Anna Esposito / Andreas Rehberg (Hrsg.): Gli ordini ospedalieri tra centro e periferia Schriftenreihe Ricerche dell'Istituto Storico Germanico di Roma Band 3 (2007) Herausgegeben vom Deutschen Historischen Institut Rom

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Anna Esposito insegna storia medievale all’Università di Roma «La Sapienza». I suoi peculiari interessi si rivolgono alla storia sociale, in particolare di Roma, nel Rinascimento. Andreas Rehberg, membro dell’Istituto Storico Germanico di Roma (DHI), si occupa prevalentemente della storia di Roma e della Chiesa nel tardo medioevo.

€ 35,00 VIELLA RICERCHE DELL’ISTITUTO STORICO GERMANICO DI ROMA 3 Collana fondata da Michael Matheus diretta da Gritje Hartmann, Thomas Hofmann, Lutz Klinkhammer, Alexander Koller, Michael Matheus e Andreas Rehberg

Gli ordini ospedalieri tra centro e periferia

Giornata di studio Roma, Istituto Storico Germanico, 16 giugno 2005

a cura di Anna Esposito e Andreas Rehberg

viella Copyright © 2007 Istituto Storico Germanico di Roma & Viella S.r.l. Tutti i diritti riservati Prima edizione (carta): dicembre 2007 ISBN 978-88-8334-261-5

viella libreria editrice via delle Alpi 32 I-00198 ROMA tel. 06 84 17 75 8 fax0685353960 www.viella.it Indice

Premessa 7

INQUADRAMENTO TEMATICO

Andreas Rehberg Una categoria di ordini religiosi poco studiata: gli ordini ospeda- lieri. Prime osservazioni e piste di ricerca sul tema “Centro e periferia” 15

I. GLI ORDINI RELIGIOSO-MILITARI

Roberto Greci L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 73

Giuliana Albini La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 101

Marina Gazzini L’ordine di S. Giovanni e la società locale tra religiosità e assi- stenza. Italia centrosettentrionale, secoli XII-XIV 137

Kay Peter Jankrift Una rete a maglie larghe. Sull’organizzazione dell’ordine di S. Lazzaro di Gerusalemme nel XIII e XIV secolo 159 6 Indice

II. GLI ORDINI OSPEDALIERI

Robert N. Swanson Marginal or mainstream? The hospitaller orders and their indul- gences in late medieval England 169 Andreas Meyer Altopascio, Lucca e la questua organizzata nel XIII secolo 195 Raffaela Villamena I Cerretani come intermediari degli Antoniani (a proposito di due documenti del 1315 e del 1492) 211

III. IL CASO DELL’ORDINE DI S. SPIRITO

Mario Sensi L’espansione dell’ordine di S. Spirito in e nelle Marche 233 Anna Esposito L’ospedale di S. Spirito di Roma e la confraternita veneziana dello Spirito Santo alla fine del ‘400 251 Françoise Durand L’hôpital du Saint-Esprit in Saxia et ses filiales de Besançon et Dijon (XIIIe-XVe siècles) 273 Gisela Drossbach L’ordine di S. Spirito nei territori del Sacro Romano Impero. Dagli inizi sino alla metà del XV secolo 289

Gli autori 301

INDICI, a cura di Andreas Rehberg Indice degli ordini e congregazioni 307 Indice dei nomi 311 Indice dei luoghi 319 Premessa

In questo volume sono raccolti i contributi presentati alla giornata di studio “Centro e periferia negli ordini ospedalieri nel tardo medioevo”, orga- nizzata il 16 giugno 2005 dall’Istituto Storico Germanico (DHI) di Roma, grazie alla generosa disponibilità del suo direttore, prof. Michael Matheus, che ha voluto anche accogliere questi atti nella nuova collana “Ricerche dell’Istituto Storico Germanico di Roma”. A lui, ai partecipanti, al prof. Roberto Rusconi, che ha presieduto e animato la prima parte della giornata, e al prof. Gert Melville, presidente della sezione pomeridiana, che ha saputo con grande efficacia tirare le fila dell’incontro, va il nostro più vivo ringra- ziamento. L’idea di organizzare una giornata di studio dedicata agli ordini ospeda- lieri è nata dal comune interesse per l’ordine di S. Spirito in Sassia a Roma. I nostri numerosi interrogativi intorno alla struttura e il funzionamento di questa comunità andavano ben oltre il caso specifico dell’ente romano e richiedevano un confronto con altre simili istituzioni, nate nei secoli XII-XIII, come ad esempio le organizzazioni ospedaliere di S. Abate di Vienne in Francia, di S. Maria di Roncisvalle in Navarra o di S. Giacomo di Altopa- scio vicino Lucca. Infatti, al contrario degli ordini monastici (Cluniacensi, Cistercensi ecc.) e canonicali (S. Vittore, Premonstratensi etc.) e degli Ordini Mendicanti, gli ordini ospedalieri non hanno trovato finora una trattazione approfondita di carattere generale. Spesso vengono presentati insieme agli ordini militari (i Gerosolimitani e l’Ordine Teutonico etc.) che ebbero, se si prescinde dai Templari, anche loro origine in una comunità ospedaliera – un motivo per il quale anche questi “parenti stretti” vengono presi in considera- zione in questa sede. Il deficit storiografico riguarda in particolare il confronto fra questi ordini – studiati di solito individualmente e non considerati nel loro insieme – soprattutto per quanto concerne le loro strutture organizzative.1

1. Solo un recente convegno ad Amiens si è occupato dei réseaux degli ospedali interes- sandosi anche in parte agli ordini ospedalieri: P. M o n t a u b i n (a cura di), Hôpitaux et 8 Premessa

A nostro avviso, si doveva in primo luogo tentare di chiarire – per quanto possibile – il complesso rapporto fra il centro e le filiali (chiamate nelle fonti domus, hospitalia, membra, priorati, precettorie etc.) che questi ordini e ospedali mantennero in un grande raggio geografico e a volte in tutta la Cristianità. Per “centro” noi intendiamo la casa madre, cioè quell’istituzione che nella maggior parte dei casi costituiva il nucleo originario dell’ordine (a Saint--en-Viennois, ad Altopascio, a Roma etc.) e che era sentita come centro spirituale per l’intera comunità dei membri. Di solito questo centro sorgeva in una posizione geografica importante (su un passo in mon- tagna, presso un ponte, vicino a un luogo di culto, a un porto etc.), nodo strategico proprio per il passaggio di viaggiatori e pellegrini che potevano richiedevano assistenza e cure (vedi cartina a p. 11). La “periferia” include tutti i corpi gravitanti intorno all’ordine, in un’ampia accezione del termine “periferia” che necessita ulteriori precisazioni. Gli ordini particolarmente gerarchizzati riuscivano a costituire delle vere e proprie province composte da filiali, che in alcuni casi a loro volta potevano generare delle sotto-filiali. Naturalmente esistevano diversi livelli di “periferia” a seconda delle distanze geografiche, dei contesti politico-regionali, del periodo storico esaminato etc. Mentre l’interesse principale del “centro” era di mantenere la sua supremazia sulle case filiali e di inglobare le entrate derivanti dai loro contributi finanziari (censi) e dalla questua, l’obiettivo delle domus e degli ospedali in partibus era di poter seguire il modello spirituale e usufruire della protezione e dei privilegi degli ordini ai quali appartenevano. In questo complesso gioco di rapporti “verticali” entrano in competizione anche interessi di tipo “orizzon- tale”, come ad esempio le aggregazioni di confraternite (con centinaia di aderenti fra chierici e laici) e le unioni di preghiera aperte alle case religiose al di fuori dell’ordine, come pure i possessi e gli insediamenti finalizzati al sostegno economico del centro e delle sue filiali, sul tipo delle mansiones, grangie e case etc., che per alcuni ordini potevano rivestire un’importanza particolare. Nel rapporto centro-periferia sono inoltre da tenere in considera- zione anche poteri superiori, come il papato, o fattori politici nonché tendenze centrifughe che potevano minacciare il primato della casa madre e favorire una o più filiali. Comunque, in mancanza di studi specifici nell’ambito degli maladreries au Moyen Âge: espace et environnement, Actes du colloque international d’Amiens-Beauvais, 22, 23 et 24 novembre 2002 (Histoire médiévale et archéologie 17), Amiens 2004. Rinviamo in modo particolare ai contributi di F.-O. T o u a t i, La géographie hospitalière médiévale (Orient-Occident, IVe-XVIe siècles): des modèles aux réalités, ibid., pp. 7-20 e di J.-L. F r a y, Etablissements hospitaliers médiévaux et centralité: éléments d’une réflexion théorique, ibid., pp. 179-188 (p. 184 applica il termine réseau al S. Spirito e le sue filiali in Francia). Premessa 9 ordini ospedalieri, è bene precisare che, dal nostro punto di vista, i due termini “centro” e “periferia” non vogliono esprimere una contrapposizione e tantomeno precostituire un modello universalmente valido, ma indicare i poli di un rapporto necessario e imprescindibile, da ricostruire e analizzare per fare luce in modo adeguato sulle effettive dinamiche interne di questo tipo di istituzioni. Il tema “Centro e periferia” ha ottenuto maggiore attenzione storiografica per gli ordini religioso-militari 2 e per alcuni altri ordini (in particolare quelli mendicanti).3 Per i problemi metodologici è perciò doveroso confrontarsi con quanto è già stato discusso ed elaborato da altri, in particolare da due gruppi di ricerca, cioè il Centro “Institutionelle Strukturen religiöser Orden im Mit- telalter”, sotto la guida di Gert Melville, presso l’Università Tecnica di Dresda,4 nonché il Centro Internazionale “Secundum regulam vivere”, presso l’Univer- sità Cattolica di Milano, diretto da Giancarlo Andenna. Altri spunti per il nostro tema provengono dall’attuale dibattito sulla mobilità, la comunicazione e l’organizzazione della vita regularis nel tardo Medioevo.5 I saggi qui raccolti sono raggruppati in tre sezioni. Dopo la relazione di inquadramento di Andreas Rehberg sulle problematiche connesse all’istitu-

2. Cfr. qui solo Z. H. N o w a k (a cura di), Ritterorden und Region (Ordines militares. Colloquia Torunensia Historica 8), Torun´1995. Il saggio di A. L u t t r e l l, The Hospitaller Province of Alamania to 1428, ibid., pp. 21-41 si concentra – per il caso dei Giovanniti – esplicitamente sulle “relationships between the Order’s central, provincial and local adminis- trations”. 3. Vedi, tra l’altro, Naissance et fonctionnement des réseaux monastiques et canoniaux. Actes du Premier Colloque International du C.E.R.C.O.M., Saint-Etienne, 16-18 Septembre 1985 (C.E.R.C.O.M., Travaux et Recherches 1), Saint-Etienne 1991; G. M e l v i l l e/J. O b e r- s t e (a cura di), Die Bettelorden im Aufbau. Beiträge zu Institutionalisierungsprozessen im mittelalterlichen Religiosentum (Vita regularis 11), Münster 1999; J. S a r n o w s k y (a cura di), Mendicants, Military Orders, and Regionalism in Medieval Europe, Aldershot 1999 e H.-J. S c h m i d t, Kirche, Staat, Nation. Raumgliederung der Kirche im mittelalterlichen Europa (Forschungen zur mittelalterlichen Geschichte 37), Weimar 1999. 4. Sotto la guida di Gert Melville, ad Eichstätt, si è costituito un Centro di ricerca per la storia comparata degli ordini religiosi (“Forschungsstelle für Vergleichende Ordensgeschichte”, FOVOG) che, nel maggio 2006, in occasione della sua apertura ha organizzato un convegno programmatico internazionale “Orden und Klöster im Vergleich, Methodische Ansätze für eine komparatistische Ordensgeschichte”. 5. Per ulteriori bibliografie, per studi e iniziative in corso etc. si può rinviare al sito internet www.vita-religiosa.de a cura del gruppo di ricerca (“Sonderforschungsbereich 537") ”Institu- tionelle Strukturen religiöser Orden im Mittelalter" sotto la guida di Gert Melville nonché il sito http://www.sfb537.de/teilprojekte/c/index.htm. Cfr. G. M e l v i l l e, L’indagine sulla vita religiosa medievale in Germania. Percorsi sperimentati e nuove prospettive, in: M. M i g l i o/M. M a t h e u s (a cura di), Stato della ricerca e prospettive della medievistica tedesca, Roma 19-20 febbraio 2004 (Nuovi studi storici 71), Roma 2006, pp. 23-42: 33ss. 10 Premessa zione e alla tipologia degli ordini ospedalieri nel loro complesso, la prima sezione è dedicata alle esperienze e alle strategie degli ordini cavallereschi affini. Roberto Greci, Giuliana Albini e Marina Gazzini si occupano da diverse angolature dei Giovanniti in quanto modello di riferimento in tanti punti per gli ordini ospedalieri. Dai loro contributi viene evocato il complesso quadro organizzativo, economico, sociale e spirituale legato a questi primi protagonisti dell’assistenza ai bisognosi istituzionalizzata su scala europea. Kay Peter Jankrift si dedica invece al caso specifico dei cavalieri-ospedalieri di S. Lazzaro, specializzati per la cura dei lebbrosi. Con la seconda sezione si entra nel vivo della nostra tematica affrontando alcune categorie specifiche dei veri e propri ordini ospedalieri. Mentre Robert N. Swanson ha sotto gli occhi tutta la gamma di ordini ospedalieri presenti in un territorio ben deter- minato, cioè le Isole Britanniche, Andreas Meyer si concentra sull’ospedale di Altopascio con particolare interesse verso le attività economiche legate alla questua, tema questo ripreso e sviluppato da Raffaela Villamena nel suo contributo sui Cerretani addetti alla questua nel particolare caso degli Anto- niani in Italia. L’ordine di S. Spirito costituisce da solo la terza sezione, come esempio particolarmente significativo di un grande ordine ospedaliero le cui potenzialità d’indagine sono ancora da sviluppare appieno, nonostante l’in- teresse storiografico degli ultimi anni. Mentre Mario Sensi, Françoise Durand e Gisela Drossbach seguono la presenza e lo sviluppo di questa istituzione in precise aree geografiche, dall’Umbria e dalle Marche alla Borgogna e all’Impero germanico, Anna Esposito illustra il caso della confraternita ve- neziana del S. Spirito collegata all’ente romano da un particolare legame di affiliazione. Tirando le fila dei contributi qui presentati è evidente che l’interesse prevalente è concentrato su aspetti istituzionali ed economici fra i quali spicca una particolare attenzione al tema della questua e delle indulgenze ad essa connessa. Molteplici aspetti attendono ancora un approfondimento: in parti- colare quelli amministrativi, teologici, giuridici, sociali e culturali, per non parlare di tutta la problematica relativa al reclutamento dei membri, degli affiliati (donati, oblati etc.) e del personale medico e di servizio. Inoltre nella nostra raccolta l’area geografica trattata è concentrata sull’Italia, con impor- tanti contributi per la Francia, l’Impero e l’Inghilterra, mentre sono meno considerate zone come la penisola iberica e i paesi Scandinavi e quelli al confine est dell’Europa, che speriamo abbiano una maggiore attenzione in studi futuri. Da parte nostra potremo considerare raggiunto il nostro obbiet- tivo se i saggi qui raccolti saranno d’incentivo per nuove ricerche intorno alle questioni sollevate in questo volume.

Anna Esposito – Andreas Rehberg

INQUADRAMENTO TEMATICO

Andreas Rehberg Una categoria di ordini religiosi poco studiata: gli ordini ospedalieri. Prime osservazioni e piste di ricerca sul tema “Centro e periferia” *

I. Gli ordini ospedalieri Basta uno sguardo sui repertoria e dizionari più diffusi per rendersi conto che la categoria degli ordini ospedalieri non gode di una grande attenzione nella storiografia sulla vita regolare.1 Fra gli elementi costitutivi che fanno di una comunità al servizio dei malati un ordine ospedaliero si possono menzionare una regola comune, la dipendenza da un capo spirituale e giuridico che di solito risiede stabilmente in un luogo, ovvero nella casa madre, una rete di case dipendenti (possibil- mente in più paesi) nonché il godimento di privilegi – specialmente quelli papali – come ad esempio l’esenzione dalla subordinazione vescovile.2 Gli altri ospedali erano invece sottoposti ad un vescovo, ad un capitolo, a un signore laico, ad una confraternita o ad una amministrazione cittadina.3

* Ringrazio Maria Pia Alberzoni ed Anna Esposito per l’aiuto offertomi nella correzione del testo italiano. 1. Il prestigioso Lexikon des Mittelalters, V, München-Zürich 1991, col. 138, sotto il termine “Hospitaliter” rinvia solo alle voci “Antoniter”, “Hl.-Geist-Orden”, “Johanniter” e “Lazariter”. Un silenzio simile si trova in Dictionnary of the Middle Ages, New York 1982- 1987. Particolarmente attento alla classificazione di diversi gruppi di ordini è K. E l m, Reli- giöse Orden, in: Lexikon des Mittelalters, VII, coll. 696-699 e I d., Orden I. Begriff und Geschichte des Ordenswesens, in: Theologische Realenzyklopädie, vol. 25, Berlin 1995, pp. 315-330: 321. 2. Vedi sotto capitolo IV. 3. Su questo distintivo insiste J. I m b e r t, Les hopitaux en droit canonique (L’église et l’état au moyen âge 8), Paris 1947, p. 212. Cfr. in generale per gli aspetti giuridici delle fondazioni ospedaliere ibid., p. 74ss. (“Section III. Les privilèges attachés à la fondation religieuse”); E. N a s a l l i R o c c a, Il diritto ospedaliero nei suoi lineamenti storici (Biblio- teca della rivista di storia del diritto italiano 20), Milano 1956 e G. D r o s s b a c h, Das Hospital – eine kirchenrechtliche Institution? (ca. 1150-ca. 1350), Zeitschrift der Savigny- Stiftung für Rechtsgeschichte, kanonistische Abteilung 118 (2001) pp. 510-522 (con ulteriore bibliografia). 16 Andreas Rehberg

Naturalmente sono validi anche i normali requisiti di un ordine religioso in generale.4 Non è sempre facile stabilire precisamente il momento di passaggio dalla semplice “unione” di ospedali (“Spitälerverband”) 5 ad un vero e proprio “ordine” a tutti gli effetti. Non per tutte le comunità che qui interessano abbiamo attualmente studi affidabili e aggiornati. Resta quindi un margine di incertezza per la loro giusta classificazione. Lo stato degli studi in merito non permette ancora di inquadrare tutti gli aspetti della tipologia degli ordini ospedalieri. Non esiste nemmeno un cen- simento completo di questi ordini e – se si vuole includere la cerchia delle comunità di canonici regolari – delle “congregazioni”,6 che fanno parte della categoria degli ordini ospedalieri nel senso più ampio. Anche in questo caso i dizionari e le monografie sulla storia degli ospedali in generale non concor- dano. Il Dizionario degli istituti di perfezione 7 eilLexikon für Theologie und Kirche 8 distinguono nelle loro voci dedicate agli ordini ospedalieri maschili (e solo questi vengono qui esaminati 9) essenzialmente due forme, cioè quelli legati alla tradizione canonicale 10 nati dal tardo XI secolo in poi, e quelli legati alla tradizione degli ordini religioso-militari. Alla prima categoria apparten-

4. Per tali elementi – in particolare la vita comune e la professione dei tre “consigli evangelici”, cioè povertà, obbedienza e castità – si vedano M. H e i m b u c h e r, Die Orden und Kongregationen der katholischen Kirche, 1, Paderborn 31933 (ristampa 1980), p. 11ss. Per il concetto di ordine come organismo giuridico vedi J. H o u r l i e r, L’âge classique, 1140- 1378, Les religieux (Histoire du Droit et des Institutions de l’Église en Occident 10), Paris 1973, p. 357ss. Per quanto concerne il termine ordo in generale vedi J. D u b o i s, Ordo, in: Dizio- nario degli istituti di perfezione (d’ora in poi DIP), VI, Roma 1980, coll. 806-820. 5. Vedi le considerazioni in G. D r o s s b a c h, Christliche caritas als Rechtsinstitut. Hospital und Orden von Santo Spirito in Sassia (1198-1378) (Kirchen- und Staatskirchenrecht 2), Paderborn 2005, p. 33ss. 6. In senso stretto è inopportuno parlare di “congregazioni” in quanto esse sono definite come comunità nelle quali si professano solo i voti semplici (vota simplicia): H e i m b u- c h e r, Die Orden (come nota 4) p. 12. Meno rigido è H o u r l i e r, L’âge classique (come nota 4) p. 358 che vede in “un rassemblement de plusieurs maisons” presto un “synonyme d’ordre religieux” se si prescinde dal fatto che i legami in una congregazione erano meno stretti che in un ordine. 7. B. B r a z z a r o l a/G. R o c c a, Ospedalieri (Ordini e congregazioni), in: DIP, VI, Roma 1980, coll. 975-981. 8. K. S. F r a n k, Hospitaliter, Hospitaliterinnen, in: Lexikon für Theologie und Kirche, V, Freiburg e altri 31996, col. 286s. 9. Vedi per i rami femminili sotto nota 296. 10. Per quanto concerne l’impegno assistenziale del movimento canonicale cfr., tra l’altro, Ch. G i r o u d, L’Ordre des chanoines réguliers de Saint Augustin et ses diverses formes de régime interne. Essai de synthèse historico-juridique, Rome 1961, in particolare pp. 40, 107ss. (per le costituzioni del Gran S. Bernardo del 1437 e del 1438) e J. C h â t i l l o n, Le mouve- ment canonial au moyen âge: réforme de l’église, spiritualité et culture. Études réunies par P. S i c a r d (Bibliotheca Victorina 3), Paris-Turnhout 1992, pp. 30ss., 91ss. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 17 gono, secondo questi dizionari, le congregazioni di Aubrac (Auvergne),11 di Arrouaise (Fiandre),12 di Roncisvalle (Navarra),13 di S. Croce di Mortara (Lombardia),14 degli Antoniani (Delfinato) e del S. Spirito (Roma).15 La seconda categoria riguarda i Gerosolimitani, l’Ordine Teutonico e i Lazzariti. Un’altra distinzione propone la voce nel Dictionnaire de Spiritualité che differenzia fra le congregazioni di canonici agostiniani (Roncisvalle, Aubrac), gli ordini ospedalieri religiosi fondati almeno inizialmente da laici (Antoniani,

11. L’espansione di questo ordine di sacerdoti, fratelli e cavalieri osservanti la regola di s. Agostino si concentrava intorno ad Aubrac, una località a 1400 m d’altitudine nell’Auvergne, e non oltrepassava i confini della Francia: G. O u r y, Aubrac, in: DIP, I, Roma 1973, coll. 980-983; K. S. F r a n k, Aubracorden, Lexikon für Theologie und Kirche, I, Freiburg e altri 31993, col. 1171s. e G. J u g n o t, Deux fondations augustiniennes en faveur des pèlerins: Aubrac et Roncevaux, in: Assistance et charité, Cahiers de Fanjeaux 13 (1978) pp. 321-341. 12. L’ordine di Arrouaise (Aroasia), una abbazia situata a 30 km da Cambrai, si era formato – dopo una prima fase eremitica – come comunità di canonici regolari nel 1121. Esso ebbe case in Francia, Belgio, Irlanda nonché nella Slesia e nella Polonia. Ma in realtà erano pochi gli ospedali gestiti dall’ordine: L. M i l i s, L’ordre des chanoines reguliers d’Arrouaise: son histoire et son organisation, de la fondation de l’abbaye-mère (vers 1090) à la fin des chapitres annuels (1471), Brugge 1969, pp. 121s., 410s. (per quanto concerne le attività ospeda- liere); K. S. F r a n k, Aroasia, in: Lexikon für Theologie und Kirche, I, Freiburg e altri 31993, col. 1032. 13. L’ospedale esisteva già nel nono secolo e divenne il capo di una congregazione con case in Francia e Inghilterra come l’ospedale di Villefranche e Braux (Meuse) e a Londra (vicino Charing Cross): cfr. V. D u b a r a t, Roncevaux: charte de fondation, poème du moyen âge, règle de Saint-Augustin, obituaire, étude historique et littéraire, Bulletin de la société des sciences, lettres et arts de Pau 18 (1889) pp. 277-352; I d., La Commanderie et l’Hôpital d’Ordiarp. Dépendance du Monastère de Roncevaux, en Soule (Basses-Pyrénées), Pau 1887 (rist. anast. Marseille 1980); J. G o ñ i G a t z a m b i d e, La reforma de los canónigos de Roncevalles en el siglo XIV, Hispania sacra 9 (1956) pp. 153-174; The Historia Occidentalis of Jacques de Vitry, a cura di J. F. H i n n e b u s c h (Spicilegium Friburgense 17), Fribourg 1972, p. 280 e J ugnot,Deuxfondations (come nota 11). 14. Gli ospizi della congregazione dei canonici agostiniani di Mortara servivano piuttosto per l’assistenza a pellegrini anziché malati: vedi G. P e z z a T o r n a m è, L’ordine morta- riense. Un baluardo della fede tra via Francigena e Cammino Compostellano, Novara 1996, p. 14ss. e E a d., “Peligrini e Romeri”: studi sul pellegrinaggio medievale in Lombardia, Firenze 2003, p. 70ss. L’aspetto della ospitalità non viene affrontato in C. A n d e n n a, Mortariensis Ecclesia. Ein Regularkanonikerverband in Oberitalien im 12. Jahrhundert, in: G. M e l v i l- l e/A. M ü l l e r (a cura di), Regula Sancti Augustini. Normative Grundlage differenter Ver- bände im Mittelalter (Publikationen der Akademie der Augustiner-Chorherren von Windesheim 3), Paring 2002, pp. 179-217. 15. È evidente che nel caso degli Antoniani e del S. Spirito qui si anticipa l’evoluzione che effettivamente portò questi ordini a diventare comunità di canonici regolari. Il S. Spirito viene annoverato fra i canonici regolari agostiniani anche in H e i m b u c h e r, Die Orden (come nota 4) pp. 417-419. Per la bibliografia sui due ordini menzionati si vedano più in là le note 55 e 56. 18 Andreas Rehberg

S. Spirito, S. Giacomo di Altopascio 16) nonché gli ordini cavallereschi (Ge- rosolimitani, l’Ordine Teutonico, S. Lazzaro) e aggiunge come “nouveaux ordres hospitaliers” i Trinitari nonché i Crociferi italiani (in realtà più antichi) e belgi.17 Questo schema, grosso modo, viene seguito anche dal presente saggio (vedi anche la carta a p. 11) Le monografie sulla storia e sul diritto degli ospedali in generale (mi limito a rinviare qui solo alle più diffuse), per quanto concerne gli ordini ospedalieri non entrano di solito nei dettagli e trattano la nostra categoria di ordini spesso come un’appendice alla storia degli ordini religiosi militari. Siegfried Reicke differenzia semplicemente fra ordini ospedalieri del tipo cavalleresco (Gerosolimitani, Ordine Teutonico, Lazzariti) e ordini ospeda- lieri del tipo non-cavalleresco (Antoniani, S. Spirito, Crociferi boemi,18 S. Sepolcro).19 Per quanto concerne i canonici di S. Sepolcro, Reicke specifica che il loro ordine, non molto strutturato, non era nato propriamente come ordine ospedaliero.20 Ciononostante il S. Sepolcro – si può aggiungere – ebbe un ruolo non marginale nel settore dell’assistenza (in particolar modo dei pellegrini) specialmente in Spagna dove è da segnalare anche l’opera degli ordini militari iberici.21 Léon Le Grand si concentra sui Gerosolimitani e sul

16. Per l’Altopascio si vedano, tra l’altro, E. E m e r t o n, Altopascio – a Forgotten Order, American Historical Review 29 (1923/24) pp. 1-23; S. A n d r e u c c i, San Giacomo, di Altopascio (Lucca), in: DIP, VIII, Roma 1988, coll. 462-465; e A. C e n c i, L’ospitalità in Altopascio. Storia e funzioni di un grande centro ospitaliero, Altopascio 1997 (non mi è stato accessibile). 17. P. B a i l l y, Hospitaliers (Ordres), in: Dictionnaire de Spiritualité, VII/1, Paris 1969, coll. 784-808: 788ss. Alle comunità menzionate si tornerà in seguito. 18. Per l’ordine boemo di questo nome (più precisamente Canonici regulares sanctissi- mae Crucis a stella rubea) fondato ca. 1230 a Praga, legato al movimento francescano e diffuso con ospedali anche in Slesia e Polonia cfr. W. L o r e n z, Die Kreuzherren mit dem roten Stern (Veröffentlichungen des Königsteiner Instituts für Kirchen- und Geistesgeschichte der Sudeten- länder 2), Königstein im Taunus 1964 e A. R ü t h e r, Between International Horizon and Regional Boundary. The Bohemian Crosiers of the Red Star in Silesia, in: J. S a r n o w s k y (a cura di), Mendicants, Military Orders, and Regionalism in Medieval Europe, Aldershot 1999, pp. 103-114. Per Rüther quest’ordine “occupied a place between mendicant and military orders” (p. 104). Sono da distinguere i Crociferi “belgi” che ebbero il loro centro a Huy in Vallonia: S. R e i c k e, Das deutsche Spital und sein Recht im Mittelalter. Erster Teil. Das deutsche Spital. Geschichte und Gestalt (Kirchenrechtliche Abhandlungen 111), Stuttgart 1932 (rist. anast. Amsterdam 1961), p. 420; K. E l m, Kreuzherren, in: Lexikon des Mittelalters, V, München- Zürich 1990-1991, coll. 1500-1502. 19. R e i c k e, Das deutsche Spital (come nota 18) I, p. 93ss. (“B. Die ritterlichen Spitalorden”), 156ss. (“C. Die nichtritterlichen Spitalorden”). 20. Ibid., I, p. 189ss. 21. Vedi sotto nota 215 nonché N. J a s p e r t, Die Ritterorden und der Orden vom Heiligen Grab auf der Iberischen Halbinsel, in: K. E l m/C. D. Fonseca(acura di), Militia Una categoria di ordini religiosi poco studiata 19

S. Spirito nonché sui fratres di Altopascio, sui canonici del Gran S. Bernardo 22 e di Aubrac nonché sui Trinitari e sugli Antoniani.23 Jean Imbert nel suo importante libro Les hopitaux en droit canonique,uscitonel1947ebasato sulla situazione francese, unisce sotto la denominazione di ordini ospedalieri i Gerosolimitani, i Lazzariti, gli Antoniani, il S. Spirito, i Trinitari e i canonici di Roncisvalle.24 Carlo Bifulco in una monografia divulgativa, apparsa nel 1953, presenta insieme agli ordini cavallereschi in particolare i Trinitari, i Crociferi, gli Antoniani e il S. Spirito. Egli dedica più pagine alla comunità di Altopascio come “un’istituzione di tipo misto infermieristico militare”.25 Gli Atti del primo Congresso europeo di storia ospitaliera del 1962 conten- gono diversi saggi che interessano gli ordini in questione, ma non arrivano ad una visione globale.26 Olimpia Aureggi, in questa occasione, distinse tra “ordini militari ospitalieri ad intelaiatura europea” e “gli ordini ospedalieri locali e minori”.27Jacques Hourlier, nel 1973, tratta gli ordini cavallereschi e quelli ospedalieri insieme.28 Cosimo Damiano Fonseca è più volte ritornato sugli ordini ospedalieri, ma resta sempre assai generico per quanto concerne la loro composizione.29 Nel 1986 Fonseca menziona – seguendo il modello

Sancti Sepulcri. Idea e Istituzioni. Colloquio Internazionale, Pontificia Università del Laterano, 10-12 aprile 1996 (Hierosolimitana. Acta et Monumenta 1), Città del Vaticano 1998, pp. 381-410 e I d., Kleinere Ritterorden Palästinas - und der Kanonikerorden vom Heiligen Grab, in: F. N o v o a P o r t e l a/C. d e A y a l a M a r t í n e z (a cura di), Ritterorden im Mit- telalter, Darmstadt 2005 (titolo originale: Las Órdenes Militares en la Europa Medieval, Bar- celona 2005), pp. 77-100. 22. L. Q u a g l i a, La Maison du Grand Saint-Bernard des origines aux temps actuels, Pillet Martigny 21972 (cito la prima edizione Aosta 1955). Vedi anche nota 66. 23. L. L e G r a n d, Les maisons-Dieu, leurs statuts au XIIIe siècle, Revue des questions historiques 31 (1896) pp. 95-134: 102ss.; cfr. I d., Statuts d’hôtels-Dieu et de léproseries. Recueil de textes du XIIe au XVe siècle, Paris 1901, in particolare p. VI. 24. I m b e r t, Les hopitaux (come nota 3) pp. 212-216. 25. C. B i f u l c o, Storia dell’assistenza sociale e infermieristica, Pontedera 1953, p. 30ss. (citazione p. 32). 26. Atti del primo Congresso europeo di storia ospitaliera, 6-12 giugno 1960, Reggio Emilia 1962 con contributi di L. Bertelli (gli Ospitalieri di Altopascio), C. D. Fonseca, E. Nasalli Rocca (gli ospedali di San Lazzaro nella Emilia), F. La Cava (l’ordine di S. Spirito), I. Ruffino (Antoniani) e M. Vanti. 27. O. A u r e g g i, Ospedali e vescovi, ibid., pp. 38-56: 42. 28. H o u r l i e r, L’âge classique (come nota 4) pp. 101-107. 29. C. D. F o n s e c a, Canoniche e ospedali, in: Atti del primo Congresso (come nota 26) pp. 482-499; I d., Ospedale e Habitat: L’evoluzione storica delle tipologie ospedaliere, in: Ospedale e Habitat. Atti del Convegno internazionale di studio, Arezzo, 6-8 marzo 1975 (Quademi di ospedali d’ltalia 4), Roma 1975, pp. 30-39, I d., Forme assistenziali e strutture caritative della Chiesa nel medioevo, in: Stato e Chiesa di fronte al problema dell’assistenza, Roma 1982, pp. 13-25: 23. 20 Andreas Rehberg della Aureggi del 1962 – i Gerosolimitani, i Templari, gli ordini di s. Lazzaro, di S. Maria Teutonica, di Santo Spirito, i frati di Altopascio, i (non meglio specificati) canonici spedalieri di san Giovanni di Coventry nonché i religiosi ospedalieri di Aubrac.30 Daniel Le Blévec infine considera nel volume Fon- dations et œuvres charitables au moyen âge del 1999 principalmente gli Antoniani, il S. Spirito e i Trinitari.31 Importante è anche il contributo del Colloque international sugli hôpitaux et maladreries au Moyen Age che si è tenuto ad Amiens nel 2002 e i cui atti sono usciti nel 2004.32 Degni di nota sono alcuni studi “regionali” sul campo dell’assistenza. Però di solito questi lavori considerano solo quegli ordini ospedalieri che operavano nella zona geografica entro la quale si muove la propria indagine e omettono di menzionare gli altri.33 Il volume Assistance et charité dei

30.C.D.Fonseca, Forme assistenziali e strutture caritative della Chiesa nel medioe- vo, in: A. C a p r i o l i/A. R i m o l d i/L. V a c c a r o (a cura di), Chiesa e società. Appunti per una storia delle diocesi lombarde (Storia religiosa della Lombardia 1), Brescia 1986, pp. 275-291: 288. 31. D. L e B l é v e c, Fondations et œuvres charitables au moyen âge, in: J. D u f o u r/ H. P l a t e l l e (sous la direction de), Fondations et œuvres charitables au moyen âge (Congrès national des sociétés historiques et scientifiques 121), Paris 1999, pp. 7-22. 32. P. M o n t a u b i n (a cura di), Hôpitaux et maladreries au Moyen Age: espace et environnement, Actes du colloque international d’Amiens-Beauvais, 22, 23 et 24 novembre 2002 (Histoire médiévale et archéologie 17), Amiens 2004. 33. Cfr. I m b e r t, Les hopitaux (come nota 3) pp. 212-216 per gli ordini ospedalieri operanti in Francia; ibid., p. 213 ammette però che – se si prescinde dai Giovanniti meglio studiati su scala regionale – non si ha ancora una visione completa sulla presenza dei vari ordini ospedalieri in Francia. Più completi appaiono R. L o c a t e l l i, Sur les chemins de la per- fection: moines et chanoines dans le diocèse de Besançon, vers 1060-1220 (C.E.R.C.O.M., Travaux et recherches 2), Saint-Étienne 1992 pp. 429-462 (“Les œuvres de miséricorde”: con notizie dalla sola diocesi di Besançon riguardanti i Giovanniti, gli Antoniani, il S. Spirito e l’ordine di S. Lazzaro nonché la congregazione del Gran S. Bernardo; vedi anche tav. XV e XVI) e J. W. B r o d m a n, Charity and Welfare: Hospitals and the Poor in Medieval Catalonia, Philadelphia 1998 (on-line: http://libro.uca.edu/charity/charity.htm), p. 54 (riferendosi a “the Antonines, the Trinitarians, Mercedarians, or [...] the Orders of the Holy Spirit, Roncesvalles, and Saint John”). D. L e B l é v e c, La part du pauvre. L’assistance dans les pays du Bas-Rhône du XIIe siècle au milieu du XVe siècle (Collection de l’École française de Rome 265), Rome 2000, pp. 67ss., 124ss. tratta sia gli ordini militari che i maggiori ordini ospedalieri. Vedi per Italia R. H y a c i n t h e, L’implantation des institutions de charité du royaume de Naples au Moyen Âge: nouvelles perspectives de l’histoire de l’assistance, in: M o n t a u b i n, Hôpitaux et maladreries (come nota 32) pp. 291-310: 295ss. (per gli ordini militari, il S. Spirito, i Lazzariti e gli Antoniani) e C. D. F o n s e c a (a cura di), Storia della Basilicata, II: Il Medioevo, Roma-Bari 2006, pp. 303ss. (con qualche accenno agli ospedali gestiti dai Giovan- niti, dal S. Spirito e dagli Antoniani). Per l’area tedesca si può rinviare a R e i c k e, Das deutsche Spital (come nota 18) I, p. 93ss., 156ss. e a H.-J. S c h m i d t, Klöster und Stifte im Ordnungsgefüge von Orden und Kongregationen, in: K. H e n g s t (a cura di), Westfälisches Klosterbuch. Lexikon der vor 1815 errichteten Stifte und Klöster von ihrer Gründung bis zu Una categoria di ordini religiosi poco studiata 21

Cahiers de Fanjeaux del 1978 dimostra comunque una maggiore attenzione agli ordini ospedalieri.34 Nelle monografie generali dedicate alla storia della vita religiosa, infine, solo raramente si trovano capitoli specifici sugli ordini ospedalieri.35 Per i nostri fini possiamo prendere in considerazione quanto sostennero i contemporanei che percepivano questo gruppo di ordini come una categoria a sè. Per esempio Giacomo di Vitry, vescovo di Acri, nella sua Historia Occidentalis, scritta prima del 1221, parlando degli ospedali, riconobbe il meritevole impegno caritativo del S. Spirito, degli Antoniani e di S. Maria di Roncisvalle.36 La Cancelleria Apostolica rilasciò determinati privilegi e in- dulgenze, più o meno uguali, in loro favore. Questo vale innanzitutto per le comunità nate nella scia degli ospedali di Roncisvalle, di S. Giacomo di Altopascio, di S. Spirito in Sassia e degli Antoniani.37 Fini diversi, cioè la liberazione dei schiavi cristiani dai musulmani, avevano i Trinitari 38 e i Mercedari 39 impegnati comunque ugualmente in ihrer Aufhebung. Teil 3: Institutionen und Spiritualität (Veröffentlichungen der Historischen Kommission für Westfalen 44. Quellen und Forschungen zur Kirchen- und Religionsgeschichte 2), Münster 2003, pp. 61-100: 79-81 (solo ordini cavallereschi). J. v o n S t e y n i t z, Mit- telalterliche Hospitäler der Orden und Städte als Einrichtungen der sozialen Sicherung (Sozial- politische Schriften 26), Berlin 1970, nonostante il titolo generale, si concentra solo su tre esempi: gli ospedali dell’ordine dei Giovanniti, quelli dell’ordine di S. Spirito e l’ospedale di S. Spirito a Lubecca. 34. Assistance et charité (come nota 11) con una propria sezione intitolata “Les ordres religieux charitables” che include contributi sugli canonici di Aubrac e Roncisvalle, sul S. Spirito, sugli Antoniani e sui Mercedari. 35. Vedi comunque M. E s c o b a r, Ordini e Congregazioni religiose, 2 voll., Roma 1951-1952 (con contributi sui Trinitari, Crocigeri, Mercedari e sugli Antoniani); J. S a r- n o w s k y, Hospitalorden, in: P. D i n z e l b a c h e r/J. L. H o g g (a cura di), Kulturge- schichte der christlichen Orden in Einzeldarstellungen, Stuttgart 1997, pp. 193-203 (che si limita però agli Antoniani e agli ordini di S. Spirito e di S. Giovanni di Dio) e C. H. L a w r e n c e, Medieval Monasticism: Forms of Religious Life in Western Europe in the Middle Ages, London and New York 1984, p. 167ss. (considera solo ordini religiosi militari). 36. The Historia Occidentalis (come nota 13) p. 149s.; cfr. le considerazioni di H i n- n e b u s c h ibid. p. 276, 280-284. 37. Vedi il capitolo IV e un episodio sotto a p. 60. 38. Fondati dal provenzale s. Giovanni De Matha (1160-1213) insieme con s. Felice Valesio. Cfr. G. C i p o l l o n e, Studi intorno a Cerfroid, prima casa dell’ordine trinitario (1198-1429) (Ordinis Trinitatis Institutum Historicum. Series prior 1), Roma 1997 e I d. (a cura di), La liberazione dei “captivi” tra Cristianità e Islam. Oltre la crociata e il ðihâd: tolleranza e servizio umanitario. Atti del Congresso interdisciplinare di studi storici (Roma, 16-19 settembre 1998) organizzato per l’VIII centenario dell’approvazione della regola dei Trinitari da parte del Papa Innocenzo III il 17 dicembre 1198/15 safar, 595 H (Collectanea Archivi Vaticani 46), Roma 2000. 39. L’ordine dei Mercedari (di Nuestra Señora de Merced) è stato fondato nel 1218 in 22 Andreas Rehberg campo ospedaliero. Restano fuori da questa rassegna le comunità nate sulla traccia del movimento pauperistico e francescano che non formavano ordini veri e propri e restavano limitate regionalmente nelle loro attività.40 Ugual- mente non possono essere considerate qui le opere ospedaliere realizzate dagli ordini mendicanti 41 e dai monasteri benedettini.42 Meritano una menzione alcuni ordini che non ebbero diffusione in tutta Europa, ma che contribuirono non meno alla formazione del concetto di ordine ospedaliero. L’ordine dei Crociferi, che seguì la regola di s. Agostino, fu confermato da Alessandro III nel 1170 circa ed ebbe case in almeno 55 località situate specialmente nell’Italia settentrionale e nelle Marche, nonché (come uniche filiali fuori della penisola) a Negroponte, Acri e Heraklion a Creta.43 Meno conosciuti sono alcuni “ordini” o meglio reti di ospedali che si costituivano intorno a capitoli di canonici nella Terra Santa.44 La prima comunità da menzionare in questo contesto è quella di S. Maria di Betlemme.

Aragona da s. Pedro Nolasco; la prima sede dell’ordine era a Barcellona: J. W. B r o d m a n, Ransoming Captives in Crusader Spain: The Order of Merced on the Christian-Islamic Frontier, Philadelphia 1986 (on-line: http://libro.uca.edu/rc/captives.htm); A. R u b i n o, I Mercedari in Italia, Roma 2003. 40. Mi riferisco agli Alessiani o Celliti che operavano specialmente nel Belgio: R e i c k e, Das deutsche Spital (come nota 18) I, p. 590ss. 41. Vedi Ibid., I, p. 469ss. (Domenicani). Ma pare che il ruolo dell’assistenza ai malati negli ordini mendicanti non sia ancora studiato nella sua complessità. 42. Sul concetto della hospitalitas nella regola di s. Benedetto che però non si pronuncia sull’assistenza a malati forestieri (cioè a malati non appartenenti al monastero) esiste una vasta bibliografia dalla quale citiamo qui solo M. M o l l a t, Les moines et les pauvres, in: Il monachesimo e la riforma ecclesiastica (1049-1122). Atti della quarta Settimana internazionale di studio, Mendola, 23-29 agosto 1968 (Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Contributi, serie terza, Varia 7 = Miscellanea del Centro di Studi Medioevali 6), Milano 1971, pp. 193-227 e J. M. B e r g e r, Die Geschichte der Gastfreundschaft im hochmittelalter- lichen Mönchtum. Die Cistercienser, Berlin 1999. 43. K. B a a k e n, Papsturkunden für die Crociferi, in: Kl. H e r b e r s ed altri (a cura di), Ex ipsis rerum documentis. Beiträge zur Mediävistik. Festschrift für Harald Zimmermann zum 65. Geburtstag, Sigmaringen 1991, pp. 331-343: 340s.; G. P. P a c i n i, Fra poveri e viandanti ai margini della città: il ‘nuovo’ ordine ospitaliero dei Crociferi fra secolo XII e XIII, in: Religiones novae = Quaderni di storia religiosa 2 (1995) pp. 57-85; I d., L’Ordine ospitaliero dei Crociferi attraverso il Cod. Ms. 474 della Biblioteca Comunale di Treviso. Contributo alla storia dell’Ordine fino alla soppressione del 1656, Rivista di storia della Chiesa in Italia 50 (1996) pp. 399-434. 44. Vedi J. R i c h a r d, Hospitals and hospital congregations in the Latin kingdom during the first period of the Frankish conquest., in: B. Z. K e d a r/H. E. M a y e r/R. C. S m a i l (a cura di), Outremer: Studies in the History of the Crusading Kingdom of Jerusalem presented to Joshua Prawer, Jerusalem 1982, pp. 89-100 e F.-O. To u a t i, La Terre sainte: un laboratoire hospitalier au Moyen Âge?, in: N. B u l s t/K.-H. S p i e ß (a cura di), Sozialgeschichte mittel- alterlicher Hospitäler (Vorträge und Forschungen 65), Ostfildern 2007, pp. 169-211. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 23

Quest’ordine era nato su iniziativa del vescovo e del capitolo della cattedrale della Natività di Betlemme. I suoi insediamenti in Occidente servivano non tanto per le attività caritative, quanto per attirare donazioni e elemosine per i suoi interessi in Terra Santa. Nel Duecento la sua sede fu trasferita a Clamecy nella Borgogna (oggi dipartimento della Nièvre). In Inghilterra era noto il Bedlam Hospital a Londra, il principale ospedale per malati di mente (una destinazione tarda, non originale dell’ordine) sorto sul sito dell’antico Hospi- tal of St Mary of New Bethlehem fondato negli anni 40 del XIII secolo.45 Minore importanza ebbero gli ospedali dipendenti dall’arcivescovo di Naza- reth che nell’Occidente fondò un ospedale nella città che lo ospitava dal XIII secolo, cioè a Barletta, chiamato S. Maria di Nazareth, e ottenne un ospe- dale a Chambry nella Champagne (al quale appartenne quello di Chappes).46 L’ordine di S. Tommaso ebbe origine ad Acri. Era un ordine di canonici agostiniani e seguiva inizialmente la regola dell’Ordine Teutonico (il passag- gio a quella di s. Agostino avvenne ancora nel XIII secolo). L’ordine perse il suo carattere di ordine cavalleresco nel XV secolo. Esso possedeva qualche ospedale, ma – come i Betlemmiti – non si occupava esclusivamente del settore caritativo.47 Non vi è dubbio che l’evoluzione degli ordini ospedalieri deve molto al modello della comunità dell’ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme dal quale naque l’ordine degli Ospedalieri par excellence ossia i Giovanniti,48 la cui regola e la successiva normativa offrivano il modello più diffuso e auto- revole per l’organizzazione di una istituzione ospedaliera in generale.49 Si è voluto minimizzare o persino negare il ruolo assistenziale svolto dagli ordini cavallereschi al di fuori della Terra Santa 50 – affermazione sicuramente poco

45. P. R i a n t, Une dépendance italienne de l’église de Bethléem, Varazze en Ligurie (1139-1424). Atti della Società Ligure di Storia Patria 17 (1885) pp. 545-705; R i c h a r d, Hospitals (come nota 44) p. 93ss.; N. V i n c e n t, Goffredo de Prefetti and the Church of Bethlehem in England, The Journal of Ecclesiastical History 49 (1998) pp. 213-235. 46. R i c h a r d, Hospitals (come nota 44) pp. 95-97, 99 (“that [= order] of Nazareth seems to have disappeared very quickly”). 47. A. J. F o r e y, The Military Order of St Thomas of Acre, English Historical Review 92 (1977) pp. 481-503. 48. Vedi da una bibliografia vastissima J. S. R i l e y - S m i t h, The Knights of St. John in Jerusalem and Cyprus, c. 1050-1310, London, 1967, p. 274ss.; A. D e m u r g e r, Chevaliers du Christ. Les Ordres religieux-militaires au Moyen Âge (XIe-XVIe siècle), Paris 2002. 49. Vedi in particolare i capitoli III e VI. 50. Cfr. U. L i n d g r e n /E. K i s l i n g e r, Hospital, in: Lexikon des Mittelalters, V, München-Zürich 1991, coll. 133-137: 135 (“In Europa haben weder die Johanniter noch der Deutsche Orden im Mittelalter Hospitäler unterhalten”). Secondo I m b e r t, Les hopitaux (come nota 3) p. 216 con nota 3, i Giovanniti e i Templari assunsero gli ospedali semmai come fon- ti di guadagno. Un giudizio simile si trova rivolto verso l’Ordine Teutonico in K. M i l i t z e r, 24 Andreas Rehberg fondata per quanto concerne i Gerosolimitani 51 e l’Ordine Teutonico,52 men- tre si sa che i Templari si concepivano in primo luogo come guerrieri.53 Non si può prescindere quindi da questa funzione di modello. Nelle pagine seguenti si affrontano diversi aspetti collegati con il tema “Centro e periferia” inteso come il rapporto fra casa madre e filiali:54 la questione delle fonti (II), il fondamento spirituale (III), i processi d’istitu- zionalizzazione e il ruolo dei papi (IV), il superiore della casa madre (V), il controllo e la difesa della periferia (VI), l’espansione e le strategie econo- miche (VII), la raccolta di elemosine (VIII), la trasmissione di usi liturgici e delle nozioni mediche nonché altri fattori culturali (IX). L’approccio è comparatistico, ma si deve considerare la scarsa omogeneità della bibliogra- fia che abbiamo appena delineata. Nelle esemplificazioni saranno privile-

The Role of Hospitals in the Teutonic Order, in: H. N i c h o l s o n (a cura di), Military Orders, II: The Welfare and Warfare, London 1998, pp. 51-59 che valuta però più positivamente il ruolo dei Giovanniti. K. v a n E i c k e l s, Knightly Hospitallers or Crusading Knights? Decisive Factors for the Spread of the Teutonic Knights in the Rhineland and the Low Countries 1216-1300, ibid., pp. 75-80 smentisce la convinzione che il successo iniziale dell’Ordine Teutonico nella Renania e nei Paesi Bassi fosse dovuto alla loro fama di buoni amministratori di ospedali. Prevaleva infatti la volontà di sostenere materialmente il ruolo militare dell’ordine nella V Crociata. Naturalmente sono da considerare le differenze che si osservano comunque – come ha dimostrato Elm – fra gli ordini cavallereschi nati in Terra Santa da quelli fondati in Spagna da un lato e nei paesi baltici (prima dell’arrivo dell’Ordine Teutonico): cfr. K. E l m, Die Ordines militares. Ein Ordenszötus zwischen Einheit und Vielfalt. In: Z. H u n y a d i/J. L a s z l o v s k y (a cura di), The Crusades and the Military Orders. Expanding the Frontiers of Medieval Latin Christianity, Budapest 2001, pp. 351-377. Vedi J a s p e r t, Kleinere Ritter- orden (come nota 21). 51. Un quadro variegato dell’attività, tutto sommato ridotta, dei Giovanniti in campo ospedaliero nell’ambito tedesco è offerto da R e i c k e, Das deutsche Spital (come nota 18) I, p. 93ss. Cfr. in generale A. L u t t r e l l, The Hospitallers’ Medical Tradition: 1291-1530, in: M. B a r b e r (a cura di), The Military Orders. Fighting for the Faith and Caring the Sick, Aldershot 1994, pp. 64-81. Il perdurare dell’impegno caritativo, cementato nella regola mai addattata alla progressiva militarizzazione, è sottolineato da Giuliana Albini e Roberto Greci nei loro contributi in questi atti. 52. È di tutto rispetto l’elenco di case con annesse attività ospedaliere dell’Ordine Teuto- nico che da R e i c k e, Das deutsche Spital (come nota 18) I, p. 117ss. Cfr. K. M i l i t z e r, Die Rolle der Spitäler bei den Ritterorden, in: M. M a t h e u s (a cura di), Funktions- und Strukturwandel spätmittelalterlicher Hospitäler im europäischen Vergleich (Geschichtliche Lan- deskunde 56), Stuttgart 2005, pp. 213-242. 53. Ma questo orientamento ha comunque favorito la loro presenza lungo le importanti vie di pellegrinaggio, come per esempio le strade dirette a Santiago di Compostella: cfr. – da una vasta bibliografia – J.-M. A l l a r d, Recherche sur les ordres militaires: Templiers et Hospitaliers en Limousin au Moyen Âge: État de la recherche et nouvelles considérations, Revue Mabillon 75 (2003) pp. 51-81: 61ss. 54. Rinvio a proposito alla premessa di questo volume. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 25 giati i due ordini meglio studiati, cioè l’ordine di S. Spirito in Sassia 55 e quello degli Antoniani.56

II. La questione delle fonti L’attenzione da parte del “centro” di farsi custode della documentazione riguardante il suo ordine e di crearsi una “memoria” è ancora un campo tutto da studiare.57 Lo studio degli ordini ospedalieri non viene certamente aiutato dallo stato delle fonti disponibili oggi. Tranne qualche eccezione come la congregazione del Gran S. Bernardo e gli ordini dei Trinitari e Mercedari, le istituzioni in questione non sono sopravvisute. L’ordine di S. Giacomo di Altopascio fu sciolto nel secolo XVI (e non già nel 1459 come si legge spesso);58 i Lazzariti e i canonici del S. Sepolcro furono soppressi nel 1489

55. Cfr. da ultimo L’Antico Ospedale di Santo Spirito. Dall’istituzione papale alla sanità del terzo millenio, Il Veltro 45/5-6 (2001); 46/1-4 (2002) nonché D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5). Vedi la recensione in A. R e h b e r g, Päpstliche caritas auf dem Prüfstand. Anmerkungen zu einer neuen Studie zum Heilig-Geist-Orden, Quellen und For- schungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 86 (2006) pp. 562-581. 56. Fondamentali sono A. M i s c h l e w s k i, Grundzüge der Geschichte des Antoniter- ordens bis zum Ausgang des 15. Jahrhunderts (Bonner Beiträge zur Kirchengeschichte 8), Köln-Wien 1976 (trad. in francese: Un ordre hospitalier au Moyen Age. Les chanoines réguliers de Saint-Antoine-en-Viennois, Grenoble 1995) e P. F r i e ß (a cura di), Auf den Spuren des heiligen : Festschrift für Adalbert Mischlewski zum 75. Geburtstag, Memmingen 1994. Vedi anche E. C l é m e n t z, Les Antonins d’Issenheim: Essor et dérive d’une vocation hospitalière à la lumière du temporel (Publications de la Société savante d’Alsace. Collection “Recherches et documents” 62), Bar le Duc 1998; L. F e n e l l i, Il tau, il fuoco, il maiale. I canonici regolari di sant’Antonio Abate tra assistenza e devozione (Uomini e mondi medievali 9), 2006, nonché I. R u f f i n o, Storia ospedaliera antoniana. Studi e ricerche sugli antichi ospedali di sant’Antonio abate, Torino 2006. Per la vasta bibliografia si rinvia a http://perso. orange.fr/antonins/bibliogr.htm. 57. Cfr. le considerazioni a proposito della ricostruzione degli archivi degli ordini men- dicanti A. B a r t o l i L a n g e l i/N. D’A c u n t o, I documenti degli ordini mendicanti, in: G. A v a r u c c i/R. M. B o r r a c c i n i V e r d u c c i/G. B o r r i (a cura di), Libri, scrittura, documento della civiltà monastica e conventuale nel basso medioevo (secoli XIII-XV). Atti del Convegno di studio, Fermo, 17-19 settembre 1997 (Studi e ricerche 1), Spoleto 1999, pp. 381-415. Vedi, per un interessante confronto, quanto si evince circa l’attenzione per la conser- vazione delle carte presso i Cistercensi, E. G o e z, Pragmatische Schriftlichkeit und Archiv- pflege der Zisterzienser. Ordenszentralismus und regionale Vielfalt, namentlich in Franken und Altbayern (1098-1525) (Vita regularis 17), Münster 2003. 58. L’opinione che l’ordine di Altopascio (e con lui anche altri enti) fosse stato sciolto nel 1459 risale alla bolla di Pio II discussa sotto p. 40s. Vedi G. L a m i, Deliciae eruditorum seu veterum nVtodkena opuscolorum collectanea, 18 voll., Firenze 1736-1769: XVI (1754), p. 1333 (“se crediamo al P. Eliot”) e S. A n d r e u c c i, San Giacomo, di Altopascio, in: DIP, VIII, Roma 1976, coll. 462-465: 464. 26 Andreas Rehberg da Innocenzo VIII e i loro beni trasmessi ai Giovanniti;59 Ia congregazione di Roncisvalle si estinse nel 1864 (continua ad esistere però ancora oggi una piccola comunità di canonici regolari);60 l’ordine dei Crociferi fu soppresso nel 1656; 61 gli Antoniani furono sciolti nel 1776 (i loro beni passarono ai cavalieri di Malta); l’ordine di S. Spirito – se si prescinde da qualche congre- gazione femminile (in Francia, Polonia e Spagna) che si allaccia alla sua tradizione 62 – finì nel 1847, etc. Gli “archivi centrali” degli ordini – con l’eccezione di quello dei Giovanniti a La Valletta a Malta 63 – sono stati dispersi o molto ridotti nella loro consistenza. L’archivio a Saint-Antoine-en- Viennois in realtà fu già danneggiato per un incendio nel 1422 e oggi i materiali per la storia degli Antoniani sono dispersi su più sedi.64 Per gli ordini ospedalieri non si dispone quindi di edizioni di cartulari etc. come per gli ordini cavallereschi più grandi.65 Dove cercare gli elementi per ricostruire il funzionamento delle sedi centrali degli ordini? Più strumenti per la ricerca vengono offerti per la congregazione del Gran S. Bernardo 66 e per gli Antoniani.67 Nel caso dell’or-

59. K. P. J a n k r i f t, Leprose als Streiter Gottes, Institutionalisierung und Organisation des Ordens vom Heiligen Lazarus zu Jerusalem von seinen Anfängen bis zum Jahre 1350 (Vita regularis 4), Münster 1996, p. 204. 60. H. V i s s e r s, Canonici Regolari di Roncisvalle, in: DIP, II, Roma 1975, coll. 77-79. 61. P a c i n i, L’Ordine ospitaliero dei Crociferi (come nota 43) p. 404ss. 62. Vedi B. R a n o, Ospitaliere di Santo Spirito, in: DIP, VI, Roma 1980, coll. 988-993. 63. Th. M. V a n n, Hospitaller record keeping and archival practices, in: N i c h o l s o n, Military Orders (come nota 50) pp. 275-285 (con ulteriore bibliografia). 64. M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) p. 2s. Vedi anche sotto nota 67. 65. Inutile menzionare qui in extenso la bibliografia per la quale si rinvia a A. V a u- c h e z/C. C a b y (a cura di), Moines et chanoines, religieux du Moyen Âge. Guide de recherche et documents (Atelier du Médiéviste 9), Turnhout 2003, p. 118s. (solo per i Giovanniti e Templari). È nota la provenienza spesso eterogenea dei materiali confluiti nei “cartulari” pubblicati in J. D e l a v i l l e L e R o u l x, Cartulaire générale de l’ordre des Hospitaliers de S. Jean de Jérusalem (1100-1310), 4 voll., Paris 1894-1895 (rist. anast. München 1980) e in E. S t r e h l k e, Tabulae ordinis Theutonici, Berolini 1869. Recente è Die Urkunden des Deutsch- ordenszentralarchivs in Wien: Regesten, nach dem Manuskript von M. T u m l e r hg. von U. A r n o l d, 2 voll. (Veröffentlichungen der Internationalen Historischen Kommission zur Erfor- schung des Deutschen Ordens 11), Marburg 2006. 66. Cfr. S. P i v a n o, Le carte delle case del Grande e del Piccolo San Bernardo esistenti nell’archivio dell’Ordine Mauriziano, Biblioteca della Società storica subaplina 17 (1903) pp. 58-238 e adesso G. Z e n h ä u s e r n, Le Grand-Saint-Bernard, in: Helvetia Sacra, IV.1: Les Ordres suivant la règle de Saint-Augustin, Les chanoines réguliers de Saint-Augustin en Valais, Bâle-Francfort-sur-le Main 1997, pp. 135-147. 67. M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56). Da ultimo si è occupata della situa- zione documentaria (specialmente quella in Italia, e in particolare quanto interessa l’Archivio della Pontificia Accademia Ecclesiastica a Roma) R. V i l l a m e n a, Religio Sancti Antonii Viennensis. I canonici di sant’Antonio di Vienne tra basso medioevo e prima età moderna, con Una categoria di ordini religiosi poco studiata 27 dine dei Crociferi – dopo la dispersione degli archivi dell’ordine – gran parte della documentazione è conservata in una specie di cartulario custodio nella Biblioteca Comunale di Treviso.68 Per il S. Spirito per il Trecento e prima, non è stato tramandato un fondo archivistico che si potrebbe definire l’archivio centrale dell’intero ordine – se mai sia esistito nel vero senso della parola –, data la scarsità della documentazione superstite nel fondo di S. Spirito in Sassia conservato all’Archivio di Stato di Roma.69 Mancano innanzitutto gli atti dei capitoli generali dell’ordine (e delle sedute dei capitoli regolari del- l’ospedale romano), i cartularia, la corrispondenza del precettore di S. Spirito in Sassia, capo dell’ordine, nonché i registri di atti amministrativi conservati invece, almeno in parte, solo dal Quattrocento grazie alla serie dei protocolli notarili redatti dai notai di fiducia al servizio dei precettori, che inizia nel 1431. Solo con essi si ottiene una idea più chiara sul funzionamento centra- listico di questo ordine.70 Eppure non c’è dubbio che le case madri custodivano gelosamente i loro privilegi e i documenti che potevano meglio provare i loro diritti verso le filiali. Ciò è provato dalla circostanza che gli emissari o i procuratori ciclica- mente presentavano i privilegi originali alla Curia Romana per farli confer- mare. Solo raramente si richiedeva la copia dai registri delle lettere papali (ex registro), precisamente quando gli originali erano andati perduti.71 Partico- larmente complesse erano le conferme dei beni e delle filiali di un ordine (con annesse enumerationes bonorum 72) che richiedevano una preparazione arti- colata e provano – come vedremo meglio nei capitoli VI e VII – che al centro nuovi contributi circa la presenza antoniana a , tesi di dottorato in “Scienze storiche: dal medioevo all’età contemporanea” discussa nel dicembre 2004 presso l’Università degli studi di Perugia. 68. P a c i n i, L’Ordine ospitaliero dei Crociferi (come nota 43) passim. 69. Per le caratteristiche di questo fondo, ricco comunque per le pergamene d’importanza patrimoniale (testamenti, contratti di compravendita etc.), vedi A. R e h b e r g, I papi, l’ospe- dale e l’ordine di S. Spirito nell’età avignonese, Archivio della Società Romana di Storia Patria 124 (2001) pp. 35-140: 102ss. 70. Per questa fonte vedi A. R e h b e r g, Die fratres von jenseits der Alpen im römischen Hospital S. Spirito in Sassia. Mit einem Ausblick auf die Attraktivität Roms für den europäi- schen Ordensklerus im Spätmittelalter, in: U. Israel(acuradi), Vita communis und ethnische Vielfalt. Multinational zusammengesetzte Klöster im Mittelalter, Akten des Internationalen Studientags vom 26. Januar 2005 im Deutschen Historischen Institut in Rom (Vita regularis. Abhandlungen 29), Berlin 2006, pp. 97-155: 115s. con nota 77. Per la situazione delle fonti precedenti vedi D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 23ss. 71. Originales littere casualiter sunt amisse, come si legge in R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 130 doc. 47; p. 133 doc. 56. 72. Per questo tipo di fonte vedi D. L o h r m a n n, Formen der Enumeratio bonorum in Bischofs-, Papst- und Herrscherurkunden (9.-12. Jahrhundert), Archiv für Diplomatik 26 (1980, ma in effetti 1983) pp. 281-311. 28 Andreas Rehberg dell’ordine c’era una sorprendente capacità di conoscenza e controllo sulle filiali anche lontanissime. Abbiamo prove imponenti di questi elenchi per il S. Spirito73 e l’ordine dei Crociferi.74 Naturalmente anche le congregazioni canonicali75 e gli ordini militari 76 e le comunità ospedaliere minori – come l’ordine di S. Maria di Betlemme77 – si fecero confermare i loro possessi. La mancanza di fonti (in particolare di tipo narrativo) prodotte dalla casa madre non deve però scoraggiare la ricerca. Resta sempre la mole di materiale conservata nei registri delle lettere papali nell’Archivio Segreto Vaticano.78 In più si trovano informazioni sparse in vari archivi oggi custoditi dai fondi superstiti di singole case filiali dell’ordine.79 Le difficoltà documentarie che si incontrano lavorando sulle tematiche appena abbozzate si differenziano naturalmente da ordine a ordine, da regione a regione, nonché in base alla tipologia delle fonti in merito. Così è evidente che per quanto concerne le edizioni di registri vescovili e di atti papali, particolarmente ricche di infor- mazioni e munite di indici, alcune regioni come la Germania, la Scandinavia e l’Inghilterra sono particolarmente favorite. Il materiale per l’Italia, per quanto concerne il Trecento, è ancora insufficiente, non da ultimo perché in

73. Vedi sotto p. 55. 74. P a c i n i, Fra poveri e viandanti (come nota 43) p. 73s. 75. Per il Gran S. Bernardo vedi Q u a g l i a, La Maison du Grand Saint-Bernard (come nota 22) p. 77. 76. Cfr. per i Giovanniti si rinvia alla conferma dei primi possedimenti, datata il 15 febbraio 1113, di papa Pasquale II: D e l a v i l l e L e R o u l x, Cartulaire (come nota 65) I, p. 29s. Per l’interpretazione di questa lista come “atto programmatico” piuttosto che come uno specchio preciso dell’espansione della nuova comunità sono interessanti le osservazioni presentate da Kristjan Toomaspoeg nella sua relazione sugli ordini militari al Convegno “Cent’an- ni di Italia Pontificia”, Roma, 25-28 ottobre 2006. Vediinoltre sulla stessa linea A. L u t t r e l l, Ospedale e Santo Sepolcro in Puglia dopo il 1099, in: M. St. C a l ò M a r i a n i (a cura di), Il cammino di Gerusalemme. Atti del II Convegno internazionale di studio, Bari-Brindisi-Trani, 18-22 maggio 1999 (Rotte mediterranee della cultura 2), Bari 2002, pp. 477-484. 77. In questo caso le lettere sono indirizzate al vescovo di Betlemme e ai suoi canonici: R i a n t, Une dépendance (come nota 45) pp. 654-661 (1227 ago. 21) e 661-665 (1266 mag. 11). 78. Ne danno prova le ricerche sistematiche di K. B o r c h a r d t, Antoniter in Deutsch- land und die römische Kurie 1378-1471, in: F r i e ß, Auf den Spuren (come nota 56) pp. 3-26. Per i limiti della registrazione nei registri vedi però gli avvertimenti in R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 107ss. Per la scarsa tradizione storiografica di questi ordini si rinvia più avanti a p. 63. 79. Particolarmente ricchi sotto questo punto di vista sono gli Archives Nationales a Parigi: cfr. R. d e l a C o s t e - M e s s e l i è r e/G. J u g n o t/H. T r e u i l l l e, Fonds des XVIIe-XVIIIe s. et sources de l’histoire hospitalière médiévale (XIIe-XIVe s.) en Languedoc, in: Assistance et charité (come nota 11) pp. 283-318. Fra i contributi presenti in questi atti, quello di Françoise Durand mostra particolarmente bene come qualche filiale – qui gli ospedali di S. Spirito a Besançon e a Digione – possa offrire parecchi spunti dal proprio archivio superstite. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 29

Italia solo di rado si registravano sistematicamente gli atti vescovili in appo- siti registri, come succedeva in Inghilterra o in alcune parti della Germania.80 In Italia 81 abbondano invece i protocolli notarili, che però sono raramente editi. Scarseggiano per gli ordini ospedalieri le fonti narrative, le cronache di convento etc. Altre fonti da considerare sono i racconti delle origini, però spesso leggendarie, nonché i testi liturgici e agiografici.

III. Il fondamento spirituale Anche per la “spiritualità”82 degli ordini in questione manca uno studio comparatistico. Solo Annie Saunier, al recente convegno di Amiens, ha ricor- dato il nesso fra l’espansione di una comunità ospedaliera e la sua base spirituale concretizzato nelle regole e costituzioni.83 Quasi tutti gli ordini ospedalieri – se non appartenevano alle congregazioni canonicali – hanno avuto la loro origine in piccole comunità di laici che si dedicavano alla cura dei viandanti, poveri e malati, praticando così il precetto di Cristo della caritas assoluta.84 Non era certo un caso che le loro fondazioni siano avvenute

80. Cfr. R. B r e n t a n o, Two Churches. England and in the Thirteenth Century, Berkeley 21988, p. 291ss. 81. Per le caratteristiche della situazione archivistica e documentaria in Italia cfr., da una bibliografia immensa, P. C a m m a r o s a n o, Italia medievale. Struttura e geografia delle fonti scritte (Studi superiori NIS. Storia 109), Roma, 1991. 82. Cfr. La spiritualità medievale: metodi, bilanci, prospettive. Incontro di studio dell’Ac- cademia Tudertina e del Centro di studi sulla spiritualità medievale dell’Università di Perugia, Todi, 19-20 dicembre 1986 (Studi medievali, III serie, 28), Spoleto 1987. Sono da tener presenti le difficoltà di una tale ricerca delineate in K. E l m, Die Spiritualität der geistlichen Ritterorden des Mittelalters. Forschungsstand und Forschungsprobleme, in: ‘Militia Christi’ e Crociata nei secoli XI-XIII. Atti della undecima Settimana internazionale di studio, Mendola, 28 ago- sto-1 settembre 1989 (Miscellanea del Centro di studi medioevali 13), Milano 1992, pp. 477-518 (con note ricche di bibliografia) e A. V a u c h e z, La spiritualità dell’occidente medioevale, secoli VIII-XII (Cultura e storia, n.s. 1), Milano 1978 (tradotto da: La spiritualité du moyen âge occidental: VIIIe-XIIe siècles, Paris 1975). Vedi in breve M. P. A l b e r z o n i, Le idee guida della spiritualità della vita religiosa, in: Orden und Klöster im Vergleich, Metho- dische Ansätze für eine komparatistische Ordensgeschichte, Kolloquium zur Eröffnung der Forschungsstelle für Vergleichende Ordensgeschichte (FOVOG) in Eichstätt, 11.-13. Mai 2006 (in stampa). 83. A. S a u n i e r, La trame hospitalière médiévale: hiérarchies ou réseaux?, in: M o n t- a u b i n, Hôpitaux et maladreries (come nota 32) pp. 201-219: 206ss. (“Les influences spiri- tuelles”). L’autrice menziona i Trinitari, il S. Spirito, gli Antoniani nonché i Giovanniti. Ibid., p. 216 fig. 2 offre una “Carte des Hôpitaux tenus par un ordre hospitalier”. 84. Vedi da una ricca bibliografia H. P o m p e y, Caritas, in: Lexikon für Theologie und Kirche, II, Freiburg e altri 31994, col. 947s. e M. V a n t i, Contributo alla storia dell’Istituto Ospedaliero da parte degli ordini ospedalieri operanti in campo europeo, in: Atti del primo Congresso (come nota 26) pp. 1287-1303 nonché B a i l l y, Hospitaliers (come nota 17). Vedi 30 Andreas Rehberg in un periodo che vide una notevole sensibilizzazione per l’assistenza al prossimo da parte dei laici, tant’è che si è parlato per i secoli XII e XIII di una “révolution de la charité”.85 Il malato o il povero è al centro dell’atten- zione e nel quarto voto (della hospitalitas), praticato in alcuni dei nuovi ordini, il vero signore al cui servizio sottomettersi.86 Così fecero anche i primi Giovanniti che solo in un secondo tempo si trasformarono in un ordine militare.87 Di solito i frati si accordavano per osservare una vita comune che si basava sulla rinuncia ai beni personali. Le comunità si affiancavano a centri religiosi o di pellegrinaggio, pensiamo solo ai santuari di Gerusalemme e della Terra Santa nonché alla località di La Motte-aux-Bois che dopo l’arrivo delle reliquie molto venerate di s. Antonio, padre del deserto, cambiò il suo nome in Saint-Antoine-l’Abbaye.88 L’accettazione di chierici e preti se, da una parte rafforzò l’assistenza religiosa come parte integrante dell’operato caritatevole, dall’altra cambiò la natura delle comunità che prendevano nel processo di clericalizzazione sempre di più la fisionomia di conventi.89 È rara l’attenzione per le regole osservate dagli ordini ospedalieri in una visione comparatistica.90 Però già Michele Maccarrone aveva messo in luce anche un sito interessante dedicato alla spiritualità dei Trinitari e non solo: www.trinitari.org/ segretar/archivio.quaderni.it.htm. 85. M. M o l l a t, Les pauvres au Moyen Age, Paris 1978, pp. 111ss. (per l’impegno dei monasteri e degli ordini ospedalieri nel settore caritativo), 165 (citazione). Vedi in generale V a u c h e z, La spiritualità (come nota 82) p. 149. 86. Cfr. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 91ss. (per il quarto voto), 103ss., 128s. e – anche per aspetti più generali – O. A u g e, “Ne pauperes et debiles in ... domo degentes divinis careant” - Sakral-religiöse Aspekte der mittelalterlichen Hospitalgeschichte, in: B u l s t/S p i e ß (a cura di), Sozialgeschichte (come nota 44), pp. 77-123. 87. Per i Giovanniti vedi A. L u t t r e l l, The Spiritual Life of the Hospitallers of Rhodes, in: Z. H. N o w a k (a cura di), Die Spiritualität der Ritterorden im Mittelalter (Ordines militares. Colloquia Torunensia Historica 7), Torun´1993, pp. 75-130: 76 (“The Hospitallers’ obligation to the poor and sick constituted, at least in theory, the most novel and vital aspect of their spiritual life”). 88. Cfr. M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) p. 24ss. 89. Gli Antoniani nel 1297 diventarono tutti canonici: A. M i s c h l e w s k i, Einleitung. Der Antoniterorden und seine Generalpräzeptoreien für die Niederlassungen in der Schweiz, in: Die Antoniter, die Chorherren vom Heiligen Grab in Jerusalem und die Hospitaliter vom Heiligen Geist in der Schweiz, redigiert von E. G i l o m e n - S c h e n k e l (Helvetia Sacra. Abteil. IV, 4), Basel-Frankfurt am Main 1996, pp. 37-75: 63ss. Per il S. Spirito vedi B. R a n o, Ospitalieri di Santo Spirito, in: DIP, VI, Roma 1980, coll. 994-1014: 1001s. 90. Se si prescinde dai casi dei Gerosomilitani e l’Ordine Teutonico, le regole degli ordini ospedalieri non sono presenti nel pur imponente e importante volume di C. A n d e n n a/G. M e l v i l l e (a cura di), Regulae – Consuetudines – Statuta. Studi sulle fonti normative degli ordini religiosi nei secoli centrali del Medioevo. Atti del I e del II Seminario internazionale di studio del Centro italo-tedesco di storia comparata degli ordini religiosi, Bari-Noci-Lecce, Una categoria di ordini religiosi poco studiata 31 la grande importanza di Innocenzo III nella redazione delle regole degli ordini fondate sotto il suo pontificato (Trinitari, S. Spirito etc.).91 Inoltre sono di grande interesse gli atti pubblicati in occasione di un convegno organizzato per l’VIII centenario dell’approvazione della regola dei Trinitari da parte di Innocenzo III il 17 dicembre 1198. Scrupolosamente in questa occasione era stato analizzato il contesto storico e spirituale, il contenuto nonché le recipro- che interdipendenze con altri ordini.92 Una simile impresa – con nuova edi- zione – è stata affrontata recentemente da Gisela Drossbach per la regola di S. Spirito.93 Resta ancora da raccogliere un corpus di fonti normative nel settore degli ordini ospedalieri medievali. La regola dell’Altopascio comun- que – nella sua versione in volgare – è stata nuovamente edita nel 1983.94 Cardine della storiografia sulla vita regolare è la questione della scelta della regola, che si evidenzia nel nostro periodo con la preferenza delle regole di s. Benedetto e di s. Agostino. Neppure gli ordini militari in questo punto si presentavano uniformi.95 Come modello per i nuovi enti ospedalieri serviva spesso la regola di s. Agostino, che dal secolo XI nelle sue diverse forme ebbe una grande diffusione ed esercitò una enorme attrazione.96 Il suo carattere abbastanza generico facilitava la sua accettazione da parte di comunità varie- gate che si dettero di solito statuti e consuetudini propri.97 Ebbe grande

26-27 ottobre 2002, Castiglione delle Stiviere, 23-24 maggio 2003 (Vita regularis, Abhandlun- gen 25), Münster 2005. 91. M. M a c c a r r o n e, Studi su Innocenzo III (Italia sacra 17), Padova 1972, pp. 278-327 e I d ., Le costituzioni del IV Concilio Lateranense sui religiosi, in: I d ., Nuovi studi su Innocenzo III (Nuovi studi storici 25), Roma 1995, pp. 1-45. 92. Vedi in particolare i contributi di Daniel Le Blévec, Oktavian Schmucki e James M. Powell in C i p o l l o n e (a cura di), La liberazione (come nota 38). 93. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 137ss., 354ss. (l’edizione della regola). 94. A. S a n t a n g e l o, Sulla lingua della “Regola dei frati di S. Jacopo d’Altopascio”, Firenze 1983, pp. 71-90. 95. A. L u t t r e l l, The Military Orders: Some definitions, in: E l m/F o n s e c a (a cura di), Militia Sancti Sepulcri (come nota 21) pp. 77-88. 96. Vedi L. V e r h e i j e n, La règle de Saint Augustin, 2 voll., Paris 1967, in particolare I, pp. 417-437 (Praeceptum) e – per la sua diffusione e la bibliografia – M e l v i l l e / M ü l- l e r, Regula sancti Augustini (come nota 14). 97. Basti citare due testimonianze: E m e r t o n, Altopascio (come nota 16) p. 10 scrive a riguardo della regola di Altopascio, del 1239, che riprende la regola dei Giovanniti: “The Augustinian ‘Rule’ was rather a series of counsels for the general conduct of the ‘religious’ life than a code of prescriptions for strict observation”. Vedi similmente F.-O. T o u a t i, Les groupes de laïcs dans les hôpitaux et les léproseries au moyen âge, in: Les mouvances laïques des ordres religieux, Actes du IIIe Colloque international du C.E.R.C.O.R., Tournus, 17-20 juin 1992 (C.E.R.C.O.M., Travaux et recherches 8), Saint-Étienne 1996, pp. 137-162: 144 (“les 32 Andreas Rehberg influsso anche la regola dei membri dell’ospedale di S. Giovanni di Gerusa- lemme scritta da Raimondo di Puy fra il 1125 e 1153,98 che dava – insieme conleaggiuntedegliesgarts e usances più recenti (prima del 1239) – l’esem- pio più diffuso e autorevole per l’organizzazione di una istituzione ospeda- liera in generale,99 anche perché si basava essenzialmente su precetti della regola di s. Agostino.100 Il testo della regola gerosolimitana fu ampiamente ripreso da quelle di S. Spirito e di Altopascio,101 che tralasciavano natural- mente – se si prescinde da qualche residuo – gli elementi della militarizza- zione dei Giovanniti.102 I due enti furono comunque in seguito inquadrati nell’ordo sancti Augustini.103 Sorprendente è che – se si prescinde da qualche eccezione particolare come il prete Giovanni de Matha (1154-1213), fondatore dell’Ordine della Santissima Trinità (Trinitari)104 – non si incontrano figure fondatrici carisma- tiche come lo erano i santi Domenico e Francesco per i due più importanti ordini mendicanti.105 Significativo sotto questo punto di vista è il silenzio delle fonti su Guido da Montpellier che pure aveva fondato l’ordine di S. Spirito, ma che fu presto messo in secondo piano dalla memoria dominante di Innocenzo III, il vero, anche se solo secondo, fondatore dell’ordine.106 I propos de la lettre augustinienne sont en effet suffisamment vagues et souples pour s’adapter aux expériences diverses”). 98. Per la “regola” di Raimond du Puy vedi D e l a v i l l e L e R o u l x, Cartulaire (come nota 65) I, pp. 62-68; G. L a g l e d e r, Die Ordensregel der Johanniter-Malteser. Die geistlichen Grundlagen des Johanniter/Malteserordens, mit einer Edition und Übersetzung der drei ältesten Regelhandschriften, Sankt Ottilien 1983, pp. 134-139 e K. K l e m e n t, Le prime tre redazioni della regola giovannita, Studi Melitensi 4 (1996) pp. 233-259. 99. Vedi L e G r a n d, Les maisons-Dieu (come nota 23) p. 102ss. Per l’importanza del modello dei Giovanniti anche per altri aspetti della struttura dell’ordine di S. Spirito sin dalla sua fondazione a Montpellier cfr. la bibliografia indicata in R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 51 con nota 52 e D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) pp. 145ss., 153ss. 100. La regola dei Giovanniti è stata giustamente caratterizzata come “a mixed but essentially Augustinian Rule”: L u t t r e l l, The Spiritual Life (come nota 87) p. 76; cfr. K. T o o m a s p o e g, I cavalieri templari e i giovanniti, in: A n d e n n a/M e l v i l l e, Regulae (come nota 90) pp. 387-401: 397s. 101. Vedi D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 148s. 102. Vedi da una vasta bibliografia su questo argomento A. F o r e y, The militarisation of the Hospital of St John, Studia Monastica 26 (1984) pp. 75-89, ristampato in I d., Military Orders and Crusades, Aldershot 1994. 103. Cfr. le testimonianze in R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 58 nota 82 e in E m e r t o n, Altopascio (come nota 16) p. 10. 104. Vedi la bibliografia data sopra nota 38. 105. Per un confronto vedi G. M e l v i l l e/M. B r e i t e n s t e i n (a cura di), Charisma und religiöse Gemeinschaften im Mittelalter (Vita regularis, Abhandlungen 26), Münster 2005. 106. Cfr. G. D r o s s b a c h, Papst Innocenz III. im historischen Selbstverständnis des Una categoria di ordini religiosi poco studiata 33

Crociferi si rifecero ad un laico di nome Cleto (Gussoni o Grausoni), rim- piazzato però a volte – con ovvia intenzione di “nobilitazione” – anche dal papa Cleto.107 Meno problemi si facevano gli Antoniani e l’ordine di S. Lazzaro con santi di riferimento (s. Antonio Abate, uno dei più famosi “padri del deserto”, e s. Lazzaro, figura duplice del Nuovo Testamento 108) lontani dal momento della fondazione dell’ordine, che venne presto legata a racconti leggendari edificanti.109 Per quanto concerne la venerazione di santi negli ordini ospedalieri mancano ancora studi particolari disponibili, invece, per gli ordini militari.110 In questo contesto Mario Sensi ha parlato di “mancanza di un ambito culturale strettamente legato all’Ordine di Santo Spirito”.111 Illustra bene il suo giudizio un episodio riportato dallo studioso che ricorda il tentativo di stabilire, alla fine del Cinquecento, da parte di un canonico del S. Spirito in Sassia e priore dell’ospedale omonimo a , in questa cittadina umbra il culto del beato Antonio Ungaro († 1398), un pellegrino proveniente dall’Ungheria che si era distinto nel servizio prestato nel detto ospedale. Proprio per questo fine devozionale il suo corpo fu sistemato in una cassa lignea sopra l’altare maggiore della locale chiesa di S. Spirito.112 Come altri enti religiosi anche gli ordini ospedalieri furono esposti a fasi di degrado e decadenza. Di particolare rischio si rivelarono i tempi della permanenza del papato ad Avignone e del Grande Scisma del 1378 che spaccò l’Occidente in due obbedienze. Gli ordini si divisero e si verificarono dei disordini un po’ ovunque.113 Erano tante le cause, che portarono anche ad un

Spitalordens von S. Spirito in Sassia, in: G. M e l v i l l e/J. O b e r s t e (a cura di), Die Bettelorden im Aufbau. Beiträge zu Institutionalisierungsprozessen im mittelalterlichen Reli- giosentum (Vita regularis 11), Münster 1999, pp. 603-617 e E a d., Christliche caritas (come nota 5) p. 41ss. (parte II “Papst Innocenz III.”). 107. Vedi P a c i n i, Fra poveri (come nota 43) p. 58s. 108. Nella figura di Lazzaro si fondono due personaggi biblici, cioè il Lazzaro risorto dai morti e il Lazzaro lebbroso della parabola. Secondo la leggenda, Lazzaro venne con le sue sorelle Maria e Marta a Marsiglia: cfr. J. K r e m e r, Lazarus, in: Lexikon für Theologie und Kirche, VI, Freiburg e altri 31997, col. 697s. 109. Per S. Antonio Abate vedi L. M e i f f r e t, Saint Antoine ermite en Italie (1340- 1540). Programmes picturaux et dévotion (Collection de l’École française de Rome 329), Rome 2004. 110. Vedi L u t t r e l l, The Spiritual Life (come nota 87) p. 84 nonché il contributo di Marina Gazzini in questi atti. 111. M. S e n s i, Cerretani a servizio degli ospedali di Santo Spirito nei notarili di Foligno e Montesanto, Bollettino storico della città di Foligno 6 (1982) pp. 35-73: 53s. 112. Ibid.; cfr. P. D e A n g e l i s, L’ospedale di S. Spirito in Saxia, 2 voll., Roma 1960-1962: II, p. 581. 113. Vedi per gli Antoniani M i s c h l e w s k i, Einleitung (come nota 89) p. 46ss. 34 Andreas Rehberg regresso delle vocazioni.114 Non pochi ordini – specialmente quelli legati a sedi episcopali emigrate dalla Terra Santa – sparivano totalmente.115 Gli Antoniani, dopo un primo tentativo nel 1420, arrivarono alla riforma, tuttavia non risolutiva, del loro ordine nel 1478.116 Importante per il nostro tema specifico è che questi tentativi di riforma (anche se di solito sulla spinta dei papi) partivano dai capitoli generali o da superiori severi e dimostravano che le case madri non avevano perso del tutto la loro funzione di modello per i loro rispettivi ordini. La vocazione originaria per l’assistenza ai malati si ridusse comunque un po’ ovunque e portò alla conseguenza che tanti ospedali, principalmente nel Quattrocento, la ridussero o persino la abbandonarono del tutto.117 Naturalmente furono la Riforma luterana e le guerre degli Ugonotti a colpire in modo spesso definitivo tante filiali.118 Non va infine sottostimato il valore simbolico e l’importanza dei riti e del vestiario comuni. Gli abiti e le insegne degli ordini univano visivamente tutti i membri di un dato ordine e rafforzavano il senso di appartenenza.119 Non appare casuale il fatto che i nostri ordini usavano diversi tipi di croci secondo la tradizione degli ordini militari.

114. Per quanto concerne il S. Spirito si è fatto presente tra le cause del suo degrado nell’età moderna la mancanza di un santo tra le file dello Ordine, la prevalenza dell’elemento sacerdotale sui frati laici (contrariamente allo spirito del fondatore) e la facoltà di immettere nella congregazione religiosi di altri sodalizi: vedi F. L a C a v a, L’ordine di Santo Spirito precursore dell’assistenza ospedaliera, in: Atti del primo Congresso (come nota 26) pp. 667- 675: 673. Per quanto concerne gli Antoniani è interessante l’analisi in I. R u f f i n o, Ricerche sulla diffusione dell’ordine ospedaliero di S. Antonio di Vienne, ibid., pp. 1087-1105: 1093- 1196. L’autore, tra l’altro, riconduce la crisi all’appalto o fitto delle questue, l’attribuzione di tante precettorie alla mensa del abate generale, la scarsa residenza nelle proprie sedi nonché gli effetti del Grande Scisma. Cfr. inoltre l’analisi in C l é m e n t z, Les Antonins d’Issenheim (come nota 56) p. 109ss. 115. Vedi sopra p. 23. 116. M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56), tra l’altro, p. 140ss. e I d. Spätmit- telalterliche Reformbemühungen im Antoniterorden, in: K. E l m (a cura di), Reformbemühun- gen und Observanzbestrebungen im spätmittelalterlichen Ordenswesen (Berliner Historische Studien 14 = Ordensstudien 6), Berlin 1989, pp. 153-169. 117. Vedi sotto nota 229. 118. Vedi l’esempio degli Antoniani in P. F r i e ß, Die Reformation und der Niedergang des Antoniterordens in Deutschland, in: I d., Auf den Spuren (come nota 56) pp. 65-85. 119. Vedi G. R o c c a (a cura di), La Sostanza dell’Effimero. Gli abiti degli Ordini religiosi in Occidente, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, 18 gennaio-31 marzo 2000, Catalogo, Roma 2000 che purtroppo, per quanto riguarda gli abiti degli ordini ospedalieri non è completo e offre, ibid., p. 391ss., schede solo sul S. Spirito, sui Trinitari, sull’Ordine della Santa Croce (Crocigeri belgi), sui Mercedari, sui Crocigeri della stella rossa, nonché sugli Alessiani o Celliti. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 35

IV. I processi d’istituzionalizzazione e il ruolo dei papi Le tappe della costituzione di un ordine ospedaliero nel tardo medioevo potevano considerarsi ampiamente completate.120 Non sempre questo percor- so giuridico culminante nella approvazione papale era stato semplice. Esso si svolse – come abbiamo visto – velocemente nel caso dei Trinitari.121 Altri ordini come quello di Altopascio (riconosciuto solo nel 1239) e quello degli Antoniani (nel 1247)122 dovettero aspettare tanto fino a che le loro comunità confraternali riuscirono a costituirsi in veri e propri ordini. Vale la pena di ricapitolare – come esempio, ma non per generalizzare – gli inizi degli Antoniani, confratelli laici dedicati in una Domus elemosinaria al sostegno degli ammalati del “fuoco sacro” (ergotismo) attratti presso la tomba di s. Antonio a Saint-Antoine-l’Abbaye per usufruire dei poteri taumaturgici del santo. Le reliquie erano custodite da benedettini che a loro volta dipendevano dall’abbazia di Saint-Pierre a Montmajour vicino di Arles. Solo nel 1232 i frati assunsero una regola confermata da un legato papale. Fu Innocenzo IV, il vero fondatore degli Antoniani, che obbligò i frati ad accettare la regola di s. Agostino. Così essi, nel 1247, non solo di fatto, ma anche giuridicamente divennero un ordine. Bonifacio VIII infine, nel 1297, li sciolse dalla dipen- denza dai benedettini di Saint-Antoine allontanati già nel 1290. Il superiore dell’ospedale divenne allora anche abate generale dell’ordine.123 Col tempo il ruolo del papa acquistò un’importanza decisiva. Il ricono- scimento e la protezione pontificia erano essenziali per gli ordini religiosi. Meno chiaro è invece come valutare la portata della posizione papale nello sviluppo, specialmente nel momento delle origini, dei nuovi ordini. Per gli ordini religiosi militari si è notato che i papi – anche per via delle onnipresenti difficoltà di comunicazione nel medioevo e per gli interessi politici variegati che presto cominciarono a pesare – non sempre erano in grado di seguire attivamente questi processi e dovettero accettare i faits accomplis.124 Meno

120. Vedi per l’ordine di S. Spirito D r o s s b a c h, Papst Innocenz III. (come nota 106) p. 604ss. e E a d., Christliche caritas (come nota 5) passim. Per un confronto con gli inizi dei Francescani si può rinviare a M e l v i l l e/O b e r s t e, Die Bettelorden (come nota 106). 121. Vedi sopra p. 31 e G. D r o s s b a c h, Zum Institutionalisierungsprozess des Trini- tarierordens, in: C i p o l l o n e, La liberazione (come nota 38) pp. 531-535. 122. Vedi M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) pp. 45-47. Ma la lotta per il possesso dell’abbazia benedettina di Saint-Antoine, custode delle reliquie di s. Antonio Abate, continuò fino alla sua consegna definitiva all’ordine nel 1297: ibid., pp. 48-66. 123. Vedi M i s c h l e w s k i, Einleitung (come nota 89) p. 40ss. 124. Cfr. Kl. M i l i t z e r, From the Holy Land to Prussia: the Teutonic Knights between Emperors and Popes and their Policies until 1309, in: S a r n o w s k y, Mendicants (come nota 18) pp. 71-81; R. H i e s t a n d, Some Reflections on the Impact of the Papacy on the Crusader States and the Military Orders in the Twelfth and Thirteenth Centuries, in: H u n y a d i/ 36 Andreas Rehberg politicizzati erano naturalmente gli inizi della istituzionalizzazione degli or- dini ospedalieri nel senso più stretto, ma anche qui il ruolo del papato non si manifestò sempre in modo uniforme. Il primo ordine ospedaliero che – a quanto pare – ricevette la conferma papale fu quello dei Crociferi, che furono riconosciuti da Alessandro III verso il 1167-1170. Questo privilegio contiene già gli elementi essenziali per la fondazione di un ordine religioso: il papa prese la comunità dipendente da un maior prior sotto la sua protezione e le confermò la sua regola orientata a quella di s. Agostino. Fu vietato il transitus ad un altro ordine. Tutti i membri laici erano tenuti a prendere i voti – di povertà, castità e obbedienza – nelle mani del gran priore (ut professionem maiori priori omnes laici faciant in manu eius). Egli doveva approvare quando un frate voleva passare da una casa ad un’altra. Venivano inoltre stabiliti il trasferimento dei beni all’ordine, le modalità del noviziato e il rifiuto di frati sposati. Seguivano disposizioni per i digiuni e le norme liturgiche. Il capitolo generale eleggeva il nuovo priore tramite tre o quattro de melioribus magistris domorum.Ilpriorenomi- nava invece gli incarichi più importanti della casa madre che era S. Maria (del Morello) a Bologna.125 Riscontreremo simili provvedimenti anche in altri ordini. I privilegi papali costituivano la base giuridica per l’esistenza e l’auto- nomia di un ordine religioso.126 Quelli in favore degli ordini religioso-militari del XII secolo offrivano il modello anche per i nuovi ordini impegnati nell’at- tività caritativa su vasta area geografica.127 Questi privilegi indispensabili

L a s z l o v s k y, The Crusades (come nota 50) pp. 3-20. Vedi per un periodo più tardi K. B o r c h a r d t, Kurie und Orden: Johanniter in den päpstlichen Supplikenregistern 1342- 1352, in: B. F l u g /M. M a t h e u s/A. R e h b e r g (a cura di), Kurie und Region. Festschrift für Brigide Schwarz zum 65. Geburtstag (Geschichtliche Landeskunde 59), Stuttgart 2005, pp. 17-39. 125. Vedi P. F. K e h r, Papsturkunden in Italien. Reiseberichte zur Italia Pontificia, I: 1896-1899 (Acta Romanorum Pontificum 1), Città del Vaticano 1977, pp. 535-538 doc. 9; cfr. B a a k e n, Papsturkunden (come nota 43). 126. Vedi in generale H o u r l i e r, L’âge classique (come nota 4) p. 437ss. Per i privilegi dal punto di vista della diplomatistica cfr. G. L e B r a s/Ch. L e f e b v r e/J. R a m b a u d, L’age classique 1140-1378. Sources et théorie du droit (Histoire du Droit et des Institutions de l’Eglise en Occident 7), Paris 1965, p. 486ss. e R. P o t z, Zur kanonistischen Privilegientheorie, in: B. D ö l e m e y e r/H. M ohnhaupt(acuradi), Das Privileg im europäischen Ver- gleich, I (Ius commune. Studien zur Europäischen Rechtsgeschichte 93), Frankfurt/Main 1997, pp. 13-67. 127. I privilegi essenziali per un ordine ospedaliero (qui i Giovanniti) sono stati presentati da R. H i e s t a n d, Die Anfänge der Johanniter, in: J. F l e c k e n s t e i n/M. H e l l m a n n (a cura di), Die geistlichen Ritterorden Europas, Sigmaringen 1980 (Vorträge und Forschungen, 26), pp. 31-80, in particolare p. 50ss., 59ss.; cfr. anche R. H i e s t a n d, Papsturkunden für Templer und Johanniter. Archivberichte und Texte (Abhandlungen der Akademie der Wissen- Una categoria di ordini religiosi poco studiata 37 riguardavano innanzitutto la protezione papale,128 l’esenzione dalla giurisdi- zione dei vescovi (la quale non sempre era totale) 129 e dalle imposte (decime) dovute ai vescovi, il diritto di sepoltura 130 nonché l’autorizzazione per la raccolta di elemosine e le indulgenze che servivano ad attirare donazioni in favore della casa madre delle sue filiali.131 L’esenzione permetteva all’ordine anche la fondazione di cimiteri e oratoria nonché di ecclesie ed era valida anche per le case dipendenti.132 Questi ultimi diritti costituivano notevoli ingerenze con il circostante ambiente parrocchiale, con il quale la convivenza era spesso conflittuale, e provocarono problemi simili a quelli suscitati dal- l’avanzare degli ordini mendicanti, impegnati in ambito pastorale e nelle confessioni, che suscitarono le resistenze dei vescovi e non trovarono solu- zione neanche con la bolla Super cathedram di Bonifacio VIII e con i canoni del concilio di Vienne (1311-1312).133 Ma anche i poteri secolari vedevano

schaften in Göttingen. Philologisch-historische Klasse. Dritte Folge 77), Göttingen 1972 e I d., Papsturkunden für Templer und Johanniter. Neue Folge (ibid. 135), Göttingen 1984. 128. Per il concetto della “protezione papale” cfr. G. S c h r e i b e r, Kurie und Kloster im 12. Jahrhundert, 2 voll. (Kirchenrechtliche Abhandlungen 65/66), Stuttgart 1910: I, p. 6ss.; P. H e r d e, Audientia litterarum contradictarum. Untersuchungen über die päpstlichen Justiz- briefe und die päpstliche Delegationsgerichtsbarkeit vom 13. bis zum Beginn des 16. Jahrhun- derts, 2 voll. (Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in Rom 31/32), Tübingen 1970: I, p. 415ss.; H. H. A n t o n, Protezione pontificia, in: DIP, VII, Roma 1983, coll. 1045-1052; L. F a l k e n s t e i n, La papauté et les abbayes françaises aux XIe e XIIe siècles. Exemption et protection apostolique (Bibliothèque de l’École des Hautes Études. Sciences historiques et philologiques 336), Paris 1997. 129. Per l’esenzione cfr. S c h r e i b e r, Kurie und Kloster (come nota 128) I, pp. 27ss., 181ss. e – con ulteriore bibliografia – A. S c h e u e r m a n n, Exemtion, in: Theologische Realenzyklopädie, X, Berlin-New York 1982, pp. 696-698. A u r e g g i, Ospedali e vescovi (come nota 27) p. 51 nota 36 ricorda il fatto che “l’Ospedale di Altopascio, che pur avendo ottenuto una ampia exempio [sic!] da Papa Anastasio IV già fin dal 1154, e pur appartenendo ad un Ordine ospitaliero, era pur sempre assoggettato al Vescovo in materia spirituale”. 130. Per lo ius sepeliendi vedi in generale S c h r e i b e r, Kurie und Kloster (come nota 128) II, p. 105ss.; I m b e r t, Les hopitaux (come nota 3), p. 90ss.; H e r d e, Audientia (come nota 128) I, p. 336ss. 131. Per la questua vedi sotto capitolo VIII. 132. S c h r e i b e r, Kurie und Kloster (come nota 128) II, p. 19ss. 133. Cfr. H. L i p p e n s, Le droit nouveau des Mendiants en conflit avec le droit coutu- mier du clergé séculier du Concile de Vienne à celui de Trente, Archivum Franciscanum Historicum 47 (1954) pp. 241-292; R. C. T r e x l e r, The Bishop’s Portion: Generic Pious Legacies in the Late Middle Ages in Italy, in: I d., Church and Community 1200-1600 (Storia e letteratura 168), Roma 1987, pp. 289-356; Th. M. I z b i c k i, The problem of canonical portion in the later Middle Ages: The application of ‘Super cathedram’, in: P. L i n e h a n (a cura di), Proceedings of the Seventh International Congress of Medieval Canon Law, Cambridge, 23-27 July 1984 (Monumenta iuris canonici, ser. C: subsidia 8), Città del Vaticano 1988, pp. 460-473. 38 Andreas Rehberg con disappunto il dilagare del privilegio di foro per i membri degli ordini militari e ospedalieri. Ne è portavoce Marsilio da Padova che deplora che Templari, Ospedalieri e altri huiusmodi ordines, nonché i frati di Altopascio, fossero ab humanis legibus civilibus rite latis exempti, nonostante le loro comunità fossero nate fra laici.134 Pur essendo noto l’insieme dei privilegi essenziali la cui relativa unifor- mità si rispecchia nei formulari cancellereschi assai omogenei, non è stata ancora affrontata sistematicamente la domanda sui meccanismi che stavano alla base del loro rilascio. Pare evidente che le comunità che si rivolsero alla Curia si informavano bene sulla giusta impostazione delle loro richieste e si ispiravano senz’altro a precedenti che trovavano innanzitutto nell’ambiente degli ordini militari. Notiamo che, a partire dal Duecento, c’era parecchia concorrenza fra i singoli ordini per attirarsi la benevolenza del papa. A dispetto delle sue alte mire, per esempio, l’ospedale di S. Spirito, come pare, non potè accumulare tanti privilegi quanto altri ordini. La distanza si allargò innanzitutto con i cavalieri-ospedalieri di S. Giovanni di Gerusalemme e con l’ordine Teutonico, poiché gli ordini militari necessitavano di privilegi papali speciali che dovevano considerare la loro nuova funzione militare e la loro immensa importanza politica.135 Il S. Spirito si mantenne meglio rispetto ad altri ordini ospedalieri minori come gli ospedalieri di S. Lazzaro136 o quello dell’ospedale toscano d’Altopascio. Risultano però più favoriti gli Antoniani.137 Solo Urbano V concedette al S. Spirito il diritto – poi rinnovato da Gregorio XI e più tardi da Sisto IV – di poter allevare maiali o altri animali destinati al fabbisogno dei ricoverati nei suoi ospedali con il sostegno di benefattori misericordiosi come facevano già gli Antoniani.138 Per gli ordini ospedalieri più in vista gravitanti intorno alla Curia avi- gnonese, cioè gli Antoniani, il S. Spirito e l’Altopascio, oltre al gran numero

134. Marsilius von Padua: Defensor Pacis, a cura di R. S c h o l z (Fontes iuris Germanici antiqui in usum scholarum ex Monumentis Germaniae historicis separatim editi), Hannover 1932/3, p. 229. 135. Per questi privilegi vedi sopra nota 127 e D e l a v i l l e L e R o u l x, Cartulaire (come nota 65) passim; B. W a l d s t e i n-W a r t e n b e r g, Rechtsgeschichte des Malteser- ordens, Wien 1969, in particolare p. 77ss.; S t r e h l k e, Tabulae ordinis Theutonici (come nota 65), in particolare p. 263ss. (“Pontificum romanorum privilegia generalia”, dall’anno 1191 in poi) nonché T u m l e r/A r n o l d, Die Urkunden (come nota 65) passim. 136. Punti di confronto offrono Privilegia ordinis Sancti Lazari Hierosolymitani, Romæ 1567. 137. Per la lunga serie di privilegi e favori concessi agli Antoniani vedi M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) p. 46 nota 153 e L e B l é v e c, La part du pauvre (come nota 33) p. 128ss. 138. R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 123 doc. 28; p. 132s. doc. 56. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 39 di privilegi, esisteva anche un altro parametro, forse più significativo e diretto, per misurare l’interessamento dei papi nei loro confronti: si tratta dell’impor- to dei contributi che la Camera Apostolica versava loro a sostegno dell’im- pegno caritativo ad Avignone e durante gli spostamenti della corte. Sulla base di questi dati si ricava che il più avvantaggiato, nel periodo avignonese, era l’ospedale degli Antoniani, che almeno sotto Clemente V – grazie ai servigi prestati come “ospedale itinerante” curiale (hospitale portatile) – si poteva assicurare il doppio delle elargazioni ottenute dagli altri due enti.139 Ma i legami stretti con la Curia aumentavano anche il rischio di ingerenze non desiderate da parte del papa negli affari interni, che si concretizzavano in particolare nello strumento della riserva generale di dignitates conventua- les riguardanti in particolar modo le precettorie antoniane 140 e nell’istituto della commenda che colpì anche il S. Spirito e il Gran S. Bernardo.141 I Crociferi italiani ed altri ordini ospedalieri conoscevano inoltre la figura del cardinale protettore che aveva il compito di difendere gli interessi degli enti affidatigli.142 Al cardinale protettore del S. Spirito spettava esplicitamente la correctio clericorum dell’ordine, la sorveglianza della condotta del precettore edelcamerarius, nonché la visita dell’ospedale romano.143 Non mancarono compiti speciali che i papi conferivano ai superiori dei grandi ordini ospedalieri. Il precettore del S. Spirito in Sassia Giovanni di Lucca, per esempio, già nel 1350 figura come rettore della provincia della Campagna e Marittima, un incarico nel quale fu confermato nel 1356.144 Ancora più importante era il ruolo degli abati generali di Saint-Antoine-en-

139. L e B l é v e c, La part du pauvre (come nota 33) p. 138ss. Cfr. B. G u i l l e- m a i n, Les recettes et les dépenses de la Chambre Apostolique pour la quatrième année du pontificat de Clément V (1308-1309) (Introitus et Exitus 75) (Collection de l’École française de Rome 39), Rome 1978, ad indicem. 140. B o r c h a r d t, Antoniter (come nota 78) p. 3ss. 141. Vedi O. M o n t e novesi,L’Archiospedale di S. Spirito in Roma. Saggio di documentazione, Archivio della Società Romana di Storia Patria 62 (1939) pp. 177-229: 197 nota 1, 200; R e h b e r g, Die fratres (come nota 70) p. 134 nonché Q u a g l i a, La Maison du Grand Saint-Bernard (come nota 22) p. 189ss. 142. Cfr. W. M a l e c z e k, Ein Kardinalprotektor im Kreuzherrenorden um 1213/1214?, Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte, kanonistische Abteilung 60 (1974) pp. 365-374. Per i cardinali protettori di altri ordini (innanzitutto dei francescani) cfr. St. L. F o r t e, The Cardinal-Protector of the Dominican Order (Dissertationes Historicae 15), Roma 1959; P. H o f m e i s t e r, Die Kardinalprotektoren der Ordensleute, Theologische Quartalschrift 142 (1962) pp. 425-464; W. R. T h o m s o n, The Earliest Cardinal Protectors of the Franciscan Order: A Study in Administrative History, 1210-1261, Studies in Medieval and Renaissance History 9 (1972) pp. 17-80. 143. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 380 (cap. XXVI), 397s. (cap. LX), 399s. (cap. LXV), 401s. (cap. LXIX), 417 (cap. LXXXIX). 144. Vedi R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 67. 40 Andreas Rehberg

Viennois che seguirono – anche come diplomatici di re e papi – per anni la Curia Romana e il concilio di Basilea.145 Non raramente i superiori degli ordini erano tenuti al pagamento di censi al papa. Capitava che i pontefici chiedessero inoltre un aiuto finanziario straordinario agli ordini. Così vediamo, nel luglio 1358, il precettore Egidio del S. Spirito versare ben 500 floreni fortes per le guerre papali in Italia sotto il comando del cardinale Albornoz.146 Anche Gregorio XI ordinò nel 1373 un sussidio temporaneo non solo al S. Spirito, ma anche all’Altopascio e ai Crociferi.147 Durante il Grande Scisma il S. Spirito in Sassia e le filiali di S. Maria in Roncisvalle, del Gran S. Bernardo nonché degli Antoniani nell’Italia rimasta fedele alla sede romana furono colpiti, sotto il pretesto della lotta agli scismatici, da pesanti richieste finanziarie da parte dei papi di Roma.148 Più grave era quando il papato toglieva ad un ordine la sua protezione. Noto è il caso dei Templari. Alcuni ordini corsero seri rischi nel 1459, quando Pio II, deciso propugnatore della lotta contra la minaccia turca, con la bolla Veram semper istituì un ordine militare con il nome di S. Maria di Betlemme, che però poi non risulta essere vissuto a lungo. Pio II aveva assegnato al nuovo ordine i beni degli enti di S. Lazzaro, del S. Sepolcro, di S. Maria de Castello Britonum (S. Maria di Castel de’ Britti) a Bologna,149 di S. Giacomo d’Alto- pascio, di S. Spirito in Sassia nonché di S. Maria dei Crociferi.150 Ma questi

145. Vedi M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56), tra l’altro, pp. 140-167. 146. R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 45. 147. Per questi enti non sarà stato di conforto sapere che anche altri grandi ordini come quelli di Vallombrosa e Camaldoli nonché gli Umiliati fossero stati colpiti in ugual modo. Cfr. Lettres secrètes et curiales du pape Grégoire XI (1370-1378) intéressant les pays autres que le France, a cura di G. M o l l a t (Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes et de Rome, senza numero), Paris 1962-1965, nrr. 1640 (1373 apr. 2), 1666 (1373 apr. 8) e R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 130 doc. 49. 148. Per quanto concerne le mire della Camera Apostolica sul patrimonio di questi enti vedi J. F a v i e r, Les finances pontificales à l’époque du grand schisme d’Occident, 1378-1409 (Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes et de Rome 211), Paris 1966, pp. 330-333, 600. 149. Dal 1366 questa chiesa era stata usata dai Frati Gaudenti: G. Z a r r i, I monasteri femminili à Bologna tra il XIII e il XVII secolo, Atti e memorie della Regia deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, n. s. 24 (1973) pp. 133-224: 192s. 150. Vedi per il documento di fondazione Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 470, ff. 4v-6v (1459 gen. 19); parzialmente edito in O. R a y n a l d u s, Annales ecclesiastici ab anno 1198 ubi desinit cardinalis Baronius ... Accedunt in hac editione notae ... auctore Joanne Dominico M a n s i, 15 voll., Lucae 1747-1756: X (1753), p. 179s. (con la data falsa 1459 gen. 18); G. W. L e i b n i z, Codex iuris gentium diplomaticus, 2 voll., Hanoverae 1693-1700: I, p. 418s.; analizzato in P. H é l y o t, Histoire des ordres monastiques religieux et militaires et des congrégations séculières, 5 voll., Paris 1714-1716: II, p. 205s. (con citazione da Leibniz). Per i retroscena della fondazione vedi E. M e u t h e n, Die letzten Jahre des Nikolaus von Kues. Biographische Untersuchungen nach neuen Quellen (Wissenschaftlichen Abhandlungen Una categoria di ordini religiosi poco studiata 41 istituti continuarono ad esistere.151 Il ruolo dei papi divenne comunque ancora più determinante nell’età moderna quando tanti ordini si avviarono alla loro estinzione o soppressione.152

V. Il superiore della casa madre È noto che gli ordini nati in Terra Santa cambiarono più volte il loro “centro”. Dopo la perdita di Gerusalemme nel 1187 (definitiva nel 1244), si stabilirono prima ad Acri e poi – dopo la caduta di questa città, ultimo baluardo cristiano in Palestina – a Cipro e, infine, in Occidente. I Giovanniti passarono a Rodi. L’ordine di S. Sepolcro stabilì la sua sede principale a Perugia.153 I vescovi di Nazareth e Betlemme traslocarono rispettivamente a Barletta nella Puglia e a Clamecy in Francia.154 Il gran maestro dei Lazzariti arrivò a Boigny vicino a Orléans. Le distanze favorirono le tendenze centri- fughe. Così, nell’ordine di S. Tommaso di Acri la casa di Londra cercò di separarsi dai fratelli rimasti a Cipro e ci riuscì nel tardo Trecento.155 Più stabile si presenta il quadro per gli ordini ospedalieri nel senso stretto. Le loro principali case madri erano S. Spirito in Sassia di Roma, Saint-Antoine- en-Viennois e Altopascio. I Trinitari avevano la sede a Cerfroid, vicino Château- Thierry (Piccardia) ma, dato che il convento di S. Maturino a Parigi era più famoso, venivano chiamati anche “Maturini” (in francese “Mathurins”). La denominazione del superiore dell’ordine non era uniforme. I Geroso- limitani erano guidati da un gran maestro, gli Antoniani invece da un abate generale (dal 1297) e il S. Spirito da un precettore generale, i Crociferi da un der Arbeitsgemeinschaft für Forschung des Landes Nordrhein-Westfalen 3), Köln/Opladen 1958, pp. 47s., 155-157 doc. 17 con note. 151. Vedi sopra p. 25s. Dubbi sulla vera portata del progetto papale ha espresso K. M. S e t t o n, The Papacy and the Levant (1204-1571), II: The Fifteenth Century, Philadelphia 1978, p. 203. Su di una versione interpolata del testo si basa la famiglia siciliana Amoroso che pretende ancora oggi di risalire agli imperatori bizantini e di essere a capo dell’ordine: cfr. A. I n g a r a o, La legittimità degli ordini militari ed ospedalieri di S. Giovanni d’Acri e S. Tommaso; di S. Maria di Betlemme, nei piu recenti pronunciati della magistratura italiana ..., con notizie storiche dei due ordini e delle loro opere assistenziali, [senza luogo] 1949 e – per i documenti (falsi) apportati – sito web www.ord-sgast.it/riconoscimenti.htm. Attinge ampia- mente e senza sospetto a questa tradizione J. B e r d o n c e s, Betlemiti o Cavalieri di N. S. di Betlem, in: DIP, I, Roma 1974, coll. 1423-1425. 152. Vedi per le date le informazioni presentate sopra p. 26. 153. K. E l m, Das Kapitel der regulierten Chorherren vom Heiligen Grab in Jerusalem, in: E l m/F o n s e c a, Militia Sancti Sepulcri (come nota 21) pp. 203-222: 211ss. 154. Vedi, in aggiunta della bibliografia già citata, anche G. B r e s c B a u t i e r, Les possessions des églises de Terre Sainte en Italie du Sud, in: Roberto Guiscardo e il suo tempo (Centro di studi normanno-svevi. Atti 1), Bari 1975 (ristampa Bari 1991), pp. 13-34. 155. F o r e y, The Military Order of St Thomas (come nota 47) pp. 496-499. 42 Andreas Rehberg priore generale etc. I canonici di Aubrac e di Roncisvalle furono invece guidati da priori, quelli del Gran S. Bernardo da un prevosto (prepositus).156 L’elezione dei superiori degli ordini ospedalieri all’inizio spettava ai soli membri delle rispettive case madri. I papi solo di rado influenzarono la loro scelta. Ciò cambiò con la crescente importanza di questi enti. Il papa si riservò il diritto di deporre e di eleggere in casi estremi i capi.157 A volte i pontefici preferivano come superiori persino candidati non legati all’ordine in questio- ne come accadde nell’ordine Antoniano 158 e in quello di S. Spirito.159 Erano numerose le prerogative del superiore della casa madre. Egli era la più alta figura morale e giuridica con ampi poteri disciplinari verso i membri della sede centrale e – come vedremo subito – delle filiali.160 Qui lo presenteremo in particolare come interlocutore privilegiato del suo ordine alla Curia. Come tale richiedeva i privilegi o la loro conferma 161 per tutta la sua comunità. È evidente che gli ordini in questione – come già gli ordini religiosi militari 162 – cercavano di avere una rappresentanza alla Curia Romana. A volte capitava che il loro procuratore presso la Curia e la sede romana che lo ospitava raggiungesse una importanza tale da creare un secondo centro ac- canto alla casa madre a volte lontanissima. Così non a caso la filiale romana

156. Vedi J u g n o t, Deux fondations (come nota 11) p. 325. Per il Gran S. Bernardo vedi Q u a g l i a, La Maison du Grand Saint-Bernard (come nota 22) passim. 157. Così fece papa Innocenzo VI, nel marzo 1358, dopo la morte del precettore Giovanni di Lucca, pur ricordando che i frati dell’ospedale di S. Spirito in Sassia, per antica e approvata consuetudine, avevano il diritto di eleggere il loro magister: il papa depose come intruso il laico Paolo di Sutri la cui elezione era stata comunicata ad Avignone da un delegato. R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 54. La regola è assai vaga a proposito dell’elezione del magister: cfr. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 399 (cap. LXIIII De electione magistri). 158. M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) p. 84. 159. D e A n g e l i s, L’ospedale di S. Spirito (come nota 112) II, p. 530ss. 160. Questi poteri sono stabiliti nelle rispettive regole. Per la posizione del precettore in generale – rafforzata da Innocenzo III – per il caso S. Spirito cfr. ibid., I, p. 357ss. 161. Il continuo rinnovo dei vecchi privilegi era necessario non solo per via di una maggiore sicurezza ma anche a volte a causa dell’abitudine dei papi di annullare i provvedimenti dei loro predecessori. Cfr. L e B r a s/L e f e b v r e/R a m b a u d, L’age classique (come nota 126) p. 506ss. Vedi per esempio Q u a g l i a, La Maison du Grand Saint-Bernard (come nota 22) pp. 76ss., 173ss., 263s. 162. R i l e y - S m i t h, The Knights (come nota 48) p. 379s. e J.-E. B e u t t e l, Der Generalprokurator des Deutschen Ordens an der römischen Kurie. Amt, Funktionen, personel- les Umfeld und Finanzierung (Quellen und Studien zur Geschichte des Deutschen Ordens 55), Marburg 1999. Vedi in generale e in particolare per gli ordini mendicanti A. S o h n, Mittler zwischen Papsttum und Orden: Zu den Generalprokuratoren in Rom, in: N. S t a u b a c h (a cura di), Rom und das Reich vor der Reformation. Tradition – Reform – Innovation (Studien zur Modernität des Mittelalters 7), Frankfurt am Main ed altri 2004, pp. 71-90. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 43 dell’ordine dei Crociferi italiani, cioè S. Matteo in Merulana a Roma, accolta sotto la protezione papale da Onorio III nel 1216, fu fra i più importanti ospedali dell’ordine (con non meno di otto frati più il priore) e qui risiedette anche il suo procuratore.163 Gli Antoniani conquistarono addirittura il com- pito di seguire la Curia Romana nei suoi spostamenti e crearono a tale scopo un ospedale itinerante, con sede vicino al Laterano quando il papa risiedeva nella Città Eterna. All’ordine fu donato anche un ospedale stabile a S. Andrea de Piscina accanto alla basilica S. Maria Maggiore che ebbe inizialmente dei problemi organizzativi.164 Agli Antoniani giovava inoltre il fatto che fossero gli unici a disporre già prima dell’arrivo dei papi di una propria sede perma- nente ad Avignone.165 Nel periodo avignonese invece la presenza dell’Alto- pascio a Roma (dove ebbe un hospitale nel rione Ripa vicino il Tevere al posto dell’odierna chiesa di S. Eligio) si ridusse sensibilmente fino ad un solo frate, come si evince dal cosiddetto Catalogo di Torino.166 Nel caso di S. Spirito sappiamo per via di riferimenti interni e dai registri delle suppliche che, nel periodo avignonese, di solito – se non era rappresen- tato da un procuratore o un emissario – il precettore generale stesso si recava di persona ad Avignone per implorare la protezione del papa e le sue grazie. L’abate di Saint-Antoine-en-Viennois – come abbiamo visto – per lunghi periodi risiedeva persino in Curia. La funzione di procuratore generale non

163. Chr. H u e l s e n, Le chiese di Roma nel Medio Evo. Cataloghi ed appunti, Firenze 1927 (rist. anast. Roma 2000), p. 386s.; G. P. P a c i n i, I Crociferi e le comunità ospedaliere lungo le vie dei pellegrinaggi nel veneto medioevale secoli XII-XIV, in: A. R i g o n (a cura di), I percorsi della fede e l’esperienza della carità nel Veneto medievale (Carrubio. Collana di storia e cultura veneta 1), Monselice 2001, pp. 155-172: 169 con nota 56; É. H u b e r t, Hôpitaux et espace urbain à Rome au Moyen Âge, in: M o n t a u b i n, Hôpitaux et maladreries (come nota 32), pp. 113-129: 122, 125 (Bonifacio VIII nel 1302 aggiunse l’hospitale in Turrim accanto a S. Cesareo alla via Appia con 4 fratres). 164. R. E n k i n g, S. Andrea cata Barbara e S. Antonio Abbate sull’Esquilino (in via Carlo Alberto) (Le Chiese di Roma illustrate 83), Roma 1964; M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) p. 32 nota 82, 41 nota 135, 69-73. Vedi anche I. R u f f i n o, Les Prieurs de l’ancien Hôpital de Saint-Antoine de Rome, in: F r i e ß, Auf den Spuren (come nota 56) pp. 135-146. Era stato il cardinale romano Pietro Capocci († 1259) ad aver previsto nel suo testamento la costruzione di un ospedale (S. Andrea de Piscinula) accanto a S. Maria Maggiore, passato poi da papa Niccolò IV agli Antoniani: A. P a r a v i c i n i B a g l i a n i, Capocci, Pietro, in: Dizionario biografico degli Italiani, vol. 18, Roma 1975, pp. 604-608: 607; I d., I testamenti dei cardinali del Duecento (Miscellanea della Società Romana di Storia Patria 25), Roma 1980, p. 16s. 165. L e B l é v e c, La part du pauvre (come nota 33) p. 141ss. 166. H u e l s e n, Le chiese di Roma (come nota 163) p. 264 (hospitale S. Jacobi Altipassus habet fratrem I); cfr. H u b e r t, Hôpitaux (come nota 163) p. 126. Più importante era il ruolo dell’Altopascio ad Avignone: G u i l l e m a i n, Les recettes (come nota 139) ad indicem (Alto Passu, hospitalis de). 44 Andreas Rehberg si limitava a volte ai soli affari alla Curia, ma poteva includere – come illustra il testo di una nomina del 1257, conservato per un rappresentante del S. Spirito – anche competenze davanti ad altre corti giudiziarie vescovili, pubbliche, comunali o principesche che fossero.167 Gli affari in Curia richiedevano costi notevoli, che una singola filiale non sempre poteva sostenere. Ciononstante si verificarono situazioni in cui queste domus si rivolsero direttamente alla Curia per affrontare, per esempio, un nuovo progetto edilizio come la costruzione di una chiesa per la quale serviva un’apposita lettera di indulgenza.168 Pare che nel Quattrocento nell’ordine degli Antoniani fosse ormai normale che le precettorie generali più importanti trattassero i loro affari direttamente con Roma, senza coinvolgere più la casa madre.169

