L’agnazione viscontea nel Rinascimento SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Edoardo Rossetti «In Milano la più degna e nobile fameglia è la Visconta» scriveva nel 1520 l’oratore veneto Gianiacopo Caroldo. Quella che rimaneva, nonostante l’estinzione del ramo ducale, la più importante agnazione di Milano non è stata sinora adeguatamente studiata, né nella geografia castel- lana delle sue numerose signorie, né nelle articolazioni delle sue iniziative politiche, né nella sua presenza culturale nello stato di Milano. È specialmente su quest’ultimo as- petto che si incentra questo volume. Attraverso un’ampia ricerca archivistica e iconografica largamente inedita ven- gono ricostruiti importanti episodi di committenza delle famiglie principali della parentela viscontea che si intrec- ciano a comporre una politica artistica di ampio respiro, tale da incidere profondamente sul territorio: da Milano a Somma Lombardo, da Pallanza a Brignano, da Vignate a Santa Maria del Monte sopra Varese.

Edoardo Rossetti (Varese, 1979) si è laureato nel 2006 in Storia presso l’Università degli Studi di Milano è autore di numerosi saggi sulla storia politica, sociale, artistica e cul- turale del Rinascimento lombardo; coordina la collana Scaglie d’archivio dell’Archivio di Stato di Milano, per la quale ha curato il volume Squarci d’interni.

FESR Fondo europeo di sviluppo regionale - Le opportunità non hanno confini Sotto il segno della vipera In copertina Gian Cristoforo Romano e collaboratori, riceve la signoria di Milano, particolare del Monumento funebre di Gian Galeazzo Visconti, Certosa di Pavia, 1492-1497 circa

Il volume è stato pubblicato con il contributo FESR Fondo europeo di sviluppo regionale Le opportunità non hanno confini

Capofila italiano Comune di Somma Lombardo

Capofila svizzero Bellinzona Turismo

Partner di progetto Regione Lombardia Memoria & Progetto Giroscopio, Cultura e Impresa Nexo Cattaneo Paolo Grafiche

Comitato scientifico Memoria & Progetto Lombardia nel Rinascimento

Realizzazione editoriale Credits Nexo, Milano Milano, , Fototeca Torino, Archivio Fotografico della Soprintendenza Coordinamento per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Ornella Marcolongo, Maria Angela Previtera Piemonte Redazione Elena Isella Le immagini e l’elaborazione della ricostruzione Impaginazione topografica sono state fornite dall’autore. Valentina Zanaboni Webmaster Rossella Savio

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© 2013 Nexo © 2013 Castelli del ducato FESR Fondo europeo di sviluppo regionale - Le opportunità non hanno confini

SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA L’agnazione viscontea nel Rinascimento episodi di una committenza di famiglie (1480-1520)

Edoardo Rossetti Leggere la carta topografica di una città è affascinante, ancor più se la città è la tua, perché costruita nel tempo e maestra dell’uomo, spazio fisico e sito di tutte le vicen- de umane. La mia città ne contiene diverse: quella storica, quella industriale, quella delle aree centrali, quella consolidata, quella che si sta oggi formando, la città fiume, la città aeroporto, quella del commercio e quella dei servizi. In questo sovrapporsi di città, un’opera d’arte si impone per la sua mole possente, per la purezza delle sue linee, per il suo aspetto massiccio, mirabile espressione di un’epoca di lotte cruente, di odi spietati, di implacabili rivalità, luogo dominante tra Milano e Domodossola. Mano nella mano con mio padre ho attraversato per la prima volta il rivellino nel- l’anno 1963, per essere inghiottito dal cortile degli armigeri e da quel contrappun- to poetico che emoziona voltando lo sguardo a destra verso il portico trecentesco e a sinistra verso il cieco muro, ancor più oggi, per la presenza di due imponenti sta- tue dell’amico Giancarlo Sangregorio. Mio padre che sapeva di greco e latino, mi illustrava i capitelli, le forme e le imma- gini scolpite sino a quella declinazione “la vipera che il milanese accampa” che poi ho imparato ad amare in quella Divina Commedia che tocca ogni parte della vita e fa uso della discordia e del conflitto, dell’irrazionalità non meno che della ragione, delle esistenze ed essenze immateriali non meno che delle formulazioni logiche. La vita, è stato detto più volte, imita la letteratura; così è la storia di questa grande famiglia che ne ha abitato le mura dal vessillo verde e bianco con in campo la vipe- ra longobarda. Ludwig, infelice e impossibile sovrano di Baviera, non desiderava che i suoi castel- li fossero eterni; una volta disse che dopo la sua morte bisognava farli saltare in aria, per preservarli da ogni profanazione del rozzo mondo esterno. Don Gabrio dei Visconti di San Vito con una consapevolezza più audace di quella che occorre per innovare un linguaggio poetico o per escogitare un racconto, ha dato respiro alla Fondazione che porta il nome dell’illustre Suo Casato e ha aperto quelle possenti mura alla mia Città. Un grazie al prezioso lavoro di Edoardo Rossetti, ricercatore attento e prezioso di una storia che ci appartiene e ci nobilita verso un futuro consapevole e migliore.

Guido Pietro Colombo sindaco di Somma Lombardo Bellinzona vanta un secolare legame con Milano e il ducato visconteo-sforzesco. È stata baluardo contro le truppe svizzere che si affollavano ai confini del ducato fin dal Trecento, assolvendo in modo magistrale il suo compito di barriera difensiva. Proprio per questa ragione sono stati costruiti i tre castelli, che sono serviti da pro- tezione della città e del contado contro le incursioni dei bellicosi vicini. Nel corso del tempo i castelli hanno perso il loro significato di protezione contro le soldatesche nemiche, per diventare all’inizio degli anni sessanta, in seguito agli scavi e ai successivi restauri condotti dal 1967, un punto nodale dell’offerta turistica del Cantone e di Bellinzona. I restauri hanno reso alla città un gioiello di architettura militare, creando un vero e proprio polo turistico, che attira milioni di visitatori ogni anno. Proprio per questo Bellinzona Turismo ha aderito al progetto interreg Castelli del ducato, riportando all’attenzione del grande pubblico una storia forse un po’ dimenticata. Attraverso la rete di castelli, che si snoda tra Lombardia e Canton Ticino e lungo il percorso tra la città ai confini dell’antico ducato e la “capitale” Milano, Bellinzona Turismo ha voluto rafforzare il suo legame secolare con la Lombardia, valorizzan- do le antiche e nuove relazioni tra Italia e Svizzera. Il progetto Castelli del ducato costituisce quindi un importante tassello per la com- prensione dei collegamenti tra le due città e contribuisce alla consapevolezza della loro interdipendenza, antica di secoli. La storia delle relazioni tra la famiglia Visconti e la città di Bellinzona si innesta sullo sviluppo di quella politica dell’immagine, della valorizzazione del prestigio dinastico, in cui le famiglie Visconti e Sforza furono maestre. Proprio a questa qualità di politica, Bellinzona Turismo si è voluta richiamare, dimostrando, con la partecipazione come capofila svizzero al progetto interreg Castelli del ducato, come sia importante, a fronte degli sviluppi del turismo interna- zionale, portare alla luce antichi valori e nuove competenze, esaltando il fatto in Europa, segno di qualità e di appartenenza, di realizzazione colma di storia e di pre- stigio. Prestigio che non conosce confini e si è ormai affermato nel mondo intero, avendo come esempio e come punto di inizio proprio le committenze visconteo- sforzesche nel periodo tra Quattrocento e Cinquecento.

Flavia Marone presidente dell’Ente turistico di Bellinzona e dintorni Questo lavoro di Edoardo Rossetti è uno studio ricco e innovativo, solidamente fon- dato su un’ampia bibliografia e una ancora più ampia e originale ricerca di prima mano in tutti gli archivi ad oggi raggiungibili: di notai, di famiglie e di governo, di istituzioni ecclesiastiche e di confraternite devozionali e caritative. Di qui un’abbon- dante messe di elementi, infinitesimali tessere di puzzles che l’autore è riuscito a inca- strare con attenzione e fantasia componendo quadri concatenati e ricchi di senso. Gli “episodi di committenza” sono situati nei loro ampi contesti sociali e culturali. Con una sapiente costruzione si mettono a fuoco, capitolo dopo capitolo, temi cru- ciali della storia sociale e culturale del Rinascimento milanese. Senza teorizzazioni, ma entrando in medias res, si affronta subito un aspetto nodale della storia sociale lombarda: caratteri e valori della grande aristocrazia milanese. Si parte dunque con l’agnazione viscontea: e soltanto in questa prospettiva entrano in questo libro i Visconti signori e poi duchi di Milano, che di questa agnazione diventeranno in età moderna quasi gli eroi fondatori, una sorta di patrimonio comune della memoria. A dispetto dei dubbi avanzati dagli storici l’agnazione, o meglio l’agnazione viscon- tea, esiste, attraverso il cognome, i miti delle origini – le “genealogie incredibili”– e le insegne, quel segno della vipera di cui «tota parentela Vicecomitum feliciter usa est usque in praesentem diem» (Galvano Fiamma): i simboli e i miti che costituisco- no la concretezza di questo elusivo legame. La successiva messa a fuoco riguarda il modello di committenza comune all’agnazione viscontea (e non solo: possiamo dire comune all’aristocrazia e al patriziato milanesi): dal cognome e dall’insegna al dop- pio registro della tomba e della committenza urbane e delle chiese castrensi o cam- pestri. I capitoli successivi registrano il progressivo differenziarsi dei rami principa- li; le tombe di Sant’Eustorgio nel corso del Rinascimento verranno in parte abban- donate con l’apertura di nuovi “cantieri”: a Sant’Angelo francescano osservante, a Santa Maria della Pace amadeita, a San Maurizio benedettino. Protagonisti di questa differenziazione una dozzina di personaggi, che attraverso l’analisi di committenze rivolte a spazi sacri e profani, dimore dei vivi e dei morti – domus, ville di campagna e sepolture –, affreschi, teleri, sculture lignee e marmoree alla maniera “moderna” tardogotica e alla maniera “antica” e più aggiornata, sino a Bramante (dieci anni prima di Ludovico il Moro!) e a Bramantino, acquistano una corposità e una concretezza assai superiori a quelle consentite da studi più arida- mente prosopografici. E ciascuno di questi episodi di committenza aristocratica viscontea viene connesso ad altri “episodi” milanesi, lombardi e italiani – da Cicco Simonetta ai Gonzaga al papa Innocenzo VIII – veri e propri nodi cruciali nell’evo- luzione del gusto e perché no delle mode, in un’agile corsa attraverso i decenni che ci porta, di flash back in anticipazioni, ben al di là dei limiti cronologici dichiarati dal titolo, agli anni cinquanta del XV secolo da un lato e alla piena età moderna dal- l’altro, mantenendo tuttavia il terzo decennio del XVI secolo come l’estremo limite della fioritura di questa particolare aristocrazia.

Letizia Arcangeli, Giorgio Chittolini Università degli studi di Milano Con la modestia e il fare compassato degni di uno studioso d’altri tempi, Edoardo Rosset- ti, che pure appartiene alla generazione più giovane degli storici di oggi, compie in questo volume un affondo spettacolare nella storia culturale e delle committenze artistiche a Mila- no tra la seconda metà del Quattrocento e il primo quarto del secolo seguente. Il libro segue la traccia delle iniziative della famiglia Visconti, ma già dalla prima pagina il lettore è con- frontato alla tessitura di una rete di rapporti dinastici, di interessi o di conflitti di potere, di insediamenti e di appropriazioni di luoghi di culto o di sepoltura che si fonde progressiva- mente nella storia viva e mutevole della città. Documenti archivistici di varia natura, richia- mati per la prima volta a raccontare storie ormai lontane nel tempo, costituiscono i tasselli di un mosaico in cui scelte di gusto e di immagine si saldano senza forzature alle vicende politiche, economiche, urbane del tempo. A questo modo di indagare i fatti e di restituirli collegati tra di loro con una scrittura piana e cordiale è difficile attribuire una precisa casel- la di campo; i confini di competenza tra i vari settori della disciplina si sono sgretolati e Ros- setti si muove, con la naturale autorità di chi dispone di un rapporto confidenziale e sicuro con le proprie fonti, tra storia dell’arte, storia dinastica, storia degli insediamenti urbani, sto- ria politica nella accezione più larga del termine: i tempi in cui le incursioni in aree diverse dalla propria suscitavano reazioni e dibattiti senza fine sembrano oggi incredibilmente lon- tani (eppure la prima edizione di Indagini su Piero di Carlo Ginzburg risale solo al 1981). Il libro di Rossetti è in un certo senso un libro di fantasmi, cioè di opere perdute o di opere volute ma mai condotte a compimento di cui si era persa la memoria. Accanto alle Storie di della cosiddetta “Sala di giustizia” della rocca di è così riesuma- to il ricordo di un ciclo di pitture murali destinato a illustrare le mitiche origini della fami- glia, secondo una volontà di esaltazione dinastica che non scemerà neppure quando i Visconti cederanno agli Sforza le chiavi del comando sulla città di Milano e sul territorio. Negli anni dello sfacelo politico del ducato, tra dominazioni francesi, restaurazioni sforze- sche e occupazioni militari, Galeazzo Visconti (uno dei figli di Gaspare Ambrogio, poeta, amico e committente di Bramante) dispone di essere sepolto nell’imponente monumento funebre trecentesco dell’avo Stefano, in Sant’Eustorgio a Milano; negli stessi anni (1516) lo stesso Galeazzo immaginerà il rifacimento del ciborio paleocristiano di Sant’Ambrogio conservandone le colonne di porfido ma facendo rappresentare su di una delle facce la vit- toria conseguita da (ancora un antenato illustre) a Parabiago. In questa e in altre iniziative, rimaste fortunatamente solo sulla carta, Rossetti legge giustamente non solo una presa di posizione polemica nei confronti degli occupanti, ma anche il segno di un precoce interesse per i monumenti medievali, destinati ad essere chiamati a testimonia- re, qualche decennio più tardi, l’antichità delle famiglie e la storia della città. Gli artisti sono direttamente coinvolti in questo processo contrastato e discontinuo di rina- scita e di conservazione. In parallelo alla difficile geografia politica dei “partiti” e delle fazio- ni nelle quali si divide il corpo sociale di Milano, emergono nel libro vere e proprie aggrega- zioni di pittori, scultori, orefici, ricamatori e architetti, i cui interventi consentono di traccia- re, forse per la prima volta in modo motivato e senza determinismi preconcetti, una vera sto- ria sociale dell’arte. Dalla decorazione dei palazzi di città (tra cui quello del segretario duca- le Cicco Simonetta, prospettato come uno dei primi interlocutori di Donato Bramante a Milano), alle “cascine” di campagna dei nobili milanesi, alle fondazioni religiose promosse nei territori infeudati, Rossetti delinea una geografia di committenze e di cantieri che consen- te di restituire finalmente al proprio contesto opere e frammenti fino ad oggi “dispersi”. Mauro Natale Université de Genève Sommario

10 Premessa

13 Simboli e miti di un casato: note tra immagini di storie

21 Antefatti: tra sacelli urbani e oratori campestri

27 Tra spazi vecchi e nuovi: l’esemplare committenza aristocratica di francesco Bernardino Visconti

39 Sulle ceneri della domus di Cicco Simonetta: Bramante e Gaspare Ambrogio Visconti

50 Un’ancona indorata per Somma Lombardo e la bottega milanese di Antonio Raimondi

60 Il problema di Sant’Angelo Vecchio e di Bramantino

75 I figli di Gaspare Ambrogio Visconti: conservare la memoria di famiglia

84 I Visconti di Somma Lombardo committenti di Bernardino Luini al Monastero Maggiore Nel 1975, in apertura al suo famoso saggio Patriziato e nobiltà: il caso veronese (ora lo si legge nel volume Città italiana e città europea. Ricerche storiche, a cura di Marco Folin, Reggio Emilia 2010, pp. 179-204), Marino Berengo affermava che «sulle famiglie nobili, sulle loro tradizioni, la loro cultura, il loro patrimonio, e infi- ne sulla natura stessa del loro peso nella vita pubblica, sappiamo ancora poco; non di più, in complesso, di quanto i genealogisti e gli eruditi sei e settecenteschi ci ave- vano già detto». Osservazione di fatto ancora valida per gli studi storici e storico-artistici italiani, e in particolare per l’area milanese. Anche se non sono mancati, specie negli ultimi anni, affondi ampi sulle consorterie della città ambrosiana – si pensi ai lavori stori- ci di Letizia Arcangeli sui Trivulzio, a quelli di Franca Leverotti sui Marliani, o sul fronte artistico agli studi di Stefania Buganza per i Borromeo e di Rossana Sacchi per gli Stampa – le notizie a cui si deve fare riferimento per lo studio delle famiglie gravitanti su Milano sono ancora quelle scarne e a volte poco accurate di Pompeo Litta o quelle spesso più generose raccolte da Felice Calvi. I Visconti non sfuggono a queste mancanze. Anzi per quella che è di fatto la prima agnazione di Milano il vuoto di studi complessivi risulta ancora più marcato. Schiacciati dal peso assegnato ai potenti parenti signori della città – e in vero anche su di loro i lavori sembrano stagnare a qualche stagione storiografica passata (novi- tà almeno sul fronte della committenza arrivano ora dagli studi di Stefania Bugan- za e Serena Romano, e si attende il lavoro di Federica Cengarle sulla concezione del potere dei signori di Milano, mentre Nadia Covini sta organizzando un convegno sul ducato di Filippo Maria) – i vari membri del casato visconteo galleggiano in un limbo che ha attirato solo parzialmente l’attenzione degli studiosi. Sono comunque riferimenti per comprendere l’ampiezza dell’agnazione, che vira dai grandi genti- luomini di Lombardia ai provinciali abitanti del Seprio e del Vergane, i quadri trac- ciati da Nadia Covini (L’esercito del duca), Letizia Arcangeli (Ludovico tiranno?) o Federico Del Tredici (nei percorsi castellani del progetto Castelli del ducato). Riprendere la ricerca su vari rami del casato visconteo non ha ovviamente il mero scopo di ritracciare genealogie o di creare biografie, ma sul solco di quanto scritto da Berengo, la necessaria motivazione di dare tridimensionalità, di mettere tendini e carne sullo scheletro dell’ancora sfuggente aristocrazia lombarda. Analizzare la committenza artistica di un casato sembra una delle vie migliori per comprenderne la capacità di movimento e il grado di prestigio. L’utilizzo di culture, immagini e simboli nell’autorappresentazione del proprio potere da parte dei membri più emi- nenti dell’agnazione permette addirittura di comprendere il loro ruolo guida in accordo o contrasto con la corte ducale all’interno della società milanese. Se spesso è arduo tracciare i passaggi di una committenza famigliare, è ancora più complesso definire i contorni del mecenatismo di un’agnazione come quella viscon- tea che includeva a fine Quattrocento un numero notevole di nuclei famigliari for- temente differenziati tra loro, sia socialmente che culturalmente, annoverando addi- rittura fra le proprie fila almeno un paio di artisti. Quanto si presenta in questa sede non può essere che un lavoro preliminare: una serie di quadri che tentano di deli- neare, non tanto la forma di un univoco indirizzo di una committenza parentale, ma una serie di episodi chiave per sottolineare innanzitutto il rapporto dell’aristocrazia milanese con il mondo degli artisti del ducato sforzesco. Gli eventi ricostruiti per- corrono un quarantennio di storia (1480-1520) segnato da una serie di svolte e

10 maturazioni di gusti, stili e tendenze ai quali l’agnazione viscontea con le proprie scelte resta tutt’altro che estranea, anzi sembra assumere in alcuni casi un ruolo guida tra cesure e svolte. Ci si sofferma di fatto su episodi legati alle committenze dei rami principali del casato (Brignano, Somma Lombardo e Cassano Magnago- Breme) finendo per far troneggiare tre specifiche figure: l’aristocratico militare Francesco Bernardino signore di Brignano (circa 1440-1504), il «venerando patri- zio» e giurista Battista signore di Agnadello e Somma (circa 1445-1516), il “baro- ne” letterato Gaspare Ambrogio (circa 1460-1499). Emerge la straordinaria capaci- tà di azione di questi aristocratici componenti del casato visconteo nell’estendere il raggio del proprio patronage a diverse aree del ducato, ciascuno muovendo artisti da un capo all’altro del complesso sistema di proprietà, signorie di fatto e domini feudali: dalla periferia alla capitale e viceversa, da Treviglio a Milano, da Milano a Varese, da Gallarate alla Lomellina, da Somma Lombardo alla Brianza, da Cassano Magnago al Pavese. La scelta di evidenziare alcune emergenze maggiori (in gran parte completamente ignorate dagli studi) esclude di fatto una serie di altre vicen- de più o meno minori e più o meno significative. Nelle note si rende conto di alcu- ne di queste occorrenze, trascurandone comunque inevitabilmente altre, che riguar- dano i rami di Invorio, Massino, Castelletto-Aragona e di vari Visconti «salvatichi» ancora tutte da contestualizzare.

Edoardo Rossetti

Per i suggerimenti, i pareri, le preziose segnalazioni e la lettura delle bozze un sentito grazie va a Letizia Arcangeli, Stefania Buganza, Carlo Cairati, Giorgio Chittolini, Mauro Natale e Rossana Sacchi. Si desidera inoltre ringraziare Marco Albertario, Laura Andreozzi, Maria Pia Bortolotti, Maria Teresa Binaghi Olivari, Lara Calderari, Nadia Carrisi, Federica Cengarle, Giuseppe Chiesi, Nadia Covini, Federico Del Tredi- ci, Matteo Di Tullio, Davide Dozio, Corinna Tania Gallori, Monica Ibsen, Silvio Leydi, Franca Leverotti, Davide Mirabile, Alessandro Morandotti, Paolo Origgi, Paolo Ostinelli, Alba Osimo, Federica Panzeri, Cristina Quattrini, Francesco Repi- shti, Serena Romano, e tutto il personale dell’Archivio di Stato di Milano.

11 Simboli e miti di un casato: note tra immagini di storie

Nel descrivere la quadreria di ritratti raccolta in Castiglione Olona da Gian Giacomo Castiglioni, Antonio Beffa Negrini rammentava che il nobile milanese «tutto questo fece ad imitazione de’ signori Visconti, i quali essi ancora haveva- no fatto dipingere i loro antecessori nel castello d’Angiera»1. Si tratta dell’unica attestazione di un precoce progetto decorativo relativo alla rappresentazione en- comiastica di uomini di casa Visconti e di un dato generalmente trascurato nelle disamine relative alla Rocca d’Angera2. Nel castello abbarbicato sullo sperone roc- cioso del basso Verbano non doveva esistere dunque solo il celebrato ciclo di sto- ria dipinta che ancora si conserva nella cosiddetta sala della Giustizia, anch’esso inneggiante alle glorie della famiglia Visconti, ma tutto giocato (non senza qual- che accenno fatalistico all’altalenante imperio della Fortuna) sul ruolo pacificato- re dell’arcivescovo Ottone nell’assumere finalmente il proprio incarico di signore e guida pastorale della città ambrosiana3. Con queste sequenze storiche in pittu- ra, il ciclo genealogico doveva comunque armonizzarsi nel comune intento cele- brativo della casata che assumeva il dominio del Milanese e fagocitava tra i pro- pri beni l’antica rocca arcivescovile. Se la raccolta di immagini degli antenati del Castiglioni – per quanto traman- dato dalla tarda, ma ben informata fonte – era legata essenzialmente alla memo- ria del ramo del casato proprio di Gian Giacomo (una quadreria di famiglia in senso più stretto dunque) con un occhio di riguardo alla contemporaneità e for- se a un desiderio di rimarcare la legittima appartenenza a un mondo di nobiltà

13 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

culturale che si era fatto europeo4, nulla si conosce delle scelte iconografiche del- la viscontea galleria di Angera. Difficile stabilire perfino in quale ala dell’edificio potesse trovare posto la carrellata dei ritratti, anche se forse non troppo lontano dalla sala della Giustizia. Sorge comunque il sospetto che nel novero delle figure affrescate alla rocca fossero presenti i mitici antenati (gli «antecessori») della schiat- ta viscontea. Non era mancata infatti, a sostenere la difficile gestazione e nascita della signoria viscontea sul Milanese, la creazione di una serie di leggende utili a legittimare la presa di potere della famiglia sulla città e sul contado5. Così, probabilmente sul chiudersi del XIII secolo o meglio al principio del XIV secolo, negli ambienti domenicani di Sant’Eustorgio vicini alla famiglia Vi- sconti si formava la fabula di Aliono figlio di Millio, conte de Inglexio (ovvero de Angleria), re d’Italia nel 606, direttamente imparentato con Desiderio e i re lon- gobardi, ma anche con Berengario, tutti progenitori della schiatta viscontea. A questi miti, coagulatisi nella cosiddetta Chronica Danielis6, Galvano Fiamma (fra- te domenicano e cappellano dell’arcivescovo Giovanni Visconti)7 diede grande eco e aggiunse a ritroso altre «genealogie incredibili» facendo risalire i conti di An- gera ad Anglo troiano, amico di Enea, imparentando nel contempo i Visconti an- che con i romani Colonna e i genovesi Fieschi8. Il terreno era pronto per il suc- cessivo balzo nobilitante: il 20 ottobre 1402, nell’orazione per il defunto duca Gian Galeazzo Visconti, l’agostiniano Pietro da Castelletto (verrebbe voglia di pen- sare Castelletto Ticino, terra viscontea) raccoglieva l’eredità di leggende createsi nel secolo appena chiuso affermando che il primo duca di Milano e conte di An- gera – e con esso tutta la schiatta di inquieti parenti presenti in massa alla ceri- monia, pronti a insidiare il potere della duchessa Caterina – discendeva da «An- glus filius Ascanii, filii Aeneae, filii Anchisis ex Venere juniore filia Jovis» fonda- tore di Angera9. Si creava così un collegamento diretto tra i Visconti e la roma- nità tale da considerare la gens viscontea “cugina” della gens julia, ma anche, per restare nell’ambito di convenienti collegamenti con la contemporaneità, “cugina” dei re d’Inghilterra10. Sulle pareti del castello di Angera potevano dunque trova- re spazio proprio le rappresentazioni di Giove, Venere, Anchise, Enea, Ascanio, Aglo e giù fino ai conti di Angera, Millio, Aliono, con Desiderio e i re longobardi e infine i più “recenti” Visconti oppositori degli imperatori teutonici (Eriprando) o conquistatori del Santo Sepolcro (Ottone). Forse si trattava di una trasposizio- ne ad affresco della genealogia viscontea miniata nel 1403 da Michelino da Be- sozzo proprio per l’Ordo funeris di Gian Galeazzo Visconti (Parigi, Bibliothéque

14 SIMBOLI E MITI DI UN CASATO

Nationale, ms. lat. 5888). Qui il pittore, seguendo il testo di Pietro da Castellet- to, apriva l’elenco figurato con Giove che benediceva l’unione di Anchise e Ve- nere; nei clipei alternati a cartigli lungo il tronco di una quercia i re «antecesso- ri» rappresentati in elegante monocromo su fondo dorato non mancavano di am- miccare alla tradizione figurativa dei bassorilievi e della monetizzazione antica11. Se esisteva veramente una relazione tra genealogia miniata e affrescata la com- missione dei ritratti angeresi poteva essere stata una delle opere patrocinate dal- la politica artistica di Gian Galeazzo Visconti. Proprio dopo la morte del primo duca la gestione viscontea della rocca sul Verbano sfuggì gradualmente al con- trollo della corte finendo poco a poco nell’orbita di alcuni agnati e poi definiti- vamente nel patrimonio Borromeo (1449)12. Attraverso le mitiche figure di Eriprando e Ottone, la costruzione genealogi- ca dell’origine dei Visconti andò a intersecarsi con le altrettanto mitizzate origini dell’emblema famigliare: la famosa vipera che come segnalava Galvano Fiamma (proponendo la leggenda del crociato Ottone Visconti che strappa in duello lo stemma a un saraceno) «tota parentela Vicecomitum feliciter usa est usque in prae- sentem diem»13. Le fortune del simbolo sono state recentemente ed efficacemen- te esaminate da Massimo Giannini, al lavoro del quale si rimanda per una tratta- zione dell’argomento e la relativa bibliografia14. La costruzione mitologica trovò però proprio in relazione alla genesi dell’emblema famigliare le prime critiche e incrinature. Tristano Calco nel continuare l’opera interrotta (1496) di Giorgio Me- rula contestò sia le leggende relative all’acquisizione viscontea del , sia le mitiche genealogie della famiglia15. Benché l’opera del Calco non trovasse edizio- ne prima del 1627, riflessi di un nuovo atteggiamento verso queste costruzioni po- trebbero intravedersi anche nel De Paulo e Daria amanti (1495) di Gaspare Am- brogio Visconti. Sebbene il poeta sposi le encomiastiche leggende sul proprio ca- sato, duello di Ottone Visconti con il saraceno incluso, nel suo «romanzo citta- dino»16 sembra registrare significativi dubbi sulle origini della vipera (a parlare è Pagano della Torre nel capitale brano del dialogo attorno alla poesia):

Portano hor per insegna un gran colubro, il quale non senza partial misterio cum acto acerbo mangia uno homo rubro: et per non dire obscuro come in Delpho dicon la bisca devorare un guelpho17.

15 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Oltre a introdurre la singolare variante di identificazione dell’uomo (o bambino) rosso che esce dalla bocca del serpe in un guelfo, il Visconti usa espressioni come «non senza partial misterio», «obscuro», «dicon» in riferimento alle tradizioni rac- colte. Se pur espressi da un personaggio che nella finzione narrativa ha in odio la famiglia del poeta, questi dubbiosi accenni aprono interessanti spiragli sulla reale per- cezione della questione al chiudersi del XV secolo. Ma d’altra parte, a corte, tutto il peso della genealogia mitologica continuò a essere rinnovato nell’intitolazione dei duchi nei documenti ufficiali – gli Sforza continuarono a portare l’appellativo conti di Angera ottenuto ufficialmente da Gian Galeazzo Visconti – e ritornò prepotente- mente a fine secolo (1497) quando la piccola comunità di Angera fu eretta in città e strappata temporaneamente ai Borromeo per volere di Ludovico il Moro18. È comunque l’accezione longobarda dell’ascendenza viscontea ad avere avuto un maggiore e durevole successo. Lo attestano vistosamente la scelta di Galeazzo II per l’edificazione del suo regio castello-palazzo in Pavia, già capitale longobar- da19, così come la presenza del ritratto di Matteo Magno in purpurea veste da vi- cario imperiale nella longobarda chiesa di San Giovanni Battista a Monza20, ma an- che l’investimento iconografico messo in opera per sempre nel Duomo di . Qui nella cappella di Teodolinda, snodate in quarantacinque capitoli seguendo in parte l’Historia Langobardorum di Paolo Diacono e in parte le trecentesche leggende di Bonincontro Morigia (altro nome legato alle terre verba- nesi del casato)21, le storie dipinte dagli Zavattari presentano una conclusione (ne- gli ultimi quattro riquadri) che pone in rilievo la profezia di un eremita tarantino all’imperatore Costante relativa alla sopravvivenza del regno longobardo sotto la pro- tezione di san Giovanni Battista. Nell’arco di ingresso alla cappella, gli affreschi di bottega piemontese rappresentano invece Teodolinda e i re longobardi inginocchiati davanti a san Giovanni Battista e alle spalle una genealogia dipinta che arriva – co- me poteva essere anche ad Angera – ai Visconti eredi del governo lombardo: un ri- ferimento alla continuità tra regalità longobarda e stirpe viscontea22. Ancora in epo- ca francese (circa 1508), nella stessa chiesa monzese si metteva in scena, sulle ante esterne dell’organo, un altro capitolo mirabilmente scorciato del rapporto privile- giato di un Visconti, l’arcivescovo Giovanni, con la basilica longobarda23. E non si può sottovalutare la presenza tra le reliquie della cappella di Pavia, fortemente vo- luta da quel Galeazzo Maria Sforza ideale continuatore del sogno regio del bisnonno primo duca Visconti, di quel «osso sancti Desiderii regis» che apre un ulteriore spi- raglio sulla fortuna della genealogia longobarda di casa Visconti24.

16 SIMBOLI E MITI DI UN CASATO

Scomparsa la corte visconteo-sforzesca, tornata Angera ai Borromeo e archi- viata in secondo piano l’ascendenza “troiana”, continuò comunque ad essere og- getto di attenzione la discendenza dai longobardi della famiglia; questo verosi- milmente proprio tra i vari membri dell’agnazione che ereditarono completamen- te, spenti i “maggiori” del casato visconteo, l’eredità del patrimonio culturale e immateriale dei Visconti. Ad attestarlo soccorre la fonte indiretta di una novella bandelliana: un termometro utilissimo nel cogliere il tono delle discussioni mila- nesi sulla nobiltà. Narrata dal preposto di Viboldone Ludovico Landriani, pro- prio in casa di un Visconti, l’Alfonso di Saliceto figlio di Pier Francesco25, diret- to discendente da Bernabò signore di Milano, la Novella diciottesima della terza parte, quella relativa ai fatti della regina Rosmunda, conserva un significativo esor- dio per testare la percezione degli agnati Visconti (e con essi di una buona par- te degli aristocratici signori di Lombardia) in relazione alle proprie origini:

La bellissima e veneranda antica scrittura in autentica forma compilata che qui ha il signor Gian Lodovico di Cortemaggiore, marchese Pallavicino, fatta leggere, ove chiaramente si comprende la sua nobilissima schiatta dei marchesi Pallavicini esser dai longobardi discesa – che non solamente in Lombardia le più onorate famiglie hanno generate, come sono i nostri Vesconti, noi Landriani, Vicedomini, Valvassori, Cattanii e altre assai, e in Toscana i marchesi Malaspini, e in Friuli i Savorgnani e medesimamente i conti da Canossa, dei quali fu la gloriosa contessa Matelda, in Toscana e in Lombardia e nel Patrimonio potentissima, ed altresì la casa da Este; ma per tutta Italia sparsero in molte schiatte i semi de la loro nobiltà26.

