CITTA’ DI

Dipartimento Protezione Civile e Difesa Suolo

PIANO COMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE

Il Sindaco Prof. Renato ACCORINTI

Assessore Protezione Civile Cap. Sebastiano PINO

PIANO DI EMERGENZA COMUNALE (P.E.C.)

Dirigente Dipartimento Protezione Civile Ing. Antonio CARDIA

Progettista Piano P.C. Elaborato Ing. Antonio RIZZO

Collaboratore Geol. Paolo RISCHIO PINO MAREMOTO

N. Elaborato R.M. 04

Aggiornamento Giugno 2016 Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

SEZIONE 4

RISCHIO MAREMOTO

PREMESSA

Il Rischio maremoto rappresenta storicamente per la Città di Messina un evento possibile e che ha causato, durante gli eventi verificatisi, numerose vittime. Per questo motivo una parte di questo approfondimento, verrà dedicata alla relazione del prof. Stefano Tinti dell’ Università di Bologna, uno dei massimi esperti nazionali ed internazionali di tsunami nel Bacino del Mediterraneo, per i necessari futuri studi di dettaglio nell’ Area dello Stretto di Messina.

Allo stato attuale, in mancanza di studi specifici condotti sugli effetti della capacità di penetrazione di una onda anomala di maremoto (tsunami), sulla costa tirrenica e ionica, generata sia da un terremoto sia da una frana, il Dipartimento della Protezione Civile Nazionale così come determinato nel Piano del 2008, ha segnalato l’opportunità di considerare la quota di + 10 metri sul livello del mare come la quota di sicurezza per un eventuale rischio da maremoto. Proprio per questo motivo tutte le Aree di Emergenza, considerate nel Piano di Emergenza per Rischio Sismico, sono posizionate cautelativamente ad una quota superiore a 10 metri sul livello del mare. Si 1 precisa comunque che il “terremoto di progetto” del Piano di Protezione Civile, come indicato nella Sezione 3 “Rischio Sismico” (PEC.RS.03) si riferisce ad un “Evento n.2” con un terremoto di riferimento di Magnitudo M: 6,30 e Intensità I: IX ,potenzialmente, secondo letteratura scientifica, non in grado di generare onde particolarmente alte.

4.1 PRESENTAZIONE

Dal P.G.R.A. (Piano di Gestione del Rischio Alluvioni) “Mappe allagabili a seguito di onde anomale” (Vers. 1/2015) si ricava la parte introduttiva della Sezione 4.

La Sicilia, con i suoi 1625 km di coste (isole minori comprese), è indubbiamente una regione molto esposta al rischio di mareggiate causate da eventi meteorologici, tettonici o di altra natura. Nel presente rapporto tali improvvisi innalzamenti del livello del mare sono stati denominati “onde anomale”, intendendo con tale termine sia i fenomeni classicamente associati a eventi sismici, sia quelli che possono essere provocati, per quello che si sa, anche da frane sottomarine o da particolari condizioni atmosferiche (come, per esempio, il “marrobbio”). A fini di protezione civile, Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

ovviamente, si tende a ragionare in termini di previsione e prevenzione; pertanto, di un fenomeno occorre riconoscere i precursori di evento e ipotizzarne i possibili effetti al suolo. Con tali presupposti, bisognerebbe possedere gli strumenti di rilevazione per identificare l’occorrenza di un evento che possa causare le “onde anomale”. Al momento, si attende che la comunità scientifica, insieme al Dipartimento della Protezione Civile, diano indicazioni al riguardo; tuttavia, considerato che la conoscenza della vulnerabilità potenziale al rischio di inondazione delle aree costiere costituisce un importante presupposto per avviare, da subito, le necessarie attività di prevenzione, il Dipartimento Regionale della Protezione Civile, ai sensi del Decreto Legislativo n. 112/98, ha inteso fornire un contributo affinché gli Enti Locali siano messi nella possibilità di predisporre o aggiornare le proprie pianificazioni di emergenza per questo tipo di rischio. Sono state così predisposte, per alcune aree costiere, le “Mappe delle aree allagabili a seguito di onde anomale” che, pur non tenendo conto di una serie di parametri importanti per la simulazione (run ‐up, energia dell’onda, presenza di ostacoli, profondità dei fondali, ecc), permettono di definire i contorni delle zone che, potenzialmente, potrebbero essere soggette all’ingressione marina causata da un generico innalzamento improvviso e repentino del livello del 2 mare. In assenza di modelli di propagazione delle onde di marea, è stato scelto di adoperare un criterio statico (le quote sul livello del mare da 0 a 12 metri, in 4 classi) indipendentemente dalla causa scatenante. Pur nella semplificazione della metodologia, in tal modo si ha comunque la possibilità di individuare le infrastrutture che potrebbero essere coinvolte e di avviare una pianificazione di emergenza calibrata per il tipo di problematica in esame.

4.2 CENNI STORICI

Nella seguente tabella vengono riassunti gli eventi rintracciati in rete, con integrazioni tratte da pubblicazioni scientifiche, di fenomeni di onde anomale che hanno interessato le coste siciliane. I dati sono riassunti in forma geografica nell’immagine successiva (Fig.1).

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DATA LOCALITA’ CAUSA NOTIZIE FONTE 10 365 d.C., 21 Sicilia Terremoto – Mw Ricostruzione da modelli lug Orientale 8.0 matematici 11 Tracce di tsunamiti 1169, 4 feb Stretto di Terremoto in Evidenza geologiche 1 Messina mare – Mw 6.41 Inondazione e distruzioni a 2 Messina 1329, 29 giu Mascali (CT) Eruzione Evidenze geologiche 1 dell’Etna e terremoto 1542, 12 dic Augusta Terremoto – Mw Evidenze geologiche 1 (SR) 6.77 1613, 25 ago Sicilia Terremoto – Mw Il paese di Naso (Messina) 3 Settentriona 5.57 [N.d.R. da intendersi l’odierna le Capo d’Orlando] venne allagato da un’onda di maremoto 1693, 11 gen Sicilia Terremoto in Catania, Augusta e Messina 2 Orientale mare – Mw 7.41 furono colpite da uno tsunami che buttò sulla spiaggia numerose imbarcazioni. La linea costiera fu 3 inondata per una lunghezza di circa 230 Km. A Messina il mare si ritirò di circa 100 m e successivamente invase la costa inondando il bacino del porto. 3 L’inondazione più grande fu descritta a Mascali, dove il mare invase la costa per circa 1.5 Km verso l’interno. La località più colpita fu la città di Augusta, dove il mare inizialmente si ritirò lasciando il porto completamente asciutto, per poi attaccare la costa inondandola per circa 165 m verso l’interno. La città fu allagata fino al Monastero di San Domenico: le onde raggiunsero un’altezza di 15 m (Gallazzi, 2009). Evidenze geologiche 1726, 1 set Sicilia Terremoto a Ritiro del mare a Palermo 2 Settentriona terra – mw 5.58 le

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DATA LOCALITA’ CAUSA NOTIZIE FONTE 1783, 5 -6 Calabria Terremoto a Messina, Reggio Calabria, 2 feb Tirrenica terra – Mw 7 Roccella Ionica, Scilla e Catona ebbero le strade allagate e l’acqua del mare si addentrò nella terraferma per quasi due chilometri. Il giorno seguente si verificò una seconda scossa tellurica e il conseguente tsunami provocò un grandissimo numero di vittime, soprattutto nella Calabria meridionale (Scilla). Il massimo run-up (9 metri) venne registrato a Marina Grande (Scilla), ma in molte altre località (Peloro, Torre del Faro, Punta del Pezzo) il fronte d’acqua raggiune la già notevole altezza di circa 6 metri. 3 Il 5 febbraio, alle 8 del mattino, uno tsunami (di intensità 3), interessò la costa ionica della Calabria, Capo Rizzuto e Le Castella vennero allagate. In entrambe le località il mare dapprima si ritirò (onda negativa). Lo stesso giorno, quattro ore 4 dopo, un altro tsunami (di intensità 11), colpì la parte sud della costa calabra, ma dall’altra parte, sul lato Tirrenico. (…) Fonti dell’epoca narrano che le onde in realtà furono tre e, tutte, provocarono allagamenti e devastazioni. Lo tsunami fu descritto anche dai pescatori di Bivona e Pizzo Calabro. Il giorno dopo, il 6 febbraio 1783 alle ore 00.20 un altro evento sismico interessò lo Stretto di Messina. Il sisma fece probabilmente collassare una parte del monte Campallà (monte Paci), a sud di Scilla. Il fronte franoso lungo oltre 450 metri penetrò per quasi 100 metri sotto il mare e generò un’onda di altezza compresa tra i 1 9 e i 10 metri, che si riversò poi sulle coste calabresi e siciliane. Furono completamente allagate Scilla, Messina e Reggio Calabria (…). A Messina il mare si sollevò di Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

DATA LOCALITA’ CAUSA NOTIZIE FONTE circa 2 metri e il piccolo stagno del Pantanello venne completamente chiuso dai detriti. L’acqua inondò il mercato del pesce causando la morte di 28 persone. Evidenze geologiche 1818, 20 feb Sicilia Terremoto a Onde anomale a Catania 2 orientale terra – Mw 6.23 Evidenze geologiche 1 1823, 5 mar Sicilia Terremoto in Barche trascinate in mare e 2 Settentriona mare – Mw 6.47 danneggiate a Cefalù le 1908, 28 dic Stretto di Terremoto in Il più intenso dei terremoti in 2 Messina mare – Mw 7.10 Italia, che provocò un violentissimo tsunami, in assoluto il più grande mai registrato nel nostro Paese, che ovunque si manifestò con un iniziale ritirarsi delle acque del mare seguito dopo pochi minuti da almeno tre grandi ondate che portarono ovunque distruzione e morte. I maggiori run-up furono registrati a S. Alessio (11.7 metri) e a Pellaro (13 metri), ma in molte altre località l’altezza dell’onda fu 3,12 5 di 8-10 metri, e dovunque le case situate nelle vicinanze della spiaggia vennero spazzate via dall’impeto dell’onda. Di seguito il run-up dell’onda nelle diverse località: - Messina, 3 m. (centinaia di vittime) - Paradiso, (nord di Messina) 3.7 m; - Pace, 4.7 m. (3 vittime) - Galati Marina, run-up non disponibile (14 vittime); - Briga Marina, run-up non disponibile (46 vittime); - Giampilieri Marina, 7.2 m; - S. Tecla, Torre Archirafi e Nizza di Sicilia, 5.7 m; - Scaletta, Roccalumera, 8 m.; - Giardini, 9.5 m. (2 vittime); - S. Alessio, 11.7 m. (il valore più alto lungo le coste siciliane); - Riposto, run-up non disponibile; il mare si spinse per 150 metri oltre la linea di costa (13 vittime); - Catania, run-up non disponibile; il mare si spinse per 100 metri Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

DATA LOCALITA’ CAUSA NOTIZIE FONTE -oltre la linea di costa (3 vittime); - Augusta, run-up non disponibile; il mare si spinse per 700 metri oltre la linea di costa. Studi successivi hanno individuato come Struttura responsabile del terremoto una faglia normale ad andamento NNE-SSW localizzata all’interno dello stretto di Messina, ma l’esatta geometria e cinematica di tale struttura è ancora oggetto di discussione (Pino et al. 200; Valensise e Pantosti 2001; Billi et al. 2008). La lunghezza dell’onda provocata dal terremoto di Messina, registrata dalla nave Isis a 165 Km a nord di Alessandria, è stata 1 calcolata in 1.3 Km, il suo periodo 4 si aggirò sui 29 secondi e la sua velocità sui 161 Km/ora (Caputo e Faita, 1987). Evidenze geologiche Recenti studi hanno ipotizzato una frana sottomarina presso Giardini-Naxos quale causa 6 principale dei maremoto. 1916, 3 lug Isole Eolie Terremoto a Aumento del livello del mare a 2 (Stromboli) terra – Mw 4.93 Stromboli 3 In seguito ad una eruzione, avvenuta attorno alle ore 23.00 ed associata ad una scossa di terremoto, si verifica uno tsunami che colpisce alle ore 23.21 la parte nord delle isole vulcaniche. Presso Piscità alcuni testimoni confermano un ritiro dell’acqua seguito, subito dopo, da un ingressione marina di una decina di metri 1919, 22 Isole Eolie Eruzione Alle ore 17.45 si verifica una forte 3 mag vulcanica esplosione sulla sommità dell’Iddu, ovvero lo Stromboli nel dialetto locale. Il mare, nella zona di Punta Labronzo, dapprima arretra e poi allaga la spiaggia sino a 300 metri nell’entroterra. Altre anomalie minori sono segnalate in Sicilia (Palermo, Catania, Messina), in Calabria, a Napoli e a Cagliari.

