1) Con grande commozione e partecipazione, cercherò di illustrare ai presenti qui convenuti per inaugurare un monumento al grande statista , (che nacque a Torino il 19/9/1898), la Sua figura di importante politico e di Uomo. Voglio iniziare proprio da quest’ultimo punto convinto, come sono, che la sua statura morale sia risultata determinante nella sua condotta politica. Citerò pertanto, nel corso della mia esposizione, alcune sue frasi estrapolate da discorsi o dichiarazioni che, seppur dette alcuni decenni orsono, mostrano invece di essere di stretta attualità.

Sicuramente non era un personaggio facile, possedeva un carattere burbero e schivo e non gli interessava di “piacere”, preferiva un ruolo di “ammonitore” anche severo, soprattutto gli premeva essere nel giusto.

Quando venne eletto Presidente della Repubblica, dopo la proclamazione di voto le sue prime parole furono :” servirò il Paese con tutta la coscienza democratica”e aggiunse “ il mio è sempre stato un impegno più morale che politico, ed è rimasto sempre, e lo è ancora oggi, un impegno morale”. Nel 1976 dichiarava : “ Chi fa politica, come scelta di vita, deve lasciare qualsiasi affare. Oggi ci sono i puritani che predicano moralità da vari pulpiti, ma costoro dovrebbero fare un esame di coscienza e dire se, sempre, nella loro vita hanno saputo dissociare il momento politico dal momento di un’ attività economica purchessia. Questo è il punto chiave del dibattito sulla moralità pubblica : chi non lo accetta fa della moralità a binario unico e, quindi, non è credibile”.

Nel suo discorso di insediamento seguito all’elezione a Presidente della Costituente, colgo un passaggio particolarmente significativo: “la democrazia non è soltanto un rapporto fra maggioranza e minoranza, non è soltanto un armonico equilibrio di poteri sotto il presidio di quello, sovrano, della Nazione, ma è soprattutto un rapporto fra uomo e uomo. Dove questi rapporti sono umani la democrazia esiste, dove sono inumani essa non è che la maschera di una nuova tirannide.”

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Mi sembra chiaro che nel 2011 questi discorsi siano di stretta attualità e applicabili senz’altro al modo di fare politica dei nostri giorni, dove spesso prevale l’interesse privato del cittadino politico, sugli interessi della comunità. Giuseppe Saragat non si arricchì con la politica, morì povero, l’unico suo bene era una casa con giardino in un quartiere signorile.

Sulle questioni ideologiche ha idee ferree : “ Qualsiasi cosa accada, il popolo italiano ha il diritto inalienabile ad avere un vero Partito Socialista. Senza di esso non vi può essere democrazia all’interno del Paese, non vi può essere giustizia sociale. Pane, pace e libertà.” La militanza politica di Giuseppe Saragat inizia nell’autunno del 1922 quando si iscrive al Partito Socialista Unitario, che già nel gennaio 1921 si era diviso, ed alla guida del PSU era stato nominato Giacomo Matteotti. I motivi dell’adesione al partito vanno ricercati ancora nel suo amore per il popolo e nel suo desiderio di giustizia sociale.

La polizia fascista lo tiene d’occhio, cominciano le perquisizioni e i pedinamenti che si concludono con un primo arresto. Questi fatti non sono sufficienti a fermarlo e anzi insiste nel suo forte dissenso contro il fascismo e inizia a pubblicare sul giornale “Giustizia” articoli di aperta critica accusando il regime di dare vita ad “una democrazia capovolta”. Nel novembre 1926 è costretto ad espatriare in Svizzera preceduto da Carlo Rosselli, e . Mentre alcuni fuoriusciti vanno a Parigi, lui dirotta verso Vienna e da lì scriverà ancora dalle colonne del giornale “Libertà” numerosi articoli di critica al fascismo definendolo “l’anti-Italia”e spiegando come la confusione creatasi negli ambienti europei fra fascismo e Italia, ingeneri una disistima nei confronti della nostra Nazione.

Nel 1929 è a Vienna e disoccupato, vede cambiare l’aria politica austriaca e decide di trasferirsi in Francia con la famiglia, giungendo a Parigi nel gennaio 1930, trovando un lavoro presso una banca francese.

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Nel 1930, superate le divergenze con Nenni è protagonista con lui della riunificazione del socialismo italiano e viene redatta la cosiddetta “carta dell’unità” con l’obiettivo della conquista dei pubblici poteri, con l’intento di trasformarli da strumento di oppressione in strumento di liberazione della classe sfruttata. Con questo atto si fa ancora più grande la frattura fra l’idea socialista unitaria e quella comunista.