Oltre a confermare l’esistenza precoce di archivi aristocratici contenenti non solo copie di carte correnti utili all’amministrazione delle proprietà e giurisdizio- ni, ma anche ad attestare la nobiltà del casato, la novella certifica la piana accet- tazione dell’aristocrazia lombarda di una propria comune ascendenza longobarda. D’altra parte, ancora un Castiglioni, il celebre cardinale Branda aveva voluto – complice il colto cancelliere moravo Giovanni da Olmütz – che accanto alle sue ossa fosse posto un proprio curriculum vitae con un incipit di presentazione ri- marcante le origini longobarde27. Mentre stigmatizzava il ruolo dell’aristocrazia italiana (compresa quella di “Lom-

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bardia” che si autodefiniva erede dei longobardi)28, come è noto, Machiavelli av- viava suo malgrado uno dei capitoli più vivaci della storiografia italica sostenendo il ruolo potenzialmente positivo che la gens longobarda («già quasi re di tutta Ita- lia»), ormai integrata nel tessuto sociale italiano («non ritenevano di forestieri altro che il nome»), avrebbe potuto esercitare se non fosse stata scacciata dai franchi so- stenitori dei pontefici romani29. Questa visione positiva dei longobardi, che aveva- no sparso «semi de la loro nobiltà» per tutta la penisola, non era ovviamente solo un’esclusiva opinione del fiorentino (già il Villani e il Biondo si erano espressi in merito e a Milano il Merula, ma anche il Corio, avevano preso la stessa posizio- ne)30, ma un’idea condivisa nell’Italia di primo Cinquecento, come attestato dalle stesse discussioni conviviali fluite nel Bandello. In casa Visconti la questione della discendenza longobarda fu riaffermata con forza tra il 1654 e il 1673 con la crea- zione di una serie di falsi commissionati dai Visconti di Cislago, marchesi di Gal- larate, dal loro lontano cugino marchese Vercellino Maria e dall’affine Giovanni Ma- ria. La situazione meriterebbe una nuova contestualizzazione partendo da un af- fondo sulla scena milanese di quegli anni, per comprendere meglio i fattori contin- genti che condussero un aristocratico Visconti a commissionare la creazione di do- cumenti falsi di fatto inutili – potendo vantare quattrocento anni di certa e illustre ascendenza fino a Uberto fratello di Matteo Magno – per la propria certificazione di ingresso al Collegio dei Nobili Giureconsulti31. I Visconti di Cislago si estinsero di lì a pochi decenni nei Castelbarco (appena giunti in Milano più o meno al se- guito del nuovo governo austriaco), mentre nella querelle longobarda gli eruditi ita- liani riprendevano le parti di Machiavelli contro il Baronio e quanto prodotto da- gli abili falsari milanesi apriva un’ulteriore strada alle teorie di Jacob Wilhelm Im- hof relative a una comune ascendenza longobarda di tutta quell’aristocrazia italiana e spagnola che con l’estinzione del ramo ispanico degli Asburgo poteva ora entra- re a fare parte dei domini della casa d’Austria32. A prescindere dai revival longobardi, nel XVI secolo l’eredità immateriale le- gata al sangue visconteo si era comunque cristallizzata attorno alla costruzione normativa, ricalcata ovviamente su Svetonio, dei Dodici Visconti di Paolo Giovio. Il modello attirò immediatamente, come le altre imprese del comasco, l’attenzio- ne europea e i ritratti collezionati dei signori di Milano furono incisi a Parigi da Geofroy Tory e dati alle stampe nel 1549. Da un lato si trattava di un lavoro che assecondava l’ancora imperante gusto antiquario milanese nell’affiancare gli anti- chi cesari al casato visconteo, dall’altro l’esperimento costituiva l’esaltazione di una

18 SIMBOLI E MITI DI UN CASATO

tendenza nuova verso la ricerca di veridicità dell’immagine ritratta («verae effi- ges» o «verae imagines»), non completamente inedita, ma affermata con vigore di fatto per la prima volta33. Questa ricerca del vero non sottrasse il Giovio a una serie di sviste e confu- sioni, ma il comasco si affannava a menzionare – fornendo dati comunque utili per una rilettura della diffusione di questi ritratti – perfino «li lochi donde li ho cavati», ricordando ad esempio per i Visconti: le storie dipinte di Angera con Ot- tone34; le effigi di Matteo Magno nel Duomo di Monza e in casa del senatore Gualtiero da Corbetta35; la figura di Galeazzo I (in realtà Galeazzo II) nella Cro- cifissione di Viboldone36; le immagini di Azzone dipinte in San Gottardo e in San Marco, nonché la celebre e monumentale tomba marmorea37; il ritratto di Lu- chino a Sant’Ambrogio di Parabiago38; le vivaci pitture con la Vergine e l’arcive- scovo Giovanni nella cappella dell’arcivescovado39; le molte rappresentazioni di Galeazzo II al castello di Pavia40; il simulacro di Bernabò in San Giovanni in Con- ca e a Como i ritratti dello stesso nel monastero benedettino di San Giuliano e in casa Rusca41. Il Giovio accennava solo alle innumerevoli pitture relative al pri- mo duca di Milano e al figlio Filippo Maria (per quest’ultimo sceglieva comun- que la medaglia di Pisanello)42, ma annotava con dettaglio i ritratti in abbiglia- menti fiamminghi di broccato bianco di Bernabò e Galeazzo II, accanto ai santi Cosma e Damiano, nella chiesa di San Giovanni in Conca a Milano43. Ma la rac- colta di Giovio, realizzata attorno al 1539, risultava pure una sorta di palinsesto politico per chi non si era rassegnato alla devoluzione del ducato di Milano44. L’esperienza di Giovio divenne un punto di riferimento anche per i vari mem- bri dell’agnazione. Verso il 1580, la decorazione dell’impaginazione architettonica del palazzo di Prospero Visconti in via Lanzone rivendicava in una posizione esclu- siva proprio la parentela con la stirpe regnante di Milano esponendo sopra le fi- nestre del piano nobile i ritratti dei dodici Visconti (abbinati solo nel secolo se- guente alle effigi di Filippo II e Filippo III) e relegando la memoria dei più di- retti ascendenti (Giovanni, Gaspare, Pietro, Gaspare Ambrogio e i due Gian Ga- spare) alle lapidi sotto i timpani delle finestre45. D’altra parte, abbandonate le ge- nealogie più inverosimili, per Prospero e i suoi parenti, ai quali era rimasto solo il potere della cultura racchiuso in una vasta biblioteca come ducato (per riecheg- giare l’espressione shakesperiana applicata proprio al Visconti dalla lettura di Ernst Gombrich)46, costretti di fatto, volendo evitare il completo appiattimento nel nuo- vo patriziato urbano, a trasformarsi da gentiluomini di Lombardia a nobili servi-

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tori di principi stranieri, il palinsesto dei dodici Visconti era più funzionale della mitologia nell’ottenere il favore presso le corti d’oltralpe. Infatti, nel 1568 Ga- spare cugino di Prospero aveva offerto i suoi servigi a Guglielmo di Baviera – che con le teste più o meno originali dei dodici Cesari sistemate con la complicità del milanese Jacopo Strada nell’Antiquarium di Monaco aveva dimestichezza47 – ri- cordando proprio la parentela stretta tra i Wittelsbach e i Visconti per via dei ma- trimoni trecenteschi delle figlie di Bernabò48; ribadendo dunque un legame di san- gue, quello con l’antico signore di Milano, di fatto inesistente per questo ramo del casato, ma che in virtù del rapporto agnatizio sembrava ora vagamente utile vantare. Come in altre dimore aristocratiche al chiudersi del XVI secolo, non man- cavano nella quadreria di Prospero anche ritratti di suoi diretti ascendenti un «già Gaspare Vesconte» e un «Gaspar Ambrosio Visconte» (il padre e il bisnonno del proprietario), comunque inframmezzati con altre effigi dei “maggiori” del casato «Azo Visconte» e «Giovanni arcivescovo Visconte»49. Nella stessa casa, decora- vano le sovrapporte busti in marmo di Carrara, ritraenti «degli antenati Viscon- ti»50. Comunque, a testimoniare la creazione di un fortunato modello, ancora ver- so il 1670 lo stesso riferimento ai Visconti di Giovio si ritrovava anche nella sala del trono di Brignano dove si conservano consistenti parti degli eroici ritratti dei signori di Milano; in questo caso risultava più legittimo il diretto riferimento ai dodici Visconti, discendendo i signori locali direttamente da Bernabò51. È significativo che con la costruzione del sistema di Giovio, proprio nel mo- mento in cui si era estinta definitivamente la dinastia visconteo-sforzesca, i mem- bri della consorteria – che spesso avevano avuto un rapporto tutt’altro che sere- no con i parenti regnanti – avessero trovato negli illustri affini un punto fonda- mentale per un’affermazione materiale della nobiltà del proprio sangue. Negli an- ni precedenti il patronage artistico della famiglia si era indirizzato a valorizzare di volta in volta il proprio ramo della parentela con operazioni che se non erano in diretta concorrenza con quelle dei duchi di Milano non miravano certo a favo- rirne la politica dell’immagine. Inoltre, lungi dal rivendicare più o meno mitici passati, la committenza di queste famiglie nel XV secolo erano state volte a evi- denziare una concreta e attuale presenza del casato sia in città che nel contado disseminando con decisione specie negli spazi sacri accanto ad opere d’arte, qua- si tutte di alto livello, il segno della vipera viscontea.

20 Antefatti: tra sacelli urbani e oratori campestri

Manca completamente uno studio sulla committenza dei vari rami di casa Vi- sconti affini a quello ducale per il Trecento e i primi anni del Quattrocento. Il la- voro di ricostruzione è tutt’altro che semplice, causa la scarsità di monumenti e documenti, ma gli episodi di committenza, scavando, si moltiplicherebbero di cer- to contribuendo alla creazione di un contesto ampio nel quale il rapporto con la nascente corte milanese da un lato e le ripercussioni sui domini delle «Vicecomi- tum regiones» dall’altro aiuterebbero a districare i fili di alcune problematiche storico-artistiche. Due capisaldi delle committenze famigliari per questi anni sono legate al medesimo nucleo famigliare: si tratta della cappella di San Giovanni Evan- gelista (sesta a destra) in Sant’Eustorgio a Milano e dell’oratorio di Albizzate nel Varesotto. Entrambe le commissioni sono connesse a una figura di snodo nella scena milanese negli anni a cavallo tra Tre e Quattrocento, sia dal punto di vista politico che da quello artistico: Gaspare di Uberto Visconti52. Sebbene di difficile lettura così come assemblato nell’attuale assetto, il sepolcro di Gaspare conserva gran parte della sua imponenza. Fu fatto scolpire dal consigliere ducale a un artista vicino a Jacopino da Tradate durante il terzo decennio del Quat- trocento nella cappella eretta e consacrata dai propri avi53. In esso il committente è rappresentato nella centrale scena dell’Adorazione dei Magi (un soggetto caro all’in- tera tradizione devozionale milanese e particolarmente legato al complesso di San- t’Eustorgio) introdotto alla Vergine dal proprio santo eponimo. Agnese Besozzi, con- sorte di Gaspare, era inumata nella stessa cappella sotto una lastra terranea ora mu-

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rata sotto parte di un secondo monumento famigliare. Il sacello fu per tutti i di- scendenti di Gaspare senior un punto di riferimento costante: il luogo di sepoltura di vari rami del casato mantenuto per secoli inalterato nella sua forma primoquat- trocentesca «più tosto un cimitero» che una cappella come commentava l’Allegran- za54. Giovanni Maria Visconti, figlio di Filippo Maria e nipote di Gaspare senior in- dicava questa cappella per la propria sepoltura in un codicillo testamentario dettato in Albizzate55. Anche il raffinatissimo Gaspare Ambrogio Visconti (noto alla storia dell’arte come committente di Bramante)56 che si fece costruire un nuovo palazzo alla moda in Milano e non esitò a lasciare la casa avita del trisavolo Gaspare senior alle brame divoratrici di Ludovico il Moro, era inumato qui, come risulta dalle ulti- me volontà di un nipote che testando nel castello di Caidate dispose sepoltura nel- la cappella di San Giovanni Evangelista «ubi etiam reposita fuerunt cadavera nunc quondam illustri domini Gaspari Ambrosii Vicecomitis avi mei paterni et illustris do- mini Hieronimi Vicecomitis avi mei materni»57. Poco si conosce delle altre commissioni di Gaspare senior. Qualche squarcio deriva dalle notizie relative alla sua dimora milanese: l’imponente palazzo sede del consiglio segreto ducale e sito sulla piazza del castello di Porta Giovia. Si tratta- va in realtà di un insieme complesso di case, giardini e sedimi occupanti quasi tutta l’area tra il castello, la contrada del Borgo di San Giovanni sul Muro (via Puccini), la piazza castello e l’attuale teatro Dal Verme. L’edificio fu soggetto du- rante i primi anni del Quattrocento a una serie di demolizioni e rifacimenti, nel 1438 (morto da poco il padrone di casa) su commissione ducale vi si mettevano in opera tre nuove finestre verso la corte principale e si costruiva un camino, il tutto probabilmente per la stanza dove si svolgevano le sedute del consiglio se- greto di Filippo Maria58. Dopo la morte di Pietro (1461) primogenito di Gaspa- re, metà della casa annoverava oltre a varie cucine, solai, cantine e locali di ser- vizio, una ventina tra camere e sale, una «salla magna in terra» con un altare son- tuosamente addobbato per celebrare messa (magari su modello della cappella du- cale), una camera d’armi e anche una «camera pavonum» che oltre a rimandare alle coeve decorazioni dei castelli ducali era degna di nota perché vi si conserva- va una cassetta in avorio decorata con santi e altre figure. Non mancavano cas- soni decorati con la «bissa», documenti e libri miniati59. Resta ancora più complesso ricostruire le vicende legate alla committenza del- le Storie di san Giovanni Battista e delle Storie di san Ludovico da Tolosa nell’ora- torio di Albizzate60. Si vorrebbe l’oratorio costruito da un certo Pietro Visconti

22 ANTEFATTI

sulla scorta di un’indicazione di Pietro Toesca. Ai primi del Novecento, lo studio- so leggeva ancora sulla facciata dell’edificio uno stemma visconteo affiancato dal- le lettere «PE» insieme ad altre tracce di affreschi ora scomparsi rappresentanti l’Annunciazione con le effigi di altri santi61. A ripercorrere i documenti relativi al- l’oratorio, si comprende che già nel Settecento si era creata grande confusione in relazione alla sua fondazione. Quando vari eredi dei Visconti si contesero il pa- tronato della chiesa, gli alberi genealogici presentati da entrambe le parti per pro- vare i propri diritti risultarono errati; così come incompleti e fuorvianti sono an- che i dati forniti da Pompeo Litta in relazione a questo ramo famigliare62. Dato certo è che nel 1471 Franchino e Giovanni Aloisio Visconti figli di Gasparino e di Giovanna di Franchino Rusca – e a quest’ultimo nome la mente corre a un al- tro imponente monumento marmoreo63 – dotarono l’oratorio di un beneficio ec- clesiastico64. Il nonno paterno dei due Visconti, Giovanni, era figlio di Uberto e fratello di Gaspare senior65. Franchino e Giovanni Aloisio ereditarono un’area del castrum di Albizzate prossima alla parrocchiale di Sant’Alessandro e all’oratorio (forse l’originale edificio fortificato)66, mentre ai figli di Gaspare senior, in parti- colare al secondogenito Filippo Maria e al figlio di questi Giovanni Maria, passò la costruzione ancora oggi nota come castello visconteo sita a nord dell’antico abi- tato67. A rivendicare poi nel Settecento i diritti di patronato erano anche i Visconti di Cassano Magnago discendenti di Gaspare Ambrogio, pronipote di Gaspare se- nior68. È per altro significativo che nell’oratorio sia incisa, sotto un riquadro delle Storie del Battista, la scritta: «Io[hannes] Pe[trus] Vicecomit[um], die primo maii 1447»; verosimilmente una data relativa alla biografia di uno dei figli di Pietro Vi- sconti di Gaspare senior69. Questo excursus genealogico serve a indicare che tutte le linee che rivendicavano il patronato dell’oratorio si saldano solo in un perso- naggio, cioè nell’Uberto Visconti padre di Gaspare senior e di Giovanni. Stando al Litta, che andrà verificato, Uberto era uno degli uomini di fiducia del duca Gian Galeazzo Visconti, spedito dal potente parente a (1387) e a Padova (1389) come rettore delle due città tolte rispettivamente ai Della Scala e ai Carraresi70. È su di lui potente gentiluomo nell’ultimo quarto del XIV secolo, che andrebbero indirizzate le ricerche per rintracciare il committente degli affreschi di Albizzate. Pietro Visconti, figlio di Gaspare senior, fu verosimilmente solo colui che comple- tò il lavoro del padre e dell’avo facendo affrescare la facciata dell’edificio religio- so con l’Annunciazione, i santi, la biscia e le sigle viste da Toesca e facendo inci- dere la data legata al figlio Giovanni Pietro sugli affreschi interni.

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La questione dell’oratorio visconteo merita una rilettura attenta anche in rela- zione alle recenti scoperte e riflessioni di Damiano Spinelli riguardanti la chiesa di San Cristoforo sul Naviglio a Milano e la figura del pittore Bassanolo de Magistris71. Sembra infatti sia possibile riconoscere nei modi di uno degli artisti che affrescò al chiudersi del Trecento l’oratorio di Albizzate, la mano dello stesso pittore – Bassa- nolo appunto – che operò su committenza Alciati nei primissimi anni del Quattro- cento in San Cristoforo a Milano. Risulta per altro degno di nota che gli Alciati mantennero per tutto il XV secolo, e verosimilmente anche prima, ottimi rapporti con i Visconti discendenti da Uberto di Albizzate. Lo attestano prima i doppi ma- trimoni di Gaspare e Giovanni Pietro Visconti figli di Pietro con Margherita e Lu- cia Alciati figlie di Ambrogio; poi il legame stretto tra la vedova (Maria Ghilini) di Pietro di Donato Alciati (nipote di Ambrogio) e Filippo Maria Visconti di Albiz- zate e Fontaneto, con i relativi sponsali tra i due nipoti di Filippo Maria e le figlie ed eredi di Maria Ghilini e di Pietro Alciati: un gioco matrimoniale al limite del- l’incestuoso volto a incamerare i beni di casa Alciati nel patrimonio dei Visconti di Albizzate72. Il tutto assume luce diversa se si tiene conto che il committente di San Cristoforo, Ayroldo di Pietro Alciati, aveva un nipote di nome Ambrogio, verosi- milmente il giovane biondo rappresentato accanto allo zio presso la Vergine nella chiesa milanese73. Si rende dunque necessario fare ulteriori ricerche attorno a que- sto Ambrogio Alciati per valutare la sua possibile identificazione con quell’omoni- mo deceduto nel 1440, sepolto in San Francesco Grande, consuocero di Pietro Vi- sconti di Albizzate e nonno materno del poeta Gaspare Ambrogio Visconti, chiu- dendo così il circolo virtuoso di un rapporto di committenze famigliari utili per get- tare nuova luce sulla figura di Bassanolo de Magistris e sul contesto artistico della Milano di fine Trecento e primo Quattrocento74. La probabile presenza di Bassanolo ad Albizzate trova inoltre un contatto con un’altra commissione sepriese dei Visconti. Nel 1437 Antonio Visconti, figlio di Giannotto, che non mancava di dotare un sacello anche in Sant’Eustorgio (poteva trattarsi della cappella dei Magi nel transetto destro)75, commissionava a Stefano de Magistris figlio di Bassanolo la decorazione di una cappella dedicata a Santa Maria in Gallarate con affreschi rappresentanti una Vergine circondata da angeli e alcuni capitoli di storie (Purificazione e Nascita della Vergine) per la somma di 100 fiori- ni76. Nel documento non è specificata la chiesa in cui si dovevano realizzare gli af- freschi, ma nel testamento redatto nel 1385 dello zio di Antonio, l’Esterolo Visconti signore di Crenna e figlio del quel Lodrisio sconfitto a Parabiago dagli agnati nel

24 ANTEFATTI

1339, si dispose che la cappella maggiore del convento di San Francesco a Galla- rate77 fosse dipinta con «pincturis beate Virginis Marie» e con l’effigie dei santi An- tonio, Francesco, Pietro apostolo, Michele, Gottardo, Bartolomeo, Caterina, Libe- rata e Margherita (nel piccolo panteon che doveva avere un significato di devozio- ne famigliare, manca vistosamente il sant’Ambrogio che a Parabiago aveva preso le parti dei parenti nemici)78. Il Visconti indicava per altro la cappella «post altare ma- yus» come sede del proprio sepolcro con «lapides et ornamentum», forse ricosti- tuendo nel piccolo borgo del Seprio prossimo al castello avito il modello visconteo della cappella maggiore del cenobio francescano milanese dove era inumata «in ar- ca illa pulcherrima pro ipsa constructa» Beatrice d’Este Visconti madre dell’Azzo- ne, di fatto il vincitore a Parabiago79. Non è improbabile che le indicazione testa- mentarie siano state eseguite successivamente usando la manodopera di quello Ste- fano de Magistris che, oltre ad essere attivo alla fabbrica del Duomo, l’anno dopo la commissione gallaratese era chiamato a corte – sovrintendente sui lavori per con- to del duca era proprio un Antonio Visconti – per affrescare la casa di Agnese del Maino al castello di Cusago e per dipingere al castello di Porta Giovia «viperam unam et faxolum unum incoronatum cum palma et lauro et certis literis»80. Co- munque nel 1509 un omonimo pronipote di Esterolo (dimenticato dal Litta) di- sponeva sempre per testamento che fossero spese 200 lire imperiali ancora «in de- pingendo cappellam mayorem dicte ecclesie», forse si trattava di un progetto di rin- novo delle pitture ormai invecchiate commissionate dal trisavolo81. Non erano certo solo i Visconti di Albizzate (poi noti nelle varie derivazioni come di Breme, Cassano Magnago, Fagnano Olona, Fontaneto) o quelli di Cren- na a possedere cappelle in Sant’Eustorgio e nel contempo a occuparsi nel conta- do degli oratori castrensi o delle locali fondazioni minoritiche. Il sistema creato ad Albizzate tra il sacello affrescato con le Storie di san Giovanni Battista e le Sto- rie di san Ludovico da Tolosa e il locale castello, o a Crenna tra la chiesetta di Santa Margherita e il maniero visconteo, si ritrovava anche a Cislago, a Besnate82 e in tono minore a Jerago83. Il castello di Cislago apparteneva ai Visconti poi no- ti come Visconti di Somma Lombardo (dai quali i rami di Cislago, Modrone e San Vito) e doveva essere nei primi anni del Quattrocento uno dei principali ca- stelli viscontei a nord di Milano84. Se anche questa famiglia era regolarmente do- tata di cappelle in Sant’Eustorgio, anzi patronato di questo ramo era tutta l’area absidale della chiesa85, non trascurò di fare edificare un oratorio in Cislago dedi- cato a san Martino e all’Annunciata. Si tratta della chiesa viscontea sopravvissuta

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più elegante e meno studiata, un tempo decorata nella parte absidale da scene della Passione e sui muri laterali da molti dipinti dei quali restano labili tracce86. A indicare l’importanza del luogo questa piccola chiesa non doveva essere l’uni- ca di pertinenza del castello se nel 1441 si parlava anche di una cappella supe- riore distrutta verosimilmente quando il fortilizio di proprietà di Battista Viscon- ti detto il Comparino fu devastato nel 1511 dagli svizzeri diretti a Milano87. Questa continua cura e presenza dei Visconti sia nei loro patronati urbani, che in quelli castrensi (o del contado in generale) che non si limitava certo alle aree del Seprio sulle quali ci si è concentrati, ma spaziava su tutte le regioni di influenza vi- scontea (dal Vergante alla Brianza, dalla Lomellina alla Gera d’Adda), fu motore di virtuose interazioni tra centro e periferia. Anche le committenze famigliari del chiu- dersi del XV secolo seguirono questi continui percorsi utili inoltre per comprende- re forse la scelta di certi artisti da parte di alcuni degli aristocratici committenti. I luoghi dei Visconti sia in città che in campagna erano stati di fatto già fissati e in parte i nuovi rampolli di casa non fecero altro che ripercorrere la strada aperta dai propri avi, ma non mancarono di volta in volta scelte autonome che moltiplicaro- no e complicarono la geografia e topografia del patronage famigliare. Si dovettero fare i conti prima con le nuove tendenze proposte dalla corte sforzesca, poi con gli smottamenti politici del tramonto sforzesco; con una moltiplicazione dei diversi ra- mi famigliari dovuta al positivo trend demografico dell’aristocrazia lombarda che ampliò notevolmente la necessità di spazi fisici adatti al vivere quotidiano e al per- petuarsi della memoria famigliare, ma anche con nuove esperienze religiose che coin- volsero i membri del casato ed ebbero ripercussioni pratiche sul mecenatismo vi- sconteo. A volte questi mutamenti di indirizzi segnarono rotture con il passato, spes- so furono forieri di nuove iniziative artistiche.

26 Tra spazi vecchi e nuovi: l’esemplare committenza aristocratica di Francesco Bernardino Visconti

Nella squallida cappella che segue sono degni d’osservazione, per il tempo in cui sono fatti, i due depositi marmorei, uno di Sagramoro e l’altro di Pietro Francesco Visconti88.

Così il Bianconi chiosava sui monumenti sepolcrali della cappella di San Leo- nardo (la terza a destra) in Santa Maria del Carmine. Sull’esistenza di due avelli marmorei nell’antica cappella viscontea dava notizia già il Fornari, trascurandone di fatto uno (il più antico) e concentrando tutta la propria attenzione su quello più imponente di Pier Francesco Visconti:

Nella contigua capella di S. Leonardo de’ signori illustrissimi Visconti è necessario fare un poco di pausa in ammiratione di questi due loro notabili sepolcri. In mezzo dunque di questa capella vi è un sepolcro con telaro e lapida di marmo candido, ravvivato dal serpe, fiamma e ancora, in essa lapida, scolpiti in insegna propria de’ signori Visconti sotto questa lapida alla resurrettione futura conservati. Al lato destro di questa capella sorge sopra sei tonde e alte colonne di marmo da terra sollevato sulle spalle di queste un grande e bellissimo avello, con sue pietre coperto e con mille intagli e figurine in esso marmo scolpite, si che è forte, e grande, e bello, e nobile, e sicura custudia di qualche gran personaggio della nobilissima casa Visconti e antico benefatore divoto di questa chiesa. All’altro lato

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risalta sopra terra e fuora del muro, quasi fino alla volta della capella sollevato, un altro deposito da quattro colonne quadre intagliate e indorate benché di marmo, sostenuto con prima e bassa facciata che serve come di base a quella gran macchina formata di quattro donne del medesimo sasso, le quali facendo ornamento e fortezza insieme alle colonne, non so se queste a quelle siano appoggiate, o se quelle da queste siano sostenute come più sode, e constanti in loro sicurezza. Sopra queste donne e loro colonne è sostenuta e sollevata la machina sepolcrale a più ordini di più figure e lavori di scarpello eccellente disposti e animati, per ogni facciata bellissimi e mirabili e con l’armi viscontee publicate per una meraviglia di quella casa, e da questi caratteri riceve lume e vivezza quel musoleo cioè D.O.P.T.M. Petro Francisco Vicecomiti dom. militiaque insigni ag. potentiss. Med. Ducibus ex fide et virtute cariss. Euphrosina uxor pietatis posuit hoc se. her. se. [...]. Scarpello del sig. Benedetto Briosco, poichè tanto mi addita una lapida di esso, che retro asconde scolpito il suo autore, cioè Benedictus de Brioscho e Thomasius de Cazanigo opus fecit89.

Benché tarda, l’indicazione del Bianconi relativa al sepolcro di destra, come contenente le spoglie di Sagramoro Visconti può ritenersi corretta90. La cappella del Carmine deve essere stata costruita per volere di Leonardo (il nome del san- to titolare del sacello) Visconti che, dovendo fare i conti con il pesante fardello della sepoltura del nonno Bernabò in San Giovanni in Conca e scarsamente le- gato agli agnati inumati in Sant’Eustorgio, preferì virare le proprie scelte verso la costruenda chiesa dei carmelitani favoriti dal duca Filippo Maria91. Congiunta- mente i fratelli Sagramoro e Pier Francesco, figli di Leonardo, completarono la cappella verso il 1457; mentre dagli stessi, nel 1464, il sacello ricevette una pri- ma dotazione92. Nel 1472 furono ivi deposte le spoglie di Sagramoro93, forse l’an- no precedente anche quelle di Clementina Secco consorte del Visconti94, mentre Pier Francesco fu qui tumulato nel novembre 148495. La scelta di Leonardo Visconti e dei suoi figli per la sepoltura in Santa Ma- ria del Carmine seguiva forse alcuni indirizzi creatisi alla corte del duca Filippo Maria e apriva nel contempo una tendenza che avrebbe riscosso particolare suc- cesso nei primi due decenni del governo sforzesco. Durante gli anni cinquanta e sessanta del XV secolo, alcuni dei principali consiglieri segreti, uomini d’arme, se- gretari e cortigiani vicini a Francesco Sforza, e ancora di più a suo figlio Galeaz-

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zo Maria, sceglievano questa nuova chiesa carmelitana come sede delle cappelle famigliari; erano qui sepolti: Tommaso Bossi (cappella di Sant’Antonio), Oldrado Lampugnani (cappella dei Santi Giorgio ed Elisabetta), Angelo Simonetta (cap- pella dell’Annunciata), i Visconti di Castelletto-Aragona (cappella di San Giaco- mo)96. In particolare il peso giocato dai Simonetta, «l’arma de quali spicca in tut- ti gli arconi o voltoni maggiori della chiesa nostra»97, per la stessa ricostruzione del tempio rimarcava il ruolo centrale assunto da questo spazio sacro nelle pre- ferenze dei membri più in vista della corte sforzesca alla metà del Quattrocento. La sepoltura di questi personaggi al Carmine finisce quasi per delineare il trac- ciato di un gruppo di famiglie fedeli al secondo duca Sforza. Se si pensa alla po- sizione assunta da Sagramoro e Pier Francesco, così come da Angelo e Cicco Si- monetta nell’appoggiare il distacco di Galeazzo Maria dalla madre, in contrasto con Carcano, Del Maino, Pusterla e Visconti sepolti in Sant’Angelo (altro cantie- re significativo alla metà del secolo XV) che sostenevano invece la duchessa Bian- ca Maria, sembrano tracciarsi i poli di un sistema di sepolture utile a compren- dere anche le alleanze e gli indirizzi politici delle casate milanesi98. Se infatti per i Simonetta favorire la chiesa del Carmine, prossima alle case di famiglia tutte in porta Comasina, risultava determinante anche nei progetti di integrazione urbana della parentela calabrese, per i Visconti di Brignano-Saliceto residenti lontano dal tempio dei carmelitani – Pier Francesco abitava in Santa Maria Podone di porta Vercellina in una casa sita accanto al palazzo dei Borromeo, mentre Sagramoro in San Giovanni in Conca di porta Romana in una porzione del vecchio palazzo di Bernabò – l’indirizzo verso questa chiesa aperto da Leonardo potrebbe aver as- secondato da un lato una “moda” nascente, ma dall’altro, forse, avere espresso un segno di appartenenza politica che distanziava ulteriormente questo ramo del casato dagli agnati Visconti. Risulta difficile stabilire con precisione il momento in cui furono approntati i due monumenti per i fratelli Visconti, macchine marmoree che dovevano comun- que differire per stile (diverso era d’altronde anche l’entusiasmo del Fornari): l’una, quella di Sagramoro, verosimilmente più antica (post 1472), l’altra quella di Pier Francesco ordinata forse qualche tempo dopo il decesso del 1484. Se è complesso avanzare ipotesi sulla reale fattura del sepolcro di Sagramoro, non esistendo infatti certezza sull’attuale esistenza di parti del monumento99, sono invece ancora con- servati molti elementi del sepolcro di Pier Francesco; approdati dopo tormentate vicende collezionistiche in alcuni musei stranieri: dal Nelson-Atkins Museum of Art

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di Kansas City (Annunciazione e Presentazione al Tempio), al Cleveland Museum of Art (Adorazione del Bambino con Pier Francesco Visconti, verosimilmente il rilievo centrale della cassa), alla National Gallery di Washington (Adorazione dei Magi e Fuga in Egitto), fino al Louvre (otto capitelli, alcuni con la biscia coronata altri re- canti gli emblemi dell’ancora e della fiamma, nonché vari pilastri in pietra nera de- corati con candelabre interi o in pezzi)100. Come già indicato dal Fornari, al com- plesso era collegata un’iscrizione che identificava gli autori in Benedetto Briosco e Tommaso Cazzaniga, la coppia di cognati scultori a capo di una delle più impor- tanti botteghe milanesi. Per la propria tomba, il Visconti non prendeva a modello la più vecchia sepoltura del fratello che si ergeva sempre nel sacello di San Leo- nardo, né quella di Angelo Simonetta sita nella medesima chiesa del Carmine, nem- meno quella del lontano parente Francesco Visconti di Crenna, commissionata da- gli eredi alla stessa bottega (a ricevere la commessa era stato Francesco Cazzaniga) sempre nel 1484101, ma il monumento da poco completato (1483) in Santa Maria delle Grazie per il vescovo Giacomo Antonio della Torre e fratello. Nel testamen- to Pier Francesco imponeva infatti agli eredi di fare erigere:

unum monumentum, seu unam arcam seu tumullum in ipsa capella marmoreum: altum a terra, pulcrum et honorificum cum insigniis Vicecomitum [...] ad similitudinem sepulcri pro ut est sepulcrum reverendissimi domini episcopi Cremone et fratris [...] et etiam plus pulcrum [...]102.

Nell’originale del documento, noto altrimenti solo in copia103, si legge chiara- mente il mutamento delle volontà del testatore. Le disposizioni relative al modello sono scritte in interlinea sopra altre cassate che indicavano originariamente che l’arca doveva essere

ad similitudinem sepulchrorum seu molimentorum pro ut sunt sepulcrum domini Candidi de Viglevano situm in ecclesia, seu extra ecclesiam Sancti Ambrosii Mediolani, seu sepulcrum Damiani de la Cruce situm extra et prope portam ecclesie Sancti Francisci Mediolani104.

Se nulla per ora è possibile sapere del perduto sepolcro di Damiano della Cro- ce in San Francesco Grande, nell’atrio di Sant’Ambrogio si conserva ancora il mo-

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numento a Pier Candido Decembrio realizzato dopo il 1477. La ridefinizione del modello di riferimento segnala non solo una metamorfosi del gusto in una dire- zione di definitiva ricerca antiquaria (già per altro matura nel sepolcro santam- brosiano), ma soprattutto un crescendo nella ricerca di una monumentalità degna di attestare uno status aristocratico. Principiata verso il 1445 ma di fatto da po- co montata, anche l’imponente arca Borromeo di San Francesco Grande, pur non difettando in grandiosità non aderiva più ai gusti correnti, e non si prestava dun- que come modello finendo per essere ignorata perfino nelle primitive indicazioni di Pier Francesco105. Nella scelta definitiva, il Visconti si trovava in quel momento in buona compa- gnia di altri più o meno nobili milanesi che riconobbero nel monumento dei fra- telli Giacomo Antonio e Francesco della Torre una struttura ideale per rimarcare il peso del proprio ceto con un’elevata arca marmorea o per attestare l’agognato suc- cesso di un processo di nobilitazione spesso iniziato veramente dal basso. Così, nel 1485, per sancire lo status sociale raggiunto dal marito, Ambrogino da Longhigna- na106, Giovannina Porro dei conti di Pollenzo imponeva sempre ai Cazzaniga-Brio- sco di realizzare una macchina marmorea «più bella de quella de monsignore de la Torre», indicando inoltre che lo stesso compenso sarebbe stato stabilito su arbitra- to del «magnifico messer Ioanne Francisco de la Torre»107; mentre quasi in con- temporanea, nel 1486, i nobili finanzieri milanesi Brivio ordinavano per il defunto padre a Tommaso Cazzaniga e Benedetto Briosco un sepolcro «simili forme moli- menti reverendissimi episcopi Cremone et magnifici domini Iohanni Francisci de la Turre»108. La questione dello stile e della forma del monumento della Torre viene quindi a porsi nell’ambito della fattura dei monumenti funebri milanesi come un elemento centrale della svolta stilistica degli anni ottanta del Quattrocento. Le di- sposizioni testamentarie del Visconti, che passa dalle arche Decembrio e della Cro- ce a quella della Torre rappresenta un momento simbolo di un importante snodo stilistico, ma registra anche le capacità di un aristocratico committente di com- prendere i passaggi di un avvenuto mutamento. Per altro, il fatto che fino a tutto l’anno 1486, il monumento di Pier Francesco non fosse annoverato tra i modelli aulici milanesi condurrebbe a pensare che l’opera con i suoi pilastri (non colonne a bombarda come nella tomba delle Grazie) rabescati e le raffinate cariatidi (per- dute) non fosse stata ancora messo in opera a questa data. Comunque, nel 1494, quando la vedova del Visconti, Eufrosina Barbavava, dotava per la propria porzio- ne la cappella di San Leonardo, il sepolcro doveva esse stato completato109. L’im-

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patto cromatico e stilistico definitivo della macchina marmorea deve essere stato no- tevole: la cassa dai rilievi in marmo bianco dorato era sorretta dai pilastri in pietra nera arricchiti di orpelli all’antica a loro volta sovrastati dai candidi capitelli con la «bissa» e affiancati dalle quattro cariatidi. Era un segno tangibile per casa Viscon- ti di una capacità e volontà di aggiornamento artistico ragguardevole. Morto Pier Francesco solo pochi mesi dopo aver fatto redigere il proprio te- stamento, nel mandare in esecuzione il legato per il sepolcro marmoreo dovette- ro attivarsi sia la vedova Eufrosina (che ricorre nell’iscrizione, ma non si fece inu- mare né con lo sposo al Carmine, né con il fratello a Sant’Angelo, preferendo in- vece una tomba autonoma nella tribuna di Santa Maria delle Grazie), ma soprat- tutto Francesco Bernardino Visconti110, il nipote ex fratre del defunto più volte chiamato in causa dallo zio nelle sue ultime volontà come esecutore testamenta- rio e anch’esso aristocratico milanese attento all’utilizzo strumentale dell’arte per attestare il proprio ruolo politico e sociale. Pier Francesco e il nipote Francesco Bernardino avevano già collaborato in- sieme per il patrocinio di un’altra opera destinata al sacello famigliare di San Leo- nardo: il polittico dipinto da Bernardino Butinone che occupò lo spazio centrale tra i due sepolcri. Il solito Fornari lo ricorda come

ancona antichissima, in legno, dipinta la Vergine Santissima con il Bambino, e da lati vi sono S. Francesco, S. Bernardino, S. Pietro Martire, con S. Vincenzo [in realtà San Leonardo], e sopra l’ancona in ornamento vi sono dipinti, da un lato l’Annonciata Santissima, in mezzo l’eterno padre, e dall’altro SS. Elia e Eliseo nostri antichi institutori, e sotto a’ piedi della sudetta Vergine leggonsi Bernaridnus Butinonus de Tiviglio pixit 1484111.