VI. Il controllo della periferia Di solito più case filiali formavano “province” presedute – e controllate in intervalli non sempre costanti – da vicari o procuratori generali. Le circo- scrizioni più piccole create dagli Antoniani si chiamavano “baliaggi” (in latino bailliviae, in tedesco “Balleien”) secondo il modello dei Giovanniti, dai quali presero anche il titolo di “precettore” per i superiori di uno o più baliaggi.170 Nel S. Spirito i capi delle filiali furono chiamati priores o pre- ceptores.171 Per quanto riguarda la disciplina all’interno dell’ordine è da ricordare lo strumento della ispezione ossia della visita pastorale, sperimen- tato e in uso nei vecchi ordini.172 Meno si sa dell’importanza dei capitoli

167. Per quanto concerne i procuratori del S. Spirito si vedano le notizie in R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 40s. nota 19. 168. Per qualche esempio vedi R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 61. 169. Vedi B o r c h a r d t, Antoniter (come nota 78) p. 24s. e M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) p. 283s. 170. M i s c h l e w s k i, Einleitung (come nota 89) p. 40; I d., Expansion et structures de l’ordre hospitalier de Saint-Antoine-en-Viennois, in: Naissance et fonctionnement des ré- seaux monastiques et canoniaux. Actes du Premier Colloque International du C.E.R.C.O.M., Saint-Etienne, 16-18 Septembre 1985 (C.E.R.C.O.M., Travaux et Recherches 1), Saint-Etienne 1991, pp. 195-207: 202s. Per quanto concerne la struttura delle precettorie generali in Germania cfr. I d., Der Antoniterorden in Deutschland, Archiv für mittelrheinische Kirchengeschichte 10 (1958) pp. 39-66. 171. Vedi esempi in R e h b e r g, Die fratres (come nota 70) passim. 172. Vedi M i s c h l e w s k i, Expansion (come nota 170) p. 205. Per un confronto con altri ordini più antichi vedi J. O b e r s t e, Visitation und Ordensorganisation: Formen sozialer Normierung, Kontrolle und Kommunikation bei Cisterziensern, Prämonstratensern und Clu- niazensern (12.-frühes 14. Jahrhundert), Münster 1996 e I d., Die Dokumente der klösterlichen Visitationen (Typologie des sources du moyen âge occidental 80), Turnhout 1999. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 45 provinciali 173 degli ordini ospedalieri, un campo ancora da esplorare per il quale però scarseggiano le fonti.174 Formalmente scelti dai superiori dell’or- dine, spesso questi vicari svilupparono interessi propri e acquistarono non raramente una posizione molto forte verso la centrale.175 Dopo il superiore, l’istituzione più importante dell’ordine di solito era il capitolo generale.176 Per gli ordini ospedalieri però manca ancora una tratta- zione comparatistica del suo sviluppo storico e giuridico. Con l’aumento delle filiali i capitoli generali dell’ordine che si tenevano nella casa madre acqui- starono più importanza. Sappiamo poco di questi raduni, per esempio di quelli del S. Spirito pure prescritti nella regola.177 L’elezione del superiore divenne già per i Giovanniti l’occasione per garantire un minimo di partecipazione anche a rappresentanti delle filiali lontane più rilevanti.178 Tralasciando gli incarichi principali della casa madre al di sotto del superiore, cioè quelli del priore, del camerarius edell’hospitalarius, che naturalmente ebbero una certa rilevanza anche per il governo dell’ordine, merita invece più attenzione il piccolo gruppo di consiglieri, chiamati di solito diffinitores, che affiancò il maestro nelle decisioni più importanti. Esso fu introdotto anche negli ordini ospedalieri secondo un modello praticato prima dai Cistercensi, poi anche nelle congregazioni di canonici come quella di Arrouaise nonché dai Certo- sini, Cluniacensi179 nonché dagli ordini militari.180 La regola dei Crociferi

173. Per il capitolo provinciale vedi J. H o u r l i e r, L’âge classique (come nota 4) pp. 395-399. 174. Per quanto concerne il S. Spirito si può rinviare a G i l o m e n-S c h e n k e l, Einleitung: Die Hospitaliter vom Heiligen Geist, in: Die Antoniter, die Chorherren vom Heili- gen Grab in Jerusalem und die Hospitaliter vom Heiligen Geist (come nota 89) pp. 175-203: 190s. 175. Vedi le osservazioni in D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) pp. 197- 209. 176. Per il capitolo generale nel suo sviluppo storico e giuridico vedi J. H o u r l i e r, L’âge classique (come nota 4) pp. 375-392 e Fl. C y g l e r, Das Generalkapitel im hohen Mittelalter. Cisterzienser, Prämonstratenser, Kartäuser und Cluniazenser (Vita regularis 12), Münster e altri 2002. 177. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) pp. 195-197. 178. R i l e y - S m i t h, The Knights (come nota 48) p. 297. Cfr. M i s c h l e w s k i, Einleitung (come nota 89) p. 64. Per quanto concerne il capitolo generale dai Giovanniti vedi D e l a v i l l e L e R o u l x, Cartulaire (come nota 65) I, pp. 552-554. 179. Vedi Fl. C y g l e r, Definitor, II. Ordensrechtlich, in: Lexikon für Theologie und Kirche, III, Freiburg ed altri 1995, col. 57. Per quanto concerne Arrouaise vedi M i l i s, L’ordre (come nota 12) p. 565ss. 180. Nei Giovanniti i diffinitores rappresentarono anche le Lingue:Riley-Smith, The Knights (come nota 48) p. 296s. L’istituto dei diffinitores fu applicato anche dai Domeni- cani: ibid., p. 298. 46 Andreas Rehberg prevedeva – come abbiamo già visto – che il capitolo generale eleggesse il nuovo priore tramite tre o quattro de melioribus magistris domorum.181 Presso icanonicidiRoncisvalle182 e gli Antoniani i diffinitores erano quattro. A Saint-Antoine-de-Viennois essi incontravano periodicamente l’abate genera- le che li doveva ascoltare quando si trattava della fondazione di nuove pre- cettorie, dell’alienazione di beni dell’ordine, di acquisti importanti etc.183 Vediamo in azione i diffinitores del S. Spirito in Sassia in occasione del capitolo di Pentecoste del 1451.184 Le decisioni dei capitoli generali erano però di poca importanza per quest’ordine nelle zone d’oltralpe e riguardavano per lo più cambiamenti di posti all’interno dell’ospedale romano e ai vertici di alcune importanti sedi italiane. Ciò fa vedere, salvo poche eccezioni,185 quanto era ridotto il ruolo dell’assemblea generale per il S. Spirito. È evidente che – almeno per questo ordine – il vero protagonista degli affari esterni era e rimaneva il precettore, vero capo supremo. È da considerare però sempre l’influenza del papato. Le lettere di prov- vista papali già menzionate riguardanti le precettorie degli Antoniani dimo- strano la tendenza a trasformare gli uffici elettivi in benefici e sinecure. Per il resto i papi solo di rado si intromisero di propria iniziativa negli affari interni dei singoli ospedali a livello locale. Si è già notato il fatto che gli Antoniani riuscissero a mantenere le loro strutture con un relativamente scarso numero di membri; ciò esigeva l’impie- go di tanti esterni, spesso laici, fra gli adetti negli ospedali e nella questua.186 Le estese reti di filiali dei nostri ordini necessitavano inoltre un alto grado di mobilità, che le distingueva dagli ordini monastici. La mobilità è da qualche anno un grande tema non solo della storiografia generale 187 ma anche degli

181. Vedi sopra nota 125. 182. J ugnot,Deuxfondations (come nota 11) p. 325. 183. M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) p. 68. 184. Vedi per i nomi e la fonte R e h b e r g, Die fratres (come nota 70) p. 131s. 185. Mentre l’assemblea del 1451 non riservò nessuna partecipazione ad estranei, il capitolo generale del 1450 vide presenti i precettori di Montpellier e di Digione: ibid., p. 113 nota 70. Cfr. R. B u l t o t/G. H a s e n o h r (edd.), Pierre Crapillet, le “Cur Deus homo” d’Anselme de Canterbury et le “De arrha animae” d’Hugues de Saint-Victor traduits pour Philippe le Bon, Louvain-la-Neuve 1984, p. 44. 186. Vedi H. J. H a l l a u e r, Die Memminger Antoniter und das Bistum Brixen im 15. Jahrhundert. Ein Überblick, in: F r i e ß, Auf den Spuren (come nota 56) pp. 97-106: 97. 187. Cito solo S. C a v a c i o c c h i (a cura di), Le migrazioni in Europa, sec. XIII- XVIII. Atti della “Venticinquesima Settimana di Studi”, 3-8 maggio 1993 (Istituto internazio- nale di storia economica “F. Datini”. Serie II, Atti delle “Settimane di studio” e altri Convegni 25), Firenze 1994 e S. d e R a c h e w i l t z/J. R i e d m a n n (a cura di), Kommunikation und Mobilität im Mittelalter. Begegnungen zwischen dem Süden und der Mitte Europas (11.-14. Jahrhundert), Sigmaringen 1995. Per l’Italia si può rinviare a U. I s r a e l, Fremde aus dem Una categoria di ordini religiosi poco studiata 47 studi sugli ordini religiosi. Gli ordini militari e ospedalieri non prescrivevano la stabilitas.188 I loro membri si trasferivano non raramente in una casa della comunità, lontana dalla propria patria e situata a volte persino in un paese dove si parlava un’altra lingua.189 Come esempio ricordiamo quell’Ursus, originario probabilmente di Atri in Abruzzo, che fece lunghi viaggi al servizio del suo ordine, il S. Spirito. Egli nel 1343, quando funse da preceptor domus hospitalis sancti Spiritus de Diano (nella diocesi di Capaccio, vicino a Pae- stum), viene descritto come una persona qui iam quinquagenarius vel circa et pro negociis dicti hospitalis [cioè del S. Spirito in Sassia] per diversas mundi partes asseritur fideliter et solicite laborasse (infatti era stato attivo per tanti anni in Inghilterra). Allora ricevette il priorato di S. Marta a Triper- gole nella diocesi di Pozzuoli e la capella di S. Giacomo vicino Napoli, entrambi dipendenti dall’ospedale romano.190 Ben nota è la biografia del francese Pierre Mitte de Caprariis († 1479) che governò l’ospedale degli Antoniani a Memmingen per ben quattro decenni e intraprese tanti viaggi (anche al Congresso di Mantova del 1459 nonché a Roma nel 1461 e nel 1468/69).191 Ma il reclutamento generale dei fratres degli ordini in questione è ancora tutto da studiare.192 Sono conosciuti i problemi degli ordini militari derivanti dal fatto che erano composti da membri di tanti paesi europei. Ciò comportava innanzitutto la difficoltà nel gestire i tanti idiomi e nel conciliare gli interessi divergenti – anche politici – collegati alla presenza delle “nazioni” all’interno

Norden. Transalpine Zuwanderer im spätmittelalterlichen Italien (Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in Rom 111), Tübingen 2005. 188. Vedi i numerosi saggi in J. B u r g t o r f /H. N i c h o l s o n (a cura di), Internatio- nal Mobility in the Military Orders (Twelfth to Fifteenth Centuries): Travelling on Christ’s Business (Religion and Culture in the Middle Ages Series), Tuscaloosa 2005 che dimostrano però anche che la mobilità continua non fu sempre accettato, mentre era un requisito indispen- sabile per chi voleva far carriera nell’ordine. 189. Vedi i contributi di Rehberg e Toomaspoeg in I s r a e l, Vita communis (come nota 70). 190. La fonte è citata in A. R e h b e r g, Nuntii, questuarii, falsarii. L’ospedale di S. Sprito in Sassia e la raccolta delle elemosine nel periodo avignonese, Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge 115 (2003) pp. 41-132: 68 nota 110. 191. M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) p. 171ss. 192. Mischlewski ricorda per esempio che gli Antoniani fecero entrare nell’ordine come fratelli laici non solo i malati da loro assistiti ma persino i bambini illegittimi nati nei loro ospedali: A. M i s c h l e w s k i, Les laics et l’ordre hospitalier de Saint-Antoine, in: Les mouvances (come nota 97) pp. 163-171: 168. Non affrontiamo qui il campo dei donati e oblati per il quale si rinvia a Ch. d e M i r a m o n, Les «donnés» au moyen âge. Une forme de vie religieuse laïque (v. 1180-v. 1500), Paris 1999, in particolare pp. 120ss. (per i Crociferi di Bologna), 337ss. (per gli ospedali in generale), 378ss. (per i Trinitari). 48 Andreas Rehberg dell’ordine. I Giovanniti trovarono, intorno al 1300, la soluzione nell’istitu- zione delle Lingue: il Convento di Rodi era composto da religiosi di varia nazionalità e le alte cariche dell’Ordine venivano distribuite fra rappresen- tanti delle diverse Lingue (prima erano sette: Provenza, Alvernia, Francia, Italia, Aragona/Navarra, Inghilterra/con Scozia e Irlanda e Alemagna; nel 1492 Castiglia e Portogallo si separarono dalla Lingua d’Aragona e costitui- vano l’ottava Lingua).193 Al di fuori del Convento ogni Lingua comprendeva Priorati o Gran Priorati, guidati da (magni) preceptores, i Baliaggi e le Commen- de. Altri ordini erano meno generosi e difendevano la supremazia della nazionalità dalla quale proveniva il fondatore o il gruppo dei fondatori e dove era di solito situata la casa madre. Così l’Ordine Teutonico era attento a non cedere le filiali che possedeva in Italia a membri dell’ordine indigeni e fino al primo Quattrocento mandò cavalieri nordici a dirigerle.194 Comunque a causa della scarsità di uomini propri i cavalieri Teutonici erano costretti a dare in affitto vasti possedimenti a personaggi locali.195 Anche gli Antoniani lottavano con il problema delle giusta considerazio- ne delle “nazioni” facenti parte dell’ordine (“Nationalitätenproblem”).196 Il capitolo generale del 1420 decise (e quello del 1478 lo confermò) che le quattro nazioni, videlicet Galliarum, Alemaniae, Italiae et Hispaniae, doves- sero avere dei rappresentanti nell’abbazia di Saint Antoine.197 Era però uso presso gli Antoniani di riservare le precettorie dell’ordine diffuse in tutta Europa ai soli francesi. Ma questo principio a causa dei disordini in seguito allo scoppio del Grande Scisma cominciò a vacillare. In questo ambito il già menzionato sistema delle provviste papali ebbe persino un effetto positivo: fu Martino V ad aprire le precettorie anche a candidati non-francesi. E i nuovi precettori di nomina papale si fecero dare la facoltà di ricevere nelle loro sedi nuovi canonici di propria scelta, un motivo che contribuì a diminuire l’in- fluenza della casa madre.198

193. J. S a r n o w s k y, Der Konvent auf Rhodos und die Zungen (lingue) im Johanniter- orden (1421-1476), in: Z. H. N o w a k (a cura di), Ritterorden und Region (Ordines militares. Colloquia Torunensia Historica 8), Torun´1995, pp. 43-65. 194. K. T o o m a s p o e g, Der Deutsche Orden auf Sizilien: eine Minderheit unter anderen, in: I s r a e l, Vita communis (come 70) pp. 205-224 e I d., Les Teutoniques en Sicile (1197-1492) (Collection de l’École française de Rome 321), Rome 2003. 195. H. H o u b e n, Die Wirtschaftsführung der Niederlassungen des Deutschen Ordens in Süditalien und auf Sizilien, in: R. C z a j a/J. S a r n o w s k y (a cura di), Die Ritterorden in der europäischen Wirtschaft des Mittelalters (Ordines militares. Colloquia Torunensia Historica 12), Torun´2003, pp. 89-106: 96. 196. M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) pp. 127-131. 197. M i s c h l e w s k i, Expansion (come nota 170) p. 208. 198. B o r c h a r d t, Antoniter (come nota 78) pp. 7, 22. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 49

Il problema della carenza di vocazioni – forse artificiale e voluta, le cui cause comunque richiederebbero ancora studi particolari – era conosciuto anche negli altri ordini, specialmente nel Quattrocento. Il S. Spirito tempora- neamente affittò il suo ospedale a Foligno persino ad un membro di un altro ordine (in questo caso dell’ordine dei Servi di Maria).199 Vedremo più avanti che anche il settore della questua fu ceduto presto a professionisti estranei all’ordine. Per un discorso più articolato avremmo bisogno di stime affidabili sui numeri sia dei membri sia dei dipendenti dei singoli ordini ospedalieri, attualmente reperibili solo con difficoltà. Non è dubbio, comunque, che la forza numerica di queste comunità restava molto inferiore a quella dei grandi ordini come quelli Mendicanti. L’ordine di S. Spirito non ebbe lo stesso successo a imporre propri can- didati per le sue filiali come era prevvisto persino dalla regola. Il precettore doveva limitarsi spesso a ratificare le scelte di nuovi priori fatte nelle case d’oltrealpe. Tuttavia – se si prescinde dalla separazione della casa rivale fin dalla fondazione, Montpellier, e della sua orbita – il ruolo della sede centrale a Roma per l’ordine non era per niente da trascurare. I registri dei notai del precettore dimostrano per il Quattrocento che il precettore non allentava le redini dell’ordine, e le filiali rispettavano – anche se talvolta con ritardo – gli obblighi verso il loro vertice. Su tutta la rete la casa madre mantenne il controllo almeno per le questioni importanti. Prova ne sono tra l’altro le conferme da parte dei precettori romani, gli incarichi conferiti ai rettori delle filiali anche stranieri e le ratifiche di contratti importanti da loro conclusi.200 I censi ricognitivi da pagare alle case madri erano diffusi negli ordini ospedalieri ed erano fissati in liste speciali.201 Essi hanno il loro parallelo e la loro origine nelle responsiones che le filiali degli ordini militari versavano ai loro centri. Questi pagamenti sono meglio studiati nei Giovanniti, per i quali si possono persino fare dei calcoli precisi per qualche anno e zona geografica meglio documentati.202 D’altra parte crescevano le tendenze cen-

199. S e n s i, Cerretani (come nota 111) pp. 48, 58s. doc. 4-5 (1426 dic. 17) e (1439 dic. 14). 200. Vedi i riferimenti in R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 73 nota 127. 201. Per quanto concerne gli Antoniani vedi la lista di censi dovuti all’abate generale elencati in M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) p. 197. Cfr. inoltre I d., Expansion (come nota 170) p. 209. Cfr. per il S. Spirito per qualche pagamento di censi esemplare Rehberg,Diefratres (come nota 70) p. 140. 202. Cfr., per esempio, R i l e y - S m i t h, The Knights (come nota 48) pp. 344-346, 440-443; A. L u t t r e l l, Hospitallers’ Western Accounts, 1373-4 and 1374-5 (Camden Mis- cellany 30), London 1990 (rist. in: I d ., The Hospitaller State on Rhodes and its Western Provinces, 1306-1462, Aldershot 1999, XI). Vedi anche Th. M. V a n n, The Exchange of Information and Money between the Hospitallers of Rhodes and their European Priories in the 50 Andreas Rehberg trifughe: così dagli anni sessanta del XIV secolo le case dei Gerosolimitani in Castiglia – sempre più dipendente dal potere reale locale – non contribui- vano praticamente più alle spese militari dell’Ordine.203 Per far fronte alle ristrettezze economiche e alle già ricordate richieste di sussidi da parte dei papi, le case madri a volte furono costrette ad aliena- zioni del patrimonio immobiliare delle filiali il cui ricavato doveva essere versato alla centrale. Il S. Spirito, per esempio, nel 1391 fu obbligato a vendere persino il suo “quartiere generale” in Inghilterra, a Writtle.204 Un rimedio, fornito dalla Sede Apostolica in sostegno degli istituti religiosi esposti a tante pressioni – pensiamo solo alle già ricordate ostilità dei vescovi – era l’uso di una particolare categoria di giudici delegati, i cosiddetti iudices conservatores, il cui compito era di difendere i diritti e i beni di un ente ecclesiastico minacciato sia da laici che da istituzioni e persone della Chiesa. Con ciò l’ente veniva sottratto alla competenza del giudice ordinario e risparmiava continui costosi ricorsi alla Curia.205 Per praticità si sceglievano questi iudices conservatores – nella norma tre persone – fra quei prelati che meglio potevano svolgere questo ruolo consistente innanzitutto nell’intentare processi contro gli usurpatori lanciando, se necessario, la sco- munica e invocando l’aiuto del braccio secolare. Nel caso dell’ospedale di S. Spirito notiamo che questi conservatores furono scelti fra dignitari prove- nienti dalle zone dove si concentravano i maggiori interessi economici e le

Fourteenth and Fifteenth Centuries, in: B u r g t o r f / N i c h o l s o n, International Mobility (come nota 188) pp. 34-47 e J. S a r n o w s k y, Macht und Herrschaft im Johanniterorden des 15. Jahrhunderts: Verfassung und Verwaltung der Johanniter auf Rhodos (1421-1522), Münster 2001, passim. 203. Vedi, come esempio, Ph. J o s s e r a n d, À l’épreuve d’une logique nationale: le prieuré castillan de l’Hôpital et Rhodes au XIVe siècle, Revue Mabillon 75 (2003) pp. 115-138. 204. R e h b e r g, Päpstliche caritas (come nota 55) p. 576. Di minore impatto, ma ugualmente significativo, è il fatto che il S. Spirito costrinse la sua filiale a Foligno alla vendita di una casa: M. S e n s i, Cerretani (come nota 111) 38, 55s. doc. 1 (1408 ago. 1). 205. Per le funzioni dei conservatori cfr. Z. d a S a n M a u r o, Conservatori, in: Enci- clopedia Cattolica, IV, Città del Vaticano 1950, col. 408s.; H e r d e, Audientia (come nota 128) I, p. 412ss.; H. H é n a f f, Les conservateurs apostoliques dans la doctrine canonique de la seconde moitié du XIIIe siècle, Revue de droit canonique 27 (1977) pp. 343-272; G. M a y, Konservatoren, Konservatoren der Universitäten und Konservatoren der Universität Erfurt im hohen und späten Mittelalter, Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte, kanonisti- sche Abteilung 111 (1994) pp. 99-248. Vedi anche K. F o r s t r e u t e r, Conservatoren des Deutschen Ordens, in: U. A r n o l d (a cura di), Von Akkon bis Wien. Studien zur Deutschor- densgeschichte vom 13. bis zum 20. Jahrhundert. Festschrift zum 90. Geburtstag von Alt- hochmeister P. Dr. Tumler (Quellen und Studien zur Geschichte des Deutschen Ordens 20), Marburg 1978, pp. 29-39. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 51 attività amministrativo-caritative dell’ordine.206 Per tutti questi interessi comuni, mentre nelle case madri si susseguivano in continuazione sia le visite di frati ed emissari dalle filiali sia gli arrivi delle loro lettere, pure notevole era l’impegno dei rispettivi superiori a rispondere alle loro richieste e domande.207 I sistemi di comunicazione all’interno di questi ordini tutto sommato di dimensioni circoscritte (se confrontato con ordini grandi come quelli mendicanti), per quanto mostrano i residui docu- mentari, funzionavano meglio di quanto oggi ci immaginiamo. Vista dalle filiali invece l’ottica cambia. Anche se, allo stato attuale della ricerca comunque lacunoso, si devono evitare generalizzazioni, è però inne- gabile che nonostante i tanti strumenti coercitivi e integrativi prima ricordati, peraltro spesso applicati in modo insufficiente, in alcuni ordini l’influsso del centro non penetrò in modo uniforme tutta la rete delle filiali. Un po’ dapper- tutto si presentarono forze centrifughe che minacciarono la posizione del centro e la disciplina nell’ordine. Non pochi ospedali vivevano ormai – come reazione a volte anche a pressioni politiche – in uno stato di quasi-indipen- denza dalla casa madre.208

VII. L’espansione e le strategie economiche degli ordini ospedalieri L’interesse storiografico generale oggi punta sulla nuova percezione di spazio nel medioevo.209 Per gli ordini monastici si parla anche di “paesaggi” o “reti di monasteri” (“Klosterlandschaften” o “reseaux monastiques”), che invitano a confronti comparatistici.210 In queste ricerche gli ordini ospedalieri di solito non sono molto considerati, non da ultimo per il fatto che – rispetto a quella degli ordini più grandi, se si prescinde dagli Antoniani – la loro diffusione era limitata.211 Fa inoltre riflettere il fatto che questi ordini, in alcune zone d’Europa, non riuscirono affatto ad insediarsi.

206. Vedi R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 79ss., 130s. doc. 50 207. Sono tanti i riferimenti a proposito di messaggeri e visite a Roma in B u l t o t/ H a s e n o h r, Pierre Crapillet (come nota 185) passim e nei registri dei notai del S. Spirito ricordati a nota 70. 208. Pensiamo solo agli effetti del Grande Scisma. Si consideri anche la situazione in Inghilterra (che si isolò dall’estero) descritta da Robert N. Swanson nel suo saggio in questi atti. 209. Vedi, tra l’altro, S a r n o w s k y, Mendicants (come nota 18) e H.-J. S c h m i d t, Kirche, Staat, Nation. Raumgliederung der Kirche im mittelalterlichen Europa (Forschungen zur mittelalterlichen Geschichte 37), Weimar 1999. 210. Vedi i tanti saggi in Naissance et fonctionnement (come nota 170). 211. Menziono come esempio A. R ü t h e r, Deutsche Klosterlandschaften als Thema der historischen Forschung: Das nördliche Hessen im Vergleich, Archiv für mittelrheinische Kirchengeschichte 53 (2001) pp. 259-299 che tuttavia ricorda a p. 278s. per la regione tedesca dell’Assia settentrionale i possessi degli ordini militari nonché degli Antoniani che gestivano un ospedale a Grünberg. 52 Andreas Rehberg

Certo, dobbiamo liberarci dell’idea che gli ordini militari della tradizione ospedaliera nonché gli ordini prettamente ospedalieri avessero agito attiva- mente e in modo sistematico per avviare nuove fondazioni su scala europea, come poi successe negli ordini mendicanti.212 Piuttosto sembra – allo stato attuale della ricerca e avendo ben presenti le eccezioni 213 – che gli ordini furono altresì chiamati a prendersi cura di fondazioni avvenute senza un diretto coinvolgimento della centrale dell’ordine, chiamata in causa solo in un secondo tempo per garantire il perdurare della nuova istituzione.214 Quindi, anche se l’ordine stesso reagiva più che agiva attivamente, si osservano tuttavia a volte situazioni che fanno pensare a una volontà ben precisa. Così non pare casuale che gli ordini – sempre in seguito a donazioni – riescano a insediarsi lungo le vie di pellegrinaggio. Ciò è stato dimostrato per le vie che conducono a Santiago di Compostella, sulle quali in territorio spagnolo furo- no impegnati con propri ospizi non solo gli ordini militari (Giovanniti, l’or- dine di Calatrava gestore dell’Hospital de rey a Burgos o l’ordine di Santiago con la sua sede centrale nell’ospedale di S. Marco a León etc.), i canonici di S. Sepolcro e di Roncisvalle, ma anche gli ordini ospedalieri degli Antoniani e di Altopascio (ancora nel 1574 esisteva ad Astorga una confraternita di Santiago de Altopaso).215 Inoltre era spesso necessaria una lunga politica di acquisto e scambio fino a che non si riuscivano a creare delle agglomerazioni.216 La scelta dei

212. S c h m i d t, Kirche (come nota 209) pp. 375, 377, 387s. osserva che gli ordini mendicanti programmarono le fondazioni di propria iniziativa sistematicamente facendo in modo persino che i nuovi conventi non si trovassero troppo vicini uno all’altro. 213. Sappiamo che la fondazione dell’ospedale di Issenheim avvenne per iniziativa degli Antoniani stessi: cfr. C l é m e n t z, Les Antonins d’Issenheim (come nota 56) p. 63ss. 214. I m b e r t, Les hopitaux (come nota 3) p. 213. Nel caso degli ospedali conferiti agli ordini cavallereschi si nota comunque anche la volontà di sostenere la Terra Santa: R e i c k e, Das deutsche Spital (come nota 18) I, p. 102ss. (per quanto concerne i Giovanniti), 115, 121ss. (per l’Ordine Teutonico). 215. Vedi E. L a m b e r t, Ordres et confréries dans l’histoire du pèlerinage de Compo- stelle, Annales du Midi 55 (1943) pp. 369-403; L. S c h m ugge,DieAnfänge des organi- sierten Pilgerverkehrs im Mittelalter, Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 64 (1984) pp. 1-83: 57-62 (capitolo “Orden im Dienst an den Pilgern”); P. G. C a u c c i v o n S a u c k e n, Gli ordini militari e ospedalieri sul Camino de Santiago, in: E. C o l i /M. D e M a r c o /F. T o m m a s i (a cura di), Militia Sacra. Gli ordini militari tra Europa e Terrasanta, Perugia 1994, pp. 85-100. Altri titoli si trovano citati sopra nelle note 21 e 53. 216. Per il S. Spirito: D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 223ss. (parte VI). Per quanto concerne gli Antoniani si può rinviare a C l é m e n t z, Les Antonins d’Issen- heim (come nota 56) p. 63s. e A. M i s c h l e w s k i, Beobachtungen zur Erwerbspolitik und Wirtschaftsweise des Memminger Antoniterhauses, in: K. E l m (a cura di), Erwerbspolitik und Wirtschaftsweise mittelalterlicher Orden und Klöster (Berliner Historische Studien 17 = Una categoria di ordini religiosi poco studiata 53 singoli siti su scala locale comunque seguì importanti fattori strategici come la presenza di una strada principale o un ponte, fulcri del passaggio di viag- giatori, mercanti e pellegrini.217 Per motivi igienici si sceglieva spesso una posizione fuori delle mura di una città e vicino a una fonte o a una corrente d’acqua. Le ricchezze accumulate permettevano agli ospedali principali dei nostri ordini di acquistare vasti terreni e beni immobiliari,218 di dare prestiti fino ad assumere a volte le funzioni di vere e proprie banche 219 nonché di erigere quei complessi architettonici grandiosi che ancora oggi possiamo ammirare ad esempio a Roma (S. Spirito in Sassia), a Altopascio e a Saint-Antoine- l’Abbaye che ebbero naturalmente anche la funzione di rendere visibile a tutti la supremazia della casa madre.220 Se si studia l’espansione di un ordine, bisogna considerare anche le condizioni economiche e politiche del paese e della regione dove esso stava per impiantarsi. In Inghilterra e in Francia si doveva fare i conti con una monarchia assai forte o con poteri regionali importanti come la Borgogna. Nell’Impero e in Italia mancava una potenza egemone e qui contavano di più ilibericomuni.221 Per quanto riguarda la penisola italiana si distinguono a

Ordensstudien 7), Berlin 1992, pp. 175-196. Il volume curato da Kaspar Elm offre tanti punti di confronto con le attività (simili) di altri ordini religiosi. 217. Per le ricerche, in ambito veneto, sulle vie medioevali vedi R i g o n, I percorsi (come nota 163). È da considerare uno studio modello – concentrato sui possedimenti del S. Spirito sulla via Aurelia in età moderna – S. P a s s i g l i, Una strada, il suo ambiente, il suo uso. La Via Aurelia fra XII e XVIII secolo, in: I. F o s i/A. Pa s q u a R e c c h i a (a cura di), Strade paesaggio territorio e missioni negli Anni Santi fra medioevo e età moderna, Roma 2001, pp. 105-154. 218. Sulla gestione a livello locale delle rendite, delle terre e degli immobili di una casa filiale importante vedi l’esempio dell’ospedale degli Antoniani a Issenheim nell’Alsazia in C l é m e n t z, Les Antonins d’Issenheim (come nota 56) p. 201ss. 219. Vedi A. S p i c c i a n i, L’ospedale di Altopascio nella Lucchesia del secolo XII: donazioni, acquisti e prestiti, in: Gli spazi economici della Chiesa nell’Occidente Mediterraneo (secoli XII-metà XIV). Convegno internazionale di studi, Pistoia, 16-19 maggio 1997, Pistoia 1999, pp. 509-528. Vedi A. P a s t o r e/M. G a r b e l l o t t i (a cura di), L’uso del denaro: patrimoni e amministrazione nei luoghi pii e negli enti ecclesiastici in Italia (secoli XV - XVIII) (Annali dell’Istituto Storico Italo-Germanico in Trento. Quaderni 55), Bologna 2001. L’attività creditizia del S. Spirito nel tardo medioevo e nella prima età moderna non è stata ancora studiata. Per la fondazione di un vero e proprio istituto di credito chiamato Banco di S. Spirito, avvenuta solo nel 1604 per iniziativa dell’allora commendatore dell’ospedale Ottavio Tassoni, vedi E. P o n t i, Il Banco di Santo Spirito e la sua formazione economica in Roma papale (1605-1870), Roma 1941. 220. Vedi sotto nota 283. 221. Da una vasta bibliografia si cita qui solo P. J o n e s, The Italian City-State, Oxford 1997 e M. B e r e n g o, L’Europa delle città, Torino 1999. 54 Andreas Rehberg loro volta zone di interesse diverse da ordine a ordine che riflettono anche le interdipendenze e le ripercussioni collegate alla presenza di eventuali enti “concorrenziali”. Per esempio non era un caso che le fondazioni dell’ospedale di S. Spirito in Sassia – dopo una prima fase di espansione paneuropea e salve qualche eccezione (come la casa di Firenze) e la nuova spinta espansionistica allafinedel‘400sullaqualetorneremo–dopoil1300siconcentrarononei territori della Chiesa e nel Regno di Napoli meno urbanizzati. Il fatto che l’ordine non riuscisse ad impiantarsi invece in quasi tutto il nord Italia, in Romagna e in Toscana, si spiega con la circostanza che in queste zone di alta concentrazione di città fioriva una propria tradizione ospedaliera, se non vescovile, spesso di ispirazione laico-civica 222 – pensiamo solo al ricco ospe- dale di S. Maria della Scala di Siena con una propria rete di ospedali – e/o dove operavano con più successo confraternite locali 223 o altri ordini ospe- dalieri, come quello di S. Giacomo di Altopascio vicino a Lucca o i Crociferi aBolognaeaVenezia. Varrebbe anche la pena di interrogarsi di più sul perché della concentra- zione di sedi di più ordini in alcune città. Questa presenza potrebbe essere mirata, forse addirittura dovuta allo spirito di concorrenza tra gli ordini, o piuttosto il risultato di strategie locali, dato che queste case dipendevano non da ultimo dalla benevolenza dei donatori, che forse con la chiamata di deter- minati ordini non solo esprimevano i propri sentimenti e le proprie preferenze religiose, ma anche la loro fiducia nelle capacità organizzative dell’ordine scelto.224 Alla fine di una ricerca a tappeto si potrebbero delineare dei veri e

222. Vedi da una vastissima letteratura qui solo G. A l b i n i, Città e ospedali nella Lombardia medievale (Biblioteca di storia urbana 8), Bologna 1993; J. H e n d e r s o n, Piety and Charity in Late Medieval Florence, Oxford 1994; A. J. G r i e c o/L. S a n d r i (a cura di), Ospedali e città. L’Italia del Centro-Nord, XIII-XVI secolo. Atti del Convegno Internazionale di Studio tenuto dall’Istituto degli Innocenti e Villa i Tatti, Firenze 27-28 aprile 1995, Firenze 1997 (con ulteriore bibliografia). Cfr. anche M. G a z z i n i, Memoria “religiosa” e memoria “laica”: sulle origini di ospedali di area padana (secoli XII-XIV), Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge 115/1 (2003) pp. 361-384. Per la situazione oltrealpe vedi M. K ä l b l e, Sozialfürsorge und kommunale Bewegung. Zur Bedeutung von Spitälern für die politische Gruppenbildung in der Stadt, in: B u l s t/S p i e ß (a cura di), Sozialgeschichte (come nota 44), pp. 237-271. 223. Questo sembra il caso della diocesi di Arezzo come si evince da S. P i e r i, Notizie sugli “Hospitalia” nella diocesi di Arezzo, Annali aretini 5 (1997) pp. 5-80 che per questa zona menziona solo pochi ospedali dei grandi ordini militari. Vedi anche Ch. M. d e l a R o n- c i è r e, Il ruolo delle confraternite nell’inquadramento religioso del contado fiorentino (il caso della Valdelsa), in: I d., Tra preghiera e rivolta. Le folle toscane nel XIV secolo (Storia 28), Roma 1993, pp. 89-136 e Il buon fedele. Le confraternite tra medioevo e prima età moderna, Quaderni di storia religiosa 5 (1998) (volume intero). 224. Casuali sono gli esempiricordatineiseguentistudi: C. A l i c a n d r i - C i u f f e l l i, Una categoria di ordini religiosi poco studiata 55 propri “paesaggi di ospedali” (“Hospitallandschaften”) a secondo delle loro peculari caratteristiche.225 Come già detto, le filiali formavano di solito reti locali che costituivano delle “province”, anche se a volte non si applicava questo termine. Grazie alle già menzionate enumerationes bonorum e ad altre fonti (elenchi, liste dei censi etc.) sono già stati compilati inventari delle case dipendenti da un ordine. Meglio studiati sono i grandi ordini cavallereschi, per esempio i Giovanniti e l’Ordine Teutonico. Ma spesso le liste degli storici per alcuni ordini ospedalieri consistono in semplici tabelle puramente descrittive delle località.226 Le enumerationes bonorum originali invece possono raccontare tanto sugli equilibri (e squilibri) all’interno dell’istituzione. Prendiamo l’e- sempio delle liste dei possedimenti del S. Spirito in Sassia. Ne abbiamo in sostanza quattro per il periodo dal 1256 al 1295 (del 1256, 1273, 1291 e 1295).227 Notiamo che l’elenco di Gregorio X costituì il modello per quello di Niccolò IV. Tranne le tante aggiunte (specialmente in Italia) si nota che solo adesso viene abbandonato il riferimento iniziale alla casa “madre” di Montpellier, che appare quasi declassata dopo le filiali borgognone, tedesche e quella inglese. Alla ripartizione geografica nell’elenco di Bonifacio VIII manca invece ogni pretesto per una interpretazione polemica pro o contro l’o- spedale di Montpellier. Significativo è che in queste liste non si prendevano

Ospedalità a Sulmona, in: Atti del primo Congresso (come nota 26), pp. 9-25 (a Sulmona si registrano case dei Giovanniti, di S. Maria di Roncisvalle, del S. Spirito e – forse – degli Antoniani); G. C a n e v a, Notizie storiche su alcuni ospedali di Genova, ibid., pp. 260-277 (a Genova c’erano, tra l’altro, i Giovanniti, i Crociferi e i canonici di S. Sepolcro); A. P a t e t t a, Gli ospedali di Pisa. Sanità e assistenza nei secoli XI-XV, Pisa 2001, pp. 107ss.. 136 ss., 195s., 228s. (anche se l’impatto degli ordini ospedalieri e militari qui sembra meno imponente, si registrano comunque case dipendenti da Altopascio e dagli Antoniani); Th. F r a n k, Gli ospedali viterbesi nei secoli XIV e XV, in: A. C o r t o n e s i/P. M a s c i o l i (a cura di) Medioevo viterbese, Viterbo 2004, pp. 149-198: 153-166 (tratta – accanto ad ospedali appar- tenenti ai Giovanniti, all’Ordine Teutonico e agli Antoniani – in particolare due ospedali con il patrocinio del S. Spirito, uno appartenente all’omonimo ospedale a Roma e l’altro – S. Spirito in Faul – dell’ordine dei Crociferi). Per la Germania si può rinviare al caso della città di Memmingen che era sede sia di un ospedale dell’ordine di S. Spirito che di una casa degli Antoniani: N. P. B a c k m u n d, Die Chorherrenorden und ihre Stifte in Bayern, Passau 1966, pp. 220ss. (S. Spirito), 236ss. (Antoniani). 225. Vedi per esempio F.-O. T o u a t i, La géographie hospitalière médiévale (Orient- Occident, IVe-XVIe siècles): des modèles aux réalités, in: M o n t a u b i n, Hôpitaux et mala- dreries (come nota 32) pp. 7-20 e altri contributi ibid. 226. Tipico per questo approccio sono L. B e r t e l l i, Gli Ospitalieri di Altopascio in Italia e in Europa, in: Atti del primo Congresso (come nota 26) pp. 151-167: 152ss. e I. R u f f i n o, Ricerche sulla diffusione dell’ordine ospedaliero di S. Antonio di Vienna, ibid., pp. 1087-1105. 227. Per le fonti e quello che segue vedi R e h b e r g, I papi (come nota 61) p. 69s. 56 Andreas Rehberg in considerazione le case fondate dalle filiali maggiori. Esse figurano solo raramente anche in altre categorie di fonti collegate al centro, come per esempio i protocolli del notaio del precettore.228 Le strategie delle sedi centrali degli ordini verso le loro filiali non erano uniformi. Mentre nel caso degli Antoniani si può osservare una continua attenzione per le loro case più lontane (spiegabile anche – come si è visto – con l’obbligo che i loro precettori locali fossero sempre francesi), il S. Spirito sembrerebbe, almeno nell’area dell’Impero, più aperto a venire incontro alle istanze del luogo: infatti, dagli anni sessanta del Trecento in poi, si assiste alla cessione di qualche sede ospedaliera alle competenze delle amministra- zioni cittadine. Questo fenomeno generale, comunque, interessò anche altri ordini e persino quelli militari, che abbandonarono così definitivamente l’im- pegno assistenziale.229 La spesso rapida espansione degli enti creò quindi una serie di problemi che i nostri ordini non riuscirono a risolvere e che portò in sè già i germi del declino a causa degli strumenti insufficenti per mantenere unite le estese reti di filiali spesso molto lontane una dall’altra e gestite da un personale troppo esiguo. Pare che – per una ragione o l’altra – quasi tutte queste comunità passarono una fase di stasi nel tardo Trecento. Per quanto concerne gli Anto- niani, il S. Maria di Roncisvalle e il S. Spirito, abbiamo già detto che lo Scisma del 1378 portò dei dissesti notevoli. Gli Antoniani dovettero attendere la riforma del loro ordine nel 1478. Le cose per il S. Spirito, nel Quattrocento, andarono meglio perché il ritorno definitivo dei papi a Roma e il nuovo sviluppo urbanistico della città aumentarono la necessità di un grande ospe- dale nei pressi di S. Pietro, nuovo centro amministrativo della Curia Romana. Furono specialmente i papi Eugenio IV e Sisto IV a fare del loro meglio. Il loro contributo più significativo fu il rinnovo della confraternita collegata all’ordine, che ebbe un successo enorme su scala europea, reso possibile – come approfonderemo subito – per via delle estese indulgenze fruibili in cambio di contributi annuali.230 Seguirono nuove fondazioni di alcuni ospe- dali ed affiliazioni al S. Spirito da Malta e dalla Spagna alla Scandinavia 231

228. Nel Regno di Germania specialmente i capi delle due “province” dell’ordine Ste- phansfeld (nell’Alsazia) e Besançon (nella Franche-Comté) possedevano e continuavano a fondare nuove sedi sulle quali la casa madre non esercitava un influsso diretto, come sottoli- neano Gisela Drossbach e Françoise Durand nei loro contributi in questi atti. 229. Vedi da tanti riferimenti sparsi su questo fenomeno R e i c k e, Das deutsche Spital (come nota 18) I, p. 178ss. (per quanto concerne il S. Spirito) e – per gli Antoniani – C l é m e n t z, Les Antonins d’Issenheim (come nota 56) p. 111s. 230. Vedi sotto nota 253. 231. Gli elenchi dati in D e A n g e l i s, L’ospedale di S. Spirito (come nota 112) II, p. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 57 nonché, alla fine del ‘400, una spinta espansionistica nell’Italia nord-orien- tale.232 Anche la questua – alla quale è dedicato il capitolo seguente – è da considerare quando si parla dell’espansione e delle strategie economiche degli ordini ospedalieri.

VIII. La raccolta di elemosine Un settore fondamentale per gli enti caritativi nel medioevo in generale e per gli ordini ospedalieri in particolare era la raccolta di elemosine destinate al sostegno delle loro strutture di assistenza a poveri e malati. Questa colletta ossia questua ad ampio raggio geografico era un fenomeno generale nel mondo cristiano tardomedioevale collegato a tanti aspetti teologici, giuridici, sociali e culturali che in questa sede non possono essere esposti in modo esauriente.233 La questua era diffusa anche fra gli ordini militari. La regola dei Gerosolimitani, scritta prima del 1153 e tanto imitata da altri enti, dava per la prima volta disposizioni concrete per lo svolgimento della questua e il comportamento dei collettori.234 Un primo quaestor del Gran S. Bernardo è

558ss. e I d., L’Arciconfraternita ospitaliera di Santo Spirito in Saxia (Collana di studi storici sull’ospedale di Santo Spirito in Saxia e sugli ospedali romani 5), Roma 1950, p. 123ss. necessitano però ancora di un controllo sulla base degli atti dei notai del precettore di S. Spirito. Per Malta vedi St. F i o r i n i, Santo Spirito Hospital at Rabat, Malta: the early years to 1575, La Valletta/Malta 1989, pp. 8, 89ss. doc. 3 sull’interessante dibattito nel consiglio cittadino di Rabat sulla convenienza di una affiliazione dell’ospedale omonimo locale all’ospedale romano. 232. Vedi il contributo di Anna Esposito in questi atti. 233. Opera fondamentale resta N. P a u l u s, Geschichte des Ablasses im Mittelalter, I-II: Von den Ursprüngen bis zur Mitte des 14. Jahrhunderts, III: Am Ausgang des Mittelalters, Paderborn 1922-23 (rist. Darmstadt, 2000; ma seguo la vecchia paginazione). Vedi L. P e l- l e g r i n i/R. P a c i o c c o (a cura di), «Misericorditer relaxamus». Le indulgenze fra teoria e prassi nel Duecento (Studi medievali e moderni 1/99), Napoli, 1999 e R. N. S w a n s o n (a cura di), Promissory Notes on the Treasury of Merits: Indulgences in Late Medieval Europe (Brill’s Companions to the Christian Tradition 5), Leiden-Boston 2006. Cfr. – per quanto concerne gli ospedali – I m b e r t, Les hopitaux come nota 3) p. 293ss. e R e h b e r g, Nuntii (come nota 190) (con ulteriore bibliografia). 234. Vedi D e l a v i l l e L e R o u l x, Cartulaire (come nota 65) I, p. 63s.; L a g l e - d e r, Die Ordensregel (vedi nota 98) p. 134-139. Simili provvedimenti si trovano nell’Ordine Teutonico: M. P e r l b a c h, Die Statuten des Deutschen Ordens nach den ältesten Handschriften, Halle an der Saale 1890, pp. 34, 52, 82. Cfr. R i l e y - S m i t h, The Knights (vedi nota 48) p. 440s. Cfr. K. B o r c h a r d t: Spendenaufrufe der Johanniter aus dem 13. Jahrhundert, Zeitschrift für bayerische Landesgeschichte 56 (1993) pp. 1-61 (ripreso in inglese in I d., Two Forged Thirteenth-Century Alms-raising Letters used by the Hospitallers in Franconia, in: B a r b e r, The Military Orders [come nota 51] pp. 52-56) e adesso anche A. E h l e r s, Die Ablaßpraxis des Deutschen Ordens im Mittelalter (Quellen und Studien zur Geschichte des Deutschen Ordens 64), Marburg 2007, p. 319ss. 58 Andreas Rehberg menzionato nel 1167.235 Famosi in questo campo erano gli Antoniani che utilizzavano per tale scopo persino le reliquie di S. Antonio Abate.236 Adalbert Mischlewski, il grande conoscitore degli Antoniani, sostiene che il modello va cercato nelle raccolte finalizzate alla costruzione delle cattedrali praticate in Francia nell’XI secolo.237 Il principale incentivo per attirare fondi era lo strumento dell’indulgenza. Anche se sappiamo di critiche emerse in questo campo già da parte di Gia- como di Vitry nel primo Duecento,238 fu principalmente nel Trecento che si intensificarono gli abusi legati alle indulgenze, i quali si aggravarono ulte- riormente nel Quattrocento. Gli ordini ospedalieri ebbero la loro parte in queste vicende. Il settore delle collette medievali era particolarmente soggetto a vari abusi fra cui, tra l’altro, la tendenza a falsificare i privilegi che avreb- bero dovuto facilitare il lavoro dei nuntii. Un altro punto d’attrazione erano le fraternitates collegate agli ordini ospedalieri. Questo tipo di aggregazione formava una particolarità nel vasto spettro del pluriforme movimento confraternale medievale,239 che va acco- stata al modello più antico dell’affratellamento di laici e chierici ad una comunità monastica,240 nonché a quello degli ordini nati in Terra Santa – cioè

235. Q u a g l i a, La Maison du Grand Saint-Bernard (come nota 22) p. 29. Cfr. per i secoli successivi ibid., pp. 127ss., 231ss. 236. Per quanto concerne le pratiche degli Antoniani in particolare si vedano, da una vasta bibliografia, M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) p. 35ss. Y. K i n o s s i a n, Hospitalité et charité dans l’ordre de Saint-Antoine aux XIVe et XVe siècles, in: D u f o u r/ P l a t e l l e, Fondations (come nota 31) pp. 217-230: 224ss. nonché A. E c k h a r d t, Spuren almosensammelnder Antoniter zwischen Weser und Ems, in: F r i e ß, Auf den Spuren (come nota 56) pp. 60-64 e H a l l a u e r, Die Memminger Antoniter (come nota 186). 237. M i s c h l e w s k i, Einleitung (come nota 89) p. 39. 238. Historia Occidentalis (come nota 13) p. 148s. 239. Per queste confraternite vedi qualche riferimento bibliografico sopra a nota 223. 240. Cfr. da una vasta bibliografia U. B e r l i è r e, Confréries bénédictines au Moyen Âge, Revue liturgique et monastique 12 (1927) pp. 135-145; H. E. J. C o w d r e y, Unions and Confraternity with Cluny, Journal of Ecclesiastical History 16 (1965) pp. 152-162, in particolare 157ss.; K. S c h m i d/J. W o l l a s c h, Societas et Fraternitas, Frühmittelalterliche Studien 9 (1975) pp. 1-48; G. G. M e e r s s e m a n, Ordo fraternitatis. Confraternite e pietà dei laici nel Medioevo, 3 voll. (Italia Sacra 24-26), Roma 1977: I, p. 14ss., 68ss.; J.-L. L e m a i t r e, Mourir a Saint-Martial. La commémoration des morts et les obituaires à Saint-Martial de Limoges du XIe au XIIIe siècle, Paris, 1989 (con vasta bibliografia). Cfr. G. C o n s t a b l e, Commemo- ration and Confraternity at Cluny during the Abbacy of Peter the Venerable, in: I d., Cluny from the Tenth to the Twelfth Centuries. Further Studies (Variorum Collected Studies Series 678), Aldershot 2000, X; R. M. W. S t a m m b e r g e r, Tod und Sterben in der Abtei Sankt Viktor zu Paris. Die Regula Sancti Augustini als Regel für die Gemeinschaft von Lebenden und Toten, in: M e l v i l l e/M ü l l e r (a cura di), Regula (come nota 14) pp. 127-177 nonché G. Cariboni,Percorsi storiografici e metodologici, in: La via migliore. Pratiche memoriali e dinamiche istituzionali nel liber del capitolo dell’abbazia cistercense di Lucedio (Vita regularis, Una categoria di ordini religiosi poco studiata 59 quelli del S. Sepolcro (questi erano in realtà canonici regolari), dei Templari e dei Gerosolimitani, tutti sorti nel XII secolo,241 che a loro volta influenza- rono anche l’Ordine Teutonico nonché gli Antoniani – piuttosto che ad una fraternita tradizionale.242 Si stabiliva una societas,ossiafraternitas, con singoli laici e chierici, disposti a versare annualmente un contributo per i bisogni dell’ospedale o a fare un’unica donazione consistente in moneta ma anche in terreni, case, bestiame etc., a volte con rendite annuali. A questo tipo di fraternitas si affiancavano i professi dell’ordine (fratres) e gli oblati, che continuarono a ritenersi pure una fraternitas (universitas fratrum). Invano i Concili Latera- nensi III (con il canone 9) e IV (con il canone 57) cercarono di limitare i privilegi della fraternitas (indulgenze particolari, il diritto di sepoltura nel- l’ospedale anziché nella chiesa parrocchiale etc.) ai soli oblati, ossia a quei confratres che, senza aver fatto professione, avevano ceduto i loro beni riservandosene l’usufrutto durante la vita.243 Per quanto concerne il S. Spirito, il capitolo IV della sua regola (Qualiter societas nostra petentibus detur) 244 è la testimonianza più diretta del funzionamento della fraternitas; esso cor- risponde al capitolo LII della regola di Altopascio.245 Qui sono tramandate le formule dell’accettazione del nuovo confratello secondo un modello assai

Editionen 3), Berlin 2005, pp. 5-24. 241. Per una breve rassegna su questi affiliati negli ordini militari vedi R e h b e r g, Nuntii (come nota 190) p. 74ss. Il primo studio modello su una affiliazione di preghiera ad un ordine militare si deve a K. E l m, Fratres et sorores Sanctissimi Sepulcri. Beiträge zur frater- nitas, familia und weiblichem Religiosentum im Umkreis des Kapitels vom Heiligen Grab, Frühmittelalterliche Studien 9 (1975) pp. 287-333, in particolare p. 293ss. Elm sottolinea la fioritura di questo modello fra gli ordini nati in Terra Santa nel XII secolo: ibid., p. 310ss. 242. Per il ruolo delle confraternite degli Antoniani che i collettori dell’ordine usavano già dal 1180 circa come punto di riferimento (ed alloggio!) cfr. A. M i s c h l e w s k i, Männer und Frauen in hochmittelalterlichen Hospitälern. Das Beispiel der Antoniusbruderschaft, in: K. Elm/M. P a r i s s e (a cura di), Doppelklöster und andere Formen der Symbiose männlicher und weiblicher Religiosen im Mittelalter (Berliner historische Studien 18. Ordensstudien 8), Berlin 1992, p. 165-176: 172 ss. Cfr. A. A. S t r n a d, Herzog Sigmund von Österreich, Alienor (Elionor) von Schottland und der Antoniterorden. Mit einer Edition ihres Konfraternitätsbriefes von 1480, in: F r i e ß, Auf den Spuren (come nota 56) pp. 37-48 e H. S c h n e i d e r, Hartmann Schedel, ein Antoniterfreund im deutschen Humanismus, ibid., pp. 237-248. 243. Hoc autem de illis confratribus intelligimus, qui vel adhuc manentes in saeculo eorum ordini sunt oblati, mutato habitu saeculari, vel qui eis inter vivos sua bona dederunt, retento sibi quandiu in saeculo vixerint usufructu: G. A l b e r i g o/P. J o a n n o u/C. L e o- n a r d i/P. P r o d i (a cura di), Conciliorum oecumenicorum decreta, Friburgo 1962, pp. 191 s., 237 (qui la citazione); cfr. M a c c a r r o n e, Le costituzioni (come nota 91) p. 15ss. 244. Vedi ed. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) pp. 366-368. 245. S a n t a n g e l o, Sulla lingua (come nota 94) p. 80. 60 Andreas Rehberg comune nei monasteri benedettini (chartae fraternitatis) e negli ordini mili- tari,246 che indica chiaramente l’aspetto dell’unione di preghiera. Le preroga- tive della fraternitas sono simili fra i diversi ordini, sia cavallereschi che ospedalieri, e furono confermate dai papi del Duecento, in particolare con i privilegi Si iuxta sententiam 247 e Cum dilectis filiis, quest’ultimo il più parti- colareggiato formulario per quanto concerne le procedure della raccolta.248 Quanto fosse estesa e importante per questi ordini la raccolta di elemo- sine si desume anche dai ben diciassette permessi richiesti per la sua pratica da altrettanti ordini ed enti caritativi (fra cui gli ospedali di Roncisvalle, di S. Giacomo di Altopascio, gli ordini di S. Spirito, degli Antoniani e degli ospe- dalieri di S. Lazzaro nonché il capitolo di S. Maria di Betlemme) rilasciati da papa Niccolò IV nel 1290, dopo aver vietato per un breve periodo qualsiasi questua in seguito alle irregolarità di alcuni raccoglitori. Il fatto stesso che il papa non potesse perseverare nella sua linea di rigore, dimostra la forte dipendenza degli enti caritativi dalle collette.249 Tranne eccezioni, sappiamo poco però dei confratelli che venivano re- clutati dai collettori lontani e senza la cerimonia in sede. Purtroppo sono rari i registri dei soci reclutati in tutta Europa. Per gli Antoniani disponiamo di qualche esempio di questi libri usati dai loro collettori regionali (“Terminier- bücher” ossia “Bruderschaftsregister”), che offrono persino notizie socio- economiche interessanti riguardanti i confratelli degli Antoniani nella diocesi di Bressanone.250 Invece per il S. Spirito mancano tracce sia di questi libri

246. Cfr. per i formulari delle chartae fraternitatis appartenenti agli ambienti monastici di Acquaformosa, Montecassino e Montevergine P. D e L e o, L’adoptio in fratrem in alcuni monasteri dell’Italia meridionale (sec. XII-XIII), in: Atti del 7° Congresso internazionale di studi sull’alto Medioevo, , Subiaco, Cassino, Montecassino, 29 settembre-5 ottobre 1980, 2 voll., Spoleto, 1982, II, p. 657-665. Per il modello dei Gerosolimitani cfr. il brano molto simile nelle usanze dell’ordine formulate ca. 1239 ma di più antiche origini in D e l a v i l l e L e R o u l x, Cartulaire (come nota 65) II, p. 536-561, nr. 2213, in particolare p. 557 s.; cfr. F. T o m m a s i, Uomini e donne negli ordini militari di Terrasanta. Per il problema delle case doppie e miste negli ordini giovannita, templare e teutonico (secc. XII-XIV), in: E l m/ P a r i s s e, Doppelklöster (come nota 242) pp. 177-202: 185. 247. Cfr. M. T a n g l, Die päpstlichen Kanzleiordnungen von 1200-1500, Innsbruck 1894, p. 280-282 (per Altopascio), 283 (per S. Spirito in Sassia), 300ss. (per altri enti) e analogamente G. E r l e r, Der Liber Cancellariae Apostolicae vom Jahr 1380, Leipzig 1888, pp. 102ss. (per Altopascio), 106 (per S. Spirito in Sassia), 126ss. (per altri enti). 248. Cfr. T a n g l, Die päpstlichen Kanzleiordnungen (come nota 247) pp. 263-266 (doc. XXX), 301; E r l e r, Liber cancelleriae (come nota 247) p. 83-86, p. 126-128; cfr. E. S t r e h l k e, Tabulae ordinis Theutonici (come nota 65) pp. 284-286, doc. 314 (1221 gen. 16). 249. Les Registres de Nicolas IV, a cura di E. L a n g l o i s (Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes et de Rome, 2e série), Paris 1898-1938, nrr. 2324-2346 (1290 mar. 6 ss.). 250. H a l l a u e r, Die Memminger Antoniter (come nota 186) pp. 103s., 105s. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 61 fraternitatis dei collettori 251 sia di una forma di registrazione centralizzata, ripristinata, a quanto pare, solo da Eugenio IV, nel 1446, con il famoso Liber fraternitatis.252 Eugenio IV aiutò il S. Spirito concedendogli il diritto di rilasciare littere confraternitatis nella forma di lettere confessionali-indul- genziali. Il successo del S. Spirito aumentò ancora, quando Sisto IV nel 1478 riorganizzò la confraternita e le confermò le sue prerogative e indulgenze.253 Si utilizzò persino l’invenzione della stampa per diffonderle di più.254 Perno per la questua – e previsto già dai canoni del IV Concilio Latera- nense 255 e da numerosi sinodi provinciali – era l’obbligo dei collettori di richiedere una autorizzazione dai vescovi in partibus. L’andirivieni di collet- tori di varia provenienza si può osservare molto bene nei registri dei vescovi inglesi.256 Dopo aver ottenuto licenza dai vescovi, i messi contattavano i parroci locali. Le lettere di indulgenze venivano esposte alla vista di tutti nelle chiese e capelle dove i credenti potevano persino toccarle. Non mancavano però gli abusi degli emissari nell’incentivare la generosità dei fedeli quando essi personalmente – contro il dettato delle loro licenze – prendevano la parola. Dante (Pd XXIX 124-126), Boccaccio (Dec. VI 10) nonché Geoffrey Chaucer (nei “Racconti di Canterbury”) non risparmiarono aspre critiche agli Antoniani e – nel caso del pardoner di Chaucer – all’ospedale di S. Maria di Roncisvalle a Londra.257 Per una migliore organizzazione, le zone della questua furono suddivise in aree geografiche, dette spesso balive, basate di solito sui confini diocesani

251. Così si legge in un contratto d’appalto del 1432: che i locatarii teneantur [...] in fine locationum ipsas balivias resignare dictis locatoribus sine debito servitutis ac etiam resignare eis vel eorum successoribus librum fraternitatis et quascumque alias scripturas spectantes ad dictas balivas: ASR, Ospedale di S. Spirito, 210, f. 10r-v (1432 lug. 14). La morte dei membri di una “confraternita a distanza” nell’Inghilterra quattrocentesca fu communicata all’ordine emmittente: R. N. S w a n s o n, Letters of confraternity and indulgence in late medieval England, Archives 25 no. 102 (aprile 2000) pp. 40-57: 55ss. 252. Ed. P. E g i d i, Necrologi e libri affini della Provincia Romana. Necrologi della città di Roma (Fonti per la storia d’Italia, 44/45), Roma 1908-1914: II, pp. 107-446. 253. R e h b e r g, Nuntii (come nota 190) p. 120ss., in particolare p. 122 con nota 323. 254. Vedi, da ultimo, il contributo di Robert N. Swanson in questi atti. 255. Conciliorum oecumenicorum decreta (come nota 243) p. 239. Questo canone 62 è ripreso nel 1234 nei Decretali di Gregorio IX, 5.38.14 = Corpus Juris Canonici, II: Decretalium Collectiones. Editio Lipsiensis secunda, ed. Ae. F r i e d b e r g, Leipzig 1879 (rist. anast. Graz 1955), col. 888s. 256. Vedi gli esempi dati in R e h b e r g, Nuntii (come nota 190) p. 67ss. e nel contributo di Robert Swanson in questi atti. Per gli Antoniani cfr. H a l l a u e r, Die Memminger Antoniter (come nota 186) p. 101ss. 257. Vedi da ultimo A. M i n n i s, The Construction of Chaucer’s Pardoner, in: S w a n- s o n, Promissory Notes (come nota 233) pp. 169-195. 62 Andreas Rehberg o su altre frontiere politico-amministrative.258 Tutti i compiti dei questores si trovano elencati nei capitula concordati fra l’ospedale ed i collettori profes- sionisti del Tre e Quattrocento.259 Naturalmente anche la questua richiedeva un supporto logistico. I messi degli Antoniani avevano persino depositi (in tedesco “Termineien”) dove conservavano i prodotti alimentari che erano stati raccolti – pensiamo ai famosi “maiali di S. Antonio” che dovevano essere macellati.260 I questuarii, durante le loro campagne, accettarono anche even- tuali legati testamentari e altri sussidi e doni. Sono tanti ormai gli studi sui testamenti, ma manca ancora uno spoglio per quanto riguarda le preferenze degli ordini ospedalieri. Ci sono però indizi che dimostrano la grande diffu- sione delle lettere confraternali, non di rado acquistate da più enti caritativi.261 Ai questores o questuarii spettava a volte anche la gestione e – come si può supporre specialmente in regioni senza collegamenti bancari – il trasporto delle entrate della questua e dei censi (meno alti) che le filiali erano tenute a versare alla casa madre. L’ospedale di Altopascio impiegò persino delle banche per la trasmissione di pagamenti provenienti dalle entrate della que- stua.262 Alcune case filiali degli ordini potevano – se autorizzate dalla centrale – avviare le collette anche sotto la propria responsabilità.263 Fra coloro che si spezializzarono come questuarii professionisti si distin- sero in Italia e nelle zone adiacenti – come ha dimostrato Mario Sensi 264 –

258. R e h b e r g, Nuntii (come nota 190) p. 61s. 259. Per questi capitula si rinvia ai saggi di Mario Sensi e di Raffaela Villamena in questi atti. 260. M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) pp. 276-279; I d., Expansion (come nota 170) p. 201s. 261. Colgo l’occasione di segnalare i seguenti casi italiani: Subiaco, Biblioteca Statale di S. Scolastica, Archivio Colonna, Perg. 54, 1 (nel testamento del Corrado de Sculcula [1262 ott. 23] si legge: Item relinquo cuilibet domui scilicet hospitali in cuius fraternitate scriptus sum scilicet templi Altipassus, sancti Spiritus et sic de ceteris viginti soldos provisinos); C. M a r- c h e s a n i/G. S p e r a t i, Ospedali genovesi nel medioevo. Atti della Società Ligure di Storia Patria, n.s. 21/fasc. 1 (1981) (intero volume) p. 21 nota 69 (ricorda doni testamentari per il S. Spirito di Roma dal 1213 al 1348). Th. F r a n k, Personengeschichtliche Beiträge zu den Bruderschaften Viterbos im 14. und 15. Jahrhundert, Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 81 (2001) pp. 107-199: 130 (per esempi da Viterbo). 262. Vedi il contributo di Andreas Meyer in questi atti. Jürgen Sarnowsky vede praticati dai Giovanniti di Rodi sia l’impiego di banche che il trasporto scomodo delle monete (“umständ- liche Transport von Münzen”) nonché compensazioni in cambio di merce: S a r n o w s k y, Macht (come nota 202) pp. 512-524 e I d., Handel und Geldwirtschaft der Johanniter auf Rhodos, in: C z a j a/S a r n o w s k y, Die Ritterorden in der europäischen Wirtschaft (come nota 195) pp. 19-34: 27ss. (con la citazione). 263. Esempi offrono E c k h a r d t, Spuren (come nota 236) passim e C l é m e n t z, Les Antonins d’Issenheim (come nota 56) p. 147ss. 264. S e n s i, Cerretani (come nota 111) p. 52, 67ss.; I d ., Vita di pietà e vita civile di un altopiano tra Umbria e Marche (secc. XI-XVI) (Storia e letteratura 159), Roma 1984, p. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 63 gli abitanti, di solito laici, del castello di Cerreto nei pressi di Spoleto, e di altre località limitrofe, come e Montesanto. Questi “Cerretani” lavo- rarono già nel Trecento nel nome di diversi grandi nosocomi e ordini ospe- dalieri, come gli Antoniani,265 il S. Spirito, l’Altopascio o l’ospedale basco di Santa Maria a Roncisvalle. Ma i loro metodi si trovano praticati anche in altri paesi europei. Indossando ciclicamente gli abiti di diversi ordini, tal genere di collettori poteva eludere il divieto di fare solo una volta l’anno la colletta nello stesso luogo.266 Gli abusi furono stigmatizzati anche nel corso del Concilio di Vienne e nel quinto libro delle Clementine.267 Ciononostante le tattiche antiche perdurarono in alcune regioni ancora fin dopo il Concilio di Trento. Frequenti erano le liti fra i diversi ordini interessati alla questua, specialmente fra gli Antoniani e l’ordine di S. Spirito, ma anche fra gli ordini mendicanti che cercarono con ricorsi alla Curia di eliminare i concorrenti scomodi nella lotta per accaparrarsi la generosità dei fedeli nel proprio terri- torio d’attività.268

IX. La trasmissione di usi liturgici e delle nozioni mediche nonché altri fattori culturali Sono pochi gli studi sui contributi degli ordini ospedalieri alla vita cul- turale medievale che possono darci spunti preziosi per capire meglio la circo- lazione dei modelli spirituali, culturali ed artistici fra il centro e la periferia dei nostri ordini. In un volume sulla storia culturale degli ordini cristiani Jürgen Sarnowsky ha dedicato una breve trattazione a questo aspetto. In realtà la sua indagine si limita però ai soli Antoniani e agli ordini di S. Spirito e di S. Giovanni di Dio, riconoscendo loro meriti circoscritti perlopiù in materia di spiritualità, architettura e arte, musica, storiografia (sviluppatasi, per esem- pio, dagli Antoniani e nel S. Spirito solo dal XVI secolo in poi, non da ultimo come risposta alla Riforma e alle tendenze secolarizzanti in Francia269)e

341ss., 351ss., 365. L’inizio delle loro attività al servizio di tanti enti caritativi è da datare intorno alla metà del secolo XIV: ivi, p. 360, 366. 265. Vedi V i l l a m e n a, Religio Sancti Antonii (come nota 67) pp. 110ss., 164ss. e il contributo dell’autrice in questi atti. 266. Vedi gli episodi riportati in R e h b e r g, Nuntii (come nota 190) p. 67-69. 267. Clem. 5.9.2 = F r i e d b e r g, Corpus Juris Canonici (come nota 255) II, col. 1190ss. Per questa costituzione cfr. P a u l u s, Geschichte des Ablasses (come nota 233) II, p. 284ss. 268. Vedi gli esempi dati in B o r c h a r d t, Antoniter (come nota 78) p. 24s. 269. Vedi A y m a r u s F a l c o, Antonianae historiae compendium ex variis iisdemque gravissimis ecclesiasticis scriptoribus nec non rerum gestarum monumentis collectum, Lugduni 1534; M. V a n t i, Un umanista del Cinquecento in funzione di riformatore: Bernardino Cirillo: commendatore e maestro generale dell’Ordine di S. Spirito (1556-1575), Roma 1936 e P. S a u l n i e r, Trattato del sacro ordine di S. Spirito detto in Sassia di Roma, Roma 1662. 64 Andreas Rehberg giurisprudenza nonché scienze naturali.270 Valgono anche per gli ordini ospe- dalieri le osservazioni che Kaspar Elm ha dedicato agli ordini militari, volte a evidenziare come la vita culturale in queste comunità, caratterizzate, al- meno agli inizi, da una forte presenza di laici, fosse limitata e orientata all’utilità pratica adeguata ai bisogni di membri laici spesso illetterati.271 Per quanto concerne gli usi liturgici praticati nei nostri ordini la fonte principale sono le norme delle loro regole e statuti. Mancano invece censi- menti di libri liturgici.272 Così non sono ancora stati studiati e valutati i libri e i manoscritti di contenuto liturgico e religioso ricollegabili all’ospedale di S. Spirito in Sassia, oggi conservati nella Biblioteca Lancisiana e all’interno del fondo di S. Spirito in Sassia nell’Archivio di Stato di Roma, per non parlare delle biblioteche in altri paesi.273 Ma anche le filiali degli ordini ospe- dalieri avevano spesso propri libri memoriali che elencavano gli anniversari e i benefattori.274 Sarebbero ancora da esaminare le dedicazioni e i patrocini delle chiese ospedaliere e le figure dei santi legati ai singoli ordini.275 Nonostante esista una vasta bibliografia generale sulla predicazione me- dievale, è però sorprendente che le omelie dei collettori di ospedali non siano state ancora studiate. Non è chiaro se ciò derivi dalle lacune delle fonti o piuttosto dalla scarsa considerazione che godeva questo tipo di predica (spe- cialmente se collegata con l’obiettivo della questua) già presso i contempo- ranei.276 Ma sarebbe sbagliato generalizzare, perché abbiamo anche esempi

270. J. S a r n o w s k y, Hospitalorden (come nota 35) passim. 271. E l m, Die Spiritualität (come nota 82) pp. 20ss., 41ss. (con ricca bibliografia); cfr. L u t t r e l l, The Spiritual Life (come nota 87) p. 86ss. 272. Vedi invece lo studio modello di Cr. D ondi,Theliturgy of the canons regular of the Holy Sepulchre of Jerusalem. A study and a catalogue of the manuscript sources (Biblio- theca Victorina 16), Turnhout 2004 (con numerosi riferimenti alle pratiche liturgiche dei Templari e Giovanniti). 273. Vedi invece come esempio da seguire Libri, biblioteche e letture dei frati mendicanti. Atti del XXXII Convegno Internazionale, Assisi, 7-9 ottobre 2004 (Atti dei Convegni della Società Internazionale di Studi Francescani e del Centro Interuniversitario di Studi Francescani. Nuova serie 15), Spoleto 2005. 274. Per il S. Spirito tali libri si sono conservati per gli ospedali di Toul e Besançon: vedi Rehberg,Nuntii (come nota 190) p. 84. Anche gli Antoniani di Daniata nella diocesi di Cremona avevano dei propri obituari: J.-L. L e m a î t r e, L’obituaire des Antonins de Daniata au diocèse de Crémone. Note sur les obituaires italiens de la Bibliothèque Nationale de Paris, Rivista di Storia della Chiesa in Italia 35 (1981) pp. 126-135. 275. Vedi sopra p. 33 nonché il capitolo III del contributo di Marina Gazzini in questi atti. 276. Basti ricordare l’ironia mordente di Boccaccio sulla predica del presunto frate antoniano Cipolla: G. B o c c a c c i o, Decameron, Nuova edizione riveduta e aggiornata a cura di V. B r a n c a, 2 voll. (Einaudi Tascabili. Classici 99), Torino 1992: II, p. 759ss. Un esempio più edificante offre A. M i s c h l e w s k i, Eine deutsche Antoniterpredigt aus dem 15. Jahrhundert, in: H. M o r d e k (a cura di), Aus Archiven und Bibliotheken. Festschrift für Una categoria di ordini religiosi poco studiata 65 di frati ospedalieri che frequentavano l’università. Come è provato per gli ordini militari, anche negli ordini ospedalieri doveva essersi sviluppata la consapevolezza che avviare qualche membro agli studi, specialmente quelli giuridici, non nuoceva agli interessi della comunità. Sappiamo per esempio degli studi universitari a Heidelberg e Parigi (1443-1451) del precettore degli Antoniani a Memmingen Pietro Mitte de Caprariis.277 E anche nell’ordine di S. Spirito si conoscono studenti universitari.278 Naturalmente singoli membri dei nostri ordini ebbero meriti anche in altri campi, come per esempio il colto rettore del S. Spirito di Digione Pierre Crapillet († 1460) che si distinse come letterato.279 Sarebbero anche utili segnalazioni di riferimenti al possesso di manoscritti e, magari, di intere biblioteche appartenute a singoli ospedali o membri dell’ordine.280 Il precettore antoniano Pierre Mitte de Caprariis col- lezionò ben 242 libri latini dei quali però solo dodici erano di argomento medico. Il fatto che quattro volumi fossero stati acquistati persino a Roma,281 dimostra quanto il nostro tema “centro e periferia” possa essere utile anche per la migliore comprensione degli scambi culturali. A volte abbiamo notizie sull’attività di qualche ospedale nel campo dell’istruzione elementare, spe- cialmente se essi – come è noto per il S. Spirito – si prendevano cura di orfani da preparare alla vita lavorativa.282 È stata già ricordata l’imponenza degli edifici ospedalieri delle case madri. Anche se non mancano studi sulle architetture di questi fabbricati e su quelle di solito molto meno grandiose degli ospedali delle case filiali,283 resta

Raymund Kottje zum 65. Geburtstag (Freiburger Beiträge zur mittelalterlichen Geschichte 3), Frankfurt/Main-Bern-New York-Paris 1992, pp. 477-488. 277. M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) p. 226ss.; ibid. p. 365ss. contiene un excursus sugli Antoniani che hanno studiato alla facoltà dei decretisti a Parigi. J. V e r g e r, Moines, chanoines et collèges réguliers dans les Universités du Midi au Moyen Age, in: Naissance (come nota 170) p. 529 tab. 3 e p. 530 tab. 5 ricorda cinque studenti ad Avignone provenienti dagli Antoniani e fra gli studenti a Tolosa sei membri del convento dei Mercedari della stessa città. 278. Vedi qualche informazione a proposito in R e h b e r g, Die fratres (come nota 70) p. 129s. 279. B u l t o t/H a s e n o h r, Pierre Crapillet (come nota 185) p. 73ss., 86ss. 280. Per l’esempio dei libri consultati e posseduti da Pierre Crapillet si può rinviare a ibid., p. 74ss. 281. Vedi per queste informazioni M i s c h l e w s k i, Grundzüge (come nota 56) p. 330ss. 282. Per quanto concerne le scuole degli Antoniani vedi S a r n o w s k y, Hospitalorden (come nota 35) p. 202. Sappiamo da un documento del 1443 che nell’ospedale di S. Spirito di Digione l’hospitalarius era un maestro delle Artes e istruiva gli orfani: H. D e n i f l e, La désolation des églises, monastères et hopitaux en France pendant la guerre de Cent Ans, I, Mâcon 1897, p. 349 doc. 743. 283. Menziono solo D. L e i s t i k o w, Hospitalbauten in Europa aus zehn Jahrhunder- 66 Andreas Rehberg da interrogarsi su eventuali influssi, modelli e interdipendenze. Minori infor- mazioni si hanno attualmente sulle decorazioni (affreschi) degli ospedali e delle loro chiese, che solo raramente si sono conservate fino ad oggi.284 Lo stesso rammarico vale per singole opere d’arte come tele d’altare, rarissime, appartenenti ai nostri ospedali nel periodo medievale,285 che potrebbero darci preziose indicazioni su modelli spirituali ed iconografici seguiti nei nostri ordini.286 Noto e molto analizzato sotto tanti aspetti (per esempio sono rap- presentate le erbe medicinali allora in uso) è l’altare di Mathias Grünewald oggi a Colmar.287 Laurence Meiffret ha studiato la diffusione dell’iconografia dell’abate eremita Antonio e dei cicli pittorici a lui dedicati anche al di fuori del proprio ordine.288 Gli storici dell’arte sono chiamati a prestare attenzione a questi elementi. Un ultimo, ma non meno importante, aspetto sarebbe da dedicare alla divulgazione delle conoscenze mediche nei e fra i nostri ordini, per le quali si dovrebbero interpellare anche gli storici della medicina. Di solito ci si limita a riferire quanto si trova di argomento medico nelle regole o negli ten. Ein Beitrag zur Geschichte des Krankenhauses, Ingelheim 1967, p. 37ss. (trad. italiana: Dieci secoli di storia degli edifici ospedalieri in Europa: una storia dell’architettura ospedaliera, Ingelheim 1967) e D. J e t t e r, Geschichte des Hospitals, I: Westdeutschland von den Anfän- gen bis 1850. Mit 104 Abbildungen (Sudhoffs Archiv. Beihefte 5), Wiesbaden 1966, pp. 18-21. Di nuovo sono le case degli Antoniani le meglio studiate: cfr. D. L e i s t i k o w, Spurensuche zur Antoniterarchitektur in Europa, in: F r i e ß, Auf den Spuren (come nota 56) pp. 278-294. Riferimenti preziosi offre anche M. F r a t i, Gli ospedali medievali in Piemonte. Appunti per una fenomenologia delle strutture materiali, De strata francigena 9/1 (2001) pp. 21-64: 23, 25ss. (Giovanniti), 41ss. (Antoniani). 284. Famoso è il ciclo di affreschi – da leggere come un manifesto per la caritas papale e per la gloria personale di papa Sisto IV – in un’ala dell’ospedale di S. Spirito a Roma: cfr. E. D. H o w e, Art and Culture at the Sistine Court. Platina’s “Life of Sixtus IV” and the Frescoes of the Hospital of Santo Spirito (Studi e Testi 422), Città del Vaticano 2005. 285. Risale in gran parte a periodi successivi il ricco patrimonio artistico di S. Spirito in Sassia: L. C a r d i l l i, Il Palazzo del Commendatore di Santo Spirito, Roma 1998. 286. Per un confronto con un esempio preso dall’ambiente di un ordine militare (qui dell’Ordine Teutonico) vedi A. S. L a buda,DieSpiritualität des Deutschen Ordens und die Kunst. Der Graudenzer Altar als Paradigma, in: N o w a k, Die Spiritualität (come nota 87) pp. 45-73. 287. Per questo altare vedi qui solo C l é m e n t z, Les Antonins d’Issenheim (come nota 56) p. 271ss. (con vasta bibliografia) e adesso – ma non molto interessato agli aspetti terapeutici – G. R e a l e, I misteri dell’Altare di Isenheim di Grünewald, Milano 2006, in particolare p. XXXIV. Vedi per le ben 14 erbe medicinali rappresentate nell’opera che servivano agli Anto- niani per le loro cure mediche W. K ü h n, Grünewalds Isenheimer Altar als Darstellung mittelalterlicher Heilkräuter, Kosmos: Handweiser für Naturfreunde 44/12 (1948) pp. 327-333 (consultabile sotto www.joerg-sieger.de/isenheim/texte/hinweis/i_10fa.htm#lit). Cfr. E. C l é m e n t z, Vom Balsam der Antoniter, Antoniter-Forum 2 (1994) pp. 13-21. 288. Vedi M e i f f r e t, Saint Antoine (come nota 109) p. 55ss. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 67 statuti degli ospedali, ed è di solito non moltissimo quello che si evince da queste fonti.289 Sappiamo di determinate cure applicate dagli Antoniani di Vienne, impegnati e specializzati nella lotta contro il “fuoco sacro” (non è sempre chiaro se si tratti di ergotismo o di herpes zooster).290 Sarebbero da approfondire le vie di comunicazione fra le singole case. Come si divulgavano certe conoscenze e terapie mediche? Sfogliando gli atti amministrativi dei nostri enti, purtroppo, impariamo di solito molto degli aspetti economici e organizzativi, ma molto meno, salvo alcune felici eccezioni (come appunto le cure degli Antoniani), sul trattamento dei malati.291 Ma sarebbero anche da chiarire possibili scambi fra diversi ordini ospedalieri per quanto concerne l’assistenza medica. Noto è il modello del famoso ospedale dei Giovanniti a Gerusalemme.292 Ma gli standard raggiunti lì (e in seguito a Rodi) difficil- mente si poterono imitare in Occidente. Invece, almeno qualche ordine ac- quistava una certa fama in un settore speciale – come, appunto, quello di S. Antonio per l’ergotismo, i Lazzariti per la lebbra e il S. Spirito per la cura dei neonati (esposti) e degli orfani – che gli permise di integrarsi nel quadro più ampio dell’assistenza medica nel medioevo su scala regionale.293 Non rara-

289. Attinge largamente dalla regola di Altopascio U . C e c c a r e l l i, La “Regula” dei Frati Ospedalieri del Tau nei suoi riferimenti all’igiene ed alla medicina, Giornale storico della Lunigiana e del territorio lucense 16 (1965) pp. 87-91. Alla regola di S. Spirito si rifà F. L a C a v a, L’ordine di Santo Spirito precursore dell’assistenza ospedaliera, in: Atti del primo Congresso (come nota 26) pp. 667-675: 672 elencando fra i meriti del nosocomio romano l’introduzione del “reparto di maternità” (cap. XLI della regola) e dell’attribuzione di una culla a ciascun neonato (cap. LIX) nonché della “Rota” per i bambini abbandonati. 290. Vedi – da una vasta bibliografia – C l é m e n t z, Les Antonins d’Issenheim (come nota 56) p. 68ss. nonché F e n e l l i, Il tau (come nota 56) p. 174ss. che ricostruisce attraverso testi cronachistici e trattati di medicina le terapie messe in atto negli ospedali antoniani. 291. Particolare attenzione si presta di solito alla prima comparsa di medici fissi negli ospedali. Per quanto concerne il S. Spirito si può rinviare a A. E s p o s i t o, Assistenza e organizzazione sanitaria nell’ospedale di Santo Spirito, in: L’Antico Ospedale di Santo Spirito (come nota 55) I, pp. 201-214: 210. Vedi in generale K. P. J a n k r i f t, Krankheit und Heilkunde im Mittelalter (Geschichte Kompakt, Mittelalter), Darmstadt 2003, pp. 51-57; I d., Mit Gott und schwarzer Magie. Medizin im Mittelalter, Darmstadt 2005, in particolare p. 92ss e I d., Herren Kranke, arme Sieche. Medizin im mittelalterlichen Hospitalwesen, in: B u l s t/ S p i e ß (a cura di), Sozialgeschichte (come nota 44), pp. 149-167: 161ss.. 292. Cfr. T. S. M i l l e r, The Knights of Saint John and the Hospitals of the Latin West, Speculum 53 (1978) pp. 709-733; L u t t r e l l, The Hospitallers’ Medical Tradition (come nota 51). Nel volume di N i c h o l s o n (a cura di), Military Orders (come nota 50) sono da considerare i contributi della parte I (“Welfare”) di Benjamin Z. Kedar (“A 12th-century description of the Jerusalem Hospital”), di Susan Edgington (“Medical care in the Hospital of St John in Jerusalem”) nonché di Christopher Toll (“Arabic medicine and hospitals in the Middle Ages: a probable model for the military orders’ care of the sick”). 293. Ciò si evince da P. A d a m, Charité et assistance en Alsace au Moyen Âge (Publi- cations de la société savante d’Alsace et des régions de l’Est. Grandes publications 22), 68 Andreas Rehberg mente gli ospedali dei nostri ordini erano esposti alla generale tendenza di trasformarsi in istituti per pochi beneficiati (“Pfründanstalten”) e di perdere la funzione medica.294

X. Conclusione Meno forti e strutturati di altri ordini molto più grandi, come i France- scani e i Domenicani, gli ordini ospedalieri riuscirono ugualmente a conqui- starsi un ruolo non trascurabile nel mondo della vita regularis, non da ultimo per merito della mano ordinatrice del papato interessato a un minimo di uniformità e regolarità (ne sono prova i ben noti canoni del IV concilio Lateranense). Si può osservare inoltre un notevole scambio reciproco fra le istituzioni in questione. Sono però innegabili gli handicap strutturali di queste comunità, che soffrirono spesso della lontananza della casa madre e dal fatto che le reti delle filiali erano poco omogenee, cioè – diversamente da quanto si era realizzato per esempio negli ordini mendicanti diffusi ovunque – le singole filiali degli ordini ospedalieri erano spesso molto distanti l’una dal- l’altra e non mancavano vaste zone dove questi ordini non erano minima- mente rappresentati. Anche se non si vuole qui anticipare e tanto meno condizionare future ricerche, si può già adesso notare che si avvertivano in queste istituzioni forze centrifughe molto più forti che in altri contesti. Cer- tamente, nell’ordine il senso unitario era rafforzato innanzitutto dall’obbliga- ta appartenenza ad una comune vocazione – quello che si usa definire “l’idea guida spirituale” (“spirituelle Leitidee”) –, cioè il postulato di aiutare il prossimo bisognoso e in particolare il malato. In più si può distinguere nella questua ad ampio raggio geografico un elemento che si rivelò di primaria importanza per la penetrazione e strutturazione del territorio in questi ordini. I questores raggiungevano anche le regioni più remote e propagavano in modo eccellente gli ideali del loro ordine esaltando i meriti delle loro case principali nel campo dell’assistenza ai bisognosi e pellegrini.295 Giovava anche alla posizione del centro dell’ordine il fatto che l’attività di questi collettori dipendeva dall’attrattività delle indulgenze che erano state concesse innanzitutto alla casa madre. Ma il settore della questua ha anche portato alla

Strasbourg 1982, pp. 203ss. (Antoniani); 214ss. (il S. Spirito). 294. Vedi sopra nota 229. Per la vasta tipologia di “ospedali” medievali e il loro sviluppo vedi M a t h e u s (a cura di), Funktions- und Strukturwandel (come nota 52); B u l s t/S p i e ß (a cura di), Sozialgeschichte (come nota 44) e G. D r o s s b a c h (a cura di), Hospitäler in Mittelalter und Früher Neuzeit. Frankreich, Deutschland und Italien. Eine vergleichende Geschichte (Pariser Historische Studien 75), München 2007. 295. M i s c h l e w s k i, Einleitung (come nota 89) p. 38 ricorda la propaganda orale degli Antoniani. Una categoria di ordini religiosi poco studiata 69 luce un altro difetto strutturale di questi ordini, cioé lo scarso numero di membri dell’ordine stesso, che costringeva gli ordini ad impiegare questores professionali i quali toglievano ai frati, ormai diventati canonici regolari, l’incomodo di sottoporsi ai fastidi dei lunghi viaggi. Non è stato ancora considerato il mondo delle sezioni femminili di questi ordini e le fondazioni proprie di ordini ospedalieri femminili.296 Importante sarebbe anche il confronto delle usanze e strategie dei grandi ordini ospeda- lieri con altre realtà e tradizioni assistenziali diffusi presso altri ordini ed enti.297 Per quanto riguarda le reti di ospedali non trasformati in un ordine vero e proprio è particolarmente interessante il caso di S. Maria della Scala a Siena, poiché questo ricco ospedale, con tante case dipendenti nelle vici- nanze della città, cercò, alla fine del XIII secolo, di trasformarsi tramite il dovuto ricorso alla Curia in un ordine.298 L’ente però presto rinunciò a tale proposito per accontentarsi di restare sotto l’influsso delle élites del comune di Siena, che permettevano all’ospedale senese di continuare ad accentrare su di sé le loro ambizioni locali senza dover temere il controllo da un potere esterno alla città come il papato.299 In più si può pensare ai tanti ospedali di

296. Relativamente poco si sa in generale dello sviluppo delle comunità femminili aggre- gate di solito agli ordini militari e ospedalieri. Vedi H o u r l i e r, L’âge classique (come nota 4) pp. 399-403; F. T o m m a s i, Uomini e donne (come nota 246) e adesso A. L u t t r e l l/H. J. N i c h o l s o n (a cura di), Hospitaller Women in the Middle Ages, Aldershot 2006. Cfr. per le sorores di S. Spirito e le congregazioni femminili di questo nome in Francia (Polignac) e in Polonia R a n o, Ospitaliere (come nota 62). Fra le fondazioni proprie di ordini ospedalieri femminili spicca l’ordine delle Hospitalières de S. Marthe fondato nel 1443 da Nicola Rolin a Beaune in Borgogna: G. R o c c a, Ospedaliere di Santa Marta, in: DIP, VI, Roma 1980, coll. 968-970. Vedi in generale Les religieuses dans le cloître et dans le monde des origines à nos jours: Actes du deuxième colloque international du C.E.R.C.O.R., Poitiers, 29 septembre-2 octobre 1988 (C.E.R.C.O.M., Travaux et recherches 4), Saint-Étienne 1994 (d’importanza per gli ordini ospedalieri è G. C i p o l l o n e, Le sorelle dell’ordine della Trinità e dei “captivi” [XIII s.], pp. 531-538) e S. T h o m p s o n, Women Religious, The Founding of English Nunneries after the Norman Conquest, Oxford 1991, pp. 38-53 (“Links with Hospitals”) e 50-53 (per il ramo femminile dei Giovanniti). Importanti sono le considerazioni intorno al fenomeno delle “case doppie” in generale in St. H a a r l ä n d e r, Doppelklöster und ihre Forschungsge- schichte, in: E. K l u e t i n g (a cura di), Fromme Frauen - unbequeme Frauen? Weibliches Religiosentum im Mittelalter (Hildesheimer Forschungen 3), Hildesheim-Zürich-New York 2006, pp. 27-44 (ringrazio Maria Pia Alberzoni per la segnalazione). 297. Vedi sopra p. 42. 298. Con un abbozzo per una regola propria per un ordo seu religio fratrum hospitalis beate Marie virginis gloriose ante gradus maioris ecclesie Senensis G. S a n e s i, L’origine dello Spedale di Siena e il suo più antico statuto, Siena 1898, pp. 67-74. 299. Cfr. i retroscena M. P e l l e g r i n i, La comunità ospedaliera di Santa Maria della Scala e il suo più antico statuto (Siena 1305) (Collana del Dipartimento di Storia dell’Università 70 Andreas Rehberg importanza locale, non legati ad un ordine e spesso fondati da laici o dai comuni, che in piccolo seguivano strategie tipiche degli ordini ospedalieri, come per esempio la questua.300 Indiscussa è anche la comune importanza della memoria liturgica legata agli ospedali medievali.301 Per quanto concerne gli ordini ospedalieri nell’età moderna il quadro cambia. Solo nel secolo XVI nascono gli ordini dei Fatebenefratelli e dei Camilliani, che corrispondono ad un nuovo tipo di ordine ospedaliero più adeguato ai tempi moderni.302 Ma resta da interrogarsi quanto persisteva ancora del modello degli ordini affini medievali, se consideriamo che lo specifico quarto voto di assistenza agli infermi, praticato nell’ordine di S. Spirito, fu imitato dai Camilliani, il cui fondatore, S. Camillo de’ Lellis, aveva fatto il tirocinio proprio nell’ospedale di S. Spirito in Sassia a Roma.303

di Siena 3), Pisa 2005. Per l’espansione dell’ospedale vedi St. R. E p s t e i n, Alle origini della fattoria toscana: l’Ospedale della Scala di Siena e le sue terre (meta ‘200-meta ‘400), Firenze 1986, p. 56ss. 300. Vedi l’esempio dell’hospitalis novus (“della Stella”) a Spoleto in S e n s i, Vita di pietà (come nota 264) p. 378ss. 301. Vedi S. B o r d i n i, La costruzione della memoria: l’ospedale medievale nelle narrazioni storiche parmensi, in: R. G r e c i (a cura di), L’ospedale Rodolfo Tanzi in età medievale, Bologna 2004, pp. 345-375 e adesso Th. F r a n k, Die Sorge um das Seelenheil in italienischen, deutschen und französischen Hospitälern, in: D r o s s b a c h, Hospitäler in Mittelalter (come nota 294) pp. 215-224. 302. G. R u s s o t t o, San Giovanni di Dio e il suo ordine Ospedaliero. Roma 1969 e P. S a n n a z z a r o, Storia dell’Ordine Camilliano (1550-1699), Torino 1986. 303. L a C a v a, L’ordine (come nota 114) p. 669ss. Non si interessa del contesto storico invece G. R u s s o t t o, Origine ed evoluzione storica del voto di ospitalità dei Fatebenefra- telli, Roma 1978. I. GLI ORDINI RELIGIOSO-MILITARI

Roberto Greci L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia

Solo recentemente sono stato sollecitato ad occuparmi dell’ordine di S. Giovanni così come, sempre recentemente, ho cominciato ad interessarmi di storia ospedaliera.1 Questi nuovi interessi mi hanno avvicinato a questioni che, in qualche misura, si situano entro le finalità di questo incontro. Tuttavia, proprio per le ragioni che dicevo, il mio intervento avrà uno scopo, per così dire, introduttivo; considerazioni e risultati più puntuali e concreti verranno senza dubbio forniti dalle colleghe che mi seguiranno, che vantano compe- tenze su temi di ricerca coerenti con l’argomento proposto. Complessivamente, i nostri contributi stanno a dimostrare un interesse e un orientamento di studio. Già le ricerche degli organizzatori di questa giornata sollecitano riletture e riorientamenti di alcune nostre riflessioni; dunque, la nostra partecipazione rappresenta un’utile occasione di confronto e di crescita e di ciò ringraziamo i colleghi. Come ultima precisazione, dirò che il questionario da me proposto al momento dell’adesione all’incontro risulta troppo ampio; non potrò certo toccare in maniera soddisfacente tutte le questioni lì elencate. Solo alcune verranno privilegiate, quelle che riguardano più da vicino l’oggetto dell’in- contro, e cioè i rapporti centro/periferia, colti in particolare su tre aspetti: quello delle origini, quello della natura militare dell’ordine e quello dell’as- setto organizzativo.

Le origini La nascita e gli sviluppi dell’ordine sono noti, per quanto possibile, nelle linee essenziali. È del 1027 l’accordo tra l’imperatore bizantino Costantino VIII e il califfo fatimide per il restauro delle chiese distrutte al tempo di

1. R. G r e c i, Prime presenze gerosolimitane nell’Emilia occidentale e nella bassa Lom- bardia, in: J. C o s t a R e s t a g n o (a cura di), Riviera di Levante tra Emilia e Toscana. Un crocevia per l’Ordine di San Giovanni, Atti del Convegno, Genova-Chiavari-Rapallo, 9-12 settembre 1999, Bordighera 2001, pp. 405-420; R. G r e c i (a cura di), L’Ospedale Rodolfo Tanzi di Parma in età medievale, Bologna 2004. 74 Roberto Greci al-Hakim, che, tra X e XI secolo – guadagnandosi l’epiteto di “folle” –, aveva cominciato a perseguitare cristiani ed ebrei, impedendo per un decennio il pellegrinaggio sui luoghi santi. Non molto tempo dopo la morte di al-Hakim, avvenuta nel 1021, e cioè nel 1048, i Bizantini ricostruirono infatti l’anastasis – ovvero la rotonda a nove colonne che contiene il sepolcro di Cristo –, mentre i Latini misero mano al rifacimento e all’ingrandimento della basilica, com- prensiva del Calvario, che venne consacrata nel 1149. Si trattava del com- plesso risalente all’imperatore Costantino, presso il quale la tradizione colloca un ospizio aggiunto in età carolingia, realizzato grazie agli accordi intercorsi tra Carlo Magno e il califfo Harun al-Rashid, destinato ad ospitare gli occi- dentali giunti in pellegrinaggio devozionale a Gerusalemme. In questo fervo- re di ricostruzione e – non trascuriamolo – di riattivazione di rapporti com- merciali con l’area siro-palestinese, gli Amalfitani, considerati sudditi del basileus,2 ma per tradizione in buoni rapporti anche con il mondo arabo, fecero erigere (o semplicemente restaurare) presso il Santo Sepolcro un ospedale, nonché il monastero di Santa Maria e una chiesa.3 Insomma, non è forse irragionevole pensare che essi avviassero un terzo lotto di lavori, che, dopo il rifacimento dell’anastasis e della basilica, si proponeva di recuperare il complesso ospedale-monastero-chiesa. E questa nuova fase avvenne con una certa gradualità. Dapprima, si dovette mettere mano al monastero (con chiesa) denominato di Santa Maria Latina, che fu affidato poi a cluniacensi italiani e che sarebbe stato ben presto affiancato da altre strutture religiose, quali un oratorio e un monastero femminili. In segui- to, la capacità di attrazione del complesso religioso, collegata all’intensifica- zione dei pellegrinaggi e degli arrivi di occidentali, generò ulteriori espansio- ni. Mentre i luoghi di devozione non avevano in sé particolari potenzialità di sviluppo, diverse erano le strutture votate all’ospitalità; i monaci di Santa Maria Latina, pertanto, al fine di fare fronte alle aumentate richieste, fecero a loro volta “costruire” un ospedale con annessa cappella dedicata a s. Gio- vanni, non sappiamo se Elemosiniere (il patriarca di Alessandria nel VI secolo) oppure Battista.4 Forse, in questa iniziativa si può cogliere il segno

2. M. B a l a r d, Consoli d’Oltremare (secc. XII-XV), in: G. P e t t i B a l b i (a cura di), Comunità forestiere e “nationes” nell’Europa dei secoli XIII-XVI, Napoli 2001, pp. 83-94. 3. A. B e l t j e n s, Aux origines de l’ordre de Malte, Bruxelles 1995, p. 50ss. 4. La dedicazione al Battista è sostenuta da A. L u t t r e l l, The Earliest Hospitallers, in: B. K e d a r/J. R i l e y-S m i t h/R. H i e s t a n d (a cura di), Montjoie. Studies in Crusade History in Honour of Hans Eberhard Mayer, Aldershot 1997, p. 38, mentre il cambio di dedicazione dopo la conquista crociata della città santa è sostenuto, in sintonia col racconto di Guglielmo di Tiro, da B e l t j e n s, Aux origines (come nota 3) e da J. R i l e y - S m i t h, The Knights of St. John in Jerusalem and Cyprus, 1050-1310, Londra 1967. L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 75 della volontà di rivitalizzare l’edificio – o semplicemente la memoria (reale o costruita) – del precedente ospedale d’età carolingia. Riprendeva così fiato una presenza occidentale capace di tenere testa alla chiesa costantinopolitana. Resta incerta la cronologia di queste novità edilizie, che molti studiosi tendono a collocare prima dell’occupazione turca (1071), ma che potrebbero anche situarsi più verosimilmente entro il 1070 e il 1080, se è vero che la nuova dominazione (1071-1098) non rappresentò subito un’inversione di tendenza rispetto alla precedente situazione fatimide, come dimostra il fatto che il controllo del Santo Sepolcro restò tranquillamente in mano bizantina, e se è vero che anche il primo periodo delle presenze occi- dentali in Gerusalemme non generò scontri con la chiesa greca. I monaci affidarono infatti il “nuovo” ospedale a Frate Gerardo (l’Ospedaliero), di pro- babile provenienza amalfitana; ciò risulta in sintonia con la genesi dell’intero complesso religioso dal quale l’ospedale era scaturito, genesi che aveva visto l’intraprendenza della “nazione” amalfitana, desiderosa di punti di riferimento religiosi, ma non solo. Se la realtà che abbiamo evocato si situa in un quadro che rimanda agli anni precedenti la prima crociata, in seguito avverranno alcuni mutamenti, forse poco evidenti dal punto di vista documentario, ma alquanto significativi. Il clero greco, che (come si è detto) aveva mantenuto il controllo del Santo Sepolcro per tutto il periodo musulmano, era in seguito fuggito e ad esso vennero sostituendosi, dopo l’occupazione crociata (al tempo di Baldovino I), un patriarca e venti canonici secolari. Gerardo continuerà comunque ad essere presente in questo contesto anche dopo il 1099 e ciò lascia immaginare una situazione di sufficientemente tranquilla continuità. In realtà, qualcosa era cambiato. Innanzitutto dobbiamo mettere in conto le conseguenze dell’af- fermazione dell’idea di crociata e il concreto esito della medesima; sulla realtà gerosolimitana, cioè, si andavano proiettando progetti pontifici e robu- sti processi di latinizzazione. Tutto ciò si rifletterebbe anche nel probabile mutamento di dedicazione dell’ospedale, che da S. Giovanni Elemosiniere sarebbe passata a S. Giovanni Battista. In verità risulta assai discussa, e tutto sommato incerta, l’idea di attribuire alla superiore volontà di Urbano II – e quindi ad un preciso disegno pontificio – l’istituzione di un ospizio indipendente a Gerusalemme, perché probabil- mente il papa a Clermont aveva espresso l’idea (ma solo l’idea) di dare vita a una struttura da lui controllata.5 Si ritiene tuttavia che Gerardo, dopo la presa

5. Vedi le diverse opinioni espresse da M. M a t z k e, De origine Hospitalariorum Hie- roslymitanorum. Vom klösterlichen Pilgerhospital zur internationalen Organisation, Journal of Medieval History 22 (1996) pp. 1-23 e L u t t r e l l, The Earliest Hospitallers (come nota 4) p. 46. 76 Roberto Greci di Gerusalemme, costruisse un nuovo e più grande ospedale sottratto alla tutela benedettina, inglobando la chiesa di S. Giovanni Battista.6 Primaedopo l’occupazione crociata, egli rivestì dunque un ruolo di primo piano nella gestione di strutture ospedaliere, già esistenti o create ex novo o comunque ampliate, pronte a prendere atto di una intensificazione dei pellegrinaggi e disponibili ad orientarsi diversamente a causa del processo di latinizzazione di cui sopra si parlava. Gerardo era evidentemente persona idonea per gestire i cambiamenti: lo era stato nel contesto fatimide-turco, quando venne comun- que garantito l’assetto monastico esistente e la presenza della chiesa greca, e lo era nel nuovo contesto crociato, progressivamente teso a superare quella eredità. Era insomma la personificazione di un’effervescenza indipendente da una precisa progettualità pontificia, che marciava su binari propri e che, grazie a persone che avevano maturato esperienze concrete in un contesto particolarmente fluido, manifestava grande duttilità. Nel 1113 Pasquale II doveva riconoscere la validità di quella efferve- scenza; con la bolla Pie postulatio voluntatis riconobbe il “nuovo” ospedale come struttura indipendente posta sotto la sua diretta protezione, capace di avere filiazioni tra gli ospizi creati in Europa.7 Tanto esito qualifica come non privi di significato episodi quali i mutamenti di dedicazione – di cui già si è detto – e di assetto delle istituzioni religiose presenti in loco.Inquestiaspetti, e non solo nelle più o meno rilevanti novità delle strutture materiali, vanno ricercati i segnali del nuovo, le tracce di un processo di rifondazione. Così, negli anni in cui il patriarca di Gerusalemme obbligò i canonici del Santo Sepolcro a vivere in comunità secondo la cosiddetta regola di sant’Agostino (autorizzazione concessa nel 1114 e confermata da Callisto II solo nel 1122)8 l’ospedale cominciò a scollegarsi dal monastero originario. Prova ne è il fatto che i fratelli dell’ospedale di Gerardo fino al 1099 seguirono gli uffici reli- giosi dei monaci-chierici di Santa Maria Latina, mentre, dopo il 1100, chie- sero ai canonici del Santo Sepolcro di celebrare nella loro chiesa di S. Gio- vanni Battista.9 Da realtà collegata/integrata a un ente monastico l’Ospedale si avvicinava ai canonici regolari, diventava struttura funzionale al Santo

6. A. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo. Gli ordini religioso-militari del medioevo. XI-XVI secolo, trad. ital., Milano 2002, p. 35. 7. B e l t j e n s, Aux origines (come nota 3) pp. 437-438; per la documentazione ponti- ficia relativa ai Giovanniti, si veda R. H i e s t a n d, Papsturkunden für Templer und Johanniter, 3 voll. (Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften in Göttingen, Philologisch-historische Klasse 77 e 135), Göttingen 1972-1983. 8. L’atto del 1114 è consultabile in G. B r e s c - B a u t i e r (a cura di), Le Cartulaire du Chapitre du Saint-Sépulcre de Jérusalem, Paris 1984, n. 20, p. 74. 9. J. P. d e G e n n e s, Les Chevaliers du Saint-Sépulcre, Paris 1995, p. 190-192. L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 77

Sepolcro e si raccordava più da vicino alle istituzioni ecclesiastiche locali in via di consolidamento. Va notato in ogni caso che, in questo processo di “sradicamento”, di autonomia, di latinizzazione e di crescita di importanza, che lentamente trasformerà la nuova realtà in un punto di riferimento per l’intera cristianità, Gerardo non appare più. Nel processo di orientamento verso Roma conse- guente all’impresa crociata e ad una più incisiva presenza occidentale in Gerusalemme, l’attività ospedaliera garantiva il rafforzamento e l’amplia- mento della presenza pontificia nel centro reale e simbolico della storia e della cultualità cristiana. Per certi aspetti si potrebbe dire che veniva raccolta, in qualche misura, l’eredità dell’ospedale già attribuito a Carlo Magno; solo mutava l’autorità di riferimento, passando da quella imperiale a quella di un papato che perseguiva una strategia universale. L’Ospedale, diventando uno dei momenti di questa strategia, un elemento periferico di un papato deciso a muoversi attivamente nel nuovo scenario medio-orientale, garantiva a se stesso inimmaginabili possibilità di espansione. La questione delle origini, pertanto, rivela dinamiche che rimandano sia a forze storicamente presenti in loco, sia a forze provenienti da lontano. Già in queste premesse è difficile parlare di centro e di periferia, elementi che mutano e si sostituiscono vicen- devolmente a seconda del punto di osservazione prescelto, l’ordine cioè che si sarebbe costituito e il centro che ad esso avrebbe dato patente di legittimità. E ciò risulta massimamente vero per gli ordini militari, caratterizzati da una vita religiosa oscillante “tra universalismo e particolarismo”.10 Dunque, un’altra questione andrebbe considerata, e cioè quella dei rap- porti tra Ospedale, in fase di sensibili trasformazioni, e poteri, ivi compresa quella struttura ecclesiastica che andava prendendo corpo nei principati latini d’Oriente e che in parte conosciamo, grazie ai non pochissimi studi condotti in questi ultimi decenni; dico “in parte” a causa dei limiti imposti dalla scarsità e dalla aleatorietà della documentazione.11 Ma non v’è dubbio che le novità connesse alla nascita e al rafforzamento dell’ente passino anche attra- verso i rapporti con le istituzioni e con le forze politiche territoriali. In breve volgere di anni, infatti, l’ideale progetto di strutturazione di uno stato teocra- tico in Gerusalemme (esito “naturale” della affermazione dell’idea di crociata

10. K. E l m, Gli ordini militari. Un ceto di vita religiosa fra universalismo e particolari- smo, in: E. C o l i/M. D e M a r c o/F. T o m m a s i (a cura di), ‘Militia Christi’. Gli ordini militari tra Europa e Terrasanta, Perugia 1994, pp. 9-28. 11. Ricordiamo solo i lavori di H. E. M a y e r, Bistümer, Klöster und Stifte im Königreich Jerusalem, Stuttgart 1977, di B. H a m i l t o n, The Latin Church in the Crusader States. The Secular Church, London 1980 e di J. P r a w e r, Histoire du Royaume latin de Jérusalem, 2 voll., trad. franc., Parigi 1975 (2ª ed.). 78 Roberto Greci e di certi pronunciamenti risalenti a Gregorio VII 12) si esaurì rapidamente; alla morte di Goffredo di Buglione, il quale si definiva solo advocatus Sancti Sepulchri e teneva (come Boemondo di Antiochia) i nuovi dominî a titolo di investitura vassallatico-beneficiaria dal legato pontificio, si passò, con l’au- toproclamazione di Baldovino a re dei latini di Gerusalemme, ad un raffor- zamento del potere regio sulla Chiesa. Il capitolo canonicale del Santo Sepol- cro di cui si è parlato, dovendo a questo punto presentare due candidati al re, al quale sarebbe toccata la scelta del patriarca della città, diventava strumento di questa politica. Siamo lontani dalla libertà con cui i prelati latini avevano proceduto alla elezione dei primi due patriarchi, Arnolfo Malacorona e Dai- berto da Pisa.13 Insomma, il legame tra l’Ospedale e il capitolo del Santo Sepolcro starebbe ad indicare un inserimento di quello entro la struttura ecclesiastica locale soggetta a forze contrastanti, aspirazioni autonomistiche da un lato e dipendenza dal potere regio dall’altro.

