co; prerogativa solo di paesi a fortis- in sloveno e in croato, in effetti, si dice hmelj, e nomi simili si riscontrano in ceco e in polacco. Ricordiamo, infi ne, che sima tradizione birraria come, ad il friulano ha il esempio, la Germania, il Belgio o verbo cerveseâ il Regno Unito. Ma se la cultura ‘vaneggiare’, probabilmente storica e sociologica di questi perché la paesi è permeata dalla birra, cervêse (il non altrettanto si può dire del luppolo, non la birra) veniva nostro paese, tradizionalmente usata contro legato alla cultura del vino. Ciò l’agitazione nervosa. • 41

fi ca la Germania come la patria della birra, considerando questa bevanda comunque estranea alla nostra tradizione agroalimenta- re. Come visto, un ulteriore dato statistico chiarisce questo atteg- giamento nazionale nei confronti della birra: oltre il 30% dei con- sumi sono rappresentati da birre d’importazione, con la Germania, guarda caso, primo paese espor- tatore in Italia. Gli italiani quindi sono fortemente esterofi li se si tratta di birra: nessun grande Tettoia per veicoli e materiali presso la Birreria Moretti. Da La Panarie n. 4 del paese europeo presenta una così 1924. elevata percentuale di consumi derivanti da birre di importazione. Ciò nonostante è innegabile che archeologico scoperto sulle rive Analoga mente, nell’epopea di il comportamento del consumato- dell’Eufrate e risalente a circa Gilgamesh, il primo testo let- re sia molto cambiato negli ultimi 3.000 anni a.C. (oggi custodito al terario conosciuto e scritto in venti-trenta anni. L’italiano medio British Museum di Londra). Su Mesopotamia circa 4.000 anni si limitava a consumare birra (e questa tavoletta è riprodotta la fa, si racconta che l’uomo “selvag- solo di un tipo) prevalentemente fase della lavorazione dei cere- gio” uscì dal suo stato di inferiorità in abbinamento alla pizza; oggi ali utilizzati per la produzione solo nel momento in cui apprese la vastissima offerta del mercato della birra. Una poesia sumera l’esistenza del pane. A farglielo favorisce l’evoluzione del consu- risalente a circa 4000 anni fa che conoscere è una donna, anzi una matore che, sebbene non ancora onora Ninkasi, la divinità patro- prostituta; in tal modo si attribu- del tutto consapevole e maturo, na della produzione della birra, isce alla fi gura femminile il ruolo di sicuro è molto più esigente di contiene la più antica ricetta di custode del sapere alimentare un tempo. esistente di birra, descrivendone oltre che della sessualità, ciò che la produzione a partire dall’ d’altra parte sembra corrisponde- Un po’ di storia... per mezzo del pane. Il pane non re alla realtà storica; gli stu diosi La birra è una bevanda antichis- esiste in natura e solo gli uomini sono infatti abbastanza concor- sima la cui origine può essere sanno produrlo, avendo elabo- di nell’ammettere una priorità presumibilmente fatta risalire rato una sofisticata tecnologia femminile nell’opera di osserva- circa a 7.000 anni a.C. Gli Assiro- che prevede (dalla coltivazione zione e di selezione delle piante Babilonesi e i Sumeri furono i del seme alla preparazio ne del che accompagnano la nascita primi a produrre una bevanda prodotto fi nito) una serie di dell’agricoltura attorno ai primi fermentata a base di cereali, operazioni complesse, frutto di villaggi. Oltre al pane, a questo come dimostrato anche dal lunghe esperienze. Perciò il uomo “selvaggio” viene offerta Monument Blau, pane simboleggia l’uscita anche la birra. Appare quindi famoso reperto dallo stato bestiale e la evidente anche il ruolo simbolico conquista della “civiltà”. Nei della birra, bevanda fermentata poemi omerici, l’Iliade e che, come il pane, non esi- l’Odissea, 1’espres- ste in natura, ma rappresenta sione “mangiatori l’esito di un sapere e di una di pane” è sinoni- tecnologia complessa: l’uomo ha mo di “uomini”. imparato a dominare i processi ☛ 42 •

del primo. Il luppolo, infatti, contiene delle sostanze antiset- tiche naturali che, consentendo il prolungamento della shelf life del prodotto, ne favorirono la diffusione e il consumo; la birra aromatizzata senza luppolo, infatti, veniva bevuta subito dopo la preparazione e non poteva essere conservata a lungo; l’unica alternativa era aumentare il con- tenuto di alcol, ma ciò risultava piuttosto oneroso. L’impiego del luppolo fu perfezionato (in termini di varietà e dosi) in Ger- mania a partire dal XIII secolo. Il risultato fu che, essendo la birra La fabbrica della Birra Dormisch vista dall'alto. Da La Panarie del 1928. stabile e idonea al consumo più a lungo, si cominciò ad esportar- la su vasta scala, anche grazie all’impiego di botti di dimensioni ☞ naturali, volgendoli a proprio birra veniva consumata princi- standardizzate. I tedeschi intro- beneficio. Dalla Mesopotamia la palmente dalle classi subalterne. dussero un livello di professiona- birra passò in Egitto e, grazie Questo anche a causa della scar- lità mai raggiunto prima; la birra agli Egizi, fu conosciuta presso i sa purezza dell’acqua che poteva stava lentamente uscendo da una Greci, i Romani (che chiamaro- essere garantita solo di rado, produzione prettamente artigia- no la propria birra cerevisia, da mentre il mosto di birra, essendo nale e caratterizzata da tecno- Cerere, la dea dell’agricoltura, e bollito (e quindi sterilizzato) du- logie non avanzate, per avviarsi da vis, “forza”) e i Celti. Furono rante il processo di produzione, verso una gestione del proces- questi ultimi che introdussero la assicurava una maggiore purezza so più moderna ed efficiente. birra in Gallia, mentre i popoli e igienicità alla bevanda. In precedenza la birra veniva germanici contribuirono alla sua La produzione della birra e le prodotta da uno o due uomini, diffusione nelle Fiandre e nelle pratiche artigianali di produ- durante questo periodo invece la regioni scandinave. Le successive zione si diffondono soprattutto produzione venne gestita da otto, tappe che portarono all’ulteriore attraverso i monasteri che hanno dieci persone: questo modello si produzione e diffusione della il merito di favorire un salto di diffuse in Olanda nel XIV secolo birra in Europa sono, sia in senso qualità nella produzione della e in seguito nelle Fiandre e rag- storico che cronologico, difficil- bevanda, introducendo un nuovo giunse la Gran Bretagna alla fine mente controllabili. ingrediente molto importante, del XV secolo. Durante il Medioevo nei paesi del il luppolo, noto già a partire dal La storia moderna della birra ha nord e dell’est Europa, dove la IX secolo. Prima inizio in Inghilterra e Germania coltivazione della vite era difficile del luppolo veniva verso l’inizio del diciotte- o impossibile a causa delle con- utilizzato il gruit, dizioni climatiche, la birra veniva una miscela di consumata quotidianamente da varie erbe e tutte le classi sociali. Nell’Europa spezie, prive meridionale, dove invece il vino però delle pro- era la bevanda più diffusa, la prietà conservanti • 43

simo secolo, ma dobbiamo aspet- tare la sua fine perché anche in Italia sorga la prima fabbrica: la storia della birra italiana comin- cia nell’anno della rivoluzione francese, il 22 maggio 1789, in Piemonte, con la concessione ad uno svizzero (Johann Balthasar Ketter) di gestire una fabbrica di birra a Nizza (che all’epoca face- va parte del Regno Sabaudo). A distanza di poco più di un secolo la produzione della birra si è enormemente sviluppata, tanto da raggiungere, nel 1894, ben 150 unità produttive. I volumi prodotti sono però ancora molto Pubblicità della Birra Moretti col classico "Baffone" e scritta in friulano. Si trova modesti e pari a circa 95.000 hl, in Il Pignarûl del 1966. cioè una produzione media per birreria di poco superiore ai 600 hl, come oggi accade per una mi- tre nomi: quello della Birra Mo- terreno che gli potesse consen- crobirreria di limitate dimensioni. retti, della Birra Dormisch e della tire un eventuale ampliamento Nel XX secolo, a metà degli anni Birra Dreher. dello stabilimento e quindi delle Sessanta, le unità produttive capacità produttive. scesero a 37 con una produzione Birra Moretti La prima bottiglia di birra fu annua di circa 4.300.000 hl, ciò Esattamente 150 anni fa, nel venduta nell’estate del 1860 e a dimostrazione della sempre 1859, in piena epoca risorgimen- lo stabilimento continuò, anche maggiore concentrazione della tale, nell’anno della battaglia di se lentamente, ad aumentare la produzione in grossi, moderni e Solferino e a soli due anni dalla produzione. Il periodo più buio più efficienti stabilimenti indu- costituzione e unificazione del fu quello legato all’occupazione striali. Tale tendenza verso una Regno d’Italia nasce a Udine la di Udine da parte delle truppe economia di scala è tuttora pre- “Fabbrica di Birra e Ghiaccio” Austro-Ungariche, diretta con- sente, tanto è vero che nel 2008 per volontà dell’allora trentaset- seguenza del crollo del fronte in gli stabilimenti industriali ancora tenne Luigi Moretti. seguito alla disfatta di Caporetto, operativi in Italia si sono ridotti Luigi Moretti proveniva da una occupazione che inevitabilmente a 13, di cui uno solo presente ricca famiglia borghese operante portò a saccheggi e requisizioni in Friuli, a S. Giorgio di Nogaro, nel commercio della birra che da parte degli occupanti. Ma già dove ha sede la “Birra Castello all’epoca veniva acquistata nella nel 1920 la Birreria Moretti era S.p.A.”. vicina Austria. L’idea iniziale in grado di produrre oltre 4.000 La storia della birra nella no- del Moretti prevedeva una hl di birra che diventarono addi- stra regione è legata fabbrica capace di soddi- rittura 31.000 solo un anno dopo. sostanzialmente a sfare i consumi della città La Birreria Moretti fu subito e della provincia di allora consapevole dell’importante ruolo (circa 2.500 hl) ma, svolto dalla pubblicità; in Italia, con molta lungi- dopo la conquista della Libia nel miranza, acqui- 1912, si cominciò a usare la pa- stò e si assicurò rola “moro” e, dal suo diminutivo una superficie di “moretto” a “Moretti” il passo ☛ 44 •

☞ fu brevissimo. Ecco allora i due care duramente la politica di moretti, appunto, che si confron- colonizzazione degli italiani. tano sul ring come si può vedere Tant’è che addirittura il Ministero sulle etichette dell’epoca. degli Esteri intervenne chie- Questa trovata pubblicitaria, che dendo alla Moretti di non usare I due “moretti” della Birra Moretti. oggi fa sorridere per la sua in- più quell’immagine per la sua Pubblicità basata su un gioco di genuità, fu però oggetto di dure pubblicità. parole ingenuo che oggi lascerebbe basiti. Si trova nello Strolic furlan del critiche da parte degli inglesi. 1935. Le truppe britanniche infatti, Il mitico baffone riconquistata Cassala, in Africa L’immagine più famosa, e ancora Orientale, trovarono un cartello usata, è però quella del mitico di S. Giorgio di Nogaro (UD) e, pubblicitario della birra con i due baffone, dietro cui si nasconde per un periodo di alcuni mesi, la moretti e lo usarono per attac- una storia curiosa e singolare. È birra viene prodotta a Udine e il 1942 e la birra Moretti viene trasferita con autobotti nel nuovo già bevuta in tutto il Friuli da stabilimento di S. Giorgio dove oltre 80 anni, quando il comm. avviene il confezionamento. Lao Menazzi Moretti vede il suo Nel frattempo l’assetto proprie- “baffone” seduto ad un tavolino tario cambia e la Moretti passa della trattoria Boschetti di Trice- prima nella mani della multina- simo. Era il bevitore di birra che zionale canadese Labatt per poi cercava, un personaggio genuino, essere defi nitivamente assorbita autentico. Il comm. Moretti non dalla Heineken nel 1996. se lo lascia scappare, lo avvici- Attualmente, come ricordato na e gli chiede il permesso di prima, a S. Giorgio di Nogaro ha fotografarlo e cosa chiedeva in sede la “Birra Castello S.p.A.”, cambio. Si racconta che l’uomo rispose “Ch’al mi dedi di bevi, mi baste” (“Mi dia da bere, mi basta”). Vennero scattate le foto che, dopo la guerra, furono consegnate al noto cartelloni- sta Segala il quale ne ricavò il cartellone pubblicitario divenuto sinonimo di birra Moretti. Dopo un inevitabile rallenta- mento della produzione a causa del secondo confl itto bellico, nel dopoguerra la Birreria conobbe Speciâl bire furlane della Moretti una crescita inarrestabile con in Stele di Nadâl, almanacco delle l’apertura nel 1968 di un nuovo famiglie friulane, del 1950. Si noti la scritta Oh ce biel Cisciel a Udin!... stabilimento a Po- primo verso di una canzone popolare poli, in provincia assai in voga, e cantata con tanta di Pescara (ora nostalgia anche dagli emigranti; era una specie di inno alla piccola Patria, chiuso). Nel rappresentata dal castello sul colle 1985 ha inizio della Capitale, oltrechè dalla sua il trasferimento zoventût. Anche qui compare l’anno di fondazione, 1859, di cui la ditta dello stabilimen- poteva ben andare fi era. to nella nuova sede • 45

Birra Dormisch La Birreria nasce a Resiutta, a nord di Udine, nel 1875 dove la birra veniva prodotta con sistemi molto artigianali (botti di legno, imbottigliamento manuale, botti- glie chiuse con tappi di sughero, riscaldamento a fuoco diretto, raffreddamento con ghiaccio); dopo soli dieci anni la birreria si trasferisce a Udine e, alla vigilia della prima guerra mondiale, la fabbrica di birra Dormisch diven- ta una delle più importanti non solo del Friuli, ma anche del Ve- neto. Ovviamente, come accadde per la Birra Moretti, dovette su- bire la sosta forzata a causa della grande guerra, sosta dalla quale si riprese con rinnovato vigore, aumentando considerevolmente la propria produzione. Nel 1919 lo stabilimento era ancora diretto dal suo fondatore che da lì a poco avrebbe ceduto le redini al figlio, ing. Francesco. Dopo la seconda guerra mondiale l’ing. Francesco, per motivi fami- liari, ritenne che l’ormai storica birreria (già 70 anni di vita) do- Padiglione della Birra Moretti all’Esposizione regionale di Udine dell’agosto- vesse essere ceduta a quella che settembre 1903. Foto Pignat. allora era la più grande società italiana del settore e quindi nel 1953 fu assorbita dalla Peroni mentre lo storico stabilimento della Moretti (es. Sans Souci, La di Roma. La Dormisch di Udine di Udine è stato definitivamente Rossa, Baffo d’oro, etc.) nei suoi perciò, pur mantenendo il nome, smantellato. stabilimenti sparsi per l’Italia. andò ad affiancarsi alle altre Oggi la Birra Moretti è solo Di friulano quindi la birra Moretti quattro fabbriche di Roma, Bari, un marchio di proprietà della che troviamo oggi sugli scaffali Napoli e Livorno (oggi ancora grossa multinazionale olande- dei supermercati o in piz- aperte solo le prime due). L’as- se che produce zeria non ha più nulla, con sorbimento della birreria, d’altra i vari brand buona pace dei fedelissimi parte, avrebbe consentito alla consumatori di questa re- Peroni di raggiungere aree an- gione. Quello che re- cora largamente precluse al suo sta è una nobile marchio; infatti a Trieste come in e gloriosa storia Friuli, nel Veneto occidentale e legata a Udine in Alto Adige la Birra Dormisch e al Friuli. era riuscita a ritagliarsi una con- ☛ 46 •

☞ sistente fetta di mercato. Ottanta il consumo della birra sia enorme dinosauro di ferro e La birreria fu modernizzata e aumentato in modo considerevo- cemento che giace nei pressi del ampliata compatibilmente con le (dai 5 litri pro capite del 1960 centro città. gli spazi disponibili, essendo lo agli 11 del 1970, sino ad arrivare stabilimento situato in quella che ai 25 del 1990), il vertiginoso Birreria Dreher all’epoca era la prima perife- aumento dei costi energetici Dai documenti conservati nell’ar- ria della città. I nuovi impianti e la necessità di una sempre chivio di Stato di Trieste appren- consentivano di avere una sala maggiore concentrazione della diamo che con atto costitutivo cottura capace di produrre gior- produzione in pochi, più grandi redatto il 10/7/1865 nasce la nalmente 1.500 hl, erano dotati ed efficienti stabilimenti per far “Prima Società per la fabbrica di di un impianto di imbottigliamen- fronte ai costi di produzione, af- birra in Trieste” che solo succes- to triplicato nelle sua potenzia- fievolirono la competitività della sivamente prenderà il nome di lità (oltre 75.000 bottiglie/ora), fabbrica che lentamente comin- Dreher. L’iniziativa è il frutto di nonchè di moderne cantine di ciò a ridurre la produzione annua un accordo tra il praghese Carlo fermentazione e di maturazione fino a quando, nel 1989, la casa Voelckner e Pasquale Rivoltel- con una capacità di circa 60.000 madre di Roma, decise che era la il quale, grazie al prestigio e hl. A 15 anni dal suo passaggio venuto il momento di interrom- alla notorietà di cui godeva in alla Peroni la Dormisch aveva pere la produzione e, quindi, di città, riuscì a convincere alcuni triplicato la produzione. Altro chiudere lo stabilimento. La dire- esponenti dell’economia locale prestigio derivò alla Dormisch zione dello stabilimento era stata ad aderire al progetto. Il ruolo nel 1965, quando il suo prodotto nelle mani del dott. Ivo Cardinali, fondamentale fu però svolto dal trionfò alla selezione mondiale che resse le redini della fabbrica cav. Elio De Morpurgo il quale, a della birra, promossa dalla Selec- sin dal 1962 con l’ausilio del ma- capo della “Ditta Morpurgo e Pa- tion de la qualité di Bruxelles. stro birraio lussemburghese Jean rente”, che annoverava tra i soci Gli anni Sessanta furono anni Joseph Kauth. addirittura la Banca Rotschild di di grande sviluppo, gli anni del Lo stabilimento di piazzale Cave- Parigi, ebbe la forza di raccoglie- “boom economico”, che favori- dalis, ancora oggi è presente con re i capitali necessari alla rea- rono anche la birra. Tuttavia, i segni visibili dell’incendio che lo lizzazione del progetto. I lavori nonostante negli anni Settanta e danneggiò gravemente nel 1999. per la costruzione della fabbrica Curiosamente i destini delle due iniziarono nel maggio del 1865 birrerie udinesi si contrappongo- e meno di un anno dopo, il no: se la birra Moretti è ancora 15/1/1866, fu inaugurata. presente, ma la fabbrica non L’avvio della birreria in realtà esiste più, al contrario la birra non fu incoraggiante, la birra non Dormisch è purtroppo scomparsa venne subito apprezzata dai trie- dal mercato, ma lo stabilimento stini e i volumi annui di produ- è ancora lì, vestigia del passato zione rimasero di molto inferiori il cui destino non è dato sapere. alle potenzialità dell’impianto. Infatti, nessuna delle amministra- Dopo soli pochi anni Giuseppe zioni cittadine che Morpurgo, rimasto unico pro- si sono succedute prietario, si vide quasi costretto dalla sua chiusura ad accettare l’offerta hanno intrapreso azioni per sfrut- tare al meglio, ristrutturandolo Pubblicità della Birra Dormisch nello per altre destina- Strolic furlan del 1956. zioni d’uso, questo • 47

Preservi Iddio dall’Alto il Luppolo ed il Malto! Le maestranze della Dormisch nel 1928. Foto Pignat.

di 300.000 fiorini che gli ven- compressore fu operativo sino al La birreria, con alterne fortune nero offerti dal viennese Anton 1908 quando, orami dismesso, fu e affiliazioni di nuovi proprietari Dreher. Si pensi che il progetto donato al Technisches Museum quali i birrai austriaci Mautner iniziale aveva portato a sotto- di Vienna. Lo stabilimento di e Meichl (la moglie di Dreher scrivere un capitale di 700.000 Trieste fu il primo in Europa, e era una Meichl), prese il nome fiorini che, pur costituendo per probabilmente al mondo, ad in- di Vereinigte Brauereien, cioè quell’epoca una somma enorme, stallare una macchina frigorifera, Birrerie riunite. La prima guerra si rivelò insufficiente alla costru- macchina che di fatto rivoluzionò mondiale portò pesanti debiti zione della fabbrica. il processo produttivo consenten- alla società che era stata in- Rimasta chiusa lunghi mesi do di disporre di freddo artificiale dotta a sottoscrivere prestiti di dopo l’acquisto, la birreria riaprì nell’arco di tutto l’anno. È noto, guerra, tant’è che al termine del i battenti nel 1870, vendendo infatti, che la birra, proprio per conflitto la situazione finanziaria la birra col nome di Dreher. l’impossibilità di controllare la era disastrosa. Nel 1921 moriva Vennero eseguiti diversi lavori temperatura di processo, non Anton Dreher, mentre nel 1917 di ammodernamento tra i quali veniva prodotta d’estate; inoltre era caduto in guerra il figlio del spicca l’installazione, nel 1877, anche la maturazione e la conser- vecchio presidente: dopo oltre del primo compressore frigorifero vazione del prodotto erano ovvia- un secolo si spegneva la famiglia ad ammoniaca, inventato da mente molto più problematici. patriarcale Dreher. Carl Von Linde. Per La birreria Dreher di Trieste Nel 1928 i fratelli Luciani (fon- la cronaca tale tuttavia riusciva a produrre datori della storica Birreria nel 1894 solo 33.000 hl, mo- Pedavena) acquisirono l’intero desto apporto rispetto pacchetto azionario della birre- ai 700.000 del ria diventandone i proprietari. gruppo Dreher, Lo stabilimento, fermo da molti di cui la birreria anni, necessitava di riparazioni faceva parte. e manutenzioni che consentiro- ☛ 48 •

briche di birra: la birreria Momi, inutilizzato. Dopo il 1943, in la birreria Massaro e la birreria piena guerra, le truppe tedesche Pordenone. La fabbrica di birra trasformarono l’ex-fabbrica in dei fratelli Momi fu fondata nel autoparco militare. Ora lo stabile, 1880 e sorse nelle immediate abbandonato da molti decenni, è vicinanze di piazza della Motta di proprietà dell’Amministrazione e negli anni Venti, con oltre un comunale. Dovrà essere ristrut- centinaio di dipendenti, aveva turato, ma la sua destinazione una produzione annua di 13.000 d’uso non è ancora nota (forse hl. I mastri birrai erano tedeschi sede di un museo o della nuova e la fabbrica produceva anche Prefettura). ghiaccio e bevande gassate. Superata la crisi dopo il primo …e nel resto del Friuli confl itto mondiale, la birreria fu Dai documenti registrati presso tuttavia costretta a chiudere nel le Camere di Commercio è pos- 1928 per il fallimento della Banca sibile desumere le attività che si di Pordenone e gli edifi ci furono confi guravano come fabbriche di occupati dalla Cantine Pavan. birra nella nostra regione, senza ☞ no di rimettere in carreggiata la Sempre in piazza della Motta, da peraltro disporre di ulteriore produzione che nel 1933 era di prima del 1890 e fi no al 1905, è materiale documentaristico o og- 53.000 hl. presente un’altra piccola fabbrica gettistica. In altre parole l’arido Alcuni anni dopo, con l’acqui- di birra, la ditta Celeste Massaro, documento disponibile presso sizione del mercato dell’Afri- con soli tre operai, che produce- gli Enti camerali è in grado di ca orientale, divenuta colonia va anche aceto. Di sicuro non un fornirci la data di inizio e di italiana, le cose migliorarono bel binomio, soprattutto pensan- fi ne dell’attività, ma documenti nettamente e la produzione salì do alla qualità della birra prodot- importanti, quali ad esempio al record mai raggiunto prima di ta in un ambiente inevitabilmente libri contabili, registri di produ- 178.000 hl. La seconda guerra ricco di batteri acetici. Le notizie zione, atti di vendita, fatture o mondiale rappresentò ovviamen- su questa piccola birreria sono quant’altro, non sono disponibili. te un momento di grave crisi, purtroppo scarsissime. Curiosamente possiamo ricostru- tanto che Trieste e la sua vita Delle tre sicuramente quella che ire la storia cosiddetta “grande” economica riuscirono a ritrovare ebbe più successo fu la “Socie- risalendo sino all’Impero romano, equilibrio solo con la restituzione tà anonima Birra Pordenone” ma spesso quello che riguarda la della “Zona A” all’Italia. Gli anni che produsse però solo per una storia “minuta” (che però non si- Sessanta diventano gli anni della trentina d’anni. Fu fondata nel gnifi ca minore) sfugge alla nostra massima produzione (380.000 hl 1909 ed ebbe come sede uno registrazione perché oggetto solo nel 1964), ma nel 1974 la Birre- stabile non lontano dal lago di della memoria orale che, come si ria Dreher passa sotto il control- San Valentino (su cui si può sa, è labile quanto l’uomo. È più lo della Heineken. Nel 1978 lo ancora leggere “Fabbrica di Bir- facile, quindi, sapere sulla vita storico stabilimento viene chiuso ra”), raggiungendo una di Nerone che non su quella dei e demolito per far posto ad un discreta diffusione, birrai che vivevano e lavoravano centro commerciale. commercializzando quando i nostri la propria birra in Pordenone e le sue tre bottiglie a tappo birrerie meccanico. La Potrà apparire strano ai più, ma produzione si a Pordenone all’inizio del Nove- arrestò nel 1930 cento erano presenti ben tre fab- e l’edifi cio rimase • 49

spediva il prodotto a Venezia e documentale, non esaustiva Milano: erano i tempi del Lom- poiché si basano solo su date bardo-Veneto! che purtroppo non ci illustrano Gorizia, fortemente infl uenza- in modo completo la storia della ta dalla cultura mitteleuropea famiglia o delle famiglie coinvol- e quindi anche da quella della te, gli aspetti umani, le fortune birra, vide ben 5 birrerie sorte in o le sfortune derivanti da queste anni diversi: la Birreria di Giovan- attività, che cosa portò alla loro ni Kauac e quella di Giovanni Mu- nascita e infi ne alla cessazione sina entrambe sorte nel 1885 e dell’attività. Siamo tuttavia in chiuse nel 1890; è addirittura del grado di dire che nella nostra 1868 la nascita della Brauerei An- regione, dove è imperante la ton Perinello che chiuse nel 1875. cultura del vino, la birra ha radici Sempre del 1868 è la nascita lontane che legano questa terra a della Brauerei Rosenberger & To- quelle che sono le tradizioni e la risa che, dopo alcuni passaggi di storia della Mitteleuropa. proprietà, chiuse nel 1895. Anco- ra del 1868, anno evidentemente Uno sguardo al presente nonni e bisnonni erano adulti, fortunato per la birra in Gorizia, è L’attuale situazione dell’industria cioè, storicamente parlando, l’apertura della birreria Brauerei della birra a livello nazionale è l’altro ieri. Michele Schonbeck che, dopo caratterizzata sostanzialmente da Tuttavia, come si dice, alc al è alcuni passaggi di mano, chiuse due fattori. Il primo è rappresen- alc, e dai documenti delle Came- nel 1911 col nome di Fabbrica di tato dalla crisi globale che inve- re di Commercio sappiamo che birra Giuseppe Goriup. E, infi ne, ste anche l’industria della birra fabbriche di birra erano presenti la Brauerei Francesco Schreiner che, in Italia, ha una delle reddi- in molte località della nostra Re- che aprì e chiuse rispettivamente tività più basse d’Europa a causa gione: ad esempio Tolmezzo era nel 1885 e 1890. della forte incidenza di imballaggi sede di due birrerie, entrambe I dati camerali registrano anche a perdere (i cui produttori sono fondate nel 1890: la G.B. Menchi- una birreria a Gradisca d’Ison- molto concentrati), della notevo- ni divenuta poi Tomanscher nel zo, la Brauerei Francois Mreule le importanza della distribuzione 1901, che chiuse nel 1905, e la che aprì nel 1868 e chiuse nel moderna con grande concentra- Birreria G. Seren che produsse 1875 e due a Grado, la Brauerei zione delle centrali di acquisto e, per soli 5 anni chiudendo nel G. Maria Dovier e la Brauerei infi ne, delle importazioni, spe- 1895. Sempre nel 1890, a Ge- Francesco Giorda (1888-1895). cie dalla Germania, a prezzi di mona del Friuli, aprì la birreria Monfalcone registra due birrerie dumping, dovute al forte stato Paolo Cappellari e Comp., che a nome Birra Eugenia Valentis di crisi dell’industria birraria chiuse nel 1901; nella medesima e Birra Riccardo Visintini per le in quel Paese. Attualmente in città aprì l’attività nel 1919 la quali non è dato sapere le date Italia sono operativi solo 13 birreria dei Fratelli Pittini che di inizio, e che cessarono l’attivi- stabilimenti industriali (nel 1980 cessò nel 1926. A Ospedaletto tà nel 1890 e infi ne registria- erano 31) di cui uno solo, come di Gemona è segnalata mo Muggia con la Brauerei ricordato precedentemente, nella una fabbrica di Anton Tossich (1868-1875). nostra regione: la Birra Castello birra nel 1859; È utile ribadire che tutti S.p.A. con sede a S. Giorgio di questi scarni dati ci Nogaro. A fronte di questa forte forniscono una concentrazione della produzione informazione, si consideri che i valori massimi da un punto di di produttività negli stabilimenti vista storico- sono passati da 2.500 hl/addet- ☛ 50 •