Quel che resta dell’ancona (la Madonna in trono col Bambino e un angelo, San Leonardo e San Bernardino) è ora raggruppato in un trittico conservato alla Pi- nacoteca di Brera112. Lo stuolo di santi sfoderato su fondo oro nel polittico di Butinone soddisfaceva alle esigenze di protezione di tre generazioni di Visconti: dal nonno Leonardo al nipote Francesco Bernardino. Proprio quest’ultimo po- trebbe avere avuto un ruolo di maggior peso rispetto allo zio nella commissione del polittico, o per lo meno nel suo completamento e messa in opera nel 1484 (anno di morte di Pier Francesco). Sono noti da tempo, ma mai collegati alla com-

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messa della cappella di San Leonardo, i contatti di Francesco Bernardino Visconti con Bernardino Butinone e sua moglie Elisabetta Zoni: nel luglio del 1490 il si- gnore di Brignano, la cui influenza raggiungeva ovviamente anche il ricco borgo nativo del pittore, donò alla Zoni un sedime sito proprio a Treviglio113. Non si conosce la causale della donazione, ma non sarebbe strano che la cessione fosse in realtà un mascherato pagamento per qualche opera commissionata a suo tem- po al Butinone, forse un estremo pagamento del polittico realizzato alcuni anni prima per il Carmine. D’altra parte Francesco Bernardino non era insensibile al fascino dei polittici a più comparti di rigorosa tradizione. Nelle carte del notaio Bartolomeo Pagani è conservato il pateat testamentario del gentiluomo relativo alla costruzione, isti- tuzione e decorazione di un cappella da dedicarsi a santa Chiara nella chiesa par- rocchiale (quella della sua residenza) di San Giovanni in Conca114. Per l’altare era prevista la realizzazione di un’ancona a più scomparti: al centro avrebbe dovuto trovare posto una résurrection ascensionnelle («in medio sit figura ascensio Do- mini Nostri Iesù Christi cum monumento et aliis misteriis, seu rappresentationi- bus solitis»), probabilmente secondo il celebre modello importato a Milano negli anni settanta del Quattrocento e sperimentato nella cappella ducale, mentre a de- stra erano previste nell’ordine le rappresentazioni di Sant’Ambrogio, San France- sco e Santa Caterina da Siena, a sinistra si sarebbero dovute disporre invece le ef- figi di San Pietro Martire, San Giorgio e Santa Chiara. Il tutto doveva essere so- vrastato «in sumitate dictae capellae» da una «figura Dei Patris Omnipotentis» (come al Carmine). Un San Bernardino genuflesso davanti alla Vergine col Bambi- no in braccio sarebbe stato affrescato su un pilastro di fronte all’altare del sacel- lo. È di nuovo degna di nota la scelta dei santi da rappresentare sul polittico: una ferma dichiarazione di intenti attestante la devozione per gli ordini mendicanti (francescani e domenicani) unita a un’immancabile affermazione di milanesità (Am- brogio) e alla richiesta di protezione dall’aristocratico san Giorgio caro ai genti- luomini impegnati nel mestiere delle armi. Il completo testamento del Visconti è foriero di altre sorprese115. La cappella di San Giovanni in Conca non era indicata infatti come sepolcrale, ma risultava solo un segno tangibile dell’occupazione dello spazio sacro dell’aristocratico pres- so l’avito palazzo, cioè in un luogo carico di memoria per la storia famigliare (non si dimentichi che Francesco Bernardino era diretto discendente di Bernabò sepolto in San Giovanni e in parte occupava ancora la casa dell’avo). Il sacello di San Gio-

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vanni in Conca non fu di fatto costruito. Si realizzò solo un altare presso il pri- mo pilastro a sinistra entrando nella chiesa che fu in effetti dedicato a santa Chia- ra, ma decorato con un’immagine della Vergine («super dicto pilono picta est pul- chra imago Beatissimae Virginis Mariae»)116 completato tra il 1504 e il 1508117. Per la propria tomba il Visconti ordinava invece la costruzione nella chiesa amadeita di Santa Maria della Pace di una nuova cappella, significativamente da dedicarsi a san Pietro Martire. Il progetto per Santa Maria della Pace si concre- tizzò invece, ma in tempi come sempre lunghi. Nel 1513 i fabbricieri dei minori amadeiti richiedevano denaro alla camera ducale – detentrice dei beni dei figli di Francesco Bernardino confiscati per ribellione come filofrancesi al rientro di Mas- similiano Sforza – in rimborso di 220 lire imperiali già spese per la fabbricazio- ne della cappella118. L’anno seguente, per completare il sacello, era assegnato ai frati il reddito di alcune vigne dei Visconti site a Brignano119. È quindi possibile che l’altare di san Pietro Martire in Santa Maria della Pace fosse costruito ad ope- ra dei fabbricieri dei francescani, forse con lavori portati a compimento durante il secondo decennio del Cinquecento, un momento di particolare fervore per le committenze amadeite. Francesco Bernardino aveva disposto di fare realizzare an- che per questo spazio sacro un polittico («una similis ancona») a più scomparti identico a quello previsto per San Giovanni. Quello che evidentemente sembra essere stato un polittico smontato figura ritirato a fine Seicento, quando la chie- sa della Pace aveva subito notevoli modifiche, nel palazzo visconteo di Brignano descritto come «quadro sopra il quale vi è Nostro Signore deposto di Croce con- sistente in altre sei figure tutte senza cornice»120. Difficile dire se l’ancona smem- brata potesse avere qualcosa a che fare con quella progettata in Santa Maria del- la Pace, che doveva presentare al centro una Resurrezione e non una Deposizio- ne, ma la pala a Brignano conservava ancora i suoi sei santi laterali, ovvero nello stesso numero previsto dal testamento. Ancora più difficile capire se lo scompar- to centrale possa essere, privato questa volta delle figure laterali, la «Pietà, qua- dro antico della scuola del Luini» registrata in un altro inventario di casa nel 1779121. Considerati i tempi di completamento della cappella di Santa Maria del- la Pace, così vicini agli interventi di Luini nella chiesa per la cappella di San Giu- seppe e per quella di Sant’Antonio, quest’ultima forse di patronato di Giovanni Francesco Marliani (vicino e zio dei giovani Visconti), non sorprenderebbe se i frati o gli stessi figli di Francesco Bernardino di ritorno dall’esilio (1516) si fos- sero rivolti ad ambiti luineschi per decorare la cappella paterna122.

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Puntualmente l’aristocratico non dimenticava di lasciare anche 100 ducati al- la fabbrica di Sant’Ambrogio123, mentre a un ulteriore ampliamento dell’enorme complesso di Sant’Angelo si riservavano 800 lire. I legati del Visconti non ri- guardavano solo le chiese milanesi, ma anche le chiese del contado direttamente legate al patronage del testatore. A Gallarate per la parrocchiale si lasciavano 500 lire per i paramenti e si disponeva per la costruzione di una cappella da dedicarsi a Sant’Ambrogio nel locale cenobio dei minori “conventuali”. Francesco Bernar- dino non dimenticava quindi di essere diventato da non molto feudatario del bor- go del Seprio e nemmeno il legame dell’agnazione con la chiesa di San France- sco a Gallarate124. La più significativa delle indicazioni è però quella relativa a Santa Maria del Monte Sopra Varese:

item volo et ordino quod perfitiantur seu finiantur expensis bonorum meorum figurae sepulchri Domini Nostri Iesu Christi [...] cum figuris solitis per me seu nomine meo et expensis meis fieri ceptis in ecclesia Sancte Marie Montis et quod in predicto sepulchro et figuris expendantur duccati ducentum computatis pecuniis per me expenditis dicta causa125.

La notizia di un Compianto – che al momento non si identifica in nessuno dei pezzi conservati al Sacro Monte varesino – principiato per il cenobio a queste da- te precocissime apre interessanti spiragli sulla ridefinizione cronologica del pro- getto per il cosiddetto “Sacro Montino” (cappella del Calvario) adiacente al san- tuario mariano126. Sempre dal punto di vista strettamente artistico, considerati i contatti accertati tra Francesco Bernardino e Butinone (sia al Carmine di Milano che a Treviglio) vale la pena di ripensare alle possibili implicazione del Visconti nella presenza del pittore in Santa Maria del Monte (1480, 1488)127. Aderente alla propria tradizione famigliare, il Visconti sentiva forse di poter- si riallacciare con questo impegno artistico ai patronati di Bernabò signore di Mi- lano e proprio avo per il complesso di chiese sulla montagna sovrastante Vare- se128. Inoltre la questione fa luce sul ruolo di Francesco Bernardino (capo con l’agnato Battista del partito ghibellino milanese129) nel contesto delle commissio- ni primocinquecentesche presso il centro religioso prealpino che era stato un luo- go di quasi esclusivo esercizio ducale del patronato. In questi anni, il Visconti non era l’unico aristocratico a volere lasciare traccia di sé nel santuario. Nello stesso

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periodo, mentre Charles d’Amboise ripercorreva i tratti della devozione del Mo- ro con le sue ascese al Monte130, il generale delle finanze Sebastiano Ferrero fa- ceva decorare con le statue proprie e del figlio la balaustra dell’altare maggiore131 e lo stesso Gian Giacomo Trivulzio – che a Santa Maria del Monte era asceso nel 1488 (l’anno della presenza di Butinone) in accordo con vari membri di casa Vi- sconti per scortare Lucrezia Alciati e ricevendo profetico annuncio del suo futu- ro successo – finanziava l’edificazione del portico davanti alla chiesa132. La classe dirigente del ducato in epoca francese sembrava dunque propensa a occupare for- zatamente lo spazio sacro lasciato vuoto dalle committenze ducali al Monte per affermare il proprio ruolo guida della società lombarda in sostituzione alla corte sforzesca; Francesco Bernardino Visconti non desiderava essere escluso da questo processo e anzi forse va annoverato tra i suoi primi promotori133. Dal punto di vista dell’innovazione artistica, pur nell’impossibilità di esprime- re un vero giudizio sulla maggior parte delle commissioni di Francesco Bernardi- no precocemente scomparse, vale la pena di sottolineare il suo continuo gioco tra aggiornamento e tradizione. Per l’imponente monumento marmoreo del Carmine era stato lo zio a segnare i tempi del cambiamento e a farli seguire ai propri ese- cutori testamentari. Butinone era a metà del XV secolo un pittore aggiornato sul- le novità ferraresi, ma certo imporre ancora nel 1504 ai propri eredi la fattura di imponenti polittici, quando già le pale a campo unico avevano preso piede dopo la mirabile esperienza di Giovanni Antonio Boltraffio e Marco d’Oggiono su com- missione Griffi134, significava guardare indietro a un gusto tradizionale che resta- va verosimilmente caro agli aristocratici lombardi, come dimostra anche la com- missione di Battista Visconti per il polittico di Mezzana a Marco d’Oggiono da- tata al 1512135. Non si sa come il Visconti abbia trasposto tutta l’attenzione per i luoghi sa- cri della famiglia nella dimora avita di San Giovanni in Conca; i dati sulla resi- denza sono scarsi136. A prescindere dai rigorosi polittici tradizionali commissio- nati da Francesco Bernardino, forse si può immaginare per la casa Visconti di porta Romana l’esistenza di una piccola collezione di dipinti in via di aggiorna- mento. Ad aprire uno squarcio sulla vicenda è un documento tardo del 1533. Quando per l’ennesima volta l’ultimo duca Sforza fece cadere i propri sospetti su Pallavicino Visconti (i cui fratelli avevano appena attentato alla vita del principe), il figlio di Francesco Bernardino abate di San Celso come già lo zio Leonardo e vescovo di Alessandria fu incarcerato e confiscato137, mentre dal palazzo di San

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Giovanni in Conca furono prelevati «in una altra capsa [...] teste 2 de marmoro in la tavorella; quadri 2: uno ha depinto Nostra Dona, l’altro Lucretia romana»138. Le due teste di marmo scolpite sopra un’unica lastra ricordano l’iconografia dei ritratti funebri romani, rilanciata (se mai si spense la fortuna di questa tipologia rappresentativa) dalle xilografie dell’Hypnerotomachia Poliphili e dalle celebri scul- ture di Tullio Lombardo139. Se in parte stupisce l’accostamento di una Vergine al più profano soggetto della Lucrezia, il sistema di conservazione delle opere in una cassa porta a pensare che il dipinto ritraente l’eroina romana, più che a evocare le laudate opere di Bramantino sul tema140, possa rimandare a tavolette modella- te sui modelli firmati alla greca di Marco d’Oggiono141, un pittore non estraneo agli entourages delle famiglie Visconti e al cantiere di Santa Maria della Pace142. Simbolo di fedeltà coniugale, il soggetto doveva avere un’ampia diffusione in Mi- lano, attestata non solo dagli esercizi di Bramantino e Marco d’Oggiono, ma an- che dal quadro conservato nel 1522 in casa di Lucrezia Grassi Figino un «qua- dro grande dorato con uno tondo in mezo con una Lucretia depinta con 4 altre figure», sul quale si è già soffermata Rossana Sacchi. L’opera della Figino non do- veva essere però un dipinto, ma un raffinato intaglio indorato da studiolo rap- presentante la virtuosa donna omonima della proprietaria143. Considerato l’uso e la tipologia del soggetto, il quadretto poteva risalire a qualche anno prima ed es- sere stato un dono di Francesco Bernardino alla consorte Maddalena Pallavicini rimasto poi in eredità al figlio della coppia. Nulla si conosce poi del «palatium amplissimum filiorum Francisci Bernardini Vicecomitis» di Rho, incendiato dagli svizzeri nel 1512 e ricordato solo dal cronachista comasco Francesco Muralto con una frase sintetica che apre affascinanti prospettive nell’uso aulico e raro del te- mine «palatium» per un edificio suburbano144; utilizzo che rimanda all’elegante Cassina Bianca di Gaspare Ambrogio Visconti a Vignate145. A prescindere dal vuoto sulle commissioni profane dell’aristocratico Visconti, il patronage di Francesco Bernardino risulta un caso esemplare. Dalla periferia al- la capitale e viceversa, da Treviglio a Milano, da Milano a Varese, da Gallarate a San Giorgio Lomellina, il gentiluomo riuscì a segnare con l’impresa del biscione una serie di spazi sacri vecchi e nuovi utili per conservare la tradizione famiglia- re, ma importanti anche per aprire nuove vie alle fortune della famiglia, ed ebbe probabilmente più di un’occasione per coordinare importanti commissioni artisti- che, ma verosimilmente anche nel contribuire al diretto spostamento di artisti da un capo all’altro del dominio sforzesco. Bisognerà tornare su queste questioni per

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comprendere forse anche l’evoluzione del cantiere di Santa Maria presso San Cel- so in Milano, dove era abate Leonardo Visconti fratello di Francesco Bernardino. Pur convinto filosforzesco, l’energico abate entrò più volte in contrasto con Lu- dovico il Moro per la gestione di questo cantiere dove, forse non a caso, fu chia- mato in causa che, come il Butinone più volte suo collaborato- re, era originario di un’area geografica dove era forte l’influenza dei Visconti di Brignano146.

38 Sulle ceneri della domus di Cicco Simonetta: Bramante e Gaspare Ambrogio Visconti

Il 10 aprile 1472 si stipulava in Milano, nella casa di Cicco Simonetta «in ca- mera superiori Sibillarum», l’accordo di matrimonio tra il giovane Ambrogio Vi- sconti, poi noto come Gaspare Ambrogio147, e Cecilia Simonetta figlia del primo segretario148. Il documento fregiato in margine con un biscione visconteo è vero- similmente una porzione dell’archivio privato di Gaspare Ambrogio passato con l’eredità del figlio Girolamo alla Fabbrica del Duomo149. Con questo matrimonio il Simonetta, che si era già sposato con una Visconti di Jerago150, tendeva a raf- forzare la propria posizione politica stringendo un legame matrimoniale con un ramo visconteo ancora più prestigioso e discendente dal potentissimo e ricco con- sigliere Gaspare senior151. Con la menzione della stanza delle Sibille si apre uno squarcio sull’elegante casa milanese di Cicco. Sita in porta Comasina, parrocchia di San Tommaso in Terramara, affacciata sulla contrada Solata (ora via Broletto, 35), la dimora del segretario era stata costruita mediante l’accorpamento di diversi sedimi tra il 1453 e il 1461152. Non esiste un bilancio dettagliato della vita del Simonetta e tanto meno un suo profilo come committente, ma indubbiamente il primo segretario doveva essere un mecenate di alto livello153. Evidenti tracce delle sue imprese emergono da questo scarno accenno agli affreschi delle Sibille, forse posti a de- corare il salone superiore «picto» prospettante la corte interna del palazzo. Il ci- clo delle dodici profetesse poteva essere ispirato a quello celebre (ante 1434) del palazzo Orsini di Montegiordano a Roma, dove non esistevano solo i trecento

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eroi della famosa sala del teatro affrescati da Masolino da Panicale, ma anche una stanza delle Sibille rappresentate su troni lungo le pareti154. Forse su fondi di verzure sfilavano invece le donne «con lo scripte prophecie» dipinte ante 1447 nella camera di Leonello d’Este alla delizia di Belriguardo155, e similmente, sem- pre a Ferrara, si stagliano ancora sul fondale di un giardino le Sibille della casa di Giovanni Romei, ricco mercante imparentato con gli Este156. Quale di questi modelli avesse ispirato il ciclo Simonetta, l’accenno alla camera evidenzia l’ele- ganza del primo segretario e la sua volontà di aggiornare le scelte iconografiche per la sua dimora milanese stando al passo con luoghi divenuti immediatamen- te punti di riferimento normativi per la decorazione di interni in tutta la peni- sola157. Altri indizi sulla ricercatezza del palazzo Simonetta derivano da una stima del complesso eseguita dagli ingegneri Giovanni Solario e Pietro Rottoli nel 1481, quando il potente politico era già caduto in disgrazia ed era stato decapitato. Ne emerge l’immagine di un edificio con torre, comprendente una ventina di locali in parte dipinti, raggruppato attorno a un cortile/atrium porticato e affacciato su un ampio giardino interno all’isolato158. Decisamente significativa l’annotazione re- lativa a la «salla che responde sopra la corte granda in la qualle salla si è dipin- ta lo spoxaletio del duca Galiazo»159, ricordata in un altro documento come «sa- la domus anteriori depicta ab historia illustrissimi quondam domini domini ducis Galeaz»160. L’attestazione del ciclo dipinto nel salone terreno del palazzo, non so- lo costituisce una preziosa testimonianza della pittura di storia a Milano, ma si raccorda alla perfezione con la decorazione progettata sotto gli anni di Galeazzo Maria per il castello di Pavia. Sebbene l’intervento diretto del duca sia palese nei progetti pavesi o milanesi, Cicco Simonetta sembra essere stato il referente co- stante di tutte le commissioni di questi anni161. Il rinnovo pittorico del maniero pavese era stato affidato al pittore di corte cremonese Bonifacio Bembo e preve- deva162, tra l’altro, la realizzazione di un affresco rappresentante:

lo sposamento facto de la illustrissima madona duchessa per mezo del magnifico Tristano [Sforza] in presenza de la maiestà del re e de la regina di Franza continuando el camino como la monta in mare, descende ad Zenua et lo signore gli andò incontra; el zonzere ad Milano, la solenità se feci dinanci al Domo, la presentatione de li feudatarii; la venuta ad Pavia et mutatione del habito francese in lombardo163.

40 SULLE CENERI DELLA DOMUS DI CICCO SIMONETTA

Si trattava della raffigurazione di un momento chiave della politica del duca e di Cicco tramite il quale si erano riannodati i legami con le corti di Savoia e di Francia. Come attestato da una lettera del 1469, ad occuparsi della commissione per le stanze di Bona di Savoia era stato direttamente il Simonetta164. Non è im- probabile che la stessa bottega di Bonifacio Bembo avesse riutilizzato i medesimi cartoni pavesi per affrescare nella casa di Cicco un identico ciclo di storie. Le pit- ture bembesche dovevano alternarsi a guizzi di gusto antiquario considerato che Andrea Alciati – il quale non mancò di avere contatti con i nipoti Visconti del Simonetta165 – rammentava nelle case già di Cicco gli egregi marmi antichi lavo- rati con perizia posti probabilmente a decoro della corte e del giardino166. Quello con il Bembo non è l’unico contatto artistico noto di Cicco Simonet- ta. Qualche anno prima (1460) le stanze del segretario nella corte dell’Arengo era- no state affrescate da Cristoforo Moretti167, un altro pittore di corte cremonese affascinato dai colori, dagli ori e dagli esili lineamenti tardogotici. Il Moretti non era stato nemmeno estraneo all’ambiente di casa Visconti. Proprietario di una ca- sa sita sulla piazza del castello, il pittore era di fatto dirimpettaio dei signori di Fagnano e Fontaneto e fu forse chiamato con la sua bottega da Filippo Maria Vi- sconti, prozio di Gaspare Ambrogio, ad affrescare l’oratorio dei Santi Fabiano e Sebastiano all’interno del castello di Fontaneto d’Agogna168. Una commissione vi- scontea in terra novarese avrebbe potuto anche aprire i contatti che portarono l’artista a lavorare al tramezzo di San Nazzaro alla Costa (il centro dei minori os- servanti a Novara)169, mentre – forse contemporaneamente – lo stesso Bonifacio Bembo operante a fianco di e Giacomino Vismara lavorava al tramezzo di San Giacomo alla Vernavola a Pavia alternando, alla fattura dei ri- quadri con le Storie di Cristo eseguiti per i francescani, la realizzazione dei com- plessi decori per la cappella ducale pavese170. Non è questa comunque la sede per tracciare i vari passaggi della commis- sione di Cicco Simonetta. Interessa però il fatto che l’anziano segretario fu vero- similmente all’origine di alcuni rapporti significativi per le avanguardie culturali e i mutamenti del gusto nella Milano degli anni ottanta del XV secolo. Iniziarono verosimilmente tra le Sibille, le Historie picte (forse sontuosamente bembesche) e le raccolte di lapidi romane di casa Simonetta le relazioni e le amicizie di tre ba- roni di Lombardia amanti delle lettere e della poesia: il maturo Gian Giacomo Trivulzio e i più giovani Antonietto Campofregoso e Gaspare Ambrogio Viscon- ti. E i tre beneficiarono senz’altro anche della grandiosa biblioteca di Cicco, ri-

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cordata perfino in uno dei testamenti del segretario e sottoposta a un inusuale di- vieto di alienazione171. Raccogliendo le confidenze del Magno Trivulzio, l’ambasciatore veneto Carol- do aveva registrato nella sua relazione che Gian Giacomo: «ebe gran favor da mes- ser Cecco Simoneta»172. Non si conoscono componimenti poetici o letterari del Tri- vulzio, ma è indubbia la sua passione per la poesia ricordata da svariate fonti173. Gian Giacomo era stato anche protettore di Pietro Antonio Piatti, detto Piattino: il poeta sfuggito alle ire di Galeazzo Maria presso la corte di Urbino riportando poi a Milano dopo l’assassinio del duca il ricordo affascinato del cromatismo di Giovanni Bellini174. Già oggetto di rifacimenti durante gli anni sessanta e settanta del XV secolo, l’avito complesso abitativo trivulziano di via Rugabella a Milano fu riformato a metà degli anni ottanta secondo un gusto antiquario con l’intervento del pittore Matteo de Fedeli e dell’architetto urbinate Donato Bramante. I due la- vorarono alla Camera d’oro, un locale quadrato e terreno del palazzo, dove si rea- lizzava una «roda» o «rotta»175: non un desco o tavolo da libreria come interpre- tato da Charles Robertson, ma il nucleo di un’elaborata decorazione da soffitto («il cielo in soffitto di larice; a quela vi sono diverse imprese di casa Trivultia con in- tagli ribeschi adorati con una rota grande di rilievo nel mezzo di detto soffitto ado- rata») caratterizzata da un oculo dorato sfondante l’impalcato ligneo. Qualcosa da immaginarsi non dissimile allo sfondato poligonale raffigurato nella prima campa- ta dell’“incisione Prevedari”. Di fatto una sorta di mantegnesca Camera degli sposi realizzata in tre dimensioni e messa completamente in oro176. Antonietto Campofregoso detto «Fileremo», destituito signore di Carrara, fu allevato in casa di Cicco Simonetta. Poeta raffinato, fu amico di Gaspare Am- brogio Visconti e di Bartolomeo Simonetta (figlio di Giovanni e nipote ex fratre di Cicco)177. Per integrarsi nella compagine milanese Antonietto fu fatto sposare con una Visconti di un ramo secondario, Fiorbellina Visconti di Besnate, legan- dosi comunque alla grande agnazione viscontea178. Se la residenza campestre del Campofregoso era la villa di Colturano, a soli sette chilometri dai casali di Ga- spare Ambrogio a Zeloforamagno, in Milano il poeta abitava nella parrocchia di San Giovanni alle Quattro facce in una casa sita in via Del Lauro accanto alla di- mora del segretario ducale Giovanni Simonetta, autore della Sforziade, e a due passi dal palazzo di Cicco; nel 1504 lasciando definitivamente la città per il suo rifugio silvestre, Antonietto affittava la propria casa a Ludovico Tolentino179, fra- tello dell’altro barone letterato Giovanni180. Come il Visconti, il «Fileremo» fu in

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ottimi rapporti con Bramante: i due erano accomunati (ma nei versi si cela forse anche un riferimento a Gaspare Ambrogio) in fraterna compagnia tra le rime di un sonetto del Cammelli181. Il legame con Gian Giacomo Trivulzio era talmente forte che in un testamento giovanile, dopo la morte di Cicco e trovandosi senza prole legittima, il Campofregoso nominava il Magno come erede universale delle proprie ricchezze182. Infine, come accennato sopra, Gaspare Ambrogio era genero del primo se- gretario. Da questa parentela il giovane Visconti acquisì negli ultimi anni settan- ta del XV secolo una posizione di prestigio, tale da riverberarsi perfino nelle in- titolazioni degli atti notarili: nel 1478 era ad esempio ricordato, invece che con il solito patronimico, come «ducalis aulicus et camerarius, generus magnifici et po- tentissimi militis domini Cichi Symonete primi consiliarii»183. I rapporti con il Campofregoso sono attestati, meno evidenti quelli tra il Visconti e il Trivulzio, ma forse non è casuale – specie in riferimento a quanto si scrive di seguito – che fos- se tutore del giovane Gaspare Ambrogio, fungendo spesso da suo procuratore, un certo Ambrogio Rovera («de la Rupore» di Casorate)184, che era indicato anche come «factorem» di Gian Giacomo Trivulzio quando quest’ultimo, a Napoli per le nozze con Beatrice d’Avalos, stava facendo completare la Camera d’oro con l’au- silio di Matteo de Fedeli185. Ancora prima di prendere di fatto Bramante in casa propria, dando il via a un’esperienza di mecenatismo dai risvolti sconvolgenti per la storia dell’arte milanese, Gaspare Ambrogio si dimostrava legato al cantiere del- le sperimentazioni bramantesche in Milano: San Satiro. Tra la fine dell’ottavo e l’inizio del nono decennio del Quattrocento, in un angusto isolato del quartiere milanese di porta Romana, i confratelli della Scuola di Santa Maria presso San Satiro – tra i quali, come si annota nel capitolo seguente, era presenta almeno un Visconti del ramo di Somma – avviarono i lavori per la costruzione di una nuo- va chiesa, sita accanto al vecchio sacello paleocristiano di San Satiro, e profon- dendo grandi energie nel chiamare all’opera una serie di artisti aggiornati; com’è noto tra i consiglieri alla fabbrica comparve Bramante186. Gaspare Ambrogio Vi- sconti con il testamento del settembre 1483 legava «in fabricando, seu construendo» la nuova chiesa di San Satiro la somma di 400 lire imperiali annue e per ben ven- t’anni187. L’aristocratico dimostrava così di essere pienamente al corrente di quan- to avveniva nel cantiere e di sostenere i progetti di rinnovo del centro religioso. Dunque, quando Bramante faceva la sua prima comparsa a San Satiro sul chiu- dersi del 1482, il Visconti doveva essere già inserito nel progetto devozionale di

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quella scuola (anche se formalmente, come gli altri gentiluomini milanesi, Gaspa- re Ambrogio non entrò mai fra le fila della confraternita). Per l’occasione, testi- mone a una compravendita di beni per l’ampliamento del cantiere, il Bramante era registrato come residente nella parrocchia milanese di San Giovanni alle Quattro facce188. Come ben evidenziato in un saggio di Richard Schofield di qualche anno fa, l’architetto urbinate non acquistò né locò mai casa in Milano, risiedendo co- stantemente in casa dei propri committenti189. Si è sopra annotato come presso la parrocchia di San Giovanni alle Quattro facce sorgevano l’una accanto all’altra le abitazioni di Antonietto Campofregoso e Giovanni Simonetta che si candidano ad essere quelle ospitanti Bramante durante i primi lavori a San Satiro. I contatti stabiliti a Milano da Bramante durante gli anni ottanta del Quat- trocento sembrano trovare nodo comune in un unico ganglio, quello degli eredi spirituali del clima creatosi in casa Simonetta nel decennio precedente. Prima an- cora di entrare in contatto con la corte, tutte le frequentazioni dell’urbinate sem- brano vincolate a questo importante gruppo di potere e di cultura. Sono per al- tro noti gli stretti contatti intrattenuti tra il primo segretario Cicco Simonetta e il duca di Urbino Federico da Montefeltro190. Con l’inizio della reggenza di Bona di Savoia fu il primo segretario a volere fortemente in Milano il duca d’Urbino «contra l’oppinione d’ognuno» per la condotta generale che poi fu affidata a Lu- dovico Gonzaga; in questo frangente dalle Marche non mancarono di arrivare messi e famigli del duca in forma più o meno privata a Milano e presso la casa di Cicco. Tra questi il notaio Matteo Benedetti, al quale il Montefeltro inviava una lunga lettera nell’estate del 1477 descrivendo le proprie preoccupazioni per la si- tuazione politica italiana e raccomandando il sostegno agli interessi del Simonet- ta anche con l’accorata conclusione: «io non amo mancho le cose de la magnifi- centia de messer Cicho et di nostri comuni figlioli, et precipue del mio meser Gioanne Iacopo, che el stato et la vita propria»191. Si delinea un quadro di rela- zioni Milano-Urbino passanti per la domus di Cicco Simonetta talmente forte da filtrare nei versi di Giovanni Santi, il pittore padre di Raffaello, che dedicava mol- ti versi al potere di «Ceccho» e alla tragedia della sua caduta192. Non sorprende dunque il ritrovare a Urbino tra i «figliuol sbanditi» del Simonetta, Giovanni Gia- como residente presso il duca almeno fino al 1481 a fare rogare atti da quel Mat- teo Benedetti che aveva frequentato il palazzo milanese anni prima193. E proba- bilmente la contemporanea richiesta del duca di Urbino al Moro di avere in con- segna gli atti del processo del primo segretario era dovuta alla protezione che il

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signore marchigiano aveva accordato come padrino al primogenito di Cicco194. Con questo contesto, se tra il 1476 e il 1479, nel suo peregrinare per Lom- bardia, il giovane pittore urbinate Donato Bramante avesse voluto per «vedere al- meno qualcosa di notabile» (per usare le parole di Vasari) passare da Milano, la casa e la cancelleria del primo segretario avrebbero costituito un polo di attra- zione pressoché inevitabile195. È certo che nel suo momento di maggior prestigio e potere quasi assoluto (1477-1479) il vecchio Simonetta ebbe, ancor più che ne- gli anni precedenti, la possibilità di fagocitare presso la propria dimora milanese uno stuolo di artisti i cui nomi sarebbe utile un giorno rintracciare. L’atmosfera che si doveva respirare in questi anni nel palazzo del primo segretario era tale da poter anche eventualmente influire sulla formazione dell’urbinate e, come si è vi- sto, dai cenacoli Simonetta nacquero di fatto tutti i contatti di Bramante per gli anni del suo documentato soggiorno milanese. A segno delle spropositate ambi- zioni manifestate dall’anziano Cicco, sempre la stima del 1481 evidenzia l’esisten- za di un’ampia ala della casa in costruzione. In particolare, a separare le case par- ve verso San Tommaso dal corpo di fabbrica principale prospettante la contrada Solata (via Broletto), si stava costruendo «la salla aperta sopra l’orto» con sei co- lonne di sarizzo «integre» e due semicolonne tutte con «capitelli de marmoro» sovrastata da una sala nuova non finita. L’ala aggiunta era di proporzioni monu- mentali e differenti rispetto al resto del complesso (diverse le altezze dei solai tra i corpi di fabbrica nuovi e vecchi); doveva costituire una sorta di scenografico fondale al giardino interno. L’effetto finale avrebbe potuto non essere dissimile – vicine le dimensioni, ma ovviamente ci si deve muovere con cautela essendo per- duto il palazzo milanese – alla loggia delle dame costruita quasi una ventina di anni dopo nel castello di Vigevano196. Il porticato con sovrastante salone fu im- mediatamente snaturato venendo frazionato tra coloro che occuparono per dona- zione ducale le varie parti della domus di Cicco, ma traccia dello spazio da esso occupato si legge ancora nelle mappe catastali ottocentesche197. Dal canto suo, Gaspare Ambrogio Visconti una volta accasato con Cecilia Si- monetta abitò in una piccola casa nella contrada del Borgo di San Giovanni sul Muro (attuale via Puccini, 3)198. Dall’altro lato della strada sorgeva il grande pa- lazzo del nonno Gaspare senior in parte passato in proprietà allo stesso Gaspare Ambrogio199. Con una famiglia che diventava anno dopo anno sempre più gran- de e con l’ambizione di vivere in una casa comoda e dal gusto aggiornato, la pro- lifica coppia di sposi vendette la casa di San Giovanni e si trasferì in un quartie-

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re decentrato rispetto ai luoghi della corte, alle spalle del complesso monastico di Sant’Ambrogio. Nel 1486 il Visconti acquistava dagli eredi di Giovanni da Vare- se, un cortigiano decaduto con il cambio di governo, una serie di sedimi già co- struiti siti in porta Vercellina, parrocchia di San Pietro in Camminadella200. In que- ste case, dalla primavera dell’anno seguente, abitò Donato Bramante. Il comples- so residenziale ristrutturato comprendeva vasti cortili, uno dei quali di rappresen- tanza, porticato su tre lati con al centro una fontana dotata di statue e completa- mente affrescato con suggestioni trompe l’œil: «in casa Panigaroli, tre ad una fi- nestra finta dipinti da Bramantino» annotava riferendosi agli originali decori quat- trocenteschi del cortile il religioso Valerio nelle sue bozze per una guida artistica di Milano201. Nell’ala verso il giardino alle spalle del portico, al piano superiore Bramante dipinse la «camera de li baroni» rappresentando tra illusionistiche ar- chitetture perfettamente scorciate i ritratti dei frequentatori del cenacolo di Ga- spare Ambrogio Visconti. In una stanza attigua, forse quella della «scola», sempre Bramante affrescava sopra una porta le immagini di Eraclito e Democrito202. Que- st’ultimo dipinto poteva in qualche modo consacrare l’amicizia tra Antonietto Cam- pofregoso, il Visconti e Bramante considerato che Antonietto dava alle stampe nel 1505, ma il testo poteva risalire a qualche anno addietro, un poemetto del mede- simo soggetto recante in prefazione degli epigrammi di Francesco Tanzi e di Bar- tolomeo Simonetta, anche questi ultimi assidui frequentatori di casa Visconti203. I lavori di Bramante in questa casa ebbero immediato riscontro nelle opere di pit- tori milanesi maturi e affermati come Foppa, Butinone e Zenale204, e furono ve- rosimilmente un eccellente biglietto da visita del pittore e architetto per il suo in- gresso alla corte milanese. Gaspare Ambrogio non si limitò a investire nell’abbellimento del suo palazzo milanese, ma sempre in chiave profana si interessò della ricostruzione di un ca- scinale di campagna trasformandolo in una delle più belle ville del Quattrocento lombardo. Ricordato anche da Bandello come sede dei convivi di Girolamo Vi- sconti (figlio di Gasparo Ambrogio) il «magnifico palazzo de la Casa Bianca»205 era una residenza sita a una quindicina di chilometri da Milano, lungo la strada che conduceva dalla capitale a Cassano d’Adda, presso Vignate in pieve di Gor- gonzola. La villa ora completamente distrutta non ha avuto molta fortuna negli studi sul Visconti206. Il suo aspetto è noto solo attraverso due relazioni dell’ar- chitetto milanese Andrea Fermini risalenti agli anni quaranta del XX secolo207. A queste notizie si integra la descrizione sommaria del complesso realizzata nella pri-

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mavera del 1499 poco dopo la morte del poeta: si tratta di un importante ante quem per attestare la costruzione e decorazione del complesso208. Inserita in una grande fattoria con osteria annessa, la villa era un edificio pres- soché cubico sviluppato su due piani e circondato da un muro delimitante un cor- tile interno protetto da quattro torri-colombai. Su tutte le fronti spiccavano gli stemmi viscontei con la biscia alternati al leone di casa Simonetta. Il corpo cen- trale si sviluppava intorno a un salone in volta lungo quanto tutto l’edificio e af- fiancato da tre locali per parte. Al primo piano la pianta si ripeteva ruotata di no- vanta gradi e il salone centrale era coperto da impalcati lignei finemente decora- ti con il centro sfondato da un oculo come nell’“incisione Prevedari” e nel pa- lazzo di Gian Giacomo Trivulzio. Tutta la residenza era caratterizzata da un’esuberante decorazione interna. Il salone terreno era decorato con emblemi araldici nelle lunette delle volte. A ri- cordarlo era lo stesso architetto Fermini che segnalava diversi particolari della de- corazione, mentre si soffermava a descriveva la qualità degli intonaci:

la tecnica dell’affresco praticata in queste due gallerie si distingue da quella adottata in generale nel palazzo – è ottima – il dipinto è fatto su intonaco liscio a lama di cazzuola e nell’impasto della stabilitura vi è della polvere di marmo (carbonato di calce) e la pittura dà l’effetto di un encausto. Tanto che l’imbiancatura sopra postavi non venne assorbita e quindi in molte parti non aderente, come si rileva facilmente sugli stemmi a testa di cavallo delle lunette209.

