COMUNITÀ MONTANA DI VALLE SABBIA STUDIO A SCALA DI SOTTOBACINO IDROGRAFICO DEL FIUME FINALIZZATO ALLA DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI SECOVAL S.R.L. PRIORITARI DI SISTEMAZIONE E DIFESA IDRAULICA

STUDIO A SCALA DI SOTTOBACINO IDROGRAFICO DEL FIUME CHIESE FINALIZZATO ALLA DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI PRIORITARI DI SISTEMAZIONE E DIFESA IDRAULICA

RELAZIONE TECNICA

INDICE

1. PREMESSA...... 6

2. DESCRIZIONE DEL TERRITORIO ...... 8

2.1. Morfologia ...... 8

2.2. Geologia...... 9

2.3. Il Fiume Chiese ...... 14

3. OBIETTIVI DELLO STUDIO ...... 20

4. METODOLOGIA OPERATIVA...... 22

5. DESCRIZIONE DEI SINGOLI BACINI CON CENSIMENTO DELLE OPERE IDRAULICHE ESISTENTI E DEI PONTI E ILLUSTRAZIONE DEGLI INTERVENTI PROPOSTI, DELLE OPERE DI RIPRISTINO E DELLE MANUTENZIONI...... 32

5.1. Bacino Fiume ...... 32

5.1.1. Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 32

5.1.2. Esito dei sopralluoghi ...... 40

5.1.3. Proposte di intervento nuove opere ...... 46

5.1.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti...... 47

5.1.5. Proposte di intervento di manutenzione...... 47

5.1.6. Censimento ponti ...... 47

5.1.7. Studio e monitoraggio della Deformazione Gravitativa Profonda di Versante -Maniva...... 48

5.1.8. Intervento di paravalanghe in Val Dorizzo...... 48

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5.2. Bacino Torrente ...... 50

5.2.1. Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 50

5.2.2. Esito dei sopralluoghi ...... 53

5.2.3. Proposte di intervento nuove opere ...... 58

5.2.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti...... 59

5.2.5. Proposte di intervento di manutenzione...... 59

5.2.6. Censimento ponti ...... 59

5.3. Bacino Torrente Abbioccolo...... 60

5.3.1. Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 60

5.3.2. Esito dei sopralluoghi ...... 61

5.3.3. Proposte di intervento nuove opere ...... 65

5.3.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti...... 65

5.3.5. Proposte di intervento di manutenzione...... 65

5.3.6. Censimento ponti ...... 65

5.4. Bacino Torrente Degnone e sottobacino Torrente Glera ...... 66

5.4.1. Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 66

5.4.2. Esito dei sopralluoghi ...... 72

5.4.3. Proposte di intervento nuove opere ...... 76

5.4.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti...... 76

5.4.5. Proposte di intervento di manutenzione...... 76

5.4.6. Censimento ponti ...... 77

5.4.7. Monitoraggio delle frane di Avenone e Levrange...... 77

5.5. Bacino Torrente Vantone ...... 80

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5.5.1. Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 80

5.5.2. Esito dei sopralluoghi ...... 82

5.5.3. Proposte di intervento nuove opere ...... 84

5.5.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti...... 84

5.5.5. Proposte di intervento di manutenzione...... 85

5.5.6. Censimento ponti ...... 85

5.6. Bacino Torrente Nozza e Sottobacino Torrente Tovere...... 86

5.6.1. Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 86

5.6.2. Esito dei sopralluoghi ...... 88

5.6.3. Proposte di intervento nuove opere ...... 94

5.6.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti...... 94

5.6.5. Proposte di intervento di manutenzione...... 94

5.6.6. Censimento ponti ...... 95

5.7. Bacino Torrente Gorgone...... 96

5.7.1. Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 96

5.7.2. Esito dei sopralluoghi ...... 98

5.7.3. Proposte di intervento nuove opere ...... 100

5.7.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti...... 100

5.7.5. Proposte di intervento di manutenzione...... 100

5.7.6. Censimento ponti ...... 100

5.8. Bacino Torrente Agna ...... 101

5.8.1. Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 101

5.8.2. Esito dei sopralluoghi ...... 104

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5.8.3. Proposte di intervento nuove opere ...... 110

5.8.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti...... 110

5.8.5. Proposte di intervento di manutenzione...... 110

5.8.6. Censimento ponti ...... 110

5.8.7. Studio e monitoraggio della frana di Eno ...... 111

5.9. Bacino Torrente Vrenda di Odolo...... 113

5.9.1. Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 113

5.9.2. Esito dei sopralluoghi ...... 115

5.9.3. Proposte di intervento nuove opere ...... 123

5.9.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti...... 123

5.9.5. Proposte di intervento di manutenzione...... 123

5.9.6. Censimento ponti ...... 123

5.10. Bacino Torrente Preane...... 124

5.10.1. Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 124

5.10.2. Esito dei sopralluoghi ...... 125

5.10.3. Proposte di intervento nuove opere ...... 126

5.10.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti...... 126

5.10.5. Proposte di intervento di manutenzione...... 126

5.10.6. Censimento ponti ...... 126

5.11. Bacino Torrente Vrenda di Vallio ...... 127

5.11.1. Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 127

5.11.2. Esito dei sopralluoghi ...... 129

5.11.3. Proposte di intervento nuove opere ...... 132

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5.11.4. Proposte di intervento di ripristino di manufatti esistenti ...... 132

5.11.5. Proposte di intervento di manutenzione...... 132

5.11.6. Censimento ponti ...... 133

5.12. Bacino Torrente Madonna del Rio ...... 134

5.12.1. Inquadramento geologico e geomorfologico ...... 134

5.12.2. Esito dei sopralluoghi ...... 136

5.12.3. Proposte di intervento nuove opere ...... 138

5.12.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti...... 139

5.12.5. Proposte di intervento di manutenzione...... 139

5.12.6. Censimento ponti ...... 139

6. DATI MORFOMETRICI E IDRAULICI, VERIFICA PORTATE Q50, Q100, Q200 DEI PONTI E INDIVIDUAZIONE DELLE CRITICITA’ DI ESONDAZIONE...... 140

7. DEFINIZIONE DELLA PRIORITÀ E DELLA STRATEGICITÀ DEGLI INTERVENTI151

8. QUADRO ECONOMICO PROGRAMMATICO ...... 153

9. CONCLUSIONI ...... 154

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1. PREMESSA

La Comunità Montana di Valle Sabbia, tramite Secoval s.r.l., ha affidato ai sottoscritti Dott. Ing. Pietro Forti, per l’aspetto idraulico e ingegneristico, e Dott. Geol. Laura Ziliani, per le problematiche di carattere geologico, l’incarico per lo studio idrogeologico a livello di sottobacino idrografico relativo ai corsi d’acqua di competenza regionale (Reticolo Idrico Principale) ricadenti nel territorio della Comunità Montana di Valle Sabbia, finalizzato alla definizione di una proposta tecnico-economica inerente le opere prioritarie da realizzare sui torrenti esaminati al fine di ridurre il rischio idraulico, onde predisporre un piano finanziario necessario per gli scopi di programmazione delle opere di difesa del suolo.

Nell’ambito dello studio, oltre all’individuazione delle nuove opere, è stato effettuato un censimento delle opere esistenti che sono state esaminate sotto l’aspetto dell’efficacia idraulica e strutturale onde verificare la necessità di eventuali ripristini.

Lungo i corsi d’acqua sono state inoltre individuate le situazioni che necessitano di interventi di manutenzione, quali: svasi, taglio piante, sfalci, rimozione di ceppaie e pulizia in generale, al fine di ripristinare il regolare deflusso delle acque.

Particolare attenzione è stata prestata ai ponti o tombotti esistenti che sono stati verificati dal punto di vista strutturale e della funzionalità idraulica, in modo da identificare quelle opere che, a causa di insufficienza di sezione, necessitano di presidi in caso di eventi meteorici di particolare intensità.

Sono stati individuati anche quattro corpi di frana che interferiscono con la rete idrografica per i quali si propone un intervento di monitoraggio, abbinato ad uno studio geologico e/o indagini di dettaglio in relazione allo stato delle conoscenze, al fine di controllare nel tempo l’evoluzione dei dissesti interessati ed eventualmente proporre opere di consolidamento.

Le nuove opere proposte, gli interventi di ripristino, di monitoraggio e di manutenzione ritenuti necessari, nonché le opere esistenti ed i ponti, oggetto di apposito censimento, sono descritti nelle rispettive schede allegate.

Alle schede riguardanti le nuove opere, i ripristini e le manutenzioni è collegato un computo metrico estimativo che ne definisce l’onere finanziario.

Lo studio è stato redatto seguendo le direttive della Regione Lombardia indicate nel decreto dirigenziale n 14313 del 26 novembre 2007 indicante le “Linee guida per la definizione di studi idrogeologici a scala di sottobacino idrografico”.

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Il lavoro si compone della seguente documentazione:

- RELAZIONE TECNICA

- ALLEGATI: A1 - Schede censimento opere esistenti A2 - Schede proposte nuove opere di difesa idraulica A3 - Schede proposte di ripristino opere esistenti A4 - Schede proposte interventi di manutenzione A5 - Schede censimento ponti esistenti A6 - Schede proposte di monitoraggio A7 - Computi A7.1 Computi estimativi nuove opere A7.2 Computi estimativi interventi di ripristino A7.3 Computi estimativi interventi di manutenzione

A8 - TABELLE ECONOMICHE CON PRIORITÀ A8.1 Nuove opere con priorità A8.2 Nuove opere con priorità e importi A8.3 Opere di ripristino con priorità A8.4 Opere di ripristino con priorità e importi A8.5 Opere di manutenzione con priorità A8.6 Opere di manutenzione con priorità e importi A8.7 Monitoraggi con priorità e importi A8.8 Riassuntiva generale

- TAVOLE T1 - Inquadramento dei bacini idrografici T2 - Sintesi dei dati morfometrici e idraulici T3 - Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti T4 - Inquadramento opere esistenti e di progetto T5 - Dettaglio opere esistenti, di progetto e dei ripristini T6 - Individuazione delle proposte di manutenzione T7 - Sintesi degli interventi proposti

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2. DESCRIZIONE DEL TERRITORIO

2.1. MORFOLOGIA

I bacini oggetto di studio sono illustrati in Tavola 1. I torrenti studiati, ad eccezione del Torrente Madonna del Rio che confluisce nel Lago di Garda, sono tutti affluenti del Fiume Chiese ed appartengono alla Valle Sabbia.

La Valle Sabbia si estende dall’alta valle del Caffaro fino a , dove termina il tratto pedemontano del Fiume Chiese. L’asse principale della valle è rappresentato dal breve tratto bresciano del fiume Chiese posto a monte del lago d’Idro, dal lago d’Idro stesso e dal tratto del fiume Chiese compreso tra il lago e Gavardo.

Il territorio della Valle Sabbia è caratterizzato da una morfologia piuttosto varia dovuta all’affioramento di formazioni rocciose diverse sia per caratteristiche litologiche che per condizioni strutturali, formazioni rocciose che hanno condizionato e guidato i processi geomorfologici ed in particolare l’azione delle acque superficiali e dei ghiacciai quaternari.

Nell’alta valle del Caffaro il paesaggio si presenta modellato dall’azione dei ghiacciai presenti in passato con circhi e laghi di montagna, rocce montonate, morene, creste rocciose e valli a fondo arrotondato. Attualmente si verifica soprattutto abbondante produzione di detrito grossolano, ruscellamento, specie nivale, erosione torrentizia e fenomeni valanghivi.

La media e bassa valle del Caffaro si presentano fortemente incise dal corso d’acqua a carattere marcatamente torrentizio; abbondanti sono i depositi di versante e frequenti sono i conoidi presenti allo sbocco delle valli laterali.

La depressione del lago d’Idro costituisce una vistosa testimonianza del modellamento glaciale ed è caratterizzata da una morfologia dolomitica aspra e accidentata con frequenti rotture di pendenza, pareti rocciose, guglie e pinnacoli.

Dopo l’uscita del fiume Chiese dal lago d’Idro la valle è ancora fortemente incisa, ma a valle della forra di Barghe essa si apre, il fondovalle diventa più ampio e la morfologia è caratterizzata da versanti spesso dolci, con ripiani delimitati da scarpate morfologiche, degradanti verso il Chiese.

Nei dintorni di , Roè Volciano (versante idrografico destro) e la presenza di rocce calcaree e calcareo-marnose ben stratificate di media coerenza determina la formazione di rilievi arrotondati dall’erosione meteorica lenta e diffusa, talora carsica.

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Sempre nella parte bassa della valle del Chiese, soprattutto sul versante idrografico sinistro, i rilievi morenici, appartenenti al sistema morenico benacense, presentano una morfologia dolce dovuta al materiale incoerente che li costituisce, messo in posto dal ghiacciaio e successivamente modellato dal ruscellamento e dalla degradazione meteorica. I rilievi collinari si alternano a ripiani terrazzati e a vallette incise o a fondo piatto.

2.2. GEOLOGIA

Per illustrare le caratteristiche geologiche della Val Sabbia si riporta nelle pagine seguenti uno stralcio della Carta Geologica della Lombardia (Figura 2.2.1).

La valle Sabbia si caratterizza per la presenza di buona parte degli elementi geologici salienti delle Alpi Calcaree Meridionali (Sudalpino). Questa peculiarità è valida sia per la successione stratigrafica presente che, in generale, per l'assetto strutturale.

Anche gli aspetti morfologici rilevabili nei diversi settori della valle Sabbia richiamano, talora esaltandoli, a luoghi attenuandoli, i caratteri peculiari del paesaggio del Sudalpino: si passa dagli aspri dirupi dolomitici alle blande forme impostate in successioni prevalentemente marnoso-arenacee ed agli svettanti rilievi cristallini del Gruppo dell'Adamello.

L'assetto strutturale è alquanto complesso derivando dalla sovrapposizione di due fasi orogenetiche: quella ercinica del Carbonifero - Permiano inferiore e quella alpina sviluppatasi tra il Cretaceo superiore e l'Oligocene. Gli effetti più macroscopici che si riscontrano in Val Sabbia sono ovviamente quelli dovuti alla più recente orogenesi alpina che ha determinato un'intensa disarticolazione sia nel basamento che nelle successioni sedimentarie che lo hanno progressivamente ricoperto.

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Figura 2.2.1 – Estratto della Carta Geologica della Lombardia e della relativa legenda.

Si assiste così ad una sorta di embriciatura con la sovrapposizione di scaglie tettoniche più antiche su termini più recenti, a loro volta sormontanti unità ancora più giovani. L'assetto strutturale generale delle successioni prequaternarie è quindi condizionato da una serie di

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Tra le direttrici strutturali di primaria importanza si ricordano le numerose pieghe, disposte con marcata asimmetria verso S, ed il grande gruppo di strutture fragili, tra cui particolarmente evidenti sono quelle con direzione NNE-SSW. Queste ultime vengono raggruppate e definite come «sistema giudicariense». A queste principali strutture se ne associa una folta schiera di minori che comportano una deformazione e una minuta frammentazione delle formazioni rocciose. Questi movimenti tettonici hanno indotto nelle rocce forti campi tensionali che si sono tradotti in una serie di deformazioni sia duttili (piegamenti) che fragili (fratturazioni).

Alla testata della valle del Caffaro affiorano rocce intrusive (indicate con il n. 9, 10, 11 sulla Carta Geologica della Lombardia) che costituiscono le propaggini meridionali del gruppo montuoso Adamello-Presanella. Le rocce più caratteristiche sono rappresentate da tonaliti (Lago della Vacca) e granodioriti (Cima Laione).

Sempre nel bacino del Caffaro, nell’area compresa tra l’abitato di Bagolino e il Passo del Maniva, affiorano le rocce più antiche delle Alpi Meridionali che costituiscono il Basamento Cristallino (48, 49). Si tratta di rocce metamorfiche di natura filladica, localmente passante a micascistosa. Sono anche presenti intercalazioni gneissiche e quarziti (Micascisti del Maniva). Localmente il basamento è attraversato da rocce filoniane di età triassica e terziaria costitute da rioliti, basalti, daciti e andesiti (porfiriti Auct.).

Al di sopra del basamento si sviluppa, in discordanza angolare, una successione vulcano- sedimentaria di età permiana. Le vulcaniti (in particolare modo le Vulcaniti di Auccia) risultano formate da ignimbriti riolitiche. I depositi sedimentari più estesi del Permiano inferiore sono rappresentati dalla Formazione di Collio (46a). Si tratta di sedimenti fluvio - lacustri costituiti da arenarie a varia tessitura (prevalentemente fini), da siltiti e da argilliti policrome.

La fase tettogenetica, sviluppatasi tra il Permiano inferiore e il Permiano superiore, produsse un marcato inarcamento del basamento con l'innesco di intensi fenomeni erosivi. I prodotti sedimentari derivati dallo smantellamento dei rilievi portarono alla costituzione di formazioni continentali clastiche (conglomerati ed arenarie prevalenti) con le facies del Verrucano Lombardo, localmente definito come Formazione di M. Mignolo (45).

Al di sopra del Verrucano Lombardo, all'inizio del Trias, si sviluppò un ciclo sedimentario prevalentemente marino in cui i primi depositi carbonatico-terrigeni sostituirono in modo

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Con l'Anisico si assiste alla franca sedimentazione calcarea che dà inizio al ciclo mediotriassico, contraddistinto dall'impostazione di bacini in cui il tasso di subsidenza doveva essere particolarmente elevato.

Le formazioni che costituiscono questo ciclo (Calcare di Angolo e Calcare di Prezzo (41a), Formazione di Buchenstein e Formazione di Wengen (40), Calcare di Esino (37a) e calcari lastriformi o Calcare metallifero (36) sono formate prevalentemente da calcari, calcari dolomitici e calcari marnosi alternati con marne, argilliti e arenarie tufacee.

Nel Trias superiore ai depositi bacinali si sostituisce la sedimentazione terrigena di depositi rossastri fluvio-deltizi, con taglia da grossolana a fine (Arenaria di Val Sabbia - 34) seguiti, verso l'alto, dalla Formazione di San Giovanni Bianco (32a), costituita da prevalenti dolomie grigio-giallastre talora vacuolari, con intercalazioni di calcari dolomitici grigi fetidi e di gessi. La continentalizzazione che si verificò durante il Carnico fu accompagnata da cospicue manifestazioni eruttive collegabili sia a centri vulcanici che a strutture d'iniezione poste in profondità.

Al di sopra di queste formazioni si trova la Dolomia Principale, del Norico (31a). Le litologie prevalenti sono date da dolomie chiare, in strati e banchi talora indistinti, che raggiungono spessori di diverse centinaia di metri e da dolomie scure, a strati sottili, con laminiti millimetriche. Questi depositi di piattaforma carbonatica di piana tidale e di lagune più o meno collegate con il mare poggiano su orizzonti formati da brecce carbonatiche poligeniche di derivazione sia sedimentaria che, presumibilmente, anche tettonica.

Il Trias si chiude con le successioni retiche caratterizzate da argilliti e marne argillose nerastre, sottilmente stratificate, con lamine nere (Argillite di Riva di Solto - 29), calcari , calcari marnosi e marnoso-argillosi (Calcare di Zu - 28).

Il Lias inferiore è caratterizzato dalla successione carbonatica della Corna (27b), contraddistinta principalmente da calcari chiari in grossi banchi e da macereti formati da brecce policrome.

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Le successioni bacinali che si sviluppano al di sopra della Corna, rappresentate da Medolo e Formazione di Concesio (26), sono costituite da calcari prevalentemente marnosi con intercalazioni di marne e più raramente di argilliti.

Seguono nella colonna stratigrafica le successioni del Selcifero Lombardo (25), costituito da selci stratoidi passanti a marne e a marne calcaree e, superiormente, la Maiolica (24), con calcari chiari ben stratificati, con selci.

La successione litologica delle Prealpi Bresciane prosegue con depositi arealmente molto estesi rappresentati dalla Scaglia Lombarda (21) nelle sue varie facies. Quella inferiore è la Scaglia Variegata costituita in prevalenza da marne grigio-verdastre e rosso-vinate, tenere e friabili, con interstrati più compatti verso l'alto color bruno, rosato o grigio. Ad essa segue la Scaglia Rossa con marne talora argillose prevalentemente di colore da rosa-salmone a rosso-mattone, con intercalazioni di calcari marnosi compatti e di caratteristici straterelli di arenarie torbiditiche verdi e nocciola. Localmente, soprattutto verso l'alto della formazione, si ha una fitta alternanza di marne, talvolta argillose e talvolta calcaree, grigie e subordinatamente rosa-salmone, con calcari arenacei.

La successione della Scaglia Lombarda si chiude con la Scaglia Cinerea, sempre costituita da litologie analoghe alle precedenti differenziandosi soprattutto per una fitta scagliettatura delle marne di colore grigio e grigio-verdine.

Nel corso del Quaternario il territorio della valle Sabbia è stato interessato da estesi fenomeni di glaciazione che hanno portato alla genesi e alla distribuzione di cospicue quantità di depositi glaciali. Questi, con altri materiali di origine fluviale, colluviale ed eluviale, costituiscono coltri più o meno potenti che ricoprono le formazioni rocciose sopra descritte.

2.3. IL FIUME CHIESE

Il Fiume Chiese nasce dal fronte delle vedrette presenti alla testata della Val di Fumo, nel Gruppo dell’Adamello delle Alpi in , a partire da una quota di circa 3.000 m s.l.m. Il fiume percorre le valli di Fumo e Daone, formando i laghi artificiali di Bissina e di Boazzo. Dopo l’immissione del torrente Adanà, suo affluente principale sinistro, prosegue verso sud e confluisce, dopo circa 50 km dalla sorgente, nel Lago d’Idro entrando in Lombardia (Provincia di Brescia). Uscito dal lago presso Idro, percorre la Val Sabbia fino a Villanuova Sul Clisi dove termina il tratto pedemontano.

Nella zona di pianura tra Gavardo e Remedello scorre in direzione nord-sud fino a giungere presso Asola in Provincia di Mantova. A valle del Comune di Acquanegra confluisce in sinistra idrografica nel Fiume , dopo circa 106 km di percorso dall’uscita

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Figura 2.3.1 – Tracciato del Fiume Chiese sublacuale (Fonte: PTUA – Allegato 13 Parte_15 Chiese)

Complessivamente il Fiume Chiese sublacuale conserva un discreto livello di naturalità fisico-morfologica, specialmente nella parte iniziale e centrale dell'asta fluviale (classi 1-2), nonostante siano assenti aree naturalisticamente rilevanti. Questa naturalità si riduce nelle aree di pianura, a partire da fin verso la confluenza in Oglio (classi 3-4-5).

Figura 2.3.2 –Classi di qualità per tratti dell’Indice di Naturalità fisico-morfologica del Fiume Chiese sublacuale (Fonte: PTUA – Allegato 13 Parte_15 Chiese)

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Per quanto riguarda il regime idrologico, nella porzione pedemontana è da segnalare la criticità derivante dalla gestione dei rilasci del Lago d'Idro (primo tratto) che fino al 2007, a causa della chiusura delle paratoie del lago, lasciava periodicamente il fiume in secca per alcune centinaia di metri fino all'immissione del torrente Abbioccolo. Dopo il 2007 invece viene garantito un rilascio minimo di acqua dal lago nel fiume (Deflusso Minimo Vitale) di portata pari a 2,5 mc/s".

Nei tratti a valle la portata del Chiese aumenta in funzione dell’immissione di numerosi affluenti (da cui i valori medio-alti assunti dall’indice). Dopo il tratto intermedio e fino alla confluenza nel Fiume Oglio, a causa di alcune importanti derivazioni che captano l'acqua per usi energetici, la portata si riduce nuovamente e quindi la situazione diventa ancora critica (bassi valori assunti dall’indice).

Figura 2.3.3 – Classi di qualità per tratti dell’indice Regime Ideologico del Fiume Chiese sublacuale (Fonte: PTUA – Allegato 13 Parte_15 Chiese)

Per quanto riguarda la qualità dell’acqua in tutte le 4 stazioni monitorate dall'ARPA la situazione della qualità dell'acqua si presenta abbastanza compromessa, assumendo sempre valore dell’indice medio (0,5).

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Figura 2.3.4 – Classi di qualità per tratti dell’indice Qualità dell’acqua del Fiume Chiese sublacuale (Fonte: PTUA – Allegato 13 Parte_15 Chiese)

La salute complessiva del Fiume Chiese sublacuale può essere considerata soddisfacente in quanto non raggiunge mai livelli caratteristici di situazioni di forte compromissione e degrado.

Gli istogrammi sotto evidenziano uno stato di salute complessivo accettabile. Analizzando il valore medio assunto dai singoli indicatori relativi ai vari attributi lungo l’intera asta fluviale si osserva come regime idrologico, vegetazione e qualità dell'acqua risultino i più compromessi.

Figura 2.3.5 –Sintesi dello stato di salute complessivo del Fiume Chiese sublacuale (Fonte: PTUA – Allegato 13 Parte_15 Chiese)

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Per la definizione delle precipitazioni di breve durata e forte intensità necessarie per la stima dei dati idraulici si è fatto riferimento ai dati contenuti nel sito dell’ARPA della Lombardia – Sito Idrografico del seguente link: http://idro.arpalombardia.it/pmapper- 4.0/map.phtml

Questo database riporta le altezze di pioggia di durata 1-24 ore per diversi Tempi di Ritorno, registrate in diverse stazioni pluviometriche della Regione Lombardia.

Lago della Vacca Gaver

Valle Dorizzo Dazane

Lago d’Idro Treviso Bresciano

Odolo

Gavardo

Figura 2.3.6 – Sito Idrografico ARPA Regione Lombardia

Le stazioni di nostro interesse utilizzate per il presente lavoro, interne o molto prossime al bacino idrografico del fiume Chiese, sono: − Lago della Vacca (q. 2357 m s.l.m.) − Gaver (q. 1501 m s.l.m.) − Valle Dorizzo (q. 1226 m s.l.m.) − Dazare (Valle Dorizzo) (q. 1057 m s.l.m.) − Lago d'Idro (traversa) (q. 371 m s.l.m.) − Treviso Bresciano – Cavacca (q. 1147 m s.l.m.) − Odolo (q. 349 m s.l.m.) − Gavardo (q. 200 m s.l.m.)

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Le elaborazioni idrologiche hanno avuto come scopo principale la stima delle portate liquide (e del trasporto solido – magnitudo - per i torrenti Re di Anfo e Vantone) per diversi tempi di ritorno (50-100 e 200 anni), calcolate in corrispondenza delle sezioni di chiusura dei singoli bacini alla confluenza nel Fiume Chiese o nel Lago d’Idro.

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3. OBIETTIVI DELLO STUDIO

Lo studio in oggetto, come già accennato nella premessa, si propone essenzialmente il raggiungimento di 2 obiettivi:

- il primo riguarda l’individuazione nei sottobacini esaminati delle criticità di carattere idraulico e di stabilità dei versanti, nonché il censimento delle opere idrauliche e dei ponti con verifica della loro efficacia ed efficienza sia idraulica che strutturale;

- il secondo consiste nella proposta di nuove opere da realizzare sui corsi d’acqua onde aumentare la sicurezza sotto l’aspetto idrogeologico e nell’individuazione degli interventi di ripristino delle opere esistenti e di manutenzione, nonché di alcuni monitoraggi di movimenti franosi. Oltre alla tipologia di intervento viene anche definito il relativo computo metrico estimativo in modo da costituire un piano tecnico economico generale delle opere che potranno essere realizzate nel tempo in funzione delle risorse disponibili e delle priorità ad esse collegate.

Inoltre viene formulata anche una proposta di difesa da fenomeni valanghivi in località Valle Dorizzo, in comune di Bagolino, nel bacino del Fiume Caffaro, richiamando lo studio di fattibilità già redatto dalla provincia di Brescia riguardante la difesa della strada provinciale 669 per il Gaver.

Nello studio sono stati presi in considerazione 11 sottobacini idrografici del Fiume Chiese ed 1 bacino idrografico tributario del Lago di Garda (Madonna del Rio). Si tratta di bacini idrografici relativi a corsi d’acqua appartenenti al Reticolo Idrico Principale di competenza della Regione Lombardia. Alcuni di questi (Caffaro, Degnone e Nozza) a loro volta contengono sottobacini che sono stati pure oggetto del presente studio in quanto percorsi da torrenti appartenenti sempre al Reticolo Idrico Principale.

Nella tabella seguente si riporta l’elenco dei bacini indagati in ordine geografico con direzione da nord a sud e l’indicazione dei rispettivi comuni sottesi.

