Raffaela Villamena: I Cerretani Come Intermediari Degli Antoniani (A
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Raffaela Villamena: I Cerretani come intermediari degli Antoniani (a proposito di due documenti del 1315 e del 1492) Schriftenreihe Ricerche dell'Istituto Storico Germanico di Roma Band 3 (2007) Herausgegeben vom Deutschen Historischen Institut Rom Copyright Das Digitalisat wird Ihnen von perspectivia.net, der Online-Publikationsplattform der Max Weber Stiftung – Deutsche Geisteswissenschaftliche Institute im Ausland, zur Verfügung gestellt. Bitte beachten Sie, dass das Digitalisat der Creative- Commons-Lizenz Namensnennung-Keine kommerzielle Nutzung-Keine Bearbeitung (CC BY-NC-ND 4.0) unterliegt. Erlaubt ist aber das Lesen, das Ausdrucken des Textes, das Herunterladen, das Speichern der Daten auf einem eigenen Datenträger soweit die vorgenannten Handlungen ausschließlich zu privaten und nicht-kommerziellen Zwecken erfolgen. Den Text der Lizenz erreichen Sie hier: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/legalcode Raffaela Villamena I Cerretani come intermediari degli Antoniani (a proposito di due documenti del 1315 e del 1492) Per l’ordine dei canonici regolari di Sant’Agostino di Sant’Antonio di Vienne l’analisi dei rapporti tra autorità centrale – l’abbaye di Sant’Antonio presso Vienne – e periferia – le precettorie sparse in tutta la Cristianità 1 –non può prescindere dall’esame del ruolo che i collettori di questue, per la quasi totalità provenienti da Cerreto di Spoleto, ricoprivano all’interno dell’econo- mia antoniana. Il mio intervento non si soffermerà tanto sulla natura ambigua di questi personaggi e non indugerà sul motivo per il quale gli abitanti di un piccolissimo castello della Valnerina, Cerreto di Spoleto, e dei suoi dintorni esercitassero il monopolio della riscossione delle questue, argomenti appro- fonditi già da tempo nella letteratura storica;2 ma, attraverso documenti di recente reperimento e studio, vorrei mettere in luce il ruolo amministrativo che i Cerretani svolgevano per conto dell’ordine e che risulta fondamentale alla luce dei rapporti tra la casa madre, sorta sul finire dell’XI secolo a La Motte-Saint Didier 3 nei pressi di Vienne, le precettorie e i singoli hospitia antoniani. Prima però di focalizzare l’attenzione su questo è necessario indu- giare ancora sui termini “centro” e “periferia” in rapporto alla gerarchia 1. In relazione alla diffusione delle precettorie antoniane si rimanda all’elenco degli insediamenti con riferimento cronologico in I. R u f f i n o, Canonici regolari di S. Agostino di Sant’Antonio, in: Dizionario degli Istituti di Perfezione, II, Roma 1975, coll. 134-141, coll. 136-138 e per una carta relativa agli insediamenti antoniani tra XII e XIII secolo in Oriente si consulti A. M i s c h l e w s k i, Un ordre hospitalier au moyen âge: les chanoines réguliers de Saint-Antoine-en-Viennois, La pierre et l’écrit, Grenoble 1995, carta nr. 12. 2. Questo appare evidente anche nello studio sulla precettoria antoniana di Venezia di Mauro Testolin: in tutta l’area padana orientale, zona evidentemente distante dalla diocesi di Spoleto, i titolari dell’affitto delle questue erano gli abitanti di Cerreto o di Montesanto di Spoleto. Cfr. M. T e s t o l i n, La precettoria veneziana dell’ordine ospedaliero di Sant’Anto- nio di Vienne, tesi di dottorato in “Storia della Chiesa medievale e dei movimenti ereticali” discussa nel 1994 presso l’Università degli studi di Padova, relatori prof. F. Dal Pino e G. De Sandre Gasparini, pp. 121-123. 3. Località poi ribattezzata con il nome di Bourg Saint Antoine. 212 Raffaela Villamena interna delle case antoniane. L’abbazia francese, la cosiddetta Maison de l’aumône, costituiva il fulcro del sistema antoniano sia nel periodo precedente sia in quello successivo all’erezione a ordine canonicale. Tuttavia, in seguito alla grande diffusione degli insediamenti antoniani, per un maggior controllo soprattutto delle entrate in denaro, alcune precettorie acquisirono il grado di “precettorie generali” e il loro abate assunse il compito di coordinare le case subalterne che si trovavano in uno spazio geografico ben determinato. Per- tanto mentre in un primo momento la confraternita-ordine degli Antoniani di Vienne aveva un solo centro, la Maison de l’aumône a Bourg Saint Antoine, alla quale si rapportavano tutti gli altri insediamenti, da metà ‘300 in poi si è potuto assistere all’emergere di centri secondari rispetto alla casa madre, che svolgevano un compito di coordinamento in vece dell’abate viennense. Que- sto mutamento, che corrisponde alla costruzione di una gerarchia interna, è stato riscontrato durante gli studi che ho condotto per il dottorato di ricerca e cercherò di metterlo in luce anche nell’analisi della documentazione che propongo in questo mio contributo. Durante il lavoro compiuto per la tesi di dottorato sugli Antoniani di Vienne, ricerca che si è concentrata sugli insediamenti dell’Italia centrale, con particolare riguardo a Perugia, tra basso medioevo e prima età moderna, ho avuto la possibilità di avvicinarmi a fonti inedite riguardanti questo ordine