Il salone superiore presentava invece un più complesso decoro nel quale tor- navano una serie di ritratti forse non dissimili a quelli del palazzo milanese di Ga- spare Ambrogio:

Vaghezza e vivacità presentavasi nel delizioso fregio dell’imposta del soffitto che risulta nella sola parte andata distrutta con la demolizione dell’impalcatura in legno. Maestosa e veramente imponente riesciva l’ampia fascia del fregio che si stendeva lungo tutte le pareti come un arazzo distesovi e fissato con borchie e motivo a schema geometrico in riquadri ed ampi dischi nei quali figuravano ritratti di personaggi contemporanei. Nella fig. 12bis, che è lo schizzo di chiarimento di

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particolari non bastevolmente percettibili dalla fotografia, è da rilevarsi l’orditura geometrica di questo grandioso fregio ad ampi riquadri e tondi come quelli che predilesse Bramante per elemento decorativo di pari semplicità grandiosa purezza che rifulge nella sua architettura210.

Erano però le camere angolari di ambo i piani a sfoderare la decorazione più interessante. Sempre il Fermini annotava:

La fig. 13 presenta la fotografia di uno di essi posto al piano superiore; questo salotto era coperto da volta nella tipica forma ad ombrello con lo sdoppiamento della lunetta agli angoli della parete, ed elevazione in curva dello spigolo rientrante, invertito in sporgente, e convergente all’incontro a metà dell’arco pensile della veletta d’angolo. Col togliere dello strato d’imbianco alle pareti ed alla volta apparve la ricca esuberante decorazione pittorica di fregi di maturo rinascimento in tal numero e varietà di motivo da compendiare tutti quanti vennero in fioritura all’immediato apparire del millecinquecento, e completate con ampie vedute panoramiche sulle pareti; delle quali interessante riesciva quella di Milano in cui si rilevava nello scorcio del la Torre del Filarete distrutta nel 1521211.

Integrando quanto descritto dall’architetto con l’inventario del 1499 risulta che i salotti laterali erano dedicati ciascuno alla rappresentazione di una diversa città. Genova, Rodi, Firenze e Napoli al piano terreno e Gerusalemme, Milano e Ro- ma al piano superiore212. La villa di Gaspare Ambrogio Visconti era dunque stata affrescata con un com- plessivo programma di vedute urbane. Questa tipologia di decori non era un’ec- cezione nel panorama italiano del Rinascimento, specie da quando papa Innocen- zo VIII aveva fatto realizzare, tra il 1484 e il 1487, la loggia delle città nel palaz- zo di Belvedere in Vaticano. Ad essere qui rappresentate alla fiamminga (cioè a volo d’uccello) erano le città di terra, cioè Roma, Milano e Firenze, e quelle di ma- re: Genova, Venezia e Napoli213. Nel 1485, anche Eleonora d’Aragona duchessa di Ferrara aveva voluto nei propri appartamenti del palazzo urbano una veduta di Napoli (città natale della dama) incorniciata da un poggiolo illusionistico214. Era però nel piccolo stato gonzaghesco che l’esperimento brianzolo di Gaspare Am-

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brogio Visconti trovava il suo più interessante parallelo. Tra il 1493 e il 1494, ten- tando di accaparrarsi anche qualche artista di rilievo, i marchesi di Mantova fece- ro realizzare una serie di vedute urbane, ora ad affresco ora dipinte su teleri, per la decorazione delle residenze di Gonzaga e Marmirolo. Le città coinvolte erano Costantinopoli, Roma, Firenze, Napoli, Venezia, il Cairo, Genova, Gerusalemme e Parigi215, mancava significativamente Milano così come a casa del Visconti manca- va Venezia: il marchese era allora al soldo del dominio veneto e i rapporti tra la città lagunare e la capitale visconteo-sforzesca erano come sempre tesissimi216. È inutile al momento cercare di stabilire quale di queste iniziative abbia avuto la pre- cedenza sulle altre. Comunque il ciclo della villa di Vignate risulta senz’altro una notevole attestazione, non solo della fortuna di un modello decorativo per gli in- terni rinascimentali, ma soprattutto perché nella residenza di campagna alle porte di Milano il tema delle vedute urbane finiva per catalizzare la decorazione di un intero edificio e non solo di una stanza o di un appartamento. Inoltre la commis- sione vignatese non risultava essere sponsorizzata da un principe regnante, ma da un colto aristocratico milanese: un altro dato da soppesare per comprendere l’in- fluenza di un Visconti nel panorama artistico del ducato di Milano e probabilmente anche oltre i confini dello stato sforzesco. Non è possibile, in assenza di dati materiali più concreti riguardanti la Cascina Bianca, attestare la presenza di Bramante nel cantiere come architetto o pittore, ma quanto emerge dalle carte sembra arricchire il panorama del patrocinio artistico di Gaspare Ambrogio Visconti rendendo ancora più complesso il quadro della pre- senza milanese dell’urbinate. I rapporti tra Bramante e il Visconti risultano signifi- cativi per comprendere il livello di mecenatismo raggiunto da questi grandi aristo- cratici appartenenti alla schiatta più importante della città ambrosiana. Durante il penultimo decennio del XV secolo, era stato di fatto il Visconti con i suoi amici e clienti (tutti eredi spirituali del ricercato ambiente di casa Simonetta), e non il Mo- ro o i suoi cortigiani, a dettare le avanguardie del gusto milanese e a contribuire in maniera determinante alla creazione di quel clima che la corte sforzesca ereditò nel decennio seguente cristallizzandolo in una sorta di “stile di stato”. Ed era di nuo- vo un Visconti a entrare in proficua competizioni con i signori padani tenendo vir- tualmente testa anche ai Gonzaga nello sponsorizzare opere d’arte profana per i proprio palazzi di città o di campagna. Come si annota in un prossimo capitolo, ai figli di Gaspare Ambrogio sarebbe spettato il compito di prestare più attenzione al- la conservazione della memoria famigliare negli spazi sacri.

49 Un’ancona dorata per Somma Lombardo e la bottega milanese di Antonio Raimondi

Una committenza sospesa tra «antico» e «moderno» Il capitolo sulla committenza dei Visconti di Somma Lombardo si apre ideal- mente con un codice miniato assai significativo. Si tratta, per riallacciarsi al clima culturale della casa di Gaspare Ambrogio Visconti al quali si è fatto cenno nel precedente capitolo, di un manoscritto del Canzoniere petrarchesco, oggi conser- vato alla Biblioteca Trivulziana. Sovrastato da una scena figurata rappresentante Laura che incorona Francesco su un fondale architettonico con scorcio di pae- saggio e città, il celebre sonetto proemiale è incorniciato da pesanti racemi rosa e pervinca su fondo oro. Tra i fiori e la vegetazione si inseriscono sette meda- glioni, sei dei quali circondati da corone di lauro. I quattro angolari presentano a monocromo su fondo bronzeo dei ritratti romani (Nerone, Marco Agrippa, Giu- lio Cesare e Traiano)217. Nei due laterali mediani sono raffigurati invece un le- vriero che azzanna una lepre e un unicorno nel recinto. Il clipeo centrale in bas- so sfodera la vipera viscontea con la scritta in capitali antiche «Franciscus Vice- com[es]». L’atmosfera è sospesa tra il retaggio gotico cortese delle cacce e ani- mali da bestiario e le invadenti immagini dei cesari antichi218. Una mescolanza di modi «così degl’antichi come de’ moderni» additata anche dal Vasari – nella vita di Antonio Averulino, detto Filarete, architetto fiorentino attivo a Milano – come una caratteristica delle arti di buona parte del Quattrocento. Dove l’uso del ter- mine «moderno» intende gli stilemi e i bagliori del gotico al tramonto, mentre per maniera «antica» si indica l’aggiornato uso dei modelli della romanità219.

50 UN’ANCONA DORATA PER SOMMA LOMBARDO

La commistione di elementi legati alla tradizione da un lato e al rinnovato gu- sto antiquario dall’altro denotavano sia lo stile del maestro autore del codice che il gusto del committente. Denominato Maestro delle Ore Birago – eponimo il Li- bro d’Ore realizzato per un membro di questa famiglia ora conservato a Ginevra – e formatosi in ambito pavese accanto a Belbello, l’anonimo miniatore risulta at- tivo tra il settimo e il nono decennio del XV secolo. Non alieno dalle innovazio- ni filoferraresi che investono la corte di Galeazzo Maria Sforza tra i cantieri pa- vesi e milanesi, merito anche i soggiorni sforzeschi di Baldassarre d’Este, l’artista si trova assai prossimo a esperimenti pittorici come quelli messi in gioco a Pavia nella cappella del collegio Castiglioni commissionata dal vescovo di Como Bran- da juniore220. Francesco Visconti, il committente del codice petrarchesco, è verosimilmente da identificare invece con il signore di Somma Lombardo e Agnadello, figlio di Battista e di Regola Galeazzi, vissuto a Pavia, dove si addottora in ambo i diritti tra il 1439 e il 1445, commissario ducale a Cremona nel 1452 e membro del con- siglio segreto, almeno fino ai contrasti intercorsi con il duca Galeazzo Maria (1467)221. Il Petrarca non doveva essere l’unico libro miniato nella biblioteca di Francesco. Alla morte dell’omonimo nipote ex filio (1531) nel palazzo Visconti era presente tra una novantina di testi anche: «offitio uno coperto de veluto ne- gro col sacheto de corio» e «offitio coperto de corio negro», verosimilmente pic- coli e preziosi manoscritti; di Petrarca invece era conservato solo un De Remediis utriusque fortune considerato che il Canzoniere miniato era stato donato a prete Angelino della Valle, verosimilmente uno dei tanti cappellani di casa222. Per ad- dentrarsi nei legami della famiglia con l’arte, quando il Visconti si trovava a Cre- mona (1452) si faceva intermediario di un progetto suntuoso per l’erezione di un arco trionfale ispirato alla tradizione classica («ut Romani antiquitus faciebant») in onore di e Francesco Sforza223. Ad interessarsi della pro- gettazione del monumento comparve a Cremona il Filarete, l’architetto fiorentino che da lì a poco fu coinvolto nella ristrutturazione del palazzo milanese dei Bos- si donato a Cosimo de Medici; edificio che si trovava a soli pochi metri dalla ca- sa milanese di Francesco Visconti nella medesima parrocchia di San Tommaso al- la Croce dei Sicari (o in Terramara)224. A partire dal 1457 Francesco e suo fratello Guido presero a ricostruire in- tegralmente anche i più importanti spazi sacri della loro signoria di Somma Lom- bardo. A questa data risalgono i primi accordi tra i signori Visconti e i capo-

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mastri luganesi per la ricostruzione integrale della chiesa capopieve di San- t’Agnese a Somma. Il fabbricato antico fu demolito per il contemporaneo am- pliamento del castello di famiglia e la nuova aula fu eretta più a sud della pre- cedente, a costituire un nuovo polo per il piccolo centro abitato che di lì a po- co sarebbe stato frazionato nettamente in due parti assegnate ai due fratelli225. Come esplicitato nei patti del 1457 (rinnovati nel 1459) la chiesa fu costruita «iuxta formam ecclesie Sancti Angeli site extra portam Cumanam Mediolani». Ovvero secondo la peculiare struttura della chiesa milanese dei francescani os- servanti da poco completata226. Si trattava di una struttura semplice con archi traversi e capriate lignee legata alla pratica costruttiva della tradizione lombar- da e adatta al rigore francescano227. L’indicazione di gusto e di stile data dai Vi- sconti segna anche quella che divenne una costante all’interno della devozione famigliare: il rapporto preferenziale con l’osservanza francescana (sul quale ci si sofferma nel prossimo capitolo). Contemporaneamente, nel 1458, i fratelli Vi- sconti avviavano anche la ricostruzione di Santo Stefano a Mezzana, altra chie- sa pievana delle loro terre228. A dimostrare nuovamente la famigliarità della casata sia con le esperienze ar- tistiche milanesi che con quelle cremonesi, anche Guido, rivestendo qualche an- no dopo la medesima carica del fratello Francesco a Cremona, si propose a cor- te come mecenate, anche se in toni meno monumentali. Scrivendo al duca Gale- azzo Maria nel 1471 – si tratta di un momento di svolta per le commissioni del- lo Sforza che iniziava a pensare in grande per la decorazioni del castello milane- se e per la sistemazione della cappella ducale con i famosi cantori oltremontani229 – Guido Visconti gli raccomandava il prelato cremonese Carlo Maineri che «es- sendo venuto a ripatriare» (sarebbe bello sapere da quale altra corte) poteva pre- stare ora i propri servigi a Milano sia come «bonissimo musico, maxime in l’arte organica» che nello «scrivere antiquo et moderno»230. Degna di nota è l’attenzione mostrata da Guido verso il gusto dell’«antiquo et moderno» nell’importante ambito della calligrafia ed epigrafia231. La questione rimanda all’atmosfera dei medaglioni antiquari del manoscritto trivulziano com- misti alle scene venatorie cortesi, ma non solo. Significativamente quando nel 1486 Battista Visconti, figlio di Francesco e nipote di Guido232, acquistava definitiva- mente la casa dagli eredi di Angelo Birago come ampliamento del proprio palaz- zo milanese, in modo inconsueto, il notaio di fiducia dei Visconti si dilungava in una lunga descrizione dell’edificio precisando che le stanze, camere, logge e por-

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tici erano tutti dipinti (tranne due camere) «alique ad modernam, alique ad anti- quam»233. È uno squarcio di quel gusto che continuava a convivere nella Milano sforzesca, tra aggiornamento antiquario e modelli cortesi, a casa Visconti, così co- me nel palazzo dei Borromeo o nel Banco Mediceo234. Per quest’ultimo edificio, già sopra evocato235, se sono celebri e celebrati gli interventi di Vincenzo Foppa per il ciclo dei ritratti imperiali e sforzeschi nella corte – ricordati esplicitamente dal Filarete – e sono pure noti gli interventi suggeriti dall’architetto fiorentino per gli affreschi della facciata o quelli per l’atrio di ingresso (con le «stelle fisse» sul- la volta e la «Cosmografia» di Tolomeo sulle pareti)236, sembra essere stata un po- co trascurata la volontà di Pigello Portinari di mantenere e restaurare gli antichi dipinti verosimilmente tardogotici già presenti nello stabile e a suo tempo fatti eseguire dai Bossi237. Nel ragionare sul complicato “aggiornatissimo” cantiere del Banco bisognerà allora tenere conto di questa ennesima commistione di «antico» e «moderno» alla quale sembrano adeguarsi con piacere non solo gli aristocrati- ci di Lombardia, ma anche i mercanti toscani. Commistione forse solo in parte cancellata dagli interventi che il palazzo subì attorno al 1486-1489 quando il po- tente Aloisio Terzago (segretario personale di Ludovico il Moro) si inserì nella vi- cenda a stravolgere i progetti medicei238. Significativamente è in questo cantiere prossimo a casa Visconti che fece la sua prima comparsa “artistica” per ora nota Antonio Raimondi, un pittore che con questo ramo dei Visconti intrattenne rap- porti degni di nota239. Nel 1474, nella casa dei Medici, ormai abitata da Azarito Portinari dopo la morte di Pigello, l’orafo Gottardo Crivelli e Antonio Raimondi confessarono di avere ricevuto 20 ducati d’oro dal procuratore di Isacco Argiropoli a saldo di un lavoro da loro svolto240. A Milano, tra il 1472 e il 1473, l’abile e rissoso musici- sta figlio del letterato Giovanni Argiropoli (celebre insegnante di greco a Firen- ze), fu incaricato dal duca di realizzare l’organo per la cappella del castello ap- pena affrescata da una nutrita compagnia di pittori241. L’esordio del Raimondi in questo contesto risulta assai significativo e non stonerebbe scoprire che l’orafo e il pittore fossero coinvolti insieme nella decorazione della cassa per l’organetto ducale. L’anno dopo (1475), insieme a quell’Antonio da Pandino con il quale il Raimondi instaurò una duratura collaborazione, il pittore fornì le materie prime per le vetrate della Certosa di Pavia. Qui non mancarono al Raimondi occasioni per rimanere suggestionato dai modi degli artisti d’oltralpe e dalla misurata pro- spettiva foppesca242.

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La carriera di Antonio Raimondi sembra ormai maturata quando, nella pri- mavera del 1483, Cristoforo Visconti, figlio di Bartolomeo, di un ramo seconda- rio dei Visconti di Somma, agendo come priore della scuola di Santa Maria pres- so San Satiro in Milano affidò al pittore la decorazione della volta di una parte della chiesa243. Si trattava di un cantiere centrale per la sperimentazione e diffu- sione di un gusto nuovo. Per l’altare maggiore, a incorniciare l’affresco miraco- loso della Vergine, l’intagliatore Pietro Bussolo e i pittori Marco Longobardi e Matteo de Fedeli (quest’ultimo il primo milanese a intrattenere attestati rappor- ti con Bramante) avevano da poco terminato il ricco tabernacolo ligneo vistosa- mente decorato con delfini, medaglioni, fregi e vari orpelli anticheggianti244. Po- co dopo Antonio fece da arbitro nella vertenza che opponeva i pittori Pietro da Velate e Giovanni Pietro Ricci ai confratelli di San Satiro per la dipintura del ti- burio e nella stessa veste era scelto dagli scultori Giovanni Antonio Amadeo e Francesco Cazzaniga per l’eventuale commessa di un monumento marmoreo per Giulio Sforza245. Prima del chiudersi dello stesso anno, in compagnia di Anto- nio da Pandino, il Raimondi ricevette, sempre da Cristoforo Visconti, un nuovo incarico per decorare un’altra porzione delle volte della chiesa246. Il proficuo so- dalizio con la fabbrica di San Satiro proseguì e durante l’anno 1489 «magistro Antonio Raymondo pentore» era pagato – insieme a Leonardo da Vinci, Bra- mantino, Amadeo, Francesco Cazzaniga e Antonio da Pandino – per la restante parte della decorazione e «per lo quadro»247, mentre ancora nel 1491 lo stesso Antonio, su indicazioni dello scolaro Aloisio Cusani, dell’orafo Antonio Meda e di Bramante, decorava il Compianto fittile di Agostino Fonduli e la nicchia che lo conteneva248.

L’ancona «laboratis auro bono et fino» È in questo contesto che cade un’altra significativa commissione. Nell’estate del 1489 gli uomini di Somma Lombardo incaricarono il pittore Antonio Rai- mondi, insieme al pittore Rolando Botta abitante nel villaggio, di realizzare «be- ne et dilligenter intaliare seu intaliari facere ubi necessarium est anchonam illam pingendam seu ponendam ad corum altaris magni ecclesiae Sancte Agnetis pre- dicti loci de Soma [...] cum omnibus illis effigiis seu figuris, intaliis et designiis laboratis auro bono et fino et aliis dignis materiis», secondo il disegno presenta- to («schartogio seu designo papiri»)249. L’ancona era realizzata e montata entro l’inverno del 1490 e i pittori accusarono ricevuta di pagamento da parte degli uo-

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mini di Somma250. Al chiudersi del Cinquecento, l’imponente macchina lignea era descritta come «icona valde pulcherima ligna sculpta et inaurata cum pluribus fi- guris ligneis»251. Risulta inusuale una commessa per una macchina lignea indirizzata a due pit- tori. Era compresa nel contratto anche la dipintura di un Crocifisso di legno già consegnato e tra i testimoni compariva sulla piazza del luogo di Somma anche «magister Sanctinus de Corbeta, filius quondam Andree, porte Vercelline, paro- chie Sancti Victoris ad Tehatrum Mediolani», cioè il capostipite della famosa bot- tega di intagliatori milanesi252. Il Raimondi doveva essere inoltre una sorta di im- prenditore, più decoratore e doratore che pittore, più trafficone che frescante, in contatto con un considerevole numero di artisti più o meno noti, come si evin- ce anche dal suo avvicendarsi a San Satiro. Significativo fu il suo rapporto pro- prio con gli intagliatori. Continui erano i suoi contatti ad esempio con Bartolo- meo da Como, lo scultore in legno vicino ai del Maino che con loro comparve a Santa Maria del Monte Sopra Varese (un altro cantiere cardine per la speri- mentazione artistica del nono decennio del XV secolo)253. Degno di nota è il fat- to che una frequentazione tra i due sia attestata anche nell’autunno 1489, a bre- ve distanza della commissione di Somma254. Il contatto tra il Raimondi e la bot- tega degli intagliatori de Donati sembra invece di qualche anno successivo al- l’impresa di Somma. Solo al chiudersi del secolo (1497), il pittore fu chiamato a Lodi all’Incoronata per dorare l’ancona appena realizzata dagli scultori. Per l’oc- casione si riallacciava verosimilmente anche un proficuo rapporto con i fratelli Bergognone (attivi anche a San Satiro)255 con i quali il Raimondi collaborò an- che nella decorazione della chiesa lodigiana256. Ma ancora nel 1504, Antonio Rai- mondi era chiamato, questa volta con il fratello Francesco, a colorare un’opera di Ambrogio e Giovanni Pietro de Donati: lo scomparso Compianto commissio- nato per volontà testamentaria di Paolo Scaccabarozzi nella chiesa di San Fran- cesco Grande a Milano257. Non è quindi improbabile che Antonio Raimondi si sia di fatto assunto l’one- re di fungere da intermediario per la fabbricazione dell’ancona per Sant’Agnese, fornendo il disegno e occupandosi in società con il pittore locale Rolando Botta della dipintura e doratura della macchina lignea, ma assegnando di fatto l’esecu- zione dell’opera a uno degli amici intagliatori: ad esempio Santino da Corbetta (uscito da non molto dalla bottega del Pietro Bussolo presente in San Satiro per l’elaborato intaglio della cornice all’affresco votivo) o Bartolomeo da Como (atti-

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vo anche a Santa Maria del Monte sopra Varese per l’imponente tabernacolo li- gneo). Nella chiesa di Sant’Agnese a Somma erano conservate tre statue lignee di sante (Barbara, Maria Maddalena e Agnese) ora al Museo Diocesano di Milano. I manufatti sono stati collegati al documento del 1489. Ricondotte alla bottega di Giacomo del Maino, le sculture sono genericamente attribuite all’intervento di Ro- lando Botta, che però figura nella documentazione nota come pittore e non co- me intagliatore258. Qualche perplessità nell’assegnare le tre statue all’ancona del 1489 sono relative alle dimensioni della Sant’Agnese, che si immaginerebbe di al- tro rilievo e dimensioni rispetto alle compagne, se realizzata per l’ancona da por- re sull’altare maggiore di una chiesa a lei dedicata. Inoltre la fattura delle tre sta- tue non sembra pertinente a quel poco che si conosce o si può intuire in rela- zione all’attività della bottega dei da Corbetta o di Bartolomeo da Como259. In- vece, un Crocifisso recentemente assegnato al tardo Quattrocento è ancora con- servato nella chiesa di Sant’Agnese e potrebbe essere accostato cautamente al no- me di Santino da Corbetta (appunto presente a Somma per la stesura del con- tratto del 1489 che prevedeva la coloritura di un Crocifisso ligneo appena conse- gnato)260. Questo è forse il pezzo conservato a Somma Lombardo che dovrebbe focalizzare maggiormente l’attenzione degli studiosi di scultura lignea. Nonostan- te il recente restauro, la lettura del manufatto risulta ancora complicata dalla pe- sante ridipintura, ma a una superficiale considerazione, nella resa della ciocca dei capelli che scivola sulla spalla destra, nella particolare biforcazione della barba, nel taglio dell’arcata sopracciliare e dello zigomo, nell’impostazione del naso, non- ché nella generale solenne compostezza, sembrerebbero scorgersi alcuni dei ca- ratteri tipici della bottega dei da Corbetta, solo in versione più arcaica e teutoni- ca. Risulta comunque precoce ogni attribuzione, soprattutto se si considera l’as- senza di un catalogo di Santino da Corbetta il Vecchio261. Alle pertinenze della macchina lignea è stata ricondotta in via ipotetica an- che parte della cornice del Trittico di san Vito262, ora conservato nella chiesa parrocchiale di Somma263. Connotata da capitelli compositi con voluta a S al- lungata terminate in una rosetta e dalla ghiera dell’arco sommariamente deco- rata con una treccia cosmatesca, questa possibile traccia del manufatto non sem- bra denotare un’esecuzione particolarmente raffinata. Comunque, alla fine dei lavori, sull’altare maggiore di Somma, doveva trovarsi qualcosa di non molto dissimile all’ancona ricordata dalle guide milanesi nella chiesa di Santa Maria del Gesù (alias Sant’Elisabetta d’Ungheria) in porta Nuova:

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il maggior altare resta ornato da intagliato legno dorato, ma di vecchio disegno, nel mezzo tenendo a basso rilievo una Vergine col Bambino in brazzio, e nei lati otto figure dipinte ugualmente ripartite e paiono uscite dall’accademia di Bramantino264.

Una complessa struttura nella quale parti scolpite, dorate e dipinte si di- spiegavano in una macchina di una certa imponenza debitrice verosimilmente degli elaborati tabernacoli di Santa Maria presso San Satiro a Milano e di San- ta Maria del Monte sopra Varese265, nonché della complessa carpenteria messa in scena per la cappella della Concezione in San Francesco Grande266. La chie- sa di porta Nuova, alla quale faceva capo un convento di clarisse dipendenti dai francescani osservanti, era stata fondata su parziale sovvenzione di Bianca Ma- ria e consacrata solo nel 1498, ma la sua storia non era aliena al tracciato di commissioni delineato nel presente capitolo267. Infatti, non solo nella descrizio- ne le due opere scomparse, quella di Milano e quella di Somma, trovano una certa sommaria vicinanza, ma altri punti di contatto accomunavano Sant’Agnese e il Gesù. Il pittore Antonio Raimondi fungeva da procuratore delle religiose (che erano di fatto anche sue vicine di casa) dimostrando la propria famigliari- tà con il cenobio268, mentre i Visconti di Somma avevano presso le clarisse una propria antica cappellania eretta per volere di Elisabetta Bussoni (moglie di Fran- cesco e madre di Battista), ricordata in uno dei testamenti del Battista Visconti figlio di Francesco (1486) e ancora mantenuta attiva nel XVIII secolo sui red- diti del dazio di Sesto Calende269.

Antonio Raimondi e l’aristocrazia milanese Ed è dopo tutto il nodo tra i Visconti e il Raimondi a fornire il giusto con- testo alla commissione di Somma. Anche se formalmente ad assumere la figura dei committenti sono i due podestà dell’abitato (per altro di fatto creature dei Vi- sconti) agenti per conto dell’intera comunità, il contatto tra gli abitanti del vil- laggio e il pittore milanese aggiornato sull’esperienze di San Satiro sembra essere passato da casa Visconti. Già nel 1482 Antonio faceva la sua comparsa nel pa- lazzo milanese di Battista Visconti, figlio di Francesco, ad attestare una conoscenza tra l’aristocratico e l’artista che doveva risalire verosimilmente a qualche tempo prima270; e si rammenti che Cristoforo Visconti secondo cugino di Battista aveva di fatto affidato ad Antonio i lavori a San Satiro. La casa Visconti non era co-

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munque l’unica rilevante dimora milanese frequentata dal pittore. Nel 1474 il Rai- mondi presenziava come testimone a un atto rogato nella casa di Pietro Pusterla in porta Ticinese271; l’aristocratico ghibellino fu mecenate di diverse imprese ar- tistiche nelle chiese milanesi di San Sebastiano, San Vincenzo in Prato e San Gi- rolamo dei gesuati, nonché suocero di Battista Visconti272. Ancora nella stessa abi- tazione, divenuta di proprietà di Baldassarre Pusterla, figlio dell’ormai defunto Pietro e cognato di Battista Visconti, il Raimondi si registrava presente a pochi mesi dal contratto sommese del 1489273. Si tratta di continui contatti tra il pitto- re e il medesimo nucleo di affini che rende ovviamente non casuale la commis- sione di Somma e sottolinea la capacità di attrazione di questi grandi aristocrati- ci sul panorama artigiano e artistico cittadino. La personalità artistica di Antonio Raimondi continua a restare sfuggente274, ma proprio nei contatti con i Pusterla si delinea una possibile pista. Infeudati nel 1456 delle terre di Frugarolo, un castello a una dozzina di chilometri da Ales- sandria, i Pusterla ne detennero il controllo fino al Settecento. Durante l’ultimo decennio del XV secolo fu chiamato a decorare la cappella dell’Immacolata Con- cezione (poi del Rosario) nella chiesa di San Felice a Frugarolo un pittore lom- bardo che si firmava «[A]ntonius» in un’elegante ma rovinatissima epigrafe di- pinta sotto un gruppo di devoti raccolti dal manto di una Madonna della Mise- ricordia275. Negli effigiati in prima fila potrebbero identificarsi – non lo contrad- direbbe la presunta età anagrafica – Giuliano Pusterla (vestito di rosasecco) e Bal- dassarre (in nero) entrambi figli di Pietro seniore, con Giovanni Battista e Pietro iuniore figli di Baldassarre, mentre dal lato opposto potrebbero trovare spazio le rispettive consorti (sorella di Battista) e Orsina Stampa, con Bo- na figlia di Giuliano e Anna figlia di Baldassarre. L’Antonius di Frugarolo è un frescante di non eccelso livello, ma capace di declinare con una certa abilità le novità spaziali e architettoniche pavesi e mila- nesi. Il pittore è stato indicato come pavese sulla scorta dello stile, ma anche per un tentativo di ricostruzione della targa dalla quale però sembra pressoché im- possibile trarre altre informazioni utili rispetto all’«[A]ntonius» e al «Pi[n]xit». Interessante il modo in cui il maestro rielabora a distanza di qualche anno le sug- gestioni bramantesche dell’“incisione Prevedari” negli oculi con i busti che so- vrastano il Matrimonio della Vergine. Nella stessa scena raggiunge il vertice di gu- sto antiquario nei due finti bassorilievi marmorei con battaglie equestri. Il paral- lelo riquadro con la Cacciata di Gioachino dal tempio – dove un soffitto a botte

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cassettonato ricorda istintivamente la volta di San Satiro – è stato indicato da Gio- vanni Romano, nel gesto fremente del sacerdote con il pugno levato, come atte- stazione di un perduto modello milanese che riverbera perfino nell’opera di Gau- denzio Ferrari276. Più complessa è invece la lettura dell’immagine centrale: l’Im- macolata è infatti compromessa e di fatto quasi completamente distrutta dal- l’apertura di una nicchia; le tracce superstiti con le aspre rocce quasi mantegne- sche da un lato e il luminoso manto della Vergine dall’altro sembrano rimandare ad altre suggestioni territoriali277. Non mancano comunque a Frugarolo i richia- mi culturali alle Storie di san Giovanni Battista e alle Storie di sant’Anna che co- stituivano una parte importante del primitivo progetto decorativo dell’Incoronata di Lodi, cantiere dove operò il Raimondi stringendo buoni rapporti con Giovan- ni e Matteo dalla Chiesa, ma anche con Girolamo Meleguli (tutti additati come possibili autori dei due cicli lodigiani)278. La questione di Frugarolo non risolve il problema della personalità del Rai- mondi, anzi potenzialmente lo complica, ma potrebbe fornire un’utile traccia per questo pittore caro all’aristocrazia ghibellina milanese, ai Visconti in primis, che cominciò la propria esperienza artistica tra le suggestioni del Banco Mediceo, del- la cappella ducale di Milano e della Certosa di Pavia e chiuse la propria carrie- ra, non prima di essere passato accanto a Bramante e a Bramantino279, collabo- rando ancora con Agostino Fonduli e con Zenale nella decorazione del tiburio di Santa Maria presso San Celso280, un altro cantiere non estraneo alla pressante in- gerenza di casa Visconti281.

59 Il problema di Sant’Angelo Vecchio e di Bramantino

In tutti i cortili del castello di Somma Lombardo, tra i vari emblemi di fami- glia, il monogramma bernardiniano (IHS) compare sui capitelli quattrocenteschi fabbricati per volere di Francesco e Guido Visconti. Non si tratta certo di un ca- so anomalo o di un’eccezione, ma di un’ulteriore testimonianza del successo ot- tenuto nel XV secolo dai minori osservanti in generale nell’intera società italiana e tra le file delle élite aristocratiche in particolare282. I capitelli di Somma sono però la testimonianza di un diretto e profondo rapporto tra questo ramo di casa Visconti e i francescani osservanti. Come si è accennato anche nel capitolo pre- cedente, già tra il 1457 e il 1459, mentre si edificava l’ala orientale del castello e si abbatteva l’antica chiesa pievana, i due fratelli Visconti facevano costruire il nuovo tempio di Sant’Agnese a Somma Lombardo «iuxta formam ecclesie Sancti Angeli site extra portam Cumanam Mediolani», cioè prendendo a modello la chie- sa di Santa Maria degli Angeli (o Sant’Angelo) dei minori osservanti283.