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BACINO COMUNI SOTTESI

Fiume Caffaro (con sottobacini Bagolino, Breno, Prestine, Anfo e Provincia di Trento

Laione, Riccomassimo, Sanguinera, Vaia)

Torrente Re di Anfo Anfo,

Torrente Vantone Capovalle, Idro, Treviso Bresciano

Torrente Abbioccolo Lavenone, Pertica Bassa

Torrente Degnone (con Pertica Bassa, Pertica Alta, sottobacino Glera)

Torrente Gorgone Treviso Bresciano, Vestone, Provaglio Val Sabbia

Torrente Nozza (con sottobacino Casto, Mura, Pertica Alta, Vestone, Bione, Lodrino, Tovere) Marmentino

Torrente Vrenda di Odolo Agnosine, Bione, Preseglie, Odolo, , Vallio Terme

Torrente Preane Sabbio Chiese, Gavardo, Vallio Terme

Torrente Agna Vobarno, Treviso Bresciano, Provaglio Val Sabbia, Capovalle

Torrente Vrenda di Vallio Vallio Terme e Gavardo

Torrente Madonna del Rio Roè Vociano, Salò, Gavardo

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4. METODOLOGIA OPERATIVA

Lo studio oggetto dell’incarico si è svolto nelle fasi di seguito riassunte: 1. raccolta di tutti i dati cartografici e tematici contenuti nei database e negli archivi di Regione Lombardia, Comunità Montana di Valle Sabbia e comuni interessati; 2. inquadramento delle problematiche geologiche presenti nei bacini ed individuazione delle situazioni critiche lungo la rete idrografica legate al trasporto solido o ai fenomeni di colata detritico-torrentizia o a possibile occlusione dell’alveo da parte di un movimento franoso; 3. campagna di sopralluoghi onde verificare in loco la presenza sia di opere che sono state censite mediante schede, verificandone le condizioni sotto l’aspetto strutturale e di efficacia idraulica, sia di situazioni di rischio che necessitano di ulteriori opere; 4. catalogazione mediante schede siglate di tutte le opere da realizzare mediante una proposta progettuale schematica e relativo computo estimativo; 5. definizione mediante analoghe schede delle opere esistenti che necessitano di interventi di ripristino; 6. individuazione delle zone soggette ad interventi di manutenzione, quali: sfalci, rimozione di detriti, ceppaie e tronchi, unitamente a svasi e modeste, ma indispensabili, sottomurazioni delle spalle di alcuni ponti; 7. individuazione di corpi franosi da sottoporre a monitoraggio; 8. posizionamento su cartografia delle opere esistenti, delle proposte progettuali, dei ripristini, delle manutenzioni e dei monitoraggi; 9. definizione dei parametri di rischio e dei relativi punteggi da utilizzare per la valutazione delle priorità di intervento onde definire la graduatoria delle proposte progettuali; 10. stesura di tabelle indicanti gli interventi proposti, le priorità e gli oneri finanziari necessari alla loro realizzazione; 11. stesura di tabella riassuntiva finale del programma generale di intervento che definisce le risorse necessarie alla realizzazione delle opere proposte, dei ripristini, delle manutenzioni e dei monitoraggi.

Il programma generale degli interventi è il risultato di uno studio generale a carattere idrogeologico e idraulico che fornisce un quadro sintetico ed organico dei molteplici aspetti inerenti la difesa idraulica del territorio, contenente l’insieme dei dati conoscitivi esistenti e acquisiti, l’individuazione delle principali criticità geologiche e idrauliche e le proposte di intervento, secondo una motivata valutazione di priorità.

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Lo studio si compone di una Relazione illustrativa con i relativi allegati e di una serie di tavole redatte su basi topografiche differenti (Data Base Topografico della Comunità Montana di Valle Sabbia e Ortofoto) e a diversa scala a seconda dell’estensione dell’area raffigurata.

La tavola T1 “Inquadramento dei bacini idrografici”, redatta in scala 1:40.000 sul DBT della Comunità Montana di Valle Sabbia (Data Base Topografico), fornisce un inquadramento del territorio e riporta la localizzazione e la delimitazione dei 12 bacini idrografici studiati (oltre a 6 sottobacini), con la traccia del corso d’acqua principale, il nome, la sigla del bacino e la relativa superficie. I bacini idrografici sono strati rappresentati con colorazione diversa a seconda della rispettiva estensione.

La tavola T2 “Sintesi dei dati morfometrici e idraulici”, redatta in scala 1:25.000, anch’essa sul DBT della Comunità Montana di Valle Sabbia (Data Base Topografico), riporta per ogni bacino e sottobacino principale studiato, i valori dei più importanti dati morfometrici e idraulici tratti dal Data Base regionale SIBCA (ove esistenti) oppure da noi ricavati e utilizzati poi per il calcolo dei principali parametri idraulici (tempi di corrivazione, coefficienti di deflusso, pendenze del bacino e del corso d’acqua, densità di drenaggio, ecc.) e di conseguenza delle portate liquide e solide (Magnitudo).

La tavola T3 “Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti”, redatta in scala 1:10.000, ha lo scopo di inquadrare le problematiche geologiche presenti nei bacini in modo da individuare eventuali situazioni critiche lungo la rete idrografica legate al trasporto solido o a fenomeni di colata detritico-torrentizia o a possibile occlusione dell’alveo da parte di un movimento franoso.

Per la redazione della tavola T3 relativa a ciascun sottobacino (tavole dalla T3a alla T3n) sono stati analizzati i dati geologici contenuti nei database e negli archivi della Regione Lombardia, della Comunità Montana della Valle Sabbia e dei singoli Comuni.

Partendo da questi dati, attraverso rilievi specifici sul terreno, sono state osservate con maggior dettaglio quelle situazioni di dissesto particolarmente importanti e significative che direttamente o indirettamente interferiscono con il fondovalle e i corsi d’acqua in esame.

In particolare per i fenomeni di instabilità dei versanti, quali le aree di frana (attive, quiescenti e inattive) oltre che le aree soggette a crolli di massi e le aree a franosità superficiale attiva diffusa, sono stati utilizzati in prima battuta i dati vettoriali contenuti nell’Inventario dei Fenomeni Franosi (IFFI) della Regione Lombardia attraverso la consultazione del Sistema Informativo GEOIFFI disponibile in rete. Questa banca dati

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Per i dissesti invece connessi al trasporto in massa e flussi di detrito sui conoidi, per quelli morfologici di carattere torrentizio, per i fenomeni di esondazione e per le aree di frana localizzate, sono stati utilizzati i dati contenuti nel database della Comunità Montana della Valle Sabbia, a loro volta provenienti dagli shape-file della Regione Lombardia relativi al Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) per tutta la Comunità Montana.

Tutti questi tematismi infine sono stati verificati, modificati e aggiornati in base ai contenuti degli studi relativi alla componente geologica per i PGT (o PRG) di ciascun comune. Questi studi, essendo redatti a scala comunale e non regionale, contengono informazioni più dettagliate di carattere geologico, geomorfologico e idrogeologico e quindi riportano una delimitazione più precisa dei dissesti e delle problematiche idrogeologiche e idrauliche che interessano ciascun territorio comunale.

Da questi lavori ad esempio, oltre alle frane e ai conoidi, sono state prese e riportate sulla “Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti” le aree potenzialmente interessate dal distacco e dal rotolamento di blocchi provenienti da depositi superficiali, gli accumuli in alveo e lungo gli impluvi di materiale detritico mobilizzabile, le aree a pericolosità potenziale per instabilità superficiale in terreni o per fenomeni di distacco di blocchi dagli affioramenti rocciosi, le aree interessate da fenomeni di erosione spondale, le aree interessate da Deformazioni Gravitative Profonde di Versante, ecc.

Alle volte gli studi geologici per i PGT riportano i risultati di studi idrogeologici di dettaglio contenenti approfondimenti specifici su alcune aree o fenomeni franosi ritenuti di elevato rischio idrogeologico. Nel Comune di Anfo ad esempio è stata redatta la “Relazione geologica e idrologica per la perimetrazione PAI dei conoidi dei torrenti Re e Liperone - dott. G. Lorenzi, 2003”, nel comune di Idro è stato predisposto lo “Studio di approfondimento a cura di STUDIO T.I. per la zonazione di pericolosità delle conoidi sovrastanti Crone e Temprato (2003)”, lo “Studio di approfondimento per la zonazione di pericolosità delle conoidi di Vantone e di Vesta” a cura dei dott. Falasca e Sonda nel 2007, nel Comune di Salò è stata composta una “Tesi di Idraulica sul bacino della Madonna del Rio - Università di Trento - Ing. Alessandro Agocchini”, oltre che vari studi per la sistemazione della Madonna del Rio e zone limitrofe, e progetti per sistemazioni varie sul Barbarano e Madonna del Rio da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Servizi Integrati Infrastrutture e Trasporti Lombardia e Liguria, un progetto di sistemazione idraulica della Madonna del Rio tra via Zane e il ricovero e successiva estensione a monte.

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Quasi tutti gli studi geologici per i PGT della Val Sabbia fanno riferimento alla “Relazione illustrativa della Carta della pericolosità connessa a fenomeni di instabilità dei versanti e di esondazione” redatta dalla Dott. Ziliani L. (1989) per conto della Comunità Montana della Valsabbia nell’ambito del P.U.C. della valle Sabbia e alla cartografia in scala in scala 1:25.000 redatta (1988) a cura della Comunità Montana Valsabbia, sempre nell’ambito del P.U.C., contenente le seguenti tematiche: “Stabilità dei versanti”, “Ambiti morfo-paesistici”, “Idrografia e idrologia”, “risorse idriche e derivazioni autorizzate”, “situazioni di pericolosità”, “isoiete 24 h – precipitazioni medie annue – curve di ugual durata di neve al suolo”, “Vincolo idrogeologico” , “Carta del sistema vincoli vigenti”, “Reti tecnologiche”, “Salvaguardia idrogeologica” e “Ambiti di salvaguardia ambientale”.

Una volta terminato l’iter di approvazione questi studi della componente geologica per i PGT, che sono pubblicati nell’archivio documentale del Sito di Pianificazione Territoriale della Regione Lombardia, contengono la versione aggiornata delle aree di dissesto andando a modificare il Piano di Assetto Idrogeologico originario, e quindi costituiscono l’ultima documentazione ufficiale cui far riferimento.

A fine capitolo si riporta l’elenco dei lavori consultati.

La tavola T4 “Inquadramento opere esistenti e di progetto” rappresenta sulle ortofoto della Comunità Montana Valle Sabbia del 2006 in scala 1:10.000 il posizionamento delle opere di difesa idraulica esistenti (briglie, soglie, scogliere e argini), dei ponti e delle nuove proposte di intervento.

La tavola T5 “Dettaglio opere esistenti e di progetto” indica sul Data Base Topografico (DBT) della Comunità Montana di Valle Sabbia in scala variabile il dettaglio delle opere esistenti, dei ponti, delle nuove proposte progettuali, delle opere oggetto di ripristino con rappresentazione fotografica ed indicazione della priorità di intervento assegnata.

La tavola T6 “Individuazione delle proposte di manutenzione” individua sulle ortofoto (a scala variabile) i tratti di corsi d’acqua che necessitano di manutenzione.

Sulla tavola T7 “Sintesi degli interventi proposti”, realizzata in scala 1:25.000, sono indicati tutti gli interventi proposti: nuove opere, ripristini, manutenzioni, monitoraggi, specificandone la priorità. Sono inoltre riportate le risorse economiche necessarie sia per ogni singolo intervento che per l’intero bacino.

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ELENCO LAVORI DI AMBITO GEOLOGICO CONSULTATI LAVORI A CARATTERE GENERALE - BERRUTI G., (1998) - Levandosi i fiumi sopra le rive (per una mappa storica del rischio idrogeologico nel Bresciano) – Grafo edizioni – Brescia. - BONI A. & CASSINIS G. (1973) - Carta geologica delle Prealpi Bresciane a sud dell'Adamello (note illustrative della legenda stratigrafica). Atti Ist. Geol. Univ. Pavia. - BONI A. & PELOSO G. F. (1982) - Dati sulla neotettonica dei fogli 34 "Breno", 47 "Brescia", di parte dei fogli 35 "Riva" e 48 "Peschiera del Garda". In: C.N.R. - "Contributi conclusivi per la realizzazione della Carta neotettonica d'Italia", pubbl.506 P.F. Geodinamica. - ZILIANI L. (1989) - Carta della pericolosità connessa a fenomeni di instabilità dei versanti e di esondazione, Comunità Montana della Val Sabbia.

BACINO DEL FIUME CAFFARO - ALBERTELLI L. (2011) – Studio Geologico del Piano di Governo del Territorio – Comune di Breno. - ALBERTELLI L. (2013) – Studio Geologico a supporto del Piano di Governo del Territorio – Comune di Prestine.

- GIUBBINI P., DE PASCALIS A., (2011) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Comune di Bagolino. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Anfo.

BACINO DEL TORRENTE RE DI ANFO - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Studio Geologico Comunale - Comune di Lavenone.

- MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Anfo. - TAGLIAVINI S., (1988) - Studio geolitologico, geomorfologico e idrografico del bacino del T. Re di Anfo, – Comunità Montana di Valle Sabbia. - LORENZI G., (2003) - Relazione geologica e idrologica per la perimetrazione PAI dei conoidi dei torrenti Re e Liperone - Comune di Anfo.

BACINO DEL TORRENTE VANTONE - ALBERTI F., (2008) – Integrazione Studio Geologico di supporto alla pianificazione urbanistica (Piano di Governo del Territorio) – Comune di Idro. - FALASCA C., REBONATO A., (2007) – Piano di Governo del Territorio - Aggiornamenti degli studi geologici ai sensi della DGR N. 8/1566 - Analisi della sismicità del territorio e carta della pericolosità sismica locale – Comune di Idro.

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- FALASCA C., SONDA, (2007) - Studio per la zonazione di pericolosità delle conoidi di Vantone e di Vesta – Comune di Idro. - FALASCA C., REBONATO A., (2008) – Piano di Governo del Territorio - Aggiornamento della cartografia di sintesi e di fattibilità ai sensi della DGR N. 8/1566 – Comune di Idro. - FALASCA C., REBONATO A., (2008) – Piano di Governo del Territorio – Redazione della carta del dissesto e della carta dei vincoli ed aggiornamento della cartografia di sintesi e di fattibilità ai sensi della DGR N. 8/1566 – Comune di Idro. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Capovalle. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Studio Geologico Comunale - Comune di Treviso Bresciano. - STUDIO T.I., (2003) – Studio per la zonazione di pericolosità delle conoidi sovrastanti Crone e Temprato – Comune di Idro.

BACINO DEL TORRENTE ABIOCCOLO

- MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Studio Geologico Comunale - Comune di Lavenone. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Pertica Bassa.

BACINO DEL TORRENTE DEGNONE - BRESCIANI L. (1984) - Pioveva - storia vissuta degli ultimi giorni di Levrange. - FASSER G., (2009) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Comune di Vestone. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Pertica Bassa. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Pertica Alta. - ZILIANI L., CRESTANA G. (1990) - Studio geologico preliminare della frana di Avenone e di quella di Forno d’Ono, Comune di Pertica Bassa. - ZILIANI L., Faggiani D. (1995) - Lavori di sistemazione idraulica in località Avenone - Progetto esecutivo, Comune di Pertica Bassa. - ZILIANI L., Faggiani D. (1997) - Lavori di sistemazione e di completamento idraulico in località Avenone - Progetto definitivo-esecutivo, Comune di Pertica Bassa. - ZILIANI L. (2001) - Studio geologico della frana di Levrange: 1a fase: Relazione geologica preliminare, Comune di Pertica Bassa.

27 COMUNITÀ MONTANA DI VALLE SABBIA STUDIO A SCALA DI SOTTOBACINO IDROGRAFICO DEL FIUME CHIESE FINALIZZATO ALLA DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI SECOVAL S.R.L. PRIORITARI DI SISTEMAZIONE E DIFESA IDRAULICA

- ZILIANI L. (2002) - Studio geologico della frana di Levrange: 2a fase: Indagine geologica di dettaglio e relazione, Comune di Pertica Bassa. - ZILIANI L. (2004) - Studio geologico della frana di Levrange: 3a fase: Risultati dei monitoraggi inclinometrici, analisi della piovosità antecedente e susseguente all’evento franoso, considerazioni geotecniche sulle condizioni di stabilità attuali, Comune di Pertica Bassa.

BACINO DEL TORRENTE GORGONE - FASSER G., (2009) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Comune di Vestone. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Studio Geologico Comunale - Comune di Treviso Bresciano. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Provaglio Val Sabbia.

BACINO DEL TORRENTE NOZZA

- ALBINI S., (2013) – Studio geologico di dettaglio del versante in località Bersenico interessato da un movimento franoso e aggiornamento della Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio - D.G.R. n. IX/2616 del 30/11/2011- Comune di Bione. - BERRUTI G. (1988) - Il campanile impazzito di Alone. Atlante Bresciano n.16, Grafo ed. - FASSER G., (2009) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Comune di Vestone. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Casto. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Studio Geologico Comunale - Comune di Mura.

- MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Bione. - ZILIANI L., GASPARETTI D. (1998) - Studio geologico del territorio comunale per la Revisione del PRG, Comune di Casto. - ZUBANI M., (2012) – Redazione della componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio - Comune di Lodrino. - ZUBANI M., (2013) – Studio geologico del Piano di Governo del Territorio - Comune di Marmentino.

BACINO DEL TORRENTE VRENDA DI ODOLO - ALBINI S., (2013) – Studio geologico di dettaglio del versante in località Bersenico interessato da un movimento franoso e aggiornamento della Componente Geologica, Idrogeologica e

28 COMUNITÀ MONTANA DI VALLE SABBIA STUDIO A SCALA DI SOTTOBACINO IDROGRAFICO DEL FIUME CHIESE FINALIZZATO ALLA DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI SECOVAL S.R.L. PRIORITARI DI SISTEMAZIONE E DIFESA IDRAULICA

Sismica del Piano di Governo del Territorio - D.G.R. n. IX/2616 del 30/11/2011- Comune di Bione. - DONAERA G. (Studio Associato Ingegneria e Geologia) (2009) - Componente geologica, idrogeologica e sismica del Piano di Governo del Territorio - Comune di Agnosine. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Bione. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Odolo. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Vallio Terme. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Studio Geologico Comunale - Comune di Preseglie. - MARELLA M., CARRARO M., BELLINI F., (2012) – Studio di dettaglio ad integrazione della Componente Geologica, Idrogeologica, Idraulica e Sismica del Piano di Governo del Territorio - Comune di Vallio Terme. - ZILIANI L., QUASSOLI G., (2007) - Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Comune di Sabbio Chiese. - ZILIANI L., (2008) - Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Modifica norme geologiche di fattibilità a seguito del recepimento delle osservazioni – Comune di Sabbio Chiese. - ZILIANI L., QUASSOLI G., (2013) - Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – AGGIORNAMENTO 2013 – Comune di Agnosine.

BACINO DEL TORRENTE PREANE - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Gavardo. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Odolo. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Vallio Terme. - MARELLA M., CARRARO M., BELLINI F., (2012) – Studio di dettaglio ad integrazione della Componente Geologica, Idrogeologica, Idraulica e Sismica del Piano di Governo del Territorio - Comune di Vallio Terme. - ZILIANI L., QUASSOLI G. (2003) - Studio geologico del territorio comunale - Comune di Gavardo.

29 COMUNITÀ MONTANA DI VALLE SABBIA STUDIO A SCALA DI SOTTOBACINO IDROGRAFICO DEL FIUME CHIESE FINALIZZATO ALLA DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI SECOVAL S.R.L. PRIORITARI DI SISTEMAZIONE E DIFESA IDRAULICA

- ZILIANI L., QUASSOLI G. (2007) - Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio - Comune di Sabbio Chiese. - ZILIANI L., (2008) - Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Modifica norme geologiche di fattibilità a seguito del recepimento delle osservazioni – Comune di Sabbio Chiese.

BACINO DEL TORRENTE AGNA - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Vobarno. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Capovalle. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Studio Geologico Comunale - Comune di Treviso Bresciano. - MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Provaglio Val Sabbia. - ZILIANI L., QUASSOLI G. (2003) - Studio geologico del territorio comunale - Comune di Vobarno.

BACINO DEL TORRENTE VRENDA DI VALLIO

- MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Vallio Terme.

- MARELLA M., CARRARO M., (2010) – Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio – Aggiornamento dello Studio Geologico Comunale - Comune di Gavardo.

- MARELLA M., CARRARO M., BELLINI F., (2012) – Studio di dettaglio ad integrazione della Componente Geologica, Idrogeologica, Idraulica e Sismica del Piano di Governo del Territorio - Comune di Vallio Terme. - ZILIANI L., QUASSOLI G. (2003) - Studio geologico del territorio comunale - Comune di Gavardo.

BACINO DEL TORRENTE MADONNA DEL RIO - STUDIO DI GEOLOGIA APPLICATA CONTI M., CONTI A., (2007) – Aggiornamento della Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio secondo i criteri ed indirizzi dell’art. 57 della L.R. 11 marzo 2005 n. 12 - Comune di Roè Volciano. - STUDIO DI GEOLOGIA APPLICATA CONTI M., CONTI A., (2007) – Aggiornamento della Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio secondo i criteri ed indirizzi dell’art. 57 della L.R. 11 marzo 2005 n. 12 - Comune di Salò.

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- STUDIO DI GEOLOGIA APPLICATA CONTI M., CONTI A., (2009) – Aggiornamento della Componente Geologica, Idrogeologica e Sismica del Piano di Governo del Territorio secondo i criteri ed indirizzi dell’art. 57 della L.R. 11 marzo 2005 n. 12 – Carta del dissesto con legenda uniformata PAI - Comune di Salò.

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5. DESCRIZIONE DEI SINGOLI BACINI CON CENSIMENTO DELLE OPERE IDRAULICHE ESISTENTI E DEI PONTI E ILLUSTRAZIONE DEGLI INTERVENTI PROPOSTI, DELLE OPERE DI RIPRISTINO E DELLE MANUTENZIONI

5.1. BACINO FIUME CAFFARO

5.1.1. Inquadramento geologico e geomorfologico

Il Fiume Caffaro è il corso d’acqua più lungo tra tutti quelli esaminati; ha un andamento nord-sud fino all’abitato di Bagolino e successivamente devia verso est fino alla confluenza nel Fiume Chiese immediatamente a monte dell’immissione nel Lago d’Idro. Nasce lungo le pendici sud-occidentali della Cima di Blumone e quelle sud-orientali del Monte Listino, a sud del Passo del Termine, che segnano il confine con la Provincia di Trento. Il torrente scorre all’interno della valle omonima per 23,8 km fino al lago e riceve le acque di importanti torrenti posti in destra idrografica (Laione, Sanguinera e Vaia) e in sinistra idrografica (Riccomassimo). Il bacino è sviluppato come il corso d’acqua con andamento inizialmente nord-sud e successivamente ovest-est ed ha una superficie di circa 150 km2.

L'altezza massima del bacino è rappresentata dal Cornone di Blumone (q. 2820 m) da dove si origina il Torrente Laione, mentre la minima coincide con la confluenza nel Fiume Chiese (q. 374 m).

Il Fiume Caffaro rappresenta un corso d’acqua a carattere decisamente torrentizio con un elevato trasporto solido ed un tratto terminale del suo percorso (-Pian d’Oneda) in fase di deposito. Risulta dotato di un’elevata energia conferitagli dalle alte portate e dalla forte pendenza.

L’area del bacino idrografico attraversa tutta la successione permo-triassica poggiante su un basamento cristallino-metamorfico pre-ercinico. La base della serie comprende termini permiani tipicamente terrigeni e continentali (Formazione di Collio, Conglomerato del Dosso dei Galli, Verrucano Lombardo) ai quali a partire dall’inizio del triassico si sostituiscono depositi di transizione all’ingressione marina (Formazione del Servino e Formazione della Carniola di Bovegno). La serie prosegue con formazioni tipicamente marine carbonatiche sia di ambiente bacinale (Calcari di Angolo, Prezzo, Buchenstein, e formazione di Wengen) che di ambiente di piattaforma carbonatica (Calcare di Esino).

La particolarità di questo settore è data dal fatto che verso sud (quote minori) affiorano le unità più antiche, mentre spostandosi verso nord (quote più elevate) affiorano le unità più

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A nord della Linea della Val Trompia quindi sono presenti le rocce più antiche delle Alpi Meridionali costituite dal basamento metamorfico che affiora nell’area compresa tra l’abitato di Bagolino e il Passo del Maniva. Durante il Permiano si formò una vasta zona ad elevata subsidenza, denominata “Bacino di Collio”, separata da alti strutturali. Si trattò di un bacino continentale intramontano; tale area fu caratterizzata da un’intensa attività vulcanica effusiva sviluppatasi in ambiente sub-aereo e sub-lacustre e da un’imponente sedimentazione continentale, fluviale e lacustre. Il bacino venne colmato quindi da sedimenti alluvionali che vanno dalla conoide distale a depositi di piana sabbiosa e fangosa fino a depositi lacustri poco profondi, alternati a prodotti dell’attività vulcanica per lo più provenienti dal margine sud-orientale del bacino (Formazione di Collio, Conglomerato del Dosso dei Galli e Vulcaniti di Auccia affioranti in Valle di Vaia, Val Sanguinera e lungo entrambi i versanti destro e sinistro della Valle del Caffaro). Il Bacino del Collio fu ricoperto da una coltre continua di sedimenti fluviali sabbiosi e ghiaiosi (Verrucano Lombardo) di elevato spessore che segnarono la fine dell’attività vulcanica. All’ambiente fluviale venne poi lentamente a sostituirsi un ambiente lagunare e marino costiero di fondale basso, dove si depositarono quarzareniti, argilliti e marne dolomitico-siltose del Servino (presente sia a nord del bacino che nella zona di Bagolino). Una progressiva diminuzione degli apporti terrigeni ed un trend regressivo permise poi l’instaurarsi quasi ovunque di ambienti lagunari a sedimentazione carbonatico-pelitica (Carniola di Bovegno).

A partire dall’Anisico la sedimentazione diventò francamente marina carbonatica dando origine ad una estesissima, sia dal punto di vista temporale che spaziale, successione carbonatica che comprende tutte le formazioni a partire dal Calcare di Angolo fino al Calcare di Esino. Queste formazioni si rinvengono sia nella parte alta del bacino e fanno parte di tutta la successione sovrascorsa verso sud lungo la Linea della Val Trompia, sia a sud di Bagolino dove fanno parte della successione sulla quale è sovrascorso il settore nord. Questa seconda serie si trova con giacitura verticalizzata dovuta all’azione di compressione e di sovrascorrimento. Sopra i calcari iniziano le dolomie della Dolomia Principale e affiorano lungo un’estesa fascia di territorio disposta in senso EW a partire dal Passo delle Portole (a S del Dosso Alto) fino al Lago d’Idro costituendo il versante destro della valle della Berga e della Val Caffaro.

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Infine il margine settentrionale del bacino è chiuso da estesi fenomeni di intrusione connessi al magmatismo del massiccio dell’Adamello (tonaliti e granodioriti) che hanno tagliato la successione carbonatica triassica creando delle ampie fasce cataclasate, milonitizzate e metamorfosate (zona dei marmi nella valle di Cadino-Corna Bianca).

Tutto il bacino del Caffaro è caratterizzato da una forte energia di rilievo: ciò significa che sono diffusissimi i fenomeni di dissesto legati soprattutto alla gravità e all’azione delle acque incanalate. Sulla Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3a - Nord-Centro-Sud-Ovest e Est) sono rappresentate estese “aree soggette e/o potenzialmente soggette a crollo di massi (distacco e accumulo)” corrispondenti a settori diffusi in tutto il bacino caratterizzati da pareti, affioramenti e balze rocciose, nonchè tutte le estesissime e diffusissime “aree potenzialmente interessate da distacco e rotolamento di blocchi provenienti da depositi superficiali”, legate cioè alle falde di detrito attive presenti alla base degli affioramenti rocciosi, poste in genere a quote elevate. In particolare si segnala tutto il settore attorno al Cornone di Blumone e al Lago della Vacca, le aree situate a monte dell’abitato di Val Dorizzo, in vari punti lungo la strada che collega Val Dorizzo a Bagolino, a monte della Localita Colegna e Cerreto, lungo il versante destro sia della Valle della Berga che del Rio Levras, a monte dell’abitato di Ponte Caffaro e nel tratto di strada che collega Bagolino con la Localita S. Antonio.

Nella parte alta del bacino, che ricade sul territorio comunale di Breno, numerose ed estese sono le frane attive complesse, dove cioè i movimenti sono sia di crollo che di scivolamento e il materiale coinvolto è sia roccia, che detrito e terreni.

I dissesti presenti nel territorio di Bagolino sono numerosi ma di dimensioni tutto sommato poco rilevanti. Essi, nella maggior parte dei casi, appaiono difficilmente cartografabili alla scala 1:10.000 e interessano le coltri superficiali quaternarie moreniche o i depositi di versante (falde di detrito e depositi colluviali).

I fenomeni franosi di grandi dimensioni inattivi sono numerosi, mentre quelli attivi sono pochi. Quelli principali e che in qualche modo interferiscono con il Fiume Caffaro sono tre: 1. frana complessa attiva presente lungo il versante destro del Fiume Caffaro in loc. Secla Bella a NO di Bagolino, che arriva fino al corso d’acqua. Si tratta di un settore caratterizzato da grossi blocchi accumulati e concentrati in diverse zone su tutto il corpo frana, da una morfologia estremamente articolata con dossi e avvallamenti irregolari, da una trincea netta, profonda ed evidente sul lato di monte e destro della frana che segna la zona di distacco, e da affioramenti sparsi nella zona di nicchia, disarticolati e con giaciture anomale, connesse al rilascio del versante.

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Foto 1 – Vista dal versante opposto della frana complessa presente lungo il versante destro del Fiume Caffaro.