La natura militare Il progetto di stato teocratico, si è detto, avrebbe comportato l’idea di usare gli ordini cavallereschi come propria forza militare.14 In realtà in questa prima fase non si può ancora parlare di ordini e, anche in seguito, nel caso dei Gersolimitani, la stessa natura militare dell’istituzione andrebbe attenta- mente considerata. È dunque alquanto problematico ravvisare da subito nel- l’ente ospedaliero, che pure andava fortemente trasformandosi, lo strumento di un preciso progetto centralizzante. Certo è che, di fronte al rafforzamento del potere regio sulla chiesa gerosolimitana, la curia romana dovette guardare anche ad esso con attenzione. Ed è nella temperie che tendeva a porre in stretta relazione il capitolo canonicale con il potere regio, che dovette farsi strada l’esigenza di segnare precise distinzioni tra capitolo e Ospedale. La solleci- tazione della bolla del 1113 era in qualche misura la risposta all’eventuale rischio di perdere la dimensione autonomistica. L’intervento pontificio, in- fatti, individuava nell’Ospedale un soggetto che poteva contribuire a sottrarre al monopolio regio luoghi significativi per l’intera cristianità, un soggetto capace di rafforzare il crescente interesse verso i luoghi santi, ponendosi come collettore di tutte le donazioni, di qualsiasi genere, indirizzate al Santo Sepolcro. E ciò si traduceva, implicitamente, in un depotenziamento del

12. J. F l o r i, Le crociate, Bologna 2001, p. 19ss. 13. Cfr. J. P r a w e r, Colonialismo medievale. Il regno latino di Gerusalemme, trad. ital., Roma 1982, pp. 195-97. 14. B. F i g l i u o l o, Chiesa e feudalità nei principati latini d’Oriente durante il XII secolo, in: Chiesa e mondo feudale nei secoli X-XII. Atti della dodicesima Settimana interna- zionale di Studio, Mendola, 24-28 agosto 1992, Milano 1995, pp. 375-410. L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 79 capitolo canonicale, implicato nei rapporti con il patriarcato ed il potere regio. La conseguenza era che l’Ospedale veniva dotato di una precisa e “speciali- stica” funzione e questo senza dubbio faceva sì che l’ente cominciasse a maturare una autocoscienza, prescindendo dai rapporti con le istituzioni ec- clesiastiche locali.15 Insomma, il fallimento del progetto di stato teocratico si sarebbe in realtà trasformato, più realisticamente e proficuamente, in una attenzione crescente verso le potenzialità insite nell’Ospedale, potenzialità che si sarebbero rivelate anche di natura militare. Una apparente contraddizione che invita a riprendere in considerazione il problema della militarizzazione dell’ordine, a lungo dibattuto e difficilmen- te risolvibile, anch’esso collegato in qualche misura al problema posto dal binomio centro-periferia e, nel caso specifico, alla complessa trama di rap- porti dell’ente con il papato da un lato e con i poteri territoriali dall’altro. Se si prendono in considerazione alcune testimonianze di donazioni all’Ospeda- le, vediamo che nel XII secolo destinatari frequenti di esse sono Dio, il Santo Sepolcro, S. Giovanni (ovvero l’Ospedale di Gerusalemme, ovvero i poveri dell’Ospedale). Tra le fonti narrative che ne recano memoria, vale la pena citare quella prodotta da Albert d’Aix, che ricorda una donazione di 1000 bisanti fatta da Ruggiero di Puglia († 1111), fratello del principe di Antiochia Boemondo. Un terzo del lascito era destinato ai canonici del Santo Sepolcro perché pregassero, un terzo al re di Gerusalemme perché facesse la guerra, un terzo all’Ospedale perché compisse azioni caritatevoli. Si tratta di una distinzione netta e precisa, che richiama quella – ben più nota – della società tripartita, con la semplice sostituzione del terzo elemento della triade: dopo oratores e bellatores – al posto dei laboratores che in questo contesto neppure compaiono – ecco che appaiono gli Ospedalieri. Come si vede le finalità degli Ospedalieri, in questo assetto tripartito e gerarchico, non sono direttamente militari, ma è difficile negare un’evidenza: ci troviamo cioè davanti ad uno schema modellato sulle caratteristiche e sulle esigenze di una società in uno stato eccezionale di guerra. I canonici regolari pregano, gli Ospedalieri assistono e il potere regio (cui negli anni Venti si affiancheranno i Templari, ordine sviluppatosi da milites stanziati presso il

15. Vedi una lettera di Raimondo de Puy, non datata, simile, nell’incipit, ad un proclama in cui si fa strada l’autocoscienza della dimensione universale dell’ente (universis fratribus … tam vicinis quam longe positis sub titulo S. Hospitalis Ierusalem ubique terrarum manentibus) e la percezione che la sua coesione e funzione siano garantite dalla corretta gestione di elemosine e possessi che devono affluire al centro (neque ulterius de elemosinis Sanctissimi Sepulchri vel possessionibus … quidquam auferre … vel … retinere presumatis); cfr. S. P a u l i, Codice diplomatico del Sacro Militare Ordine Gerosolimitano, oggi di Malta, 2 voll., Lucca 1733-1737: I (Diplomi magistrali), pp. 36-37 doc. XXXV. 80 Roberto Greci

Santo Sepolcro o presso l’Ospedale) sostiene il peso dell’organizzazione militare.16 La realtà gerosolimitana presentava una complessità che andava distinta, potenziata, regolarizzata al fine di orientare le molteplici funzioni, tutte presenti nel fulcro della Cristianità divenuto particolarmente caldo, alla difesa (e nel caso allo scontro) sia nei confronti degli infedeli, sia – per ragioni e con modalità diverse – nei confronti dei bizantini o, meglio, della chiesa bizantina. In questo schema tripartito gli Ospedalieri occupavano la posizione più bassa, l’ultimo gradino della gerarchia, ma si vedevano riconosciuta in termini inequivocabili una missione che garantiva loro l’autonomia e che ancora, come si può ben vedere, ha natura assistenziale. Partendo da questa distinzione, è difficile sostenere l’esistenza di una funzione o di un progetto di militarizzazione dell’Ospedale (auto- o eterodi- retto) non solo prima del 1129, anno in cui, con il concilio di Troyes, vengono riconosciuti i Templari, i quali vanno invece considerati senza alcun dubbio un ordine religioso-militare; ma anche dopo quella data.17 Poco significativi appaiono, infatti, i riferimenti all’esistenza di funzioni e di strutture contenuti in alcune fonti, già interpretati da alcuni in senso militare. Al 1126, ad esempio, risale memoria dell’esistenza di conestabili, ma tali figure non sono certo una prerogativa di una organizzazione militare.18 È vero inoltre che in alcuni documenti appaiono individui, tra i fratres, definiti cavalieri (milites), ma la qualifica è una qualifica che rimanda al ruolo secolare dei soggetti in questione, non ad una dimensione assunta entrando nell’ente ospedaliero. E un’organizzazione militare non va immaginata come esistente neppure nel 1131, anno a cui risale una bolla di Innocenzo II, che assegnerebbe agli Ospedalieri caratteristiche del tutto speculari rispetto all’ordine Templare. La bolla infatti è un falso inventato negli anni Ottanta del XII secolo e quindi di nessun valore probatorio. La costruzione del documento tradisce tuttavia una necessità o un desiderio che fu evidentemente portato avanti, non sappiamo con precisione da quando, per orientare la realtà ospedaliera in tal senso. Anzi, Innocenzo II, sia in occasione dell’esenzione delle decime agli Ospe- dalieri (1137), sia nella bolla Quam amabilis Deo (1139-1143), restituiva

16. Per l’ordine dei Templari, vedi A. D e m u r g e r, Vie et mort de l’ordre du Temple, Paris 1985 e B. F r a l e, I Templari, Bologna 2004. 17. A. F o r e y, The Militarisation of the Hospital of St. John, Studia Monastica 26 (1984) pp. 75-89, ora anche in I d., Military Orders and Crusades, Aldershot 1994, IX. 18. J. D e l a v i l l e L e R o u l x, Cartulaire générale de l’ordre des Hospitaliers de S. Jean de Jérusalem, I, Paris 1894, p. 71, doc. 74; ma sul significato del termine (ufficiale amministrativo minore o addetto alle stalle), vedi H. P r u t z, Die geistlichen Ritterorden, Berlin 1908, p. 38 L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 81 un’immagine dell’ente ancora tutta incentrata sull’impegno assistenziale a poveri e pellegrini.19 Vi è poi quello stretto legame tra Ospedalieri e castelli, che ha invitato la tradizione a ravvisare nell’ordine precoci funzioni militari. Certo nel 1136 Folco d’Angiò, re di Gerusalemme, e nel 1142 il conte di Tripoli donarono agli Ospedalieri rispettivamente il castello di Bethgibelin e del Krac. Ma da qui ad assegnare all’ordine una funzione militare ne corre. Il nesso è com- prensibile solo quando si abbia l’idea che il castello sia struttura esclusiva- mente militare. Sappiamo ora che così non è. Lo sappiamo per l’Italia, dove è stato provato che il castello costituisce un elemento di popolamento, di organizzazione economica delle campagne, di consolidamento del potere locale e così via; ma questa polifunzionalità emerge anche in altri contesti, compreso quello medio orientale e crociato. Naturalmente la disponibilità di un luogo fortificato significava anche sicurezza garantita da forze armate, ma tali forze non erano necessariamente gestite, in prima persona, dai titolari del castello. E soprattutto non è possibile, da questo dato, inferire una strategia di funzionalità militare complessiva e coerente riferibile all’ente. Estraneità dei Gerosolimitani alla dimensione militare sarebbe attestata anche, ex silen- tio, da Giovanni da Salisbury, il quale, scrivendo al tempo della II crociata, quella bandita nel 1147 e fortemente voluta da s. Bernardo, mentre riportava notizie sui comportamenti guerreschi (e violenti) dei Templari, non registrava (al pari di altre fonti annalistiche coeve) alcuna critica di questo genere nei confronti degli Ospedalieri.20 Queste osservazioni portano a concludere che l’ente non andava strettamente modellandosi sulle necessità difensive del regno, le quali potevano essere presenti o, in certe circostanze, avanzare, anche se in maniera contingente. D’altronde studi specifici sugli ordini religioso-militari sembrano atte- stare che l’orientamento anche militare degli Ospedalieri non sia stata imme- diato. Le ricerche condotte da Forey sull’Aragona, ad esempio, sottolineano il fatto che in quel contesto una funzione militare degli Ospedalieri non può essere considerata anteriore al 1149 e, quindi, sensibilmente successiva alle azioni dei Templari, impegnati invece sul fronte della Reconquista già negli anni Trenta. Comunque, resta assai eloquente il fatto che una delle prime testimonianze di tale funzione pervenga proprio da questa realtà iberica, periferica rispetto alla sede gerosolimitana e teatro di una lotta contro gli infedeli assunta in prima istanza e con determinazione dai poteri politici

19. D e l a v i l l e L e R o u l x, Cartulaire (come nota 18) pp. 101-102 e 107-108 (docc. 122, 130). 20. J o h n o f S a l i s b u r y, Historia Pontificalis, ed. M. C h i b n a l l, Londra 1956, p. 57, cap. 25. 82 Roberto Greci locali. Inoltre resta il fatto che, precisazioni cronologiche a parte, la trasfor- mazione si presenti come conseguenza di un processo di imitazione (e/o di affiancamento) dell’ordine dei Templari. In seguito i Gerosolimitani verran- no utilizzati nelle campagne di Egitto (1164-69), testimoniando con questo l’avvenuta assunzione di un forte impegno militare e la disponibilità a rispon- dere alle sollecitazioni del potere politico. Ma a riprova di una fluidità ancora forte sul piano istituzionale, nel 1180 papa Alessandro III li invitava a pren- dersi cura dei pellegrini e a non combattere, a meno che (ed era questa l’unica eccezione) non fosse il re di Gerusalemme stesso a chiamarli per difendere il regno. In questo si ravvisa la percezione della straordinarietà della situazione crociata, la determinazione – da parte della Chiesa – di confermare il proprio rifiuto della guerra, nonostante avanzasse un parziale superamento del divieto riscontrabile nella riflessione di s. Bernardo al proposito e gli sviluppi della vicenda templare.21 Insomma, le finalità religiose non ostavano ad una lecita disponibilità a rispondere alle sollecitazioni del potere politico e dei suoi bisogni di difesa e di offesa; ma su un piano meramente “locale” e non come scelta strategica dell’ente. L’acquisizione di un ruolo politico (e quindi anche potenzialmente mili- tare) appare chiaramente in Terra Santa in occasione delle tormentate vicende susseguenti alla immatura morte del re Baldovino IV (1185); a seguito di questa scomparsa, si scatenarono congiure per la successione, che videro scontri tra le aspirazioni del reggente, Raimondo di Tripoli, e le soluzioni proposte dal siniscalco del regno Jocelin, il quale fece proclamare regina Sibilla, sorella del defunto re, destinata ad essere incoronata dal Patriarca. Le insegne reali erano però conservate in un cofano le cui chiavi erano possedute dal Patriarca e dai Maestri del Tempio e dell’Ospedale. Il Gran Maestro degli Ospedalieri gettò la sua chiave fuori dalla finestra, opponendosi a questa soluzione e dicendo che né lui né alcuno dei suoi cavalieri avrebbero assistito alla cerimonia. Il ruolo del Grande Maestro, la determinazione nell’esprimere la propria posizione dovettero influire non poco sulla piega che stavano prendendo gli eventi. Di lì a poco si sarebbe realizzata la conquista islamica di Gerusalemme,22 resa possibile dopo la battaglia di Hattin, battaglia in cui anche gli Ospedalieri, a fianco dei Templari, trovarono la morte a centinaia (1187).23 A questo punto la percezione, quanto meno esterna, dei due ordini come enti accomunati dalla loro natura militare è evidente. Il Saladino, che nutriva un forte odio per entrambi, non risparmiò dure ritorsioni nei loro

21. B e l t j e n s, Aux origines (come nota 3) p. 350. 22. F r a l e, I Templari (come nota 16) p. 84. 23. A. D e m u r g e r, Templiers et Hospitaliers dans le combat de Terre Sainte, in: M. B a l a r d (a cura di), Le Combattant au Moyen Âge, Paris 1995, pp. 77-96. L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 83 confronti; in essi, più che non nelle popolazioni locali che vennero trattate con mitezza, venivano ravvisati i nemici, l’anima bellicosa di una forza politica invasiva. Necessità contingenti e percezione esterna dovevano con- tribuire a fare crescere, in questo contesto medio-orientale, la coscienza di sé come forza militare. La realtà tuttavia si presenta ancora una volta più sfumata se il punto di osservazione si sposta alla vita interna dell’ente. Se questa sconfitta infatti preannunciò l’avvio delle sventure dei Templari, la cui funzione era stata da subito quella di combattere, minor danno, nonostante le perdite umane, arrecò agli Ospedalieri, i quali nelle originarie funzioni assistenziali potevano con- tinuare a trovar la loro profonda ragion d’essere. Ebbene, in questo momento di crisi politica, e nel racconto che ce lo tramanda, si misura non solo e genericamente il ruolo politico dell’ordine, ma anche la sua capacità (senza soggiacere a strategie di coordinamento) di muoversi autonomamente rispetto all’ordine dei Templari e del Patriarca, la sua propensione alla duttilità, in un contesto che avrebbe trovato giovamento da una politica di mediazione piut- tosto che da scontri frontali, cui forse gli Ospedalieri erano più inclini. Riflet- tendo su questi frangenti e su questa rovinosa sconfitta, sarebbe interessante chiarire se e quando le pratiche militari, fino ad allora assunte da alcuni appartenenti all’ordine in contesti periferici o a fronte di contingenze parti- colari, entrassero a fare parte integrante ed abituale della vita stessa dell’ente oppure non si risolvessero, più semplicemente, nell’impegno di milites che, collegati all’Ospedale, portavano in esso la propria “professionalità”. Rinunciando a ravvisare negli indizi del XII secolo questa trasformazio- ne, si è ritenuto che le strutture militari degli Ospedalieri siano descritte per la prima volta nei cosiddetti statuti di Margat (1203-1206), risalenti ad Alfonso di Portogallo allora Maestro dell’Ordine,24 ritenuto il “primo grande riformatore del diritto giovannita”,25 quasi a sottolineare la portata delle novità normative da lui introdotte, che in effetti riguardavano vari ambiti. Riguardo all’identificazione tra fratres e milites, il testo effettivamente recitava: … nessuno nell’Ospedale chieda di diventare cavaliere, se non gli sia stato promesso prima di prendere l’abito della religione dell’Ospedale e, nel caso, a condizione che abbia l’età richiesta per diventare cavaliere se rimanesse nel

24. Pochi anni dopo, nella penisola iberica, la gestione della frontiera dopo la vittoria di Las Navas venne assegnata a diversi ordini, tra cui quello di S. Giovanni, che avrebbero dovuto mantenere le fortificazioni appositamente costruite; cfr. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 6) p. 146. 25. K. K l e m e n t, Le prime tre redazioni della regola giovannita, Studi Melitensi 4 (1996) pp. 233-259: 242. 84 Roberto Greci

secolo. Comunque i figli dei gentiluomini allevati nella casa dell’Ospedale, possono diventare cavalieri nella casa quando raggiungono l’età della cavalle- ria, per volontà del maestro o del commendatore e con il consenso dei fratelli della casa.26 Sembra innegabile, leggendo questo passo, una maggiore integrazione del ruolo del cavaliere di adeguata appartenenza sociale nella struttura del- l’Ordine. Inoltre, tra le novità, è possibile ravvisare una maggiore dipendenza dell’ordine dal clero, come dimostra la consuetudine di giurare non più sul libro nelle mani del fratello, ma alla presenza del sacerdote, nonché uno spirito disciplinatore rivolto al comportamento morale dei fratelli. A questo proposito, da un lato si rileva una minore severità: ad esempio la fornicazione veniva censurata solo quando “nota”, l’abitudine al bere dopo compieta guardata con maggiore tolleranza, la trasgressione della regola della povertà considerata entro una casistica più complessa e articolata, quindi in termini, tutto sommato, più realistici. Dall’altro lato, però, maggiore severità veniva riservata ai comportamenti atti a minare la compattezza tra fratelli e, quindi, a compromettere la percezione esterna dell’ordine: punizioni severe, ad e- sempio, erano previste per coloro che lanciassero accuse in modo ingiustifi- cato. L’impressione è che nel Duecento prevalesse un certo lassismo della morale individuale e si preferisse privilegiare, per contro, un processo di maggiore gerarchizzazione e coesione dell’ente. Resta da chiedersi se questo processo, qualora realmente esistente, fosse coerente con una avvenuta trasformazione in senso militare dell’ordine, tra- sformazione di cui la principale spia sarebbe la comparsa di una terminologia allusiva a questo ambito entro le fonti normative. Un problema difficile da risolvere dato lo stato delle testimonianze della fase iniziale dell’ordine, che non consentono comparazioni significative. Complessa, infatti, è la situazio- ne documentaria, che recenti studi 27 hanno cercato di dipanare. Disponiamo di un manoscritto risalente al 1253 che contiene la regola di Raimondo de Puy del 1153 approvata da Eugenio III; poi abbiamo un manoscritto vaticano di fine XIII secolo, con la “regola” che Lucio III dovette riapprovare con la bolla Quantum per gratiam Dei (1185), perché – si diceva – l’approvazione di Eugenio III era andata perduta. Forti dubbi possono essere avanzati su queste perdite e sul rispetto dei nuovi documenti nei confronti di quelli originari. Inoltre, in queste redazioni più recenti potevano insinuarsi influssi

26. E. J. K i n g, The Rule, Statutes and Customs of the Hospitallers, 1099-1310, London 1934, p. 50s., art. 12. 27. The Hospitallers’ Riwle (Miracula et Regula Hospitalis Sancti Johannis Gerosolimi- tani), ed. K. V. S i n c l a i r, London 1984 e K l e m e n t, Le prime tre redazioni (come nota 25). L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 85 provenienti dagli “statuti di Margat” (1203-1206), nei quali secondo alcuni, come si è detto, verrebbero esplicitate per la prima volta strutture e funzioni militari. Ma se tale connotazione militare fece la sua comparsa al tempo delle innovazioni apportate da Alfonso di Portogallo, non dovette affermarsi in via definitiva, se la bolla Culminis apostolici di Bonifacio VIII del 1300, anch’essa sollecitata per fare fronte ad un’ennesima perdita – quella dell’approvazione di Lucio III conseguente alla presa di Acri – avrebbe ripreso il testo originario del de Puy a quella data conservato ancora in originale dall’ordine. In questa circostanza Guglielmo di Santo Stefano, sulla base degli originali appunto, aveva sistemato le cose, grazie alla sua competenza di giurista; in particolare aveva ripulito la tradizione normativa dell’ordine dalle aggiunte fatte da Alfonso di Portogallo. Qui bisogna rilevare una certa quale confusione che negli studi viene fatta tra regola, statuti, usanze e consuetudini. E proba- bilmente, proprio a causa del loro peso effettivo, le innovazioni di primo Duecento non furono da tutti condivise, ma trovarono, anzi, una forte oppo- sizione in alcuni confratelli. Forse proprio per questo il gran maestro dovette dimettersi, lasciando il posto a Geoffroy le Rat.28 Solo i complessi eventi duecenteschi culminati nella perdita di Acri e il susseguente trasferimento in Cipro avrebbero progressivamente messo l’ordine di fronte a scelte gravi, sollecitandolo ad una sorta di riflessione sulla propria natura e sul proprio destino. Guglielmo, correttamente, riteneva che le disposizioni riconducibili ad Alfonso fossero modificabili, in quanto non erano una regola intaccabile da semplici delibere consiliari. E mentre la regola, al pari di una testo costitu- zionale, tendeva ad essere difesa e a sopravvivere a dispetto di ogni partico- lare contingenza, alcune innovazioni potevano invece trovare spazio all’in- terno di “statuti”, cioè di norme particolari, assunte nelle opportune sedi collegiali. Lo stesso accadeva in vari ambiti della vita associata occidentale, ove gli statuti di comuni, confraternite, corporazioni non intaccavano il valore superiore della norma di legge. Orbene, mentre il contenuto delle “regole” privilegiava sempre l’aspetto assistenziale dell’istituzione – e ciò differen- ziava in modo sostanziale l’ordine dei Giovanniti dall’ordine dei Templari –, la realtà spingeva ad altro. Nel corso del XII secolo, ad esempio, alcuni personaggi di spicco dell’ordine risultano direttamente coinvolti in imprese belliche e nella documentazione si ritrovano menzioni sparse di milites;ma questo può stare semplicemente a significare che anche gli Ospedalieri, come peraltro accadeva ad altri ordini religiosi del tempo, venissero guardati con

28. Ibid., p. 242. 86 Roberto Greci interesse da uomini che, milites nella loro dimensione laica, tendevano ad aggregarsi all’ente con varie modalità – si parla di milites ad tempus edi societates di milites – e per varie contingenze – difesa dei pellegrini, ma anche veri e propri scontri con musulmani sia nel contesto medio-orientale sia nel contesto iberico –, mettendo a disposizione le proprie competenze.29 Pensiamo anche che, prendendo atto di questa tendenza diffusa, i poteri politici ed ecclesiastici, in ciò sintonici, tendessero a incrementarla, favoren- do a questo fine un processo di gerarchizzazione capace di eliminare progres- sivamente, orientandola, l’irrequietezza di queste frange armate. Il problema è dunque quello di chiedersi come mai ad un certo punto sia stata fortemente privilegiato – rispetto alla funzione assistenziale assolutamente prevalente nella regola originaria – l’orientamento militare dell’ordine. Così come var- rebbe la pena chiedersi come tale orientamento sia stato solitamente collegato – e non è da escludere un deliberato orientamento della memoria – ad un processo immediato e preciso di imitazione dei Templari, che peraltro trova un indubbio riscontro in certe interpretazioni duecentesche, di cui – ad esem- pio – Jacques de Vitry è espressione.30 In realtà, certe pulsioni erano emerse già nel XII secolo – e per la precisione negli anni Sessanta – quando il maestro dell’ordine, Gilbert d’Assailly, pure definito domus sanctorum pauperum minister, ma coinvolto anche in forti impegni militari, non esitava ad enun- ciare che missione dell’ordine era anche quella di inimicis crucis resistendo nostrum sanguinem effundere.31

Varietà di funzioni e assetto organizzativo È a seguito di queste anime diverse, ma conviventi, che si configura una articolazione strutturale interna dell’ente basata su fratelli (membri dell’ordine che hanno pronunciato i voti e che sono stati accolti dal Maestro), confratelli accolti nella confraternita a seguito di una “carità” (a volte difficilmente distinguibili, nelle aziende agricole annesse alle domus, dai contadini com- mendati come servi) e, infine, donati, figure di semireligiosi che – alla fine – tenderebbero a soppiantare i semplici confratelli nel corso del XIII secolo.32

29. G. L i g a t o, Fra ordini cavallereschi e crociata: ‘milites ad terminum’ e ‘confrater- nitates’ armate, in: ‘Militia Christi’ e Crociata nei secoli XI-XIII. Atti della undecima Settimana internazionale di Studio, Mendola, 28 agosto-1 settembre 1989, Milano 1992, pp. 645-698. 30. J a c q u e s d e V i t r y, Historia orientalia seu Hierosolymitana, in: J. B o n- g a r s (a cura di), Gesta Dei per Francos, II, Hannover 1611, p. 1084; cfr. F o r e y, The Militarisation (come nota 17) p. 85. 31. D e l a v i l l e L e R o u l x, Cartulaire (come nota 18) I, p. 222s., doc. 309; IV, p. 247s., doc. 310 bis. 32. D. Ch. d e M i r a m o n, Les “Donnés” au Moyen Âge. Une forme de vie religieuse L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 87

Questa varietà di opzioni dovette costituire un elemento di attrazione anche per la società occidentale, dai bisogni fortemente differenziati a seconda dei contesti, senza compromettere (anzi, garantendone il supporto economico) una funzionalità militare che via via andava crescendo. Seppure non pronun- ciassero voti, confratelli e donati godevano dei vantaggi spirituali e materiali dell’ordine, ottenendo il privilegio di essere sepolti nei suoi cimiteri. Da ultimi venivano tutti quegli “uomini” che, a vario titolo, costituivano la “famiglia” dell’ordine e che per esso svolgevano una grande varietà di me- stieri nelle sedi periferiche dell’ordine, le commende.33 Poi venivano i fratres ad succurrendum, i quali promettevano l’entrata nell’ordine, ma si riservava- no di renderla effettiva in vecchiaia o in punto di morte; non dimentichiamo infatti che la commenda fu un’istituzione economica, ma anche un polo di vita spirituale, un centro di reclutamento ed una casa di riposo per i fratelli anziani.34 Data questa complessa varietà di rapporti, è comprensibile che l’ordine, nella sua regola, puntasse sugli elementi e sulle funzioni comuni, le quali senza dubbio continuavano a risiedere nell’assistenza e nell’aiuto ai pellegri- ni, diretta o indiretta che fosse. Ma di momento in momento, e con una varietà che connota progressivamente i vari contesti regionali, prevalgono le diverse facce e le diverse finalità dell’ordine. In Terra Santa il processo di militariz- zazione, più spinto che altrove, sembra accompagnarsi ad una marcata ade- sione di elementi provenienti dalla aristocrazia e dalla cavalleria franca, a seguito della esportazione di modelli sociali feudali nelle formazioni politiche crociate e dei legami necessariamente intrattenuti dall’ente con uno stato la cui prima preoccupazione era la difesa. Per questo si è parlato di condivisione di mentalità tra gli appartenenti all’ordine e la nobiltà feudale – e quindi militare – che aveva sposato l’idea di crociata. Questa coloritura sociale ben si sposerebbe tra l’altro con le assegnazioni di castelli e fortificazioni del secolo XII, di cui già si è parlato, che testimoniano capacità di occupare e di controllare le campagne secondo forme signorili di gestione del potere, men- tre i semplici immigrati latini e gli ecclesiastici tendevano a concentrarsi laïque, vers 1180-1520, Paris 1999, pp. 70, 87-96, 132, 324-332; per l’importanza dell’ordine nell’economia agraria del medioevo europero, vedi Les ordres militaires, la vie rurale et le peuplement en Europe occidentale (XIIe-XVIIIe siècles), Actes des Sixièmes Journées interna- tionales d’histoire de Flaran, 21-23 septembre 1984, Auch 1986. 33. A. L u t t r e l l/L. P r e s s ouyre(acura di), La Commanderie. Institution des ordres militaires dans l’Occident médiéval, Paris 2002. 34. A. L u t t r e l l, Templari e Ospitalieri in Italia, in: I d., The Hospitallers of Rhodes and their Mediterranean World, Aldershot 1992, I; vedi anche A. B a r b e r o, Motivazioni religiose e motivazioni utilitarie nel reclutamento degli ordini monastico-cavallereschi, in: Militia Christi (come nota 29) pp. 717-727. 88 Roberto Greci prevalentemente nelle città. Una visione di questo genere è vera solo in parte, ma soprattutto richiede delle precisazioni cronologiche. Infatti, dopo la bat- taglia di Hattin, i Gerosolimitani saranno presenti anche in città: si vedranno assegnata la difesa delle mura di Acri e di Ascalona e beneficeranno di una intensificazione del flusso di donazioni provenienti dai ceti borghesi; la qual cosa, indubbiamente, attesta un avvicinamento di sensibilità e di interessi all’ambiente urbano. Nel contesto occidentale si riscontra una varietà ancora maggiore. Se in Piemonte – per restringerci all’Italia – è possibile ravvisare un’adesione all’ordine da parte della nobiltà filo-imperiale e in particolare filo-sveva, come per certi aspetti anche in Lombardia e in Liguria,35 in altri contesti regionali, seguendo dinamiche sociali locali, traspaiono differenti orienta- menti: a Venezia e a Roma, ad esempio, si è riscontrata una adesione all’or- dine da parte di ceti popolari.36 Queste differenziazioni stanno a testimoniare una sorta di armonia tra strategie centrali e interessi locali. Finalità precipua del centro, infatti, era quella di raccogliere in ogni momento e con continuità danaro; solo in certi precisi contesti avanzava la necessità di reclutare uomini destinati ad alimentare la forza militare nel quadro medio orientale. Tale scopo non implicava l’adesione ad una ideologia sociale particolare. In Terra Santa le varie funzioni, si trattasse dell’acquisizione e del controllo di luoghi extracittadini o della difesa del territorio urbano, dovevano essere sostenute costantemente da una forza militare (che dopo Hattin si cercò infatti di aumentare), nonché – in parallelo – da una affinata capacità di esercitare il potere da cui discendeva un’ampia disponibilità di beni. Altrove le attitudini militari erano senza dubbio meno necessarie e, in ogni caso, riservate agli strati sociali più elevati. Erano queste, però, che motivavano l’azione dell’or- dine in Terra Santa, un’azione che si rifletteva su tutto il corpo dei fratres, ovunque essi si trovassero, e che contribuivano a rafforzare il senso di appar- tenenza e di autonomia. Sull’intreccio tra vocazione militare e vocazione economica, in realtà due facce della stessa medaglia, si sono espresse idee alquanto differenti, ma certo tale intreccio vi fu e fu forte, con sviluppi autonomi della sfera

35.R.Bordone,ICavalieri di San Giovanni ad Asti e nel Monferrato durante il Medioevo, in: J. C o s t a R e s t a g n o (a cura di), Cavalieri di San Giovanni e territorio. La Liguria tra Provenza e Lombardia nei secoli XIII-XVII. Atti del Convegno, Genova-Impe- ria-Cervo, 11-14 settembre 1997, Genova 1999, pp. 339-376. 36. A. L u t t r e l l, The Hospitallers Priory of Venice in 1331, in: E. C o l i/M. D e M a r c o/ F. T o m m a s i (a cura di), Militia Sacra. Gli ordini militari tra Europa e Terrasanta, Perugia 1994, pp. 101-115; I d., The Hospitallers around Narni and Terni: 1333-1373, Bollet- tino della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria 82 (1985) pp. 5-22. L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 89 economica, se nel Duecento vediamo l’ordine incrementare le proprie com- pravendite sfruttando la crisi della nobiltà e della chiesa latina medio-orien- tali.37 Inoltre, il livello di complessità dell’intreccio è ravvisabile anche, di riflesso, nelle oscillazioni della storiografia: vi è chi ha ritenuto che il ruolo militare fosse prevalente, privilegiando la coerenza ravvisabile nel sistema di fortezze controllato dai Gerosolimitani; altri hanno visto, in quegli stessi castelli e fortezze, luoghi di controllo gestionale delle proprietà e delle attività agricole e, per conseguenza, luoghi di esercizio di un potere politico e ammi- nistrativo.38 Ora, tali oscillazioni dipendono certo dalla scarsa chiarezza della documentazione, ma dipendono anche dal variare delle sensibilità storiogra- fiche; tutte, forse, sono parimenti lecite e utili a cogliere ora questo ora quell’aspetto di una realtà variegata, complessa e plurale. Perché in effetti le necessità militari determinarono gli sviluppi di ricchezza (ma anche le crisi economiche) dell’ordine e la ricchezza (così come le crisi economiche) de- terminarono il livello di esposizione dell’ordine sul fronte militare.39 La quantificazione di questo impegno militare non è facile. Così come non è facile collegare i pochi dati numerici a nostra disposizione alle varie funzioni e ai vari ruoli rivestiti da chi era nell’ordine o vicino all’ordine; tuttavia alcune variazioni sembrano degne di nota. Si osserverebbe dunque una forte esposizione militare nel corso del Duecento, se in una battaglia del 1244 vediamo morire ben 328 cavalieri dell’Ospedale di fronte ai 312 del Tempio e ai 400 dei Teutonici.40 Il problema è che non sappiamo se questi cavalieri siano Giovanniti o militari messi a disposizione dai Giovanniti, insomma non sappiamo, ancora una volta, la loro posizione rispetto all’ordi- ne. Successivamente, durante il soggiorno a Cipro, il numero dei fratelli combattenti si sarebbe, rispetto al dato precedente, di molto ridotto: si parla di 65-70 cavalieri su 80 fratelli combattenti, passibili tuttavia di aumentare, visto che l’ordine, grazie alla sua organizzazione periferica, era in grado di

37. M. B a l a r d, I possedimenti degli Ospedalieri nella Terrasanta (secoli XII-XIII), in: C o s t a R e s t a g n o, Cavalieri (come nota 35) pp. 473-505. 38. Vedi rispettivamente: P. D e s c h a m p s, Les chateaux des Croisés en Terre Sainte, I: Le Crac des Chevaliers Crac des Chevaliers, 2 voll., Paris 1934; R. C. S m a i l, Crusader’s Castles in the Twelfth Century, Cambridge Historical Journal 10 (1951) pp. 133-149; D. P r i n g l e, The Red Tower (al-Burj al Ahmar): Settlement in the Plain of Sharon at the Time of the Crusaders and Mamluks, London 1986. Per una riconsiderazione del ruolo militare dell’ordine, vedi F o r e y, The Militarisation (come nota 17). 39. Il Forey ricorda che una data significativa dovette essere il 1170, quando ci si rese conto che le responsabilità militari assunte dal maestro Gilbert d’Assailly erano divenute eccessive per le conseguenze economiche e bisognose quindi di qualche limitazione; cfr. F o r e y, The Militarisation (come nota 17) p. 89. 40. S a l i m b e n e d e A d a m, Cronica, a cura di G. S c a l i a, Bari 1966, p. 253. 90 Roberto Greci spostarne dall’Occidente un centinaio in caso di necessità.41 Stessa capacità di reclutamento a distanza (un centinaio di cavalieri) l’ordine avrà in pieno XV secolo, quando, a Rodi, i cavalieri in servizio permanente saranno 300 (più 20 sergenti d’arme e 30 cappellani).42 Al di là delle variazioni numeriche, a questo punto l’assunzione dell’im- pegno militare – diretto o indiretto – pare un dato acquisito, alla fine, credo si possa dire che questa trasformazione avvenga a partire dalla Terra Santa dalla seconda metà del XII secolo e sempre più intensamente dopo la sconfitta di Hattin. La dimensione militare e l’imitazione dell’ordine templare dovette essere a quel punto un percorso obbligato a cui spingeva l’instabilità e la situazione critica delle conquiste occidentali in Oriente. Il suo rafforzamento era funzionale all’irrobustimento del centro, o quanto meno andava di pari passo con esso. Le esigenze militari, infatti, seppure non disgiunte dal ruolo assistenziale legato al pellegrinaggio, rendevano lecite le richieste di danaro e di mezzi avanzate alle sedi periferiche, aumentate anche a seguito di scelte quali il trasferimento delle strutture centrali dell’ordine a Cipro e poi a Rodi. D’altra parte la stessa organizzazione periferica e territoriale dell’ordine in Occidente, quella che fa capo alle domus chiamate in seguito precettorie o commende, determina un’organizzazione in priorati, a loro volta organizzati, in certi casi, in province; non è casuale che il definirsi di questa struttura risalga proprio intorno al 1170.43 Recentemente, accanto alla dimensione economica e militare dell’ordi- ne, si è sottolineata la vocazione propria ed originaria dell’istituzione e cioè quella religiosa-assistenziale, che progressivamente nel corso del Duecento si è estesa, in luoghi e con modalità diverse, in una pluralità di contesti. Dai casali 44 e dalle fortezze 45 sparse nelle campagne, l’ordine sembra essersi progressivamente fatto largo anche nelle città. Il possesso di mura e porte a Acri, Sidone, Tripoli, della torre e del castello ad Ascalona, della torre a Giaffa, nonché di case, botteghe, mulini, forni e piazze, rivelano una logica tesa, anche in ambiti urbani, a creare, con tenace determinazione, blocchi

41. K i n g, The Rule (come nota 26) p. 111 (1311, art. 5), p. 124 (1302, art. 14). 42. A. G a b r i e l, La cité de Rhodes, Paris 1921-23, II, pp. 226-227. 43. A. L u t t r e l l, Change and Conflict within the Hospitaller Province of Italy after 1291, in: J. S a r n o w s k y (a cura di), Mendicants, Military Orders, and Regionalism in Medieval Europe, Aldershot 1999, pp. 185-199: 185. 44. Quasi 300 casali sono ascrivibili all’ordine nei due secoli di esistenza della Siria franca; cfr. R i l e y - S m i t h, The Knights (come nota 4) p. 424. 45. Senza dubbio si possono censire 46 luoghi fortificati: 20 nel regno di Gerusalemme, 13 nella contea di Tripoli, 13 nel principato di Antiochia; cfr. R i l e y - S m i t h, The Knights (come nota 4) p. 136. L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 91 monopolizzati dalla loro presenza, quartieri ospedalieri compatti, senza so- luzione di continuità, ovvero “comuni ecclesiastici”, come è stato detto, dotati delle infrastrutture economiche necessarie e vantaggiose per l’ordine.46 Ciò attesta una logica precisa facente capo all’ordine, che ovunque subordinava eventuali interessi localissimi (quelli emergenti dai singoli insediamenti) ad una strategia che doveva coniugare finalità economiche, di controllo viario, militari e assistenziali nello stesso tempo: non dimentichiamo, ad esempio, che il Krac, una fortezza posta in posizione strategica per contenere l’aggressività degli infedeli, controllava il valico di Homs e nello stesso tempo era situato in mezzo ad una fertile pianura della quale raccoglieva prodotti e proventi. Se la dimensione militare – o meglio economico-militare – dell’ordine, crescente nel contesto della Siria franca, è quella che consente – a seguito di una espansione avviata dalla famosa bolla di Pasquale II – il radicamento e l’espansione dell’ordine in Europa secondo quel processo di organizzazione e di razionalizzazione sopra ricordato, ciò non significa che vengano piena- mente realizzati ipso facto un pieno coordinamento e uguali finalità in ogni contesto. Ad esempio, ricerche recenti sulle frontiere delle Isole britanni- che,47 rilevano che non funziona l’idea che, come in Medio Oriente, l’ordine venisse usato per ampliare o difendere territori di frontiera o per colonizzare terre scarsamente popolate, ottenendo, per questo, ampi privilegi dai poteri locali. Ciò può essere vero, nel XII e XIII secolo, per Spagna e in Ungheria, dove risulta più spinto il ruolo militare dell’ordine, e nel nord est dell’Europa, dove le funzioni miliari erano invece meno importanti del bisogno di colo- nizzare nuove aree contese, rendendole fertili e poi soggette. In questi conte- sti, effettivamente, si ripropone un modello sperimentato in Terra Santa. Ma per Scozia, Galles e Irlanda questi paradigmi devono essere corretti; almeno per il XII e XIII secolo. In passato, intendo, si è pensato che gli Ospedalieri fossero inseriti nel processo di difesa della colonizzazione anglo-normanna nelle terre di confine di Irlanda, Galles e Scozia. Così propriamente non dovette essere e va inoltre notato che, all’interno di queste realtà, si possono cogliere significative dif- ferenze interne. In Scozia, ad esempio, la situazione non si presentava belli- cosa e la posizione degli Ospedalieri in quella regione non era affatto di frontiera, ma del tutto centrale; nel Galles la colonizzazione procedette anche in aree di dominazione gallese, non necessariamente contese; in Irlanda, che

46. B a l a r d, I possedimenti (come nota 37) p. 495. 47. H. N i c h o l s o n, Templars, Hospitallers and Teutonic Knights: images of the military Orders, 1128-1291, Leicester and London 1993; vedi anche, per quest’area, I. B. C o w a n/P. H. R. M a c k a y/A. M a c q u a r r i e, The Knights of St. John of Jerusalem in Scotland, Edimburgh 1983. 92 Roberto Greci alla fine del XIII secolo era soggetta almeno in teoria al dominio del re d’Inghilterra, gli Ospedalieri furono presenti ovunque con le loro precettorie, ma non in aree che potremmo definire senza dubbio di frontiera (Connacht).48 Quanto al loro ruolo nel processo di messa a coltura e di popolamento, se tale ruolo è attestato in Galles e in Irlanda, non così si può dire per la Scozia, perché qui le proprietà degli Ospedalieri, oltre ad essere centrali come si è detto, erano collocate in aree già produttive. Ma, al di là della valutazione esatta delle specificità destinate a favorire e ad accrescere il peso dell’ordine, va ricordato che Gallesi e Irlandesi, essendo cristiani, non erano certo paragonabili agli infedeli di Terra Santa o a quei musulmani o a quei mongoli che pure gli Ospedalieri dovettero fron- teggiare ai confini d’Europa; anzi, tra loro troviamo protettori e benefattori dell’ordine. D’altronde, se nel 1235 Gregorio IX aveva consentito agli Ospe- dalieri in Europa di difendersi quando attaccati, ciò stava a significare che l’uso monastico del disarmo veniva adottato anche da loro, con l’unica ecce- zione della lotta contro i musulmani. Dunque, il ruolo militare in questa “periferia” europea appare poco credibile. Le fonti, insomma, non devono neppure in questo caso, come per altri motivi nella fase iniziale medio-orien- tale, trarre in inganno. Nel 1302 avremo testimonianza di pagamenti di salari a uomini armati da parte del priore in Irlanda; ma è improbabile che si trattasse di fratres. È più verosimile (anche se più banale) pensare che il priore, come accadeva ad abati e a vescovi, fosse tenuto a fornire contingenti armati al bisogno. E quanto alle sedi fortificate, l’insicurezza generale non poneva gli Ospedalieri in condizioni diverse da altri enti del periodo. Il caso su cui ci siamo soffermati ci fa vedere come diversa sia la funzione dell’ordine nella sede medio orientale e nelle periferie europee. Altro aspetto delle dinamiche tra centro e periferia va ricercato nella questione delle entrate dei priorati e della loro trasmissione alla sede centrale. Accadeva, per restare in questa regione, che il priore di Inghilterra sottosti- masse le entrate nelle Isole britanniche ed esagerasse le necessità locali (che non risiedevano certo nell’urgenza di difendere le frontiere) per non trasferire fondi a Rodi. Ecco dunque che le ragioni del centro, trasformatosi in un “pretesto” per l’acquisizione di ricchezze, possono essere in discussione e perfino contestate, perché dipendenti o meno dallo stato di effettiva necessità militare del momento. E così la periferia poteva fare prevalere le esigenze proprie e, per quanto possibile, finalizzare a queste esigenze le ricchezze che l’ordine accumula in loco. Si trattava di ricchezze cospicue, dal momento che sovrani e magnati (è sempre il caso di questo contesto britannico) non esita-

48. H. N i c h o l s o n, The Knights Hospitaller on the Frontiers of the British Isles, in: S a r n o w s k y, Mendicants (come nota 43) pp. 47-57: 50. L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 93 vano a offrire beni per la crociata, perché ciò dava prestigio e perché, essendo impegnati localmente, non avrebbero potuto né voluto recarsi personalmente in Terra Santa a combattere.49 Anche per questo legame di riconoscenza nei confronti dei potenti, gli ufficiali locali dell’ordine sembrano essere meno sensibili ai richiami del centro e obbedire – più o meno spontaneamente – alla volontà regia. Spesso sono implicati in funzioni pubbliche e non frappongono opposizioni ai divieti regi (1348-1376), che proibiscono di inviare al Maestro e al Convento di Rodi le responsiones dovute e che manifestano una volontà di controllo concorrenziale rispetto a quella del Gran Maestro.50 Equestola dice lunga sulle capacità di coordinamento del centro e sul livello di autono- mia delle realtà periferiche. Così è a volte necessario inseguire la mappa dell’organizzazione politi- co-territoriale e delle sue eventuali variazioni per comprendere appieno la complessità dell’articolazione dell’Ordine in Occidente. A volte questa com- plessità è sollecitata e quasi imposta – appunto – localmente, mentre a volte l’Ordine prende atto delle situazioni politiche, adeguandosi ad esse per ragio- ni che, nella maggior parte dei casi, sono ancora una volta di natura econo- mica. Così, per l’inizio del Trecento, si potrebbero citare i casi di domus iberiche fluttuanti tra Aragona e Catalogna51 oppure i rapporti triangolari tra regno di Maiorca, Aragonesi e Gran Maestro,52 sempre conseguenti al pro- blema del trasferimento delle responsiones. Nel contesto catalano stretti furo- no i rapporti tra potere regio e Ospedalieri, che sedevano nelle corts,presta- vano servizio nell’esercito e avevano ruoli amministrativi considerevoli nelle zone di loro spettanza.53 Ma anche il quadro cangiante della frammentata situazione italiana,54 complicata da dominazioni esterne, risulta emblematico; esso presenta collegamenti inediti, come quelli del Mezzogiorno angioino con la Provenza, capaci di orientare diversamente le tre aree che componevano il sud della Francia: la “Petite Provence” angioina (a est del Rodano), il priorato di Saint Gilles (cui faceva capo la Linguadoca) e il priorato di

49. Ibid., p. 56. 50. Ibid., p. 57. 51. L u t t r e l l, The Hospitaller Province of Italy (come nota 43) p. 186. 52. Ibid., p. 187. 53. A. L u t t r e l l, The Hospitaller Priory of Catalunya in the Fourteenth Century, in: I d., The Hospitaller State on Rhodes and its Western Provinces, 1306-1462, Aldershot 1999, XV, p. 4. 54. La provincia italiana era divisa in otto priorati di piccole dimensioni: Messina, Bar- letta, Capua, Roma, Pisa, Lombardia, Venezia e Ungheria; cfr. L u t t r e l l, The Hospitaller Province of Italy (come nota 43) p. 187; sull’organizzazione ed il funzionamento di un priorato italiano, vedi I d., The Hospitallers Priory of Venice in 1331, in: Militia Sacra (come nota 36) pp. 100-143. 94 Roberto Greci

Tolosa proteso verso l’Atlantico. Ma anche la espansione catalana in Grecia determinava l’istituzione di una nuova commenda (quella del ducato di Ate- ne) separata dalla Morea (1330).55 Nel corso del Duecento anche l’Europa centrale 56 appare organizzata in priorati: uno più occidentale, l’Alamania, e uno più orientale, la Boemia, in analogia con l’organizzazione dell’Ordine Teutonico. Queste due ripartizioni “originarie” andarono articolandosi in maniera più complessa nel corso del Due e Trecento. L’Alamania si scompose allora in superior (Svevia, Breis- gau, Alsazia), inferior (Colonia, Steinfurt, Utrecht) e media (Turingia, Fran- conia, Wetterau). Apparvero inoltre precettori generali (1320) nei territori nord-orientali (Sassonia, Brandeburgo, Slavia) oltre al nuovo priorato setten- trionale di Dacia (Danimarca, Norvegia e Svezia). Quanto alla Boemia,an- ch’essa nel corso del Trecento veniva ad articolarsi in Boemia, Moravia, Polonia ed Austria, mentre l’Ungheria era collegata all’Europa centrale, anche se, durante il regno degli Angioini (1308) fece parte della provincia d’Italia.57 Una situazione, come si vede, assai complessa, che si evince con difficoltà dalle fonti, ma che senza dubbio scompone la geografia dell’ordine, generando probabili tensioni. Uno dei campi più contesi era senza dubbio quello che riguardava le procedure delle nomine. Precettori e priori potevano essere indicati e confermati dal gran maestro, quindi dal centro; ma non sappiamo se vi fosse all’origine una indicazione o una nomina nelle sedi occidentali. In questo quadro si è parlato di colonizzazione o di imperialismo germa- nico sulla Boemia per la forza del priorato occidentale e per la prevalenza di tedeschi nella gestione del priorato orientale. In realtà, nella situazione terri- toriale che si andava determinando, così come nelle procedure delle nomine, un grande ruolo ebbero le questioni politiche che agitavano questa area. Rilevanti furono ad esempio gli effetti della lotta tra Papato e Impero al tempo degli Staufer, che crearono divisioni entro i due priorati. Per converso, il tramonto degli Svevi determinò una convergenza che alimentò la speranza comune di un impero disposto ad aderire alla crociata di Luigi IX il Santo. Bisogna poi tenere in debito conto il crescente coinvolgimento della Boemia nella politica dell’Impero e il ruolo che gli Ospedalieri tedeschi tennero nel processo di rafforzamento del potere monarchico (pensiamo solo alle aspira-

55. Ibid. 56. Per l’Europa centrale, vedi A. L u t t r e l l, The Hospitaller Province of Alamannia to 1428 in: I d., The Hospitaller State on Rhodes (come nota 53) XII eK.Borchardt,The Hospitallers, Bohemia, and the Empire. 1250-1330, in: S a r n o w s k y, Mendicants (come nota 43) pp- 201-231. 57. L u t t r e l l, The Hospitaller Province of Italy (come nota 43) p. 187. L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 95 zioni e ai progetti politici di Premysl Ottocaro, di Venceslao II di Boemia, di Rodolfo d’Asburgo e di Adolfo di Nassau). L’attivismo dei poteri politici territoriali, così come la loro difficoltà a dare vita a strutture monarchiche forti, favorirono la duttilità della struttura organizzativa e gestionale dell’or- dine in un quadro che, dopo la perdita di Acri, alimentava arditi progetti di diverso radicamento (Cipro e Rodi), ma sollecitava nel contempo anche un riorientamento di interessi dal Levante all’Occidente. Su un piano generale non si dovrà neppure dimenticare la questione del trasferimento dei beni dei Templari nell’ordine gerosolimitano che dovette generare situazioni molto differenziate da area ad area e un diverso peso proiettato dalle diverse aree nel centro del sistema;58 o la crisi conseguente alla Peste Nera che, per altri motivi, avrebbe generato squilibri pericolosi, o ancora il rapporto con l’autorità pontificia. Quest’ultima, a partire dal periodo avignonese, cercò di rafforzare il proprio controllo sull’ordine, il quale pe- raltro cercava l’appoggio papale per garantirsi la sopravvivenza anche dopo il traumatico abbandono della Terra Santa.59 Un legame che apparve in tutta la sua evidenza sia sotto il pontificato di Clemente V al momento della conferma del possesso di Rodi (1306) sia nel 1378, quando, all’apertura dello scisma, il “convento” gerosolimitano non ebbe esitazioni nell’appoggiare il papa avignonese contro Urbano VI, il quale non riusciva ad ottenere obbe- dienza dagli ospedalieri inglesi e neppure da tutti gli ospedalieri italiani.60 L’equilibrio tra le varie componenti di un’organizzazione di stampo sovrana- zionale, per molte ragioni così variamente orientata, fu possibile grazie alla composizione cosmopolita dell’oligarchia conventuale e alla circolazione di uomini tra uffici conventuali e dirigenza dei priorati occidentali.61 La complessità e la fluidità della situazione europea doveva trovare un contrappeso nell’organizzazione interna dell’ordine, che seppe mantenere, anche in momenti difficili e in occasione di scontri interni, una coesione sufficiente per evitare lacerazioni esiziali. Utile fu la suddivisione dei membri del Convento centrale in lingue. Se ne possono contare 7 e poi 8: Provenza, Alvernia, Francia, Italia, Aragona, Inghilterra, Germania, poi Castiglia-Por- togallo.62 Questa articolazione del centro doveva corrispondere, in teoria, al

58. L u t t r e l l, Gli Ospitalieri e l’eredità dei Templari. 1305-1378, in: I d., The Hospi- tallers of Rhodes (come nota 34) II. 59. Cfr. N. H o u s l e y, The Avignon Papacy and the Crusade: 1305-1378, Oxford 1986. 60. A. L u t t r e l l, Gli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme dal continente alle isole, in: I d., The Hospitaller State (come nota 53) II, p. 89. 61. Ibid. 62. Allora vediamo che l’Oltremare è articolato in commende (Rodi, Cos, Armenia, Cipro), e l’Occidente in Province (coi relativi priorati): Francia (Francia, Champagne, Aquita- nia), Alvernia (Alvernia), Provenza (St. Gilles, Tolosa), Inghilterra (Inghilterra e Irlanda), 96 Roberto Greci dispiegarsi provinciale dell’ordine nei territori occidentali. Ogni lingua, a testimonianza del livello di autonomia delle aree rappresentate, era dotata di propri ufficiali, finanze, introiti, possessi, cappelle ecc. Si trattava di un sistema analogo a quello praticato da altre istituzioni fondate sulla compre- senza di nationes diverse, che cercava di dare coerenza e razionalità a pulsioni fatalmente centripete. Ogni lingua, governata da un balì conventuale, era un punto di riferimento, nel centro dell’ordine, per priorati o gran-priorati, tutti formati a loro volta da commende. L’avvio di questa articolazione era iniziata già nel XII secolo, ma trovò un compimento solo nel Trecento, dopo il ventennio di Cipro e dopo il trasferimento della sede centrale a Rodi (1310), quindi dal momento in cui l’Ordine ebbe una connotazione territoriale.63 Essa può essere letta come un tentativo di razionalizzazione del sistema, per far sì che le varie aree rispon- dessero con regolarità alle necessità del centro. Rappresentava cioè uno strumento utile per garantire, in un momento in cui riprendeva fiato l’idea di crociata,64 la funzione “specialistica” (militare e assistenziale insieme) matu- rata nel corso del XIII secolo. Si trattava, ovviamente, di un’idea di crociata dalle caratteristiche “professionali” che l’ordine difendeva gelosamente, non estendibile a tutti, non più confondibile con il passagium generale.Tale articolazione avrebbe dovuto garantire la raccolta dei tributi (responsio- nes), che, tramite i precettori delle varie domus, sarebbero affluiti al prio- rato e al tesoro conventuale.

Germania (Alamania, Boemia, Polonia, Ungheria, Dacia), Italia (Lombardia, Venezia, Pisa, Roma, Capua, Barletta, Messina), Aragona-Navarra (Castellania di Amposta, Barcellona, Na- varra), Castiglia-Portogallo (Castiglia-Leon, Portogallo). 63. A. L u t t r e l l, The Hospitallers at Rhodes: 1306-1421, in: I d., The Hospitallers in Cyprus, Rhodes, Greece and the West. 1291-1440, Aldershot 1996, I. Il processo è avviato nel XIII, come suggerisce la situazione italiana; dopo le attestazioni dei priorati di Lombardia e Venezia (1180) è attestato un “priorato d’Italia” (1209), che però solo nel 1250 riveste le caratteristiche di una vera e propria circoscrizione (provincia). Per l’assetto dell’ordine in Italia, vedi anche E. N a s a l l i R o c c a, Lineamenti della organizzazione regionale e della fun- zione assistenziale dell’ordine gerosolimitano degli “Ospedalieri” nel medioevo italiano. Con- tributo alla storia del diritto ospedaliero, in: Studi di storia e di diritto in onore di Carlo Calisse, III, Milano 1940, pp. 299-328. 64. I progetti di recupero della Terra Santa successivi alla perdita di Acri (Raimondo Lullo, Carlo II di Napoli, Enrico II di Cipro, Jacques de Molay Maestro del Tempio e anche Foulques de Villaret Maestro dell’Ospedale) sono analizzati in S. S c h e i n, Fideles crucis. The Papacy, the West and the Recovery of the Holy Land. 1274-1314, Oxford 1998; vedi anche G. L i g a t o, Bonifacio VIII, la Terra Santa e la Crociata, in: Bonifacio VIII. Ideologia e azione politica. Atti del Convegno organizzato nell’ambito delle Celebrazioni per il VII Centenario della morte, Città del Vaticano-Roma, 26-28 aprile 2004, Roma 2006, pp. 241-292. L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 97

Per converso, però, il definirsi di tale articolazione nel XIV secolo può testimoniare un bisogno di maggiore rappresentatività, un antidoto contro forme di potere assoluto del Gran Maestro, come la vicenda di Folco de Villaret testimonia,65 uno strumento, alla fine, per favorire concorrenziali dinamiche “nazionali”. Il meccanismo poteva poi essere complicato da situa- zioni particolari che, in qualche misura, non rientravano in questa architettu- ra; prendiamo il caso delle “precettorie capitolari” che, in quanto esenti, non dovevano versare responsiones al priorato e non dipendevano dalla Lingua (è il caso dei monasteri ex-benedettini di Venosa e di Monopoli in Italia meridionale o in quello di S. Eufemia di Calabria), ma versavano il dovuto direttamente al tesoro conventuale.66 E non si trattava di realtà piccole, ma di precettorie ricche, in grado di fornire, nel loro insieme, le somme di un intero priorato; proprio per questo la nomina dei loro precettori, in teoria nominati da Rodi, ma in realtà provenienti per lo più dalla Provenza e quindi sudditi del re di Napoli, favoriva l’insorgere di comprensibili dispute. La diversa interpretazione che si può dare dell’organizzazione trecente- sca dell’ordine dipende dal fatto che i risultati da essa garantiti sul piano dei rapporti concreti (cioè economici) tra centro e periferia sono di difficile lettura. I dati delle responsiones risalenti agli anni Settanta del Trecento restituiscono infatti un panorama assai problematico. Limitandoci all’Italia, ad esempio, vediamo che essa garantisce un ottavo delle entrate dell’Ordine nel 1373, ma addirittura un terzo nell’anno successivo, il 1374.67 Scompo- nendo poi il dato globale nei dati relativi alle singole realtà territoriali, è possibile notare che mentre Lombardia e Venezia registrano un calo nella loro capacità contributiva e Pisa resta stabile,68 aumenta sensibilmente l’apporto

65. A. L u t t r e l l, Notes on Foulques de Villaret, Master of the Hospital, in: I d., The Hospitallers of Rhodes (come nota 34) IV. 66. A. L u t t r e l l, Templari e Ospitalieri in Italia, in: I d., The Hospitallers of Rhodes (come nota 34) I. 67. Ibid. 68. A Pisa chiesa e ospedale gerosolimitani sono attestati rispettivamente nel 1138 e nel 1181; al 1126 risale un privilegio con cui arcivescovo, canonici, consoli prendevano sotto protezione l’ente (bona et res). Tale privilegio, confermato dall’arcivescovo Baldovino (1138- 1145), è perduto, però nel 1160 esso venne ricompreso nel Constitutum usus. A Pisa i Geroso- limitani hanno la meglio nei confronti di altre realtà ospedaliere (ad es. acquisiscono l’ospedale di S. Allucio di Pescia, che deteneva diritti sul ponte dell’Arno di Fucecchio), ma meno successo hanno nei confronti di realtà che fanno capo a enti extracittadini (scarso successo sembrano avere le mire sull’ospedale di Osnello, dipendenza di un ente pistoiese ma proprietario di beni anche in Pisa, situato di fronte all’ospedale femminile di S. Giovanni). Invece, di fronte a liti agitate con alcune chiese, nel 1173 i canonici della cattedrale di Siena concederanno al priore dell’Ospedale pisano una chiesa in un borgo cittadino (Val di Montone) che avrebbe garantito elemosine, cura d’anime, sepolture e quindi lasciti. Altra ragione di accrescimento nel secolo 98 Roberto Greci del Mezzogiorno d’Italia. Si assisterebbe, insomma, fatte salve le conseguen- ze delle irregolarità nell’invio delle contribuzioni, a una tendenziale meridio- nalizzazione dell’ordine, coerente con la contiguità all’Impero che gli Ospe- dalieri avevano dimostrato nell’Italia settentrionale tra XII e XIII secolo e con la successiva crisi del ruolo politico dell’Impero nella penisola, nonché con la prevalenza angioina nel sud.69 Sembra proprio che vi sia una facilità di radicamento dell’ente entro contesti politici monarchici e non nella realtà cittadina e comunale italiana in cui l’adesione iniziale all’ordine proveniva da strati sociali medio-bassi.70 Questo lo si coglie anche nei comportamenti che individui e famiglie tengono nei confronti dell’Ordine. Ad esempio, a Bologna, dopo la caduta di Acri soprattutto, ma ancor più dopo la soppressione dei Templari, si insinuò una forte diffidenza tra i potenziali donatori: un Lambertini, nel suo testamento del 1292, escludeva espressamente – come individui e come ordine – Ospe- dalieri, Templari e Crociferi. Ma la diffidenza aveva radici anche più lontane se nel 1265 il canonista Bernardo Parmense aveva lasciato 20 lire agli Ospe- dalieri de Ultramare, specificando tuttavia che la somma dovesse essere consegnata nelle mani del priore di Lombardia e non dovesse essere versata ai precettori locali. Analoghe cautele e diffidenze percorrevano tutti gli strati sociali diffondendosi tra le persone di livello più basso e tra le donatrici donne (XIV secolo). D’altronde in alcune città i Gran Maestri di questi ordini venivano perfino dileggiati in effigie dalla popolazione schierata in occasione di pubbliche feste;71 ed è anche emblematico che, a Bologna, la domus storica di Santa Croce venisse abbattuta per fare spazio al San Petronio (1390).72

XIII fu l’incameramento di monasteri benedettini in crisi; cfr. M. L. C e c c a r e l l i L e m u t/ G. G a r z e l l a, I gerosolimitani a Pisa e nel territorio nel medioevo, in: C o s t a R e s t a- g n o, Riviera di Levante (come nota 1) pp. 531-554. 69. B o r d o n e, I Cavalieri (come nota 35). 70. G r e c i, Prime presenze gerosolimitane (come nota 1). 71. Invece maggiore presa sembrano avere in contesti extraurbani. Restando nel caso emiliano, essi sono debolmente presenti dove esiste una concorrenza di altre istituzioni ospe- daliere (ad esempio sulla via Francigena o di Monte Bardone, dove forte è la presa dei poteri vescovili): cfr. R. G r e c i (a cura di), Il governo del vescovo, Parma 2005. Per conseguenza sembra si rafforzi il legame già nel Duecento, con il ceto aristocratico feudale in grado di vantare esperienze militari maturate in oriente; vedi il caso di “Marchesopulo” Pallavicino citato da Salimbene de Adam nella sua cronaca. 72. Per Bologna, vedi A. I. P i n i, Gli Ospedalieri di San Giovanni di Gerusalemme a Bologna nel XII-XIII secolo: prime ricerche, in: C o s t a R e s t a g n o, Riviera di Levante (come nota 1) pp. 389-403. Per le fonti testamentarie bolognesi, vedi M. B e r t r a m, Bolo- gneser Testamente. Erster Teil: Die urkundliche Überlieferung, Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 70 (1990) pp. 151-233; Bologneser Testamente. Zweiter Teil: Sondierungen in den ,Libri Memoriali’, ibid. 71 (1991) pp. 195-240. L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme tra centro e periferia 99

Stessa diffidenza e stesse difficoltà sono riscontrabili a Firenze. Quanto al- l’eredità templare, il Villani, rendendo esplicita una triangolazione di interessi tra Ordine Ospedaliero, monarchia francese e papato avignonese, dice: poi per lo papa furono privilegiati e dati a la magione dello Spedale, ma convenegli loro ricogliere e ricomperare dal re di Francia e dagli altri principi e signori, e con tanta quantità di moneta, che cogli interessi corsi poi la magione dello Spedale fu ed è più povera che non era prima del loro proprio.73 Ancora una volta la ricostruzione dei rapporti tra centro e periferia rimanda alla conoscenza dei contesti in cui le singole realtà si situano, alle dinamiche sociali e di potere locale, al livello di concorrenzialità delle altre istituzioni assistenziali presenti sul territorio ed anche, nel periodo conside- rato, alle strategie degli ordini mendicanti, che molto hanno in comune con il precoce modello ospedaliero sul piano dell’organizzazione, ma che, diversi e innovativi sul piano della spiritualità e della sensibilità sociale, sapranno interpretare esigenze meno “specialistiche”, più diffuse, meno socialmente connotate di quelle assistenziali-militari strettamente legate, nella loro nascita e nel loro sviluppo, all’idea di crociata.

73. G. V i l l a n i, Nuova Cronica, a cura di G. P o r t a, 3 voll., Parma 1991: vol. II, libro IX, cap. XCII (Como e per che modo fu distrutta l’ordine e magione del Tempio di Gerusalem per procaccio del re di Francia).

Giuliana Albini La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV)

Introduzione I rapporti centro/periferia costituiscono una delle questioni centrali della storia dell’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme, che, nonostante una tradi- zione ormai secolare di studi, non è ancora sufficientemente studiata.1 Il tema proposto ha un notevole interesse per la storia di tutti gli ordini (e per le comunità religiose non dotate di una regola, come molti ospedali), ma riveste particolare importanza per i Gerosolimitani, per i quali il centro, rappresen- tato in origine da Gerusalemme, più in generale dalla Terrasanta,2 era il luogo privilegiato non solo del suo insediamento, ma dell’esercizio delle sue fun- zioni, ossia l’assistenza – e poi la difesa, anche armata – ai pellegrini. Per gli Ospedalieri, come per tutti gli altri ordini, esisteva il centro della cristianità, il papa, che andava assumendo sempre più la sua funzione di monarca,3 al quale essi ricorsero, nella volontà di ottenere riconoscimenti che

1. L’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme trova spazio, nelle sintesi di storia della Chiesa, tra gli ordini monastico-cavallereschi (o religioso-militari), ordini che nascono e si sviluppano in Terrasanta in stretta relazione con il movimento crociato e con l’esigenza di garantire ai cristiani protezione ed aiuto. Sebbene la loro importanza nel quadro delle vicende dei secoli finali del medioevo sia innegabile, essi non hanno goduto di particolare attenzione negli ultimi decenni da parte di coloro che si occupano di storia della Chiesa, attirando l’interesse di studiosi che paiono essersi specializzati negli studi su questi ordini. Molto spesso le ricerche si muovono al di fuori dei terreni battuti dagli studi accademici, con una produzione marginale, non necessariamente di cattiva qualità, ma spesso non rapportabile – per impostazione, tema- tiche affrontate, impianto generale – agli studi sugli altri ordini religiosi. Ecco dunque che il tema, complesso, al quale ci si accosta non può contare su studi attenti e minuziosi, quali sono stati dedicati ad altri ordini religiosi. E questo spiega anche perché, spesso, le riflessioni che seguono potranno sembrare delle ipotesi di ricerca. 2. C. C a h e n, Oriente ed Occidente ai tempi delle crociate, Bologna 1986; B. Z. K e d a r/H. E. M a y e r/R. C. S m a i l (a cura di), Outremer: Studies in the History of the Crusading Kingdom of Jerusalem presented to Joshua Prawer, Gerusalemme 1982. 3. M. C. D e M a t t e i s, La Chiesa verso un modello teocratico: da Gregorio VII a Bonifacio VIII, in: N. T r a n f a g l i a/M. F i r p o (a cura di), La storia. I grandi problemi 102 Giuliana Albini andassero al di là della semplice esistenza di un ospedale a Gerusalemme: e dal papa essi ottennero protezione e privilegi. Il papa, quindi, può essere considerato un primo centro, dal momento che, ai fini del loro stesso esistere ed operare, esso costituiva non solo il referente istituzionale ultimo, ma anche il centro ispiratore del movimento crociato,4 di una politica indirizzata alla conquista (o alla riconquista) dei luoghi santi e alla guerra contro gli infedeli, della quale l’Ospedale fu sicuramente un protagonista. Oltre al papa, esisteva un altro centro dell’ordine, costituito dapprima dalla sede gerosolimitana ori- ginaria (e con essa dal Maestro dell’ospedale e dal suo capitolo), poi dal Gran Maestro e da quello che fu definito il convento, ossia il gruppo di fratres che reggevano la casa capitana (o casa madre). Era un centro istituzionale, ma era anche un luogo fisico, che per quasi due secoli fu costituito dalla Terrasanta (Gerusalemme prima, Acri poi), quindi, in successione, da Cipro e da Rodi. Esisteva anche una periferia, o meglio, delle periferie: perché anche in Terrasanta, a Cipro, nelle isole del Dodecanneso conquistate all’inizio del Trecento, vi erano luoghi che pur essendo in Oriente non erano al centro dell’ordine. Ma vi era soprattutto la vera periferia, che era anzitutto l’Occi- dente, con le numerosissime domus o precettorie, che erano state organizzate in priorati e in province: ed ecco che periferia diventa quell’Occidente che, nella mentalità collettiva, costituiva il centro del mondo cristiano, con le due grandi istituzioni universali, l’impero e, di nuovo, il papato. Tutto questo vorrei leggere da un particolare punto di osservazione, ossia inseguendo notizie sulla formazione della ricchezza dell’ordine, in senso lato, individuando i caratteri di quella rete di rapporti – istituzionalizzati o meno – tra centro e periferia (in tutti i suoi aspetti) e sottolineando come sia fondamentale il problema della “dipendenza” del centro dalla periferia: una periferia che è continuamente costretta a sovvenzionare il proprio centro, con uomini, con denaro, con beni, perché è lì che si svolge la funzione primaria dell’ordine stesso. Le ricchezze che le sedi locali riescono ad acquisire e a fornire, sia in termini di beni materiali, sia in termini di uomini, non hanno come fine ultimo la realizzazione di progetti particolari e locali – come spesso accadeva negli altri ordini – quanto la realizzazione del progetto prioritario del centro. Tutto questo non deve far dimenticare che alle origini dell’ordine vi è un ospedale, fondato a Gerusalemme, con la finalità di assistere i pellegrini dal medioevo all’età contemporanea, I: Il Medioevo. I quadri generali, Torino 1988, pp. 425-452. 4. Cfr. P. A l p h a n d é r y/A. D u p r o n t, La cristianità e l’idea di crociata, Bologna 1974; F. C a r d i n i, Le crociate fra il mito e la storia, Roma 1971; A. T y e r m a n, L’inven- zione delle crociate, Torino 2000; J. F l o r i, La guerra santa. La formazione dell’idea di crociata nell’Occidente cristiano, Bologna 2003. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 103 diretti in Terrasanta. Questa caratteristica non fu mai dimenticata – tanto che continuerà ad essere definito l’Ospedale (e i suoi fratres Ospedalieri ) – anche quando le vicende politico-militari della Terrasanta ne complicarono notevol- mente il ruolo e le funzioni, soprattutto nella contiguità/vicinanza con l’ordine del Templari. Per due secoli, Ospedalieri e Terrasanta costituiscono un binomio inscin- dibile: il centro dell’ordine era fuori dell’Europa, nel cuore dei conflitti tra Cristianità e Islam. Ma dopo la sconfitta dei cristiani e il loro allontanamento dalla Terrasanta, anche l’ordine abbandona il suo centro – ma non la sua stessa ragione di esistere, ormai – scegliendo come propria sede Cipro prima e Rodi poi. Questo diventa ora il suo centro, ma percepito e vissuto come una sorta di esilio rispetto al luogo di elezione, ossia la Terrasanta, alla cui riconquista, anche armata, l’ordine si dichiara sempre pronto a collaborare. In ogni caso, l’idea di centro per l’ordine coincide con qualcosa che è al di fuori della quotidianità della periferia, ossia delle domus esistenti in Occidente. Questo rende ancor più complesso affrontare il tema che ci si è proposti, perché si tratta di riflettere su una realtà che ha sicuramente una dimensione occidentale e locale – e in tal senso elabora rapporti e un’organizzazione in priorati che le conferisce una dimensione “regionale”, anche se la diretta dipendenza dal papa la pone fuori controllo diocesano – ma vive in larga misura di una dimensione sovralocale, quella che le deriva dallo scopo originario dell’or- dine. Per le sedi sparse in tutta Europa, non solo il centro è lontano geogra- ficamente – come spesso accadeva anche per altri ordini –, ma vive in una dinamica assai diversa rispetto alle domus in Occidente. La condivisione degli ideali tra centro e periferia deve superare il grande distacco che esiste tra l’Occidente e la Terrasanta, che si può definire di una “società in guerra”, e in guerra contro l’Islam.

Povertà e ricchezza nella regola dell’Ordine La regola dell’ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme,5 attribuita dalla tradizione al secondo maestro dell’Ospedale, Raymond du Puy (1120-1160), e riconducibile ad un periodo anteriore al 1153,6 lascia ampio spazio al

5. Sulla tradizione della regola dell’ordine di S. Giovanni, cfr. K. V. S i n c l a i r, The Hospitallers’ Riwle (Miracula et Regula Hospitalis Sancti Johannis Gerosolimitani), London 1984; ma cfr. J. D e l a v i l l e L e R o u l x, Les Statuts dell’Ordre de l’Hôpital de Saint-Jean de Jérusalem, Bibliothèque de l’École des Chartes 48 (1887) pp. 341-356. I problemi testuali sono stati ben analizzati nel saggio di K. K l e m e n t, Le prime tre redazioni della regola giovannita, Studi Melitensi 4 (1996) pp. 233-259. 6. Cfr. anche il lavoro di E. N a s a l l i R o c c a, Origine ed evoluzione della Regola e degli Statuti dell’Ordine Gerosolimitano dei Cavalieri di San Giovanni (ora detto di Malta), in: 104 Giuliana Albini problema della povertà;7 ma, a differenza di altre regole, lascia anche spazio alle modalità di acquisizione della ricchezza necessaria all’ordine per svol- gere il compito che si era proposto. L’Ordine, nonostante nuovi statuti avessero introdotto novità normative, rimase sempre legato alla regola originaria: durante il pontificato di Bonifacio VIII fu infatti richiesta al papa una conferma della regola, poiché le lettere apostoliche di approvazione erano andate perdute durante la caduta di Acri (1291).8 Ebbene, il rapido confronto tra questa versione e redazioni più antiche 9 conferma una sostanziale conformità tra i testi,10 che possono essere letti come una continuità dell’Ospedale, che, nonostante la sua storia lo abbia portato a profonde trasformazioni, continuò a voler riaffermare la propria identità originaria. La vocazione dell’ordine era di protezione e difesa dei pellegrini, nello spirito dell’accoglienza presso la sua sede gerosolimitana:11 e la funzione militare dell’ordine trovò riscontro solo in altri interventi nor- mativi, ma lasciò sempre estranea la regola di base.12

Atti del primo congresso europeo di storia ospitaliera, 6-12 giugno 1960, Reggio Emilia 1962, pp. 901-925. 7. G. M i c c o l i, Dal pellegrinaggio alla conquista: povertà e ricchezza nelle prime crociate, in: Povertà e ricchezza nella spiritualità dei secoli XI e XII. 15-17 ottobre 1967 (Convegni del Centro di studi sulla spiritualità medievale 8), Todi 1969, pp. 43-80. 8. K l e m e n t, Le prime tre redazioni (come nota 5) p. 234ss. 9. Un’edizione della regola si trova in J. D e l a v i l l e L e R o u l x, Cartulaire général de l’ordre des hospitaliers de St-Jean de Jérusalem, (1100-1310), 4 voll, Parigi 1904-1906 (d’ora in poi Cartulaire): I, pp. 62-68 (che si basa su una copia del 1253, conservata presso gli archivi di Aarau). Sulla base di un altro manoscritto di fine Duecento è fatta l’edizione a cura di L. L e G r a n d, Statuts d’Hotel-Dieu et de léproseris. Recueil de textes du XIIe au XVe siècle, Parigi 1901, pp. 6-11. 10. Sulla regola cfr. anche E. J. K i n g, The Rule, Statutes and Custom of the Hospitallers (1099-1310), Londra 1934 e A. B e l t j e n s, Aux origins de l’ordre de Malte, Bruxelles 1995. 11. Sul problema delle origini dell’Ospedale, cfr. una sintesi delle più recenti posizioni in A. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo. Gli ordini religioso-militari nel medioevo. XI-XVI secolo, tr. it. Milano 2004, pp. 34-39. Cfr. B e l t j e n s, Aux origines (come nota 10); A. L u t t r e l l, The Earliest Hospitallers, in: B. K e d a r/J. R i l e y-S m i t h/R. H i e s t a n d (a cura di), Montjoie. Studies in Crusade History in Honour of Hans Eberhard Mayer, Aldershot 1997, pp. 37-54; M. M a t z k e, De origine Hospitalariorum Hierosolymitanorum. Vom Klösterlichen Pilgerhospital zur internationalen Organisation, Journal of Medieval History 22 (1996) pp. 1-23. 12. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) pp. 41-43, analizza rapidamente la trasformazione in senso militare dell’ordine, sottolineandone alcuni aspetti importanti. An- zitutto solo tra fine XII secolo e inizio XIII si può parlare di una sorta di “militarizzazione” dell’ordine, che ha nei cosiddetti “statuti di Margat” (1203-1206) il momento di più chiara definizione. D’altro canto, papa Alessandro III tra 1168 e 1180, richiamava più volte l’ordine ai suoi compiti originari – la cura dei pellegrini – chiedendo di limitare gli interventi in azioni militari (pp. 42-43). La questione è stata recentemente analizzata in un saggio di A. J. F o r e y, La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 105

La regola si mostra, anche ad una prima lettura, come espressione di quei movimenti che, tra XI e XIII secolo, diedero vita ad una esplosione di comu- nità ospedaliere,13 sollecitati anche dalle esigenze di una maggior mobilità delle persone, alla quale non era estraneo anche il pellegrinaggio (e il pelle- grinaggio armato). Scopo della comunità ospedaliera era il servizio ai pau- peres, esercitato da un gruppo di persone che, proprio per dare aiuto agli altri, diventa una comunità di pauperes. Non a caso, come più volte sottolineato dagli studi, l’ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme fu il modello per successive regole ospedaliere.14 Non meraviglia quindi ritrovare nei capitoli una grande attenzione alla povertà volontaria, che accomuna gli intenti anche di altre comunità ospedaliere diffuse in Terrasanta (e sulle quali i cavalieri di S. Giovanni finirono per avere il controllo).15 Dopo il definitivo distacco dell’Ospedale da altri enti religiosi,16 sancito dalla bolla Pie postulatio voluntatis di Pasquale II del 1113,17 l’ente abban- donava l’alveo in cui era nato per presentarsi come un forte ordine diretta- mente soggetto al pontefice: dalla sede principale, quella gerosolimitana, avrebbero dovuto dipendere tutte le comunità che si andavano fondando in Occidente nel suo nome. Questa caratteristica molto forte, della quale si trovano tracce in una serie di bolle che l’ospedale ottenne a favore suo e dei suoi beni, rende molto forte la percezione di un altro centro nella storia dei Gerosolimitani, ossia il papa.

The militarisation of the Hospital of St. John, Studia monastica 26 (1984) pp. 75-89, ora in I d., Military Orders and Crusades, Aldershot 1998, IX. 13. A. V a u c h e z, Ordini mendicanti e società italiana (XIII-XV secolo), Milano 1990, in particolare il capitolo dedicato ai cambiamenti del sistema assistenziale negli ultimi secoli del medioevo. 14. L e G r a n d, Statuts d’Hotels-Dieu (come nota 9) p. IXss.; A. R e h b e r g, Nuntii, questuarii, falsarii. L’ospedale di S. Spirito in Sassia e la raccolta delle elemosine nel periodo avignonese, Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge 115 (2003) pp. 41-132: 43. 15. Cfr. le considerazioni di B. F i g l i u o l o, Chiesa e feudalità nei principati latini d’Oriente durane il XII secolo, in: Chiesa e mondo feudale nei secoli X-XII. Atti della dodice- sima Settimana internazionale di studio, Mendola, 24-28 agosto 1992, Milano 1995, pp. 374- 409: 404. Ma cfr. J. R i c h a r d, Hospitals and hospital congregations in the Latin Kingdom during the First Period of Frankish Conquest, in: Outremer (come nota 2) pp. 89-100. L’ospe- dale di S. Giovanni non era infatti l’unica struttura per pellegrini. Un solo esempio: nel 1126 Ponzio conte di Tripoli da ai Giovanniti l’ospedale del Monte Pellegrino: S. P a u l i, Codice diplomatico del sacro militare Ordine Gerosolimitano, oggi di Malta, 2 voll., Lucca 1733-1737 (d’ora in poi: P a u l i): I, pp. 9-10 nr. IX. 16. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) pp. 33-40. 17. Il testo della bolla di Pasquale II è pubblicato e tradotto da B e l t j e n s, Aux origines (come nota 10) pp. 437-438 e pp. 192-193 (così in D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo [come nota 11] nr. 12 al cap. 2, p. 329). cfr. Ph. J a f f é, Regesta pontificum Romanorum ab condita Ecclesia ad annum post Christum natum MCXCVIII, I, Leipzig 1885, nr. 6341 (4703). 106 Giuliana Albini

La regola, che fu redatta solo più tardi rispetto alla bolla di Pasquale II, con il maestro Raimondo di Puy, si inseriva nella tradizione agostiniana, come accadeva in occidente per le comunità non benedettine (ad esempio le comu- nità canonicali, oltre che ospedaliere):18 regola breve (solo 19 capitoli), che si apre con l’obbligo per i confratelli dei tre voti di castità, obbedienza e povertà (et sine proprio vivere).19 I confratelli dovevano vivere utilizzando solo ciò che era essenziale: una vita di povertà,20 quindi, non chiedendo più di quanto necessario (pane, acqua e i vestiti loro promessi).21 Anche l’aspetto esteriore doveva ricordare il voto di povertà e, soprattutto, non doveva stri- dere con lo spirito che animava l’ordine, ossia il servizio ai poveri: poiché loro compito era servire i poveri del signore – dei quali essi professavano di essere servi – e i poveri incedevano nudi e sporchi, sarebbe stata una contrad- dizione mostrarsi senza umiltà, ostentando ricchezza (Et turpe est servo cum sit superbus et Dominus eius humilis 22). Questi richiami ad un vestimento sobrio, così come ad una misura in ogni cosa, continuamente riaffermata ad esempio nelle indicazioni relative al cibo, si ripetono in diversi capitoli della regola. D’altro canto, l’obbligo all’osservanza del voto di povertà ritorna quando vengono prescritte pene per coloro che avessero mantenuto, nono- stante le proibizioni, proprietà individuali, nascondendole al Maestro.23 Le pene erano pesanti: dalla negazione dei riti funebri (quasi una scomunica) all’estromissione dall’ordine, a pene corporali e digiuni. E ancora, l’obbligo alla povertà individuale trova spazio laddove si indicano regole per la riscos-

18. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 86ss.: l’autore fa una compa- razione con le regole di alcuni ordini cavallereschi. 19. L e G r a n d, Statuts d’Hotels-Dieu (come nota 9) p. 8; S i n c l a i r, The Hospital- lers’ Riwle (come nota 5) appendice, p. 70, § 1. 20. Cfr. La povertà del secolo XII e Francesco d’Assisi. Atti del Convegno internazionale, Assisi, 17-19 ottobre 1974, Assisi 1975. 21. L e G r a n d, Statuts d’Hotels-Dieu (come nota 9) p. 8; S i n c l a i r, The Hospital- lers’ Riwle (come nota 5) appendice, p. 70, § 2: Et non querant amplius ex debito, nisi panem e aquam atque vestimentum; que eis promituntur. Et vestitus sit humilis … 22. Ibid. 23. Si tratta del capitolo 13 della regola, assai discusso nella sua formulazione. Risulta essere uno dei capitoli sul quale era intervenuto nel 1206 il Capitolo Generale dell’ordine nel cosiddetto “scritto di Margat”. Nella versione più antica il testo è del seguente tenore (cito da L e G r a n d, Statuts d’Hotels-Dieu [come nota 9] p. 40, che riprende la lezione del Delaville Le Roulx): At si aliquis fratrum de proprio dimissus in morte sua proprietatem habuit et vivens magistro suo non ostenderit, nullum divinum officium pro eo agatur, sed quasi excommunicatus sepeliatur; et si vivens incolumis proprietatem habuit et magistro suo celaverit, ac postea super eum inventa fuerit, ipsa pecunia ad collum ejus ligetur et per hospitale Jerosolimitanum, vel per alias domos ubi permanserit, ducatus nudus, et verberetur a clerico si clericus est, si vero laycus, ab aliquo fratre verberetur, et quadraginta dies jejunans quarta et sexta feria in pane et aqua. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 107 sione delle elemosine, facendo proibizione ai frati di accettare qualunque offerta a titolo personale e riaffermando l’obbligo di rendere noto per iscritto al Maestro tutto ciò che fosse stato loro donato.24 Non vi sono dubbi sul fatto, dunque, che la povertà individuale sia uno degli elementi portanti della regola dell’ordine di S. Giovanni. D’altro canto, come è stato sottolineato da Todeschini, “allorché nel corso del XII secolo si moltiplicano i movimenti religiosi di tipo laicale o semi-laicale … in qualche modo prefiguranti aspetti della religiosità che sarà francescana … diventerà sempre più caratteristico dell’identità dei cristiani, anche non di condizione sacerdotale, la scelta di una vita, che pur snodandosi fra occupazioni di tipo quotidianamente laicale, adottava però come metodo economico … una lo- gica del possedere fondata sulla paupertas …”.25 Grande attenzione che viene posta alle modalità di raccolta delle elemo- sine, che, come detto da Rehberg, fa della regola dei Giovanniti il modello di successive regolamentazioni delle collette.26 Ne ricordo solo qualche elemento: – l’obbligo a ricevere un ordine dal maestro – o dal capitolo – per raccogliere le collette; 27 – l’obbligo a non muoversi soli, ma in due o in tre fratres; – l’obbligo a comportarsi in modo rispettoso dei luoghi sacri e delle persone presso le quali si questua;28 – l’obbligo a non ricevere personalmente terram nec pignus ma a trasmettere eventuali donazioni di tal genere per iscritto al maestro (il che implica che la raccolta era in genere in denaro o in cibo).29 Le innovazioni introdotte sulla scorta degli statuti di Margat 30 –chesono state lette come un segno della militarizzazione dell’ordine 31 –sonoignorate alla fine del XIII secolo, per recuperare la regola originaria: è noto il fatto che il 7 aprile 1300 Bonifacio VIII, su richiesta dei fratres e del gran Maestro, accordò con la bolla Culminis apostolici solio, (e come tale approvata da

24. S i n c l a i r, The Hospitallers’ Riwle (come nota 5) appendice, p. 71, § 5 e 6. 25. G. T o d e s c h i n i, I mercanti e il Tempio. La società cristiana e il circolo virtuoso della ricchezza tra Medioevo ed Età Moderna, Bologna 2002, p. 86. 26. R e h b e r g, Nuntii (come nota 14) p. 43. 27. S i n c l a i r, The Hospitallers’ Riwle (come nota 5) appendice, p. 71, § 7. 28. Ibid. p. 71, § 4. 29. Ibid. p. 71, § 6. 30. Gli statuti di Margat sono pubblicati in E. J. K i n g, The Rule, Statutes and Customs of the Hospitallers, 1099-1310, Londra 1934, pp. 50-51. 31. Interessante l’art. 12 che precisa il fatto che chi entra nell’ordine conserva la propria situazione sociale originaria, quindi anche quella di cavaliere; cfr. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 105. 108 Giuliana Albini

Lucio III),32 riaffermando quindi un ritorno totale alle regole delle origini. Ma il fatto che non si faccia menzione nella regola di un impegno militare, non esclude che l’ordine avesse anche funzioni di tal genere. Statuti (elaborati durante i capitoli generali dell’ordine, come ad esempio i famosi statuti di Margat di inizio Duecento), esgarts (che regolavano l’amministrazione della giustizia interna), usanze, anche locali, fanno intravedere il progressivo im- pegno militare dell’ordine. Del resto, l’acquisizione di numerose strutture difensive, così come le testimonianze che attribuiscono all’ordine un ruolo di difesa armata dei territori controllati,33 hanno fatto diventare centrale nella tradizione della storia dei Gerosolimitani il tema della sua militarizzazione, data quasi per scontata per un periodo assai precoce – prima della metà del XII secolo. Tale ipotesi è sostenuta dal giudizio di Giacomo di Vitry,34 che all’inizio del Duecento attribuiva il mutamento alla necessità di sostenere una sorta di concorrenza del nuovo ordine dei Templari. La questione appare oggi ancora da valutare: vorrei solo sottolineare il peso crescente che gli studi attribuiscono ora non tanto ad un esercizio diretto di pratiche militari da parte dei fratres, quanto all’utilizzazione di nuclei armati che si appoggiavano agli ordini, ma non ne erano parte integrante. Così gli Ospedalieri – ma anche i Templari – si servivano di contingenti armati, di cavalieri, quei milites ad terminum la cui presenza è attestata sia nella Spagna della Reconquista, sia in Terrasanta. Templarii vero et Hospitalieri de omnibus castellis suis po- pulum multum congregaverunt, si legge nel Libellus de expugnatione Terrae Sanctae:35 uomini in arme che appoggiavano (e sostenevano) l’Ospedale, costituendone, forse, almeno nel XII secolo, il vero nucleo armato combat- tente.36 Ciò è in sintonia con il fatto che almeno fino alla metà del XII secolo l’Ospedale pare caratterizzarsi anzitutto come struttura caritatevole, di aiuto a poveri e pellegrini, tanto che Raimondo di Puy non risulta aver mai emanato decreti in materia militare.37 Nonostante questo, nel 1160 il maestro Gilberto di Assailly risulta spesso coinvolto in azioni militari. Così egli scriveva: Nos itaque et fratres nostri, religioni miliciam commiscentes, in ejus [Terre Sancte] defensione continuo labore insudamus, inimicis crucis resi-

32. K l e m e n t, Le prime tre redazioni (come nota 5) p. 235. 33. Cfr. F o r e y, The militarisation (come nota 12) p. 84. 34. Ibid., p. 85. 35. Citato in G. L i g a t o, Fra Ordini Cavallereschi e crociata: i “milites ad terminum” e “confraternitates” armate, in: Militia Christi e Crociata nei secoli XI-XIII. Atti della undecima Settimana Internazionale di studio, Mendola, 28 agosto-1 settembre 1989, Milano 1992, pp. 645-697: 667. 36. Ibid., p. 669. 37. F o r e y, The militarisation (come nota 12), p. 87. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 109 stendo [et] nostrum sanguinem effundere non recusamus.38 Ma si tratta ancora di segnali, che sono continuamente “nascosti” da interessi resi espliciti e forti per la cura di poveri e pellegrini. A tale funzione, però, i Giovanniti dovevano essere richiamati, se papa Alessandro III li sollecitava a non perdere di vista la propria funzione originaria, pur lasciando anch’esso spazio ad un possibile impegno militare dell’ordine stesso. L’uso delle armi doveva essere evitato, nisi forte tunc cum vexillum sancte crucis aut pro defensione regni aut pro obsidione alicujus civitatis paganorum delatum fuerit, pro quibus subsidium necessarium esset armorum.39 Il legame con le finalità originarie dell’ente 40 può essere ritrovato anche in una politica costantemente perseguita di acquisizione all’Ordine di ospe- dali esistenti in Terrasanta, aggregati ai Gerosolimitani: oltre al già citato ospedale di Monte Pellegrino, se ne possono ricordare altri in Gerusalemme, Acri, Tiro, Antiochia.41 Agli ospedali devono essere poi aggiunti altre comu- nità religiose che papa Alessandro IV, nel 1256 e nel 1257, concede ai Giovanniti, ossia il monastero del Monte Tabor e quello di S. Lazzaro di Betania.42 Dunque non è possibile mettere in discussione la volontà primaria di assistenza dei Giovanniti – e di conseguenza un loro interesse ad utilizzare le proprie sostanze per queste finalità –,43 ma non si può neppure non vedere che essi si trovarono presto direttamente implicati in tutte le questioni militari della Terrasanta. Né si deve trascurare il fatto che la povertà, continuamente ribadita, rimane una povertà dei singoli: l’ordine diventa ricco e non limita certo questa sua tendenza, che costituisce un filo conduttore costante della sua storia. I Gerosolimitani, subito dopo il loro riconoscimento da parte di Pasquale II (1113), sono preoccupati della propria ricchezza. Il compito che essi si erano

38. Cartulaire, I, doc. 309, citato in F o r e y, The militarisation (come nota 12) p. 87. 39. Cartulaire, I, doc. 527, citato in F o r e y, The militarisation (come nota 12) p. 88. 40. Nella seconda metà del XII secolo l’ospedale a Gerusalemme funzionava sia per l’accoglienza dei pellegrini, sia per altre finalità caritatevoli, come la cura di malati e bambini abbandonati: cfr. B. Z. K edar,Atwelfth-century description of the Jerusalem Hospital, in: H. Nicholson(acura di), The military orders. Welfare and Warfare, Aldershot 1998, pp. 3-26: 6s. 41. M. B a l a r d, I possedimenti degli ospedalieri nella Terrasanta (secoli XII-XIII), in: J. C o s t a R e s t a g n o (a cura di), Cavalieri di San Giovanni e territorio. La Liguria tra Provenza e Lombardia nei secoli XIII-XVII. Atti del Convegno, Genova-Imperia-Cervo, 11-14 settembre 1997, Genova 1999, pp. 473-505: 494. 42. P a u l i, I, pp. 148-150 nr. CXXVII e p. 165s. nr. CXXXV (cfr. Cartulaire, II, docc. 2726 e 2781). 43. Sui problemi relativi alle finalità religiose degli “ordini militari” cfr. K. E l m, Die Spiritualität der geistlichen Ritterorden des Mittelalters. Forschungsstand und Forschungspro- bleme, in: Militia Christi (come nota 35) pp. 477-518. 110 Giuliana Albini assunti era assai gravoso e da subito venne percepito come un compito che doveva coinvolgere complessivamente tutti coloro che si sentivano partecipi di tali problemi, sia che essi fossero in Terrasanta, sia che essi vivessero in Occidente. Interessante a tale proposito è una decisione del capitolo del- l’Ospedale dell’epoca di Raimondo du Puy.44 In esso emerge il senso dell’uni- tà, e anche la volontà di acquisire ai Gerosolimitani tutte le elemosine e le donazioni destinate al Santo Sepolcro: Raimundus Dei gratia Christi paupe- rum servus humilis et Sancti Hospitali Ierusalem custos fidelis cum omni fratrum conventu universis fratribus suis. Quicumque has literas legerint vel eas audierint clericis videlicet et laicis tam vicinis quam longe positis sub titulo Sancti Hospitalis Ierusalem ubique terrarum manentibus … Raimondo si presenta come punto di riferimento per tutti coloro, laici ed ecclesiastici, che hanno come riferimento l’ospedale di Gerusalemme: probabilmente non ancora un ordine, ma sicuramente, dopo la bolla di Pasquale II, un’entità che individua il proprio centro nell’Ospedale gerosolimitano (e per lui nel suo maestro). Il du Puy ordina, con l’appoggio del capitolo ospedaliero, ut quas- cumque eleemosynas, quascumque possessiones, ecclesias, hospitalia et mu- nicipia vel quiquid aliud numerari poterit quod antequam ad manus vestras devenisset de iure dominici Sepulchri fuerat vel esse debuerat hucusque negligenter forte vel inscienter tenuistis hoc nostro accepto vel audito man- dato presentium latoribus libere et quiete relinquatis et absque omni calump- nia soluta dimittatis: neque ulterius de elemosina sanctissimi Sepulchri vel possessionibus sive scriptis quidquam auferre minuere vel habita retinere praesumatis … Questa decisione conciliare presenta già in sé la volontà di considerare l’ospedale gerosolimitano come il centro della raccolta di tutte le elemosine che fossero state fatte a nome del Santissimo Sepolcro, in modo che fossero consegnate solo a responsabili dell’ordine: un altro segnale della volontà dell’Ospedale, nella sua sede gerosolimitana, e dello stesso maestro, a porsi come centro, organizzativo ma anche economico, dei Giovanniti.

La ricchezza dell’Ordine: l’Oltremare Il periodo di presenza in Terrasanta (1099-1291) La formazione del patrimonio fu molto rapida, tanto da poter affermare che gli Ospedalieri erano, nel XII secolo, la più ricca potenza fondiaria della Terrasanta.45 Con una progressione sorprendente, ancor prima del riconosci-

44. P a u l i, I, pp. 36-37, nr. XXXV. 45. B a l a r d, I possedimenti (come nota 41). Tra i lavori più recenti sull’ordine, pochi si sono occupati delle vicende del patrimonio in Terrasanta (ma cfr. J. R i l e y - S m i t h, The La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV)111 mento di Pasquale II, gli Ospedalieri acquisiscono beni, essendo fatti oggetto di continue donazioni, confermate e sostenute da re e signori in Terrasanta, sin dai primi decenni della loro esistenza. Nel 1110 Baldovino I, re di Geru- salemme, confermava il possesso di tutte le donazioni ricevute dall’Ospedale: Notum sit omnibus hominibus quod ego Balduinus gratia Dei rex Jherosoli- mitanus laudo et confirmo per scripturam omnia dona et helemosinas quae factae sunt Hospitali Iherosolimitano in omni regno meo usque in hodiernum diem tam de casalibus quam de villanis sive de domibus ac de terris et de omnibus ad utilitatem pertinent …46 Nel 1118, Ruggiero di Antiochia confer- mava in tutto il suo regno i doni e le elemosine fatte all’Ospedale dei Gero- solimitani.47 Nel 1126 analoga conferma di precedenti donazioni, tra cui anche un ospedale posto sul Monte Pellegrino, faceva Ponzio conte di Tripoli, che l’anno successivo le riconfermava, aggiungendovi altri beni.48 La ricchezza dell’Ospedale si fondava sull’acquisizione anzitutto di ca- sali, unità fondiarie – una sorta di curtes, con villaggio 49 – alcuni dei quali, come Emmaus, furono in seguito fortificati. Accanto a questi beni, l’ordine acquisisce un gran numero di castelli,50 ossia una rete di insediamenti forti- ficati che di fatto (nel regno di Gerusalemme, come nella contea di Tripoli come nel principato di Antiochia) consentono di controllare (alla vigilia della battaglia di Hattin) tutto il territorio occupato dagli occidentali,51 con una forte concentrazione in alcune aree di confine con i territori musulmani. Fin dal 1142 gli Ospedalieri ottenevano infatti in donazione dal conte di Tripoli, Boemondo II, il famoso Krac dei Cavalieri, che divenne il simbolo della presenza militare dei Giovanniti in Terrasanta.52 Insieme ad esso, Boemondo donava il castello della Beqaa, la città di Rafaniyah e altri beni, con pieni diritti di utilizzazione, compresi diritti signorili sugli uomini, nell’evidente intento di garantire, tramite l’Ordine, un forte controllo su un ampio territorio.53 Fortezze, castelli, feudi vengono progressivamente ceduti, in perpetuo o temporaneamente, agli Ospedalieri. Può accadere che la cessione comporti

Knights of St John in Jerusalem and Cyprus 1050-1310, Londra 1967, pp. 423-469). 46. P a u l i, I, p. 2s. nr. II (cfr. Cartulaire, I, 20). 47. P a u l i, I, p. 6 nr. VI. 48. P a u l i, I, p. 9s. nr. IX (ma cfr. Cartulaire, I, 82) e p. 11s. nr. XI 49. J. R i c h a r d, Le Royaume latin de Jérusalem, Parigi 1953, p. 72. 50. B a l a r d, I possedimenti (come nota 41) p. 475. 51. A. F o r e y, Gli ordini militari e la difesa degli stati crociati, in: M. R e y - D e l q u é (a cura di), Le crociate. L’Oriente e l’Occidente da Urbano II a san Luigi (1096-1270). Catalogo della mostra tenutasi a Roma, Palazzo Venezia, Roma 1997, pp. 253-258. 52.G.Coppola,Fortezze medievali in Siria e Libano al tempo delle Crociate, Salerno 2002. 53. F i g l i u o l o, Chiesa e feudalità (come nota 15) p. 407. 112 Giuliana Albini l’obbligo di fortificare un insediamento (come nel caso della cessione nel 1143 da parte di Baldovino, conte di Marash, del castello della Platta 54). Il patrimonio cresce grazie ad alcune concessioni importanti, come la donazione di Boemondo III nella contea di Tripoli, che consente il controllo su Margat, dalla quale dipendevano ben 24 casali.55 È soprattutto a partire dal 1130 che, oltre al moltiplicarsi delle donazioni, cresce anche la capacità dell’ordine di acquisire e razionalizzare beni fondiari: così nel 1187 l’ordine possedeva quasi 200 casali (83 nel regno di Gerusalemme, 42 nella contea di Tripoli, 66 nel principato di Antiochia).56 La ricchezza dell’ordine era cresciuta in relazione al crescente prestigio di cui i Gerosolimitani godevano, in Oriente come in Occidente, tanto che il re di Gerusalemme e la chiesa locale, inizialmente poco propensi a favorire l’ordine, seguono ben presto la tendenza di signori e grandi famiglie locali ad appoggiarlo senza riserve. Una battuta d’arresto e di crisi si ha in seguito alla battaglia di Hattin (1187) e alla perdita di Gerusalemme: il patrimonio fondiario si riduce note- volmente, ovviamente in relazione alla perdita consistente di territori da parte dei cristiani, e l’Ospedale sembra in totale crisi. Ma proprio il bisogno che la nobiltà locale e i sovrani hanno della funzione protettrice e dell’appoggio dell’Ordine ne sostiene la rapida ricostituzione. Ormai la difesa militare degli stati latini 57 viene di fatto affidata agli ordini militari, Templari ed Ospeda- lieri, soprattutto nelle zone più deboli dal punto di vista della difesa militare. Ancora donazioni, ma spesso anche interventi dell’ordine che approfitta di una nobiltà locale in crisi per aumentare la propria ricchezza: e con una strategia precisa. L’Ordine pare investire infatti sempre più in città e nella difesa delle città costiere:58 tra 1193 e 1196 diviene proprietario di parte delle mura di Acri, grazie ad una donazione fatta dal conte palatino Enrico,59 così come di torri a Giaffa ed Ascalona. Ma, soprattutto, con una progressiva politica di compravendita esso ricostruisce, alla metà del Duecento, il proprio patrimonio, con ben 151 casali, per la maggior parte concentrati nel regno di Gerusalemme.60

54. Ibid., p. 406. 55. B a l a r d, I possedimenti (come nota 41) p. 482. 56. Ibid., p. 482. 57. Cfr. J. P r a w e r, Histoire du royaume latin de Jérusalem, 2 voll., Parigi 1985; C. C a h e n, La Syrie du nord à l’époque des croisades et la principauté franque d’Antioche, Parigi 1940; M. A m o r o u x - M o u r a d, La Conté d’Edesse (1095-1150), Parigi 1988. 58. B a l a r d, I possedimenti (come nota 41) p. 482. 59. F i g l i u o l o, Chiesa e feudalità (come nota 15) p. 406. 60. B a l a r d, I possedimenti (come nota 41) p. 483. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV)113

L’ordine dei Gerosolimitani si presenta dunque, in quella che possiamo considerare all’epoca il suo cuore pulsante, ossia nella Terrasanta, dotato di potenza e ricchezza. Si tratta soprattutto di beni fondiari, posti in un territorio ampio, quasi sempre organizzati in casali, terre sfruttate prevalentemente nella coltivazione di olivo, canna da zucchero e cereali, tendenzialmente ben gestite, tali da fruttare all’ordine, che ben agisce come signore fondiario, un reddito costante. Accanto a queste coltivazioni, uno spazio importante è riservato ai vigneti, che fruttano bene all’ordine, che si dimostra spesso interessato ad acquisire terreni adatti a tale produzione.61 Oltre a questo vocazione agraria – in fondo ben nota – gli studi hanno evidenziato anche una forte attenzione per l’acquisizione di beni in città. Transazioni sistematiche portano gli Ospedalieri ad acquisire case, botteghe, mulini, strade in diverse città (Gerusalemme, Antiochia, Laodicea, Tripoli etc.), con il preciso intento “di costituire nelle principali città del regno dei quartieri compatti, omogenei, veri ‘comuni ecclesiastici’…”.62 Il caso più noto è quello di Acri,63 caso che accomuna le modalità di presenza giovannita in Terrasanta, con le modalità di stanziamento in area urbana messe in atto in Occidente.64 Molte componenti contribuirono alla costruzione di un così cospicuo patrimonio in Terrasanta, che ebbe il suo primo impulso dalle donazioni, così come avvenne per la nascita e la crescita di monasteri, chiese, comunità religiose, ospedali. Certamente nel caso dei Giovanniti colpisce trovare subito tra i nomi dei donatori personaggi di grande prestigio sociale, protago- nisti delle vicende politico-militari delle crociate (come ad esempio Goffredo di Buglione 65). E colpisce altrettanto vedere come la nuova comunità, che non aveva subito ottenuto il favore completo della Chiesa e del regno, così come di altri personaggi che continuavano a preferire altre realtà religiose,

61. Per questo cfr. le osservazioni di R i l e y - S m i t h, The Knights (come nota 45) p. 426ss., oltre al lavoro di Balard. 62. B a l a r d, I possedimenti (come nota 41) p. 495. 63. Su questo aspetto si vedano in particolare gli studi di D. J a c o b y, Crusader’s Acre in the Thirteenth Century: Urban Layout and Topography, Studi Medievali 20 (1979) pp. 1-45. 64. Interessanti a questo proposito le modalità di insediamento giovannita a Milano, dove essi si stanziano in una zona ai margini della città, dando luogo ad una sorta di lottizzazione di un’area G. A l b i n i, La domus Sancte Crucis dei Gerosolimitani e la società milanese tra XII e XIII secolo, in: J. C o s t a R e s t a g n o (a cura di), Riviera di Levante tra Emilia e Toscana. Un crocevia per l’Ordine di San Giovanni. Atti del Convegno, Genova-Chiavari-Rapallo, 9-12 settembre 1999, Bordighera 2001, pp. 291-333. 65. Cartulaire, I, 1; cfr. B a l a r d, I possedimenti (come nota 41) p. 483. È la prima donazione ricordata dai documenti: Goffredo concede il casale di Hessilia e due torri in Gerusalemme. 114 Giuliana Albini come quella dei canonici del Santo Sepolcro,66 elimini, di fatto, nel giro di qualche decennio la concorrenza delle altre comunità religiose. Degna di nota è la donazione di Ruggiero di Puglia, fratello di Boemondo di Antiochia, che manifesta come, all’inizio, l’Ospedale debba dividere con altri il favore dei potenti. La donazione è infatti diretta a tre beneficiari: i canonici del Santo Sepolcro, per le preghiere; il re di Gerusalemme, perché combatta; l’Ospeda- le, per l’aiuto a poveri e pellegrini.67 Dal centro, personaggi illustri, grandi famiglie (come quelle dei conti di Tripoli e dei principi di Antiochia), ma anche grandi signori (come i signori di Sidone, gli Ibelin, i signori di Gibelletto – ossia i genovesi Embriaci), sono i sostenitori dell’Ospedale. Oltre a questi, ben presto anche persone apparte- nenti a famiglie non aristocratiche, ad esempio mercanti,68 diventano donatori dell’Ospedale, anche se pare di poter dire, sulla scorta di Balard, che almeno fino a tutto il Duecento “l’adesione dei ‘borghesi’ alla spiritualità e all’attività dell’ordine gerosolimitano sia meno diffusa di quella della nobiltà e della cavalleria franca: quest’ultima rappresenta la base dello sviluppo dell’Ordine nella Terrasanta”.69 Ma anche dall’Occidente arrivavano donazioni, che avevano lo scopo di sostenere l’Ospedale gerosolimitano. Raimondo III conte di Barcellona face- va ampie donazioni all’ospedale, contestate dai suoi eredi e anche dai suoi funzionari.70 Il marchese Azzo d’Este nel suo testamento (1142 luglio 5) faceva donazioni di terre all’Ospedale di Gerusalemme.71 Accanto alle motivazioni più strettamente religiose delle donazioni a favore dell’Ospedale, si devono sottolineare le ragioni politico-militari che spinsero a donare all’Ordine: più gli ospedalieri diventavano ricchi e potenti, ricevendo casali e castelli, più venivano percepiti come capaci di garantire

66. Nel corso della prima metà del XII secolo, i re di Gerusalemme paiono preferire il capitolo del Santo Sepolcro, al quale fanno donazioni di casali, così come all’abbazia del monte Tabor (che come detto fu poi accorpata dai Giovanniti): B a l a r d, I possedimenti (come nota 41) p. 490. Nei primi decenni del XII secolo i canonici del Santo Sepolcro avevano ancora una fama che consentiva loro di attirare donazioni anche da altri personaggi: cfr. G. A i r a l d i, Genova e l’Oltremare: le origini di San Giovanni di Pré, in: C o s t a R e s t a gno,Riviera di Levante (come nota 64) p. 28 “Adelaide, vedova di Ugo Embriaco, sire di Gibelletto, d’accordo con il figlio Guglielmo, fa una ricca donazione ai canonici nel 1134". 67. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 36 (che mutua la sua citazione dal cronista Alberto di Aix). 68. È il caso di un genovese, Marino Mazuc, che nel 1201 concede agli Ospedalieri quattro botteghe, istituendoli poi eredi universali, poiché desiderava diventare confratello: P a u l i, I, p. 216s. nr. CLXXIV. 69. B a l a r d, I possedimenti (come nota 41) p. 491. 70. Cartulaire, I, doc. 24. 71. P a u l i, I, p. 302 nr. XXII. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV)115 protezione religiosa, ma anche materiale, a chi viveva in territori nei quali la guerra e l’insicurezza costituiva la quotidianità dell’esistenza. I Gerosolimi- tani divennero capaci di erogare non solo assistenza, ma anche difesa militare in territori in pericolo. Se le donazioni costituiscono certamente la modalità originaria di forma- zione del patrimonio, l’Ospedale sviluppò via via una propria capacità di gestione dei beni acquisiti in Terrasanta, che gli consentì di aumentare le proprie ricchezze, sfruttando al massimo i beni acquisiti. In particolare esso seppe procedere ad una politica di acquisizioni di beni, a danno di proprietari fondiari (spesso di famiglie di alto profilo) in difficoltà economica: prestiti su pegno fondiario precedono (nel corso del Duecento) molte delle acquisi- zioni di casali e castelli da parte dell’Ordine. Carestie, necessità di difesa, impegni militari, bisogno di denaro contante sono tutti motivi che mettono in crisi la nobiltà franca in Terrasanta: e l’Ospedale si dimostra in grado di approfittare di tali situazioni, perseguendo una politica economica di spos- sessamentodibenidimediegrandiproprietari. Tra i motivi di indebitamento, uno spazio particolare merita la questione del riscatto dei prigionieri:72 era infatti prassi diffusa la cattura di prigionieri cristiani – spesso appartenenti ad ordini religioso-militari – e la loro libera- zione da parte dei musulmani dietro pagamento di riscatti.73 D’altro canto, anche in Occidente era abituale la cattura di ostaggi o prigionieri e il loro riscatto dietro pagamento di denaro. Ciò che ora a noi interessa è notare come la liberazione dei prigionieri fosse spesso compito di ordini ospedalieri (ad esempio nella penisola iberica l’ordine di Santiago74): lo stesso Ospedale svolse spesso questo ruolo di intermediazione. Dal punto di vista economico, ciò significava avere a disposizione denaro contante da mettere a disposizione delle famiglie dei prigionieri che spesso chiedevano aiuto proprio all’Ospe- dale. È il caso della liberazione di Boemondo III (1170) per la quale l’Ordine pagò ai musulmani la cifra di 37.000 bisanti,75 ottenendo in cambio dalla famiglia beni fondiari. Tale prassi, dunque, portava spesso come conseguenza un arricchimento in beni dell’Ospedale e una crisi economica di eminenti famiglie. Dunque, quale ne fossero le origini, l’Ordine non disponeva solo di beni fondiari, in Terrasanta, ma anche di denaro contante: come avrebbe potuto

72. A. F o r e y, The military orders and the ramsoming of captives from Islam (twelth to early fourteenth centuries), Studia monastica 33 (1991) pp. 259-279, ora in I d., Military orders (come nota 12) VI. 73. Ibid., p. 260. 74. Ibid., p. 274. 75. B a l a r d, I possedimenti (come nota 41) p. 492. 116 Giuliana Albini dare in prestito al re di Armenia nel 1214 30.000 bisanti d’oro per le spese di matrimonio della figlia con Giovanni di Brienne? 76 Questa caratteristica pare accentuarsi dopo la perdita della Terrasanta: lo spostamento dopo la perdita di Acri costringe l’Ordine ad un rapido cambia- mento nella propria politica, anche economica. E ancora una volta non pos- sono non stupire la rapidità e l’intensità di questa riconversione. Gli ospedalieri dopo la caduta di Acri (1291): Cipro e Rodi L’abbandono della Terrasanta da parte dei cristiani incise in modo diver- so sui tre più importanti ordini monastico-militari: i Teutonici, ritiratisi a Venezia, iniziarono il loro insediamento in Prussia, dove costruirono un loro stato continentale, abbandonando per sempre il Mediterraneo. Templari e Giovanniti, inizialmente si insediarono a Cipro: ma mentre il destino dei Templari di lì a poco sarebbe stata segnato dall’intervento del re di Francia, per i Giovanniti iniziò, a partire dal 1306, la conquista dell’isola di Rodi, con la fondazione di un Ordenstaat, ossia uno stato governato da un ordine religioso.77 Furono anni difficili per l’Ordine: aveva perso il suo centro, la Terrasanta. Gerusalemme non era stata considerata definitivamente perduta sino a quan- do da Acri transitavano i pellegrini e il contatto con i musulmani era così vicino. Con Acri l’Ospedale aveva perso i suoi uomini – gravissime erano state le perdite umane –, i suoi beni, il suo archivio, le sue reliquie: in una parola, la sua ricchezza. E oltre a questo, l’Occidente li accusava – e non tanto nascostamente – della perdita dei luoghi santi. In tutto questo esso aveva sempre più bisogno che proprio da Occidente affluissero le risorse che da sempre li avevano sostenuti, ma senza che fossero l’unica fonte di sostenta- mento, tanto rilevanti erano le ricchezze locali. A Cipro l’Ospedale aveva possedimenti, ma il re di Cipro non accettava che la loro potenza in sede crescesse oltre misura. Le strategie che l’Ordine mise in atto per riacquistare prestigio e ricchezza si mossero all’insegna di quella che è stata definita una “decontinentalizzazione”, dando nuova impor- tanza alla creazione di una flotta da guerra. Sebbene da tempo, infatti, proprio per la necessità di continui rapporti con l’Occidente – per l’invio di uomini, cose, denaro – sia Templari che Ospedalieri avessero prestato attenzione a

76. Ibid. 77. A. L u t t r e l l, Gli ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme dal continente alle isole, in: F. T o m m a s i (a cura di), Acri 1291. La fine della presenza degli ordini militari in Terra Santa e i nuovi orientamenti nel XIV secolo, Perugia 1996, pp. 75-91, ora in I d., The Hospitaller State on Rhodes and its Western Provinces, 1306-1462, Londra 1999, II, p. 75s. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV)117 tenere attivi i contatti via mare con l’Europa,78 negli anni di fine Duecento il cambio di registro è dato proprio dalla creazione all’interno dell’ordine di una struttura organizzativa, che prevedeva ora la presenza di un maresciallo, che poteva nominare un frater miles che comandasse la flotta. Tra 1299 e 1300 veniva creato un Ammiraglio, che aveva il compito di noleggiare navi, arruolare marinai e uomini in arme, a spese dell’Ospedale, pronti ad essere utilizzate per imprese militari contro i musulmani, imprese che in quegli anni si moltiplicavano.79 Il prestigio di cui godeva l’Ordine era entrato in crisi già nel pieno Duecento, allorché la progressiva perdita di controllo della Terrasanta e poi la caduta dei regni latini rafforzò in Occidente l’opinione che una forte responsabilità degli insuccessi della presenza cristiana (e dei nuovi tentativi di crociate) in Terrasanta fosse da attribuire proprio agli ordini templare e giovannita. La loro ricchezza – accostata all’inefficacia della loro presenza – costituivano motivo di critiche feroci,80 che portarono alla nascita della pro- posta di un’unificazione dei due ordini, ancor prima della loro cacciata dalla Terrasanta, proposta che trova ampio spazio all’interno della Chiesa intorno agli anni Novanta del Duecento.81 TralepropostechecircolavanoiTemplari sembravano già godere di un credito minore rispetto agli Ospedalieri,82 che avrebbero ottenuto un ruolo di comando in un eventuale accorpamento dei due ordini.83 Al di là di questo, soprattutto dopo la caduta di Acri, si alzavano sempre più forti le richieste di ricontrollare che le proprietà e le ricchezze degli ordini militari fossero effettivamente finalizzate al loro scopo, ossia alla lotta contro gli infedeli. Così l’arcivescovo di Canterbury nel febbraio 1291, in occasione di un concilio a Londra, richiamava il papa non solo alla necessità – oggetto di ampio dibattito – che le rendite di tali ordini fossero tassate al pari di altre,84

78. Come esempio si può ricordare che nel 1234 Templari e Ospedalieri si accordarono con i cittadini di Marsiglia in merito a navi – e al loro carico e scarico – che utilizzavano il porto della città: P a u l i, I, pp. 124-127 nr. CXVI. 79. L u t t r e l l, Gli ospitalieri di San Giovanni (come nota 77) p. 82. 80. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 230ss. 81. P a u l i, II, p. 1 riporta un breve di Niccolò IV al vescovo di Cagliari (1292) nel quale chiede che in un concilio provinciale sia discussa l’unione di Giovanniti e Templari, perché tale unione avrebbe facilitato lo svolgimento del loro compito in Oriente. Cfr. B. F r a l e, I Templari, Bologna 2004, p. 105, ove si parla di una decisione presa nel concilio di Arles nel 1292 da papa Niccolò IV. 82. P. P a r t n e r, I Templari, Torino 1991, p. 43. 83. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 232. 84. L’ordine aveva ottenuto, in diverse occasioni, esenzioni sia da parte del pontefice, sia da parte delle autorità ecclesiastiche in Terrasanta. 118 Giuliana Albini ma al controllo della loro utilizzazione.85 D’altro canto le enormi ricchezze che Templari ed Ospedalieri avevano acquisito nel periodo gerosolimitano avevano da sempre costituito una risorsa per lo stesso papato: basti ricordare che nel 1298 Bonifacio VIII, dovendo sostenere forti spese per i conflitti con i Colonna, richiese a Templari e Ospedalieri un sussidio di 12.000 fiorini d’oro, che furono effettivamente versati dai due ordini (ma in parte più rilevante dai Templari): la diretta dipendenza dei due ordini dal pontefice aveva anche come conseguenza una sorta di impegno a difendere, in ogni modo, non solo la cristianità, ma anche il papa, qualunque fosse il pericolo nel quale egli si trovava.86 Gli Ospedalieri vissero un momento di crisi nel passaggio a Cipro prima e a Rodi poi: ma la capacità di tenuta di questo ordine fu notevole, soprattutto perché sostenuta da scelte politiche vincenti – a differenza dei Templari, ad esempio nell’appoggio promesso al papa per una nuova crociata,87 così come nelle scelte di campo in relazione alla politica locale di Cipro (ma anche nei confronti del re di Francia).88 Di non secondaria importanza nelle vicende di questo periodo il progetto di una crociata (passagium) 89 che papa Clemente V voleva indire contro gli infedeli: il papa ottenne l’appoggio dei Giovanniti, ma non quello dei Templari,90 e questo pose i Giovanniti in una posizione di rapporti privilegiati con il papa. Fu infatti proprio Clemente V a sostenere fortemente, durante il concilio di Vienne (1311-1312),91 contro il parere di

85. Taxatis … ad verum valorem reditibus et proventibus suis cogantur perpetue in Terra Sancta adquirenda et conservanda exhibere tot strenuos ut premittitur bellatores quot ex suis facultatibus possent rationabiliter sustentari: citato in A. J. F o r e y, The military orders in the crusading proposals of the late-thirteenth and early-fourteenth centuries, Traditio 36 (1980) pp. 317-345, ora in I d., Military Orders (come nota 12) VIII, p. 328. 86. F r a l e, I Templari (come nota 81) p. 112. 87. Cfr. A. D e m u r g e r, Les ordres militaires et la croisade au début du XIVe siècle. Quelques remarques sur les traités de croisade de Jacques de Molay et de Foulques de Villaret, in: M. B a l a r d/B. Z. K e d a r/J. R i l e y - S m i t h (a cura di), Gesta Dei per Francos. Études sur les croisades dédiées a Jean Richard, Aldershot 2001, pp. 117-128; F o r e y, The military orders in the crusading proposals (come nota 85). 88. A. L u t t r e l l, Gli ospedalieri e l’eredità dei Templari: 1305-1378, in: G. M i n - n u c c i/F. S a r d i (a cura di), I Templari: Mito e Storia. Atti del convegno internazionale di studi alla Magione Templare di Poggibonsi (Siena), 29-31 maggio 1987, Siena 1989, pp. 67-86, ora in I d., The Hospitallers of Rhodes and their Mediterranean World, Aldershot 1992, III. 89. B. Z. K e d a r/S. S c h i e n, Un projet de “passage particulier” proposé par l’ordre de l’Hôpital, 1306-1307, Bibliothèque de l’École des Chartes 137 (1979) pp. 212-225. 90. L u t t r e l l, Gli ospedalieri e l’eredità dei Templari (come nota 88) p. 72ss. 91. Sul periodo avignonese, cfr. Storia del cristianesimo: religione, politica, cultura, VI: Un tempo di prove (1274-1449), a cura di M. M o l l a t e A. V a u c h e z (ed. it. a cura di R. R u s c o n i), Roma 1998; La crisi del papato e il Papato avignonese, a cura di D. Q u a g l i o n i (Storia della Chiesa XI), Torino 1994. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV)119 gran parte dei componenti il concilio, che accusavano gli Ospedalieri di spendere la loro ricchezza in beni materiali, piuttosto che nella difesa della cristianità dagli infedeli, la necessità di un trasferimento dei beni dei Templari all’Ospedale.92 Questi furono – ma non senza difficoltà, come vedremo – assegnati ai Giovanniti con la bolla Ad providam di Clemente V del 1312.93 La sorte delle ricchezze, notevoli, dei Templari 94 doveva essere oggetto di trattative non solo tra il papa e i padri conciliari, ma anche tra il papa e i sovrani europei, in particolare re Filippo il Bello: il papa voleva infatti evitare che, una volta processati i Templari, si procedesse, come intendeva il re di Francia, alla creazione di un nuovo ordine 95 (o alla riforma degli Ospedalie- ri 96). La sintonia tra papato e Ospedalieri pare un filo conduttore delle vicende di questi anni: il papa ne esaltava le imprese contro i Turchi, sosteneva la necessità di riforma interna dell’ordine, ma era disposto ad appoggiare senza condizioni il passaggio delle ricchezze del Tempio all’ordine Giovannita. A testimonianza dell’importanza che gli Ospedalieri davano a questo fatto, si possono citare cronache dell’arrivo del luogotenente del Maestro ad Avignone, nel 1313, “dove una splendida cena fu offerta al papa e gli Ospe- dalieri parlarono di una nuova donazione di Costantino”.97 Le critiche nei confronti dei Giovanniti non si spensero: e proprio l’acquisizione dei beni, finalizzata al subsidium Terre Sancte, provocò un’attenzione ancora più gran- de, sia in sede locale, sia tra le alte gerarchie, ai comportamenti degli Ospe- dalieri. Ancora nel 1343, Clemente VI ricordava al Gran Maestro che i giudizi sull’ordine erano, in Occidente, tutt’altro che positivi: habet namque cleri et populi quasi comunis et vulgaris opinio … quod tu, filii, et alie persone Hospitalis predicti de bonis innumeris ipsius Hospitalis in transmarinis et scismarinis partibus boni faciatis quasi nichil.98 L’insediamento gerosolimitano a Rodi portò ad ulteriori cambiamenti nell’Ordine. Lo scopo della presenza gerosolimitana era di costruire un avam- posto cristiano contro i musulmani, una struttura militare navale, che si proponeva di riacquistare posizioni in Terrasanta e costituire una barriera di

92. L u t t r e l l, Gli ospedalieri e l’eredità dei Templari (come nota 88) p. 73. 93. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 240. 94. L u t t r e l l, Gli ospedalieri e l’eredità dei Templari (come nota 88) p. 74. 95. F r a l e, I Templari (come nota 81) p. 105. Il progetto di unione dei due ordini prevedeva, nelle ipotesi avanzate dalla corte francese, la nascita di un nuovo ordine – che secondo Raymond Lull doveva intitolarsi allo Spirito Santo –, governato da un appartenente ad una famiglia reale occidentale, che avrebbe dovuto prendere il titolo di re di Gerusalemme 96. F o r e y, The military orders in the crusading proposals (come nota 85) p. 322. 97. L u t t r e l l, Gli ospedalieri e l’eredità dei Templari (come nota 88) p. 75, e fonti ivi citate. 98. Lettera di Clemente VI, citato in F o r e y, The military orders (come nota 85) p. 333. 120 Giuliana Albini difesa per l’Occidente. Rodi era un’isola che faceva parte dell’impero bizan- tino, con una popolazione greca, di religione ortodossa. L’occupazione di Rodi portò ad un necessario confronto con la popolazione locale, che trovò comunque un modo di convivenza con il potere di un ordine religioso, che però era anche in grado di difenderla dai Turchi, senza gravarla eccessiva- mente di tasse e impegni militari, tanto che osservatori bizantini potevano affermare, nel 1352, che gli abitanti di Rodi avevano perso qualche libertà, ma erano ben nutriti e ben difesi.99 Infatti, la presenza dell’Ordine – come avvenne nella penisola iberica e in Prussia con altri ordini religioso-militari – fu motore di sviluppo dell’isola, incrementandone il popolamento e attiran- do presenze occidentali – mercanti, ma anche ecclesiastici. Rodi divenne luogo, oltre che di transito di pellegrini diretti verso la Terrasanta, anche di proficui e redditizi affari, commerciali e finanziari, oltre che di sfruttamento agricolo. Interessante è notare come in questi anni, tra Acri, Cipro, Rodi, venne messa in discussione la vera centralità dell’Ordine. Per quanto importanti, le sedi di Cipro prima e di Rodi poi non erano necessariamente percepite come il centro della comunità gerosolimitana. Alla fine del XIII secolo acquistano infatti importanza i rappresentanti delle sette lingue (o nazioni), ossia il fulcro occidentale dell’Ordine, che contestò violentemente l’operato del gran Mae- stro Guillaume de Villaret.100 Questi portava avanti una politica di ‘occiden- talizzazione’, richiedendo che i capitoli generali si svolgessero in Provenza e, di conseguenza, che il centro dell’Ordine fosse portato in Europa.101 Ma l’opposizione forte del Convento costrinse nel 1302 Guillaume a trasferirsi a Cipro: suo nipote, Foulques de Villaret, fu personaggio altrettanto complesso e contestato – accusato di accordi con i pirati genovesi e con i Turchi –, ma uomo di grande spessore politico, dai grandi progetti, al quale si deve la conquista di Rodi, ma anche il forte indebitamento dell’ordine, per le spese da lui sostenute.102 Proprio la questione economica pare diventare fondamentale in questi anni nelle vicende dell’Ordine. La conquista si dimostrò, in breve, un grande vantaggio economico per gli Ospedalieri. Anche se non chiari ne sono i

99. A. L u t t r e l l, Rhodes: base militare, colonie, métropole de 1306 à 1440, in: M. B a l a r d/A. D u c e l l i e r (a cura di), Coloniser au Moyen Âge, Parigi 1995, pp. 235-245, ora in I d., The Hospitaller State on Rhodes (come nota 77) VII. 100. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 238ss. 101. L u t t r e l l, Gli ospitalieri di San Giovanni (come nota 77) p. 87. 102. A. L u t t r e l l, Notes on Foulques de Villaret, master of the Hospital (1305-1319), in: I d., The Hospitallers of Rhodes (come nota 88) IV. Fu così contraddittorio il suo operato, che egli fu oggetto di un tentato omicidio e poi allontanato dal suo ruolo nel 1319; morì nel 1327. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 121 contorni – e l’atteggiamento tenuto dall’impero bizantino – l’intera isola divenne ben presto possesso dell’Ordine. Pare di capire, da una decisione del convento, che il Gran Maestro in prima persona – sono ancora gli anni di Foulques de Villaret – aveva il pieno dominio dell’isola: Item magister retinet ad suas manus insulam Rodi cum aliis insulis, et similiter potestatem tenendi eas ad manus suas, aut disponendo eis de consilio procerum prout ei fuerit bene visum …103 Anche i fratres ebbero grandi vantaggi da questo nuovo insediamento, poiché il capitolo generale aveva consentito loro, nel 1311, di costruire case o gestire beni fondiari a proprio vantaggio, durante la loro vita, purché alla morte i beni entrassero a far parte del patrimonio dell’Ordine.104 Lo sfruttamento fondiario dell’isola ebbe inizio, con la concessione in feudo a persone provenienti dall’Europa di beni, anche di notevole entità, dietro corresponsione di obblighi militari, ma anche di consistenti pagamenti in denaro. Il fenomeno di un nuovo popolamento dell’isola, percepita come avanguardia della cristianità e come occasione di nuovi guadagni, era iniziato. Nel 1338 si ha la testimonianza della costruzione di case, con terrazze e giardini, da parte di membri delle compagnie fiorentine di Bardi, Peruzzi, Acciaioli: ma non è che un esempio del moltiplicarsi delle presenze occiden- tali, legate alle fortune dei Giovanniti.105 L’Ordine stava dunque rapidamente ricostruendo a Rodi un patrimonio fondiario, assai produttivo, che si poneva in continuità con la sua storia precedente: casali e castelli ne erano il fulcro. Ma era anche al centro di un più complesso giro di denaro, sia per le necessità militari (il papato continuamente sollecitava ad imprese contro gli infedeli), sia per appianare i debiti contratti al momento della conquista. Anche la presa di possesso dei beni dei Templari continuava a costituire un motivo di arricchimento, ma sicuramente anche causa di notevoli spese, per i processi che si dovevano sostenere, soprattutto in Francia, per riavere dall’aristocrazia i beni templari di cui si erano impossessati, ma anche per le spese che il re di Francia richiedeva per il passaggio dei beni.106 Si trattava di un procedimento complesso, che poteva prevedere il pagamento della pensione agli ex-templari, ma soprattutto una riorganizzazione amministra- tiva e di garanzia delle funzioni ecclesiastiche delle chiese templari, che spesso si rivelò costosa.107

103. A. L u t t r e l l, Settlement on Rhodes, 1306-1366, in: P. E dbury(acuradi), Crusades and Settlement, Cardiff 1985, pp. 273-281, ora in The Hospitallers of Rhodes (come nota 88) V, p. 274: il documento è conservato nell’archivio dell’Ordine a Malta. 104. Ibid., p. 274. 105. Ibid., p. 275. 106. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 241. 107. L u t t r e l l, Gli ospedalieri e l’eredità dei Templari (come nota 88) p. 79. 122 Giuliana Albini

Ma la conquista di Rodi aveva ulteriormente proiettato l’Ordine in una rete di rapporti, anche economici, assai complessa e, nel lungo periodo, assai fruttuosa. All’origine delle operazioni militari vi era stato un accordo fra Foulques de Villaret e Vignolo de’ Vignoli, genovese, pirata, secondo le fonti: ataleaccordo108 era presente un rappresentante del banco fiorentino dei Peruzzi. Se infatti il papa aveva appoggiato (e finanziato) la campagna per l’acquisto dell’isola, certo a tale impresa non furono estranei i banchieri fiorentini, banchieri del papa, del resto. L’indebitamento degli Ospedalieri era molto forte: si parla, ancora nel 1320, di cifre che superano i 500.000 fiorini, in ogni caso cifre enormi, che superano le stesse entrate pontificie.109 Furono anni nei quali i Cavalieri dell’Ospedale furono costretti ad utilizzare tutti i mezzi per sanare questi disavanzi: vendita di beni (spesso quelli ottenuti dai Templari) e, soprattutto, uno sfruttamento molto forte dei priorati in Occidente. Ma la capacità economica dell’Ordine stupisce: se nel 1324 il debito era ancora di 193.000 fiorini, prima del 1335 il debito era totalmente estinto.110 Anzi, i rapporti intrattenuti in quegli anni con i banchieri fiorentini si consolidarono: l’Ospedale cominciò a depositare denaro presso i Peruzzi (ad Avignone, 14.000 fiorini, nel 1329) e presso gli Acciaiuoli (22.000 fiorini, tra Avignone, Marsiglia, Rodi, dal 1331 al 1335 e ancora a Rodi, 15.000 fiorini nel 1340). Bardi e Peruzzi costruirono una propria casa a Rodi, vicino alla dimora del Gran Maestro, per poter essere presenti in quella che, eviden- temente, era una piazza alla quale tenevano particolarmente.111 Esemplare di questi rapporti tra compagnie fiorentine e Ospedale, ma anche dei rapporti tra centro dell’ordine e la periferia, è la vicenda di Barto- lomeo di Lapo Benini. Fattore dei Bardi a Rodi dal 1335, divenne frate gerosolimitano nel 1339; nel 1341 i Bardi gli fecero un dono di 1.450 fiorini perché ci pare che si sia bene portato ne’ fatti ch’àe avuti a fare per noi cho la magione de lo Spedale e crediamo che per lo tempo avenire anche se ne porterà bene, nonostante perché sia fatto friere de la detta Magione e partito da noi.112

108. J. D e l a v i l l e L e R o u l x, Les hospitaliers en Terre Sainte e à Cipre (1100- 1310), Paris 1904, p. 274 nr. 2. 109. A. L u t t r e l l, Interessi fiorentini nell’economia e nella politica dei Cavalieri Ospedalieri di Rodi nel Trecento, Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa: Lettere, Storia e Filosofia 28 (1959) pp. 317-326, ora in I d., The Hospitallers in Cyprus, Rhodes, Greece, and the West 1291-1440: collected studies, Aldershot 1979, VIII, p. 317. 110.Cfr.Y.Renouard,Lesrélationsdespapesd’Avignon et des Compagnies commerciales et bancaires de 1316 à 1378 (Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes et de Rome 151), Parigi 1941. 111. L u t t r e l l, Interessi fiorentini (come nota 109) p. 318. 112. A. S a p o r i, Studi di storia economica: secoli XIII-XIV-XV, II, Firenze 1955, p. 733 nr. 42. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 123

Bartolomeo fu nel 1348 priore di Messina, nel 1351 di Roma e di Pisa, nel 1364 di Venezia, acquisendo un ruolo notevole all’interno dell’Ordine. Delle banche fiorentine si servivano gli Ospedalieri per far arrivare a Cipro dall’Occidente: denaro affluiva così da Montpellier, Avignone, Barcel- lona, Lisbona, Londra, ma anche dall’Irlanda, dalla Germania.113 Le vicende che seguirono vedono l’Ordine direttamente coinvolto nella crisi delle banche fiorentine: nel 1384 l’Ordine vantava un credito di 360.000 fiorini, nonostante i ripetuti tentativi, con l’appoggio del pontefice, di rientrare in possesso del proprio denaro.114 La posizione del papato nel Trecento,115 che veniva ritenuto, in diverse occasioni, il vero centro di governo dell’Ordine (tanto da giungere a voler nominare personalmente i priori e addirittura il Gran Maestro), era di grande attenzione per i Gerosolimitani. Mai nessuna disattenzione, piuttosto appog- gio costante, ma senza risparmiare critiche e interventi. Già nel 1338, papa Benedetto XII avviava un’inchiesta, della quale ci è rimasta traccia documen- taria per l’Inghilterra e per la Provenza, ma che verosimilmente doveva essere diretta a tutto l’ordine.116 Lo scopo era di ottenere testimonianze in merito alle case dell’Ordine, al personale, ai beni, ai debiti, ai crediti, alle spese: in sintesi, acquisire un quadro della capacità economica delle domus (alla quale avrebbe dovuto essere affiancata anche una valutazione di merito della sua attività materiale e spirituale). Significativa è poi l’inchiesta pontificia attuata da papa Gregorio XI nel 1373.117 Nell’imminenza di una spedizione crociata in Oriente, egli aveva chiesto agli Ospedalieri di inviare un preciso censimento delle loro risorse finanziarie. Di fronte alla mancata risposta dell’Ordine, il papa diede ordine ai vescovi di fare, nella propria diocesi, un’inchiesta, ponendo precise do- mande, così che la curia pontificia fosse in grado di valutarne la disponibilità economica. “In ogni diocesi si doveva chiedere il nome di ogni preceptoria o domus; il nome e l’età di ogni precettore e di ogni frater o donatus;leentrate e le spese, da riportare in fiorini; infine, domanda insidiosa, per quanto denaro

113. L u t t r e l l, Interessi fiorentini (come nota 109) p. 318. 114. Ibid., p. 321. 115. Cfr. A. V a s i n a, Il periodo avignonese nella storiografia italiana degli ultimi decenni, in: Aspetti culturali della società italiana nel periodo del papato avignonese. Accade- mia Tudertina, Todi, 15-18 ottobre 1978 (Convegni del Centro di studi sulla spiritualità medievale 19), Todi 1981, pp. 9-47. 116. N. C o u l e t, Les commenderies des hospitaliers en Provence Orientale dans l’en- quête de 1338: La Croix et Nice, in: C o s t a R e s t a g n o, Cavalieri (come nota 41) pp. 153-164. 117. A. M. L e g r a s, L’Enquête pontificale de 1373 sur l’Ordre de Saint-Jean de Jérusalem, I, Parigi 1987. 124 Giuliana Albini ogni procettoria avrebbe potuto essere data in ferma o affitto – locari, arren- dari seu ad firmam dari – se tutti i frati, ad eccezione dei fratres cappellani, fossero stati inviati in Oriente”.118 Si trattava non solo di un controllo sui beni, ma anche sui fratres che dovevano rimanere in Occidente solo nel numero necessario per curare i possedimenti dell’Ordine, e, per il resto, recarsi in Terrasanta a combattere.119 Anche se non tutti i vescovi risposero a tale richiesta, la documentazione prodotta in tale occasione rimane come testimo- nianza della consistenza economica delle domus censite, nonché della loro capacità di contribuire, tramite le responsiones,alcentrodell’Ordine.Ma questo intervento del pontefice dimostra anche che, pur nella grande autono- mia di azione dell’Ospedale, ormai proiettato in una dimensione statuale a Rodi, il centro della cristianità, il papato, costituiva il punto di riferimento ultimo della sua attività. A riprova di questa affermazione, va sottolineato che, nel periodo dello Scisma d’Occidente – iniziato nel 1378 con l’elezione di Urbano VI, riconosciuto a Roma, ma contestato ad Avignone, ove si elegge Clemente VII – gli Ospedalieri si divisero in due diverse obbedienze. D’altro canto, la capacità di intervento del papa sull’Ordine si fa vedere anche nella deposizione del maestro, Juan Fernando de Heredia, con la nomina romana di Riccardo Caracciolo.120

La ricchezza dell’Ordine in Occidente Alla diffusione in Oriente fa riscontro, quasi subito, il moltiplicarsi in Occidente di fondazioni giovannite, in origine definite obedentie,odomus o precettorie. Non è facile tracciare un quadro complessivo della presenza giovannita in Europa, sia per la mancanza di studi che riescano a coprire tutta la realtà occidentale, sia per la difficoltà di ricondurre a denominatori comuni realtà locali che, se vivevano certamente in questa dimensione di rapporto con le istituzioni centrali dell’Ordine, altrettanto fortemente risentivano della situa- zione locale e regionale.121 In Occidente, già all’inizio del XIII secolo, si era sviluppata una fitta rete (ad esempio erano oltre 100 in Italia settentrionale) di domus giovannite, che svolgevano diverse funzioni, religiose, assistenziali, economiche, simboliche.

