La Scultura a Piacenza in Età Sforzesca
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Università degli Studi di Trento Dipartimento di Lettere e Filosofia Scuola di Dottorato in Studi Umanistici Tesi di Dottorato La scultura a Piacenza in età sforzesca Volume I. Testi Tutor: ch.mo prof. Aldo Galli Dottorando: Matteo Facchi XXVII ciclo (2012-2014) 1 Indice 1. Introduzione 1.1 Motivi e metodi di una ricerca.....................................................................................3 1.2 Fortuna critica..............................................................................................................5 1.2 Il quadro storico...........................................................................................................8 2. Piacenza 1450-1521. Il panorama della scultura 2.1 Lineamenti generali...................................................................................................10 2.2 Biografie degli scultori..............................................................................................26 3. Piacenza 1450-1521. I principali cantieri della città 3.1 Cattedrale...................................................................................................................46 3.2 Palazzo Vescovile......................................................................................................55 3.3 San Savino.................................................................................................................59 3.4 Palazzo Landi............................................................................................................69 3.5 San Francesco..........................................................................................................101 3.6 San Sisto..................................................................................................................113 3.7 Monte di Pietà..........................................................................................................129 3.8 Ospedale Grande e San Giuseppe............................................................................131 3.9 San Sepolcro............................................................................................................135 3.10 Palazzo Scotti di Fombio.......................................................................................146 3.11 Palazzo Barattieri...................................................................................................154 3.12 Palazzo Scotti di Castelbosco................................................................................157 3.13 Palazzo Scotti di Agazzano...................................................................................159 3.14 San Giovanni Battista in Canale............................................................................161 3.15 Palazzo Sanseverino d’Aragona............................................................................171 3.16 Santa Maria di Nazareth........................................................................................174 3.17 Sant’Antonino.......................................................................................................179 3.18 Palazzo Rossi della Motta.....................................................................................187 4. Appendice documentaria...............................................................................................189 Bibliografia........................................................................................................................217 2 1. Introduzione 1.1. Motivi e metodi di una ricerca La scelta di studiare la scultura lapidea e fittile a Piacenza in età sforzesca nasce da due considerazioni: la prima è la scarsità di studi dedicata a questi argomenti, la seconda è il desiderio di provare a verificare se, all’integrazione politica del territorio piacentino nel Ducato di Milano (dal 1313 al 1521), corrispondesse e in che misura una cultura figurativa lombarda1. La vicenda storica del territorio piacentino che dopo la perdita dell’autonomia comunale rimane soggetto, con brevi interruzioni, alla signoria dei Visconti e degli Sforza per poi, a partire dal 1545, diventare parte del Ducato farnesiano di Parma e Piacenza seguendone le vicende storiche fino all’incorporazione nella regione Emilia-Romagna, ha fatto sì che gli studi sull’arte lombarda abbiano di fatto dimenticato quest’area. Dall’altra parte gli studi emiliani, già non molto attenti ai fatti piacentini, si sono concentrati in prevalenza sui periodi precedenti e successivi alla dominazione visconteo-sforzesca, in qualche modo ignorando la lunga parentesi lombarda. Queste considerazioni generali valgono sia per quanto riguarda gli studi storici sia per quanto riguarda quelli propriamente storico-artistici