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Trento e

Nel 1860 l’Italia diventò una nazione, ma alcune regioni in cui la maggior parte della popolazione (o una significativa minoranza) era di origine, lingua o cultura italiana non facevano ancora parte del Regno d’Italia.

Nel 1866 il Regno affrontò l’Impero austriaco nella Terza guerra d’indipendenza italiana, riuscendo a ottenere il , il e la provincia di Mantova. Nel 1870, lo Stato Pontificio venne annesso all’Italia e Roma ne diventò la capitale.

A rimanere ancora fuori dai confini nazionali erano varie zone, ma soprattutto la regione del e la Venezia Giulia, con le rispettive città principali: e Trieste. Nasceva così la questione delle “terre irredente”, ovvero non liberate dal dominio degli stranieri, su cui l’Italia rivendicava il proprio potere.

Quando l’Italia si trovò a decidere se entrare o meno in guerra, la questione delle due città giocò un ruolo fondamentale. Il re promosse la causa dell’irredentismo di Trentino e Venezia Giulia, facendo prevalere il fronte interventista.

Dopo un anno di neutralità, l’Italia si trovò così proiettata nella Grande Guerra con l’obiettivo di riappropiarsi dei territori che mancavano per raggiungere una completa unità nazionale. Quello che sembrava l’inizio di una quarta guerra d’indipendenza, si rivelò un contributo decisivo alla trasformazione dello scenario mondiale, con la riscrittura di alleanze e confini.

L’esercito italiano ottenne una vittoria decisiva a Vittorio Veneto: il 3 novembre 1918 fu firmato l’armistizio e le truppe italiane occuparono Trento, il giorno seguente entrarono a Trieste.

L’Italia che accoglie a braccia aperte Trento e Trieste è simbolo dell’abbraccio che la popolazione delle due città, liberata dal dominio austro-ungarico, rivolse all’esercito italiano il giorno dell’armistizio. L’Unità nazionale era finalmente completata, le due città potevano “rientrare” in quella che molti consideravano, da sempre, la loro patria.