2. deformazione gravitativa profonda di versante (DGPV): si tratta di un’ampia area che interessa tutto il versante destro del Fiume Caffaro dal Passo del Maniva fino al fondovalle del Torrente Vaia. Può essere definita come “sackung”, ovvero come un “insaccamento” in profondità del versante, dovuto a deformazioni presumibilmente viscoso-plastiche. La DGPV è caratterizzata da alcune tipiche espressioni morfologiche, quali lo sdoppiamento della cresta presente lungo il crinale del Monte Maniva, trincee e scarpate, nonché rigonfiamenti e inarcamenti nella parte bassa del versante. Lungo la strada Bagolino – Passo del Maniva sono presenti rigonfiamenti del terreno e danneggiamenti al fondo stradale e ai muri di contenimento, numerose venute d’acqua con ruscellamenti diffusi; sono inoltre danneggiati alcuni edifici che presentano crepe.

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Foto 2 – Vista della Deformazione Gravitativa Profonda che coinvolge tutto il versante che da Bagolino sale al Passo Maniva.

3. frana complessa attiva sul versante sinistro del Fiume Caffaro in prossimità della confluenza del Torrente Riccomassimo: si tratta di una frana con crolli diffusi, rotolamento continuo di blocchi e colate di detrito in occasione di forti precipitazioni.

Per quest’ultima frana in corrispondenza del Torrente Riccomassimo, data la posizione inaccessibile, l’assenza nell’intorno del dissesto di abitati, case o strade, non si prevedono interventi di sistemazione. La frana interessa il versante sinistro in corrispondenza di una forra profonda circa 200 metri e distante quasi un chilometro sia rispetto alla piana di Ponte Caffaro a valle sia rispetto alle prime case di Bagolino a monte. Il materiale derivante dai crolli e dalle colate, che avvengono principalmente a seguito di eventi piovosi, in parte si arresta alla base del pendio e in parte si riversa nel Fiume Caffaro. L’accumulo di frana in alveo poi è trasportato dalle acque del torrente distribuendosi lungo l’alveo. Si segnala la presenza di una briglia poco a monte della Centrale Elettrica Edison di Ponte Caffaro che ha una funzione di trattenuta del materiale alluvionale.

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Foto 3 – Frana attiva di crollo e di scivolamento situata lungo il versante sinistro del Fiume Caffaro, poco a monte della confluenza del Torrente Riccomassimo.

Per quanto riguarda sia la frana complessa posta in sponda destra del Fiume Caffaro a monte di Bagolino (n.1) che la Deformazione Gravitativa Profonda di Versante tra Bagolino e il Passo Maniva (n.2), si tratta di movimenti profondi e con evoluzione molto lenta. Tali frane si manifestano spesso in superficie con dissesti localizzati e danni ad opere e manufatti (crepe nei muri di fabbricati, cedimenti stradali, venute d’acqua, ruscellamenti incontrollati, crolli localizzati, ecc.).

Per la Deformazione Gravitativa Profonda di Versante tra Bagolino e il Passo Maniva si ritiene opportuno prevedere uno studio geologico con rilievo geologico, geomeccanico e geomorfologico di dettaglio, localizzazione delle sorgenti, delle zone di scorrimento delle acque, delle trincee e delle scarpate, degli accumuli di materiale, dei crolli di blocchi e degli scivolamenti, censimento dei dissesti che coinvolgono gli edifici, i muri, la strada, ecc. a cui abbinare un monitoraggio topografico protratto nel tempo, per rilevare gli eventuali spostamenti nel tempo e l’entità degli stessi.

Numerose e variamente sparse sono le aree a franosità attiva diffusa sia lungo i versanti a causa principalmente delle acque di ruscellamento superficiale (Loc. Cerreto), sia per

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Diffusissime sono le colate, i cui percorsi seguono quasi tutti gli impluvi esistenti, che si attivano con trasporto di materiale solido misto ad acqua durante gli eventi piovosi intensi. Particolarmente evidenti sono le colate in corrispondenza di due vallette in sponda destra del Fiume Caffaro, tra la località Locanda Gaver, Malga Gaver e Silter del Gaver, che hanno originato due conoidi attivi molto importanti: il primo scarica materiale alluvionale nella piana arrivando sulla strada del Gaver e l’altro che arriva fino al fiume, causando alle volte l’ostruzione parziale del ponte della strada provinciale.

Da segnalare infine la presenza lungo tutto il tracciato del Fiume Caffaro di una fascia adiacente al corso d’acqua interessata da esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio coincidente con le zone di piana alluvionale; quelle che per prime verrebbero coinvolte da allagamenti in caso di piene o ostruzioni del deflusso delle acque sono indicate a pericolosità molto elevata, quelle più esterne invece sono classificate a pericolosità elevata. Tutta la Piana Doneda a Ponte Caffaro ricade in zona a pericolosità media o moderata. Sulla cartografia geologica a supporto del PGT di Bagolino sono state individuate tre situazioni principali a rischio idrogeologico e/o idraulico: - parte apicale del conoide del Rio Secco nella parte a nord dell’abitato di Bagolino; - confluenza tra il Fiume Caffaro e il Torrente Vaia; - piana alluvionale in corrispondenza dell’abitato di Val Dorizzo

Per quanto riguarda il Rio Secco il rischio si manifesta soprattutto all'apice del conoide ad una quota compresa tra 800 m e 750 m s.l.m. dove esiste la possibilità di un disalveo in sponda sinistra. Il bacino del Rio Secco, pur essendo di limitate dimensioni, è sorgente di abbondante detrito che si riversa in alveo a seguito di frane di crollo o di valanghe. L’elevata acclività unita alla presenza del detrito genera, in occasione di intense precipitazioni, trasporto solido almeno fino alla parte mediana del conoide.

Nella parte alta del conoide sono presenti due ponti per l’attraversamento del torrente da parte di due strade rurali la cui luce appare decisamente sottodimensionata rispetto alle portate di piena ed al trasporto solido del torrente. L’amministrazione comunale provvede periodicamente alla pulizia dell’alveo poiché, in corrispondenza dei due ponti si accumula oltre al materiale lapideo anche abbondante materiale vegetale.

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L’effetto “tappo” ed il conseguente disalveo in corrispondenza di questi manufatti sarebbe in grado di riattivare un paleo-alveo presente in sponda sinistra e sul quale sono presenti alcune abitazioni.

Per quanto riguarda il Torrente Vaia alla confluenza nel Fiume Caffaro (quota 729 m s.l.m.), a causa delle caratteristiche geologiche e geomorfologiche dell’esteso bacino a monte (rocce fratturate, intensa azione erosiva dei depositi lungo i versanti da parte delle acque, valanghe che trasportano materiale), durante i periodi di intense precipitazioni si verificano apporti liquidi e soprattutto solidi molto consistenti, provenienti anche dalla valle laterale Dasdana.

Nel tratto medio-basso della Valle di Vaia vennero realizzate briglie per la riduzione delle pendenze e per favorire il deposito del materiale, e scogliere a protezione delle sponde (Loc. Case Pescaioli). Alcune di queste opere sono state danneggiate in passato da eventi alluvionali. Le scogliere e soglie esistenti risultano insufficienti a consolidare la sponda sinistra interessata da accumuli di forma conica di materiale lapideo instabile, continuamente alimentato dal franamento della roccia che affiora lungo una valletta laterale. Il materiale franato alla base del pendio tende ad invadere l’alveo del Torrente Vaia; in caso di crolli ingenti il torrente potrebbe ostruirsi e potrebbe verificarsi un pericoloso effetto diga. In corrispondenza di questo tratto del Torrente Vaia sarebbero quindi necessari interventi di consolidamento e sistemazione sia della sponda sia dell’alveo.

Alla confluenza tra Torrente Vaia e il Caffaro l’accumulo in alveo di blocchi trasportati dalle acque è elevato e necessiterebbe di un intervento di svaso. Poiché il Torrente Vaia è un affluente destro del Caffaro, la confluenza determina uno spostamento del flusso del Caffaro verso la sponda sinistra (cioè verso la zona abitata e industriale) con conseguente erosione della sponda stessa. Recentemente è stata realizzata una scogliera di protezione.

Infine per quanto riguarda il Fiume Caffaro in corrispondenza dell’abitato di Val Dorizzo (1180 m s.l.m.) si sottolinea che in questo tratto di valle il fiume scorre in una zona pressoché pianeggiante, caratterizzata dalla presenza di paleoalvei, facilmente raggiungibile dalle acque di piena. L’alveo in questo tratto non è regimato e, dato l’andamento a meandri, tende a erodere la piana. La carta dei dissesti prodotta nel presente lavoro riporta infatti una fascia interessata da esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio ad elevata pericolosità, essendo soggetta alle forti azioni dinamiche da parte del Fiume Caffaro.

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5.1.2. Esito dei sopralluoghi

I sopralluoghi hanno avuto inizio a quota 1500 m, nella parte finale della piana del Gaver, in territorio camuno, per poi proseguire verso valle sino alla frazione Ponte Caffaro ove il Fiume Caffaro confluisce nel Chiese e nel Lago d’Idro.

La prima opera visionata è un ponte (foto 4) in legno con travi di acciaio, posto a quota 1483 m d'altitudine: ha una luce di 10 m ed un'altezza di 2,40 m. L'opera è in buono stato e a monte le spalle sono protette da scogliere in massi ciclopici: sulla sponda sinistra (foto 5) la scogliera si prolunga per 35 m, dove incomincia la roccia, mentre sulla sponda a destra (foto 6) è lunga 80 m, creando una zona di espansione e deposito laterale.

Foto 4 – Ponte 1 visto da valle. Foto 5 – Scogliera in massi ciclopici.

Procedendo un centinaio di metri verso monte, a quota 1515 m, si nota un notevole quantitativo di materiale di deposito che è stato trascinato dal torrente (foto 7).

Considerata la morfologia della zona a questa quota, si presta bene la proposta di realizzazione di una briglia selettiva in grado di trattenere ulteriore materiale grossolano evitandone il trasporto a valle che protrebbe creare danni al ponte e all’azienda agricola adiacente.

Più a valle si trova la centrale elettrica del Gaver (foto 8) a 1450 m; il torrente prosegue lungo tutta la piana del Gaver senza incontrare ostacoli tra le pinete e i prati erbosi, creando un paesaggio montano di pregevole valore ambientale (foto 9).

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Foto 6 – Scogliera in massi ciclopici. Foto 7 – Accumulo di materiale depositato.

Foto 8 – Centrale elettrica del Gaver. Foto 9 – Torrente Caffaro nella piana del Gaver.

Poco più in basso della piana del Gaver troviamo altri due ponti rispettivamente a quota 1315 e 1285 m che portano a delle abitazioni private poste sulla sponda sinistra del Caffaro. Il ponte 2 (foto 10) è realizzato in legno con trave portante in acciaio le spalle sono ben salde e realizzate in calcestruzzo e pietrame è lungo 11,70 m ed è alto 3 m. Il ponte 3 (foto 11) è lungo 10 m e profondo 3 m; l'opera è realizzata in legno lamellare con travi di sostegno in acciaio, le sponde sono realizzate in calcestruzzo e pietrame e sono allungate verso monte e verso valle per dar maggior solidità alla struttura.

Scendendo verso valle si giunge in Val Dorizzo ove esiste un punto critico in cui il torrente si incunea tra due speroni di roccia con sezione molto ristretta. In questo tratto, a quota 1195 m, è collocato il ponte 4 (foto 12): il ponte è lungo circa 6 m ma nel punto più stretto arriva a 4 m, mentre l'altezza e 5 m.

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Foto 10 – Ponte 2. Foto 11 – Ponte 3.

Considerata la ridotta sezione del ponte in caso di piena sono a rischio le abitazioni situate in sponda destra poste a valle. A quota 1186, è collocato il ponte 5 (foto 13). Esso è lungo 11 m ed alto 5 m, ed è realizzato con impalcato in cls e spalle con calcestruzzo e pietrame.

A quota 770 m, si è giunti nella zona ove il torrente Vaia si immette nel Caffaro in destra idrografica. Tale immissione comporta un considerevole aumento di portata del ricettore.

Foto 12 – Ponte 4. Foto 13 – Ponte 5.

Poco più a valle della confluenza del Fiume Caffaro con il Torrente Vaia, a quota 755 m è presente il ponte 6 (foto14); il ponte è realizzato in calcestruzzo con due campate da 20 m ciascuna sorretta da una pila centrale di altezza pari a circa 4,3 m.

L'alveo del torrente in questo tratto si presenta sovralluvionato con formazione di un isolotto e presenza di vegetazione infestante. La sponda destra è protetta a monte da una scogliera in massi mentre a valle è presente una soglia (foto 15) con un salto di circa 1,5 m.

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Foto 14 – Ponte 6. Foto 15 – Soglia 1.

A quota 744 è collocato il ponte 7 (foto 16): è un manufatto in calcestruzzo a tre campate con un campata centrale più lunga di circa 14 m e sorretta da due pile di cemento larghe 1 m; per una lunghezza complessiva di circa 28 m. Il ponte è alto 4 m, non vi sono opere di difesa spondale e non presenta problemi a livello strutturale.

Procedendo verso valle si giunge in località Pineta del comune di Bagolino ove è collocato il centro sportivo e la sede dello stabilimento dell’acqua Maniva collocato sulla sinistra del torrente. Considerata la situazione della sponda sinistra in condizione di degrado con possibilità di esondazione si reputa necessario proporre la realizzazione di una scogliera in massi ciclopici a protezione della zona (foto 17).

Foto 16 – Ponte 7. Foto 17 – Sponda da sistemare.

A quota 722 m si trova il ponte 8 (ponte Selva) (foto 18): è realizzato con una struttura in ferro ha un larghezza di 26 m e un'altezza di 6 m; le sue sponde sono protette con argini di calcestruzzo.

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A valle del ponte 8, al fine di diminuire la pendenza del tratto d'alveo, è stata realizzata una serie di briglie e soglie in calcestruzzo e pietrame e con massi legati con funi d'acciaio (foto 19).

La sponda destra è difesa tramite un muro d'argine in calcestruzzo (con un altezza media di 4-5 m) e dei massi ciclopici legati con corde d'acciaio per una lunghezza complessiva di 200-300 m e la sponda sinistra con scogliera. Tra le due sponde è collocata una briglia a scivolo con controbriglia (foto 20).

Foto 18 – Ponte 8 (Loc. Selva). Foto 19 – Briglia 1 e massi legati con funi di acciaio.

Foto 20 - Argine destro e sinistro con briglia 2 Foto 21 - Serie di soglie realizzate in legname. a scivolo e controbriglia.

Verso valle, a quota 670 m, troviamo una serie di soglie in legname (foto 21). A valle di queste opere è collocato il ponte 9 (foto 22), più comunemente conosciuto con il nome di ponte di Romanterra; è il ponte più antico di Bagolino costruito ancora in epoca romana; pur essendo stato risistemato ha mantenuto il suo caratteristico arco a tutto sesto. Il ponte non presenta problemi, è costruito su due speroni di roccia ed è alto circa 10 m rispetto al fondo. Questo sito è molto importante dal punto di vista geologico per la presenza del “Chiodo d'oro

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A quota 600 m il Fiume Caffaro passa sotto il viadotto della strada provinciale (foto 23).

Da questo tratto in poi il Fiume Caffaro si distacca dal paese e scorre all'interno della valle senza problemi per le abitazioni fino all'abitato di Ponte Caffaro.

In prossimità della centrale del Caffaro è collocata una briglia di salto realizzata per potere derivare l’acqua necessaria al raffreddamento dei macchinari in centrale ora non più utilizzata. Assolve comunque la funzione di ridurre la velocità dell’acqua.

Foto 22 – Ponte 9 denominato di Romanterra. Foto 23 – Viadotto della strada provinciale sul Fiume Caffaro.

All’uscita dalla forra, dopo la centrale, è presente il ponte 10 (foto 24) che segna il confine tra la Lombardia e Trentino, tra provincia di Brescia e provincia autonoma di Trento; è costituito da un impalcato in acciaio lungo 28 m ed ha un'altezza in centro pari a 3,5 m; le sponde sono arginate con muri in calcestruzzo e pietrame con un'altezza media di 4 m.

Dal ponte sopra citato sino all’immissione nel Chiese a quota 389 il fiume risulta completamente canalizzato con sponde in pietrame e cls. con presenza di passerelle ciclopedonali (foto 25).

Si è proceduto anche ad esaminare l’alveo terminale dl fiume Chiese riscontrando la necessità di proporre la sistemazione di un tratto finale della sponda destra (Foto 26) per una lunghezza di circa 500 m in quanto sussiste la possibilità di esondazione dovuta sia alla portata del fiume che all’innalzamento della quota del lago con conseguente rigurgito.

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Foto 24 – Ponte 10 denominato Ponte Caffaro. Foto 25 – Ponte 11 ciclopedonale verso la Confluenza nel Fiume Chiese.

Foto 26 – Sponda da sistemare con scogliere Sul Fiume Chiese.

5.1.3. Proposte di intervento nuove opere

Il sopralluogo come già descritto precedentemente ha evidenziato la necessità di realizzare alcune nuove opere di difesa sia trasversale che longitudinale, individuate singolarmente nelle Tavv. 4 e 5 e sintetizzate nelle specifiche schede che vengono così riassunte:

- realizzazione di una briglia selettiva nella forra rocciosa in località Gaver (foto 7) in grado di trattenere materiale solido: cod CAF-BRI-P1

- realizzazione di scogliere e gabbioni sul torrente Vaia: cod. VAI-SCO-GAB-P4

- realizzazione di scogliera in zona pineta: cod.CAF-SCO- P3

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- realizzazione di soglia e scogliera: cod. CAF-SGL-P2

- realizzazione di difesa spondale in scogliera e rilevato in sponda destra per una lunghezza di circa 500 m del Fiume Chiese in prossimità della confluenza con il Fiume Caffaro: cod. CHI-SCO-P5.

5.1.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti

Per quanto attiene alle opere di ripristino è da evidenziare:

- sistemazione e sovralzo dell’argine destro del torrente Laione, oltre al rifacimento del ponticello insufficiente a contenere la portata anche cinquantennale (Q50) del torrente: cod. LAI-MUR1-R.

5.1.5. Proposte di intervento di manutenzione

Per le manutenzioni sono state individuate due zone evidenziate in planimetria specifica: cod. CAF-MAN1; CAF-MAN2.

Trattasi di sfalcio, taglio piante e svasi. In particolare è necessario lo svaso alla confluenza del torrente Vaia nel Caffaro. Si dovrebbe creare una sacca in grado di contenere il materiale proveniente dal trasporto solido del torrente Vaia ed evitare così pericolosi sovralluvionamenti che potrebbero provocare l’esondazione del Fiume Caffaro verso l’abitato adiacente.

5.1.6. Censimento ponti

Il sopralluogo ha permesso di identificare sull’intera asta del Fiume Caffaro e dei due affluenti Laione e Vaia 14 ponti di cui 12 sul Caffaro ed 1 sia sul Laione che sul Vaia (vedi foto precedenti).

Sono stati codificati con la sigla:CAF-PONT1-2-3-……12 ; LAI-PONT1; VAI-PONT1.

Per i dettagli si rimanda alle schede specifiche.

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5.1.7. Studio e monitoraggio della Deformazione Gravitativa Profonda di Versante Bagolino-Maniva

Nel bacino del Fiume Caffaro si propone lo studio geologico ed il monitoraggio topografico della Deformazione Gravitativa Profonda di Versante tra Bagolino e il Passo Maniva (CAF-MON1) così previsto:

− studio geologico di dettaglio con rilievo geologico, geomeccanico, geomorfologico (con individuazione di trincee e scarpate, fenditure e crepe nel terreno, avvallamenti o rigonfiamenti, fratture di tensione o rilascio, accumuli di materiale, crolli di blocchi, scivolamenti, ecc.), idrologico e idrogeologico (con localizzazione di sorgenti, zone di assorbimento delle acque, zone di scorrimento delle acque, ecc.). Saranno inoltre censiti i dissesti che coinvolgono edifici, manufatti, muri, strade, ecc.. Si prevede la redazione di relazione geologica illustrativa dello studio, di relazioni annuali di monitoraggio e di relazione finale di monitoraggio con eventuali proposte di approfondimento tramite indagini geognostiche dirette e/o indirette.

− monitoraggio topografico per verificare nel tempo le condizioni di stabilità del versante nel suo complesso e individuare eventuali aree in movimento. Si propone di effettuare misure semestrali per almeno 5 anni.

Si prevede un importo complessivo pari a 87.000,00 €.

5.1.8. Intervento di paravalanghe in Val Dorizzo

A completamento dello studio del bacino del Fiume Caffaro, pur se non riguarda strettamente la difesa del suolo, si è voluto inserire anche la problematica relativa a fenomeni valanghivi che negli ultimi anni si verificano frequentemente in località Valle Dorizzo. Sono già stati effettuati studi particolari e già realizzate opere di difesa passiva quale una galleria artificiale sulla strada provinciale sp.669

Tuttavia tale intervento non risulta sufficiente alla risoluzione della problematica in quanto copre soltanto un tratto interessato dalla frequente caduta di valanghe.

Necessita oltremodo intervenire mediante ulteriori opere attive, i cosiddetti fermaneve nella zona del sito valanghivo denominato “Canal Rotto” nella medesima località.

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A tal fine si richiama lo studio già effettuato da parte della Provincia di Brescia che individua sia tecnicamente che economicamente le opere necessarie alla difesa dalla caduta di valanghe.

L’intervento prevede l’installazione in zona di cresta dei versanti di deflettori da vento di tipo “vire vent”, dei più moderni e funzionali, per evitare accumuli nevosi, la posa di reti paravalanghe disposte in file continue distribuite in corrispondenza dei due principali bacini imbutiformi, in destra e sinistra idrografica, per un importo complessivo pari ad € 1.500.000,00.

L’intervento si ritiene necessario sia per la difesa del transito che della pubblica incolumità, oltre che per garantire il pieno svolgimento dell’attività sciistica che costituisce importante volano economico della zona.

Per i dettagli si rimanda allo studio predisposto dalla provincia di Brescia.

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5.2. BACINO TORRENTE RE DI ANFO

5.2.1. Inquadramento geologico e geomorfologico

Il bacino idrografico del Torrente Re di Anfo ha una superficie di circa 9 km2 e un andamento ONO-ESE; è compreso tra Cima Meghè (quota 1803 m s.l.m.) a ovest e il lago d’Idro a est. Esso termina in corrispondenza dell’apice (q. 371 m s.l.m.) del conoide alluvionale sul quale si è sviluppato l’abitato di Anfo. Il conoide si è formato per il deposito del materiale trasportato dal corso d’acqua per effetto della diminuzione di pendenza in corrispondenza dello sbocco a lago.

Il corso d’acqua principale è alimentato da numerosi impluvi laterali, sia in destra che sinistra idrografica. Nasce dal versante settentrionale del Monte Porle e in località Tese di Sopra a q. 725 m s.l.m. confluiscono i due rami laterali più importanti (uno senza nome e il Torrente Scornabò) che scendono dalle pareti rocciose di Cima Meghè.

Nella parte alta del bacino, fino a quota circa 900 m s.l.m., l’alveo è impostato in roccia, con una pendenza media del 30%. La testata del bacino è caratterizzata da pareti rocciose subverticali dolomitiche appartenenti alla formazione rocciosa della Dolomia Principale (sia del membro inferiore fine nerastro che di quello superiore brecciato) e i versanti sottostanti hanno una pendenza media di 30°-40°. In questo tratto l’alveo è in forte erosione.

Il bacino del Torrente Re dalla zona della testata fino alla briglia di trattenuta posta circa a quota 550 m s.l.m. presenta un elevatissimo trasporto solido. L’apporto del materiale è dovuto alla vastissima zona di frana (frana complessa) presente alla testata del corso d’acqua, a NO del Monte Porle (indicata come frana attiva nella Tav. 3 Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti). Si tratta di un settore dove l’ammasso roccioso è completamente fratturato e disarticolato, con blocchi isolati e instabili e quindi caratterizzato da continui crolli (foto 1) che, abbinati all’erosione ad opera delle acque piovane e di scorrimento, generano enormi quantità di detrito. Questo materiale di pezzatura mediamente da centimetrica a decimetrica fino a metrica (1-2 m3) si accumula in alveo (foto 2) e viene periodicamente preso in carico dalle acque del torrente e trasportato a valle (debris-flow).

Il fenomeno di rilascio dell’ammasso roccioso è inarrestabile e si somma all’azione delle acque di ruscellamento superficiale che penetrano nelle fratture e causano la spaccatura degli elementi rocciosi. In inverno è prevalente l’azione del ghiaccio dato che la zona è spesso in ombra essendo esposta a est.

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Foto 1 – Zona della nicchia di frana attiva alla testata del Re di Anfo dalla quale avvengono continuamente crolli e colate di materiale.

Foto 2 – Materiale detritico in enorme quantità accumulato nell’alveo del Torrente Re di Anfo proveniente dalla frana alla testata del corso d’acqua e dall’erosione delle sponde.

La testata in frana, essendo formata da roccia molto fratturata e a stratificazione sottile si presenta con guglie, pinnacoli e spuntoni di roccia separati, isolati e in equilibrio instabile. A causa del continuo franamento di materiale, il ciglio di frana è in arretramento. Questo fenomeno potrà determinare in un prossimo futuro la cattura del Torrente San Zeno (che ora scorre separato, nella piana esistente a tergo dell’orlo di frana e scende a sud del Monte

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Porle, confluendo in un altro bacino idrografico) e quindi determinare la sua confluenza nelle acque del Re di Anfo.

Cautelativamente la delimitazione del bacino idrografico riportata sulle tavole ha ricompreso anche il bacino del Torrente San Zeno anche se il fenomeno di “cattura” non si è ancora verificato.

Oltre ai crolli dalla testata della valle si aggiunge, soprattutto nel tratto centrale del corso d’acqua tra quota 900 e 750 m s.l.m., l’intensissimo fenomeno dovuto al franamento del materiale detritico che forma le sponde, a causa dello scalzamento al piede ad opera dell’alveo che incide il fondo. L’erosione delle sponde è incrementata anche dalle acque di ruscellamento superficiale; infatti per tutta la lunghezza del corso d’acqua fino alla grossa briglia di trattenuta di q. 550 m tutta la superficie di entrambe le sponde è in erosione attiva, costante e continua, alimentata sia dal substrato litoide disgregato, sia dal detrito sciolto. Tutto questo materiale ovviamente si riversa in alveo dove si ha sia l’accumulo sia il trasporto solido durante gli eventi di piena.

Nella parte centrale e terminale del Re di Anfo, da quota 750 m s.l.m. fino alla grossa briglia posta circa a quota 550 m s.l.m. (realizzata tra gli anni ’60 e ’70), il torrente è caratterizzato da un alveo ampio e pendenze basse (10-20%) ed è in evidente fase di accumulo. Nella Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3) quest’area è stata cartografata utilizzando la voce “Accumulo in alveo e lungo gli impluvi di materiale detritico mobilizzabile”. La presenza della briglia favorisce l’accumulo di tutto il materiale a tergo creando una sorta di cassa di espansione.

La volumetria del materiale accumulato nel tratto fra la loc. Tese di Sopra e loc. Follo, quindi in un tratto molto breve rispetto all’intero sviluppo dell’asta torrentizia, è stimata variabile da 40.000 a circa 90.000 m3. Si vuole segnalare comunque che, tenuto conto della presenza della frana alla testata del bacino e delle complesse condizioni dello stesso (connesse ad esempio alla potenziale cattura del Torrente S.Zeno), i valori di Magnitudo riportati nella Tabella B – Dati morfometrici e idraulici derivanti dal database SIBCA regionale, potrebbero essere sottostimati.

Questi dissesti sono segnalati fin dagli anni ’40-’50 e si sono ripetuti in continuazione (1970-1972-1975-1980-1986-1987); essi hanno portato alla realizzazione delle briglie oggi esistenti lungo il corso d’acqua e alle numerose richieste di intervento del Comune di Anfo all’ex Genio Civile di Brescia e alla Regione Lombardia.

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L’ingente quantità di materiale trasportato e depositato dal torrente determinò la formazione del conoide alluvionale presente alla foce del corso d’acqua nel Lago d’Idro, sul quale sorge ora una parte dell’abitato di Anfo. Nel 2003 venne redatto uno studio di dettaglio (G. Lorenzi, 2003) per la perimetrazione delle aree a diverso grado di pericolosità del conoide per il Piano di Assetto Idrogeologico. Attraverso questo studio, a seguito di analisi idrologica, pluviometrica, e morfometrica del bacino, con calcolo delle portate di massima piena, di portata solida e relative verifiche idrauliche, sono state delimitate le porzioni attive del conoide (adiacenti all’asta del torrente), quelle quiescenti (presenti in sponda destra e sinistra verso la foce) e quelle inattive (parte restante di tutto il conoide), oggi vigenti.

Altri fenomeni riconosciuti nel bacino e riportati nella Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3b) sono le estese “aree soggette e/o potenzialmente soggette a crollo di massi (distacco e accumulo)”, corrispondenti a porzioni di versante con pareti rocciose o balze in roccia. Queste sono presenti oltre che in corrispondenza di Cima Meghè, Monte Porle, Passo di Cocca Bassa e lungo i versanti destro e sinistro del Re di Anfo, anche lungo la strada che sale al Rifugio Baremone nella valle Fontana Fredda. I versanti presentano una pendenza generalmente maggiore del 50% e sono spesso solcati da vallecole profondamente incise interessate da fenomeni erosivi attivi soprattutto nella parte alta. La disgregazione delle cime e delle pareti rocciose produce accumuli di detrito spigoloso in forma di coni e di falde

5.2.2. Esito dei sopralluoghi

Nel primo tratto ispezionato, compreso tra gli 800 e i 700 m di quota, si nota come l'alveo del torrente sia molto degradato con notevoli erosioni e depositi di materiale provenienti dal continuo disgregarsi del versante in frana (foto 3).

