Gli Apparati Organizzativi E La Democrazia

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Gli Apparati Organizzativi E La Democrazia Convegno annuale dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti Costituzionalismo e costituzione nella vicenda unitaria italiana Torino 27-29 Ottobre 2011 Umberto Allegretti Gli apparati organizzativi e la democrazia Introduzione 2 I Lo stato liberale 5 1. Il salto dell’unificazione 5 6 1.1 L’unità statale: valore e debolezze 1.2 Il principio di nazionalità e di indipendenza 10 1.3 Il costituzionalismo dello stato liberale e i suoi limiti 13 2. Il principio monarchico 14 3. Il parlamentarismo imperfetto 17 4. Autoritarismo e insufficienze degli apparati del quotidiano 19 II Il regime fascista 23 1. Fondazione e stabilizzazione del nuovo regime. Uso della 23 violenza e occultamento legalitario 2. Il modello totalitario 26 3. Gli apparati del quotidiano: persistenza, modernizzazione, 29 strumentalizzazione III La Repubblica 31 1. Le basi popolari della repubblica democratica 31 1.1 La costruzione del nuovo stato e le sue difficoltà 34 1.2 Ricchezza e limiti del lavoro costituente 38 2 . Uno “stato costituzionale” 42 3. L’attuazione della Costituzione tra congelamento e sblocco 46 4. Sviluppo costituzionale e tentazioni di arretramento 59 5. Crisi e resistenza costituzionale 66 6. Un credo repubblicano 75 1 Introduzione. La democrazia è un’idea di grande complessità, per rendere la quale non basta la sua “definizione minima”, formale e procedurale. Comprende, soprattutto a seguito di una lunga evoluzione storica che molto aggiunge al più semplice nucleo costituito dal governo rappresentativo presente nella sue origini settecentesche, non solo la tutela dei tradizionali diritti di libertà, il rispetto delle minoranze e lo stato di diritto, ma anche l’uguaglianza formale e quella sostanziale, il compito di trasformazione della società e i diritti sociali necessari per la sua realizzazione, la partecipazione diretta dei cittadini alle esercizio delle funzioni pubbliche, l’articolazione multilivello del potere all’interno dello stato e la costruzione di un ordinamento e di organizzazioni internazionali anch’essi ispirati a democrazia. Gli apparati organizzativi, già secondo l’enunciazione lucidamente espressa nell’art. 16 della dichiarazione dei diritti del 1789, sono della costituzione uno degli assi portanti ma lo sono solo assieme, e in realtà a servizio, dei diritti e doveri dei cittadini. In democrazia gli apparati - anche quelli di vertice - hanno rispetto a essa natura strumentale; non sono il fondamento e il fine della costituzione. Tuttavia l’importanza della loro strutturazione in termini democratici è enorme, perché senza di essi non vi è possibilità di realizzare gli obiettivi finali di una piena realizzazione della dignità della persona e di una struttura della società ispirata uguaglianza ed equità. Nello schema triadico più complesso che rispecchia meglio la realtà moderna, e soprattutto quella democratica, si affianca allo stato coi suoi apparati e allo statuto dei cittadini l’ulteriore elemento dato dalla società civile, ponte tra l’individuo e lo stato. In una considerazione completa del costituzionalismo e della costituzione, riguardo agli individui non hanno rilievo in maniera atomistica solo le loro posizioni soggettive, ma è decisivo anche l’atteggiamento di fondo, che non può essere ridotto alla dimensione del puro privato. La società civile per un verso non coincide neanche essa con la sfera del privato e men che meno dell’agire economico e della razionalità secondo lo scopo, ma va considerata come spazio pubblico entro il quale si sviluppano i mondi vitali dei singoli e dei loro aggruppamenti; per altro verso si muove in un rapporto di reciprocità con lo stato e i suoi apparati, da cui è condizionata ma a sua volta li condiziona. Tra gli apparati organizzativi, spetta un ruolo di primo piano agli organi costituzionali di vertice, ma hanno grande risalto anche quegli altri apparati che in modo ravvicinato e continuativo accompagnano la vita della collettività, e cioè essenzialmente le istituzioni amministrative e quelle giudiziarie e (ma qui non si potrà direttamente esaminarli) gli stessi poteri privati. Il rapporto tra organi costituzionali e apparati di servizio è fondamentale per capire lo svolgimento dello stato contemporaneo, il quale fin dalle sue origini ha sempre avuto a sé affiancati con una funzione essenziale potenti apparati di carattere burocratico e sempre più accentuatamente tecnico. Perciò in una considerazione di quel genere, i tre elementi - stato, individui e società civile - sono naturalmente oggetto di considerazione complementare, come accadrà anche in questa sede. In questo quadro, la storia costituzionale dell’Italia unita presenta, nei suoi centocinquanta anni, alcuni fondamentali punti fermi e quasi altrettanto numerose