TEMPI MODERNI/ IL GIORNO DELLA MEMORIA IL “SEGRETO” DI E L’ETICA DELLA RESISTENZA

una storia a lungo taciuta è tornata recentemente di attualità nella storiografia. le fonti, i fatti, la memoria fuori contesto... il dibattito sulla resistenza, sulle vittime, sui carnefici, sui vincitori e sui vinti tra realtà e manipolazione. il grave travaglio di Primo levi Le offese subite e quelle inflitte

DAVID BALDINI

rimo Levi, ne I sommersi e i salvati1 – un libro che, mento. i ricordi che giacciono in noi non sono incisi sulla pie - pubblicato nel 1986, era stato concepito, fin dalla tra; non solo tendono a cancellarsi con gli anni, ma spesso si metà degli anni Settanta, come “studio sociologi- modificano, o addirittura si accrescono, incorporando linea - co” –,2 ci offre un’anamnesi del ricordo, nella qua- menti estranei». le i principi della “fisiologia” interagiscono con ribadita la labilità e al tempo stesso la “fallacia” della me - quelli della psicologia. moria – per l’intervento dei tanti “meccanismi falsificatori” P che intervengono a stravolgerla –, lo scrittore passava poi a nel primo capitolo, La memoria dell’offesa , egli non a caso valutarne il decadimento, a suo dire causato da “una lenta scriveva: «la memoria umana è uno strumento meraviglioso degradazione, un offuscamento dei contorni, un oblio per così ma fallace. È questa una verità logora, nota non solo agli psi - dire fisiologico, a cui pochi resistono”. di qui la lapidaria con - cologi, ma anche a chiunque abbia posto attenzione al com - clusione: «un ricordo troppo spesso evocato, ed espresso in portamento di chi lo circonda, o al suo stesso comporta- forma di racconto, tende a fissarsi in uno stereotipo, in una

ARTICOLO 33 | N.11-12 2015 37 www.edizioniconoscenza.it TEMPI MODERNI/IL GIORNO DELLA MEMORIA IL “SEGRETO” DI PRIMO LEVI E L’ETICA DELLA RESISTENZA forma collaudata dall’esperienza, cristallizzata, perfezionata, tro due giovani del proprio gruppo resta un peso per il quale adorna, che si installa al posto del ricordo greggio e cresce a è difficile trovare le parole. Per questo, Primo levi allontana sue spese». da sé la memoria della resistenza»? 7 il testimone di Auschwitz, insomma, in quella che molti con - siderano la sua opera più grande, nel momento in cui si ac - cingeva a riepilogare – per un’ultima volta – il cumulo di Il tema della violenza passate “esperienze estreme, di offese subite o inflitte”, sol - e le sue numerose implicazioni lecitava allo stesso tempo i suoi lettori a diffidare delle sue stesse ricostruzioni, data l’oggettiva impossibilità di far coin - Come di vede, la questione sollevata è davvero di peso, so - cidere “realtà” e “memoria”. prattutto perché finisce per sollevarne un’altra, di peso non E tuttavia, se il riferimento alle “offese subite” – fatto dalla certamente minore: la “violenza originaria” di cui si parla si ri - vittima di Auschwitz – non può che suonare come pleona - ferisce – con il suo doloroso seguito di turbamenti e di cen - stico, l’accenno alle “offese inflitte” – dato il contesto nel sure, di sensi di colpa e di tentativi di rimozione – a un singolo quale si colloca – alludeva a vicende passate, vissute per - uomo, Primo levi, costretto dalla necessità e dal caso a com - manentemente con un pathos drammatico incancellabile. piere un’azione da lui stesso avvertita come riprovevole e con - A questo punto, sorge una domanda: tra le “offese inflitte”, tro coscienza, oppure riguarda anche tutta quella c’è anche quella che si riferisce al breve partigianato dello generazione di combattenti per la libertà che, in ogni parte scrittore in Col de Joux, sul quale, a seguito del contributo for - d’Europa, si trovarono nella necessità di contrastare con ogni nito da nuove fonti documentali, ha di recente richiamato l’at - mezzo i sogni egemonici della Germania nazista, il cui fine tenzione Sergio luzzatto nel suo libro Partigia. Una storia deliberato era quello di sradicare dalle fondamenta l’intero 3 della resistenza ? ove così fosse, allora, la necessità di svi - “sistema dei valori” su cui si era fino ad allora fondata la ci - scerare il senso di quelle parole diviene impellente, tanto più viltà del Vecchio Continente? 8 che esse ci rimandano a una questione che riguarda levi, da Quale che sia la risposta a questo cruciale quesito, e quale lui vissuta come decisiva, eppure rimasta fino a oggi quasi che sia l’“uso pubblico della storia” che di esso ancora s’in - del tutto trascurata. Ai pochi sparuti accenni che, a quella tende fare, una cosa è certa: la questione riguarda tanto il esperienza di partigianato, lo stesso scrittore torinese ha ri - nostro passato quanto il nostro presente, come dimostrano i tenuto di dover fare, ha infatti corrisposto il silenzio dei suoi reiterati tentativi, fatti in area “revisionista”, di ridurre la por - numerosi biografi, i quali, nel corso degli anni, le hanno ri - tata dell’epopea antifascista, denigrandola o abbassandola servato uno spazio non superiore a quello che, solitamente, al rango di semplice “vulgata resistenziale”. 9 una “vulgata” 4 viene occupato da una nota a piè di pagina. per altro che lo stesso luzzatto, per quanto non “iscritto” del resto, le ragioni della sottovalutazione, osservate da en - nelle file del revisionismo “estremo”, nel suo libro La crisi del - trambi i punti di vista, non sono poi così infondate: rispetto al l’antifascismo riteneva, in polemica con la storiografia “di si - levi-resistente, ben più importante doveva apparire, agli oc - nistra”, che essa dovesse essere riveduta e corretta, in nome chi degli studiosi, ma anche del protagonista stesso, il levi- di un basilare principio: «una volta fatto proprio, sempre e co - deportato, tenuto conto che il sistema concentrazionario munque, il comandamento di non uccidere, tanto più natu - nazista era, secondo lo scrittore torinese, non solo qualcosa rale può sembrare la richiesta retrospettiva di un approccio di eccezionale, ma addirittura un unicum nella storia umana, bipartisan alla nostra storia nazionale, e segnatamente alle 5 “sia come mole sia come qualità”. vicende successive all’8 dicembre 1943: sulla base dell’as - Eppure, nonostante il vistoso disequilibrio tra “offese su - sunto più o meno esplicito che i peccatori erano tutti, i parti - bite” e “offese inflitte”, le perplessità suscitate da quel silen - giani come i saloini, gli uni e gli altri così sciagurati da non zio rimangono tutte, tanto più che esso afferisce alla parte riconoscere imperativo l’interdetto mosaico». 10 avuta da levi – e dai suoi dieci compagni di lotta – nella con - Ebbene, argomentazioni così tranchant richiedono, al - danna a morte, per estorsione, di due giovani partigiani, il di - meno, due considerazioni. la prima riguarda la validità del ciottenne Fulvio oppezzo di Cerrina Monferrato e il principio di comparazione, che, seppure motivato dall’intento diciassettenne luciano Zambaldano di Torino, sentenza che di superare il muro di una memoria nazionale “divisa” – o an - venne poi eseguita, secondo il punto di vista di luzzatto, “con che l’atavica contrapposizione amico/nemico –, rimane tut - metodo sovietico”. 6 di conseguenza, più che motivata è la do - tavia alquanto discutibile. Già negli anni Sessanta, ad manda che, sempre di recente, si è posto – su quella vicenda esempio, Jean Améry, 11 , nel suo celebre libro Intellettuale ad – Frediano Sessi, il quale, nel suo libro Il lungo viaggio di Auschwitz, 12 si era espresso sul tema, facendosi carico di re - Primo Levi. La scelta della resistenza, il tradimento, l’arresto. spingere – come “la principale mistificazione politica del do - Una storia taciuta , ha scritto: «Quella violenza originaria con - poguerra” – l’idea che comunismo e nazionalsocialismo