La situazione dell’asta torrentizia in questo tratto porta a riconoscere che tra tutti i bacini esaminati, quello del Re di Anfo risulta il più pericoloso e conseguentemente necessita di una maggiore attenzione e di un più rilevante impegno economico sia per la salvaguardia idrogeologica che per la conseguente protezione dell’abitato e delle strutture poste a valle.

A quota 770 mt è stata individuata la prima briglia (foto 4) avente le seguenti dimensioni: altezza in gavetta 6 m e lunghezza 13 m. E’ costituita da una struttura in pietrame debolmente annegato in calcestruzzo; l'opera al periodo del sopralluogo si presentava in uno stato di degrado elevato. Successivamente (novembre-dicembre 2014) è stata consolidata conferendole efficacia ed efficienza (foto 5).

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Foto 3 - Situazione dell’alveo del torrente Re Foto 4 - Briglia 1 esistente in stato di degrado di Anfo a quota 800 m s.l.m. al periodo del sopralluogo.

Dopo questo tratto in forte degrado ed erosione (foto 6, 7, 8) la pendenza dell’alveo si riduce notevolmente con presenza di un tratto di difesa spondale mediante scogliera per una lunghezza di circa 45 m (foto 9).

Foto 5 - Briglia della fotografia 4 consolidata Foto 6 - Tratto d’alveo in dissesto dove è (nov-dic. 2014). prevista la nuova briglia 2.

Foto 7 - Tratto d’alveo in dissesto dove è Foto 8 – Tratto d’alveo in dissesto dove è prevista la nuova briglia 3. prevista la nuova briglia 4.

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Oltre la difesa spondale verso valle, ad una trentina di metri di distanza, si trova una soglia di altezza pari a 1 m (foto 10); a 125 m di distanza da questa soglia, a quota 680 m, troviamo la seconda briglia esistente (foto 11). Essa è alta 4 m e lunga 30 m; si presenta in buono stato di conservazione e non presenta problemi di integrità strutturale; inoltre, la sponda sinistra è stata protetta con un muro d'argine di 5 m d'altezza, realizzato in pietrame, che si prolunga per 90 m sino ad incontrare la terza briglia esistente (foto 12). Anche questa è stata realizzata in calcestruzzo e pietrame e si presenta in buone condizioni; ha un'altezza pari a 5 m e una lunghezza di 21 m (quota 660 m).

Foto 9 – Scogliera in massi. Foto 10 – Soglia di fondo.

Foto 11 – Briglia esistente 2. Foto 12 – Briglia esistente 3.

Più a valle a quota 600 l'alveo si allarga e forma una notevole ed efficace zona di deposito (foto 13) caratterizzata dalla presenza di la briglia 4 a fessura (foto 14) realizzata in calcestruzzo, alta 3,5 m lunga 35 m e con una fessura larga 2 m.

A valle della succitata briglia a fessura, è collocata una briglia 5 di trattenuta lunga 45 m e alta 10 (foto 15).

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Entrambe le opere dal punto di vista strutturale sono in buone condizioni.

In questo tratto l’alveo necessita di manutenzione mediante la rimozione della notevole quantità di materiale depositato.

Scendendo a quota 580 si trova un'altra briglia di trattenuta 6 (foto 16) che consente la formazione di un ulteriore spazio di deposito. L'opera è larga circa 60 m e ha un'altezza pari a 10 m; l'opera si presenta in buone condizione di integrità e di efficienza.

Trattasi praticamente della più importante opera di presidio la cui funzione risulta di notevole efficacia considerata la quantità di materiale in grado di essere trattenuto e la possibilità di procedere a periodici svasi onde evitare il trasporto del materiale verso l’abitato sottostante.

Foto 13 – Ampia zona di deposito materiale. Foto 14 – Briglia 4 a fessura.

Foto 15 – Briglia di trattenuta 5. Foto 16 – Briglia di trattenuta 6.

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Superata questa zona il Torrente Re si incunea dentro una forra per poi uscire in prossimità del paese. In questo punto, a quota 450 m, è situata una soglia con salto di circa 1,5 m che si presenta scalzata al piede e che deve essere conseguentemente sottomurata (foto 17). Dopo questa ultima opera idraulica il torrente incomincia a scorrere sul conoide attraversando il centro abitato: tutto questo tratto, fino allo sbocco nel lago, è stato arginato e canalizzato (foto 18, 19, 20, 21). In questo tratto sono presenti alcuni ponti di cui 3 nel centro abitato ed altri 2 (passerelle pedonali) verso la foce.

Foto 17 – Soglia di fondo nella forra. Foto 18 – Tratto di alveo canalizzato e arginato, e ponte 1.

Foto 19 – Ponte stradale 2. Foto 20 – Ponte stradale 3.

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Foto 21 – Passerelle pedonali. Foto 22 – Muro parzialmente crollato in corrispondenza della nicchia di frana del Torrente Re di Anfo, che lo separa dal Torrente San Zeno.

A seguito del sopralluogo nella zona sommitale della nicchia di frana, a quota 1300 m circa, si è riscontrato il crollo di un tratto di muro posto a difesa del torrente S. Zeno (foto 22) che scorre in adiacenza al ciglio della frana (REA-MUR1).

Questo costituisce una situazione di pericolo dovuto alla possibilità che il torrente si riversi nel bacino del Torrente Re di Anfo, aggravando il fenomeno franoso e con conseguenze gravi per il bacino in esame. Infatti oltre all’incremento di portata liquida, aumenterebbe notevolmente la capacità erosiva dei versanti versante con conseguente ulteriore aumento del trasporto solido verso valle.

Viene perciò proposto il ripristino del tratto di difesa in muratura in modo da evitare la cattura del Torrente S. Zeno da parte del Torrente Re di Anfo; inoltre si propone la regolarizzazione dell’alveo del Torrente S. Zeno.

5.2.3. Proposte di intervento nuove opere

La condizione dell’alveo, soprattutto nella zona alta del bacino, comporta gioco forza la realizzazione di opere trasversali in grado di ridurre la forte pendenza del torrente, causa principale dei fenomeni erosivi e, conseguentemente, di contribuire alla stabilità dei versanti. Oltre alle opere trasversali sarà attuata una serie di opere longitudinali che avranno il compito di evitare divagazioni pericolose del torrente.

Come già indicato nel precedente paragrafo si propongono le seguenti opere:

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- briglia a monte dell’esistente degradata a quota di circa 800 m: REA-BRI-P1

- tre briglie a valle della precedente, così collocate: la prima a quota 755 m, innestata su di un masso ciclopico (foto 6), la seconda a quota 740 m (foto 7), mentre la terza dovrebbe sorgere a quota 725 m sui resti di una precedente briglia poi distrutta dalla forza del torrente (foto 8): REA-BRI-P2 REA-BRI P3, REA-BRI P4 (v. schede).

5.2.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti

Oltre alle nuove opere proposte si ritengono indispensabili alcuni interventi di ripristino quali:

- ripristino del muro a quota 1.300 m e sistemazione dell’alveo del torrente S. Zeno così codificato REA-MUR1-R

- consolidamento scogliera REA-SCO1-R

- consolidamento soglia REA-SGL2-R.

5.2.5. Proposte di intervento di manutenzione

Esse possono essere rappresentate da sfalci e taglio piante, ma soprattutto è necessario lo svaso nelle due zone ove sono collocate due importanti opere di presidio (briglie) in grado di trattenere una grande quantità di materiale che potrebbe essere pericolosamente trasportato a valle verso l’abitato.

Tali manutenzioni sono codificate in REA-MAN1; REA-MAN2; REA-MAN3 (v. schede).

5.2.6. Censimento ponti

Lungo il percorso del Torrente Re di Anfo come sopra descritto sono stati esaminati 3 ponti all’interno del centro abitato e due passerelle pedonali.

I manufatti esaminati vengono così codificati:

REA-PONT1, REA-PONT2, REA-PONT3, REA-PONT4, REA-PONT5.

La tipologia ed il grado di efficienza strutturale ed idraulica sono definite nelle schede allegate.

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5.3. BACINO TORRENTE ABBIOCCOLO

5.3.1. Inquadramento geologico e geomorfologico

Il Torrente Abbioccolo si origina a q. 815 m s.l.m. dalla confluenza tra la Valle di Paio e la Valle della Spina. La Valle di Paio scende dalle pendici sudorientali dei Monti di Paio (q. 1733 m s.l.m.) e da quelle orientali della Corna Blacca (q. 2004 m s.l.m.) che rappresenta anche la quota massima del bacino idrografico, mentre la Valle della Spina si origina dalle pendici occidentali e sud-occidentali di Cima Baremone (q. 1770 m s.l.m.).

Il tratto superiore del corso d'acqua, fino a q.550 m s.l.m. circa, ha un andamento N-S; in questo tratto il torrente scorre per diversi chilometri all’interno di una valle con cascine ed edifici sparsi. Il tratto inferiore ha un andamento NO-SE fino alla confluenza in sponda destra nel F. Chiese (q. 341 m s.l.m.) poco a sud dell'abitato di Lavenone.

Il bacino idrografico rispecchia l'andamento del torrente e ha una superficie di circa 30 km2 che ricade quasi interamente nel Comune di Lavenone; solo una piccola parte che comprende la striscia occidentale a quote elevate del bacino, ricade nel Comune di Pertica Bassa. La lunghezza dell'asta principale è pari a 7,14 km e la sua pendenza media è del 7%.

Il bacino idrografico è impostato quasi interamente in rocce dolomitiche e calcareo dolomitiche caratterizzate da una stratificazione massiccia o in grossi banchi (Dolomia Principale) che occupa il settore centro-settentrionale e centro-orientale del bacino. Nella parte centro-occidentale del bacino sono presenti formazioni calcaree, calcareo-dolomitiche e calcareo-marnose con intercalazioni di argilliti e arenarie (dal Calcare di Angolo al Metallifero Bergamasco). Nella zona montuosa intorno all'abitato di Lavenone invece sono presenti le Arenarie di Val Sabbia

Dal punto di vista strutturale è da segnalare la presenza lungo la valle del torrente Abbioccolo di un esteso lineamento tettonico (denominato Abbioccolo – Monte Castello). Sul versante est della valle del T. Abbioccolo si notano una serie di strutture che dislocano la serie triassica associate allo scollamento della Dolomia Principale sino alla formazione di sovrascorrimenti, in direzione NO-SE e NE-SO. In località “Presegno” e “I Vaghi” si riscontrano invece numerose pieghe che interessano formazioni più plastiche tipo la formazione di Wengen e Calcare di Buchenstein. In corrispondenza quindi delle zone sottoposte ad inarcamento o a forte compressione e in prossimità di lineamenti tettonici particolarmente significativi, si assiste alla formazione di ampie fasce cataclasate che talora giungono alla milonisi.

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Le zone di affioramento dei litotipi calcareo-dolomitici danno origine ad un paesaggio aspro, con versanti molto acclivi caratterizzati da pareti rocciose, guglie, pinnacoli e balze in roccia. La disgregazione delle cime e delle pareti rocciose produce ampi accumuli di detrito alla base, in forma di coni e di falde.

Sulla Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3c) quindi sono presenti quasi esclusivamente estesissime “aree soggette e/o potenzialmente soggette a crollo di massi (distacco e accumulo)”, corrispondenti alle porzioni di versanti con pareti rocciose o balze in roccia e le zone di accumulo. Sono indicati anche due ampi settori in destra idrografica di frane inattive e alcune piccole sparse frane di scivolamento quiescenti.

Le frane di crollo hanno interessato in passato anche le strade e alcuni edifici dell'abitato di Lavenone per caduta massi dal Monte Pizzicone. Successivamente vennero eseguiti lavori di bonifica con posa di barriera paramassi per il riparo delle strade comunali via Claone, via Ponerolo e centro storico di Lavenone.

Franosità diffuse attive sono segnalate a monte delle località Presegno e Bisenzio, senza coinvolgimento diretto degli abitati e lungo la strada comunale Lavenone-Presegno-Bisenzio.

Per quanto riguarda le problematiche di pericolosità e rischio idraulico sono riportate due aree interessate da esondazione e dissesti morfologici di carattere torrentizio nel tratto terminale del Torrente Abbioccolo, una in corrispondenza del punto di immissione del T. Abbioccolo nel F. Chiese, determinato presumibilmente dai fenomeni di rigurgito idraulico e l'altra nella piana poco a monte, fra le quote 290 – 310 m s.l.m.

Sempre lungo il Torrente Abbioccolo venne fatta una segnalazione (3/12/2007) per un cedimento strutturale della briglia esistente in loc. Mulino Vecchio.

Nella parte alta del bacino, in corrispondenza della confluenza tra le due valli che originano il T. Abbioccolo (zona Dosso Sambuco) sono presenti vaste aree con “accumuli in alveo e lungo gli impluvi di materiale detritico mobilizzabile”. Si tratta di materiale che proviene dal franamento dei versanti rocciosi e che si accumula lungo i versanti e in alveo creando dei depositi molto estesi che, a seguito di eventi alluvionali intensi, vengono presi in carico dalle acque e trasportati a valle producendo “colamenti rapidi attivi”.

5.3.2. Esito dei sopralluoghi

Partendo dalla località Vaiale scendendo verso valle a quota 733 m è localizzato il bacino dell'opera di presa della centrale di Presegno (foto 1). Il tratto d’alveo denota la presenza di notevole vegetazione fino a quota 700 m. In questo punto il torrente si allontana dalla strada

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Foto 1 – Opera di presa della centrale di Presegno. Foto 2 – Ponte stradale 1.

Foto 3 – Ponte stradale 2. Foto 4 – Scogliera in massi.

E’ presente in sponda destra un tratto di scogliera di circa 50 m di lunghezza (foto 4) a protezione anche della condotta della centrale idroelettrica esistente più a valle.

A quota 496 m troviamo il ponte stradale 3 (foto 5); ha un'altezza di 4 m e una luce pari a 7 m; poco più a valle a quota 481 m è presente una soglia di fondo collocata tra uno sperone di roccia e l'argine che sostiene la carreggiata; l'opera è realizzata in calcestruzzo ed è in buone condizioni (foto 6).

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Foto 5 – Ponte stradale 3. Foto 6 – Soglia di fondo 1.

A quota 433 troviamo il ponte stradale 4 (foto 7): ha una altezza di 5,30 m circa e una luce libera di 9 m che però si riduce a 7 m in corrispondenza dello sperone di roccia che sporge dalla spalla destra del ponte.

In successione sono presenti due soglie di fondo e una soglia a scivolo rispettivamente a quota 426 m (soglia 2, foto 8), 418 m (soglia 3) e 395 m (soglia 4 foto 9): tutti i citati manufatti sono in buone condizioni, realizzati in calcestruzzo e pietrame. Anche in questo si reputa necessaria la pulizia generale dell'alveo.

A quota 389 m troviamo un ponte (ponte 5 foto 10) che collega un’abitazione privata; ha un'altezza di 2,60 m e una luce di 7 m. Poco più avanti c’è un ponte a doppio arco (foto 11) realizzato in pietra che collega la strada principale ad un gruppo di case.

Più a valle a quota 377 m troviamo l'ultima soglia di fondo in buone condizioni (foto 12). Il torrente, a questo punto, si distacca nuovamente dalla strada principale, passa sotto il viadotto della strada provinciale del Caffaro e attraversa la parte bassa di Lavenone, adeguatamente arginato.

In quest'ultimo tratto troviamo un ponte stradale e in corrispondenza della foce troviamo un ponticello su cui è stato montato un sensore per la misurazione di portata (foto 13).

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Foto 7 – Ponte stradale 4. Foto 8 – Soglia di fondo 2.

Foto 9 – Soglia a scivolo 4. Foto 10 – Ponte 5.

Foto 11 – Ponte 6 a doppio arco. Foto 12 – Soglia di fondo 5.

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Foto 13 – Ponte 7. Foto 14 – Posizione prevista per l’inserimento della nuova briglia (ABB-BRI-P1).

5.3.3. Proposte di intervento nuove opere

Presa visione dell’intero corso d’acqua, che dal punto di vista idraulico non presenta particolari criticità legate a erosioni od esondazioni, è stata individuata una zona a quota circa 800 m ove sussiste la possibilità e fattibilità di realizzare una briglia selettiva in grado di trattenere materiale (foto 14).

Tale briglia viene codificata come da scheda allegata in ABB-BRI-P1

5.3.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti

Considerata la funzionalità idraulica ed efficienza strutturale delle opere esistenti non si propongono allo stato attuale lavori di ripristini

5.3.5. Proposte di intervento di manutenzione

Sono state individuate 3 aree di intervento di manutenzione consistenti nello sfalcio e nel taglio delle piante con asporto di ceppaie e tronchi che impediscono il regolare deflusso delle acque.

Vegono codificate come: ABB-MAN1; ABB-MAN2; ABB-MAN3 (v.schede).

5.3.6. Censimento ponti

Sono stati censiti 7 ponti: ABB-PONT1, ABB-PONT2, ABB-PONT3, ABB-PONT4, ABB- PONT5, ABB-PONT6, ABB-PONT7.

La tipologia ed il grado di efficienza strutturale ed idraulica sono definiti nelle schede allegate.

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5.4. BACINO TORRENTE DEGNONE E SOTTOBACINO TORRENTE GLERA

5.4.1. Inquadramento geologico e geomorfologico

Il Torrente Degnone nasce lungo le pendici meridionali della Corna Blacca e confluisce in sponda destra del Fiume Chiese nel centro storico di Vestone. Il bacino idrografico, sviluppato grosso modo con andamento nord-sud, ha una superficie di 33,93 km2. Il principale affluente è rappresentato dal Torrente Glera che confluisce in destra idrografica in corrispondenza dell’abitato di Forno d’Ono.

L'altezza massima del bacino è rappresentata dalla Corna Blacca (2003,98 m), mentre la minima coincide con la confluenza nel F. Chiese (315,87 m). La lunghezza dell'asta principale è pari a 11,27 km; la sua pendenza media è del 13%.

Dal punto di vista geologico il bacino idrografico del Torrente Degnone è piuttosto vario e articolato. Alla testata della valle, rappresentata dalla Corna Blacca e dai monti Pezzolina, Pezzeda, Frondine e Tigaldine, affiorano prevalentemente rocce dolomitiche, calcareo dolomitiche e calcaree caratterizzate da una stratificazione indistinta o in grossi banchi; in modo subordinato sono presenti calcari, calcari dolomitici e calcari marnosi a stratificazione evidente. Questi ultimi litotipi tendono a prevalere nella porzione centrale della valle, grosso modo a monte di Forno d’Ono. Infine, nella porzione meridionale del bacino, sia in destra che in sinistra idrografica, affiorano prevalentemente arenarie, siltiti, marne e calcari marnosi ed in modo subordinato calcari e calcari marnosi ben stratificati, talora con intercalazioni di argilliti.

Anche dal punto di vista morfologico la valle si presenta piuttosto varia: in corrispondenza delle dolomie massicce presenti alla testata della valle la morfologia è aspra e accidentata con substrato roccioso affiorante o subaffiorante, pareti e balze rocciose, vallecole incise. Dove invece la roccia si presenta più facilmente erodibile e cioè in corrispondenza delle arenarie e delle siltiti che affiorano nella porzione meridionale del bacino l’aspetto morfologico presenta forme più dolci e arrotondate.

Il bacino idrografico è interessato da importanti strutture tettoniche; in particolare, nei pressi del limite settentrionale del bacino si sviluppa il sovrascorrimento del Monte Ario con andamento ENE-WSW, mentre nella porzione centrale è presente il sovrascorrimento di Forno d’Ono che con andamento E-W interessa le località La Passata, Beata Vergine, Forno d’Ono, Avenone e la Valle del Bastoncino, dove si sono formate fasce cataclastiche alla base delle unità sovrascorse.

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I diversi litotipi hanno risposto in maniera diversa alle sollecitazioni tettoniche: la resistenza degli ammassi calcareo-dolomitici alle deformazioni tettoniche ha causato la formazione di un intricato sistema di fratture, mentre le siltiti, le argilliti, le marne e i calcari marnosi sottilmente stratificati hanno potuto, data la loro plasticità, piegarsi dando origine ad una serie di arricciamenti.

La degradazione del substrato roccioso ha portato alla formazione di depositi detritici o detritico-colluviali che si sono accumulati soprattutto in corrispondenza di aree di versante a debole pendenza o lungo le incisioni torrentizie, o alla base dei versanti.

La presenza di accavallamenti e di faglie ad essi associati è responsabile della fratturazione piuttosto intensa delle formazioni rocciose calcareo-dolomitiche che quindi tendono a produrre abbondante detrito grossolano. Particolarmente estesi gli accumuli in forma di falde e coni di detrito in attivo accrescimento presenti lungo i versanti della Corna Blacca, soprattutto in località Pian dei Canali, e dei monti Frondine e Tigaldine (alta Val Glera).

Anche lungo le aste torrentizie poste nella parte alta del bacino, interessata da disturbi tettonici, sono presenti abbondanti depositi detritici costituiti prevalentemente da ghiaia sabbiosa con blocchi.

I depositi situati invece alla base dei versanti costituiti dalle rocce arenaceo-marnose presenti nella porzione meridionale del bacino sono generalmente caratterizzati da una abbondante componente fine. Si tratta solitamente di materiali limoso-argilloso-sabbiosi con elementi ghiaiosi a spigoli vivi.

Come evidenziato sulla Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3d) le caratteristiche litologiche e strutturali sopra brevemente descritte determinano la diffusione, soprattutto nella parte alta del bacino, di “aree soggette e/o potenzialmente soggette a crollo di massi (distacco e accumulo)”, corrispondenti a porzioni di versante con pareti o balze rocciose e relativi accumuli detritici, e di “aree potenzialmente interessate dal distacco e rotolamento di blocchi provenienti da depositi superficiali”.

Inoltre sono stati individuati numerosi “colamenti rapidi” sia attivi che quiescenti lungo il reticolo idrico minore, nonché due ampie “aree di frana attiva” lungo i versanti meridionali della Corna Blacca ( in località Pian dei Canali) e lungo le pendici dei monti Tigaldine e Fondine: si tratta di due estesi e potenti accumuli detritici non colonizzati, instabili, in attivo accrescimento. Sono principalmente questi accumuli detritici che hanno alimentato le colate

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Sempre sulla Tav. 3 lungo tutto il bacino, sia in destra che in sinistra idrografica, sono inoltre cartografati numerosi corpi franosi di notevole dimensione, presumibilmente di età postglaciale. Generalmente si tratta di frane inattive nel loro complesso al cui interno sono spesso presenti porzioni di frana che si sono localmente riattivate. Infatti l’alto contenuto argilloso-limoso dei corpi di paleofrana, insieme alla presenza diffusa di acqua e allo scalzamento al piede operato dall’azione erosiva dei corsi d’acqua, rendono questi versanti predisposti al dissesto, come dimostrano i numerosi fenomeni franosi attivi o quiescenti presenti all’interno dei corpi di paleofrana.

Nei pressi di Forno d’Ono sono presenti alcuni dissesti (per lo più frane di scivolamento rotazionale dei terreni di copertura) che interessano il versante posto in destra idrografica del Torrente Glera, appena a monte della confluenza nel Torrente Degnone, e il pendio a monte del cimitero, considerati quiescenti.

Più a sud è presente la “frana di Avenone” che interessa le frazioni di Villa e di Spessio e che rappresenta la riattivazione di una porzione di una vasta paleofrana che si spinge verso monte fino in località Bastoncino (figura 5.4.1.1.).

Le condizioni geologiche che principalmente hanno determinato il movimento franoso sono il sovrascorrimento di Forno d’Ono e la presenza di abbondante frazione pelitica nei depositi superficiali. Il sovrascorrimento di Forno d’Ono ha indotto un’intensa fratturazione e una profonda alterazione nelle formazioni rocciose, modificandone le caratteristiche reologiche e, di conseguenza, meccaniche. La componente pelitica relativamente abbondante permette e facilita, in presenza di un versante acclive, i movimenti gravitativi a causa della sua possibilità di plasticizzarsi a seguito delle impregnazioni idriche. L’acqua, così abbondante nel corpo di frana, costituisce indubbiamente una fra le principali cause del dissesto.

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Figura 5.4.1.1. – Delimitazione della frana di Avenone sull’ortofoto. In rosso la parte attiva e in azzurro la porzione quiescente.

L’evoluzione del fenomeno franoso ha provocato in passato la distruzione di alcuni fabbricati rurali presenti sul corpo della frana e l’arretramento della scarpata di testata della frana che ha interessato la chiesetta di S. Rocco e che lambisce la strada provinciale per Pertica Alta, il cimitero, la chiesa parrocchiale di Avenone ed alcuni edifici di Villa e di Spessio. Il corpo della frana, i cui fianchi sono marcati da corsi d’acqua, si spinge fino al fondovalle del Torrente Degnone.

La frana è stata oggetto negli anni ’90 di interventi di risanamento idrogeologico del corpo franoso, volti ad ottenere una corretta regimazione delle acque superficiali ed un parziale controllo di quelle sotterranee, sia nel corpo di frana che in quello della paleofrana posto a monte. Tali interventi sono stati integrati dall’imbrigliamento del tratto inferiore del Rio Sapèl che scorre lungo il fianco destro della frana, soggetto a fenomeni di erosione verticale accelerata con conseguente effetto di destabilizzazione dell’intera massa del corpo di frana.

Gli interventi realizzati hanno avuto come obiettivo il consolidamento del corpo franoso nel suo complesso. Nella porzione di nicchia, posta grosso modo a monte della strada che collega Villa a Spessio, il movimento è periodicamente attivo. Per intervenire in corrispondenza della nicchia della frana è necessario affinare la comprensione dei meccanismi in atto mediante l’acquisizione di dati stratigrafici, geotecnici, piezometrici e inclinometrici.

Nell’ambito del presente studio si propone il monitoraggio piezometrico, inclinometrico e topografico della frana di Avenone (par. 5.4.7)

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A est dell’abitato di Levrange è presente la frana storica di Levrange, verificatasi nel 1959, che portò alla distruzione quasi completa dell’abitato storico che fu ricostruito nella posizione attuale.

L’originario nucleo storico era stato costruito su un ripiano formatosi in seguito ad una paleofrana la cui nicchia è ancora oggi riconoscibile lungo il versante meridionale del Dosso Cereto. Il corpo della paleofrana è lambito al piede dal Torrente Fossato, affluente di sinistra del Torrente Degnone. Il movimento franoso fu innescato dalle piogge prolungate e intense dell’autunno 1959 e si sviluppò lentamente ma inesorabilmente nel mese di dicembre, consentendo l’evacuazione del paese che andò completamente distrutto. La descrizione degli eventi è effettuata in modo esemplare nel libro “Pioveva” di Don Luigi Bresciani.

La frana è stata oggetto di uno studio di dettaglio con posa di un piezometro e di due inclinometri che sono stati sottoposti a monitoraggio per due anni (dall’aprile 2002 all’aprile 2004); purtroppo successivamente il monitoraggio è stato interrotto.

Nella figura riportata a pagina seguente (Figura 5.4.1.2.) sono evidenziate sia la porzione di frana antica riattivatasi nel 1959 che quella posta più a ovest, per la quale non si hanno notizie di una sua riattivazione nel 1959. Entrambe sono considerate quiescenti.

Anche per questa frana si propone il monitoraggio (par. 5.4.7).

Nell’ultimo tratto del Torrente Degnone, in comune di Vestone, in località Fucina, sono presenti alcuni grossi corpi franosi. In destra idrografica si riconoscono due corpi franosi in località Pendine, ritenute quiescenti, che si originano a quota 500-600 m e che si congiungono all’altezza della centrale idroelettrica. Sul fianco sinistro della valle si riconosce un’altra grossa paleofrana in località Parso. In occasione dell’alluvione del 1981 una porzione di questa frana si è riattivata, invadendo il fondovalle del Torrente Degnone. Questa porzione di frana è stata oggetto di interventi di bonifica da parte dell’ex Genio Civile.

Il Torrente Degnone allo sbocco nel fondovalle della Val Sabbia ha prodotto un piccolo e piatto conoide la cui porzione centrale è considerata quiescente.

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Figura 5.4.1.2. –Carta geomorfolgica di dettaglio della frana di Levrange.

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5.4.2. Esito dei sopralluoghi

Lungo il Torrente Glera (affluente di destra del Torrente Degnone) il sopralluogo ha evidenziato la presenza, nella fascia altimetrica compresa tra i 780 e i 540 metri, di una serie di opere idrauliche trasversali realizzate a seguito dell’evento calamitoso del 1981, finalizzate al consolidamento dei versanti e alla trattenuta del materiale onde proteggere l’abitato della frazione di Forno d'Ono posta proprio alla confluenza del Glera nel Degnone.

