BESA Quaderno V. 3

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BESA Quaderno V. 3 Quaderni di Biblos Società e Istituzioni 30/6 Per aspera sic itur ad astra (Seneca, Hercules furens, atto II, v. 437) Miscellanea arbëreshe a cura di Pietro Manali Palermo 2011 Pubblicazione a cura della biblioteca comunale “Giuseppe Schirò” di Piana degli Albanesi 2011 © Unione dei Comuni Lidhja e Bashkivet B E S A Miscellanea arbëreshe / a cura di Pietro Manali. - Palermo : Unione dei Comuni Besa, 2011. - [?] p. ; 24 cm. - (Quaderni di Biblos : Società e Istituzioni ; 30/6). 1. Albanesi - Italia meridionale - Cultura I. Manali, Pietro 305.891 CDD 22 Scheda catalografica a cura della biblioteca comunale G. Schirò di Piana degli Albanesi (PA) Si ringraziano per la collaborazione Nicola Scalici Schirò, Giuseppina Cerniglia e Mimma Capaci Stampa Eurografica s.r.l. - Palermo Settembre 2011 Indice PREMESSA . Pag. 7 Pietro Manali, Verso un “sistema” arbëresh . »9 Matteo Mandalà, Note di storiografia arbëreshe contemporanea . »17 Vito Scalia, Sicilia anni venti: la costruzione del bacino idroelet- trico dell’Alto Belice . »31 Giuseppina Di Marco, Mezzojuso: nuovi studi demografici (1593) »57 Gëzim Gurga, La questione alfabetica nelle pagine de “La Nazione Albanese” . »83 Hamit Xhaferi, Zef Skiro di Maxho, individualitet dhe krijues i fuqishëm në poezinë bashkëkohore arbëreshe . »91 Giuseppe Schirò di Maggio, Il dono dell’haiku . » 101 Anna Maria Salerno, Gurët dielli . » 105 Gaetano Gerbino, Me l’immaginavo già, ma l’ho anche visto … . » 117 Pietro Di Marco, Un manoscritto di Nicolò Figlia . » 125 Alessandro Cuccia, Scorci da Tirana . » 141 Francesco Cianci, Il ruolo delle autonomie territoriali nella tutela delle minoranze linguistiche nell’ordinamento giuridico italiano » 151 Giuseppe Scuderi, La tutela delle minoranze linguistiche nella Re- gione Siciliana. Esperienze e prospettive . » 187 Nicola Scalici Schirò, Le leggende di Rozafa . » 215 Giuseppina D. Schirò, Il costume tradizionale femminile degli Arbëreshë di Sicilia: fonti iconografiche . » 231 5 Premessa Con questo quaderno si conclude un’esperienza di divulgazione e di promozione culturale importante, intensa, proficua ed esaltante. I quaderni di Biblos sono nati perché l’omonima rivista non poteva contenere ulteriori e più ampi approfondimenti sui temi editoriali propri ovvero gli studi albanologici e la valorizzazione delle peculiarità culturali e linguistiche degli Albanesi d’Italia. Sono state, così, pubblicate trenta piccole monografie di vario contenuto – qualche migliaio di pagine – rac- colte in diverse collane: guide e manuali, lingua e letteratura, società e isti- tuzioni, storia, teatro. Oltre alle ricerche di studiosi affermati, i Quaderni hanno ospitato con- tributi scientifici di giovani studiosi ai quali, con la pubblicazione, si è voluta offrire un’opportunità per fare conoscere a un pubblico di lettori più ampio, non solo il loro impegno, ma anche il loro talento. Riconoscere e valorizzare gli sforzi dei nuovi protagonisti della cultura arbëreshe ha voluto significare non solo la volontà di divulgarne i lavori ma anche, loro tramite, il tentativo di assicurare continuità storica e culturale, e quindi certezza di ulteriore sopravvivenza, alla comunità arbëreshe inte- sa come portatrice di cultura e di identità proprie e uniche. L’unico obbligo imposto a tutti i collaboratori è stato quello di garanti- re nelle loro proposte metodo e rigore scientifici. Tant’è che gli studi pub- blicati hanno registrato spesso importanti riscontri in ambiti culturali di livello nazionale e internazionale. Gli unici costi finanziari sostenuti sono stati quelli di stampa e, in misura molto minore, di distribuzione. Il resto è stato generoso, volonta- rio e gratuito impegno di tante amiche e amici veri. Questo fatto decisivo, tuttavia, non esime dall’obbligo di ringraziare il comune di Piana degli Albanesi come, in misura diversa, l’Unione dei comuni BESA nonché altri Enti e istituzioni private. Senza il loro appor- to né Biblos né i Quaderni avrebbero potuto vedere la luce e sopravvivere così a lungo (quasi un quindicennio). La produzione culturale “volontaria” ha il pregio, da non sottovaluta- re, dell’autonomia e della libertà assolute ma in genere, non sussistendo 7 un mercato in grado di renderla economicamente autosostenibile, ha vita breve e grama se non sostenuta da solide Istituzioni. Occorre dire, infine, che l’impresa non sarebbe stata certamente possi- bile senza il concorso generoso e decisivo di tutti gli operatori, a vario tito- lo, della biblioteca comunale Giuseppe Schirò. 