www.edizioniconoscenza.it 38 ARTICOLO 33 TEMPI MODERNI/IL GIORNO DELLA MEMORIA IL “SEGRETO” DI PRIMO LEVI E L’ETICA DELLA RESISTENZA

MORALE PARTIGIANA Questo commissario era delle parti di Brescia, si chiamava Ferdi e avrà avuto trentacinque anni. Mio cugino gli si presenta dinnanzi e Ferdi gli fa: “Tu saresti un partigiano?” - “E non si vede?” risponde mio cugino, che era tutto equipaggiato da montagna (parlo del feb - braio), col moschetto e la borsetta delle munizioni. “Dammi del tu”, gli dice il commissario. “E non vedi?” ripete mio cugino. “Così tu saresti un partigiano”, dice il commissario esaminandolo dalla testa ai piedi. […] “Lo sono sì, a meno che non mi trovi in mezzo a un sogno”. Allora il commissario dice: “Cerchiamo un po’ di stabilire che razza di partigiano sei”. […] E il commissario comincia: “Rispondimi, partigiano. Tu hai una sorella, se non l’hai, immagina di averne una. Hai una sorella che per com - binazione è bella e appetitosa. La tua città è occupata dai fascisti, stabilmente occupata. Questa tua sorella piace, o potrebbe piacere, a un ufficiale della guarnigione fascista della tua città. Ora, far fuori un ufficiale fascista è cosa d’importanza…” - “Della massima im - portanza”, dice mio cugino. “Fin qui ci siamo – dice Ferdi –. A questo maledetto ufficiale fascista tu ti provi a montargli dei trucchi, delle trappole, lo apposti per delle ore, per dei giorni e in località diverse, ma lui non ci casca mai, oppure è la sua fortunaccia pura e semplice che lo tiene lontano da te. A questo punto, partigiano: tu ti sentiresti di convincere e mandare tua sorella a far l’amore con questo ufficiale fascista, naturalmente in un luogo ben studiato, in collina o sugli argini di un fiume, cioè in un posto isolato, dove tu potrai liquidarlo con sicurezza e tranquillità? Aspetta a rispondermi. Naturalmente può anche succedere che per un contrattempo qua - lunque tu arrivi ad ammazzarlo quando lui ha già fatto tutto il fattibile con tua sorella. Adesso rispondimi”. […] “Io no, – risponde netto mio cugino – io non mi sento affatto di usare così mia sorella, non mi passa nemmeno a un chilometro dal cranio”. […] “Facciamo un altro caso. Immaginiamo che un bel gruppetto di ufficiali sia in pensione nel tal ristorante della tua città. Pranzano sempre sulla scala che dà sul cortile che a sua volta dà in quella certa strada. Tu conosci bene tutte le vie, tutte le piazze, tutti i cortili e i vicoli e i buchi della tua città perché una serie infinita di estati ci hai giocato a nascondarello tutte le sere. […] Decidi insomma di andare a tirare una buona bomba a mano nella sala di quel ristorante proprio quando gli ufficiali fascisti sono tutti a tavola. […] Siedono tutti stretti e compatti, hanno tutti il naso nel piatto, puoi farne una strage. È materialmente impossibile che non ne fai una strage. Creperanno tutti in una frazione di secondo, ne resteranno dei pezzi appesi al lampadario. Ma… c’è un ma. A servire a tavola ci sono due came - rierine, due servotte svelte e simpatiche. La più vecchia avrà vent’anni. Tu tiri la bomba lo stesso…” […] “Io no! – grida mio cugino – io la bomba non la tiro affatto”. […] “Ma facciamo un altro caso. […] Parliamo della tua città. […] Ma la tua città adesso è occupata dai fascisti. […] Così come stanno le cose, la tua città è per noi imprendibile. Nemmeno se fossimo in cinquecento di più e armati a puntino possiamo sognarci di pren - derla. Potremmo prenderla solo se intervenisse un fatto esterno che non solo falcidiasse la guarnigione ma le mettesse per giunta un bel po’ di panico. Comprendi?” - “Mica tanto”, confessa mio cugino. “Parlo di un bombardamento aereo, – gli spiega il commissario. Una mezza dozzina di cacciabombardieri inglesi che arrivano sopra all’improvviso e sganciano da bassissima quota. Gli inglesi, si sa, non bombardano bene. Ciò significa che per una bomba che finirà sulla caserma nove cascheranno sull’abitato. Ti dico subito che non si potrà né si dovrà avvertire la popolazione perché se lo viene a sapere qualche borghese fascista o venduto immediatamente lo rifi - schia ai soldati i quali potranno prendere provvedimenti per salvarsi da questo attacco aereo. Nella città naturalmente abitano anche tuo padre e tua madre ma come tutti gli altri non sanno niente di quello che sta loro sulla testa. Una delle nove bombe su dieci che cascheranno fuori della caserma può benissimo finire su casa tua. Dimmi: tu chiameresti gli inglesi a bombardare la tua città?” - “Ma tu sei matto! – grida mio cugino, – tu sei peggio che matto! Ma io, per liberare la mia città aspetto fino a novant’anni!” […] Il com - missario stavolta fece una smorfia terribile e gli scaraventò in faccia un’urlata quale mio cugino non si era mai ricevuto. Ma per la ve - rità non ce l’aveva solo con lui, era furibondo con tutti e tutto. Sbraitava. “E tu sei un partigiano!? E voi sareste partigiani? E voi qui e voi là! Ma tornate al premilitare! Anzi tornate tutti all’Asilo della Divina Provvidenza! Nanerottoli che volete fare un lavoro da giganti!”. (Da Beppe Fenoglio, L’imboscata , in Romanzi e racconti , a cura di D. Isella, Einaudi-Gallimard, 1992). fossero “due manifestazioni in fondo non tanto dissimili di fascismo hitleriano non era in nessun modo un’idea, ma solo una stessa identica cosa”. malvagità». «Troppo di frequente – egli scriveva – si sono voluti acco - la seconda considerazione riguarda invece l’“interdetto stare Hitler e Stalin, Auschwitz e la Siberia, il muro del ghetto mosaico” in sé, che, architrave di ogni società legittimamente di Varsavia e il muro di Berlino voluto da ulbricht, così come costituita, ha però sempre trovato sulla sua strada la propria si è soliti accostare Goethe a Schiller, klopstock a Wieland. pietra di inciampo, oltre che nelle storie di ordinaria violenza, soprattutto nelle guerre, che, numerosissime, hanno costel - Prendendo su di me ogni responsabilità e a rischio di una de - lato – e continuano a costellare in molte parti del mondo – nuncia, ripeto a questo punto quanto Thomas Mann disse nel il corso della storia. il problema semmai è, a nostro avviso, corso di un’intervista che gli procurò molti nemici: e cioè che quello di evitare di mettere sullo stesso piano tutti i “pecca - il comunismo, sebbene in certi momenti si manifesti nell’or - tori”, indistintamente, accomunando l’aggressore e l’aggre - rore, simboleggia in ogni caso un’idea dell’uomo, mentre il dito, la vittima e l’aguzzino. il comandamento del “non