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DATA LOCALITA’ CAUSA NOTIZIE FONTE 1925, 11 Sicilia Meteo -tsunami Porto Empedocle (AG). Alle 22.50 3 mag Meridionale dell’11 maggio 1925 si registra un anomalo innalzamento del mare, che terminerà solamente alle 14.00 del 12 maggio. Si trattò probabilmente di un’anomalia meteorologica. 1926, 17 ago Isole Eolie Evento sismico Evento sismico che si ricorda per 3 (Salina) – Mw 5.41 un’anomale regressione marina presso Salina, che coinvolse con evento franosi le zone di Pollara e Malfa. Danni minori furono segnalati a e Filicudi 1930, 11 set Isole Eolie Eruzione Ritiro-inondazione (Stromboli). 2 vulcanica Evento associato a una 3 esplosione dello Stromboli che provocò allagamenti diffusi e due vittime. Il mare si alzò di circa 2.5 metri, allagando l’entroterra per almeno 250 metri, dopo un repentino ritiro di almeno 300 metri, nei pressi di Sopra Lena 1940, 15 gen Sicilia Evento sismico Una scossa sismica colpisce 7 Settentriona – Mw 5.28 Palermo e dintorni, con danni le anche a Misilmeri e Ficarazzi, 7 segue un lieve tsunami (intensità 2) con le spiagge leggermente inondate ma senza danni. 1944, 20 ago Isole Eolie Eruzione Violenta eruzione dello Stromboli, 7 (Stromboli) vulcanica con lava sulla Sciara del Fuoco che termina la sua veloce corsa in mare, provocando un’onda di tsunami tutt’altro che trascurabile e classificata di intensità 4. A Punta Lena si verifica infatti un’ingressione marina di circa trecento metri, molti i pesci piaggiati ma rari danni alle costruzioni e fortunatamente nessuna vittima umana 1954, 1 -13 Isole Eolie Eruzione Debole tsunami a Stromboli. 2 feb (Stromboli) vulcanica Lo Stromboli è ancora 3 sottomarina protagonista, con una eruzione effusiva che si protrae dal 1 al 13 febbraio 1954. Una testimonianza dell’epoca narra, nella zona tra Forgia Vecchia e Punta dell’Omo, di un’onda di maremoto successiva ad una violenta esplosione del vulcano. A Scari, due onde anomale, la seconda più grande della prima, danneggiano alcune abitazioni Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

DATA LOCALITA’ CAUSA NOTIZIE FONTE 1988, 20 apr Isole Eolie Frana Presso l’isola di Vulcano (La Fossa), una frana di 200.000 metri cubi di materiale, la cui origine è ancora discussa (forse mossa da fluidi idrotermali), precipita a mare generando uno tsunami poi osservato a Porto di Levante, da numerosi pescatori e 7 marinai, alle 5.30 del mattino. Tra Punta Nere e Punta Luccia, si stacca un cospicuo ammasso franoso (circa duecentomila metri cubi di volume) che scende velocemente in mare e genera uno tsunami. Fortunatamente l’evento è di dimensioni limitate (intensità 2) e l’isola non è ancora affollata di turisti. Ma le onde sono chiaramente avvertite al Porto di Levante (proprio laddove attraccano gli aliscafi) anche se il loro run-up si mantiene intono al metro ed i danni sono praticamente nulli. Oscillazioni limitate vengono segnalate anche a Lipari. 1990, 13 dic Sicilia Terremoto in Onde anomale ad Augusta. 2 8 Orientale mare – Mw 5.64 Ad Augusta, in Contrada 3 Granatello, il mare allagò la costa, forse a causa di un movimento sottomarino franoso a 50 metri di 7 profondità. Alla scossa segue uno tsunami che ha una direzione all’incirca SudEst-NordOvest, con circa due metri di run-up. Nel porto di Augusta risultano rotti diversi ormeggi ed alcune barche subiscono danni lievi. I molti pescatori che in quel momento si trovano in mare avvertono chiaramente il fenomeno che fa 1 oscillare improvvisamente le loro imbarcazioni. Il lungomare di Granatello viene invaso dalle acque, con un’ingressione di qualche decina di metri. Evidenze geologiche 1999, 16 apr Sicilia Meteo -tsunami Mazara del Vallo (TP), 16 aprile. 5 Meridionale Un’onda di marea ( marrobbio ) provocò ingenti danni ai natanti lungo il porto-canale. 2002, 30 dic Isole Eolie Eruzione Inondazione a Stromboli per una 2 vulcanica frana provocata dall’eruzione 8 Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

DATA LOCALITA’ CAUSA NOTIZIE FONTE Effetti risentiti anche a Panarea e Ginostra 2002, 14 set Sicilia Meteo -tsunami Pozzallo (RG), 14 settembre. Un 6 Meridionale pontile devastato, 4 barche da portare al macero, costi di manutenzione elevatissimi. Il << marrobbio >> che, ieri notte, ha portato distruzione al porto ha fatto nuovamente la sua comparsa, dopo le <> dello corso anno 2014, 25 giu Sicilia Meteo -tsunami Mazara del Vallo (Tp), 25 giugno. 9 Meridionale Fenomeno di << marrobbio >> ben documentato. Danni alle imbarcazioni.

FONTI 1: De Martini et alii: Geological evidence for paleotsunamis along eastern (): on overview. Nat. Hazards and Earth Syst. Sci. 12, 2012 2: http://www.markrage.it/maremoti_in_italia.htm 3: http://www.biologiamarina.eu/Tsunami%20italiani.html 4: Billi A. et alii: On the cause of the 1908 Messina tsunami, southern Italy. Geophisical Research Letters, Vol. 35, 2008 5: Comunicazione personale dell’ing. Mariano Foraci (con video) 6: http://www.corrierediragusa.it/articoli/cronache/pozzallo/19272 ‐marrobbio ‐devasta ‐pontile ‐e‐distrugge ‐4‐barche ‐a‐pozzallo.html 9 7: http://www.meteoweb.eu/2011/12/gli ‐tsunami ‐italiani ‐del ‐900 ‐eventi ‐in ‐tutti ‐i‐mari ‐e‐il ‐mistero ‐di ‐vela ‐luka/ 8: Tinti S. et alii: The 30 December 2002 landslide‐induced tsunamis in Stromboli. Natural Hazard and Earth System Sciences, 5, 2005 9: http://www.centrometeoitaliano.it/marrobbio ‐mazara ‐del ‐vallo ‐video ‐onda ‐anomala ‐fiume ‐mazaro ‐27 ‐06 ‐2014 ‐16347/ 10: Tinti S. et alii: Scenarios of giant tsunamis of tectonic origin in the Mediterranean. ISET Journal of Earthquake Technology, Paper No. 464, Vol. 42, No. 4, December 2005, pp. 171 ‐188 11:http://www.meteoweb.eu/2012/09/terremoti ‐e‐tsunami ‐creta ‐minaccia ‐lintero ‐mediterraneo ‐21 ‐luglio ‐365 ‐il ‐giorno ‐ dellorrore/152466/ 12: Piatanesi A. et alii: Il grande maremoto del 1908: analisi e simulazione. In: Il terremoto e il maremoto del 28 dicembre 1908: analisi sismologica, impatto, prospettive, a cura di G.Bertolaso, E.Boschi, E.Guidoboni e G.Valensise, DPC–INGV, Roma– Bologna 2008

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Fig. 1 - Dati storici riassunti in forma geografica.

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4.3 LE SORGENTI SISMOGENETICHE E TSUNAMIGENICHE

L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia 1 ha redatto il catalogo delle sorgenti sismogenetiche del quale si mostra un estratto nella figura che segue.

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Secondo Tinti et alii (Tinti.S., Armigliato A., Tonini R.: Studio delle possibili sorgenti del maremoto dell’11 gennaio 1693 in Sicilia orientale mediante modellazione numerica. Convegno GNDT, 2004), le simulazioni numeriche per il terremoto del 1693 indicano che solo le sorgenti Ibleo ‐Maltesi hanno un potenziale adeguato a produrre terremoti capaci di generare tsunami come quelli osservati in occasione di quell’evento sismico, sebbene non possano esser escluse a priori altre cause concomitanti (frane sottomarine, faglie in terraferma). Tuttavia, la mappa delle sorgenti sismogenetiche suggerisce che, potenzialmente, tutte le coste siciliane potrebbero essere interessate da fenomeni tsunamigenici; e poiché lungo le coste è concentrata la maggior parte degli insediamenti abitativi e industriali, ne consegue che il rischio associato è rilevante.

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4.4 I CRITERI DI REALIZZAZIONE DELLE MAPPE

Per realizzare le mappe è stato utilizzato il MDS (modello Digitale di Superficie) della Regione Siciliana derivato da dati LIDAR, volo ATA 2007-2008 (passo 2 x 2 metri). La spazializzazione delle quote è stata generata con il software Surfer (Golden Software). La base della rappresentazione è la CTR (Carta Tecnica Regionale) in scala 1:10.000. Laddove si verifica, la non perfetta corrispondenza della linea di costa tra il DSM e la CTR è dovuta, in alcuni casi, ai diversi anni di realizzazione dei coli, in altri può essere attribuita a processi evolutivi di erosione e trasporto o, ancora, a errori del DSM. Sulla base delle informazioni disponibili di quanto accaduto nel passato, si è scelto di rappresentare l’intervallo tra 0 e 12 metri sul livello del mare, distribuito in 4 classi di ampiezza pari a 3 metri. La popolazione residente potenzialmente coinvolta nella fascia fino a 12 metri di quota è pari a circa 820.000 unità, distribuita per Provincia come rappresentato nei grafici seguenti.

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1 Basili R., G. Valensise, P. Vannoli, P. Burrato, U. Fracassi, S. Mariano, M.M. Tiberti, E. Boschi (2008), The Database of Individual Seismogenic Sources (DISS), version 3: summarizing 20 years of research on Italy ′s earthquake geology, Tectonophysics, doi:10.1016/j.tecto.2007.04.014 DISS Working Group (2015). Database of Individual Seismogenic Sources (DISS), Version 3.2.0: A compilation of potential sources for earthquakes larger than M 5.5 in Italy and surrounding areas. http://diss.rm.ingv.it/diss/, © INGV 2015 ‐ Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ‐ All rights reserved; DOI:10.6092/INGV.IT ‐DISS3.2.0

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Le mappe, che sono allegate al piano, mostrano soltanto le aree alle diverse quote e quindi non tengono conto della fisica dei fenomeni relativi alle onde anomale, qualunque sia la loro genesi. A fini di Protezione Civile, sarà compito del Comune di Messina stabilire, sulla scorta delle conoscenze di dettaglio sulla situazione urbanistica in prossimità della costa e di studi specifici da promuovere, le azioni di prevenzione più opportune in caso si verifichino le circostanze favorevoli alla inondazione delle aree costiere.