ZAHREBEER Sauris (UD)

FOGLIE D'ERBA Forni di Sopra (UD) ☞ to a 16.000 hl/addetto, con i AL BUON ARRIVO Resiutta (UD) consumi di acqua che da circa 10 litri per litro di birra prodotta

sono scesi a circa 4 litri per litro HOPSTORE LA BIRRA DI MENI Travesio (PN) Cavasso Nuovo (PN) di birra. E ciò a testimonianza BEFeD della sempre maggiore effi cienza Cassacco (UD)

produttiva degli impianti. BEFeD Il secondo fattore è rappre- Aviano (PN)

sentato dalla sempre maggiore BIRRIFICIO UDINESE diffusione a livello nazionale dei Udine cosiddetti microbirrifi ci, piccole IL MASTRO BIRRAIO S. Giovanni al N. (UD) unità produttive che nascono VALSCURA Caneva (PN) come piccole fabbriche di birra che vendono a terzi, oppure BEFeD con il locale di mescita annesso Fiumicello (UD) CITTAVECCHIA (i cosiddetti brewpub). Attual- Sgonico (TS) IL PHARO mente i microbirrifi ci sono circa Gorgo di Latisana (UD) BIRRIFICIO TRIESTINO TAZEBAO Muggia (TS) Trieste 280, presenti prevalentemente ZOBEC nel nord Italia, con una minore S. Dorligo d.V. (TS) diffusione nel Centro-Sud. Nel In questa mappa del Friuli sono localizzati i microbirrifi ci, cioè le piccole Friuli VG sono operative 15 unità fabbriche di birra: in giallo i Brewpubs, cioè i microbirrifi ci con locale di produttive (vedi mappa): tale mescita annesso; in azzurro le fabbriche che vendono a terzi (bar, ristoranti, numero indica che questa è la distributori, ecc.). regione con il più alto numero di microbirrifi ci per abitante. Ciò prova, ancora una volta, il sul territorio compiono, e cioè la sintomatico di scarsa conoscen- forte legame che questo territo- diffusione della cultura della bir- za, attribuire, con una sorta di rio ha con la birra, nonostante ra e del consumo consapevole, in fi deismo manicheo, la pagella la rilevante presenza economi- un paese in cui il più delle volte di bontà alla birra artigianale ca, ma anche storico-culturale, la birra è vista solo come sempli- piuttosto che a quella industriale del vino. Le microbirrerie della ce bevanda di accompagnamento o viceversa. Regione sono diffuse su tutto il alla pizza e come alcolico da Ritengo che ci siano birre buone territorio, dal mare sino ai monti, “sballo”. e meno buone, siano esse artigia- e in tutte le province, con la sola nali o industriali; l’appartenere eccezione di Gorizia. Il ruolo Birra artigianale o birra a una categoria piuttosto che svolto da queste piccole birrerie industriale? all’altra non rappresenta una è qualitativo più che quantitativo. La risposta è molto semplice: patente, né in termini positivi né Il volume annuo di produzione, entrambe. Sgombriamo il campo negativi. Ho sempre diffi dato dei infatti, è mediamente intorno a dall’equivoco secondo il quale fondamentalisti, anche di quelli 1.000 hl e tutte le microbirrerie soltanto una delle due, e quale della birra, pronti a diffondere o, d’Italia insieme non raggiungo- sia dipende da chi ancor peggio, a imporre le loro no l’1% del mercato nazionale. parla, è quella verità. Non di rado poi L’aspetto qualitativo è insito nella “buona”. Non tecnologia di produzione che non perdo occasione prevede il trattamento termico di di ribadire che è pastorizzazione, ma soprattutto semplicemente nel ruolo che queste piccole uni- inesatto e su- tà produttive artigianali diffuse perfi ciale, nonché • 51

La birra nelle “Guide” il confi ne tra birra artigianale e industriale è labile, specialmen- Le Guide del Friuli, edite dalla gloriosa Società alpina friulana (SAF) erano molto attente ai fatti economici e, pur nell’obbligata stringatezza di tali pubblicazioni, non mancavano di te all’estero, e quindi diventa presentare le attività industriali. Tale buona abitudine si è perduta: una moderna guida del diffi cile dare delle etichette. Al Comune di San Zenobio sul Torre non metterebbe mai il numero di salami prodotti annual- di là delle polemiche possiamo mente dal locale salumifi cio. Non vi è nulla di disdicevole a produrre salumi, o formaggi, o sicuramente affermare che, nella birra, o gazzose, ma tant’è. Le guide di cui ci siamo avvalsi per dedurre le poche notiziole sua quasi totalità, il mondo della che seguono sono tutte della SAF, tranne quella del Valentinis. birra, sia essa artigianale o indu- È del 1886 la Illustrazione del Comune di Udine che dedica un certo spazio alla Fabrica [si usava scrivere con una -b-] di Birra di Luigi Moretti: “Luigi Moretti, uno fra i tanti industriali striale, si sta adoperando affi n- e commercianti ardimentosi che sorsero in Udine nell’ultimo mezzo secolo, e che seppero ché il prodotto si affermi sempre navigare per bene senza dar negli scogli, creati a quando a quando dalle vicende politiche, di più sul mercato, con una cause spesse volte di crisi industriali e commerciali, pensò di mettere in Udine una fabrica costante e crescente attenzione di birra. Perciò negli anni 1859 e 60, eretto apposito fabricato con ampli sotterranei a due all’aspetto qualitativo. piani, si fece venire dall’Austria personale, macchine, attrezzi e bottame, incontrando una spesa complessiva di circa cento mila fi orini. La fabricazione andò sempre crescendo, ed ora più che mai la birra Moretti va acquistando Bibliografi a credito, talchè qualche sera d’estate se ne smerciano, anche al minuto, più di sei o sette ai r o l D i m., Birrerie storiche mila bicchieri nella birraria annessa alla fabrica. All’ingrosso si smercia nel Veneto a 38 e d’Italia, storia ed immagini, 40 lire l’ettolitro, mentre l’estera costa lire 48. Se ne fabricano circa tre mila ettolitri all’an- Mosè edizioni, 2002. no, conservandola nelle quattro grandi cantine con ghiacciaie della capacità di 3mila carri Cr i P P a F., ma t o z z i i., Archeologia di ghiaccio. L’orzo viene acquistato in Ungheria, il luppolo in Boemia e Baviera. Si fabrica industriale a Pordenone, Del anche della birra doppia: viaggia benissimo in fusticelli, senza inconvenienti. Per la manipolazione degli orzi fa uso di maneggio a 4 cavalli, il nuovo rinfrescatore e la Bianco Edizioni, 1999. nuova conserva dell’aqua, vennero fabricate in Udine nell’offi cina Fasser. ka u t h J. J., Cenni sulla storia Vi sono impiegati 6 operai, con lavoro diurno e notturno nei mesi di fabricazione. I residui della fabbrica di birra Dor- vengono venduti in paese per l’ingrasso del bestiame”. misch G.B.P. di Udine, “Bolletti- La Guida del Canale del Ferro, pubblicata nel 1894, documenta il trasferimento a Udine della no Rotary Internazionale Club di fabbrica di birra di Resiutta: “Resiutta fi no a circa due anni or sono albergava una fabbrica di Udineª, n. 11, 1968/69. birra, che era sorta nel 1844 e che passò per le mani di varî proprietari, per lo più carintiani, ebbe un lungo periodo di sospensione fra il 1866 e il 1879, da ultimo era in proprietà del il gi r o v a g o (= Chino Ermacora), signor Francesco Dormisch di Udine, il quale intorno al 1891 trasportavala a Udine. Bevanda di stagione - una vi- Oltre al direttore, al macchinista, a un cantiniere e a uno scrivano essa impiegava un sita alla fabbrica birra Moretti quattro operai e da 10 a 20 operaie a seconda del bisogno e produceva in media un 2300 di Udine, “La Panarie”, n. 4, (nel 1890 però la produzione superò i 4000) ettolitri di birra buona e sana, resistente ai 1924. trasporti e per oltre quattro quinti veniva venduta in bottiglie da mezzo litro e il rimanente in Pe r r o n P., L’industria della bir- botticelle da 25 e da 50 litri. L’orzo e il luppolo necessarî si ritiravano dall’estero, in ispecie dall’Austro-Ungheria e dalla Germania; la birra si smerciava soprattutto nelle provincie di ra in Italia: passato, presente e Udine e di Treviso. La fabbrica è fornita di vasti locali: ha due cantine e due ghiacciaie della futuro, Relazione al 50° Con- capacità complessiva di 800 metri cubi”. vegno Nazionale AITB, Firenze, Nella Guida della Carnia del 1898, a pag. 283, leggiamo che a Tolmezzo vi è “la fabbrica di 11/9/2009. birra Screm-Nazzi che data dal principio del secolo, è fornita di vaste cantine, di macchine sC h u l t z e -Be r n D t h. g., La storia fi ltratorie e provvede, si può dire, al consumo di tutta la Carnia”. della birra in Italia, “Birra e Nella Guida “in Friuli” di Gualtiero Valentinis del 1903 vengono citate le due fabbriche principali, ma non si manca di segnalare quelle secondarie: “La ditta Francesco Dormisch Malto”, vol. 17, 1982. e la ditta Luigi Moretti hanno in Udine due importanti fabbriche di birra, con annesse fabbriche di ghiaccio e cantine frigorifere. Nella prima la forza è idraulica, nella secon- da è data dal vapore. La birra, di qualità simile all’austriaca, viene venduta nel Veneto. Vi sono inoltre quattro piccole fabbriche di birra delle ditte Linossi e Beltrame di Resiutta, Giovanna Nazzi Screm di Tolmezzo, Celeste Massaro di Pordenone, Andrea Petracco di San Vito al Tagliamento. Nella più tarda guida Gorizia con le vallate dell’Isonzo e del Vipacco si ha solo la scarna notizia che, nella seconda metà dell’Ottocento: “Le 3 fabbriche [di birra] di Gorizia producevano annualmente 9600 emeri”. Un emero (friulano èmar) corrispondeva a litri 56,68. E.C. P

Disegni di Giovanni Fiorini per confezioni di sementi orticole. Per la biografi a dell’autore si veda in altra parte di questo fascicolo • 53

Floriana BULFON

Il çuç di Ledrania Transumanza, pendolarismo e caseifi cazione in un paese delle Prealpi

Peonis è una frazione del co- prevalentemente stagionale degli zione) e dalla trasformazione mune di Trasaghis situata in uomini, e sull’allevamento bovino del latte. Il “ciclo della vacca” a amena posizione sulla riva destra affi dato pressochè totalmente Peonis non era in tutte le parti del Tagliamento. Famosa per la alle donne. uguale a quello che avveniva frutta, soprattutto le castagne, Così, fi no agli anni Sessanta del nella maggior parte dei villaggi alle quali i suoi abitanti doveva- secolo scorso, i ritmi della vita friulani di montagna (stabula- no una non inconsistente parte erano scanditi dal ciclo vitale zione in paese tranne che per il del sostentamento alimentare, delle bovine (parto, lattazione, periodo di alpeggio), ma aveva aveva peraltro un’economia che asciutta), dalle operazioni legate delle particolarità comuni a non si basava sull’emigrazione al loro mantenimento (fi enagio- molti altri villaggi delle Prealpi ne, pulizia dei prati, Carniche, come il post alpeggio letama- autunnale sulla montagna sovra- stante il paese con quotidiano P pendolarismo delle donne. ☛

Fienagione in Ledrania, località Val, nei primi anni Sessanta del secolo scorso. Si notino le rocce affi oranti e lis maseriis costruite per rinettare il prato dalle pietre. Come si vede il lavoro è tutto femminile. 54 •

☞ Da Peonis alla Carnia Le vacche, circa 400-500, tra- scorrevano l’inverno e la prima- vera in paese. Siccome i parti erano concentrati a novembre- dicembre era questo il periodo in cui la curva di lattazione si manteneva più alta e, nel mede- simo periodo, era funzionante la latteria sociale turnaria. A dicem- bre, quindi con vacche “fresche di latte”, la produzione per capo poteva aggirarsi sui 6-7 litri. La latteria lavorava a pieno ritmo, entrambe le caldaie (dôs cjalde- riis, la granda e la piçula) si riempivano per un totale di 14 ettolitri dai quali si ottenevano 12 o anche 14 piecis ‘forme’ di formaggio al giorno. Una parte del latte serviva per l’autoconsu- mo o era venduta in paese. Le bovine più apprezzate, chês buinis, erano blancjis e ros- sis, mentre non si ha un buon ricordo delle brune (nos valeva nuia), e si rammentano delle vacche nere arrivate da Pani che erano scherzosamente sopranno- minate il Negus. A metà giugno (si ricorda la data di Sant Antoni, 13 giugno) Peonis si trova in una leggera insenatura sulla riva destra del Tagliamento, su cambiava tutto: le bovine, tanto un breve conoide che digrada verso il fiume, in posizione abbastanza riparata. Il territorio di questa frazione del comune di Trasaghis è molto ampio ma, quelle da latte che la rimonta con l'eccezione dell'esigua striscia di terreno a contatto col Tagliamento, è (manzarìa e vigjeluts) si trasfe- completamente montuoso. La zona di cui si parla in questo scritto, chiamata rivano in massa per l’alpeggio in Ledrània, o semplicemente Mont, si trova a sud-sud ovest dell'abitato ed è tuttora raggiungibile grazie ad un sentiero abbastanza ampio che è segnato Carnia dove cualchi pastôr dal anche nella carta del Von Zach redatta verso la fine del Settecento (qui un paîs al cjamava lis malghis. particolare del foglio XVI.8). Il lettore noterà che a sud dell'abitato si dipartono Si formavano gruppi di 40-50 almeno tre strade. Due di queste portano verso il passo della barca (una barchetta è visibile nella carta) che permetteva di comunicare con Osoppo, bestie, condotte (puartadis su) antica sede plebanale e punto di commerci e scambi. L'altra, che parte dal pastôr, chiamato il “prin dalla chiesa, sale subito in costa per poi biforcarsi: un troncone segue il pastôr”, che avevano la mede- Tagliamento e porta a Cornino, l'altro s'inerpica verso la località che sulla sima destinazione; ogni famiglia carta è chiamata Stale de Lut (Stidilût per i parlanti) e siamo già in Mont o Ledrània. Quest'ultimo nome è scritto La Trania in questa carta e Redrania in mandava un suo membro ad altre, sta di fatto che la sua interpretazione etimologica, come per tanti altri accompagnare le proprie fino alla nomi della zona, compreso Peonis, rimane sub judice. Il lettore noterà che la malga: Bordalia, Sfleons, Pal strada, dopo Stidilût, collega una serie di stavoli rappresentati da rettangolini abbastanza visibili. In Ledrania vi sono dei punti panoramici splendidi che Grant, Pal Piçul, Pramolç (= danno sul Tagliamento, i colli di Susans, le colline moreniche, il Monte di Pramosio), tal Taront, ecc. Ragogna / la Mont di Ruvìgne e la pianura friulana. • 55

Il tragitto, ovviamente a piedi, - la ginnastica funzionale, cioè no il curioso nome di cûghiis. durava circa un giorno e mezzo; il benefico movimento al quale Accessorio indispensabile era si partiva alle due del mattino erano obbligate bovine che pas- la côt ‘cote’, per affilare la lama prendendo la strada del Lago di savano il resto dell’anno legate della falce, infilata nell’apposito Cavazzo e la prima sosta (prima alla catena; astuccio detto codâr che era di pôssa) si faceva a Tolmezzo. - l’apporto di erba, con tutti i legno, o ricavato da un corno di La notte si trascorreva in qual- suoi essenziali principii nutritivi vacca o, ultimamente, di lamiera. che paese, ad es. Paluzza, sulla (ad es. caroteni), a bestie che L’uso della falce doveva essere piazza. per il resto dell’anno avevano a molto intenso se, come sottolinea I proprietari non tornavano alla disposizione solo foraggio secco. un'informatrice, se ne consumava malga durante l’estate, a meno una all'anno: i limavin un falcet che non succedesse alc di brut, La fienagione: falce e ad an. ad esempio se una vacca a cola- rastrello Il rastrello, riscjèla, era di coco- va e si rompeva una gjamba. La prima settimana di maggio lâr ‘noce’ ed acquistato nella vi- La latteria del paese, ovviamente, cominciava la fienagione attorno cina Cornino dove, come è noto, in questo periodo chiudeva i bat- al paese, cioè, come si dice qui a si trovava la fabrica dai riscjei tenti. Il latte per chi aveva fruts cjasa, o abàs. Poi, finît a cjasa, la cui memoria è ora perpetuata era assicurato da una o poche lavin sù ducj i roncs, sù pai da un piccolo museo. famiglie che tenevano una vacca roncs sora il paîs; dove ora è Il fieno prodotto in mont poteva anche durante l’estate; questo bosco erano ducj prâts. Questo essere trasportato in paese, latte non era pagato, ma veniva primo sfalcio era detto cultura. oppure ricoverato nello stali che poi restituito in latteria, quando Con l’arrivo di giugno si sfalciava ogni famiglia possedeva; rara- questa avrebbe riaperto (i davin in montagna: di ugn ducj sù tas mente era raccolto in meda e dentri il lat ta lataria). monts. Verso la fine di giugno, ciò avveniva quasi soltanto nella La monticazione in Carnia non San Pieri, finît in mont, si fa- zona di Cjanêt. Solo in tempi dava vantaggi pecuniari, tutt’al ceva il secondo sfalcio (altivûl) recenti, grazie a cuardis ‘fili a più se le vacche a molzevin a cjasa. Poi di nuovo in mont. sbalzo’ appositamente appron- ‘avevano latte’ si riceveva un Attorno al paese si riusciva a tate, i macs potevano scendere formadi. Era però una necessità, praticare tre sfalci, l’ultimo era celermente in paese. scuignivin mandâlis, per un detto muiàrt, mentre in mont Per il trasporto non ci si poteva motivo ovvio: no vevin fen!, cioè non si riusciva mai a farne più di avvalere, a causa della orografia le scorte di fieno erano terminate. due. tormentata e della viabilità ina- L’assenza del bestiame dal paese Si falciava un po’ dappertutto, datta, della slitta in uso in Carnia era, inoltre, considerata un gran- anche dove con gli occhi di un e anche in qualche paese vicino. de vantaggio (bedalora che...), moderno si vedono solo pendii Era d’obbligo, quindi, portarlo a sottolineato dalle informatrici: al impraticabili, così in Covria dove spalla e all’uopo preparare il mac era un benefici mandâlis! alcune famigle avevano bielis ‘fascio’, operazione che presup- In effetti ciò consentiva alle palotis. poneva esperienza ed una certa donne una maggior libertà per... L’attrezzatura per la fienagione maestria. Il mac doveva essere lavorare di più: l’estate era il era quella solita, sostanzialmente ben stretto (si strenç) con le periodo in cui si dovevano rico- falce e rastrello. La falce fienaia, corde, e per fare ciò ci si giovava stituire le scorte di fieno prepa-( falcet, era dotata di un manico, del tendicorda di legno detto il ravin il fen pal unvier) con un falcjâr, che era fabbricato da clât. Importante era lasciare la diuturno impegno particolarmen- falegnami del paese con legno di cova, un’incavatura per alloggia- te pesante e gravoso. tei ‘tiglio’, ma questo al durava re il capo, e fondamentale era Noi, qui, aggiungeremmo almeno pôc, oppure di cocolâr ‘noce’ la formazione di cuscinetti di un paio di altri vantaggi della che però era più pesante. Le due fieno che fungevano da punto di monticazione: impugnature del falcjâr porta- appoggio del carico sulle spalle: ☛ 56 •

☞ dopo das raustis (le bracciate di fieno che formavano il mac) metevin un raustìn, un’âta raustùta ch’a stei su lis spalis. Il fieno appena messo al sicuro in fienile taulât,( toulât) fer- mentava (al buliva, al faseva la boia), talvolta in modo eccessivo (al sudava), la cultura no tant, pui il muiart, tanto che talvolta si metteva ad asciugare fûr su la linda dove c’era maggior ventila- zione, e ancja sot il cuviert dove c’erano busis per l’aerazione. Peonis e la parte meridionale del suo territorio. Ledrania, la zona di cui si parla in questo scritto si trova nell'estrema sinistra dell'immagine. La fotografia è I tre fieni stata presa dal Forte di Osoppo nel marzo 2009. Tranne che per il periodo dell’al- peggio in Carnia il fieno era la base dell’alimentazione bovina. data dalle spore delle muffe. cumulo del letame. I tre sfalci fornivano prodotti Il fieno prodotto tas monts altis, Le componenti della lettiera diversi: in chei roncs ch’a si pierdevin potevano essere due: - il primo (cultura) era più ab- in mont, dove no si coltava, - il patùs, raccolto in località bondante anche perchè sfrutta- viene definito fen magri. Cjanêt, tal palût; va direttamente la letamazione Ogni past delle bovine (ce n’era- - il foéç, cioè le foglie secche (chel dal ledan), aveva i culmi no due al giorno) era formato da raccolte nel bosco in novembre: più lunghi ed era più stolt ‘gros- trê cos di fen ‘tre gerle di fieno’ la fuea dai albers cuant ch’a solano’: con questo si saziavano dove si inseriva il foraggio dei tre cola. Questo era preferibile al le bestie (lis passevin); sfalci suddetti con la prevalenza precedente: il foéç al lava pui - il secondo (altivûl) era pui dei primi due (solo questi, pe- ben dal palût. minudut, al veva pui rôsis, era raltro, erano presenti in mont). più vario e pui bon; su questo si La suddivisione veniva fatta a Ritornano a settembre faceva affidamento per la produ- bracciate (un braç di chel e Le malghe carniche chiudeva- zione, veniva somministrato par un braç di chel) e “a gerle”: lu no la stagione il giorno sette molzi; dividevin cul cos. settembre (ai discjamava ai - il terzo (muiart), prodotto Come integrazione al fieno c’era siet) e le vacche, sempre ac- soltanto abàs era considerato ot- solo un po’ di sâl ‘sale pastori- compagnate da un membro della timo, ma “pericoloso” perchè al zio’, ritenuto piuttosto costoso. famiglia proprietaria, riprendeva- scjaldava, cioè poteva favorire la Nel periodo in cui le bestie no la strada di Peonis (e ci piace mastite, quindi bisognava mi- soggiornavano in mont, cioè in immaginare il concerto di muggi- surâlu, cioè somministrarlo con autunno, ricevevano alla sera una ti e sampogns ‘campanacci’ che estrema oculatezza e in piccole piccola quantità di erba. accompagnava ogni loro arrivo). quantità (a gramputis). Vista la Il giorno otto, Madona di Se- stagione avanzata, le temperature La lettiera tembre / Nativitât da Madona, più fresche e la presenza di ba­ La lettiera delle vacche era in paese si faceva La Fiesta dai gnùm ‘rugiada’ era più difficile da rinnovata due volte al giorno, Pastôrs: messa di ringraziamen- affienare, ma bisugnava secjâlu mattina e sera: con la forcja si to e qualche ora in osteria dove ben, altrimenti al faseva fum, caricava su una barela e con i pastori, concedendosi qualche cioè sollevava la polvere che era questa si portava sulla tassa, il tai di vin, raccontavano le • 57

vicissitudini dell’annata. bre, cioè la Madona da Salût. Una giornata tipo poteva essere: Le vacche erano, però, solo di Questa festività era la più im- partenza dal paese il pomerig- passaggio: nel giro di un paio portante e la più sentita per gli gio, lavin sù dopo miesdì tor di giorni si distribuivano su ta abitanti di Peonis, forse perchè trê par fenâlis, cena ta case- mont, in Somp la Pala, Cjanêt, segnava una specie di rientro ra, durmî là sù (tal fen dal Ledrània, Mont di Là, Forcja, alla “normalità”: finite le fatiche taulât). Il giorno dopo tor cinc Cjavenêli (stâi di Val), ecc. ne- dell’estate, finito il quotidiano jevavin a fenâ e tor siet tor- gli stavoli che quasi ogni famiglia portarsi in Mont e, soprattutto, navin jù; qui si ricorda che era possedeva: lavin cu lis vacjis gli uomini erano rientrati per l’epoca di altri lavori: vevin la in Mont dulà ch’i vevin i stâi. passare qualche mese in famiglia. campagna, lis vîts, vendemâ... Il percorso, par chei trois, non Si noti che il verbo fenâ, alla era sempre agevole; alcuni dove- Sù e jù lettera ‘somministrare fieno’, è vano, ad esempio, passâ la Ra- La relativa vicinanza degli stavoli divenuto l’equivalente di ‘alimen- vîs ch’a slacava, cioè una zona consentiva un pendolarismo quo- tare le bestie’ poichè l’alimento soggetta a continui franamenti, tidiano che, per quanto conside- principe era il fieno fen( ). Il pericolosa per l’uomo e ancor più rato faticoso, era vissuto come tragitto di sola andata, dal paese per il bestiame. “normale” nella vita del villaggio. allo stavolo di famiglia, durava Negli stavoli le vacche dimora- Si risparmiava sì la fatica del dai trenta ai quaranta minuti, col vano fino a novembre per un trasporto del fieno in paese, ma passo svelto delle donne super numero di giorni che dipendeva ogni giorno si doveva salire in allenate. dalla quantità di fieno ivi im- Mont per alimentare e governare I bambini potevano accompa- magazzinata (secont ch’i vevin le bestie oppure, se si dormiva gnare le madri, ma il mattino fen). Sta di fatto che le bovine tal fen dal taulât, bisognava dopo dovevano essere puntuali a dovevano essere in paese per il scendere abàs per le usuali fac- scuola. parto, quindi sot il fâ, jù abàs, cende domestiche e altri lavori in Il tragitto, per i motivi più vari e ciò avveniva entro il 21 novem- campagna. poteva essere compiuto anche più volte al giorno: lavin sù e jù pai trois di Mont, cul cos su pa schena pui voltis in dì; oggi può sembrare incredibile, ma era davvero normale inerpicarsi lungo sentieri impervi con tanta frequenza.

mont e Mont Il sostantivo femminile mont, a Peonis come altrove, ha il generico significato di ‘monta- gna’. Qui, però, assume anche il senso di ‘luogo (in montagna) dove si praticano l'allevamento e le operazioni ad esso connesse’, e anche di ‘luogo dove (grazie agli stavoli di montagna) l’uomo può soggiornare per le operazio- ni suddette’. Per un certo verso Gita in Mont con il parroco. La foto, scattata presso la partenza del filo a sbalzo per il trasporto del fieno, fornisce un'idea dello splendido panorama mont si oppone a paîs o, meglio, che si può godere da questa posizione. come si dice qui, a cjasa o ☛ 58 •

☞ abàs, quindi è l’abitato “diffuso” negli ultimi due-tre secoli. fatiche e facevano scendere il rispetto al paese che rappresenta L’area, come si diceva, è vasta, e medesimo da zone elevate come l’abitato concentrato, “puntuale”. ricade solo in parte nel territorio Pués che si trova prossimo ai Infine aggiungiamo che una zona di Peonis mentre la rimanente 900 m slm, mentre gli stavoli di mont, detta Ledrània, è appartiene a Cornino (comune erano a quote assai meno elevate diventata la Mont (si noti la ma- di Forgaria). Il geologo vi dirà e tra Ledrania e il paese c’era iuscola) per antonomasia, tanto che qui son calcari del Cretacico una “strada” non più disagevole che i due nomi sono sinonimi e superiore ed inferiore, e magari delle altre. dire in Mont equivale a dire in ci passa anche qualche faglia; noi Una parte della spiegazione si Ledrània. vi diciamo che i luoghi si pre- può trovare nella relativa capien- Il racconto prosegue, ora, avendo stano a passeggiate in famiglia, za dei fienili in paese. come riferimento geografico soprattutto avendo un occhio al Un’altra, sottolineata da un’infor- questa ampia area della mont di passato recente. matrice, era che si tenevano le Peonis che è diventata la Mont, vacche in Ledrania pal colt, cioè forse perchè è stata, in passato, Il colt e l’acolt per il letame. Siccome i prati di la zona più frequentata e i nume- Rimane ancora da chiedersi: non Mont erano tenuti molto bene rosi stavoli che tuttora vi insi- poteva essere più conveniente (letteralmente “pettinati” come stono potrebbero dimostrare una trasportare il fieno in paese? Le operazione di pulizia primaveri- intensa antropizzazione almeno donne erano abituate a queste le...) e dovevano essere conci- mati per produrre, non era certo auspicabile trasportare il letame in salita. Si tenga presente che questo fertilizzante non è molto “concentrato”: contiene circa l’ottanta per cento di acqua! Se il colt è il letame con acolt si indicavano i terreni circostanti gli stavoli che, per ovvi motivi, veni- vano maggiormente rimpinguati di fertilizzante. La toponomastica documenta questa particolarità e suffraga ulteriormente l’impor-