N.11-12 2015 39 www.edizioniconoscenza.it TEMPI MODERNI/IL GIORNO DELLA MEMORIA IL “SEGRETO” DI PRIMO LEVI E L’ETICA DELLA RESISTENZA uccidere”, insomma, la cui centralità è indiscutibile, non astio, di denigrazione? 16 Egli, al contrario, al di là delle con - serve tuttavia a giudicare il passato, per il quale deve valere, trapposizioni, enfatizza un altro aspetto, quello dello spirito una volta che la violenza si è dispiegata appieno in tutte le di unità esistente tra le forze antifasciste, impegnate nella sue forme, il principio di “responsabilità”. Ancora di recente, lotta contro l’occupante tedesco. non a caso, in un passo de Sönke neitzel e Harald Welzer, in un libro riguardante le in - Il partigiano Johnny , fa pronunciare a un “azzurro” le seguenti tercettazioni dei militari tedeschi prigionieri degli Alleati, non parole: «del resto, guarda i miei compagni. Sono quindici, e mancavano di sottolineare la fallacia, in storia, di un’auto - posso dire che sono la crema della nostra brigata. Ebbene, matica retroattività con queste parole: «le analisi scientifiche uno solo è comunista […]. Ed io sono il meno comunista dei di azioni passate che ignorano la cornice di riferimento e ba - quattordici non comunisti. Eppure sono pronto a mangiare il sano il processo di comprensione sulle scale normative del cuore a chi facesse appena un risolino alla mia stella rossa». 17 13 presente sono destinate a fallire». Applicate al “segreto brutto” di Primo levi, queste parole ci levi stesso, d’altro canto, nel ii capitolo de I sommersi e i dimostrano quanto difficile sia l’accertamento della verità, se 14 salvati , polemizzando con liliana Cavani, regista del film Il non si bandisce da sé ogni forma di settarismo, di semplifi - portiere di notte , non solo respingeva ogni tentativo di “mi - cazione, di ricerca del sensazionalismo. Per essere più chiari, mesi”, “identificazione o imitazione o scambio di ruoli fra il per fare opera di verità, occorre che si imbocchi la via – non soverchiatore e la vittima”, ma accusava anche di cedimento certo facile – del ragionamento complesso; di un ragiona - morale quanti derogavano dalla necessità della distinzione: mento che, se da una parte non può prescindere dalle risul - «non mi intendo di inconscio e di profondo – egli ammoniva tanze della ricerca storica, dall’altra sia in grado di –, ma so che pochi se ne intendono, e che questi pochi sono trascenderle, in nome di una più generale risposta di “senso”. più cauti; non so, e mi interessa poco sapere, se nel mio pro - una risposta, lo diciamo chiaramente, che una visione della fondo si annidi un assassino, ma so che vittima incolpevole storia puramente événementielle , ovvero fondata sul “fatto” sono stato ed assassino no; so che gli assassini sono esistiti, e sul “documento”, non è in grado – o è in grado solo in parte non solo in Germania, e ancora esistono, a riposo o in servi - – di fornire. Tale limite, del resto, non era ignoto, ad esem - zio, e che confonderli con le loro vittime è una malattia mo - pio, a uno storico come Henri-irénée Marrou, il quale ha os - rale o un vezzo estetico o un sinistro segnale di complicità; servato: «la nozione si fa molto più complessa e soprattutto soprattutto è un prezioso servigio reso (volutamente o no) ai molto più sfuggente quando, di là dall’accertamento mate - negatori della verità». riale della “realtà” di un “fatto” preciso (cioè di una manife - stazione esteriore dell’attività umana), si ricercano tutti i suoi aspetti marginali, tutte le sue circostanze, i suoi effetti, le sue Il contesto come indispensabile cause, il suo significato e il suo valore (per gli attori, i con - chiave di interpretazione temporanei… per noi». 18 Ebbene, in Partigia , luzzatto – pur non mancando di espri - Come si vede, il problema è quello della “cornice di riferi - mere sentimenti sinceri di “devozione civile” nei confronti mento”. “Cornice” di cui, a fortiori , dovrebbero tener conto, in dello scrittore torinese e, in parte, anche della resistenza –, primo luogo, proprio i critici e i detrattori della resistenza, in a proposito del “segreto brutto” di Primo levi non ha mostrato quanto interessati – come essi stessi almeno sostengono – una sufficiente empatia. Attenendosi rigorosamente allo spi - a denunciane gli eccessi, a disvelarne gli aspetti più corrivi, rito tacitiano del sine ira et studio , egli non è andato oltre il a demistificarne le ricostruzioni “mitologiche”. invece, con la “fatto”, rimanendo in tal modo prigioniero della sua stessa – loro mania di equiparazione, essi spesso finiscono – come è a nostro avviso presunta – “obiettività”. Ce lo conferma egli accaduto allo stesso luzzatto ne La crisi dell’antifascismo – stesso, allorché, in un’intervista rilasciata a “l’Espresso”, ha per cadere in una sorta di “mitologismo” al contrario; un “mi - affermato: «Sapevo che dovevo affrontare il tema in un modo tologismo” del negativo, in virtù del quale i resistenti finiscono che definirei “corpo a corpo”, con una tecnica di messa a semplicemente per divenire degli “imboscati”, assurti frau - fuoco ravvicinato, senza fare sconti ai personaggi di cui parlo, dolentemente al rango di “eroi” non per meriti acquisiti, bensì e neanche a me stesso e alle idee che professo». 19 per presunte manomissioni della verità storica, operate – s’in - E tuttavia, nonostante la professione di “non farsi sconti”, tende – in modo posticcio dalla “retorica resistenziale”. 