118. A. L u t t r e l l, Gli ospedalieri e Genova dall’inchiesta papale del 1373, in: C o s t a R e s t a g n o, Cavalieri (come nota 41) pp. 219-233. 119. L u t t r e l l, Gli ospedalieri e l’eredità dei Templari (come nota 88) p. 77. 120. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 263. 121. J. S a r n o w s k y, Mendicants, Military Ordens, and Regionalism, in: I d. (a cura di), Mendicants, Military Ordens, and Regionalism, Aldershot 1999, pp. 283-288: 284. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 125

La funzione primaria, in sintonia con le finalità della fondazione del- l’Ospedale gerosolimitano, era l’elargizione di assistenza a pellegrini e po- veri, oltre alla distribuzione di elemosine. La presenza di una domus consen- tiva anche la raccolta delle donazioni e delle elemosine che, in larga parte, già secondo i dettami della regola originaria, dovevano essere inviate in Terrasanta.122 Si sviluppò ben presto il sistema delle responsiones:123 le domus funzionavano, tramite i priorati, come centro di raccolta di elemosine e di smistamento delle responsiones che dovevano essere fatte affluire al centro (Gerusalemme, Cipro, Rodi). Ma gli insediamenti giovanniti in Occidente erano anche simbolo molto forte per richiamare tutti i cristiani al problema della Terrasanta e per ricor- dare l’importanza della funzione dell’ospedale gerosolimitano in Oriente, come aiuto ai cristiani, soprattutto ai poveri e ai pellegrini. Proprio per questa loro funzione, la loro esistenza sollecitava l’adesione all’Ordine di nuovi fratres,124 confratelli e donati,125 che costituivano la base di reclutamento dei nuovi fratelli che erano destinati alla casa madre. Dunque, dal punto di vista del rapporto tra centro e periferia, le sedi periferiche dell’Ordine avevano compiti precisi, che si potrebbero sintetizza- re nel “produrre ricchezze e trasferire uomini e denaro per appoggiare le operazioni in Oriente”.126

122. Cito dal testo della Regula confermata da Bonifacio VIII (S i n c l a i r, The Hospi- tallers’ Riwle [come nota 5] p. 71): Et in exquisitione elemosinarum nec terram ne pignus recipient, set suo magistro per scriptum reddant, ac etiam magister cum suo scripto pauperibus transitat, e de omnibus obedentiis tertiam partem de pane et vino et de omni nutrimento magister suscipiat, et si superaverit, hoc quod amplius fuerit ad elemosinam conjungat, et Jerosilimis cum scripto suo pauperibus mitat. 123. Sono definite con questo termine negli statuti di Margat del 1206: K i n g, The Rule, Statutes (come nota 10) p. 51. 124. Per una sintesi dei problemi relativi al reclutamento dei nuovi fratres cfr.Demur- g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) cap. 6; ma cfr. A. F o r e y, Recruitment to the military orders (twelfth to mid-fourteenth centuries), Viator 17 (1986) pp. 139-171, ora in I d. Military Orders and Crusades (come nota 12) II. 125. Non va dimenticato il più generale movimento laicale che percorre la Chiesa di questi secoli: A. V a u c h e z, Comparsa ed affermazione di una religiosità laica (XII secolo-inizio XIV), in: G. D e Rosa/T. G r e g o r y/A. V a u c h e z (a cura di), Storia dell’Italia religiosa, I: L’antichità e il medioevo, a cura di A. V a u c h e z, Roma-Bari 1993, pp. 397-425; G. G. M e r l o, Religiosità e cultura religiosa dei laici nel secolo XII, in: L’Europa dei secoli XI e XII fra novità e tradizione: sviluppi di una cultura. Atti del convegno, Mendola, 25-29 agosto 1986, Milano 1989, pp. 197-215; I laici nella ‘societas Christiana’ dei secoli XI e XII. Atti del convegno, Mendola, 21-27 agosto 1965, Milano 1968. 126. A. L u t t r e l l, Templari e Ospitalieri in Italia, in: E. R o n c e t t i/P. S c a r p e l- l i n i/F. T o m m a s i (a cura di), Templari e Ospitalieri in Italia: La chiesa di San Bevignate a Perugia, Perugia 1987, pp. 19-26, ora in I d., The Hospitallers of Rhodes (come nota 88) p. 4. 126 Giuliana Albini

La diffusione in Occidente delle domus ospedaliere andò di pari passo con la crescita della fortuna dell’Ordine in Terrasanta: allorché ottenne la protezione pontificia, l’ospedale gerosolimitano poteva forse già far riferi- mento a strutture dipendenti (ultra vel citra mare), in Oriente come in Occi- dente, o, come recentemente suggerito, in quel periodo si costruì un progetto di creazione di domus dipendenti, soprattutto in alcune città la cui colloca- zione era particolarmente significativa per i percorsi dei pellegrini – e dei crociati – verso l’Oriente.127 È certo, comunque, che nel corso del XII secolo le filiazioni dell’Ospedale si moltiplicarono, sino a costituire una rete molto fitta su gran parte del territorio europeo, con aree, come il sud della Francia, dove la presenza gerosolimitana fu molto diffusa e si consolidò nel corso dei secoli.128 Queste domus non si discostano molto, nelle loro strutture e nelle loro funzioni, da altre piccole comunità ospedaliere che si diffondono in questo periodo in Occidente; eppure, la loro appartenenza ad un ordine con un così forte imprinting come quello gerosolimitano le plasma con caratteristiche sue proprie. Se infatti da un lato esse appaiono partecipi della vita della società in cui sono inserite, esse sono idealmente proiettate verso gli ideali del più ampio orizzonte geografico, politico e religioso dell’Ordine. Per evitarne una parcellizzazione e un’eccessiva frammentazione in relazione all’ampiezza geografica della sua diffusione, l’Ordine seppe, per tempo, provvedere alla creazione di un sistema di organizzazione, che garantì una sorta di cinghia di trasmissione tra centro e periferia, facendo ogni piccola domus partecipe della vita della totalità dell’Ordine. Questo senso di appartenenza era molto forte, e coinvolgeva non soltanto i fratres, ma anche coloro che divenivano confra- tres e donati dell’Ospedale. Un esempio, tra i molti, può essere quello del milanese Bonvesin de la Riva,129 di cui è testimoniata l’adesione come con- frater alla domus milanese di S. Croce il 9 settembre 1296.130 Egli chiede che la sua anima e quelle del padre e della madre siano associate nelle preghiere

127. Tale ipotesi è di Luttrell (intervento al convegno di Imperia “Cavalieri di San Giovanni e territorio” [come nota 41]). 128. Cfr. N. C o u l e t, Les ordres militaires, la vie rurale et le peuplement dans le sud-est de la France au Moyen Âge, in: Les ordres militaires, la vie rurale et le peuplement en Europe occidentale (XIIe-XVIIIe siècles), Auch 1984, pp. 48-53. 129. G. A l b i n i, Bonvesin da la Riva, un intellettuale laico alla ricerca di una dimen- sione religiosa nella Milano di fine Duecento, in: G. G. M e r l o (a cura di), Lombardia monastica e religiosa. Per Maria Bettelli, Milano 2001, pp. 307-363, ora in in E a d., Carità e governo delle povertà (secoli XII-XV), Milano 2002. 130. P. P e c c h i a i, I documenti sulla biografia di Buonvicino della Riva, Giornale storica della letteratura italiana 78 (1921) pp. 96-127: 118s. Il documento era già stato pubbli- cato da A. R a t t i in Archivio Storico Lombardo 19 (1903) p. 191s. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 127 e nelle opere di carità dell’Ordine:131 in questo atto è possibile leggere una proiezione verso spazi più ampi, l’essere associato a tutti i confratelli “al di qua e al di là del mare”, in una comunione che non è data solo dalle preghiere, ma anche e soprattutto dalle opere di carità. L’ordine di S. Giovanni appariva dunque, in Occidente, come una strut- tura solida e ben organizzata. La figura più importante era il Maestro (definito Gran Maestro dalla fine del XII secolo), eletto con modalità definite dagli statuti (e mutate nel corso dei secoli):132 egli governava l’Ordine, ma il suo potere era soggetto al controllo del capitolo generale, che si riuniva con una periodicità variabile, definita dalle situazioni contingenti. Il capitolo si dove- va riunire là dove vi era la sede principale: a Gerusalemme, quindi, poi ad Acri, poi a Cipro e Rodi. Ma in alcuni periodi di crisi o di contrasti tra il capitolo e il Maestro, le assemblee capitolari potevano essere convocate altrove, come avvenne frequentemente nell’età avignonese e nel periodo delle Scisma d’Occidente. Nella sede centrale risiedeva stabilmente il Convento, una sorta di consiglio con compiti specifici, di carattere finanziario, organiz- zativo, consultivo:133 la sua evoluzione, in senso sempre più specialistico, con figure ben delineate, andò di pari passo nel corso del Trecento, con la presenza sempre più forte di rappresentanti delle diverse lingue nel convento stesso. Ciò fu legato ad un processo più generale, che introdusse un sistema di controllo da parte di un consiglio di fratres, eletti nelle diverse province (o lingue).134 Per l’Ordine, la periferia era non solo l’Occidente, ma anche le strutture esterne alla casa madre, ossia tutte quelle precettorie che si erano sviluppate in Oriente: ma va sottolineato che, almeno sino al pieno Trecento, i possedi- menti Oltremare non paiono essere così organizzati, dal punto di vista ammi- nistrativo, come lo erano i possedimenti Occidentali.135 Qui si distinguono,

131. Assotiantes eum et animam patris et matris eius in omnibus missis matutinis vesperis et omnibus oris divini offitii, ieiuniis et orationibus et elimosinis atque in sustentatione ac reffectione pauperum egenorum et expositorum infantium nutrimento et contis aliis benefitiis spiritualibus quae fiunt et fient et facta fuerunt in domibus dicti hospitalis tam ultra mare quam citra mare: ibid. 132. Gli statuti di Margat del 1206 definivano il sistema di elezione (indiretto, da parte dei confratelli) del Maestro, sistema poi riformato nel 1302: cfr. L u t t r e l l, Gli ospitalieri di San Giovanni (come nota 77) p. 87. 133. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 122. 134. L u t t r e l l, Gli ospitalieri di San Giovanni (come nota 77) p. 88. Sempre secondo A. L u t t r e l l, Gli ospedalieri nell’Italia settentrionale dopo il 1312, in: C o s t a R e s t a- g n o, Riviera di Levante (come nota 64) pp. 171-188: 172s., “La provincia fu occasionalmente definita come langue o lingua, ma la lingua esisteva essenzialmente nel convento come asso- ciazione di tutti i frati di una provincia residenti a Cipro”. 135. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 124. 128 Giuliana Albini in modo incerto prima, con più chiarezza a partire dal Trecento, le province, a loro volta articolate in priorati, che costituivano una sorta di struttura intermedia. Per la provincia d’Italia, ad esempio, i priorati erano quello di Lombardia, Venezia, Pisa, Roma, Capua, Barletta, Messina.136 Entro questa struttura si organizzavano le diverse domus (o precettorie) che, spontanea- mente e senza un preciso piano, erano sorte nel corso dei secoli. La formazione del patrimonio delle singole precettorie segue linee e percorsi assai diversi, fortemente condizionati dalla realtà sociale e politica nella quale la domus si inserisce. È però possibile individuare, in vicende pur molto diverse, almeno due momenti comuni. Il primo periodo può essere individuato tra XII e XIII secolo, quando si assistette a molte donazioni – così come, pur con altre modalità e intensità, era avvenuto in Terrasanta –, con le quali si costituì il nucleo originario del patrimonio di molte precettorie occidentali. Spesso all’origine delle fortune giovannite troviamo il favore accordato da famiglie aristocratiche, frequen- temente legate al potere regio o imperiale. Procedendo solo per impressioni – nella mancanza di un quadro complessivo di ricerche – si può notare, ad esempio, come l’appoggio dato da Federico I di Svevia all’ordine gerosoli- mitano si sia tradotto, in sede locale, nell’acquisizione da parte di alcune precettorie di beni, anche di vaste proporzioni, che sono attestate essere state precedentemente di pertinenza imperiale: è questo il caso delle vicende della domus di Asti.137 E ancora in quest’area possiamo ricordare il favore che i marchesi di Monferrato, filo-imperiali, riservarono ai Gerosolimitani.138 In Sicilia l’insediamento di Ospedalieri (e Templari) si rafforza nella seconda metà del XII secolo, e trae particolare impulso dalla dispersione del demanio regio nel periodo della minorità di Federico; lo stesso Federico II fu poi il vero artefice della fortuna dei Gerosolimitani, ai quali riconfermò beni e feudi, a sigillo del forte appoggio che il potere regio/imperiale (e con esso le famiglie legate alla corte) diede allo sviluppo degli ordini militari.139

136. L u t t r e l l, Gli ospedalieri nell’Italia settentrionale (come nota 134) p. 176ss. Cfr. E. N a s a l l i R o c c a d i C o r n e l i a n o, Lineamenti della organizzazione regionale e della funzione assistenziale dell’ordine gerosolimitano degli “ospedalieri” nel medioevo italiano. Contributo alla storia del diritto ospedaliero, in: Studi di storia e diritto in onore di Carlo Calisse, III, Milano 1940, pp. 299-328, soprattutto le pp. 300-306. 137. R. B o r done,ICavalieri di San Giovanni ad Asti e nel Monferrato durante il Medioevo, in: C o s t a R e s t a g n o, Cavalieri (come nota 41) pp. 339-376: 341. Bordone richiama anche altre concessioni imperiali (tra cui quella del luogo di Inverno nel 1176). 138. Ibid., p. 351. 139. K. T o o m a s p o e g, L’insediamento dei grandi ordini militari cavallereschi in Sicilia, 1145-1220, in: La presenza dei Cavalieri di San Giovanni in Sicilia. Convegno interna- zionale, Palermo, 17 giugno - Messina, 18 giugno 2000, Roma 2001, pp. 41-49. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 129

Il secondo momento è costituito dall’inizio del XIV secolo, allorché l’ordine acquisì i beni dei Templari: questo enorme afflusso di nuove proprie- tà fondiarie, di case, di chiese riuscì a ridare vitalità alla ricchezza delle strutture periferiche dell’Ordine, anche se non sempre l’acquisizione di questi beni fu così rapido e remunerativo come potrebbe sembrare.140 Le singole domus non erano mai estranee – come i singoli studi dimo- strano – a legami sovralocali, che sono riscontrabili anche ponendoci dal punto di vista di questioni più strettamente economiche. La consapevolezza di far parte di una struttura complessa, che aveva un fine ultimo, pose i gestori dei beni gerosolimitani in una duplice prospettiva: – quella di amministratori di una proprietà fondiaria che, essendo strettamente legata alla situazione locale, condivideva molte delle strategie di gestione proprie di altri enti ecclesiastici,141 che dovevano anzitutto tenere presente che molta parte del patrimonio si costruiva sulla base di donazioni, pervenute in modo disordinato e frammentario, difficoltà alla quale si cercò di rimediare con vendite-acquisti-permute finalizzate ad una razionalizzazione del patrimonio, per un miglior sfruttamento delle risorse; – quella di appartenenti ad un ordine che doveva saper gestire i beni in modo da creare il surplus, se voleva essere in grado di sovvenzionare la casa madre, tramite le responsiones. Le eccedenze rispetto alle esigenze della domus locale non venivano necessariamente vendute per ricavare denaro, ma pote- vano essere inviate “in natura” in Oriente.142 La preoccupazione per accumulare il necessario per soddisfare le richie- ste della casa madre ha condizionato alcune scelte economiche. Anzitutto imponendo un’attenzione forte alla conservazione del patrimonio, che non pare oggetto di spossessamenti, come accade per altri enti ecclesiastici;143 in quest’ottica può essere letta la continuità dello sfruttamento diretto 144 elo

140. Per un esempio, tra i tanti possibili, cfr. E. B e l l o m o, Da mansione templare a casa gerosolimitana: S. Maria del Tempio di Brescia nel XIV secolo, in: C o s t a R e s t a- g n o, Riviera di Levante (come nota 64) pp. 357-371, che ricorda come per il passaggio dei beni dovettero intervenire i consoli di giustizia di Brescia (p. 370). 141. Dell’idea di una sostanziale sintonia tra i modi di gestione degli Ospedalieri e gli altri enti ecclesiastici pare essere A. L u t t r e l l, Les exploitations rurales des Hospitaliers en Italie au XIVe siècle, in: Les ordres militaires, la vie rurale (come nota 128) pp. 107-120: 111. 142. Ne abbiamo testimonianza per le precettorie della Puglia, che tra XIII e XIV secolo inviavano beni in Oriente. Un esempio: nel 1269 il priorato di Barletta fu autorizzato dal re ad inviare ad Acri frumento, orzo, legumi e cavallli: ibid., p. 115. 143. Il tema dovrebbe essere approfondito, dal momento che gli studi sui patrimoni fondiari dei Cavalieri di S. Giovanni sono spesso resi complessi dal fatto che non sempre si è operata una distinzione tra patrimoni originari dell’Ordine e patrimoni acquisiti dopo il processo ai Templari. Cfr. L u t t r e l l, Gli ospedalieri e l’eredità dei Templari (come nota 88). 144. C o u l e t, Les ordres militaires (come nota 128) p. 59. 130 Giuliana Albini scarso ricorso a figure di intermediari, come i massari, privilegiando, ove possibile, una gestione signorile dei beni fondiari. Allo stesso modo, la ne- cessità di far comunque fruttare i propri beni, oltre a quanto necessario al mantenimento della comunità locale, ha favorito lo sfruttamento delle terre con colture redditizie, ma nel contempo sicure, quali ad esempio la vite. In sintesi, gestire il patrimonio era centrale nella vita delle domus non tanto e non solo per la propria sopravvivenza, quanto per garantire l’esistenza dell’Ordine in quanto tale, che non dimenticava certo l’esistenza di questa base costante di ricchezza. Un altro aspetto, in apparente contraddizione con questo, è dato dal fatto che i caratteri dell’insediamento gerosolimitano paiono differenziarsi a se- conda degli spazi “regionali” in cui si inseriscono. Pur mantenendo il tratto comune di cui sopra – ossia il forte riferimento ideale al centro – i Gerosoli- mitani si inseriscono nella realtà locale: forse a motivo del fatto che un po’ ovunque strutturano legami forti con i poteri locali, dimostrano, in alcuni casi – ad esempio in Inghilterra 145 – di risentire fortemente di condizionamenti locali. Nelle zone di conquista o di nuovo popolamento, così come nelle zone di confine, gli Ospedalieri hanno partecipato intensamente alle operazioni di reconquista o di ripopolamento, come è accaduto, in Spagna,146 nel sud-ovest della Francia,147 anche a Rodi.148 In queste zone, le proprietà gerosolimitane (come quelle di altri ordini militari) sono più fortemente caratterizzate anche dal punto di vista economico: ad esempio in Catalogna, i Gerosolimitani gestivano vaste proprietà fondiarie,149 a Cipro introdussero la coltivazione della canna da zucchero, etc.150 Le risorse che potevano affluire da queste terre al centro erano sicuramente più ambite e più remunerative di quanto non fossero le rimesse provenienti dall’Italia. Proprio l’Italia pare presentare una grande complessità di situazioni, che è possibile rilevare con qualche esemplificazione relativa all’Italia centro- settentrionale. Genova è stata abbastanza studiata nelle vicende originarie

145. Cfr. S a r n o w s k y, Mendicants, Military Orders (come nota 121) p. 284. 146. M. C. G e r b e t, Les ordres militaires et l’élevage dans l’Espagne médiévale (ju- squ’à la fin du XVe siècle), in: Les ordres militaires, la vie rurale (come nota 128) pp. 79-105, che mette in rilievo l’importanza dell’allevamento. 147. Cfr. C. H i gounet,Hospitaliers et Templiers: peuplement et exploitation rurales dans le sud ouest de la France au Moyen Âge, in: Les ordres militaires, la vie rurale (come nota 128) pp. 61-77; D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 172 cita la fondazione di numerose villenove e bastides ad opera degli Ospedalieri. 148. L u t t r e l l, Settlement on Rhodes (come nota 103). 149. L u t t r e l l, Les exploitations (come nota 141) p. 118. 150. A. L u t t r e l l, The hospitallers in Cyprus; 1310-1378, in: I d ., The Hospitallers of Rhodes (come nota 88) IX, pp. 155-184. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 131 dell’insediamento gerosolimitano,151 anche perché la commenda di S. Gio- vanni in Pré (1180), recentemente restaurata, rimane come testimonianza materiale della loro presenza.152 Il caso genovese, assai complesso nella sua storia, può essere preso a testimonianza di come, in origine, i suoi destini siano legati a quelli di una famiglia di mercanti, gli Embriaci, che, come narra Caffaro, partecipa attivamente alle prime crociate,153 tanto che membri della famiglia si stanziano Oltremare, divenendo signori di Gibelletto.154 La fami- glia vive in un continuo rapporto con i Gerosolimitani, sia in patria, sia in Terrasanta: donazioni di casali e castelli in Oriente si affiancano ad un co- stante rapporto a Genova con la precettoria locale, fino al 1276 quando una Embriaco, Simona, volle vestire l’abito gerosolimitano e consacrarsi a Dio nell’ospedale di S. Giovanni di Pré, facendo la sua professione di fede per essere accolta nella comunità dal nuovo ministro. Una famiglia, dunque, di potere all’interno della città si lega in modo molto forte alle vicende dell’Or- dine, in una dimensione di rapporto tra Oriente e Occidente. Ad Asti non a caso la prima menzione degli Ospedalieri è collegata (1169) ad una lite in cui sono coinvolti la domus, la chiesa del Santo Sepolcro, il Comune.155 La domus giovannita, che nel 1169 vantava una decina di membri, esce vincitrice, con il proprio patrimonio ingrandito anche dalla concessione di un ospedale, fondato da due laici. Un altro elemento interes- sante è dato dal fatto che la stessa domus è interessata a beni che erano stati per venti anni di diretta pertinenza dell’imperatore. E ad Asti, come in altre città piemontesi, le famiglie legate all’Impero – così come i territori che sono sotto il loro controllo – appaiono strettamente correlate allo sviluppo e alla diffusione dell’ordine. Al mondo aristocratico – quello che più volentieri accetta l’intervento dell’impero – è legato lo sviluppo delle fondazioni gio- vannite nel XII secolo in Piemonte.156 A Milano, come i Templari, anche i Gerosolimitani avevano scelto per il loro insediamento – già consolidato alla metà del XII secolo – la zona a

151. Cfr. G. P e t t i B a l b i, I gerosolimitani in Liguria in età medievale tra tensioni politiche e compiti istituzionali, in: C o s t a R e s t a g n o, Cavalieri (come nota 41) pp. 165-190 (e alle opere ivi citate). 152. G. R o s s i n i, San Giovanni di Prè e la tipologia delle chiese doppie presso l’ordine di San Giovanni di Gerusalemme, in: C o s t a R e s t a g n o, Cavalieri (come nota 41) pp. 71-109. 153. Cfr. E. B e l l o m o, A servizio di Dio e del santo Sepolcro. Caffaro e l’oriente latino, Padova 2003; A i r a l d i, Genova e l’Oltremare (come nota 66) pp. 24-26. 154. B a l a r d, I possedimenti (come nota 41) pp. 473-505. 155. B o r done,Icavalieri di San Giovanni ad Asti (come nota 137) p. 360. 156. Ibid., p. 353ss.: si vedano le famiglie dei marchesi di Monferrato e dei del Carretto, ma anche famiglie signorili come i Canelli, che svilupparono un forte influsso nell’Italia settentrionale. 132 Giuliana Albini sud-est della città, presso le mura, fuori porta Romana, presso la strada Romea, nel Brolo Grande, detto anche di S. Ambrogio: un’area non densa- mente popolata, ai margini della città, in una zona in espansione. In sintonia con i Templari – almeno in questa fase originaria – i Giovanniti hanno stretti rapporti con la chiesa cittadina e con altri enti ecclesiastici, e hanno acquisito un consistente patrimonio fondiario, spesso articolato in nuclei compatti di possessi, organizzati in braide (o clausi), con un unico tipo di contratto con gli affittuari, ciò che consente loro di creare anche infrastrutture comuni (strade, canali), organizzando veri e propri nuovi “quartieri”, una sorta di lottizzazione, segno di una forte visibilità in città della domus, ma anche dell’attenzione ad una gestione accorta del proprio patrimonio.157 Se queste modalità rimandano ad analoghi interventi di altri enti ecclesiastici, non va dimenticata l’abitudine dell’ordine a proporsi con funzione di organizzazione e di popolamento di grandi aree. L’insediamento milanese ha una certa analogia con quello di Bologna, ove il primitivo insediamento Gerosolimitano si collocò presso la chiesa di S. Croce (in città), così come avvenne a Milano. Ma in modo più forte la storia della domus bolognese indica una certa diffidenza del comune nei confronti dei precettori, i cui interessi ed ideali non paiono assimilabili a quelli dei ceti dirigenti cittadini.158 Al contrario, par di capire che la situazione cremonese, ben documentata nelle sue origini, veda le più alte autorità cittadine cointeressate alla fonda- zione della domus giovannita. Siamo nel 1151, allorché il vescovo di Cremo- na, Oberto, con il consenso dei consoli cittadini, concede a fra’ Lantelmo dei conti di Lomello – priore degli Ospedalieri a Genova – un ospizio già esisten- te, quello di S. Michele, perché diventi sede di una domus gerosolimitana; ma, contestualmente, pare che tutto ciò tenda non a favorirne lo sviluppo, ma a contenerne in qualche modo l’espansione, a favore invece del crescente ruolo svolto in sede locale dai Templari.159 Questi rapidi esempi possono servire come partenza per alcune sintetiche riflessioni: – le fondazioni delle precettorie seguono logiche complesse, nelle quali emergono in modo forte le reti di relazioni – e i loro equilibri – del contesto locale: eppure, in molti casi, non si esauriscono in esse;

157. A l b i n i, La domus Sancte Crucis (come nota 64). 158. A. I. P i n i, Gli ospedalieri di San Giovanni di Gerusalemme a Bologna nel XII e XIII secolo: prime ricerche, in: C o s t a R e s t a g n o, Riviera di Levante (come nota 64) pp. 389-403. 159. R. G r e c i, Prime presenze gerosolimitane nell’Emilia occidentale e nella bassa Lombardia, in: C o s t a R e s t a g n o, Riviera di Levante (come nota 64) pp. 406-419. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 133

– il modello di religiosità gerosolimitana, nella sua attuazione in sede perife- rica, vede in modo prevalente la funzione di assistenza ospedaliera, di assi- stenza a poveri e pellegrini; – i ceti che aderiscono al progetto gerosolimitano sono, in modo prevalente, le aristocrazie non urbane. Le domus mostrano comunque una buona capacità di trovare spazi nelle realtà locali – come si dimostra dall’attenzione loro rivolta nelle pratiche testamentarie –, tanto che sono in grado di crearsi un buon patrimonio, soprattutto fondiario, anche se la loro presenza economico/fondiaria non è dirompente nel contesto locale. Trovano, al contrario, propri spazi, spesso non ampi, ma talvolta importanti, a motivo dei loro rapporti con esponenti della società locale, ma soprattutto per l’appoggio dei grandi poteri, impera- tore e papa, che ne garantiscono la riuscita economica. La protezione del pontefice risulta particolarmente rilevante per accre- scere le domus giovannite in ricchezza e in potere, in particolare perché, oltre a concedere esenzioni, esso procedette ad aggregare alle domus giovannite altri enti, in reale o in presunte difficoltà. È il caso, ad esempio, della crescita del priorato di Pisa, che acquisisce, alla fine del XII secolo, altri ospedali posti nel territorio circostante. Nel 1191 frate Pietro, rettore e fondatore dell’ospe- dale di ponte su un torrente presso Poggibonsi, faceva dono dello stesso ospedale e delle sue proprietà all’ospedale gerosolimitano di Pisa. La stessa domus acquisiva alla fine del XII secolo l’ospedale fondato alle porte di Pescia da sant’Allucio all’inizio del secolo, cessione che fu oggetto di resi- stenza da parte della comunità ospedaliera, ma che fu fortemente sostenuta dal papa, che era intervenuto nel 1209 e nel 1215 a favore dei Giovanniti.160 Interessante è l’episodio della domus pontis di Nure, presso Piacenza, che nel 1235 viene sottoposta alla giurisdizione di Guglielmo da Voltaggio, priore del priorato di Venezia e precettore della domus di Pisa, pur rispettando il ruolo di fondatori e benefattori della corporazione dei callegari di Piacenza.161 Il marchese Guglielmo IV di Monferrato aveva un ospedale nel borgo di Felizzano, che il 17 aprile 1160 papa Alessandro III, ponendolo sotto la propria protezione, affidava ai Giovanniti.162

160. M. L. C e c c a r e l l i L e m u t/G. G a r z e l l a, I Gerosolimitani a Pisa e nel territorio nel medioevo, in: C o s t a R e s t a g n o, Riviera di Levante (come nota 64) pp. 531-553: 543-545. 161. G r e c i, Prime presenze gerosolimitane (come nota 159) p. 415ss.; A. Z a n i n o- ni,LaDomus sive mansio Misericordiae di Piacenza nei registri notarili del XIV secolo. I beni immobiliari e la loro gestione, in: C o s t a R e s t a g n o, Riviera di Levante (come nota 64) pp. 447-465: 449. 162. P. C a s o l a, I possedimenti gerosolimitani nell’Alessandrino, in: C o s t a R e- s t a g n o, Cavalieri (come nota 41) pp. 459-471. 134 Giuliana Albini

Appare dunque un’altra caratteristica delle precettorie gerosolimitane, che qui emerge soprattutto relativamente all’area italiana: la diretta dipenden- za dal pontefice dell’Ordine fece sì che in diverse occasioni esso fosse privi- legiato tramite l’accorpamento di altri enti (per lo più ospedali, ma anche monasteri benedettini). Complessivamente, quali ne siano le origini, i Gerosolimitani danno prova, in Italia, di avere proprietà non necessariamente di vasta portata, ma spesso ben organizzate e gestite in modo da fruttare introiti costanti e regolari. ÈilcasodiMilano,163 dove la domus Sancte Crucis è dotata di un patrimonio organico, che si concentra in un’area ben definita ai limiti del centro urbano. Nel XIII secolo il patrimonio veniva gestito con oculatezza, ma senza farlo fruttare al massimo: contratti con scadenza ventinovennale, talvolta livelli perpetui, ma sui quali l’ente mantiene comunque un costante controllo. Non vi sono consistenti perdite nel patrimonio, e gli Ospedalieri sembrano attenti a non alienare i propri beni: anche nel caso di migliorie effettuate dagli affittuari – che in quel periodo spesso portavano ad uno spossessamento degli enti ecclesiastici – la domus si mostra sempre in grado di sostenere le spese e di rimborsare gli affittuari. Potremmo dunque così sitentizzare i tratti caratteristici di alcune delle precettorie italiane alle quali abbiamo fatto sopra riferimento: – buoni rapporti con i grandi poteri (papa, re, imperatore), che appoggiano le domus giovannite, con politiche di esenzioni, ma anche di favore, concedendo beni e enti; – incerti invece i rapporti con i poteri locali: la chiesa cittadina entra talvolta in contrasto con gli ospedalieri (Genova),164 talaltra è sua alleata (Milano); analogamente con il comune si verificano situazioni mutevoli, ma spesso di forte conflittualità;165 – forte importanza, nella fase di formazione del patrimonio, delle donazioni, legate nelle loro modalità soprattutto ai rapporti con famiglie dell’aristocra- zia; – interesse per l’acquisto e la gestione di beni fondiari redditizi, spesso ai margini della città e in luoghi strategici, gestiti con attenzione; – segni di una buona disponibilità di denaro, testimoniata soprattutto dalla

163. A l b i n i, La domus Sancte Crucis (come nota 64). 164. P e t t i B a l b i, I gerosolimitani in Liguria (come nota 151) p. 169. In alcuni casi vi sono episodi di segno contrario, come nel caso di Genova, allorché si manifesta una forte conflittualità tra Gerosolimitani e chiesa cittadina, a metà Duecento, quando anche il pontefice deve intervenire per cercare di sedare i contrasti. 165. B o r done,Icavalieri di San Giovanni ad Asti (come nota 137) p. 351: il comune di Vercelli è all’inizio del XIII secolo in forte contrasto con gli ospedalieri. La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) 135 possibilità di intervenire con migliorie e con acquisti nella gestione dei beni fondiari. Qualche osservazione più puntuale è possibile sui caratteri dei patrimoni fondiari – e sulla loro gestione – per il pieno Trecento, sulla base di un’in- chiesta fatta per il priorato di Roma nel 1333 e di un’inchiesta pontificia, estesa a tutti i priorati – ma conservata per una trentina di diocesi italiane – nel 1373.166 Pur nella difficoltà di interpretazione, il quadro che emerge vede la presenza di numerosi priorati con una proprietà di non grande entità, gestita direttamente dai fratres, che preferiscono occuparsi personalmente del con- trollo delle loro terre (ovviamente ricorrendo a contratti di affitto), così da riuscire non tanto a trarre forti rendite dai beni fondiari, quanto piuttosto di continuare a conservare il patrimonio stesso, senza utilizzare forti innovazio- ni, anche di tipo contrattuale. I proventi sono in genere sufficienti a garantire un saldo positivo (anche se talora emergono problemi legati alla crisi trecen- tesca), ma con guadagni limitati, che consentono, con difficoltà, di contribui- re, come sempre più frequentemente richiesto nel corso del Trecento, alla vita della struttura centrale dell’Ordine. È in questo periodo che pare di veder rafforzato il sistema di raccolta delle responsiones. Con gli statuti del 1181 erano stati indicate alcune norme relative alle modalità di invio di denaro e oggetti. In particolare si imponeva ad ogni priorato di inviare un certo numero di lenzuola per i malati ricoverati nell’ospedale di Gerusalemme, con la precisa indicazione del numero (che andava dalle centinaia alle migliaia) e del tipo di tessuto.167 L’Ordine aveva già introdotto fin dalla fine del XII secolo figure che garantissero il rapporto tra Oriente e Occidente: in Provenza prima, in Germania, Italia, Spagna sono attestati commendatori con questo compito.168 Ma è soprattutto con l’epoca di Cipro e di Rodi che si sviluppò un sistema permanente di presenza di figure che facevano da tramite tra centro e periferia: prima un visitator,poiun luogotenente generale, un esattore di responsiones, un procuratore generale presso la curia papale,169 così come un sistema di rilevazione più sistematico delle somme che dovevano affluire a Rodi.170 Va sottolineato che questo

166. L u t t r e l l, Les exploitations (come nota 141) p. 108. 167. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 133. 168. R i l e y - S m i t h, The Knights (come nota 45) pp. 366-370. 169. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 131. 170. È ad esempio possibile avere un quadro delle responsiones dovute dai priorati occidentali per gli anni 1373-1374-1375: cfr. A. L u t t r e l l, The italian hospitallers at Rhodes: 1437-1462, Revue Mabillon 68 (1996) pp. 209-233, ora in I d., The Hospitaller State (come nota 77) XIX, che pubblica alle pp. 212-213 le somme dovute da ciascun priorato. 136 Giuliana Albini trasferimento di ricchezza dall’Europa a Cipro non sempre otteneva il con- senso delle autorità: i sovrani dei regni occidentali (gli Angiò in Italia meri- dionale, gli Aragonesi in Spagna e in Sicilia…) rivendicavano il loro diritti ad autorizzare tali esportazioni, tanto che papa Urbano V interveniva nel 1363 per sollecitare i sovrani a non impedire l’invio di beni e denaro a Cipro.171

Conclusioni Il tema proposto mostrava la sua complessità già nella relazione pro- grammatica di Andreas Rehberg e si è confermato nella sua ricchezza di contenuti, ma anche nella sua problematicità, non solo grazie alle singole relazioni, ma anche alle parole conclusive di Gert Melville, che ha aperto ad ancor più ampie prospettive le tematiche proposte. Affrontare questi temi (centro e periferia) in relazione alla storia dell’Or- dine di San Giovanni di Gerusalemme, sia pure nella sua dimensione “eco- nomica”, ha oggettivamente comportato notevoli difficoltà, a motivo delle fonti, ricche, ma spesso disomogenee e di difficile reperimento, e anche delle ricerche finora fatte, che sono spesso ripetitive e discontinue. Neppure le sintesi più recenti, spesso troppo preoccupate di raffronti e legami con gli altri cosiddetti ordini religioso-militari o monastico-cavallereschi, riescono a for- nire su molti aspetti di indubbio interesse risposte adeguate. Ed è veramente difficile liberarsi dagli schemi di una storiografia che spesso è racchiusa in se stessa, senza recepire un più ampio dibattito storiografico sulle questioni che riguardano il periodo oggetto di indagine.

171. D e m u r g e r, I cavalieri di Cristo (come nota 11) p. 134. Marina Gazzini L’ordine di S. Giovanni e la società locale tra religiosità e assistenza. Italia centrosettentrionale, secoli XII-XIV

I In questo intervento intendo prendere in esame i rapporti fra gli ospeda- lieri di S. Giovanni e la società locale sotto l’ottica specifica della funzione religiosa e delle attività assistenziali espletate dall’ordine giovannita. Le osservazioni prodotte riguardano una casistica che si concentra all’interno dei termini cronologici dei secoli XII e XIV e dei confini geografici dei tre priorati di Lombardia, di Venezia, di Pisa della provincia d’Italia.1 Queste delimitazioni dipendono sia dalla constatazione di come le tre circoscrizioni priorali fossero all’epoca unite (non era difatti infrequente che la direzione di almeno due circoscrizioni in alternanza fosse assunta dalla stessa persona), sia dalla volontà di evitare accostamenti comparativi fuorvianti, tratti da contesti geografici e cronologici troppo distanti tra loro per risultare efficaci. Per le aree indicate abbiamo inoltre la fortuna di poterci avvalere dei risultati di nuovi importanti contributi, esito di recenti convegni patrocinati dalla Delegazione Granpriorale di Genova e Liguria del Sovrano Militare Ordine di Malta e dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri.2 Sembrerà forse scontato affrontare i temi della religiosità e dell’assisten- za dovendo parlare di un ordine religioso sorto con finalità assistenziali ancor prima che militari. È noto infatti che l’ordine giovannita derivò da una confra- ternita di frati laici che sin dalla metà dell’XI secolo gestiva a Gerusalemme

1. Non tratterò dunque dei priorati di Roma, Barletta, Capua, Messina che, insieme a quello di Ungheria annesso per ragioni politiche (la presenza di un Angiò di Napoli a capo del regno magiaro), completavano il quadro delle circoscrizioni giovannite della provincia d’Italia. 2. J. C o s t a R e s t a g n o (a cura di), Cavalieri di San Giovanni e territorio. La Liguria tra Provenza e Lombardia nei secoli XIII-XVII. Atti del Convegno, Genova-Imperia-Cervo, 11-14 settembre 1997, Genova 1999; J. C o s t a R e s t a g n o (a cura di), Riviera di Levante tra Emilia e Toscana. Un crocevia per l’Ordine di San Giovanni. Atti del Convegno, Genova- Chiavari-Rapallo, 9-12 settembre 1999, Bordighera 2001. 138 Marina Gazzini un ospedale per pellegrini intitolato a S. Giovanni Battista.3 Attiva ben prima dell’‘invenzione’ della crociata, la comunità ospedaliera gerosolimitana ne venne però profondamente influenzata: per far fronte alle sollecitazioni pro- venienti dalla conquista (o difesa che dir si voglia) della Terrasanta, il gruppo, posto sotto la protezione della Santa Sede nel 1113 da papa Pasquale II e riconosciuto ufficialmente come ordine religioso nel 1153 da Eugenio III,4 cominciò ad assumere compiti anche militari oltre che assistenziali.5 Conte- stualmente procedette la creazione di una rete occidentale di domus di certo funzionale all’allargamento dei compiti dell’ordine in questa direzione: in Occidente infatti si reclutavano i fratres, alcuni dei quali cavalieri che costituivano il nerbo della milizia ospedaliera,6 e si raccoglieva il denaro da inviare in Oriente a sostegno delle attività là espletate. L’iniziale connotato ospedaliero di questa particolare ‘religione delle opere’ – di cui è testimo-

3. I confratelli erano guidati da Gerardo de Saxo, personaggio di cui non sono a tutt’oggi chiare le origini (amalfitane come vogliono i più, o provenzali, o ancora orientali?). Ancor meno chiare sono le relazioni da questi intrattenute con l’ospedale fondato, secondo la tradizione, da mercanti amalfitani e posto sotto il patronato del monastero benedettino di S. Maria Latina, in Gerusalemme. Cfr. C. D’ A m a t o, Gerardo de Saxo, Dizionario degli Istituti di Perfezione (= DIP), IV, Roma 1977, col. 1056; C. T o u m a n o f f, Sovrano militare ospedaliero Ordine di Malta, DIP, VIII, Roma 1988, coll. 1934-1945; F. T o m m a s i, Pauperes commilitones Chri- sti. Aspetti e problemi delle origini gerosolimitane, in: ‘Militia Christi’ e crociata nei secoli XI-XIII, Atti della undecima Settimana Internazionale di studio, Mendola, 28 agosto-1 settem- bre 1989, Milano 1992, pp. 443-476. 4. Il 15 febbraio 1113 Pasquale II pose sotto la protezione della Santa Sede l’ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme ed approvò la regola della confraternita che lo gestiva sotto la guida di Gerardo de Saxo. Eugenio III nel 1153 approvò la costituzione dell’ordine di S. Giovanni gerosolimitano, e nel 1158 la sua regola elaborata anni prima da Raimondo de Puy. L’ordine venne dichiarato esente e soggetto direttamente all’autorità del papa. Cfr. J. R i l e y - S m i t h, The Knights of St. John in Gerusalem and Cyprus (1050-1310), London 1967. Sulle complesse vicende relative alla conservazione dell’originale della regola giovannita, alla per- dita della sua prima conferma pontificia a causa dell’abbandono della sede di Acri, ed alla redazione da parte di papa Bonifacio VIII di un nuovo privilegio apostolico (7 aprile 1300) cfr. K. K l e m e n t, Le prime tre redazioni della regola giovannita, Studi Melitensi 4 (1996) pp. 233-259. Nel pubblicare il documento confirmatorio di Bonifacio VIII la Klement si basa su un testimone vaticano; una versione leggermente diversa della regola si legge in un testimone inglese: K. V. S i n c l a i r, The Hospitallers’ Riwle (Miracula et Regula Hospitalis Sancti Johannis Gerosolimitani), London 1984, pp. 70-74. 5.Cfr.A.Forey,Themilitarization of the Hospital of St. John, Studia Monastica 26 (1984) pp. 75-89. 6. Rispetto agli altri ordini militari, gli ospedalieri di S. Giovanni fecero poco ricorso a soldati mercenari o alle militiae ad terminum, eserciti composti da laici volontari impegnati solo per la durata necessaria a compiere un voto o ad assolvere una fedeltà personale. Cfr. G. L i g a t o, Fra Ordini Cavallereschi e crociata: ‘milites ad terminum’ e ‘confraternitates’ armate, in: Militia Christi (come nota 3) pp. 645-697: 675. L’ordine di S. Giovanni e la società locale tra religiosità e assistenza 139 nianza l’uso iniziale dei nomi antonomastici di Hospitalis per indicare l’ordine, ediHospitalarii per i membri7 – però non si perse, almeno nei primi secoli di vita: le numerose fondazioni giovannite furono difatti caratterizzate nella maggior parte dei casi dalla duplice presenza di una chiesa e di un ospedale. Eppure, il ruolo dell’ordine giovannita nello svolgimento di pratiche assistenziali e di culto nella provincia d’Italia risulta poco studiato nella concretezza delle situazioni locali e soprattutto, come suggeriscono recenti ricerche a respiro internazionale,8 aperto a forti riconsiderazioni. Non mi pare ad esempio che si sia indagato a sufficienza sulla diffusione locale dei culti legati all’ordine, e a quel particolare modello di religiosità delle opere al quale esso si collegava, che vide il suo apogeo tra XII e XIII secolo. Proprio in questa direzione intendo ora procedere perché mi sembra un punto importante intorno al quale si saldano l’universalismo gerosolimitano e la sua dimensio- ne locale. Importanti elementi di omogeneità all’interno di questo ordine ospedaliero, oltre alle forme organizzative, furono da sempre infatti la liturgia e la spiritualità, quest’ultima difficile a cogliersi se non intorno ad “un com- plesso ben amalgamato di strutture religiose, norme, tradizioni, mentalità”. Come ha sottolineato Kaspar Elm, “tale complesso creò un sentimento di unità, al di là di barriere regionali, nazionali e linguistiche”.9

II Dal punto di vista assistenziale, le attività svolte dai religiosi giovanniti non si differenziano da quelle di altri gruppi basati sulla medesima spiritualità agostiniana: cura di poveri, pellegrini, malati, vedove, vecchi, esposti; manu-

7. Cfr. E. N a s a l l i R o c c a, Lineamenti della organizzazione regionale e della fun- zione assistenziale dell’ordine gerosolimitano degli “Ospedalieri” nel Medioevo italiano. Con- tributo alla storia del diritto ospedaliero, in: Studi di storia e diritto in onore di Carlo Calisse, 3 voll., Milano 1940: III, pp. 299-322: 301. 8. Cfr. ad esempio i contributi in Z. H. N o w a k (a cura di), Ritterorden und Region. Politische, soziale und wirtschaftliche Verbindungen im Mittelalter (Ordines militares. Collo- quia Torunensia Historica 8), Thorn/Torun´1995; J. S a r n o w s k y (a cura di), Mendicants, Military Orders, and Regionalism in Medieval Europe, Aldershot 1999; per ulteriori riflessioni sullo specifico gerosolimitano si veda l’intervento di R. G r e c i, Centro e periferia nella riflessione storiografica sull’ordine di S. Giovanni, in questo stesso volume. 9. Le due citazioni sono entrambi tratte da K. E l m, Gli ordini militari. Un ceto di vita religiosa fra universalismo e particolarismo, in: E. C o l i/M. D e M a r c o/F. T o m m a s i (a cura di), Militia Sacra. Gli ordini militari tra Europa e Terrasanta, Perugia 1994, pp. 9-28: 17; sulla spiritualità dei giovanniti si veda A. L u t t r e l l, The Spiritual Life of the Hospitallers of Rhodes, in: I d., The Hospitaller State on Rhodes and its Western Provinces, 1306-1462, Aldershot 1999, pp. 75-96; più in generale sugli ordini militari Z. H. N o w a k (a cura di), Die Spiritualität der Ritterorden im Mittelalter (Ordines militares. Colloquia Torunensia Historica 7), Thorn/Torun´1993. 140 Marina Gazzini tenzione di strutture preposte all’ospitalità e alla viabilità; sistemazione idrau- lica e fondiaria di territori suburbani, spesso in accordo con le autorità comu- nali e con la chiesa locale. Attività consuete per delle comunità ospedaliere, ma arricchite nel caso della religio giovannita da tutto ciò che il tema gero- solimitano sottendeva, nel richiamo alla Gerusalemme terrena e celeste. Ne sono ad esempio testimonianza i numerosi testamenti in cui vengono disposti lasciti di armi e non solo di denaro a favore dell’ordine giovannita. Due esempi fra i tanti possibili. Il 22 gennaio 1174 a Verona Pellegrino de Rabito detta testamento e, fra i vari legati monetari a favore di enti assistenziali e religiosi della città, lascia all’hospitalis Herusalem catenam meam bonam et mea arma.10 Esattamente a distanza di un secolo a Piacenza Ubertino Landi, controverso protagonista della vita politica locale e italiana, lascia le sue armi e i suoi cavalli all’ordine di S. Giovanni Gerosolimitano e alla mansio del Tempio.11 Per mantenere vivo questo spirito cristiano, al tempo stesso cavalleresco, di crociata e di carità, che favoriva reclutamenti e soprattutto donazioni, era necessaria una continua azione locale che si basasse sulla dimostrazione concreta – le pratiche assistenziali – e ideale – i modelli di santità e i simboli culturali – dell’efficacia dell’ordine. Questa azione era svolta nel contesto degli oratori e degli ospedali giovanniti. A proposito delle fondazioni gerosolimitane, notiamo anzitutto grandi diversità strutturali e di significato. Si passa dalla domus doppia di S. Gio- vanni di Pré di Genova, dotata di due chiese, di due ospedali di ampia ricezione (40 posti letto per gli uomini, 32 per le donne), e di due case dove nel 1373 dimoravano sette fratres professi, due cappellani secolari, tre chie- rici, due domicelli, due giardinieri, due cuochi oltre a vari servitori e, in un proprio monasterium retto da una priora ma ugualmente soggetto all’autorità del precettore della casa maschile, nove sorores professe,12 a piccole mansio- nes con uno, due fratres e pochi posti letto.13 Alcune domus si occupavano della cura delle anime e godevano di diritti parrocchiali, dialogavano con le

10. Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano (= ASV), Nunziatura veneta, perg. 7229, edita in Le carte dei lebbrosi di Verona tra XII e XIII secolo, a cura di A. R o s s i S a c c o- m a n i, Padova 1989, p. 45. 11. E. N a s a l l i R o c c a, I “testamenti” di Ubertino Landi, Archivio Storico per le Province Parmensi 16 (1964) pp. 77-102. Alla figura del Landi è stato dedicato il convegno: Ubertino Landi nell’Italia del Duecento, svoltosi a Compiano-Bedonia (Pr) nei giorni 10-11 giugno 2005 (atti in corso di pubblicazione). 12. A. L u t t r e l l, Gli Ospedalieri a Genova dall’inchiesta papale del 1373, in: C o s t a R e s t a g n o, Cavalieri (come nota 2) pp. 219-233: 223. 13. Nella maggior parte delle precettorie d’Occidente d’altronde non albergavano più di due fratres: cfr. per il secolo XIII R i l e y - S m i t h, The Knights (come nota 4) p. 236, e per L’ordine di S. Giovanni e la società locale tra religiosità e assistenza 141 istituzioni ecclesiastiche locali e coagulavano intorno a sé la devozione dei vicini;14 altre sembravano niente di più di una locanda: è il caso della mansio di Gavi Ligure, nel priorato di Lombardia, dove nel 1302 era presente un solo frater e la struttura ospedaliera veniva data in gestione a due coniugi, di cui uno albergatore di professione.15 Di queste diversità strutturali e di significato è doveroso tenere memoria nel momento in cui ci interroghiamo sulla capacità della rete delle domus occidentali di incidere sul tessuto locale. Ma siamo sicuri di conoscere i vari nodi della rete? Le valutazioni che lo storico tenta di fare poggiano troppo spesso su dati non attendibili. Molti ospedali sono infatti erroneamente ritenuti dipendenti dall’ordine giovannita: in Lunigiana, ad esempio, è stato verificato che dei numerosi ospedali attri- buiti dalla tradizione storiografica all’ordine gerosolimitano fin dal XII seco- lo, due soli furono tali e per di più soltanto a partire dal tardo medioevo.16 Del pari, certe figure di beati, considerati dagli stessi Giovanniti come apparte- nenti al proprio ordine, in realtà ebbero in vita poco a che fare con questo. Lo dimostra il caso eclatante di Ubaldesca da Calcinaia, venerata a tutt’oggi come santa giovannita, sebbene fosse ‘solo’ una penitente laica avvicinatasi ad una comunità femminile pisana intitolata a S. Giovanni, comunità proba- bilmente benedettina e sicuramente priva di struttura assistenziale, inglobata solamente in seguito nell’organizzazione degli Ospedalieri.17 Questi ride- mensionamenti sono il risultato di una rilettura attenta di documentazione già nota, a dimostrazione di come la storiografia dell’ordine vada rivista anche sulla base di ricerche locali che però assumono senso se si collocano all’in- il XIV A. M. L e g r a s, L’Enquète pontificale de 1373 sur l’Ordre de Saint-Jean de Jérusalem, Parigi 1987, I, pp. 103-108. 14. Eccezionale il caso di Treviso dove l’ordine nel Trecento controllava quattro parroc- chie: Cfr. A. L u t t r e l l, The Hospitallers of Rhodes at Treviso: 1373, in: I d., The Hospital- lers of Rhodes and their Mediterranean World, Aldershot 1992, pp. 762-768. 15. Genova, Archivio di Stato (= AS), Fondo notarile, not. Benedetto de Vivaldo, cart. 178/1, cc. 28 r-29v, edito G. G o r r i n i (a cura di), Documenti sulle relazioni fra Voghera e Genova, Bollettino Storico Bibliografico Subalpino 48 (1908) pp. 318-322. Il documento, importantissimo per la storia dell’ordine nell’Italia centrosettentrionale perché si tratta del primo capitolo davvero generale convocato dal priorato di Lombardia ad Asti (esso vede infatti l’ingente partecipazione di precettori, 48 in totale, di cui sei presbiteri, con indicazione della domus loro assegnata) e perché fornisce dati utili alla comprensione del funzionamento delle mansiones giovannite è stato accuratamente esaminato da R. B o r d o n e, I Cavalieri di San Giovanni ad Asti e nel Monferrato durante il Medioevo, in: C o s t a R e s t a g n o, Cavalieri (come nota 2) pp. 339-376: 357ss. Sul ruolo dei due coniugi all’interno dell’ordine vd. infra, nota 61. 16. Cfr. E. S a l v a t o r i, Strutture ospedaliere in Lunigana: dal censimento alla mi- croanalisi, in: C o s t a R e s t a g n o, Riviera di Levante (come nota 2) pp. 189-222. 17. G. Z a c c a g n i n i, Ubaldesca, una santa laica nella Pisa dei secoli XII-XIII, Pisa 1995. 142 Marina Gazzini terno di quadri di più ampio respiro. Le vicende lunigianesi, sulle quali avremo occasione di tornare più avanti, si inseriscono infatti nelle contese mediterranee fra poteri signorili, comunali ed ecclesiastici, collegati a Pisa, a Lucca, alla Sardegna. Seguendo il filo di questo discorso è bene ricordare che molte fondazioni gerosolimitane non sono originali: in molti casi infatti l’ordine ereditò una chiesa, un ospedale, un complesso monastico. Addirittura è stata di recente avanzata l’ipotesi che la famosa elencazione nel privilegio di Pasquale II del 1113 di sette ospedali dislocati tra la Provenza e l’Italia non si riferisse a fondazioni già gerosolimitane ma a xenodochia appartenenti a un movimento ispirato al S. Sepolcro di cui l’ordine si impossessò, occupandone le sedi e cambiandone in alcuni casi l’intitolazione.18 Non siamo in grado di pronun- ciarci su questa ipotesi suggestiva – formulata da uno dei massimi studiosi di questioni giovannite, Anthony Luttrell, ma non da tutti condivisa 19 –ma possiamo nondimeno notare come questo tipo di operazione fosse usualmente praticato dagli Ospedalieri. E non ci riferiamo solo alle note acquisizioni templari di età trecentesca. Già nei secoli XII e XIII l’ordine giovannita inglobò comunità di monaci benedettini, di canonici regolari, di fratres di ospedali di fondazione laicale. Ad Asti, città che fu sede del priorato di Lombardia, nel 1182 venne ceduto ai Giovanniti un ospedale fondato da due cives, Pietro Fantino e Soldano, situato vicino ad una chiesa intitolata al S. Sepolcro che nel 1169 era definitivamente entrata in possesso dei cavalieri di S. Giovanni, dopo che per anni ne avevano tenuto la gestione per conto del vescovo.20 Fin da questo primo esempio è possibile sottolineare una costante delle fondazioni legate all’ordine ospedaliero, ovvero la collocazione del complesso chiesa-ospedale in aree suburbane e lungo importanti direttrici viarie, in questo caso la strada diretta verso la Lombardia. La sensibilità al fattore stradale viene ribadita nell’altro esempio che veniamo a mostrare, ovvero la cessione alla precettoria

18. Cfr. A. L u t t r e l l, Gli Ospedalieri italiani: storia e storiografia, Studi Melitensi 6 (1998) pp. 73-88: 76. 19. Matzke infatti non solo ritiene i sette ospizi già esistenti, sulla scorta della tradizionale storiografia dell’ordine, ma ne rintraccia la progettazione negli anni ancora precedenti il 1099, attribuendola a papa Urbano II e all’arcivescovo di Pisa Daiberto in quanto finalizzata a creare le infrastrutture logistiche necessarie alla prima spedizione crociata. M. M a t z k e, Daiberto e la preparazione della prima crociata, in: Nel IX Centenario della Metropoli Ecclesiastica di Pisa. Atti del convegno di studi, Pisa, 7-8 maggio 1992, Pisa 1995, pp. 95-129. 20. Il passaggio di proprietà avvenne solo dopo una sentenza del vescovo di Alba che pose fine alla lite sorta in merito tra gli Ospedalieri e il vescovo di Asti. Il vescovo astigiano pretese però il riconoscimento della sua autorità sia sulla chiesa sia sull’ospedale. Cfr. B o r- d o n e, I Cavalieri di San Giovanni ad Asti (come nota 15). L’ordine di S. Giovanni e la società locale tra religiosità e assistenza 143 di Parma nel 1235 di un ospedale di ponte sito in territorio piacentino e più precisamente in località Pontenure nel punto in cui il torrente Nure, affluente di destra del Po, tagliava la via Claudia (= Emilia), in quel tratto coincidente con il percorso della strada Romea (= Francigena). L’ospedale era stato fondato e fino a quel momento gestito dall’arte dei calzolai di Piacenza. La cessione venne motivata con problemi finanziari (la gestione corporativa aveva fatto accumulare numerosi debiti), e con il desiderio dell’ordine gio- vannita di tutelare e garantire il buon funzionamento di una struttura utilizzata da pellegrini, viaggiatori, pauperes e dagli abitanti di Piacenza. L’assenza però di rappresentanti del comune piacentino (che pure inserì l’atto nel pro- prio liber iurium, a testimonianza di un diritto ‘mancato’) mostra la capacità dell’ordine gerosolimitano di inserirsi nel controllo della viabilità della re- gione, elemento che pure risultava cruciale per la sicurezza ed il potere di due potenti comuni, quali Piacenza e Parma, e di tutte quelle altre forme signorili insistenti sul territorio.21 A Parma come ad Asti, ma gli esempi si potrebbero moltiplicare,22 nel dialogare con le massime istituzioni locali, ecclesiastiche e civili, l’ordine giovannita si propose come valido interlocutore soprattutto per la sua capacità di offrire efficienti servizi di carattere assistenziale. I cavalieri di S. Giovanni si trovarono pertanto nella necessità di potenziare la rete sovraregionale delle loro fondazioni eliminando possibili concorrenti. Di qui una politica di ac- quisti assistenziali, indirizzata preferibilmente verso ospedali di ponte o di strada. Spesso era il papato, in combinazione con i poteri locali, a favorire alcuni passaggi ritenuti strategici per la politica religiosa e per il controllo territoriale. Nel corso del Duecento furono numerose le case benedettine situate in prossimità di zone costiere che vennero annesse all’ordine giovan- nita, giudicato migliore garante della difesa da attacchi di pirateria esterna

21. La vicenda è ampiamente analizzata da G. A l b i n i, Strade e ospitalità, ponti e ospedali di ponte nell’Emilia occidentale (secc. XII-XIV), in: R. G r e c i (a cura di), Studi sull’Emilia occidentale nel Medioevo: società e istituzioni, Bologna 2001, pp. 205-251: 232ss. (ora in E a d., Carità e governo delle povertà, secoli XII-XV, Milano 2002, pp. 117-154); e da R. G r e c i, Prime presenze gerosolimitane nell’Emilia occidentale e nella bassa Lombardia, in: C o s t a R e s t a g n o, Riviera di Levante (come nota 2) pp. 405-419: 415ss. 22. A Cremona nel 1151 il vescovo Oberto, con il consenso dei consoli del comune, concedeva a Lantelmo dei conti di Lomello, priore degli Ospedalieri, l’ospedale di S. Michele eretto presso la chiesa omonima nel borgo di S. Michele. L’ente era probabilmente di fondazione vescovile. In cambio dell’ospedale, l’ordine si impegnava a versare al vescovo un censo ricognitivo annuo. G r e c i, Prime presenze (come nota 21) pp. 407ss. Un altro esempio di ospedale gerosolimitano che pagava un canone al vescovo si rinviene a Faenza: C. R i v a l t a, La Chiesa della Commenda di Faenza e la sede dei cavalieri Gerosolimitani, Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per l’Emilia e la Romagna 3 (1937-38) pp. 281-301. 144 Marina Gazzini

(ma anche interna). Possiamo qui ricordare il monastero di Alberese, presso Grosseto. Tra gli anni ottanta del XIII secolo e gli anni trenta di quello successivo, i cavalieri di S. Giovanni gerosolimitano riuscirono ad avere faticosamente la meglio sulla comunità benedettina maremmana, che tentò invano di rimanere autonoma, grazie ad accordi tra il priorato di Pisa, il papato ed il comune di Grosseto.23 La ‘soluzione giovannita’ poteva comunque non risultare gradita, e que- sto non solo alle comunità religiose costrette a cedere il posto. Si registrano infatti anche insuccessi nei tentativi gerosolimitani di inserimento in deter- minati contesti locali. Ai primi decenni del Duecento risale ad esempio la mancata acquisizione dell’ospedale della Cerbaria presso il fiume Frigido a Massa, inizialmente promesso ai Giovanniti da Benedetta dei marchesi di Massa-Corsica e finito invece nelle mani dei monaci del cenobio benedettino di S. Venerio nell’isola del Tino (ente che nell’XI secolo grazie al favore obertengo aveva accumulato possedimenti nel golfo ligure e in Corsica). Tale esito fu determinato dalla strenua volontà dei signori di Massa e del comune di Lucca di frenare l’espansionismo tirrenico pisano, di cui i Giovanniti erano espressione dal momento che Pisa era sede di uno dei principali priorati gerosolimitani.24 In ogni caso, una delle principali caratteristiche di quest’ordine ospeda- liero che i casi finora riportati aiutano a mettere in luce è la sua ricettività. Le pratiche religiose e assistenziali dei Giovanniti nella provincia d’Italia sono infatti da considerare la somma di esperienze di derivazione diversa, espresse con modalità non fisse ma costantemente adattate all’evolvere delle situazioni.

III Accertato l’inserimento in una specifica realtà locale, risulta proficuo indagare sulle dedicazioni delle chiese ospedaliere, sulle figure dei santi legati all’ordine, sull’inserimento negli statuti comunali di norme riguardanti i rapporti con gli Ospedalieri, sulla partecipazione di questi ultimi alle pro- cessioni religiose e ad altri rituali profani, insomma su tutto quell’insieme di pratiche che viene efficacemente definito “religione civica”.25

23. E. F e d i, L’Abbazia di S. Maria dell’Alberese presso Grosseto, Napoli 1942; A. L u t t r e l l, Change and Conflict within the Hospitaller Province of Italy after 1291, in: N o w a k, Ritterorden und Region (come nota 8) pp. 185-199: 190ss. 24. S a l v a t o r i, Strutture ospedaliere in Lunigiana (come nota 16). 25. Su questo tema, ampiamente trattato, mi limito qui a citare A. V a u c h e z (a cura di), La religion civique à l’époque médiévale et moderne (Chrétienté et Islam). Actes du colloque organisé par le Centre de recherche “Histoire sociale et culturelle de l’Occident. XIIe-XVIIIe siècle” de l’Université de Paris X-Nanterre et l’Institut universitaire de France (Nanterre, 21-23 juin 1993) (Collection de l’École française de Rome 213), Roma 1995. L’ordine di S. Giovanni e la società locale tra religiosità e assistenza 145

Un documento prezioso al riguardo si rivela quello rogato nel 1173 presso l’ospedale gerosolimitano di Torri in Valdelsa.26 Alla presenza del capitolo dei cavalieri di S. Giovanni, i canonici della cattedrale di Siena concessero all’ospedale senese di S. Leonardo, governato dai Giovanniti, una chiesa sita nel suburbio di Val di Montone, lungo la via Francigena e in prossimità di un antico luogo fortificato: come si legge nello stesso documen- to, affinché l’ordine riuscisse a trarre adeguato sostentamento la chiesa di Val di Montone, per concessione dei canonici e del vescovo, sarebbe diventata meta di una solenne processione annuale che si sarebbe svolta nel giorno dedicato a san Leonardo (6 novembre), avrebbe goduto di prerogative par- rocchiali, come la cura d’anime, le rogazioni per la festa dell’Ascensione, le oblazioni per i defunti, i diritti cimiteriali, e sarebbe stata equiparata alle altre parrocchie cittadine nell’osservanza di scomuniche e interdetti. Nonostante il mantenimento da parte della chiesa locale di un certo controllo sul com- plesso ecclesiastico, ratificato dalla corresponsione al vescovo e ai canonici di una parte – che variava da un quarto a una quantità non precisata ma definita honorabile – delle somme percepite in elemosina, in eredità, o a seguito dell’esecuzione dei diritti parrocchiali, i Giovanniti si ritrovarono dunque tra le mani un edificio religioso posto al centro della devozione non solo degli abitanti del suburbio senese, e nemmeno della sola città toscana, ma di tutti quanti – “pellegrini, chierici e laici” – si trovassero a transitare per la via Francigena da e verso Roma, con tutti i risvolti, quantificabili in termini di prestigio, di potere, di visibilità, di ricchezza, che questa posizione avrebbe comportato. Di nuovo Parma si rivela emblematica a proposito della valenza religiosa e al contempo civica assunta dagli insediamenti gerosolimitani. Nella città emiliana l’ordine vantava due fondazioni dipendenti (tre dopo la soppressione dei Templari), di cui una domus con ospedale, intitolata a S. Giovanni, sita nel nuovo quartiere medievale di Capodiponte lungo la via Emilia nei pressi di uno snodo viario da cui passava una delle varianti locali della via Franci- gena, ed un oratorio collocato nell’antica area urbana ed impreziosito nel corso del tempo da due dipinti – il primo, trecentesco, raffigurante il Battista; il secondo, quattrocentesco, la Vergine – che furono oggetto di grande devo-

26. Il testo è reso ancora più prezioso dal fatto di contenere la prima menzione di precettorie dipendenti dal priorato pisano. Sul documento, conservato a Siena, AS, Diplomati- co, Opera Metropolitana, 1173, e edito in Carte dell’Archivio di Stato di Siena. Opera Metro- politana (1000-1200), a cura di A. G h i gnoli,Siena 1994, n. 77, pp. 172-176, si sono soffermate M. L. C e c c a r e l l i L e m u t/G. G a r z e l l a, I Gerosolimitani a Pisa e nel territorio nel Medioevo, in: C o s t a R e s t a g n o, Riviera di Levante (come nota 2) pp. 531-553: 541ss. 146 Marina Gazzini zione locale; 27 sempre a Parma l’ordine seppe stringere patti con il comune destinati a regolare compiti svolti a favore della comunità parmense (non precisati, ma di probabile natura viaria) che furono ratificati nella compila- zione statutaria del 1255; 28 e riuscì a collocare un proprio frate chierico come sacerdote nella parrocchia di S. Maria di Borgo Taschieri, entro la cui circo- scrizione era sorto l’ospedale di S. Giovanni. Infine, i Giovanniti di Capodi- ponte si trovarono rappresentati nelle mascherate carnevalesche che si svol- sero nel 1318 e divennero la meta negli anni venti-trenta del secolo successivo della processione estiva di s. Giovanni che vedeva la partecipazione delle principali autorità cittadine (il podestà con i suoi giudici, gli anziani del Popolo, i giudici delle gabelle, i rappresentanti della Mercanzia).29 Le intitolazioni degli enti che abbiamo appena incontrato – S. Leonardo, S. Giovanni, S. Maria – sono, insieme a quelle della Croce e del S. Sepolcro, tra le più frequenti che sia dato incontrare nel caso di esaugurazioni ospeda- liere gerosolimitane. Il culto intorno al quale ruota costantemente la religio- sità giovannita è naturalmente quello del Battista.30 A lui vanno le prime dedicazioni e la stessa denominazione dell’ordine visto che l’originario ospe- dale di Gerusalemme era appunto intitolato al Precursore, a lui vengono ancora dedicate nuove fondazioni bassomedievali, come quelle di Parma intitolate tutte a s. Giovanni (ad eccezione della domus di S. Maria ereditata dai Templari); al suo nome viene infine affidato il recupero di spiritualità tentato a fine Quattrocento dal Maestro Pietro d’Aubusson cogliendo spunto dall’attribuzione miracolosa al Battista, insieme alla Vergine, dell’incredibile vittoria dei cavalieri contro l’assedio posto all’isola di Rodi dall’esercito turco nel 1480.31 Anche le altre dedicazioni si rifanno al contesto della Terra-

27. Da questo oratorio giovannita, ceduto ai primi del Cinquecento ad una confraternita locale, la Compagnia dell’Annunciata, derivò il famoso tempio della Steccata: M. G a z z i n i, L’insediamento gerosolimitano a Parma nel basso Medioevo: attività ospedaliera e gestione del culto civico, in: C o s t a R e s t a g n o, Riviera di Levante (come nota 2) pp. 421-446. 28. Statuta Communis Parmae digesta anno MCCLV, a cura di A. R o n c h i n i, Monu- menta Historica ad provincias Parmensem et Placentinam pertinentia (= MHPP), Parma 1856, pp. 198-199. 29. G a z z i n i, L’insediamento gerosolimitano (come nota 27) p. 435. 30. Le dedicazioni alla Vergine o a Maria Maddalena sono spesso di derivazione templare e solo dopo la metà Trecento rientrano tra quelle predominanti. 31. Così si legge negli statuti di approvazione della confraternita di S. Giovanni vecchio sorta a Genova nel 1500, per volontà del d’Aubusson. La scelta di Genova non fu casuale: da un lato per i rapporti di questa città con Rodi, dall’altro per la tradizione di culto al Precursone, le cui ceneri erano ospitate dal XI secolo nella cattedrale cittadina di S. Lorenzo: G. A i r a l d i, I Gerosolimitani in San Giovanni Vecchio (1500-1505), in: Documenti sul Quattrocento geno- vese, Genova 1966, pp. 265-308 (il saggio contiene anche la trascrizione degli statuti confra- ternali approvati nel 1505 da papa Giulio II). La dote della confraternita venne ricavata da quote L’ordine di S. Giovanni e la società locale tra religiosità e assistenza 147 santa, dei pellegrinaggi e della crociata. Leonardo era infatti un santo alto- medievale venerato dai prigionieri e dai viaggiatori, il culto del quale si diffuse dopo la prima crociata a seguito del voto pronunciato da Boemondo I d’Altavilla, principe di Taranto e poi di Antiochia, a ringraziamento della vittoria sui turchi. A Leonardo furono dedicate numerose chiese ed ospedali situati lungo strade, spesso in prossimità di ponti, da parte di ordini militari e di gruppi di canonici regolari lungo l’itinerario del pellegrinaggio che conduceva alla sua tomba presso Limoges.32 La provenienza del santo si sposerebbe alla fisionomia provenzale e francese assunta dall’ordine nel corso del secolo XII, ma occorre dire che il culto in realtà era molto diffuso e si lega più all’ideologia del pellegrinaggio che all’identità franca. Il sepol- cro, la croce sono ovvi riferimenti alla passione di Cristo e ai luoghi santi ove questa si consumò. Ma, come già precedentemente accennato, l’intitolazione al S. Sepolcro era condivisa da altre comunità religiose, come quella dei canonici regolari del S. Sepolcro,33 un’identità che i Giovanniti seppero sfruttare a proprio vantaggio. È il caso di Asti, dove la chiesa che il vescovo cedette agli Ospedalieri era intitolata al S. Sepolcro, esaugurazione che perse quasi subito per volontà degli stessi Ospedalieri. Anche a Genova una chiesa e un ospedale intitolati al S. Sepolcro passarono in mani giovannite e poi cambiarono nome, pressappoco nel medesimo torno di anni (1160-1180).34 A Verona invece l’ospizio del S. Sepolcro, già esistente prima dell’arrivo dei Giovanniti, mantene il suo nome quando viene da loro inglobato.35 Leonardo, il Battista, la Vergine non erano gli unici santi venerati dai cavalieri di S. Giovanni. Nella provincia d’Italia emergono infatti altre figure oggetto di devozione in ambito locale. Si tratta di Ubaldesca di Calcinaia († 1205), di Tuscana di Verona (forse XII sec.),36 di Ugo di Genova († 1233), del debito pubblico. 32. B. C i g n i t t i, San Leonardo, in: Bibliotheca Sanctorum (= BS), VII, Roma 1966, coll. 1198-1204. 33. K. E l m, Santo Sepolcro, in: DIP, VIII, Roma 1988, coll. 934-940; G. B r e s c - B a u t i e r, Santo Sepolcro, ordine canonicale del, in: Dizionario Enciclopedico del Medioevo, dir. A. V a u c h e z, ediz. ital. a cura di C. L e o n a r d i, III, Roma 1999, p. 1720. 34. L u t t r e l l, Gli Ospedalieri a Genova (come nota 12) p.220. 35. L u t t r e l l, Gli Ospedalieri italiani (come nota 18) p. 77. 36. Ubaldesca sarebbe morta nel 1205 a circa sessant’anni: per la data di morte, anticipata di un anno rispetto alla tradizione seguo Z a c c a g n i n i, Ubaldesca, una santa laica (come nota 17) p. 34. Ancora maggiore incertezza grava sulla cronologia di Tuscana da Verona: la tradizionale attribuzione trecentesca (G. D. G o r d i n i, Tuscana da Verona, santa, in: BS, XII, Roma 1969, col. 719) è stata retrodatata al XII secolo: V. C a v a l l a r i, Considerazioni e congetture sui tempi di santa Toscana, Studi Storici L. Simeoni 24-25 (1974-1975) pp. 5-45; e sulla sua scorta L. T a c c h e l l a, I “donati” nella storia del sovrano militare ordine di Malta, Verona 1986, p. 59. 148 Marina Gazzini di Pietro di Imola († 1320): essi sono tutti quanti testimoni, nei loro diversi percorsi biografici, della varietà e della mobilità della società comunale e dell’attrazione esercitata dal modello di religiosità proposto dall’ordine gio- vannita sui differenti ceti che la costituivano. Come già ricordato, il mito di Ubaldesca quale prototipo di soror gero- solimitana è stato recentemente sfatato e ricondotto ai suoi contorni originari di penitente laica. Figlia di contadini, la giovane Ubaldesca si trasferì a Pisa dove entrò in contatto con una comunità monastica femminile, probabilmente benedettina, sicuramente non giovannita nonostante portasse il titolo di S. Giovanni e nemmeno dedita, almeno al momento dell’avvicinamento di Ubal- desca, all’assistenza ospedaliera. Viceversa, è stato accertato che la vicina domus maschile dei Gerosolimitani di S. Sepolcro fece di tutto per appro- priarsi della sua persona e della sua fama: non appena Ubaldesca, ancora in vita, cominciò a manifestare doti di santità, i Giovanniti la fecero seguire da un proprio sacerdote (che la povera Ubaldesca tentò invano di allontanare); morta Ubaldesca, i cavalieri gerosolimitani seppellirono il corpo della donna all’interno della chiesa ospedaliera; commissionarono quindi ad un confra- tello una vita della pia donna di cui patrocinarono anche la beatificazione; col tempo, assorbirono all’interno del proprio l’ordine la stessa comunità fem- minile che l’aveva ospitata. È evidente che i cavalieri di S. Giovanni avessero intuito la forza attrattiva di questa figura, così simile a quella di altri laici – Ranieri e Bona – che nella Pisa coeva avevano suscitato fervida devozione, e che avessero deciso di ‘adottarla’ per assicurarsi richiamo.37 Tuscana era anch’essa di origini comitatine, ma di famiglia aristocratica. Nata a Jepeto, oggi Zevio, borgo della campania Veronensis,dallafamiglia dei Crescenzi, dopo il matrimonio con Alberto Occhi di Cane si trasferì a Verona. Qui cominciò a frequentare l’ospedale di S. Sepolcro retto dai Gio- vanniti, dapprima come benefattrice poi, dopo la morte del marito, come probabile donata. Ritiratasi in una cella della chiesa giovannita, visse in fama di santità l’ultimo periodo della sua vita e fu sepolta presso la chiesa di S. Sepolcro.38 Sempre a cavallo dei secoli XII-XIII secolo visse Ugo, originario con ogni probabilità del Piemonte meridionale, precettore della domus di S. Giovanni di Pré a Genova e forse anche suo cappellano (gli storici non sono concordi nell’attribuirgli lo stato clericale). Assurse a fama di santità in merito a miracoli legati all’acqua: se uno di questi – la conversione di acqua in vino durante un banchetto – ripropone un cliché cristomimetico consueto, due altri miracoli sono direttamente collegati alle funzioni dell’ordine reli-

37. Acta SS Maii, VI, Venezia 1739; Z a c c a g n i n i, Ubaldesca, una santa laica (come nota 17). 38. Acta SS Iulii, III, Parigi 1868; G o r d i n i, Tuscana da Verona (come nota 36). L’ordine di S. Giovanni e la società locale tra religiosità e assistenza 149 gioso-militare di cui era membro: la protezione ai viaggiatori (Ugo salvò dal naufragio una nave in difficoltà al largo delle coste genovesi), e l’assistenza ai bisognosi (Ugo fece scaturire acqua da una roccia per permettere alle lavandaie dell’ospedale di lavare la biancheria dei malati poveri).39 Personag- gio di grande spessore e cultura giuridica fu infine Pietro da Imola, apparte- nente alla famiglia ghibellina de Patarinis, signori di Linaro, vicino Imola, espressione di un’aristocrazia minore e di recente ascesa. Dottore in utroque iure, nel 1299 fu artefice delle trattative di pace tra guelfi e ghibellini in Romagna. Podestà a Viterbo, nel 1311, con il bando dei ghibellini dalla Romagna, Pietro si rifugiò a Firenze. Non è chiaro dove sia avvenuto il suo avvicinamento all’ordine: fin dal 1323 sarebbe comunque attestata la sua vicinanza al Maestro dell’ordine che accompagnò ad Avignone, Parigi e in altre località svolgendo compiti di cancelliere. Nel 1327 fu nominato priore del priorato di Roma. A Firenze diresse la domus di S. Giacomo in Corbolino dove morì nel 1330.40 Contadini e famiglie dell’aristocrazia rurale inurbatisi, funzionari itine- ranti, chierici: il genere di attività assistenziale e di religiosità proposte dal- l’ordine giovannita si sposa dunque perfettamente con le istanze proprie della civiltà comunale. Ubaldesca, Tuscana, Ugo, Pietro vengono difatti oggi a- scritti ad una peculiare categoria agiografica, modernamente definita “della carità e del lavoro”, in quanto comprendente figure di uomini e di donne provenienti in prevalenza dal mondo urbano, spesso praticanti un mestiere o una professione, ma in ogni caso distintisi per le opere caritative, la predica- zione della pace, il pellegrinaggio.41 Bisogna quindi ridimensionare l’idea abbastanza diffusa che la spiritualità e le attività dell’ordine gerosolimitano trovassero aderenti esclusivamente nella nobiltà. Della compresenza di ceti diversi sono valido esempio Ottone Visconti, arcivescovo e signore, e Bon- vesin da la Riva, laico maestro di scuola, i quali nella Milano di fine Duecento mostrarono entrambi interesse per l’ordine gerosolimitano, ovviamente in misura proporzionale ai loro diversi ruoli: il favore di Ottone verso i Giovan-

39. Acta SS Octobris, IV, Parigi-Roma 1868; V. P e r s o g l i o, Vita di Sant’Ugo ospe- daliere di S. Giovanni gerosolimitano, Genova 1874; I d., Sant’Ugo cavaliere ospitaliere gero- solimitano e la Commenda di San Giovanni di Pré, Genova 1877. 40. Acta SS Octobris, III, Anversa 1770; G. L u c c h e s i, Pietro da Imola, beato, BS, X, Roma 1968, coll. 702-703; A. L u t t r e l l, The Hospitallers in Cyprus, Rhodes, Greece, and the West 1291-1440: collected studies, Aldershot 1979, XV, pp. 410-413; 419-420. 41. Cfr. A. V a u c h e z, La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Âge, Rome 1981 (ediz. ital. La santità nel Medioevo, Bologna 1989) p. 158ss. dell’ediz. ital.; I d., Comparsa e affermazione di una religiosità laica (XII secolo-inizio XIV secolo), in: G. D e R o s a/T. G r e g o r y/A. V a u c h e z (a cura di), Storia dell’Italia religiosa, I: L’antichità e il Medioevo, Roma-Bari 1993, pp. 397-425. 150 Marina Gazzini niti si concretizzò in una serie di donazioni, nel patrocinio di una fusione tra Templari e Gerosolimitani che avrebbe visto in posizione privilegiata questi ultimi, nella sepoltura con la croce gerosolimitana. Bonvesin da la Riva dimostrò invece la sua simpatia per i temi connessi al culto dei simboli gerosolimitani con un componimento, intitolato significativamente De Cruce, e con l’affiliazione all’ordine quale confrater.42 L’ordine dei cavalieri di S. Giovanni costituì d’altra parte una novità nel panorama religioso dei secoli XI e XII e anche in seguito la sua proposta di una vita religiosa attiva e militante incontrò molto favore presso quei ceti in ascesa che tra i simboli e i rituali del raggiungimento del nuovo status comin- ciarono ad annoverare anche quelli cavallereschi. Fu solo più tardi, con la creazione di lignaggi impostati su una tradizione spesso inventata ad hoc che “cavalli ed armi” divennero appannaggio delle aristocrazie 43 e che di conse- guenza anche gli ordini religioso-militari conobbero un processo di insigno- rimento e chiusura. È stato infatti notato che in Piemonte, in Liguria, in Emilia soprattutto, “la molla spirituale e il sostegno economico di molte donazioni stanno nella società comunale, urbana e anche di centri minori, senza per questo escludere conoscenze e interessamento da parte di quel mondo feudale che controlla alcune chiavi viarie e che intrattiene con le città rapporti non rari e non necessariamente conflittuali”.44 Se nel priorato di Lombardia la carica di precettore fu a lungo appannaggio di esponenti dell’aristocrazia fondiaria, in area emiliana (inclusa nel priorato di Venezia), le politiche economiche dell’ordine, relative alle acque e agli investimenti in terreni destinati alla coltivazione del riso a Piacenza, si rifecero ad esempio a inte- ressi economici connessi alle attività produttive.45 Se leggiamo le fonti con

42. L’intera questione dei rapporti fra l’arcivescovo e l’ordine giovannita, come fa notare Giuliana Albini, deve essere rivalutata alla luce di ulteriori analisi sulla documentazione, in particolare sui testamenti. Il componimento di Bonvesin è tra i meno noti della produzione dell’intellettuale milanese ed è stato edito per la prima volta nel 1979: G. A l b i n i, Bonvesin da la Riva, un intellettuale laico alla ricerca di una dimensione religiosa nella Milano di fine Duecento, in: G. G. M e r l o (a cura di), Lombardia monastica e religiosa. Per Maria Bettelli, Milano 2001, pp. 307-363, ora in E a d., Carità e governo delle povertà (come nota 21) pp. 19-53. 43.R.Bordone,Icetidirigenti urbani dalle origini comunali alla costruzione dei patriziati, in: R. B o r d o n e/G. C a s t e l n u o v o/G. M. V a r a n i n i (a cura di), Le aristocrazie dai signori rurali al patriziato, Roma-Bari 2004, pp. 37-120: 106ss. 44. V. P o l o n i o, Discorso di chiusura, in: C o s t a R e s t a g n o, Cavalieri (come nota 2) pp. 549-557: 551. 45. Sulle politiche emiliane dell’ordine ospedaliero cfr. gli interventi di G r e c i, Prime presenze (come nota 21), G a z z i n i, L’insediamento gerosolimitano (come nota 27) nonché A.Zaninoni,Ladomussive mansio Misericordiae di Piacenza nei registri notarili del XIV secolo. I beni immobili e la loro gestione, in: C o s t a R e s t a g n o, Riviera di Levante (come nota 2) pp. 447-466. L’ordine di S. Giovanni e la società locale tra religiosità e assistenza 151 attenzione, notiamo poi che gli statuti dell’ordine risalenti alla seconda metà del XIII secolo, spesso evocati come momento di formalizzazione della richiesta di status nobiliare ai fratres giovanniti, in realtà non utilizzano il termine nobilis ma si limitano a raccomandare che i fratres milites dovessero essere di nascita cavalleresca o cavalieri secolari.46 Dobbiamo pertanto inter- rogarci sul significato di miles, oltre che di nobilis, nella società dell’epoca, un significato che si differenzia da luogo a luogo, e che nell’Italia comunale da noi analizzata riguarda aristocrazie urbane come rurali, di antica schiatta vassallatica o di più recente ascesa, che si dedicano ad attività diverse, e non solo militari ma anche finanziarie, e che condividono ideali e stili di vita cavallereschi. Ancora grandi incertezze gravano però sulla figura istituzionale di quanti, in qualità di frati professi o di affiliati non professi, si avvicinarono nell’or- dine giovannita. Intorno alla metà del XII secolo l’ordine degli Ospedalieri risulta suddiviso in tre categorie di fratres che prendevano i tre voti di obbe- dienza, castità, povertà: clerici, milites, servientes. Nella riproposizione della suddivisione tripartita della società cristiana, rielaborata dagli intellettuali da poco più di un secolo e nel frattempo sacralizzata, non senza contestazioni, dall’etica del miles Christi,47 ciascun gruppo svolgeva un compito in funzione degli altri due: ai cavalieri era demandata la gestione politica e militare dell’ordine, ai cappellani l’inquadramento spirituale, ai servientes compiti di carattere esecutivo. L’ordine giovannita era aperto anche alle donne. In verità, queste ultime in Italia non erano molto numerose. L’attestazione più antica di presenze femminili nell’ordine giovannita in Italia risale al 1178 e si riferisce al con- testo veronese.48 In questo come in altri casi la comunità femminile non solo

46. A. L u t t r e l l, Gli Ospedalieri nell’Italia settentrionale dopo il 1312, in: C o s t a R e s t a g n o, Riviera di Levante (come nota 2) pp. 171-188: 185; I d., The hospitaller state on Rhodes (come nota 9) XIX, pp. 214-215 47. Fondamentale, come noto, fu l’accettazione da parte di Bernardo di Chiaravalle in merito all’ordine templare. Cfr. ora B e r n a r d o d i C l a i r v a u x, Il libro della nuova cavalleria. De laude novae militiae, trad. e cura di F. C a r d i n i, Milano 2004. Sull’ideologia delle tre funzioni si veda G. D u b y, Les trois ordres ou l’imaginaire du féodalisme, Paris 1978 (trad. ital. Lo specchio del feudalesimo. Sacerdoti, guerrieri e lavoratori, Roma-Bari 1984); O. G. O e x l e, Die funktionale Dreiteilung der ‘Gesellschaft’ bei Adalbero von Laon. Deu- tungsschemata der sozialen Wirklichkeit im früheren Mittelalter, Frühmittelalterliche Studien 12 (1978) pp. 1-54 (ediz. ital. Paradigmi del sociale, Adalberone di Laon e la società tripartita del Medioevo, Salerno 2000). Per gli ordini religioso-militari come punto di arrivo della crociata e della riforma ecclesiastica dell’XI secolo cfr. A. D e m u r g e r, Chevaliers du Christ. Les Ordres religieux-militaires au Moyen Âge (XIe-XVIe siècle), Paris 2002 (trad. ital.: I cavalieri di Cristo. Gli ordini religioso-militari del Medioevo XI-XVI secolo, Milano 2004). 48. Verona, AS, Santi Nazaro e Celso, b. 25, perg. 1530, 1178 febbraio 2. Documento 152 Marina Gazzini non sembra svolgere attività assistenziale e dedicarsi piuttosto ad una vita claustrale di preghiera, ma risulta strettamente soggetta a quella maschile, da cui dipende per la gestione quotidiana, per il culto, per l’ingresso delle novizie e per l’elezione della priora.49 D’altra parte è stato osservato che le fonti non sempre permettono di discernere con certezza se si possa parlare di monasteri femminili o di gruppi di donne affiancate a una domus maschile.50 Accanto ai fratres professi (e alle sorores) l’ordine giovannita prevedeva la presenza di altri individui, che le fonti indicano come donati/e, confra- tres/consorores, oblati/e, dedicati/e, redditi/e, conversi/e. La storiografia è solita distinguere i confratres dai donati. Secondo tale distinzione, l’investi- tura a confrater permetteva la condivisione di benefici spirituali, provenienti da messe, preghiere, attività caritative, ed eventualmente materiali, come esenzioni giurisdizionali e fiscali; garantiva il diritto di sepoltura nei cimiteri dell’ordine; non comportava invece obblighi particolari di vita, se non il versamento iniziale e periodico di somme di denaro o di contributi simbolici, come candele e cera, o la donazione di beni immobili. Un bell’esempio di come si svolgesse la cerimonia di accettazione dei confratres ediquale impegno questo ruolo comportasse è relativo all’affiliazione di Bonvesin da la Riva.51 L’affiliazione a confrater non esigeva un impegno totalizzante nei confronti dell’ordine: Bonvesin infatti non dispose lasciti a favore dei Gio- vanniti nei suoi due testamenti del 1304 e 1313, nei quali non mancò invece di ricordare molte altre comunità religiose, dagli ospedali milanesi e del

edito in L. T a c c h e l l a, Il Sovrano Militare Ordine di Malta nella storia di Verona, Genova 1969, p. 20. 49. F. T o m m a s i, Uomini e donne negli ordini militari di Terrasanta. Per il problema delle case doppie e miste negli ordini giovannita, templare e teutonico (secc. XII-XIV), in: K. E l m/M. P a r i s s e (a cura di), Doppelklöster und andere Formen der Symbiose männlicher und weiblicher Religiosen im Mittelalter (Berliner historische Studien 18. Ordensstudien 8), Berlin 1992, pp. 177-202. 50. A. J. F o r e y, Women and the Military Orders in the Twelfth and Thirteenth Centu- ries, Studia Monastica 29 (1987) pp. 63-92: 70ss. 51. Il 9 settembre 1296 frater Francesco de Rocha, precettore della domus gerosolimitana di S. Croce di Milano, e procuratore generale di frater Marco di Santo Stefano, priore del priorato di Lombardia, accoglie Bonvesin de Ripa, maestro di grammatica di Milano, come confrater dell’Ospedale e associa lui e le anime dei suoi genitori agli altri confratelli al di qua e al di là del mare nelle preghiere, nelle opere di carità e agli altri benefici spirituali dell’ordine. Bonvesin, inginocchiato di fronte al precettore con la mano sopra un libro da questi retto, promette di corrispondere ogni anno alla festa di S. Giovanni battista una candela e dodici denari pro recognitione confraternitatis. L’atto notarile di accettazione, rogato a Milano, fu edito da A. R a t t i, Bonvesin da la Riva e i frati gerosolimitani, Archivio Storico Lombardo 19 (1903) pp. 191-193, ora anche in T a c c h e l l a, I “donati” (come nota 36) p. 20ss. L’ordine di S. Giovanni e la società locale tra religiosità e assistenza 153 contado, agli ordini mendicanti, agli Umiliati, ai fratres della Colombetta, nome assunto a Milano dal Consorzio dello Spirito Santo del beato Facio.52 La nomina a donato, sempre in base alla menzionata suddivisione storio- grafica, avrebbe invece comportato l’assegnazione di incarichi gestionali – quali la cura dei ricoverati, la manutenzione delle strutture ospedaliere, il pagamento delle responsiones (tramite questue 53 o gestioni immobiliari 54)– ma anche l’espletamento di servizi militari in caso di necessità, e solitamente la residenza in una casa giovannita. I donati potevano inoltre reclamare l’esenzione dalla giurisdizione secolare.55 In realtà le fonti, fino a tutto il XIII secolo, non sono così esplicite nel distinguere ruoli e privilegi, e accade che usino i termini confrater e donatus quasi come sinonimi,56 a suggerire come anche nello stesso ambiente giovan- nita le figure non sempre risultassero tra loro distinte, ma non per questo sovrapponibili. Anche per gli altri laici vicini all’ordine la fluidità termino- logica, almeno nei primi secoli, riflette una condizione giuridica incerta. In un documento milanese del 1259 sono elencate, come componenti femminili della locale domus di S. Croce, Fomia, Agata e Benvenuta definite contem- poraneamente dedicate et converse et sorores dicti hospitalis.57 Diciassette anni dopo a Genova, Simona figlia di Borgognone Embriaco entra nella domus femminile, dipendente dalla precettoria di S. Giovanni di Pré, prout reddita et conversa ipsius hospitalis.58

52. Cfr. A l b i n i, Bonvesin da la Riva (come nota 42) p. 45ss. Sulle origini dell’ordine dei frati del Consorzio dello Spirito Santo e sulla sua diffusione in area padana cfr. M. G a z z i n i, Il consortium Spiritus Sancti in Emilia fra Due e Trecento, in: Il buon fedele. Le confraternite tra medioevo e prima età moderna, Quaderni di storia religiosa 5 (1998) pp. 159-194, ora in E a d., Confraternite e società cittadina nel Medioevo italiano, Bologna 2006, pp. 157-196. 53. Cfr. A. R e h b e r g, Nuntii, questuarii, falsarii. L’ospedale di S. Spirito in Sassia e la raccolta delle elemosine nel periodo avignonese, Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge 115 (2003) pp. 41-132. 54. Per le modalità di formazione del patrimonio da parte dell’ordine vedi l’intervento di G. A l b i n i, La ricchezza dell’ordine di S. Giovanni (secoli XII-XIV) in questo stesso volume, e più in generale i contributi a Les ordres militaires, la vie rurale et le peuplement en Europe occidentale (XIIe-XVIIIe siècles), Auch 1986. 55. L u t t r e l l, Gli Ospedalieri nell’Italia settentrionale (come nota 46) p. 179. 56. Vedi le osservazioni in proposito di R i l e y - S m i t h, The Knights (come nota 4) pp. 242-246. 57. A. C o l o m b o, I Gerosolimitani e i Templari a Milano e la Via Commenda, Archivio Storico Lombardo 53 (1926) pp. 185-240: 205. Sui Giovanniti a Milano cfr. G. A l b i n i, La domus Sancte Crucis dei Gerosolimitani e la società milanese tra XII e XIII secolo, in: C o s t a R e s t a g n o, Riviera di Levante (come nota 2) pp. 291-333. 58. Genova, AS, Fondo notarile, not. Giovanni Amandolesio, cart. 156, c. 222r. T a c- c h e l l a, I “donati” (come nota 36) p. 63. 154 Marina Gazzini

Non ci stupiamo. Sulla condizione di questi semi-religiosi vige la stessa indeterminatezza che riguarda analoghe figure che si affiancavano ad altre comunità monastiche, ospedaliere, confraternali.59 Non risulta d’altra parte facile trovare testi espliciti, che non siano gli statuti dell’ordine, e che quindi non siano fonti di carattere dispositivo che potevano rimanere inapplicate. Quando però si ha la fortuna di disporre di documenti, e si tratta soprattutto di atti notarili, che descrivano come le norme generali venissero applicate nel concreto locale, la situazione appare più fluida di come non la si voglia presentare. Figure come quelle dei coniugi genovesi Garesio e Alasina Alta- villa, solitamente additati quale chiaro esempio dello status di donato,60 in realtà nell’atto di loro affiliazione avvenuto nel 1302 ad Asti alla presenza del priore generale di Lombardia e del capitolo generale dell’ordine non sono esplicitamente definiti come tali: il documento recita infatti che i due coniugi furono “ricevuti ed associati ai benefici e privilegi dell’ordine” e che in segno di tale condizione avrebbero cucito sul loro abito una croce a tre braccia.61 Tale simbolo presso i Giovanniti risulterebbe attestato per la prima volta all’inizio del Duecento in area alsaziana ma senza riferirsi ad una figura precisa;62 solo gli statuti dell’ordine risalenti alla metà del XVI secolo lo rendono indizio sicuro della condizione del donato, una figura che infatti assume tardi rigidi contorni istituzionalizzati.63 Anche l’affermazione che

59. Per un quadro d’insieme cfr. Les mouvances laïques des ordres religieux, Actes du IIIe Colloque international du C.E.R.C.O.R., Tournus, 17-20 juin 1992, (C.E.R.C.O.M., Tra- vaux et recherches 8), Saint-Etienne 1996. 60. Cfr. per esempio T a c c h e l l a, I “donati” (come nota 36) p. 33. 61. Il 13 maggio 1302 Gugliemo de Rocca, priore del priorato di Lombardia e i fratres dell’ordine dell’Ospedale di S. Giovanni gerosolimitano, raccoltisi in capitolo ad Asti, asso- ciaverunt et receperunt i coniugi Alasina e Garesio d’Altavilla, albergatore e residente a Genova, ad omnia beneficia et privilegia et ad omnes gratias dicti ordinis, e affidarono loro in gestione l’ospedale che l’ordine teneva a Gavi Ligure con l’impegno di ospitarvi stabilmente un frater gerosolimitano e gli altri membri dell’ordine in visita. In cambio, i due coniugi avrebbero dovuto erogare annualmente tre marche d’argento come responsio, e cedere una loro casa sita a Genova in parrocchia S. Fede, mantenendone l’usufrutto vitalizio, e prestare alia honera consueta. Marito e moglie erano inoltre tenuti a portare tres partes crucis sive signum quod dicitur crocia. In caso di morte della moglie, Garesio avrebbe dovuto assumere totam crucem; mentre in caso di morte del marito, Alasina sarebbe stata ospitata in una casa contigua all’ospedale a Genova. Per la collocazione archivistica e l’edizione del documento vd. supra nota 15. 62. De rebus alsaticis ineuntis saeculi XIII, ed. Ph. J a f f é (Monumenta Germaniae Historica, Scriptores 17), p. 235, 37-39: Cruciferi de Sancto Iohanne in Basilea duas capellas habebant, quas officiavit sacerdos nomine Gall(…), cui frater hospitalis dimidiam ferens crucem necessaria ministravit. 63. Anche nella Francia settentrionale il termine donatus si afferma sugli altri solo nella seconda metà del Trecento, quando tuttavia nel sud predomina il termine oblatus:A.M. L’ordine di S. Giovanni e la società locale tra religiosità e assistenza 155 solo i donati nobili potessero passare alla condizione di frate professo risulta spesso anticipata a tempi in cui la situazione pare in verità più aperta. La clausola che in caso di morte della moglie Garesio avrebbe dovuto prendere la croce ‘intera’, e quindi farsi frate professo, ha fatto ad esempio inferire una sua condizione nobiliare. In realtà, sempre a leggere il documento di accet- tazione, Garesio de Altavilla era un albergatore e questo ci farebbe più con- cretamente pensare che l’ordine, alla ricerca di un abile gestore di una propria domus ospedaliera collocata a Gavi lungo una delle strade che dal monferrino conduceva a Genova, avesse accettato la probabile offerta di una coppia già esperta nell’ospitalità, dotata di una certa disponibilità economica (i coniugi Altavilla per farsi accogliere nell’ordine gerosolimitano offrirono un immo- bile), e probabilmente imparentata con un frater gerosolimitano, quell’Asche- rius de Altavilla, precettore della vicina domus di Ripa Ponzano (Monteca- stello, sul Tanaro presso Alessandria), che viene elencato fra i testimoni dell’atto di accettazione di Garesio. Non bisogna dunque continuare a commettere l’errore di appiattire cro- nologicamente ruoli e posizioni assai diverse nel tempo, o di affiancare esemplificazioni tratte da ambienti geografici lontani fra loro, fuorvianti perché inserite in contesti sociali, economici, istituzionali molto differenti. È anche vero che il carattere internazionale assunto fin dagli esordi dagli ospe- dalieri gerosolimitani poteva mettere in difficoltà lo stesso ordine che stenta- va a dare omogeneità alle molteplici varianti locali e a conciliare esigenze diverse. Ne sono ad esempio testimonianza le ravvicinate revisioni della regola giovannita nel corso dei secoli XII e XIII, proposte da esponenti dell’ordine di una Lingua (ovvero di una provincia, coincidente con una nazione) e subito constestate da esponenti di un’altra. Esemplare al proposito fu la riforma voluta nel 1206 da Alfonso del Portogallo, Maestro dal 1203 al 1206, che modificò cinque capitoli della regola di Raimondo de Puy, relativi alle modalità della professione, alla punizione per l’infrazione dei voti di castità e di povertà, al divieto di bere vino, e alle conseguenze delle accuse ingiustificate tra fratres. La riforma venne duramente contestata da una parte del capitolo generale dell’ordine, una contestazione che portò alle dimissioni dello stesso Alfonso, cui successe Geoffroy le Rat. A fine secolo, così come lamentava il giurista francese Guillaume de Saint-Etienne, anch’egli frate ospedaliero,64 continuavano tuttavia a circolare entrambi le versioni della regola, quella originaria e quella riformata, a dimostrazione di come,

L e g r a s, Les effectives de l’Ordre des Hospitaliers de saint-Jean de Jérusalem dans le Prieuré de France en 1373, Revue Mabillon 60 (1984) pp. 353-394: 375. 64. K l e m e n t, Le prime tre redazioni (come nota 4) p. 242ss. 156 Marina Gazzini anche a livello centrale, l’organizzazione dell’ordine presentasse vistose di- screpanze. La questione del ruolo, dei compiti, delle origini sociali e del peso anche economico rivestito dai donati e dagli altri laici associati all’ordine rimane dunque ancora aperta e degna di particolare approfondimento. È uno dei campi in cui si misura il peso della periferia e si sonda il successo dell’orga- nizzazione decentrata: è infatti attraverso il meccanismo delle associazioni che gli ordini militari, oltre ad ingrossare i propri ranghi, guadagnavano appoggi esterni ed estendevano la rete di vantaggiosi rapporti con il mondo laico. Non dimentichiamo che il reclutamento avveniva a livello locale: chi avesse inteso vestire l’abito ospedaliero avrebbe dovuto bussare alle porte di una domus. E mentre la nomina dei, pochi, fratres professi doveva passare attraverso l’approvazione del Maestro, quella dei, molti, donati e confratres risultava di facoltà dei priori e, nel caso delle donne semi-religiose, addirittura dei precettori locali.65 È chiaro che in questo caso l’intervento di pressioni e logiche locali si faceva sentire con tutt’altra incisività.66 Il mio intervento è giunto alla conclusione. Nel congedarmi vorrei sug- gerire due ulteriori piste di indagine in prosecuzione ai discorsi qui abbozzati. Nell’età successiva, quella tardomedievale e protomoderna, altri e significa- tivi impulsi allo sviluppo della religiosità gerosolimitana sarebbero provenuti dall’azione delle confraternite laicali che cominciarono ad affiancare chiese e ospedali giovanniti, e dalla diffusione dei Sacri Monti, alcuni modelli dei quali furono importati in Occidente ad opera di esponenti dell’ordine giovan- nita.67 Le attività devozionali e caritative delle confraternite e le riproduzioni dei luoghi della passione avrebbero difatti mediato tra sollecitazioni prove- nienti da lontano – ricostruendo in sede domestica gli ambienti che avevano visto il sorgere della storia cristiana, e perpetuando la memoria di pellegri-

65. T a c c h e l l a, I “donati” (come nota 36) p. 60. Ricordo brevemente che i priori erano nominati dal capitolo generale dell’ordine su proposta del Maestro, cui dovevano rendere periodicamente conto del loro operato, anche se avevano libertà di azione nella gestione amministrativa. Al priore spettava la designazione dei precettori. Priore e precettore erano dunque i “pilastri dell’organizzazione periferica dell’ordine”: N a s a l l i R o c c a, Linea- menti (come nota 7) p. 304. 66. A. B a r b e r o, Motivazioni religiose e motivazioni utilitarie nel reclutamento degli ordini monastico cavallereschi, in: Militia Christi (come nota 3) pp. 717-727. 67. Il Calvario di Friburgo fu modellato nel XV secolo dai cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme sulla base di un precedente complesso esistente a Rodi: A. d e Z e d e l g e m, Saggio storico sulla devozione alla Via crucis, a cura di A. B a r b e r o/P. M a g r o, Ponzano Monferrato (AL) 2004, p. 38 (ediz. orig. in Collectanea Franciscana 19 [1949] pp. 45-142). L’ordine di S. Giovanni e la società locale tra religiosità e assistenza 157 naggi ai luoghi santi o di importanti scontri contro i musulmani 68 – e stimoli autoctoni, legati a forme di comunicazione del linguaggio religioso basate sull’“incentivazione della visibilità e della concretezza umana dei suoi con- tenuti” che furono proprie alla logica degli sviluppi interni al sistema religioso europeo bassomedievale.69

68. Cfr. A i r a l d i, I Gerosolimitani in San Giovanni Vecchio (come nota 31). 69. La citazione è tratta da D. Z a r d i n, I Sacri Monti e la cultura religiosa e artistica dell’Italia moderna, in: D. T u n i z (a cura di), I Sacri Monti nella cultura religiosa e artistica del nord Italia, Cinisello Balsamo (MI) 2005, pp. 43-70, 278-279 (note), 289 (bibliografia); edito pure in Memorandum 9 (2005) pp. 105-120, testo al quale si rimanda anche per il ridimensionamento dell’influenza di eventi contingenti, come la rottura ottomana di metà Quattrocento, sulla religiosità europea.