8 Pietro Manali* Verso un “sistema” arbëresh 1. Premessa La storia delle comunità arbëreshe “ […] è una storia alquanto trava- gliata …, in prevalenza fatta di lotte per l’affermazione del diritto all’esisten- za […]1 ”, è storia delle disperate fatiche di quanti vi hanno, a vario titolo, partecipato fino ai nostri giorni. É, anche, storia di divisioni, di fratture che possono ancora andare bene se contenute nella fisiologica dialettica dei diversi modi di vedere, di pensare, di concepire l’identità, e quindi nelle varie risposte possibili al tema della salvaguardia e della valorizza- zione del patrimonio culturale arbëresh. È perfino accettabile che le molteplici articolazioni delle comunità cor- rano spesso sui binari, separati e paralleli, dell’incomprensione, dell’auto- sufficienza presunta, della faziosità e dell’integralismo perché, sia pure con modalità sbagliate e improduttive, certificano ancora tensione, sussul- ti, ed esistenza in vita. Quando, invece, nessuna di queste condizioni sussiste vuol dire che la spinta propulsiva verso la sopravvivenza, quale che sia stata, è prossima all’esaurimento. Anche in questa ipotesi non vi è nulla di tragico o di risolutivo. La sto- ria dell’umanità, nella babele globalizzata, è piena di civiltà, di culture, di lingue che quotidianamente scompaiono travolte da modelli economici e culturali egemoni. Pare, allora, opportuno chiedersi quale di queste fasi stiano, attual- mente, attraversando gli arbëreshë e con quale e quanta intensità abbiano voglia di esistere ancora in quanto tali. * Direttore emerito della biblioteca comunale “Giuseppe Schirò” di Piana degli Albanesi. 1 Cfr. GIUSEPPE SCHIRÒ DI MAGGIO, Alcuni eventi storici nella percezione documentata degli Arbëreshë in Sicilia, Palermo, Unione dei Comuni BESA, Palermo, p. 1; 9 Pietro Manali 2. La Comunità ieri 2 La costruzione storica, ma anche mitologica, dell’identità arbëreshe è stata, indiscutibilmente, opera meritoria del clero di rito bizantino che, in un lavorio ormai plurisecolare, ne ha elaborato le coordinate lungo le quali si è espressa fino ai nostri tempi o almeno fino alla sopravvivenza delle varie istituzioni che sono state veri e propri centri di produzione cul- turale e di formazione del ceto intellettuale e del ceto dirigente, laico e religioso, delle comunità arbëreshe. Sono stati uomini appassionati e capaci che hanno pensato e realizza- to un progetto in grado di rendere possibile tutto questo. Sono stati uomi- ni “mitici” che allo scopo hanno dedicato i loro anni migliori vivendo, ugualmente e attivamente, il loro tempo da contemporanei. La vita degli Albanesi d’Italia, tuttavia, non era fatta, come non è fatta, soltanto della loro lingua e del loro rito. Anch’essi hanno vissuto nella vita sociale ed economica di un Mezzogiorno feudale che ha, nei secoli, instaurato e imposto rapporti sociali nei quali la stragrande maggioranza degli arbëreshë versava in condizioni di subordinazione e di indigenza. Di questo aspetto si sono occupati altri, uomini e donne, appartenenti a filoni culturali e politici più attenti ai fenomeni socio-economici e poco propensi per loro natura all’approfondimento e alla riflessione religiosa. Anch’essi hanno significativamente attraversato, dalla seconda metà del XIX secolo quasi fino agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso, la vita delle comunità provocando lunghi periodi di confronto, se non di vera e propria contrapposizione,. Se, fra gli Albanesi di Sicilia, si volesse dare un volto a questi due filo- ni si dovrebbe certamente pensare ai profili di padre Giorgio Guzzetta3 e di Nicola Barbato4 la cui formazione giovanile, peraltro, avvenne nel Seminario greco-albanese di Palermo fondato dal Guzzetta. Pur se vissuti in epoche e contesti storici, tanto diversi quanto lontani fra loro, pur nella decisa polarizzazione politica e culturale che rappresen- tano, queste due forti personalità hanno fra di loro importanti punti di contatto: l’uno, il Guzzetta, spese la sua vita per pensare e poi creare le 2 Cfr. MATTEO MANDALÀ, Mundus vult decipi, AC Mirror, Palermo, 2007. 3 Cfr. GIOVANNI D’ANGELO, Vita del Servo di Dio, Tip. Pietro Solli, Palermo, 1798 (ora ristampato come: GIOVANNI D’ANGELO, Vita di Padre Giorgio Guzzetta, a cura di Pietro Manali, Sciascia edi- tore, Caltanisssetta-Roma, 2009). 4 Cfr. SANTI FEDELE, Nicola Barbato: un milite dell’ideale in NICOLA BARBATO, Scritti e Documenti, I, Scritti, a cura di Pietro Manali, Sciascia editore, Caltanisssetta-Roma, 1995. 10 Verso un “sistema” arbëresh condizioni per la sopravvivenza culturale e religiosa degli arbëreshë in quanto tali; l’altro, il Barbato, praticò, pur se da socialista positivista e ateo, un vero e proprio apostolato finalizzato a strappare gli arbëreshë, ma ovviamente non soltanto loro, dalla condizione di misere e disperate plebi per farli diventare cittadini consapevoli. Comunque la si pensi in merito, è difficile non vedere quanto eviden- ti siano, ancora oggi, le tracce lasciate da questi due autentici protagonisti e della loro opera. Nel corpo sociale dei siculo-albanesi
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