Il 17-18 aprile 1933 il PSI organizza a Marsiglia il primo Congresso dopo l’unificazione dove Saragat manifesta la sua perplessità sulla composizione del partito unitario socialista diviso, a suo parere, in tre zone di influenza. Intanto nel marzo 1933 Hitler diventa Cancelliere del Reich e nell’agosto dello stesso anno, quale delegato del PSI al Consiglio dell’Internazionale socialista di Parigi, Saragat approva un documento che respinge l’idea della guerra democratica di liberazione dei popoli oppressi, in nome del tradizionale pacifismo del movimento operaio europeo. La vittoria elettorale del Fronte popolare in Francia nel 1936, che segue di poche settimane il successo delle sinistre in Spagna, sembra aprire all’alleanza fra comunisti, socialisti e altre forze democratiche della sinistra con la prospettiva di un successo non più in chiave difensiva, nei confronti dei fascismi europei. Il terzo Congresso del PSI in esilio, si svolge a pochi giorni dall’assassinio di Carlo e Nello Rosselli, un secondo caso Matteotti : si accende un dibattito fra i sostenitori dell’alleanza con i comunisti, guidati da Pietro Nenni e quelli critici con questa posizione come Tasca e Modigliani. Nel marzo 1938 affronta dalle pagine dell’Avanti il tema spinoso del rapporto fra socialisti e comunisti. Nel 1939, mentre lui soggiorna ancora a Parigi, si sentono venti di guerra alzati dalla Germania nazista e in particolare a scandalizzarlo è il patto di non aggressione fra Germania e Unione Sovietica. Nenni, ritenuto debole nell’affrontare questa questione è costretto alle dimissioni : viene istituito un Comitato di reggenza composto da Morgari, Tasca e Saragat stesso.

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Nel ’40 la Germania penetra in Francia e il 10 giugno l’Italia entra in guerra. Saragat è tuttora in Francia e vive in un piccolo paese ai piedi dei Pirenei. Dopo una serie di incontri clandestini, viene firmato il cosiddetto “documento di Tolosa” che è un documento congiunto delle organizzazioni del Partito Socialista Italiano (Nenni-Saragat), del movimento “Giustizia e Libertà” (Trentin-Nitti) e del Partito Comunista Italiano (Amendola), i cui obiettivi sono la guerra al nazifascismo. Poi nella primavera del 43 Nenni è arrestato dalla Gestapo.

Saragat manca dall’Italia da ben 17 anni: quando cade Mussolini e al governo c’è il generale Badoglio, decide di rientrare in Italia dove viene immediatamente arrestato perchè su di lui pende ancora un mandato di cattura fascista, salvo poi venire scarcerato proprio per l’intervento di Badoglio.

La fuga da Regina Coeli e la lotta clandestina : il 18 aprile 1943 la polizia arresta un gruppo di socialisti che si erano riuniti presso lo studio di un avvocato : lo scopo dell’irruzione è catturare Pietro Nenni, ma Nenni esibendo documenti falsi riesce a fuggire, mentre vengono presi Saragat, Pertini e altri 5 dirigenti socialisti, tutti tradotti a regina Coeli. Qui vengono interrogati a lungo ma nessuno collabora e quindi Pertini e Saragat vengono consegnati alle SS. Giuseppe Saragat parla e comprende molto bene il tedesco e così viene a conoscenza del capo di imputazione che pende su di loro : essere un capo comunista, ciò che comporta, per le leggi tedesche, la pena di morte. In attesa di essere tratto davanti al plotone di esecuzione, trascorre tutti i mesi fino al 22 gennaio del 1944, data in cui le truppe americane sbarcano ad Anzio e, con la complicità di guardie carcerarie di simpatie socialiste e di un avvocato, lui stesso e Sandro Pertini riescono a fuggire dal carcere trovando poi ospitalità in Vaticano assieme anche a Nenni, De Gasperi, , , e Ivanoe Bonomi.

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Nel marzo 1945 viene nominato ambasciatore in Francia, dovendo affrontare numerose difficoltà in quanto i francesi rivendicano i territori del Monginevro, Ventimiglia, Briga e Tenda nonché la Valle D’Aosta: nonostante questi problemi continua a mantenere i contatti e la partecipazione alla politica italiana. In occasione del Consiglio nazionale di Roma svoltosi nel luglio del 1945, nel suo discorso evidenzia la sua convinzione per cui l’Europa debba avere un ruolo di mediazione fra l’Unione sovietica e l’America. A questo proposito, si profila una divisione di carattere ideologica fra lui e Pietro Nenni. Per attuare una mediazione fra i due blocchi, Saragat ha bisogno dell’appoggio di un Partito socialista autonomo, staccato dalle posizioni di Nenni.