Si contano quattro briglie (foto 1, 2, 3, 4) realizzate in struttura di calcestruzzo e pietrame: le prime tre sono situate nel tratto più in alto mentre l'ultima in corrispondenza della forra appena a monte del centro abitato, incastrata tra due pareti rocciose, dove il Torrente Glera compie una curva a 90°. Quest'ultima opera, con un'altezza di circa 8 metri costituisce un presidio fondamentale per la salvaguardia dell’abitato sottostante. Alla base della briglia è presente un cunicolo semicircolare di larghezza pari a 1,5 m che permette il deflusso delle portate ordinarie, ma che potrebbe rimanere ostruito nel momento in cui si presenti una piena che trasporti tutto il materiale presente a monte della briglia.

Per quanto concerne il livello di integrità, le opere idrauliche, salvo la briglia 1 e 2 in precario stato strutturale, si presentano in buono stato di conservazione e di efficienza. Di assoluto rilievo è la mancanza totale di manutenzione ordinaria e di pulizia dell'alveo che è completamente sommerso dalla vegetazione e dal notevole deposito di materiale che compromette il libero fluire dell'acqua e il buon funzionamento delle briglie stesse, anch'esse sommerse e coperte da arbusti e da vegetazione infestante.

Foto 1 – Briglia 1 con annessa controbriglia da Foto 2 – Briglia 2. sottomurare.

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Foto 3 – Tratto di alveo ricoperto dalla vegetazione Foto 4 - Briglia 4 imponente, collocata in e dagli arbusti ove è inserita la briglia 3. prossimità dell’abitato di Forno d’Ono.

Nella parte alta del Degnone, invece, si può notare una buona pulizia dell'alveo; a quota 700 m è localizzata l'unica briglia di consolidamento (foto 5) dopodiché il torrente, data anche la bassa pendenza dell'alveo, procede regolare. A quota 600 m sono collocate delle scogliere (foto 6) realizzate in massi ciclopici, per evitare l'erosione delle pareti.

A partire da quota 540 m fino al centro abitato è stata realizzata una serie di piccole soglie e di salti, di altezza variabile tra 1,5 e 0,5 metri con la funzione di regimare e di regolarizzare l'alveo (foto 7).

Il tratto d'alveo del Degnone che scorre all'interno del paese di Forno d'Ono è arginato su entrambe le sponde con murature in pietrame e calcestruzzo; inoltre, sono state realizzate lungo l'alveo, una serie di piccole soglie e salti onde diminuire la pendenza del torrente e di conseguenza la sua velocità (foto 8). La medesima tecnica di argini e piccole soglie è stata ripresa nella zona del paese lambita dalle acque dal Glera (foto 9).

Da qui in poi il Degnone scorre costeggiando la strada provinciale fino in prossimità dell'abitato di Vestone; in questo tratto sono presenti delle soglie in buono stato di conservazione che mantengono una corretta pendenza e costante la pendenza dell'alveo. Nel tratto conclusivo oltre a essere arginato il torrente è anche pavimentato.

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Foto 5 – Briglia di consolidamento 1 sul T. Degnone. Foto 6 – Scogliere in massi ciclopici a protezione delle sponde.

Foto 7 – Soglie sul T. Degnone a monte dell’abitato Foto 8 – Torrente Degnone nel centro abitato di Forno d’Ono. di Forno d’Ono.

Foto 9 – T. Glera nell’abitato di Forno d’Ono.

Sul torrente Glera sono stati individuati quattro ponti. I primi tre sono dei ponti carrabili che portano ad abitazioni private mentre l'ultimo è di interesse strategico in quanto è l'asse stradale principale che collega il paese con la parte bassa della valle (foto 10). Sempre nel centro di Forno d'Ono, a quota 520 m sul Torrente Degnone, troviamo un ponte che fa parte

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Nel tratto centrale del Torrente Degnone sono presenti alcune passerelle di scarsa importanza, un ponte della sede stradale e successivamente due ponti che portano l’uno a una piccola frazione abitata (ponte 7 e foto 11) e l’altro ad una fabbrica (ponte 8 e foto 12).

Più a valle troviamo un altro ponte stradale sempre in buone condizioni e un ponte che collega ad una ex-zona industriale (ponte 10 foto 13). Nel tratto in cui il torrente attraversa il centro di Vestone sono presenti due ponti: il primo è situato lungo via Macina, mentre il secondo costituisce sede della strada provinciale (ponte 11 foto 14 e ponte 12 foto 15). Tutte le strutture sono in buone condizioni, con necessità di alcune semplici sottomurazioni.

Foto 10 – Ponte strategico 5 sul T.Glera. Foto 11 – Ponte 7 sul T. Degnone.

Foto 12 – Ponte 8 sul T. Degnone. Foto 13 – Ponte 10 sul T. Degnone.

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Foto 14 – Ponte 11 sul T. Degnone. Foto 15 – Ponte stradale 12 nel tratto finale del T. Degnone.

5.4.3. Proposte di intervento nuove opere

Esaminata la situazione dell’intero bacino costituito dai due torrenti Glera e Degnone non è stata individuata la necessità di realizzare nuove opere in quanto i due bacini risultano sotto l’aspetto idraulico regimati.

Tuttavia si ritiene importantissimo provvedere ai ripristini delle opere esistenti onde garantire la piena funzionalità legata sia alla stabilizzazione dei versanti che alla trattenuta del materiale presente in notevole entità particolarmente a tergo delle briglie esistenti come sotto indicato.

5.4.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti

Sul Torrente Degnone è stata individuata la necessità di procedere al ripristino di una serie di soglie che si presentano scalzate o con gaveta ammalorata (DEG- SGL3/4/5/6/8/9/10/11/12/13-R), mentre sul Torrente Glera è importante procedere al consolidamento di due briglie che versano in condizioni di precaria stabilità a causa dello scalzamento del piede (GLE-BRI1-R; GLE-BRI4-R).

5.4.5. Proposte di intervento di manutenzione

Per la manutenzione sono state rilevate 8 aree distribuite lungo tutto il tratto dei corsi d’acqua, delle quali 4 sul Degnone e 4 sul Glera.

Le operazioni sono sempre le medesime e cioè: sfalci, taglio piante, svasi (ved. schede DEG-MAN1; DEG-MAN2; DEG-MAN3; DEG-MAN4; GLE-MAN1; GLE-MAN2; GLE-MAN3; GLE-MAN4; GLE-MAN5).

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5.4.6. Censimento ponti

Sono stati censiti 17 ponti di cui 12 sul Degnone e 5 sul Glera comprensivi di alcune passerelle non indicate nel paragrafo dell’esito del sopralluogo (v. schede specifiche).

La tipologia ed il grado di efficienza strutturale ed idraulica sono definite nelle schede allegate.(DEG-PNT1; DEG-PNT2; DEG-PNT3; DEG-PNT4; DEG-PNT5; DEG-PNT6; DEG- PNT7; DEG-PNT8; DEG-PNT9; DEG-PNT10; DEG-PNT11; DEG-PNT12; GLE-PNT1; GLE- PNT2; GLE-PNT3; GLE-PNT4; GLE-PNT5).

5.4.7. Monitoraggio delle frane di Avenone e Levrange

Nel bacino del Torrente Degnone si propone il monitoraggio della frana di Avenone (DEG-MON1) con le seguenti finalità:

− affinare la comprensione dei meccanismi in atto mediante l’acquisizione di dati stratigrafici, geotecnici, piezometrici e inclinometrici;

− definire l’area e la profondità interessata dal dissesto;

− analizzare l’interazione tra i diversi fattori che influenzano il dissesto, quali in particolare le piogge ed il livello piezometrico;

− verificare nel tempo le condizioni di stabilità del corpo franoso nelle sue diverse porzioni ritenute quiescenti e attive;

− consentire l’eventuale attivazione di piani di emergenza.

Considerata l’estensione del corpo franoso e la presenza al suo interno di porzioni attive e di porzioni ritenute quiescenti, si propone di effettuare il seguente sistema di monitoraggio:

1. monitoraggio inclinometrico mediante l'installazione di n. 3 inclinometri. Si prevede di realizzare n. 3 sondaggi a carotaggio continuo profondi indicativamente 40 m con esecuzione di prove SPT in avanzamento, prelievo di campioni sui quali effettuare prove di laboratorio e posa in opera di tubazione inclinometrica per la misura dell’entità e della direzione degli spostamenti ed eventualmente della profondità delle superfici di scollamento. Gli inclinometri saranno realizzati: due alla testata della frana ed uno nella porzione mediana della frana stessa. Si propone di effettuare misure semestrali per almeno 5 anni.

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2. monitoraggio piezometrico mediante l'installazione di n. 3 piezometri: Si prevede di realizzare n. 3 sondaggi a distruzione di nucleo profondi indicativamente 40 m nei quali mettere in opera tre piezometri a tubo aperto da abbinare ai tre inclinometri; l'effettiva profondità dei sondaggi sarà valutata in corso d'opera sulla base dei risultati stratigrafici emersi dalla realizzazione dei sondaggi a carotaggio continuo di cui al punto 1. Si propone di effettuare per almeno 5 anni misure mensili mediante freatimetro, integrate da misure da eseguire durante e a seguito di eventi meteorici intensi e/o prolungati;

3. monitoraggio topografico per verificare nel tempo le condizioni di stabilità del corpo franoso nel suo complesso e di individuare le aree in movimento. Si propone di impiantare una rete di punti fissi in diversi luoghi ritenuti strategici, sia all’esterno della frana che al suo interno. Si propone di effettuare misure semestrali in coerenza con le misure inclinometriche per almeno 5 anni

4. raccolta dei dati pluviometrici presso le stazioni di rilevamento più vicine.

Saranno prodotte:

− una relazione geologica e geotecnica di interpretazione dei dati stratigrafici e geotecnici ottenuti dall’esecuzione dei sondaggi con elaborazione di sezioni stratigrafiche;

− relazioni annuali illustrative dei risultati di monitoraggio ottenuti;

− una relazione geologica finale con elaborazione ed interpretazione dei dati geotecnici e di monitoraggio raccolti.

Per l’intervento di monitoraggio sopra descritto si prevede un importo complessivo pari a 115.000,00 €.

Si propone inoltre il monitoraggio della frana di Levrange (DEG-MON2), previa verifica dello stato dei due inclinometri e del piezometro installati nel 2002, la cui ubicazione è indicata in Fig. 5.5.1. Oltre al monitoraggio inclinometrico e piezometrico si prevede il monitoraggio topografico:.

1. monitoraggio inclinometrico. Si propone di effettuare misure semestrali per almeno 5 anni.

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2. monitoraggio piezometrico. Si propone di effettuare per almeno 5 anni misure mensili mediante freatimetro, integrate da misure da eseguire durante e a seguito di eventi meteorici intensi e/o prolungati;

3. monitoraggio topografico per verificare nel tempo le condizioni di stabilità del corpo franoso. Si propone di impiantare una rete di punti fissi in diversi luoghi ritenuti strategici, sia all’esterno della frana che al suo interno. Si propone di effettuare misure semestrali in coerenza con le misure inclinometriche per almeno 5 anni

4. raccolta dei dati pluviometrici presso le stazioni di rilevamento più vicine.

Saranno prodotte:

− relazioni annuali illustrative dei risultati di monitoraggio ottenuti;

− una relazione geologica finale con elaborazione ed interpretazione dei dati di monitoraggio raccolti.

Per l’intervento di monitoraggio sopra descritto si prevede un importo complessivo pari a 60.000,00 €.

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5.5. BACINO TORRENTE VANTONE

5.5.1. Inquadramento geologico e geomorfologico

Il Torrente Vantone nasce lungo le pendici settentrionali della cima Monte Riosecco (q. 1288,1 m s.l.m.) e quelle occidentali del Monte Manos (q. 1507,08 m s.l.m. che coincide con la quota massima del bacino). Il torrente scorre per circa tre chilometri all’interno della Valle del Riosecco con andamento sud-nord, per poi proseguire per altri 3 km circa nella Valle dei Fondi con andamento est-ovest fino all’immissione nel Lago d’Idro (q. 369,40 m s.l.m.), passando attraverso l’abitato di Vantone.

Il bacino idrografico ha una superficie di 9,79 km2 e ricade quasi interamente nel comune di Capovalle; solo un piccolo settore di crinale nella parte sud-occidentale del bacino ricade in comune di Treviso Bresciano, mentre la zona occidentale del bacino (dove scorre il torrente della Valle di Loere) e la zona verso la foce, ricadono nel Comune di Idro. La lunghezza dell'asta principale è pari a 4,69 km e la sua pendenza media è del 21%.

Il bacino idrografico è impostato quasi esclusivamente su rocce dolomitiche e calcareo dolomitiche caratterizzate da una stratificazione indistinta o in grossi banchi (Dolomia Principale) originatesi in ambiente di mare basso tipico delle piane tidali soggette alla continua sommersione e emersione delle acque marine. Verso Capovalle a NE e dal Dosso del Lupo fino al crinale a SO affiorano altri litotipi bacinali rappresentati prevalentemente da calcari ben stratificati con intercalazioni di calcari dolomitici o dolomie (Calcare di Zorzino) e da argilliti e marne argillose nerastre, talora intercalate da calcari e calcari marnosi (Argilliti di Riva di Solto).

In riferimento all’assetto strutturale la zona di Capovalle ricade in un bacino sedimentario intra-piattaforma (bacino di Magasa-Capovalle e Cavallino della Fobbia), delimitato da faglie distensive dirette NNE-SSO e NE-SO variamente raccordate da altre dirette E-O a carattere trascorrente. Nel territorio comunale di Capovalle sono presenti accumuli di megabrecce con blocchi di dimensioni metriche (depositi di scarpata di piattaforma), sovrapposti alla Dolomia Principale.

Il Torrente Vantone, passando dalla stretta valle incassata a monte verso lo sbocco nel Lago d’Idro, ha dato origine ad un deposito di conoide alluvionale, a forma di ventaglio, sul quale si è impostato l’abitato di Vantone; il bacino idrografico termina all’apice del conoide.

La notevole resistenza agli agenti atmosferici offerta dai litotipi calcareo-dolomitici, determina un paesaggio caratterizzato da pareti rocciose, balze, guglie e torrioni. I versanti

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Questi settori sono quelli che nella Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3e) sono indicati come “aree soggette e/o potenzialmente soggette a crollo di massi (distacco e accumulo)”, rilevabili soprattutto lungo i versanti destro e sinistro della valle del Rio Vantone, come plaghe sparse nella zona del Dosso del Lupo e coma fascia continua lungo il versante sud del Monte Camisino fino alla strada per Capovalle.

Tra i fenomeni franosi riportati nello studio geologico a supporto del PGT del luglio 2010 che interessano lo strato corticale alterato delle formazioni litoidi e/o i depositi detritici di copertura si segnalano quelle di scivolamento attive più estese localizzate l’una tra le quote 800 e 700 m s.l.m. in sponda destra del Torrente Valle di Pù (affluente destro del Rio Vantone) tra le località S. Lucia-F.li Pù ed il torrente medesimo a monte della SP 58, e l’altra in sponda sinistra lungo i tornanti della SP 58 fra le quote 900 m s.l.m. e 790 m s.l.m. Dalle verifiche in sito si è rilevato che la frana che grava direttamente sul torrente Valle di Pù risulta attiva solamente nel tratto finale che costeggia la strada provinciale, dal tornante con l’area di sosta verso valle, con fenomeni di colamento e scivolamento di materiale ghiaioso- ciottoloso proveniente dalla degradazione della roccia soprastante. La strada comunque risulta protetta da palizzate in legno. Invece il tratto di versante dal tornante stradale verso monte è boscato e non presenta segni particolari di dissesti, a meno di una limitata fascia interessata da un colamento dei depositi colluviali. Lungo il torrente esistono già 5 briglie che mantengono il profilo del corso d’acqua in equilibrio senza che si creino fenomeni di scalzamento o erosione al piede, e quindi hanno un effetto anche di consolidamento del versante riducendo la possibilità di franamento del pendio.

Per quanto riguarda la seconda frana attiva, indicata nella bibliografia e che interesserebbe tutti i tornanti della SP n. 58 per Capovalle, sono stati eseguiti recentissimamente lavori di sistemazione di un settore della nicchia (con barriere paramassi e gabbioni) dalla quale si originavano colate di detrito e terreno che scendevano poi lungo la strada. La parte restante della nicchia presenta una forma concava con detrito parzialmente esposto, ad indicare uno scivolamento e un ribassamento del versante. Il corpo di frana è rilevabile per la presenza in corrispondenza di tutti i tornanti di cedimenti, di fratture del manto stradale, di ribassamenti e irregolarità della sede stradale. Quindi, pur non trattandosi di una frana attiva ben evidente con superficie di rottura visibile, è una frana di scivolamento ad evoluzione lenta che sicuramente si manifesta con dissesti più o meno localizzati a seguito di eventi piovosi intensi. Per entrambi i dissesti quindi, o perché sono già esistenti

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Molto frequenti sono anche le frane quiescenti, sia verso Capovalle in loc. S. Rocco, Muraghe, S.Lucia, sia alla testata della Valle del Riosecco sia zona Passo del Cavallino- Fienili Fobbia-Fienili Celli.

Aree molto estese a franosità superficiale diffusa attiva, che quindi interessano i depositi di copertura, si trovano in loc. Fienili Rizzardi al confine tra il Comune di Idro e Capovalle, in loc. Ponte di Campei poco a monte ella terminazione del bacino lungo il versante sinistro del Torrente Vantone e ad ovest del Castello di Zumiè fra le quote 950 m s.l.m. e 900 m s.l.m.

I dissesti che hanno interessato il territorio comunale di Capovalle sono legati principalmente ad eventi meteorici intensi avvenuti nell’agosto 1950, novembre 1951, luglio 1957 e ottobre 1993. I dissesti hanno coinvolto strade, muri di sostegno, opere di difesa idraulica (briglie) ed opere di captazione (presa della sorgente Mangaione), e alcune di questi coinvolsero anche volumi di terreno significativi di migliaia di mc. (Frana in loc. Gù tra il Castello di Zumie e Viè).

Non sono segnalati fenomeni di colate attive, ma solamente quiescenti concentrate soprattutto lungo gli impluvi che alimentano la Valle del Riosecco.

Così anche sono assenti fenomeni di esondazione lungo il torrente Vantone nella parte valliva in quanto si tratta di un corso d’acqua che scorre entro versanti piuttosto acclivi che si addolciscono solamente verso lo sbocco nel Lago d’Idro, in corrispondenza del quale si è formato un conoide alluvionale molto evidente.

Lo studio geologico di dettaglio effettuato sul conoide nel 2007 per la zonazione della pericolosità ha evidenziato che il corso d’acqua può esondare e quindi ha individuato le porzioni di conoide da considerare attive, quiescenti e inattive.

5.5.2. Esito dei sopralluoghi

Sia nella parte alta che nella parte intermedia del suo tracciato il Torrente Vantone non presenta particolari problematiche in quanto scorre tra pareti rocciose e non risultano presenze di abitati e strutture.

A quota 474 è stato individuato un ponte carrabile (foto 1).

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Scendendo verso valle sono state individuate alcune opere in particolare a quota 440 m, nel tratto dove il Vantone incontra il suo maggior affluente, il Torrente Loere. Le sponde di entrambe i torrenti sono state arginate con scogliere in massi (foto 2).

Foto 1 – Ponte carrabile 1. Foto 2 – Scogliera in massi.

A quota 381 m è presente un ponte stradale (foto 3) che collega le varie frazioni di Idro. Il ponte ha una luce di 6 m e un'altezza pari a 3 m, con spalle in cls e pietrame e sponde verso valle sempre in pietrame e cls. a formare un muro d’argine (foto 4). La presenza di vegetazione lungo l'alveo e un possibile trasporto di materiale solido rende questo tratto il punto più delicato di tutto il torrente. Un’eventuale esondazione danneggerebbe le strutture presenti ed i campeggi sottostanti, oltre a provocare l’isolamento delle frazioni del Comune di Idro. Per ovviare a tale problema si propone di realizzare a monte del ponte una briglia selettiva a pettine che trattenga, in caso di un evento straordinario, il materiale più grossolano evitando l’ostruzione del manufatto.

Foto 3 – Ponte stradale 2. Foto 4 – Muro d’argine.

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Prima dello sbocco del torrente nel lago sono presenti due soglie (foto 5) realizzate in calcestruzzo e pietrame in buone condizioni strutturali e quindi efficienti.

Foto 5 – Soglie di fondo.

5.5.3. Proposte di intervento nuove opere

Come sopra indicato, vista la situazione dell’intero corso d’acqua, compatibilmente con gli obiettivi prefissati dallo studio, è stata individuata la necessità di proporre la realizzazione di una briglia selettiva in prossimità della strada che collega con la frazione Vantone a monte del ponte esistente.

Tale briglia ha lo scopo fondamentale di trattenere il materiale che potrebbe ostruire il ponte che presenta peraltro una luce insufficiente al deflusso della piena centenaria, con pericolo conseguente di esondazione verso l’abitato adiacente in sponda destra.

Tale proposta viene codificata con sigla VAN-BRI-P1 (v. scheda).

5.5.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti

Dal sopralluogo effettuato è emersa la necessità di procedere al ripristino dell’argine a valle del ponte VAN-PNT2, onde conferire efficacia idraulica e strutturale.

Il ripristino viene codificato in VAN-MUR1-R (v. scheda).

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5.5.5. Proposte di intervento di manutenzione

Trattasi di procedere allo sfalcio, alla pulizia dell’alveo, al taglio di alcune piante ed allo svaso in corrispondenza del ponte.

Sono state individuate due zone VAN-MAN1; VAN-MAN 2 (v. scheda).

5.5.6. Censimento ponti

Sono stati censiti 2 ponti VAN-PNT1; VAN-PNT2.

La tipologia ed il grado di efficienza strutturale ed idraulica sono definite nelle schede allegate (v. schede).

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5.6. BACINO TORRENTE NOZZA E SOTTOBACINO TORRENTE TOVERE

5.6.1. Inquadramento geologico e geomorfologico

Il Torrente Nozza nasce lungo le pendici orientali della Corna del Sonclino (q.1352 m s.l.m.), nella valle di Alone, in comune di Casto. Attraversa con andamento est-ovest i comuni di Casto e di Mura, confluendo nel F. Chiese a Nozza, in comune di Vestone. Raccoglie gli apporti di molti canali montani e torrenti minori; gli affluenti principali sono il Torrente Vrenda che si origina in comune di Lodrino e si immette nel Torrente Nozza in corrispondenza dell’abitato di Casto ed il Torrente Tovere che si origina lungo le pendici nord-orientali del M. Palo, interessa i comuni di Pertica Alta e Mura e confluisce nel Torrente Nozza un paio di km prima dello sbocco nel Fiume Chiese. Il bacino idrografico del Torrente Nozza, compreso quello del T.orrente Tovere, ha una superficie di 92,98 km2.

Il bacino ha una morfologia piuttosto articolata, sensibilmente influenzata dalle caratteristiche litologiche e strutturali.

Nella parte sud-occidentale del bacino, rappresentata dalla testata del T. Nozza, e lungo la dorsale che separa la valle del Torrente Nozza da quella del Torrente Tovere (M. Palo- Corna di Savallo) affiorano prevalentemente rocce dolomitiche, calcareo dolomitiche e calcaree caratterizzate da una stratificazione indistinta o in grossi banchi (Dolomia Principale) che determinano una morfologia aspra e accidentata con substrato roccioso affiorante o subaffiorante, pareti e balze rocciose, vallecole incise.

Come illustrato sulla Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3f Nord, Centro e Sud) in queste zone sono presenti estese “aree soggette e/o potenzialmente soggette a crollo di massi (distacco e accumulo)”, corrispondenti a porzioni di versante con pareti rocciose o balze in roccia, nonchè numerose “aree di frana attiva”, in buona parte riconducibili a fenomeni di crollo. In località Corna di Savallo si stagliano pareti in roccia dolomitica dell’altezza di 200 metri al cui piede si sono formate ampie falde di detrito a testimoniare l’azione di erosione e smantellamento attuata dagli agenti atmosferici. Lungo il crinale tra il M. Palo e la Corna di Savallo, in corrispondenza della sella di Nàsego, è presente una tipica doppia cresta che si ritiene collegata ad una deformazione gravitativa profonda di versante (DGPV).

Localmente, nelle valli di Alone e di Duppo, le rocce calcareo-dolomitiche sono interessatela una rete di dislocazioni che hanno portato alla formazione di zone caratterizzate da una fratturazione talmente intensa da rendere la roccia intimamente

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Lungo la val Vrenda e nella porzione occidentale del bacino del T. Nozza sono presenti invece formazioni geologiche meno competenti, rappresentate da arenarie localmente dolomitizzate, peliti e siltiti con locali depositi evaporatici (Formazione di San Giovanni Bianco), arenarie, siltiti, marne e calcari marnosi (Arenarie di Val Sabbia), marne e calcari marnosi con intercalazioni di argilliti e siltiti (Formazione di Wengen). Queste ultime formazioni rocciose determinano una morfologia più dolce e arrotondata.

In particolare soprattutto la Formazione di San Giovanni Bianco e quella delle Arenarie di Val Sabbia appaiono quasi sempre ricoperte da coltri di alterazione di notevole spessore a testimonianza della facilità con cui l’erosione riesce ad alterare e degradare la roccia.

Il prodotto dell’alterazione di queste rocce è costituito da depositi formati da materiali prevalentemente limosi e argillosi che sono spesso in condizione di stabilità prossima all’equilibrio limite. La loro scarsissima permeabilità fa sì che in condizioni idrogeologiche particolari e/o in occasione di precipitazioni abbondanti e prolungate essi si impregnino di acqua, perdano coesione e si appesantiscano dando così origine a movimenti franosi più o meno lenti.

In queste aree, sia in comune di Casto che in comune di Pertica Alta, sono presenti alcuni fenomeni franosi, classificabili per lo più come scivolamenti traslazionali.

Il bacino del Torrente Tovere è interessato nella porzione settentrionale dal sovrascorrimento del M. Abbio che con direzione E-W interessa le località Odeno, Navono e Termine dove si sono formate fasce cataclastiche alla base delle unità sovrascorse. A nord affiorano prevalentemente rocce calcaree, calcareo-dolomitiche, calcareo-marnose, marne con intercalazioni di argilliti (Calcare di Angolo, Calcare di Prezzo, Formazione di Wengen, Calcare di Esino).

Nel complesso i corsi d’acqua presenti nel bacino del Torrente Nozza (compreso il bacino del Torrente Tovere) sono in fase di prevalente erosione, ad eccezione del fondovalle della valle Duppo e del tratto mediano della valle del Torrente Pizzetto (a monte della forra) in comune di Casto. In particolare lungo il versante compreso tra l’abitato di Casto e le frazioni di Auro, Famea e Comero la natura del terreno facilmente erodibile ha favorito la formazione di impluvi profondamente incisi. Ne deriva che la maggior parte dei corsi d’acqua, in occasione di eventi di piena, erode il fondo e le sponde, caricandosi di materiali solidi che vengono convogliati nel Torrente Nozza.

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Il Torrente Nozza in passato ha lesionato e distrutto alcune soglie che non sono più state ripristinate e, di conseguenza, sta approfondendo il suo alveo creando scalzamenti sia nei muri di sponda che nelle scarpate naturali che lo delimitano.

5.6.2. Esito dei sopralluoghi

Il sopralluogo ha avuto inizio dalla frazione di Alone per tutta la lunghezza del tracciato del Torrente Nozza fino alla confluenza nel Fiume Chiese.

Il percorso dell’asta torrentizia si è sviluppato da quota 700 m lungo il sentiero che scorre parallelo al Nozza fino a quota 500 m, dove inizia la stretta di Luina (foto 1 e 2): una forra lunga circa 800 m creata nel corso dei secoli dall'azione di erosione dell'acqua e che oggi è stata riconvertita in un parco avventura. In questo tratto non ci sono problemi dal punto di vista idraulico.

Foto 1 – Torrente Nozza nei pressi di Alone. Foto 2 – Inizio della stretta di Luina.

A valle della forra è collocata l'area destinata al parco avventura e qui, a quota 455 m, troviamo il ponte 1 (foto 3) che collega la strada principale al parco: è un ponte ad arco con tre campate in calcestruzzo e pietrame. Il ponte misura linearmente 20 m; il torrente scorre principalmente sotto la campata principale larga 8 m ed alta 6, mentre le due ali laterali sono ricoperte dalle golene laterali e misurano 4 m di altezza; non si evidenziano problemi di erosione delle spalle.

A valle del ponte è presente una soglia alta 2 m in buono stato di conservazione (foto 4).

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Foto 3 – Ponte 1 visto da valle. Foto 4 – Soglia vista da valle.

All'interno del parco scorre un ramo secondario del Torrente Nozza e ivi è stata creata una serie di laghetti aventi funzione di trattenuta del materiale oltre che di svago per pesca sportiva (foto 5).

Nel tratto terminale del parco, a quota 440 è stata realizzata una soglia alta 2 m (foto 6) e delle scogliere in massi ciclopici alte 3,5 m su entrambe le sponde (foto 7). Queste opere consolidano le sponde dell'alveo e ne impediscono l'erosione.

Per evitare il trasporto solido a valle di materiale grossolano si è ipotizzata la costruzione di una briglia a fessura nella zona a monte delle scogliere (foto 8) che verranno allungate di circa 20 m verso monte al fine di evitare erosioni di sponda. La zona si presta favorevolmente anche per la possibilità di transito e di accesso dei mezzi pesanti facilitando quindi sia la costruzione che la successiva manutenzione.