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4.5 PROGETTO REGIONALE

Nella figura seguente vengono rappresentate le aree per le quali, alla data del presente rapporto, le mappe sono state già realizzate (in rosso) e quelle da realizzare (in arancio).

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4.6 PIANO EMERGENZA STROMBOLI

Tale lavoro raccoglie le procedure previste dal Comune di Messina per l’ emergenza Stromboli del 2002, queste procedure sono ora integrate e revisionate alla luce del nuovo Piano di emergenza della Città di Messina

Il presente capitolo esamina l’insieme delle problematiche connesse con il rischio potenziale legato all’emergenza Stromboli, le strutture di soccorso, le situazioni particolari dell’area geografica e degli insediamenti abitativi, cercando di definire una politica d’intervento di emergenza, unitamente ad una programmazione di interventi estesi alla previsione e prevenzione e ai sistemi di organizzazione della struttura di intervento. Quindi, lo scenario è la base per elaborare il piano di emergenza oltre ad essere lo strumento indispensabile per predisporre gli interventi preventivi a tutela della popolazione e/o dei beni di una determinata area. Esso si basa su mappe di pericolosità (che delimitano le zone esposte ad un evento pericoloso e ne indicano la frequenza) e di rischio che descrivono la distribuzione antropica sul territorio interessato dall’evento e i dati di vulnerabilità e valore. 16 Nella fattispecie, il presente piano ha per base lo scenario del rischio di una serie di onde di maremoto provocate dal collasso del vulcano dell’isola di Stromboli. In questo caso tutta l’attività della comunità scientifica fa si, specie per la costa tirrenica del territorio comunale della città di Messina, che l’avvicinarsi o il verificarsi dell’evento atteso – tsunami – (per il quale non è noto il determinato periodo di tempo entro cui possa accadere) possa assumere il carattere di prevedibilità seppure legato ad un tempo ridotto d’intervento: da qui la necessità di una fase di prevenzione, anch’essa, come quella della previsione, rientrante nell’attività di programmazione, destinata alla mitigazione del rischio stesso. Se da un lato con il dispositivo di allertamento in caso di tsunami, diramato dal Dipartimento nazionale di Protezione Civile, vengono definite le zone esposte al rischio (costa pianeggiante, fiumi, attraversamenti esposti al rischio) nonché le quote di sicurezza, unitamente alle direttive sui dispositivi di allertamento della popolazione, dall’altro spetta al Comune completare le fasi di previsione e di prevenzione di cui alle predette direttive, attraverso la identificazione dei rischi e la individuazione delle zone Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

del territorio soggette ai rischi stessi (previsione), l’attività volta ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi calamitosi.

4.6.1 CARTOGRAFIA Le informazioni cartografiche comunali attualmente disponibili sono state riportate nella tavole RM.AE 01-10. Relativamente alla parte del territorio oggetto del presente piano di emergenza (Stromboli), così come individuato nel dispositivo di allertamento del Capo del Dipartimento della Protezione Civile Nazionale, la fascia costiera tirrenica, che si estende da Ponte Gallo a Capo Peloro e comprendente i villaggi di Torre Faro e Ganzirri, limitatamente a quella parte posta ad una quota inferiore a 5 metri sopra il livello del mare, è evidenziata da un apposito retino nelle tavole sopra indicate.

4.6.2 POPOLAZIONE Il territorio è caratterizzato da una densità abitativa in generale medio/bassa con presenza di abitazioni unifamiliari, utilizzate per la maggior parte nel periodo estivo e la restante dai residenti del posto. 17 Nel territorio in esame, da Ponte Gallo a Capo Peloro, sono stati individuati gli insediamenti principali ad alta densità abitativa soggetti al pericolo tsunami, precisando che i numeri riportati sono approssimati in eccesso in quanto risultano estratti dalla banca dati dell’anagrafe comunale con una interpretazione per villaggi:

1. ORTOLIUZZO/RODIA N. PERSONE 808 2. SANTO SABA N. PERSONE 292 3. ACQUALADRONE/SPARTA’ N. PERSONE 138 4. TORRE FARO – MORTELLE – CASA BIANCA N. PERSONE 4.000 TOTALE N. PERSONE 5.238

Il numero di persone riportato nell’elenco, riferito all’area di competenza di ogni insediamento è estratto dai dati del censimento tenendo conto dei soli residenti all’interno delle aree soggette al rischio e sono dati di prima analisi soggetti ad ulteriori successive verifiche.

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4.6.3 SCENARIO DI RISCHIO Considerato l’obiettivo, presentato in premessa, del presente piano, l’analisi dello scenario di rischio riguarda essenzialmente il fattore di rischio naturale (rischio tsunami) valutato sovrapponendo l’ulteriore analisi dei fattori antropici del territorio in termini di densità abitativa, servizi a rete, presenza di edifici sensibili, rete viaria. Il risultato prodotto, rappresentato graficamente nella carta dello scenario di rischio, indica il livello di vulnerabilità del territorio al rischio e consente di definire successivamente il modello di intervento.

4.6.4 RISCHIO TSUNAMI Il dispositivo del Capo del Dipartimento di Protezione Civile a livello Nazionale, trasmesso dall’Ufficio Governativo Territoriale al Comune di Messina in data 4/01/2003, di allertamento in caso di onda di tsunami (in corso di aggiornamento), individua le seguenti zone esposte a rischio: - le pianure costiere, le spiagge, i fiumi e i porti con imboccature non protette, da onde provenienti da Stromboli, fino alla quota di metri 5 sul livello del mare; - i ponti e gli attraversamenti situati in zone costiere piatte. 18 Il rischio è dovuto alla presenza, nella Sciara del Fuoco del Vulcano Stromboli, di settori ad elevata instabilità che potrebbero collassare producendo nuove onde di tsunami. A detta della comunità scientifica, il fenomeno potrebbe avere un’intensità trascurabile o, invece, risultare più alta di quella registrata il 30 dicembre 2002, a seconda dei volumi di roccia coinvolti nei crolli. Le cartografie RM.AE 01-10, allegate al Piano, rappresentano la delimitazione del territorio e delle aree di insediamento soggette al rischio con quota di 5 metri sul livello del mare (identificate da apposito retino). Un fattore importante nella valutazione della vulnerabilità del territorio interessato è la previsione dei tempi di: - propagazione dell’onda tsunami dal vulcano Stromboli alla costa tirrenica comunale; - durata dell’evento fino al ristabilirsi delle condizioni normali. Il monitoraggio e l’eventuale indicazione dello scatenarsi dell’evento o, comunque, di situazioni di attenzione o preallarme, è assicurato dal Dipartimento di Protezione Civile, tramite la SORIS attraverso le procedure già sperimentate ed operative per gli “Avvisi Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

di Allerta Meteo”. Ogni avviso dovrà essere prontamente segnalato al numero di presidio H24 presso la centrale operativa della Polizia Comunale.

4.6.5 DENSITA’ ABITATIVA Il territorio presenta zone a bassa densità abitativa e zone ad alta densità abitativa, concentrate essenzialmente nei villaggi del lungomare. In particolare modo nella zona “a rischio tsunami” a Capo Peloro – zona Torre Faro – risiede la maggiore percentuale (circa 76%) di popolazione coinvolta. Viene qui di seguito riportata la ripartizione percentuale per età e sesso della popolazione residente nei vari villaggi da tenere in debito conto nella predisposiziome delle operazioni di evacuazione:

RESIDENTI FEMMINE MASCHI TOTALI PERCENTUALI FEMMINE MASCHI TOTALI

Spartà Spartà perc. sul totale 2,63% Acqualadroni Acqualadroni 0-10 5 7 12 0-10 3,38% 5,41% 8,78% 11-18 6 7 12 11-18 4,05% 4,73% 8,78% 19-40 28 27 55 19-40 20,27% 19,59% 39,86% 41-60 10 20 38 41-60 13,51% 14,19% 27,70% 19 61- 11 9 21 61- 8,11% 6,76% 14,86% 138 49,32% 50,68% 100,00% Rodia - Rodia - perc. sul totale 15,43% Ortoliuzzo Ortoliuzzo 0-10 31 44 75 0-10 3,83% 5,50% 9,33% 11-18 28 22 50 11-18 3,43% 2,71% 6,14% 19-40 142 142 284 19-40 17,54% 17,62% 35,17% 41-60 110 99 209 41-60 13,64% 12,20% 25,84% 61- 102 88 190 61- 12,60% 10,93% 23,52% 808 51,04% 48,96% 100,00% S. Saba perc. sul totale 5,57% S. Saba 0-10 12 13 25 0-10 4,11% 4,29% 8,39% 11-18 12 16 28 11-18 4,11% 5,36% 9,46% 19-40 40 48 89 19-40 13,75% 16,61% 30,36% 41-60 43 44 87 41-60 14,64% 15,00% 29,64% 61- 31 33 65 61- 10,71% 11,43% 22,14% 292 47,32% 52,68% 100,00% Torre Faro perc. sul totale 76,37% Torre Faro 0-10 167 179 346 0-10 4,18% 4,47% 8,65% Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

11-18 169 178 347 11-18 4,22% 4,45% 8,67% 19-40 613 655 1268 19-40 15,32% 16,37% 31,69% 41-60 570 568 1138 41-60 14,24% 14,20% 28,44% 61- 502 400 902 61- 12,56% 10,00% 22,56% 4000 50,51% 49,49% 100,00%

PROSPETTO GENERALE Età Femmine Maschi TOTALI 0-10 215 243 458 11-18 214 222 436 19-40 823 873 1695 41-60 741 730 1471 61- 647 531 1178 2639 2599 5238

20 La scheda riepilogativa della popolazione residente include l’eventuale presenza di disabili, individuati in numero e dislocazione sul territorio.

4.6.6 SERVIZI A RETE (IN FASE DI AGGIORNAMENTO) I servizi a rete principali presenti sul territorio, di cui bisogna tenere conto per la valutazione delle criticità che possono scaturire da eventuali interessamenti in caso di evento, sono: ENEL, SNAM, ITALGAS, AMAM, TELEFONIA. La distribuzione delle reti, di pertinenza dei singoli fornitori, comporta la presenza di elementi critici che, per ogni servizio, sono:

ENEL : centrali di produzione e/o trasformazione

cabine di trasformazione MT/bt linee dorsali di distribuzione a bassa e media tensione in cavo e aeree su palificazioni

GAS : centrali di pompaggio cabine di riduzione

TELEFONIA : centrali telefoniche linee dorsali di adduzione a MP cavidotti dorsali principali AMAM : impianti depuratori collettori fognari e acquedotto stazioni di accumulo e sollevamento Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

In relazione all’andamento dei tracciati e al posizionamento dei nodi delle reti si possono provocare perdite di funzionalità prolungate per i seguenti elementi:

ENEL : n...... cabine di trasformazione MT/bt n...... linee dorsali di distribuzione a bassa e media tensione in cavo e aeree su palificazioni GAS : n...... centrali di pompaggio SNAM n...... cabine di riduziome ITALGAS n...... linee dorsali di adduzione a MP ITALGAS AMAM : n...... impianti depuratori n...... collettori fognari e acquedotto n...... stazioni di accumulo e sollevamento TELEFONIA : n...... centrali telefoniche n...... cavidotti dorsali principali

Per eventuali azioni di intercettazione, disattivazione e ripristino delle reti, saranno i gestori dei Servizi a Rete in fase di emergenza ad attuare le necessarie azioni di 21 messa in sicurezza.