Il cantiere di Sant’Angelo: alcune note Il convento di Sant’Angelo a Milano era stato fondato durante gli anni di per- manenza di Bernardino da Siena in città: secondo quanto espresso nel testamento di Martino della Gazzada del 1460, il santo senese «fuit fondator et principium ecclesie Sancte Marie de Angelis»284. I primi documenti relativi al complesso ri- salgono al 1421, quando con la mediazioni di un Castiglioni i canonici di Santa Maria Fulcorina locavano in perpetuo la chiesa di Sant’Angelino e la vigna attigua

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ai frati285. Il luogo scelto si trovava appena fuori dai redefossi (la cinta di fortifi- cazione più esterna di Milano), tra i suburbi di porta Comasina e porta Nuova, presso la strada diretta verso la Martesana. La costruzione dovette procedere con una certa rapidità nelle semplici linee che divennero canoniche per tutte le chiese dell’osservanza francescana nella provincia di Lombardia. La chiesa era costituita da una grande aula (di circa 30 metri di lunghezza) coperta da un soffitto ligneo a capriate poggiante su ampi arconi traversi a sesto acuto; un andito affiancato da due cappelle e sovrastato da un coro invernale immetteva nella cappella grande voltata a crociera e terminante nel coro inferiore. Un alto muro separava netta- mente il sacello maggiore e il coro superiore dallo spazio per i fedeli286. Nel 1451 il cantiere era comunque ancora attivo e si costruiva la cappella dedicata a san Ber- nardino con la sovvenzione dei terziari francescani287. Per il capitolo generale del- l’ordine del 1457, gran parte del monastero era completato e in grado di ospitare, nei famosi spaziosi giardini con i boschi di castagni piantati in rettifilo, un convi- vio per i frati e la corte sforzesca288. Verso la fine degli anni settanta, frate Ange- lo da Chivasso, vicario generale della provincia cismontana, otteneva una deroga pontificia alle regole di povertà francescana per la decorazione dei conventi del- l’Italia settentrionale289. Così si avviava anche in Sant’Angelo una campagna di ab- bellimento degli spazi conventuali. Nel luglio del 1481 era presente nel cenobio il pittore Vincenzo Foppa, forse impegnato negli affreschi del tramezzo (la parete di- visoria tra cappella maggiore e aula dei fedeli) con le scene della vita e passione di Cristo ancora ammirate nel 1515 da Pasquier le Moyne come «la plus singulie- re paincture et plus parfaict ouvrage qui soit en »290. A metà degli anni ottanta del XV secolo i lavori in Sant’Angelo ripresero con nuovo slancio. Si decorarono i chiostri, l’uno con le storie di san Bernardino, l’al- tro con le storie di san Francesco disposte in parallelo con episodi della vita di Cri- sto secondo il modello iconografico del De Conformitate vitae beati Francisci ad vi- tam Domini Iesu di Bartolomeo da Pisa. Ad essere impiegato nell’esecuzione degli affreschi furono il frate Vittore da Sant’Angelo e l’aiutante Domenico da Vigevano su commissione di Lantelmina Secco Vimercati e Gian Rodolfo Vismara291. L’ini- ziativa apre una significativa parentesi sui frati artisti e sul controllo iconografico esercitato dai minori osservanti, a quanto pare chiamati a valutare anche le scelte artistiche in altri cantieri milanesi. Ad esempio, sempre a Milano, in San Celso (do- ve era abate Leonardo Visconti e dove i francescani avevano l’obbligo di cura spi- rituale) i dipinti progettati da Bernardo Zenale e messi in opera da Antonio Rai-

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mondi erano stati controllati da «Abraam, fratrem professum monasterii sancti An- gelli ordinis Francisci fratrum Minorum Observantie»292. Tornando al cantiere di Sant’Angelo, lo stesso Vismara avviava nel contempo (1485-1492) con Giovanni Fi- lippo Garbagnati il finanziamento della costruzione del complesso dell’infermeria. L’edificio attiguo al convento era incentrato su una grande corte quasi quadrata (cir- ca metri 57 x 47) con in mezzo una cappella a pianta centrale, forse dedicata a san Giuseppe, e dotato di un refettorio con un’Ultima cena affrescata e lodata da Pa- squier le Moyne al pari di quella leonardesca di Santa Maria delle Grazie293. L’aspet- to dell’infermeria non doveva essere molto diverso dal Lazzaretto che negli stessi anni si principiava nella medesima area suburbana dove si trovava Sant’Angelo. L’architetto dei chiostri e dell’infermeria poteva essere proprio quel Lazzaro Pa- lazzi genero dell’Amadeo, attivo appunto anche nel Lazzaretto, spesso in contatto con l’ambiente dell’osservanza francescana294. Lazzaro compariva come testimone nel secondo testamento di Battista Visconti di Francesco additato nel documento come autore del disegno della canonica da costruirsi accanto alla chiesa di San- t’Agnese a Somma Lombardo; nello stesso atto si faceva riferimento per la prima volta anche alla cappella viscontea «incepta» in Santa Maria degli Angeli e dedi- cata al Corpo di Cristo295. Nel 1499 il Palazzi recuperava pezzi di marmo per la fabbrica di Sant’Angelo e nel 1500 era testimone al testamento di un frate rogato nello stesso luogo296. Anche con le proprie ultime volontà l’ingegnere dimostrava la sua vicinanza ai minori osservanti disponendo di farsi inumare in uno dei chio- stri di Sant’Angelo «in sepoltura mea quam ego fieri feci in dicto claustro»297. Nuovi lavori di ampliamento e completamento furono eseguiti anche nei pri- missimi anni del Cinquecento, come dimostrato tra l’altro proprio della presenza di Lazzaro Palazzi nel convento. Quando nel 1515 l’ingegnere francese Pasquier le Moyne visitava Milano al seguito di Francesco I re di Francia, Sant’Angelo era diventato un complesso enorme che poteva ospitare almeno duecento frati, occu- pava una superficie di circa 60 pertiche (circa 40.000 metri quadrati)298, con tre chiese – la maggiore Santa Maria degli Angeli, la vecchia Sant’Angiolino e una chiesetta dedicata all’Immacolata Concezione299 – cinque chiostri, dei quali due dipinti, l’uno con le storie di san Francesco e l’altro con quelle di san Bernardi- no, la grande infermeria e i vasti giardini300. Immediatamente dopo questa visita, nella primavera del 1516, il convento subì un primo incendio quando le armate imperiali guidate da Galeazzo Visconti conte di Busto tentarono di attaccare la città e il Lautrec fece appiccare il fuoco ai borghi fuori dai redefossi per blocca-

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re l’avanzata degli imperiali301. In conseguenza di questi primi danni bellici, nel- l’ottobre del 1516, da Lione, l’aristocratico Antonio Maria Pallavicini, legatissimo all’osservanza minoritica, disponeva con un codicillo testamentario che una nuo- va chiesa e un nuovo convento fossero costruiti all’interno dei redefossi presso il proprio giardino e palazzo di Monforte in porta Orientale302. Come è noto, po- co dopo, Sant’Angelo subì il devastante saccheggio del 1527 e i frati si trasferi- rono presso l’aula di Santa Maria del Giardino nel cuore della città303. A metà del XVI secolo, la vecchia chiesa da poco restaurata fu completamente demolita per la costruzione delle mura spagnole, mentre si iniziava a progettare Sant’An- gelo Nuovo nel luogo dove ancora sorge il complesso francescano.

I Visconti a Sant’Angelo Se i Visconti, come si è visto, avevano dimostrato tra la fine del Duecento e i primi anni del Quattrocento una spiccata predilezione per i domenicani di San- t’Eustorgio, già nel XIV secolo non erano mancate attestazioni di interesse nei con- fronti della principale fondazione minoritica milanese: San Francesco Grande304. Con l’insediamento dell’osservanza francescana in Milano, l’attenzione di vari ra- mi di casa Visconti verso il nuovo centro si fece via via sempre più intensa. Bartolomeo Visconti, figlio di Antonio e zio di Francesco e Guido (i signori di Somma Lombardo), nonché maestro di stalla della duchessa Bianca Maria, te- stando nel 1461, pur ricordando la chiesa di Sant’Eustorgio delle sepolture avite, lasciava 300 fiorini alla fabbrica di Sant’Angelo305. La consorte Lucia Rusca, fi- glia del Franchino già signore di Como e superbamente inumato in San France- sco a Como306, faceva il salto di qualità e associandosi alle amiche nobildonne de- vote dei frati zoccolanti – si tratta di fatto di tutte le gentildonne della corte di Bianca Maria, a partire dalla madre Agnese del Maino, alle cugine Elisabetta e Rossana del Maino, alla “nuora” Beatrice d’Este moglie di Tristano Sforza, fino a Lantelimina Secco sposa del fidato consigliere Gaspare Vimercati, a Elisabetta Vi- sconti sposa di Cicco Simonetta e a Luchina Bussoni dal Verme – disponeva di essere inumata in Sant’Angelo lasciando alla chiesa una rendita di 10 fiorini an- nui per venticinque anni e legando ben 400 lire imperiali alla costruenda chiesa francescana di Santa Maria delle Grazie a Monza, nonché a un convento da edi- ficarsi a Laveno307. Forse Lucia era sepolta nella cappella di San Bernardino, co- struita su congiunto finanziamento dei terziari francescani e dei Simonetta, dove disponeva di essere sepolta anche Elisabetta Visconti, vedova di Cicco Simonet-

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ta. La Visconti di Jerago non dimenticava di fare ornare la cappella con un ciclo di pitture legato alla propria santa protettrice, ma non scordava nemmeno gli spa- zi sacri delle regioni viscontee dotando di cappellanie le chiese di Santa Maria in Besnate e di San Rocco in Fagnano Olona308. Dopo un viaggio in Terrasanta (1465)309, Antonio Pietro Visconti di Orago, figlio di Gentile e di Valentina di Bernabò Visconti310, sebbene disponesse sepol- tura in Sant’Eustorgio «in monumento quondam genitorem meum», lasciava i pro- venti derivanti dalla vendita del suo palazzo milanese in porta Romana, parroc- chia di San Nazzaro in Brolio (del valore di ben 5000 fiorini), ai frati minori os- servanti di Sant’Angelo e al convento del Monte Sion di Gerusalemme, non tra- lasciando comunque legati per le chiese di Orago e Casorate Sempione, ma an- che per la fabbrica di Santa Maria presso San Celso dove i potenti parenti Vi- sconti di Brignano (nominati tra gli esecutori testamentari) stavano estendendo il proprio controllo311. Francesco Bernardino Visconti, il cui nome è un program- ma di devozione francescana in chiave osservante, si occupò delle volontà del lon- tano cugino Antonio Pietro e, sebbene nel suo ricco testamento già commentato, privilegi la chiesa famigliare di San Giovanni in Conca e il convento francescano amadeita di Santa Maria della Pace, non dimenticava di lasciare 800 lire alla chie- sa di Santa Maria degli Angeli per acquistare un appezzamento di terreno attiguo all’edificio «pro comoditate» dei frati312. Perfino quell’Alberto Visconti d’Arago- na che aveva acquistato nel 1486 dai domenicani osservanti di Santa Maria delle Grazie in Milano la cappella delle due sante Caterine313 – condividendo appa- rentemente le volontà del fratello di assecondare la moda di corte che indirizza- va l’attenzione della nobiltà verso la nuova chiesa delle Grazie314 – e già posse- deva la cappella di San Giacomo al Carmine315, decideva alla fine di erigere o far- si assegnare una cappella in Sant’Angelo316. Anche altri Visconti minori o salva- tici non mancarono di manifestare la loro devozione ai francescani osservanti317, ma certamente a distinguersi nello stringere un forte legame con Sant’Angelo fu- rono proprio i Visconti di Somma Lombardo.

Le cappelle del Corpo di Cristo e dello Spirito Santo: un’ipotesi per Bramantino Se negli anni cinquanta del XV secolo, Francesco e Guido avevano preso a mo- dello la nuova chiesa francescana osservante per la ricostruzione di Sant’Agnese a Somma, con il testamento del 1476, Francesco lasciava le avite prestigiose sepoltu- re in Sant’Eustorgio e disponeva per la costruzione di una cappella in Sant’Angelo.

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Inoltre istituiva cappellanie in Santa Chiara e faceva legati al monastero di San- t’Orsola: entrambi cenobi di clarisse guidate dai frati di Sant’Angelo318. Battista, il figlio di Francesco, iniziava subito la costruzione del sacello; forse con il supporto di Lazzaro Palazzi319, considerato che nel suo secondo testamento (1484), steso al- la presenza dell’architetto, imponeva agli eredi di finire la cappella «incepta sub ti- tulo seu vocabulo Sanctissimi Corporis Cristi» secondo il volere paterno320. Con un terzo documento (1486) si ricordava ancora la cappella del Corpo di Cristo in San- t’Angelo e i monasteri delle clarisse321. Con un ulteriore lascito del 1497 si appren- de che la cappella del Corpo di Cristo era tutt’altro che completata e che nel con- tempo i frati avevano assegnato al Visconti il sacello dedicato alla Natività della Ver- gine, dove era stato deposto il corpo del padre322. Le successive disposizioni di Bat- tista (1510) prevedevano una sepoltura per sé in «capella mea», sempre in San- t’Angelo, ma anche lasciti per il completamento della cappella paterna; l’ultimo te- stamento di Battista (1514) chiarisce che ormai le cappelle di famiglia in Sant’An- gelo erano due e che anche la sepoltura paterna si poteva dire completata: erano le- gati solo 100 ducati da consegnare ai frati verosimilmente per il mantenimento del sacello323. Nel 1514 i Visconti di Somma possedevano dunque diritti di patronato su due altari, uno dedicato al Corpo di Cristo in ossequio alle volontà di Francesco e un secondo dove era prevista la sepoltura di Battista. A chiarire il motivo di que- sto moltiplicarsi di cappelle soccorrono le ultime volontà di Ambrogio del Maino, un amico del Visconti. Con il testamento del 1507 Ambrogio obbligava gli eredi

pro quarta parte ad construi fatiendum capellam unam in ecclesia Sancte Marie de Angellis syta extra et prope civitatem Mediolani, una cum magnifico equite domino Baptista Vicecomite ac magnifico iuris utriusque doctore domino Hyeronimo de Carchano, consanguineo meo, et cum herede quondam magnifici domini Gasparis Vicecomitis filii quondam domini Azonis, prout convenutum fuit per prefatum dominum Bapstistam ac prefatum dominum Gasparem et me testatorem cum venerabile domino fratre Francisco de Sancto Columbano324.

Prima della morte di di Jerago, esule a Mantova fin verso il 1505 e deceduto a Milano nel 1506325, Battista Visconti si era accordato con il guardiano di Sant’Angelo e gli amici Gaspare Visconti, Ambrogio del Maino e Girolamo Carcano per una sepoltura comune nella chiesa dei minori osservanti.

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Il progetto doveva avere per i quattro un forte significato religioso, forse a sciogliere un voto, ma anche un deciso connotato politico. La scelta era infatti ve- rosimilmente legata a un avvenimento della primavera del 1500 che aveva coin- volto i quattro dopo la disfatta di Novara. Con la fuga di Ludovico il Moro nel settembre del 1499, sostenitori a oltranza degli Sforza326, Battista Visconti, il del Maino e il giovane giurista Girolamo Carcano erano entrati a fare parte del go- verno provvisorio della città di Milano e avevano avversato l’operato del Trivulzio per tutto l’autunno del 1499327. Tutti presenti con le proprie familie e con i pa- renti sul campo di Novara accanto a Ludovico il Moro nell’aprile del 1500, i quat- tro gentiluomini avevano subito in quell’occasione la disfatta e lo sbando. Fran- cesco, il primogenito di Battista, era stato preso prigioniero328; mentre, contando su un lasciapassare della Serenissima, il padre e gli amici erano riusciti a passare l’Adda rifugiandosi nelle terre viscontee attorno a Caravaggio (dove abitava Gia- como Secco, il suocero di Girolamo Carcano) contando sulla dedizione alla Re- pubblica di Venezia giurata nei mesi precedenti da Battista per le signorie di Ri- volta d’Adda e Agnadello329. I veneziani presero però prigionieri i quattro amici e li tradussero nella rocca di Bergamo, mentre in cittadella erano detenuti un gran numero di altri milanesi filosforzeschi330. In accordo con i francesi gli aristocrati- ci milanesi furono riportati a Caravaggio per essere condotti a Milano, qui delle «done tolseno di le man de chi li menevano, licet vi fusse lì Zuam Griegio; et par esso proveditor prese di sua mano domino Bapista Visconte, [...] il resto scam- pono. Et par, causa di tutto sia stato missier Jacomo Secho, primo homo de Cha- ravazo; et questa cossa fo da riso; pur dispiaque al colegio»331. Battista Visconti rientrato in Milano fu condotto da Luigi XII a Blois e fu costretto a pagare una grossa taglia332, ma continuò dietro le quinte a curare gli interessi degli amici. Quando verso il 1505 la situazione si acquietò e i fuorusciti iniziarono a rientra- re in Milano deve essere maturato il progetto dei quattro per la cappella comu- ne. Progetto che può essersi tradotto in fatti nel 1512. Con il rientro di Massimi- liano Sforza, i tre amici sopravvissuti raggiunsero il vertice del proprio prestigio: tutti tornarono ad essere senatori e furono nominati conservatori dello stato (la più alta magistratura del rinato stato sforzesco)333, finendo per rendere il conven- to dei minori osservanti anche un luogo significativo per la gestione del potere. Nello spazio sacro, «in monasterio Sancti Angeli extra et prope inclytam urbem Mediolani in quadam camera constructa ut dicitur impensa magnifici domini Hie- ronymi de Carchano ducalis senatoris», alla presenza di Battista Visconti e Giro-

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lamo Carcano, si rogavano documenti importanti per la sicurezza del ducato334. Se la cappella dei Visconti di Somma fatta erigere da Battista in Sant’Angelo su volontà paterna era dedicata al Corpo di Cristo, resta da riscoprire la dedica- zione del sacello dei quattro ghibellini. A chiarire quale fosse la titolazione di que- sto secondo sacello soccorrono le disposizioni tarde del più giovane. Girolamo Carcano testando una prima volta nel burrascoso 1525 – tutta l’aristocrazia era lontana da una Milano in preda alla peste e assediata dagli imperiali – disponeva sepoltura nel convento francescano osservante di famiglia, Santa Maria in Campo di Cermenate tra Como e Milano335, ma nel 1539 faceva ristrutturare la cappella dello Spirito Santo in Sant’Angelo336. Lo stesso sacello, descritto come la cappel- la di destra sotto il tramezzo, ovvero uno dei più prestigiosi della chiesa337, era additato da Girolamo per la propria sepoltura in accordo con le vecchie disposi- zioni degli amici338. La seconda cappella “viscontea”, quella della sepoltura a quat- tro, doveva dunque essere quella dello Spirito Santo. A sostenere l’ipotesi di un allestimento decorativo dei due sacelli verso il 1512 sovviene anche l’escalation di impegni artistici di Battista Visconti a partire dal principio del secondo decennio del secolo. Nel febbraio del 1511 il Visconti ac- quistava una statua «marmorea parva» dalla fabbrica del Duomo. Per l’occasione l’Amadeo induceva i fabbricieri a non chiedere un prezzo specifico al gentiluomo che già aveva partecipato nel 1503 alla riunione per la porta del Compedo, ma a rimettersi alla «magnificentie sue»339. Non è da escludere che la statua potesse rientrare in qualche progetto decorativo per le cappelle di Sant’Angelo. Uscendo da Milano verso il contado, nel 1512, per la chiesa di Santo Stefano a Mezzana presso Somma Lombardo (edificio ricostruito da Francesco Visconti e fatto con- sacrare da Battista del 1499)340, l’aristocratico commissionava a Marco d’Oggio- no l’«anchona pulcherissima» per l’altare maggiore rappresentante la Vergine As- sunta con san Giovanni Battista e santo Stefano ora al Museo Diocesano di Mila- no341. Sempre nel 1512 il Visconti acquistava la casa del nonno Carmagnola pas- sata, tra mille traversie, prima al cugino conte Pietro dal Verme, poi a Cesare Sfor- za e a Cecilia Gallerani, quindi a Louis de Luxembourg (il conte di Ligny) e in- fine al generale delle finanze Sebastiano Ferrero. L’edificio lasciato incompiuto dal Moro era stato ampliato e abbellito anche in epoca francese. Battista profuse, ap- pena dopo l’acquisto, una grande quantità di denaro per riformare nuovamente la struttura. Il Visconti alloggiava qui la coppia di amici Ippolita Sforza e Ales- sandro Bentivoglio, esuli da e ancora in cerca di una fissa dimora. Con

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questo acquisto, Battista, che già possedeva l’avito palazzo nell’isolato opposto ver- so la contrada del prestino dei Bossi (via Clerici), finiva per creare una sorta di strutturato polo urbano attorno alla chiesa di San Tommaso in contrada Solata (via Broletto) in grado di rivaleggiare con il sistema dei palazzi Trivulzio in via Rugabella relazionati alla chiesa parrocchiale di San Nazzaro in Brolo. Se si tiene conto che negli stessi anni Ambrogio del Maino, facendo valere i diritti della mo- glie Elisabetta Bossi, si trasferiva nel prestigioso Banco dei Medici342, già palazzo Bossi presso San Tommaso (ovvero nell’isolato attiguo alla dimora Visconti), e che Girolamo Carcano abitava nella casa paterna alle spalle della stessa parrocchiale di San Tommaso, si delinea un quadro di un sistema di residenza urbana, ri- specchiata nelle sepolture della cappella dello Spirito Santo e nei comuni intenti politici, che trova negli anni 1512-1515 il proprio compimento e culmine343. Con le cappelle del Corpo di Cristo e dello Spirito Santo inserite nella com- missione viscontea, non si può fare a meno di collegare la titolazione dei due sa- celli di Sant’Angelo a due opere di Bartolomeo Suardi detto Bramantino conser- vate proprio nella chiesa di Battista Visconti a Mezzana di Somma Lombardo: la Deposizione e la Pentecoste344. A differenza dei Carcano, i Visconti non rinnova- rono il proprio patronato nella nuova Sant’Angelo ricostruita dopo le demolizio- ni di Ferrante Gonzaga; un omonimo nipote di Battista Visconti disponeva di es- sere inumato a Milano in San Marco, nel sepolcro della contessa Giulia Visconti Affaiati sua figlia, recidendo i rapporti con i francescani osservanti345. Non è esclu- so che si debba a questo Battista il ritiro delle due tavole di Bramantino e il lo- ro trasferimento nella chiesa famigliare di Santo Stefano a Mezzana dove erano attestate per la prima volta nel 1636, sistemate nelle cappelle dello Spirito Santo e di Sant’Antonio. I due dipinti sembrano ben inserirsi nella cronologia di Bra- mantino proprio tra il 1512 e il 1514, cioè nel momento più favorevole per l’al- lestimento delle cappelle di Sant’Angelo, e potrebbero essere quindi una com- missione di Battista Visconti seniore e dei suoi amici ghibellini. Il mecenatismo congiunto di Visconti, del Maino e Carcano aiuta inoltre a fare luce sul prestigio assunto da Bramantino durante i primi due decenni del XVI se- colo. Immediatamente identificato dai nuovi dominatori francesi come l’artista mi- gliore sulla piazza milanese (di certo il più celebrale), il pittore era incaricato di cru- ciali commesse: dalle Muse di Voghera per Louis de Luxembourg conte di Ligny (entro il 1503), alla copia del Cenacolo vinciano per il tesoriere generale Antoine Turpin (1503), ai cartoni per gli arazzi di Gian Giacomo Trivulzio (completati en-

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tro il 1509)346. Nel contempo il Suardi si legava all’ambiente dell’osservanza fran- cescana (per il Noli me tangere di Santa Maria Giardino da datarsi verso il 1503) e ad altre confraternite cittadine (per il Trittico della Pinacoteca Ambrosiana del 1505 da San Michele di porta Nuova) probabilmente con la mediazione di Niccolò da Gerenzano, il ricco e abile ricamatore conosciuto fin dagli anni del cantiere di San Satiro347. Con il trionfo italiano della politica francese, tra il 1508 e il 1511, Bra- mantino accrebbe ulteriormente il proprio prestigio lavorando a Roma nelle stanze vaticane ed essendo scelto dal potente cardinale spagnolo Bernardino Carvajal per la fattura di alcune importanti opere. Molto probabilmente era per volere dell’alto prelato che il pittore realizzava, non solo la scomparsa Pietà inviata a Roma nel 1514 (compiuta però forse verso il 1511-1512), ma anche la grande Crocifissione della Pi- nacoteca di Brera che reca in inusitata evidenza il Titulus crucis trilingue (la reliquia del cardinale Carvajal conservata in Santa Croce in Gerusalemme); una grande an- cona che si sarebbe potuta accordare pienamente, sull’altare maggiore della chiesa milanese dei gesuati di San Girolamo, con il perduto Giudizio universale affrescato sempre per volere del cardinale spagnolo348. D’altra parte, la Crocifissione non può pensarsi così lontana dai lavori di Mezzana dove, specie nella Deposizione, in uno spazio inferiore e nella ristrettezza di una scatola geometrica contratta, il pittore gio- ca con simile equilibrio utilizzando personaggi dalla morfologia prossima a quella degli astanti della Passione. Chiusa con drammatica rapidità la decennale parentesi francese, un Bramantino chiamato dai ghibellini filosforzeschi a decorare le cappel- le di Sant’Angelo durante l’effimera restaurazione di Massimiliano Sforza confer- merebbe l’attenzione rivolta al maestro dalle élite salite di volta in volta al governo di Milano. Il successivo richiamo immediato del pittore, questa volta come archi- tetto, per la costruzione del sacello del guelfo Gian Giacomo Trivulzio sembra se- gnare il tempo di una contesa tra Battista Visconti e il suo nemico Trivulzio gioca- ta sui toni di una magnificenza quasi principesca e nella quale Bramantino era at- tratto ora dall’uno o dall’altro polo politico per prestare la propria opera come ar- tista dell’avanguardia milanese.

Battista Visconti detto il Comparino e i minori osservanti Anche i primi cugini di Battista Visconti non poterono evitare di con- frontarsi con il centro di Sant’Angelo. Se si eccettua il distaccato e colto An- tonio349, i figli di Guido si inserirono negli ambienti dell’osservanza france- scana. Uno degli uomini politicamente più ambigui di primo Cinquecento mi-

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lanese350, Galeazzo di Guido Visconti conte di Busto dispose tardivamente per la propria sepoltura351, ma dal 1521 ordinava una marmorea tomba nel sacello di Sant’Angelo che doveva erigersi (una quarta cappella viscontea pro- gettata nella chiesa) e diventare nota come «capella illustris domini Galeaz Vi- cecomitis et sit intitulata capella domini Sancti Francisci»352. Nelle disposi- zioni testamentarie successive, il grado di ambizione cresceva e nel 1530 il Vi- sconti voleva per il proprio sepolcro un regale gisant rappresentante la pro- pria effige353. Il fratello minore Princivalle Visconti sceglieva pure di essere seppellito in Sant’Angelo354, dove lo seguiva la moglie Ippolita Biglia355. Ma era il più piccolo dei cinque figli maschi di Guido Visconti a sor- prendere con il proprio mecenatismo tutto declinato in chiave francescana. Battista Visconti detto il Comparino356, con un primo testamento del 1503 or- dinava la spesa di almeno 600 ducati per la ricostruzione della chiesa di San Pietro a Cislago. L’edificio doveva essere lungo 36 braccia e larga 18; «ultra capelam magnam duplam ornatam» da realizzarsi a somiglianza di quella di Santa Maria degli Angeli a Legnano (un altro centro dell’osservanza france- scana)357. Non si mancava di ordinare per l’altare maggiore un’ancona del va- lore di 80 ducati e un Crocifisso358. Con il secondo testamento del 1512 si ri- prendeva il legato per la chiesa parrocchiale di Cislago, ma questa volta era la sacrestia dei minori osservanti di Legnano ad essere presa a modello. Si di- sponeva inoltre che sempre a Cislago si costruisse un convento dedicato a san Bernardino (sempre francescano osservante ovviamente) e un cenobio per le clarisse nel quale spendere 2000 ducati. Il tempio di San Bernardino avreb- be dovuto essere dotato di un tramezzo affrescato identico a quello dipinto nell’omonima chiesa di Pallanza359. Come luogo di sepoltura era scelto il con- vento dei minori osservanti di Santa Croce in Boscaglia di Como360. Ci si tro- va quindi davanti a un aristocratico con le idee chiare che precisa di volta in volta i modelli di riferimento con dettagliata convinzione. Ancora nel 1524, lo stesso Comparino commissionava invece ai fratelli Silla di Angera, discepoli di Pietro da Velate, il tramezzo della chiesa di Santa Maria degli Angeli a Er- ba, che doveva essere realizzato «cum similibus colloribus, depenturis, orna- mentis et designis, ac auro litteris» rispetto a quello di Santa Maria della Pa- ce in Milano; quest’ultimo dipinto probabilmente di un trentennio prima361. A Erba si realizzò in realtà un tramezzo copia del più aggiornato lavoro di Bernardino Luini in Santa Maria degli Angeli a Lugano e le volontà del Com-

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parino per l’edificazione del convento di San Bernardino furono disattese per lungo tempo; comunque, qualcosa di quanto da lui disposto fu effettivamen- te realizzato per la chiesa parrocchiale di Cislago362. Questa continua ricerca di modelli, tramite la quale si tentava di concilia- re, da un lato la necessita di un ammodernamento stilistico o di gusto, e dal- l’altro un bisogno di norma iconografico-devozionale, induce a varie riflessio- ni sulle possibilità di scelta di un aristocratico milanese e sulla capacità di ag- giornamento di questi colti committenti363. Si aprono per altro nuove pro- spettive su opere purtroppo scomparse che dovevano costituire importanti punti fermi per i contemporanei. È spontaneo chiedersi quale potesse essere l’aspetto del perduto tramezzo di San Bernardino a Pallanza che nel 1512 po- teva avere soppiantato il modello foppesco di Sant’Angelo a Milano. Le sug- gestioni per le pitture nella terra lacustre devono fare i conti con l’operato di pittori meno noti, ma dal notevole carattere: come ad esempio Giovanni An- tonio da Montonate (piccola terra nella pieve di Somma Lombardo), già co- nosciuto come Maestro di San Rocco a Pallanza e recentemente identificato da Davide Mirabile364. D’altra parte non si può fare a meno di pensare alla presenza, tra 1510 e 1511, di Fermo Stella, Gaudenzio Ferrari e probabilmente di Sperindio Ca- gnoli ad Arona, sulla stessa sponda del lago a una trentina di chilometri più a sud. Una congiuntura artistica aronese che cade proprio in prossimità del- la menzione del tramezzo di San Bernardino a Pallanza nel testamento del Comparino (1512), precede di poco la chiusura dei lavori al tramezzo gau- denziano di Santa Maria delle Grazie a Varallo (1513) e potrebbe non essere stata estranea all’azione di un altro ramo di casa Visconti365. La Bianca di Sa- luzzo ritratta da Gaudenzio Ferrari nel polittico per Santa Maria ad Arona era infatti la sposa di Vitaliano II Borromeo e zia acquisita di Ludovico Vi- sconti, figlio di Giovanni Maria di Fontaneto e di Giustina Borromeo. Il gio- vane Visconti fu nominato erede universale dallo zio Vitaliano II e assunse il cognome Visconti Borromeo risiedendo spesso ad Arona366. Verso il 1510, rientrato in Milano da non molto, dopo i soliti esili dei filosforzeschi, Ludo- vico doveva avere tutta l’intenzione di riprendere il suo stile di vita «more nobilium» perché acquistava finalmente il grande palazzo già di Tristano Sfor- za in San Fedele dove risiedeva abitualmente come affittuario da anni367. Se il superbo polittico gaudenziano di Arona, stando ai documenti, ha tutta l’aria

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di essere una commissione comunitaria del ricco borgo, l’inserimento dell’ef- fige della contessa Bianca, legata più al nipote Ludovico Visconti che ai vari rampolli Borromeo, rischia di fare cadere anche questa esperienza artistica al- meno parzialmente nel canestro delle commissioni viscontee368. Si deve inoltre tenere conto che sicuramente Sperindio Cagnoli, ma forse anche lo stesso Fermo Stella, non dovevano essere estranei all’ambiente della piccola corte viscontea di Fontaneto d’Agogna. Qui, tra Novara e Borgoma- nero, il castello dei Visconti non mancò di essere un centro di committenza di interesse e un luogo di scambi culturali e artistici, merito anche dell’azio- ne energica di Maria Ghilini, nel contempo nonna acquisita e suocera di Lu- dovico Visconti Borromeo, e della parentela stretta da Galeazzo Visconti, gio- vane zio di Ludovico, con Gian Giacomo Trivulzio369. Per via di questa unio- ne, celebrata in un fregio del castello dalla bottega dei Cagnola, i celebri araz- zi di Bramantino sostarono anche a Fontaneto almeno nel 1521370, ma non è escluso che i prestiti dei panni preziosi siano avvenuti anche in precedenza in occasione di qualche speciale celebrazione e con risvolti culturali interessanti per i pittori che si muovevano tra Novara e la Valsesia. Se per ora non esiste materiale per proseguire sulle suggestioni del tra- mezzo modello di San Bernardino a Pallanza, vale la pena di sottolineare che anche il borgo a metà del Verbano non era estraneo all’ambiente visconteo. Da una dichiarazione risalente al 1513 e fatta stilare dell’abate di San Celso (Leonardo Visconti) risulta che i Visconti di Brignano vantavano cespiti deri- vanti da diritti signorili anche a Pallanza371. Come si è già annotato e si se- gnala anche di seguito372, l’abate e suo fratello Francesco Bernardino (morto nel 1504) si muovevano con una certa disinvoltura tra Butinone e Zenale, tra Cazzaniga e Briosco, nonché tra Cristoforo Solari e Cesare Cesariano. Ma que- sto ramo di casa Visconti vantava anche legami di parentela proprio con i Morigia di Pallanza, ai quali spettava di fatto la fondazione di San Bernardi- no373. La zia di Leonardo, Elisabetta Visconti era stata sposa in prime nozze di Giacomo Morigia374; forse per lei, giovane sposa, erano stati realizzati gli affreschi cortesi, ormai fuori moda, della casa Morigia a Pallanza375. Tornando a Battista Visconti e alle terre visconte del Seprio: le disposizioni testamentarie del Comparino relative ai cenobi di francescani e di clarisse da erigersi a Cislago furono in realtà riprese da un erede oltre centocinquanta an- ni dopo la morte del gentiluomo. Verso la fine del XVII secolo, Cesare Visconti

72 IL PROBLEMA DI SANT’ANGELO VECCHIO

di Cislago, marchese di Gallarate e consignore di Somma Lombardo, «veggen- dosi per ragione di testamento de suoi antecessori obbligato», decise di chia- mare i frati francescani riformati di Santa Maria del Giardino a Milano per la costruzione di un convento a Cislago. L’azione di Cesare, l’ultimo dei Visconti di questo ramo, fu avversata dai francescani di Saronno, Legnano e Cermena- te; ne nacque una vertenza ventennale che terminò nel 1718 poco dopo la mor- te del Visconti (1716) con l’abbandono del cantiere di Cislago376. Nasce in questo contesto uno spiraglio che può gettare qualche luce sul- l’originaria committenza di un’altra opera di Bramantino. La Madonna e otto santi di Palazzo Pitti a Firenze proveniente dalla collezione Contini Bonacos- si. La bella tavola si conservava, tra la fine del XIX e i primi anni del XX secolo, a Birolo nel Pavese377, presso la chiesa di un’ex grancia certosina ac- quistata nel 1787 dai Castelbarco Visconti378. Secondo William Suida l’opera «in origine doveva trovarsi nella chiesa, poi distrutta, di Santa Maria del Giar- dino a Milano e dev’essere la stessa che il Pagave aveva veduto nel palazzo Castelbarco»379. In effetti, nel XVIII secolo, Venanzio De Pagave aveva regi- strato «la Madonna col Bambino in braccio ed alcuni santi d’intorno, che si ammira sopra la porta di una sala della casa Castel Barco; in questa pure si vede una ben intesa architettura per appoggio delle figure»380. Tenendo con- to che i Castelbarco, nobili trentini inseriti a Milano al finire del Seicento, fu- rono eredi proprio dei Visconti di Cislago, i riferimenti di Suida e De Paga- ve risultano interessanti proprio nel contesto delle vicende appena narrate e relative all’adempimento delle volontà di Battista Visconti detto il Comparino. Testando nel 1713, Cesare Visconti attestava di avere lasciato molti beni, an- che mobili, ai frati di Santa Maria del Giardino imponendo che se il proget- to di costruzione per il convento a Cislago fosse fallito terreni e oggetti «im- mediatamente ritornino alli infrascritti miei eredi», ovvero a Carlo Francesco Castelbarco figlio di Costanza Visconti e nipote del testatore381. Sono forse le tracce di un passaggio tra casa Visconti, Santa Maria del Giardino e casa Ca- stelbarco che riecheggiano le informazioni di Suida e andranno meglio ap- profondite concentrando l’attenzione sulla notevole collezione d’arte accumu- lata da questo ramo di casa Visconti e divisa tra la galleria del castello di Ci- slago e il palazzo milanese di San Pietro alla Vigna382. Certo se i dati si con- fermassero non sarebbe spiacevole pensare alla pala Contini Bonacossi come a una commissione fatta realizzare in vita dal Comparino, che si chiamava Bat-

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tista come il santo che nell’opera ruba la scena agli altri guardando lo spet- tatore e additando la Vergine. Se così fosse, bisognerebbe fare i conti una vol- ta di più con un Bramantino così addentrato nel mecenatismo dei Visconti di Somma tanto da lavorare per i due cugini omonimi nell’allestire gli spazi sa- cri tra Milano e il contado, dove la potente famiglia esercitava con magnifi- cenza il proprio patronato.