Kay Peter Jankrift Unareteamaglielarghe. Sull’organizzazione dell’ordine di S. Lazzaro di Gerusalemme nel XIII e XIV secolo *

In un documento del 1256 il re d’Inghilterra Enrico III impose ai suoi baroni e balivi che Milo, magister generalis milicie Sancti Lazari, e il maestro William di Hereford, capo della commendatoria di Burton Lazars, venissero liberati da ogni imposta nel trasporto di confratelli, uomini, cavalli ed equi- paggiamento sino al porto di Dover.1 Il privilegio regio è probabilmente la testimonianza più importante della mobilità internazionale all’interno del- l’ordine di S. Lazzaro nella seconda metà del XIII secolo.2 Come gli altri ordini cavallereschi, anche quello di S. Lazzaro era avviato per motivi orga- nizzativi ed economici ad uno scambio effettivo tra le sue filiali sparse in gran parte dell’Europa e la centrale amministrativa.3 Ma l’ordine di S. Lazzaro in Gerusalemme non era un ordine come gli altri. Si era sviluppato a partire da una confraternita di lebbrosi nata in un lazzaretto alle porte della città santa, i cui inizi sono testimoniabili intorno al

* Traduzione di Gabriele Guerra. 1. Close Rolls of the Reign of Henry III Preserved in the Public Record Office, Printed under the Superintendence of the Deputy Keeper of the Records. A.D. 1254-1256, London 1931, 40 Henry III, p. 419: Mandatum est baronibus et ballavis Regis Dovor’ quod fratrem Milonem magistrum generalem milicie Sancti Lazari Jerusalem, et magistrum Willelmum de Hereford cum fratribus, hominibus, equis et hernesio suo, in port Dovor’ libere transfrettare permittant. 2. K. P. J a n k r i f t, International Mobility in the Order of St. Lazarus (Twelfth to Early Fourteenth Centuries), in: J. B u r g t o r f/H. N i c h o l s o n (a cura di), International Mobi- lity in the Military Orders (Twelfth to Fifteenth Centuries). Travelling on Christ’s Business, Cardiff 2006, pp. 59-64. 3. K. P. J a n k r i f t, Leprose als Streiter Gottes. Institutionalisierung und Organisation des Ordens vom Heiligen Lazarus zu Jerusalem von seinen Anfängen bis zum Jahre 1350 (Vita regularis 4), Münster 1996, pp. 171-205. R. H y a c i n t h e, L’ordre de Saint-Lazare de Jérusalem au Moyen Âge, Millau 2003. D. M a r c o m b e, Leper Knights. The Order of St Lazarus of Jerusalem in England, c. 1150-1544, Woodbridge 2003. 160 Kay Peter Jankrift

1140.4 A differenza delle altre comunità ospitaliere, come appunto quella dei Giovanniti, la confraternita di S. Lazzaro – ed anche l’ordine che da essa deriva – era formata sia da sani che da malati. Mentre gli statuti degli Ospi- talieri imponevano di trattare i malati presenti nell’ospedale come dei sei- gnors malades, i Lazzariti non riducevano i lebbrosi allo status di semplici oggetti di assistenza; al contrario, a norma di statuto i lebbrosi ricoprivano le cariche più alte nella gerarchia della comunità. Tuttavia nel 1253, dopo che, secondo le testimonianze scritte, tutti i malati del lazzaretto di Gerusalemme erano caduti in battaglia, i Lazzariti ottennero da papa Innocenzo IV il per- messo di eleggere un maestro sano.5 Il carattere inusuale di questa comunità si riflette nella struttura della sua rete europea di filiali, che nel tardo medioevo si estendeva dai Pirenei fino all’Ungheria, dalle isole britanniche fino al mezzogiorno d’Italia. Ma, nono- stante il fatto che il patrocinio di S. Lazzaro fosse diffuso nella penisola iberica, sembra che non vi fosse nessun lazzaretto sottoposto all’ordine dei Lazzariti, ed altrettanto pochi erano gli insediamenti lazzariti nell’attuale Olanda e in Scandinavia.6 L’iniziativa decisiva per la fondazione delle prime case commendizie dei Lazzariti nelle diverse regioni europee avvenne sulla base di cospicue dona- zioni che persone benestanti ed influenti avevano effettuato dopo il loro ritorno dalle crociate, avendo avuto nell’Outremer la possibilità di conoscere in un modo o nell’altro l’attività della comunità. Il re francese Luigi VII, ad esempio, durante il suo soggiorno a Gerusalemme, aveva assegnato ai Laz- zariti una rendita annuale di 10 livres. Modificando la disposizione originale, nel 1154, diede loro una sede a Boigny, nei pressi di Orléans, località che dopo la perdita della Terrasanta alla fine del XIII secolo divenne la residenza del gran maestro dell’ordine.7 Particolarmente chiaro si presenta il contesto

4. J a n k r i f t, Leprose (come nota 3) pp. 30-44. K. P. J a n k r i f t, Die Leprosenbru- derschaft des Heiligen Lazarus von Jerusalem und ihre ältesten Statuten. Normierung in einem institutionellen Aufbruch, in: G. M e l v i l l e (a cura di), De Ordine vitae. Zu Normvorstel- lungen, Organisationsformen und Schriftgebrauch im mittelalterlichen Ordenswesen (Vita regu- laris 1), Münster 1996, pp. 341-360. M. B a r b e r, The Order of St Lazarus and the Crusades, The Catholic Historical Review 80 (1994) pp. 219-240. 5. E. B e r g e r (ed.), Les Registres d’Innocent IV (Bibliothèques des Écoles françaises d’Athènes et de Rome), Paris 1897, nr. 6204. 6. J a n k r i f t, Leprose (come nota 3) p. 86 ss. 7. A. d e M a r s y (ed.), Fragment d’un cartulaire de l’Ordre de St.-Lazare en Terre Sainte, Archives de l’Orient Latin 2 (1884), pp. 121-157: nr. XII. Paris, Bibliothèque Nationale, Fonds Français, Nouvelles Acquisitions 2486, ff. 29r e 32v. A. R o c h e r, Recherches historiques sur la commanderie de Boigny et sur l’ordre des chevaliers de Saint-Lazare de Jérusalem, Mémoires de la Société Archéologique de l’Orléanais 9 (1866) pp. 35-99. Sull’organizzazione dell’ordine di S. Lazzaro 161 tra partecipazione alle crociate e donazioni a favore dei Lazzariti a proposito della diffusione dell’ordine in Inghilterra.8 Ivi l’origine dell’insediamento più antico dell’ordine di Burton Lazars vicino a Melton Mowbray nella contea del Leicestershire risaliva ad una donazione del conte Roger I di Mowbray. Roger aveva preso parte alla seconda crociata ed era entrato in contatto con la confraternita dei lebbrosi sita in Outremer.Il25aprile1164ilconteè presente come testimone in un atto di donazione del re Amalrico ai Lazzariti.9 Roger concesse alla comunità di Burton terreni e proprietà ed anche un mulino.10 Dopo che i Lazzariti ne fecero il loro primo insediamento nelle isole britanniche, cominciò a evidenziarsi la motivazione a favore delle donazioni, indispensabili al mantenimento istituzionale della casa affiliata – ovvero l’interesse della nobiltà locale nel favorire un’istituzione caritativa in un ambito geografico a loro immediatamente vicino. Sulla base del cartulario di Burton Lazars, si può dedurre che più del 40 % dei sostenitori della casa dei Lazzariti proveniva da una zona ad essa circostante non più lontana di quattro miglia, e il 50% di cinque.11 Il 70 % dei benefattori si trovava in un raggio di dieci miglia. Anche se l’appoggio locale non può essere certificato per ogni insediamento dei Lazzariti come nel caso di Burton Lazars, le fonti pervenu- teci autorizzano tuttavia la conclusione che alla base dello sviluppo del reticolo di insediamenti dell’ordine sull’intero territorio europeo vi fosse una analoga struttura di sostegno incentrata sulle donazioni.12 Questo dato restò costante per i due secoli di attività crociata in Terrasanta: esattamente come nel XII secolo Luigi VII, tornato dalle crociate, con la donazione di Boigny aveva creato le basi per un insediamento dei Lazzariti nel suo regno, anche l’imperatore della casata degli Hohenstaufen Federico II, forte della sua esperienza in Terrasanta, diede il suo contributo allo sviluppo dell’ordine in Italia. Lo stesso fenomeno si può osservare nei territori imperiali di lingua tedesca e nell’attuale Svizzera.13 Anche qui le fondazioni di commendatorie, soprattutto quelle di Gfenn e Schlatt, vanno fatte risalire a donazioni effet-

8. M a r c o m b e, Leper Knights (come nota 3). D. M a r c o m b e, Lepers, Land and Loyalty. The order of St Lazarus of Jerusalem in England and the Holy Land, c. 1150-1300, in: B u r g t o r f/N i c h o l s o n, International Mobility (come nota 2) pp. 173-189. 9. Cartulaire, ed. d e M a r s y (come nota 7), nr. XXII. 10. D. E. G r e e n w a y (ed.), Charters of the Honour of Mowbray, London 1972, nr. 23. 11. J. W a l k e r, The Patronage of the Templars and the Order of St Lazarus in England in the Twelfth and Thirteenth Centuries, in: J. L o a d e s (a cura di), Monastic Studies. The Continuity of Tradition, Bangor 1990, pp. 171-181: 177. 12. J a n k r i f t, Leprose (come nota 3) pp. 86-111. 13. W. G. R ö d e l, Werden und Wirken des Lazarus-Ordens. Ein Überblick mit beson- derer Berücksichtigung der Ordenshäuser in Deutschland und der Schweiz, Schildgen 1975. 162 Kay Peter Jankrift tuate da reduci delle crociate. L’insediamento a Gotha nacque sulla base di una donazione del landgravio di Turingia Ludwig IV e di sua madre, nella prima decade del XIII secolo. Su richiesta di sua moglie, s. Elisabetta, che contrariamente a quanto riporta la leggenda non fu la fondatrice della casa, papa Gregorio IX il 21 febbraio 1229 ordinò all’arcivescovo di Magonza Siegfried II di permettere ai confratelli del lebbrosario di Gotha di innalzare una cappella, costruire un proprio cimitero e nominare un cappellano.14 Le case dell’ordine, fondate in tal modo in molte regioni europee, vennero sostenute – come illustrato dall’esempio dell’Inghilterra – prima di tutto dalla nobiltà locale. I Lazzariti solo raramente, in occidente come negli stati sorti in seguito alle crociate, dirigevano di propria iniziativa la fondazione di nuove case per mezzo di un acquisto o un baratto di beni.15 Ciò portò in particolare allo sviluppo di insediamenti regionali dispersi nel territorio, lontani diversi giorni di viaggio dalla più vicina casa affiliata della comunità. Un effetto negativo per gli scambi all’interno dell’ordine e per la comu- nicazione con la centrale amministrativa fu anche il fatto che i dignitari, che erano lebbrosi, a causa della loro condizione fisica, potevano intraprendere viaggi solo in scala ridotta.16 Alla luce delle fonti non è possibile stabilire come fossero organizzati i viaggi per le assemblee del capitolo generale; è possibile che i membri sani dell’ordine si preoccupassero del sostentamento durante il viaggio. Sebbene i lebbrosi – al contrario di quanto generalmente si crede – non venissero isolati dalle comunità medievali, tuttavia per loro valevano speciali regole di comportamento,17 a cui probabilmente erano sot- toposti gli stessi membri dell’ordine. Con Milo, citato all’inizio di questo saggio, incontriamo alla metà del XIII secolo il primo gran maestro non malato di lebbra in grado di intraprendere un viaggio senza limitazioni dovute alla sua condizione fisica. E tuttavia le grandi distanze tra le case dell’ordine comportavano, nella prassi quotidiana, per i maestri dell’ordine dapprima residenti a Gerusalem- me, indi a Acri e infine a Boigny, nonostante la pienezza assoluta di poteri sul piano teorico, una cessione di autorità alle commendatorie provinciali,

14. O. D o b e n e c k e r (a cura di), Regesta Diplomatica Necnon Epistolaria Historiae Thuringiae, III: 1228-1266, Jena 1925, nr. 50. R. S c h m i t t/S. T e b r u c k, Jenseits von Jerusalem. Spuren der Kreuzfahrer zwischen Harz und Elbe, Begleitheft zur Sonderausstellung „Saladin und die Kreuzfahrer" im Landesmuseum für Vorgeschichte in Halle, Halle (Saale) 2005, pp. 190-195. 15. J a n k r i f t, Leprose (come nota 3) pp. 86-102. 16. J a n k r i f t, Mobility (come nota 2). M a r c o m b e, Lepers (come nota 9) p. 173. 17. K. P. J a n k r i f t, Mit Gott und Schwarzer Magie. Medizin im Mittelalter, Darm- stadt 2005, pp. 119-140. Sull’organizzazione dell’ordine di S. Lazzaro 163 alle quali spettava di mantenere nel miglior modo possibile l’ordinamento sul piano regionale, consistente nelle tre o quattro case – per fare un esempio – di Gfenn, Seedorf e Schlatt.18 Contemporaneamente alle trasformazioni in- tervenute ai vertici dell’ordine, si nota anche che solo poche delle case lazzarite nel XIII e XIV secolo disponevano di strutture per la cura dei lebbrosi – e questo in una fase in cui in generale i lebbrosari sorgevano davanti alle mura delle città, in seguito alla crescente urbanizzazione e alla parallela diffusione della malattia.19 I grandi rivolgimenti sociali ed economici, spesso descritti come la “crisi del XIV secolo”, cominciarono a incidere in maniera pressoché contempora- nea al ritorno dei crociati dall’oriente, e si riflettono in tanti modi nello sviluppo tardomedievale dell’ordine dei Lazzariti. Al principio del XIV se- colo contro i Lazzariti come anche contro gli altri ordini cavallereschi furono mosse aspre critiche. Certo, ad essi fu risparmiato il destino cui andarono incontro i Templari; ma Filippo il Bello si inserì anche nelle loro vicende. Nel luglio 1308, nove mesi dopo il suo attacco mosso contro i Templari, Filippo pose l’ordine di S. Lazzaro sotto la protezione ereditaria della corona france- se.20 Tuttavia il privilegio, che apparentemente non sembra consono alla politica repressiva seguita da Filippo nei confronti degli ordini cavallereschi, comportò meno una protezione dei Lazzariti dalle angustie e dagli ingiustifi- cati attacchi ai beni dell’ordine, quanto piuttosto funse da strumento di con- trollo sulle attività della comunità. Filippo non lasciò alcun dubbio circa le sue intenzioni di esercitare un controllo sull’ordine all’interno del proprio regno, legandolo alla corona e sottraendolo così all’influenza pontificia, allor- ché assicurò i Lazzariti alla sua garda speciali.21 Il decreto del sovrano colpiva il punto centrale di debolezza nell’organizzazione lazzarita; a causa della grande distanza tra le singole province e precettorie dell’ordine la coesione interna dell’associazione era oltremodo instabile, e la debolezza di questa strutturazione regionale, rispetto ad un’influenza dei poteri secolari, fu sfruttata ampiamente dal sovrano francese. Contemporaneamente le ten- denze autonomistiche di alcune province, che si sforzavano di divenire indi- pendenti, resero più acuto il pericolo di un collasso generale dell’ordine. Particolarmente le case affiliate di Sicilia, riunite sotto la guida del priorato

18. J a n k r i f t, Leprose (come nota 3) pp. 159ss. 19. Ibid., pp. 171-180. 20. Ibid., p. 112. 21. M. B a r b e r, The World Picture of Philipp the Fair, Journal of Medieval History 8 (1982) pp. 13-27. R. H i e s t a n d (a cura di), Vorarbeiten zum Oriens Pontificius, III: Papstur- kunden für Kirchen im Heiligen Lande (Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften in Göttingen. Philologisch-historische Klasse, Dritte Folge 136), Göttingen 1985, p. 44. 164 Kay Peter Jankrift di Capua, svilupparono già a partire dal principio del XIV secolo una notevole autonomia.22 Probabilmente allo scopo di tutelare l’unità dell’ordine e non sottoporre più la sua autorità in tale questione a forze secolari, Giovanni XXII conferì ai Lazzariti nel 1319 la tanto attesa sottomissione alla giurisdizione diretta con Roma.23 Con questo passo il papa provò ad arrestare transitoria- mente tutte quelle forze centrifughe esterne all’ordine nocive all’unità dei Lazzariti. La crisi in cui era caduto l’ordine si manifestò però non solo in manife- stazioni di decadenza organizzativa; nonostante tutti gli interventi della Santa Sede lo stato desolante delle finanze dei Lazzariti fin dall’inizio non sembra in sostanza essere migliorato neanche dopo la perdita degli Stati Crociati. Una volta eliminata, a partire dal 1291, la costosa necessità di sostentare le com- mendatorie d’oltremare, sembra che l’impegno ospedaliero abbia logorato oltremodo i fondi dell’ordine. Per questo motivo alcune case all’inizio del XIV secolo rinunciarono alle loro funzioni assistenziali, seguendo l’esempio del priorato di Sangershausen.24 Altre fallirono sotto il peso dei debiti. Nel settembre 1316, solo cinquant’anni dopo aver ottenuto lo “Schönauer Hof” a Megersheim nell’Assia meridionale, il commendatario Heinrich von Dobel- sheim, gravato di debiti, si vide costretto a venderlo insieme a tutti i suoi possedimenti.25 Meno di cinquant’anni dopo il priorato di Schlatt in Brisgovia andò incontro allo stesso destino. Nel 1362 finì in possesso dei Giovanniti di Friburgo.26 È possibile che non solo gli alti costi di gestione per l’assistenza ai lebbrosi abbiano portato all’indebitamento delle commende: parte delle finanze potrebbero essere state fraudolentemente utilizzate per scopi impro- pri – ciò, in mancanza di corrispondenti protocolli di visitazione non è pos- sibile provarlo, ma le circostanze della vendita di Megersheim rinviano a tale possibilità. La penuria finanziaria dei Lazzariti si rivela anche nel corso del XIV secolo dai privilegi di protezione sempre più numerosi a favore di collettori di elemosine appartenenti all’ordine, che con il permesso del papa avevano facoltà di visitare una volta l’anno tutte le chiese della regione. Il comma, continuamente ripetuto in tutti i documenti, secondo il quale anda- vano arrestate quelle persone che si proclamassero in forma non autorizzata collettori di elemosine per conto dell’ordine di S. Lazzaro, dimostra come

22. J a n k r i f t, Leprose (come nota 3) pp. 111-120. 23. Paris, Archives Nationales, MM 202, ff. 45r-46r. 24. R ö d e l, Werden (come nota 13) p. 22. 25. Ibid., p. 25. 26. A. M a r t i n, Zur Geschichte der Lazariter im deutschen Sprachgebiet, Zeitschrift für Krankenpflege, Klassische Therapie und Krankenhausbau 44 (1922) pp. 87-93: 87. Sull’organizzazione dell’ordine di S. Lazzaro 165 probabilmente non mancassero falsi raccoglitori.27 Un tale abuso non si ma- nifestava soltanto nelle isole britanniche. In un decreto dell’ottobre 1326 papa Giovanni XXII chiese a tutti i nuntii della Santa Sede di procedere contro collettori di elemosina non autorizzati che agissero in nome dell’ordine in Alamanniae et Poloniae partibus.28 Si può solo supporre quali fossero i danni all’ordine causati da tali truffe, non solo materiali, ma anche in merito alla sua reputazione. Durante il XIV secolo tali pratiche truffaldine relative alla questua da parte di “veri” e presunti lebbrosi si diffusero talmente che le città reagirono talvolta con rigide contromisure. I lebbrosi che vagavano di città in città – sia quelli veri che quelli simulati –, o venivano arrestati già davanti alle porte, oppure erano rispediti via per mezzo di un cosiddetto “carro coatto” (“Karrenschub”).29 Altre volte si minacciava, a chi incorreva in questa que- stua abusiva, l’arresto e la confisca di tutti i beni. Come se non bastassero le perdite economiche che sempre più spesso tali falsi collettori di elemosine procuravano all’ordine, continuarono anche a crescere i problemi finanziari dei Lazzariti alla metà del XIV secolo, che raggiunsero l’apice con l’imper- versare della Morte Nera. Una decina d’anni prima Edoardo III era sceso in guerra con la Francia, ed il finanziamento della sua costosa impresa vuotò sensibilmente le casse del regno. Il re aveva dunque bisogno di denaro, che prendeva a prestito non solo dalle tasche dei nobili ma anche da quelle dei Lazzariti, già in difficoltà economiche. Accanto ad una serie di creditori volontari o costretti, in una lista che il re fece redigere nel 1347, si trova il nome di Hugh Michael, preceptor of la Mawdeleyne, master of Burton Saint Lazarus near Melton Mowbray.30 Più ancora dei prestiti grandi e piccoli fatti a Edoardo da parte dei Lazzariti inglesi, pesò il divieto di trasferire denaro alla centrale francese, che ricadde sull’ordine a causa della guerra. Il 15 novembre 1347 il re inglese proibì all’ordine di S. Lazzaro by reason of war with those of France il pagamento annuale delle somme dovute al gran maestro da parte della provincia inglese dell’ordine.31 Invece Edoardo obbli- gò i confratelli a sostenere una sua donazione di 20 livres annuali al rettore ed ai professori dell’università di Cambridge. L’intromissione del sovrano nelle questioni finanziarie interne all’ordine rende evidente ancora una volta

27. J a n k r i f t, Leprose (come nota 3) p. 114 nota 170 con numerosi esempi. 28. G. M o l l a t (ed.), Les Registres de Jean XXII (Bibliothèques des Écoles françaises d’Athènes et de Rome), Paris 1912, nr. 29656. 29. G. K e i l, Der Aussatz im Mittelalter, in: J. H. W o l f (a cura di), Aussatz, Lepra, Hansen-Krankheit. Ein Menschheitsproblem im Wandel, II, Würzburg 1986, p. 90. 30. Close Rolls of the Reign of Edward III Preserved in the Public Record Office, Printed under the Superintendence of the Deputy Keeper of the Records. A.D. 1346-1349, London 1905, p. 382. 31. Ibid., p. 338. 166 Kay Peter Jankrift la debolezza dell’ordine lazzarita nei confronti delle influenze esterne da parte dei potenti secolari. Accanto a ciò si moltiplicarono le questioni giuri- diche in cui i Lazzariti si videro sempre di più costretti a difendere i loro privilegi e possedimenti da mire estranee. La mutata percezione dei malati di lebbra e la concorrenza dei lebbrosari cittadini per la questua determinarono l’aggravarsi della crisi tardomedievale dell’ordine. Il 28 marzo 1489 papa Innocenzo VIII emise la bolla Nos igitur,che prescriveva l’unificazione dell’ordine con i canonici del Santo Sepolcro e i Giovanniti.32 Gli effetti del decreto papale rimasero limitati ai territori ger- manofoni in cui i possedimenti dei Lazzariti passarono all’Ospedale. All’epo- ca della Riforma le ultime case vennero abolite. Il concordato del 1517 tra Francesco I e papa Leone X impedì la realizzazione della fusione in Francia. Su minaccia dell’imperatore Carlo V, Leone restituì nello stesso anno con il priorato di Capua il ramo siciliano dell’ordine, che già da lungo tempo aspirava all’autonomia e che in tal modo si separava ora dalla congrega. Pio IV promosse il 9 febbraio 1565 una breve restaurazione di tutti i privilegi dell’ordine di S. Lazzaro per l’Italia, i quali già due anni dopo vennero ritirati per mano del suo successore. Gregorio XIII infine emanò nel 1572 un decreto che prescriveva la fusione del ramo italiano dei Lazzariti con il nuovo ordine di S. Maurizio. In Inghilterra, nell’ambito della secolarizzazione dei conventi attuata sotto Enrico VIII, venne sciolta l’ultima casa dei Lazzariti, Burton Lazars, nel 1544. Anche in Francia il destino della confluenza in altri ordini seguì il suo corso: Enrico IV nel 1607 unificò i resti dell’ordine Lazzarita con l’Ordre de Nôtre-Dame du Mont Carmel.33 La continua tensione tra un centro amministrativo – secondo la norma stabilita – e la periferia, che aveva carat- terizzato l’ordine fin dalla sua fondazione, suggellò anche il suo tramonto definitivo.

32. J a n k r i f t, Leprose (come nota 3) p. 21. 33. E. N a s a l l i - R o c c a, Gli ospedali italiani di S. Lazzaro o dei lebbrosi. Contri- buto alla storia del diritto ospedaliero, Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte, kanonistische Abteilung 58 (1938) pp. 262-299: 270ss. Paris, Archives Nationales, MM 202, ff. 45r-46r. II. GLI ORDINI OSPEDALIERI

Robert N. Swanson Marginal or mainstream? The hospitaller orders and their indulgences in late medieval England

The evidence for the history of indulgences and their distribution in medieval England is often fragmentary and incomplete, and much of the analysis must be based on inference rather than hard fact. One element in that history which suffers considerably from the gaps in the surviving primary material is an understanding of the involvement of the great international hospitaller orders and their representatives in such activities. From 1200 to the Reformation there are signs of involvement by bodies associated with the hospitals of Roncesvalles, St Anthony of Vienne, St James of Altopascio, St Mary of Bethlehem, and Santo Spirito at Rome, as well as military orders like the Lazarites and the Order of St John. This evidence rarely survives in sufficient quantity or depth to allow much detailed comment on how the collections were organised, or their results. This paper addresses some of that evidence, but it cannot provide a full picture. Its prime concern is with the ‘non-military’ orders, so little will be said about the orders of St Lazarus or St John of Jerusalem (or the specifically English military order of St Thomas of Acon).1 While the remaining institutions were active collectors, their precise role and significance within the overall pattern of indulgence collec- tion in England cannot yet be established. Nor, more seriously, is it yet possible to indicate the significance of the English collections in the overall pattern of indulgence distribution by the individual orders across catholic Europe in the pre-Reformation centuries. The difficulties with the evidence for the indulgence distributions of these international institutions in England unavoidably impact on any attempt

1. On the Lazarites in England, D. M a r c o m b e, Leper Knights: The Order of St Lazarus of Jerusalem in England, 1150-1544, Woodbridge 2003; for the Order of St Thomas of Acon, A. J. F o r e y, The military order of St Thomas of Acre, English Historical Review 92 (1977) pp. 481-503 (although with little information about the involvement in the indulgence trade). There is no adequate survey of the Hospitallers in England for this period; the recent volume by Gregory O’ M a l l e y, The Knights Hospitaller of the English Langue 1460-1565, Oxford 2005, appeared too late to be consulted for this paper. 170 Robert N. Swanson to assess the international orders in terms of ‘centre and periphery’. The historical evolutions in fact suggest that that polarisation should perhaps be reversed: here the analysis focuses the telescope on England, so that, in a sense, it is the ‘centre’ – the continental mother house of the order – which becomes ‘peripheral’, and increasingly so as time passed. Adopting that Anglocentric approach, a major shift in the history of collecting for these orders in England occurs around 1400. Until then, the orders were (or so it seems) regularly collecting throughout the country on behalf of their continental mother houses. Thereafter, however, the pattern changed. Some of the orders seem to have withdrawn completely from En- gland, although not necessarily permanently. Others, meanwhile, continued, but what had formerly been outposts or ‘branch offices’ (from the perspective of the mother houses) now became houses which were effectively fully English institutions, whose ties with their continental parents were tenuous, limited to little more than a continuity of the spiritual privileges which they claimedtooffer. Such an evolution is traceable in other international religious institutions, where it occurred at different speeds. Within the monastic orders, the so- called ‘alien priories’ which survived in England into the fifteenth century were divorced from their continental parent houses; political considerations and general evolutionary trends also loosened the ties of the English Cluniacs, Premonstratensians and Cistercians to the orders’ central institutions, to vary- ing degrees. The English branch of the Order of St Lazarus likewise gained autonomy from the Order’s continental administration.2 There are references to activities by the hospitaller orders in England in the thirteenth and fourteenth centuries, but the evidence is very limited, and certainly so when it comes to evidence for their collecting activities. Many of the hospitals had English bases. These were principally the three London hospitals of St Mary of Bethlehem (which eventually became Bedlam, sur- viving the Reformation to evolve into England’s most famous lunatic asy- lum), of St Anthony of Vienne, and of St Mary of Roncesvalles (or ‘Rounce- val’) at Charing Cross; there were also bases for Santo Spirito at Writtle in Essex, and for St James of Altopascio at Great Thurlow in Suffolk. What little can be recovered of the history of these houses is usually sketchy, and very incomplete.3

2. M. D. K n o w l e s, The religious orders in England, 3 vols., Cambridge 1948-1961: II, pp. 127-129, 140-143, 158-166; III, pp. 28-31, 34-35, 37-38; Joseph A. G r i b b i n, The Premonstratensian Order in late medieval England, Woodbridge 2001, pp. 14-19, 206-212; M a r c o m b e, Leper Knights, pp. 86-87. 3. For Writtle, see W. P a g e (ed.), Victoria History of the County of Essex, II, London Marginal or mainstream? 171

The lack of evidence makes it difficult to reconstruct a detailed picture of the collecting mechanisms used by the hospitals. While episcopal registers often (but by no means invariably) contain information about grants of ques- torial licences to those distributing indulgences on behalf of a range of indi- viduals and institutions, the hospitaller orders appear irregularly. Neverthe- less, grants of licences to collect alms and disseminate the indulgence appear from the thirteenth century to the end of the fourteenth.4 However, not all such grants were formally registered, being perhaps considered by the ad- ministrations as too ephemeral to justify a permanent record.5 Some of the orders may also have advanced claims to exempt status, to relieve them of any obligation to obtain questorial licences from the diocesan bishops.6 Among the hospitaller orders as a whole, least evidence seems to survive for Santo Spirito and Altopascio, although both do offer evidence of collecting. Notably, material from the diocese of York in the early-fourteenth-century shows a pattern of collection by Santo Spirito which may have been common to all of the great national bodies at the time, and certainly was in the following centuries.7 While the links between the hospital’s diocesan representatives and its formal agents at Writtle are obscure, it seems clear that the hospital was farming out its indulgence distribution to local pardoners. These men were members of a group which seemingly monopolised much of the indul- gence trade in the diocese of York at this time, carving up territories for

1907, pp. 200-201; for Great Thurlow, I d. (ed.), Victoria History of the County of Suffolk, II, London 1907, p. 155 – but even this brief note is marred by a serious misprint, giving ‘1312’ instead of ‘1382’ in the limited historical statement. See also below. 4. E.g. The Register of Walter Bronscombe, Bishop of Exeter, 1258-1280, ed. O. F. R o b i n s o n, 3 vols. (Canterbury and York Society 82, 87, 94), Woodbridge 1995-2003, nos. 22, 28, 47-48, 218, 223, 245, 295, 326, 329, 412, 457. 5. They are in the same category as other material mentioned in R. N. S w a n s o n, Speculum ecclesie? Sources for the administrative history of the late medieval English church, Richerche di storia sociale e religiosa, n.s. 48 (July-December 1995) pp. 19-20; see also the comments on recording indulgences for prayers for specific souls in I d., Indulgences for prayers for the dead in the diocese of Lincoln in the early fourteenth century, Journal of ecclesiastical history 52 (2001) pp. 198-199, 201, 204-206. 6. For one flare-up caused by such claims to exemption, Concilia Magna Britanniæ et Hiberniæ, ed. D. W i l k i n s, 4 vols., London 1737: III, pp. 84-85. The only reference to a questorial licence that I know of for the Order of St John appears in Lincoln diocesan records of 1533-1534, so it may have been issued after the abolition of papal supremacy in England: Lincoln, Lincolnshire Archives Office, Add. Reg. 7, f. 156r/3v. 7. Material from the printed episcopal registers is discussed in A. R e h b e r g, Nuntii, questuarii, falsarii: l’ospedale di S. Spirito in Sassia e la raccolta delle elemosine nel periodo Avignonese, Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge 113 (2003) pp. 67-68; see also following note. 172 Robert N. Swanson themselves, and making private arrangements for the division of collecting responsibilities.8 However, there are also signs of some episcopal hostility to such farming, with restrictions being imposed in some of the collecting licences included in the registers of the early-fourteenth-century bishops of Lincoln.9 The York evidence for Santo Spirito stands out in the general obscurity of that order’s activities in England. The activities of Altopascio are equally obscure, apart from records of questorial licences.10 One document, however, is noteworthy. Issued in the name of Benedict de Luca as proctor for the hospital of Altopascio, and dated from Great Thurlow in May 1380,11 it is remarkable both as evidence of the hospital’s collecting activity within En- gland, and for being the earliest instance so far found of what became a common feature of indulgence distributions in the fifteenth century: the letter of confraternity or confessional letter.12 The document offers membership of the hospital confraternity, and participation in all of the spiritual privileges available to its members, including indulgences and remission of enjoined penance, and the power to choose a confessor to give plenary absolution in articulo mortis. Apart from being the first such letter known in England, the document is also notable because it is a form letter, mass produced either for distribution across the country or for sale at the hospital’s English base (it is impossible to know which at present). In such cases a blank space was left for names to be inserted when it was eventually bought; here the recipients are named as John Asheby and Emma his wife. The grammatical forms indicate that the document was drawn up to be acquired by at least two people; it is possible (as appears later with letters issued by other institutions) that

8. York, York Minster Library, M2(1)a, ff. 40r, 41v. Unfortunately, while members of the group appear frequently in the records, the institutions for which they were working are not always identified. Some obviously acted for several institutions over the course of their careers. Several of the cohort appear as a group in a document setting out the spiritual privileges offered for donations to Beverley Minster: The Register of William Melton, Archbishop of York, 1317-1340, III, ed. R. M. T. H i l l (Canterbury and York Society 76), York 1988, no. 138. 9. See, for example, Lincoln, Lincolnshire Archives Office, Ep. Reg. V, f. 451v (a questorial licence for the hospital of Altopascio, 1331): ‘Inhibemus insuper ne dicte questua- cionis officium cuicumque dimittatur ad firmam’. The ban on farming could also apply to collections for English projects, the identical clause appearing for instance in a document of 1318 concerning a collection for Beverley Minster: ibid., Ep. Reg. III, f. 403r. 10. E.g., H i l l, Register of William Melton (see note 8) III, nos. 69, 167, 245. 11. Sheffield, Sheffield Archives, Bag.C 2186 (published below, no. 1 in the Appendix). Benedict was still proctor in 1382: Calendar of the Patent Rolls preserved in the Public Record Office: Richard II, A.D. 1381-1388, London 1897, p. 224. 12. See, in general, R. N. S w a n s o n, Letters of confraternity and indulgence in late- medieval England, Archives 25 (2000) pp. 40-57. Marginal or mainstream? 173 there were other versions whose wording would be applicable to single purchasers, or for other specialised uses.13 While this letter suggests national distribution, it is again impossible to be sure just how the system functioned. The proctor may have commissioned collectors to go out as salaried agents; alternatively collectorates may have been farmed, as happened with Santo Spirito. The negative evidence on the collections is perhaps the more striking. Here there is no need to comment on the pardoner in Chaucer’s Canterbury Tales: although allegedly an agent of the hospital of Rounceval at Charing Cross, and thereby doubtless providing evidence of the general attitude to that hospital’s agents, it is impossible to say how much his supposed activities mirror reality. There are enough instances of false pardoners to leave open the possibility that he is in fact not a properly accredited pardoner; scholars still debate the reliability of the portrait.14 Unsurprisingly, complaints about the activities of agents of the major hospitals figure among the generalised hostility to fraudulent pardoners.15 In 1367, for instance, it was alleged that the master of the Bethlehem hospital had been colluding with his agents to collect on the basis of false bulls.16 By 1403, the hospital clearly faced a financial crisis, and a formal royal inquest investigated its governance and accounts. The evidence includes an estimate of the profits of the nationwide indulgence collections (that is, the amount received from the farmers, rather than the sums actually collected), set at 40 marks (£26 13s. 4d.) per year. In addition, further collections in London brought in additional sums.17 Evidence from around 1385 relating to Altopascio, if reliable, indicates serious problems there as well. William de Dene, as proctor, was accused in effect of leading a gang of miscreants whose illicit activities exploited the appeal of pardons. They included preachers who exceeded due limits in their

13. Ibid., p. 53. 14. L. D. B e n s o n (ed.) The Riverside Chaucer, Oxford 1988, pp. 34, 194-196, 201- 202; A. M i n n i s, The Construction of Chaucer’s Pardoner, in: R. N. S w a n s o n (ed.), Promissory Notes on the Treasury of Merits: Indulgences in Late Medieval Europe (Brill’s Companions to the Christian Tradition 5), Leiden-Boston 2006, pp. 169-195. 15. D. K. M a x f i e l d, St. Mary Rouncivale, Charing Cross: the hospital of Chaucer’s Pardoner, Chaucer Review 28 (1993) pp. 151, 153; references for St Anthony in D. K. M a x- f i e l d, St Anthony’s hospital, London: a pardoner-supported alien priory, 1219-1461, in: J. G i l l e s p i e (ed.), The Age of Richard II, Stroud-New York 1997, n. 12. 16. Calendar of the Patent Rolls preserved in the Public Record Office: Edward III, XIV: A.D. 1367-1370, London 1913, pp. 68-69. 17. W. P a g e (ed.), The Victoria History of London, I, London 1909, p. 496; London, National Archives, C270/20. 174 Robert N. Swanson preaching (one was even accused of heresy, but the charge is unspecific), and someone who forged episcopal and papal documents.18 No known additional evidence corroborates or substantiates these charges, and they cannot be taken at face value; but they cannot simply be dismissed. Even so, this evidence may not be of actual misbehaviour, but of hostility. It may be a continuation of a dispute over Great Thurlow church mentioned in 1382, or (perhaps more likely) an attempt by the royally-appointed English occupant of the hospital’s possessions to prevent Dene and his agents, as representatives of the mother house, from receiving any of the indulgence receipts. In June 1385 a royal order was issued to arrest collectors lacking authority from the royal appointee.19 This may also tie in with general hostility to the representatives of bodies with overseas connections in the context of the Hundred Years War. Even if not technically enemy aliens, the experience of the hospital orders in some cases matches that of the so-called ‘alien priories’, the English cells of French monasteries which were repeatedly confiscated by the English crown during the fourteenth century, and which in the fifteenth were either dissolved, transferred to the possession of English houses, or managed to break away and establish themselves as independent or ‘denizened’ houses.20 The branches of the international orders in England seem to have faced a collective crisis. For Santo Spirito and Altopascio this seems to have been resolved by a wholesale liquidation of their connections with England. In 1392 Santo Spirito received papal permission to sell up its properties, and apparently withdrew from the English scene, albeit temporar- ily. 21 Altopascio also seems to have abandoned – or been deprived of – its holdings at Great Thurlow, although just when and how seems to be unre- corded. It also withdrew from the collecting business in England. In the absence of detailed records, the overall role of the hospitaller bodies in the indulgence trade of fourteenth-century England is hard to assess. The proctor for Santo Spirito was reported to have exported £160 from

18. London, National Archives, C270/36/9. This is an undated fragment, but Dene also appears as proctor in C270/31/11, dated to 1385. 19. Calendar of the Patent Rolls, A.D. 1381-1388 (see note 11) pp. 224, 601. 20. A. K. M c H a r d y, The effects of war on the church: the case of the alien priories in the fourteenth century, in: M. J o n e s/M. V a l e (eds.), England and her Neighbours, 1066-1453: Essays in Honour of Pierre Chaplais, London 1989, pp. 277-288. For the effect on Rounceval and St Anthony’s see M a x f i e l d, St. Mary Rouncivale (see note 15) pp. 153-156; M a x f i e l d, St Anthony’s hospital, London (see note 15) pp. 228-237. 21. P a g e, Victoria History, Essex (see note 3) pp. 200-201; Calendar of Entries in the Papal Registers relating to Great Britain and Ireland: Papal Letters, IV: A.D. 1362-1404, ed. W. H. B l i s s/J. A. T w e m l o w, London 1902, p. 283. William of Wykeham sought the property for his foundation of New College at Oxford: Calendar of the Patent Rolls preserved in the Public Record Office: Richard II, A.D. 1388-1392, London 1902, p. 386. Marginal or mainstream? 175

England in 1366, but what that sum actually represented is unclear.22 For the hospital of St Anthony, scattered figures suggest revenues up to £400.23 While other collections would probably have produced less, it is likely that these orders and hospitals were among the leading bodies engaged in the indulgence trade. These bodies all distributed spiritual privileges, and received dona- tions. Most of the donations would have been gifts made by the living, but some were bequests, like the 12d. left to the pardons of Santo Spirito and St Anthony by Thomas Fort of Llanstephan in 1383.24 Their only significant competitor was probably the Order of St John (which also received 12d. in the same will). Its national ‘frary’ structure may have been the real leader, but likewise leaves little solid evidence.25 (A remark in a late-fourteenth- century text rather suggests in fact that the first place among these institutions as collectors was shared between St Anthony and the Order of St John of Jerusalem: it criticised the large amounts of money exported from England for þe maister of Rodis or Vien).26 Intermittent national collections for other purposes, notably for crusades,27 doubtless also affected the receipts from time to time, but there is no evidence for serious rivalry from the mendicant orders or similar bodies at this time. (The Trinitarians may have been rivals, but again evidence is elusive).28 Just why the appeal of the hospital indul- gences declined in the late fourteenth century – always assuming that it did

22. B l i s s/T w e m l o w, Calendar of Papal Letters, 1362-1404 (see note 19) pp. 119- 120. 23. D. K. M a x f i e l d, A fifteenth-century lawsuit: the case of St Anthony’s hospital, Journal of Ecclesiastical History 44 (1993) p. 200 and n. 6. 24. R. G. G r i f f i t h s, The cartulary and muniments of the Fort family of Llanstephan, Bulletin of the Board of Celtic Studies 24 (1970-1972) p. 336. St Anthony also received pigs, whose collection is often mentioned in leases and other documents; for such a gift, in 1351-2, see Winchester, Winchester College Muniments, 15383 (I owe this reference to Dr David Postles). Questorial licences sometimes refer to the St Anthony pigs: The Register of John Kirkby, Bishop of Carlisle, 1332-1352, and the Register of John Ross, Bishop of Carlisle, 1325-32, ed. R. L. S t o r e y, 2 vols. (Canterbury and York Society 79, 81), Woodbridge 1993-1995, I, no. 707. 25. Information to provide the fullest sense of the national structure is scattered through the pages of The Knights Hospitallers in England, being the Report of Prior Philip de Thame to the Grand Master Elyan de Villanova for A.D. 1338, ed. L. B. L a r k i n g (Camden Society, 1st ser. 65), London 1855. 26. Oxford, New College MS 95, f. 32v. 27. W. E. L u n t, Financial Relations of the Papacy with England, 1327-1534 (Publica- tions of the Mediaeval Academy of America 74), Cambridge MA 1962, pp. 525-557: passim. 28. As usual, most evidence for the activity of the Trinitarians derives from the fifteenth century, with limited earlier sources. For an early questorial licence, R o b i n s o n, Register of Bronscombe (see note 2) no. 207; for hints of leasing of the collection for their house at Knaresborough in the 1330s, York, York Minster Library, M2/4, ff. 15v, 18v. 176 Robert N. Swanson

– is hard to determine. The impact of the Hundred Years War may have been a significant factor; another possibility is that there was a shuffling in the relative appeal of individual houses, so that some became less attractive. The hospital of St Anthony of Vienne may already have been as prominent as it later appears, but how it gained the position is impossible to explain, or to trace. With the fifteenth century, the pattern changed considerably. Between 1400 and 1540 the distribution of indulgences in England became an increas- ingly competitive and complex business. The remaining London-based hos- pitals with continental affiliations (St Anthony of Vienne, Bethlehem, and Rounceval) were challenged for their national role by an ever-growing number of rivals. The first real signs of this appear in the 1390s, when the Roman hospital of the Holy Trinity and St Thomas of Canterbury – the specifically English hospice which was the ancestor of the present English College – began to distribute confessional letters in England. Thereafter, it had a significant, if elusive, national role.29 Numerous other bodies also entered the field (although some of them may have been active previously without leaving any traces), and likewise began to distribute letters. These included the hospital of St Thomas of Acon in London (which had by now abandoned its role as a military order), and the Order of St Lazarus based at Burton Lazars; while if the survival of their letters is a measure of activity, the various Trinitarian houses also became prominent. Among English insti- tutions, Walsoken hospital in Norfolk and St Mary’s chapel at Newton in Cambridgeshire (‘St Mary in the Sea’) also set up national distribution mech- anisms.30 There were, of course, still occasional one-off nation-wide collec- tions under papal auspices, to defend catholic Europe against the Turkish advance, to fund the negotiations with the Greeks in 1439, and for other

29. M. H a r v e y, The English in Rome, 1362-1429: Portrait of an Expatriate Commu- nity, Cambridge 1999, pp. 74-75. London, British Library, MS Harl. 3300, ff. 59v-60r (aut- horisation for collections issued in 1392). The hospital’s letters are (apart from that of 1380 for Altopascio) the earliest so found in England: Shrewsbury, Shropshire Archives, 465/68 (dated 8 June 1394); Trowbridge, Wiltshire and Swindon Record Office, 1332/1/42 (issued in 1398). 30. A preliminary list of documents is in W. G. C l a r k - M a x w e l l, Some further letters of fraternity, Archaeologia 79 (1929) pp. 206-216, but this does not adequately distin- guish between letters associated with indulgence distribution and those issued more formally to individuals by religious institutions and orders. See also the records of grants of questorial licences scattered in York, York Minster Library, H2/3, H3/1; A. H. T h o m p s o n, The register of the archdeacons of Richmond, 1442-1477, Yorkshire Archaeological Journal 30 (1931) pp. 79, 85, 97-99, 106, 108-110, 113-114, 117-118, 120-121, 123, 126-127, 131-132; 32 (1936) pp. 112-113, 115-117, 120, 122-125, 132, 134, 137, 141-142. The mendicant orders also became involved, but they definitely fall outside the scope of this paper. Marginal or mainstream? 177 purposes.31 In the sixteenth century, the pattern was further disrupted with the emergence of the guild of Our Lady at Boston and the guild of the Name of Jesus at St Paul’s cathedral, London, as dynamic new participants in the trade. The surviving evidence for the Boston guild (including some accounts, and several confessional letters) suggests that it may have become the market leader by the 1520s.32 The guild of the Name of Jesus does not seem to have distributed letters, but was certainly a major player.33 Other groups and insti- tutions, even individuals, also acted nationwide, including the guild of St Christopher and St George of York, collectors for the rebuilding of York bridges in 1527-8, and assorted people seeking alms to pay off ransoms owed to their Turkish (or other) captors.34 Against this changing background, the role of the old hospitaller institu- tions is at times hard to define. While international ties were being diluted and severed, whether the English people in general knew of these changes – and whether they really mattered to them – are unanswerable questions. Nor is it clear, in the early 1400s, how much of their former prominence these hospitals retained. When Canterbury Convocation in 1424-5 identified the bodies allowed to distribute indulgences across the province (and so, implic-

31. L u n t, Financial Relations (see note 27) ch. XII. 32. The Boston guild has attracted surprisingly little attention so far, despite the surviving sources. The accounts in London, British Library, MS Egerton 2886, give considerable detail about the indulgence distribution process. 33. The surviving accounts are in Oxford, Bodleian Library, MS Tanner 221; for short discussion see E. N e w, Fraternities in English cathedrals in the later medieval period, in: T. T h o r n t o n (ed.), Social Attitudes and Political Structures in the Fifteenth Century (The Fifteenth Century Series 7), Stroud 2000, pp. 42-45. London, National Archives, Prob 11/20, f. 181v (will of John Thurston of London) mentions the Jesus guild among the places that I have writinges of, so that I may [have] the prayers and suffrages of the places and gyldes aforsaid as a brother ought to have, which suggests that the guild did issue confraternity letters, but there is no clear evidence for them in the accounts, or as far as I know in any other sources. 34. I am currently working on the limited evidence for the collections for the St Christo- pher and St George guild, which is too widely scattered to list here in full; for references which indicate activity outside York diocese, N. O r m e, Indulgences in the diocese of Exeter, 1100-1536, Report and Transactions of the Devonshire Association for the Advancement of Science, Literature, and Art 120 (1988), pp. 5-32: 25; Registrum Caroli Bothe, episcopi Herefordensis, A.D. MDXVI-MDXXXV, ed. A. T. B a n n i s t e r (Canterbury and York Society 28), London 1921, p. 356. The guild’s involvement in the indulgence trade is not considered in E. W h i t e, The St Christopher and St George Guild of York (Borthwick Papers 72), York 1987. On the collection for the York bridges see (briefly), S. G e e, The coming of print to York, c.1490-1550, in: P. I s a a c/B. M c K a y (eds.), The Mighty Engine: the Printing Press and its Impact, Winchester-Newcastle DE 2000, p. 83. For publicity leaflets for indul- gences offered for contributions towards ransoms, W. E. A. A x o n, On Christian captive indulgences in the British Museum, Lambeth Palace, and John Rylands Library, The Library, n.s. 7 (1906) pp. 275-286. 178 Robert N. Swanson itly, across the country), only three were first named (the Order of St John, the hospital of St Thomas in Rome, and the London hospital of St of Vienne), with the London-based hospital of St Thomas of Acon being added almost immediately after.35 While this shows that St Anthony’s still had national status, and perhaps retrospectively confirms its fourteenth-century eminence, the house was becoming firmly identified as a London body – although its continental mother-house struggled to maintain tenuous links in the early fifteenth century, and rival would-be English holders of the London hospital exploited those connections in their own interests.36 The other two remaining houses, Bethlehem and Rounceval, were also gradually changing, although the evidence for this is more elusive. The evidence for the integration of these institutions into the indulgence market of fifteenth- and sixteenth-century England is incomplete, but is much more informative than for the fourteenth century. At least, it is greater for St Anthony and Rounceval; for Bethlehem it remains very limited, in fact little more than scattered notices of the issue of collecting licences.37 Only the 1520s provide solid evidence for distribution of confessional letters. The house clearly remained an active collector, and around 1530 was listed among the leading institutions regularly licensed in the province of York; but there is no surviving evidence for the scale of its receipts or the organisation of its practices.38 With the other two bodies the evidence is patchy, and for the most part confined to the immediate pre-Reformation years. Their histories diverged greatly: while the Rounceval hospital seemingly declined, and by the 1520s was probably towards the bottom of the league of national bodies, the hospital of St Anthony seems to have retained its status, clearly being one of the most important players in the field, if not actually the leader. From being an offshoot of a northern Spanish institution, the hospital of Rounceval at Charing Cross in the fifteenth century developed as a firmly

35. The Register of Henry Chichele, Archbishop of Canterbury, 1414-1443, 4 vols., ed. E. F. J a c o b (Canterbury and York Society 42, 45-47), Oxford 1938-1947: IV, pp. 256-262. The provision was reaffirmed in 1449: W i l k i n s, Concilia Magna Britanniæ et Hiberniæ (see note 6) III, p. 557. 36. For the hospital’s evolution, see M a x f i e l d, St Anthony’s hospital (see note 15) pp. 225-227; more specifically on the early fifteenth century, M a x f i e l d, A fifteenth- century lawsuit (see note 23) pp. 199-223. 37. For Bethlehem licences, e.g. York, York Minster Archives, H3/1, ff. 101r, 171r, 171v; B a n n i s t e r, Registrum Caroli Bothe (see note 34) pp. 355-358. 38. London, British Library, C.18.e.2/12, 12*, 13, 14; London, Society of Antiquaries, Broadsides 4; Oxford, Bodleian Library, Arch.A.b.8 (8-9); York, Borthwick Institute for Ar- chives, D/C R.Reg., ff. 35v-36r. Marginal or mainstream? 179

English body. No longer were there foreign proctors running the house; instead it was organised under an English master. Its precise organisation is elusive, and the general impression is that it continued to decline in signifi- cance. In the fifteenth century it was transformed with the emergence of a lay fraternity as the ruling body, which assumed control of the indulgence distri- bution.39 This included, possibly for the first time, the production of confes- sional letters: the first known Rounceval letters date from around 1480, being issued both as hand-written copies and as products of William Caxton’s printing press. The house still drew on its fourteenth-century heritage at this stage: the indulgence cited in the letters was that issued by Clement VI.40 The two Rounceval confessional letters extant from this point are appar- ently the only known surviving letters issued by the house. However, such letters were being issued later, with references to them (and to associated publicity leaflets) appearing in the surviving Rounceval fraternity accounts from the reign of Henry VIII. These accounts throw some light on the organi- sation of the distribution. They reveal a practice of farming, with collectorates being leased to agents at an annual rate.41 (This system may have operated earlier, and is perhaps suggested by the earlier letters, but there is no conclu- sive evidence). Exact marketing arrangements are unclear, at least outside London. Within the city, notification of the availability of pardons at the chapel at Charing Cross was posted on church doors twice each year, and it is probable that confessional letters were available to visitors to the hospital, but little more of the practice can be reconstructed.42 No confessional letters – or publicity leaflets – are known to survive from this period. For the hospital of St Anthony, the evidence is more extensive, yet in some respects less revealing. The hospital accounts provide clear evidence of the practice of farming the receipts, with the country being carved up into collectorates of varying size, sometimes by archdeaconry, sometimes by diocese. Some lease agreements survive, but they give very little detailed

39. G. R o s s e r, Medieval Westminster, 1200-1540, Oxford 1989, pp. 312-316. 40. P. N e e d h a m, The Printer and the Pardoner: an Unrecorded Indulgence printed by William Caxton for the Hospital of St. Mary Rounceval, Charing Cross, Washington DC 1986, pp. 42-43, 62-63; R. N. S w a n s o n, A Rounceval pardon of 1482, Archives 30 no. 113 (Oct. 2005) pp. 51-54. 41. The accounts themselves are among the Westminster Abbey Muniments. For some discussion, N e e d h a m, The Printer and the Pardoner, pp. 44-45. 42. Ibid., pp. 44-45. For an offering to Our Lady of Rounceval, which possibly includes a donation to obtain the pardon, see H i s t o r i c a l M a n u s c r i p t s C o m m i s s i o n, Report on the Manuscripts of Lord Middleton Preserved at Wollaton Hall, Nottingham, London 1911, p. 356. 180 Robert N. Swanson information.43 Sometimes the farmers appear in the dioceses, being autho- rised by the bishops to carry out their collections.44 Although most of the evidence survives from late in the period, the system of farming must have existed at least in the early fifteenth century, leases being registered in the royal courts at Chester under Henry IV and Henry V.45 Throughout the period, the St Anthony collection was probably one of the English market leaders. In 1403 the hospital had sufficient influence to respond effectively against a perceived challenge to its status, engaging in what might now be seen as defence of its brand image by procuring the quashing of the grant of a papal indulgence to a chapel of St Anthony at York.46 Later, when accounts survive, the nominal total of the annual farming receipts is around £500.47 This was easily among the highest known indul- gence receipts in England, especially as regular annual income. Moreover, this was only the sum received by the hospital: as the pardoners would have had to meet their own costs, and maintain their profit margins, the total collected across the country must have been much higher. By this stage, however, none of the income was going to Vienne: in 1447 Pope Nicholas V had broken the link to Vienne, and in 1475 the London hospital was taken over by St George’s chapel, Windsor.48 Solid information about St Anthony’s collections in the localities is scarce. Visits by its pardoners (and of those of other institutions) are noted in the parish accounts of Hornsea in Yorkshire in the 1480s, and pardon pur- chases appear in the private accounts of the Willoughby family.49 However, the hospital seems to have eschewed extensive documentation, and did not generally offer formal letters of confraternity. Yet the hospital did not totally avoid such letters. For a brief period in the 1440s they were distributed. Pope Eugenius IV in 1441 issued an indul-

43. R. N. S w a n s o n (ed.), E.g. Catholic England: Faith, Religion, and Observance Before the Reformation, Manchester 1993, pp. 205-206. 44. For instance, Thomas Ipers, in the diocese of Hereford: Registrum Ricardi Mayew, episcopi Herefordensis, A.D. MDIV-MDXVI, ed. A. T. B a n n i s t e r (Canterbury and York Society 27), London 1921, p. 288 (and at p. 289 as one of a consortium); S w a n s o n, Catholic England (see note 43) pp. 207, 209. 45. London, National Archives, CHES 2/82, m.7d, CHES 2/93, m.9. A St Anthony’s lease – or sublease – is mentioned at York in 1332: York, York Minster Library, M2(1)a, f. 43r. 46. Calendar of Entries in the Papal Registers relating to Great Britain and Ireland: Papal Letters, V: A.D. 1396-1404, ed. W. H. B l i s s/J. A. T w e m l o w, London 1904, pp. 549-550. 47. S w a n s o n, Catholic England (see note 43) pp. 207-210. 48. P a g e, Victoria History of London (see note 17) I, p. 583. 49. P. H e a t h, Medieval Clerical Accounts (St Anthony’s Hall Publications 26), York 1964, pp. 28-30, 35-36, 42-43; Manuscripts of Lord Middleton (see note 39) pp. 327, 332, 338 (St Anthony), 342, 345, 348, 354, 359-360, 365-368, 384-385. Marginal or mainstream? 181 gence for the house, to support a collecting campaign authorised to last for five years, with donors being allowed to choose a confessor to grant plenary remission at death. Only one original letter seems to survive, a mass produced document with names added by hand in the by-now expected form; but two further transcribed copies suggest a fairly extensive campaign. As no records survive from the house itself at this date, the outcome remains obscure, although it appears that the distribution provoked adverse comment, and charges that the pope’s privilege had been abused. In June 1444 a further bull ordered that the grants of confessional privileges should be limited to the city and diocese of London.50 One other institution must be mentioned before drawing this paper to a close. Although the Roman hospital of Santo Spirito liquidated its English operations in 1392, its links with England were not permanently severed. With the re-establishment of the hospital confraternity by Pope Sixtus IV, its am- bitions apparently revived. The existence of the confraternity clearly made the hospital a body worth supporting, and it attracted membership from across Europe. The surviving register includes many English names, of people often admitted by proxy when entered by English visitors to Rome.51 Avisitto Rome was not necessary to secure the spiritual privileges. Here, perhaps, Santo Spirito borrowed from the experience of the hospital of St Thomas, which both maintained a register of members at Rome, and distributed con- fraternity letters in England from the late 1300s.52 Santo Spirito certainly marketed its confraternity privileges in England, but the full scale and impact of that activity eludes complete assessment.

50. For the confessional letters, Chester, Cheshire Record Office, DLL3/76; London, British Library, MS Add 7096, f. 116v; The Official Correspondence of Thomas Bekynton, ed. G. W i l l i a m s, 2 vols. (Rolls Series), London 1872: II, pp. 357-358. For the papal bulls, Calendar of Entries in the Papal Registers Relating to Great Britain and Ireland: Papal Letters, IX: A.D. 1431-1447, ed. J. A. T w e m l o w, London 1912, pp. 214-215; Calendar of Entries in the Papal Registers Relating to Great Britain and Ireland: Papal Letters, VIII: A.D. 1427- 1447, ed. J. A. T w e m l o w, London 1909, pp. 296-297. 51. The Santo Spirito confraternity register up to 1500 is published in Necrologi e libri affini della provincia romana, ed. P. E g i d i, 2 vols. in 3 (Fonti per la storia d’Italia 44-45), Rome 1908-1914: II, pp.107-446, and also in P. d e A n g e l i s, L’Ospedale di Santo Spirito in Saxia, 2 vols. (Collana di studi storici sull’ospedale di Santo Spirito in Saxia e sugli ospedali romani), Rome 1960-62: II, pp. 111-302. 52. The confraternity register is abstracted in The English Hospice in Rome: the Venera- bile Sexcentenary Issue (Venerabile 21), Exeter 1962, 2nd ed. Leominster 2005 (with same pagination), pp. 68-81, 188-192 (I am grateful to Dr Margaret Harvey for lending me her copy of this volume). For the early letters see above, note 29; some of the later letters are listed in C l a r k - M a x w e l l, Some further letters (see note 30) p. 214, but this list can be expanded. 182 Robert N. Swanson

The earliest evidence, indeed, consists of just two letters. One was sold in Chester in February 1471/2, preceding the reinvigoration of the fraternity by Sixtus IV; the other was issued in 1478.53 The first bears a note that the name of the purchaser should be entered in a register, but little more can be said about it. The second letter, issued to Sir Robert Plumpton, survives only as a later transcript, and is even less informative. Thereafter, there is silence in the English records (or, at least, no evidence for the intervening period has yet been found) until around 1515-20. Then there was a deliberate and active distribution campaign, with Philip Mulart as the hospital’s chief agent. The evidence is firm, but limited. The collection was clearly national: special confessors were appointed in certain religious houses to hear confessions of those wishing to obtain the privileges (a printed advertisement declares that such confessors were available at the Franciscan house at Ipswich, and they were presumably to be found elsewhere).54 It is possible that there a special register was maintained of those who procured the pardon (as may have happened also for the collections of the 1470s), but any such record has now been lost.55 Mulart received permission to collect within the province of York in 1520 (the only record of the issue of such licences).56 More impressively, several printed confessional letters survive, dated to these years, as relics of a sustained and clearly widely publicised campaign.57 The precise benefits are catalogued in publicity schedules which gave an exhaustive list (in En- glish) of the indulgences and other spiritual privileges offered by successive popes to members of the hospital confraternity.58 After this brief intrusion into the records, the hospital seems to have again withdrawn, or at least become much less visible. There is a hint of later

53. Chester, Cheshire Record Office, CR 63/2/681; London, British Library, MS Add. 32113, f. 167v. 54. Edinburgh, National Library of Scotland, Crawford indulgences, Box 6 no. 2; London, British Library, G.11899 (for text, see below, no. 3 in the Appendix). 55. Registration is mentioned in the publicity leaflet (see note 58). An Irish agent of Santo Spirito in the late fifteenth century was instructed to maintain a local register: Calendar of entries in the papal registers relating to Great Britain and Ireland: Papal Letters, XVI: Alexander VI (1492-1503), Lateran registers, part one: 1492-1498, ed. A. P. F u l l e r, Dublin 1986, pp. 147-148. 56. York, York Minster Library, H3/1, f. 97r. 57. Oxford, Bodleian Library, Arch.A.b.8 (17-20); London, British Library, C.18.e.2/15, 123 (for text, see below, no. 2 in the Appendix). 58. Edinburgh, National Library of Scotland, Crawford indulgences, Box 6 no. 3 (pub- lished below as no. 4 in the Appendix). Fragments of a different version are at London, British Museum, C.18.e.1(48), reproduced in K. W. C a m e r o n, The Pardoner and his Pardons: Indulgences Circulating in England on the Eve of the Reformation, with a Historical Introduc- tion, Hartford CT [1965], pp. 31-33. Marginal or mainstream? 183 activity when a priest from English-held Calais was left, after England’s break with Rome, holding a bundle of unsold pardons which he had received in the late 1520s.59 Even if Santo Spirito’s agents no longer acted in England itself, they were still distributing pardons in her last remaining continental outpost, to English men and women, with the approval of the archbishop of Canterbury. *** Between 1200 and the English Reformation, the major continental hos- pitaller bodies were actively involved in the indulgence trade in the kingdom. How important this participation was to these Orders’ continental headquar- ters cannot be determined, and cannot be a concern here. What can be dis- cussed is the role of the orders in the overall pattern of indulgence distribution in England. The thirteenth-century evidence is too meagre to permit comment; in the 1300s, despite deficiencies, the hospitals were clearly among the leading players, and possibly the leading collecting bodies in England as a whole. How they fared in comparison with major local competitors – cathedral fabric funds, English hospitals (like that of St Thomas Eastbridge, Canterbury), and major pilgrimage sites – cannot be determined; but they seem to have been the most consistently active national collectors in the early fourteenth cen- tury.60 Their position may have been undermined in later decades, but the continuity in the overseas ties, reflected in the presence of proctors sent to England by the mother houses, suggests that the English indulgence trade remained an economic and profitable venture. With the significant changes of the late fourteenth century, exemplified in the withdrawal of the hospitals of Santo Spirito and Altopascio, and the transformation of the remaining London bases into essentially English insti- tutions no longer (it seems) accountable to their overseas parents, the situation

59. Letters and Papers, Foreign and Domestic, of the Reign of Henry VIII, XV, ed. J. G a i r d n e r/R. H. B r o d i e, London 1896, no. 37. 60. E.g. The Accounts of the Fabric of Exeter Cathedral, 1279-1353, ed. A. M. E r s k i n e, 2 vols. (Devon and Cornwall Record Society n.s. 24, 26), Torquay 1981-1983: I, pp. 155, 164; II, pp. 214, 234, 243, 252, 259, 266, 278, 283, 285, 288, 290 (these are not stated to be indulgences receipts; but from comparison with other cathedrals, that is clearly what they are); O r m e, Indulgences in the diocese of Exeter (see note 31) pp. 22-23; R. N. S w a n s o n, Contributions from parishes in the archdeaconry of Norfolk to the shrine of St. Thomas Cantilupe at Hereford, ca.1320, Mediaeval Studies 62 (2000) pp. 189-218. The hospital of St Thomas Eastbridge in Canterbury received questorial licences in Lincoln diocese in the first decades of the fourteenth century: Lincoln, Lincolnshire Archives Office, Ep. Reg. III, ff. 48r, 329r, 372r; Ep. Reg. V, ff. 549r-v. 184 Robert N. Swanson changed. In the ever more complex market of the fifteenth and sixteenth centuries, what is most striking is the dominance of the hospital of St Anthony. Its annual farming rents of £500 place it almost in a league of its own, the figure being so large as to be almost incredible. Meanwhile, the other hospitals seemingly dropped down the table, but no proper ranking can be established. It may be that their receipts did not actually drop much (but that would be unlikely), as other institutions entered the market and took more of it. It certainly seems more likely that total receipts did drop, as the hospitals had to be content with a declining share of an increasingly crowded market. Among the indulgences acquired by the Cheshire gentleman Humphrey Newton under Henry VII and Henry VIII, the pardons of St Anthony and Bethlehem appear with those of many other institutions, including the churches of Lichfield and Chester, the guild of the Name of Jesus in St Paul’s cathedral, London, and the hospital of St Thomas in Rome.61 Whether Newton valued some more than others cannot be said; his lack of discrimination is perhaps more striking. This was a crowded market, but still one perhaps worth gaining a share in. The efforts of Santo Spirito to re-enter the English indulgence trade in the 1470s may not have been successful; but the assault was clearly considered worth repeating in the 1510s, and continued for at least a few more years. Whether the investment was worth while, and paid off, is unknown. The value of the indulgence distributions in England to the continental ‘head offices’ of these international orders, and with that, the sense of just how ‘peripheral’ the English offshoots were to the ‘centres’ of the orders, cannot be determined. The few figures available from the fourteenth century do not suggest that the income was of merely marginal value, worth so little that these outposts could be abandoned without real loss.62 However, how much left England and actually reached the head offices is unknown; and the insecurities resulting from the campaigns against alien priories would doubtless affect attitudes. Within England, the collections clearly were significant, as nation- wide phenomena which were perhaps among the most obvious and pervasive of England’s indulgence distributions. Even as their continental affiliations weakened to the point of non-existence, the break-away bodies retained their mainstream role throughout the fifteenth century, and through to the Reforma- tion; although they had to share the market with ever more competitors as time passed. The successors to the thirteenth- and fourteenth-century agents of the continental hospitals, now acting for their own, English-based, institututions,

61. Oxford, Bodleian Library, MS Lat Misc. c.66, f. 17v. 62. Above, pp. 174-175. Marginal or mainstream? 185 remained actively involved in the distribution of pardons until indulgences, and the indulgence trade, became one of the main casualties of Henry VIII’s Reformation. Then indulgences – with in due course most of the institutions which exploited them – were consigned to oblivion. Appendix

1 Great Thurlow (Suffolk), 1380 May 4th Manuscript confessional letter issued by the English proctor for the Hospital of St James of Altopascio. Sheffield Archives, Bagshawe Collection 2186, published by permission of the Head of Libraries, Archives, and Information, Sheffield City Council.

Frater Benedictus de Luca, preceptor hospitalis sancti Jacobi de Alto Passu per totum regnum Anglie et Wallie, dilectis in Christo sibi Joanni Asheby et Emme uxori eius a salutem in domino. Propter devocionem quam nostro geritis ordini ob rever- entia Dei beatique Jacobi eius apostoli patroni nostri, idcirco vos in confraternitatem ordinis nostri in vita pariter et in morte recipientes facimus vos participes omnium divinorum officiorum, vigiliarum, ieiuniorum, abstinentiarum, laborum, et vij ope- rum misericordie necnon indulgenciarum a summis pontificibus dicto hospitali con- cessarum omniumque bonorum spiritualium que in dicto hospitali et in cellis eius fiunt et fient inperpetuum. Preterea, auctoritate privilegiorum dicti hospitali liceat semel annuatim ydoneum et discretum presbiterum in confessorem eligere, qui super peccatis, que sibi confitebuntur (nisi talia sint propter que merito sit sedes apostolica consulenda), vobis auctoritate predicta provideat de debite absolucionis beneficio et penitencia salutari. Addantes insuper de gracia speciali ut, cum obitus alicuius vestrum in capitulo nostro fuerit nunciatus, id pro vobis d[…]b fieret per totum ordinem nostrum quod pro fratribus et sororibus nostris defunctis in eodem ibidem fieri consuevit. Dat’ apud Magnam Trellowe, sub sigillo officii nostri, iiijo non’ Maii, anno domini millesimo CCCo LXXXo. a. Names inserted in a different hand b. MS illegible Marginal or mainstream? 187

2 1520 Printed confessional letter distributed in England by Philip Mulart as commissary general for the Hospital of Santo Spirito in Saxia. Based on the text in Oxford, Bodleian Library, MS Arch.A.b.8(20), published by permission of the Library. The text is damaged; occasional gaps and one obvious printing error are remedied (without indication) from comparison with the text of ibid., Arch.A.b.8(18), which is a similar letter of 1518, identical in wording (apart from date), but not always in layout or spelling. Punctuation, capitalisation, and use of v/u have been modernised. ‘*’ is used at the end of words where a space is left for the correct grammatical ending to be inserted by hand. Other spaces awaiting insertions are indicated.

Frater Philippus Mulart, decretorum doctor, sacri et apostolici hospitalis sancti spiritus in Saxia de urbe Romana ac totius eiusdem ordinis ad regna Anglie, Ibernie etcetera generalis commissarius et vicarius tam auctoritate apostolica quam hospi- talis et ordinis predictorum specialiter deputatus Universis et singulis nostras pre- sentes testimoniales litteras intuentibus fidem facimus, quod sanctissimus in Christo pater et dominus noster dominus Leo divina providentia papa .x. ut concessis spiri- tualium gratiarum muneribus pro salute animarum invitaret Christifideles ad miseri- cordie et caritatis opera, confirmavit, ampliavit et extendit omnes gratias, facultates, plenissimas indulgentias et peccatorum remissiones concessas apostolico hospitali sancti spiritus in Saxia de urbe et eius membris tam per felicis recordationis Sixtum papa .iiii. quam alios suos predecessores Romanos pontifices. Et inter cetera, quicumque devotione motus in sanctam confraternitatem dicti hospitalis a Sixto quarto institutam et a prefato sanctissimo domino nostro Leone papa .x. extensam intraverit et de bonis suis pro pietatis, caritatis et misericordie operibus dicti hospi- talis et totius ordinis manus adiutrices iuxta suas facultates et devotionem porrexerit, consequeretur gratiam et facultatem a sancta sede apostolica, ut presbiterum secu- larem vel regularem in suum confessorem elegere possit, qui eius confessione dili- genter audita semel vita comite ab omnibus criminibus et peccatis, necnon excom- municationis et aliis censuris et sententiis ecclesiasticis (etiam occasione symonie ubicumque contracte) et ab aliis casibus specialiter vel generaliter Romano pontifici et sedi apostolice quovismodo reservatis, et propter que sedes ipsa merito esset consulenda, preterquam heresis, rebellionis aut conspirationis in personam vel statum Romani pontificis et offense personalis in sancte Romane ecclesie cardi- nalem, patriarcham, archiepiscopum et episcopum, ac presbitericidii, eum absolvat; necnon ab irregularitate quovismodo contracta, etiam in casibus in iure expressis vel non expressis (bigamia et homicidio voluntario dumtaxat exceptis), tam super or- dinibus sacris quam beneficiis retinendis vel recipiendis in foro conscientie libere et licite dispensare possit et valeat; et etiam in mortis articulo plenarium omnium peccatorum suorum etiam supra exceptorum remissionem ei impendere possit. Ita quod si tunc non obierit, quotiens in tali mortis articulo fuerit constitutus idem vel alius sacerdos eandem reiterare possit; in aliis vero casibus, totiens quotiens opor- tunum fuerit, eum absolvat et penitentiam iniungat salutarem. Et si tempore interdicti 188 Robert N. Swanson ecclesiastici quovismodo, etiam a sede apostolico, impositi eum decedere contigerit, dummodo causam non dederit interdicto, ecclesiastice sepulture tradi debeat, absque, tamen, funeris pompam sicut solutum est fieri de corporibus clericorum interdictum servantium. Atque, in dedicationibus et stationibus sancte Romane ecclesie et pon- tificalibus benedictionibus indulgentias quascumque (etiam plenarias) consequatur in forma ecclesie consueta, dando illam elemosinam pro subventione dicti hospitalis quam in prefatis stationibus et indulgentiis ex devotione contulisset, si eas person- aliter visitasset, efficiturque particeps tam vivus quam defunctus omnium indulgen- tiarum, que sunt Rome a pena et culpa, quinquagenarie et peregrinationis terre sancte ac omnium missarum, orationum, vigiliarum, ieiuniorum, elemosinarum et aliorum quorumcumque bonorum operum, que fiunt et fient in ordine sancti Spiritus imperpetuum. Item, multe gratie, indulgentie et peccatorum remissiones certis anni diebus et temporibus eidem sunt concesse, que hic brevitatis causa omittuntur, que quidem continentur et legi possunt in summario a vera bulla fideliter extracto; et precipue concessa est in secunda feria Penthecostes singulis annis eadem die ob reverentiam sancti spiritus eidem confratri vere penitenti et confesso omnium pec- catorum suorum plenaria remissio et absolutio demptis casibus superius exceptis. Nos itaque Philippus dicti hospitalis de urbe ac totius ordinis eiusdem generalis commissarius per presentes litteras fidem facimus qualiter die infrascripta devo* [space to insert name] devotione mot* in dictam sanctam confraternitatem intrav* et de bonis suis iuxta decretum summi pontificis solv* et ded*. In quorum testimo- nium presentes litteras sub sigillo dicti hospitalis ad hoc ordinato tradi concessimus. Datum [space] anno salutis nostre M.CCCCC.XX. mensis [space]die[space]. Forma absolutionis et plenarie remissionis semel in vita: a Misereatur tui deus, etc. Dominus noster Ihesus Christus te absolvat; et ego auctoritate ipsius et apostolica michi commissa et tibi concessa, absolvo te ab omni sententia et vinculo excommunicationis necnon irregularitate et ab omnibus peccatis tuis et casibus etiam summo pontifici et sedi apostolice reservatis secundum tenorem superius insertum, dando tibi plenariam omnium peccatorum tuorum remissionem. In nomine patris, etc. Forma absolutionis ab aliis casibus totiens quotiens: Misereatur tui deus, etc. Dominus noster, etc. Et ego absolvo te ab omnibus peccatis tuis, etc. Forma plenarie absolutionis in mortis articulo et quotiens in tali articulo con- stituto fueritis: Misereatur tui deus, etc. Et ego absolvo te ab omni sententia et vinculo excom- municationis necnon irregularitate et ab omnibus peccatis tuis et casibus etiam sedi apostolie et summo pontifici quovismodo reservatis, dando tibi omnium peccatorum tuorum plenariam remissionem, etc. a. All of the absolutions share the same large printed initial ‘M’ Marginal or mainstream? 189

b Visum est presens confessionale per me Walterum Stone legum doctorem. Impressum per me Richardum Pynson regium impressorem. Per me Philippum, commissarium generalem. b. An impression of the hospital seal is printed at the bottom of the document. The note of the inspection by Walter Stone is printed to the viewer’s left; the note of the printer to its right. The bottom line is printed to either side, the seal placed between ‘Philippum’ and ‘commissarium’

3 [1513-1521] Printed flier advertising the availability of the indulgence for Santo Spirito. Edinburgh, National Library of Scotland, Crawford Indulgences, Box 6 no.2, published by permission of the Crawford (Bibliotheca Lindesiana) Collections in the National Library of Scotland. Abbreviations extended.

The holy and great indulgence and pardon of plenary remission a pena et culpa graunted by dyuerse popes and newly confirmed with many amplycacions of our most holy father godes vycar vpon erth pope Leo the .x. that nowe is vnto the holy hospytall of the holy ghost otherwyse called the hospytall of Seynt Spiryte within the holy cytie of Rome, at the commaundement of our moost drede soueraygne lorde kyng Henry the .viii. ben examyned by the most reuerend father in god my lord archebysshop of Caunterbury, prymat of all England and Legate of the see apostolyke of Rome, with dyuerse other doctours of both the lawes, is institute, publysshed, and erected in the conuentuall howse of the Graye Freers within the towne of Ypswiche, in the which howse be deputed confessours lawfull for the same.

4 [1513-1521] Printed publicity schedule detailing the spiritual privileges of membership of the confraternity of the Hospital of Santo Spirito, Rome. Edinburgh, National Library of Scotland, Crawford Indulgences, Box 6, no.3; published by permission of the Crawford (Bibliotheca Lindesiana) Collections in the National Library of Scotland. All abbreviations and contractions have been extended. Punctuation and capitaliza- tion have been standardized, and in some cases modernized; the paragraph sign used here also differs from that in the original document. Marginal notes printed against some of the para- graphs have been incorporated as headings to the section to which they relate; occasionally this means that where multiple marginalia appear against the same paragraph some are now 190 Robert N. Swanson

displaced from the precise words against which they are set in the text. It seems likely that the text is not quite complete, and has lost a heading which would have identified the hospital.

The discripcion of the fraternite of this holy Hospital. Our holy father pope Leo the .x. that now is (considerynge the infinite charite of our lorde Jesu christe, which for the loue and redemption of al mankynde dyd suffer his moste dolorous passion) doth exorte all Christen people to charitable warkes, gyuynge to them in recompence of theyr charite the moste habundant indulgences of the treasour of our mother the holy churche. And where as dyuers and many holy faders, popes of Rome, haue gyuen indulgence and plenary remission moste habundantely to euery man and woman whiche shal writte his name in the boke of the sayd hospital, where as the deputies of the same hospital shall erecte the confraternite of the sayd hospital, and to become a brother or syster of the sayd hospital, puttynge theyr helpynge handes (after theyr habilite, and the arbiterment and discretion of the sayd deputies) to the cheste or boxe lymyted to the vse of the foresayde Hospitall, for the maynteynynge of the charitable warkes of mercy done in the sayd Hospoital and in the membres of the same, as in cristenynge and fyndynge of pore childen caste out vncristened, tyll suche tyme they be of sufficient age and able to some crafte or seruyce, or to be married; and also as in receyuynge of pore orphans and women lyenge in childe bedde; also syke men and women, and those that be impotent by age; and also pylgryms passynge by dyuers countres, and there to nourisshe and susteyne them, and if it fortune them to dye to bury them in christen burial. Wherefore our sayd holy father hath confirmed these indulgences and plenary remissions, and in effecte hath graunted the same of newe, as doth folowe:

To chose a confessour. Plenary remyssion ones in the lyfe and in article of dethe. Absolucyon in the bysshops power. ¶ Fyrste, our sayd holy fother hath graunted auctorite to euery of the sayd brothers whose names (as is aforesayd) be writen in the boke of the sayd confrater- nite, gyuynge to the sayd Hospital or to the deputies, or to the boxe or cheste lymyted for the use of the same, accordynge to theyr habylyte and arbiterment of the sayd deputies that they may chose to theyr confessour a secular or a regular preste, whiche confessour so chosen (herynge diligently theyr confessions) may assoyle them ones in theyr lyfe from all and euery theyr crymes and synnes, and frome all sentences of excommunicacion and other sentences and censures of the churche contracted, in commyttynge symonie in takynge any orders or benefices, and in all speciall and general cases reserued vnto our holy father the pope, except heresy and rebellyon or conspiricy ageynste the parsone or state of our holy fader or of the See of Rome, and parsonall offence ageynste any cardynal of the churche of Rome, or ageynst any patriarke, archebyssop and bissop; and also murder of any preste. And this confessour may also gyue vnto them in the article of deth plenary remyssion of all theyr synnes, though they be suche as before be excepte. And if it fortune them nat to dye at that tyme, that the sayd confessour or any other confessour (so chosen) may reiterate the sayd plenary remyssion as oftentymes as they shalbe in the article of dethe. Also the Marginal or mainstream? 191 sayde confessour in other cases (nat reserued to our holy father) may assoyle them as often tymes as nede shall requyre, and to enioyne them penaunce conuenient.

To assoyle in the courte of conscience with cases of irregularite. And this artycle and other be extended to all places where the Commissary shall declyne. ¶ Item, where as it was fyrste graunted by our holy father pope Sixte the .iiii. to the brothers beynge onely at Rome to opteyne the dispensacions folowynge, our holy father pope Leo that nowe is hath extended it to other places, as it doth appere hereafter in the laste article, so that the confessour so chosen may out of Rome dispence only in the court of conscience (videlicet in foro conscientie dumtaxat)with all those of what estate, degre, ordre, condition, or preemynence they be, whether they be secular prestes or religious ment a whiche opteynynge any ecclesiasticall benefice and beynge accursed by any sentence aforesayd, and so standynge haue songe or celebrate masse or any other dyuyne seruyce, or otherwyse hath mynystred the same, and by reason of that, or any other case expressed in the lawe or nat expressed, hath contracte and ronne into irregularite (excepte only bygamy and voluntary murder), so that they (so dispensed with) may be promoted to all maner orders of preesthode, and may mynyster in the same whether that these orders were taken before that this irregularite was contracted or after. And also in the sacrament of the aultre, and may receyue and reteyne any dignyte or benefice ecclesiasticall, and may be promoted in monasteries and churches, cathedrals, also metropolics and patriarcals, and freely and laufully to haue the rule of the same. And also the sayd confessour may prouyde to them only in the court of conscience, as concernynge such dignities and benefices whiche they at that tyme dyd reteyne; and also with churches and monasteries whiche they dyd holde contrarye to the canons of the churche. ¶ Item, our sayd holy father hath graunted that the bodies of euery brother as is a fore sayd, both of spiritual and secular men and women (hauynge theyr names written in the foresayd boke) may be buryed in Christen burial (without funerall pompe) in tyme of any interdiction made by any auctorite, so that they gaue nat the cause of the interdiction.

For bequestes to the sayd hospitall. ¶ Ferthermore, that these charitable warkes may be more commune to Christen people, and that these remyssions more lyghtly may be receyued of them, our sayd holy fader to all and euery Christen man and woman sendynge of theyr goodes to the sayd Hospitall (after theyr deuocion, for the mayntynynge of the charges of the same, or elles in theyr testamentes and laste wylles haue made any bequestes for the supportation of the sayd Hospitall, hath graunted auctorite in article of dethe to chose a sufficient confessour wiche (so chosen, herynge diligently theyr confessions) may gyue vnto them plenary remission of all theyr synnes. a. Sic, should be ‘men’ 192 Robert N. Swanson

T h e st a c i o n s o f R o m e . ¶ Item, that Christen people may knowe them selfe more plentefully to be refresshed with the gyftes of this grace, our sayd holy father hath decreed that euery man and women within the cyte of Rome, letted by any laufyll cause, as by age, sykenes, or any other lyke impediment to visite the stacions or any other indulgences of Rome, or letted there to be present at the blessynge of our holy father the pope, gyuynge theyr almes to the foresayd Hospitall, shall opteyne lyke indulgences and blessynges and plenarye remyssions, as they shulde haue opteyned if they had personally visited the foresayd stacions.

Composicions. Restitucions. ¶ Item, our holy father pope Innocent, confirmynge the bulle of Honorius the thirde, hath graunted to the maistres and the brothers of the same Hospitall auctorite to compounde with vsury and goodes taken by violence; also with brennynge (except brennynge of churches) and with hurtes done and other goodes yuell gotten, yf they can nat be founde to whom restitucion ought to be made.

Redempcion of vowes. ¶ Also they may compounde indistinctly with all maner of bequestes in deed mennes testamentes or wylles, bequested to any charitable vse, so that they may turne the same into the vse of the pore people of the sayd Hospitall. And they may also compounde for the redemption of vowes, excepte onely the vowe to Jerusalem, and with all maner of othes indiscreately attempted, and may dispence with them that haue lefte vnsayd theyr deuyne seruyce, and with many other cases touchynge the sayde compositions vnto the vse of the pore people of the sayd Hospitall. ¶ Item, to euery Christen man and woman helpynge the sayd brothers with theyr goodes he hath released the .vij. parte of penaunce enioyned and graunted plenary remyssion in article of deth to these that shall gyue or sende any of theyr goodes to the sayd Hospitall. ¶ Also our holy father pope Bonyface the .viij. hath graunted to all the benefac- tours of the sayd hospitall in euery of these festis here after folowynge; that is to say on Cristemas day, Epiphany day, Ester day, Ascencion day, and Penthecost, .iij. yeres and .iij. lentes of pardon; and in lykewyse in the .iiij. festes of our lady (that is to saye the Natiuite, Purification, Annunciation, and Assumption). Item, by the octaues of these festes, and in euery day of Lent and euery Fryday in the yere, one yere and .xl. dayes of pardon.

Plenary remyssion a pena et culpa. ¶ Item, he hath graunted to them that gyue or sende of theyr goodes to the sayd Hospitall for the sustentacion of the poore people plenary remyssion a pena et culpa in article of dethe, and to men and women that haue left vnsayd any thynge of theyr deuyne seruyce hath remytted theyr defawtes. Also our sayd holy father wylleth whan the maisters and brothers of the sayde Hospitall shall come to places inter- dicted, that the churches shall be opened and so openly deuyne seruice shall there be songe and celebrate, and the bodies of deed men shall be buried in Christen buriall, Marginal or mainstream? 193 and those that be written in the boke of the confraternite of the sayd Hospitall (dyenge in tyme of interdiction) shalbe buried in Christen buriall. ¶ Also pope Urban the .v. hath graunted to all the benefactours of the sayd Hospitall, that it shall be laufull to them to chose a sufficient confessour, wiche confessour (so chosen) may assoyle them ones in their life in all maner cases reserued vnto the see apostolike of Rome.

Extenciontothemthatbedeed. ¶ Item, pope Nicholas (as it doth appere in a transumpt of his bulle): that if any man doth gyue after his habilite as is aforesayd to the foresayd hospitall for the soules of his father and mother and of other deed men, whiche deceased in the sincerite of the feith, and in the vnite and obedience of our mother the holy churche of Rome, contrited and confessed (orels wyllynge to be confessed if they had had opportunite) hath released al the peynes of purgatory whiche they shulde suffer after theyr dethe for theyr synnes ¶ Item, Innocent the thyrde to all them that visite the sayd Hospitall and all the membres of the same, from the feste of the Natiuite of our lorde Jesu Christe on euery daye vnto the octaues of the same hath graunted .ij.M.iiij.C. yeres of pardon. Item, in euery feste of the Apostles, .ij.M. yeres of pardon. Item, in euery day of the hole yere, one yere and .xl. dayes of pardon.

Certayn festes of indulgence. ¶ Item, Alexander the .iiij. hath graunted to the sayd Hospitall and the membres of the same, from the feste of the Holy Goost in the moneth of January euery day vnto the octaues of the same .iiij.M. yeres and .iiij.C. lentes of pardon, releasynge the .vij. parte of penaunce enioyned; and on the Sondaye on whiche is songe the masse that begynneth Omnis terra, and the firste Sonday of euery moneth in the holy yere, .iij.M. yeres and as many lentes of pardon, remittynge the thirde parte of penaunce enioyned. Item, he hath graunted to the sayd Hospitall and to the membres of the same from the feeste of Corpus Christi euery daye to the octaues of the same, .ij.M yeres of pardon, remittynge the .vii. parte of penaunce enioyned. ¶ Celestine the .v. hath graunted to the sayd Hospitall and to the membres of the same from the feste of the Epiphany vnto the octaues of the same, euery day .C.M. yeres of pardon. ¶ Item, from the feste of the Natiuite of our lady and by the octaues of the same euery day .xxx.M. yeres of pardon. Item, from the feste of the Resurrection of oure lorde Jesu Christe vnto the octaues of the same, euery day .ij.M.iiij.C. yeres of pardon. ¶ Item, pope Boniface the .viij. hath graunted to the sayd Hospital and to the membres of the same, from the feste of the Ascention of our lorde Jesu Christe euery day to the octaues of the same, .M.iiij.C. yeres of pardon. ¶ Item, Clemens the .vj. hath graunted to the sayd Hospitall and to the membres of the same, from the feste of Penthecost vnto the octaues of the same, euery day .viij M. yeres and .viij.M. lentes of pardon, and plenary remyssion of all theyr synnes. ¶ Item, Innocent the .vj. hath graunted to the sayd Hospitall and to the membres 194 Robert N. Swanson of the same, from the feste of the Assumption of our lady vnto the octaues of the same, euery day .ij.M. yeres and .ij.M. lentes of pardon. ¶ Item, Benedictus the .xij. hath graunted to the sayd Hospitall and to the membres of the same, from the feeste of All Sayntes vnto the feeste of saynte Leonarde, iij.M. yeres and as many lentes of pardon.

T h e st a c i o n s o f R o m e . ¶ Item, pope Boniface hath graunted to all the bretherne and benefactours of the sayd Hospitall, both beynge alyue and deed, to be parteners of the stacions of Rome and the Holy Lande for euermore. Item, pope Urban hath graunted to euery brother and benefactours of the sayd hospital to be parteners of theyr remyssion whiche be at Rome a pena et culpa, and the Quinquagenarie.

Thesummeofthemasses. ¶ The summe of the masses of the hole ordre by the yere extendeth to .xxxij.M. and as many psaltres sayd of the brothers of the sayd ordre.

Parteners of al good dedes. ¶ Also it is graunted to the benefactours of the sayd confraternite to be parttakers and parteners of the masses, matins, vigils, fastynges, and almes dedes, whiche be done in all the sayd ordre for euer.

A confirmacion Item, these grauntes and indulgences a forsayd be confirmed by many other holy fathers, as by pope Sixte the .iiij., pope July the .ij., and by our holy fader pope Leo that now is.

Thenlarginge and confirmynge of our holy fader that nowe is ¶ Fynally, our sayd holy father pope Leo, of his more speciall grace enlargynge the sayd confraternite with all the grauntes, faculties, indulgences and remissions of synnes of the same, hath graunted, amplified, and extended the same to all and euery membre churche and places for the tyme dependynge of the sayd hospitall, and hath extended it also to other places, where it shall fortune the preceptor and maister generall of the sayd hospitall, and the messangers of the same for the tyme beynge to declyne. In the whiche places the preceptor afore sayd (for the tyme beynge) may institute and ordeyne a like confraternite, with all the grauntes, faculties, pryuyleges, indulgences, and remyssion of synnes a foresayd. ¶ Abbreuiatio translationis bulle Leonis .x. pape moderni, alias translate in vulgare nostrum, non de verbo ad verbum, sed quatenus indulgentias continent, adiectis quibusdam clausulis excerptis a certis transumptis autenticis, nihil addito, mutato, aut deleto quod alteret aut mutet effectum prioris translationis facte. b Per me Walterum Stone, legum doctorem. Per me Petrum Potkyn, legum doctorem. Impressum per me Richardum Pynson, regium impressorem. b. These subscriptions are printed in a single line across the bottom of the document Andreas Meyer Altopascio, Lucca e la questua organizzata nel XIII secolo *

Intorno al 1080 sorse su quella strada per Roma, di grandissima impor- tanza nel Medioevo, chiamata via Francigena, non lontano da Lucca, alle pendici delle boscose alture della Cerbaia, tra il lago di Sesto, le paludi di Fucecchio e la valle dell’Arno, in loco et finibus ubi dicitur Teupascio,un ospedale, il cui scopo originario fu garantire protezione ai viaggiatori che si avventuravano lungo questo cammino inospitale. Perciò Altopascio era de- scritta anche come timorosis circumdata nemoribus.1 L’ospedale di Altopascio godette della protezione papale, a partire da Eugenio III, e di quella imperiale, conferita per la prima volta da Federico I. Il privilegio di papa Anastasio IV del 1154 menziona già diversi complessi patrimoniali dell’ospedale siti nella Lucchesia, quello di Alessandro III indica per la prima volta tra i beni posseduti anche il ponte sull’Arno presso Fucec- chio; la manutenzione di questo ponte divenne in seguito uno dei compiti propri di Altopascio. Entro la fine del XII secolo si aggiunsero altri possedi- menti in Toscana, nell’Italia centrale e meridionale, in Sardegna e in Sicilia, come emerge dal privilegio di Innocenzo III. All’inizio del XIII secolo Alto- pascio estese il suo controllo a due istituzioni concorrenti nelle immediate vicinanze – l’ospedale di Rosaia presso Fucecchio e l’Hospitale novum de Cerbaria. Di grande significato economico furono per Altopascio anche i diritti di pesca e sulle acque dei ruscelli e dei fiumi che scorrevano nei pressi, come pure i diritti di pastura e di passaggio in Toscana per le proprie greggi di capre e pecore.

* Traduzione di Valeria Leoni. 1. Questo mio contributo è pubblicato in una versione più ampia sotto il titolo Organisier- ter Bettel und andere Finanzgeschäfte des Hospitals von Altopascio im 13. Jahrhundert, in: G. D r o s s b a c h (a cura di), Hospitäler in Mittelalter und Früher Neuzeit. Frankreich, Deutsch- land und Italien. Eine vergleichende Geschichte – Hôpitaux au Moyen Âge et au Temps modernes. France, Allemagne et Italie. Une histoire comparée (Pariser Historische Studien 75), München 2007, pp. 55-105. 196 Andreas Meyer

Poichè Altopascio era stato eretto su terreno che era appartenuto come beneficio o feudo ai Cadolingi, estintisi nel 1113, Federico Barbarossa si interessò dell’ospedale. Anche Enrico VI e Federico II concessero la loro protezione ad Altopascio. Infine, Carlo I d’Angiò nel 1272 e nel 1276 assunse l’Ospedale sotto la sua custodia. Dal 1135 Altopascio condivise con gli ospedali di Rosaia e Campugliano l’impegno per la manutenzione del ponte che attraversava l’Arno presso Fucecchio. Al più tardi dal 1173 Altopascio fu l’unico proprietario di questo importante ponte lungo la via Francigena. Dal 1225 ad esso appartenevano anche i diritti di tragitto in quella località. Il ponte presso Fucecchio (pons Bonfilii), documentato dal 1002, fu ripetutamente danneggiato o perfino distrutto da inondazioni, secondo quanto sappiamo dalle fonti, e dovette perciò essere riparato più volte o addirittura ricostruito nel XII e nel XIII secolo. Ad un più comodo passaggio sull’Arno non erano interessati solo pelle- grini e altri viaggiatori sulla via per Roma, ma anche mercanti, come pure pastori con le loro greggi, che al contrario dei pellegrini dovevano però pagare il pedaggio per l’utilizzo del ponte. Già nel 1173 il guadagno annuale del “consorzio del ponte”, un’associazione che in quel tempo ne curava la gestio- ne oltre che la manutenzione, fu calcolato al netto delle spese in cinquanta lire di denari lucchesi. Nel 1260 l’ospedale di s. Giacomo di Altopascio era di gran lunga l’istituzione ecclesiastica più ricca nella diocesi di Lucca. Le sue entrate annuali furono allora stimate in 6700 lire di denari lucchesi. Il rettore di Altopascio disponeva perciò del doppio di denaro del vescovo di Lucca. Anche se è stato dimostrato che Altopascio intorno alla metà del XII secolo aveva contanti a sufficienza per esercitare attività di prestito su pegno e noi possiamo documentare questa attività anche nel XIII secolo, tuttavia non dobbiamo pensare che l’enorme ricchezza di Altopascio nel Duecento dipen- desse solo dall’esteso patrimonio terriero e da semplici negozi finanziari. A mio parere l’ospedale disponeva al più tardi dalla fine del XII secolo di una fonte d’entrata ben più redditizia, riguardo alla quale tuttavia i documenti più antichi tacciono ostinatamente.

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Un testo del 1219, recentemente pubblicato, nel quale il vescovo di Salisbury, in virtù di un mandato pontificio, ordina agli arcidiaconi del Dorset, del Berkshire, di Salisbury e del Wiltshire di non ostacolare i frati di Altopa- scio nella questua e di annunciare l’indulgenza loro accordata, ci fa capire di Altopascio, Lucca e la questua organizzata nel XIII secolo 197 quale redditizia fonte di entrata si trattasse: la raccolta delle elemosine.2 Fino ad oggi la più antica attestazione di tale fruttuosa attività in Inghilterra era la lettera di protezione senza limiti temporali, concessa dal re Enrico III nel gennaio 1233 ai fratres di Altopascio.3 Il mandato pontificio del 1219 diede licenza di chiedere elemosine una volta all’anno in ogni chiesa di Inghilterra. La raccolta di collette suscitò immediatamente l’invidia di altri. Quindi papa Gregorio IX scrisse già nel 1233 in Inghilterra, perchè gli era giunta voce che talune persone trattenevano collectas nomine hospitalis Altipassus elemosynas e ostacolavano nuntios a predictis fratribus ad partes Anglie ad colligendas elemosynas destinatos.4 Nel 1238 ha inizio la serie di lettere di protezione del sovrano per Altopascio, che giunge senza interruzioni sino alla fine del secolo. Non desta sorpresa il fatto che l’attività di questua di Altopascio sia documentata per la prima volta proprio in Inghilterra: le fonti conservate per l’Inghilterra già nel XIII secolo sono particolarmente ricche, in confronto al resto d’Europa. È così possibile rintracciare qui molti dati che per altri ambiti sono andati perduti. Inoltre a Lucca emergono regolarmente, fin dall’Alto Medioevo, tracce relative a pellegrini inglesi e irlandesi diretti a Roma. Essi dovevano perlomeno conoscere le barche – e successivamente il ponte – che consentivano di attraversare l’Arno. Probabilmente si ricordavano anche del vitto gratuito ricevuto ad Altopascio. Ma dove, nel Duecento, i frati di Altopascio raccolsero elemosine, oltre che in Inghilterra? Per rispondere a questa domanda, si rivelano particolar- mente ricche di informazioni le imbreviature del notaio lucchese ser Ciabatto. Leggendo i suoi atti, apprendiamo che nel 1235 due frati di Altopascio furono trattenuti nella diocesi di Genova con l’accusa di essere dei falsari e furono sequestrate le cassette in cui avevano raccolto le elemosine. Purtroppo non sappiamo che cosa essi avessero falsificato. Tuttavia, il prete della pieve di Cigagna consigliò ai suoi parrocchiani a proposito del questuante apparso nel villaggio: Nolite ei elimosinam dare, quia ipse est falsarius et deceptor.5 Non

2. English episcopal acta 19: Salisbury, 1217-1238, ed. by B. R. K e m p, Oxford 2000, p. 223s. nr. 258. 3. Calendar of the patent rolls of the reign of Henry III A.D. 1232-1247, London 1906, p. 36. 4. Les Registres de Grégoire IX (1227-1241). Recueil des bulles de ce pape publiées ou analysées d’après les manuscrits originaux du Vatican par L. A u v r a y, 4 voll., Paris 1896- 1955, nr. 1576. 5. M e y e r (come nota 1) docc. 2 e 3. I Giovanniti si dovettero difendere contro collettori fraudolenti di elemosine già alla fine del XII secolo, cfr. K. B o r c h a r d t, Spendenaufrufe der Johanniter aus dem 13. Jahrhundert, Zeitschrift für bayerische Landesgeschichte 56 (1993) pp. 1-61: pp. 57-60 l’autore fa riferimento a due delibere sinodali di Magonza del 1233 e del 1244 contro imbrogli connessi alla questua. La decretale Quia intelleximus di Alessandro IV 198 Andreas Meyer sappiamo se il rimprovero fosse o meno giustificato. Probabilmente i frati di Altopascio si erano serviti semplicemente del mezzo al quale un tempo, come documentato, avevano fatto ricorso i Templari, avevano cioè appaltato l’in- tera raccolta dell’elemosina a un terzo soggetto.6 In un caso, del quale siamo informati ancora una volta attraverso gli atti di ser Ciabatto, uno di questi locatari lascia al suo accompagnatore per un certo periodo addirittura le entrate in conto del salario, cosa che facilmente avrà generato equivoci e risentimenti tra le persone disposte a fare offerte e i tradizionali beneficiari delle elemosine.7 Nel 1239 magister Gallico di Altopascio nominò frate Bontempo suo rappresentante per raccogliere le elemosine in determinate diocesi dell’Italia settentrionale, nel patriarcato di Aquileia, in Istria e in Sclavonia.8 Nel 1244 frate Rainaldo assunse un fiorentino come accompagnatore per il viaggio che intendeva compiere ultramontem – probabilmente verso la Francia.9 Le im- breviature di Ciabatto contengono anche altri contratti di questo genere per l’Italia settentrionale e la Corsica.10 Nel 1260 papa Alessandro IV scrisse agli ecclesiastici tedeschi per invi- tarli a sollecitare i fedeli a versare elemosine per il ponte in pietra che attraversava l’Arno presso Fucecchio.11 Effettivamente dal 1264 in Francia sono documentati questuanti provenienti da Altopascio.12 Nel 1290 Niccolò IV conferì ai frati di Altopascio l’autorizzazione colligendi eleemosinas ad pauperum et infirmorum opus. Nell’Archivio Nazionale a Parigi sono oggi conservati due esemplari di questo documento, essi erano destinati alla “Com- manderie de Saint-Jacques du Haut-Pas”, dipendente da Altopascio.13 dimostra che i “cacciatori di elemosine” (quaestores) cercarono deliberatamente di aumentare con furbizie le loro rendite, cfr. M. B e r t r a m, Die Konstitutionen Alexanders IV. (1255/ 56) und Clemens IV. (1265/67). Eine neue Form päpstlicher Gesetzgebung, Zeitschrift der Savi- gny-Stiftung für Rechtsgeschichte, kanonistische Abteilung 119 (2002) pp. 70-109: 86 nr. 10, e M. B é g o u - D a v i a, Le Liber Sextus de Boniface VIII et les Extravagantes des papes précédents, ibid. 121 (2004) pp. 77-191: 183-185 con nota 242. 6. Cfr. appendice nrr. 1 e 3. 7. M e y e r (come nota 1) docc. 8 e 13. 8. Ibid., doc. 7. 9. Cfr. appendice nr. 2. 10. M e y e r (come nota 1) docc. 20, 38 e 60. 11. Archivio di Stato di Lucca, Diplomatico, Tarpea 1260.11.25; manca in A. P o t- t h a s t, Regesta pontificum romanorum inde ab anno post Christum natum MCXCVIII ad annum MCCCIV, 2 voll., Berlin 1874-1875. 12. Les Registres d’Urbain IV (1261-1264). Recueil des bulles de ce pape publiées ou analysées d’après les manuscrits originaux du Vatican par J. D o r e z et al., 4 voll., Paris 1899-1958, nr. 1600. 13. Les Registres de Nicolas IV (1288-1292). Recueil des bulles de ce pape publiées ou Altopascio, Lucca e la questua organizzata nel XIII secolo 199

Carlo I d’Angiò concesse molto presto, già nell’anno di governo 1270/71, la licenza petendi elemosinas per regnum, nell’anno successivo intervenne a favore di frate Sinibaldo de Altopassu e lo aiutò anche a procedere contro alcuni debitori.14 Infine, dai primi anni del XIV secolo, i frati di Altopascio sono documentati nella penisola iberica. Naturalmente i frati di Altopascio non raccoglievano elemosine solo nei territori menzionati. Nel 1262 Urbano IV esortava tutti gli ecclesiastici occi- dentali ad intervenire contro malefactores magistri et fratrum hospitalis de Altopassu, cosa che induce chiaramente a pensare che l’ospedale estendesse la sua attività ad un ambito universale.15 *** Le elemosine raccolte erano impiegate ad opus pauperum et infirmorum in eodem hospitali (Altipassus) degencium necnon pro constructione cuius- dam magni pontis lapidei, quem de novo super flumen Arni, ubi multi peri- clitari solebant, opere sumptuoso inceperunt construere, come si afferma in uno scritto di Clemente IV del 1266.16 Già Onorio III aveva assicurato ai fedeli inglesi che elargivano offerte a favore di Altopascio la remissione della settima parte della penitenza e venti giorni di indulgenza quale incentivo alla beneficenza.17 Poiché la concorrenza sul mercato della questua era agguerrita, nella seconda metà del XIII secolo si adottarono ulteriori provvedimenti per accrescere le entrate di Altopascio rappresentate da elemosine o perlomeno per garantire il livello raggiunto. Oltre a concedere altri privilegi e vantaggi,

analysées d’après le manuscrit original des Archives du Vatican par E. L a n g l o i s, 2 voll., Paris 1887-1905, nr. 2329 (1290.03.06) e 2338 (1290.08.03); B. B a r b i c h e, Les actes pontificaux originaux des Archives Nationales de Paris, 3 voll., Città del Vaticano 1975-1982: II, p. 337 nr. 1861 e p. 343 nr. 1876; per il contesto storico cfr. A. R e h b e r g, Nuntii, questuarii, falsarii. L’ospedale di S. Spirito in Sassia e la raccolta delle elemosine nel periodo avignonese, Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge 115 (2003) pp. 41-132: 45. 14. I Registri della Cancelleria angioina ricostruiti da R. F i l a n g e r i con la collabo- razione degli archivisti napoletani, Napoli 1950ss.: VII, p. 21 nr. 62, p. 253 nr. 243; VIII, p. 129 nr. 118. 15. Regestum volaterranum. Regesten der Urkunden von Volterra (778-1303), a cura di F. S c h n e i d e r (= Regesta chartarum Italiae 1), Roma 1907, nr. 734, manca in P o t t h a s t (come nota 11). 16. Registrum Roberti Winchelsey, II (= Canterbury and York Series 52), Oxford 1956, p. 783ss., manca in P o t t h a s t (come nota 11). 17. English episcopal acta (come nota 2): Relaxationes autem, quas in domini pape rescriptis perspeximus contineri, plebi sibi subdite curent fideliter nuntiare, videlicet quod quicumque de bonis sibi a domino collatis dictis fratribus aliquid devote contulerunt septimam partem noverint de iniuncta sibi penitentia relaxatam; insuper et XX dies de imposita sibi penitentia pro ponte Fiscecli relaxatos cognoscant. 200 Andreas Meyer nel 1257 papa Alessandro IV rinnovò la remissione della settima parte della penitenza inflitta e nel 1260 assicurò un’indulgenza di centoventi giorni a tutti i fedeli che avessero contribuito alla riparazione del pons de Ficeclo super fluvium Arni blanci.18 Quindi, nel 1261, Urbano IV concesse quaranta giorni di indulgenza per coloro che avessero promosso la costruzione del ponte.19 Anche papa Bonifacio VIII ribadì l’importanza del ponte sull’Arno, garantendo un anno e quaranta giorni di indulgenza a tutti coloro che avessero visitato il ponte nel giorno dell’Ascensione e durante gli otto giorni successivi e rimettendo la settima parte della penitenza a coloro che avessero sostenuto nel loro sforzo i frati di Altopascio.20 Affinchè le entrate generate in questo modo potessero essere devolute interamente alla realizzazione dello scopo previsto, nel 1255 Alessandro IV esonerò l’ospedale dal pagamento della vicesima, imposta allora versata in Toscana a favore del pontifice.21 I successori seguirono il suo esempio. *** Nel Duecento la questua organizzata era sicuramente molto redditizia. Questo è dimostrato in modo evidente dalla somma di 122 lire di denari lucchesi che due impresari pagarono ai Templari nel 1243 per ottenere la licenza della raccolta delle elemosine per undici mesi nelle diocesi di Luni, Lucca e Pistoia.22 Da uno scritto di Urbano IV del 1264 apprendiamo quali straordinari guadagni si potessero ottenere grazie alla questua. Infatti, all’epoca, frate Sinibaldo che, a nome degli ospedali di Anagni e Rosaia dipendenti da Altopascio, svolgeva la sua attività nella provincia ecclesiastica di Reims e altrove nel regno di Francia, fu sospettato di aver falsificato le licenze di questua da lui esibite. Nonostante il papa non nutrisse alcun dubbio sulla buona reputazione del frate, egli richiese al vescovo di Laon approfondite delucidazioni sui sospetti e il blocco temporaneo dei

18. Archivio di Stato di Lucca, Diplomatico, Tarpea 1260.07.15, edito in F. M u c i a c- c i a, I cavalieri dell’Altopascio (con documenti inediti), Studi storici di A. Crivellucci 6 (1897) pp. 33-92: 77s. nr. 11; manca in P o t t h a s t (come nota 11). 19. Archivio di Stato di Lucca, Diplomatico, Tarpea 1261.12.05, edito in M u c i a c c i a (come nota 18) pp. 78s. nr. 12 (con data scorretta 1260.12.05), manca in P o t t h a s t (come nota 11). 20. Les Registres de Boniface VIII (1294-1303). Recueil des bulles de ce pape publiées ou analysées d’après les manuscrits originaux des Archives du Vatican par G. D i g a r d et al., 4 voll., Paris 1884-1939, nr. 1780 e 1810 (entrambi 1297.03.07). 21. Les Registres d’Alexandre IV (1254-1261). Recueil des bulles de ce pape publiées et analysées d’après les manuscrits originaux des Archives du Vatican par C. B o u r e l d e l a R o n c i è r e et al., 3 voll., Paris 1895-1959, nr. 248. 22. Cfr. appendice nr. 1. Altopascio, Lucca e la questua organizzata nel XIII secolo 201 proventi della raccolta – 12.000 lire di monete tornesi –, che erano depositate a Troyes presso un banchiere fiorentino.23 Questa somma potrebbe oggi apparirci incredibilmente alta, tuttavia essa si trovava in una banca. E i banchieri, al contrario dei cronisti, se ne intendono di numeri. Inoltre noi non sappiamo da quanto tempo Sinibaldo operasse nel suo territorio di questua. L’importo citato potrebbe essere assolutamente plausibile, visto che già intorno al 1235 frate Bono, a capo della casa lucchese di Altopascio, davanti al giudice delegato dal pontefice, aveva quantificato le offerte perse in due pievi genovesi a causa delle calunnie in 100 lire in moneta genovese per ciascuna, esigendo altre 50 lire a titolo di risarcimento dei danni.24 Le somme menzionate dovevano evidentemente apparire credi- bili ai contemporanei, in caso contrario frate Bono si sarebbe reso ridicolo davanti al giudice. In questo contesto sono significativi anche i contratti che i frati di Alto- pascio conclusero con le persone che li accompagnavano durante i viaggi organizzati per la questua, dal momento che le spese in essi citate potrebbero essere in relazione con i redditi previsti. Così, nel 1244, frate Rainaldo offrì al suo accompagnatore Giacomo, figlio del defunto Oderigi da Firenze, vitto gratuito e un salario annuale di sedici lire di denari lucchesi. Questo viaggio doveva condurli in Francia e durare due anni.25 Altri contratti contengono somme di entità simile. *** Altopascio si trovò di fronte allo stesso problema che il papato dovette affrontare con le tasse per la crociata: le entrate affluivano in partibus e dovevano essere ricondotte in modo possibilmente vantaggioso alla centrale o là dove ce n’era particolarmente bisogno secondo le circostanze specifiche. E, proprio come i papi, l’ospedale ricorreva ai buoni servigi dei mercanti. Alcune imbreviature di ser Ciabatto ci informano di trasferimenti di denaro da Genova a Lucca ad opera di mercanti lucchesi.26 La testimonianza più antica risale al 1249. Alcune settimane prima di Pasqua, quando il giro di questua invernale in corso volgeva alla fine, due mercanti lucchesi promi- sero al cambiatore di valute Vethus, figlio del defunto Deotifece, il cui banco

23. Registres d’Urbain IV (come nota 12) nr. 1600. La somma corrisponde a circa 33.000 lire di denari lucchesi, cfr. P. S p u f f o r d, Handbook of medieval exchange, London 1986, pp. 106 e 109: cambio attraverso la lira genovese, corso del 1268. 24. M e y e r (come nota 1) docc. 2 e 3. Le somme indicate corrispondono, rispettiva- mente a 180 libbre di moneta di Lucca e a 90 libbre della stessa moneta, cfr. S p u f f o r d (come nota 23) p. 106. 25. Cfr. appendice nr. 2. 26. Cfr. appendice nrr. 4 e 5. 202 Andreas Meyer si trovava nell’ingresso di San Martino e che rappresentava l’ospedale di Altopascio in questo affare, che essi entro tre giorni gli avrebbero pagato in moneta lucchese a Lucca la somma, a loro comunicata con un documento, che frate Leonardo avrebbe versato in moneta genovese presso il loro partner a Genova. Un anno più tardi questa transazione si ripetè. I mercanti, che all’epoca agivano come partner d’affari di Altopascio, erano membri della società commerciale lucchese dei Battosi, che aveva un banco di cambio nell’ingresso di San Martino, ma che soprattutto era attiva nel commercio a lunga distanza. Il 1 luglio 1267 finalmente frate Sinibaldo di Altopascio rilasciò quietanza alla società commerciale lucchese dei Bettori: sibi esse integraliter satisfactum de toto et omni eo, quod dictus frater Sinibaldus ... habuit facere vel recipere ab eis.27 Sappiamo da altre fonti che Aldibrandino e Ubaldo Malagallie, nominati in questo documento, al più tardi dal 1262 erano membri della società dei Bettori, che, dal 1267, secondo i dati a dispo- sizione, partecipava con successo al commercio di lana inglese. La supposi- zione che i Bettori avessero all’epoca curato il trasferimento di denaro dal- l’Inghilterra è, quindi, del tutto plausibile, tanto più che in quell’anno Giaco- mo Bettori si era effettivamente trattenuto in Inghilterra.28 I mercanti lucchesi perciò avevano investito il denaro, raccolto da Altopascio in Inghilterra grazie alla questua, in lana e panni di lana che avevano, quindi, esportato. Essi avevano così a disposizione in Inghilterra una quantità di denaro maggiore di quella rappresentata dal loro capitale. In modo simile un decennio più tardi i mercanti italiani investirono le decime per la crociata depositate presso di loro. Ma vi erano anche altri modi per trasferire le somme raccolte nelle vicinanze di Altopascio. Mentre il vescovo di Lucca si tratteneva a Roma, il converso Giacomo di Altopascio, che si trovava presso la Curia papale, gli concesse un prestito di sessanta lire che il vescovo restituì a Lucca nell’otto- bre del 1243.29 Tuttavia poco dopo, con il trasferimento della Curia pontificia a Lione, questo non fu più possibile. Evidentemente, all’epoca, le rendite della questua in Francia erano così scarse che i due conversi Giacomo e Ranuccio di Altopascio nel 1250 e nel 1251 dovettero addirittura indebitarsi rispettiva- mente con mercanti lucchesi e fiorentini per coprire i costi della loro perma- nenza presso la Curia.30 ***

27. M e y e r (come nota 1) doc. 42. 28. The Register of Walter Giffard Archbishop of York 1266-1279, London 1904, p. 106. 29. M e y e r (come nota 1) doc. 9. 30. Ibid., docc. 25 e 29. Altopascio, Lucca e la questua organizzata nel XIII secolo 203

Concludendo, si può affermare che, come documentato, nei primi anni del Duecento Altopascio raccoglieva alacremente elemosine in tutto l’Occi- dente, destinando le rendite in primo luogo alla manutenzione del ponte di Fucecchio e probabilmente anche di altri ponti. Il vitto e l’alloggio offerti gratuitamente ai pellegrini presso l’ospedale rimanevano piuttosto sullo sfon- do, anche se i costi sostenuti per questo scopo dovevano essere cospicui. Tuttavia a mio parere questo settore di attività si sarebbe potuto finanziare in modo del tutto tradizionale, in particolare grazie ai proventi derivati dal patrimonio terriero, del resto piuttosto esteso, e da altri lucrosi diritti. Le imbreviature di ser Ciabatto documentano che l’ospedale di Altopa- scio ricorreva ai mercanti per trasferire i redditi della questua in Toscana. Inoltre nei rapporti tra i mercanti e l’ospedale si constata quella stessa van- taggiosa simbiosi, che pochi anni più tardi caratterizzò anche la finanza pontificia e che diede un contributo essenziale alla potenza dei mercanti italiani nell’Occidente tardo medievale. Appendice

Criteri editoriali: le parentesi quadre indicano integrazioni di parti di testo andate perse. Le parentesi uncinate contengono quello che il notaio per trascuratezza ha omesso nella stesura. Le parentesi tonde racchiudono le integrazioni dell’editore.

1 Lucca, 1243 maggio 12 Il templare Bonansegna, precettore della casa di Cerbaia e della bailia di Lucca, affitta ad Albertino del fu Rustichello di Pontremoli e ad Orlandino del fu Appara- bene di Lucca una licenza di questua per la diocesi di Luni e per le città e diocesi di Lucca e Pistoia fino al 10 aprile 1244 per 122 libbre di denari lucchesi. Lucca, Archivio Capitolare, LL 17 f. 36v (= ACL). La scrittura della parte anteriore trapassa e rende difficile la lettura. Edizione: T. B i n i, Dei tempieri in Lucca, in: Atti della R. Accademia lucchese 10, Lucca 1840, pp. 193-275: 267-269 nr. 7.

Frater Bonansegna frater militie Templi preceptor domus de Cerbaria et de bailia de Luca pro suo officio et pro predicta domo cessit et a dedit bailiam, parabo- lam, licentiam et potestatem Albertino qd. Rustichelli de Pontremori et Orlandino qd. Apparabene de Luca de Burghicciolo de accatto faciendo, sicut ipse habet a suo magistro in episcopatu lunense, in civitate lucana et in episcopatu et in civitate pistoriense et in episcopatu de hinc ad VIII proxime pasce resurrectionis domini nostri Ihesu Christi 1 et hoc pro pretio lb. CXXII denariorum lucanorum minutorum et quos promiserunt et convenerunt ambo et insolidum dare debere eidem fratri Bonansegne vel cui mandaverit ad voluntatem dicti fratris Bonansegne. Et pro his observandis et pro omni dampno et expensis emendandis et resarciendis, que et quas propterea inter se facere‹nt› vel haberent in causa vel extra, obligaverunt sese et

a. cessit et nell’interlineo 1. 1244 aprile 10. Altopascio, Lucca e la questua organizzata nel XIII secolo 205 insolidum et suos heredes et bona omnia eorum presentia et futurab ubicumque reperirentur iure pignoris et ypothece ad penam lucane potestatis et dupli et domini pape et lucani episcopi et consulum et treuguanorum lucanorum presentium et futurorum et constituti portarum. Et datum fuit eis intelligi de obligatione solidi et ideo renuntiaverunt et cetera. Sed uno solvente omnes libere‹n›tur et satisfaciente, ut dictum est. Sed ‹est› sciendum, quod talis est adiecta conditio in suprascripto rogito, quod si predicti Albertinus et Orlandinus vel alter eorum seu eorum nuntii haberent aliquod dampnum vel haberentc impedimentum ab aliqua civitate vel terra pro domo templi vel eius occasione seu ab alia persona de di‹c›ta domo et apparuerit evidenter dicto fratri Bonansegne per publicum instrumentum dictum dampnum, quod appareret, ut dictum est, esse factum, sit eo casu super domum et mansionem, revertatur super dictam domum et non sit super ipsis Albertino et Orlandino, et talis fuit conditio inter suprascriptos. Et sic attendere, facere et solvere predicti Albertinus et Orlandinus ad sancta Dei evangelia iuraverunt d. Actum Luce in domo subcinta- riorum, coram Vetho et Pelegrino, MCCXLIII, IIII idus maii, indictione prima. (S. N.) Ciabattus iudex et notarius hec scripsi. b. segue depennato vel c. segue sottolineato aliquis eorum, segue seu d. Et sic – iuraverunt con segno di richiamo dopo prima

2 Lucca, 1244 marzo 19 Giacomo del fu Oderigo di Firenze promette di accompagnare per due anni il fratello Rinaldo di Altopascio nel suo viaggio aldilà delle Alpi ed ottiene per questo un compenso annuale di 16 libbre. ACL LL 18 f. 31vs. L’inchiostro è in parte sbiadito.

Iacobus de Florentia qd. Oderigi sollempni stipulatione interposita promisit et convenit fratri Rainaldo de Altopascio stare et a ire cum eo ultramontem ad volunta- tem eiusdem fratris Rainaldi pro servitio domus predicte et dicti fratris hinc ad duos annos et tanto plus quantum placuerit eisb et quem fratrem debet custodire in sua persona et suum honorem et honorem domus predicte et salvare et defendere bona fide et ei servire melius quam sciverit sine fraude et custodi‹re› scripturas omnes et privilegia dicte domus et que ad suas manus devenerint et omnia bona sua et res, que ad suas manus devenerint, resignare in manibus ipsius fratris et non facere nec consentire de suis rebus vel domus aliquod furtum seu subtractam aliquam ultra sol. X per annum nec faciet sectam vel compagniam aliquam c nec conspirationem con‹tra› ipsum vel suam domum d. Et si sciverit, quod aliquod contrarium eveniret, a. stare et nell’interlineo b. hinc – eis nell’interlineo c. ali da aliquam nell’interlineo d. ms. sue domus 206 Andreas Meyer ei faciet remanere, citius quam poterit, tam sibi manifestaverit bona fide, et omne e id, quod, si inf credentiamg sibi posuerith, nulli persone revelabit nec alicui rei. Et etiam non intrare nec accipere aliquam religionem seu in aliquem ordinem contra voluntatem ipsius fratris. Et dictus frater Rainaldus promisit et convenit ei dare pro suo servitio et labore nomine feudi libras XVI quolibet anno, quantum steterit cum eo, et victum, solvendo pretium in capite annii. Et si contra faceret, incurrat in inspergiuriumj et non teneaturk,quodeisupral promisit dare nec facere. Et pro his omnibus observandis obligaverunt sese inter se et suos [heredes et bona sua et]m domusn omnia presentia et futura iure pignoris et ypothece ad ‹penam› dupli et domini pape et lucani episcopi et illius dominationis, sub quo [pro tempore]o forent inventi. Et dictus Iacobus sic attendere, facere et observare et complere ad sanum et purum intellectum ipsius fratris Rainaldi ad sancta Dei evangelia iuravit. Actum Luce in ecclesiap ‹sancti› Martini, coram presbitero Dominico et Vettho c[amp]sore et Ranucio filio Aldimaris iudicis, MCCXLIIII, XIIII kalendas aprelis, indictione secunda. (S. N.) Ciabattus iudex et notarius hec scripsi. e. omne corretto da omnem f. id – in nell’interlineo g. segue depennato quam h. posuerit corretto da imposuerit i. segue depennato Et pro his omnibus observandis et pro omni j. sic k. segue depennato ei l. ei supra nell’interlineo m. sbiadito n. sua – domus nell’interlineo o. sbiadito p. segue depennato Dei evang

3 1244 giugno 22 Aliotto del fu Martio da Controne promette ad Albertino di Pontremoli che aveva ottenuto dal templare Giacomo il permesso di chiedere l’elemosina nelle città di Lucca e Firenze, di accompagnarlo e di proteggerlo fino al carnevale del 1245. Come compenso è autorizzato a questuare a proprio vantaggio in certi giorni. ACL LL 18 f. 70rs.

Aliottus qd. Martii de Controne promisit et convenit Albertino de Pontremore, cui data et concessa ‹est› bailia et potestas a fratre Iacobo mansionis Templi, ut dicunt contineri in publica scriptura manu Iacobi Legamolini notarii 1, in civitatibus lucana et Florentie, ire cum eo ad suum servitium et pro eo a proximo venturoa festo sancti Quirici2 usque ad proximum carnelevare3 in suprascriptis bailiis et in aliis sibi

a. segue venturo 1.A.Meyer,Felix et inclitus notarius. Studien zum italienischen Notariat vom 7. bis zum 12. Jahrhundert (Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in Rom 92), Tübingen 2000, p. 516 nr. 211. 2. 1244 luglio 15. 3. 1245 febbraio 26. Altopascio, Lucca e la questua organizzata nel XIII secolo 207 concessis pro accat‹t›o faciendo et sibi serviendo, ut ei placuerit bono modo dando sibi Aliotto a dicto Albertino scutiferum pro seb ad feudum ipsius Albertinic.Etipse Aliottus ire debet et servire ei suis expensis et stare, sed victum habere debet ab Albertino et pro Albertino. Et in dicto carnelevare idem Aliottus dare debet Albertino predicto de suis propriis denariis XX denarios lucanos. Et facere debet accattum bona fide sine frauded ad utilitatem Albertini et sibi dare et salvare et custodire personam ipsius Albertini et suum honorem et omnia, que ad eius manus devenerint causa Albertini, restituere et dare ei sine fraude. Et non facere furtum vel subtractam aliquam de bonis Albertini et ‹de illis›, que ad suas manus devenerint occasione Albertini seu occasione suprascripte domus. Et non erit in consilio vel facto, quod ipse Albertinus habeat aliquam defensionem in persona vel rebus, potius ipsum iuvabit bono modo. Et equum, quem duxerite idem Aliottus, debet esse super dictum Albertinum et domum, nisi morte fatata vel pro sua mala guardia. Et ipse Albertinus pro illa bailiaf, quam habet, ut dictum est, dat et concedit sibi pro suo feudo et beneficio ag suprascripto carnisprivio usque ad VIII pasceh resurrectionis ‹domini›4 bailiam et potestatem, ut possit facere accattum et facta ad suum velle bono modo in dictai civitate Florentie. Etj termino completo reddere et restituere sibi promisit et debet omnes scripturas, quas ei commendavisset, integraliter, et eius occasione habuisset. Expensis tamen Aliotti suum accat‹t›um facere debet et sibi detinere. Et dictus Albertinus dedit et concessit ipsi Aliotto, ut facere possit sua facta a festo sancti Michaelis de septembrek5usque ad IIII dies ante festum omnium sanctorum. 6 Et sic facere, attendere et observare et complere inter sese promiserunt et convene- runt obligando se et suos heredes et bona omnia eorum presentia et futura iure pignoris et ypothece ad penam XXV lb. et illius potestatis seu regiminis, sub quo pro tempore forent, et insuper ad sancta Domini evangelia iuravit idem Aliottus, sic facere et attendere et contra non venire ad sanum et purum intellectum Albertini. Actum Luce in turre Passavantis, coram Ghiando notario de Controne7 et Iuncta de Cavinana, MCCXLIIII, Xl kalendas iulii, indictione secunda. (S. N.) Ciabattus iudex et notarius hec scripsi. b. pro se nell’interlineo c. segue depennato habendo victus d. ms. fraudem e. duxe- rit corretto da duxerint f. ms. bialia g. segue depennato festo h. ms. pasca i. a da dicta corretto da o, segue depennato loco sibi concesso j. Et errore di scrittura k. ms. sepetembre l. X corretto da XIIII 4. 1245 aprile 23. 5. 1244 settembre 29. 6. 1244 ottobre 28. 7. M e y e r (cfr. qui sopra n. 1) p. 514 nr. 154. 208 Andreas Meyer

4 Lucca, 1249 marzo 10 Normannino del fu Giovanni di Vorno e Forteguerra Manciorini promettono al cambiavalute Vetio del fu Deotisalvi, rappresentante del frate Leonardo di Altopa- scio attualmente a Genova, che verseranno a Lucca in denari lucchesi nel corso di tre giorni la somma in monete genovesi che sarà pagata presso Giacomo del fu Giovanni di Vorno a Genova e dichiarata loro in un certificato. ACL LL 23 f. 58vs.

Normanninus qd. Iohannis de Vurno et Forteguerra Manciorini socii ‹ambo› et insolidum promiserunt et convenerunt sollempni stipulatione interpositaa Vetho campsori qd. Deotifeci recipienti vice et nomine fratris Leonardi et pro ipso fratre suum in hoc gerendo negotium, qui Leonardus est in Ianua vel in partibus Ianue, dare et solvere ipsi Vetthob vel cui mandaverit pro dicto fratre recipienti totam et omnem pecuniam Ianue in denariis grossis de argento Luc(e) et similium, quam summam denariorum dictus frater Lunardusc daret Iacobo fratre dicti Normannini etd Custori sociis seu uni eorum, unde et de quibus dictus frater mandarete publicam cartam bonam et legalem de quantitate pecunief mutuate seu date, et hoc ad rationem XXIII denariorum per soldumg de ianuvinis et sol. XX denariorum lucanorum plus per totum ultra, dummodo excedat sum‹m›am CXVIII lb. ianuvinorum, et hec solutio fiat infra tres dies et fieri debeat, postquam dicta publica carta demonstretur predictis sociis vel uni eorum, sicut dati sint predicti genovini. Et pro his omnibus observandis et dampnis et expensis et cetera obligaverunt sese et insolidum et suos heredes et bona sua omnia presentia et futura iure pignoris et ypothece ad ‹penam› dupli et consulum et treuguanorum et potestatis lucanorum presentium et futurorum et con- stituti portarum. Et renuntiaverunt obligationi solidi, sed uno solvente, ambo libe- rentur. Actum Luce in domo subcintariorum, coram Gerardo Arçurio et Bonconsilio et Overardo serviente fratris Leonardi, MCCXLVIIII, VI idus martii, indictione VII. Ciabattush iudex et notarius hec scripsii. a. segue depennato Venture Ramondino b. sic c. sic d. et nell’interlineo, segue depennato se e. segue depennato sf.segue depennato seu g. sic h. sic i. su entrambe le pagine cancellato diagonalmente con due tratti di penna incrociati, a destra della sottoscrizione cancellavi parabola Vethi, quia dixit foret facta solutio, coram Aldebrandino Malagalie, die mercurii, XVIII kalendas maii (= 1249 aprile 14) Altopascio, Lucca e la questua organizzata nel XIII secolo 209

5 Lucca, 1250 marzo 9 Forteguerra Manciorini, Custor Battosi e Giacomo del fu Giovanni da Vorno pro- mettono al cambiavalute Vetio, rappresentante di frate Leonardo di Altopascio, di pagargli tre giorni dopo l’avviso la somma di denaro in valuta lucchese che Leonardo aveva versato presso Giovanni Battosi in monete genovesi. ACL LL 25 f. 48r. Edizione: F. P. L u i s o, Mercatanti lucchesi dell’epoca di Dante I: La compagnia dei Battosi alla corte angioina, Bollettino storico lucchese 8 (1936) pp. 61-102: 83s. (L).