4.6.7 EDIFICI SENSIBILI Gli Edifici Sensibili rientrano nell’armatura territoriale, assieme alle altre categorie di edifici (strategici e tattici), le aree di emergenza, i servizi a rete e quelli di trasporto. Per edifici sensibili sono intesi quelli che presentano una elevata vulnerabilità al rischio specifico a causa della presenza contemporanea di un alto numero di persone spesso appartenenti a categorie più deboli. Generalmente in tale raggruppamento rientrano: scuole, centri di accoglienza, chiese, locali di pubblico spettacolo, etc. Nell’ambito dei diversi settori del territorio considerato, sono state individuate le seguenti strutture di interesse pubblico esposte al rischio onda di maremoto: ° ORTOLIUZZO/RODIA 1. Centro anziani di Ortoliuzzo ° SANTO SABA 1. Scuola elementare lungomare S. Saba 2. Chiesa Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

° ACQUALADRONE/SPARTA’ 1. Centro di riunione disabili ° TORRE FARO – MORTELLE – CASA BIANCA 1. Scuola materna – elementare Torre Faro 2. Scuola materna – elementare Granatari 3. Chiesa Torre Faro 4. Parco Horcynus Orca, Torre degli Inglesi presso pilone Enel Torre Faro 5. Ritrovo lido Spiagge d’Oro 6. Casa accoglienza disabili – ass.ne S. Maria della provv. Ss. 113 Km. 15,650 presso Parco del Mare – Casa Bianca 7. Guardia di Finanza Torre Faro – via Torre Faro 1 8. Istituto Marino 4.6.8 RETE VIARIA Nella cartografia sono evidenziate le strade principali della rete viaria considerata: la statale n. 113 e le strade secondarie di competenza comunale di accesso al lungomare 22 e ai Villaggi costieri. E’ importante evidenziare che, per più di un aspetto, la tipologia delle strade di accesso agli insediamenti costieri è molto variegata, si riscontrano infatti le seguenti realtà: ° Strade di accesso pubbliche e strade di accesso private con cancelli posti sulla strada statale; ° Strade pubbliche di collegamento con la statale e strade pubbliche secondarie, alcune con carreggiata a doppia corsia, la maggior parte con carreggiata a singola corsia; ° Strade di collegamento di insediamenti costieri non asfaltate, realizzate su argini di torrenti, e, in alcuni casi, con tratti di attraversamento di letti torrentizi. Ciò comporta ulteriori criticità di cui occorre tenere conto nella definizione dello scenario di rischio e nella predisposizione delle vie d’esodo da percorrere ad avvenuto allarme. Da evidenziare che lo scenario di rischio atteso interessa la S.S. 113 posta al di sotto della quota di sicurezza presso la località di Mortelle che, in tale tratto, potrebbe non essere praticabile in fase di emergenza. Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

Per tale ragione, in caso di allarme va considerata come viabilità alternativa, specie ai mezzi di soccorso, la strada comunale di collegamento Ganzirri – Faro Superiore – Tono e l’autostrada ME-PA per il collegamento veloce con le aree comunali limitrofe al Comune di Villafranca.

4.6.9 SCENARIO DI RISCHIO L’inserimento nella cartografia delle informazioni relative agli edifici sensibili, tattici e strategici, ai servizi a rete, ha prodotto lo scenario di rischio complessivo degli elementi esposti.

4.6.10 AREE DI EMERGENZA (ATTESA) La rappresentazione nella cartografia dei percorsi d’esodo, del posizionamento dei cancelli, delle aree di attesa in emergenza contiene le informazioni sul posizionamento delle aree di emergenza e sui percorsi d’esodo, previsti nel modello di intervento, posizionate alla quota di sicurezza, dove le persone possono permanere fino al ricevimento del segnale di cessazione allarme e di fine emergenza, in un tempo limite 23 di 1 o 2 ore dall’allarme.

4.6.11 INDICATORI DI EVENTO – RISPOSTE DELLA PROTEZIONE CIVILE COMUNALE L’evento oggetto del presente piano si può considerare prevedibile in un arco di tempo molto ridotto, cioè il tempo che trascorre dal collasso di materiale dal vulcano Stromboli al raggiungimento dell’onda di maremoto sulla costa tirrenica. Con analogia al sistema di allertamento per rischio meteo, la SORIS (Sala Operativa Regionale), attivata dal sistema di allarme del Dipartimento nazionale di Protezione Civile e U.T.G., il quale attraverso l’ INGV provvede al monitoraggio delle situazioni sull’isola di Stromboli, è in grado di trasmettere in tempo reale il segnale relativo al livello di allarme dato per l’evento atteso. La risposta del sistema comunale di P.C., definita nel modello di intervento, sarà graduale in funzione del livello di allarme: ATTENZIONE – PREALLARME – ALLARME e potrà avvenire attraverso il Sistema ALERT SYSTEM di informazione tramite telefonia o se la tempistica dell’evento atteso lo permette attraverso sistemi di Piano Comunale di Protezione Civile – Città di Messina

diffusione sonora tramite dispositivi montati sulle auto della Polizia Municipale e del Volontariato.

E’ stato progettato, ma non ancora realizzato, un sistema di allertamento per rischio tsunami. Il progetto prevede l’utilizzo di sirene autoalimentate, a più livelli di allarme, dotate di sistema di attivazione e telediagnosi via radio, con raggio di udibilità, stabilito anche attraverso misure fonometriche di rumore eseguite sul territorio, stimato pari a: circa 180 metri in centri urbani densamente abitati e circa 250 mt in aree scarsamente urbanizzate. E’ stata predisposta una mappa di posizionamento e raggio d’udibilità delle sirene di allertamento sul territorio, distinguendole per tipo di alimentazione elettrica. Purtroppo, ad oggi, si precisa che il Sistema di allertamento con sirene per rischio maremoto non è stato realizzato anche se era previsto nel piano triennale. Per l’informazione della popolazione si sta procedendo alla installazione di apposita segnaletica informativa sul rischio maremoto che sarà installata in zone di massimo afflusso di popolazione soprattutto nel periodo estivo.

24 CITTA’ DI MESSINA

Dipartimento Protezione Civile e Difesa Suolo

PIANO COMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE

Il Sindaco Prof. Renato ACCORINTI

Assessore Protezione Civile Cap. Sebastiano PINO

PIANO DI EMERGENZA COMUNALE (P.E.C.)

Dirigente Dipartimento Protezione Civile Ing. Antonio CARDIA

Progettista Piano P.C. Elaborato Ing. Antonio RIZZO

Collaboratore Geol. Paolo RISCHIO PINO MAREMOTO

PROF. S. TINTI

N. Elaborato R.M. 04

Aggiornamento Giugno 2016

I maremoti nel Comune di Messina

Stefano Tinti Professore

Alberto Armigliato, Filippo Zaniboni Ricercatori

Gianluca Pagnoni, Maria Ausilia Paparo Assegnisti

Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

Dipartimento di Fisica e Astronomia, Settore Geofisica

Gennaio 2017

INTRODUZIONE

Questa relazione è stata sollecitata ad uno degli autori, il Prof. Stefano Tinti, dall’Ing. Antonio Rizzo, esperto del Sindaco per le attività di protezione civile del Comune di Messina, e riguarda la pericolosità associata agli tsunami sulle coste comunali. La relazione raccoglie i risultati che il Gruppo di Ricerca sui Maremoti (GRM) del Dipartimento di Fisica e Astronomia (DIFA) dell’Università di Bologna ha ottenuto negli ultimi anni. Vi si trovano risultati pubblicati in lavori scientifici di riviste specializzate e in rapporti di progetti di ricerca, nonché non ancora pubblicati ma presentati nel corso di convegni o sottomessi per pubblicazione. I risultati non sono il frutto di un lavoro orientato in modo specifico all’area del Comune di Messina. Quanto illustrato nella relazione è piuttosto ottenuto selezionando tra il materiale presentato in altri studi quello che riguarda direttamente o indirettamente l’area comunale. Uno studio specifico richiede tempo e risorse adeguate.

La relazione si sofferma sui principali eventi di tsunami che hanno, secondo le conoscenze storiche, interessato Messina e che sono stati studiati anche mediante simulazioni numeriche dal GRM. La parte finale della relazione concerne lo studio di pericolosità da tsunami che è stato compiuto dal GRM per le aree di Augusta e Siracusa mediante la tecnica degli scenari nell’ambito di un progetto europeo. Da essa si estrae e si illustra la parte che si può applicare al Comune di Messina, evidenziando comunque il caveat che l’analisi per Messina può essere considerata soltanto preliminare in quanto, essenzialmente, il Comune di Messina è out-of focus rispetto allo studio. Tale analisi viene comunque proposta perché si ritiene che sia molto interessante e degna di essere approfondita.

INDICE

INDICE DELLE FIGURE...... III INDICE DELLE TABELLE ...... V 1. INTRODUZIONE GENERALE SUI MAREMOTI ...... 1 1.1 METODI NUMERICI PER LO STUDIO DEI MAREMOTI ...... 2 2. EVENTI STORICI IN ITALIA...... 3 2.1 MAREMOTI LUNGO LE COSTE ITALIANE ...... 3 2.2 EVENTI RIGUARDANTI LA SICILIA ORIENTALE E IL COMUNE DI MESSINA ... 4 3. SIMULAZIONI NUMERICHE DEI PRINCIPALI MAREMOTI STORICI CHE HANNO INTERESSATO IL COMUNE DI MESSINA ...... 5 3.1 IL MAREMOTO DEL 28 DICEMBRE 1908 ...... 6 3.2 IL MAREMOTO CAUSATO DALLA FRANA DI SCILLA DEL 6 FEBBRAIO 1783 ...... 9 3.3 I MAREMOTI DI STROMBOLI DEL 2002...... 12 3.4 IL MAREMOTO DELL’8 SETTEMBRE 1905 ...... 14 4. ANALISI DELLA PERICOLOSITÀ DA TSUNAMI MEDIANTE IL METODO DEGLI SCENARI ...... 14 4.1 GENERALITÀ ...... 14 4.2 STUDIO DELLO SCENARIO AGGREGATO PER LE COSTE DEL COMUNE DI MESSINA ...... 16 5. CONCLUSIONI ...... 22 BIBLIOGRAFIA ...... 25

I maremoti nel Messinese iii

INDICE DELLE FIGURE

Figura 1. Mappa delle sorgenti di tsunami storici in Italia (a sinistra) e nella zona attorno allo Stretto di Messina (a destra). I cerchi colorati indicano le sorgenti di maremoti, le cui coordinate sono state ricavate dal catalogo ITC2. L’intensità degli eventi, misurata con la scala Sieberg-Ambraseys, viene rappresentata secondo lo schema nella legenda. In caso di terremoti, i cerchi si trovano in corrispondenza dell’epicentro...... 5 Figura 2. Run-up osservati lungo la costa siciliana in occasione del maremoto del 1908. L’altezza delle colonne è proporzionale al run-up locale...... 8 Figura 3. Massima elevazione simulata per lo tsunami del 1908. Sinistra. La sorgente è la faglia ipotizzata in Tinti e Armigliato (2001). Destra. Alla precedente faglia è aggiunta una sorgente come descritto nel testo. La figura è ripresa dall’ ”Atlante delle zone esposte al rischio di maremoto nell'area di Catania” (Tinti et al., 2010)...... 9 Figura 4. Massima elevazione dello tsunami provocato dalla frana di Scilla del 1783, in un’area estesa attorno a Scilla (sopra) e nell’area di Capo Peloro (sotto), dove è ben visibile l’inondazione delle zone di Pantano Piccolo e Torre del Faro (modificata da Zaniboni et al., 2016b) ...... 11 Figura 5. Run-up osservati (triangoli rossi) e simulati (in nero) per il tratto orientale e settentrionale della costa di Stromboli in occasione dello tsunami del 2002, generato da due frane lungo la Sciara del Fuoco...... 13 Figura 6. Zone sismogenetiche selezionate per la definizione degli scenari utilizzati nella valutazione della pericolosità legata ai maremoti lungo le coste orientali della Sicilia...... 17 Figura 7. Set di griglie innestate utilizzate nelle simulazioni numeriche. Le risoluzioni sono rispettivamente: 3 km (griglia 1), 1 km (griglia 2), 200 m (griglia 3), 40 m (griglie 4 e 5)...... 18 Figura 8. Massima elevazione del mare lungo la costa messinese nello Stretto: per i diversi scenari considerati è rappresentata l’elevazione massima calcolata (in nero), la seconda elevazione massima (in rosso) e la terza (in verde)...... 19 Figura 9. Massima elevazione dell’acqua lungo la costa messinese dello Stretto per lo scenario aggregato. I diversi colori indicano i contributi di diverse sorgenti. Le stelle indicano i valori di run-up noti per il maremoto del 28 dicembre 1908...... 20