Gli stavoli di Stidilût sono disposti a schiera: qui vediamo la testa (giugno 2009). Stavoli di Stidilût, particolare edilizio. • 59

tanza che veniva attribuita alla riore veniva immagazzinata la le- cura del prato; così in un docu- gna, di solito raccolta in fassinis, mento dell’Archivio parrocchiale che doveva essere ben asciutta datato 1751 troviamo uno Stali per dare quel fuoco veloce che è dell’acolz in Redrania, e nei ideale per fare il formaggio (per catasti di inizio Ottocento Sotto la caseificazione venivano pre- l’Accolto, Accolto della Fontana, feriti il nocciolo ed il frassino). Accolto di Langoria, Accolto di Nel piano terreno si accendeva Mont, Accolto di Staulir. il fuoco sul fogolâr dotato di Infine gli stavoli erano un patri- cjadenaç: qui si fabbricava il for- monio della famiglia che andava maggio e si preparavano i pasti. utilizzato, e non solo come rico- Nelle pause del lavoro, o di sera, Casera a due piani presso gli stavoli vero dai temporali estivi durante in questo locale si poteva passare di Stidilût. Nel pianterreno si faceva la fienagione. Tanto più che, pare il tempo a chiacchierare, recitare il formaggio, ma anche si cucinava e di capire, il raggiungerli era visto il rosario e raccontare storie. si socializzava; il piano superiore era come una specie di passeggiata. La struttura di questi edifici era adibito a legnaia. L'immagine è stata scattata nel giugno 2009. formata da grandi pietre squa- Stavoli e annessi drate ad arte, l’architettura era Gli edifici in Mont rientravano semplice e funzionale, tanto essenzialmente in due tipologie: tecnicamente efficace che molti separata, precauzioni intese a lo stâli e la casèra. Il primo era stavoli hanno resistito fino ad prevenire il pericolo di incendi. costituito da due piani: il pian- oggi nonostante i terremoti e il Forse per il medesimo timore si terreno che ospitava le bestie ed pluridecennale abbandono che riducevano al minimo le parti in il piano superiore che formava il hanno subito. I scalpelins di legno come le travature per i sof- fienile taulât,( toulât) che, come Peonis ai erin famôs pa lavo- fitti, ed il legno era di castagno detto, era la camera da letto per razion da piera, come attestano ben stagionato, una essenza che chi pernottava in Mont (durmî del resto le numerose rostis che è potenzialmente meno infiam- tal fen). tuttora costeggiano i sentieri e mabile di altre. Nel ricovero per le vacche vi era delimitano i piccoli appezzamenti Un accessorio indispensabile era la trasêf, mangiatoia di legno, di terreno. Tai stalis di Mont ai la cisterna che raccoglieva l’ac- sostenuta da solidi supporti son laips intaiâts intun unic qua piovana: senza di essa non di pietra; il pavimento era in bloc di piera. sarebbe stato possibile tenere acciottolato (cugulât). A volte La disposizione degli stavoli era le bestie (richiedevano almeno vi era un laip ‘abbeveratoio’ di “a schiera”: ciò consentiva di 20 litri capo/giorno) perchè le pietra, talora collegato con la aggiungere nuove costruzioni per rare fonti perenni in Ledrania cisterna dell’acqua (es. Stali di sistemare via via i nuovi “eredi”. forniscono poca acqua e questa, Gjermano in Stidilût). Una La loro struttura sociale era, evidentemente, era destinata alle tromba, buco appositamente infatti, su base familiare, come persone. Non si poteva neppu- costruito, permetteva la discesa peraltro è provato dai nomi con re contare su ruscelli a flusso del fieno dal taulât a la trasêf. cui erano conosciuti: nomi di perenne. In mancanza di questo accorgi- famiglia o di capostipiti familari Fuoco e acqua: a erin dôs lis mento il fieno era trasportato dal (stâi dai Mamui, di Gjerman, pauris di chei di Mont, la pau- taulât alla sottostante stala nel di Denêl, di Filìz, di Manzon, ra dal fûc e la paura di restâ cos ‘gerla’ utilizzando una scala di Tomadèl, dai Cuçs, di Guri, senza âga e par chest si usavin (scjala a man di lenc). di Gudìç, di Menés, dal Blanc, pocjis breis e travaduris, ma La casera poteva essere ad un di Barbon, ecc.). di lenc di cjastenâr ben ben piano unico o a due piani; in La casera si trovava in testa alla stagjonât, e a si fasevin grandis quest’ultimo caso nel piano supe- fila degli stavoli o era da essi cisternis par cjapâ la plôia. ☛ 60 •

Ve ne erano, nondimeno, alcune, tina successiva era sbrumât: con ad esempio quelle che avevano una cjaça forada veniva tolta la abortito (lis manzàriis), che ne panna salita in superficie. Veni- producevano modeste quantità. va, poi, aggiunto a quello della Tale latte non era trasportato in mattina e la miscela era versata paese, sia perchè la latteria era nella cjalderia che serviva per la chiusa, sia perchè tanto movi- caseificazione. Questa si trovava mento ne avrebbe compromesso sul fogolâr dove si accendeva il la qualità. fuoco, che era il medesimo dove Era, perciò, caseificato in loco. si cucinavano i pasti. Sopra il fo- Per avere una quantità suffi- golâr si trovava spesso la mussa, ciente di latte da caseificare si una specie di gru di legno alla riunivano più donne, solitamente quale, tramite il cjadenaç, si tre o quattro. Il latte era pesato appendeva la cjalderia. Quando, Laip 'abbeveratoio' intagliato in un unico blocco di pietra nello Stali di e su un libretto veniva scritto il a causa delle limitate quantità di Gjermano. Il tubo col rubinetto pesca quantitativo da ognuna conferito latte, la cjalderia era di picco- direttamente nella cisterna interrata in modo da assegnare un cor- le dimensioni veniva spostata a situata esternamente (giugno 2009). rispondente numero di forme. mano e, quindi, la mussa non Queste erano dette çuç ed ave- era presente. ☞ Ledan cul brût vano dimensioni minori rispetto a Riempita la cjalderia di latte si Ogni stavolo doveva avere una quelle prodotte nella latteria: in procedeva al riscaldamento fino a concimaia per il letame; questa genere 20 cm di diametro, 7 cm circa 37 gradi mescolandolo con accoglieva anche il brût, cioè il di altezza e un peso di 2, massi- un mescul dotato alla base di liquame, che contribuiva, con le mo 3 kg. Ogni giorno si produce- una rondella di legno. piogge, a mantenere inumidita va una soltanto di queste forme, Per misurare la temperatura del la massa. Il letame si conservava raramente due, assieme ad un latte le donne non usavano alcun così fino all’autunno successivo paio di ricotte (scota) e un po’ di termometro, ma la loro espe- quando veniva distribuito sui burro (spongja). rienza: tu provavis cul come- prati vicini. Per tale operazione si utilizzava una gerla apposita La tecnica casearia detta appunto cos dal ledan. La tecnica di produzione del Per la concimazione ci si poteva formaggio era simile a quella avvalere anche del guano, ma le adottata dal casaro nella latteria informatrici sottolineano come del paese, ma qui erano le donne la produttività dei prati non a compiere tutte le operazioni e fosse legata solo alle pratiche di si tramandavano questo sapere di fertilizzazione, bensì ad una loro madre in figlia. cura “fisica”: erano riscjelâts Si utilizzava il latte di due e tenuti monts e nets da clas, mungiture, sera e mattina, e sterps, ecc. normalmente la caseificazione richiedeva mezza giornata di la- Dal lat al çuç voro, praticamente la mattinata. Le vacche che d’autunno soggior- Il latte conferito era sempre fil- navano in Ledrania / Mont non trato con un coladôr di rame o di potevano avere molto latte; la legno onde togliere, nei limiti del maggior parte di esse, per i moti- possibile, impurità e sporcizia. Cisterna per l'acqua destinata agli vi sopra accennati, erano prossi- Il latte della sera era posto in un animali presso gli Stâi di Manzon in me al parto, quindi asciutte. pacét o mastèl di legno e la mat- Mont di Là (giugno 2009). • 61

in frammenti piuttosto grossi ricorda che i çuçuts a si rega- e si procedeva ad un tempo di lavin. cottura più breve: in tal caso il Le tecniche casearie utilizzate formaggio poteva essere consu- in Mont veniva applicate dalle mato dopo un mese e mezzo. donne anche in paese, spesso Per il formaggio da stagionare nel mese di dicembre, quando la cagliata era cotta più a lungo il latte prodotto non era ancora e ridotta in grani di dimensioni sufficiente per far funzionare la minori. latteria in modo economico. L’operazione successiva consi- Non si può affermare che il steva nel raccogliere la cagliata formaggio riuscisse sempre in apposite pezze (piécis) e perfettamente, ma raramente si strizzarla onde far uscire il siero alterava in modo grave (al lava (il contenuto di ogni pezza corri- frait). Poteva talora assumere un La strada di Mont (attuale). spondeva ad una formaggella) ed sapore amarognolo o acido e ciò in seguito era posta su un asse era dovuto al decorrere troppo (brea) inclinato per favorire un caldo della stagione o ad un’igie- don o cul pols, così da capire il ulteriore spurgo. La formaggel- ne imperfetta. Tali difetti non momento adatto per aggiungere la era quindi sistemata nel talç erano tuttavia mai tali da impe- il caglio e dare il via alla coagu- ‘fascera di legno’ dove prendeva dirne il consumo. lazione. la forma definitiva e si conclu- Il caglio era prodotto “in pro- deva lo spurgo. Per fare ciò un Scota e scotìn prio” con lo stomaco (çàcula) claut ‘chiodo’ veniva infilato La ricotta, o scóta (da pronun- di un capretto o di un vitello da negli appositi fori del talç onde ciarsi con la -ó- molto chiusa), latte: lo stomaco era messo ad stringere od allargare la forma, si faceva col siero (sîr) che essiccare sul camino (napa), poi e sopra di esso si ponevano dei residuava nella cjalderia dopo pestato finemente ed addizionato pesi, ad es. sassi. Qui si lasciava che era stata estratta la cagliata. di sale, fino a raggiungere la con- per un giorno rigirando una volta Questo, prima di essere portato sistenza di una pasta cremosa. la forma. ad ebollizione, circa 90 gradi, Scostata la cjalderia dal fuoco si I ritagli di formaggio ottenuti dal- riceveva il siç, nome con cui si aggiungeva il caglio e, nel giro di la rifilatura della forma nel talç indicava il siero inacidito (laît). circa 40 minuti il latte coagulava erano detti sprés e si utilizzava- Il siç si otteneva lasciando una (al piâva) formando la caglia- no per fare il frico. certa quantità di siero per circa ta. La donna/casaro procedeva Il giorno dopo cominciava la un mese in un contenitore di allora a tagliarla, dapprima con la salatura: per una durata di dieci legno, chiamato mastèl, molto lira, attrezzo formato da alcuni giorni la formaggella veniva sala- simile alla pigna con la quale si fili metallici tesi, poi continuava ta tre volte al giorno da entrambi faceva il burro, coperto e lasciato con il tarùç, un bastone di legno i lati. Il sale doveva penetrare accanto al fuoco perchè doveva che aveva dei fili metallici alle poco per volta altrimenti la restare in un ambiente caldo. A estremità. crosta (crodia) si induriva e volte si aggiungeva nel contenito- Ridotta la cagliata in grani delle non permetteva al sale stesso di re l’erba detta pan e vin. dimensioni di un chicco di riso si penetrare. Grazie all’azione congiunta del ricollocava la cjalderia sul fuoco Il çuç così ottenuto poteva calore e del siç (ma si poteva e la massa si riscaldava fino a 45 essere consumato fresco, oppure usare anche il sâl di canâl ‘sale gradi tenendola costantemente stagionato e portato in paese. inglese’) la massa ad un certo mescolata. Date le piccole quantità prodotte punto coagulava e la ricotta Per ottenere un formaggio non aveva un mercato e rientra- affiorava in superficie. La si “dolce” la cagliata era lasciata va nell’autoconsumo. Qualcuno toglieva dalla cjalderia con una ☛ 62 •

In assenza di frigoriferi il burro poteva avere solo vita effi mera e, per la sua conservazione, si ricorreva alla cottura ottenen- do il coddetto ont. Le donne lo cuocevano in una pentola e, a metà cottura vi univano fette di polenta che avevano lo scopo di impregnarsi con la morcja ‘morchia’, ossia le effl orescen- ze del burro cotto. Quando il burro diventava color oro veniva deposto nella piera dal ont, un recipiente di pietra, dove poteva Casera su un solo piano nota come caserùta di Jacum di Menés situata in Mont di Sora (giugno 2009). durare per un anno. L’ont era uno dei condimenti più diffusi. Le fette di polenta venivano date da mangiare ai bambini. ☞ cjaça forada e la si metteva in inferiore di un disco orizzontale sacchetti di tela a sgocciolare; forato (rueda cu lis busis). Par concludi, sperìn... poi si pressava leggermente con La pigna era riempita per i due La fi liera che andava dall’erba al un peso. Poteva essere consu- terzi, quindi la panna era sbattu- çuç, alla scota, all’ont, passan- mata fresca, scota, o affumicata, ta e agitata col bastone per una do per le malghe di Carnia, era scotìn. Per affumicarla si poneva quarantina di minuti, fi nchè si tutta nelle mani e sulle spalle su una griglia di legno (gridèla) addensava, si sglonfava; biso- delle donne, vere protagoniste di sopra il fogolâr dove soggiornava gnava impedire che la crema un’epopea di fatiche durata seco- per circa un mese e si impre- “impazzisse” formando grumi, li. Le ultime testimoni di questo gnava, così, del fumo prodotto inconveniente cui si ovviava mondo scomparso non hanno po- mentre si cucinava. alternando movimenti veloci con tuto tramandare il loro sapere a La forma era ovoidale o rotonda, movimenti lenti. fi glie e nipoti in una società che con diametro di circa 10 cm e Una volta formato il burro ha subito sconvolgimenti epocali altezza di 7 cm; raggiungeva al (spongja) si apriva il coper- nel giro di una generazione. massimo il peso di un 1 Kg. chio, si scolava il latticello e si Non abbiamo nostalgie per un Quanto al siç viene ricordato aggiungeva acqua fredda per mondo che non potrà più ripro- perchè poteva egregiamente migliorare l’amalgama e favorirne porsi, solo la speranza che i sa- sostituire l’aceto par cuinçâ il la solidifi cazione. Il burro veniva pori forti di quei prodotti, ormai radìc ‘condire il radicchio’. poi lavorato con le mani, impa- arcaici anche nel nome, possano stato coma par fâ il pan e, con un giorno, seppur con un’altra Spongja l’aiuto di una spatola di legno, si organizzazione sociale e del ter- La bruma, cioè la panna del ottenevano dei pani a forma di ritorio, risorgere per il piacere, latte che durante la notte affi o- parallelepipedo del peso di circa mai dimenticato, dei nostri palati. L rava nel pacét, era raccolta con 1 kg. una cjaça forada e posta nella Il latticello (lat di pigna), mal- zangola (pigna), un recipiente grado le scarse qualità organo- Si ringraziano le informatrici: Ma- trococonico formato da doghe di lettiche, poteva essere bevuto e ria Cucchiaro, Amelia Di Santolo; legno e chiuso da un coperchio, vengono ricordate le sue pro- Lina Mamolo. sempre di legno, attraversato da prietà rinfrescanti, ma c’è chi un bastone dotato alla estremità aggiunge pa sêt e... pa purga! • 63

Gabriele GEROMETTA

La vacja e il Cont La stagione d’oro dell’allevamento in Val d’Arzino

L’allevamento bovino ha co- stituito per l’economia della nostra Pedemontana la risorsa di sostentamento più impor- tante. Fino agli anni Cinquanta del secolo scorso il ruolo della vacja era centrale per la famiglia media: quando l’economia dei piccoli paesi era basata sui nuclei familiari, l’allevamento costituiva il principale mezzo di sostenta- mento e il possedere una mucca Lrappresentava la discriminante tra il benessere e la povertà. Le famiglie erano piccoli nuclei in cui ogni componente aveva un ruolo ben preciso, compresi il gatto e il cane, i quali riciclavano Il toro della stazione di monta della famiglia Pasqualis a Vito d'Asio, fi ne anni Cinquanta. gli avanzi e proteggevano le case La famiglia Pasqualis ha svolto la funzione di tenutaria di stazione di monta per rispettivamente dai topi e dai ☛ oltre un secolo, sempre con encomiabile spirito di servizio. 64 •

☞ malintenzionati. Le vacche garan- tivano latte, formaggio e fertilità dei terreni, oltre che benessere economico e prestigio sociale. I ruoli erano ben chiari anche tra i componenti umani: i maschi adul- ti si occupavano dell’agricoltura e del bosco, le donne curavano la casa e i bambini, gli anziani met- tevano a disposizione la propria esperienza per lavori specifici, mentre ai più giovani era affidato, fin dalla più tenera età, il pascolo delle mucche, ruolo di grande responsabilità, vista l’importanza dell’allevamento nell’economia Vista generale delle costruzioni della malga Pala. Da I pascoli alpini dei distretti di Spilimbergo e Maniago, “Bullettino dell’Associazione agraria friulana”, 1903. familiare.

Dalla pastorizia alla zootecnia moderna: la realisticamente dedurre che il Vito d’Asio un’ampia malga posta rivoluzione Ceconi primo progetto a essere messo sul versante sud-est del monte Lo stesso Giacomo Ceconi, che in opera fu l’edificazione di un Pala, che in seguito avrebbe avrebbe poi fatto fortuna come sistema di quattro malghe sui preso il suo nome, e avviò i la- imprenditore e che sarebbe monti Rossa e Jovet, individuati vori per ristrutturarla in maniera divenuto conte, cominciò la sua come i pascoli più adatti a svi- profonda e sostanziale. precoce carriera lavorativa a luppare la pastorizia in valle. Ce- I soli ricoveri che insistevano otto anni, portando al pascolo le coni edificò in primo luogo due sull’area erano dei rifugi di fortu- mucche di famiglia a Pielungo e malghe di dimensioni maggiori na, e in stato fatiscente, dispersi scolpendo tàlminas, gli zoccoli per la monticazione estiva: quella sui pascoli. Venne creata una di legno tipici della Val d’Ar- di Rossa, nel comune di Tramonti struttura polifunzionale destinata zino. Poi Giacomo si trasferì a di Sotto (circa 50 capi) e quella ad ospitare un gruppo di qua- Trieste, spiccando il volo verso di Jovet, nel comune di Clauzetto si 200 bovini e alcuni suini: ne una carriera di fama e ricchezza (40 capi). Quindi approntò due facevano parte stalle, concimaie, nell’Impero asburgico, tuttavia malghe di minori dimensioni per porcilaia, alloggi e cucina per il mai dimenticandosi delle sue il pascolo autunnale, entrambe personale, una legnaia, un’enor- umili origini di pastore. Quan- nel comune di Clauzetto: quella me cisterna per l’acqua piovana do tornò a Pielungo, infatti, era di Albarìet (sui 30 capi) e quella che serviva le stalle ed un casei- deciso a strappare la sua gente di Battistin (sui 20 capi). Poste ficio. La struttura, perfettamente dall’arretratezza di un’economia sullo stesso monte ad altitudini autosufficiente, rappresentava, di pura sussistenza; intervenne, differenti, le quattro malghe ve- nei progetti del conte, il primo così, nella zootecnia della valle e, nivano utilizzate alternativamente passo per consolidare e rilan- com’era nel suo stile, lo fece con lungo l’arco della bella stagione ciare in maniera organizzata la un piano complesso e ambizioso. per avere sempre foraggio fresco. zootecnia nella valle e agevolare Nel materiale ritrovato in va- Ma questi interventi rappresen- la transizione da un’economia di rie fonti documentali, non si è tavano solamente il primo passo puro sostentamento a un’attività riusciti a risalire ad una cronolo- del progetto che aveva in mente più improntata alla moderna im- gia che indichi l’inizio esatto di Ceconi: così, ai primi del Nove- prenditorialità aziendale. Era un ciascun intervento, ma possiamo cento, acquistò dal comune di periodo di gran fervore all’inter- • 65

proprietà della valle di Preone. La contessa aveva una partico- lare simpatia per Pietro Zannier Boter, con cui aveva sempre intrattenuto ottimi rapporti. Interessati alla battitura dell’asta erano però anche altri proprietari terrieri della zona che ambivano a tornare in possesso di quei terreni che avevano venduto al conte anni addietro. Essi si ac- cordarono con tale Giacomo Vecil detto Nànol affinché li aiutasse a escludere dall’asta lo Zannier che, tra l’altro, era suo compa- Pianta dei fabbricati e delle cisterne della malga Pala. Da I pascoli alpini re di battesimo, adottando uno dei distretti di Spilimbergo e Maniago, “Bullettino dell’Associazione agraria friulana”, 1903. stratagemma. Vecil si presentò allo Zannier e si offrì di andarlo a prendere a casa per accompa- no del Comune di Vito d’Asio: la e alloggi per il personale. Inoltre, gnarlo personalmente al cortile costruzione della strada Regina non essendoci una fonte d’acqua del Castello Ceconi, il giorno Margherita da Anduins a Pie- nelle vicinanze, vennero costruite in cui si sarebbe tenuta l’asta. lungo, finanziata e costruita dal due grandi cisterne da 25 x 6 m Il giorno designato Zannier si tro- Conte stesso, aveva strappato le con un solaio a volterrana. Ma vava in Val di Preone e fin dalle zone più settentrionali della Valle il progetto prese un’inaspettata prime luci dell’alba era pronto all’isolamento e le fonti solforose brutta piega: il personale posto a partire, ansioso di recarsi al di Anduins si stavano afferman- a gestione dell’azienda era poco Castello. Ma il tempo passava e do come una realtà turistica di professionale e le informazioni Vecil non si vedeva; dopo inter- livello regionale. che Ceconi aveva ricevuto sulla minabili ore, intuendo forse il Il Conte allevava bovini anche bontà di quei pascoli si rivelaro- tranello, decise di dirigersi verso all’interno della propria tenuta: no errate; il terreno era parti- Pielungo a piedi; ma la distan- delle 120 persone che erano in colarmente argilloso e le forti za era grande e, anche pren- servizio presso il suo castello piogge, che dall’autunno marto- dendo tutte le scorciatoie che una buona metà si occupava del riavano la zona, rendevano gli conosceva, cominciò a dubitare bestiame e dell’attività casearia alpeggi un autentico acquitrino, fortemente di arrivare in tempo. dalla quale si ottenevano una inadatto a qualsiasi tipo di alle- Intanto la contessa Ceconi Novak gran varietà di latticini. vamento. In breve tempo il conte notò con stupore l’assenza del decise di abbandonare il progetto sig. Zannier e, intuendo che era In Val di Preon originale dando il terreno in affit- successo qualcosa, prese tempo Il progetto zootecnico di Ceconi to alla famiglia Zannier Boter di ritardando nel dare il via al ban- continuò secondo gli ambiziosi San Francesco. Le vicende della ditore. Si erano appena aperte le programmi: il passo successivo fu vendita di questa malga meritano procedure che giunse un trafe- l’acquisizione di un ampio terre- una piccola parentesi: la famiglia lato Zannier il quale, ansimando, no nella Valle di Preone, su cui si Boter condusse la malga fino agli prese in disparte la contessa per voleva replicare il fruttuoso mo- anni Venti, quando la Contessa metterla al corrente di tutta la dello della malga di Pala, con la Giuseppina Ceconi Novak, in macchinazione di cui era stato costruzione di una stalla da oltre seguito alla morte del conte, vittima. Lei, molto colpita da 50 capi, con relativi fienili, stalle decise di vendere all’asta tutte le quanto successo, si rese conto ☛ 66 •

☞ che sarebbe comunque stato molto difficile spuntarla con tali e tanti acerrimi rivali. Si accordò, così, con Zannier affinché battes- se l’asta fino alla cifra necessaria ad acquistare i terreni, anche se non era in possesso della cifra necessaria. L’accordo prevede- va che la contessa avrebbe poi preteso da lui solo la base d’asta di 50.000 lire. Così avvenne e Pietro, grazie a quell’accordo segreto con la contessa, poté tenere testa ai Il mercato del bestiame a Casiacco agli inizi del Novecento. Si nota robusti rilanci dei concorrenti ed l’eterogeneità razziale dei capi presenti. aggiudicarsi tutte le proprietà del conte Ceconi in Valle di Preone, liquidando poi alla contessa uni- Nell’idea degli organizzatori la ‘Brunico’; razza ora meglio nota camente la somma concordata. fiera aveva principalmente lo come Pustertaler) proveniente Da allora quei terreni si chiama- scopo di favorire lo scambio dalla Carnia e molto adatta all’in- no “La stalla di Cecon” e sono di di tecniche ed esperienze per grasso. È curioso notare come proprietà di diversi rami familiari accelerare lo sviluppo di zone anche il conte Ceconi avesse dei Boter. ancora legate ai sistemi tradi- partecipato al concorso con un zionale di allevamento. Così, per torello, classificatosi terzo nella Una Valle in fiera favorire il successo dell’iniziativa, sua categoria. Il veloce sviluppo della pastorizia, pensarono bene di abbinarvi un All’atto delle premiazioni, presen- positivamente influenzato anche concorso di bellezza per esem- ti tutti i partecipanti e un folto dalle conoscenze politiche del plari bovini, per la precisione pubblico, il relatore del concorso, Ceconi, stimolò l’organizzazione “riproduttori maschi e femmine di una fiera-esposizione bovina. di razza alpina, con attitudine Questa, forte del positivo esem- alla produzione di latte”. Ven- pio di un’analoga manifestazione nero valutati torelli e vacche tenutasi a Meduno nel 1902, ven- da latte di diverse fasce d’età, ne promossa dal Comizio agrario vitelle, giovenche, poi esemplari di Spilimbergo-Maniago e dalla da riproduzione, da lavoro e da Cattedra ambulante d’Agricoltura carne. Come testimonia l’ana- dell’Alto Friuli occidentale ed lisi effettuata dal “Bullettino” ebbe luogo a Casiacco nel 1904. dell’Associazione agraria friulana La localizzazione dell’evento fu la giuria riscontrò l’ottima qualità particolarmente felice perché del bestiame proveniente dalla questa frazione di fondovalle rap- Val d’Arzino, circostanza dovuta presenta il naturale collegamento principalmente a due fattori: la col mondo esterno. Qui conven- ricchezza dei terreni della zona Vito d’Asio, fine anni Cinquanta. nero numerosi gli allevatori di che permetteva un ingrassa- La persona al centro è GioBatta Clauzetto, Vito d’Asio, Forgaria mento migliore rispetto ad altre Pasqualis, ultimo titolare della e Pinzano e le strade del paese zone con allevamenti analoghi e stazione di monta attiva fino al terremoto del 1976. Lo furono invase da 270 dei migliori l’incrocio di molte generazioni accompagnano il figlio Antonio e la esemplari bovini della zona. con la razza “Brunnek” (cioè moglie Antonia Gerometta. • 67

