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Sede Amministrativa: Università degli Studi di Padova Dipartimento di Storia delle Arti visive e della Musica SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN : Storia e Critica dei Beni Artistici, Musicali e Dello Spettacolo INDIRIZZO: Storia dell'Arte CICLO: XXII LA CHIESA DEL CARMINE A MILANO NEL RINASCIMENTO Direttore della Scuola: Ch.mo Prof. ROMANI Vittoria Supervisore: Ch.mo Prof. BALLARIN Alessandro Dottorando : Davide Mirabile LA CHIESA DEL CARMINE A MILANO NEL RINASCIMENTO TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI .................................................................................... 6! 1. IL PRIMITIVO INSEDIAMENTO DEI CARMELITANI A MILANO........................................ 7! 2. IL CANTIERE QUATTROCENTESCO............................................................................. 11! 3. IL MONUMENTO FUNEBRE DI ANGELO SIMONETTA................................................... 18! 4. IL MONUMENTO FUNEBRE DI PIETRO FRANCESCO VISCONTI DI SALICETO................ 46! 5. LA NATIVITÀ CON SOGNO DI SAN GIUSEPPE............................................................... 88! 6. L'AFFRESCO CON LA Madonna con il Bambino in trono tra i Santi Rocco e Sebastiano................................................................................................................. 102! BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................... 140! MOSTRE..................................................................................................................... 163! PRESENTAZIONE Lo scopo del presente lavoro è stato quello di ricostruire gli episodi d'arte che hanno interessato la chiesa del Carmine a Milano nel Rinascimento. Il lavoro, inevitabilmente, ha assunto fin da subito una forte connotazione archivistico- documentaria, dal momento che l'edificio, al presente, non conserva che sparute tracce della sua gloriosa fase quattrocentesca e primo-cinquecentesca e che, delle sue attuali dieci cappelle, non ve ne è nessuna che conservi alcunché di rinascimentale, essendo esse tutte da ascrivere ad interventi decorativi posteriori, barocchi, neoclassici e soprattutto neomedievali, quando non ai restauri otto- novecenteschi di Felice Pizzagalli e di Ambrogio Annoni. Il ricorso incrociato alle fonti si è imposto soprattutto nel tentativo di conseguire l'obbiettivo preliminare della ricerca, quello cioè di ripercorrere le vicende salienti del cantiere quattrocentesco e di capire quanto in esso abbiano contato, da una parte, l'iniziativa dei frati, dall'altra, quella dei privati. A questo scopo, obbligato e al contempo prezioso si è rivelato il ricorso reiterato a quattro principali serbatoi di notizie: la secentesca Cronica del Carmine di Milano (1685) di Giuseppe Maria Fornari, fonte primaria e di tradizionale riferimento fino ad oggi per gli studi sul Carmine, il Fondo di Religione e quello notarile conservati presso l'Archivio di Stato di Milano e la raccolta delle iscrizioni delle chiese di Milano di Vincenzo Forcella. Tale approccio, se da un lato ha consentito di formulare nuove ipotesi circa le personalità incaricate della direzione della fabbrica nelle due fasi del 1400-1446 e del 1446-1500, dall'altro ha consentito di integrare e/o correggere le informazioni fornite dal Fornari. Ciò ha fatto emergere importanti episodi di committenza, che dal cronista secentesco erano stati elusi o trattati in modo riduttivo e sommario. Pertanto, dopo una mappatura sistematica e diacronica dei patronati che sono stati di volta in volta esercitati presso le singole cappelle, ho potuto concentrare le ricerche sulle committenze d'arte note (che sono state approfondite) e ignote (che sono state trattate ex novo) di cui si sono resi protagonisti i personaggi e le famiglie titolari di giuspatronato nel contesto della dotazione e decorazione di dette cappelle. Decisivo è stato il ruolo di Angelo Simonetta, consigliere e segretario ducale per conto degli Sforza, zio del più noto Cicco Simonetta. Questi, dopo il crollo occorso alla chiesa nel 1446, è stato il principale fautore della ricostruzione dell'edificio, alla quale ha direttamente contribuito facendo erigere nel 1456 una cappella privata sotto il titolo dell'Annunziata. 