I maremoti nel Messinese v

INDICE DELLE TABELLE

Tabella 1. Tsunami storici studiati mediante modellazione numerica. Nella colonna relativa al tipo di sorgente i codici hanno le seguenti corrispondenze: EQ=terremoto; EL=frana da terremoto; VL=frana in ambiente vulcanico. L’intensità riportata segue la classificazione di Sieberg-Ambraseys...... 6

I maremoti nel Messinese 1

1. INTRODUZIONE GENERALE SUI MAREMOTI

Il fenomeno naturale che viene indicato con il termine maremoto è un particolare tipo di perturbazione marina. Le onde che si vedono quotidianamente in mare sono principalmente eccitate dal vento e coinvolgono solo la parte superficiale della massa d’acqua. Per i maremoti, invece, tutta la colonna d’acqua dal fondo marino alla superficie ne viene interessata. In questo i maremoti possono essere assimilati più alle maree che alle onde di vento. Il maremoto, o tsunami dalle parole giapponesi “tsu” = porto, e “nami” = grande onda, viene generato da un evento in grado di mobilizzare grandi masse d’acqua in tempi molto brevi. Il fenomeno tsunamigenico più frequente, stando ai cataloghi specialistici, è il terremoto. Circa il 77% dei casi inclusi nel catalogo mondiale dei maremoti del NOAA, NGDC/WDS è dovuto a terremoti. Un’altra causa, in grado di generare onde anche catastrofiche, sono le frane, sia sottomarine che subaeree, che in genere provocano maremoti con effetti su regioni geografiche meno estese. Esistono altre cause meno frequenti, come le eruzioni di vulcani sulla costa o sottomarini, o molto rare, come l’impatto di corpi celesti, meteoriti o asteroidi, che cadono in mare. Per quanto riguarda il fenomeno fisico, in genere per gli tsunami si parla di “onde lunghe”, in quanto la lunghezza d’onda che li caratterizza (cioè la distanza tra due creste o tra due ventri successivi) è, in mare aperto, molto maggiore della profondità locale dell’acqua. La velocità di fase di tali onde può raggiungere le centinaia di km/h, con ampiezze spesso modeste, che possono essere di pochi centimetri. Per tale ragione al largo gli tsunami il più delle volte non vengono percepiti. All’avvicinarsi della costa la profondità diminuisce, e con essa la velocità delle onde di maremoto. La conseguenza è l’aumento dell’ampiezza dell’onda, dovuto alla conservazione dell’energia. È a riva e nei porti che le onde possono avere effetto catastrofico (da questo deriva il termine giapponese tsunami), perché qui raggiungono la massima altezza e si possono abbattere con grande violenza contro strutture ed infrastrutture nella zona costiera. Lo tsunami si può inizialmente manifestare sulla costa con un ritiro del mare oppure con un’inondazione. Ciò dipende dal meccanismo di generazione, dalla posizione della costa rispetto alla sorgente ed in parte anche dalla distanza della sorgente. La prima onda è

2 Stefano Tinti et al.

sempre seguita da altre che talvolta sono più alte della prima, con un intervallo tra una e l’altra che può variare da 1-2 minuti, nel caso di sorgenti locali di piccola estensione, fino a parecchie decine di minuti per gli tsunami generati da grandi terremoti. Nella valutazione degli effetti di un maremoto a riva viene definita “massima inondazione” (o anche solo “inondazione”) la massima distanza raggiunta dal mare rispetto alla normale linea di costa, e viene detta “run-up” la massima elevazione topografica raggiunta dallo tsunami durante l’inondazione. Il run-up non va confuso con l’altezza dell’onda sulla linea di costa: non sempre le due quantità coincidono. “L’altezza della colonna d’acqua”, infine, denota in ogni punto la massima altezza raggiunta dal flusso d’acqua che inonda il terreno. L’intensità degli tsunami viene misurata considerandone gli effetti a riva (in questo, simile alla scala macrosismica MCS per i terremoti), e si basa in Europa sulla scala Sieberg- Ambraseys, dal nome dei due scienziati che hanno contribuito a crearla. Tale scala ha 6 gradi di intensità che possono essere sintetizzati nel modo seguente: il grado 1 corrisponde a onde rilevabili soltanto tramite la strumentazione; i gradi 2 e 3 a maremoti che possono essere notati visivamente e che creano pochi danni; il grado 4 riguarda danneggiamenti a strutture leggere ed effetti su piccole imbarcazioni; ed infine i gradi 5 e 6 corrispondono a danni rilevanti o distruzione di strutture e grandi natanti, e alla perdita di vite umane.

1.1 METODI NUMERICI PER LO STUDIO DEI MAREMOTI

Per studiare i maremoti ed i loro effetti ci si può basare sulla modellazione numerica, formulando equazioni che per descrivere il fenomeno naturale utilizzano necessariamente approssimazioni, e risolvendole tramite tecniche di calcolo specifiche. I risultati presentati in questa relazione sono stati ottenuti mediante l’applicazione dei codici sviluppati dal GRM del DIFA dell’Università di Bologna. Si tratta di modelli che simulano tutte le fasi del maremoto, partendo dal quella di generazione. Nel caso di un terremoto, si assume che lo spostamento della superficie del mare per effetto del sisma sia istantaneo e uguale allo spostamento verticale del fondo marino, calcolato attraverso la teoria di Okada (1992). Se la sorgente è una frana, si utilizza un codice numerico, denominato UBO-BLOCK, in grado di simulare l’intero moto di scivolamento della massa (sia fuori che dentro all’acqua) ed il relativo impulso tsunamigenico variabile nel tempo (vedi Tinti et al., 1997, per la descrizione del modello). La propagazione del maremoto viene calcolata risolvendo le equazioni della fluidodinamica, mediante i codici UBO-TSUFE (Tinti et al., 1994) o UBO-TSUFD (Tinti e Tonini, 2013) a seconda delle tecniche di calcolo che si vogliono adottare. Entrambi i

I maremoti nel Messinese 3

codici permettono di calcolare i dettagli della propagazione delle onde di maremoto dalla sorgente fino alla linea di costa, e UBO-TSUFD consente anche di calcolare l’eventuale inondazione e run-up. Quando sono disponibili dati sperimentali (osservazioni testimoniali e/o misure strumentali), il confronto dei risultati dei modelli con i dati medesimi permette di perfezionare i parametri della sorgente tsunamigenica (risoluzione del problema inverso). I modelli citati sono stati validati ed ampiamente impiegati per l’analisi di casi di maremoto verificatisi in varie regioni del mondo. In questa relazione ci si concentra sui maremoti che interessano il Comune di Messina.

2. EVENTI STORICI IN ITALIA

2.1 MAREMOTI LUNGO LE COSTE ITALIANE

Le coste italiane sono interessate dai maremoti, sia per la posizione centrale che la penisola occupa nel Mar Mediterraneo, sia perché si trovano vicine a numerose sorgenti tsunamigeniche. Secondo il catalogo ITC2 (Italian Tsunami Catalogue, version 2, vedi Tinti et al., 2007 e successive revisioni) che comprende i maremoti con sorgenti vicine ma non generati da sorgenti remote, si contano 72 episodi di tsunami che hanno riguardato le nostre coste, la maggior parte dei quali ha attaccato l’Italia meridionale. La mappa della parte sinistra della Figura 1 mostra la posizione della sorgente dei maremoti. Molti tsunami del catalogo hanno avuto effetti solo su scala locale, ma gli eventi più forti hanno interessato aree più vaste. Il catalogo, che raccoglie tsunami verificatisi negli ultimi due millenni, è in realtà fortemente incompleto nella parte più antica, e presumibilmente raggiunge la completezza solo a partire dal 1600 circa. Del numero totale di eventi catalogati, ben 52 (quindi circa il 72%) sono direttamente associabili ad eventi sismici. Si noti che la percentuale è simile a quella del catalogo mondiale NGDC/WDS. Inoltre, 11 casi sono associabili ad attività vulcanica, e 5 a frane. Infine, per 4 eventi non è stato possibile riconoscerne la causa. Al tempo stesso, se si considerano i cinque eventi eventi disastrosi (di intensità 5 o 6), si nota che il 60% è associabile a terremoti (1627 Gargano, 1693 Sicilia orientale, 1908 Stretto di Messina) ed il 40% a frane (1783 Scilla, 2002 Stromboli), il che dimostra che i maremoti da frana, pur essendo più rari, costituiscono comunque una seria minaccia per le comunità costiere, paragonabile ai maremoti da terremoto.

4 Stefano Tinti et al.

Considerando la mappa sulla sinistra della Figura 1, si possono notare maremoti con sorgente nel Mar Ligure (7), di fronte alla Toscana (2), così come nel mar Adriatico settentrionale (5). Si tratta di eventi con intensità che raggiunge al massimo il grado 4 della scala Sieberg-Ambraseys. Scendendo lungo l’Adriatico, un evento importante è quello che ha attaccato le coste del Gargano nel 1627 (intensità 5). Il dato più rilevante è che le zone più soggette all’attacco degli tsunami sono la Calabria meridionale (sia ionica che tirrenica) e la Sicilia orientale, dove si sono verificati la maggior parte degli eventi, soprattutto quelli di intensità più alta.

2.2 EVENTI RIGUARDANTI LA SICILIA ORIENTALE E IL COMUNE DI MESSINA

Il fatto che la regione comprendente la Sicilia orientale e la Calabria meridionale sia stata colpita, secondo il catalogo, da numerosi maremoti non deve sorprendere. In questa zona, infatti, si trovano molte sorgenti in relazione con l’attività vulcanica (Stromboli e Arcipelago Eolico, Etna), con la complessa dinamica tettonica dell’arco Calabro che dà luogo ad un’intensa attività sismica, e con la morfologia del fondale (scarpata Ibleo-Maltese, margine Calabro Ionico, margine Calabro Tirrenico, tutti soggetti a fenomeni di mobilizzazione di frane anche di grande volume). La mappa delle sorgenti tsunamigeniche, rappresentata nella parte destra della Figura 1, mostra che i due eventi più disastrosi (di intensità 6) sono localizzati nello Stretto di Messina. I cerchi rossi indicano gli epicentri di due terremoti: il sisma che nel 1783 ha causato una catastrofica frana tsunamigenica a Scilla, a nord dello Stretto, ed il terremoto di Messina del 1908. Altri eventi rilevanti (di intensità 5) sono il maremoto associato al terremoto di Noto del 1693, che è il sisma con la massima magnitudo compreso nel catalogo dei terremoti italiani (Mw =7,3 in CPTI15, Rovida et al., 2016), e il maremoto del 2002 a Stromboli generato da due frane, mobilizzate dalla crisi parossistica del periodo.