Foto 5 – Laghetti artificiali. Foto 6 – Soglia con scogliere vista da valle.

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Foto 7 – Scogliere in massi viste da monte. Foto 8 – Zona in cui si prevede di posizionare la nuova briglia.

Arrivati al centro abitato di Casto si trovano i ponti 2 e 3 (foto 9 e 10): il primo è alto 2 m e lungo 7 m, la spalla sinistra risulta scalzata e a monte devono essere effettuati interventi di manutenzione; il secondo ha un’altezza di 2,4 m e una lunghezza di 8,4 m, ed entrambe le spalle vanno sottomurate. A valle del ponte 3 l’alveo è stato arginato con muri in calcestruzzo che devono essere sottomurati; tale intervento deve essere integrato con l’inserimento di alcune soglie di fondo (foto 11).

Procedendo lungo la provinciale a quota 410 m è presente il ponte 4 (foto 12) sulla strada che collega il comune di Bione: è un ponte in calcestruzzo lungo 8 m e alto 5 m. La struttura è in buono stato, la sponda destra è arginata con un muro in calcestruzzo che funge da sostegno per la strada mentre la sinistra andrebbe ripulita dalla vegetazione.

Foto 9 – Ponte 2. Foto 10 – Ponte 3.

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Foto 11 – Muri d’argine presso il campo. Foto 12 – Ponte 4 visto da monte. sportivo di Casto da sottomurare.

A quota 396 si trova il ponte 5 (foto 13): è un ponte in calcestruzzo che porta ad una azienda privata; è lungo 8 m è alto 1,9 m in mezzeria (il ponte è leggermente in discesa). La sponda sinistra è arginata con un muro d'argine che fa da sostegno alla strada mentre la sponda sinistra non è difesa ed è ricoperta dalla vegetazione. A quota 377 m è presente il ponte 6 (foto 14): trattasi di struttura in calcestruzzo che porta ad una azienda privata, è lungo 8,5 m e alto 3,3 m. La sponda sinistra e la sponda destra a valle del ponte sono protette tramite un argine in calcestruzzo che fa da sostegno anche alla strada principale mentre la sponda destra a monte è arginata tramite una scogliera in massi (foto 15).

Uscendo dal centro abitato di Casto sulla sponda destra del Nozza sono ubicati alcuni stabilimenti collegati per mezzo un ponte (foto 16). Il ponte 7 è realizzato in calcestruzzo e a valle è alto 2, 5 m mentre a monte solo 2 m; di conseguenza bisogna evitare che si depositi troppo materiale sotto la sezione del ponte altrimenti c'è il rischio di un intasamento. Entrambe le sponde a valle del ponte 7 sono state arginate con scogliere in massi ciclopici annegati in calcestruzzo (foto 17).

Foto 13 – Ponte 5 visto da valle. Foto 14 – Ponte 6 visto da valle.

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Foto 15 – Scogliera in massi a valle del ponte 5. Foto 16 – Ponte 7 visto da valle.

Foto 17 – Scogliera in massi a valle del ponte 7. Foto 18 – Ponte 8 visto da valle.

A quota 346 m troviamo il ponte 8 (foto 18): è realizzato in calcestruzzo, è lungo 7,2 m ed è alto 3,5 in mezzeria. Le sponde sono entrambe arginate con muri in cemento; il piede destro deve essere sistemato in quanto è stato scalzato dall'azione della corrente.

Uscendo dal territorio di Casto si arriva nella parte bassa del comune di Mura, dove a quota 337 troviamo il ponte 9 (foto 19): è un ponte in calcestruzzo lungo 12 m e alto 3 m che conduce ad una zona industriale.

Poco più avanti a quota 330 m il Torrente Tovere confluisce nel Torrente Nozza. In questo tratto sul Tovere individuiamo un ponte (foto 20) in calcestruzzo su cui passa la strada provinciale; a valle la spalla destra del ponte è protetta con scogliere in massi mentre la sponda sinistra è protetta con un muro d'argine in calcestruzzo (foto 21).

Attraversato il tratto di territorio di Mura si arriva a Nozza di Vestone dove, a quota 324 m, troviamo il ponte 10 (foto 22): è un ponte in calcestruzzo largo 13,5 m, alto 2,9 m e non presenta particolari problemi.

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Poco prima della foce, in località Isolo troviamo il ponte 11 (foto 23): altezza 3,5 m, lunghezza 15 m, in buono stato, che necessita di manutenzione solo a monte.

A quota 304 m sul ponte 12 (foto 24) si conclude il rilievo e a valle del ponte finisce il tragitto del torrente Nozza che confluisce nel fiume Chiese. Il ponte 12 è sede della strada provinciale, ha un'altezza di 2,4 m e una lunghezza di 25 m; non si evidenziano particolari problemi sulle sponde o alle spalle.

Per quanto concerne l’esame del bacino del torrente Tovere tributario di sinistra del Nozza, considerato che il suo percorso non presenta particolari problemi e conseguenti rischi in quanto non attraversa centri abitati, il sopralluogo è stato approfondito nella sua parte finale.

In questo tratto ove il torrente scorre sotto il ponte della strada provinciale (TOV-PNT1) sino all’immissione nel torrente Nozza risulta necessario procedere ad una manutenzione così come indicato nelle schede specifiche.

Foto 19 – Ponte 9 visto da valle. Foto 20 – Ponte della SP sul Torrente Tovere.

Foto 21 – Scogliera sul T. Tovere alla confluenza Foto 22 – Ponte 10 visto da valle. Con il T. Nozza.

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Foto 23 – Ponte 11 visto da monte. Foto 24 – Ponte 12 visto da monte.

5.6.3. Proposte di intervento nuove opere

Nel contesto generale il torrente non presenta sotto l’aspetto idraulico particolari problematiche essendo il fondo alquanto stabile e con opere in grado di trattenere materiale che altrimenti potrebbe essere trasportato pericolosamente a valle.

É stata individuata una zona ove può essere collocata una briglia selettiva in grado di aumentare la capacità di trattenuta del materiale ed evitare esondazioni (foto 8).

La zona si presta particolarmente idonea sia dal punto di vista idraulico che dal punto di vista logistico in quanto pianeggiante e raggiungibile con mezzi operativi

La proposte viene codificata mediante scheda NOZ-BRI-P1.

5.6.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti

Nel corso del sopralluogo si è ritenuto indispensabile vista la situazione sotto l’aspetto di funzionalità idraulica proporre la sottomurazione degli argini nella zona del centro abitato di Casto (NOZ-MUR1-R).

5.6.5. Proposte di intervento di manutenzione

Per quanto attiene alla manutenzione, sempre costituita da: sfalci, taglio piante, asporto di materiale con sottomurazione delle spalle dei ponti sono state osservate e proposte 3 aree distribuite lungo il corso d’acqua e definite dalle schede: NOZ-MAN1; NOZ-MAN2; NOZ- MAN3.

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5.6.6. Censimento ponti

Sono stati rilevati 12 ponti sul Torrente Nozza ed 1 sul Torrente Tovere.

Le caratteristiche dimensionali e la loro efficienza idraulica e strutturale sono descritte nelle corrispondenti schede allegate: NOZ-PNT1; NOZ-PNT2; NOZ-PNT3; NOZ-PNT4; NOZ-PNT5; NOZ-PNT6; NOZ-PNT7; NOZ-PNT8; NOZ-PNT9; NOZ-PNT10; NOZ-PNT11; TOV-PNT1.

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5.7. BACINO TORRENTE GORGONE

5.7.1. Inquadramento geologico e geomorfologico

Il bacino del Torrente Gorgone ricade in buona parte in Comune di Treviso Bresciano; solo il tratto verso la foce rientra nel comune di Vestone e la fascia verso il crinale in sinistra idrografica (zona Monte Castello) ricade su Provaglio Val Sabbia. L’andamento sia del bacino che del Torrente Gorgone è Est-Ovest. Il corso d’acqua nasce a q. 544 m s.l.m. dalla confluenza tra la Valle Bondo a sud e il Canale Carpen-Molzino-Valle Faegole a NE, E e S. La prima scende dalle pendici settentrionali della cima più alta del bacino (Monte Besum q. 1142,45 m s.l.m.) e Monte Cul-Passo Cul-Monte Gallo, mentre il secondo viene alimentato da tutta la testata del bacino compresa tra la Cima Saline, Monte Puttola, Monte Porre, Cima Giavarina e Monte Gallo.

Il torrente scorre all’interno di una valle che non passa per centri abitati; solo il tratto terminale, alla confluenza in sponda sinistra nel Fiume Chiese (q. 319,69 m s.l.m.) attraversa la piana urbanizzata di Vestone.

Il bacino idrografico ha una superficie di circa 15 km2, la lunghezza dell'asta principale è pari a 4,8 km e la sua pendenza media è del 5%.

Il bacino idrografico è impostato sia in rocce dolomitiche e calcareo dolomitiche caratterizzate da una stratificazione massiccia o in grossi banchi (Dolomia Principale) che occupano il settore centro-sudorientale del bacino, sia in rocce calcaree massicce o a stratificazione media-sottile, con scarse intercalazioni marnose, selciose e/o argillitiche che si trovano nella porzione sud-ovest e nord-est del bacino. Nella zona delle frazioni di Vico e Trebbio vi è una estesa area con rari affioramenti rocciosi, ricoperta da spessori elevati di depositi detritici di versante. Il substrato è costituito da una roccia di tipica deposizione chimica essenzialmente legata all’evaporazione (San Giovanni Bianco), dove possono verificarsi fenomeni carsici e/o cavernosi per la presenza di lenti di gesso e/o anidrite. Infine nel settore occidentale si rinvengono rocce in prevalenza arenacee stratificate con intercalazioni argillose e/o marnose che determinano morfologie dolci (Arenarie della Val Sabbia).

Sulla Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3g) le zone in dissesto non sono particolarmente diffuse ed estese. Sono presenti “aree soggette e/o potenzialmente soggette a crollo di massi (distacco e accumulo)” ‘ soprattutto nei settori corrispondenti alle porzioni di versanti con pareti rocciose o balze in roccia in località Basiolo Colvera, lungo il versante

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Sono cartografate “aree a franosità superficiale attiva diffusa”, presenti principalmente attorno all’abitato di Treviso Bresciano (Fienile Nis, Fienlile Roncaif, Vico), in loc. Fienili del Giogo e lungo i versanti destro e sinistro della Valle Faegole. Questi fenomeni si sono impostati in corrispondenza di quei settori dove il substrato roccioso è poco competente, più degradabile e quindi erodibile e di conseguenza dove le coperture hanno spessori considerevoli.

Sempre in Valle Faegole è riportata un’ampia area di “frana di scivolamento quiescente” e anche in località Madonna della Pertica e Fienili Rondaione. Mentre una “frana attiva” è indicata lungo la strada bassa che collega Trebbio a Vico.

La grossa frana quiescente è delimitata da vallecole in erosione incanalata con “colamenti rapidi attivi” e “accumuli in alveo di materiale detritico mobilizzabile”. Materiale alluvionale mobilizzabile si trova anche lungo la valle ai piedi delle Coste del Diavolo.

Spostandosi verso la foce, quindi in Comune di Vestone, sono state cartografate principalmente “frane inattive” e “colamenti quiescenti” lungo le vallette, oltre a un “conoide quiescente” in località Pirle in sinistra idrografica del torrente Gorgone.

Il tratto finale del torrente, dalla loc. Pirle fino alla confluenza nel Fiume Chiese, presenta ampie aree di piana alluvionale, adiacenti al corso d’acqua sia in destra che sinistra idrografica, classificate come “aree interessate da esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio a pericolosità molto alta”.

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5.7.2. Esito dei sopralluoghi

Il sopralluogo si è sviluppato partendo da quota 360 m e risalendo il torrente fino a quota 440 m fin dove è stato possibile proseguire a piedi, ripercorrendolo poi a ritroso sino all’immissione del corso d’acqua nel Fiume Chiese.

Il tratto più a monte scorre tra pareti rocciose senza la presenza di opere.

A quota 360 m viene individuata la prima opera di difesa spondale che consiste in un muro d'argine (foto 1) avente un’altezza di 4 m e una lunghezza di 20 m. In questo tratto l'alveo presenta un allargamento favorevole per la costruzione di una briglia di trattenuta (foto 2); peraltro la zona risulta facilmente accessibile per gli automezzi .

Procedendo verso valle sono presenti alcune case isolate e una serie di ponti che collegano delle case private alla strada principale.

Foto 1 – Muro d’argine di difesa spondale. Foto 2 – Tratto con allargamento dell’alveo.

A quota 350 m si trova il ponte 1 (foto 3): è un ponte a due campate, ciascuna luce misura 7 m e l'altezza è di 3 m. Poco più avanti rispettivamente a quota 340 m e 335 m troviamo il ponte 2 e 3 (foto 4 e 5). Il ponte 2 ha una luce libera di 8 m e un'altezza di 2,20 m; il ponte 3 ha una luce libera di 7 m e un'altezza di 2,50 m.

Il ponte 4 si trova a quota 3,20 m (foto 6) ha una lunghezza di 6m e un'altezza di 1,80 m.

Infine a quota 313 m troviamo il ponte stradale 5 (foto 7), che collega il paese ad una frazione: é lungo 6 m e alto 2,20 m, ed è realizzato sempre in calcestruzzo e pietrame.

L'ultimo tratto del torrente, compreso tra il ponte 4 e la confluenza nel Chiese, è stato arginato sulla sponda sinistra dove passa la strada; a monte e a valle del ponte 5 sono

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I ponti risultano essere in buone condizioni dal punto di vista strutturale. I punti più sensibili nel caso di un evento straordinario sono il ponte 4 e il ponte 5 e in generale tutto il tratto conclusivo in fregio alla la strada principale.

Foto 3 – Ponte 1. Foto 4 – Ponte 2.

Foto 5 – Ponte 3. Foto 6 – Ponte 4.

Foto 7 – Ponte 5. Foto 8 – Tratto terminale arginato e canalizzato.

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5.7.3. Proposte di intervento nuove opere

Viene proposta la realizzazione di una briglia selettiva in grado di trattenere materiale ove il torrente presenta una “varice” quasi pianeggiante (foto 2) idonea a trattenere una considerevole quantità di deposito alluvionale (codice GOR-BRI-P1).

5.7.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti

Nel corso del sopralluogo si è ritenuto indispensabile, vista la situazione sotto l’aspetto di funzionalità idraulica, proporre la sottomurazione degli argini nella zona a valle oltre il ponte 5 verso lo sbocco nel Fiume Chiese (GOR-MUR2-R).

5.7.5. Proposte di intervento di manutenzione

Sono state individuate 3 aree distribuite sul corso d’acqua così definite dalle schede: GOR-MAN1; GOR-MAN 2; GOR-MAN 3.

5.7.6. Censimento ponti

Sono stati esaminati 5 ponti e così censiti come da schede allegate: GOR-PNT1; GOR- PNT2; GOR-PNT3; GOR-PNT4; GOR-PNT5.

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5.8. BACINO TORRENTE AGNA

5.8.1. Inquadramento geologico e geomorfologico

Il Torrente Agna nasce lungo le pendici sudorientali della Cima Fobbia, a sud del Passo del Cavallino della Fobbia, e scorre per diversi chilometri all’interno della Val Degagna, confluendo in sponda sinistra del Fiume Chiese nel centro storico di Vobarno. Il bacino idrografico è sviluppato con andamento nord-sud e ha una superficie di 34,09 km2.

L'altezza massima del bacino è rappresentata dal M. Spino (1.498,64 m), mentre la minima coincide con la confluenza nel Fiume Chiese (245,97 m). La lunghezza dell'asta principale è pari a 10,75 km; la sua pendenza media è del 7%.

Il bacino idrografico è impostato prevalentemente in rocce dolomitiche, calcareo dolomitiche e calcaree caratterizzate da una stratificazione indistinta o in grossi banchi; in modo subordinato sono presenti litotipi rappresentati prevalentemente da calcari dolomitici e calcari marnosi a stratificazione evidente, con laminazione sottile.

Gli ammassi rocciosi nel corso del tempo hanno esibito un comportamento prettamente rigido in risposta alle sollecitazioni tettoniche cui sono stati sottoposti, con la costituzione di fratturazioni con diverso grado di spaziatura e di intensità.

In altri termini, soprattutto in corrispondenza delle zone sottoposte ad inarcamento o a forte compressione e in prossimità di lineamenti tettonici particolarmente significativi, si assiste alla formazione di ampie fasce cataclasate che talora giungono alla milonisi.

Le caratteristiche strutturali della valle, insieme alla notevole resistenza agli agenti atmosferici offerta dai litotipi calcareo-dolomitici, determinano un paesaggio caratterizzato da pareti rocciose, talora arricchite da guglie e torrioni, e balze in roccia. I versanti presentano una pendenza generalmente maggiore del 50% e sono spesso solcati da vallecole profondamente incise. La disgregazione delle cime e delle pareti rocciose produce ampi accumuli di detrito in forma di coni e di falde.

Sulla Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3h) sono rappresentate estese “aree soggette e/o potenzialmente soggette a crollo di massi (distacco e accumulo)”, corrispondenti a porzioni di versante con pareti rocciose o balze in roccia, nonchè numerose “aree di frana attiva”, in buona parte riconducibili a fenomeni di crollo.

Laddove le rocce calcareo-dolomitiche sono interessate da una fitta rete di dislocazioni che hanno portato alla formazione di zone cataclasate, sono presenti aree con scarsa o nulla

101 COMUNITÀ MONTANA DI VALLE SABBIA STUDIO A SCALA DI SOTTOBACINO IDROGRAFICO DEL FIUME CHIESE FINALIZZATO ALLA DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI SECOVAL S.R.L. PRIORITARI DI SISTEMAZIONE E DIFESA IDRAULICA copertura vegetale, interessate da intensi fenomeni erosivi, ben visibili lungo i versanti della Val Degagna. In queste zone spesso è difficile distinguere cartograficamente le frane di crollo dai fenomeni erosivi che provocano l'estensione delle nicchie di distacco e sono dovuti alle acque dilavanti ed ai processi di degradazione fisica. In effetti frequentemente esiste continuità o addirittura sovrapposizione del processo gravitativo e di quello erosivo. Queste aree sono state cartografate sulla Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3h) utilizzando la voce che più rappresenta localmente la tipologia del dissesto: “frana attiva” oppure “aree a franosità superficiale attiva diffusa” abbinate a “accumulo in alveo di materiale detritico mobilizzabile”.

Queste aree possono rappresentare “aree sorgente” nei confronti di materiale detritico che potrebbe essere trasportato dalla rete idrografica. Partendo da nord, in sinistra idrografica del bacino, esse sono sviluppate soprattutto nella valle situata a sud di Cima Gaione e in Val Faeno (che confluisce nel Torrente Agna a valle di località Piazza Lunga), mentre in destra idrografica della Val Degagna sono concentrate nella Val Battoni (che scende dal M. Puttola e confluisce nel Torrente Agna a valle di località Piazza Lunga), nella Valle delle Api (che confluisce nel Torrente Agna a Ponte Sacca), nella Valle del Faeno (che si sviluppa ad ovest di Carvanno e confluisce nel Torrente Agna a monte di località Rango) e nella Val Venardo (che confluisce anch’essa nel Torrente Agna a monte della località Rango).

A sud-est della frazione di Eno è presente una frana di scivolamento di dimensioni significative. Nello studio geologico del PGT la porzione inferiore della frana è considerata attiva, mentre quella superiore, il cui ciglio superiore lambisce la strada che porta ad Eno (foto 1), è ritenuta quiescente. La struttura di sostegno del tornante è gravemente lesionata (foto 2).

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Foto 1 – Nicchia di frana quiescente in loc. Eno.

Foto 2 – Muro di sostegno lesionato del tornante stradale per la loc. Eno.

Attualmente il Torrente Agna non erode il piede della frana, essendo il suo alveo inciso in roccia. Considerate le dimensioni della frana e la sua posizione prospiciente il torrente, si ritiene di proporre uno studio geologico di dettaglio del movimento franoso ed eventualmente il suo monitoraggio (par. 5.8.7).

Gli affluenti del Torrente Agna sono generalmente in fase di prevalente erosione, mentre l’Agna risulta in buona parte in fase di equilibrio ed in alcuni tratti in erosione.

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Sulla Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3h) sono indicate le “aree interessate da esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio lungo le aste dei corsi d’acqua, a pericolosità elevata”.

Lungo il Torrente Agna, nei pressi della confluenza nel Fiume Chiese, sono segnalati episodi di allagamento per difficoltà di smaltimento delle acque nel Fiume Chiese stesso in occasione di eventi di piena.

5.8.2. Esito dei sopralluoghi

Il sopralluogo ha interessato il corso d’acqua da quota 450 m, laddove il Torrente Agna comincia ad avere una portata significativa e c’è la possibilità di poterne visionare il corso seguendo tutta la strada che passa adiacente ad esso, incontrando le frazioni di Cecino e Degagna fino ad arrivare alla confluenza del torrente nel Fiume Chiese a Vobarno.

Durante il sopralluogo, procedendo lungo il torrente è stato osservato che la pendenza è poco accentuata. Non sussistono problemi particolari di erosione delle sponde e i punti critici più importanti sono solo quelli in corrispondenza dei ponti e degli attraversamenti a guado. Tuttavia, come abbiamo constatato anche per gli torrenti, le sponde e notevoli tratti di alveo sono invasi dalla vegetazione con anche tronchi di alberi.

Ciò contribuisce ad aumentare il rischio di esondazione non sussistendo condizioni per il regolare deflusso delle acque impedito appunto dalla presenza di alberi e depositi vari.

Tale rischio aumenta notevolmente in caso di pericolosi e possibili ostruzioni delle luci dei ponti presenti lungo il corso d’acqua.

Procedendo da quota 450 m in località Eno è presente un piccolo attraversamento (guado) realizzato in calcestruzzo (foto 3) che conduce ad una abitazione privata, mentre a valle del guado è stata realizzata un'opera di presa sempre in calcestruzzo (foto 4). Vista la situazione morfologica del torrente a monte del citato guado che presenta bassa pendenza si propone la realizzazione di una briglia selettiva a fessura in grado di trattenere materiale grossolano durante gli eventi calamitosi impedendone il trasporto a valle.

La presenza della strada renderà i lavori di manutenzione e di pulizia dell'alveo e dello svaso della briglia proposta più veloci ed agevoli.

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Foto 3 – Guado sul Torrente Agna. Foto 4 – Opera di presa con piazza di deposito.

Dopo aver percorso un breve tratto a piedi e constatato la massiccia presenza di vegetazione all'interno dell'alveo, scendendo a quota 417 m viene individuato il ponte 1 che attraversa l'Agna (foto 5). Trattasi di un ponte carrabile realizzato in calcestruzzo che collega la frazione di Cecino; ha un'altezza pari a 2,40 m e una lunghezza pari a 6,50m. Non sono presenti opere di difesa spondale.

In località San Martino, a quota 378 m, troviamo i ponti 2 e 3 (foto 6 e 7). Il primo è un ponticello laterale che dalla strada conduce ad una abitazione privata mentre il secondo è il ponte principale che collega la strada della Val Degagna con le frazione di Cecino e Ceresigno. Il ponte 2 è largo 7,5 m e alto 3,10 m, il ponte 3 è largo 7 m e alto 4 m. Entrambi sono realizzati in calcestruzzo: il ponte 2 non presenta difese spondali mentre le spalle del ponte 3 sono consolidate con argini in calcestruzzo.

Poco più a valle, a quota 374 m, in località S. Martino si trova il ponte 4 (foto 8): è un vecchio ponte ad arco realizzato in pietrame e calcestruzzo con una lunghezza di 8 m ed un'altezza pari a 3,8 m; la sponda sinistra a monte del ponte è stata sistemata e consolidata con gabbioni in pietrame (foto 9), mentre a valle deve essere sottomurata la spalla destra.

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Foto 5 – Ponte 1. Foto 6 – Ponte 2.

Foto 7 – Ponte 3. Foto 8 – Ponte 4.

Foto 9 – Sponda sistemata con gabbioni in pietrame.

Nella frazione Fucina Nuova, a quota 358 m, sono collocati i ponti 5 e 6 (foto 10 e 11), sopra i quali passa la strada principale. Il primo nel corso degli anni ha subito diverse sistemazioni: come si può notare dalla foto, il ponte originale è stato realizzato in pietrame,

106 COMUNITÀ MONTANA DI VALLE SABBIA STUDIO A SCALA DI SOTTOBACINO IDROGRAFICO DEL FIUME CHIESE FINALIZZATO ALLA DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI SECOVAL S.R.L. PRIORITARI DI SISTEMAZIONE E DIFESA IDRAULICA ha una forma ad arco ed era stretto; successivamente l'intradosso è stato raddoppiato ed è stato realizzata una struttura in calcestruzzo con una pila centrale che ingloba il ponte vecchio. Attualmente ha una lunghezza di 8 m, cui va sottratta la larghezza della pila pari a 1 m, e un'altezza di 3 m. La spalla sinistra è in stato di degrado e necessita di interventi di sistemazione, mentre l'alveo è pieno di vegetazione e di piante che vanno assolutamente eliminate. Anche il ponte 6, presenta gli stessi problemi legati alla vegetazione che cresce in maniera incontrollata lungo le sponde a monte.

Questo tratto d'alveo risulta uno dei più critici, data anche la vicinanza dei due ponti: infatti, nel caso in cui il ponte 6 si intasasse ciò provocherebbe anche l'intasamento del ponte a monte e tutta la zona potrebbe essere soggetta a allagamento.

Foto 10 – Ponte 5. Foto 11 – Ponte 6.

Scendendo verso la località Degagna, a quota 334 troviamo il ponte 7 (foto 12) che collega la strada principale con delle abitazioni private. Il ponte è diviso in due campate sorrette da una pila centrale, ciascuna sezione misura 8 m di lunghezza e un'altezza di 6 m dal fondo dell'alveo; il ponte è stato realizzato in calcestruzzo e pietrame e non vi sono opere di difesa delle sponde.

Procedendo verso valle, nella frazione di Rango, individuiamo i ponti 8 e 9 (foto 13 e 14), rispettivamente alle quote di 323 e 319 m. Il ponte 8 segue l'asse viario principale, mentre il ponte 9 funge da collegamento con la frazione di Carvanno. Il primo è più recente ed stato realizzato in calcestruzzo (probabilmente è stato demolito il ponte preesistente), ha una luce libera di 8,5 m e una altezza di 6 m; la spalla destra presenta problemi di erosione e necessita di essere sottomurata. Nel secondo ponte invece è ancora ben visibile la struttura del vecchio ponte in pietrame a cui successivamente hanno aggiunto l'impalcato di

107 COMUNITÀ MONTANA DI VALLE SABBIA STUDIO A SCALA DI SOTTOBACINO IDROGRAFICO DEL FIUME CHIESE FINALIZZATO ALLA DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI SECOVAL S.R.L. PRIORITARI DI SISTEMAZIONE E DIFESA IDRAULICA calcestruzzo, è lungo circa 10 m e alto 3,7 m; l'argine sinistro che sostiene la strada principale deve essere sottomurato a partire dal ponte verso valle per circa 20 m di lunghezza.

Nonostante la scarsa pendenza notiamo come il torrente a poco a poco abbia causato l'erosione delle difese spondali e come un semplice intervento di manutenzione possa ripristinare la situazione iniziale senza bisogno di grossi sforzi dal punto di vista economico.

All'inizio della località Degagna, a quota 264 m, troviamo un vecchio ponte 10 (foto 15) in pietra che conduce alla frazione di Malnase e che presenta una tradizionale forma ad arco con una luce libera nella parte alta di 8 m che va restringendosi verso il basso fino a 5 m, a causa della presenza di speroni di roccia; l'altezza è circa 4,20 m e non si presentano problemi per le spalle.

Nel tratto conclusivo del torrente, dove inizia il centro abitato di Vobarno, l'alveo è stato arginato su entrambe le sponde ed è pavimentato: si può notare come gli argini siano stati innalzati oltre il bordo stradale per formare dei muretti, probabilmente in seguito a qualche piena di eccezionale entità avvenuta in passato.

A quota 246 troviamo il ponte 11 (foto 16) che porta ad una abitazione privata: è realizzato in calcestruzzo, ha una luce libera di 8 m e un'altezza di 2,50 m. L'ultimo ponte 12 (foto 17) che si trova in corrispondenza dello sbocco dell'Agna nel Fiume Chiese è la sede stradale della Strada Provinciale SP237 su cui transita la maggior parte della circolazione cittadina e della Valle Sabbia. Ha una forma ad arco, la luce libera è circa 12 m e l'altezza è 2, 50 m. E' una zona critica del torrente in quanto la quota a cui l'Agna si immette nel Chiese risulta quasi uguale al livello idrico del fiume stesso e quindi durante un'eventuale piena del Chiese si verrebbe a creare una zona di rigurgito che spingerebbe verso monte le acque dell'affluente; in tale situazione tentare di realizzare una soglia più elevata risulta impossibile data la pendenza quasi nulla dell'ultimo tratto. Infine, a monte del ponte è possibile notare una zona di deposito in cui è confluita una notevole quantità di materiale.

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Foto 12 – Ponte 7. Foto 13 – Ponte 8.

Foto 14 – Ponte 9. Foto 15 – Ponte 10.

Foto 16 – Ponte 11. Foto 17 – Ponte 12.

