Daniela Ferrari
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Carte Ivanoe Bonomi anni 1893-1950 buste 1-5 184 Mantova, 2002 Carte Ivanoe Bonomi Introduzione Il fondo cosiddetto “Carte Ivanoe Bonomi” è pervenuto all’Archivio di Stato di Mantova nel 1951, quando fu depositato dagli eredi, all’indomani della scomparsa dello statista Ivanoe Bonomi (1873-1951), il più importante uomo politico mantovano della prima metà del Novecento. Tra gli atti dell’archivio della Direzione dell’Istituto non risulta essere conservata copia della convenzione di deposito, che tuttavia fu stipulata il 29 ottobre 1951, tra l’ispettore generale archivistico Emilio Re e gli eredi Bonomi, come si evince da un fascicolo del medesimo archivio della Direzione del 19571 . A quella data infatti il Soprintendente dell’Archivio Centrale dello Stato, Antonino Caldarella, chiedeva informazioni circa la consistenza e la natura delle carte riguardanti Bonomi, dato che “l’azione politica di Ivanoe Bonomi indubbiamente sarà tema di ricerche da parte dei cultori di storia contemporanea” e anche “al fine di una eventuale futura concentrazione presso l’Archivio Centrale di tutte le carte relative alle più eminenti figure della storia recente (naturalmente da effettuare d’intesa e con la più ampia collaborazione delle Direzioni e Soprintendenze competenti) e alla possibilità immediata di poter fornire suggerimenti meno generici agli studiosi”2 . La sollecita risposta dell’allora Direttore dell’Archivio di Stato di Mantova ci informa, oltre che sulla convenzione di deposito in custodia temporanea degli atti, circa l’esistenza di un inventario dattiloscritto, che egli invia all’Archivio Centrale, affinché il Soprintendente ne prenda visione, e con preghiera di restituirlo quanto prima3 . Evidentemente l’inventario – tuttora esistente, ma privo di autore, di data, di introduzione o di altri elementi che possano meglio contestualizzarne la formazione – era stato redatto nel lasso di tempo intercorso tra il deposito avvenuto nel 1951 e l’invio della copia a Roma nel 1957. Dalle relazioni annuali dell’attività svolta dall’Istituto in quegli anni, benché risultino altri lavori archivistici effettuati dai vari funzionari e impiegati, nulla emerge in proposito alle carte Bonomi4 . Sembra dunque che un alone di mistero e di riservatezza circondi il fondo, ma nonostante l’ostinato silenzio degli atti d’ufficio, da un confronto tra la grafia delle sigle di classificazione apposte sui singoli documenti e le grafie del personale impiegato all’epoca, è tuttavia possibile individuare in Giovanni Praticò, direttore dell’Archivio di Stato di Mantova dal 1947 al 1956, l’autore del riordinamento e dell’inventario. L’ipotesi è suffragata dal fatto, non casuale, che proprio a lui l’Archivio di Stato di Mantova chieda nel 1966 “informazioni sulla provenienza e sulla consistenza”5 delle carte Bonomi; evidentemente anche allora gli atti d’ufficio erano insufficienti a fare luce sulla natura del fondo e il funzionario, che nel frattempo era stato nominato Soprintendente Archivistico per la Liguria, era ritenuto la persona meglio informata in materia. 1. Archivio di Stato di Mantova, archivio della Direzione, busta 244, corrispondenza d’ufficio 1957. 2. Ibidem, lettera del 13 febbraio. 3. Ibidem, lettera del 15 febbraio: “si unisce per temporanea consultazione una copia dell’inventario della prima e seconda parte del carteggio di Ivanoe Bonomi, depositato in custodia temporanea presso questo Archivio di Stato, come risulta dal verbale in data 29 ottobre 1951 a firma dell’allora Ispettore Generale Archivistico, Prof. Emilio Re, e degli Eredi Bonomi. Pertanto si prega vivamente di voler restituire a questo Archivio di Stato, nel più breve tempo possibile e dopo averne presa conoscenza, le due copie del suddetto inventario”. Il verbale, come già detto, non risulta conservato agli atti. 4. Ibidem, Riservato, Personale cessato. 5. Ibidem, Protocollo riservato, 2 febbraio 1966. 2 L’atteggiamento di riserbo nei confronti delle carte Bonomi, forse eccessivo, persiste nel corso degli anni6 e sembra condannare il fondo a una sorta di damnatio memoriae che lo esclude perfino dalla Guida Generale degli Archivi di Stato italiani7 , dove – inspiegabilmente – esso non è neppure citato. A maggior ragione oggi, a oltre cinquant’anni dalla morte dello statista, si ravvisa l’utilità di renderlo noto tramite l’edizione del suo inventario. Ma com’era organizzato il materiale documentario al momento del deposito e qual è stato l’intervento di riordinamento operato successivamente su di esso? Le carte risultavano già parzialmente organizzate dallo stesso Bonomi, il quale soleva riunire documenti afferenti a un medesimo argomento utilizzando buste di corrispondenza, usate, sulle quali indicava sommariamente il contenuto, come è