I maremoti nel Messinese 5

Figura 1. Mappa delle sorgenti di tsunami storici in Italia (a sinistra) e nella zona attorno allo Stretto di Messina (a destra). I cerchi colorati indicano le sorgenti di maremoti, le cui coordinate sono state ricavate dal catalogo ITC2. L’intensità degli eventi, misurata con la scala Sieberg-Ambraseys, viene rappresentata secondo lo schema nella legenda. In caso di terremoti, i cerchi si trovano in corrispondenza dell’epicentro.

3. SIMULAZIONI NUMERICHE DEI PRINCIPALI MAREMOTI STORICI CHE HANNO INTERESSATO IL COMUNE DI MESSINA

L’analisi dei cataloghi e delle testimonianze storiche fornisce indicazioni fondamentali per l’individuazione degli eventi che hanno colpito la zona oggetto dello studio, in questo caso il Comune di Messina. Una volta scelto un evento, si procede alla ricostruzione del relativo scenario, cioè alla caratterizzazione della sorgente, alla sua modellazione, alla simulazione del maremoto da essa generato, ed alla stima degli effetti. Il confronto dei risultati ottenuti con i dati disponibili permette di validare lo scenario, ed eventualmente di modificare i parametri che governano i modelli numerici.

6 Stefano Tinti et al.

Per il Comune di Messina, gli eventi scelti per le simulazioni numeriche sono quelli elencati in Tabella 1, che riporta dati tratti dal catalogo ITC2. Si tratta dei maremoti già ricordati nel paragrafo precedente (tsunami del 1908, paragrafo 3.1; del 1783, paragrafo 3.2; del 2002, paragrafo 3.3) a cui è stato aggiunto il maremoto causato dal terremoto del 1905 nel Golfo di Sant’Eufemia nella Calabria Tirrenica (paragrafo 3.4). Non si tratteranno qui i maremoti generati dai terremoti del 1169 e dell’11 gennaio 1693. Nel primo caso, le fonti storiche riferiscono di effetti di maremoto distruttivi nella città di Messina, con il mare che prima si ritirò e poi attaccò la città, distruggendo le mura e inondando l’abitato. Allo stato attuale delle conoscenze, formulare ipotesi sulla faglia sorgente del 1169 è molto difficile e di conseguenza non si propone qui alcuna simulazione, che può essere rimandata ad uno studio specifico. Nel secondo caso (1693), l’evento non viene incluso in quanto i danni maggiori furono sperimentati nelle Province di Siracusa e Catania. È comunque opportuno ricordare che il maremoto del 1693 fu osservato tanto a Messina (3 sequenze di ritiro del mare e successivo ritorno nella zona della Cittadella, con molti pesci lasciati sulla riva) quanto a , dove il mare si ritirò per circa mezzo miglio, trasportando alcune piccole imbarcazioni.

Tabella 1. Tsunami storici studiati mediante modellazione numerica. Nella colonna relativa al tipo di sorgente i codici hanno le seguenti corrispondenze: EQ=terremoto; EL=frana da terremoto; VL=frana in ambiente vulcanico. L’intensità riportata segue la classificazione di Sieberg-Ambraseys.

Intensità dello Magnitudo del Scenario Localizzazione della sorgente Tipo di Sorgente tsunami terremoto (Mw) 1908 Stretto di Messina EQ 6 7,1 1783 Scilla EL 6 2002 Stromboli VL 5 1905 Golfo di Sant’Eufemia EQ 3 6,9

3.1 IL MAREMOTO DEL 28 DICEMBRE 1908

Il terremoto del 1908 è probabilmente la catastrofe naturale che più è rimasta impressa nell’immaginario della popolazione siciliana e calabrese, visto l’elevatissimo numero di morti (oltre 85000 nella ricostruzione di Guidoboni e Valensise, 2011) e la vasta distruzione che ha colpito città e villaggi lungo le due coste dello Stretto di Messina. Nella mattinata del 28 dicembre 1908, un fortissimo sisma (di magnitudo Mw=7,1 secondo il catalogo CPTI15, Rovida et al., 2016) si generò nell’area dello Stretto, tra Messina e Reggio Calabria, in una zona che tuttora è oggetto di discussione fra gli scienziati. Ai danni provocati dalle scosse sismiche, si aggiunsero gli effetti di un forte maremoto. Il 90% degli edifici di Messina venne distrutto, e metà della popolazione della città rimase uccisa. La

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difficoltà nella ricostruzione esatta degli eventi non permette di distinguere con precisione quante furono le vittime del maremoto. Le numerose fonti del periodo, e principalmente i lavori di Platania (1909) e Baratta (1910), riportano un’accurata ricostruzione degli effetti del maremoto lungo le coste siciliane e calabresi, che sono riassunte, insieme a molte altre, nel catalogo ITC2 e nei lavori di Tinti e Giuliani (1983) e di Tinti e Armigliato (2003). Ci limitiamo qui a ricordare alcune delle caratteristiche principali:  I dati sui tempi di arrivo dello tsunami, ricavabili dalle testimonianze storiche, indicano che le prime località colpite dall’onda si trovano nella parte meridionale dello Stretto, dal che si può dedurre che la sorgente del maremoto può essere localizzata in tale area;  in molte località, con poche eccezioni, la prima manifestazione dello tsunami fu un consistente ritiro del mare, fino a 150 metri (Platania, 1909);  le zone maggiormente interessate dallo tsunami sulla costa siciliana si trovano nella parte meridionale dello Stretto, da Scaletta Zanclea a , con diminuzione rapida del run-up osservato verso nord e più moderata verso sud (come si può vedere dalla Figura 2);  Le altezze massime di run-up lungo la costa siciliana sono state riscontrate a Sant’Alessio (11,7 m) ed a Giardini Naxos (9,5 m).

8 Stefano Tinti et al.

Figura 2. Run-up osservati lungo la costa siciliana in occasione del maremoto del 1908. L’altezza delle colonne è proporzionale al run-up locale.

Le simulazioni numeriche dello tsunami si basano sulla ricostruzione della sorgente sismica. Numerosi studi scientifici hanno ipotizzato diverse configurazioni per la faglia responsabile del terremoto, tipicamente confinate allo stretto di Messina, ma nessuna è risultata soddisfacente. Infatti, i maremoti calcolati per tali faglie non riproducono i dati sperimentali (Tinti e Armigliato, 2003). In sostanza, tutte le sorgenti proposte danno luogo ad una sottostima dell’altezza delle onde di maremoto. Per questo motivo, è stata anche avanzata l’ipotesi che il maremoto sia stato prodotto da una grossa frana sottomarina indotta dal terremoto (Billi et al., 2008) e localizzata al largo di Giardini Naxos o da numerose frane minori, avvenute nello Stretto (Favalli et al., 2009). L’ipotesi di un’unica frana è stata contestata per mancanza di evidenze geologiche, e giudicata priva di fondamento (Argnani et al., 2009), mentre l’ipotesi di frane minori che hanno agito come sorgenti tsunamigeniche aggiuntive sembra essere plausibile. Il dibattito è ancora aperto (v. anche la discussione nel cap. 4).

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In questa relazione viene presentata una simulazione dello tsunami del 1908 tratta da ricerche concernenti scenari di maremoto per la città di Catania (Tinti et al., 2010 e Tonini et al., 2011). In tali ricerche, oltre alla sorgente ipotizzata in Tinti e Armigliato (2001) che in analogia ad altre non riesce a generare maremoti compatibili con le osservazioni, è stato considerato un contributo aggiuntivo, cioè una depressione localizzata a sud dello Stretto, che renda conto dei prevalenti primi arrivi negativi. La Figura 3 riporta i risultati delle simulazioni per l’intera costa ionica della Sicilia, con la mappa delle massime elevazioni raggiunte dalle onde per ogni punto del dominio di calcolo numerico. Si noti come l’ipotesi alla base della figura di destra sembra fornire una distribuzione delle elevazioni più coerente con le osservazioni riportate nei cataloghi. La distribuzione spaziale delle altezze massime è comunque ancora insoddisfacente ed ulteriormente migliorabile.

Figura 3. Massima elevazione simulata per lo tsunami del 1908. Sinistra. La sorgente è la faglia ipotizzata in Tinti e Armigliato (2001). Destra. Alla precedente faglia è aggiunta una sorgente come descritto nel testo. La figura è ripresa dall’ ”Atlante delle zone esposte al rischio di maremoto nell'area di Catania” (Tinti et al., 2010).

3.2 IL MAREMOTO CAUSATO DALLA FRANA DI SCILLA DEL 6 FEBBRAIO 1783

A partire dal mese di febbraio del 1783, una lunga sequenza sismica colpì la Calabria, con 5 forti terremoti concentrati nel periodo febbraio-marzo, il più forte dei quali (5

10 Stefano Tinti et al.

febbraio) raggiunse magnitudo 7,1 secondo il CPTI15 (Rovida et al., 2016). La notte seguente, un altro forte terremoto colpì la zona, mobilizzando un costone roccioso lungo le pendici del Monte Pacì che precipitò in mare, provocando uno tsunami che raggiunse il paese di Scilla, distante circa un chilometro, nel giro di un solo minuto. Sfortunatamente, a causa dei terremoti dei giorni precedenti, gran parte della popolazione si era rifugiata sulla spiaggia per sfuggire all’effetto dei crolli: si stima che i morti causati dal maremoto siano stati più di 1500 (Graziani et al., 2006). Le ricostruzioni storiche sono in gran parte contenute nelle relazioni di Sarconi (1784), Minasi (1785) e De Lorenzo (1895), che risultano sorprendentemente precise e dettagliate nella descrizione della frana e degli effetti del maremoto. I lavori di Tinti e Guidoboni (1988) e Graziani et al. (2006) riassumono e riprendono le osservazioni storiche, che riportano danni e vittime anche nella costa siciliana. A Messina furono osservate onde fino a 2 metri, mentre a Torre Faro la costa fu inondata per circa 600 passi (run-up stimato di circa 6 metri), con 26 vittime accertate e molti danni a imbarcazioni e abitazioni. Anche verso Capo Peloro i campi attorno al Pantano Piccolo furono inondati, con case, animali e persone trascinati in acqua (Graziani et al., 2006).

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Figura 4. Massima elevazione dello tsunami provocato dalla frana di Scilla del 1783, in un’area estesa attorno a Scilla (sopra) e nell’area di Capo Peloro (sotto), dove è ben visibile l’inondazione delle zone di Pantano Piccolo e Torre del Faro (modificata da Zaniboni et al., 2016b).

12 Stefano Tinti et al.

Altre ricerche che confermano in modo diretto l’arrivo delle onde di maremoto nella zona di Capo Peloro riguardano i depositi lasciati dallo tsunami quando inonda la terraferma. Le indagini stratigrafiche descritte in De Martini et al. (2012) mostrano come nella zona di Torre degli Inglesi siano stati riconosciuti, caratterizzati e datati depositi di origine marina, associabili al maremoto del 1783. La Figura 4 nella parte superiore (modificata da Zaniboni et al., 2016b), mostra la massima elevazione del maremoto derivante dalle simulazioni numeriche. Si vede chiaramente che, a parte la zona della sorgente, gran parte dell’energia dello tsunami si dirige direttamente vero Capo Peloro. Ciò si può ascrivere principalmente ad effetti di batimetria, che influenza la velocità delle onde e di conseguenza la loro direzione di propagazione, analogamente all’effetto rifrattivo di onde di luce che attraversano un mezzo con indice di rifrazione variabile. È assai interessante notare che anche nella zona di San Saba lo tsunami viene amplificato per le medesime ragioni. Nella parte inferiore della Figura 4, che si stringe sulla zona di Capo Peloro, dove il maremoto è stato calcolato su una griglia ad alta risoluzione, si mostra che, secondo le simulazioni, la zona intorno al Pantano Piccolo risulta inondata per più di 1 km, e quella di Torre Faro per circa 500 m, in buona analogia con quanto osservato. Le elevazioni massime simulate raggiungono i 5 metri. Il lago di Ganzirri, protetto da una lingua di terra che raggiunge l’altezza topografica di 6-7 metri non viene raggiunto dallo tsunami.

