Lettere Di Sant'ignazio Di Loyola
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Lettere di sant’Ignazio di Loyola/1 1. Il primo incontro di Ignazio pellegrino Nel 1522 Ignazio di Loyola aveva lasciato il suo mondo agiato, per seguire la voce misteriosa che lo chiamava verso mete ancora ignote. Mentre si recava da Monserrato a Manresa incontrò Agnese Pasqual. Il pellegrino 1e domandò dove si trovasse l’ospedale. La richiesta fu talmente umile che quella donna ne rimase profondamente colpita. Nacquero subito, tra i due, rapporti cordiali, e da questo momento Agnese sarà come una buona madre per Ignazio, il quale, povero per elezione, aveva scelto la ricchezza di Dio. Agnese Pasqual, nata Pujol, aveva sposato in prime nozze Giovanni Sacristà, un agiato possi- dente, da cui aveva avuto un figlio di nome Giovanni: questi deporrà più tardi nel processo di beatifi- cazione di Ignazio. Rimasta presto vedova, era passata a seconde nozze con Bernardino Pasqual, an- che questi benestante e proprietario di una casa a Manresa e di un’altra a Barcellona. In quest’ultima sarà ospitato Ignazio, nel febbraio e marzo del 1523, poi, durante il periodo dei suoi studi di gramma- tica, dal 1524 al 1526, e infine, per tre mesi, nel 1527, prima di recarsi a Parigi. Così Agnese fu la prima sua benefattrice. Ignazio non la dimenticherà mai, come non dimenticherà le altre persone che ebbero nei suoi ri- guardi attenzioni speciali. La gratitudine resterà, per l’antico cavaliere, come un dovere del cuore, un bisogno a cui non poteva sottrarsi; Ribadeneira lo notò, mentre Ignazio era ancora in vita: “ tra tutte le virtù di N. P. - scrisse - ce n’è una nella quale si distingue particolarmente: la virtù della ricono- scenza “. Si è parlato addirittura di una sua teologia della riconoscenza (cfr H. RAHNER, Ignazio di Loyola e le donne del suo tempo, p. 265). Ci sembra quindi significativo che la prima lettera di Ignazio che possediamo venga scritta ad una benefattrice, per consolarla della morte di un’amica, di cui non conosciamo il nome, per incorag- giarla a superare tutte le difficoltà e a tenere in poco conto le dicerie che si levavano sulla sua per- sona. In essa troviamo anche dei principi di vita spirituale che rivelano in Ignazio un uomo nuovo, ri- generato da tutto un periodo intenso di asprezze corporali e di abnegazione totale. AGNESE PASQUAL - Barcellona, 6 dicembre 1524 - MI Epp I 71-73 IHS La pace di Cristo. Mi è sembrato bene scriverle questa lettera, visto il desiderio che ho riscontrato in lei di servire il Signore. Credo bene che per il momento, sia per il vuoto lasciato da quella beata serva che al Signore è piaciuto prendere con sé, sia per i molti nemici e inconvenienti che per il servizio del Signore incontra in codesto luogo, sia per il nemico dell’umana natura la cui tentazione non cessa mai, per tutto questo credo che lei sia stanca. Per l’amore di Dio N.S., miri sempre a progredire evitando ciò che non conviene, in modo che la tentazione non abbia alcun potere contro di lei. Agisca sempre così, anteponendo la lode del Signore a tutto il resto. Lettere di sant’Ignazio di Loyola/2 Il Signore poi non esige da lei che faccia cose faticose e nocive alla sua persona, anzi vuole che viva gioiosa in lui, dando il necessario al corpo. Il suo parlare, pensare e conversare sia in lui. Orienti a questo fine tutte le cose necessarie al corpo, anteponendo sempre i comandamenti del Signore. Questo egli vuole e questo ci comanda [...]. Per l’amore di N.S., quindi sforziamoci in lui, poiché gli dobbiamo tanto: molto più presto ci stanchiamo noi a ricevere i suoi doni che lui a farceli. Piaccia alla Madonna d’interporsi tra noi peccatori e il suo Figlio e Signore e di ottenerci la gra- zia che i nostri spiriti fiacchi e tristi siano trasformati, con il nostro faticoso impegno, in forti e gioiosi per la sua lode. Il povero pellegrino. Iñigo Lettere di sant’Ignazio di Loyola/3 2. Dopo lungo silenzio Circa dieci anni erano trascorsi da quando Ignazio aveva lasciato Loyola e i suoi: dieci anni di lotte e di conquiste personali nelle nuove vie. Adesso che i1 suo cuore è pieno di Dio, è potuto tornare agli uomini per comunicare loro le insondabili ricchezze della vita divina. Ignazio ha scritto quindi, dopo tanto silenzio, al fratello Martino; e ora, ricevuta la sua risposta, torna a scrivere. Martino García, benché secondogenito, era l’erede della casa Loyola, dopo la morte del fratello maggiore. Dal suo matrimonio con Maddalena di Araoz ebbe nove figli, di cui