avvenuto per esempio con le lettere di Anna Kuliscioff, di Gabriele D’Annunzio, ecc. Una volta in Archivio di Stato il fondo fu oggetto di una ricognizione sistematica effettuata, come già detto, da Giovanni Praticò, rispettando l’ordine con cui i documenti erano pervenuti: ciascun fascicolo, e spesso anche ciascun atto singolo, è stato regestato – talvolta riutilizzando le descrizioni già redatte dallo stesso Bonomi – e identificato mediante l’apposizione di sigle costituite da lettere alfabetiche (dalla A alla G), seguite da numeri romani e da numeri arabi. Tale classificazione riflette l’ordine topografico, senza tener conto di una sequenza cronologica o concettuale delle carte. Il materiale fu infine raccolto in cinque faldoni numerati e contrassegnati dalle medesime classificazioni alfanumeriche apposte sui documenti; era inoltre stata effettuata una numerazione con inchiostro a timbro delle singole carte, interrotta tuttavia alla prima busta. Alla schedatura archivistica degli anni Cinquanta non fece dunque seguito alcuno spostamento fisico degli atti, la ricognizione rispettò sostanzialmente la disposizione originaria delle singole carte e dei fascicoli, mentre una sorta di identificazione di serie e una loro successiva ricomposizione fu realizzata soltanto “sulla carta”, ossia nell’inventario pervenutoci che elenca i documenti per periodi: periodo preministeriale (1 agosto 1893-4 febbraio 1916); primo periodo ministeriale (21 luglio 1916-13 ottobre 1922); periodo fascista (10 novembre 1922-28 giugno 1941); periodo ciellenistico (8 gennaio 1943-27 maggio 1944); secondo periodo ministeriale e seguente (5 giugno 1944-12 aprile 1950). Riconoscendo a distanza di anni la sostanziale validità dell’inventario come utile strumento di accesso al fondo, e pensando di dargli la dignità della stampa, è stato necessario mantenerne l’impianto e la struttura appena descritti, nel rispetto dell’applicazione del metodo storico nel riordinamento degli archivi, che tende a ricostruire la sedimentazione originaria delle carte, tenendo conto non soltanto delle vicende storico-istituzionali dei soggetti che li hanno prodotti, bensì anche di quelle archivistiche – e quindi di eventuali interventi di riordinamento – subite dai documenti stessi nel corso della loro esistenza, come in questo caso. È stata pertanto nostra cura procedere a una revisione generale del materiale documentario, verificandone gli estremi cronologici e soprattutto i regesti, in alcuni casi penalizzati da uno stile involuto che ne rendeva difficile la comprensione, quando non alterava addirittura il senso stesso dei documenti, fatto del resto comprensibile in un mezzo di corredo rimasto dattiloscritto, che certamente l’autore avrebbe rivisto in caso di edizione. In questa fase del lavoro, alquanto delicata, è da ravvisare il limite dell’operazione compiuta: è infatti arduo intervenire a posteriori sul lavoro altrui, senza avere la possibilità di confrontarsi; nei casi dubbi si è pertanto preferito rispettare lo stile originale dell’autore accettandone le incongruenze, come per esempio l’uso indifferente dello stile personale e impersonale nei regesti, o la incoerenza nel livello di analiticità adottato in sede descrittiva, per cui alcuni documenti singoli sono regestati con dovizia di dettagli, o a volte addirittura trascritti pressoché integralmente, mentre interi fascicoli sono liquidati in modo più frettoloso. 6. Per esempio nel 1965 la direzione dell’Archivio di Stato inoltra al Ministero dell’Interno a Roma la richiesta del noto storico locale Rinaldo Salvadori, che aveva richiesto di consultare e di microfilmare le carte Bonomi, con parere parzialmente negativo, cfr. Ibidem, Protocollo riservato, 2 ottobre 1965; anche in questo caso alla registrazione sul protocollo non fa riscontro alcun documento dell’archivio. 7. Cfr. la voce Archivio di Stato di Mantova, vol. II, Roma 1983. 3 Si è poi proceduto alla cartulazione, a matita, per i documenti che ne erano sprovvisti, ritenendo l’operazione particolarmente pertinente per garantire il controllo delle sequenze di tanti foglietti, biglietti e bigliettini, buste affrancate – spesso con i relativi francobolli – opportunamente segnalate; la numerazione progressiva all’interno di ciascuna unità archivistica rende inoltre più agile la consultazione dei singoli atti da parte degli studiosi e consente loro nel contempo di fornire più puntuali riferimenti in sede di citazione delle fonti; in tal modo, seppure mantenute, sono diventate superflue le sigle alfanumeriche apposte nel riordinamento precedente, che del resto – come già detto – non sono riferibili a sequenze cronologiche o concettuali. Come spesso accade nel mondo degli archivi, le carte Bonomi rappresentano soltanto una parte di un complesso documentario certamente più ampio che ha subito