3.3 I MAREMOTI DI STROMBOLI DEL 2002

Gli ultimi mesi del 2002 furono caratterizzati, sull’isola di Stromboli, da una prolungata e particolarmente intensa attività vulcanica, durante la quale il 30 dicembre si staccarono due frane sul versante della Sciara del Fuoco, una sottomarina e la seconda, 7 minuti dopo, nella sovrastante parte emersa. Entrambe generarono un maremoto, che fu avvertito come un singolo evento dalla popolazione. Nel giro di pochi minuti le onde investirono tutta l’isola, colpendo soprattutto la costa settentrionale ed orientale. Fortunatamente, vista la bassa stagione turistica, non ci furono vittime, ma i danni ad abitazioni private e strutture commerciali, soprattutto nella zona di Ficogrande, furono ingenti (si veda Tinti et al., 2006a, per una descrizione degli effetti). Alcuni effetti furono osservati anche nell’isola di Panarea, una ventina di km a sud- ovest, dove lo tsunami si manifestò con un ritiro del mare fino a 100 metri, seguito da un’inondazione che provocò danni nel porto di San Pietro. Altri effetti minori si ebbero nella raffineria di , a Mondello e ad Ustica. Si può affermare comunque che il maremoto ebbe principalmente effetti a livello locale.

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La Figura 5 riporta le misure effettuate durante alcune campagne di rilevazione post- maremoto (v. Tinti et al., 2006a). Il massimo run-up di 10,7 m fu misurato nella zona di Spiaggia Lunga, sulla costa nord a ovest di Ficogrande. Anche nella costa orientale furono misurate altezze di run-up oltre i 5 m. Le frane, secondo ricostruzioni fatte sulla base delle misure di campagne batimetriche successive, avevano un volume di circa 10-20 milioni di metri cubi (Chiocci et al., 2008). Il maremoto che generò le onde più alte e che fu responsabile dei valori di run- up riportati in Figura 5 fu il primo.

Figura 5. Run-up osservati (triangoli rossi) e simulati (in nero) per il tratto orientale e settentrionale della costa di Stromboli in occasione dello tsunami del 2002, generato da due frane lungo la Sciara del Fuoco.

I risultati delle simulazioni sono descritti per esteso in Tinti et al. (2006b), e sono qui riassunti nella Figura 5, per la costa settentrionale ed orientale di Stromboli dove i run-up osservati sono confrontati con i run-up calcolati. L’accordo è notevole, a parte qualche discrepanza (soprattutto nel tratto tra Spiaggia Lunga e Ficogrande, dove le simulazioni sottostimano le osservazioni) probabilmente dovuta a particolari conformazioni della costa

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non ricostruite nel dettaglio nella griglia di simulazione. Le simulazioni forniscono anche dati sul ritiro del mare provocato dallo tsunami per il quale non ci sono osservazioni o dati sperimentali.

3.4 IL MAREMOTO DELL’8 SETTEMBRE 1905

Il terremoto dell’8 settembre 1905 in Calabria è tuttora oggetto di indagine e dibattito in ambito scientifico, in merito soprattutto alla determinazione della faglia che l’ha generato. Nel recente lavoro di Loreto et al. (2016) la faglia è localizzata nel Golfo di Sant’Eufemia e la magnitudo stimata in 6,9. Il sisma fu disastroso: provocò circa 550 morti (Baratta, 1906), danni alle abitazioni, ed effetti ambientali come frane, liquefazioni, crepe nel terreno. Il terremoto provocò uno tsunami, pur di entità contenuta. Lo tsunami colpì i litorali della Calabria penetrando per decine di metri in alcune località. Riguardo alla Provincia di Messina, si sa che a Milazzo il mare prese ad oscillare con periodo di 30 minuti ed ampiezza di 80 cm, mentre nel porto di Messina le oscillazioni raggiunsero i 10 cm. Le simulazioni numeriche, basate sulla ricostruzione della faglia descritta in Loreto et al. (2016), confermano che il maremoto fu modesto sulle coste siciliane dove la massima elevazione calcolata è dell’ordine del mezzo metro.

4. ANALISI DELLA PERICOLOSITÀ DA TSUNAMI MEDIANTE IL METODO DEGLI SCENARI

4.1 GENERALITÀ

Lo studio dei maremoti che riguardano il Comune di Messina si è concentrato fin qui sulla breve ricostruzione degli eventi storici. Questa rappresenta solo una componente della procedura necessaria per una stima completa della pericolosità. In generale, fissata un’area costiera per la quale si voglia studiare la pericolosità da maremoto, possono essere

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seguiti due approcci alternativi, ciascuno dei quali presenta vantaggi e svantaggi che devono essere attentamente valutati a priori. I due approcci consistono 1) nell’analisi probabilistica e 2) nell’esame degli scenari peggiori possibili, ovvero degli scenari “credibili” che causano i massimi effetti (worst-case credible scenarios). Nell’approccio probabilistico a tutte le sorgenti che sono ritenute rilevanti in termini di generazione, propagazione ed impatto di onde di maremoto per l’area in esame viene attribuito un insieme di parametri descrittivi, ciascuno dei quali può variare all’interno di un dato intervallo di valori. Per esempio, nel caso dei terremoti, ad ogni faglia (nota o potenziale) vengono assegnate una magnitudo massima, una o più leggi di regressione che permettano di definire le dimensioni della faglia a partire da ciascun valore di magnitudo, intervalli di variabilità per gli angoli che definiscono il meccanismo focale, un intervallo per la profondità ipocentrale. Per ogni configurazione viene assunta una probabilità di occorrenza e viene effettuata una simulazione numerica del maremoto. I risultati sono forniti in termini di valori attesi per un definito periodo di tempo di determinate metriche del maremoto come, ad esempio, l’ampiezza massima dell’onda di tsunami, o la massima colonna d’acqua sulla terraferma nei prossimi 100 anni. Dal punto di vista computazionale l’approccio probabilistico richiede un sforzo che è tanto più oneroso quanto più numerose sono le configurazioni considerate (tipicamente migliaia) e quanto più estesa è l’area costiera che si vuole studiare. Per contenere i tempi di calcolo si è spesso costretti ad effettuare le simulazioni di maremoto facendo semplificazioni drastiche, tralasciando per esempio gli effetti non-lineari che sono quelli decisivi nel processo di inondazione, e su griglie di calcolo non eccessivamente dettagliate. Inoltre, ad oggi, la metodologia probabilistica è applicabile solo alle sorgenti sismiche, per le quali esistono una letteratura ampia e diversi modelli riguardanti la probabilità di occorrenza di terremoti. Lo stesso non può dirsi per le frane, per le quali approcci probabilistici avanzati non sono ancora praticabili. Il secondo approccio si basa sulla definizione di un numero limitato di scenari peggiori possibili per l’area in questione. Come nel caso precedente, il primo passo consiste nell’individuare e caratterizzare tutte le sorgenti capaci di generare maremoti che possano propagarsi fino ai tratti di costa studiati. Possono essere inclusi terremoti, frane, eruzioni vulcaniche e la scelta deve essere fatta sulla base non solo della storia passata, ma anche dell’attività presente (sismicità della zona, stabilità dei pendii) e delle indicazioni sull’attività futura che provengono dalla geodinamica, dalla geomorfologia, dalle prospezioni geofisiche a terra e a mare. L’analisi critica e ponderata di tutte le informazioni disponibili per diverse aree sorgente porta alla selezione di un numero limitato (tipicamente non più di alcune decine) di scenari che consistono, per esempio, in geometrie e massime magnitudo per le faglie sismogenetiche, e in volumi massimi possibili per corpi franosi lungo pendii favorevoli all’innesco di frane. Dato il numero ridotto di scenari selezionati, l’approccio consente di simulare il maremoto di ogni scenario con codici numerici che implementano anche il calcolo dell’inondazione su griglie ad alta risoluzione (da poche decine di metri a

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pochi metri) nelle zone costiere dove è richiesto il maggiore dettaglio. Può comunque essere più ragionevole effettuare un primo set di simulazioni su griglie a minor definizione (poche centinaia di metri) mediante equazioni lineari, con lo scopo di valutare in modo speditivo il peso relativo dei vari scenari sulle elevazioni massime calcolate lungo le linee di costa in esame. Fatto ciò, si è in grado di scremare ulteriormente il numero di scenari, mantenendo solo quelli che più frequentemente compaiono fra i “responsabili” delle massime ampiezze. Per questo sottoinsieme di scenari, infine, si realizzano le simulazioni di dettaglio citate in precedenza. Infine, ad ogni punto della griglia di calcolo si associa il massimo fra i risultati relativi ai vari scenari, ottenendo il cosiddetto “scenario aggregato”, che può essere realizzato per qualsiasi osservabile desiderato. Nel seguito illustreremo l’applicazione del metodo degli scenari effettuata nell’ambito del progetto triennale europeo ASTARTE (“Assessment, STrategy And Risk Reduction for Tsunamis in Europe”, Grant 603839, 7th FP - ENV.2013.6.4-3, coordinato dall’IPMA, Lisbona, ed ancora in corso) e ci focalizzeremo sui risultati riguardanti il Comune di Messina.

4.2 STUDIO DELLO SCENARIO AGGREGATO PER LE COSTE DEL COMUNE DI MESSINA

A conoscenza degli autori, una valutazione sistematica e completa della pericolosità legata ai maremoti per le coste del Comune di Messina non è mai stata intrapresa fino ad oggi, anche gli studi svolti su singoli eventi (1908, 2002) sono stati numerosi. Inoltre, è opportuno menzionare che nell’ambito del progetto europeo TRANSFER (“Tsunami Risk And Strategies For the European Region”, Contract N. 37058, 6th FP – SUSTDEV- 2005—3.IV.2.2, coordinato dal Prof. Stefano Tinti e condotto dal 2006 al 2009), la città di Messina fu selezionata come area test per lo sviluppo e l’applicazione di tecniche innovative per la valutazione della pericolosità e del rischio legate ai maremoti. Ma, dal momento che nel corso del progetto TRANSFER il GRM ha posto il focus sullo sviluppo e validazione di tecniche numeriche e sulla raccolta di dati di maremoto (sviluppo di cataloghi), uno studio organico della pericolosità da tsunami su tutte le coste messinesi non è ancora stato effettuato. In questo capitolo forniamo un estratto dei risultati derivanti dall’applicazione dell’approccio “a scenari” da parte del GRM nell’ambito del progetto ASTARTE citato sopra, in cui l’attenzione è centrata non sul messinese ma sulle città di Augusta e Siracusa. I dettagli sono reperibili nel Deliverable D8.8, disponibile sul sito del progetto (http://www.astarte-project.eu/index.php/deliverables.html). Qui ci limitiamo ad alcuni

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punti salienti. La scelta delle aree di interesse influisce ovviamente sulla scelta delle sorgenti, così come della risoluzione delle griglie di calcolo. Per quanto riguarda le sorgenti, sono state scelte cinque diverse aree-sorgente (Figura 6), che coincidono con altrettante zone sismogenetiche (infatti, non vengono prese in esame né frane né eruzioni vulcaniche): 1) la zona della scarpata ibleo-maltese al largo della Sicilia orientale (HM), 2) l’area dello Stretto di Messina (MS), 3) la zona di subduzione ionica (IS), 4) il prisma di accrezione al largo della Calabria (CO), 5) l’arco ellenico occidentale, a sua volta diviso nella porzione a nord della faglia di Cefalonia e in quella a sud della medesima (WH).

Figura 6. Zone sismogenetiche selezionate per la definizione degli scenari utilizzati nella valutazione della pericolosità legata ai maremoti lungo le coste orientali della Sicilia.