15 uno “sconto” – e non certo di poco conto – egli se l’è pur Ma, anche su questo versante – verrebbe da dire – non c’è fatto: l’idea di poter ricostruire “il tutto” a partire da “una nulla di nuovo. lo stesso Beppe Fenoglio non ci aveva già of - parte” è, ad esempio, una scelta sì letterariamente sugge - ferto un impietoso identikit degli uomini della resistenza e stiva, ma del tutto discutibile; come discutibile è l’idea che si dei loro interni contrasti, politici e ideologi, senza che questo possa rifare “la storia della resistenza”, partendo da “una però comportasse, da parte sua, forme ritorsive di odio, di storia della resistenza”, che, nella fattispecie, è per l’appunto www.edizioniconoscenza.it 40 ARTICOLO 33 TEMPI MODERNI/IL GIORNO DELLA MEMORIA IL “SEGRETO” DI PRIMO LEVI E L’ETICA DELLA RESISTENZA quella – negativa – del gruppo partigiano del Col de Joux: varianti di Se questo è un uomo , dalle quali si ricava che – «non avrei provato a scrivere un libro come questo – chiosa come precisa Marco Belpoliti nell’edizione delle Opere di lo storico genovese in un passo di Partigia – se non mi fossi Primo levi, da lui stesso curata – 24 non solo l’ incipit del primo sentito chiamato a un doppio appuntamento, a fare il punto capitolo del celebre libro ( Il viaggio ) compare esclusivamente in una volta sola con i due poli di un mio percorso: il polo re - nell’edizione einaudiana del 1958, 25 ma che anche la frase sistenza e il polo Primo levi». Ma, viene da chiedersi, questi riguardante la dottrina imparata più tardi in lager – con l’ag - due “poli” sono poi davvero tra di loro interscambiabili e com - giunta di “primo ufficio dell’uomo è perseguire i propri scopi plementari? A nostro parere no. di più: la forzatura operata con mezzi idonei” – è una correzione in bozze “completa - da luzzatto ci sembra legittimare quanto scriveva Piero Citati mente diversa nell’edizione a stampa rispetto a quella ma - nell’ Introduzione al libro di Enzo Forcella, La Resistenza in noscritta del quaderno Per Einaudi ”. 20 convento : «lo storico tradizionale, tanto più quello italiano, Circa un trentennio dopo, nel capitolo La zona grigia , il se - racconta fatti inconfutabili, e che si prendono molto sul serio. condo de I sommersi e i salvati , lo scrittore torinese avrebbe È andata così: non poteva che andare così. il caso non ap - ulteriormente precisato: «Pietà e brutalità possono coesi - pare. il possibile non esiste. l’ironia non è consentita». stere, nello stesso individuo e nello stesso momento, contro la verità implicita in queste parole trova una conferma pro - ogni logica; e del resto, la pietà stessa sfugge alla logica». prio nel modo in cui Primo levi ci parla, in Oro – uno dei ca - Sulla effettiva difficoltà di comprendere i comportamenti 21 pitoli de Il sistema periodico , che tanta parte occupa nella umani roland Barthes, nel 1961, rispondendo a una do - dimostrazione di luzzatto –, del suo “segreto brutto”. lo scrit - manda rivoltagli dai redattori dalla rivista “Tel Quel” – inte - tore torinese, prima e dopo quel decisivo passaggio, non esita ressati a sapere da lui quali fossero le sue “attuali” a ricorrere ai toni dell’autoironia, che, pur senza sdramma - preoccupazioni e in che misura esse investissero la lettera - tizzare, dimostrano quanto ricca e varia, nelle sue molteplici tura –, dopo un lungo preambolo (nel quale non mancava di contraddizioni, sia la realtà della vita. contrapporre la storia dei “ generi ” alla letteratura come si - E tuttavia, rispetto alla sostanza del problema, levi, nono - stema significante), così concludeva il suo ragionamento: stante le sue sofferte ammissioni di colpa, non rinnegherà «quello che bisognerebbe fare (ma certo è facile dirlo) è, non 22 mai – in nessun luogo delle sue opere – i valori della resi - tanto delineare la storia dei significati letterari, ma la storia stenza, né tanto meno sconfesserà la “necessità” storica delle significazioni, cioè, in sostanza, la storia delle tecniche della violenza, pur dichiarandosi – altra contraddizione – del semantiche grazie alle quali la letteratura impone un senso tutto “alieno” da essa, a riprova – aggiungiamo noi – della (sia pure “vuoto”) a ciò che dice; in una parola bisognerebbe sua natura “centauresca”, che è poi un po’ anche nostra. in avere il coraggio di entrare nella “cucina del senso”». 26 un articolo del 1955, scritto in occasione del decennale della Ebbene, fermo restando l’insostituibile contributo offertoci 23 liberazione, egli, anticipando di molto talune problemati - dalla ricerca storica, riteniamo che, se si vuol davvero acce - che che poi ritroveremo, approfondite e rielaborate, proprio dere alla “cucina del senso” di Primo levi, allora non si pos - ne I sommersi e i salvati , così ribadiva, in modo chiaro e ine - sono trascurare almeno altre due esigenze: la prima richiede quivocabile, le sue posizioni: «Ma che dire del silenzio del che la ricerca sia condotta dall’“interno” dell’opera; la se - mondo civile, del silenzio della cultura, del nostro stesso si - conda impone di tener conto dell’evoluzione complessiva del - lenzio, davanti ai nostri figli, davanti agli amici che ritornano l’uomo e dello scrittore. Solo così si può davvero tentare di da lunghi anni di esilio in lontani paesi? Esso non è dovuto dare una risposta di “senso” a un personaggio che ha finito solo alla stanchezza, al logorio degli anni, al normale atteg - per divenire una sorta di icona dell’“innominabile” nove - giamento del “primum vivere”. non è dovuto a viltà. […] È ver - cento. 27 un secolo che Guido Ceronetti, in un’intervista con - gogna. Siamo uomini, apparteniamo alla stessa famiglia cessa a nello Ajello, ha sinteticamente tratteggiato come umana a cui appartengono i nostri carnefici. […] Ma sia chiaro “crudele, tragico, disperante”. il poeta e scrittore torinese ha che questo non significa accomunare vittime e assassini: poi aggiunto: «non capisco perché mai l’hanno chiamato “il questo non allevia, anzi aggrava cento volte la colpa dei fa - secolo breve”. È stato l’opposto. lungo per la sua crudeltà. scisti e dei nazisti». lunghissimo di misfatti. Si direbbe che prometteva bene per il successivo, quello che stiamo vivendo, Ma il mio secolo è ancora quello». 28 Il senso dell’umano e la necessità Come non essere d’accordo con tali parole? la condivi - di un suo trascendimento sione di questa “contemporaneità” è infatti la premessa per avvicinarsi ai tanti problemi, in gran parte irrisolti, che quel un riscontro di per sé illuminante di un così tragico e con - “secolo breve” ci ha lasciato in eredità, ivi compreso quello traddittorio percorso ci viene, ad esempio, dall’analisi delle riguardante la figura di Primo levi, perché egli, come nota