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5.8.3. Proposte di intervento nuove opere

Il Torrente Agna sotto l’aspetto prettamente idraulico non presenta particolari problematiche salvo la zona nel tratto finale verso l’immissione nel Fiume Chiese ove la sezione idraulica risulta insufficiente in caso di piene anche a causa delle quote di scorrimento del Fiume Chiese.(questa criticità viene rimarcata nella scheda relativa ai ponti).

E’ stata individuata la necessità di realizzare una briglia selettiva in località Eno a quota circa 450 m ove la presenza di un tratto pianeggiante consente la possibilità di trattenere materiale tramite la briglia proposta, oltre al fatto che la zona risulta accessibile grazie alla presenza di una strada utilissima sia per l’accesso alla realizzazione dell’opera che per la sua periodica manutenzione (AGN-BRI-P1).

Oltre alla proposta della nuova briglia si ritiene necessario realizzare un tratto di argine in sponda sinistra a protezione dell’abitato adiacente in località Cecino (AGN-MUR-P2).

5.8.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti

Considerata la buona condizione dei manufatti esistenti visionati, allo stato attuale non sono previsti interventi di ripristino.

5.8.5. Proposte di intervento di manutenzione

Si propone l’intervento di manutenzione in 4 zone codificate come da schede allegate: AGN-MAN1; AGN-MAN2 AGN-MAN3 AGN-MAN4, consistenti sempre in sfalci, taglio piante, asporto ceppaie e alcune semplici sottomurazioni delle spalle dei ponti.

5.8.6. Censimento ponti

Sono stati individuati ed esaminati 12 ponti tutti in grado di smaltire la portata duecentennale (Q200) senza comunque garantire il franco di sicurezza.

Particolare attenzione deve essere data al ponte 12 in corrispondenza della foce verso il Fiume Chiese. Infatti, pur essendo la sezione del corso d’acqua geometricamente sufficiente allo smaltimento della portata, sussiste l’impedimento di sversare tutta la portata nel Fiume

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Chiese in caso di piena del Chiese stesso allorquando la quota del livello di piena del recettore risulta superiore alla quota del torrente e quindi vi è possibilità di rigurgito. Tale criticità viene evidenziata nel paragrafo 5.8.2.

5.8.7. Studio e monitoraggio della frana di Eno

A sud-est della frazione di Eno è presente una frana di scivolamento di dimensioni significative il cui ciglio superiore lambisce la strada che porta a Eno, mentre il corpo di frana si spinge fino alla scarpata presente lungo l’alveo del Torrente Agna (par. 5.8.1). Attualmente il Torrente Agna non erode il piede della frana, essendo il suo alveo impostato in roccia.

Nello studio geologico del PGT la porzione inferiore della frana è considerata attiva, mentre quella superiore è ritenuta quiescente (Figura 5.8.7.1). La struttura di sostegno del tornante stradale per la frazione di Eno è gravemente lesionata.

Figura 5.8.7.1. - Delimitazione della frana di Eno sull’ortofoto. In rosso la parte attiva e in azzurro la porzione quiescente.

Considerate le dimensioni della frana e la sua posizione prospiciente il torrente, si ritiene di proporre i seguenti interventi di monitoraggio:

− studio geologico di dettaglio con rilievo geologico, geomorfologico e idrogeologico del movimento franoso e del suo contesto;

− indagine geofisica;

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− monitoraggio inclinometrico mediante l'installazione di n. 1 inclinometro. Si prevede di realizzare n. 1 sondaggio a carotaggio continuo profondo indicativamente 40 m con esecuzione di prove SPT in avanzamento, prelievo di campioni sui quali effettuare prove di laboratorio e posa in opera di tubazione inclinometrica per la misura dell’entità e della direzione degli spostamenti ed eventualmente della profondità delle superfici di scollamento. Si propone di effettuare misure semestrali per almeno 5 anni;

− monitoraggio piezometrico mediante l'installazione di n. 1 piezometro: Si prevede di realizzare un sondaggio a distruzione di nucleo profondo indicativamente 40 m nel quale mettere in opera un piezometro a tubo aperto da abbinare all’inclinometro; l'effettiva profondità del sondaggio sarà valutata in corso d'opera sulla base dei risultati stratigrafici emersi dalla realizzazione del sondaggio a carotaggio continuo. Si propone di effettuare per almeno 5 anni misure mensili mediante freatimetro, integrate da misure da eseguire durante e a seguito di eventi meteorici intensi e/o prolungati;

− monitoraggio topografico per verificare nel tempo le condizioni di stabilità del versante nel suo complesso e individuare eventuali aree in movimento. Si propone di effettuare misure semestrali per almeno 5 anni;

− raccolta dei dati pluviometrici presso le stazioni di rilevamento più vicine.

Saranno prodotte:

− una relazione geologica e geotecnica di interpretazione dei dati stratigrafici e geotecnici ottenuti dall’esecuzione dei sondaggi e dell’indagine geofisica;

− relazioni annuali illustrative dei risultati di monitoraggio ottenuti;

− una relazione geologica finale con elaborazione ed interpretazione dei dati geotecnici, geofisici e di monitoraggio raccolti.

Per l’intervento di monitoraggio sopra descritto si prevede un importo complessivo pari a 70.000,00 €.

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5.9. BACINO TORRENTE VRENDA DI ODOLO

5.9.1. Inquadramento geologico e geomorfologico

Il Torrente Vrenda di Odolo nasce dalla confluenza dei canali Calafra e di Gazza che si originano rispettivamente dalle pendici nord-orientali del Monte Mizzigolo a Vallio Terme e da quelle nordoccidentali della Rocca di Bernacco al confine Vallio-Odolo. Poco dopo si immettono anche le acque del Rio Selva che scende dal Monte Castel Bertino di Agnosine a ovest.

A quota 440 m s.l.m. quindi nasce il Torrente Vrenda di Odolo che scorre fino alla foce nel Fiume Chiese con andamenti molto articolati e irregolari; dalla sorgente fino all’inizio della zona industriale di Odolo infatti ha un andamento S-N per poi curvare bruscamente a est in prossimità della località Bredina, successivamente piega verso NE tra la Feralpi e l’abitato di Odolo, poi ancora curva verso NO tra Odolo e la loc. Forno, e giunto alla rotonda della SP 79 in Comune di Preseglie piega nettamente verso est scorrendo a meandri nella piana che costeggia la strada provinciale. In località Fornaci torna a curvare verso N e dopo aver attraversato l’abitato di Sabbio Chiese si immette in loc. Santuario nel Fiume Chiese ad una quota di circa 280 m s.l.m.

Il bacino idrografico è molto ampio (39,3 km2) in quanto nel Torrente Vrenda di Odolo confluiscono anche le acque del Torrente Bondaglio che scende da Agnosine, del Torrente Mondarone che scende da Bione e del Torrente Visello che scende da Preseglie. L'altezza massima del bacino è rappresentata dal Dosso di Ce’ sopra Bione (1.132,34 m), mentre la minima coincide con la confluenza nel F. Chiese (279,62 m). La lunghezza dell'asta principale è pari a 9,33 km e la sua pendenza media è del 2%: infatti il torrente scorre prevalentemente su un fondovalle a bassa pendenza.

Il bacino idrografico è impostato prevalentemente in rocce dolomitiche e calcareo dolomitiche appartenenti alla formazione della Dolomia Principale che occupa tutta la porzione meridionale, centrale e occidentale del bacino idrografico. Spostandosi verso nord (Agnosine, Bione e Preseglie) la successone stratigrafica attraversa formazioni più antiche, passando da dolomie vacuolari, argilliti, depositi evaporatici, gessi e arenarie della formazione del San Giovanni Bianco e delle Arenarie della Val Sabbia che danno origine a morfologie dolci e blande, a rocce calcaree, calcareo-marnose e calcareo dolomitiche a stratificazione evidente della Formazione di Wengen e del Calcare di Esino che caratterizzano paesaggi più acclivi e con impluvi più incisi.

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L’andamento a zig-zag con evidenti curve a gomito del torrente è sicuramente connesso alla presenza di dislocazioni tettoniche orientate sia NE-SO che ONO-ESE come ad esempio quella lungo la piana alluvionale tra le località Forno e Fornaci.

Sulla Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3i) sono indicate numerose aree in dissesto per lo più di limitate dimensioni, diffusamente sparse in tutto il bacino idrografico.

Gli ambiti soggetti e/o potenzialmente soggetti a crollo di massi (distacco e accumulo), corrispondenti a porzioni di versante con pareti rocciose o balze in roccia, unitamente alle aree potenzialmente interessate dal distacco e rotolamento di blocchi provenienti da depositi superficiali, sono concentrati prevalentemente nei settori dei rilievi montuosi calcareo- dolomitici di Bione e Agnosine. Sempre ad Agnosine sono presenti numerose frane attive in corrispondenza di porzioni di rocce calcareo-dolomitiche interessate da una fitta rete di dislocazioni che hanno portato alla formazione di zone cataclasate.

Un’importante frana attiva di scivolamento impostatasi nelle Arenarie della Val Sabbia si trova in loc. Bersenico a Bione; si tratta di un dissesto avvenuto nel 2010 che ha interessato una porzione considerevole del versante e ha coinvolto due edifici, danneggiandoli; la frana costituisce una riattivazione di una frana molto più ampia, indicata come quiescente, avvenuta nel 1951. Un’altra frana di scivolamento sempre quiescente, molto estesa, è presente in loc. S. Andrea tra Agnosine e Bione.

Numerosi sono i dissesti che coinvolgono i terreni di copertura, soprattutto in corrispondenza di formazioni rocciose facilmente alterabili che producono notevoli quantità di materiale a ricca componente argillosa, quali la Formazione delle Arenarie della Val Sabbia, costituita prevalentemente da arenarie e siltiti vulcaniche, spesso associate a rocce porfiritiche e tufacee, o la Formazione di Wenghen, rappresentata da marne e calcari marnosi con arenarie e siltiti talora tufacee. Tali depositi di copertura possiedono spesso una potenza notevole ed una pendenza prossima all’angolo limite di stabilità. La loro scarsissima permeabilità fa sì che in condizioni idrogeologiche particolari e/o in occasione di precipitazioni abbondanti e prolungate essi si impregnino di acqua, perdano coesione e si appesantiscano dando così origine a movimenti franosi più o meno lenti.

Variamente sparse in tutto il bacino sono le aree a franosità superficiale diffusa; tra le più estese vi sono quelle in loc. Pieve e Dossolo a Bione, a est e ovest di Gazzane e in loc. Dosso di Clivio a Preseglie, e in loc. Fienile Volpe ad Agnosine.

La piana che costeggia la strada provinciale n.79 tra la frazione di Forno e Fornaci è soggetta a fenomeni di esondazione da parte del Torrente Vrenda di Odolo; il grado di

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Infine sono stati indicati numerosi colamenti rapidi quiescenti che caratterizzano tutti gli impluvi del bacino del Canale di Visello a nord di Gazzane a Preseglie. Alcuni colamenti attivi invece si rinvengono a sud di Odolo lungo il Rio del Bosco e in loc. Baione.

5.9.2. Esito dei sopralluoghi

L’esame del tracciato del torrente ha avuto inizio a quota 400 m in Comune di Odolo, dove il corso d’acqua comincia ad avere una portata significativa, sino allo sbocco nel Fiume Chiese in Comune di Sabbio Chiese. Si è costeggiato tutto il torrente lungo la strada provinciale e le strade interne dei paesi onde verificare tutti i manufatti esistenti (ponti ed opere idrauliche di difesa) oltre ad individuare situazioni di eventuale criticità legata a possibili erosioni e/o esondazioni.

A quota 392 m si trova il ponte 1 (foto 1): è un ponte ad arco in calcestruzzo e pietrame, lungo 7 m e alto 2 m, sopra al quale transita la strada provinciale. Non ci sono problemi di erosione né di esondazioni, l'unica nota riguarda la pulizia dell'alveo dalla vegetazione e dagli alberi presenti praticamente lungo tutto il corso.

All'inizio del paese di Odolo, a quota 391 m è collocato il ponte 2 (foto 2): si tratta di un piccolo ponte in pietrame e calcestruzzo con una forma ad arco che conduce a delle abitazioni private; è alto 2 m e largo 5 m .

A quota 389 il ponte 3 (foto 3) conduce ad una azienda privata: il ponte è realizzato in calcestruzzo, con un'altezza di 3,2 m e una luce libera pari a 7,5 m; non ci sono problemi di erosione delle spalle, le sponde sono in buone condizioni ma ricoperte da vegetazione ed alberi.

A quota 387 m troviamo il ponte 4 (foto 4): è un ponticello in calcestruzzo di cui notiamo subito la sezione idraulica insufficiente (H = 1,2 m; L = 6 m).

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Foto 1 – Ponte 1 visto da monte. Foto 2 – Ponte 2 visto da valle.

Foto 3 – Ponte 3 visto da monte. Foto 4 – Ponte 4 visto da valle.

L'argine sulla sponda destra a monte del ponte 4 deve essere sottomurato (foto 5).

A quota 383 individuiamo la briglia 1 (foto 6): è una briglia di consolidamento che regola la pendenza e consolida le sponde dell’alveo. L'opera è in un discreto stato di conservazione, ma presenta un’accentuata erosione al piede che può nel tempo pregiudicarne la stabilità. Sul lato destro è depositato del materiale che deve essere rimosso.

A quota 368 m troviamo il ponte 5 (foto 7): è un ponte di calcestruzzo che fa parte della viabilità principale del paese e non presenta particolari problemi alle spalle mentre le sponde andrebbero ripulite dalla vegetazione infestante; l'opera ha una luce libera di 10 m e un'altezza di 3,5 m.

A quota 360 m è presente sulla sponda sinistra del torrente un muro d'argine in calcestruzzo che funge anche da sostegno alla ripida scarpata adiacente che prosegue fino ad arrivare al centro storico del paese (foto 8): il muro è alto circa 5-6 m e necessita interventi di sottomurazione.

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Foto 5 – Muretto d’argine a monte del ponte 4. Foto 6 – Briglia 1 vista frontalmente.

Foto 7 – Ponte 5 visto da monte. Foto 8 – Muro d’argine sulla sponda sinistra.

A valle del muro d'argine, a quota 363 m, troviamo una soglia (foto 9) costituente un’opera di derivazione: anche quest'opera ha subito uno scalzamento che necessita di sottomurazione. Poco più in basso a quota 361 m troviamo una seconda soglia (foto 10) in buone condizioni.

Il tratto d'alveo a valle della soglia 2 è stato sistemato recentemente per una lunghezza complessiva di 70 m per ciascuna sponda: la sponda sinistra è stata arginata con una scogliera in massi ciclopici (foto 11) mentre sulla sponda destra sono stati effettuati interventi di ingegneria naturalistica ed è stato effettuato un rinverdimento con talee (foto 12). Al termine del tratto sistemato, a quota 350 m, è stata realizzata una passerella pedonale in legno (foto 13) con impalcato d'acciaio e due pile centrali in calcestruzzo. La lunghezza è 15 m e l'altezza è 2 m.

Da questo punto il torrente Vrenda scorre all'interno del centro storico di Odolo: alcuni

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Foto 9 – Soglia 1 vista dalla sponda sinistra. Foto 10 – Soglia 2 vista da monte.

Foto 11 – Scogliera in massi in sponda destra. Foto 12 – Rinverdimento con talee in sponda sinistra.

Foto 13 – Passerella pedonale (ponte 6). Foto 14 – Tratto d’alveo coperto.

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Foto 15 – Tratto d’alveo canalizzato. Foto 16 – Ponte 7 visto da valle.

A valle del ponte il torrente Vrenda di Odolo compie un salto naturale di 6 m, creando una cascata per poi proseguire dolcemente verso valle: in questo tratto il comune ha realizzato un piccolo parco per la presenza di antiche fucine poste lungo le sponde che utilizzavano l’energia idraulica dal torrente (foto 17).

Al termine del parco a quota 327 m troviamo il ponte 8 (foto 18): è un ponte ad arco realizzato in pietrame e calcestruzzo con una lunghezza di 7,5 m ed un'altezza di 2,7 m. L'opera si presenta in buono stato con necessità di manutenzione della spalla sinistra che presenta segni di scalzamento.

Dopo un breve tratto rettilineo il Vrenda compie una curva a gomito verso destra e a quota 324 m passa sotto il ponte 9, anche questo sede della strada provinciale.

Foto 17 – Nuova area ricreativa a Odolo. Foto 18 – Ponte 8 visto da monte.

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Il ponte 9 (foto 19) è realizzato in calcestruzzo ed ha una forma ad arco, è alto circa 5 m e sotto la sua volta è presente una soglia di fondo e una pila di cemento. A valle del ponte dopo un'altra curva a gomito troviamo la seconda briglia del Vrenda: anche questa è una briglia di consolidamento realizzata in calcestruzzo e pietrame, alta 4,5 m. La briglia 2 (foto 20) si presenta in condizioni discrete, ma con un evidente scalzamento al piede che deve essere ripristinato unitamente ad interventi di pulizia.

Superato questo ponte il torrente lascia Odolo ed entra nel territorio del comune di Preseglie.

Foto 19 – Ponte 9 visto da valle. Foto 20 – Briglia 2 vista da valle.

A quota 310 m incontriamo il ponte 10 (foto 21): è un ponte in pietra e in calcestruzzo con la forma ad arco, ha una lunghezza di 8 m e un'altezza di 3,2 m. Non si evidenziano particolari problemi a parte la pulizia dell'alveo; inoltre si tratta di un ponte che conduce ad una strada di campagna isolata senza abitazioni nell’intorno.

Il torrente procede sinuosamente lungo la pianura ed entra nel territorio comunale di Sabbio Chiese. A quota 292 troviamo una soglia in pietrame in buone condizioni (foto 22) e a quota 290 il ponte 11 (foto 23) su cui passa la strada che conduce a Lumezzane: è un ponte in calcestruzzo con una luce libera di 17 m e un'altezza di 2,5 m. La spalla sinistra presenta segni di scalzamento e perciò deve essere sottomurata; inoltre il tratto di sponda sinistra a monte del manufatto risulta eroso e di conseguenza viene proposta la realizzazione di una scogliera per un tratto di circa 25 m (foto 24).

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Foto 21 – Ponte 10 visto da valle. Foto 22 – Soglia 3 vista da valle.

Foto 23 – Ponte 11 visto da monte. Foto 24 – Sponda sinistra lungo cui si prevede di realizzare la nuova scogliera.

A quota 292 troviamo il ponte 12 (foto 25) su cui passa la strada provinciale: il ponte è in calcestruzzo, ha una lunghezza di 17 m e un'altezza di 3 m e non presenta particolari problemi. Il torrente giunge poi nel centro abitato di Sabbio Chiese; a quota 284 passa sotto il ponte 13 (foto 26) che unisce le vie interne di Sabbio: il ponte è in pietra e calcestruzzo ed ha una forma ad arco; è lungo 13 m ed è alto 3 m. Le sponde non presentano particolari problemi.

A valle del ponte, a quota 280 m, troviamo la terza briglia di consolidamento (foto 27): è un'opera realizzata in massi a “semisecco” tecnologia antica ma efficace e ben consolidata salvo alcuni tratti del paramento che necessitano di tamponamento.

A valle della briglia troviamo una piccola soglia (foto 28) ed infine, a quota 276 m, il ponte 14 (foto 29) che unisce le vie interne principali del centro storico di Sabbio: è un ponte ad arco romano a tre campate, realizzato in pietra e calcestruzzo, lungo 30 m e alto 3,5 m. Le

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Foto 25 – Ponte 12 visto da valle. Foto 26 – Ponte 13 visto da valle.

Foto 27 – Briglia 3 vista da valle. Foto 28 – Soglia 4 vista da valle.

Foto 29 – Ponte 14 visto da valle. Foto 30 – Tratto finale del Torrente Vrenda di Odolo alla confluenza nel Fiume Chiese.

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5.9.3. Proposte di intervento nuove opere

Il Torrente Vrenda di Odolo dal punto di vista idraulico non presenta particolari problematiche in quanto risulta regimato; non si segnalano particolari fenomeni erosivi e le opere idrauliche presenti risultano efficaci.

Come già indicato nel precedente paragrafo, viene proposta una semplice opera di difesa spondale in sinistra idraulica costituita da una scogliera di 30 m di lunghezza (foto 24) a protezione del ponte della provinciale così codificata:VRO-SCO-P1.

5.9.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti

L’esame delle opere esistenti ha evidenziato l’importanza di provvedere al ripristino di alcuni importanti manufatti onde conferire loro nuovamente efficacia idraulica e strutturale.

Sono stati individuati 7 ripristini relativi alla sottomurazione di argini, al consolidamento di 2 soglie, al consolidamento di una briglia ed al paramento e la gaveta di un’altra briglia.

Per i dettagli si rimanda alle corrispondenti schede così codificate: VRO-MUR1-R; VRO- BRI1-R; VRO-MUR2-R; VRO-SGL1-R; VRO-SGL2-R; VRO-BRI2-R; VRO-BRI3-R.

5.9.5. Proposte di intervento di manutenzione

Anche per il Torrente Vrenda di Odolo sono necessarie alcune manutenzioni costituite sempre da sfalci, taglio piante, asporto di ceppaie e tronchi e semplici sottomurazioni.

Sono state individuate 3 zone distribuite sul corso d’acqua così codificate nelle rispettive schede: VRO-MAN1; VRO-MAN2; VRO-MAN 3.

5.9.6. Censimento ponti

Come già descritto, il sopralluogo ha permesso l’esame e l’individuazione di 14 ponti più il tombotto di copertura del torrente in un tratto di attraversamento del centro abitato

Per i dettagli si rimanda alle schede che individuano i manufatti con il codice VRO-PNT seguito dai numeri da 1 a 14.

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5.10. BACINO TORRENTE PREANE

5.10.1. Inquadramento geologico e geomorfologico

Il bacino idrografico del Torrente Preane, affluente di destra del fiume Chiese, si sviluppa con andamento nord-sud e ha una superficie di 9,59 km2. L’asta principale ha una lunghezza di 5,2 km; la sua pendenza media è del 13%.

Il bacino idrografico è impostato prevalentemente in rocce dolomitiche, calcareo dolomitiche e calcaree ed è interessato da un’importante struttura tettonica rappresentata dal sovrascorrimento della Dolomia Principale di età triassica sulle più recenti formazioni giurassiche (Corna e Medolo).

Tale sovrascorrimento ha prodotto un diffuso stato di fratturazione negli ammassi rocciosi frontali, imputabile al fatto che questi hanno mostrato un comportamento rigido in risposta alle sollecitazioni tettoniche. La formazione maggiormente interessata appare essere la Dolomia Principale, che in più punti raggiunge un livello di fratturazione molto elevato, dando luogo alla formazione di cataclasiti.

Sulla Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3l) sono rappresentate due ampie “aree soggette e/o potenzialmente soggette a crollo di massi (distacco e accumulo)”, corrispondenti a porzioni di versante con pareti rocciose o balze in roccia, nonchè numerose “aree di frana attiva”, in buona parte riconducibili a fenomeni di crollo. Si tratta infatti di affioramenti di rocce calcareo-dolomitiche interessate da una fitta rete di dislocazioni che hanno portato alla formazione di zone cataclasate, con scarsa o nulla copertura vegetale, soggette a processi di degradazione fisica, oltre che ad intensi fenomeni erosivi che provocano l'estensione delle nicchie di distacco

Queste aree possono rappresentare “aree sorgente” nei confronti di materiale detritico che potrebbe essere trasportato dalla rete idrografica.

Il Torrente Preane presenta un tracciato prossimo alle condizioni naturali con un alveo meandriforme caratterizzato da una folta vegetazione arborea sulle sponde e confluisce nel Fiume Chiese nei pressi della zona industriale di Sabbio Chiese.

Va evidenziato che gli attraversamenti stradali del torrente sono realizzati quasi tutti come intubamenti di limitata sezione, per il transito delle portate di magra, al di sopra del quale è realizzata una soletta in alveo che in condizioni di elevata portata funge da guado: tali attraversamenti sono potenzialmente vie privilegiate per eventuali fenomeni esondativi.

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Sulla Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3l) sono indicate alcune aree di fondovalle interessate o potenzialmente interessate da allagamenti.

5.10.2. Esito dei sopralluoghi

Durante i rilievi sul torrente sono stati evidenziati alcuni guadi che permettono il collegamento tra la strada principale e le abitazioni alquanto isolate. L'unico ponte si trova a quota 275 m: trattasi di struttura con impalcato in acciaio con una larghezza di 8 m ed un'altezza di 1,4 m. Solitamente le auto attraversano il torrente utilizzando il guado a valle del ponte che viene utilizzato solo durante gli eventi di piena. A parte queste strutture non si evidenziano opere o manufatti idraulici.

Dal sopralluogo effettuato si può concludere che il Torrente Preane non presenta particolari rischi per l'incolumitào la salvaguardia dell’abitato e delle strutture esistenti.

Si ritiene tuttavia necessario procedere ad interventi di pulizia e svasi periodici abbinati ad un risezionamento dell’alveo che permetta il conferimento di idonea sezione di deflusso.

Di seguito si riportano alcune immagini (foto 1, 2 e 3) effettuate durante il sopralluogo che mostrano le condizioni del Torrente Preane.

Foto 1 – Tratto d’alveo nella parte intermedia. Foto 2 – Attraversamento con ponte.

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Foto 3 – Guado nella parte finale del torrente.

5.10.3. Proposte di intervento nuove opere

Considerata le caratteristiche geomorfologiche e la tipologia dell’intero bacino del Torrente Preane il cui tracciato non interessa centri abitati o infrastrutture e tenuto conto che non sono presenti particolari situazioni di pericolo dovute a erosioni e/o dissesti, non vengono allo stato attuale proposte opere di difesa idraulica.

Si reputa invece necessario procedere alla manutenzione con svasi, taglio piante e vegetazione infestante.

5.10.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti

Sul corso d’acqua non sono state individuate particolari opere di sistemazione. Conseguentemente non sono previsti ripristini.

5.10.5. Proposte di intervento di manutenzione

Si reputa necessario procedere alla manutenzione con svasi e risezionamento dell’alveo, taglio piante e vegetazione infestante in due zone: PRE-MAN1; PRE-MAN2.

5.10.6. Censimento ponti

Sul Preane è stato individuato un ponte (PRE-PONT 1) le cui caratteristiche sono descritte nell’apposita scheda.

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5.11. BACINO TORRENTE VRENDA DI VALLIO

5.11.1. Inquadramento geologico e geomorfologico

Il Torrente Vrenda di Vallio nasce dalle pendici sud-orientali del Monte Mizzigolo (q. 780.8 m s.l.m.) e da quelle orientali del Colle S. Eusebio, in Comune di Vallio Terme. Per un primo breve tratto il torrente scorre con andamento N-S e poi prosegue con andamento molto regolare orientato Est-Ovest attraversando gli abitati di Sconzane, Gazzino e Case Nuove, e poi ancora Caderusso e Fostaga in Comune di Gavardo fino alla confluenza nel Fiume Chiese presso le frazioni di Sopraponte e Soprazzocco, ad una quota di circa 210 m s.l.m.

Il bacino idrografico ha una superficie di circa 18 km2 ed è molto semplice essendo orientato E-O come il torrente principale, il quale non riceve l’alimentazione da altri corsi d’acqua importanti, ma solamente da vallette e impluvi laterali. La lunghezza dell'asta principale è pari a 8 km e la sua pendenza media è del 6%.

La parte centro occidentale del bacino idrografico è impostata quasi interamente in rocce dolomitiche e calcareo dolomitiche appartenenti alla formazione della Dolomia Principale, tranne la fascia meridionale del bacino lungo il crinale Monte Fontanelle-Monte Olivo, dove sono presenti calcari e calcari debolmente marnosi grigio-scuri del Calcare di Zu. Verso il territorio comunale di Gavardo, nella porzione orientale del bacino a partire dal Monte Tre Cornelli fino alla confluenza nel Fiume Chiese, si ha il passaggio alle unità Giurassiche formate da dolomie e dolomie calcaree massive della Corna, da calcari stratificati con liste discontinue e noduli di selce e interstrati marnosi del Medolo, da calcari, calcari marnosi e marne della Formazione di Concesio, da selci del Selcifero Lombardo e da calcari biancastri a frattura concoide della Maiolica.

Come illustrato dalla Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3m) i dissesti più diffusi sono rappresentati dalle “aree soggette e/o potenzialmente soggette a crollo di massi (distacco e accumulo)”. Si tratta di porzioni di versante con pareti rocciose e balze in roccia dalle quali possono staccarsi blocchi; la principale si trova in prossimità del crinale Monte Fornelle-Monte Olivo e quindi lungo il versante destro esposto a nord del Vrenda di Vallio. A questa si aggiunge l’estesa parete rocciosa compresa tra la località Case di Bernacco e il Rio Bernacco a nord della frazione di Gazzino. Variamente sparse in tutto il bacino poi sono le aree di crollo potenziale di dimensioni molto più ridotte.

Le aree a franosità superficiale diffusa si trovano nella parte medio-bassa del versante sinistro del Torrente Vrenda di Vallio, e cioè dove le rocce dolomitiche non affiorano e dove

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In corrispondenza invece delle zone di affioramento delle rocce dolomitiche è diffusissimo il fenomeno dei dissesti morfologici di carattere torrentizio lungo le aste dei corsi d’acqua. Il ruscellamento delle acque lungo gli impluvi che incidono i versanti determina l’erosione accelerata dei depositi e quindi l’innesco di colamenti rapidi attivi; tale fenomeno interessa praticamente tutte le vallette minori.