ed è tanto più vero per la scultura, tradizionalmente meno studiata della pittura. Fa eccezione a questo quadro generale la scultura lignea che, grazie alla rarità ed elevata qualità di alcuni rilievi presenti nel Piacentino, negli ultimi decenni ha attirato l’attenzione 1 Ringrazio tutte le persone che in vario modo hanno contribuito a questa ricerca: Maria Grazia Albertini Ottolenghi, Andrea Bacchi, Alessandro Barbieri, Massimo Baucia, Paola Bosio, Simone Caldano, Laura Cavazzini, Stefania Del Nero Formenti, Alessandra Galizzi Kroegel, Antonella Gigli, Stefano Margutti, Giulia Mori, Massimo Negri, Stefanie Paulmichl, Federico Pecchenini, Annamaria Piantelli, Marta Piantelli, Susanna Pighi, Nicolò Premi, Alessandro Restelli, Federico Riccobono, Michele Sangaletti, Federica Siddi, Luca Siracusano, Kendra Trombini, Edoardo Villata, Vito Zani, Michela Zurla. Tutto il personale dell’Archivio di Stato di Piacenza, dell’Archivio di Stato di Parma, della Soprintendenza alle Belle Arti e al Paesaggio per le province di Parma e Piacenza, della Biblioteca Comunale Passerini-Landi di Piacenza, del Museo Civico di Piacenza, dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Piacenza-Bobbio, dell’Archivio Storico Diocesano di Piacenza. A questo proposito un ringraziamento va anche a tutti i parroci che con rara cortesia e disponibilità hanno autorizzato e agevolato lo svolgimento della campagna fotografica. Soprattutto desidero, però, ringraziare il professor Aldo Galli a cui va la mia riconoscenza per la pazienza dimostrata e per le attribuzioni che mi ha gentilmente suggerito. Infine, vorrei ricordare Gian Maria Parati, collezionista e cultore di storia e storia dell’arte cremasche e izanesi, scomparso pochi giorni prima della stampa di questa tesi: con la sua passione ha contribuito a salvare e valorizzare, tra le altre cose, alcune sculture fittili dell’oratorio di San Rocco a Izano. 3 degli studiosi2. Per questo motivo si è scelto di concentrare la ricerca sulle sculture lapidee e fittili. Una volta individuate le sculture da studiare, si è proceduto in primo luogo a una schedatura delle stesse lasciandole però all’interno del loro complesso monumentale d’origine o provando a ricostruirlo nel caso in cui questo fosse andato perduto. Questo per due motivi: il primo, ovvio, di tenere conto del contesto per cui le opere erano state pensate, il secondo è dovuto al fatto che la maggior parte di questi edifici manca di studi monografici a cui poter fare riferimento. È stato quindi spesso necessario un lungo lavoro di ricerca bibliografica che raccogliesse i tanti contributi sparsi sui vari edifici per ricostruirne a grandi linee la storia e permettere di capire come l’arredo scultoreo si inserisse in essi. Il fatto di strutturare il lavoro di ricerca sulla base di diciotto complessi monumentali, se da un lato ha lo svantaggio di non seguire l’ordine cronologico nell’esposizione delle opere (comunque ricomposto nel saggio 2.1 Lineamenti generali e 2.2 Biografie degli scultori), dall’altro permette di dare conto in maniera più efficace delle committenze sia nobiliari che ecclesiastiche. Per questo si è scelto di ordinare gli edifici secondo una disposizione topografica che tenesse conto della divisione storica della città nelle aree d’influenza delle quattro squadre nobiliari3, ma soprattutto che accostasse i palazzi nobiliari delle famiglie più strettamente legate fra loro e le chiese che ospitano le rispettive cappelle gentilizie. L’ideale passeggiata per la città prende avvio dalla Cattedrale, perché, come scriveva Leonardo da Vinci, per i forestieri “la principale parte, che per le città si ricerchi, si sono i domi di quelle”4. Si prosegue quindi con il Palazzo Vescovile, poi verso nord-est con gli edifici legati alla committenza Landi (San Savino, il Palazzo Landi, San Francesco), il monastero di San Sito dove si trova una cappella di patronato Arcelli che insieme ai Malvicini Fontana avevano i propri palazzi (oggi perduti) nella zona nord-ovest della città, quindi andando verso sud-ovest l’Ospedale Grande e il monastero di San Sepolcro per passare nella zona dei Palazzi Scotti e dei loro sodali Barattieri facenti capo alla chiesa di San Giovanni in Canale e infine, chiudendo il cerchio verso sud-est, Sant’Antonino centro 2 Fadda 1997, pp. 826-837, 839-841; Guerrini 2002, pp. 3-25; Cavazzini 2004, p. 116; Albertario 20051, p. 168; Raffaele Casciaro, scheda III.16, in Maestri... 2005, pp. 206-207; Davide Gasparotto, scheda III.17 e scheda III.18, in Maestri... 2005, pp. 208-213; Gasparotto-Mori-Ottolini 2004; Guerrini 2005, pp. 55-65; Albertario-Perotti 2010, pp. 129-181; Gasparotto 2010, pp. 31-39. 3 Si veda il paragrafo 1.3. 4 Codice Atlantico, f. 887r (ff. 323r-323v secondo l’antica numerazione). 4 della zona dominata dagli Anguissola (i cui palazzi quattrocenteschi