74 I figli di Gaspare Ambrogio Visconti: conservare la memoria di famiglia

Galeazzo Visconti, figlio di Gaspare Ambrogio, fece redigere diversi testamenti e codicilli tra il marzo 1516 e gli ultimi mesi del 1522. In tutti dispose di essere deposto «in sepulcro marmoreo que est super columnas in sacello domini sancti divi Thome Aquinatis situm in ecclesia sancti Eustorgii», ovvero “riciclando” per la propria ultima dimora l’imponente sepolcro trecentesco di , fi- glio di Matteo Magno e padre di Galeazzo II e Bernabò (tutti signori di Milano). Inoltre, con il codicillo dell’ottobre 1522, il Visconti imponeva ai frati di San- t’Eustorgio un divieto assoluto di alienazione e modifica della cappellania da lui istituita, nonché di distruzione della cappella e sepolcro. Già questa scelta ben in- dica il valore che Galeazzo assegnava all’affinità con il ramo ducale della schiat- ta viscontea. Se si pensa poi che il primo testamento fu redatto durante il secon- do dominio francese del ducato (1516) si evince immediatamente il valore sim- bolico della rivendicazione del Visconti nell’occupare lo spazio sacro di Sant’Eu- storgio conteso di fatto nel patronato direttamente con il nuovo re di Francia Francesco I di Valois pronipote di Valentina Visconti. Tenuto conto che gli ascen- denti diretti di Galeazzo erano sepolti nella sesta cappella a destra della stessa chiesa, sembra di trovarsi di fronte a un tentativo di riproporre e mantenere l’oc- cupazione viscontea dello spazio sacro nell’antica fondazione domenicana. Isti- tuendo cappellanie presso i cenobi milanesi dove erano monacate le sorelle – San Bernardino dove si trovava la clarissa Cecilia e Santa Marta dove vivevano le ago- stiniane Taddea e Arcangela – disponeva messe speciali da celebrarsi nel giorno

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di sant’Agnese, ricorrenza della vittoria viscontea a Desio (21 gennaio 1277), e nelle tre festività di sant’Ambrogio, celebrazione del 21 febbraio in memoria del- la battaglia di Parabiago (1339) compresa, oltre alle più canoniche ricorrenze di Sant’Ambrogio ad Nemus e del 7 dicembre383.

Un nuovo ciborio per Sant’Ambrogio e Bernardo Zenale Questo riferimento allo scontro bellico di Parabiago rimanda a un altro si- gnificativo legato del figlio di Gaspare Ambrogio: il progetto di una commissio- ne artistica di grande rilevanza simbolica, ma anche un segno tangibile dei con- tatti che i giovani Visconti avevano mantenuto con il meglio del mondo artistico milanese. Con il testamento del 1516, Galeazzo disponeva un lascito di ben 2000 ducati da spendersi in vent’anni

in fabricando pinaculum seu testitudinem marmoream de Carraria et de metallo super illis columnis quatuor porfireteis in cuius tribus lateribus incisa sit victoria Sancti Ambrosii de Parabiago, baptismi Sancti Augustini et exequiarum Sancti Martini cum interventu Sancti Ambrosii et deputo executores ad hanc fabricam pro execucione presentis legati infrascriptos heredes meos et venerabilem dompnum Aymondum de Prestipiono, magistrum Bernardinum de Trivilio, dominum Octavianum de Panigayrolis384.

Conservando le purpuree colonne di porfido si prevedeva un rifacimento del- la sommità del ciborio paleocristiano della basilica di Sant’Ambrogio385. Sul fron- tale del rinnovato baldacchino marmoreo si sarebbe trovata la scena travolgente di Ambrogio miracolosamente intervenuto a favore di Azzone Visconti sul cam- po di Parabiago. Nell’anno 1516, con una città appena ritornata in mani fran- cesi, con le rovine del centrale palazzo di un altro Galeazzo Visconti (il conte di Busto Arsizio) ancora polverose386, con i sobborghi nord-orientali (Sant’Angelo compreso) ancora fumanti per l’incendio difensivo voluto dal Lautrec e osteg- giato dal Trivulzio contro le armate asburgiche guidate dallo stesso conte di Bu- sto387, l’idea di rappresentare il santo protettore di Milano e dei Visconti super- bamente equestre e con il flagello in mano, scolpito in candido marmo sulle ros- se colonne imperiali, non era solo un esercizio di sapienza antiquaria, ma un mo- to d’orgoglio politico388. Una ventina di anni prima si era probabilmente cimen-

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tato sul soggetto Marco d’Oggiono – a testimoniarlo un noto disegno conserva- to all’Accademia di Venezia – per i teleri della Scuola di Sant’Ambrogio (quella dei lombardi) presso i Frari di Venezia389. A fare da sfondo alla scena di batta- glia, era stato effigiato il castello sforzesco: un emblema e monito del potere mi- litare sforzesco che poco avrebbe valso a lato pratico contro le congiunte forze venete e francesi nell’estate del 1499. Pochi anni prima dell’intervento venezia- no, Butinone e Zenale avevano affrontato lo stesso tema sulla parete di fondo (in gran parte perduta) della cappella di Sant’Ambrogio in af- frescata per volontà del colto medico e consigliere ducale Ambrogio Griffi390. E fu proprio a Zenale che Galeazzo Visconti fece riferimento per coordinare l’ambizioso progetto per l’altare di Sant’Ambrogio a Milano, insieme a un mona- co cistercense e a quell’Ottaviano Panigarola fratello di suor Arcangela, con un figlio chiamato Bramante e ben intriso nelle commissioni di Santa Marta391. La scelta di Zenale risultava di fatto una riconferma della competenza del pittore in questioni antiquarie: la sua opinione di «summus pictor et architettonice peritis- simus» era tenuta in grande considerazione anche da Andrea Alciati in relazione alla stima di un’urna marmorea conservata allora a Tradate392. Si ha l’impressio- ne che Zenale, insieme all’Alciati e a Galeazzo Visconti si interessassero attiva- mente insieme di antichità nella Milano del secondo decennio del XVI secolo. Forse un ulteriore squarcio sulle frequentazioni dei tre si rintraccia in un’altra no- ta del giurista milanese relativa a un «pulcherrimum» stilobate figurato oggetto di un amichevole dono tra Andrea e l’«eques nobilissimus Galeatius Vicecomes»393. Comunque, da alcuni anni, il pittore e architetto di Treviglio sovrintendeva una serie di prestigiosi cantieri non estranei a intricati sistemi di patrocinio vi- sconteo. Significativo il suo intervento in Santa Maria presso San Celso: una fab- brica nella quale il ruolo di Francesco Bernardino Visconti (già amico di Butino- ne) e degli abati Leonardo e Pallavicino Visconti, rispettivamente fratello e figlio di Francesco Bernardino, andrebbe ridiscusso e meglio evidenziato394. Qui aveva iniziato col fornire le «monstre» (i modelli) per gli ornamenti del tiburio messi in opera da Antonio Raimondi395 – i contatti di questo pittore con i Visconti di Som- ma sono già stati tracciati396 – verso il 1502 e aveva gradualmente preso in ma- no la completa gestione del cantiere affiancato da Cristoforo Solari, dal capoma- stro Antonio da Lonate e dal pittore Cesare Cesariano397. Questi ultimi due non erano certo estranei ad altre vicende viscontee. L’inge- gnere Antonio Bodio da Lonate attivo in una moltitudine di cantieri milanesi, e non

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solo, nel 1508 si era assunto l’impegno di completare l’imponente fabbrica di San- t’Ambrogio nella terra natia di Lonate Pozzolo398. Il grasso borgo di brughiera era feudo di Antonio Visconti di Somma Lombardo399, figlio di Guido e fratello mag- giore di quel Comparino tanto legato all’osservanza francescana400. Sebbene alla ba- se della riedificazione in forme monumentali della parrocchiale di Lonate ci fosse un moto d’orgoglio comunitario, il feudatario Antonio Visconti non fu estraneo al- le dinamiche del cantiere401. Soprattutto si deve tenere conto che Antonio era sta- to più volte oratore alla corte di Ferrara tra il 1494 e il 1499 e in questa sede ave- va accolto Cesare Cesariano nel 1495. Il pittore e architetto rammentava con paro- le lusinghiere il Visconti, il quale nel clima della corte estense e forse sulla scorta dell’attività di Pellegrino Prisciani, per dirla con le parole dello stesso Cesare:

delectandosi de li excelentissimi studii de la philosopicae e mathematicae scientiae, avendomi epso provato e collaudato molti praeclarissimi lectori de quello gimnasio, seco mi tenete alquanto tempo a esplicare e dimonstrare li schemati e diagrammati de quelle gravissime lectione, sicomo de cosmographia e di alcuni altri libri reconditi di electe scientie. Et epsi desiderati cum provata esplicatione de li lectori graecci e latini402.

Un’atmosfera colta, quella rievocata dal Cesariano, perpetuata anche nella Mi- lano del primo Cinquecento dallo stesso Antonio che, vivendo all’esterno della complessa scena politica urbana, si era impregnato con la moglie Maddalena Tri- vulzio a ospitare artisti nei dotti cenacoli tra il palazzo di Milano in Sant’Eufemia (vicino alle case dei parenti Trivulzio e di Marco d’Oggiono)403 e la piccola resi- denza campestre della Maddalena (presso Somma) in vista del Ticino. L’affianca- mento lavorativo di Zenale ad Antonio da Lonate e Cesare Cesariano potrebbe avere aperto al pittore di Treviglio contatti con quest’altro circolo visconteo. So- no questioni da indagare che in prospettiva potrebbero allargare il raggio dei rap- porti dell’artista con altri rami dell’agnazione. La chiamata in causa dell’esperto Bernardo da parte di un figlio di Gaspare Ambrogio Visconti segnala soprattutto la traccia di un precedente momento di possibili incontri. Non sarebbe strano far risalire la conoscenza tra Zenale e la fa- miglia di Galeazzo Visconti a quasi un trentennio prima rispetto al progettato in- tervento del 1516 in Sant’Ambrogio. Quando nel 1486, il padre di Galeazzo ave- va cambiato casa facendosi costruire il nuovo palazzo presso la parrocchia di San

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Pietro in Camminadella, come si è già rievocato, Bramante era stato ospitato a ca- sa Visconti. La nuova residenza viscontea potrebbe avere accolto non solo l’urbi- nate, oltre al giovane Bartolomeo Suardi che andava diventando tra quelle pareti il Bramantino e al giovanissimo Cesare Cesariano, ma anche il già maturo Zena- le404. Un riflesso immediato di questa situazione – come evidenziato da Stefania Buganza – si sarebbe manifestato nella decorazione della navata di Santa Maria delle Grazie con i santi domenicani solidamente impostati nelle nicchie405, men- tre il testamento di trent’anni successivo potrebbe attestare le estreme conseguenze di quelle frequentazioni. E ancora, i riverberi di questi incontri virtuosi, delle gi- te tra il Seprio e il Verbano, su fino a Bellinzona a caccia di antichità e di mar- mi colorati con Bramante, il Maccaneo e Gaspare Ambrogio Visconti, potrebbe- ro essere alla base delle annotazioni dell’Alciati sopra ricordate.

I Visconti a Santa Marta tra Bambaia, Zenale e Marco d’Oggiono Nemmeno a dirlo il progetto per il ciborio di Sant’Ambrogio restò solo sulla carta, ma se qualche traccia del lavoro prese forma non si può fare a meno di pensare che la data 1516 del testamento di Galeazzo sia la stessa dell’inizio dei lavori del monumento di Gaston de Foix (cugino del re di Francia morto nel ter- rificante scontro di Ravenna del 1512). Il mausoleo era stato progettato per la chiesa agostiniana di Santa Marta e vi operò lo scultore Agostino Busti detto il Bambaia406. La comparsa di uno Zenale, incaricato nello stesso anno di coordi- nare insieme al fratello di suor Arcangela Panigarola, badessa di Santa Marta, i lavori per la marmorea impresa in Sant’Ambrogio, riporta alla mente le informa- zioni che Vasari fornisce sulla formazione del giovane Bambaia: «tirato innanzi e molto aiutato» da Bernardo Zenale407. La suggestione è quella di poter pensare a uno Zenale ormai anziano che, in stretto rapporto di amicizia con Ottaviano Pa- nigarola e con i fratelli Visconti, possa coordinare dall’alto Bambaia inserendolo da un lato nei progetti filofrancesi di Santa Marta e dall’altro in quelli viscontei di Sant’Ambrogio408. È però necessario a questo punto sottolineare che, a legare Bernardo Zenale all’ambiente della casa dei figli di Gaspare Ambrogio Visconti non dovevano concorrere solo le vecchie scorribande con Bramante, gli strascichi delle frequentazioni cortesi dei tempi del Moro, o i gusti antiquari che stavano virando verso un irrimediabile classicismo, ma anche una serie di comuni tensio- ni religiose che percorrevano gran parte della società milanese e soprattutto il gruppo di nobili e aristocratici legati proprio a Santa Marta.

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Il monastero di agostiniane osservanti di Santa Marta, nato dall’esperienza re- ligiosa di una nobile milanese che a metà del XIV secolo si era ritirata nella pro- pria casa di porta Ticinese con altre gentildonne, fu sede, tra la fine del Quat- trocento e il principio del secolo successivo, di un movimento di forte rinnova- mento spirituale. E in contemporanea fu oggetto di un progetto di rinnovo ar- chitettonico e decorativo. La chiesa e il monastero erano in restauro probabil- mente dal 1502, ma i grandi lavori per Santa Marta toccarono il culmine poco dopo il conciliabolo milanese guidato dal cardinale spagnolo Bernardino Carva- jal409. Durante i primi tre decenni del Cinquecento si legarono a Santa Marta una serie di nobili milanesi, non tutti propriamente di tendenze filofrancesi. Guidato dal prete ravennate Giovanni Antonio Bellotti410 il gruppo si impegnava nello stu- dio dell’Apocalypsis Nova, scritta dal frate amadeita ispano-portoghese Amadeo Menez de Silva e riscritta dal frate francescano bosniaco Giorgio Benigno Salvia- ti su commissione del Carvajal411, e meditava sulla visioni profetiche delle “sante vive” Veronica da Binasco e Arcangela Panigarola412. Si trattava di un notevole insieme di persone: il vertice aristocratico era costituito proprio dai fratelli Vi- sconti, per il resto si annoveravano ex segretari, funzionari e cortigiani della cor- te di Ludovico il Moro, nobili mercanti, notai di spicco, tutti tendenzialmente re- sidenti a Milano in un virtuoso quadrilatero a cavaliere dei quartieri di porta Ti- cinese e porta Vercellina e incluso nello spazio urbano stretto tra i poli di San Se- polcro, Sant’Ambrogio e il Monastero Maggiore. La devozione era tendenzialmente cristocentrica e strettamente correlata alle esperienze della confraternita di Santa Corona413, ma non estranea al rigore dei gesuati di San Girolamo414. Le suore di Santa Marta non erano le sole religiose mistiche coinvolte in questa vivace situazione; il Bellotti guidava ad esempio an- che la confraternita della Maddalena al Santo Sepolcro nelle cui file erano coin- volte le suore domenicane di San Lazzaro, suor Maria Caterina Brugora e le con- sorelle di Santa Margherita415, le clarisse di Sant’Orsola, le donne dell’Annuncia- ta protette dai canonici lateranensi e le agostiniane di Santa Caterina alla Chiu- sa416. In particolare le domenicane di San Lazzaro erano legate al gruppo di San- ta Corona417; i confratelli di questo sodalizio avevano la loro sede presso il San- to Sepolcro, una cappella in Santa Maria delle Grazie e un’altra in San Girolamo dei gesuati418. Come le suore di Santa Marta erano attenti committenti di Ber- nardo Zenale419. Ma il loro rapporto con il pittore era dettato appunto anche da una comune intesa spirituale: sempre nel 1516, alla presenza di Bernardino Lui-

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ni, Maria Lucrezia Zenale figlia di Bernardo prendeva i voti come suor Mansue- ta proprio tra le domenicane di San Lazzaro così vicine a Santa Corona420. In questa intricata situazione non sorprende che Paolo Visconti, figlio di Ga- spare Ambrogio e fratello di Galeazzo, prendesse disposizioni testamentarie assai diverse rispetto a quelle del fratello. Nel 1519421, in quanto amico personale di Giovanni Antonio Bellotti e di Giorgio Benigno Salviati422, Paolo disponeva di farsi inumare nella cappella dedicata a San Michele da lui fatta erigere in Santa Marta probabilmente verso il 1511-1512 e decorata prima del 1515 dall’ancona degli Arcangeli di Marco d’Oggiono ora conservata alla Pinacoteca di Brera423. La scelta di questo pittore per la pala della cappella non sorprende. Marco aveva la- vorato nel 1512 per Battista Visconti di Somma (più volte coinvolto nelle que- stioni della tutela dei giovani figli di Gaspare Ambrogio) nel realizzare il politti- co di Mezzana424. Mentre nel 1511 aveva sostenuto Bramantino e Zenale nella ri- volta della Scuola di San Luca, assumendo anzi in quella congiuntura un ruolo di primo piano425. La preparazione culturale sfoderata da Marco, pittore che pro- poneva spesso un leonardismo stanco e standardizzato, ma si firmava in greco (tra le grottesche del retro della copia della Vergine delle Rocce conservata nelle Civi- che Raccolte del Castello Sforzesco e non solo)426, si occupava di cartografia ed era nominato tutore del giovane poeta Renato Trivulzio potrebbero non averlo re- so estraneo a un diretto contatto con la raffinata situazione della casa di Gaspa- re Ambrogio Visconti e dei suoi figli427. Calato pienamente nelle discussioni spirituali di quel cenobio, Paolo stava tra- sformando lo spazio sacro di Santa Marta in un’area viscontea alternativa alle se- polture di Sant’Eustorgio. Due sue sorelle Bonataddea e Arcangela Gabriella si erano monacate in questo monastero (erano ricordate anche nel testamento di Ga- leazzo) e i legami viscontei con Santa Marta risalivano ad almeno un quaranten- nio prima. Già nel 1479, Giovanni Pietro Visconti – zio di Gaspare Ambrogio – disponeva che ogni anno sull’eredità di Zerbolò e Breme ben 200 ducati fossero assegnati ai costruendi monasteri di Santa Marta e dell’Annunciata428. Se i legati andarono in esecuzione Gaspare Ambrogio e i suoi figli entrarono presto in con- tatto diretto con le fabbriche dei due centri religiosi almeno dalla metà degli an- ni ottanta del Quattrocento (data di morte di Giovanni Pietro) e furono di fatto costretti a sovvenzionarne l’edificazione429. I rapporti del Visconti con Santa Marta furono approvati da una parte del- l’agnazione. Prima i fratelli e nipoti di Paolo seguirono le sue disposizioni testa-

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mentarie: Camillo e Girolamo Visconti si fecero inumare in Santa Marta430, così come il loro nipote Giovanni Gaspare431. Ma anche il lontano cugino Gaspare di Fagnano e Fontaneto si accodava all’ondata devozionale del gruppo di Santa Mar- ta ordinando con il testamento del 1528 la costruzione di un’altra cappella vi- scontea (difficile capire dove, considerato lo spazio limitato della chiesa esterna delle monache) con un «sepulcrum marmoreum»432. Sarebbe bello comprendere qualcosa di più in relazione alla nascita di questi legami. Disposizioni testamentari di Giovanni Pietro Visconti a parte, il sodalizio spirituale tra i Visconti, gli adepti di Santa Marta e Zenale meriterebbe un ulte- riore approfondimento. La tensione religiosa di questo gruppo non fa che con- fermare la «vivissima spiritualità degli strati alti della società» milanese rimarcata recentemente da Claudia Di Filippo433. E forse non era un caso che Ludovica To- relli scegliesse, qualche anno dopo, come prima dimora del suo nuovo gruppo re- ligioso proprio una casa in San Pietro in Camminadella prossima alla dimora de- gli eredi di Gaspare Ambrogio Visconti434. L’impressione è che anche per la propagazione di questo clima spirituale, co- sì come per la diffusione delle novità artistiche, si debba guardare sempre all’at- mosfera della casa Visconti di via Lanzone. È ancora poco studiato il tema della devozione milanese di fine Quattrocento: sono di fatto scarsissime le fonti a cui appoggiarsi. Andrebbero riconsiderati i dati che emergono da un processo per eresia pubblicato da Pietro Ghinzoni alla fine dell’Ottocento435. Riportando i no- mi di coloro che erano accorsi a difendere un frate istriano accusato di etero- dossia, gli atti processuali pubblicati dal Ghinzoni aprono interessanti spiragli. Molte delle persone implicate provenivano dagli ambienti della corte (sembrava- no avere speciali legami con la cancelleria) e dall’area urbana inclusa tra porta Vercellina e porta Ticinese (le stesse aree dove poi si concentrarono i fautori di Santa Marta e Santa Corona); continuando a scavare e a trarre collegamenti fra le parentele e i legami di vicinia delle personalità implicate, il quadro si compli- ca e sfugge al controllo lasciando però scoperta la trama di una serie di connes- sioni che varrebbe la pena di percorre e che sembrano definire il quadro di una nobiltà milanese dalla religiosità intensa e non sempre ortodossa. Ad esempio uno dei difensori del frate era il primo cugino omonimo di Gaspare Ambrogio Vi- sconti436. Lo scrittore era autore di pochi, ma assai interessanti sonetti a tema re- ligioso. In un componimento, dall’inquietante introduzione giustificativa («Ben che d’esser fidele i’ presupponga / e creda quel che vuol la sacta Chiesa») e dedica-

82 I FIGLI DI GASPARE AMBROGIO VISCONTI

to al fiorentino padre Mariano (predicatore francescano legato al beato Amadeo), si discorreva di predestinazione e di libero arbitrio; argomenti che di lì a qualche decennio avrebbero fatto scorrere parecchio inchiostro e sangue437. In altri com- ponimenti il Visconti derideva le prediche fratesche con argomenti e toni molto simili a quelli che il novelliere domenicano Matteo Bandello metteva nella bocca di Paolo Taegio e Francesco Mantegazza, entrambi amici di Gaspare Ambrogio e sostenitori dei gruppi religiosi tra Santa Marta, Santa Corona e le Grazie438. Inol- tre, nella ricca biblioteca del poeta si conservavano, oltre ai testi neoplatonici e ad alcune importanti novità letterarie, anche una Bibbia in volgare, forse nella ce- lebre edizione di Niccolò Manerbi439. Se Gaspare Ambrogio Visconti, con il suo appoggio diretto a Bramante, era stato un committente di prim’ordine nella Milano di fine Quattrocento, i suoi fi- gli all’apertura del secolo seguente non avevano certo deluso le aspettative. I con- tatti con Zenale e Marco d’Oggiono, quelli possibili con Bambaia, il fermento re- ligioso che aveva legato artisti e mecenati costituirono un virtuoso sviluppo alle premesse gettate dall’aristocratico poeta precocemente scomparso. Tra i vari rami viscontei quello di Gaspare Ambrogio si era contraddistinto per la capacità di ag- giornamento sulle novità del mondo dell’arte e della cultura, ma anche della spi- ritualità. Anche nel perpetuare la memoria della famiglia questi Visconti, più di altri, furono impegnati a valorizzare consapevolmente il prestigio dell’intera agna- zione tutelando ad esempio le avite sepolture, caso rarissimo in Milano se si esclu- de quello Borromeo. Ancora con l’albero genealogico scolpito e inciso nella pie- tra della facciata tardocinquecentesca del palazzo di Prospero in via Lanzone, un’evoluzione della casa del bisnonno Gaspare Ambrogio, questi Visconti sareb- bero stati capaci di perpetuare coscientemente memoria di sé cavalcando il pa- norama culturale milanese440.

83 I Visconti di Somma Lombardo committenti di Bernardino Luini al Monastero Maggiore

Il 28 aprile 1531 in Milano moriva a cinquant’anni d’età Francesco Visconti, primogenito e ultimo sopravvissuto dei figli di Battista Visconti e di Giovanna Pu- sterla. Il Visconti non si era mai sposato e aveva avuto solo un figlio illegittimo precocemente scomparso. L’onere di portare avanti la linea di uno dei rami prin- cipali dell’agnazione spettava all’adolescente Battista, figlio naturale di Ermes fra- tello minore di Francesco, mentre la piccola Vetruria figlia di Ambrogio (il più piccolo dei fratelli Visconti) e cugina di Battista, era promessa in matrimonio al lontano cugino Giovanni Battista Visconti figlio di Antonio e Maddalena Trivul- zio441. Per tutelare il patrimonio di Battista i tutori del giovane stilavano un in- ventario. Dal documento emerge da un lato lo stato disastroso delle possessioni viscontee devastate dal precedente decennio di guerre («brusati» e «inculti» sono termini che ricorrono spesso), dall’altro la residua suntuosità del palazzo milane- se sito nella contrada dei Bossi (via Clerici) e la contrada Solata (via Broletto) nel- la parrocchia di San Tommaso in Terramara. Nel guardaroba erano conservati una serie di arazzi, in prevalenza ricchi pan- ni millefiori magari fiamminghi:

spalere 2 de seda grande a foyame, spalere 4 grande a foyame, spalere 2 picole a foyame [...], spalere 2 grande a foyame, spalere 6 tra mediocre et picole a foyame, antiporti 3 a foyame, paravento da lecto de seda facto a

84 I VISCONTI DI SOMMA LOMBARDO COMMITTENTI

foyame in pezi 4, meza spalera a foyame, banchaleto a foyame [...], carpeta 1 da tavola alla moresca granda, spalere 4 de panno morello et payado, antiporti 2 di panno morello e beretino [...], celoni 2 a figure, spallera 1 granda con l’arma a foyame, murate 2 a foyame [...], peza una d’oro rizo soprarizo con la bissa

Seguivano argenterie, officioli miniati e raffinatissimi oggetti per la caccia («ca- pelleto da falcono facto a telar d’oro e seda»), preziosi finimenti da cavallo in vel- luto di vari colori e tela d’oro, «colari da cane de veluto verdo» (per i celebri le- vrieri che Ermes Visconti scambiava con Isabella d’Este)442, l’arredo liturgico di una cappella, «tavolero uno con le tavole d’avolio et dadi d’argento», «vaseto uno de calcidonia dorato», una biblioteca di un’ottantina di volumi. L’inventario dei beni mobili è verosimilmente incompleto; sono registrati solo gli oggetti conservati nella guardaroba, in cucina e in biblioteca. Non manca però una lista di debiti e crediti che riassume in parte la situazione contabile famigliare del decennio precedente. Tra i debitori, anche per somme di un certo rilievo, figurano i parenti Giovanni Andrea Visconti e Pietro Pusterla, ma anche la contessa Attendolo Bolognini, Alessandro Bentivoglio e il marchese del Monferrato, nonché alcune delle comunità sottoposte alla signoria dei Visconti o dei Pusterla (Rivolta d’Adda e Fregarolo). Nel foglio segnato «H» compare invece una lista dei creditori:

Altri debiti per fitti de livelli manchati in Somma como apparre alli libri circha a lire 10.000 Altri debiti per altre cause con messer Ieronimo Vesconte per una cessione facta ad luy per el signor Thomaso dal lire 7815 Mayno con li heredi del signor Gaspare de la Torre prestati, al lire 783 signor Hermes, appar alli libri con li heredi del signor Thomaso dal Mayno per resto lire lire 500 14.000 con messer Ioanne Iacomo Raynoldo lire 395 Item altri debiti causati per el signor Hermes con magi- stro Bernardino da Luino per resto per l’opra facta al lire 400 Monasterio Magior el conte de Challant domanda molti altri domandano per debiti causati per el signor Ambrosio443.

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Se l’ultima nota conferma direttamente un dato accennato da Matteo Ban- dello relativa alla dissipatezza di Ambrogio Visconti «il quale ne lo spender circa i profumi era prodigalissimo»444 (il giovane era stato per questo anche parzialmente vincolato dal padre Battista nel succedere alle sostanze famigliari)445, molte altre note contenute nel documento rimandano ad un’altra celeberrima novella bandelliana, quella del «pietoso caso de la morte de la contessa di Cellant» dedicata non a caso a Isabella d’Este marchesa di Mantova446. Nel 1514, il ventinovenne Ermes di Battista Visconti sposò a Trino Vercellese la tredicenne Bianca Maria Scapardone o Gaspardone447. La ragazza era figlia ed erede universale del ricchissimo Giacomo, già finanziere dei marchesi Paleologo. A Casale Monferrato, il Gaspardone aveva eretto un enorme e raffinato palazzo che sarebbe diventato poi la residenza gonzaghesca nella città piemontese448. Nel- lo scegliere la sposa per il figlio già avviato alla carriere ecclesiastica, Battista Vi- sconti e Giovanna Pusterla avevano soprattutto tenuto conto dello stratosferico ammontare della dote di 25.000 scudi (circa 112.000 lire imperiali) che avrebbe risolto i problemi derivanti dalla suddivisione e dispersione del patrimonio fami- gliare tra i tre figli viventi (Francesco, Ermes e Ambrogio)449. Stando alla narra- zione di Bandello la giovane sposa fece un ingresso trionfante in città («e con so- lennissima pompa e trionfi grandissimi e feste la condusse in Milano») su una «su- perbissima carretta tutta intagliata e messa ad oro, con una coperta di broccato riccio sovra riccio tutto frastagliato e sparso di bellissimi ricami e fregi» donata alla giovane dal cognato Francesco450. Sempre Bandello ricordava la gelosia di Er- mes per la troppo giovane e vivace sposa, nonché le assidue frequentazioni della giovane coppia con Ippolita Sforza Bentivoglio. Solo due anni prima, nel 1512, mentre si decorava l’altare maggiore di Santo Stefano a Mezzana con il polittico di Marco d’Oggiono e si allestivano le cappelle milanesi di Sant’Angelo451, Battista Visconti aveva acquistato dal generale delle fi- nanze francese Sebastiano Ferrero il superbo palazzo del proprio nonno (France- sco Bussone conte di Carmagnola), già abitazione di Cesare Sforza e Cecilia Gal- lerani (figlio e favorita di Ludovico il Moro), giusto in tempo per alloggiarvi Ales- sandro Bentivoglio e Ippolita Sforza profughi da Bologna e fatti sloggiare per mo- tivi politici dalle case dei Pallavicini in porta Orientale452. Sono questi gli anni della restaurazione di Massimiliano Sforza durante i quali Battista Visconti e la sua famiglia raggiunsero i vertici del proprio prestigio e della propria posizione politica453. A separare il palazzo già Ferrero dall’avita dimora dei Visconti di Som-

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ma stava solo la contrada Solata (via Broletto). Alla nuova coppia di giovani spo- si bastava attraversare la strada per essere presenti nel colto cenacolo di Ippolita in compagnia del poeta Girolamo Cittadini e di suo cognato il notaio Francesco Besozzi. Anche quando con la morte di Battista e il rientro dei francesi Alessan- dro ed Ippolita furono costretti a sloggiare dal palazzo, rioccupato dai Ferrero, e a trasferirsi in casa dei Tolentino dietro al Monastero Maggiore le frequentazioni dovettero continuare454; complice anche un dono di Ermes a Bianca Maria. Il Vi- sconti acquistato nel 1519 il palazzo con giardino fuori porta Comasina del non- no Pusterla lo donava alla sposa455; nei pressi di questo giardino sorgeva il vec- chio ed elegante casino di Angelo Simonetta ereditato da Ippolita Sforza Benti- voglio, alternativa estiva alle stanze dei Tolentino456. Ma mentre Alessandro, Ippolita, Ermes e Bianca Maria abitavano ancora vi- cini nella parrocchia di San Tommaso, qualcosa avvicinò entrambe le coppie al cenobio benedettino di San Maurizio al Monastero Maggiore457. Verso la fine del 1515, Bianca Bentivoglio, figlia di Alessandro e Ippolita, e una sua ancella Pan- dora Serli da Bologna entrarono come religiose nel convento prendendo signifi- cativamente i nomi di suor Alessandra Bentivoglio e suor Ippolita da Bologna458. Si inaugurava così un rapporto speciale tra i Bentivoglio e il Monastero Maggio- re che sarebbe durato per il successivo cinquantennio459. Ma riprendendo la vicenda della giovane Bianca Maria Gaspardone Visconti come narrata dal domenicano e dal cronista pavese Antonio Grumello460, solo con qualche nota storica aggiornata: in data 11 maggio 1521 Ermes Visconti spirava, a due giorni di distanza da Ippolita Sforza Bentivoglio e invocando proprio l’amica; come narrava alla corte gonzaghesca l’oratore Francesco Grossino evidenziando il tono di macabro presago («vazilando diceva: Lassatime andare, voglio andare a tro- vare madona Ipolita Bentivoglia. Et era morta, et non lo sapeva»)461. Bianca Maria restava vedova, giovane e ricchissima divenne uno dei partiti più contesi d’Italia. Complice Anna d’Alençon, marchesa del Monferrato, la Gaspardone rifiutava un partito gonzaghesco promosso da Isabella d’Este (odiata dall’Alençon) e sposava il conte valdostano Renato di Challant nel 1522. Insoddisfatta dell’unione con il con- te, Bianca Maria rientrava a Casale (1525) dove faceva testamento nominando ere- de di metà delle proprie fortune l’ex cognato Francesco Visconti e disponendo se- poltura nella chiesa milanese di Sant’Angelo, dove nella cappella maggiore era sta- ta inumata anche Ippolita Bentivoglio462, «in monumento et sepulchro nunc quon- dam magnifici domini Hermetis Vicecomitis sui primi mariti»463. Dopo un sog-

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giorno pavese e l’inizio di una relazione amorosa con Roberto Ambrogio Sanseve- rino conte di Caiazzo, la donna ritornava in una Milano sconvolta dalla peste e stravolta dall’assedio e dall’occupazione degli imperiali, stabilendosi a casa di Da- ria Pusterla Botta464; quest’ultima cugina dei Visconti di Somma e donna assai com- promessa dal punto di vista politico. Ad agosto, quando ormai il castello era ca- duto, il duca si era ritirato dalla città e tutto era rimasto nelle mani del connesta- bile di Borbone, Ardoino Valperga di Massino e suo fratello, stando ai pettego- lezzi altri due amanti della contessa di Challant, erano assassinati da Pietro da Car- dona (un ennesimo favorito spagnolo di Bianca Maria). L’oratore mantovano Lu- dovico Guerrieri registrava non senza un tono di disprezzo:

in Milano è stato morto il signor Ardoino et uno suo fratello da spagnoli et se dice che messer de Borbone ha fatto pigliar un capitanio spagnolo et quilla Scampardona da Casale quale se dice essere stata causa de la sua morte465.