Forteguerra Manciori‹ni› et Custore Battosi et Iacobus qd. Iohannis de Vurno et quilibet eorum insolidum sollempni stipulatione interposita promiserunt et con- venerunt Vetho campsori recipienti nomine frat‹r›is Leonardi de Altopassu dare et solvere ei vel dicto fratri seu cui mandaverit totam quantitatem pecunie in denariis lucanis, de qua dictus frater miserita dicendo ipsum Vethum recipere debere per publicamscripturametsededisseb Iohanni Battosi socioc eorum in genovinis vel aliis monetis et de quibus dictus Iohannes miserit dicendo sociis suis se recepisse a dicto fratre in genovinis vel alia moneta et in ea quantitate lucanos denariosd,sicut venerit ad forum factum inter eos, dare debeante. Et hec promiserunt sub obligatione suorum bonorum et heredum et insolidum et ‹ad penam› dupli et per officium p.ortarum et hoc infra tres diesf, postquamg clarum fuerit eis, ut dictum est, de pecunia iamdicta, que soluta foret. Actum Luce apud tabulam Vethi suprascripti, coram Rocchisiano Sopprinelli et Salamone Gualtrone, MCCL, VII idus martii, indictione VIII. (S. N.) Ciabattus iudex et notarius hec scripsi. a. m da miserit corretto da pb.segue depennato dicto c. socio corretto da sociorum d. L Luc. denar. e. sic f. segue tres g. L priusquam

Raffaela Villamena I Cerretani come intermediari degli Antoniani (a proposito di due documenti del 1315 e del 1492)

Per l’ordine dei canonici regolari di Sant’Agostino di Sant’Antonio di Vienne l’analisi dei rapporti tra autorità centrale – l’abbaye di Sant’Antonio presso Vienne – e periferia – le precettorie sparse in tutta la Cristianità 1 –non può prescindere dall’esame del ruolo che i collettori di questue, per la quasi totalità provenienti da Cerreto di Spoleto, ricoprivano all’interno dell’econo- mia antoniana. Il mio intervento non si soffermerà tanto sulla natura ambigua di questi personaggi e non indugerà sul motivo per il quale gli abitanti di un piccolissimo castello della Valnerina, Cerreto di Spoleto, e dei suoi dintorni esercitassero il monopolio della riscossione delle questue, argomenti appro- fonditi già da tempo nella letteratura storica;2 ma, attraverso documenti di recente reperimento e studio, vorrei mettere in luce il ruolo amministrativo che i Cerretani svolgevano per conto dell’ordine e che risulta fondamentale alla luce dei rapporti tra la casa madre, sorta sul finire dell’XI secolo a La Motte-Saint Didier 3 nei pressi di Vienne, le precettorie e i singoli hospitia antoniani. Prima però di focalizzare l’attenzione su questo è necessario indu- giare ancora sui termini “centro” e “periferia” in rapporto alla gerarchia

1. In relazione alla diffusione delle precettorie antoniane si rimanda all’elenco degli insediamenti con riferimento cronologico in I. R u f f i n o, Canonici regolari di S. Agostino di Sant’Antonio, in: Dizionario degli Istituti di Perfezione, II, Roma 1975, coll. 134-141, coll. 136-138 e per una carta relativa agli insediamenti antoniani tra XII e XIII secolo in Oriente si consulti A. M i s c h l e w s k i, Un ordre hospitalier au moyen âge: les chanoines réguliers de Saint-Antoine-en-Viennois, La pierre et l’écrit, Grenoble 1995, carta nr. 12. 2. Questo appare evidente anche nello studio sulla precettoria antoniana di Venezia di Mauro Testolin: in tutta l’area padana orientale, zona evidentemente distante dalla diocesi di Spoleto, i titolari dell’affitto delle questue erano gli abitanti di Cerreto o di Montesanto di Spoleto. Cfr. M. T e s t o l i n, La precettoria veneziana dell’ordine ospedaliero di Sant’Anto- nio di Vienne, tesi di dottorato in “Storia della Chiesa medievale e dei movimenti ereticali” discussa nel 1994 presso l’Università degli studi di Padova, relatori prof. F. Dal Pino e G. De Sandre Gasparini, pp. 121-123. 3. Località poi ribattezzata con il nome di Bourg Saint Antoine. 212 Raffaela Villamena interna delle case antoniane. L’abbazia francese, la cosiddetta Maison de l’aumône, costituiva il fulcro del sistema antoniano sia nel periodo precedente sia in quello successivo all’erezione a ordine canonicale. Tuttavia, in seguito alla grande diffusione degli insediamenti antoniani, per un maggior controllo soprattutto delle entrate in denaro, alcune precettorie acquisirono il grado di “precettorie generali” e il loro abate assunse il compito di coordinare le case subalterne che si trovavano in uno spazio geografico ben determinato. Per- tanto mentre in un primo momento la confraternita-ordine degli Antoniani di Vienne aveva un solo centro, la Maison de l’aumône a Bourg Saint Antoine, alla quale si rapportavano tutti gli altri insediamenti, da metà ‘300 in poi si è potuto assistere all’emergere di centri secondari rispetto alla casa madre, che svolgevano un compito di coordinamento in vece dell’abate viennense. Que- sto mutamento, che corrisponde alla costruzione di una gerarchia interna, è stato riscontrato durante gli studi che ho condotto per il dottorato di ricerca e cercherò di metterlo in luce anche nell’analisi della documentazione che propongo in questo mio contributo. Durante il lavoro compiuto per la tesi di dottorato sugli Antoniani di Vienne, ricerca che si è concentrata sugli insediamenti dell’Italia centrale, con particolare riguardo a Perugia, tra basso medioevo e prima età moderna, ho avuto la possibilità di avvicinarmi a fonti inedite riguardanti questo ordine canonicale, rinvenute in modo del tutto fortuito, com’è il caso del documento del 1315 di cui parlerò in seguito, conservato a Spoleto, oppure fonti di cui era nota l’esistenza ma mai studiate in modo approfondito e sistematico. Mi riferisco in questo caso alla documentazione conservata presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica in Roma. Il fondo antoniano 4 a Roma è un archivio piuttosto composito e disomogeneo costituitosi nei secoli in relazione con le controverse e alterne vicissitudini dell’ordine. Raccoglie infatti 166 unità archivistiche di varia natura (registri, volumina, cartelle e cassette) relative alle località del centro e, in parte, del nord e del sud d’Italia confluite a Roma, per la quasi totalità, nel momento dell’unione degli Antoniani ai Cavalieri di Malta avvenuta nel 1776,5 unione percepita dai canonici come una vera e propria soppressione.6 Quasi tutta la documentazione romana riguarda l’a-

4. Per una breve storia del fondo conservato presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica di Roma si veda R. E n k i n g, L’archivio dell’antico ospedale di Sant’Antonio abate in Roma, Archivio della Società romana di storia patria 40 (1967) pp. 61-99. 5. L’unione ai Cavalieri di Malta è sancita nella bolla Rerum humanarum conditio emanata nel 1776 da Pio VI. Bullarii Romani Continuatio, V, Romae 1842, pp. 204-301. 6. Che il provvedimento fosse avvertito all’interno dell’ordine come una soppressione è ben evidente nei titoli di alcuni tomi e volumina conservati presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica. Si parla infatti di … ordine di sant’Antonio Abate di Vienna in Francia soppresso dalla Santità di Nostro Signore Papa Pio VI …, … abolizione dell’ordine … e … estinto ordine I Cerretani come intermediari degli Antoniani 213 spetto finanziario e perciò, oltre a registri contabili relativi ai beni mobili e immobili dell’ordine, molte testimonianze vertono sull’attività della questua in quanto questa pratica costituiva l’introito primario per il sostentamento degli ospedali e delle case. Da questo mio studio sulle carte antoniane, non certamente esaustivo in rapporto a tutte le dinamiche sottese alla pratica della questua, emergono delle caratteristiche che consentono di delineare diverse tipologie documentarie che hanno come attori i Cerretani: fonti notarili, fonti statutarie e fonti pro- dotte dall’ordine stesso. Le fonti notarili e statutarie sono state riportate da mons. Sensi nei suoi contributi Cerretani e ciarlatani nel secolo XV. Spigolature d’archivio 7 e Dossier sui Cerretani.8 Le fonti notarili recano le testimonianze più disparate: dalle controversie che sfociavano in veri e propri processi giudiziari, alle volontà testamentarie espresse dai Cerretani prima di partire per le zone di raccolta, al subappalto delle questue nelle balie. Le fonti statutarie constano in brani reperiti negli Statuti di Montesanto di Spoleto, altro luogo di origine dei Cerretani, relativi alla questua. Senza dubbio la trattazione di questa materia negli Statuti di Montesanto evidenzia un legame stretto e reciproco tra gli Antoniani e i Cerretani e l’esistenza di un vero e proprio monopolio “territoriale” dell’esazione delle questue che questi ultimi cercavano di sal- vaguardare il più possibile anche ricorrendo a strumenti normativi che potes- sero, in qualche modo, arginare i comportamenti fraudolenti che nuocevano all’“arte” della questua. Le fonti di diretta produzione dell’ordine sono state reperite durante il mio lavoro di analisi del fondo degli Antoniani di Vienne, che si trova, oltre che presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica in Roma, anche nella Sezione separata dell’Archivio di Stato di Spoleto. La documentazione romana, come già accennato, è di natura prevalen- temente finanziaria: vi spiccano i mandati per le questue fatti redigere su pergamene di lunghezza ragguardevole nelle quali è trascritta la formula di affidamento dell’appalto con il nome del locatario e la zona nella quale doveva operare.9 Queste pergamene sono di notevole importanza per le no-

Antoniano … Roma, Pontificia Accademia Ecclesiastica (= PAE), Fondo Sant’Antonio, nrr. 40, 41, 60. 7. M. S e n s i, Cerretani e ciarlatani nel secolo XV. Spigolature d’archivio, in I d., Vita di pietà e vita civile di un altopiano tra Umbria e Marche (sec. XI-XVI), Roma 1984, pp. 339-356. 8. M. S e n s i, Dossier sui Cerretani, in I d., Vita di pietà e vita civile (come nota 7) pp. 357-472. 9. La denominazione della balia assegnata per la questua viene ripetuta, per questione di praticità, anche a lato; il tutto con signum e sottoscrizione notarile ad ogni paragrafo. 214 Raffaela Villamena tazioni geografiche e per la suddivisione delle balie di questua, da queste, inoltre, si rinsalda il convincimento che la pratica della questua fosse forte- mente monopolizzata dagli abitanti di Cerreto di Spoleto, Montesanto e Sellano. Il documento che, a mio avviso, è risultato peculiare tra gli altri atti è una pergamena del 1492 che riporta i Capitula et constitutiones questuariorum,10 di cui si fornisce la trascrizione nell’appendice documentaria. Prima di entra- re nel merito di questo scritto, un vero e proprio testo normativo sulle questue e non solo, mi vorrei soffermare, per motivi cronologici, sull’altra testimo- nianza che vorrei presentare in questa occasione. Si tratta di una pergamena del 1315 reperita nel Fondo diplomatico della Sezione spoletina dell’Archi- vio di Stato di Perugia.11 Questo atto è stato rogato a Vienne e ha come autore l’abate generale degli Antoniani, Aymon de Montaigne, figura di grande rilevanza nella storia dell’ordine perché fu alla guida della confraternita-or- dine degli Antoniani dal 1274 al 1316, nel periodo in cui la struttura della casa madre e delle case antoniane fu riformata all’interno e all’esterno grazie alla bolla di Bonifacio VIII del 1297 che sancì l’elevazione da confraternita ad ordine canonicale.12 Nel documento, l’abate Aymon de Montaigne – nel 1315 il superiore di Vienne può già fregiarsi a buon diritto di questo titolo –, in un’assemblea aperta anche ai laici che è descritta con tutti i crismi dell’ufficialità, conferisce incarichi al podestà e ai priori del castello di Cerreto. Le mansioni e le responsabilità che sono loro affidate vanno però al di là del semplice mandato per la raccolta delle elemosine. Si dice, infatti, che oltre a raccogliere vota, legata, helemosinas, oblationes, essi avevano la potestà di chiedere, racco- gliere e ritirare tutti i proventi che derivavano sia dagli ospedali e dalle case antoniane, sia dallo sfruttamento di beni immobili dell’ordine ceduti a terzi. L’abate pertanto riconosce ai Cerretani un ruolo più ampio, non solo ristretto all’ordinaria colletta, ma esteso ad alcune mansioni che rendono questi indi- vidui parte integrante dell’ordine, degli ingranaggi che, grazie alla loro pre- senza capillare sul territorio, dovuta alla raccolta della questua, contribuivano al funzionamento dell’economia interna antoniana. Ruolo di rilevante impor- tanza visto e considerato che quello economico-finanziario era l’aspetto più delicato e complesso da gestire e, a giudicare dalle vicende storiche che ci sono note, anche il settore più debole della struttura dell’ordine antoniano. Non è secondario infatti che la prima crisi finanziaria dell’ordine si ebbe già

10. PAE, Fondo Sant’Antonio, nr. 58. 11. Spoleto, Sezione dell’Archivio di Stato di Perugia, Fondo diplomatico, nr. 112, (v.s. 651). 12. M i s c h l e w s k i, Un ordre hospitalier au moyen âge (come nota 1) pp. 29s., 34s., 39-45. I Cerretani come intermediari degli Antoniani 215 alla fine del ‘200, in concomitanza con l’erezione ad ordine canonicale e con il momento di maggior diffusione degli Antoniani; la prima di una lunga serie di crisi che senz’altro contribuì alle alterne vicende storiche e alla lenta ma inesorabile estinzione dei seguaci del santo abate egiziano.13

13. La crisi finanziaria fu un elemento costante nella storia dei canonici di Vienne e certamente la causa più profonda della fine dell’ordine. Anche il momento di maggior grandezza degli Antoniani, connesso all’erezione ad ordine da parte di Bonifacio VIII con la bolla Ad apostolicam dignitatis, documento rogato a Orvieto il 10 giugno 1297, (cfr. G. D i g a r d/M. F a u c o n/A. T h o m a s/R. F a w t i e r [a cura di], Les registres de Boniface VIII, Paris, 1884-1939, nr. 2032), non corrispondeva nella realtà ad una altrettanto prospera situazione finanziaria: essi si trovavano, già dalla metà del XIII secolo, in ristrettezze economiche provo- cate dagli interventi di ristrutturazione e di ampliamento di ospedali e case e dalle spese ordinarie sostenute per l’attività assistenziale (cfr. M i s c h l e w s k i, Un ordre hospitalier au moyen âge [come nota 1] pp. 44-45). Proprio questa situazione pregressa, che aveva già impegnato i vari Maestri Generali in interventi di risanamento, fu la causa, su sollecitazione dello stesso abate, di un provvedimento di Bonifacio VIII, il primo del genere fino ad ora rilevato nell’analisi dei registri della cancelleria pontificia, con cui si autorizzava il superiore di Vienne a chiedere un prestito di 8000 fiorini ai mercanti fiorentini de Abbatibus e Bacharelli (cfr. Les registres de Boniface VIII, cit., nr. 1999). Oltre alle difficoltà finanziarie interne, alla fine del ‘300 il Grande Scisma frammentò gli equilibri dell’ordine perchè prevalsero interessi locali pertinenti a singole precettorie o figure di abati. La conseguenza del sostegno che la casa madre di Vienne dette al papato avignonese fu quella di perdere tutte le entrate finanziarie delle precettorie che erano invece rimaste fedeli al papa di Roma e che erano per la maggior parte afferenti all’area italiana. Infatti molte case italiane si schierarono dalla parte del papa romano con l’intento di accrescere la propria autonomia nei confronti dell’abbazia di Vienne: è il caso, ad esempio, di Ranverso, presso Torino, e di Napoli. Un caso particolare è Firenze la cui precettoria, che faceva capo a tutti gli insediamenti del Centro Italia e ne raccoglieva le entrate per poi inviarle alla casa madre, fu posta sotto la diretta amministrazione finanziaria della Camera Apostolica. Pertanto la ricomposizione del Grande Scisma fu sofferta per la Chiesa e anche per gli Antoniani. Ancora nei primi decenni del XV secolo la necessità più urgente dei canonici era quella finanziaria, tanto che molti abati, per coprire il bisogno impellente di denaro, inviarono questuanti in territori ancora non battuti come ad esempio la Polonia, la Prussia e la Lituania: cfr. M i s c h l e w s k i, Un ordre hospitalier au moyen âge (come nota 1) p. 79. Anche i papi si impegnarono intervenendo in favore degli Antoniani in controversie o conce- dendo loro privilegi di natura finanziaria. Tuttavia la crisi investì anche gli ospedali gestiti dagli Antoniani; la necessità di una riforma interna, finanziaria, ma anche relativa all’organizzazione dell’assistenza, si fece sempre più pressante ma, purtroppo, si ebbe soltanto nel 1478. Il Liber Religionis Sancti Anthonii Viennensis Sacre Refformationis eilLiber statutorum, conservati presso l’Archivio dipartimentale dell’Isère, costituiscono le basi per la riforma che però non ebbe grande effetto o comunque non migliorò la situazione interna dell’ordine. Altre difficoltà nel panorama della Chiesa europea, in primo luogo la Riforma protestante, provocarono una nuova crisi interna per la perdita di gran parte delle precettorie dell’area tedesca. La crisi finanziaria divenne sempre più insostenibile tanto che, coniugata ad una crisi vocazionale, provocò la riduzione in commenda di molte precettorie e la cessione ad ordini affini di molti ospedali di cui Italo Ruffino ha stilato un dettagliato elenco: R u f f i n o, Canonici regolari di Sant’Agostino di Sant’Antonio (come nota 1) II, col. 139. 216 Raffaela Villamena

Sebbene la pergamena di Spoleto trasmetta un incarico di maggiore responsabilità rispetto all’abituale raccolta delle questue, si menziona, al suo interno, la necessità dei Cerretani di presentarsi con abiti modesti, tipici della questua (rauba acataria). Ma la prescrizione più interessante, proprio per comprendere come operasse il controllo dei vertici dell’ordine su questa importante funzione svolta capillarmente sul territorio, è quella relativa al- l’obbligo che gli incaricati della questua fossero muniti di litterae patentes. Questo riferimento alla documentazione necessaria per entrare nelle balie, con il permesso dell’ordinario diocesano, testimonia che nel 1315 erano state recepite le disposizioni del Concilio Lateranense IV del 1215 in cui si pre- scriveva che i collettori di questue non potessero fare il loro ingresso nelle diocesi e nelle chiese nisi apostolicas vel diocesani episcopi literas veras exhibeant;14 documenti che però dovevano essere redatti secundum formam diocesani episcopi.15 L’ordinario diocesano costituiva un riferimento impor- tante anche nel caso in cui l’autorizzazione provenisse dall’autorità apostolica perché svolgeva una ulteriore funzione di controllo sull’attività della questua: tutto questo per evitare che millantatori e uomini di pochi scrupoli approfit- tassero della riverenza che le masse rurali e i ceti più umili nutrivano nei confronti di sant’Antonio.16 La stessa preoccupazione è fonte di ispirazione per l’abate Antonio de Rupemori che nel 1492, a Foligno, emana i Capitula et constitutiones que- stuariorum. Questo documento, conservato, come si è detto, presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica di Roma, presenta una duplice peculiarità: contenu- tistica e formale. Desta notevole interesse per lo studio generale della pratica delle questue ma anche per la lingua dello scritto. Lo scrivente infatti, dopo un’introduzione nelle forme prescritte, inserisce il testo dei Capitula et con- stitutiones questuariorum cheegliharedattosub … vulgari sermone…, ut omnes litterati et non litterati ea legere et intelligere possent. Pertanto tutti i capitoli, se ne contano ben trentuno, sono introdotti da un item in grassetto ma trascritti nel volgare del centro Italia del XV secolo.

14. J. A l b e r i g o/P. P. J o a n n o u/C. L e o p a r d i/P. P r o d i (a cura di), Concilio- rum oecumenicorum decreta, Bologna 1962, p. 239, rr. 19-20. 15. Ibid. p. 239, rr. 22-23. 16. Un saggio della esagerata devozione che il popolo nutriva nei confronti di sant’Anto- nio è fornito dalla novellistica trecentesca: dalla decima novella della sesta giornata del Deca- meron di Giovanni Boccaccio, da diverse novelle di Masuccio Salernitano e di Franco Sacchetti: cfr. G. B o c c a c c i o, Decameron, a cura di V. B r a n c a, Firenze 1951-1952; M a s u c- c i o S a l e r n i t a n o, Il Novellino, a cura di G. P e t r o c c h i, Firenze 1957 e F. S a c- c h e t t i, Il Trecentonovelle, a cura di E. F a c c i o l i, Torino 1970. I Cerretani come intermediari degli Antoniani 217

Nella parte in latino il protocollo si apre con la usuale invocatio, in questo caso verbale, seguita dalla inscriptio universale e poi dalla datatio completa anche dell’indicazione del papa e dell’anno di pontificato. Quando si entra nell’analisi relativa al testo vero e proprio, appare evidente la mancanza dell’arenga,malanarratio è lunga ed articolata ed offre alcuni spunti inte- ressanti: innanzi tutto il motivo occasionale che ha portato alla redazione del documento, cioè la necessità dell’abate, precettore di Firenze, di regolamen- tare le questue e, in secondo luogo, l’elencazione delle precettorie del centro Italia.

Figura 1: Carta dei luoghi citati nelle Constitutiones questuariorum

Il testo in volgare ha il carattere di inserto in senso diplomatistico; inizia nuovamente con una invocatio, più articolata della precedente in quanto si nomina anche sant’Antonio, ed entra subito in medias res fornendo due im- portanti indicazioni: l’occasione dell’emanazione delle Constitutiones equal- che informazione in più sulla pratica della questua. L’occasione, come si è prima anticipato, è dovuta al fatto che certi questuari si sono disonestamente portati nelle loro queste usando di grandissime disonestate e altre detestabile 218 Raffaela Villamena abusione… e per cio a refrenatione degli errori passati he per obviare a ongni scandolo e calumpnia per lo tempo a venire, si è resa necessaria una rigida regolamentazione scritta. IlprimoattodelleConstitutiones è l’annullamento di tutti i mandati precedentemente rilasciati ai questuanti fino a quel termine. Infatti gran parte dei capitoli iniziali hanno per oggetto l’aspetto formale della questua. L’abito doveva essere sempre indossato e doveva essere non di stoffa pregiata ma di panno honesto,unmantello neroconiltau, simbolo che richiamava l’icono- grafia relativa a sant’Antonio. Non era possibile svolgere contemporaneamente la cercha per più ordini; nel centro Italia invece molto spesso i questuanti che esigevano offerte per sant’Antonio di Vienne lo facevano anche per altri ordini ospedalieri.17 Inoltre i questuanti non dovevano celebrare offici e impartire sacramenti o benedi- zioni, ma soltanto annunciare alla popolazione lo stato di indigenza in cui versava l’istituzione antoniana e le indulgenze concesse a chi avesse contri- buito alla causa. Moltissimi capitoli del documento si soffermano a dettare regole molto puntuali sugli eventuali sconti sulla somma da percepire per la questua, in caso di guerre o invasioni che in qualche modo compromettessero la riscos- sione dell’importo pattuito in un determinato territorio. La cercha non con- sisteva soltanto in una raccolta di denaro, anzi spesso si trattava di donazioni di beni immobili o oggetti e suppellettili. Ci sono, inoltre, tanti altri precetti che i collettori dovevano rispettare ma l’aspetto che vorrei sottolineare in questa sede è contenuto in uno specifico capitolo che impone un vero e proprio censimento delle possessiones degli Antoniani che veniva eseguito dai Cerretani di pari passo alla cercha delle questue: ciascheduno degli detti conductori e questuari debbiano fare, in le loro queste, inventario de tutte case, terre, vingne, possessione e beni stabili de sancto Antonio quali troveranno in le loro queste he, infine della loro

17. Nel centro Italia i questuanti raccoglievano questue anche per gli ospedali di S. Spirito in Sassia, di S. Maria di Roncisvalle, di S. Bartolomeo di Benevento, di S. Giacomo di Altopascio. Cfr. M. S e n s i, Cerretani a servizio degli ospedali di Santo Spirito, nei notarili di Foligno e Montesanto, Bollettino storico della città di Foligno 6 (1982) pp. 35-73: 39. È bene precisare però che la raccolta delle questue non era un’attività propria soltanto degli ordini ospedalieri, anche i Mendicanti ricorrevano allo strumento della colletta per il proprio sosten- tamento ma con modalità diverse rispetto agli Antoniani. A questo proposito si veda J. C h i f- f o l e a u, Usus pauper? Notes sur les franciscains, la Règle et l’argent en Avignon entre 1360 et 1480, in: Horizons marins, itinéraires spirituels (Ve-XVIIIe siècles). Mélanges offerts à M. Michel Mollat, I, Paris 1987, pp. 135-149 e R. V i l l a m e n a, La prassi della questua presso l’ordine dei canonici regolari di S. Agostino di S. Antonio di Vienne, pubblicato sotto www.mendicantes.net/article.php3?id_article=24. I Cerretani come intermediari degli Antoniani 219 allocatione, debbiano detto inventario reponere e assignare nella mane del prefato monsignore labbate e de suo vicario o commissario. Tale inventario doveva essere consegnato per iscritto e prodotto nelle mani dell’abate di Firenze. La raccolta delle questue sembra quindi essere motivo anche di controllo dei beni appartenenti all’ordine. Questa funzione dei Cerretani si collega a un’altra loro attribuzione, che emerge in modo indiretto da un ulteriore capitolo del documento in esame: da questo si ricava che i questuanti erano anche incaricati di riscuotere il frutto della locazione o dell’uso concesso a terzi delle possessiones.Inmodoindi- retto perché, nello specifico, il capitolo scoraggia i raccoglitori a chiedere uno sconto sulla quota da raccogliere per eventuali beni che non fossero più in possesso degli Antoniani al momento della questua o che fossero stati venduti oinvendita.Item vuole ordina e statuisse el prefato monsignore labbate che alchuno questuario non possa ne debba adimandare alchuno difalchamente de gniuna possessione, case o altri beni immobili quali fossero venduti per il passato ne che se vendessero per lo avenire per luy o per suoy vicari o legittimi procuratori per tale venditione non intende el prefato monsignore labbate ne sua religione essere obbligata a veruna difalchatione in veruna questa ne loco dove tale venditione fossero state fatte o savessero a fare per gli tempi a venire. I questuanti fungono così anche da esattori per conto dell’ordine. Da questo si evince che la quota che il questuante doveva versare all’abate di Firenze o ai suoi vicari era raggiunta non solo grazie alla carità del popolo, ma era calcolata considerando anche il denaro proveniente dallo sfruttamento, da parte di terzi, delle proprietà fondiarie ed immobiliari dei canonici. Questo nuovo elemento, emerso sulla pratica della raccolta di de- naro – non solo elemosina dunque – , rende ancora più peculiare l’attuazione di questa prassi presso gli Antoniani. L’identikit del questuante si arricchisce quindi di nuovi particolari: sa- peva leggere e scrivere, anche se non necessariamente aveva una conoscenza sufficiente della lingua latina, e aveva delle responsabilità che andavano oltre quelle della semplice raccolta di elemosine. Negli ultimi capitoli si ribadisce la totale libertà di offerta da parte dei fedeli e si sottolinea che non sussistevano leggi, scritti o documenti di qual- sivoglia genere – falsamente presentati dai questuanti – che stabilissero la quota da versare; tutto era lasciato alla carità del popolo. Né i questuanti potevano dare in dote a eventuali figlie le somme raccolte. È evidente come questi capitoli si riferissero a dei casi talmente particolari da non potersi interpretare come una casistica astratta, al contrario l’autorità interviene per arginare e modificare una situazione già sussistente. Terminato l’inserto, la pergamena riprende con l’escatocollo in latino; accanto ai precettori già citati nel protocollo, sono nominati i questuanti 220 Raffaela Villamena presenti che non solo assistettero alla lettura dell’atto, ma lo approvarono e eorum sponte… iuraverunt di osservare le costituzioni. A confermare quanto detto precedentemente sulla provenienza dei raccoglitori di questue, su ven- tiquattro questuanti presenti, undici erano provenienti da Cerreto e tredici da Montesanto in Spoletanensi diocesi. Infine la sottoscrizione del notaio è particolare perché è un canonico dell’ordine a rogare il documento, Ludovico Vitali: probabilmente era il canonico-notaio che seguiva l’abate di Sant’Antonio di Firenze nei suoi spostamenti per il centro Italia. Questo è sintomatico di una vasta attività documentaria degli Antoniani. Spesso è accaduto anche per altre famiglie religiose nel medioevo – un esempio sono i Francescani – che, a fronte di una attività documentaria intensa, piuttosto che ricorrere a notai esterni, alcuni religiosi si specializzassero nella pratica notarile.18 L’intervento di un notaio garantisce anche la validità giuridica delle Constitutiones; queste prescrizioni erano infatti il testo di riferimento con cui gli Antoniani avrebbero fatto rivalsa sui questuanti inadempienti. Sia nel documento del 1315 che del 1492, l’autorità scrivente è l’abate ma nel primo caso si tratta dell’abate di Vienne, nel secondo invece dell’abate della precettoria di Firenze. Già nel corso del ‘300 ma, in particolar modo dopo un tentativo di riforma dell’ordine nel 1474, l’insediamento antoniano a Firenze era diventato la precettoria referente per quanto riguardava tutte le case e gli ospedali del centro Italia. L’abate di Firenze aveva sull’Italia centrale la stessa potestà che esercitava l’abate di Vienne su tutte le case antoniane: affidava le balie per la questua, sottoscriveva i mandati per i questuanti, vigilava e inoltre doveva inviare a Vienne i proventi di questa attività. Pertanto la pergamena di Spoleto e quella di Roma, a distanza di poco più di 150 anni l’una dall’altra, sono specchio della creazione di una gerarchia interna che porta l’ordine ad avere diversi “centri” pur senza intaccare il ruolo guida della Maison de l’aumône. Diversi centri, come, ad esempio, Ranverso e Venezia nel nord d’Italia, che si avvalevano costantemente dell’opera dei Cerretani per la riscossione delle elemosine, sebbene geograficamente la Valnerina e i territori dello Spoletino fossero molto distanti. In conclusione, dalle testimonianze presentate, si evince che i Cerretani non solo fungevano da esattori delle questue ma svolgevano all’interno del-

18. A. B a r t o l i L a n g e l i/N. D’ A c u n t o, I documenti degli ordini Mendicanti, in Libro, scrittura, documento della civiltà monastica e conventuale nel basso Medioevo. Atti del convegno della Associazione Italiana dei Paleografi e dei Diplomatisti, Fermo, settembre 1997, Spoleto 1999, pp. 381-415; si veda in particolare la seconda parte di questo contributo redatta da N. D’ A c u n t o, La prassi documentaria degli Ordini mendicanti, ibid., pp. 390- 415. I Cerretani come intermediari degli Antoniani 221 l’ordine un ruolo di supporto amministrativo in relazione con la gestione dei beni degli Antoniani. Mi preme infine sottolineare come queste mansioni non siano state frutto di un processo che ha portato a delegare a laici, nel corso del tempo, la riscossione dei frutti dei beni immobili: già dai primi anni di vita dell’ordine vengono coinvolti terzi, estranei alla vita e alla regola cano- nicale, nelle pratiche amministrative interne. Certamente questo è dovuto ad un fatto di praticità – i Cerretani, per le questue, si spostavano nelle balie e quindi potevano in contemporanea svolgere le due mansioni – ma desta interrogativi nuovi sia sulle reali competenze dei canonici sia sul motivo per cui gli Antoniani affidassero non solo la raccolta delle questue, ma anche il controllo sul loro patrimonio e la riscossione dei proventi a individui dei quali non potevano ignorare la dubbia fama. Appendice

Criteri di edizione: Nell’edizione del documento si è tenuto conto della specificità delle due parti di cui è composto: quella in latino e quella in volgare. Mentre per la parte latina si è proceduto ad una normalizzazione secondo criteri moderni (uso delle maiuscole, punteggiatura), per la parte in volgare si è perseguita la fedeltà al testo mantenendo ad esempio l‘ h etimologica (habiano), le doppie (cosse, sianno), la contemporanea presenza di et e he e non utilizzando gli apostrofi (labbate)nègli accenti (ne, cioe). Nella trascrizione è stato utilizzato il segno […] per indicare le lacune; nelle note testuali sono segnalate le correzioni, le rasure, le ripetizioni, le aggiunte in interlinea e alcuni dettagli relativi ai caratteri estrinseci.

Foligno, 1492, maggio 28 L’abate Antonio Rupemori riunisce il capitolo a Foligno e formula nuove regole riguardanti la raccolta delle questue. Sono presenti i precettori di diverse città del centro Italia e alcuni questuanti di Cerreto di Spoleto e di Montesanto. Roma, Pontificia Accademia Ecclesiastica, Fondo Sant’Antonio, n. 58. Originale in pergame- na, 1080 mm x 328 mm. Verso: 1492. Capitula et constitutiones questuariorum a R. D. de Rupemori abbate Sancti Antonii in capitula generali Florentiae stabilita.

1492 a. In nomine Domini amen. Universis et singulis presens publicum instru- mentum inspecturis et audituris pateat evidenter et sit notum anno incarnationis Domini millesimo quadringentesimo nonagesimo secundo inditione decima die vero lune vigesimaoctava mensis maii pontificatus sanctissimi in Christo patris et domini nostri domini Innocentii divina providentia pape octavi anno octavo. In mei notarii publici testiumque infrascriptorum ad hec specialiter vocatorum et rogatorum pre- sentia, reverendus in Christo pater et dominus dominus Antonius de Rupemori abbas incliti monasterii Sancti Antonii de Sancto Antonio nullo medio ad Romanam

a. 1492 al centro della carta di mano non coeva I Cerretani come intermediari degli Antoniani 223

Ecclesiam pertinentis ordinis Sancti Augustini Viennensis diocesis, de cuius mona- sterii Sancti Antonii mensa abbatiali existit domus et preceptoria Sancti Antonii Florentini [...]b, celebrata per eum missa de Spiritu Sancto in ecclesia preceptorie Sancti Antonii Fulginei de mane hora tertia de ipsa ecclesia processionaliterc cum certis preceptor[...] d et dicte sue preceptorie subditis infranominatis accessit ad aulam domus ipsius preceptorie Sancti Antonii Fulginei presentibus et cum [...]e associantibus pluribus dominis presbiteris secularibus et honestis viris questuariis questuarum prefato monasterio Sancti Antonii de Viena et abbatie eiusdem mona- sterii ac dicte preceptorie Florentie pertinentium. Et facta prius […]f oratione con- sueta, ipse dominus abbas intendens circa capitulum ordinatum per eum fieri et publicatum in dicta domo preceptorie Sancti Antonii Fulginei nuper celebrare, pro- clamari fecit per me notarium infrascriptum omnes preceptores subditos eidem preceptorie Florentie qui in eodem capitulo comparere debebant. Et facta [...] fratrum proclamatione ibidem illic comparuerunt personaliter preceptores qui secuntur: vi- delicet frater Laurentius Gordini preceptor prefate preceptorie Fulginei, Iohannes Giliberti preceptor Valterre, Iohannes Antonii de Provamis preceptor Viterbi, Petrus Carterii preceptor de Montesancto, Iacobus Visconte preceptor Florenzole, Claudius Iaqueri preceptor Rupetransonis, Benedictus Rasseti preceptor Montisfloris, Iohan- nes de Cussano preceptor de Marchatello et Claudius de Sancto Germano preceptor de Macherata. In quorum presentia et aliorum assistentium prefatus dominus abbas legere fecit per me notarium infrascripta statuta religionis Sancti Antonii in parte in qua erant legenda. Alii vero preceptores qui in presenti capitulo comparere debebant et non comparuerunt, per ipsum dominum Antonium abbatem fuerunt reputati con- tumaces videlicet preceptor Perusii, preceptor Fabriani, preceptor Reatini, preceptor Macerate, preceptor Veruchi, preceptor Piperni, preceptor de Pesso, preceptor Mon- tisboldi, preceptor Urbini, preceptor Pisarum, preceptor Fevigiani, preceptor Mon- tisiohannis et preceptor Tolentini. Et deinde dictus reverendus dominus abbas sciens questores dictarum questarum fere omne ad dictum capitulum accessisse et cum eum iam presentes esse, et cupiens universas questas dicte domus et preceptorie sue Florentie sub talibus pactis, constitutionibus et capitulis reformare, quod devotio et honestas protinus non tantum conserventur, verum etiam augeantur et increscant habita prius deliberatione matura, omni modo via et forma quibus magis et melius potuit, statuit, composuit et ordinavit omnia et singula infrascripta capitula, consti- tutiones et ordinamenta cum quibus et sub quibus decrevit omnes locationes et affictamenta dictarum questarum fieri et quod ex pacto in cunctis locationibus ipsarum questarum omnes questores illas et illa nunc et in futurum observare pro- mictant. Que capitula et constitutiones et ordinamenta mandato dicti domini abbatis et in eius presentia ac dictorum questuariorum in publico et generali capitulo, au- dientibus et intelligentibus preceptoribus predictis et ipsis questoribus per me nota- rium infrascriptum et supranominatum fratrem Iohannem de Cussano preceptorem de Marchatello vulgari sermone lecta et publicata fuerunt de verbo ad verbum ita et b. in questa parte la pergamena risulta consunta c. in questa parte la pergamena risulta consunta d. la pergamena presenta una rasura e. la pergamena presenta una rasura f. in questa parte la pergamena risulta consunta 224 Raffaela Villamena taliter quod ab omnibus audiri potuerunt. Et deinde durante dicto Capitulo affixa steterunt in dicta domo in loco deputato pro dicto capitulo ita et taliter quod ab omnibus questoribus cothidie videri et legi potuerunt subdicto vulgari sermone de grossa littera, ut omnes litterati et non litterati ea legere et intelligere possint pro eorum libito voluntatis g. Que capitula, constitutiones et statuta sub dicto vulgari sermone sunt ista. In nomine Sancte et Individue Trinitatis Patris et Filii et Spiritus Sancti glorioseque matris Virginis Marie ac gloriosi confessoris dicti Sancti Antonii Viennensis totiusque celestis Curie Paradisi Amen. Per che per il tempo passato certi questuari si sono disonestamente portati ne le loro queste usando di grandissime disonestate e altre detestabile abusione per le quale la religione de Sancto Antonio he stata molto calumpniata diffamata he calump[...] h per le quale cosse il reverendo in Christo Padre et Signore monsignore labbate di Sancto Antonio moderno e suoy predecessori anno ricenuto grande reprehensione he querelle tanto in corte di Roma dal Sanctissimo nostro sancto padre il papa he da il Sacro Collegio degli Cardinali chome in altri luoghi da diversi signori he altre spetiale persone. E per cio a refre- natione degli errori passati he per obviare a ongni scandolo e calumpnia per lo tempo a venire lo prenominato monsignore labbate volendo il presente capitolo se faza nella citta di Foglino e quello seguire e finire a honore di Dio e di Sancto Antonio fa ordini he statuisse gli presenti he infrascripti capitoli ordina he statuti he costitutioni cogli questuari predetti cogli quali e sotto gli qualii intende he vuole tutte le queste pertinente e spectante alla Badia di Sancto Antonio di Vienna concedere e allogare e non altrimenti ordinando gli detti capitoli, statuti he Constitutione inviolatamente observare per essi e loro condutori e questuari le dette queste de qui avanti alla pena che se declarera he imponerasi negli contracti quasopra dicto si faranno. Et primo el prefato monsignore labbate revoca ongni e qualunche mandato vicariato o possanza fosse stata datta o conceduta a frate Gulielmo Battonati comandatore di Norges o ad altri vicari o procuratori, comissari o mandati fossero stati per tutto il tempo passato per insino a questo di presente e quanto in loro vicariati o comissione si potesse contenere. E anchora revoca ongni e qualunche mandato vicariato e possanza com- missione o licenza avesse datto ne ditto ne fatto el predetto frate Gulielmo Battonati a qualunche persona o questore o a chi tenesse queste pertinente al prefato monsi- gnore labbate sia revocato annullato e casso. Item ordina e vuole el prefato monsi- gnore labbate che tutti gli suoy questuari passati gli restituischano e pongano in sue proprie mani ongni vecchio mandato per lo prefato monsignore labbate ho per suoy predecessori o per suoy vicari per gli tempi passati concesso inhibendo a ciascheduno che non debbano piu per lavenire quelli usare ne fare usare per altrui ma che ciascheduno ripligli mandato nuovo nella forma consueta. Item che le concessione he allogatione delle dette queste quale se faranno per gli vicari dello prefato monsi- gnore labbate in questo capitulo o altre parte se intende essere ad usanza di bona questa nella forma usata per lo passato cioe che esso monsignore labbate sia tenuto affare bone le soe queste de guerra generale de forza de signore e de comunita he g. voliitatis nel testo h. la pergamena presenta una macchia i. segue i cassata dallo scrivente I Cerretani come intermediari degli Antoniani 225 per questa casone sia tenuto a fare a suoy questuari ragionevole diffalchatione e non per altro rispecto o modo o via qualunche se sia. Item vuole he ordina el prefato mon- signore labbate che tutti e conductori e questuari predetti o loro substituti quali anderanno per le queste portino honesto abito di panno honesto cioe mantello nero col sengno della potentia nel pecto al modo consueto e che non debbano lassare el detto habito per la questa loro ne per una giornata apresso gli confini e limitte di dette lor queste e che tali questori averrummodo se debbano fare adimandare o farli nominare fratri del detto ordine ma se debbano fare adimandare confratri o vero mandati o procuratori del prefato ordine. Item vuole he ordina el prefato monsignore labbate che ongni qualunche persona che avesse avuto questa alchunaj per alchuno altro sancto non possa avere questa dal prefato monsignore labbati in quella parte dove per altro sancto avesse cerchato ne apresso a quella a tre giornate ordinando che gniuno degli detti questuari o conductore possa ne debba nella sua questa quale avesse dal dettok monsignore labbate o suo vicario possa portare altro habito che di sancto Antonio ne per altro sancto possa questare apresso a detta questa per tre giornate chome e detto di sopra. Item che niuno questore possa ne debba dire ne fare dire dessere prete o vero sacerdote o in ordini sacri se veramente non fosse ne anchor possano ne debbano pigliare ne fare pigliare dinari per dire messe ne dare absolutione alchuna ne udire confessione ne absolvere voti alchuni pertinente he spectante al prefato abbate o sua religione ne anchora possino celebrare o fare matrimoni ne in quelli inpazarsi ne anchora alli mancho absolvere per qualunche casone si sia ne anchora altre abusione fare ne sanctionare. E contrafacendo a a l questo ordine statuto et decreto quelli tali questuari o mandatari siano ipso facto privati di dette loro queste et may per lo avenire possano avere queste in detta religione. Item che gniuno questore possa ne debba usare incantamenti ne indovinamenti ne sortilegi ne altre false suggestione ne deceptione ne arte illicite contro la fede e di sancta Romana chiesa prohibite e reprobate. Item che gniuno de gli detti questuari e conductori debbano ne possano imponere messe calici ne croce ne confessione udire ma sola- mente habiano a intimare lo stato ella indigentia del monasterio e degli poveri di Sancto Antonio he annuntiare he predicare le indulgentie concedute per li Romani pontifici alli benefactori della religione di Sancto Antonio sopradetto e di cio che adimandano o ricevano cioe gli voti legati oblatione e altri subfidi facti a honore e nome di sancto Antonio volontariamente per le bone gente e devote persone e ancora debbiano predicare e declarare la confraternitade del detto rodine di Sancto Antonio. Item che gniuno degli detti condutori o questuari possa ne debba absolvere del voto dandare a Sancto Antonio di Vienna ne retrahere o impedire alchuna persona che tal voto o volunta avesse di fare tale viagio sotto la pena di perdere sue cerche e di quella pena sopradetta della abusione. Item che gniuno de gli predetti questori debbano ne possano vendere o impegniare o alienare ne permutare alchuni beni immobilem della religione di Sancto Antonio in qualunche modo si sia. Item vuole e ordina ut supra ad similitudine degli altri capituli antiqui che tutti voti, legati, testamenti, donationi j. lacerazione della pergamena k. segue o cassata dallo scrivente l.ain interlinea m. segue i cassata dallo scrivente 226 Raffaela Villamena o altre oblatione ascendente oltre alla summa de venti firini doro de camera fatti e datti per qualunche modo he forma in nomine he reverentia di sancto Antonio sienno e pertengano al detto monsignore labbate e suo monosterio et non se intendino compresi in le allogatione del presente capitulo infra la quantita de detti venti firini sienno interamente de detti questuari et conductori excepto calici, cruce, paramenti sacerdotali e libri quale cosse se intendino essere del detto monsignore labbate e sua religione non obstante le allocatione predette. Item che tutti conductori e questuari predetti debbiano pagare gli loro pagamenti in gli termini he loghi debiti secondo gli pacti e conventione se conterranno nigli loro contracti e quando non pagassero sia licito al detto monsignore labbate o suo procuratore o vicario mandare a detti questuari per ricevere gli pagamenti e gli detti questuari cioe ognuno di loro i quali non avessero pagato sianno tenuti ciaschuno per chi avesse colpa di retardare e non provedere al commissario o messo di monsignore labbate o di suo vicario sianno tenuti [...]n ogni di predetto [...]o messo sara retardato da poy il termine debito non essere expedito. Item vuole he ordina el prefato monsignore labbate non essere tenuto ne obligato agli detti questuari e conductori fare difalchatione ne sconto alchuno per scroccho o per danno luno questuario facesse a laltro ne per gente darme stessero o sogiornassero o passassero p per gli payesi quali fossero armati ne anchora per casone de Case hospitali Capelle o fraternitade o Capella di sancto Antonio per nessuno modo ne finalmente per altre casone o ragioni che per le sopardette del secondo capitulo. Item occhorendo Caso licito per lo qualeq diffalchatione lecita della [...]r el detto monsignore labbate o suoy vicari cioe per ghuerre generale se debba ellegere uno homo discreto o piu per sua parte e il questuario al quale la diffalchatione se avesse affare debbia elegere similmente una o piu persone per la sua parte. Quali e- lecti habiano arbitrio e possano differire e limitare la diffalchatione quale se avesse affare he alloro determinatore per luna partes e per laltra se debba stare di veramente che quando quello t asseresse essere perduto se raquistasse el questuario sia tenuto a vista extimatione de fare lo debito aldetto monsignore labbate o suo vicario. Item che tutte le lettre necessarie de veschovi e signiori e prelatti eclesiastici e degli signori temporali e comunitade e homini spetiali se debbiano impetrare alle spese de detti conductori e questuari. Item in caso de impedimento che avenesse adetti questuari e conductori che non potessero intrare ne loro queste ne quelle fare per le Cagioni sopradette detti questuari o conductori sianno tenuti notificarlo infra duo mese e megio al prefato monsignore labbate o suo vicario o Comissario acio se possa provedere he altrimente gniuna diffalchatione debbiano avere. Item che gli detti conductori e questuari debbiano ciascheduno di loro infine dele loro conductioni lassare le loro queste ciascheduno la sua piantata e ben disposta e in bona divotione. Item che ciascheduno degli detti conductori e questuari debbiano fare in le loro queste inventario de tutte case terre vingne possessione e beni stabili de sancto Antonio quali troveranno in le loro queste he infine della loro allocatione debbiano n. in questa parte la pergamena risulta consunta o. in questa parte la pergamena risulta consunta p. giuntura di due pergamene q. segue o cassata dallo scrivente r. la pergamena presenta una rasura s. a margine H di mano successiva t. segue rasura con una linea I Cerretani come intermediari degli Antoniani 227 detto inventario reponere e assignare nella mane del prefato monsignore labbate e de suo vicario o commissario E quelli che retornaranno al presente nelle loro cerche debbiano dare perscritto tutte quelle possesioni case terre quale sonno messe loro cerche predette. Item che nessuno questuario possa avere il mandato novo se prima non re presenta il mandato vecchio Etiamque che dia perscritto tutte le terre e castelle delle sue cerche e tutti gli veschoadi done si destende la sua cercha e etiamque tutti gli testamenti legati che sapesse essere stati fatti a lordine di sancto Antonio nelle sue cerche. Item vuole el prefato monsignore punire e condepnare per infino alla summa di cento ducatti larghi ciascheduno degli detti questuari o conductori quali cerchassero la cercha luno de laltro e vole poterlo privare di fatto della cercha sua propria e quelle concedere e dare a chi gli parera sanza dare notitia al detto scrocha- tore non obstante ongni legge municipali o decretti che impreiuditio della liberta della Religione in qualunche loco fosse stata fatta per lo passato o si facesse per lo avenire. Item che si per negligentia de detti conductori o questuari quali non andas- sero a cerchare le loro queste nel tempo debito ne occhoresse dannou o interesse in esse queste di tale danno o interesse quale v occhoresse ne potesse occhorere da poy il detto tempo che detta questa se debbe fare o essere fatta lo detto monsignore labbate non sia tenuto affare alchuna diffalchatione ne sconto alchuno non se possa per tali questuari adimandare. Item che alchuno questore non possa ne debba nelle sue dette queste cerchare o veramente adimandare se non una volta lanno a tempi debiti usitati e consueti secondo lusanza e consuetudine della detta questa. Item el prefato mon- signore labbate non sia tenuto ne obligato agnuno de suoy questuari fare difalcha- tione per guerra che fosse stata di qui indrietro ne per castello o vero payese guasti per ghuerra o per fuocho o per altra casone. Item se in le queste de detti questori e conductori fossero alchune castelle o ville le quali fossero state occupate a detti questori per forza de signoria non obstante la declaratione del secondo capitulo e no obstante che per lo passato ne sia stata facta declaratione da qua in avanti non vole lo detto monsignore labbate a veruno essere obligato. Item vuole e statuisse el prefato monsignore labbate che ciascheduno questuario o conductore delle queste di sancto Antonio non possa ne debba dare ne allogare ne fare cerchare ad altre persone le queste a luy concedute per lo sopradetto monsignore labbate o vero suoy vicari excepto che per quelli gli quali sono nominatamente nel mandato o vero procura sanza licenza del detto monsignore labbate o de suoy vicari salvo non fossero infermi di tale infermitade che giustamente avessero di essere excusati. Et chi facesse il contrario perda di fatto la sua questa e commissione he il predetto monsignore labbate o suo vicario possano dare e allogare a chi pareva loro dette queste di fatto sanza dare alchuna notitia a chi contrafacesse questo statuto decreto e ordinatione. Item che per obsidione o altra guerra della terra di Cereto o de Monte sancto o dongnialtro loco ove gli detti questuari o conductori habitano o habitassero al presente a tempo futuro el prefato monsignore labbate o altri per Luy non sia tenuto fare alchuna defalchatione ne sconto. Item similmente che monsignore labbate per se ne per altri per Luy non sia tenuto fare alchuna defalchatione per represaglie o per altra prohi- u. danno aggiunto in interlinea v. segue i cassata dallo scrivente 228 Raffaela Villamena bitione quale fusse stata facta per debito o per altra colpa degli omini de Cereto o vero de Monte sancto o de altro luocho dove gli sopradetti questori o conductori habiteranno. Item vuole statuisse e ordina el prefato monsignore labbate che qualunche conductore e questuario de qualunche luogo o di qualunche grado stato e conditione si sia per veruntempo se trovasse obtenere ne dovere obtenere ne anchorque impetrare dal papa patriarchi archiepiscopi episcopi ne altri prelati ecclesiastici. O vero re, du- ci, baroni e qualunque altri signori temporali e comunita licentie o vero licentia brevi bolle lettere o altri contracti a termine e da dette persone volunta de fare ne per altrui fare fare a petitione e nome e volunta de qualunche luogo chiesa hospedale case persona o vero persone privato spetiale o vero generale de qualunche grado stato e conditione si sia tanto ecclesiastico quanto seculare queste comissione luogo chiesa hospedale casa e viagi del predetto sancto Antonio o cerchassse a peticione altre che del detto monsignore labbate o de sua religione nel nome de sancto Antonio sopra- detto inperiudicio e contro la religione sia ipso facto sanza altra monitione privato o vero privati in perpetuo dongni aquesta loco e comissione casa chiesa hospedale e viagi officii e benefici obtenuti ed avere obtinere e questo alla pena de perpetua privatione delle sopradette cosse e alla pena di ducento ducatti doro quali se appli- cano la metta alla Camera apostolica e laltra metta al detto monsignore labbate ovvero di sua religione secondo parera alla volunta del detto monsignore labbate. Item vole el prefato monsignore labbate che se alchuna legge municipale o statuti o altre ordinatione e lettre missive di qualunche grado o conditione potessero essere fatte ne ordinate a Cereto o a Montesanto o quivi essere mandate o in gniuno altro luocho dove habiti o habitasse al presente ne per tempi futuri alchuno o vero alchuni questuari quale fussero indanno o pro iuditio del prefato monsignore labbate e nelle quale leggi e decreti statuti o lettere se contenesse che nessuno questuario o altri per lui non potessero pigliare adimandare proferire o fare proferire a queste pertinente al prefato monsignore labbate benche fossero state per e tempi passati o fossero al presente dalchuna persona. vuole el prefato monsignore che dette leggie statuti decreti o lettere missive sianno cassew anullate e degniuno valore cum cio sia cossa chelle sonno ingrandissimo preiuditio e danno del prefato monsignore labbate. He vuole statuisse e ordina che dichi avanti ongni persona possax pighare conducere proferire e fare proferire quello piu gli paresse [...] y quelle liberamente alzare a quella summa e quantitade gli paresse he vuole che tali persone non caschino ne possano cadere in alchuno danno ne pena pecuniale o di quale conditione potessero essere ne contenesse in alchune leggi e decreti o statuti fatti per detti questuari o per lettre alchune fatte ne mandate per alchuno signore temporale o spirituale. Ma che cia- scheduna persona possa allocare offerte chome a luy parera a ogni questa non riguardanno che dette queste fossero state ne fossere al presente dalchuno tenute ne allogate per gli tempi passati he vuole el prefato monsignore labbate che dette leggi e statuti ordinatione o lettre sianno revocate et di gniuno valore chome se may non fossero state fatte ne ordinate. Item vuole el prefato monsignore labbate che se w. segue o cassata dallo scrivente x. possa in interlinea y. la pergamena presenta una rasura I Cerretani come intermediari degli Antoniani 229 alchuno questore che avesse questa o parte de questa non possa detta questa o parte lassare dare ne consignare nominatamente o secretamente a lor figliole per dota ne in nome di dota sotto pena dessere privato di detta questa e dongni prestanza avesse fatto e alla pena di non may potere avere questa o parte di questa in detta religione et foto la pena di ducatti ducento doro larghi quali siano ipso facto applicati cioe la metta al signore temporale sotto il quale stesse o habitasse quello tale che controfa- cesse al detto statuto decreto e ordinatione laltra metade sia applicata allopera e fabrica del prefato monostero di Santo Antonio di Viena. Item vuole ordina e statuisse el prefato monsignore labbate che alchuno questuario non possa ne debba adiman- dare alchuno difalchamente degniuna possessione case o altri beni immobili quali fossero venduti per il passato ne che se vendessero per lo avenire per luy o per suoy vicari o legittimi procuratori per tale venditione non intende el prefato monsignore labbate ne sua religione essere obbligata a veruna difalchatione in veruna questa ne loco dove tale venditione fossero state fatte o savessero a fare per gli tempi a venire. Item statuisse e ordina al prefato monsignore labbate che per lo avenire non sia alchuno religioso ne questore che olsa ne presuma pigliare torre per alchuno modo ne via alchune bestie picchole o minute o grosse o dalchuna rasone che sieno quale bestie pertenessero o potessono pertenere ad alchuno religioso comandatore o que- store benche dette bestie fossero portate datte o consegniate in alchuna preceptoria oratorio Cappella overo spedale di Santo Antonio o vero che dette bestie fossero per passagio duno loco ad altro Reservato in questo Capitulo statuto o decreto la Co- manderia o vero preceptoria di Firenze quale non se intenda esserez sottoposta in questo capitulo ordine statuto e decreto ma possa ongni bestiame debba e sia licito a chi quella governera in nome del prefato monsignore labbate possa pigliare ongni bestiame grosso o minuto e ongni altre limosine quale fossero portate e mandate in detta preceptoria cioe di Santo Antonio di Firenze e questo atteso alle grave he in supportabile spese occhoreno in sua lanno alla stessa preceptoria da diverse persone e da diversi loghi Ma vuole el prefato monsignore labbate che ongnialtra persona religiosa o questuario non presuma ne ardischa pigliare alchuna cossa sopradetta che appartenesse luna alaltra benche dette bestie non stessero in altri luoghi choma acchadde in marema E questo sotto alla pena di diece ducatti doro per ongni volta che alchuno religioso o comandante in questo errore chadesse. E se alcuno questore fosse che per lo avenire controfacesse a questo statuto ordine et voluntade del prefato monsignore labbate sintenda essere caduto ipsofatto in pena di venticinque ducatti doro quali sieno ipsofacto applicati al prefato monsignore labbate quando tale errore o manchamente se trovera sera datto fede a chi tal manchamento reportera avendone fede inscritto da doa o tre persone dengnie di fede o vero da persona publica cum fede publica. Quibus quidem capitulis, constitutionibus et ordinamentis preinsertis ut prefertur lectis et publicatis dicti questores videlicet fratres Laurentius Gordini preceptor Fulginei, Iohannes Giliberti preceptor Valterre, Iohannes de Pro- vanis preceptor Viterbiensis, Laurentius de Solerio preceptor Montisboldi. Iohannes de Cussano preceptor de Marchatello, Petrus Carteri preceptor de Montesanto, Iaco- z. i cassata dallo scrivente 230 Raffaela Villamena bus Visconte preceptor Florenzole supranominati. [...] Jacobus Benedicti Mathei de Cereto, Zuctius Iohannis Zuccii de Montesancto, Petrus Iacobi de Pontano, Gentilis Baptiste et Georgius Baptiste de Montesancto, Andreas Petri Telli de Burgo Santi Bassi, Guccius Antonii de Guccio, Iohannes Colay, Benedictus de Antonio et Fran- ciscus de Iacobo de Antonio de Cereto, Zuccius Zuccii de Montesancto, Marcus Benedicti et Petrus Ginonis Gentilis et Nolfus de Anyano de Cereto et Pontanus Benedicti de Cereto, Fabricius Cesaris, Antonius Francisci, Franciscus de Iohanni, Ludovicus Panelli, Attavianus Baptiste, Marinus Baptiste et Dominicus Marini Bap- tiste de Montesancto ac Theodorus Bartholi de Strata de Cereto Spoletanensis dio- cesis ibidem [...] unum post alium huismodi capitula, constitutiones et ordinamenta bene intellexisse dixerunt ac ratas et gratas, rataque et grata habuerunt illasque et illa sponte acceptaverunt et illis consentierunt promiseruntque et ad sancta Dei evangelia scripturis sacrosanctis per eos et quoslibet eorum sponte tactis, iuraverunt ipsis capitulis, constitutionibus et ordinamentis et contentis in eis nullomodo contra- venire sed ea in omnibus et per omnia prout in eisdem capitulis continetur observare. Acta publicata et facta fuerunt omnia et singula premissa in ecclesia et domo pre- ceptorie predicte Santi Antonii Fulginei sub anno inditione dieaa mense et pontificatu quibus supra. Presentibus ibidem venerabilibus viris dominis Francisco Toselli pre- ceptore generali domus Sancti Antonii Sancte Crucis Viennensis diocesis, nobili Iohanne de Aquanigra, Iohanne Fabri curato [...]Valelilliarum, Andrea Rineti clerico Anitiensis diocesis, Iohanne de Iousello presbitero Bisuntinensis diocesis, Antonio Gortini clerico Lugdunensis diocesis et pluribus aliis testibus ad premissa vocatis spetialiter atque rogatis. (ST) Et me Ludovico Vitalis presbitero canonico monasterii Sancti Antonii Viennen- sis diocesis notario auctoritate apostolica publico qui in premissis omnibus et singulis dum sicut premittitur agerentur publicarentur dicerentur et fierent unam cum preno- tatis testibus presens fui eaque sic fieri vidi et audivi et in notam sumpsi ex qua hoc publicum instrumentum manu aliena, me aliis occupato negotiis, fideliter scriptum extraxi et in hanc formam publicam redegi, signoque meo consueto quo in publicis fungor instrumentis signavi in fidem omnium et singulorum premissorum requisitus et rogatus.

aa. segue i cassata dallo scrivente III. IL CASO DELL’ORDINE DI S. SPIRITO

Mario Sensi L’espansione dell’ordine di S. Spirito in Umbria e nelle Marche

Quando l’amico Andreas Rehberg mi propose di riprendere a lavorare su un argomento che avevo trascurato ormai da anni, accettai volentieri l’invito, anche perché, casualmente, avevo rinvenuto una nuova pista di ricerca. Cammin facendo mi sono però accorto come l’impresa richiedeva non solo tempi lunghi, ma anche un lavoro d’équipe: troppi archivi ancora da setacciare; troppi registri notarili da sfogliare. Così nell’impossibilità di svol- gere, partitamente, il titolo affidatomi – la presenza e l’opera degli ospedalieri e delle ospedaliere di S. Spirito tra Marche e Umbria – mi limiterò, nella prima parte, a una rassegna della letteratura recente, per poi passare ad indicare alcune piste di ricerca. Le ragioni di questo percorso si possono così riassu- mere: da una parte, la ripetizione di dati obsoleti; dall’altra nuove indagini archivistiche appena iniziate, ma da proseguire, stanti i promettenti risultati.

I. La letteratura Due i recenti convegni di studio dedicati alla storia ospedaliera nelle Marche. Si sono tenuti nel 1990 e nel 1992, quindi a breve distanza l’uno dall’altro. Il primo sull’età medievale è stato organizzato dal “Centro di Studi Storici Maceratesi” su Assistenza ospitaliera nella Marca medievale.1 L’al- tro, incentrato sull’età moderna, è stato promosso dalla Deputazione di Storia Patria per le Marche e ha per tema Medicina e salute nelle Marche dal Rinascimento all’età napoleonica.2 In detti contributi, quanto alle filiali del S. Spirito in Sassia – istituti specializzati nel soccorrere l’infanzia abbando- nata, ma dediti anche ad altre attività assistenziali – ci si limita ad un elenco,

1. Assistenza e ospitalità nella Marca medievale. Atti del XXVI Convegno di Studi Maceratesi, San Ginesio 17-18 novembre 1990 (Studi maceratesi 26), Macerata 1992. 2. Medicina e salute nelle Marche dal Rinascimento all’età napoleonica. Atti del Conve- gno, Ancona-Recanati 28, 29, 30 maggio 1992, 2 tomi (Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le Marche 97), Ancona 1994. 234 Mario Sensi spesso sommario, con qualche ulteriore tessera rispetto a quanto noto per la precedente letteratura. In particolare si desiderano segnalazioni di archivi di detti ospedali per l’età medievale; mentre non sono emersi dati, utili alla problematica, da auspicati scavi condotti nei fondi notarili di età medievale e negli Archivi delle Opere Pie o Congregazioni di Carità, dove è confluita la documentazione dei singoli ospedali incamerati dalle leggi eversive (materia- le, da ultimo, trasferito negli Archivi di Stato o in quelli comunali, sotto varie dizioni, a cominciare da quella di ‘Istituzioni di beneficenza e istruzione’). Fatto un raffronto tra le filiali di S. Spirito in Sassia, censite da Pietro de Angelis, nella sua opera in due volumi, uscita negli anni 1960-1962 e gli ospedali ricordati negli Atti di detti due Convegni, si ha la conferma che gli studi relativi alle filiali di S. Spirito nelle Marche e alla loro gestione interna non hanno fatto progressi.3 Una constatazione che, del resto, riguarda tutto l’ordine, come di recente ha fatto notare Andreas Rehberg, che scrive: “for- tunatamente si sono tramandati documenti riguardanti l’ordine e il suo gover- no anche in diversi archivi locali, sebbene il difficile censimento totale negli archivi romani, umbri, meridionali e oltralpe … non sia stato ancora realiz- zato”.4 De Angelis censisce per le Marche tre filiali per i secoli XII-XIII e diciannove per i secoli XIV-XV. Nei citati ‘Atti’ della Deputazione delle Marche si menzionano, come membri dell’ordine di S. Spirito in Sassia e partecipi degli stessi privilegi, complessivamente solo quattro ospedali: due – S. Spirito di Pesaro 5 e S. Spirito di Recanati 6 – eretti nel secolo XIII, ma

3. P. D e A n g e l i s, L’ospedale di S. Spirito in Saxia, I: Dalle origini al 1300, Roma 1960, pp. 319-348 [Ospedali di S. Spirito in Italia nei secoli XII-XIII: elenca per l’Umbria, Foligno (325), Narni (326), Orvieto, Otricoli (327), Trevi (330); per le Marche: San Genesio (325), Offida (326), Urbino (332)]; II: Dal 1301 al 1500, Roma 1962, pp. 575-592 [Ospedali di S. Spirito in Italia nei secoli XIV-XV: elenca per l’Umbria: Acquapendente, Assisi (575), Cammoro (577), Marsciano (579), Gubbio, Fabriano (580), Foligno (581), San Gemini, Leo- nessa (582), Gualdo Tadino (583), Montecchio di Todi (584), Narni, Norcia (585), Orvieto, Otricoli, Piediluco (586), Spoleto (588), Terni, Todi, Trevi (589); per le Marche: Amandola, Ancona, Arquata, Ascoli Piceno (576), Camerino (577), Cingoli, Corinaldo (579), San Ginesio (582), Montecosaro (584), Montelupone, Montemonaco, Monte S. Martino, Monte S. Maria in Lapide in diocesi di Fermo, Offida (585), Pesaro (586), S. Angelo in Pontano, Ripatransone, Rocca Contrada (Arcevia) (587), Urbino (590)]. 4. A. R e h b e r g, Nuntii, questuarii, falsarii. L’ospedale di S. Spirito in Sassia e la raccolta delle elemosine nel periodo avignonese, Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge 115 (2003) pp. 41-132: 61 nota 79. 5. Lo si dice eretto intorno al 1210, cfr. M. F r e nquellucci,Ospedali pesaresi fra XIII e XV secolo, in: Medicina e salute (come nota 2) pp. 417-451: 417-419. 6. È ricordato come destinatario di un lascito in un testamento del 1292, G. A. V o g e l, De ecclesiis Recanatensi et Lauretana, 5 voll., Recanati 1859: I, p. 105; II, pp. 61-65, doc. XXXIV. Si è persa anche la memoria del sito. L’espansione dell’ordine di S. Spirito in Umbria e nelle Marche 235 ben presto abbandonati; mentre gli altri due ancora attivi in età moderna, sono le Grazie di Ascoli, nei pressi di Porta Romana 7 e S. Spirito in Senigallia.8 Passando agli ‘Atti’ del «Centro di Studi Storici Maceratesi», al citato elenco, si aggiungono altre quattro filiazioni di S. Spirito: due istituti, fondati con il concorso dell’ospedale di S. Spirito in Saxia di Roma: S. Spirito delle Vene, in territorio di San Ginesio, eretto tra il 1220 e il 1222 in zona di frontiera, con il concorso di tre centri demici, San Ginesio, Cerreto e Giuffone,9 S. Spirito di Tolentino, aperto intorno alla metà del secolo XIII,10 mentre l’ospe- dale di Fabriano, prima di essere affilialo intorno al 1348 all’ordine romano, era appartenuto ad altri ospedalieri.11 Ricoprono invece un certo interesse le seguenti notizie di archivio. L’o- spedale ginesino, fondato nel 1222 con la partecipazione del S. Spirito in Sassia, nel 1232 fu dato in commenda al priorato gerosolimitano di S. Basilio in Roma che, a sua volta, lo diede in gestione al precettore dell’ospedale gerosolimitano di Macerata.12 Da una disposizione testamentaria, edita dal Fabiani, si apprende che ad Ascoli il pellegrinaggio alla locale chiesa ospe- daliera era indulgenziato: una donna, infatti, nel testamento dettato nel 1384, dispose che heredes debeant mictere ad indulgentiam S. Spiritus de porta

7. G. L. M a s e t t i Z a n n i n i, Gli ospedali marchigiani (sec. XVI-XVII) in alcuni documenti vaticani in: Medicina e salute (come nota 2) pp. 379-416: 387. L’Autore dichiara di utilizzare, come fonte, la relazione di visita pastorale di Giuseppe Faldolfi (1685), c. 710. 8. E. G r e g o r i n i/A. C e c c a r e l l i, Gli ospedali di Senigallia nel Quattro-Cinque- cento, in: Medicina e salute (come nota 2) pp. 453-464: 454. 9. Su questo ospedale, costruito nei pressi di S. Croce, a Piandipieca, cfr. G. S a l v i, Memorie storiche di Sanginesio (Marche) in relazione con le terre circonvicine, Camerino 1889, pp. 67-70, da cui dipendono, A. A. B i t t a r e l l i, Piandipieca (Studi maceratesi 23) pp. 251-287: 284; M. S e n s i, Assistenza ospitaliera a San Ginesio, in: Assistenza e ospitalità (come nota 1) pp. 326-367: 326. 10. E. C a s a d i d i o, Tolentino meta e sosta di pellegrini e viandanti dall’antichità al medioevo, in: Assistenza e ospitalità (come nota 1) pp. 445-472: 450s. 11. Attestato sin dal 1313, era posto extra portam plani e detto S. Spirito de Armeniis; nel 1322 detti ospedalieri, al pari di altri ecclesiastici, furono esclusi dall’assoluzione generale concessa dal rettore della Marca, R. S a s s i, Le chiese di Fabriano. Brevi cenni storico-artistici, Fabriano 1961, pp. 75-76. Nel 1342 gli ospedalieri annessero la chiesa ospedaliera di S. Maria Maddalena. Questa, prima del 1348, fu affiliata all’ordine di S. Spirito in Sassia, ibid., p. 47; U. P a o l i, Centri di assistenza nel contado fabrianese, in: Assistenza e ospitalità (come nota 1) pp. 601-628: 608. 12. S a l v i, Memorie storiche di Sanginesio (come nota 9) pp. 67-70, con dati, tratti dall’Archivio della Collegiata e dall’archivio municipale. Giova ricordare come le costituzioni di Guido di Montpellier contengano interi paragrafi tratti alla lettera dalle costituzioni dell’or- dine di S. Giovanni in Gerusalemme, cfr. P. D e A n g e l i s, “Regula sive statuta hospitalis Sancti Spiritus”. La più antica regola ospedaliera di Santo Spirito in Saxia, Roma 1954; B. R a n o, Ospitalieri di Santo Spirito, in: Dizionario degli istituti di perfezione (d’ora in poi: DIP), VI, Roma 1980, coll. 994-1014: 999. 236 Mario Sensi

Romana, usque ad XII annos.13 Appena poche tessere in appoggio alla gene- rosa ricostruzione sull’espansione dell’ordine fatta da Pietro de Angelis.14 Di diverso spessore la circolare, spedita il 22 settembre 1299, da David Paperoni di Ferentino, vicario generale della Marca, a tutte le autorità civili, in appoggio alla bolla Circa opera pietatis (1297 marzo 6) di Bonifacio VIII, con la quale si sollecitano le diocesi italiane a favorire i quaestores eleemosina- rum a servizio dell’ospedale di S. Spirito: il fatto che detta circolare compaia nel Registro della Curia Generale della Marca, una circolare spedita il 22 settembre 1299 in risposta all’appello di Bonifacio VIII lascia supporre che, all’epoca, gli ospedalieri di S. Spirito godessero nelle Marche di buone prote- zioni.15 Ma lo scavo archivistico è praticamente ancora allo stadio iniziale. Per l’età moderna, solo conferme. I piccoli ospedali, che fungevano anche da brefotrofi, si limitavano a una prima accoglienza degli esposti, dopo di che questi venivano trasferiti ad altri brefotrofi che fungevano da centri di acco- glienza di un’area più vasta. Tali S. Maria della Misericordia di Urbino, dove confluivano ad esempio i proietti presi in cura dalla Misericordia di Calvi e di Casteldurante;16 l’Ospedale Maggiore di Fermo, dove affluivano esposti anche dal Regno di Napoli;17 l’Ospedale Maggiore di Camerino, voluto da

13. G. F a b i a n i, Ascoli nel Quattrocento, I, Ascoli 1975, p. 249 (testamento di donna Tuzia di Vanne Brunori, Not. E. Iacobiti, 5 luglio 1384; inoltre, stesso notaio, 15 luglio 1384). Non è fuori luogo ricordare come qualche anno prima, esattamente il 20 aprile 1373, Gregorio XI aveva rilasciato il perdono di un anno e 40 giorni ai quanti avessero visitato, in determinati giorni dell’anno un’altra filiale di S. Spirito di recente fondata, quella di Viterbo; il documento è citato da A. R e h b e r g, I papi, l’ospedale e l’ordine di S. Spirito nell’età avignonese, Archivio della Società Romana di Storia Patria 124 (2001) pp. 35-140: 60s. Lo stesso Fabiani pubblica, da un altro testamento, un lascito di due lire allo stessa filiale ascolana, precisandone la finalità: hospitali Sancti Spiritus de porta Romana, pro nutrimento unius gectati, ibid., nota 20 (testamento di Emido Baroncelli di Ascoli, Atti di E. Iacobiti, 16 luglio 1384). Nel sec. XVI il priore di S. Spirito di Ascoli era anche commendatario (prioratuum, hospitalium seu domo- rum) di Accumuli, Amatrice, Civitella, S. Giacomo di Offida e Ripatransone, ibid., nota 21. 14. Queste, stando alla ricostruzione del De Angelis, le case in Italia degli ospedalieri di S. Spirito: sec. XII, 4; sec. XIII, 71; sec. XIV-XV, 159, cfr. D e A n g e l i s, L’ospedale di S. Spirito in Saxia (come nota 3) I, pp. 319-348 (“ospedali di S. Spirito in Italia nei secoli XII-XIII”); II, pp. 575-592 (“ospedali di S. Spirito in Italia nei secoli XIV e XV”). Mentre è divulgativo il precedente studio, I d., L’ospedale di S. Spirito in Saxia e le sue filiali nel mondo. L’assistenza medica e sociale dal sec. XII al sec. XIX in Europa, Asia, Africa, America, Roma 1958, pp. 53-56 (“Filiali ospedaliere dei Santo Spirito nel mondo”). 15. G. P a g n a n i, Alcuni atti della curia generale della Marca del tempo di Bonifacio VIII scoperti a S. Ginesio e un singolare caso di omonimia dantesca, in: Atti del III Convegno di studi storici maceratesi, Camerino, 26 novembre 1967 (Studi maceratesi 3), Macerata 1968, pp. 179-214: 204. 16. M a s e t t i Z a n n i n i, Gli ospedali (come nota 7) pp. 381s, 388, 392, 416. 17. Ibid., p. 384. L’espansione dell’ordine di S. Spirito in Umbria e nelle Marche 237

Giulio Cesare Varano il quale, nel 1474, con l’autorizzazione di Sisto IV,riunì tutti i piccoli ospedali della città, e una delle funzioni di questo ospedale era appunto quella di accogliere i bambini abbandonati dell’intera diocesi.18 La maggior parte di questi ospedali aveva un’unica amministrazione (comunale, fraternale, oppure di un ente religioso) che si occupava di malati e di esposti.19 Fino al secolo XVII, però, mancano indagini: sull’abbandono dell’infanzia, sulle modalità dell’esposizione, sul baliatico esterno, sul desti- no dei ragazzi (lavori manuali, il garzone in campagna) e delle bambine (accolte in conservatorio, dove venivano educate ai lavori di casa, in attesa di sposarsi o di entrare in un monastero). Mancano inoltre indagini sull’abbandono dell’infanzia; sulle modalità dell’esposizione nei centri, dove operava un ospedale che aveva una ‘ruota’, la culla degli esposti, e nelle periferie, dove l’unico luogo sacro per esporre i bambini era la chiesa parrocchiale;20 sul baliatico esterno, che per alcune donne povere poteva costituire un lavoro dignitoso per sopravvivere. Da indagini condotte sui libri, detti “dei projetti”, veniamo a sapere che il periodo di baliatura poteva durare, in alcuni casi, fino a dieci anni; dopo di che i ragazzi venivano avviati ai lavori manuali o andavano a fare il garzone in campagna; mentre le bambine venivano accolte in conservatorio, dove veni- vano educate ai lavori di casa, in attesa di sposarsi, quando appunto riuscivano ad avere una dote, o di entrare in un monastero.21 Nulla poi soprattutto sui rapporti tra i titolari dei brefotrofi periferici – che in età moderna di norma erano gestiti da confraternite laicali – e gli ospedalieri di S. Spirito che, oltre

18. Ibid., p. 391. Su questo ospedale, M. S a n t o n i, Medaglia commemorativa del brefotrofio di Camerino, in: Bollettino di Numismatica e Sfragistica per la storia d’Italia, Borgagli/Camerino 1883; O. B u s s i n i, L’infanzia abbandonata a Camerino nei secoli XVIII- XIX: alcune osservazioni preliminari, in: La demografia storica delle città italiane, Bologna 1982, pp. 593-613; I d., Camerino tra XVI e XIX secolo. Evoluzione demografica e aspetti sociali, Camerino 1986, pp. 158-189. 19. Si veda M a s e t t i Z a n n i n i, Gli ospedali (come nota 7) dove si utilizzano alcune Relazioni di visite apostoliche di fine secolo XVI e Visite ad Limina del secolo successivo: vi si elencano i brefotrofi di Ancona, gestito dalla compagnia di S. Girolamo (p. 385, 412); di Recanati dove dopo le prime cure gli esposti venivano portati a Loreto o a Macerata (p. 415); di Fabriano (p. 391); di S. Angelo in Vado (p. 393); di Fano (p. 393); di S. Rocco di Jesi (p. 395); di Osimo (p. 399) di Pesaro (p. 401). 20. Sul problema G. D a M o l i n, L’infanzia abbandonata in Italia nell’età moderna. Aspetti demografici di un problema sociale, Bari 1981. 21. È in questo contesto che va letto lo stereotipo che compare nei testamenti: Item reliquit pro nubendis pupillis et miserabilibus personis, cfr. S. S e b a s t i a n e l l i, Medicina e assistenza a Pergola, in: Medicina e salute (come nota 2) pp. 529-544: 538 (testamento dettato a Pergola il 28 aprile 1390). Per Camerino in età moderna, cfr. B u s s i n i, L’infanzia abban- donata a Camerino (come nota 18) p. 177s. 238 Mario Sensi all’assistenza ospedaliera, comune agli altri ospedali, accoglievano bambini esposti e ragazze madri.22 Di certo il brefotrofio di S. Maria della Pietà di Camerino inviava gli esposti all’arciospedale di S. Spirito in Sassia, tramite l’ospedale di S. Spirito in Foligno, distante circa 50 chilometri.23 Stessa la constatazione circa l’Umbria, per la quale il De Angelis elenca cinque filiali, relativamente al secolo XIII e venti per i secoli XIV-XV. In questa regione si sono tenuti due convegni,24 con relazioni che hanno toccato il problema dell’assistenza agli esposti in età moderna e del ruolo svolto in Umbria dall’arciospedale di S. Spirito.25 Ma se anche in questa regione non ha fatto progressi il censimento delle filiali di S. Spirito,26 in compenso sono uscite, una ventina di anni fa, tre monografie sull’assistenza ospedaliera, rispettivamente per Foligno (1974),27

22. Questo ordine ospedaliero, fondato da Guido di Montpellier verso il 1175 a Montpel- lier (Francia) fu approvato da Innocenzo III nel 1198 con bolla His praecipue. L’ospedale di S. Spirito in Sassia a Roma, divenuto l’ospedale dei papi, fu fondato tra il 1198 e il 1201 e da Innocenzo III affidato nel 1202 a Guido di Montpellier. I frati ospedalieri, per regola, una volta la settimana dovevano uscire per le strade e le piazze e raccogliere poveri infermi per portarli al S. Spirito (c. XXXV). L’ordine, ridotto a un piccolissimo numero di canonici, è stato soppresso da Pio IX, nel 1847. Per le origini e la finalità, d’obbligo il rimando a P. S a u l n i e r, Trattato del Sacro Ordine di Santo Spirito detto in Sassia, Roma 1662. Per una prima informa- zione, R a n o, Ospitalieri di Santo Spirito (come nota 12). Per il corrispettivo ramo femminile, I d., Ospitaliere di Santo Spirito, in: DIP, VI, Roma 1980, coll. 988-993. 23. B u s s i n i, L’infanzia abbandonata a Camerino (come nota 18) p. 175n. 24. Orientamenti di una regione attraverso i secoli: scambi, rapporti, influssi storici nella struttura dell’Umbria. Atti del X Convegno di studi umbri, Gubbio 23-26 maggio 1976, Perugia 1978; Poveri in cammino. Mobilità e assistenza tra Umbria e Roma in età moderna. Atti del colloquio, Assisi 29-31 ottobre 1986, a cura di A. M o n t i c o n e, Milano 1993. 25. L. C a j a n i, Decentramento e riforma dell’assistenza agli esposti in alcune province dello Stato ecclesiastico nel ‘700, in: Orientamenti di una regione (come nota 24) pp. 255-287; M. L. T r e b i l i a n i, Il destino delle esposte e delle donne povere, in: Poveri in cammino (come nota 24) pp. 253-261. Viene segnalato, per Norcia, il locale priorato di S. Spirito, reintitolato al Crocefisso (a motivo del pregevole crocefisso del sec. XV, rinvenuto intatto sotto le rovine del terremoto: la chiesa fu ricostruita nel 1747 sulla sommità di Norcia, a ridosso delle mura urbiche, si conserva però l’altare di fondo del sec. XIV; mentre sull’arco, fra due emblemi dell’ordine (doppia croce) si legge l’iscrizione: Hoc opus fieri fecit Ventura Consuli de Rigofriddo 1436, tempore fratris de Reate prioris, ma per l’archivio si rimanda quello romano, cfr. R. C o r d e l l a, Norcia e territorio. Guida storico-artistica, Norcia 1995, p. 65. 26. Auspicabile la pubblicazione degli elenchi delle filiali di S. Spirito in Sassia, che compaiono in alcune lettere pontificie segnalate da R e h b e r g, I papi (come nota 13) pp. 67-72; un prezioso indice guida per facilitare quanti – in periferia –, si trovano nella possibilità di offrire un contributo fattivo a varie problematiche: dall’ubicazione agli elenchi dei rettori, fino alla consistenza patrimoniale del relativo beneficio. 27. M. S e n s i, Cerretani a servizio degli ospedali di Santo Spirito, nei notarili di Foligno e Montesanto, Bollettino storico della città di Foligno 6 (1982) pp. 35-73. Sul servizio prestato dal b. Antonio Ungaro († 1398) in questo ospedale insiste L. I a c o b i l l i, Vita di san Feliciano L’espansione dell’ordine di S. Spirito in Umbria e nelle Marche 239

Gubbio (1975) 28 e Spoleto città e diocesi (1978),29 dove appunto operarono filiali di S. Spirito.30 Per nessuna di queste vengono segnalati archivi di età medievale; vi sono stati però sondaggi nei protocolli notarili da cui sono emersi dati concernenti S. Spirito in Sassia (capitoli per la nomina di vicari e procuratori; possedimenti decentrati, etc.) e le filiali (rettori [dell’ordine o di altri ordini], inventari delle case ospedaliere, testamenti, etc.). Mentre il rinvenimento casuale – da parte di chi scrive – degli archivi notarili di Sellano, Montesanto e, da ultimo, di Cerreto – tre comuni della Valnerina, patria dei “cerretani” – invano ricercati da Pietro Camporesi – che nel 1971 si recò in partibus Cerretanorum 31 –, offre nuove prospettive di ricerca per quanto concerne la questua e gli abusi dei nuntii, con dati che indirettamente riguar- dano anche il governo dell’ordine e le filiali.

II. I Cerretani Teseo Pini, che era stato vicario generale del vescovo di Spoleto, nello Speculum Cerretanorum (scritto tra il 1484 e il 148632) riporta gustosi qua- martire, vescovo e protettore della città di Foligno…, seconda edizione con le correzioni dell’Autore e le annotazioni di Andrea Biondi, a cura di M. S e n s i, Foligno 2002, pp. 94, 165. 28. P. L. M e n i c h e t t i, I 50 ospedali di Gubbio. Storia e documenti, Città di Castello 1975. Alle pp. 31-38, Ospedale di S. Spirito, menzionato la prima volta in un testamento del 1221; mentre la prima menzione di un priore locale risale al 1290; e nel 1301 fanno capo a questo ospedale un priore e otto conversi. Dal 1400, marzo 1, l’ospedale era gestito dall’Uni- versità dell’arte della lana. Nel fondo Armanni, un transunto della bolla di Alessandro IV del 29 giugno (non 18 maggio) 1264. 29. S. C e c c a r o n i, La storia millenaria degli ospedali della città e diocesi di Spoleto, Spoleto 1978. Sono ricordati gli ospedali di S. Spirito di Castel Sant’Angelo di Visso (p. 109), Leonessa (116), Monte S. Martino di Preci (121), Norcia (118, 121), Romagnano di Cascia (118), Spello (147), Spoleto (50, 91), Cammoro (159). 30. In P. S e l l a (a cura di), Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Umbria, Città del Vaticano 1952, figurano: S. Spirito de Saxo di Nocera, nrr. 3911, 4175, 4184, 4297, 4473, 4553; S. Spirito di Pié di Cammoro, in diocesi di Spoleto, ibid., nrr. 6402, 6725; S. Spirito di Gubbio, ibid., nrr. 2477, 2575, 2626, 2801, 2978, 3156; S. Spirito de Polsonena (Pulcarino, Pulsarono), in diocesi di Assisi, ibid., nrr. 3426, 3570, 3822. Se ne ignora l’ubicazione, mentre l’ordine continuò a possedere in Assisi dei terreni, e in città un punto di riferimento, un’apoteca di appoggio, cfr. C. C e n c i, Documenti di vita assisana, 1300-1530, 3 voll. (Spicilegium Bonaventurianum 10-12), Grottaferrata 1974-1976: I (1300-1448), p. 114 (a. 1354, De Baylia Pretate, Sanctus Spiritus de Roma, habet); p. 524 (1436, agosto 7, Nos fr. Iohannes de Trica- rico* sacri et apostolici hospitalis Sancti Spiritus in Saxia de urbe ac totius ordinis Sancti Spiritus generalis preceptor, a Roma con il suo capitolo, nomina fr. Iohannem de Nursia* vicarium generalem per gli affari dell’ordine). 31. P. C a m p o r e s i, Il libro dei vagabondi. Lo «Speculum cerretanorum» di Teseo Pini, «Il vagabondo» di Raffaele Frianoro e altri testi di «furfanteria», Torino 1973, p. 54 nota 1. 32. Non è possibile con esattezza sapere l’anno in cui il Pini scriveva. Tre i riferimenti: 240 Mario Sensi dretti sui questores eleemosinarum dei vari ordini ospedalieri; come anche su altre categorie di truffatori, quali gli artisti della camuffa; racconti che ven- gono riproposti, in un volgare colorito da Raffaele Frianoro.33 Nel mirino di Teseo Pini, i nuntii che vengono reclutati dagli Antoniani in Valnerina e in particolare a Cerreto e nei limitrofi castelli: una terra inadatta all’agricoltura e con un numero limitato di pascoli; è quanto lascia intendere Flavio Biondo, nella sua Italia illustrata, terminata nel 1453.34 Il miraggio di un’attività lucrosa aveva spinto taluni persino ad aprire degli studia per avviare apprendisti questuanti all’apprendimento di questa che, dopo tutto, era un’arte che faceva un tutt’uno con quella del raggiro, passata poi alla storia come l’arte del ciarlatano. Scrive infatti Teseo Pini che i Cerretani si erano organizzati in sette, una delle quali aveva ramificazioni in Camerinensi agro 35 dove, al tempo dei Varano, avrebbe aperto uno studio privato per quanti intendevano avviarsi alla carriera di quaestor eleemosina- rum, nel gergo biante, onde questuare a favore degli ospedali.36 Pietro Camporesi, pubblicando nel 1973, Il libro dei vagagondi che ha per sottotitolo, Lo «Speculum Cerretanorum» di Teseo Pini, «Il vagabondo» di Raffaele Frianoro e altri testi di «furfanteria», si chiedeva quanto di storico ci poteva essere in questi racconti dove i protagonisti, a parte il loro nome che potrebbe essere fittizio, sono inquadrati in un preciso ambiente geogra- fico, la Valnerina con i suoi tre importanti castelli di Cerreto, Sellano e Montesanto e un nugolo di villaggi, quasi tutti giunti ai nostri giorni. Egli trovò una prima conferma nella biografia del b. Bernardino da Feltre, dove si dice che questo minorita, nel 1487, mentre si trovava a predi- care ad Assisi, fu incaricato da Sisto IV di trasferirsi a Spoleto nel tentativo di disinfestare questa città e suo retroterra dai Cerretani, uomini dediti all’im- postura e alla frode.37 Ancorché non vi sia traccia, nei documenti locali di

1) la peste del 1476 costrinse il vicario ad allontanarsi da Spoleto e così trascorse “parecchi giorni nella valle del Nera, in un castello i cui abitanti esercitano pure quel mestiere” di nuntii. 2) Girolamo Santucci, vescovo di Fossombrone e vice delegato di Spoleto, cui il Pini dedica il suo scritto, rivestì la carica di vice delegato due volte, dal 1484 al 1486 e dal 1488 al 1489. 3) Dal fatto che Sisto IV viene ricordato come vivente, si arriva alla proposta 1484-1486. Cfr. P. P i r r i , I Cerretani, La civiltà Cattolica 86/III (1935) pp. 350-365: 352. 33. C a m p o r e s i, Il libro dei vagabondi (come nota 31) pp. CXIL-CL. 34. F l a v i i B l o n d i F o r o l i v i e n s i s, Italia Illustrata, Veronae 1482, pp. 22-23. 35. C a m p o r e s i, Il libro dei vagabondi (come nota 31) p. 16. 36. Ibid., pp. CXVIII-CXIX; Teseo Pini, «Speculum cerretanorum», ibid., p. 46. 37. Parum hic (Spoleti) moratus, Pontificis mandatum prosecuturus, Spoletum rediit, illinc Ceretanos, pessimum et fraudolentum hominum genus, espulit, suburbia in quibus copiose habitabant multis superstitionibus et diabolicis expurgavit imposturis:L.Wadding,Anna- les Minorum, XIV (1472-1491), Firenze 1933, p. 499 (an. 1487, nr. 432, § XXIV); inoltre, Acta Sanctorum (Sep., VII, p. 842, col. 2). L’espansione dell’ordine di S. Spirito in Umbria e nelle Marche 241 detta predicazione, è probabile che questa sia stata fatta con l’appoggio dell’inquisitore hereticae pravitatis che risiedeva in questa città.38 Dal breve testo del Wadding si apprende che i raggiri (imposturis) in cui i Cerretani erano divenuti esperti erano di natura superstiziosa (superstitionibus)edia- bolica (diabolicis), cialtroni dunque che tiravano in ballo il sacro. Il Campo- resi non riuscì invece a trovare la seconda conferma, quella proveniente dagli Statuti comunali di Cerreto ‘pubblicati’ nel 1380, strada suggeritagli dal Leonardi, in un articolo uscito nel 1957.39 Trovò gli Statuti di Cerreto nella copia del 1509 “privo del frontespizio” e dove erano state “asportate le cc. 68-70 e 118 122, quelle che presumibilmente, fra le altre cose, regolavano l’esercizio della questua”.40 Suppliscono tuttavia gli Statuti del Comune di Montesanto, pervenutici nella redazione del 1545, dove figurano rubriche che condannano ciò che, da parte sua, Teseo Pini denuncia genericamente come malcostume dei Cerreta- ni. Le rubriche 37-41, del libro II e le rubriche 54-55, del libro III, trattano appunto delle imposture messe in atto dai Cerretani, in particolare della camuffa 41 e delle frodi compiute nell’esercizio della questua per conto di

38. Sull’ufficio dell’Inquisitore a Spoleto, cfr. M. d’ A l a t r i, Eretici e inquisitori in Italia. Studi e documenti, I: Il Duecento; Roma 1986; II: Il Tre e il Quattrocento, Roma 1987 (cfr. indici; nessun cenno però alla venuta di s. Bernardino da Feltre). 39. E. L e o n a r d i, I Cerretani e Cerreto, in: Saggi linguistici, Firenze 1957, p. 274. Il Leonardi aveva cominciato a scrivere sui Cerretani sin dal 1909: I d., Una terra di medici e di santi: l’Umbria meridionale nell’alto Medioevo, in: Società italiana di storia critica delle scienze mediche e naturali. Atti della riunione di Venezia 1909, Venezia 1909, pp. 189-202. 40. C a m p o r e s i, Il libro dei vagabondi (come nota 31) p. 54, nota 1. 41. Una riprova dell’attendibilità di detta denuncia viene dagli Statuti di Montesanto, rub. LIV, De pena facientium camuffa: Quia sunt aliqui, qui falso profitentur se habere scientiam et artem reperiendi thesauros absconditos, quam artem fingunt et simulant se habere dolose et fraudolenter ut decipiant homines rudes et grossos et personas simplices, que ex eorum ruditia et simplicitate ac etiam anxietate et avaritia et cupiditate acquirendi divitias facile credunt illis dicentibus thesauros absconditos reperiri et in quibus possunt obbediunt illis dicentibus quod tales thesauros absconditos non possunt reperiri nisi cum multis signis auri et argenti, cum quibus signis ipsi utuntur arte sua predicta, unde illi miseri et fatui credentes eis ponunt in manibus eorum decem ducatos auri atque viginti vel triginta, aliqui quinquaginta et varias summas et quantitatem denariorum et ducatorum auri pro illis signis, que signa auri seu ducatos fingunt in presentia illorum reponere in aliqua capsa, vel in aliquo scrinio, vel in aliquo loco secreto et bene clauso et dicunt illis: non remuratis eos usque ad duos vel tres vel quatuor dies, quia postea nos rediemus et compleremus totam artem et habebitis thesauros et pecunias vestras in manibus. Ideo interea fugiunt in patriam illorum cum illis ducatis […], hec subtrac- tiones vocantur camuffa iuxta consuetudinem patrie illorum; quia vero ista camuffa iure ecclesiastico magna et gravia peccata […] hoc perpetuo prohibemus edicto, ne aliquis homo de terra Montis Sancti vel eius comitatu, territorio et districtu audeat et presumat quocumque modo vel aliquo quesito colore […] dictam camuffam facere […] etiam extra districtum et territorium Montis Sancti, in aliqua civitate, terra vel castro, villa vel loco totius Italiae […] 242 Mario Sensi enti ospedalieri.42 E in queste rubriche per tre volte si fa menzione anche di S. Spirito in Sassia de Urbe, istituto messo sullo stesso piano di altri ordini ospedalieri. È questa una prima conferma che anche l’ordine di S. Spirito si era servita di nuntii cerretani; mentre il fatto che costoro non vengano menzionati né dal Pini nel dal Frianoro, trova una possibile spiega- zione nell’alta stima goduta dall’ordine di S. Spirito a Roma e nel resto d’Italia.43 Ma sono soprattutto i protocolli notarili dell’area cerretana e di Foligno a documentare che nuntii cerretani operarono sia a servizio del S. Spirito in Sassia, come anche delle sue filiali sparse tra Umbria e Marche, i cui priori erano stati autorizzati ad ingaggiare nuntii, agendo così in prima persona.44 Finora hanno dato esito positivo le ricerche che ho condotto, a partire dal 1982, con la tecnica del campione, negli archivi notarili di Foligno, Trevi – dove sono confluiti i fondi notarili dei Comuni di Sellano e di Montesanto – e Spoleto, dove fu trasferito l’archivio notarile del Comune di Cerreto, fondo che però è stato inventariato e reso consultabile solo a partire dal 2000. Hanno invece dato esito negativo le ricerche condotte in Assisi – dove ho utilizzato lo spoglio fatto in forma sistematica da Cesare Cenci 45 –, Spello e Camerino, dove ho condotto sondaggi con la tecnica del campione, estendendola anche ai fondi notarili dell’alto maceratese, confluiti alla sezione di Archivio di Stato di questa ultima città. Ne ho dato notizia in due interventi: uno incentrato sub pena viginti quinque ducatorum auri […] ad subiciendum torturis et tormentis, si noluerint confiteri et satisfacere ut supra […]. 42. Ho pubblicato le relative sei rubriche, dove appunto si elencano una serie di trasgres- sioni in cui abitualmente incorrevano i Cerretani: S e n s i, Cerretani a servizio (come nota 27) pp. 68-69. 43. Dopo il giudizio dato da Giacomo da Vitry al cap. XXIX della sua Historia occiden- talis, dove si dice che esistono ospedali assai corrotti, “ma vi sono alcune congregazioni regolari e comunità principali o ospedali maggiori, nei quali non manca il fervore della carità, l’unione della pietà, il decoro dell’onestà, e la severità della disciplina, come sono gli ospedali di S. Spirito di Roma e di San Sansone di Costantinopoli” (The Historia occidentalis of Jacques de Vitry, a cura di J. F. H i n n e b u s c h, Friburgo 1972, p. 149), anche a S. Spirito vi fu un periodo di crisi; quindi, a metà Quattrocento, l’ospedale fu riformato e tornò in auge, cfr. E. G a t z, Papst Sixtus IV. und die Reform des römischen Hospitals zum hl. Geist, in: M. W e i t l a u f f/K. H a u s b e r g e r (a cura di), Papsttum und Kirchenreform. Historische Beiträge. Festschrift für Georg Schwaiger zum 65. Geburstag, St. Ottilien 1990, pp. 249-262. 44. Altri, anche di recente, hanno indagato sulle facoltà che i fratres di S. Spirito nel corso dei secoli ottennero dai pontefici al fine di raccogliere a vari titoli denaro nelle varie parti della cristianità – d’obbligo il rimando ai citati saggi di R e h b e r g, I papi (come nota 13) pp. 59-64 e I d., Nuntii (come nota 4) pp. 41-132 – mentre lo spoglio sistematico delle fonti periferiche, da cui si apprendono modalità di reclutamento e quantità effettivamente raccolta, è ancora agli inizi. 45. C e n c i, Documentazione di vita assisana (come nota 30). L’espansione dell’ordine di S. Spirito in Umbria e nelle Marche 243 sui Cerretani a servizio dell’ordine di S. Spirito in Sassia, apparso nel 1982;46 l’altro, un Dossier sui Cerretani, uscito due anni dopo.47 I Cerretani continuarono a svolgere l’attività di nuntii fino al concilio di Trento che decretò la soppressione di questo singolare mestiere. Dopo di che costoro fecero buon viso a cattiva sorte, adattandosi alle nuove esigenze. Quando il Piccolpasso, un funzionario del governo periferico dello Stato della Chiesa, che si recò nel 1565 in missione a Cerreto, prese atto come molti all’epoca, erano dediti all’attività di spacciare unguenti e polveri ritenute miracolose: “essercitano questi uomini d’andar per il mondo vendendo il zafferame et pepe et altre spetiarie, coralli come anco una certa sorte d’herba che chiamano corallina, qual ridotta in polvere vendono per dar ai putti per scacciar i vermi”.48 Cade al proposito il detto popolare: «la volpe cambia il pelo, non il vizio».

III. L’ambito delle questue Se le accuse più pesanti sui Cerretani vennero da Teseo Pini – il quale, in quanto vicario generale di Spoleto, forse ebbe modo di inquisirli più volte – le prime denuncie della loro singolare arte si hanno con Masuccio Salerni- tano che, nel Novellino, afferma come “spoletini e cerretani […] vanno de continuo attorno per l’Italia, cercando e radunando gli vóti e promisse a loro santo Antonio fatte; e sotto tal colore vanno predicando e fingono far miraculi, e con ogn’altra manera de cauti inganni che possono adoperare, se impieno molto ben de dinari e d’altre robe e retornanosi a poltronizzare a casa”.49 Quanto poi al loro campo di azione, Teseo Pini precisa che i Cerretani questuavano non solo in Italia, ma ad Pannoniam atque Valachiam et ad alias provincias Turcarum Regno finitimas.50 Mentre per capire l’abbinamento Spoletini-Cerretani va precisato che, nel secolo XIII, i Cerretani non avevano potuto resistere all’espansione del comune di Spoleto, per cui i castelli della

46. S e n s i, Cerretani a servizio (come nota 27). 47. M. S e n s i, Vita di pietà e vita civile di un altopiano tra Umbria e Marche (secc. XI-XVI) (Storia e Letteratura. Raccolta di Studi e Testi 159), Roma 1984, pp. 357-472. 48. C. P i c c o l p a s s o, Le piante et i ritratti della città e terre dell’Umbria sottoposte al Governo di Perugia, a cura di G. C e c c h i n i, Roma 1963, pp. 71-72. 49. M a s u c c i o S a l e r n i t a n o, Il Novellino, a cura di G. P e t r o c c h i, Firen- ze 1957, p. 18. 50. C a m p o r e s i, Il libro dei vagabondi (come nota 31) pp. LXIX. Nell’Illiria sicura- mente questuarono i nuntii degli Antoniani. Ma probabilmente vi si spinsero anche i nuntii di S. Spirito. A definire l’area delle elemosine di questo ospedale fu Innocenzo III con bolla Inter opera pietatis (19.6.1204): avrebbero potuto raccogliere collette o questue in Italia, Sicilia, Inghilterra e Ungheria, mentre le altre regioni rimanevano di competenza dell’ospedale di Montpellier. 244 Mario Sensi

Valnerina furono sottomessi e nel trattato fu inserita la clausola di aprire un proprio quartiere a Spoleto, detto poi dei Cerretani. E non è improbabile che ipriminuntii abbiano fatto l’apprendistato presso l’ospedale spoletino della Stella, istituto che assisteva anche esposti: retto da una fraternitas mista, costituita da fratres e sorores, l’ospedale dalla metà del sec. XIII era stato infatti autorizzato a servirsi di nuntii da inviare anche fuori diocesi per raccogliere le elemosine necessarie per il funzionamento dell’ente.51 Non ci sono tuttavia pervenuti i relativi contratti di ingaggio, ragione non ultima la perdita quasi totale dei protocolli notarili di Spoleto anteriori al secolo XV. Non migliore è la situazione dei notarili della Valnerina: fatta eccezione per Montesanto, che conserva due protocolli del secolo XIV (Lallo di Mainardo, 1300-1302; Cola di Gentiluccio, 1393-1394), gli altri registri notarili sono posteriori al secondo/terzo decennio del secolo XV. Stessa la situazione di Foligno che, per il secolo sec. XIV, possiede appena sedici registri. In com- penso in alcuni protocolli dell’area spoletina fungono da fogli di guardia bistuscie (patentes licterae) scadute, alcune delle quali risalenti al secolo XIV. La bistuscia è il documento che autorizzava il nuntius a questuare, vi erano incluse le licterae con le indulgenze e i privilegi goduti dall’ordine. Su una di queste bistuscie, quella rogata nel 1315 a Vienne con la quale Aymon de Montaigne, abate degli Antoniani, nomina nunzi dell’ordine abitanti di Cer- reto di Spoleto, tolta dalla sua sede (guardia di un protocollo notarile) ed entrata nella collezione delle pergamene dell’Archivio di Stato di Spoleto, come ricorda in questi atti Raffaela Villamena.52 Allo stato attuale della documentazione, pertanto, non è possibile cono- scere con certezza quando i Cerretani abbiano cominciato a dedicarsi alla questua per conto di enti assistenziali fino a divenire ‘professionisti’, o meglio ‘bianti’, come appunto li chiama Teseo Pini. Dalla bistuscia rinvenuta a Spoleto, di cui sopra, e dal notarile di Montesanto si apprende che, di certo, abitanti della Valnerina svolgevano detta professione per conto degli Anto- niani a partire dal secondo decennio del secolo XIV, mentre sulla fine di quel secolo lo facevano alla grande, come si evince dal protocollo di Cola di Gentiluccio (1393-1394).53 Fin troppe, invece, le conferme che ai nuntii dell’area cerretana ricorrevano tanto i grandi ospedali, che operavano in tutta

51. Sull’ospedale della Stella e in genere sull’assistenza ospedaliera a Spoleto nei secoli XIII e XIV, si veda L. F a u s t i, Degli antichi ospedali di Spoleto, in: Atti dell’Accademia Spoletina 1920-1922, pp. 68-78; C e c c a r o n i, La storia millenaria (come nota 29) pp. 28-30, 49-59; inoltre mi permetto di rimandare al mio, Vita di pietà (come nota 47) pp. 378-386. 52. Cfr. R. V i l l a m e n a, I Cerretani come intermediari degli Antoniani (a proposito di due documenti del 1315 e del 1492), in questo volume. 53. Ho pubblicato i relativi testi nel mio, Vita di pietà (come nota 47) pp. 390-394. L’espansione dell’ordine di S. Spirito in Umbria e nelle Marche 245

Europa, quanto i minuscoli ospedali di campagna che avevano uno o due letti e tuttavia erano riusciti ad ottenere dalla Curia papale un privilegio di questua con relative indulgenze per i benefattori. Fin troppi sono però i registri che non ho potuto consultare, con l’ulteriore precisazione che del fondo di Cer- reto, finito di inventariare nel 2000, ho potuto esaminare solo i primi venti registri.54 Si tratta di indagini che richiedono tempi lunghi e che sono comun- que da condurre a più mani, se si vogliono ottenere risultati sicuri. Gran parte della documentazione riguarda l’industria della questua, con dettagli sull’organizzazione: s’intende, vista dalla periferia. Le collette ave- vano bisogno di persone che coordinassero su vasta scala la raccolta e di operai che andassero di porta in porta per raccogliere le elemosine manuali. I primi, detti ‘protobianti’, ricevevano l’appalto della questua di un territorio geograficamente definito detto balia direttamente dal superiore generale del- l’ordine (Gran Maestro, Gran Priore), da un suo vicario e persino dal priore di una filiale.55 Nel contratto si determinavano: confini, tempo – uno o più anni – e relativo pagamento, una somma che variava nel tempo e di norma era rateizzata: dunque un vero e proprio appalto, con rischi connessi, per cui il concedente si cautelava, pretendendo dei mallevadori. Dal protobiante la balia veniva poi subappaltata (il termine usato è arrendare)aunoopiùbaiuli (questores eleemosinarum).56 I baiuli, recatisi sul posto, dopo essere stati

54. I contratti che ho finora annotato – tratti tutti da notai della II serie del Notarile di Spoleto – riguardano: S. Spirito in Sassia, suddelega, anno 1447 (ANS, II Serie, Not. 1797, c. 24); balie di Pistoia, Lucca, Pisa, Firenze, Luni et Brugnato, a. 1448 (ibid., Not. 1877 c. 34); Cremona e Bergamo, a. 1450 (ibid., c. 78v), Pavia, 1450 (ibid., Not. 1878, f. 5). S. Maria di Roncisvalle: balia di Brescia, a. 1450 (ibid., Not. 1877, c. 91); a. 1450, (ibid., Not. 1797, c. 58v). S. Jacopo di Altopascio: balia di Alessandria, a. 1447 (ibid., Not. 1877, f. 6). S. Bartolo- meo di Benevento: a. 1448 (ibid., Not. 1797, f. 30); balie di Arezzo e Cortona a. 1452, (ibid., Not. 1878, f. 52). S. Bartolomeo de Balneis, nel distretto di Padova: balia di Vicenza, a. 1450 (ibid., Not. 1797, c. 57v). SS. Nicola e Bernardo di Monte Giove (= Gran S. Bernardo), balia di Pavia, 1451 (ibid., Not. 1878, f. 29). S. Bovo di Voghera: balia di Piacenza, a. 1446 (ibid., Not. 1797, c. 16). S. Maria de Libera di Cerreto di Spoleto: a. 1447 (ibid., Not. 1877, f. 1). 55. Protobiante era di certo Giovanni di ser Gregorio, notaio di Cerreto, come si evince dall’intitolazione del suo protocollo, iniziato il 25 dicembre 1447: Hec sunt rogationes et protocolla que et quas ego Iohannes ser Gregorii de Cerreto, publicus apostolica et imperiali auctoritate notarius et iudex ordinarius* procuravi* sponte ex certa scientia* tam in agendo quam in defendendo etc. et ad locandum questas pro ordine S. Spiritus de Urbe et ad faciendum mandata oportuna pro dictis questis et generaliter etc. fecit suum procuratorem ser Thonium Primi de Cerreto presentem et acceptantem*. Actum Cerreti, ante ecclesiam S. Marie Nove, Spoleto sez. di Archivio di Stato, Notarile (=ASS), II Serie Not. 104 (1797) Giovanni Gregori (1446-54), f. 24. 56. A titolo di esempio cito due suddeleghe, veri e propri subappalti di questue regolarmente autorizzate dall’ordine di S. Spirito e stipulate a Cerreto: l’una rogata l’8 giugno 1450 (Iohannes Cole Exguagliati de Cerreto, asserens ad se spectare et pertinere pleno iure ius locandi et 246 Mario Sensi presentati nella chiesa principale del luogo, andavano di casa in casa, serven- dosi anche della manovalanza presa sul posto. Baiuli e manovalanza, se volevano aver successo, dovevano essere sfrontati: oportet enim hominem quaestui deditum [appunto il biante] esse callidum, astutum, fronte obdurata, more senis apri, et uno aut pluribus mendaciis convinctum non erubescere; solo così potevano gabbare i semplici e strappar loro il denaro.57 Per questo i questores eleemosinarum furono stigmatizzati dai con- cili Lateranense III (1179)58 e IV (1215),59 di Lione (1274) e di Vienne incensandi questas, balivias et elimosinarum domandam per ordinem et sub nomine et vocabulo S. Spiritus in Saxia de Urbe in infrascriptis locis et partibus, sponte* locavit, arrendavit et incensavit Ciccho Antonii Tomei et Mancho Angeli Martini de dicto loco* questum et elemosinarum domandam pro dicto ordine in et per totum episcopatum Cremone et in et per totum episcopatum Pergami, cum omnibus eorum pertinentiis usitatis et consuetis pro uno anno proxime futuro inci- piendo in kal. mensis Iulii proxime futuri et ut sequitur finiendo ad omnem ipsorum conductorum rischium, periculum et fortunam, pro pretio et nomine census et mercede quinque fl. auri pro dicto anno. Quod pretium seu quem censum dicti conductores promixerunt dare et solvere dicto locatori vel suis heredibus per totum mensem Maii proxime futuri* sub obligatione omnium eorum bonorum. Actum in terra Cerreti", ibid, f. 78v): l’altra il 22 luglio successivo (“Ser Sanctes Pauli de Burgo Cerreti, sponte* asserens ad se pleno iure pertinere et spectare ius locandi et incensandi questas * locavit* Colangelo Iohannis Franchi de castro Tripontii districtus Cerreti* questas et balivas* sub nomine et vocabulo S. Spiritus in Saxia de Urbe in medietate episcopatus Papie, cum omnibus suis pertinentiis consuetis pro indiviso, cum ipso ser Sancte ad questuandum et questum imprestandum faciendum, more questorum. Et hoc ad tempus et terminum unius anni proxime futuri* et hoc* quia promixit et convenit solvere* fl. duos auri ad terminum et petitionem dicti ser Sanctis, ASS, II Serie Not. 148 [1878] Marino Filippo di Giovanni Gregori [1450-53], f. 5r). 57. C a m p o r e s i, Il libro dei vagabondi (come nota 31) p. 14. A titolo di esempio cito una quietanza a saldo di questue effettuate per conto del S. Spirito in sei diocesi della Toscana e della Liguria, rogata a Cerreto il 5 agosto 1448: Quietatio cuiusdam locationis* de nonnullis questis seu baliviis in episcopatu Pistorie, Lucche, archiepiscopatus Pisarum et Florentie, episcopatus Lune et Brugnati per ordinem S. Spiritus in Saxia, Spoleto, sez. di Archivio di Stato, Notarile (=ASS), II Serie Not. 147 (1877) Marino Filippo di Giovanni Gregori (1447-50), f. 34. 58. “Da molte lamentele, dei nostri cardinali e dei vescovi siamo venuti a conoscenza che i Templari, gli Ospedalieri e altri religiosi, oltrepassano i privilegi loro concessi dalla Sede apostolica, violano in molti ambiti l’autorità dei vescovi […] dicono che i loro confratelli questuanti, facendo uso della concessione in virtù della quale, una volta all’anno al loro passaggio, si possono aprire le chiese e celebrarvi gli uffici divini, molti di essi, provenienti da una stessa casa o da più case, si presentano con frequenza nei luoghi colpiti da interdetto e abusano del loro privilegio di celebrare i divini uffici […] con la fondazione di confraternite […] si eccede per lo zelo indiscreto di qualcuno degli inferiori; abbiamo deciso di reprimere gli abusi e denunciare i casi dubbi. Proibiamo quindi, a questi religiosi, come a tutti gli altri, di ricevere, senza il consenso del vescovo, chiese e decime dalle mani dei laici”, Concilio Late- ranense III (1179), can. 62, cfr. Conciliorum Oecumenicorum Decreta, a cura di G. A l b e- r i g o, G. L. D o s s e t t i, P.-P. J o a n n o u, C. L e o n a r d i , P. P r o d i , edizione bilin- gue. Versione italiana a cura di A. N i c o r a A l b e r i g o, Bologna 1991, p. 216. 59. “Quanto ai questuanti di elemosine, di cui alcuni mentono agli altri diffondendo errori L’espansione dell’ordine di S. Spirito in Umbria e nelle Marche 247

(1312) 60 e deprecati dalla costituzione Abusionibus.61 Solo al concilio di Trento, nella sess. XXI, tenutasi il 16 luglio 1562, fu decretata la soppressione dell’istituto dei questores eleemosinarum.62 Ebbe così fine questa singolare attività; ma non mancarono sacche di resistenze.63 nella loro predicazione, proibiamo che essi siano ricevuti se non presentano lettere autentiche della Sede apostolica, o del vescovo diocesano. E in questo caso devono proporre solo ciò che è contenuto in quelle stesse lettere”. E dopo aver fornito lo specimen su cui i vescovi, d’ora in poi, dovevano modellare le lettere da affidare ai quaestores – il cui inizio è Quoniam, ut ait Apostolus, omnes stabimus ante tribunal Christi – prosegue: “Quelli che vengono destinati alla raccolta delle elemosine siano modesti e riservati; non prendano alloggio nelle osterie o in altri luoghi poco adatti; non facciano spese inutili e esagerate e si guardino assolutamente dal portare invano l’abito religioso”, Concilio Lateranense IV (1215), can. 62, cfr. Conciliorum oecume- nicorum Decreta (come nota 58) pp. 263-264. 60. Cfr. c. 2 V 9 in Clement. = Corpus Juris Canonici, II: Decretalium Collectiones. Editio Lipsiensis secunda, ed. Ae. F r i e d b e r g, Leipzig 1879 (rist. anast. Graz 1955), col. 1190. Mentre nel decreto 17 del Concilio di Vienne si affronta il problema della gestione di detti ospedali: “Talvolta accade che rettori di ospizi, lebbrosari, ricoveri di mendicità o ospedali, trascurando la cura di questi stessi luoghi, si mostrano negligenti nel rivendicare i beni […] destinano quelle rendite al loro uso e profitto personale, mentre invece quello che la generosità dei fedeli ha destinato ad un uso determinato deve essere adibito a quello scopo e non ad altro, salva diversa destinazione stabilita dalla Sede apostolica”, cfr. Conciliorum oecumenicorum Decreta (come nota 58) pp. 374-375. 61. Poiché alcuni quaestores eleemosinarum – in particolare quelli deputati a pubblicare le indulgenze per il riscatto di Terra Santa occupata dai saraceni – commettevano irregolarità, intese col nome di abusi – il più grave era quello di assicurare i benefattori che, nel momento stesso in cui davano l’obolo, al solo dire Paradiso, sarebbe immediatamente uscita dal purga- torio e volata al cielo quell’anima per cui si aveva intenzione di sborsare il denaro in elemosina – papa Clemente V riprovò questa irregolarità con la costituzione Abusionibus (Clement., lib. V De poenit.t.9,c.Abusionibus). Lo stesso pontefice con la costituzione Religiosi vietò ai religiosi di annunciare quelle indulgenze di cui non si aveva autentica concessione (Clement., lib. V De poenit.t.7c.Religiosi), cfr. E. M. G i u s t o/R. P o l t i c c h i a, Storia documentata della Porziuncola, I, S. Maria degli Angeli 1926, p. 21. 62. “Da più concili del passato, sia dal Lateranense, e da quello di Lione, sia da quello di Vienne, sono stati decisi molti rimedi contro gli indegni abusi dei cercatori di elemosine. Tali provvedimenti, col passare del tempo, sono divenuti inutili, e anzi si deve costatare che la malizia dei cercatori, con enorme scandalo e lamentela di tutti i fedeli, cresce ogni giorno a tal punto che non sembra restare alcuna speranza per un loro pentimento. Il concilio pertanto stabilisce che, d’ora in poi, il nome e l’impiego di cercatori sia completamente abolito in tutta la cristianità e nessuno sia ammesso ad esercitare questo ufficio, nonostante i privilegi concessi alle chiese, ai monasteri, agli ospedali […]; quanto alle indulgenze […] siano rese pubbliche a tempo debito dagli ordinari locali […] ma senza ricevere alcun compenso. Così tutti intende- ranno veramente che questi celesti tesori della Chiesa sono dispensati non per scopo di lucro, ma per alimento della pietà” (sess. XXI, canone di riforma 9): Conciliorum oecumenicorum Decreta (come nota 58) pp. 731-732. 63. Significativo è il caso di Foligno. Nel 1573 il visitatore apostolico mons. Pietro Camaiani si recò a visitare il priorato di Sant’Antonio, dove fungeva da questuante, per conto 248 Mario Sensi

Dalle schede finora raccolte deduco che l’area setacciata dai nuntii cer- retani, i quali questuavano per conto dell’ospedale di S. Spirito in Sassia, era l’Italia centrale. Mentre i nuntii degli antoniani giunsero anche in Dalmazia.64 Fu una vera e propria ‘industria della questua’, con appalti, subappalti, insol- venze, fallimenti, invasione di territorio, etc. Una vera iattura che alcuni vescovi riuscirono ad arginare, negando l’autorizzazione a predicare le rela- tive indulgenze nelle loro chiese. Un esempio viene dal vescovo di Todi che rifiutò a tre Cerretani, regolarmente muniti di bolla, di questuare nella sua diocesi per cui i tre questuanti, a norma del contratto, il 18 maggio 1486 ricorsero al notaio onde essere esonerati dal pagamento della concessione a coloro che gli avevano appaltato la questua.65 del priore dell’ospedale di Sant’Antonio di Roma, certo Giulio di Pier Tommaso da Foligno: il visitatore inibuit eidem Julio quaestori ne ab hac die, sub pena carceris et excommunicationis, huismodi questuam exerceat diutius, Foligno, Archivio della curia vescovile, Visita apostolica P. Camaiani (1573), cc. 160-162. 64. Sotto la data 1448 agosto 3, un notaio di Cerreto registrata la composizione di una lite occasione questarum seu bailivarum patriarchatus Aquileie, Istrie, Dalmatie et Croatie, per ordinem Sancti Antonii Viennensis, dudum locatarum, ASS, II Serie Not. 147 (1877) Marino Filippo di Giovanni Gregori (1447-50), c. 32. 65. Actum Fulginei, in sotietate Pugillorum, ante domum solite habitationis Perdominici Nicolai Belli de Fulgineo* iuxta stratam publicam, bona ecclesie S. Spiritus et alia latera* presentibus Francisco Mactie Mugnicti et Perdominico Nicolai Belli de Fulgineo et dicte societatis Pugillorum et Iohanne Petructio Baptiste de Fulgineo et sotietate Crucis, testibus* Cum hoc sit et prout ab infrascriptis contrahentibus hoc verum fore asseratur et affirmetur esse verum, quod Salves Antonii de Cerreto et Perthomas Nicolai Angeli de dicta terra Cerreti ab Antonio Francisco Nicolai de Fulgineo, nomine et vice fratris Ruberti Thome de partibus Francie, elimosinam et cercham ecclesie Sancti Spiritus de Fulgineo, licet dicatur nomine domini Saputi Tome de Fulgineo, quondam presbiteri perdefuncti, bullas obtinuisse ut ipsi supradicti Salves, Pertomas Nicolai et Sistus Petri Pauli asseruerunt, ut supra, asserentes sese predicti Salves, Pertomas et Sistus ivisse pro lictera optinenda a rev.mo in Christo p. et d. Francisco (Mascardi) episcopo tudertino, pro elimosina tunc perquirenda in dicto territorio Tuderti, secundum continentiam predictarum bullarum et secundum continentiam licterarum procuratorum, ut asseritur, factarum cum sigillo pendenti subscriptarum manu domini Barto- lomei Candidano, cancellarii rev. p. d. comendatarii de Urbe et dictam elimosinam et cercham tunc perquirendam non obtinuisse; cuius occasione supradicti Salves, Pier Tomas et Sistus, unanimiter et concorditer, in presentia supradictorum testium et mei notarii infrascripti, renun- tiaverunt predictam elimosinam et cercham in manibus prefati Antonii Francisci cum omnibus iuribus, secundum continentiam apodisse facte per manus Salvis per se et sotiorum [?].Pro renuntiatione penitus voluerunt et mandaverunt de quibus omnibus suprascriptis relatione facere mihi notario in presentia supradicti d. Bernardi Stefani de Pedemontibus et d. Dominici Guiglelmi de dicto loco Pedemontium et etiam Dominici Pieri pur [!] de Pedemontibus, nomine prefatorum Salvis, Pertome et Sisti, predictam elimosinam perquirendam a prefato d. episcopo de Tuderto in territorio Tuderti obtinuere non potuisse, medio iuramento, per me notarium infrascriptum, predictis d. Berardino, d. Dominico Guiglelmi et Dominico Pieri dato, presen- tibus supradictis testibus, etc. Rogaverunt supradicti contrahentes sponte me Andream nota- L’espansione dell’ordine di S. Spirito in Umbria e nelle Marche 249

Nonostante le nuove acquisizioni sul piccolo mondo dei professionisti della questua, molto rimane ancora da indagare: dai reali profitti dei proto- bianti e dei bianti fino alla vita di pietà dei Cerretani. Uno dei problemi, non certo secondario, è – per usare una felice espressione del Sacchetti 66 se i Nuntii di Cerreto siano stati “gaglioffi col Tau sul petto”, o fedeli servitori di istituti assistenziali? Ci si chiede cioè se e in quale misura i Cerretani siano stati dei cialtroni senza scrupoli – quali appunto li descrive il Frianoro: costoro –egliafferma – falsificano e portano seco le bolle di pontefici, o de’ prelati, o di luoghi pii: e dilatano le fimbrie e le lor santuarie, cioè l’indulgenze, molto ampiamente promettendo non solo dal Purgatorio, ma anco dall’inferno a dispetto del demonio poter levare le anime dannate e assolver di colpa e di pena ogni gran peccatore.67 O se invece i casi giustamente stigmatizzati dal Pini e dal Frianoro costituiscano delle eccezioni, mentre la stragrande maggioranza dei Cerretani abbia svolto con professionalità il ruolo di ambasciatori dei vari ordini ospedalieri, vestendone l’abito religioso e fregiandosi della stessa insegna, onde poter questuare di porta in porta. Una delle piste da battere, per la soluzione dell’aporia è, da una parte, l’esame dei testamenti, dall’altra un minuzioso controllo dei fondi giudiziarii. In attesa, mi piace qui riferire l’operato di Paolo abitante di Cerreto all’indomani della morte di suo padre Cola di Paolo Bicti, il quale era un protobiante. Paolo di Cola, preso atto che erano ancora pendenti appalti di questue che suo padre aveva ottenuto dal cardinale di S. Maria Nova, perpetuo commendatario del priorato antoniano di Venezia, questue che si stavano conducendo in Istria, Dalmazia e Croazia, da cui come erede avrebbe dovuto trarre un utile annuo di circa quaranta fiorini, vi rinunciò destinando detta somma a mò di suffragio, per opere di bene.68 Un comportamento esemplare che la dice lunga su certi giudizi affret- rium infrascriptum, ut de predictis omnibus et singulis publicum conficerem instrumentum, Foligno, sez. di Archivio di Stato, Not. 36, Andrea di Feliciano di Buono (1485-1488), n. c., in S e n s i, Vita di Pietà (come nota 47) p. 350. 66. F. S a c c h e t t i, Il Trecentonovelle, a cura di E. F a c c i o l i, Torino 1970, nr. CX. 67. C a m p o r e s i, Il libro dei vagabondi (come nota 31) p. 97. 68. ASS, II Serie Not. 147 (1877) Marino Filippo di Giovanni Gregori (1447-50), c. 41, 1448 agosto 19, D. Paulus filius olim et heres universalis Colai Pauli Bicti de Cerreto, dicens et asserens, qualiter in dicta habitatione domini sui patris ei remanserint nonnulle balivie seu queste eidem Colao, olim eius patri, locate per rev. in Christo p. et d. d. P. cardinalem Sancte Marie Nove [= il cardinale Pietro Barbo, futuro papa Paolo II], perpetuum commendatarium prioratus S. Antonii Viennensis de Venetiis, pro dicto ordine S. Antonii predicti, pro tempore et spatio consueto et descripto in instrumento locationis facte eidem Colao […] manu ser Zani- valdi de Monte Calvo, clerici Vercellensis diocesis […] queste patriarcatus Aquileie, Istrie, Dalmatie et Croatie: quas questas seu balivias idem Colaus, tempore sue vite, relocavit et 250 Mario Sensi tati che estendono le innegabili malefatte di taluni cialtroni a tutta l’organiz- zazione dei nuntii di rispettabili Istituti ospedalieri, come appunto l’ospedale romano di S. Spirito.