problematicità, non sempre facilmente composte con i primi nelle letture correnti, comprese quelle scientifiche. Ne segnano il ritmo le tre fasi corrispondenti ad altrettante forme di stato: stato liberale, regime fascista e repubblica democratica. Il problema dell’alternativa tra rottura e continuità e del loro cumulo è presente nella discussione storiografica come un rovello così costante da sfociare qualche volta (se è lecito dirlo) in un colto divertissement. In realtà la 2 centralità della successione delle tre forme diverse di stato resta quella fondamentale e anzi una prima discontinuità storica, pur marcata dalla continuità di regime con l’ordinamento del regno di Sardegna, è quella stessa dell’unificazione in un’entità unica dei sette stati precedenti. All’interno delle varie fasi vi sono naturali continuità che riguardano tutt’e tre i loro elementi e conferiscono un tono marcatamente unitario consentendo per ognuna di esse una trattazione d’insieme, così che l’evoluzione e le discontinuità pur non irrilevanti constatabili in seno a ciascuna non determinano, al contrario di quanto non troppo di rado si pretende, una cesura interna atta a dar vita a forme di stato differenti. Altrettanto secondarie, anche se esse pure significative, sono alcune puntuali continuità di singole idee, istituti e pratiche riscontrabili tra le diverse fasi. Ma va anche notato che le continuità maggiori che accomunano queste ultime fra di loro non si ricollegano solo alla storia interna dei centocinquanta anni ma risalgono per buona parte alla lunga storia italiana precedente, con i suoi “caratteri originali” e specialmente con la sua “logica del particolarismo” - particolarismo delle oligarchie e delle organizzazioni in cui agiscono, frazionamento territoriale e individualismo indifferente al vincolo sociale - antichissimo carattere della società e delle esperienze statali italiane che, secondo ipotesi storiografiche valide per l’autorappresentazione del corso postunitario in genere, sembra stare a base - si direbbe, in misura aggravata - anche della fase che stiamo vivendo. Non sono però importanti solo i rapporti temporali tra fasi. Anche dal punto di vista spaziale si riscontrano varietà, apparentemente maggiori che in altri paesi, della configurazione assunta dalla realtà costituzionale in tutt’e tre i suoi elementi nelle diverse parti del territorio nazionale e con il divario tutto particolare tra centro-nord e sud. Legate anch’esse al quadro temporale di lungo periodo, che aveva visto caratteristiche diverse affermarsi nelle due parti d’Italia, si presentano lungo tutto l’itinerario unitario e risultano oggi perfino acutizzate. Occorrerà dunque tenerne conto, anche se non sembrano analizzate dalla letteratura costituzionale in maniera sufficientemente mirata. Secondo la visione che se ne ha oggi, l’itinerario dei centocinquant’anni culmina nella concezione dello “stato costituzionale”, nella quale si appunta il costituzionalismo recente. Nella coscienza matura che abbiamo di questo, le costituzioni non consistono unicamente di norme e di organizzazioni ma di interessi, di concezioni e di scelte di valore che stanno al loro fondo, e la relazione di senso con la cultura e con l’intera vita di un popolo, nelle sue scelte originarie e nella sua continua evoluzione, conferisce loro la realtà più vera. Da Smend a Haeberle questo modo di concepire le costituzioni ha ormai acquistato una dignità teorica pienamente legittima e non vi è dubbio, come notato di recente da Massimo Luciani, che per considerare adeguatamente un ordinamento conviene tenere insieme tre elementi: quello formale delle forme del potere, quello materiale degli interessi e quello ideale della condivisione di valori. Perciò l’analisi della storia costituzionale unitaria non può non estendersi, con Mortati (la cui visione sembra altresì aver ispirato l’approccio di Leopoldo Elia ai problemi della costituzione) “a quel complesso di fattori, che si pongono o come presupposti degli istituti giuridici, o come veri elementi integrativi di questi, e perciò forniti di una propria funzione nell’ordinamento, del quale determinano l’effettivo modo di essere”. Dunque, se non ci si rifà a un richiamo alla “vita dell’intera collettività”, allo “sviluppo dell’intera società”, secondo una concezione che giustamente, ci sembra, esprime oggi il meglio della visione della costituzione in quanto “costituzione vivente”, la visione costituzionale, compresa la lettura degli apparati organizzativi, 3 risulta puramente formale e astratta. Naturalmente, tutto questo non scioglie la storia costituzionale entro la storia politica, sociale, culturale, economica: il diritto infatti partecipa alla storia umana complessiva con una sua funzione specifica di notevole importanza e mentre ne è condizionato a sua volta la condiziona, usando
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