Ricercatissimi i formaggi... dott. Giovanni Battista Romano, tenne una breve ma signifi cativa Il bestiame locale è e fu pregevole per vecchia rinomanza: - Tipo alpino, la varietà conferenza, offrendo indicazioni prevalente è la carnica, che per le maggiori cure, per la felice esposizione soleg- giata, per i foraggi buoni, si presenta in migliori condizioni che non lo sia nella e suggerimenti sulle più moderne generalità delle valli carniche. tecniche atte a migliorare le con- Fu più volte notato che nel territorio dei detti comuni [Clauzetto, Vito d’Asio, dizioni del pascolo e del bestia- Pinzano, Forgaria], che costituiscono il gruppo che si riunì a Casiacco, gli alleva- me, facendo riferimento a criteri tori tendono ad ottenere l’ingrasso, osservazione questa che si può riconoscere di selezione, all’igiene delle stalle fondata perchè il bestiame locale in confronto al Carnico sembra generalmente in e agli aspetti riproduttivi, sot- uno stato d’ingrassamento. tolineando pure l’importanza di Si è detto che il tipo è alpino ed il vero bestiame nostrano locale è precisamente un’adeguata preparazione degli uno scelto carnico, scelto per taglia non troppo bassa, per quadratura, per belle e addetti al settore. buone qualità lattifere. La manifestazione, pur svoltasi in La vicinanza a paesi e centri d’allevamento ove si diffusero lo Simmenthal e lo Schwytz ha infl uito in taluni allevamenti; ma se vi è una varietà che abbia dato un’unica edizione, ebbe un suc- un maggior segno della sua immissione, fu la Brunnek, circostanza che si verifi ca cesso insperato e la sua infl uenza pure in altre vallate della Carnia. positiva sullo sviluppo del settore Ed è l’immissione del sangue Brunnek che infl uì a produrre varii soggetti per si fece sentire per alcuni anni. buoni ingrassamenti. La Mostra-mercato di Casiacco [...] Prevalgono però le qualità del latte, del quale per antico merito si cura molto divenne un riferimento per tutta la produzione e la lavorazione. Ricercatissimi i burri, ricercatissimi i formaggi, e la zona e le moderne malghe specialmente noti taluni tipi della località, e per formaggi freschi e per formaggi Ceconi erano ormai diventate un salati. modello di funzionalità e produt- Clauzetto ha nome e per i suoi prati e per il suo bestiame e per taluni distinti tività a livello regionale. allevatori. Uno fra questi riportò premio con un soggetto esposto all’Esposizione nazionale di Milano del 1881. (Dalla Relazione della Giuria sulla Mostra bovina di Fine del sogno Casiacco del 24 ottobre 1904, “Bullettino dell’As- Il nuovo secolo era ormai arriva- sociazione agraria friulana”, 1905). to e aveva portato un periodo di benessere e sviluppo. Ceconi, or- Osservazioni: mai anziano e malato, aveva però – Simmenthal è la razza svizzera che diede origine un’ultima impresa da intrapren- alla Pezzata rossa friulana. Schwytz è la razza dere, l’ideale coronamento di un che divenne Bruna alpina. Brunnek, meglio sa- percorso di sviluppo dell’agricol- rebbe Brunek, è il nome tedesco di Brunico, noto tura che l’aveva visto come prin- centro della Val Pusteria; qui tale nome indica, con ogni probabilità, la razza Pusterthaler, nota cipale riferimento: una fabbrica in Carnia come Ràine; di concime chimico che avrebbe – lo scritto conferma la tradizionale produ- dato un’occupazione a gran parte zione in loco del formaggio salato, un della popolazione, ma soprattutto alimento che gode di nuova fortuna. avrebbe fatto fare all’agricoltura il decisivo salto di qualità. Bibliografi a Questo progetto, inoltre, avrebbe Mostra bovina di Casiacco, Bullettino inaugurato, nelle intenzioni del dell’Associazione agraria friulana, 1905. Mostra bovina di Clauzetto, Vito d’Asio conte, un processo di industria- e Castelnovo, Bullettino dell’Associazio- lizzazione che, in un territorio a ne agraria friulana, 1912. vocazione prettamente agricola Pecile D., Tonizzo D., I pascoli alpini come la Val d’Arzino, avrebbe Esemplare di razza Pusterthaler, dei distretti di Spilimbergo e Maniago, attuale. Codroipo, fi era di San costituito un’ulteriore importante Bullettino dell’Associazione agraria Simone, Mostra del Bovino da latte, occasione di sviluppo. friulana, 1903. 28 ottobre 2009. Ma le lungaggini burocratiche ☛ 68 •

co, la malga Ceconi, bombardata colpo di grazia alle poche latterie da un treno blindato tedesco da rimaste, aprendo la fase del loro Flagogna in quanto sospetto covo inesorabile declino. Declino che di partigiani. si concluse, come molte del- Alla morte del conte l’azienda le storie di queste zone, in un finirà per essere venduta dai suoi giorno preciso, il 6 maggio del eredi a un consorzio composto 1976, quando il terremoto rase al dalle famiglie Sostero e Gonano suolo non solo le case, ma anche di Vito d’Asio, che ne detengono la storia e le vite della comunità. tuttora il possesso. La rinascita fu lenta e dolorosa e La malga, pesantemente danneg- nel necessario volgersi al futuro, giata dal bombardamento, non una delle prime cose a venire venne più ripristinata secondo sacrificate fu l’antica vocazione l’antica funzione, venendo uti- pastorale della zona. Gli uomini lizzata nei successivi anni come abbandonarono campi e prati per semplice pascolo. Al termine trovare posto nelle fabbriche e del secondo conflitto mondia- quelle superici prative e pascoli- le l’arrivo in Valle di un altro ve che tanto avevano prodotto di grande imprenditore, l’ing. Carlo formaggi e burro vennero com- Leopoldo Lualdi, e la contestuale pletamente abbandonate. Ciò che apertura della fabbrica di fer- stava faticosamente sopravviven- Nicolò Dean con la sua vacca; Vito ri chirurgici denominata LIMA do a guerre, carestie e all’avan- d’Asio, 1955. (Lualdi Industria Meccanica zare della modernità, venne Anduins), indirizzarono la forza cancellato nei pochi minuti in cui lavoro locale dal settore primario la terra tremò, e non potè più ☞ e l’opposizione di una parte a quello secondario. risollevarsi, né economicamente, della popolazione ostacolarono la Lo sviluppo del settore lattiero- né demograficamente. volontà del conte che non potè caseario regionale diede poi il veder coronato questo suo ultimo sogno: egli mancò, infatti, il 18 luglio 1910. Malgrado questa grossa occasione mancata, fino al 1915 l’economia della Valle si sviluppò fiorente con gli allevamenti nella parte più settentrionale e le fonti solforo- se che garantivano turismo ad Anduins. Poi i difficili anni della guerra, le requisizioni di bestiame delle truppe austro-ungariche e la mancanza di un riferimento fon- damentale come il conte Ceconi, bloccarono lo sviluppo e fecero ripiombare la zootecnia della Valle a livelli di pura sussistenza. Du- rante la seconda guerra mondiale cadde anche uno degli ultimi simboli dello sviluppo zootecni- La malga di Preone come è oggi. • 69

Gabriella BUCCO

Giovanni Fiorini La diffi cile vita di un editore e tipografo udinese

“Fermezza ideologica e onestà di politico. Fu tipografo a Marostica vita” (biografi a) caratterizzarono aderendo agli ideali socialisti ed la vicenda umana di Giovanni anarchici, come testimonia la Fiorini, cui va riconosciuta anche raccolta del settimanale satirico una straordinaria capacità artisti- L’Asino, edito dal 1892 al 1925, ca e tecnica, quel sapere pensare rivista che riservava grande at- con le mani che caratterizzò inte- tenzione alle illustrazioni. re generazioni di artigiani e che Durante la prima guerra mondiale egli seppe esprimere al meglio combattè in Carnia, sul Grappa e nella sua attività di tipografo. in Cadore. Nell’immediato dopo- Nacque a Udine il 26 ottobre guerra soggiornò brevemente a 1891 e rimase presto orfano di Marostica per poi ritornare a Udi- Fentrambi i genitori; ebbe dunque ne, dove nel 1923 gestì la Tipo- una infanzia povera, tanto che grafi a Sociale in riva Bartolini 5D: la zia gli fece frequentare, tra lì si stampava il giornale socialista il 1905 e il 1909, il Pio Istituto “Il Lavoratore friulano” diretto da Turazza di Treviso, dove apprese Chino Ermacora (1894 - 1957), il mestiere di tipografo e, aggiun- complessa personalità di giornali- Giovanni Fiorini davanti alla Tipografi a de La Panarie in via Romeo Battistig ge il fi glio Renato, si alimentò la sta, grafi co, storico, critico d’arte, a Udine. vena anticlericale del suo credo cultore della friulanità. ☛ 70 •

1924, e valido fino al 1925, in cui una pannocchia e una fontana, si prevedeva che la composizione probabilmente i soggetti più tipografica fosse fatta a mano con adoperati nelle copertine della piegatura dei fogli. Allo stampato- rivista, che figuravano entrambi re spettavano lire 2000 per ogni sul retro delle cartoline. numero della rivista per una tira- Giovanni Fiorini, che si firmava tura di 1750 copie, esclusi clichè con orgoglio Editore Tipogra- e carta, sempre di buona qualità. fo, aveva due sole macchine da Dal 1925 Giovanni Fiorini trasferì stampa, ma una profonda cultura la tipografia, denominata “Tipo- grafica, come si nota dalla sua grafia Editrice de La Panarie”, al raccolta di riviste francesi di Art n. 17 di via Romeo Battistig, con- déco con raffinate incisioni colo- tribuendo non poco al successo rate a pochoir. Questa tecnica, della rivista grazie al suo apporto finanziario e tecnico.

Giovanni Fiorini con il figlio Renato Libri d’arte e quadricromie nato nel 1924. Abilissimo tipografo, Fiorini stam- pò da editore non solo La Pana- rie, ma anche molti libri d’arte, ☞ La Panarie tra cui Cansone Picole di Biagio Nel 1924 Fiorini stipulò un con- Marin, Piccola patria e Vino al tratto con Chino Ermacora per sole di Chino Ermacora. Lo stes- stampare La Panarie, la rivista so Ermacora fu ospite del Fiorini più innovativa e importante del per un certo periodo di tempo tempo, tanto dal punto di vista dopo la crisi del suo matrimonio. culturale che da quello grafico. Nella tipografia furono stampate Chino Ermacora radunò intorno anche numerose cartoline dipinte a sé un gruppo di artisti e di stu- in quadricromia. Per applicare diosi per illustrare modernamente questa tecnica si partiva dalle i problemi regionali. Collabora- immagini in bianco e nero dei rono con lui il pittore Giovanni grandi fotografi (Brisighelli, Pi- Pellis e Arturo Feruglio, mentre gnat, Antonelli), che comparivano per le copertine e la grafica lavo- su La Panarie. Le foto erano rarono tutti i maggiori artisti del colorate a mano nei quattro periodo: Luigi Bront, Lea ed Et- colori fondamentali e si procede- va alla stampa in quadricromia tore d’Orlandi, Carlo Someda de Diploma per la Cassa di Risparmio Marco, Dino Basaldella, Ernesto stampando, uno sull’altro i clichè di Udine, disegno di Ernesto Mitri, Mitri, Fred Pittino. La rivista era rosso, giallo, blu e nero. Fiorini Tipografia de “La Panarie” di bimestrale, in sedicesimo, conte- era l’unico tipografo udinese in Giovanni Fiorini, collezione privata, Udine. Sullo sfondo il castello di neva stampe xilografiche fuori grado di realizzare stampe in Udine; i due alberi sono melograni. testo e si fregiava di una coper- quadricromia e tale procedimento Interessanti le quattro scritte in tina d’autore affidata ai maggiori fu usato con abilità anche per friulano. In alto a sinistra: Tiere nestre fâs bon gran, farine blance fâs bon artisti del tempo. Dopo i primi fare le copertine, partendo dai pan. In alto a destra: A fuarze di quattro numeri stampati dalla bozzetti degli artisti. Lo stretto grans di ue si fâs un cuinz di vin. In Libreria Carducci, gli altri furono rapporto tra la Tipografia Sociale basso a sinistra: Cul timp e cul lavôr il morâr al devente sede. In basso stampati da Giovanni Fiorini con e La Panarie si può notare an- a destra: I bêz sparagnâz son dôs un contratto stipulato il 31 maggio che dai due logotipi riproducenti voltis uadagnâz. • 71

usata soprattutto nel settore vità e fu costretto a cedere rivista della moda, prevedeva l’uso di ed edizioni, rinunciando al nome stampi (pochoirs) di sottili lami- de La Panarie. Continuò non di ne di zinco o di rame traforate meno la sua attività tipografica nelle zone da colorare a piatto tra difficoltà crescenti. con pennelli. La tipografia acquisì Fu aiutato dal Consorzio agrario molto credito e, per le rilegatu- e continuò a stampare per la re, furono assunte delle operaie Commissione provinciale per la che, per mancanza di spazio nella Propaganda granaria i diplomi tipografia, lavoravano nella casa con i quali annualmente erano Commissione provinciale per la Propaganda granaria, Udine, IX del Fiorini, come ricorda nella premiati gli agricoltori vincitori Concorso nazionale provinciale “biografia” il figlio Renato (1924 - delle Battaglie del grano pro- per la vittoria del grano bandito 2001), che fu architetto, grande mosse da Mussolini. Nella loro dal Capo del Governo, Diploma di benemerenza, disegno di G. appassionato di edilizia tradizio- stampa riprese spesso, probabil- Saccomani, Udine 27 novembre nale friulana. mente col consenso dell’autore, 1932, collezione privata. La Tipografia de La Panarie di i disegni che Carlo Someda de Giovanni Fiorini stampò nel 1926 Marco, uomo corretto e generoso, le azioni dello Stabilimento Agro- aveva fatto per la copertine de Orticolo di Udine, i diplomi per La Panarie. la Cassa di Risparmio su disegno Nel diploma per l’incremento di Ernesto Mitri. Altri diplomi della produzione foraggera del vennero stampati nel 1927 e 1929 1931 riprese, sempre da Someda, per la Mostra mandamentale la lucerna della copertina del n. Agricola e delle piccole industrie 28 del 1928 e il giogo usato nel di Tarcento. n. 34 del 1929. Altri diplomi vennero stampati Nel 1932, per il concorso della per la Commissione provinciale vittoria del grano, collaborò con il per la Propaganda granaria su di- pittore Giovanni Saccomani (1900 segno di Carlo Someda de Marco - 1966) per i diplomi di beneme- Diploma, Udine Tipografia Giovanni Fiorini, collezione privata. (1891 - 1975), artista, collabo- renza, e lo stesso Saccomani nel Il seminatore, il mietitore con la ratore assiduo de La Panarie e 1933 disegnò, con gusto nove- classica sêsule e il battitore con il futuro direttore del Museo civico centista, l’agricoltore che semina, batâli. di Udine. miete e batte le spighe. Nel diploma per il VI Concorso Nel 1933 stampò il diploma per nazionale provinciale per la vitto- il Concorso di cavalli, magnifica- ria del grano del 1929 riprese la mente effigiati, per la fiera di San spiga che nasce dall’aratro ideata Giorgio a Udine, continuando a da Someda per la copertina n. 21 siglare i lavori con il suo nome o de “La Panarie” del 1927, icono- con la dizione “Edizioni d’arte de grafia che fu usata per le agende la Tipografia Fiorini Udine”. del Consorzio Agrario fino agli Nel 1934 l’azienda fallì e subentrò anni Sessanta. “il periodo nero della miseria e della disperazione” (biografia) ag- Diplomi ed etichette tra mille gravato probabilmente dalle sue difficoltà simpatie socialiste, che costarono Diploma per il “Concorso di cavalli” Nell’aprile 1931 Chino Ermacora anche al figlio Renato rimproveri (particolare) alla la Fiera di San Giorgio della Città di Udine, 23 aprile chiese di recedere dalla società: da parte della maestra e alcune 1933 - XI. Edizioni della “Tipografia Giovanni Fiorini assunse le passi- dure lezioni di vita. ☛ Fiorini”, collezione privata. 72 •

Etichette per il mais per il Consorzio Agrario Provinciale di Udine, 1941, collezione privata. Il mais Silvermine (alla lettera ‘miniera d’argento’) aveva una granella di color bianco lattescente e da noi era stato battezzato, in modo invero un po’ pomposo, “Trionfo d’Aquileia”. Del “Bianco Tagliamento” abbiamo peso le tracce, ma sarà da identifi carsi con la “Righetta Tagliamento”, appartenente al gruppo del “Bianco Perla”, varietà ancora diffusa negli anni Cinquanta del secolo scorso. La varietà “Marano Vicentino” è ancora coltivata, anche in Friuli, seppur su piccolissima scala, da chi vuole una polenta di qualità.

Etichette per sementi foraggere per il Consorzio Agrario di Udine, 1941, collezione privata. Il Lolium italicum, in friulano reghète o larghète, è pianta da erbaio. Il Lotus corniculatus, meglio noto come variôl, ha caratteristiche edafi che e nutrizionali simili a quelle dell’erba medica e una ancor maggiore adattabilità ai terreni ghiaiosi: la sua produzione di seme ha avuto buoni riscontri economici nei comuni di Cividale e Premariacco negli anni Cinquanta-Settanta del secolo scorso. L’Arrhenatherum elatius, come vuole il nome friulano, altissime, era la più alta tra le foraggere dei prati polifi ti ed era diffusissima soprattutto nella Pedemontana, fi nché c’erano i prati. • 73

☞ Il padre, antifascista da sempre, obbligò infatti il futuro architet- to Renato a tornare nell’edifi cio del Partito nazionale fascista a rettifi care l’affermazione che tutti i membri della sua famiglia erano iscritti al Fascio. Giovanni Fiorini reagì alle diffi col- tà realizzando una piccola attività editoriale, facendo stampare i suoi lavori da altre tipografi e. Oltre al Consorzio agrario lo aiutarono con commissioni alcune farmacie e “un paio di fi oristi per i quali stampava le bustine delle sementi con splendide litografi e a colori del Secchione, così come si chiamava un anziano incisore” (biografi a). Alcune di tali splendi- de illustrazioni si possono vedere in altra parte di questo fascicolo. Continuò a lavorare in que- sto modo fi no al 1941, quando stampò per il Consorzio agrario di Venezia e Udine delle etichet- te per semi di granoturco i cui nomi varietali stridono un po’ con quelli dei semi di grano, talvolta patriottici (Villa Glori, Damiano Chiesa), altre volte schiettamente fascisti (Tiriamo dritto). Per il Consorzio agrario di Udi- ne eseguì anche etichette per sementi di loglio, erba medica e trifoglio, rafforzando l’immagine di queste specie locali.

Etichette per il mais per il Consorzio Agrario Provinciale di Venezia, 1941, Falsario diplomato collezione privata. Dopo il 1943 Fiorini indirizzò la Dobbiamo proprio alle Edizioni Fiorini il bel libro (foto Brisighelli!) Granturchi sua abilità tipografi ca alla stampa da seme per riproduzione da granella e per semine da erbaio uscito a Udine nel 1950: fu il canto del cigno dei granturchi varietali prima dell’incontrastabile di false carte di identità e ospitò avvento degli ibridi. John March, un uffi ciale dell’In- Il “Bianco Wisconsin” potrebbe essere il Wisconsin 7 varietà importata dagli telligence britannico che passò Stati Uniti intorno al 1928. Il Caragua è altra varietà americana che ebbe grande diffusione in Friuli fi no tra i partigiani di Tito insieme alla metà degli anni Trenta; molti lo ricordano ancora col nome di “Dente di con un reparto di cosacchi, armi Cavallo”: la granella era dotata di buone qualità molitorie, ma era ottimo per e medicinali. erbaio (360 q.li di “verde” per ettaro). Il “Bianco Perla”, originario delle provincie di Venezia e Treviso, dava una farina L’uffi ciale inglese fu preso prigio- di ottima qualità e ancora nel 1950 se ne consigliava la diffusione. niero dai tedeschi e deportato in ☛ 74 •

Etichette per sementi di frumento e di mais per il Consorzio Agrario Provinciale di Udine, 1941, collezione privata. Il nome del frumento “Tiriamo diritto”, squisitamente fascista, contrasta col nome del mais, tipicamente americano, Wolf’s extra prolifi .c Questa varietà di granoturco, importata dagli Stati Uniti intorno al 1930 ebbe larga diffusione in Friuli; data la sua particolare fogliosità venne impiegata soprattutto come erbaio, con ottimi risultati.

☞ un lager nella Germania setten- Preferì esprimersi col one: concepì la militanza politica trionale. Da qui fuggì per tornare lavoro... in chiave etica, senza trarne al- a Londra, da dove, tramite la Finita la guerra non ebbe niente cun benefi cio e “preferì esprimer- radio, salutò i compagni udinesi. a che fare con i nuovi esponenti si con il suo lavoro anziché salire Fu questa la ragione per cui, a della politica, scettico di fronte a sulle pedane” (biografi a). guerra fi nita, Giovanni Fiorini ogni ideologia. D’altronde nessu- ricevette dal generale Alexan- no del mondo uffi ciale si ricordò der un diploma di benemerenza del Fiorini gerente della tipogra- Bibliografi a e gratitudine per aver aiutato i fi a del “Lavoratore friulano” fi no Bi o g r a F i a = Renato Fiorini, soldati alleati. al 1924… allora era stato utile, Giovanni Fiorini e la politica, Nel 1944, a causa della delazio- serviva, ma ora nessuno lo voleva dattiloscritto, Archivio privato, perché non potevano strumen- L ne di un concittadino, fu preso Udine. prigioniero dai tedeschi che lo talizzarlo (biografi a). Da sempre gi s e l l a Fi o r i n i , Giovanni Fiorini internarono in Carinzia. Qui, antifascista, non partecipò alle Editore Tipografo a Udine, “La grazie agli oppositori del regime, manifestazioni del dopoguerra, Panarie”, n. 118, 1988. fu trasferito dapprima a Spittal e preferendo come sola compa- gi a n F r a n C o el l e r o , Le cartoline poi a Klagenfurt dove lavorò in gnia quella di Felice Feruglio e a colori di Giovanni Fiorini, una tipografi a. Dichiarato inabile dell’anarchico Petrossi nei dopo Catalogo della mostra, Galleria al lavoro, fu rispedito a casa nel cena al Lepre di via Poscolle. del Girasole, 8 - 24 giugno 2007. Natale del 1944 trascorrendo il Morì nel 1959 in solitudine, con resto della guerra a Raveo. l’unica compagnia del gatto Sime- • 75

Enos COSTANTINI

Orticole furlane Un melting pot di geni che fa delizioso il minestrone

L’ortaggio “autoctono”, come il stra regione, risulta noto in tutta Europa. vitigno autoctono e il fruttife- - è entrata nella cucina del po- In passato la gente faceva in ro autoctono, è una simpatica sto, cioè nella cultura locale, proprio le sementi, ma gli scam- chimera alla moda che svani- - è unanimamente considerata bi, favoriti da peso e volume sce non appena si indaga sulle “nostrana” o “tipica”, ridotti, erano consueti e avveni- radici, cioè sulla storia, di ogni - se ha un’origine aliena, di que- vano anche sulle lunghe distan- singola specie, o varietà, nella sta si è persa ogni memoria. ze. Tutti abbiamo conosciuto un nostra regione. Così sappiamo L’aspetto culturale vale più emigrante rientrato che nel suo che gran parte delle nostre dell’origine geografi ca appurata orto di Pantianicco, o di Botte- Lvarietà di fruttiferi sono arrivate da qualche studioso pignolo: nicco, o di Cavalicco, coltivava coi nostri emigranti, che il Tocai chi oserebbe dire che il Tocai varietà portate dalla Francia, friulano ha la propria culla in friulano non è friulano? Chi mai dalla Svizzera, dal Belgio e persi- Aquitania, che il Refosco dal penserebbe che il Merlot, con no dal Canadà e dagli Stati Uniti. peduncolo rosso ha un bel po’ quel nome che sembra coniato a La “importazione” delle sementi di “sangue” savoiardo, ecc. Va Cussignacco, non è nostrano? orticole è stata uffi cializzata in nondimeno sottolineato che non Per gli ortaggi, di sicurissima- Friuli nell’ormai lontano 1864 possiamo non considerare “no- mente friulano, c’è solo la bro- quando l’Associazione agraria stra” una specie, o varietà, che vada, ma si tratta di un prodotto friulana cedette l’Orto da essa - ha da tempo trovato bon stâ trasformato, non dell’ortaggio coltivato ad una società privata (ubi bene, ibi patria) nella no- in sè; quest’ultimo, da sempre, che assunse il nome di “Stabi- ☛ 76 •

rimandare ad un’origine locale o regionale. Solo in tre casi com- pare l’aggettivo “comune” che potrebbe anche lasciar supporre un’origine locale: per il cavolo di Milano (= cavolo verza) detto anche “cestuto ricciuto”, per il sedano rapa e per il “cedriuolo”. Per il resto prevalgono nomi geografici più o meno esotici; ad es. le varietà estive ed autunnali della lattuga cappuccio sono: Bionda di Berlino, di Malta, e di Versaglia; i piselli rampicanti appartengono alle varietà di Cla- mart, di Knight e di Normandia; il melone è d’Algeri, di Corfù, del Portogallo, d’Olanda, di Malta, di Persia, di Tours, ecc. Tali sementi, diffuse nelle nostre campagne, selezionate dalle nostre donne sempre atten- te all’interesse della famiglia, divennero “nostrane” a tutti gli effetti e, attraverso i vicini, i paesani i parenti e i conoscenti consolidarono la loro presenza in strops e plets e jechis e vanezis e cumieriis, finchè non furo- no scalzate da altre più adatte all’economia familiare. Fino agli anni Sessanta del secolo Sede dello Stabilimento agro-orticolo di Udine; dalla rivista La Panarie del scorso vi era anche un commer- gennaio-febbraio 1928. cio di piccolo cabotaggio fatto da persone che giravano i paesi ad offrire, a prezzi obbligatoria- ☞ limento agro-orticolo” (S.A.O.). “40 pacchi di sementi di ortaglia, mente popolari, sementi prodotte Nel medesimo anno lo “Stabi- occorribili pel consumo di una in proprio, o ottenute tramite limento” divulgò un catalogo famiglia di 6 a 8 persone” per L. baratto. Rimane viva nella nostra nel quale, accanto ad essenze 18 (l’equivalente del costo di 15 memoria la figura di Mariute da arboree ed arbustive, tanto di astoni di melo; una ronca piccola Rûc di Interneppo che raggiun- “utilità” (fruttiferi, viti) che di da tasca costava L. 3.00). geva tutti i paesi della Valle del “vegetali per l’ornamento”, tro- Orbene, nella pur ampia scelta Lago su una vecchia bicicletta vavano spazio anche le “sementi che poteva avere il cliente del carica di cassettine e di sacchi e di ortaggi”. Pare che l’intento del S.A.O. non compaiono orticole sacchettini pieni di sementi, e di catalogo fosse quello di raggiun- accompagnate dagli aggettivi come ad essa facessero riferi- gere le produzioni ed i consumi “nostrano”, o “friulano”, nè da mento le massaie locali, tutte familiari poichè venivano offerti nomi geografici che potessero provette coltivatrici di ortaggi. • 77

Una ottantenne signora di Peo- che ha al suo nis afferma che la samença si attivo moltissimi faceva una vora bessôi e, per il nomi varietali di resto, a vignivin a vendi; arri- conio locale. Per vava una femina in plaça cui le varietà di altre sacuts, a veva una coputa (un specie il lettore misurino) e nus faseva paiâ un potrà trovare sod- tant par coputa. disfazione nel contri- buto del dott. Costantino Defi niamo il nostrano Cattivello che segue il nostro: Che cosa c’è di “nostrano” tra gli in esso si tratta delle varietà tut- Il fagiolo Cea nera di Barcis ha ortaggi attualmente coltivati in tora reperibili sul territorio. un nome che esprime in modo effi cace ed icastico le caratteristiche Friuli? Sicuramente molto poco. cromatiche della varietà. Villa Sulis, Qui, in modo volutamente arbi- Costa di Castelnovo, seconda trario, consideriamo “nostrana”: Specie orticole Mostra regionale delle vecchie varietà di ortaggi, 7 agosto 2005. “una varietà orticola tradizio- nalmente coltivata in una o più Gli ortaggi sono scarsamente località della nostra regione, documentati nelle epoche passa- o nell’intera regione, e la cui te; nelle carte relative a censi o erbette, spinaci, di nuovo piselli, memoria si possa far risalire ad compravendite si trovano soprat- aglio e fave, prezzemolo, cipolle, almeno due generazioni addie- tutto cereali e, in minor misura, rape, insalata, radicchio e verze; tro; possono rientrare varietà leguminose da granella in quanto ai primi di aprile fagioli e zucche di introduzione più recente, ma derrate conservabili anche a lun- e ancora insalata; in maggio le con caratteristiche peculiari, go, quindi suscettibili di commer- verze per l’inverno; alla metà di tanto da farle ritenere “tipiche” e cializzazione. La maggior parte giugno cavolfi ori e broccoli, rape “caratteristiche” di una zona ben dei prodotti orticoli non gode di per l’inverno; in agosto radicchio determinata alla quale rimangono tale vantaggio e, non a caso, le resistente al freddo e ancora legate”. prime testimonianze, nel Duecen- verze” (Zannier 1992, 600). A maggior suffragio di questa to, sono relative ad aglio e cipolla scelta c’è la denominazione della che hanno una buona durata nel Dal Vocabolario botanico varietà, che può fregiarsi di una tempo. Nel Trecento fanno capo- friulano specifi cazione (ad es. Cjapût lino i cavoli e la brovada. Non ci sono noti esaustivi elen- di Culino, Brocul di Orçan) Nel Quattrocento compaiono i chi di specie orticole coltivate o di un aggettivo etnico (ad es. piselli, le verze e le rape, nel in Friuli che siano anteriori a Rozajanski strok), oppure di un Cinquecento i cappucci, il porro, quanto pubblicato da Giulio nome popolare coniato nell’idio- lo scalogno... (Costantini 2009, Andrea Pirona nel suo Vocabola- ma locale (ad es. Lidric cul poc, 28-35). Risulta ovvio che tali or- rio botanico friulano del 1862. quasi tutti i fagioli). ticole, e molte altre, erano colti- Nelle 81 pagine di tale pionieri- In questo scritto introducia- vate anche precedentemente, ma stico lavoro abbiamo trovato le mo l’argomento trattando delle non esistono prove scritte di ciò. piante orticole che proponiamo specie orticole note in Friuli a Nel Settecento si apre uno spira- nella tabella 1 con il brevissimo partire dall’Ottocento. glio più ampio con il “Catapano commento dell’illustre natura- In campo varietale ci atteniamo Pasqualis” che contiene alcune lista. Comparando l’elenco del alla documentazione linguistica, indicazioni orticole concernenti 1862 all’attualità possiamo fare in pratica i nomi delle varietà in il territorio della Pieve d’Asio: alcune osservazioni: friulano che abbiamo reperito in “A San Martino l’estensore del 1. Alcune piante da orto sono fonti scritte; si tratta, pratica- documento consiglia di seminare scomparse o si sono estrema- mente, del solo fagiolo, specie piselli, fave e aglio; in primavera mente rarefatte. La cartùfule ☛ 78 •

Nome friulano Nome botanico Contenuto del lemma

Ai Allium sativum L. Il bulbo dicesi cjavàce. Angùrie Cucurbita citrullus L. Coltivato. Articjòc Cynara scolymus L. Coltivato. Blede Beta cycla L. Coltivato. Detto anche Menevòlt, Piès, Erbùcis. Brassica oleracea L. var. Bròcul Coltivato. botritis viridis et italica Brassica oleracea var. Capûs Coltivato. capitata L. Si mangiano i picciuoli delle giovani foglie radicali. Cardo Cynara cardunculus L. Coltivato. Comunissima nei prati, lungo le strade, ecc. Colla Caròte Daucus carota L. coltivazione la radice si fa grossa, carnosa, e viene comunemente adoperata per cibo. Cartùfule Helianthus tuberosus L. Coltivato Cartùfule / patate Solanum tuberosum L. Coltivato. Brassica oleracea var. Cauliflôr Coltivato cauliflora L. Il frutto è detto côce, cavòce, çucje; se ne coltivano Cavoçâr, coçâr Cucurbita melopepo L. moltissime varietà. Cesarón Pisum sativum L. Coltivato. Cève Allium ascalonicum L. Coltivato. Côce di bevi Cucurbita lagenaria L. var. oblonga Coltivato. Côce tabachìne Cucurbita lagenaria L. var. minor Coltivato. Cren, jerbe caiàrie Cochlearia armoracia L. Coltivato. Cudùmar Cucumis sativus L. Coltivato per uso culinare. Una varietà a radice grossa e carnosa come quella Cjaruèdule, pastanàche Pastinaca sativa L. della carota si coltiva negli orti. Phaseolus vulgaris L., Phaseolus Fasûl Coltivato. nanus L. Fasûl piçul, fasulìn Dolichos catiang L. Coltivato. Fave Vicia faba L. Si semina negli orti e nei campi. Fenôli Anethum foeniculum L. Coltivato. Presso le siepi, ai margini dei campi e principalmente Frèule, fràule, flàurie, Fragaria vesca L., F. collina Willd., F. nei boschi. Negli orti, poi, oltre ad alcune varietà maiòstre, trìscule grandiflora Willd. delle specie indicate, coltivasi anche la Fragaria grandiflora. Indìvie Cichorium endivia L. Coltivato. Jerbe rave Beta vulgaris var. rubra L. Coltivato. Coltivasi negli orti e si mangia cotta in mescolanza con Lenghe di vacje Rumex patientia L. altre erbe. Lint Ervum lens L. Coltivato [non si sa se nell’orto o a pieno campo]. Melón Cucumis melo L. Se ne coltivano molte varietà. Melón rampeghìn Cucumis melo L. var. reticulatus Pan e vin Rumex acetosa L. Si coltiva negli orti per uso culinare. Coltivato. I frutti immaturi si conservano in aceto. I Pevarón Capsicum annuum L. semi maturi e pesti si sostituiscono al pepe. Piçûl Cicer arietinum L. Coltivato [non si sa se nell’orto o a pieno campo] Pomodòro Solanum lycopersicum L. Coltivato negli orti per uso culinare. • 79

Puàr Allium porrum L. Coltivasi per uso culinare. Radrìc, ridrìc, ladrìc, lidrìc Cichorium intybus L. Coltivasi negli orti ad uso culinare. Si coltiva per mangiarne la radice, ch’è grossa, nera e Rati Raphanus sativus L. di sapore leggermente piccante. Oltre alla radice, che si mangia fresca, o conservata Râf Brassica rapa L. nelle vinacce sotto il nome di Bruàde o Brovàde, si mangiano anche le foglie radicali che chiamansi Viscje. Raphanus sativus var. radice Ravanèl Coltivato. oblonga minori L. Redrèpis Atriplex hortensis L. Coltivasi negli orti per uso culinare. Rùcule Brassica eruca L. Coltivasi per uso culinare. Coltivansi negli orti parecchie varietà: Lactuca sativa Salàte, latùie Lactuca sativa L. var. capitata Willd., L. crispa Willd., L. longifolia Lmk. Savôrs Apium petroselinum L. Coltivato. Sèlino Apium graveolens L. Coltivasi comunemente negli orti per uso culinare. La specie cresce spontanea qua e là, e si coltiva negli Sparc, sparzìne Asparagus officinalis L. orti e nei campi. Spinacia spinosa Moench. e Tutte e due le specie si coltivano negli orti per uso Spinàze Spinacia inermis Moench. culinare, più frequente però la prima. Sultìve, sutìve Allium schoenoprasum L. Coltivasi negli orti per uso culinare. Vèrze Brassica oleracea bullata L. Coltivato. Verzeràve Brassica napo-brassica L. Coltivato. Verzòt, verze cincuantìne, Brassica oleracea sabauda L. Si semina in primavera e si mangia in estate. verze d'istât

Tabella 1. Piante orticole coltivate in Friuli nel XIX secolo. Abbiamo ricavato questa tabella dal Vocabolario botanico friulano di Giulio Andrea Pirona uscito nel 1862. La grafia del friulano è stata modernizzata, il nome scientifico è rimasto quello adottato dall'autore. Abbiamo escluso le piante aromatiche (ànis, cerfuéi, chìmel, curiàndul, mentùce, mezoràne, peltri, rude, salugee, salvie, timo) che pur risultavano coltivate negli orti e che il Pirona puntualmente riporta. Per tradizione la fragola è stata inserita tra gli ortaggi.

