Il Mestiere Di Storico Rivista Della Società Italiana Per Lo Studio Della Storia Contemporanea

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Il Mestiere Di Storico Rivista Della Società Italiana Per Lo Studio Della Storia Contemporanea il mestiere di storico Rivista della Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea V / 2, 2013 viella SOCIETÀ ITALIANA PER LO STUDIO DELLA STORIA CONTEMPORANEA sede operativa c/o Dipartimento di Scienze Storiche - Università Cattolica del Sacro Cuore, Largo Gemelli 1 - 20123 Milano sede legale c/o Dip. di Storia - Università degli Studi di Siena, via Roma, 56 - 53100 Siena e-mail [email protected] [email protected] internet http://www.sissco.it presidente Agostino Giovagnoli consiglio direttivo Enrica Asquer, Alfonso Botti, Marco Gervasoni (vicepresidente), Giancarlo Monina, Marina Tesoro, Elisabetta Vezzosi segreteria e tesoreria Valerio De Cesaris redazione di www.sissco.it Federico Mazzini (responsabile) IL MESTIERE DI STORICO Copyright © 2013 - Sissco e Viella ISSN 1594-3836 ISBN 978-88-6728-164-0 (carta) ISBN 978-88-6728-172-5 (e-book) Rivista semestrale, anno V, n. 2, 2013 Registrazione presso il Tribunale di Roma del 4/5/2009, n. 143/2009 direttore responsabile Andrea Graziosi direttore Barbara Curli redazione Salvatore Adorno, Maria Pia Casalena, Massimo De Giuseppe, Andrea Di Michele, Andrea D’Onofrio, Eros Francescangeli, Alessio Gagliardi, Valeria Galimi, Roberta Garruccio, Domenica La Banca (segretaria di redazione), Arturo Marzano, Paola Pizzo, Andrea Ricciardi, Adriano Roccucci corrispondenza e libri inviare a «Il mestiere di storico», c/o Viella s.r.l., Via delle Alpi, 32 - 00198 Roma e-mail [email protected] copertina Franco Molon TheSign amministrazione Viella s.r.l., Via delle Alpi, 32 - 00198 Roma tel./fax 06 84 17 758 - 06 85 35 39 60 [email protected] [email protected] www.viella.it abbonamento annuale Italia € 75 Estero € 85 2012 (2 numeri) Numero singolo € 40 modalità di pagamento c/c bancario IBAN IT82B0200805120000400522614 c/c postale IBAN IT14X0760103200000077298008 carta di credito Visa / Master Card INDICE Riflessioni Massimo De Giuseppe, El lugar más pequeño: visioni e memorie della guerra civile salvadoregna 5 Discussioni Eric Bussière, Sundhya Pahuja, Alessandro Polsi, Andrew Preston e Mark Mazower, Governare il mondo (a cura di Barbara Curli e Mario Del Pero) 15 Rassegne e letture Gioia Gorla, Storia della disabilità 33 Daniela Luigia Caglioti, Diritto e società internazionale 35 Gennaro Carotenuto, Corriere della Sera 37 Giovanni Sabbatucci, Sulle origini del fascismo 41 Marco Dogo, L’età delle migrazioni forzate 44 Mauro Elli, Enrico Mattei 47 Guri Schwarz, Memorie della Repubblica 49 Riccardo Brizzi, Media e potere in Italia 52 Memorie e documenti 55 Le riviste del 2012 71 I libri del 2012 / 2 Collettanei 133 Monografie 157 Indici Indice degli autori e dei curatori 281 Indice dei recensori 285 Il mestiere di storico, V / 2, 2013 RIFLESSIONI Massimo De Giuseppe El lugar más pequeño: visioni e memorie della guerra civile salvadoregna C’è una scena del documentario messicano-salvadoregno El lugar más pequeño,1 pre- miato in numerosi festival internazionali e puntualmente non distribuito in Italia, che raccoglie il senso profondo del progetto. Mentre la voce di un uomo racconta calma il momento in cui da bambino trovò sull’uscio di casa il corpo del padre ucciso, ancora cal- do, con la bocca sfondata, avvolto da un acre odore di fumo, la telecamera scorre decisa lungo un sentiero di grassa e scura terra vulcanica, supera le radici, si inerpica tra i rami sottili e le fitte foglie di un albero di aguacate (avocado), fino a rivelare una collina dalla bellezza struggente, sommersa dalle nuvole dense dell’alba. Quello stesso sentiero, attra- versando la foresta, conduce a una grotta, utilizzata per più di due anni come rifugio da un gruppo di abitanti del villaggio de la Cinquera (nel dipartimento di Cabañas, a nord di San Salvador), costretti a lasciare le proprie case nell’ambito di un’operazione militare di tierra atrasada. In quel punto, probabilmente il momento topico del documentario, ombelico ideale della sua narrazione multipla, convergono tutti i testimoni intervistati nel film. Per la prima e unica volta svelano i propri volti, mentre si ritrovano a discutere faccia a faccia del passato, delle ferite aperte dalla guerra, gettando uno sguardo anche sull’attua- lità di un paese segnato dalla migra selvaggia (un terzo dei salvadoregni è all’estero) e dalla violenza minorile, in una regione passata dalla condizione di nodo strategico della nuova guerra fredda a quella di corridoio centroamericano del narcotraffico.2 El lugar más pequeño, il posto più piccolo, è un raro esempio di microstoria trasportata al cinema, attraverso la costruzione di una struttura semplice, quasi naif, libera da ogni retorica e ideologismo, raccontata con la giusta distanza e uno stile originalissimo ma, soprattutto, con un senso di assoluto rispetto per le persone, i luoghi, le voci e i silenzi. 