Giuseppe Abbruzzo, Giovan Battista Falcone, Segretario Della Spedizione Di Sapri, Soveria Mannelli, Rubbettino, 221 Pp., € 14,00

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Giuseppe Abbruzzo, Giovan Battista Falcone, Segretario Della Spedizione Di Sapri, Soveria Mannelli, Rubbettino, 221 Pp., € 14,00 145 Giuseppe Abbruzzo, Giovan Battista Falcone, segretario della Spedizione di Sapri, Soveria Mannelli, Rubbettino, 221 pp., € 14,00 Il profilo di un giovane militante del liberalismo meridionale, Giovan Battista Falcone, è ricostruito da Giuseppe Abbruzzo. Il suo libro è utile per conoscere alcuni aspetti della lotta politica nella fase finale del Regno delle Due Sicilie. La Calabria interna della prima metà dell’800 è lo sfondo della formazione del giovane Falcone. Si tratta di uno dei territori dove il conflitto civile meridionale fu più intenso, dall’impresa di Ruffo nel 1799 fino alla travolgente campagna garibaldina del 1860. La Calabria fu anche il teatro dei fatti più sanguinosi del 1848 meridionale, oltre che del liberalismo più radicale. Il mondo in cui si inserì il giovanissimo Falcone, la rete studentesca degli anni ’50, era fatto dai giovani che avevano conosciuto il 1848 calabrese o ne erano profondamente influenzati. Era il mondo degli universitari militanti, di quei fuorisede che giungevano a Napoli dalla provincia, formavano i focolai del liberalismo più appassionato, tenendo in continua tensione le forze di sicurezza borboniche. Questi ambienti esprimevano molti dei quadri della cospirazione politica del Regno delle Due Sicilie. Inoltre influenzavano persone e gruppi degli stessi territori con cui si incontravano nella capitale. Tra questi era il militare Agesilao Milano, l’autore dell’attentato a Ferdinando II. Proprio il suo fallito tentativo provocherà inevitabilmente dure reazioni, con retate ed arresti tra gli studenti calabresi. Molti, tra cui Falcone, amico di Milano, fuggiranno in esilio. Il giovane calabrese, lasciato il Regno, diventò uno degli uomini di fiducia del centro operativo nazionalista che Nicola Fabrizi animava da molti anni a Malta. Fu proprio Fabrizi, ricorda l’a., a inviarlo a Genova per raffreddare gli entusiasmi di Mazzini e Pisacane sulla possibile spedizione rivoluzionaria da compiere nel Mezzogiorno. La futura impresa di Sapri si svolse nel delicato passaggio che portò all’unificazione del nazionalismo italiano intorno al Piemonte di Cavour. Pertanto la preparazione era al centro di animate e controverse opinioni politiche, tra gli esuli e tra i dirigenti unitari, oltre che all’interno del movimento democratico, in gran parte perplesso o contrario alla Spedizione. Falcone, ancora giovane e politicamente inesperto, non era certo in grado di condizionare i grandi protagonisti della battaglia politica italiana. Fu rapidamente coinvolto dal contagioso attivismo di Mazzini e dalla determinazione di Pisacane, diventando uno dei suoi luogotenenti. Abbruzzo ricostruisce la vicenda della Spedizione, dall’assalto alla guarnigione di Ponza, fino allo sbarco a Sapri e al tragico epilogo di Sanza. In quei giorni drammatici Falcone e Nicotera cercarono, senza successo, di convincere Pisacane a modificare la sua strategia. Anche il giovane calabrese fu ucciso a Sanza, insieme al suo comandante. Dopo l’Unità diventò uno dei riferimenti del martirologio liberale calabrese, come ricorda in conclusione l’autore. Carmine Pinto 146 Roger Absalom, L’alleanza inattesa. Mondo contadino e prigionieri alleati in fuga in Italia 1943-1945, Bologna, Pendragon, 487 pp., € 35,00 (ed. or. in inglese, Firenze, 1991) L’ordine era chiaro: «rimanete fermi e tenetevi in forma» (p. 33). Mussolini era stato rimosso, ma gli ottantamila prigionieri di guerra alleati distribuiti nei quasi cento campi di internamento e in una trentina di ospedali militari, sparsi dalla Sicilia alla Lombardia, rimasero al loro posto. Soffocando l’istinto di mettere in pratica i tanti piani di fuga preparati nei lunghi mesi di internamento, i prigionieri obbedirono ai comandi dei loro superiori e attesero con fiducia l’arrivo delle armate anglo-americane. La mattina del 9 settembre 1943, i campi vennero circondati e presi in consegna dai reparti tedeschi, i Pow furono trasferiti nei campi del Reich durante i mesi seguenti. In questo breve lasso di tempo, quasi cinquantamila Pow tentarono la fuga, molti con successo. Si concretizzò così quella «alleanza inattesa» tra mondo contadino ed ex nemici, inimmaginabile solo qualche settimana prima e che divenne condizione indispensabile per la salvezza degli ormai ex Pow. Una strange alliance – come la definì Absalom nell’edizione originale del suo lavoro (A strange Alliance. Aspects of escape and survival in Italy 1943-1945, Firenze, Olschki, 1991) – che permise a migliaia di uomini di evitare la deportazione. I fuggiaschi vennero vestiti, spesso nascosti, rifocillati, protetti e, in molti casi, aiutati a raggiungere il confine con la Svizzera. Absalom dà