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View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk brought to you by CORE provided by Electronic Thesis and Dissertation Archive - Università di Pisa UNIVERSITA DEGLI STUDI - PISA Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Storia e civiltà TESI DI LAUREA Gli Arditi. Dalla guerra di trincea alla guerra fratricida (1917 – 1921) Relatore Candidato Prof. Luca Baldissara Ivan Panebianco Correlatore Prof. Michele Olivar i Anno Accademico 2007/2008 1 Alla mia bella 2 SOMMARIO INTRODUZIONE CAPITOLO PRIMO - La Grande Guerra: l’uso della violenza di massa come rigenerazione morale e spirituale del mondo Violenza e demoni Il caso italiano L’attesa messianica dei futuristi CAPITOLO SECONDO - Gli Arditi durante la prima guerra mondiale Gli Arditi durante la prima guerra mondiale Gli studi e le interpretazioni L’esercito italiano ed il suo utilizzo politico L’Ottocento si prolunga: caratteristiche tecniche ed aspetti innovativi delle forze armate I precursori degli Arditi La genesi degli Arditi Caratteristiche peculiari delle Truppe d’Assalto: addestramento, armamento, uniforme, reclutamento, spirito di corpo, provenienza, composizione sociale e rapporto con i carabinieri. La violenza come pratica CAPITOLO TERZO – Il dopoguerra Preoccupazione degli Alti Comandi, rancore dei reduci e loro iniziale politicizzazione In cerca degli Arditi Arditi, non gendarmi! Gli Arditi in difesa di Fiume L’azione diretta dei “sovversivi” 3 CAPITOLO QUARTO – Una scelta obbligata: l’opposizione armata al fascismo Roma: prima presa di coscienza La spina nel fianco Gli Arditi del Popolo: nascita Gli Arditi del popolo: promozione e visibilità Gli Arditi del popolo: caratteristiche ardite Azione! CONCLUSIONI Bilancio di una guerra civile Violenza APPENDICE Manifesto dell’Ardito-Futurista Primo Appello alle Fiamme – 20 settembre 1918 Secondo Appello alle Fiamme – 10 dicembre 1918 Associazione fra gli Arditi d’Italia – Programma e Statuto – Maggio 1919 Nuovo Programma–Statuto dell’Associazione Arditi d’Italia – Gennaio 1920 Discorso improvvisato di Marinetti a Riese a 300 ufficiali Arditi – Ottobre 1918 Programma di San Sepolcro – Fondazione dei Fasci di Combattimento – 23 marzo 1919 IMMAGINI BIBLIOGRAFIA 4 INTRODUZIONE Prima di tutto sento la necessità di chiarire un punto fondamentale, cioè cosa si intenda per “politica”. Secondo il vocabolario della lingua italiana Treccani “politica” è: La scienza e l’arte del governare, cioè la teoria e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione dello stato e la direzione della vita pubblica 1. Questa breve definizione non rende l’idea di cosa nel tempo abbia significato questa parola. Dal mondo greco a quello attuale i significati sono stati molteplici. Attualmente esistono, semplificando lo scenario, due interpretazioni. La prima segue la linea della definizione appena citata e cioè identifica la politica ed il fare politica con i politici di professione, coloro che occupano le sedi istituzionali come deputati o senatori legiferando in delega dei cittadini italiani. L’altra, nata in ambiente non istituzionale, interpreta la politica come gestione autonoma del proprio essere. Spiego meglio: fare politica è tutto ciò che influisce materialmente e concettualmente sul “sistema”, inteso come complesso di ordine mondiale. Ogni atto, sia esso violento o pacifico, che determini delle conseguenze su questo sistema è politico nella sua essenza. Alcuni esempi ci vengono in aiuto. Creare una cassa di mutuo soccorso per degli arrestati è un atto politico, perché sancisce il supporto morale ed economico in favore di chi è stato detenuto dallo stato. Formare un gruppo, in via informale, senza cioè costituirlo in Associazione, può significare fare politica, se tale insieme di persone agiscono sul terreno sociale, ad esempio occupando suolo pubblico per dare la possibilità a sé stessi e a chi voglia partecipare di esprimere, in forma pratica più che teorica, liberamente le proprie idee. Ancora, se un ragazzo a causa del suo modo di vestire, di parlare, del colore della sua pelle, delle sue presunte idee, etc. viene minacciato o aggredito o ucciso da altri che, per qualsiasi motivo, intendono imporsi con la violenza ed in soccorso di questo altri, siano essi amici, parenti, connazionali, simpatizzanti, indicono una assemblea per discutere ed analizzare la questione, o semplicemente per organizzare una risposta, ciò, secondo tale interpretazione è fare politica , perché il gruppo, seppur ristretto, si occupa direttamente di questioni pubbliche o che almeno dovrebbero esserle. Questa breve distinzione ha la funzione di estendere il significato della parola politica e del fare politica in ambiti non consueti; ma ciò non significa che i mezzi a disposizione siano gli stessi per tutti i soggetti che differentemente vi si approcciano: ognuno ha a disposizione metodi, 1 Vocabolario della lingua italiana, Istituto della enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani Roma, Arti grafiche Ricordi, Milano, 1991, vol. III**. 