quattro maschi. Nella lettera Ignazio, dopo aver parlato di affari familiari, come il matrimonio di una sua nipote e gli studi di un nipote, spiega a Martino, il quale è ben lieto del nuovo stile di vita dell’ultimo suo fra- tello, i motivi spirituali del suo lungo silenzio. Era necessario separarsi totalmente dal mondo onde as- similare l’essere di Dio per comunicarlo poi agli uomini; inoltre, gli inizi nella vita spirituale sono sempre difficili. Più avanti troviamo, fra l’altro, una calda esortazione ad usare rettamente i beni di questo mondo, preoccupazione speciale del nuovo uomo di Dio e riflesso di quello che sarà il «princi- pio e fondamento» dei suoi Esercizi Spirituali. Ignazio conclude con un augurio: poter conoscere e compiere la volontà di Dio. Qui lo troviamo espresso per la prima volta, e sarà il suo abituale saluto all’accomiatarsi, potremmo dire la sua firma. MARTINO GARCÍA DE OÑAZ - Parigi, giugno 1532 - MI Epp I 77-83 IHS La grazia e l’amore di Cristo N.S. siano sempre con noi. [...] Dici di esserti molto rallegrato perché ti pare che io abbia lasciato il modo usato con te di non scriverti. Non meravigliarti: per guarire una grande piaga vi si applica un unguento subito, un altro a metà cura e un altro alla fine. Così, quando intrapresi la mia via, mi era necessario un rimedio; poco dopo, un rimedio diverso non mi fa male: se lo sentissi infatti nocivo, certo non ne cercherei un se- condo né un terzo. Nulla di strano che io abbia sperimentato questo, quando già s. Paolo, poco dopo la sua conver- sione, dice: «Mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi»1 e altrove: «Nelle mie membra vedo un’altri legge, che lotta contro la legge della mia mente»2; «La carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne»3. Ed era tanta la ribel- lione nella sua anima che arriva a dire: «Non faccio quel che voglio, ma quello che detesto»4. Poi, più avanti nel tempo, dice: «Sono infatti persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né pre- sente, né avvenire... né alcuna altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, no- stro Signore»5. All’inizio ho avuto una certa rassomiglianza con lui. Piaccia alla somma bontà di non volermi negare la pienezza della sua santissima grazia perché a metà e alla fine io somigli, imiti e serva tutti co- loro che sono suoi veri servitori. E se dovessi in qualcosa disgustarlo o su un solo punto afflosciarmi nel suo santo servizio e nella sua lode, mi tolga piuttosto da questa vita. Lettere di sant’Ignazio di Loyola/4 Tornando al nostro proposito, da cinque o sei anni ti avrei scritto più spesso, se non me lo aves- sero impedito due cose: prima gli studi e molte relazioni, ma non mondane; poi ero incerto se le mie lettere fossero a servizio e lode di Dio N.S. e a sollievo dei miei parenti secondo la carne, perché lo fos- simo anche secondo lo spirito e, nello stesso tempo, ci aiutassimo rispetto agli interessi eterni. È vero infatti che in questa vita posso amare una persona solo nella misura in cui l’aiuto a servire e lodare Dio N.S., perché non ama Dio di tutto cuore colui che ama qualcosa per sé e non per Dio. Se di due persone che servono Dio N.S. in modo uguale, una ci è parente e l’altra no, Dio N.S. vuole che ci attacchiamo e affezioniamo più, per esempio, al nostro padre naturale che a chi non lo è, al benefattore e parente anziché a chi non è né l’uno né l’altro. Ecco perché veneriamo, onoriamo e amiamo più gli apostoli che gli altri santi perché più hanno servito, più hanno amato Dio N.S. La carità, infatti, senza cui nessuno può raggiungere la vita, è l’amore con cui amiamo Dio N.S. per se stesso e il resto per lui. Perciò «dobbiamo lodare Dio nei suoi santi» come dice il salmista6. Desidero molto e più che molto, se si può parlare così, che nella tua persona, nei parenti e amici bruci intensamente questo tale e tanto vero amore e che crescano le vostre forze a servizio e lode di Dio N.S., perché sempre più vi possa amare e servire. Servendo infatti i servitori del mio Signore, mia è la vittoria e mia la gloria. Con questo amore sano e con questa volontà sincera e aperta io parlo, scrivo e consiglio come vorrei, e desidero di cuore -, con sincera umiltà e non per gloria profana e mondana, che gli altri mi consiglino, stimolino e correggano. Un uomo che in questa vita stia a vegliare nella cura ansiosa di costruire molto, di aumentare co- struzioni, rendite e posizione, per lasciare sulla terra gran nome e ricordo, non spetta a me condannarlo, ma neppure posso lodarlo.