Nel contempo, come annotava un altro referente dei Gonzaga (Sigismondo Fer- rarese), «li più grandi de Milano è stati posti in castelo» in cambio di una taglia di 29.000 scudi466; e tra questi fu detenuto anche Francesco Visconti il cognato della Gaspardone467. Mentre nel campo sforzesco ormai trasferitosi alle porte di Milano si progettava di prendere la città per la via del «giardino de la casa de ma- dona Daria Botta che è presso le fosse de Melano è senza alcun reparo et non vi sta guardie»468, il 20 ottobre 1526 Bianca Maria, senza prove concrete salvo una confessione tardivamente estorta, era decapitata sul rivellino del castello di Porta Giovia. Il Bandello chiudeva il triste racconto con la frase: «E chi bramasse di ve- der il volto suo ritratto dal vivo, vada ne la chiesa del Monistero Maggiore, e là dentro la vedrà dipinta»469. La chiosa di Bandello riporta al rapporto speciale stretto dagli amici Bentivo- glio con il cenobio benedettino milanese di San Maurizio. Ermes Visconti e Bian- ca Maria non dovettero restare estranei a questa situazione. Tra i debiti causati da Ermes compariva infatti, come già annotato, la voce «con magistro Bernardi- no da Luino per resto per l’opra facta al Monasterio Magior, lire 400». L’identi- ficazione dei committenti del tramezzo esterno dipinto da Bernardino Luini al Monastero Maggiore è stato uno dei rompicapi della storia dell’arte milanese. Un rebus di fatto complicato dalla conclusione di Bandello470. Sullo scorcio dell’Ot-

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tocento, a seguito della scoperta degli stemmi dei Bentivoglio e dei Visconti ac- compagnati dalle scritte «AL» e «HIP» (dipinte sulla parete interna del tramezzo della chiesa), Luca Beltrami ipotizzava che i due aristocratici committenti effigia- ti sulla parete esterna del tramezzo fossero Alessandro Bentivoglio e Ippolita Sfor- za471. All’identificazione di Beltrami ha obiettato nel 1979 solo Maria Teresa Bi- naghi Olivari adducendo perplessità relative all’età anagrafica degli effigiati ri- spetto a quella dei coniugi Bentivoglio, seguita recentemente in questa e in altre opportune considerazioni da Rossana Sacchi472. La nota relativa ai debiti dei Vi- sconti verso Bernardino Luini sembra chiarire la situazione indicando che Ermes e sua moglie Bianca Maria furono i committenti del tramezzo di San Maurizio. D’altra parte esisteva già una tradizionale identificazione del Visconti e della Challant nei due gentiluomini ritratti nelle lunette del tramezzo luinesco473. Inol- tre l’attestazione di contatti tra Ermes Visconti e il pittore Luini è un dato già no- to. Nel dicembre del 1520 lo stesso notaio Bernardo Belloni chiamato per redi- gere l’inventario del piccolo Battista Visconti registrava nella sua rubrica: «Vendi- tio facta per illustrem dominum Hermetem Vicecomitem in magistro Bernardino de Luyno»474. Il contratto corrispondente è scomparso, ma a esso si fa riferimen- to in un ulteriore atto rogato dal medesimo notaio Belloni nel 1534475. Con que- sto secondo documento i tutori degli eredi di Bernardino Luini si accordavano con i tutori di Battista figlio di Ermes Visconti per retrocedere il diritto di ri- scossione di un fitto livellario ceduto anni prima dall’aristocratico al pittore a co- pertura di un debito. Se ne dedurrebbe che verso la fine del 1520 il Visconti ave- va contratto un grosso debito con il pittore saldato in parte con la cessione di una rendita annua. Non si può stabilire con sicurezza se questo accordo avesse a che fare con i dipinti del Monastero Maggiore, ma resta la certezza dei contatti tra l’artista e il gentiluomo. Stante i dati presentati sembra quindi logico riconoscere nei mecenati ritratti da Luini nelle lunette di San Maurizio Ermes Visconti e Bianca Maria Gaspar- done. Con questa identificazione ritrovano una propria logica anche altri elementi degli affreschi. Le età degli effigiati concordano con i dati anagrafici della cop- pia: Ermes (nato nel 1485) verso il 1520 aveva trentacinque anni e Bianca Maria (nata nel 1501) doveva averne poco meno di venti. La presenza dei santi rappre- sentati nelle lunette accanto ai donatori riscopre un senso. San Bernardo e santa Scolastica erano d’obbligo in un cenobio benedettino, così come san Giovanni Battista e santa Caterina risultano elementi fondamentali per un aristocratico mi-

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lanese, mentre santo Stefano e sant’Agnese difficilmente avvicinabili ai Bentivo- glio, erano tra i santi cari ai Visconti e titolari delle chiese pievane di Somma Lombardo e Mezzana; entrambi edifici sacri di patronato visconteo. Persino gli abiti con cui era effigiata la coppia trovano un puntuale riscontro documentario nell’inventario dei beni portati via da Milano nel febbraio del 1522 da Bianca Ma- ria e tra gli oggetti suntuosi portati in dote dalla stessa al secondo marito: nel pri- mo elenco appare la «fodra una de lupo cervero usata cum il bavero novo, che era del prefato signor Hermes, veste una de raxo negro abandata de veluto ne- gro senza fodra, che era del prefato signor Hermes»476; nel secondo compaiono i «cento septanta e tre pontali d’oro sopra una veste di satin biancho», ovvero il lussuoso abito bianco con i fermagli a nodo d’amore in oro che la donna sfode- ra orgogliosamente nel ritratto477. Le vicende della coppia sembrano utili anche per datare gli affreschi di Lui- ni. La parete esterna del tramezzo è stata assegnata quasi concordemente dalla critica agli anni 1522-1524478, salvo per una retrodatazione di qualche anno per la parte inferiore proposta da Dario Trento e Pietro Marani479, e una recente pro- posta di slittamento agli anni 1529-1530 fatta da Giovanni Agosti, Jacopo Stop- pa e Marco Tanzi sulla scorta di una nota di Bernard Berenson che estendeva la datazione presente sulla cappella Besozzi alla decorazione di tutta la chiesa480. La vicenda storica qui sopra ricostruita non sembra però lasciare spazio ad al- tra datazione per la parete esterna che ante primavera del 1521. Se gli affreschi perdono di significato dopo la morte di Ermes (maggio 1521), non avrebbero sen- so dopo il matrimonio di Bianca Maria con lo Challant (estate 1522), tanto meno dopo le vicende burrascose e scandalose della donna (1525-1526); c’è inoltre da rammentare che Bandello (dimostratosi fonte fededegna, salvo le concessioni ro- manzesche) lasciava Milano nel 1526 (prima dell’esecuzione della Challant) e vi tornava solo di corsa nel 1528 per non rientrarvi più481. L’impaginazione delle sce- ne di San Maurizio, permeata da un «classicismo rasserenato e senza errori» an- che nelle scene di massacro482, è inoltre priva della suntuosa monumentalità sfo- derata a Saronno (1525), dell’esagitato movimento proposto nel tramezzo di San- ta Maria degli Angeli a Lugano (1529) e della brutalità che il pittore scopre nella cappella di Santa Caterina in San Maurizio per il notaio Francesco Besozzi (1530). In quest’ultimo caso a rimarcare lo stacco basta confrontare nella stessa chiesa i due manigoldi intenti a decapitare san Maurizio e santa Caterina, l’uno elegante- mente immortalato in una torsione da giocatore di golf e l’altro, quello Besozzi,

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feroce e cruento. L’Assunta centrale si coordina con l’altrettanto rovinata Assunta realizzata dallo stesso Luini e bottega per Bobbio qualche tempo dopo il febbra- io del 1521 ed entro il luglio 1522483, le sante della parte inferiore si accordano con quella dell’affresco di Brera del 1521 e l’impostazione generale con la parete dipinta per i confratelli di Santa Corona (1521-1522)484. Il tramezzo di San Mau- rizio andrebbe quindi a collocarsi immediatamente dopo il ritorno di Luini da un probabile viaggio a Roma forse insieme a Zenale, da inserirsi tra il 12 gennaio 1518 e il 1520485. Verrebbe da chiedersi se non si possa datare l’opera giusto in tempo per la consacrazione della chiesa di San Maurizio nel maggio del 1519. Mentre i Ferrero vendevano alla comunità di Milano il palazzo già Carma- gnola e nessun aristocratico risulta propenso a progettare l’acquisto di un edifi- cio eccessivamente gravido di storie compromettenti486, la commissione viscontea al Monastero Maggiore chiudeva idealmente anche gli episodi di committenza del casato durante il primo Rinascimento. Le trionfanti immagini di Ermes Visconti e Bianca Maria sulla parete erano il sigillo di una stagione che stava volgendo ra- pidamente al termine. Con l’aprirsi del terzo decennio del XVI secolo non erano solo le vicende personali dei due giovani a precipitare: Ermes moriva e Bianca Maria intraprendeva l’ultimo periodo dissennato della sua breve vita. Il 1521, l’an- no estremo della dominazione francese in Lombardia, si presentava come cata- strofico per tutta l’aristocrazia lombarda. La morsa dei signori d’oltralpe si strin- geva su gli inquieti gentiluomini padani e nel giro di pochi mesi erano condan- nati a morte Manfredo e Cristoforo Pallavicini487, dichiarati ribelli e confiscati pri- ma Giovanni Battista Pusterla (cugino dei Visconti di Somma)488 e poi Francesco Visconti489, fratello di Ermes. Il rientro di Francesco II Sforza non migliorava la situazione che anzi si complicava sul quadro politico internazionale in una serie di fallimentari passaggi tra alleanze francesi e imperiali490. Seguirono dopo un biennio di instabile tranquillità la terribile peste del 1524 che riduceva drastica- mente la popolazione milanese (forse della metà), l’assedio e l’occupazione degli imperiali e poi l’accerchiamento stenuante degli sforzeschi che recuperarono una città ridotta in condizioni spettrali solo verso la fine del decennio. Come gli altri edifici dei già popolosi e grassi suburbi anche il Giardino dei Pusterla donato da Ermes e Bianca Maria giaceva desolato: «il palazo ruinato et altri casamenti rui- nati» si registrava nell’inventario del 1531491. I castelli viscontei del Seprio erano in gran parte stati demoliti o incendiati, e quel che era peggio le ricche possessioni lomelline, lodigiane e della Gera d’Ad-

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da erano devastate e incolte. Le rendite dei Visconti si dimezzavano e non basta- vano le (per altro scarse) donazioni di Francesco II Sforza a rimpiguare patrimo- ni famigliari ormai compromessi. Non a caso Bernardino Luini e i suoi eredi do- vettero aspettare anni per il saldo dei lavori svolti al Monastero Maggiore. In di- versi rami di casa Visconti si verificano problemi di successione che spezzarono il sistema di clientele e il ruolo di referenti dei principi esercitato da questi ari- stocratici: basti pensare al piccolo Battista figlio di Ermes che si trovava ideal- mente a prendere il posto dello zio Francesco, fidato consigliere del nuovo duca e punto di riferimento di tutta Milano durante le rivolte del 1526. Il giovane, po- sto sotto la tutela di alcuni agnati selvatichi, non riusciva a stare al passo con i tempi durante il trapasso al governo di Carlo V e l’intero ramo del casato im- piegò decenni a recuperare una posizione sociale e politica forse in parte mai com- pletamente riconquistata. Nel contempo, col mutare delle stagioni, si facevano stra- da altre famiglie, altri personaggi che acquistarono progressivamente un ruolo nuo- vo in una città avviata a diventare la Milano del patriziato urbano. Alcuni di que- sti personaggi erano stati clienti dei Visconti e un luogo importante per com- prendere questo snodo risulta essere proprio il Monastero Maggiore. Figlio di Gabardino, Francesco Besozzi era un notaio nato a Gavirate e tra- sferitosi a Milano in giovane età a fare fortuna presso lo studio di Antonio Bom- belli (notaio camerale pure proveniente dalla pieve di Brebbia). Membro della consorteria nobiliare dei Besozzi, ma non certo un esponente di rilievo nel con- testo della sua parentela, Francesco trovò presto nel rapporto con i notai Pagani, uomini di fiducia di Battista Visconti e dell’aristocrazia ghibellina, un punto di appoggio per estendere la sua influenza492. Il Besozzi divenne in breve un clien- te del Visconti, l’aristocratico lo protesse e favorì presso il cardinale Schinner al rientro di Massimiliano Sforza, lo inviò a Trino Vercellese per rogare il contratto dotale di Bianca Maria ed Ermes e inoltre gli regalò una tazza in argento («tazo- mum meum argenti quod habet insignia quondam illustrorum agnatorum domi- norum Baptisti Vicecomitti et Iohanne de Pusterla iugalium»)493. Nel 1513, quan- do i Visconti di Somma erano tornati all’apice del loro potere, il notaio decideva in un primo tempo di farsi seppellire «iusta ferratam capelle magnifici domini Baptiste Vicecomittis»494, cioè appena fuori di una delle due cappelle di San- t’Angelo. Con altri legati dimostrava tutta la sua aderenza ai francescani osser- vanti e di conseguenza al gruppo politico che si identificava con loro dai Carca- no ai Porro: tutti per altro committenti di Bernardino Luini495. Sosteneva anche

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uno sforzo finanziario per la costruzione della nuova chiesa di San Giuseppe496, dietro a Santa Maria del Giardino, da edificarsi su modello del Monastero Mag- giore497. Ma poi le sue disposizioni testamentarie mutavano. Nel 1524 dotava una cappella in San Maurizio da dedicarsi a santa Caterina d’Alessandria (la santa pro- tettrice della famiglia)498, poco dopo disponeva di essere sepolto qui499. La cap- pella fu dipinta da Luini solo nel 1530, a causa del gran caos che regnava a Mi- lano nell’ultimo lustro del terzo decennio del Cinquecento. Se in prima istanza il Besozzi sceglieva per la propria sepoltura un luogo prossimo alla prestigiosa cap- pella Visconti presso il tramezzo di Sant’Angelo, restava in parte coerente e mu- tava di poco le sue indicazioni preferendo poi di farsi inumare presso il tramez- zo di San Maurizio commissionato dal figlio del suo protettore. Il gioco di ruoli resta simile, gli aristocratici Visconti effigiati in modo principesco sul tramezzo e il nobile Besozzi più modestamente ritratto nella toga nera notarile sotto, ma il rilievo assunto da Francesco in quest’ultima situazione risulta comunque diverso rispetto al progetto di sepoltura del 1513. La situazione politica del ducato e quel- la internazionale avevano appiattito il divario e l’elegante cappella Besozzi mani- festava quale spazio sacro poteva ora occupare un patrizio milanese che si sede- va accanto a Princivalle Visconti di Somma nelle riunioni della magnifica comu- nità di Milano tenute nello palazzo sontuoso che già era stato con Battista Vi- sconti, Ippolita Sforza e Alessandro Bentivoglio la sede di aristocratici convivi ed ora era uno spazio pubblico occupato da botteghe e dagli uffici comunali.

93 GENEALOGIA

Gaspare sposa 1. Orietta Beccaria di Manfredo 2. Agnese Besozzi di Pietro

Pietro sposa 1. Ginevra Beccaria 2. Marzia del Carretto dei marchesi di Savona

Gio. Agostino Gaspare Gio. Pietro Gio. Francesco sposa sposa sposa Margherita Borromeo Margherita Alciati Lucia Alciati del conte Vitaliano di Ambrogio di Ambrogio

Giovanni Ottone Filippo Ambrogio Gaspare sposa detto (?) Lucrezia Landriani Gaspare Ambrogio di Antonio e Caterina Gonzaga sposa Cecilia Simonetta di Cicco

Giovanni Galeazzo Camillo Paolo Girolamo Giacomo Antonio Gaspare sposa sposa sposa sposa Beatrice Visconti Bianca del Maino Giovanna Visconti Donnina Crotti di Princivalle di Ambrogio

Giovanni Gaspare sposa Vincenza Martinengo

Prospero sposa Visconti di Cassano Giustina Garofalo Magnago di Tortona

Sagramoro Bernabò sposa Margherita Visconti di Galeazzo di Fontaneto Genealogia semplificata dei Visconti di Albizzate,

Cassano Magnago e Fontaneto (in alto), e dei Visconti Visconti di Brignano di Brignano e Saliceto (a destra) e di San Giorgio

94 Uberto

Giovanni sposa Agnese Beccaria di Manfredo

Filippo Maria Gasparino Manfredino Giovanni sposa sposa 1. Giovanna Pallavicini di Rolando Giovanna Rusca 2. Maria Ghilini di Giuliano di Franchino vedova di Pietro Alciati

Giovanni Maria Galeazzo Franchino Gio. Aloisio Leggiadria sposa sposa sposa sposa sposa Giustina Borromeo Barbara Trivulzio Orsina da Rho Maddalena Moneta Gio. Francesco della Torre di Filippo di Gian Giacomo

Visconti Borromeo Visconti di Fontaneto Giovanni Gaspare Alessandro Ottaviano Cesare

Sagramoro figlio di Bernabò signore di Milano sposa Achilletta Martini

Leonardo sposa Margherita Caimi di Franchino

Sagramoro Pier Francesco sposa Clementina Secco di Giacomo sposa 1. Angela Martinengo 2. Eufrosina Barbavara di Marcolino

Francesco Bernardino Leonardo sposa Maddalena Pallavicini di Pallavicino abate di San Celso Alfonso sposa Antonia Gonzaga di Gian Francesco Ottone Estorre Pallavicino Ambrogio di abate di San Celso sposa e vescovo di Alessandria Caterina Leopardi detta di San Celso amante di Antonio Maria Pallavicini Visconti di Saliceto

95 GENEALOGIA

Uberto fratello di Matteo Magno

Antonio

Battista sposa Regola Galeazzi da Siena

Francesco sposa Elisabetta Bussoni Visconti di Francesco, conte di Carmagnola

Orsola Battista Antonia Cipriana Orsina sposa sposa sposa sposa sposa Gio. Agostino Vimercati Giovanna Pusterla Giulianno Pusterla Giovanni Andrea Antonio Trivulzio erede del co. Gasparo di Pietro di Pietro Visconti di Vercellino di Erasmo

Francesco Ermes Ambrogio Lucia sposa sposa sposa Bianca Maria Scapardone Caterina Visconti Marco Antonio Pallavicini poi contessa di Challant di Gio. Maria di Rolando

Battista Vitruvia sposa sposa Maddalena Visconti Battista Visconti di Bernabò di Brignano di Antonio Ippolita Barbiano di Pier Francesco di Belgioioso

marchesi di duchi di Modrone San Vito e della Motta

96 Genealogia semplificata dell’origine dei rami Visconti di Somma Lombardo

Bartolomeo

Guido Cristoforo sposa priore della Scuola di Santa Maria Eleonora Roeri di Pincivalle presso San Satiro Leta Manfredi di Gio. Antonio

Antonio Galeazzo Tebaldo Princivalle Battista sposa sposa sposa detto il Comparino Maddalena Trivulzio Antonia Tolentino Ippolita Biglia di Gio. Fermo di Niccolò di Gottardo

Battista detto il Risoluto sposa Giustina Visconti Borromeo di Ludovico

Battista Vitruvia Visconti di Ambrogio Ippolita sposa Carlo Barbiano di Belgioioso

marchesi di Cislago conti di Gallarate (Castelbarco)

97 RICOSTRUZIONE TOPOGRAFICA DI MILANO ATTORNO ALLA CHIESA DI SAN TOMMASO

Chiese parrocchiali A) San Tommaso in Terraramara (o alla Croce dei Sicari) B) San Nazaro alla Pietrasanta C) San Marcellino D) San Vincenzo e Santa Maria Maddalena al Monastero Nuovo (monastero benedettino) E) San Giovanni alle Quattro facce F) San Prospero G) San Cipriano H) San Protasio ad Monachos

1. Palazzo Visconti di Somma, ramo di San Vito (poi palazzo Clerici) proprietà viscontea almeno dalla metà del Trecento 2. Palazzo Carmagnola Dal Verme ante 1429, Francesco Bussoni conte di Carmagnola 1432-1491, eredi del conte di Carmagnola 1468-1485, conte Pietro dal Verme 1491-1499, Cesare Sforza e Cecilia Gallerani (figlio e amante di Ludovico il Moro) 1499-1503, Louis de Luxembourg conte di Ligny 1504-1505, Charles Chaumont d’Amboise 1505-1512, Sebastiano Ferrero, generale delle finanze 1512-1515, Battista Visconti di Francesco, signore di Agnadello e Somma Lombardo (affittato Alessandro e Ippolita Bentivoglio) 1515-1519, Sebastiano Ferreno, generale delle finanze post 1519, comune di Milano 3. Banco Mediceo ante 1455, Antonio e Teodoro Bossi ed eredi 1455-1486, Cosimo e Lorenzo de Medici (abitazione di Pigello, Azarito e Folco Portinari) 1486-1489, Aloisio Terzaghi, segretario di Ludovico il Moro 1489-1492, Bianca Sforza e Galeazzo Sanseverino 1492-1499, Pietro e Giuliano de Medici, Antonio Maria Sanseverino 1499-1512, Catellano Trivulzio 1512-1515, Ambrogio del Maino e Margherita Bossi 4. Palazzo di Cicco Simonetta 1454-1479, Francesco detto Cicco Simonetta, primo segretario 1479-1481, Sforza Secondo Sforza 1481-1499, Bernardino da Corte 1499-1500, Charles Chaumont d’Amboise 1500 - circa 1512, Bernardino da Corte ed eredi (affittato a Cesare Guasco) 1512 circa in antea, Filippo e Ottaviano Visconti ed eredi 5. Palazzo Simonetta Cusani 1422-1451, cardinale Branda Castiglioni ed eredi 1451-1504, Angelo Simonetta ed eredi post 1504, Girolamo Cusani 6. Palazzo Carcano 7. Palazzo del Maino

8. Case di Giovanni Simonetta e Antonietto Campofregoso (nel 1482 ospitano Donato Bramante)

98 99 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

«Antonius» pittore, Sposalizio della Vergine, 1495 circa, particolare. Frugarolo, San Felice, cappella dell’Immacolata Concezione

100 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Bernardo Prevedari su disegno di Donato Bramante, Veduta di un interno, 1481, particolare «Antonius» pittore, Cacciata di Gioacchino dal tempio, 1495 circa, particolare. Frugarolo, San Felice, cappella dell’Immacolata Concezione

101 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Bartolomeo Suardi (detto Bramantino), Compianto sul Cristo morto e santi, 1512 circa. Mezzana di Somma Lombardo, chiesa di Santo Stefano, già Milano, Sant’Angelo, cappella del Corpo di Cristo (?)

102 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Bartolomeo Suardi (detto Bramantino), Crocifissione, 1511, particolari (in alto, in basso). Milano, Pinacoteca di Brera

Bartolomeo Suardi (detto Bramantino), Compianto sul Cristo morto e santi, 1512 circa, particolare (al centro). Mezzana di Somma Lombardo, chiesa di Santo Stefano

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Bartolomeo Suardi (detto Bramantino), Pentecoste, 1512-1515 circa. Mezzana di Somma Lombardo, chiesa di Santo Stefano, già Milano, Sant’Angelo, cappella dello Spirito Santo di pertinenza di Battista Visconti, Ambrogio del Maino, Gaspare Visconti e Girolamo Carcano (?)

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Bartolomeo Suardi (detto Bramantino), Madonna col Bambino e otto santi, 1512-1515 circa. Firenze, palazzo Pitti, su commissione di Battista Visconti detto il Comparino (?)

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Bernardino Luini, Ermes Visconti, san Giovanni Battisa, san Bernardo e santo Stefano, 1520 circa. Milano, San Maurizio al Monastero Maggiore, tramezzo

Bernardino Luini, Bianca Maria Gaspardone, sant’Agnese, santa Scolastica e santa Caterina, 1520 circa, (particolare della donatrice nella pagina accanto). Milano, San Maurizio al Monastero Maggiore, tramezzo

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Note XIV secolo, in Storia di Varese, vol. II, Storia del- 1 Antonio Beffa Negrini, Elogi historici di alcuni l’Arte a Varese e nel suo territorio, a cura di Maria personaggi della famiglia Castigliona, Mantova Luisa Gatti Perer, tomo I, Varese 2011, pp. 178- 1606, p. 477. Una discussione sulla quadreria dei 193. Sul valore politico del ciclo da ultimo Paolo ritratti in Stefano Bruzzese, Alla ricerca delle Zaninetta, Il potere raffigurato. Simbolo, mito e “verae imagines”: note per la ‘galleria’ dei ritratti di propaganda nell’ascesa della signoria viscontea, Mi- Palazzo Branda, in Lo specchio di Castiglione lano 2013, pp. 71-140. Olona. Il palazzo del cardinale Branda e il suo con- 4 Bruzzese, Alla ricerca delle “verae imagines” cit., testo, a cura di Alberto Bertoni, Varese 2009, pp. pp. 163-177, a p. 166, e nota 15 a p. 175. 163-177. I Castiglioni non erano comunque estra- 5 Sintetiche osservazioni sulle leggende viscontee nei a imprese autocelebrative: ad esempio, nel in Marco Fossati, Alessandro Ceresatto, La Lom- 1490, il Moro chiedeva a Cristoforo Castiglioni bardia alla ricerca d’uno stato, in Comuni e signorie «tuta l’historia da Castione» tessuta in arazzo nell’Italia settentrionale. La Lombardia, a cura di (Franca Leverotti, Organizzazione della corte sfor- Giancarlo Andenna, Renato Bordone, Francesco zesca e produzione serica, testo on-line, nota 120). Somaini, Massimo Vallerani, in Storia d’Italia, di- 2 Sul castello si vedano almeno Patrizia Mainoni, retta da Giuseppe Galasso, vol. VI, Torino 1998, Marco Tamborini, Appunti e ricerche sul castello pp. 483-572. In generale si rimanda per queste di Angera: dalla giurisdizione del vescovo ai Vi- questioni, anche per una trattazione nel dettaglio sconti, in Fortilizi del bacino verbanese, Atti del di quanto segue, a Edoardo Ratti, La distruzione di convegno sulle fortificazioni del lago Maggiore Scationa-Angera dall’Anonimo Ravennate a Gal- (Pallanza 1976), Intra 1980, pp. 94-103; Marco vano Fiamma, in «Atti del Centro Studi e Docu- Tamborini, Castelli e fortificazioni del territorio va- mentazione dell’Italia Romana», I (1967-1968), resino, Varese 1981, pp. 25-39; Pierangelo Frige- pp. 251-272; Edoardo Ratti, Angleria Citta Ro- rio, Marco Tamborini, Vicende costruttive della mana. Sviluppo e Trasformazione di un motivo di Rocca di Angera, in «Fabularum Patria». Angera e corte da Antonio Astesano a Bernardino Corio, in il suo territorio nel Medioevo, Atti del convegno «Atti del Centro Studi e Documentazione del- (Angera, 10-11 maggio 1986), a cura di Gigliola l’Italia Romana», 2 (1969-1970), pp. 299-309; Soldi Rondinini, Bologna 1988, pp. 47-87. Edoardo Ratti, La ricostruzione di Stazzona e il 3 Giovanni Romano, Per i maestri del Battistero di Vico Sebuino. Psicologia a metodo nell’elaborazione Parma e della Rocca di Angera, in Scritti in me- di tradizioni classiche per la storia locale da Andrea moria di Carlo Volpe, in «Paragone», 36 (1985), Alciato a Teodoro Mommsen, in «Atti del Centro nn. 419/423, pp. 10-16; Liliana Castelfranchi Studi e Documentazione dell’Italia Romana», 6 Vegas, Gli affreschi della Rocca di Angera: pro- (1972-1973), pp. 11-82; Gigliola Soldi Rondini, blemi iconografici e cronologici, in «Fabularum Pa- Angera medioevale nella storiografia, in «Fabula- tria». Angera e il suo territorio nel Medioevo, Atti rum Patria». Angera e il suo territorio nel Me- del convegno (Angera, 10-11 maggio 1986), a dioevo, Atti del convegno (Angera, 10-11 maggio cura di Gigliola Soldi Rondinini, Bologna 1988, 1986), a cura di Gigliola Soldi Rondinini, Bologna pp. 87-96; Jean Francois Sonnay, Il programma 1988, pp. 13-25. Riverberi delle leggende viscon- politico e astrologico degli affreschi di Angera, in tee sulla pratica amministrativa della zona lacuale Il millennio ambrosiano. III. La nuova città dal Co- in Giorgio Chittolini, Note su gli ‘spazi lacuali’ nel- mune alla Signoria, a cura di Carlo Bertelli, Mi- l’organizzazione territoriale lombarda alla fine del lano 1989, pp. 164-187; Guido Cariboni, Medioevo, in Città e territori nell’Italia del Me- Comunicazione simbolica e identità cittadina a Mi- dioevo. Studi in onore di Gabriella Rossetti, a cura lano presso i primi Visconti (1277-1354), in «Reti di Giorgio Chittolini, Giovanna Petti Balbi, Gio- Medievali Rivista», 9 (2008), pp. 9-12 (per una vanni Vitolo, Pisa 2007, pp. 75-94, alle pp. 85-93. più ampia bibliografia relativa agli affreschi si Per le «genealogie incredibili» dei Visconti nel veda la nota 42); per l’inquadramento artistico del contesto italiano Roberto Bizzocchi, Genealogie maestro frescante ora anche il più recente Marco incredibili. Scritti di storia nell’Europa moderna, Rossi, Il Maestro di Angera e la pittura fra XIII e Bologna 1995, pp. 18-24, 83-86.

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6 Adolfo Cinquini, Una cronaca milanese inedita 12 Forse verso il 1403 il castello era stato venduto del secolo XIII. La Chronica Danielis, in «Miscel- per 2000 fiorini (come era accaduto per la fortezza lanea di storia e cultura ecclesiastica» 4 (1905-06), di Carimate e addirittura per Melegnano: Giu- pp. 165-191, 317-335; Adolfo Cinquini, Chronica lio Cesare Zimolo, Il ducato di Giovanni Maria Vi- Mediolanensis (a. 606-1145) secondo il ms. della sconti, in Scritti storici e giuridici in memoria di Nazionale di Parigi 8315. Genealogia comitum An- Alessandro Visconti, Milano 1955, pp. 389-440, gleriae secondo il ms. latino della Naz. di Torino alle pp. 391-395, note 11, 22); alcuni diritti su An- 1045, Roma 1906. gera erano stati nel contempo acquisiti da Gaspare 7 Per la biografia del frate Paolo Tomea, Per Gal- Visconti di Albizzate (per il quale si veda infra vano Fiamma, in «Italia medievale e umanistica», nota 52) e anche i Visconti di Castelletto possede- 39 (1996), pp. 77-120; Paolo Tomea, Fiamma, Gal- vano beni ad Angera proprio sotto la rocca. vano, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 47, 13 Galvano Fiamma, Chronica Mediolani, seu Ma- Roma 1997, pp. 331-338; nonché specie per i suoi nipulus florum, in Rerum Italicarum Scriptores, vol. rapporti con Giovanni Visconti: Alberto Cadili, 9, Milano 1727, coll. 618. Giovanni Visconti arcivescovo di Milano, Milano 14 Massimo Carlo Giannini, Il biscione, in Simboli 2007, pp. 92-106 e ad indicem. della politica, a cura di Francesco Benigno e Luca 8 Galvano Fiamma, Chronica Mediolani, seu Ma- Scuccimarra, Roma 2010, pp. 137-189; ancora più nipulus florum, in Rerum Italicarum Scriptores, recente in merito il lavoro di Zaninetta, Il potere tomo XI, Milano 1727, coll. 544-546; Ratti, La di- raffigurato cit., pp. 141-208. struzione cit., pp. 263-264. 15 Gary Ianziti, Humanistic Historiography 9 Ordo funeris Johannis Galeatii Vicecomitis ducis Under the Sforzas. Politics and Propaganda in Fif- Mediolani, peracti a. MCCCCII et oratio tunc ha- teenth-Century Milan, Oxford 1988, pp. 234-235; bita in eius laudem a frate Petro de Castelletto or- ma anche Giannini, Il biscione cit., pp. 137-139. dinis eremitanorum Sancti Agustini, in Rerum 16 L’espressione che ben evidenzia il contrasto tra Italicarum Scriptores, tomo XVI, Milano 1730, l’opera di Gaspare Ambrogio, esaltazione di casa coll. 1021-1050, coll. 1045-1048. Visconti, ma anche delle altre famiglie cittadine in 10 Accenna a questa svolta anglosassone della let- Antonia Tissoni Benvenuti, La letteratura dinastico- tura Alessandra Malanca, Le armi e le lettere: Ga- encomiastica a Milano nell’età degli Sforza, in Mi- lasso da Correggio autore dell’Historia Anglie, in lano e Borgogna. Due stati principeschi tra Medioevo «Italia medioevale e umanistica», 48 (2007), pp. e Rinascimento, Atti del convegno (Milano, 1-3 ot- 1-57, alle pp. 47-48. La questione cade comunque tobre 1987), a cura di Jean-Marie Cauchies e Gior- nel contesto della fortuna europea del ciclo tro- gio Chittolini, pp. 195-205, alle pp. 202-203. iano cfr. Giuseppa Zanichelli, Il mito di Troia nel- 17 Gaspare Ambrogio Visconti, De Paulo e Daria l’immaginario medioevale: alcune considerazioni, amanti, Milano, Filippo Mantegazza stampatore, in Troia fra realtà e leggenda: momenti dell’imma- 1495, VI, ottava 69, Archivio Storico Civico e Bi- ginario poetico, novità archeologiche e fortuna ico- blioteca Trivulziana. Paolo nega comunque l’iden- nografica, atti del convegno (Parma, 14 marzo tificazione del bimbo con un guelfo facendo risalire 2003), a cura di Gabriele Burzacchini, Parma l’origine dell’emblema ad anni precedenti alla for- 2005, pp.125-136. mazione delle fazioni; il passo è citato per ben evi- 11 Sul codice Giulio Zappa, Michelino da Besozzo denziare il ruolo delle fedeltà personali, invece che miniatore, in «L’arte», 13 (1910), pp. 443-449. Il delle fazioni, nella politica viscontea in Letizia Ar- contesto dell’attività di Michelino in Stefania Bu- cangeli, Gentiluomini di Lombardia. Ricerche sul- ganza, Palazzo Borromeo. La decorazione di una di- l’aristocrazia padana del Rinascimento, Milano mora signorile milanese al tramonto del gotico, 2003, pp. 365-419, alle pp. 370-371, nota 25. Milano 2008, pp. 160-164 e note alle pp. 188-189; 18 Pier Giacomo Pisoni, 1497-1499, La «cossa de per la cultura antiquaria della corte viscontea Angera», in «Fabularum Patria». Angera e il suo Claudia Maccabruni, Cultura antiquaria alla corte territorio nel Medioevo, Atti del convegno (An- dei Visconti, in «Bollettino della Società Pavese di gera, 10-11 maggio 1986), a cura di Gigliola Soldi Storia Patria», 109 (2009), pp. 11-35. Rondinini, Bologna 1988, pp. 185-189; Giorgio