adfictavit certis suis questoribus; idem Colaus, tempore sue vite et successive idem d. Paulus, eius filius et heres, habebat et nunc habet annuatim certam utilitatem ascendentem ad valorem quatraginta fl. auri vel circha. Idcircho idem d. Paulus, volens de predictis animam dicti sui patris et aliorum mortuorum de sua domo et conscientia ipsius exgravare et exonorare, sponte […] per se suosque heredes et successores omnem utilitatem omnemque lucrum et emolumen- tum, quam et quod eidem d. Paulo quomodolibet evenire posset, occaxione dictarum questarum pro tempore in dicto instrumento contento, deputavit et deputatum esse voluit et mandavit amore Dei pro refectione et manutentione ecclesiarum et pro indumentis pauperum et ad alia pia et caritativa opera, prout ipsi d. Paulo videbitur melius convenire. Anna Esposito L’ospedale di S. Spirito di Roma e la confraternita veneziana dello Spirito Santo alla fine del ‘400

Nella seconda metà del ‘400 l’ordine di S. Spirito cercò di incentivare la sua penetrazione nei territori posti sotto il dominio della Repubblica di Ve- nezia, dove istituzioni legate all’ospedale romano erano ancora poco diffuse.1 Nel corso del tempo, com’è noto, numerose erano state in tutta Europa 2 sia le fondazioni di ospedali con annesse chiese o cappelle da parte dei frati ospedalieri del S. Spirito legate a filo diretto con la sede centrale di Roma, sia – soprattutto tra fine ‘300 e il ‘400 – istituzioni diverse, come monasteri, chiese etc. che si affiliarono all’ordine per poter godere del ‘tesoro’ delle grazie spirituali e delle indulgenze concesse al S. Spirito in Sassia da diversi pontefici.3 In cambio all’ente romano, almeno negli ultimi decenni del ‘400,

1. Per la fine Trecento cfr. A. R e h b e r g, I papi, l’ospedale e l’ordine di S. Spirito nell’età avignonese, Archivio della società romana di Storia Patria 124 (2001) pp. 65-74, 135-140 (Appendice II). Per il sec. XV non vi sono liste complessive delle filiali e degli enti affiliati all’ospedale romano: per un sommario elenco (comunque da verificare) si può consul- tare Roma, Archivio di Stato (= ASR), Ospedale S. Spirito, reg. 102. 2. Cfr. P. D e A n g e l i s, L’ospedale di S. Spirito in Saxia e le sue filiali nel mondo, Roma 1958; I d., L’ospedale di S. Spirito in Saxia, 2 voll., Roma 1960-1962. L’ospedale di S. Spirito e il suo ordine stanno conoscendo in questi ultimi anni un rinnovato interesse. Oltre ai contributi contenuti negli Atti del convegno internazionale L’antico ospedale di Santo Spirito. Dall’istituzione papale alla sanità del terzo millennio, Roma 15-17 maggio 2001, pubblicati nella rivista Il Veltro, 45/5-6 (2001), 46/1-4 (2002), tra i quali si cfr. in particolare G. D r o s- s b a c h, Caritas cristiana: Innocenzo III fondatore dell’ospedale e dell’ordine di S. Spirito, ibid., 45/5-6 (2001) pp. 85-94, e A. R ehberg,L’ospedale di Santo Spirito nell’età avigno- nese: fra la protezione della Curia e le vicende politiche a Roma, ibid., pp. 95-104, si segnalano – soprattutto per la tematica oggetto del presente articolo – i saggi di R ehberg,Ipapi (come nota 1) pp. 35-140; I d., Nuntii, questuarii, falsarii. L’ospedale di S. Spirito in Sassia e la raccolta delle elemosine nel periodo avignonese, Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge (= MEFRM) 115/1 (2003) pp. 41-132; I d., Die fratres von jenseits der Alpen im römischen Hospital S. Spirito in Sassia, in: U. I s r a e l (a cura di), Vita communis und ethnische Vielfalt. Multinational zusammengesetzte Klöster im Mittelalter. Akten des internationalen Studientags vom 26. Januar 2005 im Deutschen Historischen Institut in Rom (Vita regularis. Abhandlungen 29), Berlin 2006, pp. 97-155. 3. Cfr. R e h b e r g, I papi (come nota 1) pp. 44s. 252 Anna Esposito doveva essere versato un tributo annuo, di consistenza diversa a secondo dell’istituzione affiliata e delle sue capacità contributive. Il caso che ho preso in considerazione riguarda l’affiliazione all’ordine di S. Spirito dapprima del monastero veneziano dello Spirito Santo (fondato negli anni ‘80 del ‘400 nella contrada S. Gregorio da suor Maria Caroldo) e quindi dell’omonima confraternita – che aveva sede nella chiesa conventuale.4 Ipatti sottoscritti tra queste istituzioni per regolamentare i rapporti tra loro e quelli con l’ospedale romano 5 – insieme alla ricca documentazione da loro prodotta in merito all’affiliazione all’ordine ospitaliero – sono di grande interesse per mettere a fuoco diversi ordini di problemi: 1) i rapporti economici, relativi alla divisione delle entrate provenienti dalla celebrazione di anniversari, dalla concessione di indulgenze, dalla tassa d’ingresso dei confratelli, dalle elemosine e dai lasciti testamentari; 2) il reclutamento, da parte della confraternita, non solo di membri in carne e ossa, ma anche di ‘anime’, cioè di persone defunte che parenti e amici avessero voluto confortare nell’aldilà con i benefici spirituali e le indulgenze proprie del S. Spirito, pratica questa che – allo stato attuale delle ricerche – sembra poco diffusa in Italia; 3) l’attività devozionale e le celebrazioni liturgiche; 4) l’attività caritativa; 5) i legami e i sistemi di controllo delle istituzioni veneziane da parte della sede centrale romana. Ma prima di entrare in medias res, ripercorriamo brevemente le vicende che portarono alla nascita e quindi all’affiliazione della scola veneziana al celebre ospedale romano. Tutto ha inizio nel 1483 quando una religiosa del monastero veneziano di S. Caterina – suor Maria Caroldo – decise di fondare un monastero de observantia … sub titulo divini Spiritus sotto la regola agostiniana dopo aver ricevuto – il 20 aprile di quell’anno – l’assenso sia del

4. Per un primo esame della documentazione e della problematica qui considerata cfr. A. E s p o s i t o, L’ospedale romano di Santo Spirito in Sassia e i suoi affiliati nel tardo Medioevo: il caso della confraternita dello Spirito Santo di Venezia, in: M. R o s s i/G. M. V a r a n i n i (a cura di), Chiesa, vita religiosa, società nel Medioevo italiano. Studi offerti a Giuseppina De Sandre Gasparini (Italia sacra 80), Roma 2005, pp. 319-340. 5. La pergamena su cui è scritto l’accordo tra il monastero e la confraternita e i patti sottoscritti in quell’occasione, un tempo conservata nell’archivio dell’ospedale romano, oggi è in ASR, Pergamene, Ospedale S. Spirito, cass. 67, nr. 409, ora pubblicata in appendice a questo saggio. D’ora in avanti si citerà questo documento come Patti. Diverse copie di questo atto sono trascritte in alcuni registri e fascicoli sia della confraternita sia del monastero, oggi in Venezia, Archivio di Stato (=ASVe), nei fondi Scuole piccole e suffragi e Corporazioni religiose sop- presse, Spirito Santo (d’ora in avanti ASVe, Spirito Santo). Cfr. ad esempio ibid., b. 16, fasc. 6, ff. 1r-7v. La confraternita veneziana dello Spirito Santo 253

Senato sia del Patriarca di Venezia. Il 18 aprile 1492 Maria, nel ruolo di badessa, otteneva dal maestro e precettore dell’ospedale romano l’affiliazio- ne del monastero all’ordine di S. Spirito.6 Da questa data l’istituzione vene- ziana (e le monache che ne facevano parte) era ammessa a godere di tutte le grazie spirituali, indulgenze etc. del suddetto ordine. Segue a questo un altro atto ufficiale, una bolla di Innocenzo VIII, purtroppo tramandata in copia compendiata e in volgare datata solo con l’anno, 1492, in cui il pontefice confermava la predetta affiliazione all’ospedale e ordine di S. Spirito e, per sovvenire alle necessità e inopia del monastero, estendeva a tutti coloro che avessero visitato la chiesa conventuale «devotamente ben confessi e contriti e facendo elemosine», i privilegi dell’illustre ospedale romano e un numero veramente elevato di giorni d’indulgenza.7 Inoltre il papa concedeva a tutti coloro che si fossero iscritti alla confraternita che s’intendeva istituire nella chiesa delle monache un confessore di qualsiasi ordine, di loro gradimento. Dunque a questa data, antecedente la morte di papa Innocenzo (avvenuta il 25 luglio del 1492), era già in gestazione la confraternita che – secondo gli auspici del pontefice e dello stesso precettore del S. Spirito – avrebbe dovuto affiancare il monastero e costituirne un valido aiuto. Il legame del nuovo sodalizio con il monastero conosce un’ulteriore formalizzazione il 6 agosto, quando le monache, dopo aver avuto l’assenso del Consiglio dei Dieci – magistratura che vigilava sulle istituzioni ecclesia-

6. Il documento è pubblicato dal F. C o r n e r, Ecclesiae venetae antiquis monumentis nunc etiam primum editis illustrate, V, Venetiis 1749, p. 134 doc. B. 7. Questi sono i perdoni concessi dal papa: per la Natività di Cristo con l’ottava ogni giorno 8000 anni; tutte le feste dei Dodici apostoli 2000 anni, tutti i venerdì dell’anno e tutti i giorni di quaresima 1 anno e 40 giorni, la festa dello Spirito Santo di gennaio con l’ottava ogni giorno 4000 anni e 800 quarantene e la remissione della settima parte dei peccati, tutte le prime domeniche del mese dell’anno 3000 anni e 3000 quarantene e la remissione della terza parte dei peccati, la festa del corpo di Cristo con l’ottava ogni giorno 2000 anni e remissione della settima parte dei peccati, l’Epifania con l’ottava ogni giorno 100.000 anni, la Natività della Vergine con l’ottava ogni giorno 30.000 anni d’indulgenza, la Resurrezione di Cristo con l’ottava ogni giorno 2800 anni, l’Ascensione con l’ottava ogni giorno 2800 anni, la “Pasqua di marzo” ovvero l’Annunciazione con l’ottava ogni giorno 8000 anni e 8000 quarantene e la remissione plenaria dei peccati, l’Assunzione con l’ottava ogni giorno 2000 anni e 2000 quarantene, la festa d’Ognisanti “fino a S. Lunardo” ogni giorno 3000 anni e 3000 quarantene, cfr. ASVe, Spirito Santo, b. 16, reg. A, ff. 3v-4r. Per un confronto tra queste e le indulgenze divulgate nei terriori britannici nel primo ‘500 cfr. l’appendice 4 del saggio di Robert N. Swanson in questo volume. Sul tema delle indulgenze del S. Spirito, delle loro manipolazioni e falsificazioni operate soprattutto durante il periodo del Grande Scisma e nel corso del Quattro- cento, e quindi confermate da Sisto IV e successori, e sull’aumento inflazionistico dell’entità delle indulgenze espresse in alte cifre di anni, che raggiunse l’apice proprio con Innocenzo VIII cfr. R e h b e r g, Nuntii (come nota 2) pp. 89-117, 123. 254 Anna Esposito stiche del Dominio veneto 8 – convocarono un capitolo per «trovar modo de dover principiar una confraternita et scholla sotto el costume de Venezia».9 Così nella chiesetta di legno del monastero intitolata al nome dello Spirito Santo si riunirono ventisette uomini, certo il primo nucleo del sodalizio, che dovevano – tra gli altri compiti – istituzionalizzare l’accordo con le monache. Queste ultime avevano dovuto superare un ultimo ostacolo: bloccare il pro- getto di erezione di un’altra chiesa dedicata allo Spirito Santo in una diversa contrada veneziana. Questo progetto – portato avanti, con l’autorizzazione del maestro generale dell’ordine, da Giovanni Buselli, un frate veneto pro- fessus ordinis religionis hospitalis S. Spiritus in Saxia de Urbe –secondola badessa avrebbe sottratto popolo e fedeli (e le loro elemosine) dalla devozione della chiesa conventuale. Solo il 3 settembre si arrivò ad un accordo che vedeva trionfare su tutta la linea Maria Caroldo e il suo monastero. Il frate ospitaliere, che – come vedremo – diverrà negli anni seguenti il principale referente nel dominio veneto dell’ospedale romano, rinunciava a fondare in futuro a Venezia e nella sua diocesi chiese, monasteri e ospedali dedicati allo Spirito Santo,10 cedendo anzi alla badessa tutti i privilegi e le lettere apostoli- che in suo possesso e inoltre, considerando la penosa condizione d’indigenza delle monache, prometteva di versare alle religiose la quinta parte di tutte le elemosine da lui riscosse «occasione et cause queste seu recollecte fiende»,11

8. Sul controllo esercitato dalle autorità veneziane sulle istituzioni religiose locali cfr. P. F o r t i n i B r o w n, Le “Scuole”, in: A. T e n e n t i/U. T u c c i (a cura di), Storia di Venezia, V: Il Rinascimento. Società ed economia, Roma 1996, pp. 307-315; F. O r t a l l i, “Per salute delle anime e delli corpi”. Scuole piccole a Venezia nel tardo Medioevo, Venezia 2001, pp. 65-77. 9. Sulle scuole piccole veneziane ultimamente la storiografia si è fatta particolarmente attenta. Oltre ai saggi citati alla nota precedente, si cfr. R. M a c k e n n e y, Devotional Confraternities in Renaissance Venice, in: W. J. S h e l s/A. W o o d (a cura di), Voluntary Religion (Studies in Church History 23), Worcester 1986, pp. 85-96; I d., Continuity and change in the “scuole piccole” of Venice, c. 1250 –c. 1600, Renaissance Studies 8/4 (1994) pp. 388-403; I d., The “scuole piccole” of Venice: formations and transformations, in: N. T e r p s t r a (a cura di), The politics of Ritual Kinship. Confraternities and Social Order in Early Modern Italy, Cambridge 2000, pp. 172-189. 10. Alla rinuncia del frate non doveva essere estranea una disposizione del Consiglio dei Dieci che vietava di intitolare più di un sodalizio allo stesso santo. In realtà il Consiglio interveniva solo nei casi in cui le dispute al riguardo divenivano troppo accese, cfr. O r t a l l i, Per salute (come nota 8) pp. 45-46. 11. ASVe, Spirito Santo, b.2 pergg. ad annum. L’atto è rogato da Natale Regia, lo stesso notaio che stilerà i patti del 24 ottobre. Un’analoga vicenda, avvenuta nel 1443, può forse fare luce sui motivi della volontaria rinuncia di frate Giovanni: in quell’anno il Consiglio dei Dieci aveva ordinato la chiusura di una seconda scuola di devozione sorta nella chiesa dei Frari in onore di s. Ludovico per la protesta delle monache del convento omonimo, che ne avevano già autorizzata una nella loro chiesa, e che vedevano diminuire il culto locale al loro santo di fronte La confraternita veneziana dello Spirito Santo 255 cioè le questue ad ampio raggio geografico che periodicamente il S. Spirito di Roma promuoveva per finanziare la propria attività caritativa.12 Finalmente il 24 ottobre 1492 davanti al presbiter Natale Regia, pubblico notaio, si stabilivano i patti 13 che avrebbero dovuto regolare i rapporti tra monastero, confraternita e l’ospedale S. Spirito di Roma, documento di gran- de importanza sia per far luce sui presupposti su cui si basava il legame, che nelle intenzioni avrebbe dovuto configurarsi come osmotico, tra monastero e confraternita, sia più in generale per fornire un contributo all’analisi dei variegati sistemi e modalità di affiliazione alla famosa istituzione romana, che soprattutto per la fine del Medioevo sono in gran parte ancora da esami- nare. L’obbiettivo degli accordi sottoscritti è chiaramente enunciato nel proe- mio del lungo documento: accrescere con l’aiuto di Dio, della Vergine e dello Spirito Santo le due istituzioni per mezzo delle elemosine, suffragii et soc- corsi quotidiani de le bone et devote persone, il tutto per suffragio et salute delle anime et augumento delli beni spirituali … et finalmente ad exaltation de questa magnifica, inclyta et gloriosa cità de Venexia. La spinta che avrebbe dovuto incentivare la carità era data dalle indulgenze e dalle grazie spirituali dell’ordine di S. Spirito che i fedeli e devoti avrebbero potuto lucrare sia frequentando la chiesa comune alle due istituzioni, sia aggregandosi alla nuova confraternita. Non è un caso quindi che il primo dei dieci capitoli, in cui si articolano i patti, riguardi gli aspetti economici dell’accordo: chiunque, uomo o donna, avesse voluto entrare nella confraternita ed essere iscritto nella matricola, avrebbe dovuto pagare per bona intrada un ducato, la decima del quale avrebbe dovuto essere dell’ospedale S. Spirito di Roma mentre il resto, tolti quattro soldi per il cappellano della chiesa, avrebbe dovuto essere diviso in due parti eguali, una per le monache per suffragio del suo vivere e l’altra per la confraternita. Quindi il testo del capitolo così continua: et questo medesmo se intenda et intendere se debia cossì de li vivi come de li morti et de le anime de quelli defuncti, che saran admesse in dicta confraternitade et

al sorgere di un’altra confraternita omonima, cfr. S. T r a m o n t i n, Il culto dei santi nelle confraternite, in: A. N i e r o/G. M u s o l i n o/S. T r a m o n t i n (a cura di), Santità a Vene- zia, Venezia 1972, p. 78. 12. Questo tipo di questua era specialmente diffusa fra gli ordini cavallereschi ed ospe- dalieri, in particolare tra i Gerosolimitani e gli Antoniani, cfr. R e h b e r g, L’ospedale di S. Spirito (come nota 2) pp. 43-44 con ampia bibliografia, tra cui è da segnalare almeno R. N. S w a n s o n, Letters of confraternity and indulgence in late medieval England, Archives 25/102 (2000) pp. 40-57. 13. La redazione di questi patti non ha in sè nulla di eccezionale. Infatti “ogni scuola prendeva accordi diretti con la chiesa in cui aveva sede: si trattava di veri e propri patti riguardanti diritti-doveri di entrambi i contraenti, riportati nelle singole mariegole”, cfr. O r- t a l l i, Per salute (come nota 8) p. 62. 256 Anna Esposito schuola … cioè che quello ducato che serà dato per quella tal anima et per la bene intrada de quella tal anima, vada et se divida come de sopra è dicto de li vivi.14 Dunque nella confraternita si accettavano anche iscrizioni di anime, cioè di defunti, che parenti o amici avessero voluto confortare nell’al- dilà con i benefici spirituali e le eccezionali indulgenze dell’ospedale romano, un segno dei tempi che evidenzia una crescente preoccupazione per la sal- vezza dell’anima e indica un ulteriore e originale mezzo – insieme a messe e anniversari – per alleviare le pene del purgatorio e per mantenere costante il legame tra vivi e morti.15 Questo legame viene ulteriormente sottolineato in un successivo capitolo, in cui si stabiliva che le monache erano tenute ad accettare come fratelli spirituali tutti gli iscritti alla confraternita, anime comprese, et con quelli comunicare et farli participi de tucte soe indulgentie, privilegii, indulti, gratie etc.16 Ma dove la connessione vivi-morti risulta particolarmente significativa è nel capitolo che tratta delle ammissioni nel sodalizio: nessuna persona di qualsiasi condizione fosse né l’anima di alcuna persona avrebbe potuta essere ammessa, se prima non si fosse avuta buona e completa informazione della loro vita, costumi e condizione, intendendo così dei vivi come dei morti.17 Peraltro – allo stato attuale delle ricerche – della pratica delle “iscrizioni post mortem” nelle confraternite veneziane non sem- brano esservi altri esempi 18 e lo stesso si può dire per le istituzioni affiliate all’ospedale di S. Spirito in Italia e in Europa, anche se la ricerca in questo settore è ancora allo stato iniziale soprattutto per quanto concerne lo studio dei casi locali per il tardo Quattrocento. Altri beni mobili, come «denari, robe, arzenti» e beni stabili donati, offerti e lasciati alla confraternita sia per via de testamento come per qualun- che altro modo, via, ragione, dovevano invece essere integralmente della

14. Il testo prosegue facendo riferimento genericamente ad una bolla (pontificia o del maestro dell’ordine di S. Spirito) che avrebbe contrastato questa disposizione. 15. Cfr. Le osservazioni di J. C h i f f o l e a u, Les confréries, la mort et la religion en Comtat Venaissin à la fin du Moyen âge, MEFRM 91 (1971) pp. 785-825. 16. Patti, cap. 8. A sua volta la confraternita si impegnava ad accettare le monache per sorelle spirituali. 17. Patti, cap. 7. 18. Per Venezia nessun riferimento all’iscrizione di defunti nelle confraternite, che è evidentemente cosa diversa dalla celebrazione di anniversari, cfr. O r t a l l i, Per salute (come nota 8); lo stesso silenzio anche in altre aree geografiche dell’Italia centro-settentrionale, Roma compresa, anche se su questo problema non ho svolto un’indagine sistematica, ma solo qualche sondaggio. Invece diversi sodalizi con questa prerogativa sono segnalati in Provenza già dal tardo Trecento, cfr. C. V i n c e n t, Des charités bien ordonnées. Les confréries normandes de la fin du XIIIe siècle au début du XVIe siècle, Paris 1988, pp. 184-185. Per un sintetico riferimento a questa pratica anche per l’Inghilterra tardomedievale cfr. J. B o s s y, L’occi- dente cristiano. 1400-1700, Torino 1990, p. 73. La confraternita veneziana dello Spirito Santo 257 confraternita, che ne avrebbe potuto disporre a sua volontà, con una sola condizione: che alle monache dovesse essere versata la settima parte di tutti i beni immobili lasciati per via di testamento o per donazione in vita e in morte, mentre tutti i denari e beni offerti all’altare della chiesa nella cassetta delle offerte dovevano appartenere esclusivamente alle monache e al mona- stero.19 I diritti/doveri reciproci non finivano qui: le monache dovevano conce- dere al sodalizio una porzione del terreno di loro proprietà adiacente alla chiesa su cui edificare la propria sede. Inoltre le monache avrebbero dovuto dare alla confraternita, sempre a titolo gratuito, un luogo capace e idoneo nel loro cimitero per la sepoltura dei confratelli che sarebbero passati a miglior vita; in questo caso però le religiose avevano la possibilità di riceverne un riscontro economico: infatti per ciaschun corpo che in quelle serà sepulto le monache avrebbero dovuto avere tre lire di pizoli e metà della cera – secondo la consuetudine di Venezia – dai parenti del defunto, mentre se era la confra- ternita a provvedere alla sepoltura per l’amor de Dio cioè per un confratello povero, alle monache sarebbero stati versati da parte della confraternita 20 soldi per corpo. Un elemento essenziale della vita delle confraternite era l’attività devo- zionale che si identificava – oltre che nella preghiera personale – nella cele- brazione delle funzioni liturgiche. A questo fine il nostro sodalizio pretendeva dalle monache di avere libera disponibilità dell’altare grande della chiesa dedicata allo Spirito Santo per poter celebrare messe solenni cantate e recitate nei giorni deputati e nel giorno della festa principale, ben inteso che la spesa per cere e luminarie sarebbe stata interamente a carico del sodalizio, come anche quella per decorare la chiesa e per la musica de trombe et piffari.I giorni ordinati erano relativamente pochi rispetto a quelli previsti in altre scuole veneziane:20 ogni prima domenica del mese nella festa della Pentecoste e nel mese di gennaio, cioè nel giorno in cui a Roma l’ospedale di S. Spirito celebrava una delle sue feste più importanti.21 Se essenziale era per il sodalizio avere libera disponibilità della chiesa del monastero per le funzioni liturgiche principali, era anche vivamente sentito il bisogno di avere un luogo per devozioni più private. Nei patti è all’uopo inserito un capitolo che prevede la possibilità di edificare nella sede della scuola (l’albergo) un altare dove si potesse celebrare messa ogni qual

19. Patti, cap. 2. 20. F o r t i n i B r o w n, Le “Scuole” (come nota 8) p. 322; O r t a l l i, Per salute (come nota 8) p. 48. 21. Nella domenica più prossima alla festa di S. Antonio abate, cfr. M. M a r o n i L u m b r o s o/A. M a r t i n i, Le confraternite romane nelle loro chiese, Roma 1963, p. 411. 258 Anna Esposito volta la confraternita lo ritenesse opportuno, senza opposizione delle mona- che e dei loro procuratori,22 che in questa ‘autonomia liturgica’ avrebbero potuto vedere una diminuzione delle loro entrate. Proprio per chiarezza am- ministrativa nei confronti sia delle monache che del precettore del S. Spirito di Roma, il guardiano e gli altri ufficiali del sodalizio (ovvero la banca)si impegnavano a consegnare al capellano delle monache la nota di tutte le persone ammesse nella confraternita insieme alla lista delle anime dei defunti che serano admesse et acceptate in essa,23 ma a loro volta le monache avrebbero dovuto consegnare al sodalizio le bolle in loro possesso concesse al monastero e alla confraternita dal precettore del S. Spirito di Roma ovvero la copia di quelle e così in futuro anche per le concessioni rilasciate dai sommi pontefici all’ospedale romano.24 Sempre cura delle pie donne doveva infine essere la conferma e l’approvazione da parte del papa e del precettore del S. Spirito in Sassia dei patti concordati e di quelli che in futuro si dovessero fare, anche se a commune spexe de l’una et l’altra parte.25 Risulta evidente dal complesso dei patti, ora ricordati nella loro essen- zialità, come il fulcro attorno a cui ruotava il richiamo devozionale – e di conseguenza anche un importante cespite per le entrate della nuova confra- ternita – fossero le indulgenze e gli altri benefici spirituali propri dell’ospe- dale romano, la cui documentazione, formata da bolle pontificie e da attesta- zioni rilasciate dai precettori del S. Spirito di Roma,26 era custodita gelosa- mente dal sodalizio come prova dello stretto legame con la famosa istituzione romana, documentazione che poteva essere fisicamente mostrata ai fedeli che lo avessero richiesto prima di elargire l’elemosina.27 Strettamente connesso al tema indulgenziale è quello della cura dei defunti, anime e corpi, che nei patti – e negli statuti elaborati qualche tempo dopo 28 – è particolarmente presente, come del resto in quasi tutte le confra-

22. Patti, cap, 6. 23. Patti, cap. 7. 24. Patti, cap. 9. 25. Patti, cap. 10. 26. Si tratta sia di bolle di conferma da parte dei pontefici del primo Cinquecento delle indulgenze già concesse al S. Spirito nei secoli precedenti, sia di lettere di conferma dei precettori dell’ospedale romano al monastero e alla confraternita dell’affiliazione, conservate sia in originale sia trascritte in registri, chiaramente destinati alla consultazione. Per questi ultimi, che conservano ancora la rilegatura originale, cfr. ASVe, Spirito Santo, b. 2, reg. A (aa. 1328-1517), reg. B (aa. 1328-1513), reg. C (aa. 1256-1530). 27. Cfr. nota 16. 28. Gli statuti della confraternita dello Spirito Santo, che inglobano nei primi dieci capitoli i patti del 1492, sono contenuti nella mariegola del sodalizio presente in un manoscritto del primo ‘500, cfr. ASVe, Spirito Santo, b. 17, fasc. 12, ff. 1r-11r. Su questa normativa e sulle vicende del sodalizio si tornerà in altra sede. La confraternita veneziana dello Spirito Santo 259 ternite del tempo.29 Il nostro sodalizio, che per dare sollievo alle anime dalle pene del purgatorio, insieme ai riti funebri consueti e alle cerimonie di com- memorazione, aveva, come si è detto, il tesoro delle numerosissime indulgen- ze, per i ‘corpi’ defunti si era preoccupato di provvedersi di un luogo privi- legiato di sepoltura vicino alla chiesa del monastero e alla propria sede sociale, per offrire – a chi l’avesse richiesto – la consolazione di un legame più stretto con i fratelli del sodalizio d’appartenenza e quindi con coloro che precipuamente avevano il compito di pregare per l’anima e di tramandare il ricordo del defunto. Per circa un triennio non abbiamo altre notizie né della nuova scuola né del monastero fino all’8 marzo 1496, data in cui il precettore del S. Spirito in Sassia Graziano da Villanova 30 stabiliva nuove regole tese ad ampliare il controllo dell’ospedale romano sull’istituzione confraternale veneziana.31 In primo luogo la decima parte di tutte le elemosine che a qualsiasi titolo fossero state versate al monastero e alla confraternita veneziana (e non più soltanto la tassa d’ingresso dei confratelli) doveva essere consegnata a Roma al hospital nostro prefato per substentation de poveri infermi et proiecti;per quanto riguardava la somma restante – detratte le spese per i predicatori e per il frate professo dell’ordine inviato dal precettore a Venezia come commis- sario – se ne sarebbero fatte due parti, una per i restauri al monastero, l’altra per la fabbrica di un nuovo ospedale intitolato al Santo Spirito da edificarsi per sovvenire agli infermi e alle persone miserabili, cosa questa che avrebbe reso più conforme alla regola il legame dell’istituzione confraternale vene- ziana all’ordine ospedaliero romano. L’accentramento dell’effettivo potere gestionale da parte della sede centrale veniva ulteriormente confermato da altre disposizioni, in primo luogo dalla clausola che riservava l’autorità di rilasciare le lettere patenti attestanti l’iscrizione alla confraternita con i rela- tivi privilegii et gracie del detto ordine al solo commissario over priore, cioè al frate dell’ordine inviato da Roma e non più alle monache o agli ufficiali della confraternita. Quindi si stabiliva che il frate-priore avrebbe dovuto

29. Per quelle veneziane cfr. O r t a l l i, Per salute (come nota 8) pp. 50-51. Per quelle padovane cfr. G. D e S a n d r e G a s p a r i n i, Statuti di confraternite religiose di Padova nel Medioevo, Padova 1974, pp. CIX-CXV. Il nesso legame vivi-morti e indulgenze è ben evidenziato da V. P a g l i a, La morte confortata. Riti della paura e mentalità religiosa a Roma nell’età moderna, Roma 1982, pp. 28-29. 30. In carica dal 1495 al 1497, quando gli successe Benedetto Tutii da Siena (1497-1504), cfr. D e A n g e l i s, L’ospedale di S. Spirito (come nota 2) II, pp. 534-535. 31. ASVe, Spirito Santo, b. 17, fasc. T, p. 51-64. La lettera del precettore indirizzata a frate Giovanni Buselli commissario del S. Spirito a Venezia, è riportata all’interno di una lettera del 3 gennaio 1513 del precettore Albertino de Ruvere, tradotta in volgare e ricopiata in un registro della confraternita. 260 Anna Esposito presenziare ad ogni congregazione generale; inoltre tutti i confratelli avreb- bero dovuto essere registrati in un libro tenuto dal frate-priore così che ogni anno li nomi dei descripti siano mandadi a Roma per li oficiali de la dita schola et prior antedicto a ciò che posino eser descripti et annotadi in libro del dito hospital per felice recordacion de Sixto papa 4° ordinato et designato, cioè nel Liber fraternitatis S. Spiritus.32 Questa disposizione aveva anche un fine pratico: infatti ogni tre mesi doveva essere fato conto tra il frate-priore e gli ufficiali della confraternita dei denari ricavati dalle benentrate dei nuovi confratelli, e la decima parte doveva essere riscossa dal frate-priore la qual sia tenuta a mandar qui a Roma da nui. Delle altre elemosine il sodalizio non avrebbe dovuto render conto alle monache ma solo all’ospedale romano, in particolare quelle per le indulgenze.33 I denari raccolti avrebbero dovuto essere custoditi da un banchiere, almeno per quella parte relativa alla futura costruzione dell’ospedale; dalla somma raccolta si sarebbe anche dovuto pagare il salario al frate-priore inviato da Roma. Il commissario nominato dal precettore Graziano da Villanova 34 sarà il frate professo Giovanni Buselli (o Buxeli) de Venetiis, che per molti anni, con alterne fortune, rappresenterà la longa manus dell’ospedale romano non solo a Venezia ma in tutti i territori veneti per le periodiche questue del S. Spirito e la predicazione delle indulgenze dell’ospedale. Vale la pena di fermarsi brevemente su questo personaggio, figura emblematica dei rapporti tra centro e periferia di quest’ordine ospedaliero. Già pienamente operante nel 1492 nei territori veneti come professo dell’ordine di S. Spirito in Sassia,35 nel febbraio 1494 lo troviamo investito dal precettore Costanzo da Roma del titolo di priore e rettore della chiesa ed ospedale – intitolati a S. Bernardino e S. Spirito – di Conegliano, che egli aveva contribuito a restaurare ed ampliare, costruen- do gli edifici necessari ad recipiendum pauperes et egenos ac expositos orphanos, e suscitando così una grande devozione, di cui si chiedeva – ottenendola – l’annessione all’ordine di S. Spirito in Saxia di Roma con

32. L’edizione di questo importante documento riguarda gli iscritti fino all’anno 1500, cfr. P. E g i d i (a cura di), Necrologi e libri affini della Provincia romana, Roma 1914, pp. 107-446. Non ho potuto verificare se effettivamente i nomi dei confratelli veneziani fossero trascritti nel Liber fraternitatis in quanto la Biblioteca Lancisiana, in cui è custodito il codice, è fino ad oggi chiusa per restauri. 33. Sempre dallo stesso documento apprendiamo che le elemosine erano raccolte in casse poste nella chiesa, le cui chiavi erano tenute rispettivamente una dal frate-priore ‘romano’, una seconda dal guardiano della confraternita, la terza dai procuratori dell’erigendo ospedale. Altre due chiavi avrebbero dovuta essere in mano delle monache e dei loro procuratori. 34. ASVe, Spirito Santo, b. 5 pergg., ad annum: 10 marzo 1496. 35. Si veda quanto già accennato nel testo corrispondente a nota 10. La confraternita veneziana dello Spirito Santo 261 annesse indulgenze e privilegi.36 Già in questo documento il Buselli era definito “procuratore e commissario del S. Spirito”, funzione che gli veniva confermata in diverse bolle: del marzo 1496 – insieme alla facoltà di pubbli- care le indulgenze dell’ordine nella città di Venezia 37 – e quindi del 21 gennaio 1498 – in cui gli era anche riconfermata a vita la carica di priore della chiesa e ospedale di Conegliano 38 – e del 5 gennaio 1501, in cui era anche nominato dal precettore Benedetto da Siena vicarium suum et dicti hospitalis in toto dominio Venetiarum.39 A questa data il Buselli aveva già affiancato il vecchio e malandato priore dell’ospedale di S. Spirito di Gemona – frate Antonio de Codorosis – nell’amministrazione dei beni di quella istituzione, di cui sarà formalmente nominato coadiutore nell’aprile del 1503, cum facul- tate dictum hospitale … (et) personas etiam utriusque sexus et bona omnia tam stabilia quam mobilia … administrandi, regendi et gubernandi domos eiusdem ad pensionem, vineas, agros et prata ad laborandum dandi et con- cedendi omnesque pecuniarum summas ac redditus et proventus ad eundem spectantes et pertinentes petendi, exigendi, levandi et recipiendi et de receptis quietandi ac in utilitatem ipsius exponendi,40 e contemporaneamente aveva ricevuto l’incarico di riscuotere in diverse zone dei domini veneti molti crediti in beni mobili, immobili e cavalli donati da numerosi fedeli pro redemptione peccatorum suorum vel parentum.41 La sua posizione già preminente è ulte- riormente rafforzata nel 1503 quando il precettore e maestro generale dell’or-

36. ASVe, Spirito Santo, b. 5 pergg., ad annum. Il Buselli era già stato nominato priore e rettore della pia istituzione di Conegliano dal vescovo di Ceneda Nicolò Trevisino. 37. ASVe, Spirito Santo, b. 5 pergg., ad annum: 10 marzo 1496. 38. Ibid. Il 29 gennaio 1498 frate Giovanni Buselli promette al precettore dell’ordine di non ducere aliquos cerretanos in patriarcatu Aquilense … neque in toto dominio Venetorum neque aliquam questuam facere per se ipsum vel alium sub nomine S. Spiritus, ASR, Ospedale S. Spirito, reg. 193, f. 83v. 39. ASR, Ospedale S. Spirito, reg. 194, f. 6v. 40. ASVe, Spirito Santo, b. 5 pergg., ad annum: 25 aprile 1503 (B). Nel documento il precettore Benedetto da Siena, che non manca di raccomandare a frate Giovanni di trattare il vecchio priore come un padre e di evitare dissidi, ricorda i meriti del Buselli verso questa istituzione per la quale aveva speso denari suoi in commodum et utilitatem dicti hospitalis e altri aveva intenzione di spendervi circa reparationem et redificationem ac recuperationem scripturarum et bonorum dicti hospitalis e per cui intendeva vigilare affinchè fosse assicurato il ricovero et educatione proiectorum et infancium in eadem degentium. Da segnalare che in data 4 settembre 1500 il predetto precettore, avendo avuto notizia della morte del vecchio priore – poi rivelatasi falsa – aveva affidato questa carica al Buselli con una formale investitura a Roma per impositionem birreti capiti suo, cfr. ASR, Ospedale S. Spirito, reg. 194, f. 205r-v. Nel 1505 risulta priore dell’ospedale di S. Spirito de Collibus Glemone frate Martino di Bruges, mentre il Buselli è definito prior domus pauperum Venetiarum et SS. Cosme et Damiani Veronensis diocesis: ASVe, Spirito Santo, b. 5 pergg., ad annum: 28 luglio 1505. 41. ASVe, Spirito Santo, b. 5 pergg., ad annum: 21 gennaio 1499. 262 Anna Esposito dine Benedetto da Siena, riconoscendo i suoi molteplici sforzi per aver ottenuto dal papa in favore dell’erigendo ospedale di S. Spirito di Venezia … plena- riam remissionem omnium peccatorum visitantibus dictum locum manus por- rigentibus adiutrices in die fundationis, lo nominava priore, rettore, governa- tore a vita dell’istituzione veneziana che, una volta completata, egli avrebbe dovuto gestire insieme ad un certo numero di ufficiali da deputarsi da parte della confraternita.42 Ma l’ospedale non sarebbe stato costruito per opposizione del consiglio dei Dieci, che forse non vedevano di buon occhio un’ulteriore espansione nella loro città dell’ordine ospedaliero romano, legato a doppio filo alla S. Sede. Al suo posto 43 si deliberò di costruire delle “case a più pian, le qual se debbia dar a poveri nostri fradelli et sorele per l’amor de Iddio, in vita sua», provvedimento che ben si accordava con la tradizione confraternale venezia- na, dove non era inconsueto da parte dei sodalizi costruire ex novo case da dare in affitto oppure da assegnare a titolo gratuito ai poveri della scuola.44 Nonostante gli accorgimenti introdotti già a fine ‘400 dalla casa-madre romana per tenere sotto controllo i suoi affiliati veneziani, non mancarono abusi nella gestione delle entrate e uscite del sodalizio. Come si legge in una lettera del precettore Albertino della Rovere del 4 luglio 1505, già il suo immediato predecessore Gabriele da Savona aveva condannato che elemosine et proventus ratione indulgentiarum provenientes venissero spese per usi profani e non per accogliere pellegrini e infermi. Inoltre i confratelli venivano diffidati dall’innalzare qualsiasi edificio finchè le case che dovevano essere costruite per poveri e infermi non fossero terminate. Da parte sua, Albertino della Rovere aveva appreso non senza grande sconforto che i guardiani e i confratelli secundum regularia et ordinis nostri instituta minime vivant;che facevano predicare ai fedeli le indulgenze del S. Spirito in diverse terre e città del dominio veneto senza mandato anzi contro la volontà dell’ospedale ro- mano e che convertivano in uso profano le elemosine ricavate da tale predi- cazione. Stabiliva quindi che la commissione istituita da Gabriele da Savona dovesse intervenire in tutti i negozi e operazioni di denaro della confraternita,

42. ASVe, Spirito Santo, b. 5 pergg., ad annum: 25 aprile 1503 (A). Ancora nel 1517 il precettore del S. Spirito Alessandro de Neronibus de Florentia riconfermava al Buselli l’affi- damento di tutte le istituzioni di cui era a capo, con l’ordine però di non alienare nessun bene immobile o cosa preziosa senza espresso consenso del precettore e di versare ogni anno all’ospedale romano il censo di 15 ducati d’oro e 1 torcia di cera bianca di 2 libbre, cfr. ASVe, Spirito Santo, b. 5 pergg., ad annum: 10 aprile 1517. 43. ASVe, Scuole piccole e suffragi, reg. 669. 44. Ch. B l a c k, Le confraternite italiane del Cinquecento, trad. ital., Milano 1992, p. 243; O r t a l l i, Per salute (come nota 8) p. 175. La confraternita veneziana dello Spirito Santo 263 dovesse controllare che metà delle elemosine tratte dalle cassette fossero spese per terminare la costruzione della domus pauperum e infine dovesse a nome dell’ospedale romano pubblicare e divulgare nei territori veneti le indulgenze del S. Spirito.45 Ma anche queste disposizioni non devono aver avuto alcun effetto se due anni dopo, il 22 settembre 1507, Albertino della Rovere ritornava a condan- nare il comportamento troppo disinvolto dei confratelli veneziani e in parti- colare dei guardiani, colpevoli di aver speso i denari del sodalizio a loro arbitrio e non secondo le regole della loro mariegola e di aver occupato l’ufficio del guardianato per due o tre anni di seguito, contravvenendo alle disposizioni statutarie che prevedevano solo un anno. Per ovviare a tali abusi il precettore istituiva una commissione di controllo di dodici membri, sei dei quali di nomina ‘romana’, homini de vita et costumi probati senza suspecto, che avrebbero dovuto avvicendarsi nella commissione di tre mesi in tre mesi ma che avrebbero potuto anche ricoprire altri incarichi in seno al sodalizio, compreso il guardianato. Inoltre imponeva ai predetti commissari che a fra’ Giovanni Buselli, nominato priore dapprima dell’erigendo ospedale e quindi delle case per poveri, dovesse essere versato un conveniente salario ( e così ai suoi successori) e dovesse finalmente esser portata a termine una casa da assegnargli in modo tale che sia conveniente a la sua residenza e al suo grado.46 Sopite per qualche tempo le divergenze tra sodalizio e sede centrale, non per questo la vita della confraternita veneziana dello Spirito Santo sarebbe stata più tranquilla. Dal 1508 le fonti d’archivio iniziano a documentare un forte contrasto, sempre in materia economica, con il limitrofo e omonimo convento. Non è possibile in questa sede dar conto dei ripensamenti, delle rivendicazioni, degli appelli e suppliche che nel corso degli anni furono presentate dalle due istituzioni rivali sia alle autorità veneziane laiche ed ecclesiastiche, sia a quelle romane ovvero il pontefice e il precettore-maestro dell’ordine di S. Spirito. Dei contrasti di vario genere che dividevano le due istituzioni reca testimonianza un elenco (non datato ma collocabile tra il 1510 e il 1514) delle offese che fanno quelli della scola alla chiesa e monastero da pochi anni in qua, che prima non le facevano.47 Tra queste, alcune illuminano

45. ASVe, Spirito Santo, b. 5 pergg., ad annum. Una certa resistenza da parte delle autorità venete all’attività del S. Spirito nei suoi territori è testimoniata da una disposizione del consiglio dei Dieci, del 28 settembre 1506, dove si vietava a frate Giovanni Buselli – sotto pena dell’esilio perpetuo da tutte le città venete – di questuare per se vel alios né per il S. Spirito né per altro ordine, cfr. ASVe, Spirito Santo, b. 17, fasc. T, p. 38. 46. ASVe, Spirito Santo, b. 17, fasc. T, f. 41r-47r. 47. ASVe, Spirito Santo, b. 17, fasc. 6, f. 8r-v; cfr. anche b. 16, fasc. 9 (foglio sciolto). 264 Anna Esposito con vivacità la prassi della ‘cerca’ delle elemosine e dell’offerta delle indul- genze. Le monache infatti rimproveravano alla confraternita di concedere nei tre giorni della Pentecoste indulgenze a chi visitava la sede della confraternita, alle cui porte veniva attaccato un cartello con la scritta in lunghe lettere maiuscole rosse “indulgentia plenaria”; di mandare nei predetti tre giorni un questuante vestito di un sacco di tela rossa per le chiese cittadine cercando offerte per la scola, al grido offerta alla scola dello Spirito Santo, … al Cristo miracoloso. Le altre lamentele riguardavano mancati pagamenti per benen- trate e immobili, la poca cura per le celebrazioni liturgiche e per l’ornamento della chiesa, la moltiplicazione delle messe nell’altare interno alla sede con- fraternale. Dunque – secondo le monache – da parte del sodalizio vi era stata concorrenza sleale per quanto riguardava l’aspetto economico e trascuratezza verso la chiesa conventuale per quanto atteneva a quello liturgico, che pure si ritorceva in danno economico per le mancate offerte che dalle cerimonie in chiesa il monastero avrebbe potuto ricavare. E più o meno queste conti- nueranno ad essere anche negli anni successivi le recriminazioni delle pie donne, che troveranno sostegno soprattutto nei precettori dell’ospedale ro- mano, le cui deliberazioni, sempre puntualmente ratificate con bolla pontifi- cia,48 riusciranno nel 1533 a ristabilire un modus vivendi tra monastero e confraternita, e a far sottoscrivere un vero atto di pacificazione 49 dove, an- nullate tutte le precedenti composizioni, si riportavano ancora una volta in auge i patti del 1492, che erano stati sottoscritti all’origine della loro comune storia.

48. Cfr. C o r n e r, Ecclesiae Venetae (come nota 6) V, pp. 138-140 doc. G, pp. 140-141 doc. H, p. 141 doc. I; p. 143 doc. K. 49. L’atto è in data 23 agosto 1533, cfr. ASVe, Spirito Santo, b. 17, fasc. 12, ff. 40v-42v. Una conferma per il 1534 si trova in ASR, Ospedale S. Spirito, reg. 113, f. 21r. Appendice

Criteri editoriali: si è rispettata la grafia del testo, adeguando all’uso moderno solo le maiuscole e le punteggiature. Le integrazioni, dovute a diverse lacerazioni della pergamena, sono state poste tra parentesi quadre. Da segnalare l’uso di suor per soror nel brano in latino.

Venezia, 1492 ottobre 24 Patti tra l’ospedale di S. Spirito di Roma e il monastero e la confraternita dello Spirito Santo di Venezia. ASR, pergamene, Osp. S. Spirito, cass. 67, nr. 409, collazionato con ASVe, Spirito Santo, b. 16, fasc. 6, ff. 1r-7v.

In Christi nomine amen. Anno nativitatis eiusdem mille[simo quadringentes]imo nonagesimo secondo mensis octobris die vigesimo quarto, indictione decima, con- vocato et solemniter congregato [capitulo reverendarum dominarum] monialium loci monasterii et conventus Spiritus Sancti ordinis beati Hieronymi sub regula beati Augustini d[e Venetiis, ad son]um campanelle, ut moris est, de ordine et mandato reverende matris domine suor Marie Caroldo predicti earum monasterii abbatis[se dignissime in] earum parlatorio ante gradatam ferream cella nigra extensa tectam, in quo quidam earum capitulo interfuerunt omnes infrascr[ipte venerabilis] ac reli- giose domine, et in primis prefata reverenda domina suor Maria Caroldo abbatissa, domina suor Augustina Gradenico prior[issa, domina suo]r Aurelia Baldini, domina suor Paula Bono, domina suor Angelica Quirino, domina suor Victoria Blanco, domina suor Cherubina Venerio, d[omina suor Mar]ia Contareno et domina suor Hysabetha Nigro, que sunt omnes ut asseruerunt habentes vocem et libertatem in predicto ca[pitulo earum e]t maior pars totius capituli, ac totum denique predictum earum capitulum representantes et agentes vice ac nom[ine totius p]redicti earum capituli conventus et monasterii nomine predicto ex una nec non egregii et circu- specti viri domini Bartholomeu[s de Marin guar]dianus benemeritus venerabilis schole et confraternitatis nuper, Deo concedente, incepte apud predictum earum monasterium [et ecclesiam e]odem titulo ac nomine Spiritus Sancti et infrascripti 266 Anna Esposito eius ac predicte eius banche sotii videlicet dominus Priamus Plundo vic[arius, do- minus Ve]scuntus Corrutius notarius, dominus Petrus Blancho, dominus Synibaldus Ritius, dominus Federicus Nicolai sensarius et dominus M[arcus ab Ulm]o, omnes guardianus et sotii agentes vice et nomine totius predicte eorum confraternitatis et schole ac sociorum [absentium et] tamquam maior pars totius predicte eorum banche ac totam denique predictam eorum bancham et scholam representantes [nomine predicto] ex altera, volentes et intendentes in nomine Sancti Spiritus ad honorem et gloriam Dei omnipotentis eiusque gloriosissime et [matris] ac sempre virginis Marie ac totius celestis curie triumphantis erigere, elevare et construere scholam et confra- ternitatem sub eodem titulo Sancti Spiritus in eodem loco seu prope monasterium antedictum, devenerunt concorditer ad infrascriptas conventiones, compositiones et pacta per ipsas partes mihi notario porrecta, petentes et instantes in ac super illis confici publicum instrumentum ad perpetuam ac futuram presentis rei memoriam cuiusquidem scripture compositionis, conventionis ac pactorum tenor per omnia sequitur ut infra.

Con ciò sia cosa che per molti varii et diversi summi pontifici romani et altri degnissimi prelati dela giexia de Dio in diversi tempi siano sta’ concessi infiniti privilegii, indulti, gratie, inmunitade, exemptione et beneficii cossì spirituali come temporali al degno religioso et famoso hospedal de San Spirito in Saxia de l’antiqua, famosa et sancta cità de Roma, capo de tuto l’universo mundo et domicilio et sedia del summo pastor et vicario de Dio et de Petro principe de li Apostoli et a le persone, luogi et membri de quello et similmente al maistro commendador et frari de quello del ordene del glorioso et illuminato doctor misser sancto Augustin, come per le bolle et concessione patente manifestamente appare; il qual maistro commendator overo rector per avanti habuta vera noticia del fundar et principiar de uno venerabile monastiero de done munege messo et posto in la magnifica et gloriosa cità de Venexia in la contrà de San Gregorio et giexia semelmente dedicati et intituladi sotto il devoto nome del Spirito Sancto povero e nudo de intrade et bisognoso grandemente de soffragio cusì per il fabricar de li predicti monastiero e giexia et per redurli a qualche perfectione, devotion et corso de persone come anche per il vivere quotidiano de esse venerabile et sancte done munege zia in esso congregate a bon numero, et habuta anche vera information et notizia de la fama, condition, costumi et santimonia de vita de esse done munege et la strictura del suo vivere, et questo per moltiplicare de zorno in zorno in mazor numero et in mazor spexa, et non multiplicar proportiona- damente in la intrada come desideroso et zeloxo del multiplicar, augumentar et redur li predicti monastiero e giexia habia molto quelli in protectione et li habia facti membri et uno de li membri del predicto suo hospedal de San Spirito in Saxia de la cità de Roma et li habia uniti cum quello insieme cum la devota et degna confrater- nitade et scuola, la qual se ha al presente cum la gratia del omnipotente Idio et de la sua gloriosissima verzene madre Maria, et del Spirito Sancto a principiar, costruir, drizar et fabricar apresso li predicti monastiero et giexia sotto quello medesimo titulo, nome et confallon del Spirito Sancto per la concessione, gratia, licentia et autorità concessa per lo excelso conseio di Diexi et a quelli habia liberamente et largamente conferido, et cum quelli participado et communicado tuti privilegii, indulti, gratie, La confraternita veneziana dello Spirito Santo 267 immunità, exemptione et beneficii cossì temporali come spirituali per avanti confe- ridi et concessi al predicto suo hospedal de San Spirito in Saxia de Roma; perhò l’è parso a la reverenda madona suor Maria Caroldo degnissima abbadessa et prima abbadessa et principal fondatrice del prefato monasterio de San Spirito de Venexia cum il suo capitulo da una parte et a li egregii et circumspecti homeni messer Bartholameo de Marin degnissimo guardian et governador, et primo guardian et governatore de la prefata confraternitade et scuola del Spirito Sancto et compagni et bancha sua da l’altra de trovar modo et via et forma de drizar principiar et fundar la predicta schuola et finalmente contractare et concluder che la se habia a drizar, principiar et fundar et de tempo in tempo augumentar, acressere et multiplicar mediante la gratia aiuto et favor del omnipotente Idio prima et de la sua gloriossis- sima verzene madre Maria et del Spirito Sancto protector patron et confalloniero de la predicta confraternitade et schuola et poi le elemosine, suffragii et soccorsi quo- tidiani de le bone et devote persone cum tuti li infrascripti et subsequenti capituli, ordini, pacti, modi, dechiaration et conditione, et questo per augumento, mazor favor et multiplication de una parte et l’altra, et per suffragio et salute de le anime et augumento delli beni spirituali et a laude, honor et gloria del omnipotente Idio et de la sua gloriosissima verzene madre Maria et del Spirito Sancto protector, patron et confalloniero de l’una et l’altra parte, et finalmente ad exaltation de questa magnifica, inclyta et gloriosa cità de Venexia, la qual Idio per sua infinita clementia, misericor- dia et bontà per longo tempo conservi, difenda, mantegna et augumenti cossì de honori come anche de tuti altri beni cossì temporali come spirituali:

– che qualunche persona de che condition esser se volgia cossì masculo come femina, che intrarà et entrare vorà in la predicta sua confraternitade et schuola del Spirito Sancto nuovamente drizada et principiada apresso li predicti monasterio et giexia del Spirito Sancto et vorà esser scripto et notado suxo il libro de la predicta sua confraternitade et schuola, pagar debia per la bona intrada ducato uno, la decima del qual ducato sia et esser debia del prefato maistro et commendator del hospedal de San Spirito in Saxia de Roma et del predicto suo hospedal come suo principal capo. El resto veramente del predicto ducato – tracto prima soldi quatro per il capellan – partir se debia in do’ parte equal, una de le qual sia et esser debia de le prefate done munege et monasterio per suffragio del suo vivere, l’altra veramente sia et esser debia liberamente de la predicta sua confraternitade et schuola del Spirito Sancto per poter dar principio, fondare et augumentare quella. Et q[uest]o medesmo se intenda et intendere se debia cossì de li vivi come de li morti et de le anime de quelli defuncti, che [saran] admesse in dicta confraternitade et schuola, et scripte et notade suxo el libro de la prefata confraternitade et schuola, [cioè] che quello ducato che [serà dato] per quella tal anima et per la bene intrada de quella tal anima, vada et se du[ida come] de sopra è dicto [de li vivi, an]chora che questo espressamente sia contra la forma, tenor et continentia de la bo[lla, gratia] et privilegio [concesso alla pre]dicta sua confraternitade et schuola, et questo sia processo et causado da non ha[ver ha]vuto sufficiente et perfecta in[formatio]ne de li costumi et consuetudine de Venexia sopra de ciò. 268 Anna Esposito

– che [tucti li denari, robe], arzenti et beni cossì mobili come stabili de qualun- che [sorte], nome et condictio[ne] che per zornata et [de tempo in tempo serano] dati, donati, offeriti et lassati a la predicta sua confraternitade et schuola sia [per] via de testamento come per [qualun]che altro modo, via, raxone, caxone, forma overo inzegno che dir, imaginar et excogitar se possi, liberamente et integralmente siano et esser debiano et cossì cum effecto intendere se debiano de la predicta sua confra- ternitade et schuola senza participazione de alcuna altra persona overo luogo, cum la condicion tamen infrascripta: de li quali tuti et ciaschuni essa confraternitade et schuola et il guardian et compagni che de tempo in tempo serano et esse se troverano, overo il capitolo de essa confraternitade, far et d[esp]onere ne possino et vogliano tuto quello a loro parerà et piacerà in augumento pur et multiplication et ornamento de essa confraternitade et schuola come di tempo in tempo occorrerà et accaderà il bisogno et questo senza contradicion alcuna, [obsta]culo overo opposition cossì de esse done munege et monastiero come anche de li procuratori et protectori suoi che de tempo in tempo serano et esser se retroverano, cum questa tamen conditione et pacto: che esse done munege et monasterio debiano participare in la septima parte de tuti li beni stabili solamente che de tempo in tempo serrano lassadi per via de testamento [o] per puncto de testamento aut quomodocunque dati, lassati overo donati si in vita come in morte, cioè stabile solummodo per qualunche persona a essa confraternitade et schuola, cioè in la septima parte de essi beni stabili, cum il suo honor et cargo overo in [valuta] de essa septima parte de stabile, ad ellection sempre de essa confraternitade et schuola, la qual participatione de la septima parte se intenda solamente de li beni stabili et non de niuna sorte de beni. Quelli veramente danari e[t beni] che serano offeridi suxo lo altaro de essa giexia et al celebrare et offerir a la cassella et al baxar del manipolo, tuti siano et esser debiano et cum effecto esser se intendano de esse done munege et monastiero, liberi et expedicti senza contradiction alcuna.

– che le dicte done munege et monastiero siano tenute et obligate [de] dar, consentire et consignare a la predicta sua confraternitade et schuola nel suo tereno et proprietà uno luogo habile, commodo […] in vista de la predicta sua giesia del Spirito Sancto e all’intrare de essa giexia dove essa confraternitade et schuola possi dri[zar, co]struir et fabricare uno reducto et albergo conveniente al bisogno suo, il qual luogo sia passa sedexe in vinti per longeza et otto in [diese] per largeza et questo gratis senza alcuno fitto né livello né recognition alcuna, attento il corso, beneficio, profitto et suffragio che continuamente sentirà esse done munege et monastiero per il mezo et cum il mezo de la predicta confraternitade et schuola.

– che esse done munege et monastiero sieno tenute et [obligate de] dar et consignar a la predicta confraternitade et schuola nel suo cimiterio et campo sancto uno luogo capace et [idoneo per far] diexe arche et sepulture ne le quale se possi sepelire li corpi de li fratelli et sorelle de la confraternitade et schuola [predicta] che de tempo in tempo accaderà a manchare et a passare de questa vita all’altra; et questo simelmente gratis et senza [fitto né livello] né recognition alcuna, cum questo tamen che esse done munege et monastiero havere debiano per ciaschuno corpo [che in La confraternita veneziana dello Spirito Santo 269 quelle] serà sepulto, facendo la spexa quelli del morto, lire tre de pizoli et la mitade de le cere segondo la consuetudine [della terra; se v]eramente essa schuola farà la spexa et il sepelirà per amor de Dio, havere debiano solamente esse done munege [dalla schola] predicta et de li beni de la schuola predicta soldi vinti per corpo et non più, essendo etiamdio obligato il capellan [de esse done mun]ege che da tempo in tempo serà et esser se retroverà de aceptar el dicto corpo et far sopra de quello l’offitio [consueto] et haver dovendo per la sua faticha elemosina e mercede soldi vinti per corpo da quelli del morto, se [veramente] la schola predicta farà la spexa, havere solamente debia soldi diexe per corpo et le candelle de li beni de essa schuola [et non altro dech]iarando perhò che per questo non se intenda esser tuolta la libertà a quelli del morto, che non possino dare a esse done [munege et ca]pelan tuto quello li parerà et piacerà per caxon de la sepultura del dicto corpo anchora che de sopra se specifich[e et limite lire] tre per corpo et non più, et tuto quello sia quanto esser se volgia sia et esser debia libero et expedicto de esse done [munege et mona]stiero et capelan.

– che lo altare grando de la predicta giexia dedic[ado et intitolado sotto] il nome del Spirito Sancto sia sempre et esser debia et cum effecto esser se intenda per uxo et a requisition de [la predetta sua con]fraternitade et schuola del Spirito Sancto, sopra il qual altare et al qual altare possi et liberamente vaglia la b[ancha de epsa confra]ternitade et schuola che de tempo in tempo serà et esser se retrovarà, far celebrare messe cossì in canto come [in parole tutti li soi] zorni ordenadi et deputadi et il zorno de la festa sua principal senza alcuna contradiction, obstaculo overo oppos[ition così de esse don]e munege et monastiero et cappelan come anche de li procuratori et protectori de quelle che de tempo in tempo [serano et esser se] retrove- rano, essendo perhò tenuta et obbligata la predicta sua schuola et bancha de mettere quelli tali zorni tut[e le cere et lumin]arie necessarie per far celebrare a tute soe spexe, et a altra spexa overo angaria non sia tenuta nè obligata [la predicta sua sc] huola né bancha per caxon del predicto altare, possendo perhò essa schuola far fare banchi necessarii circha il [predicto altare per u]xo et bisogno suo a tute soe spexe, dovendo esse done munege far celebrare la messa solennemente in canto [con diacono et subdiacono] et pretti al bisogno, tuti li zorni ordenadi per la bancha, li quali zorni ordenadi se intendano et intendere se deb[iano ogni prima dom]enega del mexe per ordene et similmente il zorno de la festa solenne et principal del Spirito Sancto del mexe [de magio cioè nella fe]sta et solennità de la Pentacosta et similmente del mexe de zener dovendo avere essa madona abbadessa, munege [et monasterio per elem]o- syna da essa bancha et schuola et de li beni de essa schuola ogni zorno de li predicti per far dir tal messa so[lemne lire tre et non] altro, dovendo etiamdio essa schuola fare la spexa de trombe et piffari et da far conzar et adornar non [solamente la predict]a sua schuola ma etiamdio la giexia de tapezarie et far dir et celebrare la messa solennemente in canto, [et far fare proc]essione avanti la messa a laude et honor del omnipotente Idio et del Spirito Sancto nostro confalloniero come [alla predicta sua] confraternitade et schuola parerà et piaxerà et a messer il guardian et compagni che de tempo in tempo serano et [esser se ritroverano] et questo solamente il giorno della solennità del Spirito Sancto, cioè la festa de la Pentecosta et fare pre[dicar tuti li tre zor]ni de la Pentecosta et la octava a tute spexe de essa schuola. 270 Anna Esposito

– che essa confraternitade facendo, drizando et [construendo schuola et a]lbergo de fuora de la giexia del Spirito Sancto et del monastiero de esse done munege, liberamente [possano et vogliano in quell]a far uno altare et a quello far celebrare messa ad ogni voluntade, requisition et bonpiacere de essa co[nfraternitade et schuola] et de la bancha che de tempo in tempo serà et esser se retroverà et questo senza contradictione al[cuna de esse done munege et] de li procuratori e protectori suoi et del capellan suo che de tempo in tempo serano et esser se r[etroverano].

– che non possi essere admesso nè acceptado in l[a predicta sua confraternitade] persona alcuna de che condicion esser se volgia, né l’anema de alchuna persona, salvo che per l[a bancha de essa] che de tempo in tempo serà et esser se retroverà et se prima non se troverà habudo bona et perf [ecta information delli costumi], vita et condition de questi tali intendendo cossì de li vivi come de li morti, essendo perhò tenuto et [obligato miser el guardiano et] compagni che de tempo in tempo serano et esser se retroverano al governo de essa confraternitade et [schuola tucti li zorni ordenadi] et deputadi dare et consignare in nota al capellan de esse done munege tute quelle persone [che serano sta’ acceptade in] la predicta sua confraternitade et schuola et le anime de tute quelle persone che serano admesse et [acceptade in essa et scripte et ] notade suxo il libro de la predicta sua confraternitade et schuola et così de tempo in tempo successiv[amente et questo per chiare]za et caution de esso reverendo misser il primo commendator de Roma et de esse done munege et che tut[i queli che intrarano in dicta] confraternitade et schuola debino dare soldi quattro de pizoli al capellan de dicto monastiero cossì presente [come future et che la pre]dicta sua confraternitade et schuola sia obligada solamente al predicto monastiero, capi- tulo et conve[nto tanto quanto se contien n]e le presente convenction, capituli et pacti, ma in tute altre cosse sia exempta, francha et libera, et debia [esser partecipe de mutua parteci]pation de divini officii et beni spirituali se farano continuamente et perpetuis temporibus nel dicto [monasterio et convento].

– che le predicte done munege siano tenute et deb[iano et obligate siano de] admettere et acceptare per fratelli spirituali tutte quelle persone et le anime de tute quelle persone che sera[no in la predicta sua] confraternitade et schuola et scripte et notade in il libro de la predicta sua confraternitade et schuola et [con quelli comu- ni]care et farli participi de tucte soe indulgentie, privilegii, indulti, gratie, conces- sione, immunitade, exemptione, [oration, dezuna, v]igilie, officii, meditatione et inspiratione divine et sancte, et per converso essa confraternitade et schuola sia te[nuta et obligata] de acceptare esse done munege per sorelle sue spirituale et quelle fare partecipe de tute oratione, officii, messe e[lemosine et altri] spirituali et divini officii et beni se faranno et faranno fare per essa confraternitade et schuola perpetuis [temporibus].

– che le prefate done munege siano tenute [et obligate de dare] et cum effecto consignare a essa confraternitade et schuola copia delle bolle concesse al prefato suo mon[asterio] et etiam a essa confraternitade et schuola per il reverendo maistro et commendator de San Spirito in Saxia de Roma [overo la copia del] transumpto de La confraternita veneziana dello Spirito Santo 271 quelle per quanto specta et apertiene a la prefata sua confraternitade et schuola et cossì [successivamente de] tempo in tempo de tuti altri privilegii, indulti, gratie, exemptione, immunitade et concessione cossì spir[ituale come temp]orale, li qualli et le qualle per li romani summi pontifici et per qualunche altri prelati de la giexia [de Dio serano co]ncessi et conferridi de tempo in tempo al hospedal et monastiero de San Spirito in Saxia de Roma et pe[r conseguentia a tuti] et a ciaschuni altri suoi membri et al predicto suo monastiero de Sancto Spirito de Venexia et a la prefata sua [giexia et ad essa] confraternitade et schuola del Spirito Sancto.

– che le prefate done munege et monastiero si[ano tenute et oblig]ate de fare confirmare et approbare per il summo pontifice et anche per esso reverendo maistro et commendator del h[ospital de San Sp]irito de Roma solennemente et canonica- mente tuti li soprascripti nove capitoli tra esse parte d’acordo celebradi, tra[ctadi et conclusi] et simelmente tuti altri che per zornata et de tempo in tempo accadesse et accaderà tractarse, concluderse et cele[brarse tra esse done] munege et monastiero et giexia da una parte et la prefata confraternitade et schuola da l’altra per au- gum[ento, beneficio, com]modo, utilità et tranquillità de una parte et l’altra et questo a commune spexe de l’una et l’altra parte, cioè pe[r mitade tra esse] parte, anchora che qualche uno de essi fosse expressamente contra la forma, tenore, continentia et intentione de le sopranominade bolle, concessione, privilegii et gratie et questo per aver habuto mala information esso reverendo maistro et commenda[tor de] San Spirito de Roma, suo capo principal, de li modi se observa et costuma sopra de ciò in questa inclyta cità [de Venetia et] questo perché necessario è che esse bolle, indulti, privilegii et gratie prestino suffragio et soccorso al debile principio [et povero fundam]ento si de esse done munege, monastiero et giexia come anche de la prefata povera, nuda et debile confraternitade et schuola.

Que quidem omnia et singula suprascripta et in pre[senti instrumento et] carta contenta, prefate partes nominibus predictis stipulatione solemni utriusque interve- niente p[romiserunt], convenerunt sibi utriusque et vicissim pactis, modis et condi- cionibus suprascriptis perpetuo firma, rata et grata hab[ere, tenere, acten]dere, facere, observare et ad unguem ac inviolabiliter adimplere et non contrafacere vel venire per se vel alios [aliqua ratione v]el causa, forma, colore vel ingenio, de iure vel de facto, sub pena dupli totius eius in quo vel de quo ullo modo contrafa[cerent per solem]nem stipulationem sic ut supra sibi utriusque et vicissim nominibus predictis promissa et insuper reffectionis et emendat[ationis damnorum], impensarum et inte- resse littis a et extra quibus omnibus solutis refectis vel non, nihilominus presens compositionis mutue [promissio]nis et obligationis contractus cum omnibus ac sin- gulis in eo contentis in suis firmitate et robore permaneat, obligan[tes p]refate partes ambe concordes nominibus predictis pro maiori certiori ac inviolabiliori [premisso- rum omnium et singulorum observatio]ne et pro premissis omnibus ac singulis sic ut supra sibi utriusque et vicissim nominibus premissis pactis, modis et conditionibus a. così nel testo 272 Anna Esposito s[uprasc]riptis plenius attendendis ac firmius et inviolabilius observandis se et suc- cessores suos et omnia ac singula eorum ac predictorum monasterii ecclesie capituli conventus confraternitatis et schuole bona mobilia et immobilia presentia et futura tam Venetiis quam alibi ubicu[mque] locorum et terrarum existentia usque ad inte- gram solutionem finalem satisfactionem realem, effectualem ac inviolabilem obser- vationem omnium premissorum, iurantes insuper prefate partes ambe concordes pro maiori ac inviolabiliori presentis mutue promissionis et obligationis contractus con- firmatione et corroboratione ad sacrosancta Dei evangelia in manibus mei notarii infrascripti, manibus corporaliter tactis scripturis se nullo unquam tempore contra- facere vel venire, dicere seu opponere presenti mutue promi[ssion]is et obligationis contractui, in toto nec in parte per se vel alios aliqua ratione vel causa, forma, colore vel ingenio sub pena periurii, interveniente etiam ad hec presentia, voluntate et consensu venerabili viri domini presbiteri Laurentii de Grisberthis capellani domi- narum monalium ac monasterii predicti nec non etiam generalis procuratoris ut dixit reverendi patris domini Constantii de Roma commendatarii ac preceptoris sacri hospitalis Sancti Spiritus in Saxia de Urbe, de cuius mandato asseruit clarissime constare ac suprascriptis et infrascriptis omnibus contentantis et consentientis ac suprascripta et infrascripta omnia penitus omnibus ac per omnia laudantis, ratifican- tis, confirmantis et approbantis; renuntiantes prefate partes ambe concordes nomi- nibus predictis exceptioni non sic vel aliter celebrati contractus, rei capitulorum conclusioni et celebrationi mutue compositioni, promissioni et obligationi non sic vel aliter nominibus predictis celebratis, rogatis, gestis et factis privilegio fori et omnibus ac singulis aliis exceptionibus, privilegiis, auxiliis et beneficiis, per quas vel que premissis vel aliquibus premissorum posset aliquid quomodolibet excipi obici vel opponi.

Actum Venetiis in contrada Sancti Gregorii in monasterio Sancti Spiritus et capitulo predictis; presentibus reverendis patribus et sacre theologie professoribus domino magistro Petro de Lusignano ordinis Minorum, domino magistro Sixto ordinis Predicatorum et monasterii Iohannis et Pauli, domino fratre Francisco Ferro eiusdem ordinis et monasterii, spectabile artium et medicine doctore domino Gabrie- le de Prezate cive Bergomi, domino Vesconto Corrutio notario etiam mecum rogato et domino Ioanne a Nuce quodam domini Varesci testibus ad [pre]emissa omnia habitis, vocatis et rogatis ac aliis. Ego presbiter [Natalis] Regia venetus canonicus [Cenetensis] publicus aposto- lica, Venetiarum et imperiali auctoritate notarius et iudex ordinarius premissis om- nibus et singulis suprascriptis interfui eaque rogatus scripsi et publicavi signumque meum apposui consuetum. Françoise Durand L’hôpital du Saint-Esprit in Saxia et ses filiales de Besançon et Dijon (XIIIe -XVe siècles)*

L’ordre hospitalier du Saint-Esprit a été fondé à Montpellier, vers 1180 probablement, par Gui de Montpellier. Dès avril 1198 il fut reconnu par Innocent III, puis comblé de privilèges par ce pape qui en transféra la maîtrise àRomeen1208.1 Son organisation interne a été souvent décrite de façon détaillée, notamment par l’abbé Brune 2 et par Pietro de Angelis.3 Plus récem- ment l’ordre a fait l’objet de travaux d’Andreas Rehberg, notamment en ce qui concerne la maison romaine,4 ainsi que de Mme Gilomen-Schenckel autour de l’expansion et de l’organisation dans les pays d’Empire, et de Mme Dross- bach qui s’est intéressée au processus d’institutionnalisation de l’ordre.5

* Parce que l’appellation la plus répandue dans notre documentation durant le XIIIe siècle est “Sainte-Marie in Saxia”, nous la conserverons au cours de cet exposé, pour la clarté du propos; sachant que celle d’hôpital “du Saint-Esprit in Saxia” apparaît dans les dernières années du XIIIe siècle et s’impose ensuite. 1. Diplomata pontificia et regia ordini regulari Sancti Spiritus Monspeliensi concessa, in duos tomos distributa, éd. F. J.-A. T o u s a r t, Paris 1723, I, pp. 1-2. 2. P. B r u n e, Histoire de l’ordre hospitalier du Saint-Esprit, Paris-Lons le Saunier 1892, qui en France continue à servir de principale référence à nombre de travaux. 3. P. D e A n g e l i s, L’Ospedale di Santo Spirito in Saxia, 2 vol., Rome 1960-1962. 4. A. R e h b e r g, I papi, l’ospedale e l’ordine di Santo Spirito nell’età avignonese, Archivio della Società Romana di Storia Patria 124 (2001) pp. 35-140. I d., L’ospedale di Santo Spirito nell’età avignonese, fra la protezione della curia e le vicende politiche a Roma, in: L’antico ospedale di Santo Spirito dall’istituzione papale alla sanità del terzo millenio, I, Il Veltro 5-6 (sett.-dic. 2001) pp. 95-104. I d., Nuntii, questuarii, falsarii. L’ospedale di Santo Spirito in Sassia e la raccolta delle elemosine nel periodo avignonese, Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge 115 (2003) pp. 43-132. 5. E. G i l o m e n - S c h e n k e l, Einleitung: Die Hospitaliter vom Heiligen Geist, in: Die Antoniter, die Chorherren vom Heiligen Grab in Jerusalem und die Hospitaliter vom Heiligen Geist in der Schweiz, ed. E. G i l o m e n - S c h e n k e l (Helvetia Sacra, Abteil. IV-4), Basel-Frankfurt am Main 1996, pp. 175-203. G. D r o s s b a c h, notamment Caritas cristiana. Innocenzo III fondatore dell’ospedale e dell’ordine di Santo Spirito, in: L’antico ospedale di Santo Spirito (voir note 4) pp. 85-94. E a d., ‘Regularis ordo … per nos institutus esse dinoscitur’: Zum Gründungsvorgang des Spitalordens vom Heiligen Geist durch Innocenz 274 Françoise Durand

Dès 1893 Léopold Delisle avait attiré l’attention sur les failles du travail de l’abbé Brune, liées à un manque de critique des sources,6 et ses remarques sont toujours valables pour qui s’interroge sur l’histoire de l’ordre hospitalier du Saint-Esprit dans les territoires de la France d’aujourd’hui. En effet plusieurs handicaps particuliers grèvent toute recherche touchant à l’organisa- tion de cet ordre hospitalier en France, et rendent les généralisations délicates. La rapide esquisse brossée ici à partir des sources disponibles dans la France actuelle proposera un rappel de ces difficultés, puis tentera de repérer les variations des relations entre ces hôpitaux du Saint-Esprit et la maison magistrale romaine, en s’appuyant essentiellement sur la vie des hôpitaux de Dijon et Besançon.

I. Les difficultés D’abord la documentation est parcimonieuse. Aucun fonds d’archives centrales propres à l’ordre n’est disponible pour la période de la mise en place.7 On connaît principalement les institutions centrales par la règle de l’ordre 8 et par des documents d’origine pontificale. L’application dans les faits des principes énoncés dans ces textes normatifs n’apparaît guère, dans le territoire de la France actuelle, que dans la documentation concernant les hôpitaux de Dijon 9 et de Besançon et leurs dépendances, qui ont conservé

III., in: Proceedings of the Tenth International Congress of Medieval Canon Law, Syracuse, NewYork, 13-18 August 1996, ed. K. P e n n i n g t o n, S. C h odorow,K.H.Kendall, Città del Vaticano 2001, pp. 384-404. E a d., Papst Innocenz III. im historischen Selbst- verständnis des Spitalordens von S. Spirito in Sassia, in: Die Bettelorden im Aufbau. Beiträge zu Institutionalisierungsprozessen im mittelalterlichen Religiosentum, ed. G. M e l v i l l e/J. O b e r s t e (Vita regularis 11), Münster 1999, pp. 603-617. 6. L. D e l i s l e, Histoire de l’ordre hospitalier du Saint-Esprit par l’abbé P. Brune, Extrait du Journal des Savants (Juin 1893) pp.317-332. 7. Les archives de la maison-mère, l’hôpital du Saint-Esprit de Montpellier, ont disparu lors du pillage de l’hôpital par les protestants maîtres de la ville en 1562. Celles du siège romain de la maîtrise de l’ordre ont partiellement disparu lors du sac de Rome en 1527 ou peut-être même dès le XVe siècle lors de l’entrée à Rome de Ladislas de Durazzo, selon D e A n g e l i s, L’Ospedale (voir note 3) II, p. 522. Concernant cette première période, on n’a donc que des épaves. Les Bullaires conservés à Dijon et Rome sont très postérieurs et reprennent en partie des documents falsifiés. 8. Règle promulguée sous Grégoire IX et dont on possède plusieurs copies; la plus ancienne, datant d’environ 1317, est conservée à la Bibliothèque Vaticane dans le fonds Borghese (nr. 292) et provient d’Avignon. Un peu plus tardif, le registre conservé dans le fonds de l’hôpital du Saint-Esprit à l’Archivio di Stato di Roma présente les chapitres dans un ordre différent mais son contenu n’apporte pas de changements quant à l’organisation de l’ordre, pas plus que celui de l’exemplaire des archives hospitalières de Dijon. 9. Dijon, Archives Départementales de la Côte d’Or, Archives Hospitalières de Dijon, fonds de l’hôpital du Saint-Esprit de Dijon. L’hôpital du Saint-Esprit in Saxia et ses filiales de Besançon et Dijon 275 des fonds importants.10 De plus, l’existence de très nombreux faux gêne la recherche ; leur fabrication semble remonter au règne de Louis XIII.11 Beau- coup de ces faux ont été imprimés au XVIIIe siècle dans un important recueil de sources 12 qui fut largement diffusé.13 Ce recueil contient en particulier une soi disant Visite des maisons de l’ordre en 1288 et une bulle de Grégoire XI de 1372 qui faussent largement les analyses de l’organisation interne.

La recherche en France est aussi gênée par la polémique autour du transfert du centre de l’ordre, car l’historiographie de l’ordre est souvent marquée par une vision exacerbée des divisions entre les deux centres suc- cessifs de Montpellier puis Rome, qu’il faut sans doute nuancer au moins pour le XIIIe siècle. Innocent III en accordant sa protection à Gui de Montpellier en 1198 14 puis en l’appelant à diriger son hôpital de Sainte-Marie in Saxia en 120115 n’avait pas mis en cause le rôle central de la maison mère de Montpellier. En 1204, promulguant le règlement de l’hôpital romain, il unit les deux hôpitaux

10. Besançon, Archives Départementales du Doubs, Archives Hospitalières de Besançon, fonds de l’hôpital du Saint-Esprit. Dans les régions méridionales, dépendant de l’hôpital du Saint-Esprit de Montpellier, il ne subsiste généralement que peu de documents. 11. Cf. D e l i s l e, Histoire de l’ordre hospitalier du Saint-Esprit (voir note 6) p 12. Cette fabrication est liée à l’activité d’usurpateurs des biens de l’ordre qui voulaient prouver l’exist- ence, dès l’origine de l’ordre, d’une soi-disant Milice du Saint-Esprit. Sans doute ces faux furent-ils principalement l’œuvre d’Olivier de Latrau de La Terrade, qui au début du XVIIe siècle réussit à tromper aussi bien les autorités romaines que l’administration royale pour usurper les biens de l’ordre et en faire le trafic. Mais ces premiers faux furent peut-être augmentés ultérieurement d’autre forgeries, œuvres des successeurs de La Terrade qui conti- nuèrent ses manœuvres jusqu’à la réunion temporaire des biens de l’ordre hospitalier du Saint-Esprit situés en France à l’ordre de Saint-Lazare et de Nôtre-Dame du Mont Carmel, de 1672 à 1693. Ces divers documents remplissent aujourd’hui les registres et cartons des Archives Nationales (Paris), ayant été conservés sans critique par l’ordre de Saint-Lazare. On trouve dans les fonds de nombreux services d’Archives Départementales des documents d’époque moderne qui se basent sur ces faux. Tout doit être vérifié avec rigueur. 12. Diplomata, éd. T o u s a r t (voir note 1) et D e l i s l e (voir note 6) passim. 13. Latrau de La Terrade était venu à Rome pour se faire nommer vicaire du maître général en France, et y réussit apportant probablement des documents qui y furent utilisés ensuite, notamment dans le Bullaire romain. Voir l’avertissement de R e h b e r g, I papi (voir note 4) pp. 106-107. 14. Sane Sicut, 22 avril 1198, ASV, Reg. Vat. 4, ff° XXIIIv°-XXIIIIr°; Religiosam vitam eligentibus, 23 Avril 1198, ibid., f° XXIIIIr°-v°. Une autre version de la bulle Religiosam vitam eligentibus, datée de novembre 1198, a été conservée dans le fonds de l’hôpital du Saint-Esprit à l’Archivio di Stato de Rome; elle n’apporte pas de modification à ce propos. 15. D e A n g e l i s, L’Ospedale (voir note 3), I, pp. 211sq. et M. M a c c a r o n e, Studi su Innocenzo III (Italia Sacra 17), Padova 1972, pp. 290-291. 276 Françoise Durand de Rome et Montpellier et les mit sous l’unique direction de Gui de Mont- pellier,16 ce qui posait la question. A la mort de Gui de Montpellier 17 Innocent III transféra la maîtrise de l’ordre au seul maître de Sainte-Marie in Saxia, puis Honorius III abolit l’union des hôpitaux en 1217,18 créant ensuite une juridiction spéciale pour Montpellier.19 L’hôpital de Sainte-Marie in Saxia était devenu le seul centre de direction de l’ordre hospitalier du Saint-Esprit; ainsi pourrait-il prendre peu à peu le nom d’hôpital “du Saint-Esprit” in Saxia.20 Grégoire IX fit élaborer un compromis sur la base de l’organisation des ordres militaires, ce qui permettait de confirmer une juridiction particulière pour Montpellier ; mais l’accord n’était pas encore terminé en 1256.21 Jusqu’à la fin du XIIIe siècle les relations entre l’hôpital de Rome et les hôpitaux des régions francophones furent compliquées par cette question, sans qu’une rupture véritable apparaisse cependant.22 Quant aux institutions centrales, pour la même raison elles ne doivent être abordées qu’à partir de la Règle et des documents pontificaux sûrs.23 A la tête de l’ordre, depuis 1208 on trouve le maître de Sainte-Marie in Saxia élu par le chapitre général sous le contrôle du pape; il a juridiction sur tout l’ordre sauf sur les frères prêtres. Un cardinal protecteur désigné par le pape défend les intérêts de l’ordre, assure la liaison avec le siège apostolique et a la juridiction sur les frères prêtres. Maître et cardinal ont le droit de visite. Le chapitre général annuel se réunit au Saint-Esprit in Saxia pour la Pente- côte.24 Les privilèges accordés à l’hôpital du Saint-Esprit de Montpellier puis à celui de Sainte-Marie in Saxia s’étendent progressivement à tous leurs membres.25 Une confrérie-union de prière est prévue. Ses membres comme

16. Inter opera pietatis, 19 juin 1204, Diplomata, éd. T o u s a r t (voir note 1) I, pp. 5-9. 17. Defuncto Romae, 8 juin 1208, ibid., I, p. 9. 18. Inter opera pietatis, 13 mai 1217, ibid., I, pp. 12-13. 19. Religiosam vitam, 7 avril 1225, ibid., I, pp. 17-18. 20. Voir l’ouvrage de S a u l n i e r, De Capite Sacri Ordinis Sancti Spiritus Dissertatio, Lyon 1649. L’opposition frontale n’apparaît avec certitude qu’au XVe siècle. 21. Inter opera pietatis, 12 juin 1256, Diplomata, éd. T o u s a r t (voir note 1) I, p. 22-26. 22. Tous les hôpitaux apparaissent, sans mention particulière, dans les bulles de Nicolas IV (Inter opera pietatis, 21 juin 1291, ibid., I, pp. 34-39), et de Boniface VIII (In hospitali nostro, 28 juillet 1294, ibid., I, pp. 40-44), qui utilisent un classement grosso modo géographique. 23. Voir sa longue analyse dans B r u n e, Histoire (voir note 2) pp. 53-118. Mais il faut évacuer toute référence aux documents de 1288, 1372 etc. contenus dans le Diplomata, aux soi-disant versions de la règle qui se trouvent à Paris aux Archives Nationales et aux comptes- rendus de chapitres qui accompagnent ces derniers textes. 24. Les responsables des hôpitaux de la périphérie viennent y rendre compte de leur gestion et y apportent leur tribut. 25. Notamment exemption de la juridiction de l’ordinaire grâce à la protection pontificale, L’hôpital du Saint-Esprit in Saxia et ses filiales de Besançon et Dijon 277 les bienfaiteurs de l’ordre jouissent de nombreux privilèges. Enfin les quêtes pratiquées par les frères sont réglementées par les dispositions prises par Innocent III en 1204 lors de la mise au point des relations entre les deux hôpitaux dirigés par Gui de Montpellier. L’Italie, la Sicile, la Hongrie et l’Angleterre sont réservées au financement de Sainte-Marie in Saxia.26

On peut donc noter, à partir de la Règle promulguée par Grégoire IX, qu’à la fin du XIIIe siècle semblent déjà en place toutes les institutions nécessaires à une gestion centralisée de l’ordre. Mais à cause des lacunes de la documentation, il reste malaisé d’entrer dans le détail des différentes phases de cette centralisation; on ne peut que tenter des approches.

II. La mise en œuvre locale de la centralisation autour de Sainte-Marie in Saxia (XIIIe siècle et début du XIVe siècle) La documentation conservée en France permet d’entrevoir le début du processus de centralisation autour de l’hôpital romain après la mort de Gui de Montpellier, processus qui commença par la formation de “provinces”,27 et fut renforcé pendant la première moitié du XIVe siècle par de multiples interventions romaines.

Probablement à la fois pour faciliter la gestion et pour compléter ou contrebalancer l’ensemble constitué par Montpellier et ses filiales y compris les fondations antérieures à 1198, le XIIIe siècle vit la constitution de “pro- vinces” dans l’ordre hospitalier du Saint-Esprit, et peut-être d’abord de la “province” de Dijon, regroupant les hôpitaux de la Bourgogne ducale et leurs annexes. Un hôpital du Saint-Esprit avait été fondé dans les faubourgs de Dijon par le duc de Bourgogne Eudes III avant 1215 – et peut-être dans les premières années du siècle.28 Sa soumission directe à Sainte-Marie in Saxia dès l’origine d’abord pour les filiales de la maison romaine, plus tard pour tous les membres; droit de requérir l’évêque pour ordonner les prêtres de l’ordre, pour consacrer les églises et cimetières, droit de construire églises et cimetières, et indulgences diverses accordées ensuite par Innocent III et ses successeurs. 26. Depuis la bulle d’Innocent III Inter opera pietatis, 19 juin 1204 (voir note 13). 27. Le terme de “province” est employé ici par commodité car il nous semble rendre compte assez fidèlement du rôle de ces entités administratives intermédiaires entre la maison magistrale de Rome et les hôpitaux locaux. Mais la documentation consultée ne désigne les groupes d’hôpitaux que de façon floue, par exemple «l’hôpital de Montpellier et les maisons qui en dépendent». 28. La légende d’une construction consécutive à un vœu prononcé pendant la croisade en 1204 et à une visite à Innocent III durant le retour de cette expédition est cependant irrecevable. 278 Françoise Durand est possible mais elle n’est pas totalement assurée,29 même si l’immédiateté de cette maison apparaît en 1256 dans la bulle d’Alexandre IV Inter opera pietatis,30 précision qui devait être source de tensions ultérieures.31 L’hôpital de Dijon fonda rapidement des succursales: Tonnerre,32 Fouvent 33 et sous le rectorat de frère Jean son second maître, l’hôpital du Saint-Esprit de Bar sur Aube.34 Il reçut probablement l’hôpital de Sainte-Sévère,35 et eut peut-être momentanément la juridiction de celui de Dole.36 Dans les années 1380 il ne put mener à bien une dernière fondation prévue à Mirebeau37 mais au cours du XIIIe siècle sa petite “province” s’être constituée sans grands soubresauts. La “province” de Besançon, qui réunissait des hôpitaux situés alors dans l’ Empire, fut beaucoup plus importante.38 Selon la tradition l’hôpital du Saint-Esprit de Besançon avait été fondé avant 1207 par des frères venus de Montpellier et fut le principal moteur de la considérable expansion de l’ordre dans les régions avoisinantes.39 Il eut sans doute très tôt une annexe à Poli-

Sur cette légende, voir G. P e i gnot,Histoire de la fondation des hôpitaux du Saint-Esprit de Rome et de Dijon, représentées en vingt-deux sujets gravés d’après les miniatures d’un manuscrit de la bibliothèque de l’hôpital de la Charité de Dijon, accompagnée d’une description et d’un précis chronologique. Extrait des Mémoires de la Commission des Antiquités de la Côte d’Or, Dijon 1838 et P. G u e r r i n i, La storia della fondazione dell’ospedale di Santo Spirito in un manoscritto illustrato del Secolo XV, Il Veltro 45/5-6 (2001) pp. 143-162. 29. Le recteur de Besançon Pierre de Liesle reçut en 1267 la juridiction sur Dijon et ses dépendances: A. C a s t a n, Notice sur l’hôpital du Saint-Esprit de Besançon, Annuaire du Doubs 2 (1864 -1865) p. 195. 30. Voir note 21. 31. Les recteurs de l’hôpital de l’hôpital du Saint-Esprit de Dijon rappelleront à satiété la fondation ducale et le statut de dépendance immédiate de Sainte-Marie in Saxia, pour conforter leurs privilèges menacés par la maison de Besançon: voir F. C a l m e l e t, Histoire de la maison magistrale, conventuelle et hospitalière du Saint-Esprit fondée à Dijon en 1204 par Eudes III duc de Bourgogne et sur le point de son extinction par Louis XV, mss, 1771. Dijon, Archives Hospitalières, Hôpital du Saint-Esprit de Dijon. 32. Vers 1209. 33. Fondé en 1215. B r u n e, Histoire (voir note 2) pp. 435-436. 34. Sous le rectorat de frère Jean, second maître. C a l m e l e t, Histoire ( voir note 32) p. 29. 35. Qui avait été offert à Sainte-Marie in Saxia en 1207. B r u n e, Histoire (voir note 2) p. 394. 36. Mentionné pour la première fois en 1256. 37. Les chanoines de Saint-Etienne de Dijon s’y opposèrent. 38. Sur les hôpitaux qui dépendaient de Besançon, voir à Besançon, Archives Départe- mentales du Doubs, Archives Hospitalières, 53 J, Hôpital du Saint-Esprit de Besançon, et N. Brocard, Soins, secours et exclusion. Etablissements hospitaliers et assistance dans le diocèse de Besançon (Annales Littéraires de l’Université de Franche-Comté 670), Besançon 1998. 39. C a s t a n, Notice (voir note 29) passim. L’hôpital du Saint-Esprit in Saxia et ses filiales de Besançon et Dijon 279 gny,40 puis des filiales à Dole et Neufchâteau,41 Gray et Toul,42 suivies par Vaucouleurs 43 et Chaussin.44 L’abondance des ressources de cette maison transparaît dans son active politique d’acquisition de biens immobiliers à Besançon et dans sa banlieue ; elle reçut encore de nouvelles filiales dès le tout début du XIVe siècle.45 Cependant l’hôpital du Saint-Esprit de Besançon n’apparaît pas avant 1291 dans les listes de documents pontificaux.46 Cette absence peut difficilement s’expliquer par une ignorance prolongée de la part de la chancellerie romaine. Il nous semble plus probable que les hôpitaux de Saint-Esprit de Besançon et Poligny fondés par Montpellier firent l’objet d’un recentrage tardif au profit de la maison romaine, d’où leur absence dans la liste des dépendances de Sainte-Marie in Saxia contenue dans la bulle d’Alexandre IV en 1256. La mise en place des groupes provinciaux, organes intermédiaires quasi obligés entre la maison centrale et une périphérie lointaine, ne fut apparem- ment compliquée que par la question de la juridiction de Montpellier, question qui rejaillit peut-être jusqu’à Besançon. Si notre hypothèse se confirme, la notion de filiation céda alors momentanément le pas aux considérations d’ordre pratique et politique.47

Les manifestations de la volonté de centralisation de l’ordre dans la vie des hôpitaux du Saint-Esprit du duché et du comté de Bourgogne se manifes- tèrent également par des interventions romaines. Mais celles-ci ne sont sur- tout visibles à partir du début du XIVe siècle, et semblent avoir été plus fréquentes dans la “province” de Besançon que dans celle de Dijon, sans que

40. L’hôpital du Saint-Esprit de Poligny n’est mentionné dans la documentation locale qu’en 1245, mais sa préséance au chapitre provincial sur tous les autres hôpitaux de la “province” semble n’avoir jamais été contestée. B r u n e, Histoire (voir note 2) p. 383. 41. 1234. 42. 1238. 43. 1270. 44. 1279. 45. Sur la chronologie des débuts de l’hôpital du Saint-Esprit de Besançon, se reporter à C a s t a n, Notice (voir note 29) passim. Au XIVe siècle l’expansion de l’ordre continua autour de Besançon avec la fondation des hôpitaux du Saint-Esprit de Rochefort, Monnet, Orgelet, Arinthod et Saint Julien en 1301 et de celui d’Arlay en 1307. L’hôpital du Saint-Esprit de Metz ne fut fondé que vers 1380. 46. Inter opera pietatis, Diplomata, éd. T o u s a r t (voir note 1) I, pp. 34-39. 47. Parallèlement à la “province” de Besançon se constituait une autre “province” en territoire d’Empire, celle de Stephansfeld qui regroupait les hôpitaux du Saint-Esprit de localités germanophones. Le critère linguistique fonctionnait donc parallèlement à ceux de la filia- tion et de la situation géographique. G i l o m e n - S c h e n k e l, Einleitung (voir note 5) pp. 190-191. 280 Françoise Durand l’on puisse savoir si cette différence correspond à une réalité ou à une inégale conservation des documents. Le maître de l’hôpital romain, maître général de tout l’ordre, apparaît dans la documentation bourguignonne en 1303, où il recommande à divers prélats les quêtes de l’hôpital de Besançon.48 Il nomme le recteur de Dijon49 mais son autorité ne semble pas toujours respectée: il se trouve parfois obligé, en compagnie du cardinal protecteur, de faire valoir au loin son rôle de juge suprême, rappelant par exemple au recteur de Besançon qu’il a l’obligation de citer à Rome les religieux ou personnels rebelles de sa “province”, quelle que soit leur qualité.50 Quant au cardinal protecteur, il confirme de temps en temps la protection pontificale,51 mais il est bien loin, et ses interventions en Bourgogne trouvent parfois leurs limites: les frères de l’hôpital du Saint- Esprit de Dijon n’arriveront pas à réaliser la fondation projetée à Mirebeau.52 Tout au long de cette période les maîtres de Sainte-Marie in Saxia délè- guent régulièrement des visiteurs dans les diverses “provinces”. La parcimo- nie de la documentation ne permet cependant pas d’établir les critères de leur choix. En 1334 le rôle est dévolu au recteur de la maison de Montpellier, qui possède en même temps le titre de visiteur et celui de vicaire au nord des Alpes.53 Parfois le choix du maître général cause sur place quelques inquié- tudes, comme en 1365 où le visiteur désigné est le recteur de Fouvent, alors en si mauvais termes avec son supérieur de Besançon qu’avant de visiter ce dernier hôpital il doit promettre de laisser de côté ses griefs.54 Le visiteur général confirme la protection du siège apostolique aux hôpitaux de Dijon et Besançon ; à l’occasion il peut aussi recevoir le tribut dû à l’hôpital romain.55 Mais son rôle est bien souvent disciplinaire. Dès 1317 on voit un visiteur déposer le maître de Dijon, et le condamner à la prison à vie.56 En 1328 un autre visiteur fait obligation aux hôpitaux de Dijon et Besançon de recevoir mutuellement leurs religieux déplacés.57

48. Archives Départementales du Doubs, 53 J. 49. Vers 1337; C a l m e l e t, Histoire (voir note 31) p. 40. 50. 1346; Archives Départementales du Doubs, 53 J. 51. 1336 et 1346, ibid., 53 J. En 1346 il se désigne comme protecteur, défenseur, correcteur et réformateur de l’ordre tant dans sa tête que dans ses membres. 52. 1333; cette fondation voulue par le seigneur du lieu se heurte à l’opposition des chanoines de Saint-Etienne de Dijon possesseurs du prieuré local. 53. Le document porte citra montes: il est daté de Montpellier. 54. Frère Pierre de la Croix. 55. Archives Départementales du Doubs, 53 J. 56. Frère Gérard. Ibid., 53 J. 57. Le déplacement n’est pas forcément une sanction. Archives Départementales du Doubs, 53 J. L’hôpital du Saint-Esprit in Saxia et ses filiales de Besançon et Dijon 281

En principe, chaque année pour la fête de la Pentecôte, le chapitre général de l’ordre ramène à Rome les envoyés des maisons de Dijon et Besançon,58 qui à cette occasion versent leur contribution ; mais il semble que cette norme ne fut pas toujours respectée. En effet on voit le tribut dû par Besançon versé parfois à Montpellier ou à Avignon,59 et non pour la Pentecôte mais pour le dimanche suivant l’octave de l’Epiphanie.60 Au nom de toute sa “province”,61 Besançon devait s’acquitter chaque année d’une redevance de 30 florins d’or; d’abord d’un cens de 15 florins d’or,62 puis encore la même somme mais cette fois à titre de subside pour la chambre.63 Mais l’hôpital bisontin s’acquitta assez irrégulièrement de son devoir. Si on le voit payer d’avance en 1311 quatre années de cens et de tribut,64 en 1339 le retard commence: il règle ensemble deux années dues;65 et en 1388 la somme apportée à Rome corre- spondra à huit ans de dette. Parmi les marqueurs manifestant la centralisation romaine de l’ordre, ces institutions sont les seules à avoir laissé des traces suivies en Bourgogne. La confrérie du Saint-Esprit liée à l’ordre ne peut être repérée dans le duché ni le comté de Bourgogne à cette époque, ce qui ne signifie sans doute pas qu’elle en était absente.66 Quant aux quêtes elles n’apparaissent que tardivement dans la documentation: on ne trouve mention des quêtes de l’hôpital du Saint- Esprit de Besançon qu’en 1303 où le Maître du Saint-Esprit in Saxia les

58. Pour délibérer, faire ratifier les nominations, rendre leurs comptes. 59. Archives Départementales du Doubs, 53 J. 60. Cf. D e A n g e l i s, L’Ospedale (voir note 3) II, p. 59; C’était à Rome le jour de la procession solennelle instaurée par Innocent III en 1208. 61. En 1305 frère Pierre reçoit à Rome quittance du maître du Saint-Esprit in Saxia en tant que preceptor et generalis procurator hospitalis nostri Bisuntini et omnium hospitalium et domorum nostrarum in Burgundia. 62. En 1346 le visiteur général Michel de Cesis rappelle au recteur de Besançon et à ses suffragants que ce cens est dû par les hôpitaux à titre de reconnaissance de dépendance. B r u n e, Histoire (voir note 2) p. 143. 63. En 1305 la somme n’est pas indiquée dans la plus ancienne quittance conservée, le lendemain de l’Ascension; mais ensuite une série de quittances conservées à Besançon fait connaître les sommes versées à la maison centrale. Archives Départementales du Doubs, 53 J. 64. Ibid., 21 janvier 1311. 65. Ibid., 3 juin 1339. 66. Urbain V au début de son pontificat (Avignon, 1362) avait renouvelé le privilège de l’indulgence plénière in articulo mortis et celui de l’absolution générale, y compris les cas réservés, par un confesseur choisi par le confrère. Urbain VI avait concédé à nouveau l’indul- gence plénière à tous les confrères ayant versé 30 deniers tournois d’argent et un denier annuel. Bref Militanti Ecclesiae, Orvieto 31 mars 1383. D e A n g e l i s, L’Ospedale (voir note 3) II, p. 67. Sur ces questions voir R e h b e r g, Nuntii (voir note 4). 282 Françoise Durand recommande, imité en 1319 par le cardinal protecteur qui vise non seulement la Bourgogne et la Lorraine mais tout le royaume de France.67 La première partie du XIVe siècle semble donc représenter une période de stabilisation pour l’organisation de l’ordre hospitalier du Saint-Esprit dans les deux Bourgognes. On remarque seulement une certaine irrégularité du paiement du tribut qui signait le maintien des liens avec le Saint-Esprit in Saxia, et ce pour la fin de la période, ce qui s’explique vu la conjoncture. La soumission des hôpitaux locaux à la maison romaine via la médiation de Besançon paraît avoir été d’autant mieux acceptée localement qu’elle garan- tissait particulièrement la participation aux privilèges de l’ordre. Dans les deux Bourgognes celui-ci s’était largement développé grâce à ces privilèges, sources de d’enrichissement grâce aux dons et quêtes qu’ils promouvaient et probablement de rayonnement spirituel via la confrérie. Mais cela ne permit pas d’éviter les ruineuses conséquences des guerres, des épidémies puis du grand schisme pendant les décennies suivantes.

III. Turbulences de la fin du XIVe siècle et sévère remise en ordre Dans l’ensemble des régions étudiées, les conditions sanitaires, politi- ques, religieuses et économiques de la fin du XIVe siècle amenèrent un relâchement durable des liens à l’intérieur de l’ordre, notamment entre la maison magistrale et la périphérie. On peut parler de profonde désorganisation; de plus de nombreux hôpitaux étaient ruinés et quasi abandonnés. L’esprit d’insubordination trouva là matière à se développer: en 1391 l’hôpital du Saint-Esprit de Toul profita du schisme pour obtenir de Clément VII son indépendance, par la suite les frères de l’hôpital du Saint-Esprit de Dijon entrèrent en rébellion contre leur recteur. Les répercussions financières de ces désordres étaient considérables: on a vu avec quelle difficulté la maison de Besançon payait son tribut à l’hôpital in Saxia. La maison magistrale tentait pourtant de remettre de l’ordre dans les “provinces” lointaines des deux Bourgognes. Le cardinal protecteur intervint à la fin du XIVe siècle contre des usurpateurs de biens de l’hôpital bisontin et de ses filiales,68 puis en 1392 il arbitra la querelle interne de l’hôpital dijonnais.69 Des dispositions d’envergure furent prises par le Maître et le chapitre général, qui en 1411 donnèrent mandat au recteur de Besançon pour relever l’ensemble des maisons relevant de sa “province”.70

67. Archives Départementales du Doubs, 53 J. 68. 1388; Ibid., 53 J. 69. 1392. 70. Frère Pierre de Fouvent; Archives Départementales du Doubs, 53 J. L’hôpital du Saint-Esprit in Saxia et ses filiales de Besançon et Dijon 283

Mais le schisme persistant, le résultat de ces efforts sporadiques fut long à venir; aussi, dans la suite du XVe siècle les papes intervinrent-ils maintes fois dans la vie de l’ordre, et l’un d’eux en prit lui-même la direction. Martin V désireux de se concilier la population romaine renouvela les privilèges de l’hôpital in Saxia et en 1418 réussit à remettre momentanément l’hôpital de Toul dans l’obédience de Besançon. Mais il fallut attendre Eugène IV (1431- 1447) puis Sixte IV (1471-1484) pour que se mette en place une efficace politique de redressement général et centralisé, qui passait par la rénovation et la restructuration. Peu après son élection, Eugène IV mit en œuvre une grande réforme de l’ordre hospitalier du Saint-Esprit. Il révoqua toutes les aliénations pratiquées depuis 70 ans au détriment des hôpitaux du Saint-Esprit;71 puis en 1444 il ordonna la réforme de l’ordre,72 et enfin, en 1446, il renouvela les privilèges de la confrérie 73 où il entra lui-même.74 Moyennant le paiement de trois florins d’or à l’entrée puis d’un gros par an, il accordait à ses membres une indulgence plénière in articulo mortis et le droit de choisir leur confesseur, qui aurait le privilège de leur accorder une fois l’absolution générale y compris des péchés dont l’absolution était réservée au siège apostolique. Il nomma son propre neveu Pierre Barbo75 maître de Sainte-Marie in Saxia et, celui-ci quand celui ci fut devenu évêque de Vicence, le pape géra lui même les destinées de l’ordre pendant quelque temps.76

Ce regain d’intérêt, dicté par les nécessités de l’hôpital romain, rencontra un écho très positif auprès des recteurs des hôpitaux du Saint-Esprit des deux Bourgognes. Cependant il eut une répercussion fâcheuse sur le devenir de l’hôpital de Dijon à cause de la place prépondérante prise par le recteur de Besançon dans la gestion du renouveau. La mise en œuvre de la restauration par le recteur de Besançon fut en effet particulièrement efficace, grâce à une longévité assez exceptionnelle. Le frère Lambelet Vernier fut nommé à la tête de la maison de Besançon en 1427 et y resta quarante-neuf ans. Nommé

71. Tunc iniuctum, janvier 1432; disposition rappelée au cardinal protecteur en 1445 avec l’ordre de faire rendre les revenus perçus indûment par les acquéreurs ou locataires. D e A n g e l i s, L’Ospedale (voir note 3) II, p. 62. 72. Licet vigilis, octobre 1444, ibid., p. 63. 73. Par la bulle Salvatoris nostri, adressée aux évêques d’Aquilée et de Maguelone et à l’abbé du monastère Saint-Paul à Rome le 25 mars 1446. Diplomata, éd. T o u s a r t (voir note 1) pp.76-78. 74. D e A n g e l i s, L’Ospedale (voir note 3) II, p. 72. 75. Futur Paul II; B r u n e, Histoire (voir note 2) p. 212. 76. Ibid. 284 Françoise Durand visiteur de l’ordre par le maître général en 1427 et 1428, il se préoccupa d’abord de restaurer le patrimoine de sa maison,77 afin de faire face à l’afflux des pauvres.78 Il mena diverses actions en justice pour mettre fin à la concur- rence dont souffraient ses quêteurs, notamment dans le diocèse de Lyon 79 Tout au long du XIIIe siècle et au XIVe siècle les papes avaient renouvelé les privilèges des quêteurs de l’ordre et comblé d’indulgences les bienfaiteurs; aussi l’action de frère Lambelet porta ses fruits. A la fin du XVe siècle l’hôpital de Besançon envoyait ses collecteurs 80 dans une vingtaine de dio- cèses.81 Le maître général de l’ordre intervint seulement pour départager les zones de quêtes entre des hôpitaux du Saint-Esprit rivaux.82 La seconde urgence était de restaurer l’autorité de Besançon sur sa “province”, spécialement sur les maisons émancipées à la faveur du grand schisme. Il fallut rappeler au recteur de Dole l’obligation de venir au chapitre provincial et d’y verser son tribut de 6 florins.83 Pour retrouver l’autorité sur l’hôpital du Saint-Esprit de Toul, frère Lambelet avait besoin de voir réitérer le soutien romain, sachant que Martin V avait tenté sans succès durable de ramener cet hôpital à l’obéissance ; après avoir laborieusement trouvé une ententeavecl’hôpitaldeToul84 le maître de Besançon prit la précaution de faire ratifier cet accord par Eugène IV, en 1437.85 Lambelet Vernier profita encore du soutien romain pour élargir son pouvoir à d’autres établissements.

77. Il semble que Pierre de Fouvent n’avait pu mener à bien le redressement souhaité par le chapitre général; Lambelet Vernier commença par faire réaliser plusieurs inventaires, et mit en route la rédaction du cartulaire de l’hôpital du Saint-Esprit de Gray. B r o c a r d, Soins (voir note 38) pp. 198-199. Et Archives Départementales du Doubs, 53 J II 1. Ce cartulaire que nous avons compulsé est rédigé avec beaucoup de soin. 78. A en croire sa correspondance, 120 pauvres auraient été logés à l’hôpital du Saint- Esprit de Besançon avant l’annexion de Saint Jacques (ibid.). 79. Il fallut lutter aussi contre la concurrence de quêtes de l’hôpital du Saint-Esprit de Toul dans les Trois-Evêchés. B r u n e, Histoire (voir note 2) p. 234 et de l’hôpital du Pont Saint-Esprit, qui n’appartenait pas à l’ordre (ibid., p. 141). 80. Les quêteurs de l’hôpital du Saint-Esprit de Besançon agissaient tant pour le compte de celui-ci que pour les maisons dépendantes; il semble que celles-ci ne pouvaient procéder à leurs propres quêtes qu’avec une autorisation exceptionnelle. 81. Notamment ceux de Besançon, Reims, Soissons, Laon, Arras, Thérouanne, Saintes, Bourges, Rouen, Metz, Lyon, Lausanne, Genève, Sion, Aoste, Verceil, Ivrée, et encore dans ceux de Tarentaise, Maurienne, Grenoble, Velay, Chambéry. 82. 1497, dans une contestation entre les hôpitaux de Toul, de Besançon et de Stephans- feld. B r u n e, Histoire (voir note 2) p. 140, n. 4. 83. Archives Départementales du Doubs, 53 J. 84. Ibid.; selon un premier accord passé à Bâle en 1435, l’hôpital de Toul devait verser à Besançon 15 florins d’or de cens annuel. 85. Ibid.; B r u n e, Histoire (voir note 2) p. 234. L’hôpital du Saint-Esprit in Saxia et ses filiales de Besançon et Dijon 285

Il obtint en 1435 l’annexion d’un hôpital de Besançon 86 pour y loger une partie des pauvres et résolut au même moment de mettre la main sur l’hôpital du Saint-Esprit de Dijon et ses dépendances,87 prétendant qu’il était dans une grave décadence. Bien que l’hôpital du Saint-Esprit de Dijon soit en principe immédiatement sujet de celui de Rome, le recteur de Besançon obtint l’accord du maître et du chapitre général qui prononcèrent en 1437 la soumission de l’hôpital du Saint-Esprit de Dijon à celui de Besançon.88 Après la mort du recteur de Dijon en 1439, frère Lambelet tenta d’imposer son neveu; mais le chapitre de Dijon indigné élut alors le frère Pierre Crapillet.89 Ce fut l’occa- sion d’une longue lutte, le duc de Bourgogne Philippe le Bon soutenant à plusieurs reprises 90 les droits de l’hôpital dijonnais. Cependant Crapillet 91 ne put obtenir satisfaction que fugitivement 92 car les succès du recteur de Be- sançon en matière de réorganisation de sa “province” lui attiraient la confiance du Maître du Saint-Esprit in Saxia. L’abbé Brune rapporte que Lambelet Vernier fut visiteur de l’ordre au moins à cinq reprises.93 A l’occasion de cette annexion de Dijon apparaît une nouvelle politique de la maison centrale, qui semble négliger délibérément les droits de l’hôpital de Dijon et de ses suffragants. Au long de cette affaire le choix fut fait le plus souvent au profit des efforts de restructuration du recteur de Besançon, dont l’autorité se doublait d’un sens de l’intrigue fort développé. Il faut dire que le frère Lambelet jouissait de puissants appuis à Rome avec l’archevêque de Besançon et cardinal François Condulmer neveu d’Eugène IV 94 et avec le chanoine bisontin Hugolin Folain95 ami de cet cardinal et de Louis Scarampi patriarche d’Aquilée.96 A la mort de frère Pierre Crapillet, Vernier n’arriva pas

86. L’hôpital Saint-Jacques des Arènes, qui tombait en ruine: l’hôpital du Saint-Esprit de Besançon s’engageait à le réparer. 87. Cette “province” était moins importante que celle de Besançon mais versait tout de même à la maison magistrale un cens de 12 florins d’or; le cens que Besançon versait à la même centrale romaine passa de 15 à 27 florins d’or durant la période de sujétion de Dijon. 88. C a s t a n, Notice (voir note 29) I, p. 164. 89. Ancien recteur de Gray, alors à Rome selon B r u n e, Histoire (voir note 2) p. 233. 90. En 1456 et 1461. B r o c a r d, Soins (voir note 38) p. 195. 91. Pourtant frère d’un des conseillers de Philippe le Bon. 92. En 1454 le maître général révoque les pouvoirs accordés à Lambelet Vernier. 93. En 1427, 1428, 1438, 1447, 1452. B r u n e, Histoire (voir note 2) p. 76. 94. Celui-ci était vice chancelier de l’église romaine en 1436. 95. Hugolin Folain était grand archidiacre de Besançon et doyen du chapitre métropolitain de la ville, bien placé à la curie, il devint vice-amiral des galères de Calixte III. C a s t a n, Notice sur Hugolin Folain, Mémoires de la société d’émulation du Doubs 9 (1864) p. 119 sq. Lambelet Vernier lui était allié par des liens familiaux. C l e r c/H e n n e q u i n/M a r q u i- s e t, L’hôpital du Saint-Esprit de Besançon, Mémoire de Maîtrise, Besançon 1991, I, p. 118. 96. Cardinal en 1440. 286 Françoise Durand

à imposer son candidat à Dijon, mais le nouveau recteur 97 dut encore recon- naître la supériorité de Besançon. Lambelet Vernier mourut pendant la recons- truction de l’hôpital romain, ayant lui-même considérablement agrandi les bâtiments et le rayon d’action de la maison de Besançon. Grâce à ses relations à la curie et à l’adéquation de ses vues avec celles de l’hôpital romain, l’hôpital de Besançon avait joui pendant une quarantaine d’années d’une sorte de statut de filiale privilégiée de l’hôpital romain.98 L’hôpital de Dijon ne put retrouver sa relation immédiate avec l’hôpital Saint-Esprit in Saxia qu’en 1481.99 L’ordre connut grâce à Sixte IV une véritable renaissance, basée notam- ment sur une centralisation revivifiée. Le pape fit reconstruire de façon grandiose l’hôpital du Saint-Esprit in Saxia de 1473 à 1478, lui donnant un développement considérable.100 Parallèlement, il remit tout l’ordre sous l’au- torité du cardinal protecteur,101 condamnant les usurpateurs 102 et recommandant une nouvelle fois les collecteurs des quêtes.103 Celles de l’hôpital du Saint- Esprit de Besançon profitèrent amplement de ce soutien pontifical, en 1482- 1484 elles rapportèrent 300 francs et des dons en nature.104

97. Archives Départementales du Doubs, 53 J. Frère Jean Richard, ancien frère prêcheur en faveur de qui Crapillet avait tenté de résigner sa charge en 1460. Lambelet Vernier avait lui aussi désigné un candidat, frère Besançon (sic!) Ramel, et le Maître général avait nommé un frère de Sainte-Marie in Saxia. Des émissaires de la communauté de Dijon vinrent à Rome demander la désignation de l’un d’eux, frère Simon Albosset. La solution retenue pour finir, après démission du frère romain, montre peut-être une volonté de respecter le souhait de celui à qui Lambelet Vernier avait joué de mauvais tours (que le duc de Bourgogne avait dénoncés auprès du maître général). Sur ces questions, voir P. B u l t o t/G. H a s e nohr, Pierre Crapillet, recteur de l’hôpital du Saint-Esprit de Dijon, le Cur Deus homo d’Anselme de Canterbury et le De arrha animae d’Hugues de Saint-Victor traduits pour Philippe le Bon, Louvain-la-Neuve 1984 et B r o c a r d, Soins (voir note 38) pp. 190 et suiv. 98. Calixte III qui était préoccupé avant tout par son projet de croisade confirma cependant en mars 1456 les privilèges de l’ordre du Saint-Esprit Etsi deceat nos.De Angelis, L’Ospedale (voir note 3), II, pp. 638-640. cf. supra sur ses relations avec Hugolin Folain qui ne faisaient que renforcer la position de Lambelet Vernier à la curie. 99. Archives Départementales du Doubs, 53 J, sentence du Maître général de l’ordre. Lambelet Vernier était mort en 1476. 100. Il était en piteux état après l’incendie de 1471 qui s’ajoutait à sa vétusté. D e A n g e l i s, L’Ospedale (voir note 3) II, p. 320. 101. 13 août 1471, Etsi ex debito pastoralis, Diplomata, éd. T o u s a r t (voir note 1) I, pp. 91-95. 102. Ils devaient délaisser sans délai les hôpitaux dépendants de l’hôpital in Saxia et placés sous le vocable du Saint-Esprit. 103. Nommément ceux qui étaient particulièrement nombreux de l’autre côté des Alpes. 23 janvier 1476, Etsi universis Xenodochii, ibid., pp. 95-98. 104. Archives Départementales du Doubs, 53 J XX 4. Et tableau dans B r o c a r d, Soins (voir note 37); C’était encore insuffisant, car les recteurs durent demander à nouveau l’aide des souverains pour pouvoir les étendre à tout le royaume de France. Archives Départementales du L’hôpital du Saint-Esprit in Saxia et ses filiales de Besançon et Dijon 287

Quelques mois plus tard 105 le pape renouvela tous les privilèges de l’ordre et procéda à la refondation de la confrérie du Saint-Esprit. Il se fit lui même inscrire sur le livre de cette confrérie 106 et octroya à ses membres une longue série de nouveaux privilèges;107 il augmenta encore les sources de revenus en accordant des indulgences liées à une nouvelle procession annuelle qui se rendrait de Saint-Pierre à l’église de Sainte-Marie in Saxia, à laquelle il offrit des reliques de saint André, saint Paul et sainte Catherine.108 Des confréries du Saint-Esprit sont attestées ensuite à Besançon, Dijon, Poligny etc., sans doute en conséquence de cette impulsion. Mais on ne peut préciser leur importance ou leur physionomie à ce moment précis, car la documenta- tion est postérieure. L’hôpital de Fouvent filiale de Dijon profita directement d’une autre disposition de Sixte IV, prosaïque mais nécessaire, qui permettait aux porcs offerts aux quêteurs et aux hôpitaux du Saint-Esprit de vaquer, dotés d’une clochette à l’oreille, sans être molestés par les frères hospitaliers de l’ordre de Saint-Antoine.109 Le quotidien le plus vulgaire des querelles de voisinage entre les deux ordres hospitaliers dans cette région proche de la limite entre les deux Bourgognes, qui devaient durer depuis le XIIIe siècle, se voyait réglementé depuis le centre de la chrétienté.

IV. Conclusion Dans l’ensemble la destinée des hôpitaux de la périphérie, dans les territoires appartenant à la France actuelle, fut profondément marquée par leurs liens avec l’hôpital du Saint-Esprit in Saxia, devenu seul centre de l’ordre.

Doubs, 53 J: Lettres Patentes de Charles VIII de 1483 et de Louis XII en 1498. 105. 21 mars 1477, Illius qui pro Dominici, Diplomata, éd. T o u s a r t (voir note 1) I, pp. 99-109. 106. Il incitait les cardinaux et les dignitaires ecclésiastiques ou laïcs venant à Rome à y entrer aussi ou à s’y faire inscrire par procuration. B r u n e, Histoire (voir note 2) p. 158. 107. Indulgence in articulo mortis, absolution générale, même de certains cas réservés, par le confesseur choisi; mais cette fois le pape excluait les cas d’homicide volontaire et bigamie. 108. Il n’est pas dit expressément que ces privilèges s’étendaient aux confréries éventuel- lement fondées dans les hôpitaux du Saint-Esprit lointains en tant qu’annexes de l’unique confrérie romaine, mais leur existence est suggérée: les confrères éloignés de Rome pourraient jouir des privilèges liés à la procession en se confessant le jour où elle avait lieu, c’est à dire le lundi de Pentecôte. 109. Alto divinae providentiae, 8 juin 1481, Diplomata, éd. T o u s a r t (voir note 1) I, pp.110-113. L’hôpital du Saint-Esprit de Fouvent était mitoyen d’une commanderie de Saint- Antoine. 288 Françoise Durand

Après la période du laborieux partage de la juridiction sur les établisse- ments entre les maisons de Rome et Montpellier, la vie des hôpitaux bourgui- gnons au XIVe siècle refléta les heurs et les malheurs de la maison romaine,110 tandis que les privilèges et indulgences venus de Rome apportaient leur soutien au développement des ressources des maisons de l’ordre à la périphérie. Au XVe siècle, après les problèmes particuliers liés au schisme, que volontairement nous n’avons évoqués qu’en passant, le succès quasi continu du recteur de Besançon dans le rétablissement de sa “province” fut le prolon- gement de la volonté d’Eugène IV puis de Sixte IV. Mais la seconde bulle de Sixte IV marquait une méfiance nouvelle envers le système des hôpitaux chefs d’un groupe provincial, menaçant d’excommunication tout recteur qui prétendrait à une supériorité sur d’autres maisons au détriment de l’hôpital du Saint-Esprit in Saxia.111 L’hôpital de Montpellier était sans doute visé au premier chef par cette précaution après les vicissitudes récentes de ses rela- tions avec l’hôpital de Rome, mais en Bourgogne aussi, désormais, il n’y aurait plus place pour les menées d’un autre Lambelet Vernier.