1. El lugar más pequeño/The Tiniest Place, Regia e sceneggiatura: Tatiana Huezo Sánchez. Durata: 104’. Messico 2011. Tra i riconoscimenti: il John Schlesinger Award del Palm Springs Film Festival, il gran premio del Visions du Reel di Nyon e il premio della critica della Viennale. 2. Transnational Organized Crime in Central America and the Carribean: A Threat Assessment, Vienna, Unodc 2012. Il mestiere di storico, V / 2, 2013 6 riflessioni Questa formula è ottenuta grazie a una naturale empatia tra regista e intervistati e al ricorso a un singolare approccio narrativo in cui, per una volta, scompaiono le cosiddette talking heads (i volti dei testimoni, ripresi durante l’intervista, spesso in una cornice artificiale) tipiche della documentaristica storica anglosassone. La scelta stilistica (e al contempo la proposta culturale) del film si basa infatti sulla decisione di registrare solo tracce audio delle interviste ai testimoni, lasciando loro la massima libertà espressiva e narrativa, accompagnandole poi nel montaggio con riprese dell’ambiente: del villaggio ricostruito e della foresta umida che lo avvolge. Il tutto all’insegna di un grande pudore e senza effetti visivi gratuiti. Unica eccezione è appunto quella delle riprese nella grotta (con tutto il portato simbolico-religioso che le cuevas ancora rivestono nella cultura rurale mesoamericana) in cui i narratori – un contadino, un guardiano di mucche, una donna che ha perso tutti i suoi figli (guerriglieri e non) nel conflitto, il letterato del villaggio (la cui prima lettura fu il dizionario Larousse), un ex paramilitare di Orden,3 una levatrice di uova di galline altrui… – si spogliano delle proprie paure e, immortalati dalla fotografia naturale di Ernesto Pardo, si confrontano «en vivo» sul senso di una devastante guerra civile. Un conflitto, sorto ai margini dellanew cold war americana, segnato da una sequela di violenze efferate che ha lacerato il paese, abbattendosi con particolare virulenza (specie nel triennio 1981-1983) proprio sulle comunità rurali che ospitavano le invisibili linee del fronte tra esercito e guerriglia, tra cui appunto Cabañas nell’Alto Lempa.4 La vicenda della rapida discesa del piccolo El Salvador verso una drammatica guerra civile, protrattasi, dopo una lunga incubazione, dall’autunno del 1980 al gennaio del 1992 e costata più di 80.000 vittime, è stata raccontata in passato in più occasioni: dapprima da una bibliografia militante e da una pubblicistica di denuncia internazionale, spesso incentrata sulle responsabilità statunitensi nel conflitto,5 quindi da una storiografia ancora in costruzione. Entrambe sono state accompagnate nel tempo, dato tutt’altro che insignificante, da alcuni film e diversi documentari, su cui torneremo più avanti. Per meglio comprendere l’andamento a strappi di questo processo corale (certo non privo di vuoti, tensioni e contrapposizioni interne), credo sia necessaria però una breve premessa che aiuti a coglierne alcune specificità. La vicenda si colloca naturalmente sullo sfondo della crisi socio- politica che trasformò, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, ilCentroamerica in una delle aree di tensione strategica della guerra fredda e che vide, per una serie di ragioni diverse, attori nazionali e internazionali giocarvi un ruolo di primo piano. In particolare, 3. La Organización Democrática Nacionalista (Orden) era un organo paramilitare sorto nel 1967 e sciolto nel 1980. Charles D. Brockett, Political Movements and Violence in Central America, Cambridge, Cambridge University Press, 2005; Margaret Popkin, Peace Without Justice, University Park, Pennsylvania State University Press, 2000. 4. From Madness to Hope, the 12- Year War in El Salvador- Informe de la Comisión de la verdad, New York-San Salvador, United Nations-Donostia, 1993. 5. Mi limito ai più noti: Robert Armstrong, Janet Schenk, El Salvador: The Face of Revolution, Boston, South End Press, 1982 e Walter Lafeber, Inevitable Revolutions. The United States in Central America, New York, Norton, 1993. riflessioni 7 dopo l’uccisione di mons. Oscar Arnulfo Romero, il 24 marzo del 1980, il piccolo El Salvador divenne il centro di una complessa rete di attività diplomatiche, iniziative politiche, proposte terzaforziste e forme, spesso inedite, di mobilitazione e denuncia.6 Tutti fattori che avrebbero proiettato sul paese tensioni «altre», finendo per incidere sulle dinamiche esterne della ricostruzione del conflitto. In tal senso il caso salvadoregno rappresenta – in termini distinti rispetto ai vicini Nicaragua e Guatemala, dove le segmentazioni sociali assunsero un carattere ripettivamente più ideologico ed etnico7 – un modello emblematico della latinoamericanizzazione della guerra fredda. In primo luogo, analizzare
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