Giuseppe Saragat lascia il suo incarico diplomatico a Parigi e rientra a Roma dove, nell’aprile del 1946, interviene al Congresso del PSIUP con un discorso che è il suo manifesto ideologico, che si concluderà nel gennaio 1947 a palazzo Barberini. In definitiva, emerge chiara l’opposizione socialdemocratica al comunismo, ritenendo necessario un processo revisionistico delle idee marxiste e un rigetto di quelle leniniste. Il Congresso si conclude con una unità di facciata delle varie correnti socialiste.Ma un importante appuntamento attende la politica italiana, la questione del referendum sulla scelta fra monarchia e repubblica, che notoriamente si conclude con la vittoria repubblicana.

Stupisce l’opinione pubblica l’indiscrezione per cui si dice che la regina abbia votato il PSIUP con preferenza data a Saragat. I socialisti diventano il primo partito della sinistra sopravanzando il PCI, premiati, come scrive Vittorio Foa, dal fatto che” la popolazione ha bisogno di moderazione”. Successivamente i rapporti fra minoranza socialista e PCI peggiorano, anche perché si profila l’idea di un governo DC-PSIUP.

Nella conferenza di pace di Parigi nel luglio 1946 però, si riconferma l’alleanza dei tre grandi partiti popolari, in un clima teso per l’Italia, rappresentata egregiamente da De Gasperi. L’Italia ne esce con dignità, seppure da Paese vinto. 6)

Nell’autunno “46 si evidenzia ancora una volta l’incapacità dei socialisti di trovare un’armonia interna , mentre Togliatti accusa Saragat di essere la causa dei dissidi fra PCI e PSIUP. Nella amministrative del novembre 1946 il PSIUP arretra, la DC perde consensi e il PCI mantiene le proprie posizioni. Viene così deciso di convocare un Congresso nazionale a Roma nel gennaio 1947. Nenni e Saragat si scambiano accuse dalle colonne dell’Avanti, tra novembre e dicembre prende corpo la possibilità di creare un nuovo partito socialista. Giuseppe Saragat scrive ad Antonini : “Il vecchio organismo è talmente inquinato che una soluzione si impone : fare casa nuova e pulita”. Mentre Nenni tenta di scongiurare la scissione, Saragat rimane fermo sulla sua posizione finchè, la mattina dell’11 gennaio 1947 alla Città universitaria, Saragat pronuncia l’ultimo discorso da dirigente del partito e poi abbandona l’aula : la scissione è compiuta. A Palazzo Barberini nel pomeriggio di quello stesso 11 gennaio 1947 inizia il Congresso di costituzione del Partito Socialista dei lavoratori Italiani, il PSLI, il simbolo è la bandiera rossa, falce e martello racchiusi in un cerchio dorato attraversato da tre frecce. Saragat chiarisce i suoi pensieri riguardo al rapporto con i comunisti, si rammarica per la perdita per via di alcuni compagni socialisti e auspica un confronto democratico con il PCI, ma Togliatti lo attacca invece violentemente. Per il Nostro, il dissenso ideologico con i comunisti riguarda la diversa concezione del PSLI e investe la natura stessa del concetto di democrazia, in quanto i dirigenti comunisti, a differenza di quelli di idee socialiste, impediscono alle classi lavoratrici ogni possibilità di intervento diretto e impongono un catechismo dogmatico.

Voglio accennare ora all’annosa polemica che per decenni si è consumata riguardo al finanziamento che il PSLI ha ricevuto dal Governo americano, a sostegno della nascita del nuovo partito politico. Già nel Consiglio nazionale di Roma del luglio “45, Saragat aveva rivendicato un ruolo europeo nell’intermediazione fra Unione Sovietica e Stati Uniti d’America e ciò era stato molto apprezzato dal Governo americano. 7)

Se contributo economico ci fu, quindi, non fu però determinante nella rottura del partito socialista, come ben disse in occasione del centenario della fondazione del partito socialista, Maurizio Punzo. Ritengo utile ricordare, a questo punto, il notevole afflusso di denaro sovietico al PCI e allo stesso PSI.