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Marco Belpoliti nel suo ultimo libro a lui dedicato, «al di là una “storiografia dei vincitori” acritica e incapace di una visione ogget - della vulgata che lo semplifica e lo riduce a un santino, è uno tiva dei fatti. […]» (S. Peli, La Resistenza in Italia , Einaudi, Torino 2004). 10 scrittore complesso e impervio, che contiene molteplici S. Luzzatto, La crisi dell’antifascismo , Einaudi, Torino 2004. A propo - sito poi dell’“interdetto mosaico”, rimane sempre da interpretare aspetti spesso non immediatamente visibili. Se si prova a quanto è scritto in Num ., 31, 1-2 e 31, 14-18. Ma, in questa sede, non elencare in modo sommario alcune di queste facce, bisogna intendiamo impelagarci in questioni di ordine teologico-religioso, che parlare di lui come di un testimone e insieme di uno scrittore, non farebbero altro che complicare la questione. del chimico e del linguista, dell’etologo e dell’antropologo; poi 11 J. Améry è lo pseudonimo dell’ebreo austriaco Hans Mayer. Fug - ci sono le facce del diarista e dello scrittore autobiografico, gito in Belgio dopo l’annessione dell’Austria alla Germania nazista, en - del narratore orale, dello scrittore politico, dello scrittore trerà nella resistenza belga. Catturato nel 1943, fu torturato e poi ebraico, dell’autore italiano e di quello piemontese; e ancora deportato in vari campi di concentramento e infine ad Auschwitz, dove conobbe Primo Levi. ci sono: il poeta, l’autore di racconti e quello di romanzi e di 12 aforismi». “uomo comune”, ma – al tempo stesso – uomo di J. Améry, Intellettuale a Auschwitz , Bollati Boringhieri, Torino 1987. 13 S. Neitzel e H. Welzer, Soldaten. Le intercettazioni dei militari tedeschi “genio”, nonché, sempre secondo Belpoliti, “scrittore a tre, o 29 prigionieri degli Alleati , Garzanti, Milano 2012. forse persino a quattro dimensioni”, egli non cessa di in - 14 L. Cavani, Il portiere di notte , 1974. terrogarci sulla sua, e sulla nostra, umana natura. E sarà pro - 15 Una retorica, per altro, che traspare anche nei fogli clandestini prio in considerazione di questa complessità e di queste della Resistenza, nei quali “ogni gruppo – militare, politico, professio - contraddizioni che, dalle pagine di questa rivista, cerche - nale, sociale – porta seco e riversa […] le proprie allegorie e retori - remo, nel prossimo numero, di approfondire il solco che – che”. Così D. Tarizzo, in Come scriveva la Resistenza , La Nuova Italia, Firenze 1969. solo in apparenza – separa il levi resistente dal levi uomo di 16 pace e alieno dalla violenza, 30 che è poi il modo per mettere Scrive Fenoglio ne Il partigiano Johnny : «[…] i partigiani erano quello che erano, il fiore e la feccia, come sempre succede in tutte le meglio a fuoco nel modo più congruo quel “segreto brutto di formazioni partigiane», in Romanzi e racconti , a cura di D. Isella, Biblio - cui si è tanto discettato”. teca de la Pléiade, Einaudi-Gallimard, Parigi 1992, pp. 622. 17 Ibidem , p. 653. NOTE 18 H.I. Marrou, La conoscenza storica , il Mulino, Bologna 1975. 19 Si veda l’intervista concessa a W. Goldkom, Come rispondo ai devoti 1 P. Levi, I sommersi e i salvati , Einaudi, Torino 1986. 2 di Primo Levi , “L’Espresso”, 26 aprile 2013. La definizione di “studio sociologico”, riferita a I sommersi e i salvati , 20 P. Citati, Introduzione al libro di E. Forcella, La Resistenza in convento , è dello stesso Autore. Essa compare già nell’intervista rilasciata da Levi Einaudi, Torino 1999. Ricordiamo che il quadro complessivo offerto a G. Arian Levi, poco dopo l’uscita de La chiave a stella . I Sommersi e i dalla Resistenza è tale, che a essa l’Istituto nazionale per la storia del salvati sarà poi pubblicato nel 1986, da Einaudi. A proposito del libro, D. Movimento di Liberazione ha ritenuto di dover dedicare un Atlante sto - Bidussa, nell’ Introduzione all’edizione einaudiana del 2003, scrive: «I rico della Resistenza italiana , Bruno Mondadori, Milano 2000. sommersi e i salvati è un quaderno di lavoro in cui Primo Levi ha sinte - 21 P. Levi, Il sistema periodico , Einaudi, Torino 1975. tizzato le questioni cruciali che si sono aggirate intorno ad Auschwitz». 22 3 Nemmeno nelle poesie dedicate all’argomento resistenziale, quali Si veda S. Luzzatto, Partigia. Una storia della Resistenza , Mondadori, Mi - ad esempio da Epigrafe (6 ottobre 1952) a Partigia (23 luglio 1982), Levi lano 20013. Al centro di una vivace polemica, il libro è stato accolto in non cesserà mai di esortare alla lotta. L’appello al verso finale di Parti - modi diversi. Due esempi per tutti: definito come “straordinario” da P. gia , appare, in questo senso, inequivocabile: “La mostra guerra non è Mieli ( I compagni dimenticati di Primo Levi , il “-Cultura”, mai finita”. 13 aprile 2013), è stato invece aspramente criticato da G. Lerner ( Primo 23 Deportati. Anniversario , in “Torino”, XXXI, n. 4 aprile 1955, numero Levi e l’“ossessione” di Sergio Luzzatto , “”, 16 aprile 2013). speciale dedicato al decennale della Liberazione, ora in P. Levi, Opere , a 4 Un’eccezione è rappresentata da C. Angier, Prefazione a Il doppio le - cura di M. Belpoliti, op. cit . game. Vita di Primo Levi , Mondadori, Milano 2004, che al Levi “resi - 24 Si veda P. Levi, Opere , 2 voll., a cura di M. Belpoliti, Einaudi, Torino stente” ha dedicato un intero paragrafo, il 7°, della Parte seconda del 1997. suo libro, dal titolo Amay e Aosta: settembre 1943 - gennaio 1944 . 25 Nelle edizioni precedenti a Se questo è un uomo del 1958, l’inizio 5 Così Levi nella sua Prefazione a I sommersi e i salvati . del libro coincideva con l’arrivo dello scrittore a Fossoli. 6 L’espressione è usata dal Luzzatto nel libro già citato. 26 R. Barthes, Risposta a un questionario elaborato dalla rivista “Tel 7 F. Sessi, Il lungo viaggio di Primo Levi. La scelta della resistenza, il tradi - Quel” nel 1961, ora in R. Barthes, Saggi critici , Einaudi, Torino 1972. mento, l’arresto. Una storia taciuta , Marsilio, Venezia, 2013. Il libro del 27 Si veda, a tale proposito, AA.VV. ‘900: un secolo innominabile , Marsi - Sessi è coevo a quello di S. Luzzatto. lio 2001. 8 Si veda M. Mazower, Prefazione a Le ombre dell’Europa , Garzanti, Mi - 28 Intervista rilasciata a “La Repubblica”, 6 luglio 2011. lano 2005. 29 Così M. Belpoliti, Introduzione a Primo Levi di fronte e di profilo , 9 L’espressione è contenuta nel libro di R. De Felice Rosso e nero , Bal - Guanda, Milano 2015. dini & Castoldi, Milano 1995. A proposito di essa ha scritto S. Peli: 30 Nel cap. VI dei Sommersi Levi confessava la sua “assoluta inferio - «L’immagine che questa espressione cerca polemicamente di avallare è rità” nel “rendere il colpo”. E questo “non per santità evangelica né quella di una immutabile e magniloquente lettura della Resistenza, di per aristocrazia intellettualistica, ma per intrinseca incapacità”. www.edizioniconoscenza.it 42 ARTICOLO 33 | N.11-12 2015 TEMPI MODERNI/IL GIORNO DELLA MEMORIA “IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO” SETTANT’ANNI DOPO