☞ (Helianthus tuberosus) è prati- ne in passato. Rarissimo anche si mangiava “cotta in mescolanza camente sparita dalle coltivazioni l’articjòc. Introvabile ormai la con altre erbe”. familiari ed ha invaso le zone in- cjaruédule, quasi scomparsa la 2. Dallo scarno commento del colte, arrivando, talora, ad essere fave (si tratta, caso mai, di rein- Pirona si può dedurre che l’uso infestante; si mantiene, invece, troduzioni recenti), spariti lints di alcuni ortaggi non fosse quello negli orti del Piemonte dove e piçûi. attualmente più diffuso; si veda accompagna obbligatoriamente la Quanto al pan e vin (Rumex ad es. pevarón. In altri casi bagna cauda. acetosa L.), chiamato anche pan si può intuire una diffusione Altro ortaggio che non gode del cuc, asèdule di prât e con l’ita- recente (es. caròte), o non molto favore dei nostri orticoltori è il lianismo acetòse, il Pirona sotto- elevata (es. pomodòro). cardo, diffusissimo in altre regio- linea che è “coltivato negli orti 3. Il Pirona riporta l’ardielùt ni italiane. Il suo nome, per nulla per uso culinare” e, non riportato (Valerianella olitoria; per i nostrano, ci può suggerire una in tabella, che “si coltiva negli Triestini matavìlz), ma non lo recente comparsa, e nulla più, orti per farne salse acidette, inserisce tra le piante coltivate, nelle nostre contrade. contenendo il sale d’acetosella”. limitandosi ad affermare che “i Tipicamente friulani, anche per il Oggi è ben difficile riscontrare giovani germogli si mangiano nome, sono le redrèpis e il rati questa pianta tra le nostre orti- conditi in insalata”. Da ciò si può che ora s’incontrano assai rara- cole. Lo stesso vale per una sua dedurre che, all’epoca, l’ardielut, mente e sporadicamente, mentre parente prossima, la lenghe di o argjelut, fosse soltanto sponta- è sicura una loro ampia diffusio- vacje, che pure era coltivata e neo. La conferma ci viene da al- ☛ 80 •

☞ cuni anziani intervistati e da uno scritto di Giuseppe Costantini del 1941 dove si asserisce che “da qualche anno si coltiva in aiole”. A ulteriore suffragio in Gortani 1906, 403 leggiamo che questa specie si trova nei “luoghi erbosi e maggesi dalla regione mediter- ranea alla montana”, mentre non si fa cenno ad una sua coltiva- zione, fatto che per altre essenze è puntualmente segnalato nella medesima opera. 4. In alcuni casi il Pirona cita delle varietà interne ad alcune specie, ad es. per la salàte o latùie, ma, evidentemente, non poteva possedere l’attuale con- cetto di cultivar, voce inglese da culti(vated) var(iety) ‘varietà coltivata’, apparsa nel 1923 e “ammessa” in italiano solo negli anni Sessanta del Novecento. Un orologio fatto di fagioli poteva essere pensato solo in Val Pesarina Da attento osservatore qual era (Canal Pedarzo) dove orologi e fagioli (Arlois e fasois) convivono da secoli nell’economia locale. L’originale lavoro è frutto della fantasia, e della non poteva non notare la diffe- manualità, degli allievi della locale Scuola media; vi fi gurano sette varietà della renza tra i meloni e cita, accanto leguminosa. Manifestazione Arlois e fasois, 13 settembre 2009. a melón, anche il melón ram- peghìn, sempre Cucumis melo, ma varietà reticulata. capùs, caulifl ôr, verze, verzòt). moria, era da foglia, quindi ben Per il fasûl è forse meno giustifi - 5. Senza essere storici di orticol- diverso da quello “calabrese”, cata, dal punto di vista botanico, tura è facile dedurre che alcuni simile a un cavolfi ore, a cui ci la suddivisione in due specie ortaggi all’epoca del Pirona fos- siamo abituati in tempi assai distinte (Phaseolus vulgaris e sero assai diversi rispetto a quelli recenti. Ph. nanus), ma certamente la attuali. Il Pirona non menziona la zucca distinzione è valida dal punto di Può essere paradigmatico il caso da zucchini, limitandosi a dire vista agronomico. dei radicchi che ora noi cono- che il frutto del cavoçâr o coçâr Non gli sfugge la differenza tra sciamo nelle splendide forme dei (Cucurbita melopepo) si chiama il fasûl sopraddetto e il fasûl croccanti Castelfranco, Treviso, côce o cavòce o çucje e “se ne piçul, differenza botanica, ma Lusia, Verona, Chioggia, mentre coltivano moltissime varietà”. anche storica perchè il primo, ancora nella nostra infanzia erano Nomi come cocìn, coçùt, ca- di origine americana, è arriva- rappresentati da foglie non rara- voçùt e simili non compaiono to costì nel tardo Cinquecento, mente coriacee, pelose ed amare. neppure nel Vocabolario friu- mentre il secondo era già noto Diversi dovettero essere anche lano di Jacopo Pirona, curato agli antichi Romani. peperoni, pomodori e carote, tuttavia da Giulio Andrea Pirona, Sono pure agronomiche e com- mentre cappucci e verze non dato alle stampe nel 1871. Da merciali, oltrechè botaniche, le si differenzierebbero molto da ciò possiamo, forse, dedurre che distinzioni varietali fra le tante quelli attuali. le zucchine non fossero ancora Brassica oleracea (bròcul, Il bròcul, anche a nostra me- note; certamente non avevano • 81

l’attuale grande utilizzo in ali- spinta specialmente nei pressi mentazione umana. di Cividale, centro importante di Solo in uno scritto del 1901 consumo. (Pagine friulane, n. 3) troviamo Alcune potrebbero essere colti- citate lis coçutis in salate e in vate su larga scala allo scopo di Gortani 1906, 408 compare la farne commercio di esportazione, coce di cocìns che porta il nome tra queste ricorderò: il pisello, scientifico di Cucurbita pepo L. l’asparago, la patata quarantina cucurbitella Bég. e che è “colti- precoce, ecc., che utilmente pos- vata in Friuli”. sono diffondersi nella parte colli- Il vocabolario Nuovo Pirona nare in cui non mancano località Fagioli Fùmui. Questa confezione (1935) si limita a quanto detto bene esposte a mezzogiorno e non è la più adatta a valorizzare un prodotto sano, genuino, locale, tipico, dai Gortani con l’aggiunta di un difese dai venti freddi. caratteristico, "autoctono", nostrano, lemma Cocìn ‘zucchetta’, nel Altre piante che più comunemen- buono, carnico senza bau... quale è inserita l’espressione te formano la flora ortense nella cocìns in padièle. zona di cui ci occupiamo sono: l’aglio comune, la barbabietola, alterati fasulàt, fasulón, fasulét E cent’anni fa? il basilico, la carota, il cavolo e fasulùt, nonchè l’espressione Raramente, in passato, chi scri- cappuccio, il cavolo fiore, il ca- Fasûi frescs ‘fagioli bazzotti’. veva, anche di cose agricole, si volo rapa, il cavolo di Bruxelles, Il Fasûl sarebbe “civaja nota, e chinava sulle umili piante da orto. il cetriolo, le diverse varietà di seme della pianta dello stesso Una eccezione è rappresentata cicoria, la cipolla, il cocomero, nome”. da Domenico Rubini il quale, l’indivia con le sue numerose Gortani 1906, 269 ha tanto Pha- cent’anni fa giusti giusti, nel varietà, il cardone, la lattuga, seolus vulgaris L. communis Bullettino dell’Assocazione agraria la maggiorana, il peperone, il Taub. che Ph. vulgaris L. na- friulana, trattava delle “Piante petonciano detto comunemen- nus (L.), ad indicare, come già ortensi” coltivate nel Comune di te melanzana, il pomodoro che Pirona 1861, le forme rampicanti Cividale. Da questo scritto possia- trova posto in ogni orto e il cui e quelle nane. mo dedurre come in Friuli l’orti- uso va sempre più estendendo- Il Vocabolario friulano Nuo- coltura familiare fosse abbastanza si, il popone, il prezzemolo, il vo Pirona (1935) fornisce una “avanzata” ed assai prossima a ravanello, la salvia, il sedano, lo serie di altre notizie, fra cui una quella attuale, con qualche tenta- spinacio e finalmente le diverse e distinzione basata sul colore zione “semiprofessionale”. numerose varietà di zucca". della granella (Fasûl blanc, ros, Siccome abbiamo buone ragioni verdulìn, scrit, cioè ‘brizzola- per supporre che le specie elen- to, picchiettato’), e sulla forma cate dal Rubini fossero diffuse Varietà: il pianeta (Fasûi tarondìns, mandolóns). nel resto del Friuli ne ripropo- fagiolo Ciceri 1968 riporta alcune varietà niamo senz’altro l’elenco da egli di fagiolo coltivate a Buja: Fasûl stilato: D’ogni forma e colore canarìn (piccolo e giallo), Fasûi “Costituiscono queste [le piante Esistono parecchie testimonianze a musùte (bianchi con due mac- ortensi] un gruppo importante precedenti il Vocabolario bota- chiette nere), Fasûi di buine di piante che, sia per la loro nico friulano del 1861 tanto per vuaìne (qualità di cui si posso- utilizzazione, sia ancora per il il Fasûl ‘fagiolo’ che per il Fasûl no utilizzare i baccelli), Fasûi guadagno che possono arrecare piçul, cioè il ‘fagiolino dall’oc- favârs (grossi e bianchi). all’agricoltore, sono degne della chio’. Rizzolatti 1991, 217, in un magi- maggiore considerazione. Il Vocabolario friulano del 1871 strale scritto sulla Val Pesarina, La coltura di queste piante do- riporta alcune varianti del nome così si esprime circa la locale vrebbe e potrebbe essere molto quali fasôl e fasóul, nonchè gli variabilità di questa specie: ☛ 82 •

☞ “Le varietà coltivate sono piut- ziato e privo di filamenti)”. Cesarìns perchè erano picinins tosto difficili da distinguere, Quasi un ventennio più tardi e zaluts como la cesara, cioè in quanto decenni di semina troviamo alcune di queste varie- come i piselli (Lina Mamolo, inf. promiscua hanno determinato tà, ed altre ancora, a Pradumbli pers.). la comparsa di molti ibridi non (Spizzo 2009, 143-44), che si Per Moggio Frau segnala Fasûi sempre agevolmente classificabili. trova sempre nel Canal Pedar- dal pape ‘fagioli bianchi e grossi’ Gli informatori si sono prodigati zo, ormai ai più noto come Val e Fasûi gjatuts ‘fagioli bianchi in un lungo elenco di varietà, Pesarina. Accanto a Borlots e venati di marron scuro’. in cui la differenza di denomi- Borlotìns troviamo: Militóns, A questa ricchezza lessicale nazione (noms spavenzeâz) Lauróns, Cesarìns, Setembrìns, o, meglio, “faseolonomastica” non sempre corrisponde ad una Fasàns, dal Ont, da Cinîse, (speriamo che questo neologismo differenza reale: burlóz (borlot- dal Voglùt, Asìns, da Lissìve, muoia qui) non poteva che far ti), fagioli più diffusi ed usati, la Fasòla; e per las voìnas ci riscontro una grande creatività burlotìns o burlotùz (descritti sono Chês dal Papa, le Cento frutto di una vivacità culturale come più piccoli e tondeggianti per uno dal curioso appellativo che ora si è affievolita. dei primi), tómbai e lauróns e, infine, l’Asìn che è a duplice Il confronto col numero di varietà (probabilmente un incrocio tra i attitudine. Per sfatare ancora (inteso come varietà anche solo borlotti ed i pavoni), fasôis dal una volta il mito dell’autoctono linguistica) che abbiamo rilevato vôli o dal voglùt (che traggo- si fa notare come in Carnia, che a Lamon (BL), capitale faseoli- no il nome dalla piccola chiazza fu terra d’elezione per i fagioli cola del Nord Est è impietoso: scura che campeggia sul fondo “nostrani”, si usi comunemente nel glossario del dialetto locale chiaro), vergolâz, fùmui, fasôis la denominazione “borlotto” che (Corrà 2001, 361) alla voce Fasòl da cinîsa, fasôis da musùta è voce tipicamente lombarda (in vengono elencate solo quattro (anche questi di colore chiaro, milanese significa ‘tracagnotto’). “qualità”: spagnöi, spagnolit, grigiastro con una macchiolina Anche a Peonis (com. di Tra- calòneghe e furianóe. In un rossastra), las bôlgias (forse i saghis) i Borlots erano molto pieghevole del Consorzio per la fagioli di Spagna, sono descritti diffusi, forse i più diffusi, seguiti Tutela del Fagiolo di Lamon I.G.P. come di colore chiaro o bianco, da chei di cuaranta dîs detti troviamo i medesimi nomi, con grossi ma scarsamente saporiti), ed ancora i ribidìns (dal baccel- lo screziato), i plombìns (forse i cannellini, di piccole dimensioni, Fasui cividins allungati e cenerùz di colôr). Di buona qualità anche i fagio- La fama dei fagioli carnici, e della montagna in generale, non deve farci lini che in vallata conoscono il dimenticare come questa leguminosa fosse diffusamente coltivata in tutta la regione. Cento anni fa così si scriveva per il Comune di Cividale (Rubini 1909, momento di massima produzio- 491): ne in agosto. Anche in questo “[Il fagiolo] è, tra le leguminose da seme, il più coltivato. Riesce bene caso i termini che identificano le ovunque, ma specialmente nella zona prevalentemente collinare ed in quella varietà sono in generale frutto pedecollinare. Le varietà coltivate sono due: le rampicanti e le nane; le prime di fantasia: tra i tipi più pregiati specialmente consociate al granoturco, le seconde per lo più da sole tra i di côsui / cùasai sono menzio- filari delle viti. nate las voìnas dal Papa, dal Il terreno, dove la pianta si coltiva da sola, viene convenientemente preparato baccello bianco largo e carnoso. con una buona aratura fatta precedere da abbondante concimazione con stal- Sempre tra las voìnas di côsul latico; la semina si fa in primavera a righe con terreno disposto a colmiere. piacciono assai i roncjìns (i Nel 1908 la superficie coltivata a fagioli era di ha 10.86”. Per il solo comune di Cividale una decina di ettari a fagiolo non era poco. Il “cornetti”, dal baccello corto e medesimo autore ricorda che nella zona collinare di quel comune, in località croccante), las voìnas lauras o ben riparate, vi era una limitata coltivazione di cece. riàdas (i baccelli di colore scre- • 83

per motivi gustativi che per mo- tivi psicologici: son pur sempre quelli “della nonna”, del paese avito, del “com’era verde la mia valle”, dei profumi che sublima- vano da certi minestroni e certe frissorie... I coltivatori tornino alle varietà locali, quelle con quei nomi che per i giovani sono puro sanscrito: faranno commendevole opera di civiltà. Pubblicità della ditta Fratelli Petrin di Udine nell’almanacco Stele di Nadâl del E i consumatori si rendano 1949. disponibili a pagare un po’ di più un prodotto che non sarà mai pagato abbastanza. l’eccezione della varietà furianóe esiste più o che tra breve si potrà che è sostituita dal Canalino. annoverare tra le lingue morte. Nel vocabolario faseolicolo tro- Fasûl piçul, fasulìn viamo con una certa frequenza, Bibliografia Nel Vocabolario friulano del ad esempio, il desueto aggettivo Ci c e r i 1968 = Andreina Ciceri, 1871 è detto anche Fasûl cuar- làur ‘variegato, screziato’, valore Aggiunte al “Nuovo Pirona” - nét o cornét e in NP si trova semantico che si avvicina a quello Zona di Buja, Società filologica pure come Fasûl di vìlie. Il di vergolât. Fùmul significa ‘gri- friulana, Udine, 1968. significato di vìlie è ‘vigilia’, ma gio’ e, così, ci sono i Ceneruts e i Co r r à 2001 = Loredana Corrà, Il Fâ vilie ha il senso di ‘mangia- Fasôis da Cinîsa ‘cenere’. dialetto di Lamon, cultura nelle re di magro’ e Fâ lis viliis è Sopra sono riportate las bolgias, parole, Comune di Lamon, 2001. ‘fare l’elemosina al prete nella nome dovuto certo alle dimen- Co s t a n t i n i 2009 = Enos Costanti- funzione di consuetudine la sera sioni, visto che bolze significa ni, C’era una volta la biodiver- dei morti’ (NP). Il legame con ‘valigia’. Tòmbal sta per ‘tondeg- sità in Friuli, in Miceli Fabiano, antiche tradizioni ben si attaglia giante, corto e grosso’, in pratica Costantini Enos (a cura di), La a questa specie nota già agli an- il medesimo senso del termine biodiversità coltivata, Forum, tichi Romani che la chiamavano borlotto di origine lombarda. Ri- Udine, 2009. phase¯lus o phaseolus, nome poi vidìn verrà da *ravidìn, formato Fr a u = Aggiunte e correzioni [al ripreso da Linneo per battezza- su râf ‘rapa’ di cui probabilmente NP] riordinate da Giovanni Frau re il parente arrivato dal Nuovo questa varietà ricorda il colore. - Il Nuovo Pirona, Seconda edi- Continente. Il nome botanico del I Militóns prenderanno il nome zione, Società filologica friulana, fasulìn o fasûl piçul è Vigna dalla malìte, termine col quale si Udine, 1996, pp. 1329-1677. unguiculata Walp. ed era col- indica il mallo della noce. Go r t a n i 1906 = Luigi Gortani, tivato in Friuli fino alla regione Asìn è l’etnico con cui si indi- Michele Gortani, Flora friulana submontana (Gortani 1906, 269). ca l’abitante della Pieve d’Asio, con speciale riguardo alla Car- attuali comuni di Vito d’Asio e nia, Doretti, Udine, 1905 (parte Una ricchezza linguistica Clauzetto. I) - 1905 (parte II). Cotanta varietà di fagioli non è NP = Pi r o n a Gi u l i o An d r e a , solo un patrimonio genetico; i Una ricchezza gastronomica e Ca r l e t t i Er c o l e , Co r g n a l i Gi o - loro nomi, o gli aggettivi che li salutistica v a n n i Ba t t i s t a , Il Nuovo Pirona contraddistinguono, sono pure I fagioli non fanno certo venire il - Vocabolario friulano, Società una grande ricchezza lessicale, colesterolo, e quelli di produzio- filologica friulana, seconda edi- spia di una lingua che spesso non ne locale sono “più buoni”, tanto zione, Udine, 1996. 84 •

Pe n z i 2007 = Diogene Penzi, Ciceri, Piera Rizzolatti, Vita Fabiano, Costantini Enos (a cura Vicende socio-economiche del tradizionale in Val Pesarina, di), La biodiversità coltivata - contado di Fanna-Cavasso nel Parte seconda, Comune di Prato Storie di persone e agricoltura 1700, Tipografi a Sartor, Pordeno- Carnico, 1991. tradizionale tra Friuli e Carin- ne, 2007. ru B i n i 1909 = Domenico Rubini, zia, Forum, Udine, 2009. Pi r o n a 1862 = Giulio Andrea Bullettino della Associazione za n n i e r 1992 = Sergio Zannier, Pirona, Vocabolario botanico agraria friulana, serie V, volu- Il cibo della quotidianità, in friulano, Tipografi a Giuseppe me XXVI, 1909. Michelutti Manlio (a cura di), Seitz, Udine, 1862. sP i z z o 2009 = Antonietta Spizzo, Âs, Int e Cjere, Società fi lologica ri z z o l a t t i 1991 = andreina I fagioli di Pradumbli, in Miceli friulana, Udine, 1992.

Al nasseve dut! Autoproduzione di sementi in Ara di Tricesimo

La fi losofi a del nonno era basica, ma granitica: no si strasse, no si bute vie nie, no si compre ce che si po fâ di bessôi. Applicata all’orto signifi cava autoproduzione delle sementi nei limiti del possibile. Così Angelo Bertino (1902 - 1983), nativo di Colloredo di Montalbano, ma che per tanti anni ha fatto parte della mia famiglia in Ara di Tricesimo, faceva in proprio le sementi di (lasciatemi usare i nomi nella sua lingua): lidric di tai, salate verzelade, savôrs, fasûi (Borlot alt), vuaìnis (plachis, lungjis, verdis), fasuli neri (une “miezelane”: ne fasuli ne vuaine; cuant che la vuaine e jere tant fate si faseve in padiele, si lis crevave un tic e si tirave vie il fîl), cocis (il coçut clâr al faseve masse tripe, chel vert a ’n fâs man- cul), cudumars (mangjâju piçui; se tu ju lassis vignî ogni tic grancj a fasin la panse), pomodoros, ai, camomile... Per il radicchio il procedimento era il seguente: le piante ritenute più interessanti erano lasciate andare a seme, poi il nonno le rac- coglieva in mazzi che appendeva ad una trave in luogo ventilato. Una volta essiccati sbriciolava con le mani le parti che portavano i semi e poi utilizzava un setaccio per separare i semi dalle impurità. Se la quantità era elevata ricorreva alla val (il verbo è valâ o svalâ), un arnese di vimini fatto a conchiglia, con due anse e col margine ribassato da un lato (Nuovo Pirona) che serve a mondare le sementi agitandole: al faseve i macs e ju picjave; cuant ch’al ere sut lu specolave cu lis mans, po lu tamesave planc planc, e s’al ere tant al doprave la val par svalâ el penç. Per altre essenze come prezzemolo e insalate il procedimento era simile. Le piante da essiccare potevano anche essere poste su dei panni e, quindi, battute per separare i semi dai fusti. I fagioli erano lasciati secjâ su la plante, poi portati sul cjast (no vignive la bestie in chê volte), quindi erano specolâts e la cernita veniva fatta sul tavolo della cucina. Pomodori, zucche e cetrioli erano evidentemente soggetti ad un trattamento diverso. Il primo frutto, tanto atteso, non doveva essere raccolto per nessuna ragione, ma lasciato sulla pianta fi no a completa maturazione. Solo a questo punto il pomodoro, la zucca, il cetriolo venivano prelevati, tagliati a metà e lasciati asciugare al sole fi nchè era possibile ricavarne i semi che venivano debitamente puliti dai residui di polpa: al striçave il pomodoro, al lavave lis sepis tal tamês, lis suiave ben ben ben e lis meteve tai sacuts. I semi ottenuti venivano riposti entro sacchetti di tela (sacuts di peçot, tocs di linzûi vecjos), legati debitamente con uno spago dal quale pendeva regolarmente un rettangolino di legno sul quale il nonno, col lapis copiativo, scriveva, talvolta in italiano, più spesso in friulano lidric, salate, savôrs... I sacchetti appesi sui trâfs te àrie ‘sulle travi dell’aia’ erano pronti per la semina dell’anno succes- sivo. I risultati? Al nasseve dut! Il nonno produceva anche la semente del saròs ‘sorgo’ con cui fabbricava scovis e scôi e, naturalmente, anche del sorc ‘mais’. Le qualità di quest’ultimo erano il Nostran (panole rosse, curte e mucule) e il Cincuantin che era pes bestiis, ma col quale si faceva anche il pan di sorc mescolandone la farina con quella di segale (cu la siale), una volta considerato una leccornia (une fetute a merinde...). Per la semina del mais si usavano i semi della parte centrale della pannocchia (si specolave la panole e tal mieç de panole si samenave), non si utilizzavano i semi della ponte, la parte distale, e del poc, la parte prossimale. S Che cosa si acquistava? Di sementi solo qualche busta di carote. Pe cevole si cjoleve el cevolin, però al è vignût dopo, prin e jere la plantute. Si acquistavano anche lis plantutis di impastanâ ‘piantine da trapianto’: lidric d'inviâr, melanzane, pevarons, verze, verzotins, brocui di fuee... delle quali ci si riforniva li di Vît, uno storico vivaio tricesimano gestito da una famiglia di contadini (bacans) detti appunto chei di Vît.

(Da un’intervista a Fabiola Bertino, Ara di Tricesimo, settembre 2009) • 85

Costantino CATTIVELLO

Ortaggi locali... o almeno con un nome locale Piccolo catalogo non commerciale di varietà orticole senza prezzo

In Val Tramontina si coltiva ancora una molteplicità di fagioli.