La scissione di palazzo Barberini ha tra le sue motivazioni principali una difficile convivenza interna e un condizionamento dovuto ai mutamenti dello scenario politico internazionale, però la causa principale è la differente visione ideologica sul ruolo del Partito socialista nella realtà italiana e nella politica internazionale. Comunque, concludendo, su questa annosa diatriba, l’immagine del cosiddetto “Partito americano” è del tutto falsa e non corrisponde all’ideologia portata avanti con forza e onore da Saragat, che si esprime con libertà ed autonomia intellettuale nell’espletamento della funzione pubblica.

Il Congresso nazionale del PSLI si svolge a Napoli dal 1° al 5 febbraio 1948 e in quella occasione il pensiero di Saragat è coerente : egli ribadisce che è necessario mantenere la pace e vuole evitare di schierarsi da una parte, (l’America) o dall’altra, (l’Unione Sovietica) e si pone come soggetto politico che vuole costruire un’Europa guidata dai partiti socialisti, soggetti attivi del dialogo. Però nuovi venti di guerra agitano il PSLI : nel Congresso nazionale di Firenze 4-8 dicembre 1949, viene sancita la nscita di un nuovo Partito Socialista Unitario, il PSU a cui aderiscono 8 senatori e 13 deputati. Esistono ben tre partiti socialisti di cui si ricerca una problematica riunificazione che però si concretizza nel Congresso di Torino nel 1951 dove passa la mozione di Romiti per cui il PSLI si riunisce con il PSU, passando effettiva nel maggio 1951 e la nuova sigla del partito diventa Sezione Italiana dell’Internazionale Socialista.

Il Congresso di Bologna 3_6 gennaio 1952 vede la nascita del PSDI. Discussioni e Congresssi in cui prevalgono ora una ora l’altra delle anime socialiste all’interno del partito, ci fanno giungere fino al 1956 quando avviene un incontro significativo fra Nenni e Saragat, a naturale conclusione degli auspici dell’Internazionale socialista, che 8)

avevano come obiettivo di dare all’Italia un autorevole e unitario partito socialista democratico. Nell’autunno “56 ci sono gli avvenimenti della Polonia e dell’Ungheria e in quell’occasione, Nenni si smarca apertamente dalle posizioni del PCI. Nel PSDI le varie correnti convivono e il Partito entra ed esce dai vari Governi.

L’8 novembre 1960 viene eletto John Kennedy alla presidenza degli Stati Uniti.

Nel 1961 Saragat subisce la grave perdita della moglie, compagna defilata ma impareggiabile :questo lutto lo sprofonda in una grave depressione da cui si risolleva con l’aiuto della sua famiglia e riprende l’agone politico finchè, il 28 dicembre 1964, al 21° scrutinio, viene eletto Presidente della Repubblica italiana, il più alto riconoscimento che potesse essere conseguente al suo impegno integerrimo : la carica di Presidente di tutti i cittadini, di quel popolo di cui ha sempre difeso i diritti inalienabili di giustizia sociale e libertà, erigendosi a vessillo dell’unità e della caratura morale della gente italiana, che ha sempre servito e di cui non si è mai servito per arricchirsi, da autentico e vero “UOMO Il suo discorso di insediamento è anche l’annuncio del suo programma di lavoro, egli dice, fra l’altro : “Nel nostro tempo si impongono tre grandi doveri a cui la democrazia deve ottemperare : la difesa della pace e della sicurezza; il consolidamento delle libere istituzioni; l’avvento di un sistema sociale in cui l’iniziativa individuale- garantita nei suoi diritti e nella funzione vitale dalla Costituzione – si saldi con quella della collettività, consentendo insieme il massimo sviluppo delle energie produttive e dando una risposta positiva ai problemi dei lavoratori.

Durante il suo mandato, Saragat è davvero il Presidente di tutti, ma appena lasciato il Quirinale, rientra immediatamente a far parte del partito. Presidente della Repubblica viene eletto .

