I Draghi Del Ponte San Giorgio Di Emanuela Burgazzoli
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I draghi del ponte San Giorgio di Emanuela Burgazzoli “Miracolo”, “magia”, “orgoglio”, “un modello per l’Italia e per il mondo”: nonostante il sobrio protocollo imposto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia di inaugurazione del nuovo ponte Genova San Giorgio, i politici che si sono succeduti sul palco lunedì non hanno resistito alla tentazione della retorica e delle iperboli. Né si è rinunciato all’inno di Mameli e alle frecce tricolori. Il nuovo ponte è certamente “il ponte dell’Italia che reagisce”, costruito in tempi record, non grazie però a un miracolo, ma piuttosto a un metodo basato sulla solidarietà e sul lavoro. Ma è anche “simbolo di uno Stato che non ha saputo vegliare sui suoi cittadini” – e sono parole di Emmanuel Diaz, l’unico famigliare che è salito sul ponte per l’inaugurazione e che nel crollo ha perso il fratello. Questo nuovo ponte è infatti figlio del dolore – “un dolore che non si cancella”, ha sottolineato sempre Mattarella nell’incontro privato con i parenti delle 43 vittime causate dal crollo del ponte Morandi il 14 agosto 2018; ed è figlio di una tragedia - e le tragedie restano imprigionate nelle coscienze, ha ribadito l’architetto genovese Renzo Piano, il padre del nuovo viadotto, che ha dovuto rinunciare (per ragioni tecniche e di sicurezza) alle 43 lanterne luminose progettate per ricordare le vittime (sostituiti da 18 lampioni). E al progetto di un vero e proprio memoriale ci si sta ancora lavorando. “Forgiato nel ferro e nel vento” – lo vorrebbe Renzo Piano – evocando un verso di Caproni – Piano che è sicuro che questo ponte sarà amato dai genovesi, perché “è semplice e forte”. E forte dovrà esserlo il ponte San Giorgio, che dall’alto dei suoi 45 metri e dai suoi 18 pilastri si trova già a dover affrontare i suoi draghi: le polemiche sul tracciato – che non rispetta le nuove norme geometriche di costruzione delle strade e che imporrebbe un limite di velocità di 70km orari; la battaglia politica e giuridica sulla nuova concessione che dovrebbe tornare a chi già gestiva (e male) il ponte Morandi ovvero la società Autostrade; e qui arriviamo alla battaglia per ottenere giustizia e verità - perché le responsabilità – ha ricordato Mattarella – hanno sempre un nome e un cognome (e gli inquirenti ne hanno già 71 di nomi, fra gli indagati manager e tecnici di Autostrade Spa). Poi ci sono i draghi al di là del ponte (di cui si è occupato persino il New Yort times): ovvero le emergenze infrastrutturali di cui soffre Genova e la Liguria intera - che per lo stato di “incompletezza e di disagio nel quale sono costrette, rappresentano ormai il Sud del Nord”. Senza contare i blocchi autostradali per i lavori di manutenzione di queste settimane con enormi disagi al traffico; i collegamenti ferroviari ancora lenti e insufficienti per una regione così turistica, e altri importanti cantieri viari – come quello della Gronda - ancora fermi. Senza contare la vita e il tessuto economico tutti da ricostruire là, sotto il ponte, nella vallata del Polcevera. Senza queste vittorie la “perla della riconoscenza” che tutti lunedì hanno giustamente espresso alle oltre mille persone che hanno lavorato ininterrottamente su questo grande cantiere, rischia di trasformarsi in tradimento. .