Le mille ragioni individuali di adesione alla Resistenza. L’imbarazzo dell’incontro tra le nobili passioni e le passioni senza aggettivi Perché è doloroso essere cattivi. La rottura dell’unità stilistica e dell’organicità di un’opera Calvino e la questione del capitolo nove

ERMANNO DETTI

ubblicato nel 1947, ma scritto tra l’estate e l’au- nei suoi confronti, si offende e nasconde l’arma in un sen - tunno del 1946, Il sentiero dei nidi di ragno è il pri- tiero costellato di tane di ragno. mo romanzo di . La vicenda è lineare e da lì a poco, si trova nella brigata partigiana del dritto, com - complessa, narra le azioni di una brigata partigia- posta da uomini di poco affidamento, diseredati e sottopro - na vista con gli occhi di Pin, un bambino vagabon- letari che tuttavia Pin trova curiosi e più o meno simpatici. do, praticamente senza famiglia, che ha solo una sorella, il romanzo si sviluppa con due “tematiche” diverse ma non Pspia dei tedeschi e prostituta, conosciuta da tutti come la parallele: da una parte, il racconto delle azioni partigiane e Nera di Carrugio Lungo. dell’infuriare dell’offensiva nazista e fascista, dall’altra l’in - canto di Pin che si trova tra adulti tanto diversi tra loro, di - Pin riesce a rubare una pistola, una P38, a un tedesco im - versi per le loro debolezze e per i loro interessi, ma uniti, pegnato a letto con la sorella. dovrebbe darla ai suoi amici chissà perché, da una lotta che ogni giorno molti pagano con adulti quella pistola – sono loro che gli avevano chiesto di ru - la vita. barla, sia pure convinti che Pin non ne sarebbe stato capace. nel 2016 sono settant’anni dalla stesura del romanzo. da - Quando il ragazzo si rende conto di questa poca stima nutrita tato dice sempre qualcuno quando si parla di libri sulla resi -

ARTICOLO 33 | N.11-12 2015 43 www.edizioniconoscenza.it TEMPI MODERNI/IL GIORNO DELLA MEMORIA “IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO” SETTANT’ANNI DOPO stenza. Certo, anche la Divina Commedia è datata, parla di Guelfi e di Ghibellini e molti personaggi appartengono al xiii secolo. Com’è noto un’opera è datata quando parla solo agli uomini del suo tempo, e non quando supera il tempo e lo spa - zio per la sua universalità. l’opera di Calvino risulta oggi ancora fresca e affronta la re - sistenza in maniera così attuale che, a distanza di anni, ci parla di un’epoca in modo tale da colpire sia i detrattori sia i sacer - doti di un’agiografia senza senso. l’autore ha vissuto in prima persona quell’esperienza (fu partigiano garibaldino). Tuttavia ce la riproduce non nella sua realtà ma nella sua complessità narrativa, tant’è che l’opera ci parla non tanto del passato quanto del futuro, anche del mondo di oggi. Ma per capire in profondità questo aspetto occorre fare un passo indietro.