Numerosi sono i conoidi (attivi, quiescenti e inattivi) in destra e sinistra idrografica del Torrente Vrenda di Vallio, al raccordo tra la base dei versanti e il corso d’acqua, sui quali si sono sviluppate le frazioni di Vallio Terme. Alcuni di questi ambiti sono stati oggetto di studi di dettaglio (2012) che hanno consentito di delimitare con maggior precisione zone a diverso grado di pericolosità idraulica. Si tratta infatti di aree di potenziale spaglio delle portate di piena di corsi d’acqua, a causa delle riduzioni di pendenza fra i tratti a monte ed i tratti a valle. Tali punti di passaggio determinano riduzioni delle capacità di smaltimento idrico delle sezioni d’alveo, con conseguenti possibili locali tracimazioni/spaglio a valle. Si tratta di dissesti avvenuti in occasione di due violenti nubifragi (7 giugno 1990 e 19-20 giugno 1992) ed in misura più contenuta in occasione delle precipitazioni intense del novembre 2002, che produssero fenomeni calamitosi nelle seguenti aree: lungo la Roggia Luana fino al Torrente Vrenda in loc. Rusinecco-Porle, lungo il Rio Fienil Paina fino al Torrente Vrenda in loc. Ravallo e lungo il Rio Tornasetti fino al Vrenda in loc. Porgiane. In corrispondenza di queste aree vennero eseguiti in passato interventi di sistemazione: lungo la Valle della Luana a partire dal 1992 vennero realizzate da parte del Genio Civile come opere di pronto intervento a seguito dell’alluvione del 7/8 giugno 1990, fino al 1997 da parte della Comunità Montana Valle Sabbia (Obiettivo 4B – Reg. CEE 2081/93 – Misura 1.9 – Salvaguardia delle superfici agroforestali sistemazioni idraulico forestali – Torrente Luana (tratto da q. 389 a 625 mslm) a completamento delle precedenti opere fatte dal Genio Civile. Altri interventi di messa in sicurezza vennero eseguiti nel 2002/2005 lungo il torrente Tornasetti in loc. Sconzane e in loc. Porgiane e Ravallo.

L’evento alluvionale del 7 giugno 1990 causò danni anche alla viabilità e alle zone abitate lungo il Torrente Vrenda di Vallio; il 12/1/1998 venne fatta una segnalazione dal Comune allo Ster di Brescia per fenomeni di erosione e smottamenti in prossimità del fabbricato in via Roma n.1 (già colpito nelle esondazioni precedenti e non ancora in sicurezza stante la realizzazione di muri spondali), per cedimento delle murature spondali presso la palestra comunale e per lo svuotamento ed erosione delle spalle del ponte in via Sconzane in corrispondenza dell’attraversamento della strada comunale sul torrente Vrenda.

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Proseguendo verso Gavardo tutta la fascia pianeggiante che costeggia il Torrente Vrenda fino alla confluenza nel Fiume Chiese è soggetta a fenomeni di esondazione con grado di pericolosità molto alta a ridosso del torrente e media allontanandosi dal corso d’acqua. Altro elemento cartografato è un conoide situato in destra idrografica, con la porzione attiva lungo l’asta torrentizia del Rio dei Casini e la parte quiescente su cui sorge l’abitato di Fostaga.

5.11.2. Esito dei sopralluoghi

Il sopralluogo è iniziato a quota 305 m ove è posto il ponte 1 (foto1), sede della strada provinciale: è un ponte con una forma ad arco realizzato in calcestruzzo, lungo 8 m e alto 3 m in mezzeria. Le sponde non presentano problemi di erosione. Il tratto d'alveo a monte del manufatto necessita di interventi di pulizia, mentre il tratto a valle è in buone condizioni.

Più a valle dopo un percorso di circa 400 m si trovano il ponte 2 (foto 2) e il ponte 3 (foto 3), rispettivamente a quota 294 e 293 m. Sono due ponti in calcestruzzo che conducono ad una zona residenziale; tra i due ponti le sponde sono protette con argini di cemento e a metà della distanza tra i due ponti è presente una soglia.

Il ponte 2 ha una luce libera di 6 m e un'altezza di 2,5 m; la spalla destra è stata scalzata dall'azione dell'acqua e deve essere sottomurata; il ponte 3 invece ha una luce libera di 5,3 m ed un'altezza di 3,5 m.

I muri d'argine in cemento che difendono le sponde e le case necessitano di sottomurazioni su entrambi i lati per una lunghezza di circa 40 m, a partire dalla soglia fino al ponte 3; anche per proteggere un tratto di fognatura inserita alla base della difesa spondale erosa (foto 4).

Foto 1 – Ponte 1 visto da monte. Foto 2 – Ponte 2 visto da monte.

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Foto 3 – Ponte 3 visto da valle. Foto 4 – Muro d’argine scalzato.

Poco dopo la chiesa di Vallio, a quota 279 m, si trova il ponte 4 (foto 5): trattasi di struttura ad arco realizzato in calcestruzzo collegante il centro sportivo di Vallio. Il ponte è alto 2,5 m ed ha una luce libera di 5,3 m. La spalla sinistra del ponte deve essere sottomurata per la presenza di erosione.

Procedendo verso valle si lascia il territorio di Vallio e si entra nel comune di Gavardo. Il Torrente Vrenda prosegue con una pendenza ridotta e non presenta problemi dal punto di vista idraulico; a quota 256 m, è presente una briglia selettiva 1 a fessura (foto 6) con putrelle di ferro, la cui sacca di deposito è colma. Necessita quindi di svaso onde conferire efficacia all’opera.

A quota 250 m, nella frazione di Fostaga è collocato il ponte 5 (foto 7); è in buone condizioni, ha un'altezza pari a 3,9 m e una lunghezza di 8 m. Le spalle non presentano problemi di erosione e la sponda sinistra è protetta da un muro d'argine in cemento; si nota un’erosione al piede dell’argine sinistro a valle (foto 8).

In località Soseto è stato individuato un ponticello in calcestruzzo (ponte 6) lungo circa 6 m e non più alto di 1 m che durante i periodi di piena potrebbe essere causa di intasamenti e di allagamenti per la zona circostante (foto 9).

Seguendo la strada provinciale si giunge nel tratto finale del torrente sino alla confluenza nel Fiume Chiese. Qui, a quota 210 m troviamo l'ultimo ponte. Il ponte 7 (foto 10) fa parte dell'asse stradario principale, è alto 3,5 m ed ha una luce libera di 25 m. Le spalle non presentano problemi di erosione.

Il tratto d'alveo finale è pavimentato e le sponde sono arginate su entrambi i lati con muri d'argine in pietrame e calcestruzzo; inoltre sulla sponda sinistra, a valle del ponte, è presente anche una scogliera in massi ciclopici (foto 11 e 12).

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Foto 5 – Ponte 4 visto da valle. Foto 6 – Briglia 1 selettiva a fessura.

Foto 7 – Ponte 5 visto da valle. Foto 8 – Erosione al piede della sponda sinistra a valle del ponte 5.

Foto 9 – Ponte 6 con sezione critica. Foto 10 – Ponte 7 visto da monte.

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Foto 11 – Tratto d’alveo, pavimentato. Foto 12 – Confluenza del T. Vrenda nel F. Chiese.

5.11.3. Proposte di intervento nuove opere

Dall’esame del corso d’acqua durante il sopralluogo sono state individuate alcune opere idrauliche in buono stato di efficienza idraulica e la situazione in merito alla regimazione del torrente risulta soddisfacente.

Infatti non sono state rilevate zone di erosione spondale o dissesti di particolare evidenza.

Conseguentemente, allo stato attuale, non risultano indispensabili ulteriori opere idrauliche come briglie, soglie o arginature.

Sono invece necessarie opere di ripristino dei manufatti esistenti come descritto nel paragrafo successivo.

5.11.4. Proposte di intervento di ripristino di manufatti esistenti

Consistono in modo particolare nel consolidamento di alcune arginature con erosioni al piede, mediante sottomurazioni e l’inserimento di alcune soglie di fondo nei tratti interessati dal consolidamento.

Risultano così codificate: VRV-MUR1-R; VRV–MUR2-R; VRV–MUR3-R

5.11.5. Proposte di intervento di manutenzione

Si riconducono sempre alle operazioni di sfalcio, taglio piante con asporto di ceppaie e un particolare svaso della briglia selettiva esistente la cui sacca di deposito risulta completamente colma di materiale (VRV-MAN1; VRV-MAN2; VRV-MAN3).

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5.11.6. Censimento ponti

Sono stati individuati 7 ponti in grado di smaltire la portata duecentennale, salvo il ponte 6 (VRV-PNT6) avente una sezione insufficiente a smaltire anche la portata cinquantennale (v.scheda).

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5.12. BACINO TORRENTE MADONNA DEL RIO

5.12.1. Inquadramento geologico e geomorfologico

Il Torrente Madonna del Rio nasce a quota circa 315 m s.l.m. dalla confluenza tra le due valli del Rio Gardesana destro e sinistro, lungo le pendici settentrionali del Monte San Bartolomeo in Comune di Salò. Il Torrente Madonna del Rio nel primo tratto ha un andamento NE-SO, mentre assume una direzione preferenziale N-S nel secondo tratto, ad Ovest di Monte San Bartolomeo, prima di solcare la zona pedemontana dalla quale poi giunge fino alla foce nel Lago di Garda (q. 60 m s.l.m.). La lunghezza dell'asta principale è pari a 4,8 km e la sua pendenza media è del 6%.

Il corso d’acqua può essere suddiviso in 3 tratti principali dove assume anche nomi diversi:

- tratto superiore lungo circa 1500 m, denominato Torrente Madonna del Rio, esteso da quota 315 m s.l.m. fino a quota 175 m s.l.m.;

- tratto mediano lungo circa 2400 m, denominato Rio della Valle e Rio Inferiore, esteso da quota 175 m s.l.m. fino a quota 81.6 m s.l.m, in corrispondenza della confluenza con il Rio S. Anna;

- tratto inferiore lungo circa 900 m, denominato Torrente della Valle o Rio Brezzo, esteso da quota 81.6 m s.l.m. fino alla foce a lago.

Il bacino idrografico ha una superficie totale di circa 11 km2 ed è piuttosto complesso in quanto è composto da importanti sottobacini che ricadono anche in comune di Roè Volciano e Gavardo. Primo tra questi è il Rio S. Anna che scende dai Tormini a ovest e a sua volta è alimentato dal Rio Trobiolo che proviene da Volciano a NO. A questi segue il Rio Moriondo a SO che proviene da Villa di Salò nel quale confluiscono le acque del Rio Ronchetti che scende dalla località Bocca di Croce di Gavardo. Il bacino quindi ha una forma a ventaglio che si apre da nord-est verso ovest e termina a sud.

La parte superiore del bacino ricade nel settore montano ed è impostata su litologie calcaree, marnoso-calcaree (Maiolica) e marnose, marnoso-argillose (Scaglia), la parte mediana è prevalentemente collinare ed è costituita da litologie detritiche e glaciali e la parte inferiore su cui sorge la frazione di Campoverde in prossimità del lago, è sub-pianeggiante ed è formata da litologie glaciali, fluviglaciali ed alluvionali di fondovalle e di conoide sospesa.

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Il bacino del Torrente Madonna del Rio occupa principalmente la porzione collinare e pianeggiante. Questo settore è formato prevalentemente da depositi glaciali che attualmente risultano incisi da profondi impluvi e vallette; a causa dei continui cambiamenti del livello di base dell’erosione, legato alle oscillazioni del livello medio del lago, tutta l’area è ricoperta, in modo discontinuo, da depositi glaciali rimaneggiati dall’azione dei corsi d’acqua (depositi di conoide deltizia oggi sospesi rispetto al livello attuale del lago). Tali depositi sono organizzati a formare conoidi più o meno estese, alcune molto evidenti, altre quasi del tutto obliterate da successive forme erosive.

La particolare distribuzione litologica è in parte responsabile dei diversi gradi evolutivi del bacino idrografico: dove sono presenti le litologie rocciose calcaree il drenaggio e le pendenze sono maggiori, mentre dove sono presenti le litologie glaciali, con granulometrie e gradi di addensamento molto variabili, la permeabilità e l’erodibilità sono maggiori.

Di conseguenza i dissesti principali che si rilevano nel bacino e che sono stati cartografati nella Carta dei dissesti e dei fenomeni indotti (Tav.3n) sono costituiti nel settore montuoso dalle “aree a pericolosità potenziale per instabilità superficiale in terreni o per fenomeni di distacco di blocchi di dimensioni ridotte dagli affioramenti rocciosi” e dalle “aree soggette e/o potenzialmente soggette a crollo di massi (distacco e accumulo)”, mentre nel settore collinare e lungo le sponde dei torrenti dalle “aree a franosità superficiale attiva diffusa” e dalle “aree interessate da fenomeni di erosione spondale non idoneamente protette”. Le zone quindi dove sono presenti le litologie maggiormente erodibili e in prossimità delle sponde dei torrenti sono più frequenti i piccoli fenomeni di instabilità superficiale.

Infine, in corrispondenza dell’alveo del Madonna del Rio è delimitata una fascia interessata da “esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio a pericolosità elevata”. Negli studi geologici del 2007 redatti a supporto dei PGT sia del Comune di Salò sia di Roè Volciano, quest’area di fondovalle del bacino della Madonna del Rio, tra il Santuario e la strada statale 45 bis, viene classificata come inedificabile. Si tratta di un’area a rischio idraulico di esondazione in destra e sinistra idrografica, dovuta sia all’insufficienza delle dimensioni dell’alveo sia all’ostruzione dello stesso causata da fenomeni di franosità superficiale presenti lungo entrambe le sponde.

Il bacino del torrente Madonna del Rio è stato oggetto in passato di alcuni studi e progetti di interventi di sistemazione e messa in sicurezza in quanto presenta, soprattutto nella sua parte finale, notevoli problematiche idrauliche legate ai numerosi attraversamenti e tratti intubati esistenti nel centro abitato di Salò. I punti critici si trovano principalmente nelle località di Campoverde e Mastignaga, interessate da intensi e frequenti fenomeni di sovralluvionamento in corrispondenza dei numerosi attraversamenti dei torrenti Rio

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Ronchetti e Rio Moriondo, affluenti del Madonna del Rio, posti lungo Via Europa e Via Panorama.

5.12.2. Esito dei sopralluoghi

Il sopralluogo si è concretizzato partendo della strada SS 45 bis Gardesana occidentale risalendo l'asta principale del torrente fino al Santuario della Madonna del Rio in comune di Roè Volciano e successivamente dalla statale scendendo verso il comune di Salò sino alla foce nel Lago di Garda.

Il torrente nel punto dove è iniziato il sopralluogo scorre tombinato sotto la SS 45 bis (foto 1). A monte di questa tombinatura l'alveo e tutta la zona circostante sono coperti interamente dalla vegetazione. Poiché trattasi di una zona alquanto pianeggiante si presta all’inserimento di una briglia selettiva in grado di trattenere materiale, evitando così una pericolosa ostruzione del tombotto sotto la SS 45 bis che provocherebbe gravissimi danni per l’abitato sottosante di Salò. Procedendo verso monte, si evidenzia una situazione di totale abbandono dell’alveo e delle sponde con presenza di fitta vegetazione, alberi in precario equilibrio statico, muri scalzati e crollati (foto 2, 3, 4).

In località Renzano, poco a monte del Santuario della Madonna del Rio, è localizzata una briglia di consolidamento 1 in calcestruzzo e pietrame alta circa 2,5 m (foto 5). Il manufatto si presenta in buone condizioni sia sotto l’aspetto strutturale che di efficacia idraulica. Si ritiene opportuno aumentarne la capacità di trattenuta proponendo un sovralzo e il consolidamento del piede mediante un selciatone in massi ciclopici.

Foto 1 – Tombotto sotto la strada statale. Foto 2 – Argine scalzato e alberi sul greto del torrente.

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Foto 3 – Tratto d’alveo invaso dalla vegetazione. Foto 4 – Muri d’argine in pessime condizioni.

Foto 5 – Briglia 1 di consolidamento vista da valle. Foto 6 – Sponde arginate con scogliere in massi ciclopici.

Dalla SS 45 bis verso la foce, ove il torrente attraversa l’abitato di Salò (comune non appartenente alla Comunità Montana di Valle Sabbia) per una lunghezza di circa 1400 m, il torrente risulta arginato con scogliere e argini in calcestruzzo e pietrame (foto 6) con una notevole erosione di fondo per un tratto di circa 250. Pertanto tale tratto necessita di ripristino mediante soglie e consolidamento del fondo d’alveo onde evitare il cedimento delle difese spondali.

Lungo il corso d’acqua in questo tratto sono state individuate una passerella pedonale e 3 ponti (foto 7, 8 e 9) sulle strade comunali, fino alla sbocco nel Lago di Garda (10).

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Foto 7 – Ponte 2 visto da valle Foto 8 – Ponte 3 visto da monte.

Foto 9 – Ponte 4. Foto 10 – Tratto d’alveo finale visto dal ponte 4.

5.12.3. Proposte di intervento nuove opere

Viene proposta un’importante opera trasversale rappresentata da una briglia selettiva a pettine, da posizionare a monte dell’attraversamento della SS 45 bis ove il torrente risulta tombinato.

La sua funzione risulta fondamentale per la trattenuta del materiale evitandone il trasporto a valle ove potrebbe creare pericolosi depositi ed ostruzione dei manufatti di tombinatura e dei ponti (MAD-BRI-P1).

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5.12.4. Proposte di intervento di ripristino manufatti esistenti

Risultano importanti le opere di manutenzione dei manufatti esistenti. In particolare sono stati evidenziati 4 interventi costituiti dal sovralzo della briglia in località Santuario, un muro da ripristinare completamente, la sottomurazione di un muro nel tratto intermedio tra il Santuario e la SS 45 bis, e il ripristino del fondo tramite posa di massi intervallati da soglie di fondo nel tratto a valle della SS 45 bis per un tratto di circa 250 m (MAD-BRI1-R- MAD- MUR1-R- MAD-MUR2-R- MAD-CAN1-R).

5.12.5. Proposte di intervento di manutenzione

Sono stati individuati 2 interventi di manutenzione consistenti nello sfalcio, taglio piante con asporto di ceppaie e tronchi (MAD-MAN 1; MAD-MAN2).

5.12.6. Censimento ponti

Sono stati esaminati 4 ponti esistenti nella zona a valle della SS 45 bis in comune di Salò, tutti in grado di contenere la portata duecentennale (Q200), naturalmente considerando che il materiale possa essere trattenuto a monte ed in particolare evitando il trasporto di piante e arbusti che potrebbero ostruire la sezione della tombinatura e dei ponti.

Sono cosi codificati: MAD-PNT1; MAD-PNTR2, MAD-PNT3, MAD-PNT4, MAD-PNT5.

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6. DATI MORFOMETRICI E IDRAULICI, VERIFICA PORTATE Q50, Q100, Q200 DEI PONTI E INDIVIDUAZIONE DELLE CRITICITA’ DI ESONDAZIONE

Nello studio sono stati utilizzati i dati morfometrici e idraulici in parte derivanti dal Data Base SIBCA regionale e in parte calcolati, laddove non disponibili. Tali dati sono riportati nella Tabella A, a pagina seguente.

Inoltre sono state individuate le criticità riguardanti la possibilità di esondazione a causa dell’insufficienza delle sezioni di deflusso di ponti o tombinature.

Tali opere, già descritte nei singoli bacini nel paragrafo riguardante i risultati dei sopralluoghi, sono riassunte nella Tabella B ove vengono indicate le portate Q50, Q100, Q200 di ciascun bacino alla sezione di chiusura dello stesso (Fiume Chiese, Lago d’Idro e Lago di Garda), i dati geometrici dei ponti con le portate massime che gli stessi sono in grado di far defluire e le portate Q50, Q100, Q200 del bacino in corrispondenza del manufatto.

Dal confronto tra le portate che possono transitare in attraverso la sezione di ciascun ponte con le portate del bacino in corrispondenza dello stesso, vengono definiti i manufatti in grado di contenere o meno il deflusso delle acque.

Vengono così individuate le criticità di alcuni ponti ove la sezione risulta insufficiente e quindi sussiste la possibilità che il torrente possa esondare creando danni alle strutture o all’abitato eventualmente adiacente.

In Tabella B sono indicati con colore rosso i manufatti che non sono in grado di contenere la portata cinquantennale Q50 (forte criticità), in verde quelli che non sono in grado di contenere la portata centennale Q100 (media criticità), in azzurro quelli che sono in grado di far defluire la portata duecentennale Q200 (bassa criticità), ma senza la garanzia del franco di sicurezza. Infine senza colore sono indicati i manufatti che sono in grado di contenere la portata duecentennale Q200 compreso il franco di sicurezza.

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Dall’esame della tabella si rileva che i ponti che presentano forte criticità, in quanto non sono in grado di contenere la portata cinquantennale Q50, sono 6 e precisamente:

− il ponte sul torrente Laione (LAI-PNT1) in località Gaver in comune di Breno; − il ponti sul torrente Gorgone (GOR-PNT4) in comune di Vestone; − il ponte sul torrente Nozza (NOZ-PNT5) in comune di Casto; − il ponte sul torrente Vrenda (VRO-PNT4) in comune di Odolo; − il ponte sul torrente Agna (AGN-PNT11) in comune di Vobarno; − il ponticello sul torrente Vrenda di Vallio (VRV-PNT6) in località Sopraponte in comune di Gavardo.

I manufatti di attraversamento che presentano una media criticità in quanto non sono in grado di contenere la piena centennale Q100 sono i seguenti:

− il ponte sul fiume Caffaro (CAF-PNT1) − il ponte sul fiume Caffaro (CAF-PNT4) − Il ponte sul torrente Vantone (VAN-PNT1) − Il ponte sul torrente Vantone (VAN-PNT 2) − Il ponte sul torrente Abbioccolo (ABB-PNT1) − Il ponte sul torrente Abbioccolo (ABB-PNT2) − Il ponte sul torrente Abbioccolo (ABB-PNT5) − Il ponte sul torrente Degnone (DEG-PNT5) − Il ponte sul torrente Glera (GLE-PNT1) − Il ponte sul torrente Glera (GLE-PNT2) − Il ponte sul torrente Glera (GLE-PNT4) − Il ponte sul torrente Glera (GLE-PNT5) − Il ponte sul torrente Gorgone (GOR-PNT2) − ponte sul torrente Gorgone (GOR-PNT3) − ponte sul torrente Gorgone (GOR-PNT5) − Il ponte sul torrente Nozza (NOZ-PNT2) − Il ponte sul torrente Vrenda di Odolo (VRO- PNT2) − Il ponte sul torrente Vrenda di Odolo (VRO-PNT8)

Tutte le rimanenti strutture sono in grado di contenere le piene con tempo di ritorno duecentennale (Q200), anche se alcune di queste (in azzurro) non garantiscono il franco di sicurezza, trattandosi di opere eseguite in tempi non recenti.

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Si evidenzia infine che il ponte sul Torrente Agna (AGN-PNT12), pur avendo una sezione idonea a smaltire la portata duecentennale (Q200), necessita di particolare attenzione e presidio in caso di eventi meteorologici straordinari, in quanto sussiste la possibilità di rigurgito a causa della quota di piena del Fiume Chiese (recettore) più alta del livello di piena del Torrente Agna stesso.

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7. DEFINIZIONE DELLA PRIORITÀ E DELLA STRATEGICITÀ DEGLI INTERVENTI

Una volta individuate le proposte degli interventi di difesa idraulica è stata effettuata una valutazione delle priorità relative ai medesimi interventi. Come indicato nelle Linee guida per la definizione di uno studio idrogeologico a scala di sottobacino idrografico (D.d.u.o. 26 novembre 2007 n. 14313), la valutazione della priorità di intervento si è basata sui seguenti punti:

− gravità dei danni arrecati a servizi, ad abitazioni residenziali, a stabilimenti produttivi o ad altre costruzioni civili;

− numero di servizi, abitazioni residenziali, stabilimenti produttivi o altre costruzioni civili protette dall’intervento;

− importanza della rete infrastrutturale da proteggere (anche in funzione dell’unicità della stessa e dell’eventuale impatto economico negativo per le aree a monte) e relativo grado di protezione;

− efficacia e strategicità dell’intervento, inteso come soluzione definitiva per la messa in sicurezza di un’area più o meno vasta.

L’analisi è stata effettuata secondo la seguente griglia:

EFFETTI DISSESTO/INTERVENTO PUNTEGGI Danni arrecati a servizi, ad abitazioni Distruzione totale: Danni consistenti: Danni lievi: residenziali, a stabilimenti produttivi o ad 3 2 1 altre costruzioni civili

Numero di servizi, abitazioni residenziali, N>20: 2010: N<10: stabilimenti produttivi o altre costruzioni 3 2 1 civili protette dall’intervento

Importanza della rete infrastrutturale da Strada principale; Strada secondaria; Assenza di proteggere unica strada di strada locale: infrastrutture viarie: collegamento: 3 2 1 Efficacia e strategicità dell’intervento Intervento con Intervento con Intervento con eliminazione del eliminazione parziale del eliminazione di solo rischio totale: rischio totale: una parte dei fattori di rischio: 3 2 1

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Il range di riferimento del punteggio della priorità relativa alla realizzazione di ogni singolo intervento è 4÷12 ed è stato così suddiviso:

ALTA 10÷12

PRIORITA’ MEDIA 7÷9

BASSA 4÷6

Nella Tabella A8.1 dell’Allegato A8 sono riportate tutte le nuove opere con i relativi punteggi che ne definiscono la priorità.

In Tabella A8.3 sono indicati i punteggi che hanno portato alla valutazione della priorità dei ripristini strutturali delle opere esistenti.

Anche per gli interventi di manutenzione è stato definito un ordine di priorità tenendo conto delle condizioni dell’alveo e delle sponde, nonché della situazione delle opere presenti (Tabella A8.5).

Infine la priorità degli interventi di monitoraggio dei corpi franosi è stata valutata in base allo stato del dissesto e agli elementi a rischio presenti (Tabella A8.7).

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8. QUADRO ECONOMICO PROGRAMMATICO

In questo paragrafo vengono riassunti tutti gli elementi economici che riguardano il programma generale di intervento oggetto dello studio.

Nelle tabelle riportate nell’allegato A8 sono stati indicati i costi relativi alle nuove opere (Tabella A8.2), alle opere di ripristino (Tabella A8.4), alle manutenzioni (Tabella A8.6) e ai monitoraggi (Tabella A8.7).

Sono stati differenziati gli importi delle opere in base alle priorità per consentire in futuro di definire piani programmatici parziali in funzione delle risorse disponibili.

La somma globale ammonta ad € 5.891.000,00 così suddivisa:

− nuove opere: € 2.440.000,00

− ripristini opere esistenti: € 1.285.000,00

− manutenzioni: € 334.000,00

− monitoraggi: € 332.000,00

− paravalanghe: € 1.500.000,00

Il programma generale di intervento è riassunto in Tabella A8.8 dove sono riportati tutti gli interventi proposti per ciascun bacino con indicazione degli importi e dell’ordine di priorità.

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9. CONCLUSIONI

Dallo studio effettuato emerge che dal punto di vista idraulico e idrogeologico globalmente la situazione territoriale dei bacini idrografici studiati è tale da non richiedere notevoli investimenti relativi a nuove opere di difesa idraulica.

La situazione più critica risulta indubbiamente quella del bacino del Torrente Re di Anfo, sia a causa del consistente trasporto di materiale solido da parte del corso d’acqua sia per la presenza del centro storico di Anfo sul conoide parzialmente attivo che il corso d’acqua ha prodotto alla confluenza nel Lago d’Idro. Ne deriva che in questo bacino si registra la maggiore concentrazione di opere a priorità elevata.

Si sottolinea come le opere di ripristino e le manutenzioni rappresentino, sia sotto l’aspetto tecnico che economico, un ruolo fondamentale nell’ambito della difesa del suolo riguardante i bacini oggetto dello studio. Vale la pena quindi di raccomandare agli Enti preposti alla difesa del territorio l’attivazione di tutti gli strumenti disponibili al fine di procedere all’esecuzione degli interventi di ripristino e di manutenzione relativi alle opere esistenti, oltre alla realizzazione delle nuove opere proposte.

Per quanto attiene alle manutenzioni si è proceduto a formulare una quantificazione economica alquanto indicativa (peraltro di modesta entità) che potrebbe essere ulteriormente ridotta coinvolgendo il volontariato di protezione civile operante nelle zone interessate.

Come già indicato in premessa lo studio costituisce un documento di programmazione finalizzato all’individuazione delle opere da realizzare sui corsi d’acqua costituenti il Reticolo Idrico Principale della Val Sabbia.

Naturalmente il presente studio può essere soggetto a integrazioni e/o modifiche in relazione ad eventi eccezionali che potrebbero aggravare o modificare la situazione rilevata al momento della stesura del presente lavoro.

Compete ora alle istituzioni preposte provvedere al reperimento dei fondi necessari alla salvaguardia del territorio, della pubblica incolumità, degli abitati e delle infrastrutture, al fine di realizzare le opere proposte e gli interventi di ripristino, di monitoraggio e di manutenzione in generale.

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