Stabilito che con “varietà locale” intendiamo una varietà nota in una determinata area da più tem- po, ma senza che questo tempo possa essere meglio defi nito, che di essa nessuno sa risalire ad un’origine precisa, che dimostra un indubbio adattamento alle condizioni pedoclimatiche del luogo, che si trova perfettamente inserita nelle abitudini alimenta- ri degli abitanti e che gli stessi Sla considerano unanimamente come facente parte del proprio che patrimonio materiale e culturale, potrà avvalersi Alcune presentiamo un piccolo catalogo di chi meglio di noi di queste varietà di tali varietà. Le abbiamo scelte conosce paesi e vallate, anziani si trovano solo in orti familiari e fra le più rappresentative della e appassionati di orticoltura con da questi diffi cilmente usciranno, nostra Regione, come risultato di un occhio alla storia che non c’è altre sono oggetto di un rilancio una indagine che è in itinere e sui libri. degno di plauso, tutte sono da ☛ 86 •

☞ considerare perle preziose conse- bulbilli che, invece, sono di colo- gnateci dalla tradizione, una gioia re bianco. per il nostro palato e un punto a Si coltiva in diverse località della favore della nostra salute. Val Resia. Rispetto ai comuni agli si caratterizza per l’odore e per il Liliacee sapore più accentuati. La coltivazione, a carattere Aglio e cipolla sono tra le poche amatoriale, inizia con la semina orticole regionali documentate in dei bulbilli in autunno, prima dei tempi antichi; le prime attesta- freddi, o a fine inverno, e si con- zioni, infatti, risalgono al XIII sec. clude con la raccolta effettuata Qui ne riportiamo un paio degne nella tarda estate. Cipolla rosa della Val Cosa. di tanta storia. Le buone cure colturali, e l’adat- tamento dell’ecotipo agli ambien- Ai di Resie / Rozajanski ti di coltivazione, permettono di Crucifere strok (Aglio di Resia). È un raggiungere produzioni simili a aglio che si caratterizza per le quelle dei tipi commerciali. Vedi È la famiglia dei cavoli, ma anche piccole dimensioni del bulbo, anche Tiere furlane n. 2, 2009. della senape, delle rape e del il quale presenta delle tuniche rati. In passato erano spesso esterne di colore rosato, e dei Cevòle di Cjastelnóuf (Cipolla cibo visto come sante scugne. rosa della Val Cosa). Ora, grazie agli studi che ne È una cipolla con tuniche ester- hanno messo in evidenza le virtù ne rosate che si caratterizza dietetico-salutiste, stanno viven- per avere un bulbo appiattito di do una nuova giovinezza. medie dimensioni ed uno o più apici vegetativi. Bròcul di Cjastelnóuf (Cavolo È apprezzata per la dolcezza, broccolo della Val Cosa). È un nonché per la buona conservabi- cavolo broccolo di cui si utilizzano lità. Si coltiva in tutte le località le foglie e non l’infiorescenza come della Val Cosa, ma principal- succede, invece, per i tipi detti mente nei comuni di Castelnovo “Calabresi” ora molto diffusi in e Cavasso. La coltivazione si effettua a partire dal mese di marzo-aprile e si conclude con la raccolta dei bulbi nella tarda estate. Luciana Not, scrivendo dei pro- dotti che le contadine vende- vano a Maniago, non manca di accennare alle cipolle di Cavas- so: La cigòla biela, sana, cuasi rossa, a la puartin a Manià li feminis da Cjavàs. A è buna chi mai, fata par durâ un biel toc sa si la met su un grisulin (in I mostra delle mele an- Venditori ambulanti resiani. Da Ciceri A., Rilievi etnografici in Val Resia, Ce tiche, Circolo culturale Castel Cavolo broccolo di Castelnovo fastu?, 1968-1971. Mizza, 2004). pronto per la raccolta. • 87

commercio. Si consuma nel corso dell’inverno, non appena si sono registrati ripetuti abbassamenti termici che esaltano le caratteri- stiche organolettiche della parte edule. Le foglie, di colore verde medio, presentano un’ampia pagi- na, una forma ovale ed un margine frastagliato. Si trapianta in luglio- agosto in modo tale che la pianta raggiunga uno sviluppo pressoché definitivo prima dell’arrivo dei Rape da brovada prossime alla raccolta. freddi, ai quali resiste comunque molto bene. Si coltiva in tutta la Val Cosa ed una testa appiattita, di peso me- una grande varietà di tipi in base in particolar modo in comune di dio o elevato, con foglie di colore alla precocità, alla produttività, Castelnovo del Friuli. verde medio. Il ciclo è tardivo, si all’adattabilità all’ambiente e al semina in primavera e si racco- diverso impiego culinario. Fino Bròcul di Orçan (Cavolo glie nel tardo autunno. Resiste agli anni Settanta del Novecento broccolo di Orzano). Si utilizzano bene ai freddi. Vedi anche Tiere si potevano rinvenire, nelle aree le foglie previa lessatura come furlane n. 1, 2009. montane e collinari della regione, nel tipo precedente. Si distingue Il cavolo cappuccio di Sauris, or- circa 170 tipi che si sono ridotti, da questo per le foglie di forma mai introvabile, apparteneva con attualmente, a poche decine. lanceolata (ricordano nell’aspetto ogni probabilità alla medesima I motivi che stanno alla base la vecchia varietà di cavolfiore tipologia. di una tale variabilità sono sia Tolmu), il colore verde-bluastro e storici che genetici. Per quanto la taglia maggiore della pianta. Râf di bruade / brovade riguarda gli aspetti storici va (Rapa da brovada). È il porta- ricordato che, grazie alla loro Bròcul di Mueç di Remugnan bandiera della nostra tradizione maggiore produttività, i fagioli (Cavolo broccolo di Mueç di Re- gastronomica. Si tratta in gene- soppiantarono la fava quasi dap- mugnano). Di utilizzo e caratteri- re di selezioni locali della rapa pertutto e, in virtù dell’elevato stiche simili ai tipi precedenti dai bianca a colletto viola e meno contenuto proteico, costituirono quali si distingue per le grandi frequentemente della rapa “mar- per secoli l’unica fonte proteica dimensioni, la forma ovale, ed il tello”. La radice presenta una a basso costo per i ceti meno colore verde medio-chiaro delle forma cilindrica od ovale con una abbienti. Ogni famiglia seleziona- foglie. colorazione della buccia violacea va, alla sera dopo cena, al lume a partire dal colletto fino a metà- della candela o del ferâr, quelle Cjapût di Culino (Cavolo cap- due terzi della radice. Si semina sementi che più sembravano puccio di Collina di Forni Avol- a più riprese a partire da inizio attagliarsi alle esigenze culinarie tri). Coltivato prevalentemente estate e si raccoglie a partire da di nonne e zie e che, in cam- in comune di Forni Avoltri, ma inizio autunno. po, dimostravano produttività e apprezzato per la preparazione rusticità. Come scrive Antonietta di crauti ben al di fuori di questo Fagioli Spizzo: “La selezione di fagioli ambito. Deriva probabilmente da per la semina era attentissima, una selezione locale del cavolo Fra le orticole locali un posto di fatta sì in base alle esigenze e ai cappuccio “Quintale d’Alsazia”, rilievo spetta ai fagioli. gusti personali, ma soprattutto noto anche come “Cappuccio Nel corso dei secoli in regione in base alle esigenze climatiche grosso di Germania”. Presenta sono state coltivate e selezionate dei singoli appezzamenti, perché ☛ 88 •

☞ campi distanti anche solo 100 orticole che hanno il medesimo Fasûl dal Santissim o da metri possono avere condizioni sistema riproduttivo del fagiolo, L’Àcuile (Fagiolo del Santissimo molto diverse di esposizione al ad es. il pomodoro, il peperone o dell’Aquila). Fagiolo rampican- sole e al vento” (Spizzo 2009, ed il pisello. te che si coltiva nei comuni di 145). È impossibile che gli attuali Facciamo seguire una sintetica Arta Terme, Tolmezzo e Cavazzo genetisti possano avere tanta descrizione dei fagioli più inte- Carnico. L’appellativo deriva dalla pazienza, tanto tempo, e tanti ressanti. forma della macchia che circonda semi di tante aree diverse su l’ilo la quale richiama nelle fat- cui operare. Le basi genetiche Fasûl Favâr (Fagiolo Favâr). tezze l’ostensorio o… un rapace. di tanta variabilità risiedono Si tratta di un fagiolo rampicante È varietà poco produttiva, ma nella particolare biologia ripro- un tempo molto coltivato nella la sua granella è adatta sia alla duttiva del fagiolo comune (che pianura friulana. Veniva seminato produzione di materiale secco rappresenta oltre il 90% dei tipi al piede delle giovani piante di che ceroso. coltivati in regione): questa faci- mais che fungevano da tutori. lita il mantenimento nel tempo Con l’avvento del diserbo chimi- Fasûl Laurón (Fagiolo Lau- delle caratteristiche selezionate co, a partire dagli anni Sessanta, ron). Borlotto rampicante con dall’agricoltore perché ritenute la coltivazione in consociazione granella di piccole dimensioni. utili. Tale aspetto è confermato al mais si è notevolmente ridotta Varietà adatta sia alla raccolta a dalla elevata variabilità tutto- fi no a scomparire quasi del tutto. fresco che a secco. Si coltiva in ra esistente all’interno di altre Destino analogo hanno subito le Val Pesarina. coltivazioni negli orti dove sono stati soppiantati dai borlotti, Fasûl Militón (Fagiolo Militon). in genere più produttivi ed Fagiolo rampicante di buona pro- “attraenti”. Il baccello, così duttività e con granella adatta sia come il seme, è di co- alla raccolta cerosa che secca. Si lore beige. Il seme, di coltiva prevalentemente nell’area buone dimensioni, di di Forni di Sopra. aspetto reniforme e schiacciato, richiama Fasûl dal Voglùt o Plombìn nelle caratteristi- (Fagiolo dal Voglut 'occhietto' o che la fava e da ciò Plombin). Fagiolo rampicante trae origine il nome. coltivato nella Valle della Bût e Sono molto apprez- nella Val Pesarina. Il nome deriva zati per il tegumento dalla particolare colorazione scu- particolarmente sottile ra che circonda l’ilo. La granella e per il gusto che ricor- è adatta sia per la raccolta a da la castagna. fresco che a secco; le caratteri- stiche culinarie sono discrete, la Fasûl Cesarìn (Fagiolo Cesa- produttività è buona. rìn). Fagiolo rampicante col- Non è raro osservare la coltivazione di una mescolanza di tipi di fagioli. tivato in Val Pesarina, alta Val Fasûl Borlòt di Pesària Nella foto si notano, accanto a Tagliamento e conca di Illegio (Fagiolo Borlotto di Pesariis). semi di fagiolo comune (Phaseolus in comune di Tolmezzo. Il nome Coltivato nell’omonima frazione vulgaris) anche materiali derivati da ibridazione naturale fra questo deriva dall’aspetto della granella del comune di Prato Carnico in ed il Bianco di Spagna (Phaseolus (tonda, piccola e di colore verde) Val Pesarina (Canal Pedarzo). È coccineus). In quest’ultimo caso i che ricorda il pisello, in friulano rampicante e adatto sia per la semi sono di maggiori dimensioni, con fondo vinato e colorazione cèsare o cesarón. È adatto alla produzione di granella fresca che scura. produzione di granella secca. secca. • 89

Radicchi indicare la parte sommitale del fittone radicale che, al termine Ora molti radicchi sono divenuti della preparazione del singolo un genere quasi "di lusso", ma grumolo per la vendita, viene ai tempi dei nostri padri e nonni lasciato per assicurare una mag- l'umile ortaggio era una risorsa giore durata del prodotto; un po’ inestimabile per buona parte come succede per il radicchio di delle famiglie. Treviso. Talora il prodotto viene Uno specchio di ciò può essere la mescolato con un 10-20% di tipi poesia di Zaneto (don Giovanni a fogliame rosso. Radicchio Rosa di Gorizia. Schiff, 1872 - 1947) intitolata È un ortaggio ampiamente diffu- Ladric: sperance uniche di cui so e coltivato nella media pianu- eccovi una strofa: Dopo tant ra udinese dove segue, in genere, nell’aspetto un bocciolo di rosa timp che duarmin / si svèin un cereale autunno-vernino. Si dal colore rosso più o meno in- ducj i pomârs, / alçant il cjâf semina a luglio e si raccoglie nei tenso, con o senza variegature. Si tra l'arbe / sflurìssin i violârs... mesi invernali, dopo che ripetuti coltiva nel comune di Gorizia ed / Ma sore dut si brame / che abbassamenti termici hanno mi- in aree limitrofe. in mieç a la verdure / al torni gliorato le caratteristiche orga- Si semina o trapianta a partire cun premure / a vignî sù il nolettiche della parte edule. La dalla tarda primavera-inizio esta- ladric... raccolta si protrae fino all’inizio te. All’arrivo della cattiva sta- della primavera. A differenza del gione si procede alla scalzatura Lidrìc cul poc (Radicchio a radicchio “Rosa di Gorizia” non delle piante ed alla loro conser- grumolo con radice). Si coltivano viene sottoposto a forzatura. vazione in trincee, direttamente più tipi riconducibili, in massi- in campo, pronte per la forzatura ma parte, alla “Cicoria bionda di Lidrìc Rose di Gurize (Radic- vera e propria che viene commi- Trieste” od al “Grumolo biondo”. chio Rosa di Gorizia). surata di volta in volta al quan- La parte edule è rappresentata Si tratta di una particolare titativo richiesto dal mercato. da un grumolo di 5-10 foglie, di selezione locale di una cicoria La forzatura si effettua in locali colore verde chiaro con una base da grumolo. Il nome deriva dalla aziendali o tunnel freddi ed ha biancastra. Il termine poc sta ad forma del grumolo che ricorda una durata variabile in funzione della temperatura (10-20 gior- ni). Il prodotto è preparato per la vendita con una toelettatura che elimina le foglie vecchie o ammalate e lascia intatto il tipico cuore con una piccola porzione del fittone radicale.

Lidrìc Canarin (Radicchio Canarino). Ricorda nell’aspetto il tipo precedente dal quale si dif- ferenzia per il colore giallo più o meno intenso del fogliame e per la presenza o meno di variegatu- re rossastre. La coltivazione, concentrata nel Goriziano, si effettua anche in Lidrìc cul poc. alcune aziende della media pia- ☛ 90 •

☞ nura udinese. La tecnica coltura- hanno ricevuto il Nobel, e nep- le è analoga alla varietà Rosa di pure gratificazioni finanziarie e Gorizia. non sapevano che cosa fosse un brevetto (le ditte sementiere lo Lidricùt di Triest (Cicoria sanno fin troppo bene): citiamo zuccherina di Trieste). Anche se almeno il nome di una famiglia quasi scomparsa nell’area in cui a cui i friulani devono il sedano era stata selezionata nel corso che profuma le nostre cucine. degli anni, è divenuta una varietà di riferimento in ambito nazio- Selino di râf di Godie (Seda- nale sia per produzioni inviate al no rapa di Godia). Selezionato mercato fresco che alla 4a gamma originariamente dalla famiglia (prodotti tagliati, lavati ed im- Driussi di Godia (Udine) a parti- bustati). Presenta foglie larghe, re dai primi anni del Novecento, color verde chiaro con nervature si è fatto lentamente apprezzare poco marcate. Sottoposta a tagli anche dagli altri ortolani della ripetuti rivegeta facilmente. Si regione e non solo. coltiva sia in pieno campo che Rispetto ai tipi olandesi comu- sotto coperture. È apprezzata La patata Coionàrie alla Mostra nemente presenti sul mercato mercato regionale della patata di perché, rispetto ad altre cicorie Ribis di Reana del Rojale, ottobre permette di ottenere dalla stessa da taglio, è poco amara anche 2009. pianta due produzioni: foglie e dopo ripetuti tagli. radice. Quest’ultima possiede un profumo ed un gusto decisamen- per una scarsa produttività, una te migliori rispetto alle varietà Un tubero ridotta sensibilità alle più comuni più diffuse ed un maggior peso. particolare malattie ed una elevata preco- La pianta presenta una note- cità. I tuberi hanno una buona vole rusticità nei confronti dei Non ci sono solo le patate da resistenza alla cottura, si utiliz- principali parassiti e del freddo. gnocchi, da purè, da friggere e zano in genere interi e con tanto Rispetto al sedano “Bianco del da insalata, il panorama patati- di buccia in diverse preparazioni Veneto”, l'ecotipo che più gli colo è arricchito da una varietà culinarie che ne esaltano le inte- assomiglia, il sedano di Godia veramente speciale con la quale ressanti caratteristiche gustative. mostra una tipica colorazione potete arricchire, anche esteti- In talune località è detta "patata violacea del colletto e si avvan- camente, certi piatti e fare un di vigjel" perchè accompagna la figurone con gli invitati che non carne di vitello, spezzatini, ecc. la conoscono. Si tratta, con ogni probabilità, della varietà francese Ratte. Patate Coionàrie (Surisìns, patata Topo, patata Colona- rie). Presenta tuberi di piccole Il sedano dei dimensioni, a volte di aspetto Driussi reniforme e con occhi superfi- ciali, buccia sottile di color giallo Prima dell'avvento della moderna paglierino e pasta di un giallo più industria sementiera erano i col- intenso. Si coltiva here and the- tivatori che facevano i genetisti re in tutta la pianura friulana, ma fornendo, tra l'altro, e su un piat- è più diffusa nell’area di Ribis di to d'argento, i materiali di base Reana del Rojale. Si caratterizza alla mentovata industria. Non Sedano rapa di Godia. • 91

taggia di un miglior stato fitosani- lità nelle quali un tempo erano tario, nonchè di una produzione coltivate, ma che oramai sono superiore e più uniforme. state sostituite da cultivar com- merciali. Resta comunque il fatto Un parvenu che trattandosi di aree partico- larmente vocate alla coltivazione A questo elenco va aggiunta di queste orticole, i prodotti ivi un’altra orticola che, pur non ottenuti presentano tutt’oggi potendo vantare lo stesso pedi- elevati livelli qualitativi, tali da gree delle precedenti, è giusto tenere alta la nomea conquistata menzionare. oramai in tempi lontani.

(Pa- Cocìn furlan (Zucchino friula- Patate di Ribis e Godie no). Si tratta di una pianta con tata di Ribis di Reana del Rojale Verze rave a Rivarotta, ottobre 2009. frutti clavati, bitorzoluti e con e Godia di Udine). Un tempo colorazione gialla della buccia. le produzioni erano ottenute a partire da varietà a pasta bianca Vengono consumati ed apprez- ta. Per saperne di più vedi Tiere come la “Bianca carnica” e la zati sia freschi che in salamoia. furlane n. 1, 2009. L’appellativo “friulano” nasconde “Slava”. Negli ultimi trent’anni queste sono state soppianta- un’origine geografica ben più Sclopìt (Bubbolini, Strigoli). È te dalla cultivar Kennebec, di remota che potrebbe ricercarsi una delle più conosciute tra le origine canadese. È, questa, una in Nord America nelle corri- piante spontanee di uso culina- patata a pasta bianca e tube- spondenti varietà Crookneck e/o rio in regione. L’impiego nella ro grosso il cui punto di forza Straightneck. cucina locale dei teneri germogli è rappresentato dalle elevate in minestre, frittate, risotti ecc. caratteristiche culinarie che ha origini molto lontane. Ultima- Il terroir resta fanno passare in secondo piano mente, sui mercati locali, hanno la sensibilità alle comuni fitopatie fatto la loro comparsa anche pro- Vi sono, infine, alcune varietà e la mediocre produttività. che hanno dato lustro alle loca- dotti non più ottenuti dalla sola raccolta di materiale spontaneo Sparc di Tavagnà (Asparago (peraltro regolamentata a termini di Tavagnacco). Fino ad una di legge), ma da coltivazione vera ventina di anni fa era possibile e propria. È diffusa in un vasto rintracciare delle coltivazioni di areale che va dalle dune costiere questo asparago nel territorio ai ghiaioni alpini d’alta quota, comunale e nei comuni conter- con varie sottospecie che si dif- mini. Si trattava di una selezione ferenziano non solo nella forma locale della francese Precoce di e consistenza delle foglie e dei Argenteuil, una varietà molto teneri germogli, ma anche nelle valida tanto da rappresentare la caratteristiche organolettiche. progenitrice di larga parte delle cultivar di asparago bianco dif- fuse nel mondo. L’ecotipo locale Conclusione era particolarmente apprezzato per le caratteristiche qualitative Le scoperte continuano: a Zovel- e la rusticità, ma presentava una lo di Ravascletto c’è ancora chi mediocre produttività, complice coltiva il cararàbar, scomparso Zucchino giallo. anche la tecnica colturale adotta- altrove e del tutto sconosciuto ☛ 92 •

☞ ai moderni orticoltori familiari; a (embè? Anche il Refosco...) e Rivarotta di Teor c’è una verze antiossidanti: in ogni epoca c'è rave che, via Torsa, è arrivata chi pensa di avere scoperto la da Ronchis di Latisana; a Torre- fonte dell’eterna giovinezza ma, ano c’è ancora qualche signora come ogni leggenda, chissà, ci che produce redrèpis (Atriplex sarà pure un fondo di verità... hortensis) le quali svolgono Altri pomodori “friulani” sono perfettamente le funzioni dello chiaramente di origine yankee o spinacio, ma si raccolgono nel di origine toscana, molte bustine Redrèpis (Atriplex hortensis) in un periodo estivo e hanno la parti- di sementi sono arrivate anche orticello di Torreano; la differenza di habitus vegetativo dipende dal colarità di essere uno spinacio dalla Francia ma, spesso, queste momento di semina. “arborescente”. varietà rimangono circoscritte A Sauris c’è ancora qualche ad una o poche famiglie; solo in orticello con uno strop di fave, casi molto rari assumono una probabilmente le fave più alte diffusione che, seppur su piccola d’Italia: un primato da coltivare scala, possa giustifi care l’aggetti- e da preservare. E i pomodori vo “locale”. “friulani”? Non li abbiamo inclusi L’esempio del pomodoro vale, in questo catalogo perché sono evidentemente per tutte le altre troppi. orticole. Molti lettori si dimostrebbero Qui vorremmo, infi ne, sottolinea- sorpresi nel vedere i pomodori re il grande ruolo che svolgono, e considerati tra gli ortaggi locali di cui possono essere orgogliosi, friulani ben sapendo della loro quegli orticoltori “hobbisti” che origine americana. perpetuano varietà non commer- Ciò non deve fare meraviglia: ciali: mantengono un patrimonio anche i fagioli provengono dal genetico che, se è importante medesimo continente e, quindi, per la loro famiglia, nell’insie- si trovano costì da non lunga me è fondamentale per l’intera pezza, eppure si sono talmente società. Fave a Sauris, settembre 2009. ben adattati da dare origine a va- rietà friulane sclapadis sul çoc, con tanto di nome nel nostro Bibliografi a idioma. Ca t t i v e l l o Co s t a n t i n o , Castelno- Nei nostri ricordi vi sono alcune vo: un serbatoio di biodiversi- anziane che si tramandavano tà orticola, “Sot la Nape” LXI, la semente di pomodori gialli, supplemento n. 1, 2009 (si tratta ottimi in insalata perché dolci ed di uno “speciale” della rivista aromatici; nella zona di Castelno- della Società fi lologica friulana vo non è infrequente un pomo- dedicato a Castelnovo). doro scurissimo, tanto da poter sP i z z o an t o n i e t t a , I fagioli di L essere defi nito “nero”, come Pradumbli, in Miceli Fabiano, quello che ha fatto tanto parlare Costantini Enos (a cura di), La di sè perché “creato” da fi or di biodiversità coltivata - Storie scienziati e al quale i giornalisti di persone e agricoltura tradi- Pomodoro “nero”. Villa Sulis di Costa di Castelnovo, Seconda Mostra hanno assegnato mirabolanti zionale tra Friuli e Carinzia, regionale delle vecchie varietà di proprietà anti-invecchiamento e Forum, Udine, 2009. ortaggi, 7 agosto 2005. strabilianti contenuti in antociani • 93

Giovanni PUPPATTI, Giuseppe BERINI Lâ a tindi L’uccellagione in Friuli: una passione dura a morire

Bressana con annesso roccolo in località Pascs (Tricesimo).

L’uccellagione è radicata in Friuli do degli abitanti di Adorgnano paradossale possa sembrare, come in poche altre Regioni (frazione di Tricesimo), scriveva che ciò sia dovuto al particolare italiane: forse solo la Toscana ed che allora quasi tutte le famiglie attaccamento alla natura che i alcune località della Lombardia del luogo si dedicavano all’uc- friulani hanno sempre manifesta- possono vantare una presenza cellagione. Questo ci fa pensare to, vivendo immersi nella stessa, di apprestamenti per l’aucupio che, se da un lato l’aucupio era quasi a stabilirvi un rapporto così numerosi. Facendo riferi- una fonte non trascurabile di alla pari con le sue componenti, mento al territorio di Tricesimo, sostentamento per la popolazio- si direbbe di valenza umana. oggetto di un particolare studio, ne locale, anche se raramente Ci si chiede che cosa poteva si è potuto censire trentacinque a quel tempo costituiva una signifi care l’adoperarsi con tutte uccellande fi sse, attive nel corso fonte di reddito da commercio, le ingegnosità di questo mondo del Novecento, pari a una ogni 2 dall’altro rappresentava una vera per catturare quelle bestiole, Lkmq, senza contare gli appresta- passione che coinvolgeva tutti sobbarcandosi fatiche e sacrifi ci menti vaganti ed il trappolaggio gli abitanti. Occorrerebbero degli indicibili, se non un gareggiare vietato con le prime leggi nazio- studi di sociologia e psicolo- alla pari con le stesse per vedere nali sull'uccellagione degli anni gia per indagare sulle cause di chi ne usciva vincitore: l’uomo Venti e Trenta del Novecento. Lo questo viscerale coinvolgimento con la cattura della preda o scrittore tricesimano Giuseppe dei friulani in una attività che quest’ultima che, sottraendo- Costantini nella “Guida delle non trova, a tali livelli, riscontri si all’agguato, si beffeggiava Prealpi Giulie” del 1912, parlan- altrove! Si ritiene, per quanto dell’uccellatore! Non è errato ☛ 94 •

delle piccole prede che i Signori (si pensi al Medio Evo) disde- gnavano, lasciando, magnanimità loro, che le cacciassero i sudditi. Alla base sta l’impiego del vischio (visc), sostanza appiccicosa che si ottiene, mediante laboriosa procedura, dall’omonima pianta. Il vischio veniva spalmato su del- le bacchettine lunghe 20/30 cm., ricavate soprattutto dal ligustro (bàcjare), dall’olmo (olm) e dal- la sanguinella (sànzit), chiamate viscjadis (it. panie), oppure su Tesa a vischio per cesene (Qualso), gennaio 1979. dei bacchettoni ricavati dalle stesse piante detti vergòns (it. panioni). ☞ dire che questa attività ha creato mantenimento di quelle architet- Varie erano le modalità d’im- una cultura in Friuli, basti pensa- ture vegetali che sono i roccoli e piego: ci si poteva servire re alla ricca terminologia che la le bressane mediante l’assegna- nell’uccellagione con civetta e riguarda e che, spesso, non trova zione di un contributo ai posses- panioni (çus e vergòns), oppure riscontro nella lingua italiana; si sori che intendono mantenerle in quella fatta con pali e paletti pensi ancora ai numerosissimi in vita curandole, salvando in tal (stàngjis e lumìns). Le panie modi di dire relativi al mondo modo un paesaggio che è ormai venivano conservate e portate al degli uccelli, per non parlare dei entrato a far parte dell’immagina- seguito in mazzetti avvolti in una mitici personaggi legati all’uc- rio collettivo. Un tratto di penna pelle (generalmente di coniglio cellagione che sono entrati nella non può cancellare una tradizio- o di pecora) detta scuàrç che letteratura locale (per la zona ne millenaria. Si ritiene che ci faceva loro da guaina. collinare e pedemontana sopra voglia ben altro: quella passione Le tese venivano il più delle Udine chi non ha sentito parla- è entrata nel DNA dei Friulani volte impiantate nelle “braide” in re degli impenitenti uccellatori ed è giusto che, anche se con zone poco disturbate, utilizzando come pre Checo Placerean (don modalità diverse dal passato per- gli alberi da frutto quali i meli Francesco Placereani di Mon- ché i tempi sono cambiati, possa (melârs), i peri (perârs), i caki tenars), il Vicjari di Tricesimo, tuttora alimentarsi. (cacârs), ecc., come supporto i Trangoni di Pagnacco, ecc.): per le panie ed i panioni. come dire che se non si conosce Nella media ed alta collina, si a fondo anche questo aspetto del Tesa (utìe, tinde, utilizzavano dei piccoli boschet- Friuli non si può comprendere ti con alberi di faggio (faiâr), appieno lo spirito che lo anima. tese) con vischio carpino (çàmar), rovere (rôl), C’è da chiedersi, poi, che cosa (visc) ontano (ornâr), non più alti di significhino oggi, allorché l’uc- tre metri, dentro ai quali, tordi cellagione è vietata, le nume- Forma di aucupio (lâ a tindi) (dordèis), merli (miàrlis) e rose mostre ornitologiche che che si perde nella notte dei tutti gli altri uccelli di richiamo si accompagnano a tante sagre tempi, di cui parla già Confucio attiravano i loro simili, i quali si locali, se non un andare alme- vissuto cinquecento anni prima posavano sulle panie poste ad no con il ricordo a quei tempi di Cristo e che in Friuli ebbe arte tra i verdi festoni formati di passati! Bene ha fatto la Regione molta fortuna in quanto poco proposito fra gli alberi. Friuli-Venezia Giulia a favorire il costosa ed adatta alla cattura Il vischio era meno utilizzato nel- • 95

le tese di montagna a causa del (scriç) o il primo codirosso (co- vento o delle nebbie abbastanza daròs), uccelli che sono partico- frequenti, non proprio ideali per larmente eccitati dalla presenza questo tipo di aucupio. della civetta, si provvedeva ad Per attirare i volatili l'appresta- inserire questi ultimi nella gabbia mento veniva fornito di bacche in modo che sarebbero stati poi e cibaria varia, nonché da uccelli loro a segnalare, schiamazzando da richiamo (reclàms), chiusi (sforeteànt), la presenza del in gabbia, e da zimbelli (zûcs), rapace. uccelli lasciati liberi di svolazzare entro un determinato perime- Tesa con pali (lâ à tindi cu tro in quanto trattenuti con dei la stangje) fili. L’uccellatore si appostava a Sistema ingegnoso di uccellagio- Disegno di Renzo Tubaro per lo qualche metro di distanza in un ne vagante con il vischio, friulano Strolic furlan del 1954. riparo (casòn), il più delle volte per eccellenza, anche in ragione improvvisato, pronto ad accor- della sua semplicità ed econo- rere sul posto per raccogliere le micità. Si trattava in sostanza la parte alta terminante a “V” bestiole che, impaniatesi, cadeva- di tre legni messi assieme e (forcjàs). no a terra. cioè di un sostegno infisso nel Temporaneamente, nei mesi terreno (pâl), di un’asta mobile estivi, si tendevano le paniuzze, Tesa con civetta e panioni (lâ (stangje) incernierata al soste- panie molto sottili ricavate dalla a tindi cun çus e vergòns) gno e della cima di un alberello saggina (soròs di scove) lungo Questo tipo di uccellagione (pèndul) ben infrascata che, i corsi d’acqua, o attorno a delle vagante con vischio sfruttava pure essa incernierata alla cima, pozzanghere, per catturare gli l’irresistibile attrazione che la rimaneva penzolante quando uccelli all’abbeverata, in partico- civetta (çus), con il suo aspetto l’asta mobile era alzata. lare passeri (pàssaris), verdoni e le sue movenze, esercita sugli Spesso all’intorno venivano (sirànts) e cardellini (gardèi). altri uccelli. Si trattava di un di- piantati altri alberelli (lumìns), Come ausilio alla cattura de- spositivo costituito da una gabbia non più alti di un metro e mezzo, gli uccelli venivano impiegati i ovalizzata (çuitàrie), schiacciata specialmente per la cattura dei richiami vivi (reclàms) in gabbie da due lati tanto da assumere la pispoloni (dordìnis). Sugli albe- appese alla stessa stanga, gli zim- forma di una ruota, che veni- relli venivano fissate le verme- belli (zûcs), uccelli imbragati e va collocata sopra una gruccia ne (vermènis) che, a distanza facenti capo ad un tirante (filài- (crùchigne) infissa nel terreno. regolare, portavano degli intagli ne), oppure ancora, soprattutto Tutto intorno su delle canne ve- (due per volta in modo da creare se i catturandi erano le peppole nivano collocati dei vergoni dove una certa presa) in cui si collo- (montàns), i presicci di quest’ul- gli uccelli incuriositi venivano poi cavano obliquamente le panie. tima specie (uccelli di recente a posarsi. La civetta, tolta dalla Il palo poteva essere alzato ed cattura) che, rinchiusi in una gabbia, veniva fatta posare in abbassato all’occorrenza, mante- cesta (pice), schiamazzavano in cima alla gruccia e fatta svolazza- nendo, grazie all’incernieramen- maniera incredibile attirando sul re a terra mediante lo strattona- to, l’alberello di punta sempre posto i consimili. mento, da parte dell’uccellatore verticale: ciò impediva la caduta nascosto nelle vicinanze, di un delle panie, nonché facilitava il La vuitàrie tirante a cui l’uccello era legato. suo smontaggio per essere por- Si trattava di una specifica tesa a Ciò invogliava gli uccelli pre- tato là dove serviva. In posizione vischio, dedicata esclusivamente senti nei dintorni ad accorrere di “abbassato”, per le operazioni alla cattura delle pispole (vuìtis) incuriositi verso la civetta. Dopo di riassetto, il palo poggiava su che veniva posizionata in radure aver catturato il primo pettirosso un paletto infisso nel terreno con o prati brulli, ambienti d’elezione ☛ 96 •