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Nel Congresso 6-10 febbraio 1971, il partito aveva ritrovato la sua denominazione di PSDI : a seguito delle elezioni amministrative parziali del 1972 subisce un calo di voti. Per l’importante appuntamento del referendum sul divorzio, Giuseppe Saragat si impegna fattivamente mentre esplode il problema del terrorismo. , nel 1974, vara un governo bi-colore DC-PRI con l’appoggio esterno di socialisti e socialdemocratici. La situazione italiana è problematica, sale il debito pubblico e sale l’inflazione e le elezioni amministrative del 75 notano un forte avanzamento del PCI, una flessione DC e un calo del PSDI, che è sempre diviso e indice un nuovo congresso dall’11 al 15 marzo 1976, dove le mozioni della corrente Tanassi vengono sconfitte. Saragat nel suo discorso afferma : “Il nostro partito non può considerare l’avanzata del comunismo con avversione irrazionale, ma con una concretezza realistica”. Prima della tornata elettorale del 20 maggio 1976, alla guida del partito c’è Saragat, ma da quelle elezioni il PSDI uscirà con una cocente sconfitta, dovuta in gran parte allo scandalo Lockeed, che ha fra i protagonisti il DC Gui e Tanassi, entrambi ex ministri della difesa. Tanassi viene condannato dalla Corte Costituzionale, dichiarato colpevole di atti contrari al dovere d’ufficio. C’è però un grande vincitore, il PCI e le urne sanciscono che non è più possibile una riedizione del centro –sinistra. Successivamente il PSDI elegge a Segretario Luigi Romita e la nuova segreteria riallaccia i rapporti con il PSI. In questa fase, avviene l’uccisione di Aldo Moro e Saragat vive con estrema angoscia i mesi di prigionia dello statista, lacerato da due posizioni contrastanti : ol dovere di salvare una vita umana e l’adesione al partito della fermezza. Sarà ritrovata una lettera di Moro scritta durante la prigionia, dove ringrazia proprio Saragat per le parole da lui espresse riguardo alla sacralità della vita umana e al suo dolore per la situazione tragica di Aldo Moro.

Romita cerca di stringere relazioni con il PSI sperando nella partecipazione del suo partito nelle giunte di sinistra però è in 10)

minoranza nel partito e ad ottobre 1978 il Comitato centrale elegge alla segreteria, Pietro Longo.

Nel 1978 alla Presidenza della repubblica viene eletto Sandro pertini che cerca di richiamare alla politica attiva Saragat, di cui ha grande considerazione e lo vorrebbe Presidente dell’esecutivo, però questa carica viene osteggiata dalla DC e da Craxi.

Alle successive elezioni politiche, il PSDI mantiene le sue posizioni. Nel 1980 al Congresso PSDI, Pietro Longo ottiene l’87% dei consensi.

Il 27 settembre 1980 ha termine il Governo Cossiga ed esplode lo scandalo della P 2, nei cui elenchi figura anche Pietro Longo e nel successivo Congresso di Milano, il PSDI conferma alla segreteria Longo mentre Saragat viene eletto Presidente del partito.

Elezioni 1983 : il PSDI ha un lieve recupero e a Palazzo Chigi si insedia , incarico che mantiene fino al 1987. Nell’84 muore improvvisamente Enrico Berlinguer e nel 20° congresso di Roma, Saragat da persona sempre estremamente corretta e leale nei confronti degli avversari politici, esprime apprezzamento “per il ruolo positivo dei grandi partiti di massa ed anche per il ritrovato rapporto privilegiato con il PSI di Craxi. Longo è riconfermata Segretario.

Giuseppe Saragt si ritira dalla vita attiva ma partecipa, alla presenza di Pertini, alla celebrazione del 61° anniversario dell’uccisione di Giacomo Matteotti.

Nel 1985 a Longo succede Nicolazzi e Saragat che è presente, viene accolto da un’ovazione. Il PSDI è devastato dagli scandali, tanto che lui affermerà : “ di persone per bene, siamo rimasti in pochi”.

Saragat desidererebbe ancora l’unificazione PSDI/PSI e trova una sponda entusiasta in Martelli.

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Nel 40° anniversario della scissione di palazzo Barberini, egli non presenzierà perchè stanco e malato.

Nel 1987 il partito scende al minimo storico, con un 3% e nel 1988 lo scandalo delle carceri d’oro, dove è implicato Franco Nicolazzi, scuoterà l’opinione pubblica e gli iscritti al PSDI. Nicolazzi deve lasciare il posto ad Antonio Cariglia.

Giuseppe Saragat, amareggiato per la triste deriva del partito che ha fondato, vive ora a Roma nella tranquillità della sua casa, attorniato dalla famiglia e lì si spegne l’11 giugno del 1988. Sentendo prossima la fine, Saragat dice al compagno Cariglia che gli sta vicino : “ Lasciatemi morire da socialdemocratico”.....Tutti noi qui convenuti ci sentiamo commossi da queste ultime parole lasciate in eredità a coloro che sono stati socialdemocratici e ancora, nonostante gli avvenimenti e le difficoltà dell’oggi...lo rimangono. Ai suoi funerali parteciparono molti politici ma le masse restarono defilate, ennesima riprova del suo carattere schivo e immune dal facile populismo. Anche il mondo della cultura rimase abbastanza in disparte, eppure lui fu uomo di grande cultura interdisciplinare, che però amava i fatti concreti e non fu mai incline all’ostentazione capziosa del sapere.