1 Un disegno da me ritrovato presso l'Archivio di Stato di Milano, unito allo scandaglio archivistico e all'interrogazione delle fonti della letteratura antiquaria milanese mi ha consentito di formulare una proposta di ricostruzione del monumento funebre a lui innalzato dopo la morte avvenuta nel 1472. Ho altresì ritenuto possibile, sulla base di confronti stilistici a mio avviso stringenti, ascrivere tale monumento a Martino Benzoni, scultore lombardo, solo di recente assurto agli onori delle trattazioni specialistiche, ma destinato a ricevere sempre maggior attenzione, esponente di quella koiné tardo-iacopinesca e proto-umanistica che ha contraddistinto tanta parte della scultura lombarda prima e oltre l'ascesa di Giovanni Antonio Amadeo. Un secondo importante episodio di committenza su cui si è appuntata la mia analisi è stato quello relativo ai Visconti di Saliceto. Alla morte di Pietro Francesco Visconti di Saliceto (1484), la moglie Eufrosina Barbavara, su espressa richiesta testamentaria del marito, commissiona alla ditta degli scultori lombardi Benedetto Briosco e Tommaso Cazzaniga uno splendido monumento funebre, da erigere nella cappella di San Leonardo sul modello di quello della famiglia Della Torre in Santa Maria delle Grazie a Milano: la tipologia è quella, tipica nell'ambito della scultura lombarda della seconda metà del Quattrocento, consistente in un'arca marmorea parallelepipeda, recante sui fronti e sui lati formelle istoriate e sostenuta da pilastri. Il monumento Visconti di Saliceto è stato purtroppo smantellato tra il 1787 e il 1796 e le sue parti sono al presente conservate in diversi musei stranieri, tuttavia dalle fonti e dai documenti sono emerse notizie utili, innanzitutto, a constatare la fedele aderenza della realizzazione finale alle volontà del testatore e a ricostruire idealmente la facies originaria del monumento. Inoltre, si è potuto suggerire cautamente un ancoraggio cronologico dell'opera fra il 1484 e il 1487, anno quest'ultimo nel quale uno dei due scultori, Tommaso Cazzaniga, risulta aver fatto da testimone in un atto rogato presso il capitolo del Carmine. Diversamente, un opuscolo ottocentesco a stampa redatto dallo scultore e decoratore milanese Agostino Gerli ha consentito di individuare in lui, nelle vesti di collezionista e procacciatore di antichità per conto del patriziato lombardo, il primo possessore ai primi dell'Ottocento dei bassorilievi che ornavano l'arca Visconti di Saliceto e di far luce sul suo ruolo di tramite con il successivo possessore dei pezzi, ovvero Alberico di Belgioioso. Il prezioso incartamento conservato presso l'Ufficio esportazione della Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici di Firenze ha consentito invece di far luce sulle intricate vicende, occorse tra il 1927 e il 1928, relative alla dipartita dall'Italia agli Stati Uniti dei bassorilievi che ornavano la cassa, vicende eloquenti, da un lato della scaltrezza e spregiudicatezza dei collezionisti, dall'altra, dell'eccessiva disinvoltura, per non dire compiacenza, degli istituti e dei funzionari allora preposti a sovraintendere al patrimonio artistico nazionale. 2 Fortunatamente ha fatto meno strada il pentittico realizzato da Bernardino Butinone per gli stessi Visconti di Saliceto e destinato a far da pala d'altare nella medesima cappella di San Leonardo, al presente conservato presso la Pinacoteca di Brera a Milano. Di quest'opera, che vede l'artista trevigliese ancora invischiato nella sua matrice padovana e filo-ferrarese, superficialmente attratto dalle novità foppesche e in una fase antecedente all'aggiornamento sulla monumentalità esemplare degli Uomini d'arme del Bramante e alle prove eseguite in accoppiata con Bernardo Zenale [i Santi affrescati nelle navate della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano (sul finire degli anni ottanta) e il polittico di Treviglio (1485-1491)], ho potuto ricostruire i retroscena delle vicende collezionistiche avvenute dopo la soppressione della chiesa e convento del Carmine (1788) (passaggi nelle collezioni di Gaudenzio De Pagave e di Carlo Castelbarco) e riconsiderare la vexata quaestio della datazione, che ha connotato fin dall'origine la fortuna critica del dipinto precludendo una corretta ricostruzione filologica della produzione pittorica del Butinone. Un'ultima opera che è stato possibile, sia pur in modo tentativo, riconnettere a una committenza è l'affresco luinesco rappresentante la Madonna con il Bambino in trono tra i Santi Rocco e Sebastiano, visibile all'altare dell'attuale seconda cappella della navata minore di sinistra. Il sacello, dopo essere stato di patronato dei Grassi, in seguito alla morte di Tommaso Grassi (1480 circa), sembra essere passato alla famiglia Carcano. In relazione all'affresco, ho potuto innanzitutto fugare il dubbio - avanzato da parte della critica - che l'affresco potesse provenire da altrove, per alcuni addirittura dall'esterno della chiesa. In realtà la legenda di una stampa settecentesca conservata alla Raccolta Bertarelli a Milano, riproducente il nostro affresco, informa che esso è stato rinvenuto il 12 giugno 1705 proprio là dove si trova tuttora. L'opera, restaurata in ultimo nel 1966, presenta una pellicola pittorica fortemente compromessa; tuttavia nelle parti ancora leggibili essa appare carica di suggestioni luinesche, fattore quest'ultimo che