110. Sur la vie et les vicissitudes du rôle directeur de l’hôpital de Sainte-Marie in Saxia, définitivement devenu “Saint-Esprit” in Saxia, pendant la période de la résidence avignonnaise des papes, voir R e h b e r g, notamment I papi (voir note 4). 111. Etsi universis xenodochiis, 23 janvier 1476, Diplomata, éd. T o u s a r t (voir note 1) I, pp. 95-98. Gisela Drossbach L’ordine di S. Spirito nei territori del Sacro Romano Impero. Dagli inizi sino alla metà del XV secolo *

I. Introduzione L’ordine di S. Spirito nei territori del “Sacro Romano Impero” possedeva poche case affiliate. Nelle pagine seguenti tratterò in particolare degli inse- diamenti dell’ordine di S. Spirito nella Germania sud-occidentale tra il XIII secolo e la metà del XV. L’ordine aveva sì una sede a Besançon, ma questa filiale sita nel regno di Borgogna sarà presa in considerazione solo in funzione comparativa.1 Nel Regnum Italicum esso aveva, per quanto mi consta, in questo lasso di tempo solo una filiale.2 Anche la prospettiva cronologica va considerata nell’utilizzare l’espressione “Sacro Romano Impero”. Per defi- nitionem,ilManuale sulla storia del diritto tedesco fa iniziare il Sacro Romano Impero con gli atti redatti in lingua tedesca da Carlo IV nel 1361 e nel 1385, e con quelli in latino emessi dopo la sua incoronazione.3 Tuttavia non solo negli atlanti di storia il concetto viene applicato a un ambito tempo- rale più ampio; anche opere di consultazione come Die Bischöfe des Heiligen Römischen Reichs 4 cominciano con il pontificato di Innocenzo III (1198- 1216). A questo modello si indirizzerà anche il presente studio. Lo stato delle fonti per quanto riguarda la situazione delle case affiliate nella parte sud-occidentale della Germania nel XIII e XIV secolo è esigua, e

* Traduzione di Gabriele Guerra. 1. Sull’ospedale del Santo Spirito sito a Besançon vedi anche il contributo di Françoise Durand che si trova in questo stesso volume. 2. Questa filiale si trovava a Gemona del Friuli nel patriarcato di Aquileia; vedi A. R e h b e r g, I papi, l’ospedale e l’ordine di S. Spirito nell’età avignonese, Archivio della Società Romana di Storia Patria 124 (2001) pp. 35-140: 73 nota 129. 3. A. E r l e r, Heiliges Römisches Reich, in: Handwörterbuch zur deutschen Rechtsge- schichte, II, Berlin 1978, coll. 45-48: 46. 4. E. G a t z (a cura di), Die Bischöfe des Heiligen Römischen Reiches 1198 bis 1448. Ein biographisches Lexikon, Berlin 2001. 290 Gisela Drossbach per questo motivo si deve risalire a fonti di tipo normativo e atti dispositivi.5 Seguire il tema del presente volume di atti dedicato al binomio “centro e periferia” non presenta invece alcun problema, dal momento che l’ordine di S. Spirito si presenta come una struttura incentrata sulla figura del pontefice 6 – cosa che, come si proverà a mostrare più avanti, ebbe effetti anche sulla struttura organizzativa nella Germania del sud-ovest.

II. La fase della fondazione e dell’espansione L’ospedale più antico situato in territorio tedesco sorse in collaborazione col fondatore dell’ordine, papa Innocenzo III.7 Su desiderio di Leopoldo VI (1198-1230), duca d’Austria e di Steiermark, Innocenzo III aveva assegnato all’ordine il 31 novembre 1208 una cappella eretta fuori Vienna.8 Tale cap- pella divenne il primo nucleo dell’ospedale del Santo Spirito, con la parteci- pazione di confratelli provenienti da Roma. Allo stesso modo, al pontificato di Innocenzo III risalgono le fondazioni delle case di Stephansfeld e Memmingen. Intorno alla fondazione dei due ospedali sono fiorite numerose leggende, tanto che la ricostruzione della loro genesi presenta alcune difficoltà. Le prime donazioni, che cominciarono con il 1216, indirizzate all’ospedale di Stephansfeld provengono dai landgravi di

5. Cfr. G. D r o s s b a c h, Christliche caritas als Rechtsinstitut. Hospital und Orden von Santo Spirito in Sassia (1198–1378) (Kirchen- und Staatskirchenrecht 2), Paderborn 2005, p. 26. 6. Sull’ospedale del Santo Spirito in Sassia in quanto “centro di un ordine ospedaliero e ospedale ‘pontificio’ per eccellenza”, vedi A. R e h b e r g, Die Römer und ihre Hospitäler. Beobachtungen zu den Trägergruppen der Spitalsgründungen in Rom (13.-15. Jahrhundert), in: G. D r o s s b a c h (a cura di), Hospitäler in Mittelalter und Früher Neuzeit. Frankreich, Deutschland und Italien. Eine vergleichende Geschichte – Hôpitaux au Moyen âge et au Temps modernes. France, Allemagne et Italie. Une histoire comparée (Pariser Historische Studien 75), München 2007, pp. 225-260: 229. Cfr. anche D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5), in particolare pp. 167ss. 7. G. D r o s s b a c h, ‘Regularis ordo ... per nos institutus esse dinoscitur’: Zum Grün- dungsvorgang des Spitalordens vom Heiligen Geist durch Innocenz III., in: Proceedings of the Tenth International Congress of Medieval Canon Law, Syracuse, New York, 13-18 August 1996, a cura di K. P e n n i n g t o n, S. C h o d o r o w, K. H. K e n d a l l (Monumenta iuris canonici, ser. C: subsidia 11), Città del Vaticano 2001, pp. 387-404; E a d., Papst Innocenz III als Stifter des Hospitals und des Ordens von Santo Spirito in Sassia, Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento 27 (2001) pp. 291-300 (trad. ital.: “Caritas” cristiana: Innocenzo III fondatore dell’ospedale e dell’ordine di Santo Spirito, Il Veltro. Rivista della civiltà italiana 45 [2001] pp. 85-94). 8. R. P e r g e r/W. B r a u n e i s, Die mittelalterlichen Kirchen und Klöster Wiens (Wiener Geschichtsbücher 19/20), Wien-Hamburg 1977, p. 244ss. Un ospedale sito ad Halber- stadt viene nominato unicamente in un documento del 13 aprile 1208, ed. M i g n e, Patrologia Latina 215, coll. 1383s. nr. 49. Per questo motivo è lecito supporre che non sia esistito per un periodo più lungo. L’ordine di S. Spirito nei territori del Sacro Romano Impero 291

Werth, in Alsazia – in particolare Sigebert VII (III) di Werth – e furono poi confermati con estrema probabilità dall’imperatore Federico II. Perciò, a mio parere, i landgravi di Werth possono essere considerati i fondatori del- l’ospedale.9 Colui che fondò invece l’ospedale di Memmingen fu il nobile Heinrich von Neuffen; sebbene un atto autentico di fondazione non si sia conservato, Hannes Lambacher ha provato a rintracciare il fondatore dell’ospedale in Heinrich von Neuffen sulla base di un falso documento e con l’aiuto di una cronaca redatta nel XV secolo da un membro dell’ordine.10 Secondo tale tesi, la casa regnante degli Hohenstaufen ed Heinrich von Neuffen (chiamato anche “von Weißenhorn”), vicino alla conquista della signoria di Memmin- gen, avrebbero fondato nel 1212 un ospedale davanti alla Kalchtor,che avrebbero poi ceduto all’ordine di S. Spirito. Questa tesi di Lambacher coin- cide perfettamente con le mie conoscenze circa il fatto che gli insediamenti ospedalieri dell’ordine in ambito tedesco fossero esclusivamente situati o in città imperiali o in territori asburgici o degli Hohenstaufen, come mostrano le successive fondazioni: l’ospedale di Neumarkt ottenne nel 1239 una con- ferma del suo status da parte di Gregorio IX; quelli di Wimpfen e della svizzera Neuchâtel sono documentabili a partire dal 1258 e quello di Berna dal 1289; Markgröningen venne consacrato nel 1297; Pforzheim donato all’ordine nel 1323.11 La circostanza che gli ospedali appartenenti all’ordine sino alla Riforma si trovavano su possedimenti imperiali porta alla conclusione che i loro fondatori agissero in stretto collegamento con gli imperatori. In tal senso, comune ai due insediamenti più antichi, Vienna e Stephansfeld, è il fatto che essi fossero fondazioni di signori territoriali in stretto contatto con gli Hohen- staufen. Altri insediamenti erano situati in città imperiali ed erano quindi tollerati dalla signoria cittadina degli Hohenstaufen, assunte o fondate perfino da personalità vicine all’imperatore, come dimostra l’esempio dell’ospedale di S. Spirito di Wimpfen.12 La tesi di un sostegno volto a fondare filiali dell’ordine esercitato dalla dinastia degli Hohenstaufen non esclude tuttavia che l’ordine di S. Spirito fosse accettato anche in altre zone dell’impero, come nelle città vescovili, e che funse in certa misura da modello – comunque sotto

9. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 299s. 10. H. L a m b a c h e r, Das Heilig-Geist-Spital in Memmingen, Memmingen 1989. I d., Klöster und Spitäler in der Stadt, in: J. J a h n/H.-W. B a y e r (a cura di), Die Geschichte der Stadt Memmingen: von den Anfängen bis zum Ende der Reichsstadt, I, Stuttgart 1997, pp. 293-336. 11. Per altre fondazioni dell’ordine di S. Spirito in ambito tedesco vedi supra, nota 45. 12. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 305. 292 Gisela Drossbach altra forma. Per esempio fu recepita la regola dell’ordine dall’ospedale ve- scovile di S. Spirito ad Eichstätt.13

III. La fase di prosperità sino alla Peste Nera Nell’epoca successiva la maggior parte degli ospedali della Germania sud-occidentale godette di una relativa prosperità. La svolta venne con gli anni della Peste Nera, durante i quali, per fare un esempio, il maestro Her- mann Hun dell’ospedale di Memmingen fu l’unico sopravvissuto tra i membri dell’ordine.14 Solo circa venti anni più tardi cominciò per sette degli ospedali già descritti – e in particolare Memmingen, Wimpfen e Pforzheim – un periodo significativo dal punto di vista istituzionale e per la storia dell’ordine, descritto col termine di “comunalizzazione”.15 Ad esempio, nel 1365, ancora sotto Hermann Hun, dall’ospedale dell’ordine di Memmingen fu separato l’Unterspital cittadino, dotato di un patrimonio proprio, mentre il cosiddetto Oberspital sopravvisse, come collegio di canonici agostiniani, nella città imperiale protestante fino al Reichsdeputationshauptschluss del 1803.16 A seguito della divisione in Oberspital e Unterspital i membri dell’ordine di S. Spirito a Memmingen denominati Kreuzherren continuarono a fornire l’assi- stenza spirituale nell’Unterspital, come messe e cura d’anime. I compiti ospedalieri specifici erano appannaggio di laici nominati dal consiglio comu- nale e dalla cittadinanza. Ciò corrispondeva ad una tendenza generale presen- te nell’ordine, consistente nel trasferire ai laici le mansioni di assistenza ospedaliera, mentre i confratelli dell’ordine – praticamente tutti ecclesiastici – erano responsabili per le attività spirituali e l’esercizio della liturgia. Se papa Bonifacio IX (1389-1408) ne abbia tratto la conseguenza di riformare radicalmente l’ordine, in modo tale che i suoi membri accettassero la regola agostiniana e vivessero come canonici agostiniani, è una questione che deve

13. A. B a u c h, Die neuentdeckte Regel des Heilig-Geist-Spitals zu Eichstätt, Sammel- blatt des Historischen Vereins Eichstätt 64 (1971) pp. 7-84. L’estensore di questa regola apparsa in versione originale intorno al 1250 fu un vescovo di Eichstätt, Heinrich, la cui relazione con l’ordine non può più essere ricostruita. 14. L a m b a c h e r, Heilig-Geist-Spital (come nota 10) p. 32. 15. Sul concetto di “comunalizzazione” in generale e nella prospettiva del diritto canonico vedi G. D r o s s b a c h, Das Hospital – eine kirchenrechtliche Institution?, in: Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte, kanonistische Abteilung 118 (2001) pp. 510-522: 517s.; D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 308s. 16. L a m b a c h e r, Heilig-Geist-Spital (come nota 10) p. 36ss.; I d., Klöster (come nota 9) p. 322s.; G. D r o s s b a c h, Die Memminger Kreuzherren im Spannungsfeld zwischen päpstlichen Zentralismus und lokaler Autonomie, in: Das Kreuzherrenkloster in Memmingen (Arbeitshefte des Bayerischen Landesamtes für Denkmalpflege 116, hrsg. von der Stadt Mem- mingen und dem Bayerischen Landesamt für Denkmalpflege), München 2003, pp. 21-27. L’ordine di S. Spirito nei territori del Sacro Romano Impero 293 restare al di fuori della presente argomentazione. In ogni caso durante il pontificato di questo papa i confratelli dell’ordine vengono definiti nei docu- menti come canonici agostiniani e la casa madre denominata hospitale S. Spiritus in Saxia ordinis Sancti Augustini.17

IV. Formazione delle province Nei primi secoli della loro esistenza non riuscì ai singoli insediamenti dell’ordine di costituire proprie province, che non riuscirono a organizzarsi tra loro e a introdurre un regolare sistema di “visite” da parte dell’ordine. Una provincia dell’ordine dal nome di “Alemania superior”, con il proprio centro a Stephansfeld si era formata già nella prima metà del XV secolo – e non, come ipotizzato anche di recente, solo alla fine del secolo.18 Nell’archivio dell’abbazia di Ottobeuren ho trovato un documento finora ignoto, datato 6 luglio 1453, in cui Johannes de Wissenheyen vicarius ac generalis visitator eiusdem ordinis sancti Spiritus in Alemania superiori19 compone una lite a proposito dell’uso di determinate entrate tra i Kreuzherren di Memmingen, ovvero il priore e magister Mathias da una parte, ed il conventuale Judocus Atzenriyd dall’altra.20 Questo documento è a quanto mi consta il più antico in area tedesca in cui sia indicata la provincia dell’ordine Alemania superior, in cui all’ospedale di Stephansfeld spettava la posizione guida. Resta da chiarire la questione fondamentale del perché la formazione delle province si definisse così tardi. I motivi possono essere rintracciati nel legame molto stretto delle filiali con la loro casa madre di Roma in tema di pagamenti di tributi, cessioni di patrimoni e contratti di divisione, come anche disposizioni sulla raccolta di elemosine e sulle visite pastorali. In effetti già per la prima fase dell’ordine è possibile rintracciare la presenza di visite pastorali. In questo contesto nel 1272 il maestro dell’ospedale di Memmin- gen, Thomas, venne sollevato dalla sua carica a causa della sua cattiva amministrazione da frate Egidio, inviato da Roma in qualità di visitatore

17. Atto di Bonifacio IX del 29 aprile 1392. BAV, Vat. lat. 6952, f. 122v. Cfr. G. S i l v e s t r e l l i, Città, castelli e terre della regione Romana, 2 voll., Roma 21940, II, p. 494, (per la citazione vedi parte V 1.1). Atto di Bonifacio IX del 5 febbraio 1392. ASV, Reg. Lat. 25, f. 128v: Dilectis filio precepori et filiis hospitalis sancti Spiritus in Saxia de Urbe ordinis Sancti Augustini salutem. Cfr. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 144. 18. Ibid., p. 198s. 19. Stiftsarchiv der Abtei Ottobeuren, M 14, documento originale del 6 luglio 1453. Non viene indicato da quale insediamento dell’ordine provenisse l’ispettore generale; è lecito sup- porre che si trattasse del maestro dell’ospedale di Stephansfeld. 20. Ibid.: Mathias prior ac magister predicte domus parte ex una, Judocus Atzenryd conventualis ac professus ibidem parte ex altera. 294 Gisela Drossbach dell’ordine.21 E anche dopo la nascita della provincia della Alemania superior la struttura dell’ordine incentrata su Roma si mantenne inalterata, come appare chiaramente da uno scritto del precettore dell’ordine Pietro Matteo del 5 giugno 1458 indirizzato alla casa dell’ordine di Stephansfeld; in esso si sottolinea nuovamente che questa filiale è sottoposta all’autorità della casa madre a Roma. Evidentemente la filiale aveva bisogno di essere riformata, poiché pro reformatione prefate nostre domus in Steffelt un nuovo magister doveva essere nominato dal capitolo locale dopo che fosse stata accertata la sua adeguatezza all’incarico.22 Per la prima volta si viene a sapere che la filiale poteva utilizzare le elemosine raccolte per il proprio uso e per i malati; in cambio era però tenuta a fornire annualmente a Roma un censo di quaranta fiorini d’oro.23 La struttura organizzativa delle filiali dell’ordine presenti nella Germania sud-occidentale era a tal punto incardinata su Roma che la formazione di una provincia autonoma ebbe luogo con grande ritardo. Il rapporto tra i diversi ospedali può essere definito allora come “lento”: ogni filiale agiva per sé, sotto lo stretto controllo della centrale romana. A Roma si risolvevano le controversie e si effettuavano visitazioni amministrative e finanziarie, come anche riguardanti la condotta di vita e la raccolta di elemosine. Questo sistema di filiali della Germania del sud-ovest non è a mio parere comparabile con quello che faceva capo a Besançon o a Digione, le quali pianificavano auto- nomamente le proprie filiali.24 Nel processo di fondazione delle case tedesche perciò non si può parlare di una costruzione di filiali autonome. Stephansfeld provò già negli anni ‘30 del XIII secolo a fondare un ospedale ed una chiesa a Gelnhausen,25 mentre Rufach dipendeva da Stephansfeld;26 ma in ciò si

21. F. L. B a u m a n n, Geschichte des Allgäus von den ältesten Zeiten bis zum Beginn des neunzehnten Jahrhunderts, 3 voll., Kempten 1881: II, p. 423. 22. Strasburgo, Archives Municipales, Archives des Hôpitaux, nr. 2196: Item pro refor- matione prefate nostre domus in Steffelt volumus, ut de novo quendam fratrem Albertum ad regimen ipsius domus in magistrum confirmari, si ydoneus visus fuerit [...] iuxta voluntatem et electionem totius capituli dicte domus. Il generale dell’ordine confermò e ratificò gli statuta et sanctiones redatti a favore della casa affiliata dal suo cancelliere e scrivano Marius. Cfr. F.-J. H i m l y, Inventaire général des archives hospitalières du Bas-Rhin des origines à 1790, dattilografico, Strasbourg 1978, nr. 2003. 23. Ibid.: Item volumus et decernimus, quod domus nostra in Steffelt omnes et singulos questus, quos possidet ac habere et possidere consuevit, ipsa domus ad proprium usum possi- deat nec possint alteri concredi nec eos particulariter nemo alius retinere et possidere possit, nisi tantum ad proprium usum et utilitatem ac necessitatem pauperum et orfanorum […]. 24. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) pp. 205-208. 25. H. R e i m e r (a cura di), Hessisches Urkundenbuch, I sez., vol. I, Leipzig 1891, p. 136 Nr. 176 e p. 140s. nr. 182. 26. Cfr. Th. W a l t e r, Das Spital des Ordens zum heiligen Geiste in der Stadt Rufach, L’ordine di S. Spirito nei territori del Sacro Romano Impero 295 vedono solo gli sforzi dell’ospedale di Stephansfeld di espandersi nella re- gione, peraltro sforzi destinati a non avere successo. Un ulteriore fattore aggravante nella fondazione di una provincia è costituito dal fatto che gli ospedali tedeschi erano troppo distanti tra loro, mentre da quello di Besançon dipendevano solo case della propria regione, il Giura francese. E questo induce a credere che, per quanto riguarda il processo di istituzionalizzazione dell’ordine di S. Spirito, accanto al fattore giurisdizionale, ebbe un ruolo anche la conformazione geografica delle singole case.

V. Le zone deputate alla raccolta delle elemosine 27 Occorre ora indagare se la nascita di filiali dell’ordine nella Germania sud-occidentale fosse da vedere in riferimento ai permessi per la raccolta di elemosine concessi dalle autorità spirituali e da quelle temporali. In questo contesto è particolarmente evidente il caso dell’ospedale dell’ordine di Writtle/ Essex, anche se sarebbe da chiedersi in che misura questo modello sia appli- cabile anche alle case affiliate in Germania. La particolarità di Writtle consiste nel fatto che già nell’XI secolo – con lo sguardo rivolto al periodo precedente il 1066 – le rimesse di denaro provenienti dall’Inghilterra indirizzate alla Sede Apostolica andavano in par- te al papa e in parte alla chiesa di S. Maria, que vocatur scola Anglorum, in usum fratrum,28 vale a dire alla chiesa della colonia degli anglosassoni pre- sente all’interno della Città Leoniana. A mio parere può essere questo il motivo per cui il re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra già nel 1204 cedette all’ordine di S. Spirito appena fondato la chiesa di Ognissanti di Writtle/Essex con l’ospedale annesso. Poco dopo che il legato pontificio Niccolò arrivò in Inghilterra, nel 1213, il re fornì ai raccoglitori di collette dell’ospedale di S. Spirito dei privilegi con funzioni di salvacondotto, in cui si raccomandavano

Jahrbuch für die Geschichte Elsass-Lothringens 15 (1899) pp. 24-44. 27. Fondamentale sul tema delle elemosine e della questua in rapporto all’ospedale del Santo Spirito all’epoca del papato avignonese vedi ora: A. R e h b e r g, Nuntii, questuarii, falsarii. L’ospedale di S. Spirito in Sassia e la raccolta delle elemosine nel periodo avignonese, Mélanges de l’École française de Rome 115 (2003) pp. 41-132. 28. Deusdedit, Collectio Canonum III 269, a cura di V. W. v o n G l a n v e l l, Die Kanonessammlung des Kardinals Deusdedit, Paderborn 1905, I, p. 378. P. J a f f é, Regesta Pontificum Romanorum, Leipzig 1885-1888 (2a ed. riv. da S. L o e w e n f e l d, F. K a l- tenbrunner,P.Ewald),nr.4757. Cfr. F. L i e b e r m a n n (a cura di), Die Gesetze der Angelsachsen, II/2: Rechts- und Sachglossar, Halle an der Saale 1912, p. 609. Z. N. B r o o k e, The English Church and the Papacy from the Conquest to the Reign of John, Cambridge 1952, p. 141s. R. S c h i e f f e r, Karl der Große, die schola Francorum und die Kirchen der Fremden in Rom, Römische Quartalschrift 93 (1998) pp. 20-37. 296 Gisela Drossbach ai fedeli le loro predicazioni, mentre con privilegi successivi veniva concesso loro di intrattenere liberi rapporti con i sudditi.29 In questo modo, già all’epo- ca di Innocenzo III, è testimoniabile il primo permesso di questua concesso all’ordine. Anche papa Gregorio IX, con il documento del 6 ottobre 1233 riguardante il permesso per i collettori di elemosine appartenenti all’ordine di S. Spirito, si rivolse al vescovo di Lincoln.30 A ciò seguirono ulteriori lettere pontificie indirizzate ai vescovi inglesi.31 I privilegi di questua possono essere rintracciati in ambito tedesco nel periodo immediatamente successivo, dopo che le prime sovvenzioni pontifi- cie si erano evidentemente dirette verso l’Inghilterra. Nella prima metà del XIII secolo l’attività di questua è testimoniata da due lettere di papa Innocen- zo IV indirizzate al vescovo di Costanza circa l’attività di questua da parte dei questuanti dell’ospedale di S. Spirito in Sassia.32 Il duca Federico d’Au- stria emise a favore di un fratello dell’ospedale del S. Spirito di Vienna, sito davanti al Kärntner Tor, una licenza per la raccolta di elemosine.33 Questo per quanto riguarda gli esempi più antichi, che dimostrano un certo accordo tra la posizione degli ospedali dell’ordine rispetto alle zone di raccolta delle elemosine. Manca la documentazione riguardante la trasmissione del denaro

29. Documento del 10 dicembre 1213 per S. Maria de Saxia: H. R. L u a r d (a cura di), Annales monastici, 5 voll. (Rolls Series), London 1864-1869: II, p. 280. Th. D. H a r d y (a cura di), Rotuli Litterarum Patentium in Turri Londinensi asservati, I/1: 1201-1216, London 1835, p. 106: Res omnibus fidelibus suis in Anglia tam clericis quam laicis ad quos presentes littere pervenerint salutem. Sciatis, quod concessimus fratribus hospitalis Sancte Marie in Saxia, quod apud Romam a domino Papa de novo est constructum, licenciam fideliter predi- candi in regno nostro Anglico tam fidelium elemosinas karitative petendi tam accipiendi ad sustentationem pauperum predicti hospitalis secundum formam privilegii apostolici quod inde habunt. Et ideo vobis mandamus rogantes quatinus predictos fratres tam nuncios tam omnes eorum quocumque venerint in Anglia benigne et honorifice suscipiatis et eis de bonis viris intuitu Domini benefaciatis nec permittatis eis molestiam fieri vel impedimentum. Concessimus eciam eisdem fratribus, ut ipsi tam res sue per omnem terram nostram tam aquam liberum habent transitum et securum [...]. 30. Documento del 6 ottobre 1233, Oxford, New College Archive 13909 (= Writtle 427). 31. J. E. S a y e r s, Original papal documents in England and Wales from the accession of Pope Innocent III to the death of pope Benedict XI (1198-1304), Oxford 1999, nr. 183A, 446A, 522. 32. V.P. L a d e w i g/Th. M ü l l e r (a cura di), Regesta episcoporum Constantiensium. Regesten zur Geschichte der Bischöfe von Constanz von Bubulcus bis Thomas Berlower: 517-1496, I: 517-1293, Innsbruck 18(87)-95, p. 190 nr. 1657 (documento del 5 giugno 1247) e p. 197 nr. 1726 (documento del 15 ottobre 1247). 33. O. v o n M i t i s/H. F i c h t e n a u/E. Z ö l l n e r, Urkundenbuch zur Geschichte der Babenberger in Österreich, II: Die Siegelurkunden der Babenberger und ihrer Nachkommen von 1216 bis 1279 (Publikationen des Instituts für Österreichische Geschichtsforschung III/2), Wien 1955, p. 190 nr. 346. L’ordine di S. Spirito nei territori del Sacro Romano Impero 297 così raccolto ed inviato alla casa madre di Roma, ampiamente fornita, invece, da Andreas Meyer per quanto riguarda l’ospedale di Altopascio.34 L’esempio di Stephansfeld mostra che nel XV secolo l’ospedale alsaziano aveva la facoltà di trattenere i soldi delle elemosine. Era compito dei visitatori prove- nienti da Roma di sorvegliare sul corretto utilizzo del denaro raccolto nelle altre filiali. In ciò è possibile vedere un ulteriore motivo per cui le filiali dovessero essere sottoposte in primis alla casa madre di Roma, ritardando in tal modo sensibilmente la formazione di province.

VI. Affermazione di “idee guida” caritative in comune? Le “idee guida” di tipo caritativo (karitativen Leitideen) peculiari del- l’ordine di S. Spirito erano l’assistenza e la cura dei trovatelli. Il ruolo di papa Innocenzo III come salvatore di bambini abbandonati è stato correttamente ascritto all’ambito delle leggende – sulla base del prezioso studio di Ingeborg Walter 35 –, ma certo è stato merito di papa Gregorio IX aver introdotto nell’ospedale questa “idea guida”.36 In maniera sia pure riduttiva, vale la pena di constatare che l’ospedale di S. Spirito non si costituì come uno specifico ospizio per trovatelli limitato a questa funzione – come era invece nel XV secolo lo Spedale di S. Maria degli Innocenti a Firenze; piuttosto, la sezione di assistenza ai trovatelli dell’ospe- dale si trovava in un’ala autonoma dell’edificio all’interno del complesso ospedaliero, dal quale veniva amministrata. Funzione corrispondente si ritro- va anche nelle altre case affiliate, sebbene lo stato dei documenti sia scarso per la fase tardo-medievale. Nel 1365 i bambini trovatelli e orfani della casa dell’ordine di Memmingen vengono nominati nell’accordo prima citato di suddivisione tra i confratelli dell’ordine ed il consiglio cittadino. Da questo trattato emerge che questi bambini, separati dall’ospizio dei bisognosi (Dürf- tigenstube), sono stati portati “in una di quelle ‘case’ site nel complesso dell’ospedale”.37 Anche altri insediamenti della Germania sud-occidentale sembrano aver seguito l’“idea guida” dell’ordine.38 Per questo motivo si può

34. Vedi il contributo di von Andreas Meyer in questo volume, come anche A. M e y e r, Organisierter Bettel und andere Finanzgeschäfte des Hospitals von Altopascio im 13. Jahrhun- dert, in: D r o s s b a c h, Hospitäler (come nota 6) pp. 55-105. 35. I. W a l t e r, Die Sage der Gründung von Santo Spirito in Rom und das Problem des Kindermordes, Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge 97 (1985) pp. 818-887. 36. G. D r o s s b a c h, Findelkinder zwischen Recht und Institution, in: R. H. H e l m- h o l z/P. M i k a t/J. M ü l l e r/M. S t o l l e i s (a cura di), Grundlagen des Rechts. Fest- schrift für Peter Landau zum 65. Geburtstag, Paderborn 2000, pp. 439-451. 37. L a m b a c h e r, Heilig-Geist-Spital (come nota 10) p. 118. 38. E. G i l o m e n - S c h e n k e l, Die Hospitaliter vom Heiligen Geist in der Schweiz, 298 Gisela Drossbach supporre che tale idea a carattere spirituale possa essere considerata un fattore unificante tra centri e periferia da una parte e gli insediamenti periferici tra loro dall’altra.

VII. Conclusioni: centro – periferia Considerando la formazione strutturale dell’ordine di S. Spirito dal punto di vista del rapporto centro e periferia, emerge che l’ordine possedeva un forte centro – perché incentrato sulla figura del papa – e “periferie”, più o meno dipendenti dal centro. Per affrontare prima di tutto la questione del centro, la struttura di costi- tuzione dell’ordine era fin dall’inizio caratterizzata dalla posizione di forte rilievo assunta dal pontefice, il quale considerava la casa-madre – Andreas Rehberg lo ha chiaramente mostrato – come hospitale nostrum.39 In quanto fondatore dell’ospedale, il papa si riservava dei diritti di intervento di tipo giurisdizionale, facendosi rappresentare da un cardinale protettore. Al vertice dell’ordine stesso vi era il magister, sottoposto però all’autorità del pontefice, eletto dai confratelli della casa-madre di Roma – e non dunque, da una rappresentanza complessiva di tutte le case.40 L’ospedale di S. Spirito era considerato dai contemporanei come un ordine, ma si differenziava dalla altre comunità simili – come gli ordini mendicanti – per la quasi assenza di un potere regolativo autonomo; e con ciò ci rivolgiamo, per concludere, alla periferia: l’Ordine fu capace di prendere piede, al di fuori della Germania sud-occidentale, solo nello stato della Chie- sa, nel regno di Napoli, in Borgogna e nella Franca Contea. In Inghilterra vi era un solo insediamento, a Writtle/Essex, la cui formazione è da vedere nell’ambito della politica ecclesiastica perseguita da re Giovanni intorno all’anno 1200. L’insediamento restò rigidamente dipendente dalla casa- madre di Roma, cosa che si può considerare come una appartenenza pleno iure (sebbene in tale contesto si debba rinviare alle ricerche corrispondenti in ambito di storia del diritto, e per quanto riguarda il diritto del patronato e dell’incorporazione). Insediamenti isolati vi erano anche in Polonia,41 Scan-

in: E a d. (a cura di), Die Antoniter, die Chorherren vom Heiligen Grab in Jerusalem und die Hospitaliter vom Heiligen Geist in der Schweiz (Helvetia Sacra, IV/4), Basel-Frankfurt a.M. 1996. 39. R e h b e r g, I papi (come nota 2) p. 49. 40. Liber Regulae c. 24, ed. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 379: Electio vero eius [sc. magistri] infra mensem post decessum alterius per commune fratrum consilium celebretur. 41. Su Cracovia come insediamento centrale dell’ordine in Polonia vedi K. A n t o s i e- w i c z, Zachowane zródla do dziejów Zakónu Ducha Swietego de Saxia w Polsce (Sources for the History of the Order of Holy Ghost de Saxia in Poland), Archiwa, Biblioteki i Muzea L’ordine di S. Spirito nei territori del Sacro Romano Impero 299 dinavia 42 eSpagna.43 In complesso non si può dunque parlare, né in un senso quantitativo né in uno qualitativo, di una rete di presenze dell’ordine sull’in- tero territorio europeo.44 In ambito tedesco le nuove fondazioni avvennero soprattutto nel XIII secolo,45 in relazione – come è stato mostrato – con molteplici motivi, ad esempio la situazione geopolitica, la licenza per la raccolta delle elemosine, etc. Ma proprio lo stretto collegamento tra la casa-madre, ossia il centro, e il papato poteva valere anche per la periferia. Fu per il margravio Rudolf von Baden l’occasione di costituire per l’ordine un ospedale a Pforzheim, ricono- scendo, secondo le sue stesse parole, il “grande onore e la particolare grazia, che sono stati concessi al divino ordine di S. Spirito con sede in Roma dai santi padri della cristianità e dai pontefici sul trono apostolico”.46 La diffusione dell’ordine su scala regionale fu in tal senso troppo esigua per poter soddisfare l’ampio bisogno di una assistenza sociale in senso cri- stiano indirizzata a gruppi marginali.47 L’esistenza di un tale tipo di comunità

Koscielne 20 (1970) pp. 95-134. I d., Opieka nad chorymi i biednymi w krakowskim szpitalu Swietego Ducha (1220-1741) (L’assistance pour le malade e pauvre à l’hôpital du Saint-Ésprit à Cracovie), Roczniki Humanistyczne 26.2 (1978) pp. 35-79. 42. J. L i n d b æ k/G. S t e m a n n, De Danske Helligaandsklostre, København 1906. A. R e h b e r g, Die fratres von jenseits der Alpen im römischen Hospital S. Spirito in Sassia. Mit einem Ausblick auf die Attraktivität Roms für den europäischen Ordensklerus im Spätmit- telalter, in: U. I s r a e l (a cura di), Vita communis und ethnische Vielfalt. Multinational zusammengesetzte Klöster im Mittelalter, Internationaler Studientag, Deutsches Historisches Institut in Rom, 26. Januar 2005 (Vita regularis. Abhandlungen 29), Berlin 2006, pp. 97- 155: 141. 43. Ibid., p. 142. 44. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) pp. 75, 203s., 322-324. 45. Una nuova fondazione del XV secolo sembra essere stata quella di Hertlingshausen (menzionata dal 1445; cfr. R e h b e r g, Die fratres [come nota 42] p. 136); come anche Glurns (Glorenzea) in Alto Adige (1472) e Chur (1475): cfr. ibid. p. 142. 46. Cfr. l’atto di fondazione del 1323 dell’ospedale del Santo Spirito di Pforzheim: [...] das wir mit gutter betrachtunge angesehen hat die grosse wirde und sunder genade, die der götteliche orden des hailigen gaistes in dem spittal zu Rome erworben hatt von hailigen vättern der cristenhait und bäbesten des stules von Rome, und […] dem meister und den brüdern des selben ordens uffgeben zu rechter gabe […] den spittal, den wir gestifftet hant in der vorstatt unsere stette zu Pfortzheym, mit gantzem rechte, und gebent in vollen gewalt [...]: M. G m e l i n, Zur Geschichte der Spitäler in Pforzheim, Zeitschrift für die Geschichte des Oberrheins 24 (1872) pp. 327-354: 355. 47. L’idea-guida a carattere spirituale dell’ordine, centrata sui gruppi sociali marginali illustra prima di tutto l’illuminazione fornita dal “Liber Regulae”, databile alla prima metà del XIV secolo. Cfr. G. D r o s s b a c h, Text und Bild im “Liber Regulae” des Hospitals von Santo Spirito in Sassia, in: N. B u l s t/K.-H. S p i e ß (a cura di), Sozialgeschichte mittelalter- licher Hospitäler (Vorträge und Forschungen 65), Ostfildern 2007, pp. 125-148. 300 Gisela Drossbach all’interno della chiesa medievale corrispondeva all’idea, sviluppata da parte pontificia, di come si dovesse presentare una istituzione dedita alla caritas, e con la quale furono caratterizzati sia l’importanza che i limiti dell’efficacia operativa dell’ordine di S. Spirito.48

48. Sull’ospedale di S. Spirito come “istituto esemplare” cfr. D r o s s b a c h, ‘Regularis ordo’ (come nota 7). E a d., Papa Innocenzo III nell’autocomprensione storica dell’ordine ospitaliero di Santo Spirito in Sassia, in: A. S o m m e r l e c h n e r (a cura di), Innocenz III – Urbs et Orbis. Atti del convegno internazionale, Roma, settembre 1998, Roma 2003, pp. 1327-1345. D r o s s b a c h, Christliche caritas (come nota 5) p. 346. Cfr. anche A. R e h b e r g, L’Osservatore Romano del 23 settembre 2005, nr. 38, p. 5: “il pontefice (sc. Innocenzo III) favorì con decisione la costruzione dell’ospedale, vedendo in esso – secondo una recentissima opinione – un progetto pontificio in funzione di modello; anche perché la sua posizione di immediata vicinanza a S. Pietro contribuì ad aumentare il suo rango simbolico”. Gli autori

G i u l i a n a A l b i n i è professore di Storia medievale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. I suoi interessi di ricerca si sono concentrati soprattutto sugli aspetti demografici, economico-sociali e istituzionali dell’ambiente urbano in età bassomedievale. All’interno di tale contesto ha spesso privilegiato la redazione di saggi sulla carità e sull’assistenza, pubblicando due volumi dal titolo Città e ospedali nella Lombardia medievale (Bologna 1993) e Carità e governo delle povertà (secoli XII-XV) (Milano 2002).

PD Dr. G i s e l a D r o s s b a c h, docente dell’Università di Dresda, lavora attualmente al Stefan Kuttner Institute of Medieval Canon Law a Monaco di Baviera. Nel 2002 ha pubblicato un ampio saggio sull’ospedale di S. Spirito in Sassia e il suo ordine (Christliche caritas als Rechtsinstitut. Hospital und Orden von Santo Spirito in Sassia (1198-1378), Paderborn 2005). Ha pubblicato numerosi lavori su temi di storia religiosa, di diritto canonico (Die Collectio Francofurtana – eine französische Dekretalen- sammlung, insieme con Peter Landau, in corso di stampa) e di vita intellet- tuale e politica (libri su Konrad von Megenberg).

Françoise Durand èdocenteagrégé di storia. Ha dedicato diversi anni alla storia sociale e religiosa della Francia meridionale. Il suo Diplôme d’Etudes Approfondies ha avuto come oggetto Guido di Montpellier e l’ordine di S. Spirito, tema che sta ampliando per una tesi sulle origini e i primi sviluppi di questo ordine in Francia nei secc. XII e XIII, sotto la guida del prof. Daniel Le Blévec dell’Università Paul-Valéry Montpellier III, nell’am- bito del Centre de Recherches et d’Études sur les Pays de la Méditerranée au Moyen-Âge. 302 Gli autori

A n n a E s p o s i t o, professore di Storia medievale presso l’Univer- sità di Roma “La Sapienza”, si occupa di storia sociale urbana del tardo Medioevo e in particolare ha pubblicato saggi sulle minoranze, specialmente quella ebraica, sulle associazioni confraternali, sulle istituzioni culturali e assistenziali di Roma. Su questo ultimo tema si segnala il volume Un’altra Roma. Minoranze nazionali e comunità ebraiche tra Medioevo e Rinascimen- to (Roma 1995) nonché gli articoli Gli ospedali romani tra iniziative laicali e politica pontificia,inOspedali e città, a cura di Allen J. Grieco – Lucia Sandri (Firenze 1997) e Assistenza e organizzazione sanitaria nell’ospedale di S. Spirito, in “Il Veltro”, XLV/5-6 (2001).

Marina Gazzinièricercatoredistoriamedievalepressol’Uni- versità di Parma. I suoi interessi di ricerca sono prevalentemente rivolti verso tematiche economico-sociali, con speciale riguardo per lo studio del mondo mercantile e per la storia dell’associazionismo confraternale e delle istituzioni assistenziali in età bassomedievale. Ha curato l’edizione di fonti relative alle tematiche indicate: statuti confraternali, libri di conto mercantili, matricole. Tra le sue pubblicazioni più recenti si ricorda il volume Confraternite e società cittadina nel medioevo italiano (Bologna 2006).

R o b e r t o G r e c i, professore di storia medievale presso l’Università di Parma, si interessa di storia economica e sociale del basso medioevo, di storia della città e delle università, ma anche di ospedali e dell’ordine gero- solimitano; su tali temi si vedano il saggio Prime presenze gerosolimitane nell’Emilia occidentale e nella bassa Lombardia,inRiviera di Levante tra Emilia e Toscana. Un crocevia per l’Ordine di San Giovanni, a cura di Josepha Costa Restagno (Bordighera 2001) e il volume da lui curato L’Ospe- dale Rodolfo Tanzi di Parma in età medievale (Bologna 2004).

Il PD Dr. K a y P e t e r J a n k r i f t ha studiato storia medievale, storia moderna e contemporanea nonché filologia semitica e scienze islami- che alle università di Münster e Tel Aviv e, dopo il dottorato dedicato alla storia dell’ordine dei Lazzariti (1995), nel 2002 si è abilitato con una tesi sulle epidemie nelle città della Renania e della Westfalia durante il medioevo. Jankrift è collaboratore scientifico presso la cattedra di storia medievale all’Università della Ruhr a Bochum e presso l’Istituto per la Storia della Medicina della Fondazione Robert Bosch a Stoccarda. Fra le sue pubblica- zioni si segnala Europa und der Orient im Mittelalter (Darmstadt 2007). Gli autori 303

A n d r e a s M e y e r è professore di storia medievale e delle scienze storiche ausiliarie presso la Philipps-Universität di Marburgo. Si interessa in particolar modo della storia del notariato italiano e della Curia papale nel tardo medioevo nonchè degli aspetti connessi a questi ambiti nel commercio a lunga distanza e nella canonistica. Fra i suoi scritti si segnalano Zürich und Rom (Tübingen 1986) e Felix et inclitus notarius (Tübingen 2000). Ha con- tribuito con tre saggi al recente volume sulla storia ospedaliera Hospitäler in Mittelalter und Früher Neuzeit. Frankreich, Deutschland und Italien,acura di Gisela Drossbach (München 2007).

A n d r e a s R e h b e r g, dal 1995 membro dell’Istituto Storico Ger- manico di Roma, si occupa prevalentemente della storia del comune romano nel periodo tardomedievale e rinascimentale. Nel 1999 ha pubblicato la sua tesi di dottorato sui benefici ecclesiastici della famiglia Colonna fra il 1278 e il 1378. Rehberg ha dedicato vari studi a importanti istituzioni e gruppi legati alla storia ecclesiastica della città, come i canonici dei capitoli di S. Giovanni in Laterano e S. Maria Maggiore nel Trecento, i penitenzieri papali presso le basiliche romane, l’ospedale di S. Spirito in Sassia e il suo ordine, i candidati preti a Roma alla vigilia della Riforma Luterana.

Mons. M a r i o S e n s i è professore di storia della Chiesa Antica e Medievale presso la Pontificia Università Lateranense. La sua produzione scientifica tocca temi di storia della Chiesa soprattutto del tardo medioevo, nonchè contributi di storia antica, moderna e contemporanea. Cinque i filoni storiografici principali: 1) storia regionale; 2) studi francescani, con partico- lare attenzione alle osservanze; 3) il movimento penitenziale femminile; 4) l’eremitismo; 5) studi sulla storia della pietà e sui santuari. L’ultima raccolta tematica si intitola Santuari, pellegrini, eremiti nell’Italia centrale (3 voll., Spoleto 2003).

R o b e r t N. S w a n s o n èprofessoredistoriamedievaledell’Uni- versità di Birmingham e ha lavorato soprattutto su numerosi aspetti della storia della Chiesa medievale inglese, ultimamente, con particolare interesse, sul settore delle indulgenze. Fra le sue opere si segnalano Church and Society in Late Medieval England, Oxford 1979, Religion and Devotion in Europe c.1215-c.1515 (Cambridge 1995), Promissory Notes on the Treasury of Merits: Indulgences in Late Medieval Europe (Leiden/Boston 2006) e il recentissimo Indulgences in Late Medieval England: Passports to Paradise? (Cambridge 2007). 304 Gli autori

R a f f a e l a V i l l a m e n a, archivista e insegnante, ha conseguito il titolo di dottore di ricerca presso l’Università degli studi di Perugia nel dicembre 2004 discutendo una tesi sull’ordine canonicale di Sant’Antonio di Vienne. Ha svolto attività archivistica di riordinamento di archivi comunali e ha inventariato l’Archivio giudiziario antico e moderno di Assisi. Attual- mente è impegnata nel progetto SIAS di informatizzazione del patrimonio documentario dell’Archivio di Stato di Perugia. Insegna materie letterarie negli istituti di secondo grado e continua a studiare gli ordini ospedalieri e la storia locale. INDICI a cura di Andreas Rehberg

Indice degli ordini e congregazioni *

Alessiani (Celliti), congregazione religiosa Cluniacensi, monaci 7, 45, 74, 170 di fratelli laici 22n., 34n. Consorzio dello Spirito Santo (a Milano Altopascio, ordine di v. S. Giacomo di Alto- chiamati fratres della Colombetta), fon- pascio dato dal b. Facio di Cremona 153 Antoniani (canonici regolari/ordine di S. Crociferi “belgi” (Ordine della Santa Croce, Antonio Abate di Vienne), ordine ospeda- Crocigeri belgi), ordine ospedaliero 18, liero 7, 10, 17, 19-21, 25, 26, 29n., 30n., 34n. 33-35, 38-48, 49n., 51, 52, 55n., 56, 58- Crociferi “boemi” (Canonici regulares san- 63, 64n., 65, 66n., 67, 68n., 169, 174n., ctissimae Crucis a stella rubea, Crocigeri 175, 176, 178, 181, 183, 211-230, 240, della stella rossa), ordine ospedaliero 18, 243n., 244, 249n., 255n., 287 34n. Arrouaise (Aroasia), congregazione di cano- Crociferi “italiani” (ordine di S. Maria dei nici regolari 17, 45 Crociferi), ordine ospedaliero 18, 21n., Aubrac, congregazione di canonici regolari 22, 26-28, 33, 36, 39-41, 43, 45, 47n., 54, 17, 19, 20, 21n., 42 55n., 98 Crocigeri v. Crociferi benedettini, monasteri (monaci benedettini) — della stella rossa v. Crociferi boemi 22, 60, 97, 98n., 142, 143, 148 Betlemmiti v. S. Maria di Betlemme, con- Domenicani, ordine 45n., 68 gregazione di canonici Fatebenefratelli v. S. Giovanni di Dio, ordine Calatrava, ordine religioso-militare iberico ospedaliero 52 Francescani, ordine 35n., 68, 220 Camaldoli (Camaldolesi), ordine 40n. Frati Gaudenti, ordine 40n. Camilliani (Chierici Regolari Ministri degli fratres della Colombetta v. Consorzio dello Infermi), ordine ospedaliero 70 Spirito Canonici regulares sanctissimae Crucis a stella rubea v. Crociferi boemi Gerosolimitani (cavalieri-ospedalieri di S. cavalieri di Malta, v. Gerosolimitani Giovanni di Gerusalemme, Ospedalieri, Celliti v. Alessiani Giovanniti, Ospedale, cavalieri di S. Gio- Certosini, ordine 45 vanni, cavalieri di Malta), ordine reli- Cistercensi, ordine 7, 45, 170 gioso-militare 7, 9, 10, 17, 18, 19, 20, 23,

* Tra parentesi vengono elencate espressioni analoghe per questi ordini. Non vengono consi- derate voci troppo frequenti in questi atti come “ordini ospedalieri” o “canonici regolari”. 308 Indici

24, 26, 28n., 29n., 30, 32, 36n., 38, 41, 44, 109n., 115, 116, 128, 136, 139n., 147, 45, 48-50, 52, 55, 57, 59, 62n., 64n., 66n., 151n., 159, 163, 255n.; v. anche Gerosoli- 67, 73-99, 101-136, 137-157, 160, 164, mitani, Templari, Ordine Teutonico etc. 166, 169, 171n., 175, 178, 197n., 212, ordo sancti Augustini 32 235s., 246n., 255n. Ordre [de Saint-Lazare et] de Nôtre-Dame Giovanniti v. Gerosolimitani du Mont Carmel, ordine cavalleresco Gran S. Bernardo, congregazione di canoni- 166, 275n. ci regolari 16n., 19, 20n., 25, 26, 28n., 39, Ospedale, L’ v. Gerosolimitani 40, 42, 57, 245n. Ospedalieri v. Gerosolimitani — di S. Spirito v. S. Spirito Hospitalières de S. Marthe, ordine ospeda- liero femminile 69n. Premonstratensi, ordine canonicale 7, 170

Lazzariti (di S. Lazzaro), ordine religioso- Roncisvalle (S. Maria di Roncisvalle/Ron- militare 10, 17-20, 25, 33, 38, 40, 41, 60, cesvalles), congregazione di canonici re- 67, 159-166, 169, 170, 176 golari 7, 17, 20n., 26, 40, 42, 46, 52, 55n., 56, 63, 169, 174n., 178, 218n., 245n. Maturini (Mathurins) v. Trinitari Mendicanti v. ordini mendicanti S. Antonio Abate di Vienne, ordine v. Anto- Mercedari (ordine della Nuestra Señora de niani Merced), ordine per la liberazione degli S. Croce di Mortara, congregazione di cano- schiavi cristiani dai musulmani 20n., 21, nici regolari 17 25, 34n., 65n. S. Giacomo di Altopascio, ordine ospedalie- monaci benedettini v. benedettini, monasteri ro 7, 10, 18-21, 25, 31, 32, 35, 37n., 38, 40, 41, 43, 52, 54, 55n., 59, 60, 62, 63, Nuestra Señora de Merced, ordine della v. 67n., 169-174, 176n., 183, 195-209, Mercedari 218n., 245n., 297 S. Giovanni di Coventry, canonici ospeda- Ordine Teutonico (ordine dell’Ospedate di lieri 20 S. Maria [Teutonica] in Gerusalemme), S. Giovanni di Dio (Fatebenefratelli), ordine ordine religioso-militare 7, 17, 18, 20, 23, ospedaliero 21n., 63, 70 24, 30n., 38, 48, 52n., 55, 57n., 59, 66n., S. Giovanni di Gerusalemme, ordine/cava- 89, 94, 116 lieri-ospedalieri v. Gerosolimitani ordini cavallereschi v. ordini religioso-mili- S. Lazzaro, ordine/cavalieri-ospedalieri v. tari Lazzariti ordini mendicanti (Mendicanti) 7, 9, 22, 32, S. Maria dei Crociferi, ordine v. Crociferi 37, 51, 52, 63, 68, 153, 176n., 218n., 298; italiani v. anche Francescani, Domenicani S. Maria di Betlemme, congregazione di ca- ordini militari v. ordini religioso-militari nonici regolari 22s., 41, 60, 169 ordini militari iberici (fondati in Spagna e in S. Maria di Betlemme, ordine militare (fon- Portogallo) 18 v. 24n.; v. anche l’ordine dato nel 1459) 40 di Calatrava, l’ordine di Santiago S. Maria di Nazareth, congregazione di ca- ordini monastici 7, 51 nonici 23 ordini religioso-militari (ordini monastico- S. Maria di Roncisvalle, ordine v. Ronci- militari, ordini cavallereschi, ordini ospe- svalle dalieri di tipo cavalleresco) 7, 9, 16, 18, S. Maria (Teutonica) in Gerusalemme, ordi- 19, 20n., 21, 24n., 26, 28, 31, 34- 36, ne v. Ordine Teutonico 38, 41, 45, 47, 49, 52n., 54n., 55, 57, S. Maurizio, ordine cavalleresco 166 59n., 60, 64, 65, 66n., 78, 80, 81, 101n., S. Sepolcro, congregazione di canonici re- Indice degli ordini e congregazioni 309

golari 18, 25, 40, 41, 52, 59, 76, 78, 79, Servi di Maria, ordine 49 114, 142, 147, 166 S. Spirito (S. Spirito in Sassia a Roma), or- Templari (ordine del Tempio), ordine reli- dine ospedaliero 7, 8n., 10, 17-21, 25-28, gioso-militare 20, 23, 24, 26n., 38, 40, 59, 29n., 31-33, 34n., 35n., 38-47, 49, 50, 64n., 79-83, 85, 86, 89, 95, 98, 99n., 103, 52n., 53n., 54-56, 57n., 59-61, 62n., 63, 108, 112, 116-119, 121, 128, 129, 131, 64n., 65, 66n., 67, 169-175, 184, 187, 132, 140, 145, 146, 150, 151n., 163, 198, 189, 193, 194, 218n., 233-250, 251-272, 200, 246n. 273-288, 289-300 Trinitari (Ordine della Santissima Trinità, S. Tommaso di Acri, ordine religioso-mili- Maturini [dal francese Mathurins]), ordi- tare, poi di canonici regolari 23, 41, 169 ne per la liberazione degli schiavi cri- S. Vittore, congregazione di canonici rego- stiani dai musulmani 18-21, 25, 29n., lari 7 30n., 31, 32, 34n., 35, 41, 47n., 175, Santa Croce, ordine della v. Crociferi bel- 176 gi Santiago, ordine religioso-militare iberico Umiliati, ordine 40n., 153 52, 115 Santissima Trinità, ordine della v. Trinitari Vallombrosa, ordine 40n.

Indice dei nomi *

Abbatibus, de, famiglia di banchieri di Fi- Aliotto del fu Martio da Controne 206 renze 215n. Alighieri, Dante, poeta 61 Acciaioli, famiglia di banchieri di Firenze Amalrico, re di Gerusalemme 161 121, 122 Amoroso, famiglia siciliana 41n. Adelaide, vedova di Ugo Embriaco 114n. Anastasio IV, papa 37n., 195 Adolfo di Nassau, re dei Romani 95 Andreas (di Feliciano di Buono), notaio a Agata, conversa dell’ospedale milanese dei Foligno 248n. Giovanniti 153 Andreas Petri Telli de Burgo Santi Bassi, Alasina, moglie di Garesio d’Altavilla, co- questuante per gli Antoniani 230 rettrice dell’ospedale dei Giovanniti a Andreas Rineti, clericus Anitiensis diocesis Gavi Ligure 154 230 Albert(o) d’Aix, cronista 79, 114n. Angelica Quirino, suora 265 Albertino de Ruvere, precettore generale Angiò, dinastia 136 dell’ordine di S. Spirito 259n., 262, Antonellus de Reate, priore di S. Spirito a 263 Norcia 238n. Albertino del fu Rustichello di Pontremoli Antonio de Codorosis, priore dell’ospedale 204, 205, 206 di S. Spirito di Gemona 261 Alberto Occhi di Cane, marito della s. Tu- Antonio de Rupemori, abate e precettore de- scana di Verona 148 gli Antoniani di Firenze (“abate di Firen- Albornoz, Egidio, cardinale 40 ze”) 216-220, 222 Aldibrandino Malagallie, membro della Antonius Francisci, questuante per gli An- banca dei Bettori 202, 208 toniani 230 Alessandro III, papa 22, 36, 82, 104n., 109, Antonius Franciscus Nicolai di Foligno 133, 195 248n. Alessandro IV, papa 109, 193, 197n., 198, Antonius Gortinus, clericus Lugdunensis 200, 239n., 278 diocesis 230 Alessandro de Neronibus de Florentia, pre- Aragonesi, casa reale di Napoli 136 cettore generale dell’ordine di S. Spirito Arnolfo Malacorona, patriarca di Gerusa- 262n. lemme 78 Alfonso del Portogallo, maestro dell’ordine Ascherius de Altavilla, precettore della do- di S. Giovanni 83, 85, 155 mus giovannita di Ripa Ponzano a Mon- al-Hakim, califfo fatimida d’Egitto 74 tecastello 155

* Beati e santi (salvo sovrani e pontefici) vengono elencati rispettivamente sotto le voci “beati” e “santi”. 312 Indici

Attavianus Baptiste, questuante per gli An- Antoniani 230 toniani 230 Benedictus Rasseti, precettore degli Anto- Aubusson, Pietro d’, gran maestro dei Gio- niani di Montefiore dell’Aso (Montisflo- vanniti 146 ris) 223 Augustina Gradenico, prioressa 265 Benvenuta, conversa dell’ospedale milane- Aurelia Baldini, suora 265 se dei Giovanniti 153 Aymon de Montaigne, abate generale degli Bernardo Parmense, canonista 98 Antoniani 214, 244 Bernardus Stefani de Pedemontibus 248n. Bettori, Giacomo, mercante di Lucca 202 Bacharelli, famiglia di banchieri di Firenze Biondo, Flavio, scrittore 240 215n. Boccaccio, Giovanni, scrittore 61, 64n., Baldovino I, re di Gerusalemme 75, 78, 111 216n. Baldovino IV, re di Gerusalemme 82 Boemondo I d’Altavilla (Boemondo di An- Baldovino, arcivescovo di Pisa 97n. tiochia), principe di Taranto e di Antio- Baldovino, conte di Marash 112 chia 78, 79, 147 Barbo, Pietro, vescovo di Vicenza, cardinale Boemondo II, conte di Tripoli 111 di S. Maria Nova, futuro papa Paolo II Boemondo III, conte di Tripoli 112, 115 249n., 283 Bonansegna, templare, precettore della casa Bardi, famiglia di banchieri di Firenze 121, di Cerbaia e della bailia di Lucca 204, 205 122 Bonconsilius 208 Bartholomeus de Marin, guardiano della Bonifacio VIII, papa 35, 37, 43n., 55, 85, confraternita dello Spirito Santo a Vene- 104, 107, 118, 125n., 138n., 192, 200, zia 265, 266 214, 215n., 236, 276 Bartolomeo di Lapo Benini, priore gerosoli- Bonifacio IX, papa 292, 293n. mitano (di Messina, di Roma, di Pisa, di Bono, frate a capo della casa lucchese di Venezia) 122, 123 Altopascio 201 Bartolomeus Candidanus, cancellarius Bontempo, frate dell’ospedale di Altopascio 248n. 198 Battosi, famiglia di banchieri di Lucca 202 Bonvesin de la Riva, scrittore, confrater del- — Custor 208, 209 la domus giovannita milanese di S. Croce — Giovanni 209 126, 149, 150, 152 beati Buselli (Buselli, Buxeli), Giovanni, di Vene- b. Antonio Ungaro 33, 238n. zia, frate di S. Spirito in Sassia 254, 259n., b. Bernardino da Feltre, minorita 240, 260, 261, 263 241n. b. Facio di Cremona, orafo, fondatore del Cadolingi, conti 196 Consorzio dello Spirito Santo 153 Caffaro, cronista 131 b. Pietro (de Patarinis) di Imola, dottore Callisto II, papa 76 in utroque, podestà a Viterbo, cancel- Callisto III, papa 286n. liere del gran maestro e poi priore dei Camaiani, Pietro, vescovo di Ascoli Piceno Giovanniti 148, 149 247n. Benedetta dei marchesi di Massa-Corsica Canelli, famiglia 131n. 144 Capocci, Pietro, cardinale 43n. Benedetto XII, papa 123, 194 Caracciolo, Riccardo, gran maestro dei Gio- Benedetto di Lucca, procuratore dell’ospe- vanniti 124 dale di Altopascio in Inghilterra 172, 186 Carlo Magno, imperatore 74 Benedetto Tutii da Siena, precettore genera- Carlo IV, imperatore 289 le dell’ordine di S. Spirito 259n., 261, 262 Carlo V, imperatore 166 Benedictus de Antonio, questuante per gli Carlo I d’Angiò, re di Napoli 196, 199 Indice dei nomi 313

Carlo II, re di Napoli 96n. Dominicus, presbiter 206 Caroldo, Maria, fondatrice del monastero dello Spirito Santo a Venezia 252, 253, Edoardo III, re d’Inghilterra 165 265, 266 Egidio, precettore di S. Spirito in Sassia 40 Celestino V, papa 193 Egidio, frate di S. Spirito in Sassia e visitator Chaucer, Geoffrey, poeta inglese 61, 173 293 Cherubina Venerio, suora 265 Embriaci (Embriaco), famiglia di Genova Ciabatto, notaio di Lucca 197, 198, 201, 114, 131 203, 205-209 — Guglielmo, figlio di Ugo Embriaco Cicchus Antonii Tomei di Cerreto, questuan- 114n. te 246n. — Simona di Borgognone, conversa dal- Cipolla, frate 64n. la precettoria giovannita di S. Giovan- Claudius de Sancto Germano,precettoredegli ni di Pré a Genova 131, 153 Antoniani di Macerata (Macherata)223 — Ugo, sire di Gibelletto 114n. Claudius Iaqueri, precettore degli Antonia- Emido Baroncelli di Ascoli 236n. ni di Ripatransone (Rupetransonis) 223 Emma, moglie di John Asheby 172, 186 Clemente IV, papa 199 Enrico VI, imperatore 196 Clemente V, papa 39, 95, 118, 119, 247n. Enrico II, re di Cipro 96n. Clemente VI, papa 119, 179, 193 Enrico IV, re di Francia 166, 180 Clemente VII, papa di Avignone 124, 282 Enrico III, re d’Inghilterra 159, 197 Cleto, papa 33 Enrico V, re d’Inghilterra 180 Cleto (Gussoni o Grausoni), presunto fonda- Enrico VII, re d’Inghilterra 184 tore dei Crociferi italiani 33 Enrico VIII, re d’Inghilterra 166, 179, 184, Cola di Gentiluccio, notaio a Montesanto 244 185, 189 Cola di Paolo Bicti di Cerreto, appaltatore di Enrico, conte palatino 112 questue (protobiante) 249, 250n. Este, d’, Azzo, marchese 114 Colangelus Iohannis Franchi de castro Tri- Eudes III, duca di Borgogna 277 pontii districtus Cerreti, questuante 246n. Eugenio III, papa 84, 138, 196 Colonna, famiglia di Roma 118 Eugenio IV, papa 56, 61, 180 Condulmer, Francesco, nipote di Eugenio Eugenio V, papa 283, 284, 288 IV, arcivescovo di Besançon, cardinale 285 Fabricius Cesaris, questuante per gli Anto- Corrado de Sculcula 62n. niani 230 Costantino, imperatore 74, 119 Federico I Barbarossa (di Svevia), impera- Costantino VIII, imperatore di Bisanzio 73 tore 128, 195, 196, Costanzo da Roma, precettore generale del- Federico II di Svevia, imperatore 128, 161, l’ordine di S. Spirito 260, 272 196, 291 Crescenzi, famiglia di Zevio 148 Federico, duca d’Austria 296 Federicus Nicolai, socio della confraternita Daiberto da Pisa, arcivescovo di Pisa, pa- dello Spirito Santo a Venezia 265 triarca di Gerusalemme 78, 142n. Filippo il Bello, re di Francia 119, 163 David Paperoni di Ferentino, vicario gene- Folco d’Angiò, re di Gerusalemme 81 rale della Marca 236 Folco de Villaret v. Villaret, Foulques de Del Carretto, famiglia 131n. Fomia, conversa dell’ospedale milanese dei Dominicus Guiglelmi de Pedemontibus Giovanniti 153 248n. Forteguerra Manciorini 208, 209 Dominicus Marini Baptiste de Montesancto, Francesco I, re di Francia 166 questuante per gli Antoniani 230 Francesco de Rocha, precettore della domus Dominicus Pieri de Pedemontibus 248n. gerosolimitana di S. Croce di Milano 152n. 314 Indici

Franciscus de Iacobo de Antonio de Cereto, in Sassia 39, 42n. questuante per gli Antoniani 230 Giovanni di ser Gregorio di Cerreto, notaio, Franciscus de Iohanni, questuante per gli appaltatore di questue (protobiante) 245n. Antoniani 230 Giulio II, papa 146n., 194 Franciscus Ferrus, frate dominicano del Giulio di Pier Tommaso di Foligno, que- convento dei SS. Giovanni e Paolo a Ve- stuante 248n. nezia 272 Goffredo di Buglione, “difensore” del Santo Franciscus Mactie Mugnicti 248n. Sepolcro 78, 113 Franciscus Toselli, precettore domus S. An- Graziano da Villanova, precettore generale tonii Sancte Crucis Viennensis diocesis dell’ordine di S. Spirito 259 230 Gregorio VII, papa 78 Frianoro, Raffaele, scrittore 240, 242, 249 Gregorio IX, papa 61n., 92, 162, 197, 274n., 276, 277, 291, 296, 297 Gabriele da Savona, precettore generale del- Gregorio X, papa 55 l’ordine di S. Spirito 262 Gregorio XI, papa 38, 40, 123, 236n., 275 Gabrielis de Prezate di Bergamo 272 Gregorio XIII, papa 166 Gallico, magister dell’ospedale di Altopa- Guccius Antonii de Guccio, questuante per scio 198 gli Antoniani 230 Garesio d’Altavilla, albergatore di Genova, Guglielmo di Tiro, arcivescovo di Tiro e cro- co-rettore dell’ospedale dei Giovanniti a nista 74n. Gavi Ligure 154, 155 Guglielmo IV di Monferrato v. Monferrato, Gentilis Baptiste de Montesancto, questuan- Guglielmo IV, marchese di te per gli Antoniani 230 Guglielmo da Voltaggio, priore gerosolomi- Geoffroy le Rat, gran maestro dei Giovanniti tano di Venezia e precettore della domus 85, 155 di Pisa 133 Georgius Baptiste de Montesancto, que- Guglielmo de Rocha, priore del priorato di stuante per gli Antoniani 230 Lombardia 154n. Gérard, rettore dell’ospedale di S. Spirito a Guglielmo di Santo Stefano (Guillaume de Digione 280n. Saint-Etienne), commendatore dei Gio- Gerardo (de Saxo), l’Ospedaliero 75, 76, 77, vanniti a Cipro, giurista 85, 155 138n. Guido (Gui) da Montpellier, fondatore del- Gerardus Arçurius 208 l’ordine di S. Spirito 32, 235s., 238n., Ghiandus, notaio di Controne 207 273, 275-277 Giacomo, templare 206 Guillaume de Saint-Etienne v. Guglielmo di Giacomo del fu Giovanni di Vorno 208, 209 Santo Stefano Giacomo del fu Oderigi di Firenze 201, 205, Gulielmus Battonati, comandatore (degli 206 Antoniani) di Norges 224 Giacomo di Altopascio, converso dell’ospe- dale di Altopascio 202 Harun al-Rashid, califfo 74 Giacomo di Vitry, vescovo di Acri e scrittore Heinrich, vescovo di Eichstätt 292n. 21, 58, 86, 242n. Heinrich von Dobelsheim, commendatario Gilbert d’Assailly (Gilberto di Assailly), dei Lazzariti 164 maestro dei Giovanniti 86, 89n., 108 Heinrich von Neuffen (“von Weißenhorn”), Giovanni XXII, papa 164, 165 fondatore dell’ospedale del S. Spirito di Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme 116 Memmingen 291 Giovanni Senzaterra, re d’Inghilterra 295, Heredia, Juan Fernando de, gran maestro dei 298 Giovanniti 124 Giovanni da Salisbury, scrittore 81 Hermann Hun, precettore dell’ospedale di S. Giovanni di Lucca, precettore di S. Spirito Spirito di Memmingen 292 Indice dei nomi 315

Hohenstaufen v. Svevi Jean Richard, frate domenicano 286n. Hugh Michael, preceptor of la Mawdeleyne, Jocelin, siniscalco del regno di Gerusalem- master of Burton Saint Lazarus 165 me 82 Hugolin Folain, canonico e arcidiacono di Johannes de Wissenheyen, visitator dell’ordi- Besançon 285, 286n. ne di S. Spirito in Alemania superiori 293 Humphrey Newton, nobile inglese 184 John Asheby 172, 186 Hysabetha Nigro, suora 265 John Thurston di Londra 177n. Judocus Atzenriyd, conventuale di S. Spirito Iacobus Visconte, precettore degli Anto- di Memmingen 293 niani di Firenzuola (Florenzole) 223, 229s. Ladislao di Durazzo, re di Napoli 274n. Ibelin, famiglia 114 Lallo di Mainardo, notaio a Montesanto 244 Innocenzo II, papa 80 Lambelet Vernier, rettore dell’ospedale di S. Innocenzo III, papa 31, 32, 42n., 193, 195, Spirito a Besançon 283-286, 288 238n., 243n., 273, 275-277, 281n., 289, Lantelmo dei conti di Lomello, priore dei 290, 296, 297 Giovanniti a Genova 132, 143n. Innocenzo IV, papa 35, 42n., 296 Laurentius de Solerio, precettore degli An- Innocenzo VI, papa 193 toniani di Montisboldi 229 Innocenzo VIII, papa 26, 166, 222, 253 Laurentius Gordini, precettore degli Anto- Ioannes a Nuce quodam Varesci 272 niani di Foligno 223, 229 Iohannes Antonii de Provamis (Provanis), Leonardo, frate dell’ospedale di Altopascio precettore degli Antoniani di Viterbo 223, 202, 208, 209 229 Leone X, papa 166, 187, 189-191, 194 Iohannes Colay, questuante per gli Antonia- Leopoldo VI, duca d’Austria e di Steiermark ni 230 290 Iohannes Cole Exguagliati di Cerreto, ap- Lorenzo de Grisberthis 272 paltatore di questue (protobiante) 245n. Lucio III, papa 84, 85, 108 Iohannes de Aquanigra, nobile 230 Ludovico Vitali, canonico-notaio di S. An- Iohannes de Cussano, precettore degli An- tonio di Firenze 220, 230 toniani di Mercatello (Marchatello) 223, Ludovicus Panelli, questuante per gli Anto- 229 niani 230 Iohannes de Iousello, presbiter Bisuntinen- Ludwig IV, landgravio di Turingia 162 sis diocesis 230 Luigi VII, re di Francia 160, 161 Iohannes de Nursia, frate dell’ordine di S. Luigi IX il Santo, re di Francia 94 Spirito 239n. Luigi (Louis) XIII, re di Francia 275 Iohannes de Tricarico, precettore generale dell’ordine di S. Spirito 239n. Manchus Angeli Martini di Cerreto, que- Iohannes Fabri, curatus Valelilliarum 230 stuante 246n. Iohannes Giliberti, precettore degli Anto- Marco di Santo Stefano, priore del priorato niani di Volterra (Valterre) 223, 229 giovannita di Lombardia 152n. Iohannes Petructius Baptiste di Foligno Marcus ab Ulmo, socio della confraternita 248n. dello Spirito Santo a Venezia 265 Iuncta de Cavinana 207 Marcus Benedicti, questuante per gli Anto- niani 230 Jacobus Benedicti Mathei de Cereto, que- Maria Contareno, suora 265 stuante per gli Antoniani 230 Maria, sorella di Lazzaro 33n. Jacques de Molay, maestro del Tempio 96n. Marino Mazuc di Genova 114n. Jean, rettore dell’ospedale di S. Spirito a Marinus Baptiste, questuante per gli Anto- Digione 278 niani 230 316 Indici

Marius, cancelliere e scrivano del precettore 110, 138, 142 generale dell’ordine di S. Spirito 294n. Paula Bono, suora 265 Marsilio da Padova 38 Pelegrinus 205 Marta, sorella di Lazzaro 33n. Pellegrino de Rabito 140 Martino V, papa 48, 283, 284 Perdominicus Nicolai Belli di Foligno 248n. Martino di Bruges, priore dell’ospedale di S. Perthomas Nicolai Angeli de terra Cerreti, Spirito di Gemona 261n. questuante 248n. Mascardo, Francesco, vescovo di Todi 248n. Peruzzi, famiglia di banchieri di Firenze Masuccio Salernitano, novellista 216n., 243 121, 122 Mathias, priore dell’ospedale di S. Spirito di Peter Potkyn 194 Memmingen 293 Petrus Blancho, socio della confraternita Mathias Grünewald, pittore 66 dello Spirito Santo a Venezia 265 Michele de Cesis, visitatore generale del- Petrus Carterii (Carteri), precettore degli l’ordine di S. Spirito in Borgogna 281n. Antoniani di Montesanto 223, 229 Milo, magister generalis milicie Sancti La- Petrus de Lusignano, frate francescano 272 zari 159, 162 Petrus Ginonis Gentilis, questuante per gli Mitte de Caprariis, Pierre, precettore del- Antoniani 230 l’ospedale degli Antoniani a Memmingen Petrus Iacobi de Pontano, questuante per gli 47, 65 Antoniani 230 Monferrato, marchesi di 128, 131n. Philip Mulart, procuratore di S. Spirito in — Guglielmo IV, marchese 133 Sassia in Inghilterra 182, 187-189 Philippe le Bon, duca di Borgogna 285 Natale Regia, canonico di Ceneda, notaio a Piccolpasso, Cipriano, scrittore 243 Venezia 254n., 255, 272 Pierre, rettore dell’ospedale di S. Spirito a Niccolò, papa 193 Besançon 281n. Niccolò IV, papa 43n., 55, 60, 117n., 198, Pierre Crapillet, rettore dell’ospedale di S. 276 Spirito a Digione 65, 285, 286n. Niccolò V, papa 180 Pierre de Fouvent, rettore dell’ospedale di S. Niccolò, legato pontificio in Inghilterra 295 Spirito a Besançon 282n., 284n. Nicolò Trevisino, vescovo di Ceneda Pierre de la Croix, rettore dell’ospedale di S. 261n. Spirito a Fouvent 280n. Nolfus de Anyano de Cereto, questuante per Pierre de Liesle, rettore dell’ospedale di S. gli Antoniani 230 Spirito a Besançon 278n. Normannino del fu Giovanni di Vorno 208 Pietro, frate giovannita, rettore e fondatore di un ospedale presso Poggibonsi 133 Oberto, vescovo di Cremona 132, 143n. Pietro Fantino di Asti 142 Olivier de Latrau de La Terrade 275n. Pietro Matteo, precettore generale dell’ordi- Onorio III, papa 43, 199, 276 ne di S. Spirito 294 Orlandino del fu Apparabene di Lucca 204, Pini, Teseo, vicario del vescovo di Spoleto 205 239-244, 249 Overardus 208 Pio II, papa 25n., 40 Pio IV, papa 166 Pallavicino, Marchesopulo, conte 98n. Pio VI, papa 212n. Paolo II, papa v. Barbo, Pietro Pio IX, papa 238n. Paolo di Cola di Paolo Bicti di Cerreto 249, Pontanus Benedicti de Cereto, questuante 250n. per gli Antoniani 230 Paolo di Sutri, frate di S. Spirito in Sassia Ponzio, conte di Tripoli 105n., 111 42n. Premysl Ottocaro, re di Boemia 95 Pasquale II, papa 28n., 76, 91, 105, 106, 109, Priamus Plundo, vicarius della confraternita Indice dei nomi 317

dello Spirito Santo a Venezia 265 s. Camillo de’ Lellis, fondatore dell’ordi- ne dei Camilliani 70 Raimondo di Tripoli, conte 82 s. Caterina 287 Raimondo III, conte di Barcellona 114 s. Domenico 32 Raimondo di Puy (Raymond du Puy), mae- s. Elisabetta di Turingia 162 stro dei Giovanniti (anche regola di) 32, s. Felice Valesio, fondatore dei Trinitari 79, 84, 85, 103, 104, 106-108, 110, 111, 21n. 138n., 155 s. Francesco 32 Raimondo Lullo (Laymond Lull) 96n., 119 s. Giovanni Battista 74, 75, 145-147, Rainaldo, frate dell’ospedale di Altopascio 152n. 198, 201, 205, 206 s. Giovanni De Matha, fondatore dei Tri- Ramel, Besançon, frate dell’ospedale di S. nitari 21n., 32 Spirito a Besançon 286n. s. Giovanni Elemosiniere, patriarca di Ranuccio di Altopascio, converso dell’ospe- Alessandria 74, 75 dale di Altopascio 202 s. Lazzaro 33 Ranucius filius Aldimaris iudicis 206 s. Leonardo 145, 146, 147, 194 Raymond du Puy v. Raimondo di Puy s. Ludovico (d’Angiò) 254n. Richard Pynson, tipografo 189, 194 s. Maria 145-147, 255, 266 Robert Plumpton, nobile inglese 182 s. Maria Maddalena 146n. Rocchisianus Sopprinelli 209 s. Paolo 287 Rodolfo d’Asburgo, re dei Romani 95 s. Pedro Nolasco, fondatore dei Merceda- Roger I, conte di Mowbray 161 ri 22n. Rolin, Nicola 69n. s. Ranieri 148 Rubertus Thome (de partibus Francie), fra- s. Tuscana di Verona, probabile donata ter 248n. dell’ordine dei Giovanniti 147-149 Rudolf, margravio di Baden 299 s. Ubaldesca da Calcinaia, presunta santa Ruggiero di Antiochia, principe di Antio- giovannita 141, 147-149 chia 111 s. Ugo di Genova, precettore della domus Ruggiero di Puglia, fratello di Boemondo di di S. Giovanni di Pré a Genova 147- Antiochia 79, 114 149 Santucci, Girolamo, vescovo di Fossombro- Sacchetti, Franco, novellista 216n., 249 ne e vice delegato di Spoleto 240n. Saladino, sultano 82 Saputus Tome di Foligno, prete 248n. Salamon Gualtro 209 Scarampi, Ludovico, patriarca di Aquileia e Salimbene de Adam, cronista 98n. cardinale 285 Salves Antonii de Cerreto, questuante 248n. Sibilla, sorella di Baldovino IV, regina di Sanctes Pauli de Burgo Cerreti, appaltatore Gerusalemme 82 di questue (protobiante) 246n. Siegfried II, arcivescovo di Magonza 162 santi Sigebert VII (III) di Werth 291 s. Agostino (anche: regola di) 17n., 22, Simon Albosset, frate dell’ospedale di S. 23, 31, 32, 35, 36, 76, 266, 292 Spirito a Digione 286n. s. Allucio 133 Sinibaldo de Altopassu, frate dell’ospedale s. Andrea 287 di Altopascio 199-202 s. Antonio Abate, padre del deserto 30, Sisto IV, papa 38, 56, 61, 66n., 181, 182, 33, 35n., 58, 66, 216, 218, 224-226, 187, 191, 194, 237, 240, 253n., 260, 283, 228, 243, 257n. 286-288 s. Benedetto (anche: regola di) 22n., 31 Sixtus, frate domenicano del convento dei s. Bernardo (di Chiaravalle) 81, 82, 151n. SS. Giovanni e Paolo a Venezia 272 s. Bona 148 Sistus Petri Pauli, questuante 248n. 318 Indici

Soldano di Asti 142 Ventura Consuli de Rigofriddo 238n. Svevi (Hohenstaufen), dinastia 94, 291 Vescuntus (Vescontus) Corrutius, notaio, so- Synibaldus Ritius, socio della confraternita cio della confraternita dello Spirito Santo dello Spirito Santo a Venezia 265 a Venezia 265, 272 Vethus del fu Deotifece, cambiavalute di Tassoni, Ottavio, commendatore dell’ospe- Lucca 201, 205, 206, 208, 209 dale di S. Spirito in Sassia 53n. Theodorus Bartholi de Strata de Cereto, Victoria Blanco, suora 265 questuante per gli Antoniani 230 Vignolo de’ Vignoli, pirata genovese 122 Thomas, maestro dell’ospedale di Memmin- Villani, Giovanni, cronista 99 gen 293 Villaret, de, Foulques (Folco), gran maestro Thomas Fort of Llanstephan 175 dei Giovanniti 96n., 97, 120-122 Thomas Ipers, collettore di S. Antonio di — Guillaume, gran maestro dei Giovan- Londra 180n. niti 120 Thonius Primi di Cerreto, questuante Visconti, Ottone, arcivescovo e signore di 245n. Milano 149 Turchi 119, 120, 147, 177, 243 Tuzia di Vanne Brunori (di Ascoli) 236n. Wadding, Lucas 241 Walter Stone 189, 194 Ubaldo Malagallie, membro della banca dei William Caxton, tipografo 179 Bettori 202 William de Dene, procuratore dell’ospedale Ubertino Landi, nobile di Piacenza 140 di Altopascio in Inghilterra 173, 174 Urbano, papa 194 William di Hereford, commendatore di Bur- Urbano II, papa 75, 142n. ton Lazars 159 Urbano IV, papa 199, 200 Willoughby, famiglia 180 Urbano V, papa 38, 136, 193, 281n. Urbano VI, papa 95, 124, 281n. Zanivaldus de Monte Calvo, clericus Vercel- Ursus, frate dell’ordine di S. Spirito 47 lensis diocesis 249n. Zuccius Zuccii de Montesancto, questuante Varano, signori di Camerino 240 per gli Antoniani 230 — Giulio Cesare 237 Zuctius Iohannis Zuccii de Montesancto, Venceslao II, re di Boemia 95 questuante per gli Antoniani 230 Indice dei luoghi

Abruzzo 47 Amandola, ospedale dell’ordine di S. Spirito Accumuli 236n. 234n. Acquaformosa (Calabria), monastero cister- Amatrice 236n. cense 60n. Amiens 7n., 29 Acquapendente, ospedale dell’ordine di S. Amposta, castellania, priorato dei Giovanniti Spirito 234n. 96n. Acri 22, 23, 41, 85, 88, 90, 95, 96n., 98, 102, Anagni, ospedale dipendente da Altopascio 104, 109, 112, 113, 116, 117, 120, 127, 200 129n., 162 Ancona 237n. — S. Tommaso, ospedale — compagnia di S. Girolamo 237n. Alamania (Alemania, Alamannia, Alema- — ospedale dell’ordine di S. Spirito gna) 165; v. anche Germania 234n. — lingua nel Convento di Rodi 48, 95 Antiochia 109, 113 — “nazione” nell’ordine degli Anto- — principato 90, 111, 112 niani 48 — principi 114 — priorato dei Giovanniti 94, 96n. Aosta, diocesi 284n. — inferior 94 Aquileia, patriarca 283n. — media 94 — patriarcato 198, 248n., 249n., 261n., — superior 94 289n. — superior, provincia dell’ordine di S. Aquitania, priorato dei Giovanniti 95n. Spirito 293, 294 Aragona 22n., 81, 93 Alberese (presso Grosseto), S. Maria dell’, Aragona/Navarra, lingua nel Convento di monastero (passato ai Giovanniti) Rodi 48, 95 Alessandria 155 — provincia dei Giovanniti 96n. — diocesi 245n. Arcevia v. Rocca Contrada Alpi 206, 286n. Arezzo, diocesi 54n., 245n. Alsazia 53n., 56n., 291 Arinthod, S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale — commenda dei Giovanniti 94 dipendente dall’ospedale di S. Spirito a Alto Adige 299n. Besançon 279n. Altopascio, S. Giacomo, ospedale e casa ma- Arlay, S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale di- dre dell’ordine ospedaliero omonimo 8, pendente dall’ospedale di S. Spirito a Be- 10, 41, 53, 60, 195-209 sançon 279n. Alvernia (Auvergne) 17 Arles 35 — lingua nel Convento di Rodi 48, 95 — sinodo 117n. — priorato dei Giovanniti 95n. Armenia, re 116 — provincia dei Giovanniti 95n. — commenda dei Giovanniti 95n. 320 Indici

Arno, fiume (valle) 195 Beqaa, castello 111 Arquata, ospedale dell’ordine di S. Spirito Bergamo, diocesi 245n., 246n. 234n. Berkshire, arcidiacono 196 Arras, diocesi 284n. Berna, S. Spirito, ospedale dell’ordine di S. Arrouaise 17n. Spirito 291 Ascalona 88, 90, 112 Besançon (Franche-Comté) 279, 287 Ascoli Piceno, Porta Romana 235, 235s. — arcivescovo 285; v. Condulmer, Fran- — S. Spirito de porta Romana (ospedale cesco delle Grazie), ospedale dell’ordine di — diocesi 20n., 284n. S. Spirito 235, 234n. — “provincia” dell’ordine di S. Spirito — priore 236n. 278, 279, 284, 285, 288, 294, 295 Assia 51n., 164 — S. Giacomo (Saint Jacques des Arè- Assisi 240, 242 nes), ospedale 284n., 285n. — diocesi 239n. — S. Spirito, ospedale dell’ordine di S. — ospedale dell’ordine di S. Spirito Spirito 28n., 56n., 64n., 274, 278-282, 234n. 284-286, 289 Asti 131, 141n., 142, 143, 154 — rettore 280, 288 — vescovo 142n., 147 Betania, S. Lazzaro, monastero (poi dei Gio- — domus e ospedale dei Giovanniti 128, vanniti) 109 131, 142, 154n. Bethgibelin, castello 81 — S. Sepolcro, chiesa (dei Giovanniti) Betlemme, vescovo 28n., 41 131, 142, 147 — cattedrale della Natività 23 Astorga 52 Beverley, cattedrale 172n. Atene, commenda dei Giovanniti 94 Boemia 94 — ducato 94 — priorato dei Giovanniti 94, 96n. Atri (in Abruzzo) 47 Boigny (Boigny-sur-Bionne, vicino Orlèans), Aubrac 17n. sede centrale dell’ordine dei Lazzariti 41, Austria 94 160-162 Auvergne v. Alvernia Bologna 54, 98 Avignone 33, 39, 42n., 43, 119, 122-124, — S. Maria (del Morello), ospedale e 149, 274n., 281 casa madre dei Crociferi 36 — ospedale degli Antoniani 43 — S. Maria de Castello Britonum (S. Ma- — ospedale dell’ordine di Altopascio 43n. ria di Castel de’ Britti), chiesa 40 — università 65n. — S. Petronio, chiesa 98 — Santa Croce, domus dei Giovanniti 98, Bar sur Aube, S. Spirito (Saint-Esprit), ospe- 132 dale dipendente dall’ospedale di S. Spirito Borgogna 10, 23, 53, 69n., 277, 280-282, a Digione 278 287-289, 298 Barcellona 22n., 123 — duca 286n. — priorato dei Giovanniti 96n., Boston (Lincolnshire), S. Maria, confrater- Barletta, priorato dei Giovanniti 93n., 96n., nita (the guild of Our Lady) 177 128, 129n., 137n. Bourg Saint Antoine v. Saint-Antoine-en- — S. Maria di Nazareth, ospedale 23, 41 Viennois Basilea, concilio 40, 284n. Bourges, diocesi 284n. — capelle dei Giovanniti 154n. Brandeburgo, commenda dei Giovanniti 94 Beaune 69n. Braux (Meuse), ospedale dipendente dalla Belgio 17n., 22n. congregazione di S. Maria di Roncisvalle Benevento, S. Bartolomeo, ospedale 218n., 17n. 245n. Breisgau, commenda dei Giovanniti 94 Indice dei luoghi 321

Brescia 129n. Cerreto (di Spoleto) 63, 211, 214, 217, 220, — diocesi 245n. 222, 227, 228, 235, 239-245, 246n., 248n. Bressanone, diocesi 60 — “Cerretani”, addetti alla questua 10, Brisgovia 164 63, 211, 213, 214, 216, 218-221, 239- Brugnato, diocesi 245n., 246n. 244, 248, 249, 261n. Burgos, Hospital de rey, dell’ordine di Ca- — S. Maria ‘de Libera’, ospedale 245n. latrava 52 — S. Maria Nuova, chiesa 245n. Burton Lazars (vicino a Melton Mowbray, Chambéry 284n. Leicestershire), domus e lebbrosario dei Chambry (Champagne), ospedale dipenden- Lazzariti 161, 166 te dai canonici di S. Maria di Nazareth 23 — commendatore 159; v. William di He- Champagne 23 reford — priorato dei Giovanniti 95n. Chappes (Champagne), ospedale dipenden- Cagliari, vescovo 117n. te dai canonici di S. Maria di Nazareth 23 Calais 183 Château-Thierry 41 Calvi, S. Maria della Misericordia, brefotro- Chaussin, S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale fio 236 dipendente dall’ospedale di S. Spirito a Cambrai 17n. Besançon 279 Cambridge, università 165 Chester 180, 182, 184 Camerino 237n., 242 Chur, S. Spirito, ospedale dell’ordine di S. — ospedale dell’ordine di S. Spirito Spirito 299n. 234n. Cigagna, pieve 197 — Ospedale Maggiore 236 Cingoli, ospedale dell’ordine di S. Spirito — S. Maria della Pietà, brefotrofio 238 234n. Cammoro, S. Spirito di Pié, ospedale del- Cipro 41, 85, 89, 90, 95, 96, 102, 103, 116, l’ordine di S. Spirito 234n., 239n. 118, 120, 123, 125, 127, 130, 135, 136 Campagna e Marittima, provincia 39 —re11 Campugliano, ospedale 196 — commenda dei Giovanniti 95n. Canterbury, arcivescovo 117, 183, 189 Civitella 236n. — convocazione (Convocation) 177 Clamecy (dipart. Nièvre), sede dei canonici — S. Tommaso, ospedale (hospital of St di Betlemme 23, 41 Thomas Eastbridge) 183 Clermont 75 Capaccio, diocesi 47 Colmar 66 Capua, priorato dei Giovanniti 93n., 96n., Colonia, commenda dei Giovanniti 94 128, 137n. Conegliano, S. Bernardino e S. Spirito, pre- — priorato dei Lazzariti 164, 166 cettore 260, 261; v. Giovanni Buselli Castel Sant’Angelo di Visso, ospedale del- Connacht (Irlanda) 92 l’ordine di S. Spirito 239n. Corinaldo, ospedale dell’ordine di S. Spirito Casteldurante, S. Maria della Misericordia, 234n. brefotrofio 236 Corsica 144, 198 Castiglia 50 Cortona, diocesi 245n. Castiglia-Leon, priorato dei Giovanniti 96n. Cos, commenda dei Giovanniti 95n. Castiglia-Portogallo, lingua nel Convento di Costantinopoli, S. Sansone, ospedale 242n. Rodi 48, 95 Costanza, vescovo di 296 — provincia dei Giovanniti 96n. Cracovia, S. Spirito, ospedale dell’ordine di Catalogna 20n., 93, 130 S. Spirito 298n. Cerbaia, alture della 195 Cremona 143n., 153 Cerfroid (vicino Château-Thierry, Piccar- — diocesi 64n., 245n., 246n. dia), sede dell’ordine dei Trinitari 41 — S. Michele, borgo 143n. 322 Indici

— S. Michele, chiesa 143n. Fano 237n. — S. Michele, domus (ospedale) dei Gio- Felizzano, ospedale dei Giovanniti 133 vanniti 132, 143n. Fermo, diocesi 234n. — S. Michele, ospizio 132 — Ospedale Maggiore 236 Creta 22 Fiandre 17, 99, 149, 206, 207 Croazia 248n., 249 Firenze, arcidiocesi 245n., 246n. — precettoria degli Antoniani 215n., Dacia, priorato dei Giovanniti 94, 96n. 220, 223, 228 Dalmazia 248, 249 — S. Giacomo in Corbolino, domus dei Daniata (S. Antonio d’Anniata, comune di Giovanniti 149 Pessina Cremonese), ospedale degli An- — S. Maria degli Innocenti, brefotrofio toniani 64n. 297 Danimarca 94 — S. Spirito, ospedale di, dell’ordine di Delfinato 17 S. Spirito 54 Diano (vicino a Paestum), hospitale sancti Firenzuola (Prov. Firenze) 217 Spiritus de, dell’ordine di S. Spirito 47 Fivizzano (Fevigiani), precettore degli An- Digione (Dijon) 287 toniani 223 — “provincia” dell’ordine di S. Spirito Foligno 216, 217, 222, 224, 238, 242, 244, 277, 279, 285n., 294 247n., 248n. — S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale del- — S. Antonio, chiesa e priorato degli An- l’ordine di S. Spirito 28n., 65n., 274, toniani 223, 230, 247n. 277, 278, 280-283, 285-287 — precettore v. Laurentius Gordini — precettore 46n., 280 — S. Spirito, ospedale dell’ordine di S. — S. Stefano (Saint-Etienne), chiesa Spirito 33, 49, 50n., 238, 234n., 278n., 280n. 248n. Dodecanneso, isole 102 Fouvent, S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale Dole, S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale di- dipendente dall’ospedale di S. Spirito a pendente dall’ospedale di S. Spirito a Di- Digione 278, 287 gione, poi dall’ospedale di S. Spirito a — rettore 280; v. Pierre de la Croix Besançon 278, 279, 284 Franca Contea (Franche-Comté) 56n., 298 Dorset, arcidiacono del 196 Francia 7, 8n., 17n., 20n., 26, 53, 58, 63, 93, Dover, porto 159 99n., 121, 130, 154n., 166, 198, 201, 202, Dresda 9 238n., 273n., 274, 275, 277, 282, 286n., 287 Egitto 82 — re 99, 116, 118, 121 Eichstätt, S. Spirito, ospedale vescovile 292 — regno 200 Emilia 19n., 150 — lingua nel Convento di Rodi 48, 95 Emmaus, casale dei Giovanniti 111 — priorato dei Giovanniti 95n. Europa 10, 22, 48, 51, 91, 92, 94, 103, 117, — provincia dei Giovanniti 95n. 120, 121, 124, 136, 159, 169, 176, 197, Franconia, commenda dei Giovanniti 94 245, 251, 256; v. anche Occidente Friburgo 156n. — domus dei Giovanniti 164 Fabriano 237n. Frigido, fiume 144 — precettore degli Antoniani di 223 Fucecchio, ospedale di Cerbaia (Hospitale — S. Maria Maddalena, chiesa dell’ospe- novum de Cerbaria) 195 dale dell’ordine di S. Spirito 235n. — ospedale di Rosaia (dipendente da Al- — S. Spirito de Armeniis, ospedale del- topascio) 195, 196, 200 l’ordine di S. Spirito 234n., 235 — paludi 195 di Faenza, ospedale dei Giovanniti 143n. —ponte(pons Bonfilii, pons Fiscecli) Indice dei luoghi 323

sull’Arno 97n., 195-200, 203 104, 105, 106n., 109n., 110, 125, 135, 138, 146 Galles 91, 92 — S. Lazzaro, ospedale 159, 160 Gallia, “nazione” nell’ordine degli Antonia- — S. Maria Latina, chiesa 74 ni 48 — monastero 74, 76, 138n. Gavi Ligure, ospedale e mansio dei Giovan- — oratorio e monastero femminili 74 niti 141, 154n., 155 — sepolcro di Cristo (Santo Sepolcro) Gelnhausen, ospedale progettato dal S. Spi- 74-80, 110 rito di Stephansfeld 294 — basilica 74, 76 Gemona (del Friuli), S. Spirito (de Collibus — ospedale degli Amalfitani 74 Glemone), ospedale dell’ordine di S. Spi- — ospizio di età carolingia 74, 75, 77 rito 289n. Gfenn (Svizzera), domus dei Lazzariti 161, — priore 261; v. Antonio de Codorosis, 163 Martino di Bruges Giaffa 90, 112 Genova 130, 131, 134, 146n., 153, 154n., Gibelletto, signori di 114, 131; v. anche Em- 155, 201, 202, 208 briaci, famiglia — diocesi 197 Ginevra (Genève), diocesi 284n. — ospedale dei canonici di S. Sepolcro Giuffone 235 55n. Giura 295 — ospedale dei Crociferi 55n. Glurns (Glorenzea; Alto Adige), S. Spirito, — ospedale dei Giovanniti v. Genova, S. ospedale dell’ordine di S. Spirito 299n. Giovanni in Pré Gotha, domus e lebbrosario dei Lazzariti — S. Fede, parrocchia 154n. 162, 163 — S. Giovanni di Pré (prima S. Sepol- Gran S. Bernardo, SS. Nicola e Bernardo, cro), chiesa, ospedale, commenda, ospizio, casa madre della congregazione precettoria (domus doppia con propria dei canonici regolari del Gran S. Bernar- domus femminile) dei Giovanniti 55n., do 245n. 131, 140, 147, 148, 153, 154n. Gray, S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale di- — precettore v. Ugo di Genova pendente dall’ospedale di S. Spirito a Be- — S. Giovanni vecchio, confraternita sançon 279, 284n., 285n. 146n. Great Thurlow (Suffolk), domus dell’ordine — S. Lorenzo, cattedrale 146n. di S. Giacomo di Altopascio 170, 171n., — S. Sepolcro, chiesa e ospedale v. Ge- 172, 174, 176, 186 nova, S. Giovanni in Pré Grecia 94 Germania 20n., 24n., 28, 29, 44, 55n., 123, Grenoble, diocesi 284n. 135, 289, 290, 292, 294, 295, 297, 298; v. Grosseto 144 anche Alamania, Impero Grünberg (Assia), ospedale degli Antoniani — lingua nel Convento di Rodi v. Alema- 51n. gna Gualdo Tadino, ospedale dell’ordine di S. — provincia dei Giovanniti 96n. Spirito 234n. Gerusalemme 30, 41, 74-77, 82, 109, 112, Gubbio 239 113, 125, 127, 137, 160, 162, 192 — S. Spirito, ospedale dell’ordine di S. — re 79, 82, 114 Spirito 234n., 239n. — regno 90, 111, 112 — priore 239n. — patriarca 82, 83 — Calvario 74 Halberstadt, S. Spirito, ospedale dell’ordine — S. Giovanni Battista, chiesa 76 di S. Spirito 290n. — S. Giovanni, ospedale (Hospitalis,l’O- Hattin, battaglia 82, 87, 88, 90, 111, 112 spedale) 23, 32, 67, 74-76, 79, 102s., Heidelberg, università 65 324 Indici

Heraklion (Creta) 22 — provincia dei Giovanniti 93n., 94, Hereford, diocesi 180n. 96n., 128, 137, 139, 144, 147 Hertlingshausen, S. Spirito, ospedale dell’or- Ivrea, diocesi 284n. dine di S. Spirito 299n. Hessilia, casale 113n. Jepeto v. Zevio Hispania, “nazione” nell’ordine degli Anto- Jesi, S. Rocco, ospedale 237n. niani 48 Homs, valico 91 Knaresborough, domus dei Trinitari 175 Hornsea (Yorkshire) 180 Krac (dei Cavalieri), fortezza 81, 91, 111 Huy, città in Vallonia 18n. La Motte-aux-Bois/La Motte-Saint-Didier v. Iberica, penisola 10, 83n., 115, 120, 160; v. Saint-Antoine-en-Viennois anche Spagna La Valletta (Malta) 26, 121 Illiria 243n. Laodicea 113 Impero (germanico, “Sacro Romano Impe- Laon, diocesi 284n. ro”) 10, 53, 56, 94, 98, 131, 161, 278, — vescovo 200 279n., 289; v. anche Germania Las Navas 83n. Inghilterra 10, 17n., 23, 28, 29, 47, 50, 51n., Lausanne, diocesi 284n. 53, 61n., 123, 130, 161, 162, 166, 169, Leicestershire, contea 161 170, 171n., 172, 174-176, 178, 180, 181, León, S. Marco, ospedale, sede dell’ordine 183, 184, 187, 197, 202, 243n., 256n., di Santiago 52 277, 295, 296, 298; v. anche Isole Britan- Leonessa, ospedale dell’ordine di S. Spirito niche 234n., 239n. — re 92 Levante 95 — priorato dei Giovanniti 95n. Lichfield 184 — priore 92 Liguria 88, 150, 246n. — provincia dei Giovanniti 95n. Limoges 147 Inghilterra/Scozia/Irlanda, lingua nel Con- Linaro (vicino Imola) 149 vento di Rodi 48, 95 Lincoln, diocesi 183n. Ipswich, convento dei Francescani 182, 189 — vescovo 172, 296 Irlanda 17n., 91, 92, 123 Linguadoca 93 — priorato dei Giovanniti 95n. Lione (Lyon) 202 — priore 92 — concilio 246, 247n. Isère 215n. — diocesi 284 Isole Britanniche 10, 91, 92, 160, 161, 165; Lisbona 123 v. anche Inghilterra Lituania 215n. Issenheim (Alsazia), ospedale degli Anto- Lombardia 17, 88, 142 niani 52n., 53n. — priorato dei Giovanniti 93n., 96n., 97, Istria 198, 248n., 249 128, 137, 141, 142, 150 Italia 10, 20n., 22, 26n., 28, 29, 40, 46n., 48, — priore 98; v. Guglielmo de Rocha, 53, 54, 57, 81, 88, 97, 98, 124, 130, 131n., Marco di Santo Stefano 134-136, 141n., 142, 151, 160, 161, 166, Londra 123, 173 195, 198, 212, 215n., 216, 218, 220, 222, — diocesi 181 234n., 236n., 241n., 242, 243, 248, 252, — S. Antonio di Vienne, ospedale degli 256, 277 Antoniani 170, 176, 178-180, 184 — lingua nel Convento di Rodi 48, 95 — S. Maria di Betlemme, ospedale (ho- — “nazione” nell’ordine degli Antoniani spital of St Mary of New Bethlehem, 48 Bethlehem, Bedlam Hospital) 23, 170, — priorato dei Giovanniti 96n. 173, 176, 178, 184 Indice dei luoghi 325

— S. Maria di Roncisvalle (Our Lady of Medio Oriente 91; v. anche Terra Santa Rounceval, Rounceval) (presso Cha- Mediterraneo 116 ring Cross), ospedale dipendente dalla Megersheim (Assia), Schönauer Hof dei congregazione di S. Maria di Ronci- Lazzariti 164 svalle 17n., 61, 170, 173, 176, 178, Melton Mowbray 161 179 Memmingen 291 — S. Paolo, confraternita del Nome di — Dürftigenstube (ospizio dei bisogno- Gesù (the guild of the Name of Jesus si) 297 at St Paul’s cathedral) 177, 184 — Kalchtor 291 — S. Tommaso di Acri (hospital of St — Kreuzherren v. Memmingen, S. Spiri- Thomas of Acon), sede dell’ordine di to (Oberspital) S. Tommaso di Acri 41, 176, 178 — S. Antonio, ospedale dell’ordine degli — sinodo 117 Antoniani 55n., 47 Lorena (Lorraine) 282 — S. Spirito (Oberspital dei Kreuzher- Loreto 237n. ren), ospedale e convento dell’ordine Lubecca, S. Spirito, ospedale 21n. di S. Spirito 55n., 290-293, 297 Lucca 7, 54, 142, 144, 195, 197, 201, 202, — Unterspital, ospedale cittadino 292 204-206, 208, 209 Mercatello (Prov. Perugia) 217 — diocesi 196, 200, 204, 245n., 246n. Messina, priorato dei Giovanniti 93n., 96n., — vescovo 196, 202, 206 128, 137n. — domus dipendente da Altopascio v. — priore v. Bartolomeo di Lapo Beni- Bono, frate ni — S. Martino, chiesa 202, 206 Metz, diocesi 284n. — turris Passavantis 207 — S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale di- Lucchesia 195 pendente dall’ospedale di S. Spirito a Luni, diocesi 200, 204, 245n., 246n. Besançon 279n. Lunigiana 141 Milano 9, 113n., 131, 134, 149, 153n. — Brolo Grande (detto di S. Ambrogio) Macerata 217, 237n., 242 132 — precettore degli Antoniani 223 — porta Romana 132 — precettore dell’ospedale dei Giovanni- — S. Croce, ospedale e domus dei Gio- ti 235 vanniti (domus Sancte Crucis) 126, Magonza 197n. 132, 134, 153 Maguelone, vescovo — precettore v. Francesco de Rocha Maiorca, regno 93 Mirebeau, S. Spirito (Saint-Esprit), ospeda- Malta 26, 56, 57n. le progettato dall’ospedale di S. Spirito di Mantova 47 Digione 278, 280 Marche 10, 22, 233, 234, 236, 242 Monnet, S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale Margat, statuti di (Giovanniti) 83, 85, 104n., dipendente dall’ospedale di S. Spirito a 106n., 107, 125n., 127n. Besançon 279n. Markgröningen, S. Spirito, ospedale dell’or- Monopoli, precettoria dei Giovanniti 97 dine di S. Spirito 291 Monte Bardone, passo 98n. Marsciano, ospedale dell’ordine di S. Spiri- Monte Giovanni (Montisiohannis), precet- to 234n. tore degli Antoniani di 223 Marsiglia 33n., 117n., 122 Monte Giove, SS. Nicola e Bernardo, ospi- Massa, signori di 144 zio v. Gran S. Bernardo — S. Maria Maddalena di Cerbaria, ospe- Monte Pellegrino, ospedale dei Giovanniti dale (presso il fiume Frigido) 144 105n., 109, 111 Maurienne, diocesi 284n. Monte S. Maria in Lapide (diocesi di Fer- 326 Indici

mo), ospedale dell’ordine di S. Spirito dale dipendente dall’ospedale di S. Spiri- 234n. to a Besançon 279 Monte S. Martino (di Preci), ospedale del- Neumarkt, S. Spirito, ospedale dell’ordine l’ordine di S. Spirito 234n., 239n. di S. Spirito 291 Monte Tabor, monastero (poi dei Giovanni- Newton (Cambridgeshire), S. Maria, capella ti) 109, 114n. (St Mary’s chapel, ‘St Mary in the Sea’) Montecassino, abbazia 60n. 176 Montecastello (presso Alessandria), Ripa Nocera Umbra, S. Spirito (de Saxo), ospeda- Ponzano, domus dei Giovanniti di 155 le dell’ordine di S. Spirito 239n. Montecchio (di Todi), ospedale dell’ordine Norcia, S. Spirito (S. Crocefisso), priorato di S. Spirito 234n. dell’ordine di S. Spirito 234n., 238n. Montecosaro, ospedale dell’ordine di S. Spi- Norvegia 94 rito 234n. Nure, domus pontis v. Pontenure Montefiore dell’Aso (Prov. Ascoli Piceno) — torrente affluente del Po 143 217 Montelupone, ospedale dell’ordine di S. Spi- Occidente 23, 33, 41, 67, 90, 95, 102, 103, rito 234n. 105, 110, 112-114, 116, 117, 120, 123- Montemonaco, ospedale dell’ordine di S. 127, 131, 135, 138, 140n., 156, 203; v. Spirito 234n. anche Europa Montesanto (vicino Spoleto) 63, 211n., 213, Offida, S. Giacomo, ospedale dell’ordine di 214, 220, 222, 227, 228, 239-242, 244 S. Spirito 234n., 236n. Montevergine, abbazia 60n. Olanda 160 Montisboldi, precettore degli Antoniani di Oltremare (Outremer) 95n., 110, 127, 131, 223 160, 161; v. anche Terra Santa Montmajour, Saint-Pierre, abbazia 35 Orgelet, S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale Montpellier 32n., 123, 238n., 273, 274, dipendente dall’ospedale di S. Spirito a 280n., 281 Besançon 279n. — S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale 55, Oriente 90, 102, 112, 117n., 123-127, 129, 243n., 274n., 275-279, 288 131, 135, 138 — precettore 46n., 49, 280 Orléans 41, 160 Moravia 94 Orvieto 215n. Morea, commenda dei Giovanniti 94 — ospedale dell’ordine di S. Spirito Mortara 17n. 234n. Osimo 237n. Napoli, re 97 Osnello (comune di Agliana), ospedale di — regno 54, 236, 298 97n. — precettoria degli Antoniani 215n. Otricoli, ospedale dell’ordine di S. Spirito — S. Giacomo, capella di, dell’ordine di 234n. S. Spirito 47 Ottobeuren, abbazia 293 Narni, ospedale dell’ordine di S. Spirito 234n. Paesi Bassi 24 Navarra 7, 17 paesi iberici v. Iberica, penisola — priorato dei Giovanniti 96n. Paestum 47 Nazareth, vescovo 41 Palestina v. Terra Santa — S. Maria, chiesa 23 Pannonia 243 Negroponte 22 Parigi 28n., 149, 198, 276 Neuchâtel (Svizzera), S. Spirito, ospedale — S. Giacomo d’Altopascio (Comman- dell’ordine di S. Spirito 291 derie de Saint-Jacques du Haut-Pas), Neufchâteau, S. Spirito (Saint-Esprit), ospe- ospedale dipendente da Altopascio 198 Indice dei luoghi 327

— S. Maturino, convento dei Trinitari 41 — ospedale e domus dei Giovanniti v. — università 65 Pisa, S. Sepolcro Parma 143, 145, 146 — ospedale femminile 97n. — Borgo Taschieri 146 — S. Sepolcro, chiesa ospedaliera e do- — precettoria dei Giovanniti 143 mus dei Giovanniti 97n., 133, 148 — quartiere di Capodiponte 145, 146 Pistoia 204 — S. Giovanni Battista, domus e ospeda- — diocesi 200, 204, 245n., 246n. le dei Giovanniti 145, 146 Platta, castello 112 — oratorio 145 Poggibonsi, ospedale del ponte presso 133 — S. Maria (di Borgo Taschieri), parroc- Poligny 287 chia 146 — S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale di- — S. Maria, domus dei Templari, poi dei pendente dall’ospedale di S. Spirito a Giovanniti 146 Besançon 278n. — Steccata, chiesa della 146n. Polonia 17n., 18n., 26, 94, 165, 215n., 298 Pavia, diocesi 245n., 246n. — priorato dei Giovanniti 96n. penisola iberica v. iberica, penisola Polsonena (Pulcarino, Pulsarono) (diocesi Pergola 237n. di Assisi), S. Spirito, ospedale 239n. Perugia 212, 214, 217 Pont Saint-Esprit, ospedale 284n. — precettore degli Antoniani 223 Pontenure (presso Piacenza), ospedale (do- — sede dell’ordine di S. Sepolcro 41 mus pontis) 133, 143 Pesaro 237n. Portogallo, priorato dei Giovanniti 96n. — S. Spirito, ospedale dell’ordine di S. Pozzuoli, diocesi 47 Spirito 234 Praga 18n. Pescia (Prov. Pistoia) 217 Priverno (Pipernum), precettore degli Anto- — precettore degli Antoniani (de Pesso) niani 223 223 Provenza 93, 97, 120, 123, 135, 142 — S. Allucio, ospedale dei Giovanniti — lingua nel Convento di Rodi 48, 95 97n., 133 — provincia dei Giovanniti 95n. Pforzheim, S. Spirito, ospedale dell’ordine Prussia 116, 120, 215n. di S. Spirito 291, 292, 299 Puglia 41, 129n. Piacenza 133, 140, 143, 150 — diocesi 245n. Rabat (Malta), S. Spirito, ospedale 57n. Piandipieca, S. Croce 235n. Rafaniyah, città 111 Piccardia 41 Ranverso (presso Torino), precettoria degli Piediluco, ospedale dell’ordine di S. Spirito Antoniani 215n., 220 234n. Recanati 237n. Piemonte 88, 131, 148, 150 — ospedale dell’ordine di S. Spirito 234 Pirenei 160 Regnum Italicum 289 Pisa 97n., 142, 144, 148, 217 Reims, diocesi 284n. — arcidiocesi 245n., 246n. — provincia metropolitana 200 — ospedale degli Antoniani 55n. Renania 24 — precettore 223 Rieti 217 — ospedale di Altopascio 55n. — precettore degli Antoniani di 223 — priorato dei Giovanniti 93n., 96n., 97, Ripatransone 217 128, 133, 137, 144, 145n. — ospedale dell’ordine di S. Spirito — priore v. Bartolomeo di Lapo Benini 234n., 236n — S. Giovanni, comunità monastica fem- Rocca Contrada (oggi Arcevia), ospedale minile (benedettina?, poi dei Giovan- dell’ordine di S. Spirito 234n. niti) 148 Rochefort, S. Spirito (Saint-Esprit), ospeda- 328 Indici

le dipendente dall’ospedale di S. Spirito 70, 187, 189, 191, 192, 194, 238, a Besançon 279n. 242, 251, 253, 255, 257, 259, 260, Rodano, fiume 93 265-267, 270, 273n., 275-277, Rodi 41, 62n., 67, 90, 92, 95, 96, 102, 103, 278n., 279, 282, 288, 290n., 293, 116, 118-122, 124, 125, 130, 135, 146, 294, 296-300 156n. — precettore (commendatore) 27, 41- — commenda dei Giovanniti 95n. 43, 253, 266, 270, 271, 276, 280, — Convento dei Giovanniti 48, 93, 97; v. 281, 284, 285, 286n. anche Rodi — SS. Trinità e S. Tommaso, ospedale Roma 8, 17, 26n., 27, 28, 47, 51n., 56, 64, degli inglesi (hospital of the Holy Tri- 65, 77, 88, 124, 145, 164, 181, 191, 192, nity and St Thomas of Canterbury, 195-197, 202, 212, 213, 215n., 216, 220, oggi English College) 176, 178, 181, 224, 266, 273, 274n., 275, 280, 281, 283, 184 285-288, 290 — via Appia 43n. — Città Leoniana (Borgo) 295 Romagna 54, 149 — hospitale in Turrim, ospedale dell’or- Romagnano (di Cascia), ospedale dell’ordi- dine di Altopascio 43n. ne di S. Spirito 239n. — Laterano 43 Roncisvalle (Roncesvalles), S. Maria, ospe- — priorato dei Giovanniti v. Roma, S. dale e casa madre della congregazione dei Basilio canonici di Roncisvalle 17n., 21, 60 — rione Ripa 43 Rosaia, ospedale di v. Fucecchio, ospedale — S. Andrea de Piscina, ospedale degli di Rosaia presso Antoniani 43 Rouen, diocesi 284n. — S. Antonio, ospedale degli Antoniani, Rufach, ospedale dipendente dal S. Spirito priore 248n. di Stephansfeld 294 — S. Basilio, priorato dei Giovanniti 93n., 96n., 128, 135, 137n., 235 S. Angelo in Pontano, ospedale dell’ordine — priore v. b. Pietro (de Patarinis)di di S. Spirito 234n. Imola, Bartolomeo di Lapo Benini S. Angelo in Vado 237n. — S. Cesareo, chiesa 43n. S. Bartolomeo de Balneis (distretto di Pado- — S. Eligio, chiesa 43 va), ospedale 245n. — S. Giacomo d’Altopascio (hospitale S. S. Eufemia di Calabria, precettoria dei Gio- Jacobi Altipassus), ospedale dell’ordi- vanniti 97 ne di Altopascio 43 S. Marta a Tripergole (diocesi di Pozzuoli), — S. Maria Maggiore, basilica 43 priorato dell’ordine di S. Spirito 47 — S. Matteo in Merulana, ospedale dei S. Venerio nell’isola del Tino, monastero be- Crociferi 43 nedettino 144 — S. Paolo fuori le mura, abate Saint Gilles, priorato dei Giovanniti 93, 95n. — S. Pietro, basilica 56, 300 Saint Julien, S. Spirito (Saint-Esprit), ospe- — S. Spirito in Sassia dale dipendente dall’ospedale di S. Spiri- — chiesa (que vocatur scola Anglo- to a Besançon 279n. rum, S. Maria in Saxia) 273n., 287, Saint-Antoine-en-Viennois (La Motte-aux- 295 Bois, La Motte-Saint-Didier, Bourg Saint — confraternita (fraternitas) 56, 59, Antoine, Saint-Antoine-l’Abbaye), abba- 189, 190, 194, 253, 255, 260, zia (monastero, abbaye) e ospedale (Do- 266ss., 273n., 287 mus elemosinaria, Maison de l’aumône), — ospedale (arciospedale) e sede cen- sede centrale dell’ordine degli Antoniani trale dell’ordine di S. Spirito 21, 33, 8, 26, 30, 35, 41, 46, 48, 53, 178, 180, 211, 41, 42n., 46, 47, 49, 53, 64, 66n., 212, 220, 223-225, 228 Indice dei luoghi 329

Saint-Antoine-l’Abbaye v. Saint-Antoine-en- Spoleto 212-214, 216, 220, 239, 240, 241n., Viennois 242- 244, 245n. Saintes, diocesi 284n. — diocesi 211n., 220, 230, 239 Sainte-Sévère, S. Spirito (Saint-Esprit), — vescovo 239 ospedale dipendente dall’ospedale di S. — ospedale della Stella 244 Spirito di Digione 278 — ospedale dell’ordine di S. Spirito Salisbury, vescovo 196 234n., 239n. — arcidiacono 196 SS. Cosma e Damiano (diocesi di Verona), San Gemini, ospedale dell’ordine di S. Spi- domus pauperum Venetiarum 261n. rito 234n. — priore, v. Buselli, Giovanni San Ginesio 235 Stati Crociati 164; v. anche Terra Santa — ospedale dell’ordine di S. Spirito Stato della Chiesa 54, 243, 298 234n., 235 Steinfurt, commenda dei Giovanniti 94 — (territorio di San Ginesio), S. Spirito Stephansfeld (Alsazia), S. Spirito (domus in delle Vene, ospedale dell’ordine di S. Steffelt), ospedale dell’ordine di S. Spiri- Spirito 235 to 56n., 284n., 290, 293, 294, 295, 297 Santiago di Compostella 24, 52 — precettore 293n. Sardegna 142, 195 — “provincia” dell’ordine di S. Spirito Sassonia, commenda dei Giovanniti 94 279n. Scandinavia (paesi Scandinavi) 10, 28, 56, strada Romea v. via Francigena 160, 298s. Sulmona, ospedale degli Antoniani (?) 55n. Schlatt (presso Friburgo), priorato dei Laz- — ospedale dei Giovanniti 55n. zariti 161, 163, 164 — ospedale dell’ordine di S. Spirito 55n. Sclavonia 198 — ospedale di S. Maria di Roncisvalle Scozia 91, 92 55n. Sellano (vicino Spoleto) 63, 214, 239, 240, Svevia, commenda dei Giovanniti 94 242 Svezia 94 Senigallia, S. Spirito, ospedale dell’ordine Svizzera 161 di S. Spirito 235 Sesto, lago 195 Tanaro, fiume 155 Sicilia 128, 136, 163, 195, 243n., 277 Tarentaise, diocesi 284n. Sidone 90 Terni, ospedale dell’ordine di S. Spirito — signori di 114 234n. Siena 69 Terra Santa (Palestina) 22-24, 30, 34, 41, 52, — cattedrale 97n., 145 58, 82, 87, 88, 90-93, 95, 96n., 101, 102, — contrada di Val di Montone 97n., 145 103, 105, 108, 109-111, 113-117, 119, — S. Leonardo (nel suburbio di Val di 124- 126, 128, 131, 138, 160, 161, 194 Montone), ospedale dei Giovanniti 145 Tevere, fiume 43 — S. Maria della Scala, ospedale 54, 69 Thérouanne, diocesi 284n. Sion, diocesi 284n. Tiro 109 Siria 74, 90n., 91 Todi, vescovo 248 Slavia, commenda dei Giovanniti 94 — ospedale dell’ordine di S. Spirito Slesia 17n., 18n. 234n. Soissons, diocesi 284n. Tolentino, precettore degli Antoniani 223 Spagna 18, 24, 26, 56, 91, 108, 130, 135, — S. Spirito, ospedale dell’ordine di S. 136, 299; v. anche Iberica, penisola Spirito 235 Spello 242 Tolosa, convento dei Mercedari 65n. — ospedale dell’ordine di S. Spirito — priorato dei Giovanniti 94, 95n. 239n. — università 65n. 330 Indici

Tonnerre, S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale — commendatario v. Barbo, Pietro dipendente dall’ospedale di S. Spirito a — priorato dei Giovanniti 93n., 96n., 97, Digione 278 137, 150 Torri (Valdelsa), ospedale dei Giovanniti 145 — priore v. Bartolomeo di Lapo Beni- Toscana 54, 195, 200, 203, 246n. ni, Guglielmo da Voltaggio Toul, S. Spirito (Saint-Esprit), ospedale di- — S. Caterina, monastero femminile 252 pendente dall’ospedale di S. Spirito a Be- — S. Spirito (dello Spirito Santo), chiesa sançon 64n., 279, 282-284 257, 264 Trento, concilio 63, 243, 247 — confraternita (scola, albergo) 252, Trevi (Umbria) 242 257, 258, 263, 264, 265ss. — ospedale dell’ordine di S. Spirito — monastero femminile dei Gesuati 234n. 252, 263, 265-272 Treviso 27, 141n. Venosa, precettoria dei Giovanniti 97 Tripoli 90, 113 Vercelli 134n. — conte/conti 81, 114 — diocesi 284n. — contea 90, 111, 112 Verona 140, 148 Trois-Évêchés (zona delle diocesi di Metz, — S. Sepolcro, chiesa e ospedale dei Gio- Toul e Verdun) 284n. vanniti 147, 148 Troyes 201 Verucchio (Veruchium, Prov. Forlì) 217 — sinodo 80 — precettore degli Antoniani 223 Turingia, commenda dei Giovanniti 94 via Aurelia 53n. — Claudia (via Emilia) 143, 145 Umbria 10, 233, 234n., 238, 242 — Francigena (strada Romea) 98n., 143, Ungheria 33, 91, 94, 160, 243n., 277 145, 195, 196 — priorato dei Giovanniti 93n., 96n., Vicenza, diocesi 245n. 137n. Vienna, S. Spirito (davanti al Kärntner Tor), Urbino 217 capella e ospedale dell’ordine di S. Spiri- — ospedale dell’ordine di S. Spirito to 290, 296 234n. Vienne 211, 214, 244 — precettore degli Antoniani 223 — concilio 37, 63, 118, 246, 247n. — S. Maria della Misericordia, brefotro- Villefranche, ospedale dipendente dalla con- fio 236 gregazione di S. Maria di Roncisvalle 17n. Utrecht, commenda dei Giovanniti 94 Viterbo 62n., 217 — ospedale degli Antoniani 55n. Valachia 243 — ospedale dei Giovanniti 55n. Valdelsa 145 — ospedale dell’Ordine Teutonico 55n. Vallonia 18n. — S. Spirito in Faul, ospedale dell’ordine Valnerina 211, 220, 239, 240, 244 dei Crociferi 55n. Vaucouleurs, S. Spirito (Saint-Esprit), ospe- — S. Spirito, ospedale dell’ordine di S. dale dipendente dall’ospedale di S. Spiri- Spirito 55n., 236n. to a Besançon 279 Voghera, S. Bovo, ospedale 245n., Velay 284n. Volterra 217 Venezia 54, 88, 116, 251, 254, 255, 256n., 257, 260, 261, 266, 267, 271, 272 Walsoken (Norfolk), ospedale 176 — patriarca 253 Werth (Alsazia), landgravi di 290 — chiesa dei Frari 254n. Wetterau, commenda dei Giovanniti 94 — contrada S. Gregorio 252, 266, 272 Wiltshire, arcidiacono 196 — precettoria (priorato) degli Antoniani Wimpfen, S. Spirito, ospedale dell’ordine di 211n., 220 S. Spirito 291, 292 Indice dei luoghi 331

Windsor, S. Giorgio, capella di (St George’s — ponti 177 chapel) 180 — S. Antonio, capella (chapel of St Ant- Writtle (Essex), chiesa di Ognissanti, ospe- hony) 180 dale e domus dell’ordine di S. Spirito 50, — SS. Cristoforo e Giorgio, confraternita 170, 171, 295, 298 (the guild of St Christopher and St George) 177 York, provincia metropolitana 178, 182 — diocesi 171, 172 Zevio (Jepeto, borgo presso Verona) 148