5 procedimenti, prassi e mezzi del tutto differenti per fare politica . La distinzione credo possa essere d’aiuto ai fini di una comprensione di alcune azioni dirette sul territorio – occupazioni di suolo pubblico, di fabbriche, di officine, vendita alla popolazione dei beni di prima necessità a prezzi “popolari”- che, ieri come oggi, sono una manifestazione del fare politica . Questo è importante perché mette in risalto aspetti che a volte non sono trattati con la rilevanza che si meritano 2, servendo a noi come mezzo di comprensione del periodo in questione caratterizzato da numerose “azioni dirette” che il più delle volte sono relegate in una nota, od al contrario trattate solamente da quegli autori che si interessano a tali fenomeni. Diviene così necessario inserirle nelle trattazioni storiche per mostrare al pubblico le sfumature del periodo preso in esame. Ora non resta che descrivere chi con i suoi studi si è occupato dello stesso fenomeno e anche perché molti non hanno prestato attenzione al periodo 1919-1922 da una angolazione più storico- intellettuale 3. La storiografia non si è occupata in modo approfondito del processo di formazione degli Arditi del Popolo principalmente perché è stata una realtà scomoda sia al potere costituito che ai vari partiti politici. Solo negli ultimi anni è risorto un interesse particolare per queste formazioni da parte di storici, saggisti ed appassionati ; questi ultimi spesso con risultati migliori di numerosi accademici. Sono pochi gli storici che si sono occupati degli Arditi del Popolo e per quanto riguarda la loro genesi si possono individuare due linee interpretative rispetto al ruolo svolto dal ribellismo post- bellico ed alle “ambiguità” del nucleo fondatore degli Arditi del Popolo a Roma. La prima, rappresentata da autori come Spriano, Cordova, Rossi, sostiene che il movimento sia sorto in stretto legame con l’arditismo di trincea e lo spirito dannunziano, interpretati come fenomeni non reazionari. «Gli Arditi del popolo sarebbero dunque un’espressione di quel sovversivismo piccolo borghese, che nel corso del biennio rosso [segue] una traiettoria inversa a quella fascista» 4. Nonostante questa impostazione comune, Spriano rileva lo spontaneismo caratterizzante gli Arditi del Popolo, mentre Cordova non condivide tale visione ed afferma che nascono in stretto legame col combattentismo ed i legionari fiumani. La seconda interpretazione rappresentata da Rochat scollega gli Arditi del Popolo dal sovversivismo degli ex combattenti, considerati questi ultimi come protofascisti e reazionari. Le vicende degli arditi – scrive Rochat - «sono state esaltate senza limiti, ma non mai studiate in termini scientifici, tanto che ancor oggi le nostre fonti sugli arditi sono dominate dalle leggende e dalla propaganda 2 Un esempio può essere il “complotto di forte Pietralata” ad opera di Argo Secondari e compagni nell’immediato dopoguerra. 3 Questa espressione è da me creata, perché il mio lavoro cerca di analizzare i processi intellettuali che portano numerosi italiani a sviluppare una coscienza antifascista. Francescangeli utilizza l’espressione “interesse storico- politico”, e per il suo tipo di lavoro è sicuramente adatto, ma per quanto riguarda il mio non è esatto. 4 Francescangeli Eros, Arditi del popolo. Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista (1917-1922) , ODRADEK, Roma 2000, p. 157. 6 degli anni di guerra e di regime fascista» 5. Nel suo studio ha cercato così di affrontare lo studio delle imprese belliche e del forte ruolo politico degli arditi nella prima guerra mondiale, mentre si sofferma più rapidamente sulle vicende degli arditi nel dopoguerra e sul combattentismo dell’epoca fascista mettendo comunque in luce la vitalità e l’ambiguità del loro mito. Sabbatucci nota invece un legame tra combattentismo e l’associazione di Argo Secondari, ma non si spinge oltre, costituendo così un termine di mezzo tra le due correnti. Fuschini, a mio parere, merita di essere valorizzato, anche se il suo lavoro non è così dettagliato come quello di altri storici, perché mostra come l’arditismo popolare possa essere considerato, in una trattazione di più ampio respiro, come una prima Resistenza; torna così a rivivere nel periodo 1943-45 «il movimento degli Arditi del popolo e si [realizza] quell’unità nazionale antifascista e quella risposta alla violenza che, nel 1921, non erano riuscite a concretizzarsi. Il movimento non si chiamerà arditismo popolare, ma Resistenza» 6. Balsamini, ultimo autore in senso cronologico che si occupa di tale fenomeno, ne