canonicale, rinvenute in modo del tutto fortuito, com’è il caso del documento del 1315 di cui parlerò in seguito, conservato a Spoleto, oppure fonti di cui era nota l’esistenza ma mai studiate in modo approfondito e sistematico. Mi riferisco in questo caso alla documentazione conservata presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica in Roma. Il fondo antoniano 4 a Roma è un archivio piuttosto composito e disomogeneo costituitosi nei secoli in relazione con le controverse e alterne vicissitudini dell’ordine. Raccoglie infatti 166 unità archivistiche di varia natura (registri, volumina, cartelle e cassette) relative alle località del centro e, in parte, del nord e del sud d’Italia confluite a Roma, per la quasi totalità, nel momento dell’unione degli Antoniani ai Cavalieri di Malta avvenuta nel 1776,5 unione percepita dai canonici come una vera e propria soppressione.6 Quasi tutta la documentazione romana riguarda l’a- 4. Per una breve storia del fondo conservato presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica di Roma si veda R. E n k i n g, L’archivio dell’antico ospedale di Sant’Antonio abate in Roma, Archivio della Società romana di storia patria 40 (1967) pp. 61-99. 5. L’unione ai Cavalieri di Malta è sancita nella bolla Rerum humanarum conditio emanata nel 1776 da Pio VI. Bullarii Romani Continuatio, V, Romae 1842, pp. 204-301. 6. Che il provvedimento fosse avvertito all’interno dell’ordine come una soppressione è ben evidente nei titoli di alcuni tomi e volumina conservati presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica. Si parla infatti di … ordine di sant’Antonio Abate di Vienna in Francia soppresso dalla Santità di Nostro Signore Papa Pio VI …, … abolizione dell’ordine … e … estinto ordine I Cerretani come intermediari degli Antoniani 213 spetto finanziario e perciò, oltre a registri contabili relativi ai beni mobili e immobili dell’ordine, molte testimonianze vertono sull’attività della questua in quanto questa pratica costituiva l’introito primario per il sostentamento degli ospedali e delle case. Da questo mio studio sulle carte antoniane, non certamente esaustivo in rapporto a tutte le dinamiche sottese alla pratica della questua, emergono delle caratteristiche che consentono di delineare diverse tipologie documentarie che hanno come attori i Cerretani: fonti notarili, fonti statutarie e fonti pro- dotte dall’ordine stesso. Le fonti notarili e statutarie sono state riportate da mons. Sensi nei suoi contributi Cerretani e ciarlatani nel secolo XV. Spigolature d’archivio 7 e Dossier sui Cerretani.8 Le fonti notarili recano le testimonianze più disparate: dalle controversie che sfociavano in veri e propri processi giudiziari, alle volontà testamentarie espresse dai Cerretani prima di partire per le zone di raccolta, al subappalto delle questue nelle balie. Le fonti statutarie constano in brani reperiti negli Statuti di Montesanto di Spoleto, altro luogo di origine dei Cerretani, relativi alla questua. Senza dubbio la trattazione di questa materia negli Statuti di Montesanto evidenzia un legame stretto e reciproco tra gli Antoniani e i Cerretani e l’esistenza di un vero e proprio monopolio “territoriale” dell’esazione delle questue che questi ultimi cercavano di sal- vaguardare il più possibile anche ricorrendo a strumenti normativi che potes- sero, in qualche modo, arginare i comportamenti fraudolenti che nuocevano all’“arte” della questua. Le fonti di diretta produzione dell’ordine sono state reperite durante il mio lavoro di analisi del fondo degli Antoniani di Vienne, che si trova, oltre che presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica in Roma, anche nella Sezione separata dell’Archivio di Stato di Spoleto. La documentazione romana, come già accennato, è di natura prevalen- temente finanziaria: vi spiccano i mandati per le questue fatti redigere su pergamene di lunghezza ragguardevole nelle quali è trascritta la formula di affidamento dell’appalto con il nome del locatario e la zona nella quale doveva operare.9 Queste pergamene sono di notevole importanza per le no- Antoniano … Roma, Pontificia Accademia Ecclesiastica (= PAE), Fondo Sant’Antonio, nrr. 40, 41, 60. 7. M. S e n s i, Cerretani e ciarlatani nel secolo XV. Spigolature d’archivio, in I d., Vita di pietà e vita civile di un altopiano tra Umbria e Marche (sec. XI-XVI), Roma 1984, pp. 339-356. 8. M. S e n s i, Dossier sui Cerretani, in I d., Vita di pietà e vita civile (come nota 7) pp. 357-472. 9. La denominazione della balia assegnata per la questua viene ripetuta, per questione di praticità, anche a lato; il tutto con signum e sottoscrizione notarile ad ogni paragrafo. 214 Raffaela Villamena tazioni geografiche e per la suddivisione delle balie di questua, da queste, inoltre, si rinsalda il convincimento che la pratica della questua fosse forte- mente monopolizzata dagli abitanti di Cerreto di Spoleto, Montesanto e Sellano. Il documento che, a mio avviso, è risultato peculiare tra gli altri atti è una pergamena del 1492 che riporta i Capitula et constitutiones questuariorum,10 di cui si fornisce la trascrizione nell’appendice documentaria.