Oltre i romanzi di buon livello medio

nel 1964, quindi a distanza di quasi venti anni, Calvino strada. Ma la ricerca neorealistica è ormai lontana, Calvino se scrisse una Prefazione al romanzo, una sorta di riflessione a ne rende conto, ha scritto molti romanzi fantastici, come il posteriori tra il serio e il giocoso. il bello di queste pagine è Barone rampante, Il cavaliere inesistente e Il visconte di - che l’autore non spiega niente del romanzo, spiega invece la mezzato . Senza dimenticare le Fiabe italiane (pubblicate nel sua personale evoluzione stilistica iniziata con il neorealismo 1956 dopo anni di cuciture e di omogeneizzazione lingui - e successivamente abbandonata per un personale fantastico stica), un’immersione totale in un mondo inesistente e reale, tra il fiabesco e il postmoderno. non rinuncia a nulla del ro - che parla di gnomi, di maghi, di fate, di principi e principesse, manzo, anzi sostiene tra le righe che quello non solo è il suo ma allo stesso tempo mantiene un riferimento costante con primo romanzo ma anche il suo romanzo più autentico. le genialità e le miserie umane. Oggi che scrivere è una professione regolare, – sostiene Calvino nell’importante Prefazione – oggi che il romanzo è un “prodotto” con un suo “mercato”, una sua “domanda” e Il capitolo nove una sua “offerta”, con le sue campagne di lancio, i suoi suc - cessi e i suoi tran tran, ora che i romanzi italiani sono tutti “di in quella Prefazione Calvino si pone la questione del capi - un buon livello medio” e fanno parte della quantità di beni tolo nove quello in cui egli abbandona per un attimo l’azione e superflui di una società troppo presto soddisfatta, è difficile si concentra sulle riflessioni teoriche del commissario kim in richiamare alla mente lo spirito con cui tentavamo di comin - un colloquio con il comandante Ferriera. i problemi che i due ciare una narrativa che aveva ancora da costruirsi tutta con dirigenti partigiani si pongono sono i seguenti: Per che cosa si le proprie mani… Già negli Anni Cinquanta il quadro era cam - sta combattendo? Hanno tutti i partigiani un’idea di patria e di biato, a cominciare dai maestri: Pavese morto, Vittorini chiuso sviluppo? Cosa sperano dal loro futuro ammesso che escano in un silenzio di opposizione, Moravia che in un contesto di - vivi da quella guerra che vede perfino i fratelli contro i fratelli? verso veniva acquistando un altro significato (non più esi - E se sanno che possono morire da un momento all’altro, per - stenziale ma naturalistico) e il romanzo italiano prendeva il ché combattono lo stesso e con tanto accanimento? suo corso elegiaco-moderato-sociologico in cui tutti finimmo Quel capitolo fu preso di mira dalla critica degli anni suc - per scavarci una nicchia più o meno comoda (o per trovare le cessivi, al punto che qualcuno consigliò allo scrittore di eli - nostre scappatoie). minarlo perché l’omogeneità del libro ne soffriva. Calvino tenne duro, sostenne che “il libro era nato così, con quel tanto Certo ci fu anche chi continuò per quella strada, e qui Cal - di composito e di spurio”. vino cita Fenoglio, ma quasi nessuno ebbe lo stesso coraggio. oggi, a distanza di anni, è proprio quel capitolo a rendere nella Prefazione viene ostentato un imbarazzo (in un gioco l’opera calviniana universale. i principi teorici di kim ci par - letterario ricomincia a scrivere più volte la Prefazione ), quasi lano dei nodi irrisolti dell’epoca, ma sono gli stessi nodi giu - un senso di colpa per non essere riusciti a seguire la vecchia dicati sì risolvibili nel tempo, ma solo da un’umanità nuova,

www.edizioniconoscenza.it 44 ARTICOLO 33 TEMPI MODERNI/IL GIORNO DELLA MEMORIA “IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO” SETTANT’ANNI DOPO capace di uscire da se stessa e di porsi unita, insieme a tutti gli uomini della terra, in una prospettiva di civile convivenza. NOTA SU CALVINO un’utopia più che una prospettiva concreta. Nel panorama del Novecento Italo Calvino è considerato Ma ecco le parole di kim dette a Ferriera in difesa del di - uno dei più grandi e significativi scrittori, le sue opere sono staccamento dei suoi uomini considerati, il peggiore dei di - ancora oggi tutte in commercio in Italia e nel mondo e sono staccamenti, composto da ladruncoli, carabinieri, militi, molto apprezzate da un vasto pubblico. Fu, oltre che narra - borsaneristi, girovaghi, di gente che s’arrangia nelle storture tore, saggista importante, i suoi scritti sembrano non in - della società: vecchiare mai. Fu impegnato politicamente nel Partito Comunista Italiano. Su Wikipedia è scritto: “Calvino non «Per me questo è il distaccamento di cui sono più con - esalta l’idea comunista sotto il profilo culturale e filosofico. tento… Questo non è un esercito, vedi, da dir loro: questo è un Matura, ciononostante, l’esigenza di organizzare forme po - dovere. Non puoi parlare di dovere qui, non puoi parlare di litiche e strutture sociali a difesa dei diritti, della dignità ideali: patria, libertà, comunismo. Non ne vogliono sentir par - umana e della libertà. Con questo spirito aderisce al Partito lare di ideali, gli ideali sono buoni tutti ad averli, anche dal - Comunista Italiano e ne diviene attivista e quadro, espri - l’altra parte ne hanno di ideali. Vedi cosa succede quando mendo la sua partecipazione con interventi di carattere po - quel cuoco estremista comincia le sue prediche? Gli gridano litico e sociale, su quotidiani e periodici culturali, oltre che contro, lo prendono a botte. Non hanno bisogno di ideali, di nelle sedi istituzionali del partito”. Quello che resta di lui è miti, di avviva da gridare. Qui si combatte e si muore così, soprattutto il valore culturale delle sue opere. Infaticabile senza gridare evviva». scrittore, mentre trovava nella narrazione fantastica la sod - disfazione della scrittura, non perdeva l’occasione di scri - di fronte a queste affermazioni, il comandante Ferriera, vere per la scomparsa per i suoi cari amici, tra cui vanno uomo sicuro di sé, che sa bene perché combatte e si com - ricordati Elio Vittorini, scomparso nel 1966, e Ernesto Che batte, non è convinto. Si può davvero combattere senza Guevara ucciso nel 1967 (lo aveva conosciuto nel 1964 a ideali? si chiede. kim risponde pacato: Cuba). Il bel pezzo sul Che non venne pubblicato in Italia (nel 1998 è stato tradotto per una rivista della Fondazione «Vedi, a quest’ora i distaccamenti cominciano a salire verso Italiana per il Che ma è rimasto pressoché sconosciuto). le postazioni, in silenzio. Domani ci saranno dei morti, dei fe - Brillante e pungente oratore, partecipò a numerosi conve - riti. Loro lo sanno. Cosa li spinge a questa vita, cosa li spinge gni e nel 1985 doveva recarsi negli Stati Uniti per la sue fa - a combattere, dimmi? Vedi, ci sono i contadini, gli abitanti di mose Lezioni americane . Ma il 6 settembre dello stesso anno, queste montagne, per loro è già più facile. I tedeschi bruciano all’età di quasi 62 anni, Calvino venne colto da un ictus a i paesi, portano via le mucche. È la prima guerra umana la Castiglione della Pescaia, dove trascorreva le vacanze prima loro, la difesa della patria, i contadini hanno una patria. Così di partire per l’America. Morì il 19 settembre 1985. li vedi con noialtri, vecchi e giovani, con i loro fucilacci e le cacciatore di fustagno, paesi interi che prendono le armi; noi venuti con noi; quelli combattono per una patria vera e pro - difendiamo la loro patria, loro sono con noi… per altri conta - pria, una patria lontana che vogliono raggiungere. Ma capisci dini invece la patria rimane una cosa egoistica: casa, muc - che… ogni cosa o persona diventa un’ombra cinese, un mito?» che, raccolto. E per conservare tutto diventano spie, fascisti… Poi gli operai. Gli operai hanno una loro storia di salari, di scioperi, di lavoro e lotta a gomito a gomito. Sono una classe Il dolore di essere cattivi gli operai. Sanno che c’è del meglio nella vita e che si deve la - vorare per questo meglio. Hanno una patria anche loro, una Ma Ferriera non è ancora convinto. Allora kim cambia re - patria ancora da conquistare, e combattono qui per conqui - gistro, parla ancora del distaccamento del dritto, del peggiore starla… Poi c’è qualche intellettuale o studente, ma pochi, qua dei distaccamenti. Perché combattono? non per la patria, e là, con delle idee in testa, vaghe e spesso storte. Hanno una non per un ideale! Combattono per lavare l’offesa alla loro patria fatta di parole, o tutt’al più da qualche libro. Ma com - vita, per lavare il sudicio della casa e della strada in cui sono battendo troveranno che le parole non hanno più nessun si - stati relegati e soprattutto combattono per la fatica di dover gnificato, e scopriranno nuove cose nella lotta degli uomini e essere cattivi! Certo, alcuni di quegli uomini sfogano la loro combatteranno così senza farsi domande, finché non cerche - rabbia e il loro furore nella brigata nera. Ma c’è una differenza ranno delle nuove parole e ritroveranno le antiche, ma cam - tra i partigiani e la brigata nera, dice kim, “noi nella storia biate, con significati insospettati. Poi chi c’è ancora? Dei siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra… l’altra è la parte prigionieri stranieri, scappati da campi di concentramento e dei gesti perduti, dei furori inutili, inutili anche se vincessero!”