conto delle centinaia di storie individuali e di gruppo che raccontano, insieme, il grande coraggio e la generosità della popolazione italiana. Disobbedendo al comando delle autorità fasciste e tedesche, tanti si prodigarono a soccorrere gli ormai ex nemici. Le decine di migliaia di soldati, sottoufficiali e ufficiali, che scomparvero nei casolari di campagna, nelle chiese e nei nascondigli naturali che il territorio offriva, sempre soccorsi e aiutati dalla gente, diventano una chiave di lettura decisiva per comprendere la metamorfosi in atto nell’Italia sconfitta del 1943. E qui subentra il mestiere dello storico, quale era Absalom (mancato nell’ottobre 2009), capace di recuperare attraverso le fonti d’archivio e gli scritti privati dei singoli protagonisti le storie che accompagnarono i fuggiaschi nella loro fuga verso la libertà. I diari, i racconti romanzati, le carte dei servizi segreti britannici e delle agenzie segrete alleate, i rapporti dell’Allied Screening Commission che interrogò una parte consistente dei salvati, le fonti orali e quelle degli archivi italiani diventano per lo storico strumenti indispensabili per tradurre le tante vicende personali in linguaggio e narrazione storiografica. Un affresco, quello lasciato da Absalom, denso e complesso, che fa luce sul delicato passaggio dell’Italia dal fascismo al dopoguerra. Un passaggio in cui i Comitati di liberazione nazionale, le comunità contadine e singoli cittadini, posti di fronte alla pressante richiesta di aiuto proveniente da migliaia di giovani uomini, risposero positivamente schierandosi, così, nel fronte avverso a quello in cui erano stati collocati dal regime fascista. Marco Minardi 147 Percy Allum, Le donne di Rotzo. Un’amministrazione comunale al femminile (1964- 1970), Sommacampagna, Cierre, 63 pp., € 10,00 Alla sua vasta produzione storiografica, incentrata per lo più sull’analisi del sistema politico italiano e delle sue culture, Allum aggiunge questo breve saggio che ci restituisce un’esperienza alquanto rara, se non unica, e già solo per questo interessante e preziosa. È il caso del Comune di Rotzo, piccolo paesino montano dell’Altopiano di 0Asiago, che dal 1964 al 1970 fu governato da un’amministrazione tutta al femminile: sindaco (Clara Slaviero), giunta e consigliere. L’ambiente politico in cui si snoda questa vicenda è quello della Federazione vicentina della Democrazia cristiana, a cui erano iscritti sia Slaviero sia i suoi avversari. Per questa ragione la ricerca si è basata in gran parte sulle carte dell’archivio della locale Federazione Dc, di recente depositate presso la Biblioteca civica Bertoliana di Vicenza, oltre che sulle carte private di Slaviero e sulla documentazione messa a disposizione dal parroco e dal Comune. La vicenda analizzata consente, una volta di più, di riflettere sugli squilibrati rap- porti di genere all’interno dei partiti e più in generale dell’intera politica italiana, facendo segnare in questo caso un tanto chiaro, quanto insolito, successo della componente femminile. Ovviamente non poche furono le difficoltà da affrontare prima, durante e dopo lo svolgimento delle votazioni. Veti sulla presentazione della lista, pressioni esercitate sulla popolazione affinché non andasse a votare, l’ampio ricorso a luoghi comuni e a stereotipi sessisti, tanto che – scrive Allum – «al centro della campagna elettorale c’era la rivalità tra i sessi e non i gravi problemi economici e amministrativi che il Comune doveva fronteggiare» (p. 42), e le non secondarie insistenze sulle consigliere appena elette perché si dimettessero, facendo così venir meno il numero legale del Consiglio comunale, sono le principali difficoltà che le candidate dovettero affrontare. Gli ostacoli furono però tutti superati e Rotzo ebbe la sua amministrazione di sole donne. L’eccezionalità dell’evento, nella storia politica italiana degli anni ’60, e non solo, fu confermata dalla grande attenzione che i media nazionali e la stampa estera riservarono all’episodio e da cui, con fredda lucidità, il primo cittadino neo eletto non si fece affatto travolgere concentrandosi, invece, sul suo lavoro e riuscendo in tal modo a raggiungere il traguardo più difficile: la stabilizzazione delle finanze comunali ereditate in condizioni pressoché fallimentari. È un libro, questo di Allum, che si legge tutto d’un fiato e che se, da un lato, con- ferma gli orientamenti prevalenti della storiografia di genere che in più occasioni hanno messo in rilievo la subalternità, l’eccezionalità e la passione delle donne impegnate nella politica italiana insieme alle difficoltà incontrate per il doversi confrontare in un contesto prevalentemente maschile e spesso respingente; dall’altro, sottolinea come in questo campo d’indagine la ricerca, specie in ambito locale, sia ancora foriera di interessanti e inattesi casi di studio. Domenica La Banca 148 Bruna Antonelli, Terni. Donne dallo squadrismo fascista
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