☞ di questi uccelletti. erano catturate almeno un paio, Le reti singole venivano usate nel Era costituita da venti o più si provvedeva a legarle assieme e paretaio (parèt) e nella prodina paletti conficcati nel terreno a riporle in un sacchetto di juta a (prodine) (tese a reti orizzon- attorno ad un piccolo capanno trama larga (pice) da cui gli uc- tali), mentre il tramaglio veniva fatto di frasche in cui prendeva celli, litigando tra loro, attiravano usato nelle bressane, mezze posto l’uccellatore. i branchetti (cjaps) di passo. bressane e nei roccoli (tese a In cima ai pali che normalmente Questo tipo di cattura aveva reti verticali) terminavano a “V” veniva fissata luogo nei primi dieci giorni di una vermena in posizione quasi ottobre e, quando il passo era Passate (passadôrs, pas- orizzontale. Su quest’ultima ve- favorevole, dava molta soddisfa- sàdis) e sotto tondi (tordaie nivano ricavate, alternativamente zione all’uccellatore. / dordeàriis) in un senso e nell’altro, delle Per passata (passadôr, passàde) tacche dove si collocavano delle Tesa con reti si intendeva una sorta di sbar- panie in modo che le pispole non ramento ottenuto con il solito avessero modo di posarsi diretta- (lâ a tindi cu sistema della doppia alberatu- mente sulla vermena. lis rêts) ra di carpino bianco (çàmar), Questo tipo di uccellagione all’interno del quale si forma il iniziava nella tarda mattinata, Altro dispositivo usato nell’uc- corridoio (carète) dove vengono quando il terreno era ormai cellagione erano le reti (rêts, applicate le reti verticali. Classi- asciugato dalla rugiada, di modo ràgnis). Queste erano di due che erano le passate in uso nelle che l’uccello e le panie cadendo tipi: quelle ad un solo panno forcelle di montagna. In pianura a terra non si bagnassero (l’ac- (rêts simplicis) e quelle a tre o in collina servivano soprattutto qua fa male agli uccelli e rende panni (rêts armàdis), dette an- per intercettare quegli uccelli inservibili le panie). che tramagli. Quest’ultime erano guardinghi che, pur abbassandosi Inizialmente le pispole venivano costituite da due reti esterne a in volo, non si posavano all’in- richiamate dall’uccellatore con maglia larga, dette armature e da terno della bressana, ma prefe- l’ausilio dell’apposito fischiet- una rete interna a maglie strette rivano procedere oltre, magari to dalla forma di una rotellina dove andava ad infilarsi il volatile allo scopo di ispezionare meglio (vuìt); quindi, dopo che se ne insaccandosi. il luogo. All’esterno, oltre il fondo della bressana, frequentemente si trovava una sorta di prolunga- mento semicircolare, ottenuto con il solito sistema della dop- pia alberatura di carpini bian- chi, che veniva chiamato sotto tondo o tordaia (dordeàrie). Essa racchiudeva tra alte reti un boschetto di arbusti e serviva, in particolare, per la cattura di mer- li e tordi (donde il nome): uccelli che amano più che pasturare nel piano, infrattarsi tra i cespugli.

La prodina (rêt di trate) La prodina (rêt di trate), tesa Ingresso al capanno della bressana di Walter Moretti in località Pasc (Ara di a reti orizzontali, doveva il suo Tricesimo). nome all’essere posta alla “pro- • 97

di aucupio, essa permetteva di identificare selettivamente gli esemplari da catturare come richiesto dalle leggi.

La bressana (bressane) Uccellanda a reti verticali tipica dell’area collinare e della pia- nura friulana. Si tratta (spar- se qua e là sul territorio sono ancora visibili) essenzialmente di una struttura arborea, dalla forma rettangolare, costituita da due filari di carpino bianco (çàmar) alti da 2.70 m a 3.00 “Nel pomeriggio gran lavoro per spiumare, per preparare sullo spiedo gli m che, formando tra loro una uccelletti; il girarrosto vedeva penzolare cinquanta ed anche cento testine, tra una foglia di salvia ed una fettina di lardo, per poi comparire sulle tavole, galleria, detta anche corridoio distese sulle fette di polenta gialla intrisa nel grasso della leccarda (golose)...” (carète), dove vengono collocate (Da Antonini Perusini Giuseppina, Mangiare e ber friulano, Franco Angeli ed., verticalmente le reti, racchiu- Milano, 1970). Disegno di Fred Pittino per l’Avanti cul brun! del 1941. dono un’area verde detta piazza (place). Talvolta tutt’intorno era piantata una bassa siepe di bosso (bòs) per impedire agli uccelli da” (orlo di un terreno, capezza- uno strattone dato dall’uccellato- di fuggire da sotto le reti ed gna) di un campo fiancheggiato re. Il terreno sul quale dovevano agli animali selvatici di entrare da filari di alberi, che in Friuli appoggiare le reti doveva essere nell’apprestamento, danneg- erano quasi sempre gelsi. Poteva ben pulito e sfalciato. Lo spa- giando le stesse. Al suo interno, essere posta anche nel bel mezzo zio che intercorreva fra le due venivano allevati arbusti da bacca di un prato sfalciato in particola- reti, di dimensioni uguali, veniva come il biancospino (baràç re per catturare pispole (uìtis), cosparso di semi di miglio (mei), blanc), il pruno selvatico (baràç pispoloni (dordìnis) ed allodole panico (panìç), canapa (cjanài- di bosc), il ligustro (bàcjare), (lòdulis). pe), girasole (girasòl), ecc. la vite del Canada e, vicino al Era un mezzo di cattura vagan- Le gabbie dei richiami si collo- casello, due piccoli ontani per te e constava di un paio di reti cavano alla base dei fusti degli attrarre i lucherini (lùiars), oltre orizzontali di media lunghezza alberi o a terra di fianco alle a piante erbacee annuali come il ed altezza (20m x 2m), che si reti, celate da frasche. Anche miglio (mei), il panico (panìç), chiudevano sul rettangolo di ter- per questo tipo di cattura erano la scagliola (scaiòle), la canapa reno posto tra di esse, mediante indispensabili gli zimbelli. (cjanàipe), il girasole (girasòl) funi manovrate dall’uccellatore La prodina veniva usata in parti- e l’immancabile fitolacca pòmu-( posto in un capanno normalmen- colare per la cattura degli uccelli le): tutte piante che producono te costruito con frasche e rami più propensi a posarsi in terra. In semi molto appetiti dai volatili e incurvati e legati assieme. Friuli era un sistema di uccella- che, essendo basse, costringeva- La prodina non aveva carattere gione molto diffuso che è durato no gli uccelli a posarsi a terra. di stabilità (veniva usata nelle fin nel secondo dopoguerra. Una È dotata di un casello (casòn) cacce vaganti) e quindi l’estremi- timida ripresa l'ha avuta quan- dal quale operava l’uccellato- tà dei due staggi era assicurata a do ormai ci si avviava al divie- re tirando a tempo debito lo quattro venti. La chiusura delle to dell'uccellagione in quanto, spauracchio (spavènt). Questo reti normalmente avveniva con diversamente dagli altri sistemi dispositivo era costituito da un ☛ 98 •

☞ lungo filo di ferro che attraver- lo scopo di rendere più facile al liegi, roveri (rôi), sorbi degli sava tutto lo spiazzo interno con tiratore il lancio dei necessari uccellatori (melùçs di mont), appesi oggetti atti a far rumore, spauracchi (palètis). sorbi montani (melessârs), on- ad es. barattoli (bandaròts), o a Ha quasi sempre forma ovoidale tani, frassini (fràssins), robinie simulare il volo di un rapace, ad o rotonda, con un perimetro che (acàcis) o altri, che venivano es. penne (plumis) e cartocci di varia da 40 a 60 metri. Il corri- al tempo della cattura diradati, mais (scus), nel momento in cui doio differisce da quello della togliendo foglie e rami, onde fa- era strattonato dall’uccellatore. bressana solo per l’altezza (4,5 cilitare la posa degli uccelli. Vale In tal modo si mettevano in fuga m - 5 m) e svolge le medesime la pena di ricordare che ogni gli uccelli che stavano pasturan- funzioni. uccello ha il suo seme o bac- do a terra, inducendoli a dirigersi La parte interna, invece, si diffe- ca preferiti: il lucherino quello verso i varchi (spielis) ricavati renziava da quella della bressana dell’ontano, il frosone (frisòt) nelle alberature perimetrali per poichè era formata da un vero e quello del carpino, l’organetto farli incappare nelle reti. Ai lati proprio boschetto di piante arbo- (sverzûl) quello dell’ontano ver- si elevavano, oltre la siepe dei ree ad alto fusto, potati e tenuti de, la peppola (montàn) quello carpini, alcune piante ad alto fu- in modo che l’albero al centro del faggio (faiâr), il ciuffolotto sto come il ciliegio (cjariesâr), il fosse il più alto e sopravvanzas- (sivilòt) quello del sorbo monta- pioppo (pôl), ecc. dette “di posa” se il corridoio di un metro, un no, il becco crociato (bec stuart) (arbui di butade), dove gli metro e mezzo, e gli altri andas- quello della pigna dell’abete uccelli tendevano a sostare prima sero gradatamente diminuendo (pigne di peç), ecc. Il terreno di calarsi nella piazza. Per at- d’altezza sino a giungere al livello interno sottostante agli alberi trarre gli uccelli venivano anche del corridoio stesso. Sulla pianta veniva tenuto a prato ben raso utilizzati richiami (reclàms) vivi centrale si usava collocare un con gli arbusti di pastura come tenuti in gabbie appese alle pa- ramo secco detto brocon. per la bressana. reti interne del corridoio, nonché Nell’interno si piantavano ci- Tutt’intorno non avrebbero dei presicci (solitamente femmi- ne) legati mediante una imbraga- tura ad uno spago (filàine) che faceva capo all’uccellatore per Çus e vergons essere strattonato all’occorrenza, oppure ancora legati ad un muli- Il poeta Pietro Zoruttti amava la selvaggina piumata in cucina ed nello (jùgule) che amplificava il amava altrattanto lâ a tindi. Le sue vivaci rime, anche in questo loro svolazzamento, oppure infine caso, sono la testimonianza, assai efficace, di un’epoca e di un lasciati liberi di muoversi entro costume. un determinato ambito perché O scalci sù dal jet, met i bragons, legati sempre mediante imbraga- Mi viest biel prest, cjol sù çus e vergons, tura ad un picchetto infisso nel In sachete un mieç pan... terreno (pastòris). Abandoni Bolzan, Tun lamp soi sot i roncs di Dolegnan. Il roccolo (rocul) O ce biele matine! Il roccolo, come la bressana, A pît di une coline è tuttora diffuso sulle nostre O planti il çus e o tint s’une cjarande, colline. Pure esso è una tesa O tiri la filaine: d’ogni bande a reti verticali ma, al contrario Plovin da chês colinis Porcjaruts, scodoros, scriçs, cjarandinis. della bressana, si piantava di ...... preferenza su un leggero pendio, (Pietro Zorutti, Il becafigo, da Le poesie friulane di Pietro col casello sempre posizionato Zorutti, Del Bianco editore, s.i.) nella parte più elevata; ciò aveva • 99

dovuto esserci alberi di nessun con un fischio pivadôr( ) il verso di catturare uccelli, vale a dire genere. Non mancavano però del falco e nello stesso tempo agiva sia su quelli posati sugli roccoli, anche tra i migliori, lanciava gli spauracchi che erano alberi o sfioranti gli stessi, sia circondati da boscaglia: in questo delle specie di racchette della su quelli posati eventualmente a caso però erano provvisti di lunghezza di circa 50-60 centime- terra o sugli arbusti. “sotto tondo” e di “passate” cioè tri, muniti all’estremità di un ton- di reti sussidiarie. La rete veniva do di vimini intrecciato a guisa di posizionata verticalmente come ventaglio che simulava le ali del L’individuazione per la bressana, ma era, come rapace. Lo spauracchio serviva del sito detto, di maggiore altezza. Anche a simulare l'aggressione di un il casello aveva gli stessi requi- uccello rapace nei confronti degli Stabilire la località dove far sor- siti e corrispondeva agli stessi uccelli posati o che stavano per gere una bressana non era una scopi ma, mentre quello della posarsi; doveva, perciò, essere cosa di poco conto. bressana poteva essere costituito lanciato in modo che andasse a Occorreva, innanzitutto, essere dal solo piano terreno perché cadere verticalmente sul centro sicuri, considerato l’investimento l’uccellatore era in grado benissi- del roccolo, cosicché gli uccelli si necessario ed i tempi di attesa mo di disimpegnare tutte le sue abbassavano al suo interno e si dovuti alla crescita delle pian- funzioni anche stando sul piano insaccavano nella rete. te (4-5 anni), che in quel sito dell’uccellanda, quello del roc- Se lo spauracchio non veniva lan- transitassero con continuità gli colo aveva sempre il piano dove ciato correttamente si rischiava uccelli migratori: si sa, d'altro sostava l’uccellatore, in posizione di far fuggire gli uccelli di lato, canto, che gli uccelli tendono a più alta delle piante del roccolo sopra il corridoio evitando la fare sempre lo stesso percorso stesso. Inoltre il ballatoio aveva rete. In pratica il roccolo presen- nei loro movimenti migratori. una grande apertura sul davanti tava una possibilità tecnica in più In effetti le bressane venivano ☛ per permettere il lancio degli spauracchi. Gli zimbelli erano sempre posti sopra il corridoio, utilizzando un prato aereo artificiale. I richiami erano gli stessi della bressana e disposti come nella bressana, colla differenza che, data la formazione interna a bosco, si potevano appendere seminascosti anche all’interno dell'apprestamento. Normalmente non si usavano al suo interno “corridorie” (pas- segine) o gabbioni (gabiòns) perché non era necessario che gli uccelli entrassero all’interno del roccolo, bastava che si posassero sulla sommità degli alberi che costituivano il boschetto interno, oppure che li sfiorassero. Quando gli uccelli vi si fossero posati, o fossero passati sfiorando gli alberi, l’uccellatore simulava Vista interna della bressana di Walter Moretti in località Pasc (Ara di Tricesimo). 100 •

bressane, come i roccoli, richie- gnato magari da amici e cono- devano attorno a loro uno spazio scenti, per controllare le catture libero da alberature per evitare effettuate e la regolarità del che gli uccelli potessero trovare servizio. A quei tempi l’uccel- appoggi per le loro soste al di latore trascorreva addirittura fuori dell’apprestamento (metisi l’intera giornata nel casello, dove in fal). Inoltre, per quanto ri- gli veniva portato da mangiare e guarda l’ampiezza degli appresta- dove dormiva durante la notte. menti, va aggiunto che mentre la In seguito allle leggi emanate lunghezza delle bressane poteva negli anni Trenta del Novecento variare, per così dire a piaci- le quali, tra l’altro, stabilivano dei mento, la larghezza non poteva periodi ben delimitati per la cat- superare un determinato numero tura, l’uccellagione fu circoscritta di metri in rapporto all’altezza alla sola mattinata. L’uccellatore, delle loro siepi laterali: il motivo allora, prima del sorgere del sole, va ricercato nell’angolo di involo si caricava sulle spalle il caval- degli uccelli a partire da terra: letto (cavalèt, mus) dove erano nel caso di ampi spazi sarebbero appese anche trenta gabbie di riusciti a fuggire dall’alto, mentre richiami e, a piedi, si recava sul in spazi più ristretti si trovavano posto di lavoro. costretti a fuggire dai varchi rica- Giunto alla tesa, la prima ope- vati nella siepe laterale, fi nendo razione era quella di collocare e dentro le reti. stendere le reti lungo il corridoio Galleria di una bressana (carète). per poi appendere ai posti asse- gnati le gabbie dei richiami (gli La gestione di una uccelli per una loro buona resa bressana canora non dovevano cambiare ☞ costruite nelle località dove in mai di posto), predisponendo precedenza si era esercitata con Come già detto le bressane ini- eventuali zimbelli. Normalmente successo l’uccellagione con il zialmente e fi no alla fi ne dell’Ot- verso mezzogiorno, quando il vischio o con reti vaganti, per cui tocento, erano di proprietà della passo ormai era avvenuto o per i risultati erano quasi garantiti. nobiltà locale che le affi dava a un lo meno era in calo, l’uccellatore Gli anziani ricordano, a dimo- famiglio incaricato di provvedere ripeteva le operazioni del mat- strazione di come le scelte non a tempo pieno alla loro gestione: tino a ritroso (lâ a distindi) e, sempre fossero scontate, che i non si trattava per il dipendente caricato sulle spalle il cavalletto, contadini del luogo, al termine solo di utilizzarle per l’uccella- faceva rientro a casa (stupendo è di dure giornate di lavoro nei gione nei periodi previsti (nor- il quadro di Loris Pasquali che ri- campi, si riunivano la sera per malmente in un arco di tempo trae l’uccellatore in questa posa), passarsi informazioni, con- che andava dal 15 agosto al 31 dove nel pomeriggio accudiva i frontarsi sulle varie possibilità dicembre), ma anche di curare la richiami. costruttive, dando inizio a piccoli potatura delle siepi che avveniva Agli inizi del secolo scorso, con passi alla realizzazione di queste per lo meno due volte all’anno, la il diffondersi tra i contadini strutture architettoniche per poi, semina delle graminacee, il ripri- della proprietà privata, la mag- via via nel tempo, adattarle in stino delle piante rinsecchite, la gioranza delle tese (bressane e relazione alle effettive esigenze manutenzione dei posatoi, ecc. roccoli) divennero di proprie- ed alle nuove tecniche di aucu- Quando le bressane erano in tà dei singoli uccellatori e si pio che si andavano diffondendo attività, il padrone si limitava a mantennero attive fi no al divieto sul territorio. Va osservato che le fare dei sopralluoghi, accompa- dell’aucupio. • 101

Specie di uccelli utilizzate come richiami

Occorre premettere che, ai tempi in cui l’uccellagione era consen- tita, l’allevare in cattività uccelli prevalentemente insettivori era veramente una bella impresa, in quanto non esistevano gli attuali mangimi. La batteria dell’uccellatore diffi cilmente superava cinquanta uccelli ed era composta princi- palmente da fringuelli (franzèi), peppole (montàns), lucherini (lùiars), cardellini (gardèi), fanelli (faganèi), verdoni (sirànts), zigoli (smaiàrts) e qualche frosona (frisòt mascje) che era preferita al maschio per- ché più creduta dai suoi simili. Vedere nelle batterie qualche ciuffolotto (sivilòt), crociere (bec stuart) o ortolano (orto- làn) era raro. Così pure erano rari allora i merli (miàrlis), i pispoloni (dordì- nis), le pispole (uìtis), i capineri (cjâfs neris) per cui anche le loro catture erano limitate. Ovviamente ogni uccellatore aveva le sue preferenze per questo o quel genere di uccello e, non da ultimo, andava consi- derata la specie degli uccelli che transitavano nella località in cui si uccellava. Il tenditore carnico, sicuramente Rientro dalla tesa dell'uccellatore Pio Degano con il cavalletto degli uccelli sulle nella sua batteria considerava spalle. Olio su tela di Loris Pasquali (1880 - 1936), ristorante La Balotarie di importante avere i ciuffolotti (si- Loneriacco di Tarcento. Loris Pasquali, nativo di Pistoia, arrivò in Friuli come bersagliere durante la vilòts), i crocieri (becs stuart) prima guerra mondiale. Qui si fermò attirato dal paesaggio naturale ed umano e gli organetti (sverzûi), cosa e, come si direbbe oggi, dall'enogastronomia. Aveva studiato pittura con Luigi che il suo omologo della pianura Gioli ed Ettore Tito, riprendendone la pennellata ricca di colore. Animatore friulana non prendeva in conside- di feste e manifestazioni popolari è attirato dalla rappresentazione della vita popolare dedicandosi alla decorazione di prestigiose osterie come la Taverna razione. comunale di Tarvisio e La Buona Vite di Udine. Può sorprendere che il tordo ☛ 102 •

☞ sassello (sgrîsul), oggi tanto con dei teli scuri in modo da ricercato, fino agli anni Sessanta diminuire la luminosità al loro del Novecento non venisse preso interno, fino ad eliminare la luce in alcuna considerazione. nell’arco di una decina di giorni. A quel punto anche le finestre venivano oscurate. La chiusa o muta Ovviamente gli uccelli presicci (mude) che nella stagione precedente avevano manifestato buone doti Si tratta dell’antica pratica di canore, ma non avevano cono- porre gli uccelli da richiamo sciuto la muta, venivano posti all’oscurità da aprile a luglio con alla loro prima muta. una mutazione delle piume. Pra- Alcuni preferivano porre i richia- ticamente si simulava il prolunga- mi già chiusati in un camerino mento della stagione invernale in con il pavimento cosparso di modo da ritardare il canto prima- sabbia, liberi di muoversi a loro verile degli amori (zornâ), diffe- piacimento, per rimetterli poi rendolo a settembre/ottobre (per nelle proprie gabbie dopo la Pubblicità per la Sagra dei Osei di le cesene/zenevròns addirittura muta delle piume. Sacile nello Strolic furlan del 1935. a dicembre) allorché iniziava il “passo” e, di conseguenza, anche il periodo dell’uccellagione. Terminato il periodo di caccia o cattura, la batteria dei richiami Parussulis di chês veniva messa a riposo: ovviamen- di Pordenon te non tutte le specie assieme, ma ciascuna nel momento in cui Giandomenico Ciconj diede alle stampe il volume Udine e la sua Provincia era terminato il relativo “pas- nel 1861. Si tratta di un’opera molto informata e molto colta nella quale, so”. I richiami venivano valutati nondimeno, si accenna anche all’avifauna nei suoi aspetti utilitaristici. per quanto avevano reso sotto Abbiamo, così, seppur in una prosa che mescola nomi scientifici e nomi l’aspetto canoro nella stagione vernacolari, un elenco delle specie più comunemente catturate all’epoca: appena trascorsa e, se meritevo- li, erano messi a riposo, in caso “Pochissime specie d’uccelli non domestici sono permanenti nella pro- contrario erano lasciati liberi. vincia, la maggior parte sono di passaggio, o dimoranti solo l’estate. In Normalmente i presicci dell’an- maggior copia vengono prese colla caccia le quaglie, le varie allodole, le nata non venivano messi alla calandre e tordine, varie specie di motacille, fra cui i coderossi, il culetto, chiusa, ma posti in voliere per la cutrettola, de’ fringuelli specialmente il celebre, il finco, il montano, il poi scegliere tra loro a primavera cardellino, il lugarino, il fanello, i passeri; varie specie di tordi, varie di quelli più canori. lozie, fra cui il frigione e il gufoletto; alcune di emberize, fra cui gli ortolani Gli uccelli che avevano già fatto e i cippi; e finalmente vi abbondano le diverse cingallegre, che nelle gole la chiusa l’anno precedente veni- dei monti di Gemona, e nei dintorni di Pordenone pigliansi a centinaja”. vano riposti in gabbioni a quattro o cinque scomparti e collocati Le “cingallegre” sono “cinciallegre” nell’italiano attuale, e parussulis in in una stanza ben arieggiata ed asciutta con una discreta lumi- friulano; quelle di Pordenone sono catalogate tra Lis siet raritâts dal Friûl nosità. dal nostro poeta Pietro Zorutti (1792 - 1867); ma lo sguardo ammiccante Nella prima quindicina di aprile di sar Pieri potrebbe anche farci propendere per un’ironica metafora... si iniziava a coprire i gabbioni • 103

saperi, Sot la Nape, n. 1, Zenâr- Març 2008. Di Ca p o r i a cc o Gi n o , L’uccellagio- ne nel territorio del feudo di Caporiacco, Sot la Nape, n. 2, 2001. Gi a c o m i n i Am e d e o , L’arte dell’an- dar per uccelli con vischio, Scheiwiller, Milano, 1969. Gi a c o m i n i Am e d e o , Terminologia friulana dell’uccellagione con vischio, Studi linguistici friulani, III, Società filologica friulana, 1973. Gi a c o m i n i Am e d e o , Terminologia friulana dell’uccellagione con reti, Studi linguistici friulani, IV, Società filologica friulana, 1974. Gi a c o m i n i Am e d e o , L’arte dell’an- dar per uccelli con reti, Schei- Tesa con vischio, 1968. willer, Milano, 1990. Gi a c o m i n i Am e d e o , Andar per uccelli, Santi Quaranta, Treviso, 2000. Anche nel caso della chiusa cia- per poter cantare al meglio. Ma n c i n i G., Gli uccellatori e scun uccellatore aveva le proprie Non ultime per importanza erano l’uccellagione in Friuli, Tip. tecniche. C’era chi, ad esem- la temperatura, l’umidità e l’ali- Minitipo, San Vito di Fagagna pio, il giorno di S. Giovanni (24 mentazione che dovevano essere (UD), 1987. giugno) toglieva alcune piume adeguate per tutto il periodo Po v o l e d o Gi a n c a r l o , Oselâ a agli uccelli che, a tale data, non della chiusa, pena gran numero Manià, Gris e Tramons, Sot la avevano iniziata la muta e c’era di perdite che si traducevano in nape, n. 4, 1998. chi, viceversa, non interveniva mancate catture nella stagione Pu pp a t t i Gi o v a n n i , Le bressane proprio sui richiami, consideran- autunnale. di Adorgnano, Adorgnano 2008, do questa pratica dannosa, in Associazione “Adorgnano insie- particolare per certe specie come me”, 2008. le cesene. Bibliografia Sa l v i n i Gi u l i a n o Pi e r p a o l o , Ro l a n - Al termine della muta si comin- Br u u n Be r t e l , Si n g e r Ar t h u r , Uc- d o Bi e r , Le cacce del brivido, ciava a dar luce alla stanza po- celli d’Europa, Arnoldo Monda- Tip. Mazzoli, Maniago (PN), nendo attenzione a partire dagli dori Editore 1982. 1997. uccelli che per primi venivano Ca r l o Ca v i n a , I nomi degli Sa l v i n i Gi u l i a n o Pi e r p a o l o , Storia utilizzati nella tesa. uccelli, Faenza Editrice S.p.A, ed evoluzione della cattura de- La fase iniziale del dare lumino- Faenza, 1989. gli uccelli nel Friuli - Venezia sità ai richiami era abbastanza Ce cc o n e Sa n d r o , Sentieri per Giulia, Regione Friuli - Venezia delicata in quanto doveva essere Uccellande, Lito Immagine, Ro- Giulia, 1999. graduale e specifica per i vari tipi deano Alto (UD), 2008. Sa n s o n Um b e r t o , L’oselàda, Sot la di uccelli. Ad esempio il lucheri- Ci m i ta n Le t i z i a , Uccellagione Nape, n. 4, 1987. Sull’uccellagio- no (lùiar) richiedeva tempi più ad Aiello del Friuli - Pratica, ne a Budoia. brevi della peppola (montàn) bagaglio e trasmissione dei 104 •