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Perché anche se vincessero? insiste Ferriera. Ma perché – rare la resistenza solo nelle azioni senza parlare di cosa spin - spiega kim, e qui pensa a un futuro senza tempi definiti – an - gesse quegli uomini ad agire, narrare solo di Pin e del suo dif - che se vincessero resterebbero schiavi. lottare ha un senso ficile (e facile) rapporto con gli adulti, mettere perfino in solo se si va verso un riscatto dalle umiliazioni: l’operaio deve evidenza i contrasti del piccolo uomo con la sorella che se la liberarsi dallo sfruttamento, il contadino dall’ignoranza, il pic - fa con i tedeschi e denuncia i partigiani… sarebbe stato dav - colo borghese dalle sue inibizioni e dal suo individualismo, e vero troppo poco. così via. Il sentiero dei nidi di ragno non è un romanzo impegnato nel senso tradizionale del termine, ma è sicuramente un ro - Io credo, conclude Kim, che il nostro lavoro politico sia questo, manzo di formazione civile. utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se Alla fine Pin insulta la sorella con: “Scimmia! Cagna! Spia!” stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la E Cugino, l’uomo con cui Pin riesce finalmente ad avere un miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo. rapporto sereno, rinuncia al suo bisogno di andare con una donna dopo mesi e mesi di montagna, perché ha schifo di un Solo se questa lezione di kim suonerà sempre nelle co - rapporto saltuario e pagato. Forse è vero che la resistenza scienze manterrà viva la coscienza civile, diventa istanza pe - migliorò gli animi degli uomini. C’è chi ancora oggi ci crede e dagogica di alto valore. Ferriera di fronte a queste parole si chiede come, dopo un’epoca tanto burrascosa, possa es - resta senza fiato. E conclude: sere nato un gioiello come la Costituzione italiana. Tutto questo racconta senza spiegarlo Calvino. E da quel Pare impossibile che con tante balle in testa tu sappia fare narratore che era, ha solo un rimorso che evidenzia nella Pre - il commissario come si deve e parlare agli uomini con tanta fazione : l’aver raccontato in parte un fatto vero. raccontare chiarezza . un fatto vero non solo è difficile, non è narrazione se non in - terviene il sostegno robusto della fantasia. kim resta solo. nel resto del capitolo lo troviamo in cam - Questo se mai il suo cruccio dal punto di vista estetico, così mino per la montagna, ci sarà battaglia domani e occorre im - spiegato nella Prefazione : «Con furia polemica mi buttavo a partire ordini precisi. Ha le idee chiare ma non è sereno, scrivere e scomponevo i tratti del viso e del carattere dei per - sogna però un futuro in cui tutti saranno sereni e avranno ca - sonaggi che avevo tenuto per carissimi compagni, con cui pito tutto del mondo. ora però gli uomini hanno ancora gli oc - avevo per mesi e mesi spartito gavetta e castagne e il rischio chi torbidi e i volti ispidi. E soffrono perché sono cattivi e non della morte… Per poi provare un rimorso che mi venne dietro c’è niente di più doloroso che essere cattivi. un’umanità più per anni». Ma più avanti tratta a fondo questo rapporto tra il buona potrebbe essere anche più serena. Questo è il grande narrare per scrivere un romanzo e scrivere per la cronaca e messaggio che kim/Calvino offre agli uomini che sapranno precisa: «deformavo i volti, straziavo le persone come sem - raccoglierlo. pre fa chi scrive, per cui la realtà diventa creta, strumento, e sa che solo così può scrivere, eppure ne prova rimorso». d’al - tra parte con queste strade si erano già misurati, anche sul piano estetico, grandi scrittori, e qui Calvino cita Per chi E l’estetica? suona la campana di Hemingway, La disfatta di Feedov, Con - fessioni d’un Italiano di nievo. Per fortuna fu Pavese a parlare Certo un capitolo così denso di concetti filosofici ed esi - di tono fiabesco presente nel Sentiero dei nidi di ragno . difatti stenziali – anche se occupa soltanto poche pagine del capi - la guerra partigiana vista dal basso, dagli occhi di un bam - tolo – interrompe l’azione, l’unità stilistica. Per l’epoca doveva bino era pura invenzione e suonava bene, arricchita dal gioco essere davvero grave, l’organicità dell’opera era considerato della fantasia. un criterio estetico sicuro. Sarà per questo tono fiabesco – oltre al fatto che spesso i Si è oggi capito che le cose non stanno in assoluto così. An - protagonisti o i narratori nei romanzi di Calvino sono i ragazzi che nel cinema, perfino nei fumetti, ai momenti di azione – – che le opere di Calvino hanno avuto grosso successo tra i fughe, sparatorie, inseguimenti, colpi di scena, ecc. – si fanno giovani e nelle scuole? seguire momenti di riflessione più o meno profondi, di dialo - Scherzosamente qualcuno ha definito questo elemento con ghi, di scene con battute, momenti che servono non solo per l’espressione di “Calvino dimezzato”: i suoi romanzi sono dif - interrompere un ritmo e far riposare il lettore, ma anche per fusi metà tra gli adulti e metà tra i ragazzi, a partire dalle dare spessore o leggerezza a una narrazione che corre Fiabe italiane , fino alla trilogia, fino a Marcovaldo che non a troppo. Visto nell’insieme, oseremmo dire che il capitolo ix è caso porta le straordinarie illustrazioni di Sergio Tofano, crea - ben posizionato (siamo oltre la metà del romanzo), anzi nar - tore del celebre e sempre fortunatissimo Bonaventura. www.edizioniconoscenza.it 46 ARTICOLO 33 | N.11-12 2015