Per ciascuna delle cinque aree sono state selezionate opportune geometrie di faglia, tutte accomunate da una medesima magnitudo massima: 7,4 per HM (sulla base del terremoto del 1693), 7,2 per MS (terremoto del 1908), 7,1 per CO e la porzione nord di WH (stima riportata dal database ESDF-SHARE, vedi Basili et al., 2013), da 7,4 a 8,3 per IS (a partire da diversi studi di geologia marina, fra cui Gutscher et al., 2006 e 2016; Polonia

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et al., 2014), 8,5 per la porzione meridionale di WH (sulla base del terremoto del 365). In totale, sono stati definiti 32 scenari di terremoti tsunamigenici. Per quanto riguarda le griglie numeriche, le simulazioni sono state svolte su un set di griglie innestate che prevede due griglie ad alta risoluzione (40 m) per le aree intorno ad Augusta e Siracusa (griglie 4 e 5, Figura 7), mentre il territorio messinese è incluso in una griglia di minor dettaglio con un passo di 200 m (griglia 3, Figura 7). Queste sono a loro volta incluse in una griglia a 1 km che copre lo Ionio occidentale (griglia 2) ed in una a 3 km che copre tutto lo Ionio (griglia 1) fino all’area sorgente (stimata) del terremoto del 365.

Figura 7. Set di griglie innestate utilizzate nelle simulazioni numeriche. Le risoluzioni sono rispettivamente: 3 km (griglia 1), 1 km (griglia 2), 200 m (griglia 3), 40 m (griglie 4 e 5).

Per ognuno dei 32 scenari sono stati simulati i maremoti corrispondenti. Nella griglia 3, che contiene anche le coste del messinese, i risultati sono frutto di simulazioni lineari e la condizione al contorno imposta sulla costa può essere assimilata alla presenza di un muro verticale. I risultati relativi ai 32 scenari individuali possono infine essere sintetizzati in uno o più scenari aggregati. La Figura 8 contiene una mappa della massima elevazione del mare calcolata lungo la costa ionica della Provincia di Messina. In particolare, la Figura 8 riporta tre diversi scenari aggregati corrispondenti ai primi tre valori di elevazione massima in ciascun punto di griglia. In prima approssimazione, questo può essere un modo per rappresentare la dispersione dei risultati. Limitandoci alla prima curva in nero, si nota come nella zona settentrionale dello Stretto, a nord del porto di Messina, i massimi “assoluti” raggiungono quasi i 4 metri, per poi scendere a 2 metri fino alla zona di Giampilieri. Proseguendo verso sud i massimi tornano a salire, fino a raggiungere nuovamente i 4 metri, pur con variazioni locali molto accentuate.

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Figura 8. Massima elevazione del mare lungo la costa messinese nello Stretto: per i diversi scenari considerati è rappresentata l’elevazione massima calcolata (in nero), la seconda elevazione massima (in rosso) e la terza (in verde).

Limitandoci nuovamente all’aggregato dei massimi, è ragionevole chiedersi quali delle 32 sorgenti scelte produca gli effetti più rilevanti. La Figura 9 contiene la curva dell’aggregato delle ampiezze massime calcolate, in cui ogni punto è stato colorato a seconda della sorgente che genera tale massimo. I risultati ottenuti sono solo parzialmente sorprendenti e possono essere spiegati a partire dalle geometrie di faglia e dalle magnitudo massime adottate. L’unica faglia localizzata nell’area dello stretto di Messina capace di dare un contributo rilevante è quella indicata con il codice MS-04: si tratta di una faglia ricavata a partire da Aloisi et al. (2013), che si trova in parte nello stretto sul versante calabro e in parte subito all’uscita meridionale dello Stretto, con uno strike N-S per cui la direttività è massima verso la porzione di costa sicula compresa approssimativamente fra Scaletta Zanclea e Taormina. La magnitudo di 7,4 con distribuzione di slip uniforme sulla faglia giustifica il moderato livello delle altezze massime calcolate. L’altra faglia che domina i risultati di Figura 9 ha codice WH-09 e si riferisce ad una sorgente con magnitudo 8,5 situata lungo la porzione meridionale dell’arco ellenico occidentale, subito a sud della faglia

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trascorrente di Cefalonia. Pur trattandosi di una sorgente che possiamo definire a tutti gli effetti “remota”, essa è in grado di produrre altezze massime paragonabili o addirittura superiori a quelle calcolate a partire da sorgenti locali, specialmente nel Comune di Messina. I motivi sono la grande lunghezza d’onda, dovuta all’ampia area interessata dallo spostamento verticale cosismico in corrispondenza della sorgente, e il grande valore di magnitudo.

Figura 9. Massima elevazione dell’acqua lungo la costa messinese dello Stretto per lo scenario aggregato. I diversi colori indicano i contributi di diverse sorgenti. Le stelle indicano i valori di run-up noti per il maremoto del 28 dicembre 1908.

La Figura 9 contiene anche i valori di run-up misurati in occasione del maremoto seguito al terremoto del 28 dicembre 1908, rappresentati come stelle gialle. È evidente come i nostri risultati siano ben lontani dal riprodurre i dati sperimentali, che invece dovrebbero ricadere entro i livelli di inondazione previsti da un approccio basato sui “peggiori scenari credibili”. Va anche chiarito che il confronto è improprio e viene proposto qui solo per

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mettere in evidenza quali sono gli ingredienti che ancora mancano per una definizione della pericolosità da maremoto per le coste del messinese. Ci sono almeno due ingredienti mancanti nell’analisi. Il primo riguarda il calcolo numerico ed il secondo la caratterizzazione delle sorgenti. Ricordando che i risultati mostrati sono estratti da uno studio focalizzato su aree diverse dal Comune di Messina, occorre rilevare che una stima di dettaglio della pericolosità da maremoti richiede l’utilizzo di codici numerici non lineari che implementano il calcolo dell’inondazione su griglie ad alta risoluzione. Infatti, codici lineari su griglie a risoluzione non sufficiente come quelli usati per le simulazioni considerate portano spesso alla sottostima dell’altezza delle onde. Come sottolineato, essi vengono usati solo per una stima preliminare e per selezionare le sorgenti più significative per il tratto di costa in esame. Nello studio effettuato nel progetto ASTARTE da cui sono estratti i risultati riferiti in questa relazione, codici e griglie più sofisticati sono stati utilizzati per la stima della pericolosità nei Comuni di Augusta e di Siracusa. Inoltre, una grave lacuna dell’analisi fin qui descritta riguarda proprio l’evento del 1908. È opportuno evidenziare che fino ad ora nessuno è stato in grado di proporre una faglia che al tempo stesso riproduca gli effetti sismici, geodetici e di danno provocati dal terremoto del 1908 e giustifichi anche gli effetti del maremoto che ne seguì. Sulla scia di una scuola di pensiero che ha preso piede negli ultimi anni, è necessario sondare ipotesi alternative alla sola sorgente sismica, con speciale enfasi sulle frane. Alcuni studiosi (v. i lavori di Billi et al., 2008; Favalli et al., 2009) hanno postulato che il maremoto fu dovuto a frane innescate dal terremoto. Recentemente sono stati pubblicati alcuni studi (ad esempio Ridente et al., 2014) che elaborano e commentano i dati ottenuti nel corso delle campagne di esplorazione marina finanziate dal progetto MAGIC (http://www.magicproject.it/index.php/it/). È quindi oggi disponibile (anche se non sempre facilmente accessibile) una mole di dati che dovrebbe permettere la caratterizzazione dettagliata di corpi di frana lungo i margini costieri della Sicilia orientale e dello Stretto di Messina, e conseguentemente la stima del loro potenziale tsunamigenico. Va ricordato inoltre che per uno studio approfondito della pericolosità da tsunami per il Comune di Messina l’insieme delle sorgenti da prendere in esame deve essere esteso rispetto a quelle mostrate in Figura 6. Dal punto di vista sismico, si deve completare l’insieme delle zone sorgente includendo il margine tirrenico della Calabria, dove si sono verificati terremoti capaci di produrre maremoti in grado di attaccare le coste settentrionali del Comune di Messina e dello Stretto (1783, 1905). Non deve essere trascurata nemmeno la zona di deformazione attiva che si trova al largo della Sicilia settentrionale (e.g. Lorito et al., 2008; Basili et al., 2013). Ponendo attenzione alle frane, la stima della pericolosità non può prescindere né da scenari basati su frane lungo il margine tirrenico della Calabria (1783), né da quelli relativi all’attività delle isole vulcaniche di Stromboli (2002) e di Vulcano. Da approfondire sono infine gli aspetti legati a strutture sommerse come il Marsili, che hanno ricevuto notevole attenzione a livello mediatico in tempi recenti, ma per

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le quali è difficile, senza un’analisi specifica, stimare il tasso di attività ed il livello di pericolosità.

5. CONCLUSIONI

La presente relazione raccoglie i risultati sugli tsunami compiuti dal GRM del DIFA dell’Università di Bologna negli ultimi anni e che riguardano le coste del messinese. La relazione, dopo un’introduzione in cui sono esposti i concetti di base sul fenomeno maremoto e vengono forniti alcuni ragguagli sulla distribuzione ed intensità dei maremoti sulle coste italiane, passa in rassegna gli eventi di maremoto più importanti che hanno colpito il Comune di Messina e dei quali si hanno evidenze storiche. Tutti gli eventi descritti sono stati studiati anche mediante simulazioni numeriche e gli studi hanno rilevanza scientifica in quanto sono stati pubblicati su riviste del settore o presentati a convegni internazionali. L’ultima parte della relazione è uno studio di pericolosità da tsunami basata sulla tecnica degli scenari peggiori possibili (worst-case scenario). Lo studio vero e proprio effettuato nell’ambito del progetto europeo ASTARTE riguarda i comuni di Augusta e Siracusa e consta di una fase preliminare che permette la selezione delle sorgenti più importanti e di una fase di dettaglio dove si calcolano le inondazioni ed il relativo scenario aggregato. La fase preliminare di tale analisi copre anche il messinese ed è qui riportata. Le simulazioni sono state fatte a partire da 32 sorgenti sismiche che generano maremoti in grado di colpire la costa orientale della Sicilia, ivi comprese le coste messinesi dello Stretto. I codici di simulazione risolvono equazioni lineari su una griglia con passo di 200 m e non sono in grado di calcolare inondazione ed altezze di run-up ma soltanto l’altezza delle onde in corrispondenza della linea di costa. Le Figure 8 e 9 riassumono i risultati e mettono in evidenza che i terremoti considerati generano tsunami che sulle coste dello Stretto nel Comune di Messina possono raggiungere altezze fra i 3 e i 4 m (Figura 8) e che la sorgente che è più efficace (Figura 9) è situata lontano dallo Stretto nell’arco Ellenico orientale. Un’ulteriore osservazione è che i massimi calcolati nello scenario aggregato sono inferiori ai run-up osservati per il maremoto del 28 dicembre 1908. L’incongruenza è già stata notata e motivata nel precedente capitolo 4. Vale la pena sinteticamente menzionare che: 1) se si fossero usati i codici non lineari e le griglie di calcolo di grande risoluzione e 2) se si fossero prese in considerazione anche maremoti prodotti da frane locali, la discrepanza sarebbe, molto probabilmente, stata sanata.

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Ciò detto, il contributo che questa relazione intende presentare al Comune di Messina riassume le ricerche condotte dal GRM negli ultimi anni e dimostra che le competenze del GRM, e più in generale l’avanzamento straordinario che si è avuto nell’ultimo decennio nelle conoscenze e nelle tecniche di simulazione della tsunami science, consentono di intraprendere analisi specifiche e mirate nel Comune di Messina per la stima di pericolosità da maremoto.

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