Pesca nella Ledra, immagine scattata verso la fine degli anni Trenta da Tarcisio Baldassi (1899 - 1997), fotografo bujese di grande sensibilità umana e ambientale • 105

Maurizio TONDOLO

L’Ecomuseo delle acque del Gemonese

Ad Ospedaletto di Gemona c’è Il Centro di Educazione ambien- un mulino che, da una decina tale “Mulino Cocconi”, ora gestito d’anni, ha riaperto i battenti da un’associazione e riconosciuto riproponendosi all’attenzione del dal Ministero dell’Ambiente, è pubblico: è rinato non per maci- articolato in tre sezioni: nare, non per vendere farina, ma - il Laboratorio didattico, per ospitare un centro di educa- - il Centro di documentazione zione ambientale e diventare la sulle acque del Gemonese (con sede operativa di un ecomuseo. una fornitissima biblioteca tema- Il mulino Cocconi, questo il suo tica su acque e dintorni), nome, si è trasformato in un cen- - il Museo dell’arte molitoria (fa Atro culturale e formativo, grazie parte della Rete museale della ad un fi nanziamento comunitario Provincia di Udine ed è ricava- di cui hanno benefi ciato il Co- to nell’antica sala delle macine mune di Gemona del Friuli e la dove sono conservati un mulino Cooperativa “Utopie Concrete”, a palmenti risalente all’Ottocen- vincitori di un bando indetto per to e uno a cilindri dell’inizio del promuovere progetti di sviluppo Novecento). sostenibile incentrati sulle risorse Complessivamente gli studen- territoriali locali. ti che negli ultimi cinque anni ☛ 106 •

☞ hanno svolto attività didattica ambientale si inserisce in una utilizzando il patrimonio della utilizzando i servizi offerti dal più ampia prospettiva di valo- comunità nel senso più largo, le mulino Cocconi sono stati oltre rizzazione del comprensorio del sue tradizioni, le sue architettu- 25 mila. Per la maggior parte si è Gemonese e della sua vocazione re, la sua storia, soprattutto la trattato di scolaresche che hanno turistica, legata alla presenza di più recente. L’esperienza di visita fruito di veri e propri “progetti monumenti ed opere d’arte, in che ne consegue è basata sulla formativi”, ovvero di percorsi sintonia con i principi emergenti lettura dei segni presenti sul ter- didattici articolati e incentrati su dell’ecoturismo sostenibile. ritorio stesso, attraverso itinerari varie problematiche aventi come specifi ci. A tale proposito sono comune denominatore l’acqua. Un mulino operativo stati realizzati dei percorsi che Alle attività di osservazione e di Il mulino Cocconi costituisce collegano con fi nalità didattiche e ricerca condotte nelle sale del pure il nucleo operativo di un turistiche le emergenze ambien- mulino si sono aggiunti lezioni in ecomuseo, ovvero di un museo tali locali, per comprendere dal classe, uscite in ambiente, appro- diffuso sul territorio che si pro- vivo l’evoluzione e le modifi cazio- fondimenti mirati. pone di documentare, conservare ni dei luoghi e consentirne una L’obiettivo è di favorire una e valorizzare i tanti siti naturali lettura soprattutto in funzione maggiore sensibilizzazione verso (sorgenti, laghi, torrenti, fi umi) dell’uso che si è fatto dell’acqua l’ambiente naturale e culturale, e le altrettanto numerose mani- nei secoli. Vengono pure ripropo- attraverso la ricerca e la messa a festazioni della cultura materiale ste all’attenzione del pubblico e punto di metodologie e strategie e immateriale (rogge, mulini, della popolazione locale le attivi- educative, che potranno tradursi lavatoi, opere di presa, ma anche tà lavorative tradizionali, in sin- concretamente in una più corret- pratiche di vita e di lavoro, sape- tonia con il recupero del mulino, ta gestione delle risorse territo- ri tradizionali, produzioni locali) che un tempo costituiva un luogo riali e in un miglioramento del che nel Gemonese costi tuiscono di aggregazione e di ritrovo. rapporto uomo-ambiente. L’atti- un vero e proprio sistema. Tutti vazione del Centro di Educazione i progetti e le iniziative che Un’area baricentrica promuove hanno la prospettiva L’Ecomuseo delle Acque del di orientare lo sviluppo futuro Gemonese, a cui hanno aderito i del territorio in una logica di comuni di Artegna, Buja, Gemo- sostenibilità ambientale, econo- na del Friuli, Majano, Montenars mica e sociale, di responsabilità e e Osoppo, è stato riconosciuto partecipazione dell’intera comu- dalla Regione Friuli Venezia nità locale. Giulia ai sensi della L.R. 10/2006. L’ecomuseo è dunque un pro- L’area di riferimento è rappresen- cesso culturale dinamico che tata dal Campo di Osoppo-Gemo- permette di valorizzare congiun- na, un’unità geografi ca complessa tamente le risorse ambientali, che assume una posizione bari- storiche e culturali locali. Si trat- centrica nell’ambito del territorio ta di uno strumento articolato, regionale: si tratta di una pia- un vasto contenitore di elementi nura alluvionale completamente (edifi ci, attività, emergenze circondata da rilievi, solcata naturali) indispensabili per far ad ovest dal Tagliamento che è Il mulino Cocconi, Centro di riemergere la memoria dei luoghi l’artefi ce della sua formazione. Educazione ambientale e sede operativa dell’ecomuseo. Costruito e ricostruire in modo effi cace le L’area comprende numerose lungo la roggia Plovia (cioè vicende e l’immagine di un terri- emergenze, naturali e antropi- ‘pubblica’) alimentata dalle acque torio e degli uomini che lo hanno che, legate tra loro dalla stessa del Tagliamento, ha origini medievali, anche se l’attuale struttura risale abitato ed utilizzato. È tutto il storia geologica e da un’attività all’inizio dell’Ottocento. territorio che diventa museo, materiale comune, quella dello ☛ • 107 Il Campo di Osoppo-Gemona Il Campo di Osoppo-Gemona, su cui opera l’Ecomuseo delle Acque, trasformazione si è quasi completata (il lago di Cavazzo o dei Tre è una vasta pianura posta al centro del Friuli, solcata dal Tagliamen- Comuni costituisce il lembo residuo dell’antico lago, all’estremità to e circondata da rilievi. Costituisce la testimonianza diretta di eventi del braccio occidentale, più protetto dall’alluvionamento). La massa geologici recenti ma assai rilevanti: deriva dal riempimento di un lacustre non si è però estinta, persiste ancora sotto forma di una enorme lago, profondo fi no ad un centinaio di metri, formatosi con il vasta falda freatica che si estende a pochi metri di profondità, il cui ritiro del ghiacciaio tilaventino. defl usso verso sud, in parte bloccato per la presenza dei depositi Ai tempi dell’ultima glaciazione, tra 80 mila e 10 mila anni fa, una morenici poco permeabili, dà origine ad un articolato sistema di gigantesca colata di ghiaccio scendeva lungo la valle del Tagliamen- risorgive di cui il Ledra è il fi ume collettore. to. Il suo spessore all’altezza di Ospedaletto era di 900 m; da questa Nel corso dei secoli gli abitanti della piana hanno cercato di sfruttare immensa coltre fuoriuscivano le cime dei monti San Simeone e al meglio le acque del Tagliamento mediante derivazioni e canali che Brancot e parte della dorsale del Cjampon. Le tracce del passaggio utilizzassero la forza motrice dell’acqua e nel contempo risolves- sono ancora oggi visibili nelle forme arrotondate che hanno assunto sero il problema della siccità dell’agro: l’antica roggia di Gemona, le alture meno elevate, come il Cumieli, o le lisciature apportate ai detta Plovia cioè pubblica, sin dal Medioevo svolse questa funzio- fi anchi dei versanti, quasi che il ghiacciaio li avesse levigati. Questa ne, ospitando numerosi impianti (mulini, segherie, battiferro) che azione erosiva, già in atto a monte lungo le numerose valli alpine, contribuirono allo sviluppo della comunità. Nell’Ottocento le esigenze comportava, contestualmente alla lenta discesa del ghiacciaio, il dell’agricoltura richiesero investimenti notevoli soprattutto nel settore trasporto di una gran massa di detriti che venivano depositati ai lati osovano del Campo e comportarono l’apertura della roggia Venchia- o sul fronte dove il ghiaccio si scioglieva. La massima espansione rutti, che il Consorzio di Bonifi ca Ledra-Tagliamento utilizzò succes- glaciale raggiunse un allineamento che da Ragogna passava per San sivamente per la realizzazione dell’ultimo tronco del canale omonimo Daniele, Rive d’Arcano, Fagagna, Moruzzo e Tricesimo. Qui venne in cui venne incorporata. addossata una quantità enorme di materiale che formò le colline che Oggi il Campo di Osoppo-Gemona continua ad assumere un oggi costituiscono l’Anfi teatro morenico. Parte dello stesso materiale rilevante valore strategico, soprattutto per la presenza nel sotto- si disperse verso sud trasportato dai torrenti di fusione, dando così suolo della maggiore riserva di acqua potabile della regione. Oltre origine alla Pianura friulana. allo sfruttamento delle acque superfi ciali da parte del Consorzio Successivamente l’aumento generalizzato della temperatura com- Ledra-Tagliamento, nella zona di Molin del Bosso tra Artegna, Buia e portò lo scioglimento del ghiacciaio e la formazione di un vastissimo Gemona operano le pompe del Consorzio per l’Acquedotto del Friuli lago, corrispondente all’attuale Campo di Osoppo-Gemona, che centrale che rifornisce 300 mila persone della provincia di Udine. Su verso nord si prolungava in due rami fi no a Venzone e Somplago. Il uno dei settori più sensibili della piana è insediata la Zona Industriale Tagliamento fungeva da immissario, confl uendo nel braccio orientale. di Rivoli di Osoppo, il cui impatto sull’ambiente richiederebbe a po- La sua notevole portata solida, fatta di ghiaie e sabbie, determinò steriori un’attenta disamina. È il segno tangibile di una centralità non il progressivo riempimento del bacino, a cui contribuirono pure gli solo geografi ca: i tempi sono cambiati, ma è l’acqua che continua a apporti che pervennero dai vari torrenti prealpini (Vegliato e Orvenco rappresentare la ricchezza e il limite di questo lembo pianeggiante a est, Palâr e Leale a ovest). Oggi, a distanza di migliaia di anni, la del Friuli. 108 •

☞ sfruttamento dell’acqua a fini positivo sul territorio di appar- promossi dall’Ecomuseo delle irrigui, produttivi, domestici. Ciò tenenza, salvaguardandolo e Acque e in fase di realizzazione, significa che il territorio non è riqualificandolo. Questa azione si pongono in quest’ottica: sono fatto di soli ambienti, con le loro deve misurarsi con un concetto, esempi di come un territorio a componenti biotiche e abiotiche, quello di “bene culturale”, che vocazione ecomuseale possa di- ma ingloba pure la storia degli va allargandosi sempre più: il ventare un laboratorio privilegia- uomini che lo hanno abitato e bene culturale non è solo un to per diffondere buone pratiche lavorato nel passato (e che con- oggetto o un monumento, ma e sperimentare nuove strategie tinuano a farlo) e le tracce che si sta sempre più imponendo di sviluppo. l’hanno segnato. come un complesso aggregato di Tra i servizi messi in atto per natura e storia, abitudini, lingua Pan di sorc promuovere la conoscenza e la e tradizioni. Ne deriva un cambio Il primo progetto, “Pan di Sorc”, fruizione del patrimonio di que- di prospettiva: ad una politica evidenzia il ruolo strategico che sto territorio vanno annoverati: di conservazione e tutela del può essere assunto dall’attività - l’esistenza di un centro di do- bene deve subentrare un’azione agricola, perché più di ogni altra cumentazione aperto al pubbli- di valorizzazione che assume può garantire un rapporto diretto co; un’importanza fondamentale nel tra l’uomo e l’ambiente. Sotto i - la pluralità di siti e di stazioni processo di ricerca e scoper- riflettori c’è il pan di sorc (sorc oggetto di visita e di osserva- ta dell’identità culturale di un sta per sorc turc, cioè mais), un zione; territorio. Il bene culturale, che pane dolce e speziato general- - la presenza di sentieri e per- si colloca in stretta relazione con mente prodotto nel periodo nata- corsi tematici che definiscono il territorio che lo ha prodotto, lizio, che si otteneva facendo uso una complessa rete di relazioni. diventa quindi “risorsa”, termine di varie farine (mais Cinquantino La valorizzazione del patrimo- che più di altri contiene un rife- / Cincuantìn, frumento, segale). nio culturale locale è una delle rimento implicito all’evoluzione e Un “grande vecchio” ha svolto il missioni di un ecomuseo, che alla progettualità. ruolo di suggeritore: il deposita- ha il dovere di “incidere” in Due progetti in particolare, rio della ricetta originale si chia- ma Domenico Calligaro, classe 1926, fornaio per cinquant’anni a Buja. Tipico della zona di Artegna e Buja, il pane si impastava in casa e poi si portava per la cottura; secco, veniva utilizzato come ingrediente nella prepara- zione del crafùt, una polpetta fatta con fegato e reni di maiale macinati finemente ed impastati con pane di mais grattugiato, uva sultanina, scorze di limone e mele, salata, speziata e quin- di avvolta nel mesentere dello stesso suino, e che alla fine viene cotta in abbondante soffritto di cipolla. Il museo dell’arte molitoria all’interno del mulino Cocconi. Vi sono esposte due L’abbandono della pratica del- macchine: una a palmenti (macine) risalente all’inizio dell’Ottocento quando la famiglia Cocconi divenne proprietaria dell’opificio subentrando ai de Brugnis, la coltivazione del mais a ciclo l’altra a cilindri più recente. breve, qual è il Cinquantino, ed i • 109

mutati gusti alimentari degli anni La verifi ca dell’ipotesi proget- Settanta, spesso imposti dall’in- tuale è avvenuta attraverso una dustria agroalimentare, avevano serie di incontri con i produttori. “estinto” commercialmente il L’indagine, condotta dall’Asso- prodotto. ciazione italiana per l’Agricoltura Per riproporre il pan di sorc, biologica (AIAB), ha coinvolto dalle elevate caratteristiche una decina di aziende agricole qualitative e di tipicità, l’ecomu- e altrettanti hobbisti che ancora seo ha defi nito un programma coltivano varietà locali di grano- ambizioso con le seguenti fi nalità: turco, alcuni dei quali avvicinati il recupero di vecchie varietà grazie al corso per la lavorazione di cereali un tempo coltivate del cartoccio (scus) che l’Eco- diffusamente, oggi dimenticate o museo delle Acque organizza da circoscritte a piccolissimi areali alcuni anni. Nell’ambito del pro- di coltivazione; l’organizzazione getto sono state realizzate una di una rete di “conservatori” che serie di videointerviste, curate si impegnino a preservare parte da Ulderica Da Pozzo, che hanno del germoplasma presente a livel- coinvolto i testimoni più signifi ca- lo locale; l’ottimizzazione delle tivi della fi liera. Le informazioni pratiche agricole attraverso la raccolte sono confl uite nell’Archi- rotazione e la successione delle vio della Memoria dell’Ecomuseo colture; la sperimentazione di delle Acque consultabile presso il tecniche agronomiche sostenibili; Mulino Cocconi e fanno parte di Domenico Calligaro (Meni), classe la riqualifi cazione del paesaggio; un documentario prossimamente 1926, decano dei panifi catori bujesi, la realizzazione di una fi liera in distribuzione. è uno dei custodi della ricetta del Pan di Sorc, che l’Ecomuseo ha locale. I risultati della sperimentazione riproposto avviando una piccola hanno evidenziato l’opportunità fi liera locale. di realizzare due fi liere di pro- duzione distinte che coinvolgono produttori agricoli, mugnai e panifi catori: la prima riguarda il attraverso la rete informatica, metodo di produzione e trasfor- promuoverà l’enogastronomia del mazione biologica con relativa territorio ecomuseale. certifi cazione, la seconda il me- Infi ne la disponibilità degli hob- todo convenzionale. Sono state bisti a raccogliere manualmente coinvolte le aziende agricole e gli il mais ha consentito di riattivare hobbisti, i mulini che utilizzano la produzione di piccoli oggetti tipologie diverse di macinazione in scus. e che operano secondo le due fi liere di produzione, un panifi - Rocui di Montenars catore nella linea del biologico Nel secondo progetto, “Un futuro e vari panifi catori del Gemonese per i roccoli di Montenars”, ad per i quali è stato predisposto assumere una forte connotazione un apposito marchio di tutela del è il concetto di identità locale, prodotto. su cui si è voluto fare leva per Il marchio del Pan di Sorc, depo- Un ulteriore impulso al progetto favorire la partecipazione attiva sitato alla Camera di Commercio. Con sorc, nel Gemonese, si intende sarà garantito dall’attivazione del delle giovani generazioni alla il mais. “paniere dei prodotti locali” che, vita della comunità, rafforzando ☛ 110 •

☞ la loro capacità di assumersi cattura degli uccelli. Sul terri- cento e all’inizio del Novecento responsabilità e operare in modo torio di Montenars ce ne sono per colmare le carenze alimentari autonomo. alcuni sopravvissuti sino ai nostri dovute alle difficili condizioni I roccoli / rocui sono piccoli giorni, ben conservati, pregevoli di vita, sono stati ampiamente boschetti, di forma circolare, per le dimensioni e il fascino utilizzati dalla popolazione locale piantumati e attrezzati per la delle forme: realizzati nell’Otto- sino al secondo dopoguerra, per poi essere abbandonati progres- sivamente sino alla completa chiusura avvenuta in seguito alla legge che vieta la caccia con le reti. Si elevano sulle selle e sui crinali dei monti lungo le rotte migratorie, a testimonianza del notevole passaggio di uccelli che da sempre caratterizza il settore prealpino orientale. Sono par- te integrante del paesaggio, da intendersi come prodotto storico della cultura e del lavoro dell’uo- mo sulla natura. Il progetto ecomuseale propone una loro conversione dal punto di vista scientifico, didattico e tu- ristico, puntando contestualmen- te ad evidenziare il modo con cui la comunità locale vede, percepi- sce, attribuisce valore al proprio territorio e alla realtà attuale, partendo dal recupero della sua storia e delle sue tradizioni. I roccoli presenti sul territorio di Montenars sono la testimonianza dello stretto legame che univa uomini e ambiente e che era rafforzato da una profonda cono- scenza dei cicli naturali, dai quali oggi dipendiamo, a differenza del passato, solo in minima parte. La raccolta delle testimonianze su quella che un tempo era la vita dei roccoli è stata il punto di partenza per rappresentare un aspetto del patrimonio, del Montenars: il Rocul dal Puestìn in una foto del 1985. Si trova lungo la strada paesaggio e della tradizione di che conduce a Flaipano. È una struttura vegetale utilizzata un tempo per la questa comunità, che appare cattura degli uccelli: presenta una forma circolare, con pareti costituite da importante trasmettere alle colonne e archi di tronchi e rami di carpino bianco (çàmar). Si faceva uso di questa specie arborea perché non risente delle potature e conserva le foglie generazioni future, integrata anche d’autunno. con i valori e la consapevolezza • 111

della società odierna. consentito di raccogliere termi- È stato distribuito un questiona- ni specifici e inusuali legati ai rio a tutte le famiglie del comu- roccoli, agli uccelli e alla topono- ne, con l’obiettivo di individuare mastica: si tratta di parole ormai i soggetti che erano maggior- desuete che corrono il rischio mente coinvolti nelle attività di essere dimenticate, essendo che si svolgevano nei roccoli o cessata da tempo l’attività nel cui che dai roccoli dipendevano, di contesto venivano utilizzate. analizzare le conoscenze attuali La localizzazione degli impian- degli abitanti sulla storia dell’au- ti di cattura un tempo attivi è cupio a Montenars, ma anche stata particolarmente complessa di valutare consensi ed adesioni poichè i roccoli abbandonati sono della comunità sulla possibilità di spesso inglobati in nuove forma- utilizzo dei roccoli a fini didattici zioni forestali. I rilevamenti han- e scientifici. In occasione della no riguardato le strutture ancora distribuzione è stato possibile esistenti o con tracce visibili. informare direttamente le perso- Sulla scheda da campo sono ne sul progetto e le sue finalità, state riportate le informazioni avviando un rapporto di collabo- relative al nome del roccolo e razione con gli abitanti. Ha fatto del proprietario, le coordinate seguito un’attenta ricerca storica, geografiche (mediante GPS), condotta in archivi pubblici e il nome della località in cui si privati, allo scopo di comprende- trovano, l’orientamento dell’asse re meglio il contesto socio-eco- principale, l’altimetria, la morfo- Le Sorgive dai Bars a valle di Osoppo. Nella piana si distinguono nomico del territorio nell’ultimo logia locale, il contesto ambien- due principali zone di risorgive: secolo. Sono state selezionate tale circostante, le condizioni di l’ampio ventaglio delle sorgenti più tra le varie fonti disponibili le conservazione della struttura e orientali (Macìle e roggia Bianca alimentate prevalentemente dal informazioni riguardanti il patri- del casello, la difficoltà e i tempi Vegliato / Vuaiàt e dagli altri torrenti monio naturalistico e culturale e di raggiungimento, le specie prealpini; Molin del Bosso, rio Rai, raccolte fotografie storiche che arboree presenti, il diametro del rio Ramp e rio Gelato / Orzelât ad testimoniassero i cambiamenti tronco dell’albero maggiore ad un alimentazione mista, ovvero Vegliato e Tagliamento) e le sorgenti della avvenuti. metro di altezza. Le localizzazioni zona centrale e orientale, dovute Una fase particolarmente profi- dei restanti roccoli sono state de- all’emersione diretta delle infiltrazioni cua è stata quella delle intervi- sunte da preziose testimonianze di subalveo del Tagliamento (rio Tagliamentuzzo, Sorgive dai Bars e ste, che hanno dato la possibilità fornite da informatori e segnala- Molin del Cucco). di raccogliere e registrare la te sulla carta tecnica regionale testimonianza dei protagonisti alla scala 1:10.000 insieme alle che in prima persona hanno precedenti. vissuto l’esperienza dell’uccella- Obiettivo finale è l’allestimento raccolti saranno poi rielabora- gione, contribuendo a definire di una stazione ornitologica che ti per trarre informazioni sulle un quadro reale e preciso di una operi contemporaneamente su rotte migratorie. pratica che si identificava con il due fronti: la didattica per le Il roccolo diventerà in questo territorio. scuole e l’inanellamento scientifi- modo un luogo di ricerca e Ne sono state realizzate nu- co per lo studio delle migrazioni divulgazione scientifica connesso merose, sempre documentate (procedura che si basa sulla mar- agli interventi di valorizzazione con videocamera o registratore. catura individuale degli uccelli del patrimonio storico-ambientale Durante i colloqui si è fatto uso tramite una fascetta metallica e locale. della lingua friulana, che ha la successiva liberazione). I dati 112 • Itinerari nel Gemonese Tra le numerose pubblicazioni realizzate dall’Ecomuseo delle Acque dai biotopi del rio Gelato / Orzelât e delle sue sorgenti e del rio c’è una collana (Le Guide dell’Ecomuseo) che presenta una nutrita Bosso / Bues. In questo caso gli aspetti oggetto della visita sono serie di itinerari – spesso inediti, certamente mai scontati – alla costituiti dalla relazione tra ambiente e biocenosi, con la peculiare scoperta del Gemonese, in grado di soddisfare le esigenze del tu- dotazione fl oristica e faunistica delle acque correnti, con l’analisi rista o dell’escursionista curioso e motivato. È come se si trattasse del rapporto forma-funzione nella fauna acquatica e con l’appro- di un’unica pubblicazione, perché gli itinerari descritti costituiscono fondimento dei ruoli ecologici e delle relazioni trofi che tipici delle i tanti tratti di un percorso generale che attraversa il territorio risorgive. dell’ecomuseo. Solo la necessità di non appesantire le tasche o lo Nel lussureggiante lago di Ospedaletto, invece, si può osserva- zaino del visitatore ha indotto a fare uso di guide di piccolo forma- re la comunità vivente dell’ambiente stagnale e, soprattutto, la to, praticissime, che si avvalgono di una veste grafi ca originale: le straordinaria capacità degli organismi viventi e in particolare delle pagine si aprono in verticale consentendo la lettura delle cartine piante, di modifi care i caratteri fi sici e chimici dell’ecosistema. In che riportano i percorsi e raccontano le manifestazioni naturali e altre parole si può assistere, in tempo reale, all’estinzione di un culturali dei luoghi. lago prealpino, che dopo essere stato trasformato in palude ed in La proposta di visita del territorio del Gemonese contenuta nelle acquitrino, si appresta ad essere conquistato, nel volgere breve guide si sviluppa lungo il fi lo conduttore delle acque territoriali. di qualche anno, dalla vegetazione igrofi la di tipo forestale. Il lago L’itinerario comincia nell’alveo del fi ume Tagliamento: ampia distesa di Ospedaletto può essere considerato la tappa intermedia di un di ghiaie calcaree, di sabbie grossolane e di depositi limosi, che le processo di successione ecologica, di cui altre stazioni distribuite acque fl uviali hanno accumulato nel perenne defl uire dalle valli e nel comprensorio costituiscono momenti salienti, come le nume- dai versanti delle Prealpi e delle Alpi Carniche e Giulie. La natura rose torbiere situate a ridosso delle colline moreniche (è il caso peculiare dell’ambiente, con la sua ampiezza e luminosità, con la di Fontana Abisso / l’Abìs ad Andreuzza di Buja e della palude di natura prevalentemente ghiaiosa del substrato e soprattutto con Casasola a Majano, siti di interesse comunitario dove la sedimenta- l’azione fi sica e chimica delle acque correnti, che modellano e zione della materia organica è quasi completata). rimodellano le forme del greto ad ogni evento di piena, costitu- Il percorso alla scoperta delle “acque del Gemonese” e delle isce il primo, ma non il solo motivo d’interesse. In questo luogo mille relazioni tra l’elemento idrico, l’ambiente, la vita vegetale affascinante è il perenne confronto tra le forze naturali e la vita e animale e la vita dell’uomo, termina opportunamente presso il vegetale a costituire un interessante spunto d’indagine. L’eterno mulino Cocconi il cui recupero ha rappresentato l’evento principale confronto tra il fi ume e la foresta si manifesta nell’alveo nei diffi cili per la valorizzazione didattica e turistica del territorio del Campo tentativi di colonizzazione fl oristica e nella tenacia del bosco ripario, di Osoppo-Gemona. Qui il visitatore può scoprire un frammento che contrappone alla violenza dell’acqua la facile propagazione e autentico e suggestivo della propria storia e della propria cultura: la rapida crescita delle sue componenti arbustive ed arboree. Il quello rappresentato dalla “civiltà dell’acqua”, che ha lasciato segni complesso mosaico ambientale del greto offre peraltro l’opportunità importanti e densi di signifi cato nell’ambiente territoriale, addome- di osservare e di analizzare contestualmente tutte le successioni sticando le acque fl uenti e sfruttandone la perenne energia. ecologiche relative alla stessa colonizzazione vegetale. Sono presenti, ai margini della grande fascia alveale, splendidi biotopi come le Sorgive dai Bars, dove il fenomeno del percorso ipogeo delle acque fl uviali ed il successivo rifl usso in superfi cie, causa la presenza di strati di sedimento impermeabile, può essere effi cacemente valutato. La stessa biocenosi delle polle e dei ruscelli di risorgiva, che in breve restituiscono le proprie acque al fi ume, è un ulteriore, interessante argomento d’indagine. Le opere di sbarramento e di canalizzazione idraulica, infi ne, offrono lo spunto per osservazioni relative alla gestione della risorsa idrica da parte dell’uomo. Anche il torrente Orvenco, affl uente di sinistra del fi ume Ledra in cui confl uisce, offre apprezzabili spunti. Il confronto tra il fi ume di risorgiva (il Ledra / la Ledre) ed il torrente (l’Orvenco / l’Orvenc), con la marcata stagionalità del regime di quest’ultimo, la velocità e la forza delle sue acque, la diversa dimensione media dei mate- riali litici che intasano l’alveo e soprattutto le opere di difesa e di canalizzazione dell’alveo stesso, consentono di valutare aspetti che spaziano dall’erosione fl uviale al rischio idraulico. Dal Tagliamento Il lavatoio di Codesio a Buja. Eretto in epoca fascista, si traggono origine le rogge ed i canali che attraversano la piana e presenta come una struttura a pianta rettangolare fornita di muovono le ruote idrauliche di mulini, battiferro, segherie. Lungo una copertura a terrazza con impluvio centrale aperto sulle il loro corso si dispongono in successione i tanti lavatoi pubblici due vasche. Il fronte principale è sovrastato da tre torrette un tempo utilizzati dalle comunità di borghi e paesi, sorti in luoghi decorative, quella centrale sostiene una nicchia in cui si strategici al riparo da piene ed esondazioni. colloca una statuetta della Madonna del Carmine. Una Di carattere più squisitamente naturalistico sono gli spunti offerti risorgiva garantisce la presenza costante di acqua corrente.