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Chittolini, Città, comunità e feudi negli stati del- zione dell’organo da parte dei fratelli de Donati a l’Italia centro-settentrionale (secoli XIV-XVI), Mi- oggi le opere sono state attribuite di volta in volta lano 1996, p. 99 e per il contesto tutto il capitolo a un collaboratore di Ludovico de Donati: Gio- sulle «quasi città» (pp. 85-104); la disamina della vanni Romano, Ludovico (Alvise) de Donati, in Co- situazione è stata successivamente ampliata in lección Cambó, catalogo della mostra (Madrid, Chittolini, Note su gli ‘spazi lacuali’ cit., pp. 85-93. Museo del Prado, 9 ottobre - 31 dicembre 1990), 19 Aldo Angelo Settia, Il sogno regio dei Visconti, Madrid-Barcelona 1990, pp. 275-276, Mauro Na- Pavia e la Certosa, in La Certosa di Pavia tra devo- tale, in Pittura in Brianza e in Valsassina dall’Alto zione e prestigio dinastico: fondazione, patrimonio, Medioevo al Neoclassicismo, a cura di Mina Gre- produzione culturale, Atti del convegno (Pavia, 16- gori, Milano 1993, p. 259; a Zenale o a un suo col- 18 maggio 1996), in «Annali di Storia Pavese», 25 laboratore: Giovanni Agosti, Bambaia e il (1997), pp. 13-15; Monica Ibsen, «Era già quasi re classicismo lombardo, Torino 1990, p. 186, nota 9, di tutta Italia». Uso politico e memoria dei Longo- Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa, Marco Tanzi, Il bardi dai Visconti al Settecento, in I Longobardi. Rinascimento lombardo (visto da Rancate), in Il Ri- Dalla caduta dell’Impero all’alba dell’Italia, cata- nascimento nelle terre ticinesi. Da Bramantino a logo della mostra (Torino-Novalesa, 28 settembre Bernardino Luini, catalogo della mostra (Rancate, 2007 - 6 gennaio 2008), a cura di Gian Pietro Bro- 10 ottobre - 9 gennaio 2011), a cura di Giovanni giolo, Alexandra Chavarría Arnau, Cinisello Bal- Agosti, Jacopo Stoppa, Marco Tanzi, Milano 2010, samo 2007, pp. 279-290, a p. 279. p. 38, Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa ivi, pp. 20 Paolo Giovio, Vitae duodecim vicecomitum Me- 116-120, a p. 120. Per la questione si veda in ge- diolani principum, Lutetiae (Parigi) 1549, p. 72. nerale: Giuseppe Maurizio Campini, Chiese di 21 In merito almeno Marina Spinelli, I Morigia Monza, del suo territorio e della sua corte (1773), a notai ad Angera nel secondo Quattrocento, in «Fa- cura di Roberto Cara, Milano 2011, pp. 74-75. bularum Patria». Angera e il suo territorio nel Me- 24 Marco Albertario, La cappella e l’ancona delle dioevo, Atti del convegno (Angera, 10-11 maggio reliquie nel castello di Pavia (1470-1476), in 1986), a cura di Gigliola Soldi Rondinini, Bologna «Museo in Rivista. Notiziario dei Musei Civici di 1988, pp. 167-183; alcune note sempre quattro- Pavia», 3 (2003), pp. 49-116, a p. 53. centesche sui Morigia di Pallanza in rapporto con 25 La figura di Alfonso Visconti sarebbe ancora i Visconti infra. tutta da ricostruire. Il suo ruolo di committente è 22 Roberta Delmoro, Beppe Colombo, Testimo- trascurato in questo volume; per la fattura della nianze di arte medievale a Monza e in Brianza. Un tomba del padre in Santa Maria del Carmine ri- sentiero tra storia e arte, Arcore 2010, pp. 12-15, sultano assai determinanti il ruolo di sua madre 99-103; Mauro Natale, La cappella di Teodelinda: Eufrosina Barbavata e di suo cugino Francesco pitture della volta e dell’arcone, in Monza. Il Bernardino Visconti nominato da Pier Francesco Duomo nella Storia e nell’Arte, Milano 1989, pp. esecutore testamentario (si veda infra il relativo ca- 182-183. pitolo). Dovrebbe essere lui l’elegante gentiluomo 23 Si tratta della scena di Restituzione del tesoro effigiato da Bartolomeo Veneto con la consorte (1353) accompagnata con il Battesimo di Cristo e (Antonia Gonzaga) nelle tavole conservate al Ca- la Discesa al limbo del Battista per le ante interne. stello Sforzesco (Giorgio Fossaluzza, in Museo Sul tesoro monzese si rimanda a Delmoro, Co- d’Arte Antica del Castello Sforzesco. Pinacoteca, lombo, Testimonianze di arte medievale a Monza tomo I, a cura di Maria Teresa Fiorio, Milano cit., pp. 67-72. Le tele rovinatissime sono opera di 1997, pp. 258-261). un prospettivo lombardo al momento anonimo, 26 Tutte le opere di Matteo Bandello, a cura di Fran- che non dispiacerebbe un giorno poter ricono- cesco Flora, 2 voll., Milano 1952, vol. II, pp. 347- scere nel famoso Troso da Monza, su quest’ultimo: 348. Roberto Cara, Edoardo Rossetti, Troso de Medici 27 Eugenio Cazzani, Castiglione Olona nella storia prospettico lombardo tra Monza e Milano, in «Pro- e nell’arte, Milano 1966, edizione anastatica Mi- spettiva», nn. 126/127 (2007), pp. 115-127. Dalla lano 2009, pp. 141-147. riscoperta dei documenti relativi alla fabbrica- 28 Niccolò Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca

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di Tito Livio, I, 55; per un recente commento al 32 Per le finalità politiche dell’Historia Italiae et brano come attestazione della presenza di genti- Hispaniae genealogica exhibens instar prodromi luomini in Lombardia: Marco Gentile, Aristocrazia Stemma Desiderianum etc. (Norimbergae 1701) di signorile e costituzione del ducato visconteo-sforze- Imhof si veda soprattutto Claudio Donati, Tra ur- sco. Appunti e problemi di ricerca, in Noblesse et genza politica e memoria storica. La ricomparsa dei États princiers en Italie et en France au XVe siècle, ghibellini (e dei guelfi) nell’Italia del primo Sette- Actes du colloque de Rome (26-27 novembre cento, in Guelfi e ghibellini nell’Italia del Rinasci- 2003), a cura di Pierre Savy e Marco Gentile, Rome mento, a cura di Marco Gentile, Roma 2005, pp. 2009, pp. 125-155, alle pp. 135-136. 109-130, alle pp. 117-118; ma anche Bizzocchi, 29 Machiavelli, Discorsi cit., I, 12; id., Istorie fioren- Genealogie incredibili cit., pp. 22-23; Giannini, Il tine, I, 11. Ovviamente non si possono trascurare biscione cit., a p. 148. in merito le pagine di Benedetto Croce, Storia della 33 Per il contesto di questa “cultura” della ritratti- storiografia italiana nel secolo XIX, voll. 2, Bari stica si rimanda almeno a Francis Haskell, Le im- 1921, vol. I, pp. 125-214. Per un quadro generale e magini della storia, Torino 1993, pp. 25-71; per il la bibliografia di riferimento alla querelle si vedano Giovio e il suo museo, il recente Barbara Agosti, Stefano Gasparri, Prima delle nazioni. Popoli, etnie Paolo Giovio. Uno storico lombardo nella cultura e regni fra Antichità e Medioevo, Roma 1998, pp. artistica del Cinquecento, Firenze 2008 (per i ri- 132-139; Ibsen, «Era già quasi re di tutta Italia» cit., tratti Visconti alle pp. 98-102). pp. 279-290; Monica Ibsen, «Unus populus effecti 34 Giovio, Vitae duodecim cit., pp. 7, 56; attorno sunt»? La questione longobarda dall’Illuminismo al agli affreschi di Angera supra. Romanticismo, in I Longobardi. Dalla caduta del- 35 Giovio, Vitae duodecim cit., p. 72; erudito mila- l’Impero all’alba dell’Italia, catalogo della mostra nese in contatto con i Giovio, i Taegio e amico di (Torino-Novalesa, 28 settembre 2007 - 6 gennaio Andrea Alciati, Gualtiero da Corbetta era figlio di 2008), a cura di Gian Pietro Brogiolo, Alexandra Innocenzo, tenne le orazioni funebri per il mar- Chavarría Arnau, Cinisello Balsamo (Milano) 2007, chese del Vasto, Alessandro Bentivoglio e France- pp. 279-290. Restano fondamentali anche se non sco II Sforza (Rossana Sacchi, Il disegno recenti: Giorgio Falco, La questione longobarda e la incompiuto. La politica artistica di Francesco II moderna storiografia italiana, in Atti del I Congresso Sforza e di Massimiliano Stampa, 2 voll., Milano Internazionale di Studi Longobardi, Spoleto 1952, 2005, vol. I, p. 340; Riccardo Ricciardi, Corbetta, pp. 153-166; Giovanni Tabacco, Manzoni e la que- Gualtiero, in Dizionario Biografico degli Italiani, stione longobarda, in Manzoni e l’idea di letteratura, vol. 28, Roma 1983, pp. 741-742). Era affine di Torino 1985, pp. 47-57; Giovanni Tabacco, Latinità Gualtiero Bascapè (cortigiano del Moro e giudice e Germanesimo nella tradizione medievistica ita- dei dazi) dal quale il Corbetta ereditò il nome e liana, in «Rivista storica italiana», 102 (1990), pp. una porzione dei beni (che potevano comprendere 691-716. anche parte delle collezioni di Ludovico Sforza). 30 Ibsen, «Era già quasi re di tutta Italia» cit., a p. Sul Bascapè e la villa Gualtiera, trasformata anche 280. su suggerimento di Paolo Giovio nella Gonzaga: 31 Alfio Rosario Natale, Falsari milanesi del Sei- Anna Paola Arisi Rota, Stefania Buganza, Edoardo cento, in Contributi dell’Istituto di Storia Medie- Rossetti, Novità su Gualtiero Bascapè committente vale. II. Raccolta di studi in memoria di Sergio d’arte e il cantiere di Santa Maria di Brera alla fine Mochi Onry, Milano 1972, pp. 459-506, alle pp. del Quattrocento, in «Archivio Storico Lom- 488-491; Bizzocchi, Genealogie incredibili cit., pp. bardo», 134 (2008), pp. 47-92, a p. 65, nota 42; 83-86; Elisa Occhipinti, I Visconti di Milano nel Agosti, Paolo Giovio cit., pp. 141-143; Nicola Sol- secolo XII, in Formazione e strutture dei ceti domi- dini, Nec spe nec metu. La Gonzaga, architettura e nanti nel medioevo: marchesi, conti e visconti nel corte nella Milano di Carlo V, Firenze 2007. Regno italico (secc. IX-XII), III, Atti del terzo con- 36 Giovio, Vitae duodecim cit., p. 83; per gli affre- vegno di Pisa, 18-20 marzo 1999, a cura di Am- schi si veda almeno: Maria Luisa Gatti Perer, Gli leto Spicciani, Roma 2003, pp. 123-136, alle pp. affreschi trecenteschi, in L’Abbazia di Viboldone, 123-125. Milano 1990, pp.103-213, in particolare pp. 158-

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173; Liliana Castelfranchi Vargas, I pittori lom- 159 altri riferimenti sui ritratti del prelato); sugli bardi a Viboldone, in Un monastero alle porte della affreschi: Carla Travi, in Pittura a Milano dall’Alto città, Atti del convegno per i 650 anni dell’Abba- Medioevo al Tardogotico, a cura di Mina Gregori, zia di Viboldone (26 settembre, 3 e 10 ottobre Milano 1997, pp. 216-218. 1998), Milano 1999, pp. 261-274, in particolare 40 Giovio, Vitae duodecim cit., p. 146; sulla deco- pp. 268-270. Più che nella figura inginocchiata (un razione del castello di Pavia, dove invece era ri- frate umiliato: Tiberio da Parma?), come voleva il cordato un ritratto equestre di Gian Galeazzo comasco per una svista, il ritratto del vicario im- Visconti, si vedano almeno: Evelyn Samuels periale si può riconoscere, proprio per la somi- Welch, Galeazzo Maria Sfoza and the Castello di glianza con la stampa del Giovio, nell’elegante Pavia, 1469, in «The Art Bulletin», LXXI, 3 ufficiale che addita con gesto deciso il Crocifisso (1989), pp. 352-375; Maria Grazia Albertini Ot- alle due ammantate figure laterali (dei giudei?). tolenghi, La decorazione del Castello di Pavia dal Essendo gli affreschi databili attorno al settimo de- 1366 alla fine del Quattrocento, in Storia di Pavia, cennio del Trecento, risulta problematica l’identi- III/3, Milano 1996, pp. 549-578; Donata Vicini, ficazione con Galeazzo I, ma ci si potrebbe Nota sulla decorazione trecentesca del castello di comunque trovare davanti a un altro membro del Pavia al tempo di Gian Galeazzo Visconti, in Itine- casato Visconti identificato da Giovio per l’em- rari d’arte in Lombardia dal XIII al XX secolo. blema che doveva recare sul petto nello stemma la Scritti offerti a Maria Teresa Binaghi Olivari, a cura cui maschera è tutt’ora visibile. La rilettura del di Marco Ceriana e Fernardo Mazzocca, Milano dato fino ad ora ignorato potrebbe comunque for- 1998, pp. 31-38; Donata Vicini, Le arti nel castello nire un interessante aggancio per comprendere di Pavia al tempo di Galeazzo II Visconti (1360- committenza e significato iconografico dell’opera. 1378), in Bilder sind nicht fiktiv sondern auschau- Un rapido raffronto con il ritratto di Galeazzo II, lich, scritto commemorativo per Christa Schwinn, a sempre presentato da Giovio, sembra far propen- cura di Ingeborg Besch, Hans C. von Bothmer, dere per un’identificazione di quest’ultimo come Yvonne Schülke, Christof Trepesch, Saarbrücken del Visconti effigiato a Viboldone. Per i ritratti di 2005, pp. 81-89; Donata Vicini, Pitture del Tre- Galeazzo II si veda anche Elisabeth Pellegrin, Por- cento nel castello visconteo di Pavia, in Lombardia traits de Galéas II Visconti, Seigneur de Milan, in gotica e tardogotica. Arte e architettura, a cura di «Scriptorium», 8 (1954), pp. 113-115. Marco Rossi, Milano 2005, pp. 175-187; Roberta 37 Giovio, Vitae duodecim cit., p. 109; sul monu- Delmoro, Per gli affreschi perduti della «salla mento di San Gottardo ora (con bibliografia pre- grande dale caze» del Castello Visconteo di Pavia: cedente) Stefania Buganza, I Visconti e modelli decorativi del tardo Trecento, in «Arte l’aristocrazia milanese tra Tre e primo Quattro- Lombarda», 146-148 (2006), pp. 63-72; Buganza, cento: gli spazi sacri, in Famiglia e spazi sacri nella Palazzo Borromeo cit., pp. 158-160. Lombardia del Rinascimento, in corso di stampa; 41 Giovio, Vitae duodecim cit., p. 155. Per Bernabò sulla committenza di Azzone si rimanda a Serena committente Serena Romano, Il modello viscon- Romano, Azzone Visconti: qualche idea per il pro- teo: il caso di Bernabò, in Medioevo: i committenti, gramma della magna salla, e una precisazione sulla a cura di Arturo Carlo Quintavalle, Atti del con- Crocifissione di San Gottardo, in L’artista girovago. vegno (Parma, 21-26 settembre 2010), Milano Forestieri, avventurieri, emigranti e missionari nel- 2011, pp. 642-656; Graziano Alfredo Vergani, l’arte del Trecento in Italia, a cura di Serena Ro- L’arca di Bernabò Visconti al Castello Sforzesco di mano e Damien Cerutti, Roma 2012, pp. 135-162. Milano, Milano 2001, pp. 17-39. Si rammenti che 38 Giovio, Vitae duodecim, cit., p. 128; intorno alla Franchino Rusca senior aveva sposato Enrica fi- chiesa: Maria Luisa Gatti Perer, La chiesa e il con- glia di Bernabò Visconti; forse la casa in cui era vento di S. Ambrogio della Vittoria a Parabiago, conservato il ritratto si può identificare con quella Milano 1966. celebre di Gian Giacomo Rusca, uno degli edifici 39 Giovio, Vitae duodecim cit., p. 135; per i palazzi più eleganti di Como cfr. Davide Mirabile, in Il Ri- dell’arcivescovo Giovanni Cadili, Giovanni Vi- nascimento nelle terre ticinesi. Da Bramantino a sconti arcivescovo cit., pp. 184-192 (a p. 185, nota Bernardino Luini, catalogo della mostra (Rancate,

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10 ottobre - 9 gennaio 2011), a cura di Giovanni Woodbridge Rochester, NY 1990, pp. 185-190. Agosti, Jacopo Stoppa, Marco Tanzi, Milano 2010, 47 Sulla questione da ultimo Volker Heenes, Jacopo pp. 128-132; Nello Forti Grazzini, Arazzi lom- Strada. Goldschmied und Maler, Antiken-und Mün- bardi, italiani e fiamminghi a Como nell’epoca dei zhändler, Sammler und Antiquarius Caesareus, vescovi Trivulzio, in Le arti nella diocesi di Como in Vorwelten und Vorzeiten. Archäologie als Spiegel durante i vescovi Trivulzio, Atti del convegno historischen Bewußtseins in der frühen Neuzeit, a (Como, 26-27 settembre 1996), a cura di Maria cura di Dietrich Hakelberg e Ingo Wiwjorra, Wie- Letizia Casati e Daniele Pescarmona, Como 1998, sbaden 2010, pp. 295-310. pp. 179-198. Nel palazzo di Milano i Rusca pos- 48 Pavesi, L’orgoglio di un nobile cit., pp. 100-101. sedevano invece una quadreria di ritratti tutti de- Anche un altro cugino, Princivalle, risulta in que- clinati sul versante della parentela con gli Este gli anni non presente in Milano perché al servizio (Carlo Cairati, Edoardo Rossetti, «Memorie» dallo di una corte straniera, quella della duchessa di Lo- studiolo di Eleonora da Correggio Rusca a Milano. rena (Archivio Storico Civico di Milano d’ora in L’inventario del 1523, in Squarci d’interni. Inven- poi ASCMi, Famiglie, b. 1583, 1558 settembre 26). tari per il Rinascimento milanese, a cura di Edo- 49 Pavesi, Musica, arte e scienza cit., pp. 201, 210. ardo Rossetti, Milano 2012, pp. 115-133, a p. 124). Anche nel palazzo di Cesare Visconti di Albizzate- 42 Giovio, Vitae duodecim cit., pp. 164, 182; i due Fontaneto (Pompeo Litta, Famiglie celebri d’Italia, duchi erano tra l’altro affiancati in una pala d’al- Torino 1849, I, Visconti, [d’ora in poi Litta, Visconti] tare posta nel 1471 nel deambulatorio del Duomo tav. XII), poi palazzo Archinto in via Olmetto, sem- di Milano (Albertario, La cappella e l’ancona delle brano trovarsi i resti di una vera e propria collezione reliquie cit., a p. 52). di ritratti, risalenti ad almeno una generazione pre- 43 Giovio, Vitae duodecim cit., p. 136; intorno a cedente: «quadri numero cinque mezzani all’anti- quel poco che resta della decorazione di San Gio- cha con figure dilli Visconti [...], sei quadri de’ vanni in Conca: Carla Travi, in Museo d’Arte An- retracti di signori Visconti, tre piccioli et tre mez- tica del Castello Sforzesco. Pinacoteca, tomo I, a zani, frusti [...], un quadro del retratto del singor cura di Maria Teresa Fiorio, Milano 1997, pp. 71- Carlo Visconti piccolo, un quadro d’un retratto d’un 76; Delmoro, Colombo, Testimonianze di arte me- cardinale Visconti [...], un quadro anticho d’una fi- dievale a Monza cit., p. 85. gura del singor Gasparo Visconti, un altro quadro 44 In merito il giudizio di Carlo Dionisotti, Ma- sopra la portina di detta anticamera d’una figura an- chiavelli e il Giovio, in Machiavellerie, Torino ticha di signori Visconti frusto [...], un quadro sopra 1980, pp. 412-444, alle pp. 436-440. l’uschio dell’arcivescovo Giovanni Visconti [...], un 45 Mauro Pavesi, L’orgoglio di un nobile “interna- quadro grande con sopra la figura d’un cardinale Vi- zionale”: Prospero Visconti, in La nobiltà lombarda: sconti [...]» (Archivio di Stato di Milano d’ora in poi questioni storiche ed artistiche, Atti del convegno ASMi, Notarile, b. 22918, notaio Zanotto Pusterla, (Brignano Gera d’Adda, 4 giugno 2005), a cura di 1633 marzo 6). Andrea Spiriti, «Quaderni di Palazzo Visconti», I 50 Giacomini, Costruire una lauta dimora cit., p. (2008), pp. 81-103, specie alle pp. 91, 99. Sul pa- 148. lazzo anche Laura Giacomini, Costruire una lauta 51 Beatrice Bolandrini, I Visconti di Brignano Gera dimora. Milano nell’età dei Borromeo (1560-1631), d’Adda dalla República de las parentelas a Maria Benevento 2007, ad indicem; e Mauro Pavesi, Mu- Teresa, in La nobiltà lombarda: questioni storiche sica, arte e scienza nelle raccolte di Prospero Vi- ed artistiche, Atti del convegno (Brignano Gera sconti. L’inventario del 1592, in Squarci d’interni. d’Adda, 4 giugno 2005), a cura di Andrea Spiriti, Inventari per il Rinascimento milanese, a cura di «Quaderni di Palazzo Visconti», I (2008), pp. 50- Edoardo Rossetti, Milano 2012, pp. 193-214. 51. La soluzione finale di Brignano non risulta poi 46 Ernst Hans Gombrich, «My library was duke- così dissimile formalmente dalla serie dei ritratti dom large enough». Shakespeare’s Prospero and Pusterla nel castello di Tradate, ma lo stile cambia Prospero Visconti of Milan, in England and the con- e le ideologie che soggiacciono alle commissioni tinental Renaissance. Essays in honour of J.B. sono diverse: per i Visconti si tratta di ribadire Trapp, a cura di Edward Chaney and Peter Mack, l’eroico passato, per il Pusterla di Tradate, di fatto

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un parvenu vorace membro di un ramo oscuro del- Giacomo Antonio figlio di Gaspare Ambrogio in l’antica famiglia, si esprime la volontà di appro- ASMi, Fondo di Religione, b. 1112, 1571 settem- priarsi della fama dei lontani parenti cfr. Giulia bre 29. I legati religiosi di Gaspare Ambrogio ri- Marsili, Mariaebe Colombo, Le glorie della fami- guardavano comunque le chiese di San Satiro, glia Pusterla: una genealogia dipinta. Nuove pro- Santa Maria del Paradiso e la cappella di Santa poste per i pittori Bianchi da Velate e per Federico Maria del Castello e non Sant’Eustorgio (Archivio Bianchi, in «Archivio Storico Lombardo», 123 Dal Pozzo, Eredità Visconti, doc. 3, 1483 settem- (1997), pp. 353-375. bre 4). Come si annota di seguito a rivalutare le 52 La biografia del consigliere ducale si ricava dalle cappelle di Sant’Eustorgio furono soprattutto i ricche note di Felice Fossati all’edizione del De- figli di Gaspare Ambrogio. cembrio (Pier Candido Decembrio, Vita Philippi 58 Notizie della casa in Giorgio Giulini, Memorie Mariae tertii ligurum ducis, a cura di Felice Fos- spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione sati, in Rerum Italicarum Scriptores, XX/1, Bolo- della città e campagna di Milano ne’ secoli bassi, 12 gna 1925-1958, pp. 367-370, nota 2). voll., Milano 1760, vol. XII, pp. 426-427; Decem- 53 Il sacello risulterebbe costruito da Pietro Vi- brio, Vita Philippi Mariae cit., pp. 283-285, 347, sconti, zio di Matteo Magno, nel 1294 e consa- 370, note; Felice Fossati, Lavori e lavoratori a Mi- crato nel 1312; la cappella fu dotata da Gaspare lano nel 1438 (III), in «Archivio Storico Lom- nel 1434 che aveva già testato nel 1430 indican- bardo», 51 (1929), pp. 71-95, p. 88. In generale dovi la propria sepoltura (ASMi, Pergamene, b. sulla casa e il suo contesto urbano si rimanda a 400, 1434 agosto 30; Archivio Storico dell’Ospe- Edoardo Rossetti, La città cancellata, in corso di dale Maggiore di Milano d’ora in poi ASOM, Ar- stampa. chivio Litta, b. 8, doc. 25, 1430 maggio 8; 59 Sergio Monferrini, L’inventario della domus del Girolamo Bugati, Historia del convento di Santo consigliere ducale Pietro Visconti (1461), in Squarci Eustorgio di Milano, Biblioteca Ambrosiana di Mi- d’interni. Inventari per il Rinascimento milanese, a lano d’ora in poi BAM, cc. 11r- 15v; Francesco cura di Edoardo Rossetti, Milano 2012, pp. 23-45. Della Valle, Instruttione di quanto habbi posseduto 60 Per gli affreschi si vedano almeno Gemma Gu- il convento di Santo Eustorgio dell’ordine de’ Pre- glielmetti Villa, Affreschi del ’300 nel territorio di dicatori da suo primo ingresso nella città di Milano Varese. L’oratorio visconteo di Albizzate, Milano sino all’anno 1633, BAM, ms. B 83 suss, cc. 169- 1965; L’Oratorio Visconteo di Albizzate. La storia, 171; Giuseppe Allegranza, Descrizione della basi- l’edificio, gli affreschi, Gavirate 2000; Marco Rossi, lica di S. Eustorgio in Milano, BAM, ms. G 172 Il Trecento e il gotico internazionale, in Storia di suss, cc. 31r-33r). Sulla cappella si veda Buganza, Varese, vol. II, Storia dell’Arte a Varese e nel suo I Visconti e l’aristocrazia milanese cit.; attorno al territorio, a cura di Maria Luisa Gatti Perer, tomo monumento: Laura Cavazzini, Il crepuscolo della I, Varese 2011, pp. 195-245, alle pp. 221-231. scultura medievale in Lombardia, Firenze 2004, pp. 61 Pietro Toesca, La pittura e la miniatura nella 103-104; Ivana Teruggi, «In castro fontaneti». Il Lombardia, Milano 1912, p. 264. mecenatismo dei Visconti tra XV e XVI secolo, in 62 Si rimanda in merito allo studio di Diego Della Fontaneto: una storia millenaria. Monastero. Con- Gasperina, Storia dell’edificio e dei suoi affreschi, in cilio metropolitico. Residenza viscontea, a cura di L’Oratorio Visconteo di Albizzate. La storia, l’edi- Giancarlo Andenna e Ivana Teruggi, Novara 2009, ficio, gli affreschi, Gavirate 2000, pp. 15-37. pp. 169-227, alle pp. 170-173. 63 Sul monumento di Franchino Rusca senior già 54 Il commento relativo al rifacimento del conte in San Francesco a Como, da ultimo: Carla Travi, Giulio Visconti nel 1730 (Allegranza, Descrizione in Il Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco. La cit., c. 33r). scultura lapidea, tomo I, a cura di Maria Teresa 55 ASOM, Archivio Litta, b. 9, doc. 54, 1507 gen- Fiorio, Milano 2013, pp. 376-381. naio 2. 64 ASMi, Notarile, b. 1328, notaio Giovanni Pietro 56 Per Gaspare Ambrogio si rimanda al relativo ca- Ciocca, 1471 marzo 12. pitolo. 65 Nel testamento di Gaspare sono menzionati due 57 Il testamento di Giovanni Giacomo Visconti del fratelli, Guglielmo e Giovanni, ignorati dal Litta

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(ASOM, Archivio Litta, b. 8, doc. 25, 1430 maggio matrimoniale del Visconti potrebbe aver raffred- 8). dato anche i suoi rapporti con il duca (Franca Le- 66 L’edificio passò poi ai Lunati e ai Taverna per via verotti, Lucia Marliani e la sua famiglia: il potere ereditaria ed è oggi sede comunale. Una scheda di una donna amata, in Donne di potere nel Rina- sulla struttura in Santino Langé, Flaviano Vitali, scimento, a cura di Letizia Arcangeli e Susanna Ville della provincia di Varese, Milano 1984, pp. Peyronel, Roma 2008, pp. 281-311, a p. 295). Gli 284-285. Solo identificando questa struttura con il sponsali tra Girolamo Visconti e Lucrezia Alciati più antico castello – ma il dato andrà verificato – si non furono conclusi perché i due giovani si die- recupera con l’oratorio un rapporto originario dero alla vita religiosa: Lucrezia divenne nota molto simile a quello di altre chiese signorili tre- come suor Illuminata di Santa Maria del Monte centesche: come ad esempio doveva accadere con sopra Varese. soluzione urbanistica speculare a Lentate sul Seveso 73 Spinelli, La decorazione tardogotica cit., p. 134. cfr. Gianfranco Pertot, L’edificio e il contesto. In- 74 Si potrebbe iniziare una nuova ricerca a par- terventi e restauri, in L’oratorio di Santo Stefano a tire dal repertorio dei documenti Alciati ritrovati Lentate sul Seveso. Il restauro, Cinisello Balsamo nel palazzo Visconti di San Protasio in Campo (Milano) 2007, pp. 55-77. In generale sul rapporto dopo la morte di Lucia figlia di Ambrogio tra oratori gentilizi e castelli nel Varesotto si veda (ASMi, Notarile, b. 2946, notarile Enrico da ora Maria Teresa Mazzilli Savini, Sulle tracce delle Monza, 1478 maggio 26), incrociando i dati con cappelle castrensi nel territorio di Varese tra X e XIII le sintetiche note sul casato presentate in Cristina secolo, in in Storia di Varese, vol. II, Storia dell’Arte Cenedella, Proprietà terriere ed imprenditorialità a Varese e nel suo territorio, a cura di Maria Luisa a Milano nel secondo Quattrocento: la famiglia del Gatti Perer, tomo I, Varese 2011, pp. 133-177. patrizio Ambrogio Alciati, in «Studi di Storia Me- 67 Per il castello si veda la scheda di Tamborini, dievale e Diplomatica», 9 (1990), pp. 199-255. Castelli e fortificazioni cit., pp. 97-98; esplicito ri- Le notizie sulla sepoltura di Ambrogio in San ferimento alle donazioni di Albizzate a Giovanni Francesco Grande, dove per altro erano presenti Maria Visconti (1474) nell’introduzione di un do- i sepolcri di altri suoi agnati nel testamento della cumento di divisione tra i suoi figli e fratello terza figlia Elena (ASMi, Notarile, b. 2624, no- (ASMi, Notarile, b. 2626, notaio Giovanni Fran- taio Giovanni Francesco Cagnola, 1481 luglio 6) cesco Cagnola, 1509 aprile 2). e per le tombe Alciati nella distrutta chiesa mila- 68 Della Gasperina, Storia dell’edificio cit., pp. 15- nese: Luca Beltrami, Cimeli dispersi della chiesa 37. di San Francesco Grande in Milano, Milano 1913, 69 Per le disposizioni testamentarie di Giovanni pp. 13-14. Pietro Visconti, figlio di Pietro, si rimanda infra 75 Il testamento di Antonio in ASMi, Pergamene, nota 428. b. 400, 1439 luglio 26; Litta, Visconti, tav. X; per 70 Litta, Visconti, tav. XI; per Uberto a Verona, Gi- la cappella dei Magi dotata nel 1308 da Lodrisio gliola Soldi Rondinini, La dominazione viscontea Visconti si rimanda a Buganza, I Visconti e l’ari- a Verona (1387-1404), in Verona e il suo territorio, stocrazia milanese cit. vol. 4, Verona nel Quattrocento, I, Verona 1981, 76 Spinelli, La decorazione tardogotica cit., p. 135, pp. 3-237, a p. 110. nota 42; ASMi, Notarile, b. 707, notaio France- 71 Damiano Spinelli, La decorazione tardogotica di schino Cacherani, 1427 gennaio 21. San Cristoforo sul Naviglio a Milano. Novità docu- 77 Sui Minori a Gallarate, in attesa di uno studio spe- mentarie e proposte attributive, in «Arte Lom- cifico, si faccia comunque riferimento alla scheda di barda», 165 (2012), pp. 125-145. Ornella Maltagliati, Insediamenti francescani in Sa- 72 Sul matrimonio del 1473 tra Filippo Maria e la ronno e Gallarate (secoli XIII-XIV), in Il francesca- Ghilini si vedano le pagine di Teruggi, «In castro nesimo in Lombardia. Storia e arte, Cinisello Balsamo fontaneti» cit., pp. 175-176. Le ricchezze della gio- (Milano) 1983, pp. 75-80, alle pp. 79-80. vane vedova di origine alessandrina e delle due fi- 78 ASMi, Registri Panigarola, n. 8, c. 94r, 1385 glie erano concupite da molti in Milano (sia dai maggio 26; la notizia della commissione in Un mo- Marliani che dagli Aicardi Visconti) e la politica numento sepolcrale dei Visconti a Gallarate, in «Ar-

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chivio Storico Lombardo», 21 (1894), pp. 516- zioni come si può desumere anche da Virginio 517. Il Visconti era per altro agnato del france- Longoni, Umanesimo e Rinascimento in Brianza. scano Giovanni Corradi lettore presso San Studi sul patrimonio culturale, Milano 1998, pp. Francesco Grande e come si evince dagli altri te- 155-156; Vito Zani, Giovanni Andrea de Magistris stamenti di famiglia (del figlio Giovanni e del ni- a Prospiano, in «Tracce» 26 (2000), pp. 3-12. pote Esterolo) questo ramo di casa Visconti si legò 81 Esterolo Visconti di Giovanni lascia anche 100 strettamente a San Francesco di Gallarate, così scudi d’oro del sole per la costruzione di una cap- come alla chiesa castrense di Santa Margherita a pella a Milano in Sant’Ambrogio da dedicarsi alle Crenna (ASMi, Registri Panigarola, n. 8, cc. 95r- sante Caterina e Margherita (entrambe raffigurate 96v, 1414 febbraio 20; ivi, cc. 96v-98v, 1463 marzo a Gallarate secondo i progetti di Esterolo senior e 19). Su questi Visconti in rapporto con il tempio la seconda titolare della chiesa di Crenna): ASMi, gallaratese si veda anche Mario Bertolone, I Vi- Notarile, b. 3595, notaio Giovanni Andrea Be- sconti signori di Crenna, in «Rassegna Gallaratese sozzi, 1509 novembre 29. di Storia e Arte», (1933) n. 3, pp. 17-23; Federico 82 Per la chiesa di Besnate si faccia riferimento ai Del Tredici, Comunità, nobili e gentiluomini nel documenti riportati infra nota 178. contado di Milano del Quattrocento, Milano 2013, 83 Sull’oratorio di San Giacomo a Jerago (la strut- pp. 350-351, nota 31 (con documentazione rela- tura più semplice e più antica tra quelle degli ora- tiva a Stefano de Magistris). tori viscontei) si rimanda a Mazzilli Savini, Sulle 79 Alberto Cadili, I frati Minori e i Visconti nella tracce delle cappelle cit., pp. 144-145; Marco Rossi, Milano trecentesca, in «Cristianesimo nella Storia», Tracce di pittura romanica, in Storia di Varese, vol. 30 (2009), pp. 73-98, alle pp. 84-85. La citazione, II, Storia dell’Arte a Varese e nel suo territorio, a che collima con quella del Fiamma, da Emilio cura di Maria Luisa Gatti Perer, tomo I, Varese Motta, Il “necrologio” del convento di S. Francesco 2011, pp. 167-177, p. 172; Rossi, Il Maestro di An- di Milano, in «Archivio Storico Lombardo», 44 gera cit., p. 192; non mancano nel sovrapporsi di (1906), pp. 171-173, a p. 172. affreschi anche tracce viscontee come il ritratto vo- 80 Su Stefano de Magistris e i suoi contatti con gli tivo quattrocentesco di Gasparino Visconti. Zavattari e i Visconti di Crenna si veda Spinelli, 84 Da una sintetica descrizione del 1441 il maniero La decorazione tardogotica cit., pp. 125-145, a p. risultava costituito da una grande corte intorno alla 135, nota 42. La presenza del pittore e di un An- quale si distribuivano vari corpi di fabbrica, con ac- tonio Visconti nei castelli ducali: Felice Fossati, cesso fortificato dotato di ponte. In un angolo sor- Lavori e lavoratori a Milano nel 1438 (I), in «Ar- geva una grossa torre con alcuni edifici adiacenti chivio Storico Lombardo», 50 (1928), pp. 225- assegnati a Francesco e Guido Visconti di Somma, 258, alle p. 235; Felice Fossati, Lavori e lavoratori ad essa tangente era una grande sala terrena sovra- a Milano nel 1438 (II), in «Archivio Storico Lom- stata da un’altra stanza; sempre sulla corte pro- bardo», 50 (1928), pp. 496-525, alle pp. 496 e 525; spettava un altro salone sopra il quale si trovava una e Fossati, Lavori e lavoratori a Milano nel 1438 cappella. Accanto a questi edifici era costruita una (III) cit., pp. 71-95, alle pp. 72, 75. Difficile capire grande stalla per cavalli e oltre la fossa si trova un per ora se Stefano de Magistris di Bassanolo sia il orto di pertinenza castrense (ASMi, Notarile, b. pittore, nel caso assai anziano, chiamato con Vin- 724, notaio Gabriele Bossi, 1441 novembre 17). Per cenzo Foppa, Cristoforo Moretti e Battista Mon- questo castello si rimanda a Tamborini, Castelli e torfano a stimare i lavori fatti in castello tra il 1471 fortificazioni cit., pp. 53-56. e il 1474 (Marco Albertario, Documenti per la de- 85 Riassume la questione dei sepolcri nell’area ab- corazione del Castello di Milano nell’età di Gale- sidale della chiesa già Michele Caffi, Della chiesa di azzo Maria Sforza (1466-1476), in «Solchi», 7 Sant’Eustorgio in Milano illustrazione storico-mo- (2003), pp. 19-61, alle pp. 52-53, docc. 57, 59). numentale-epigrafica, Milano 1841, pp. 136-137; Quella dei de Magistris si deve considerare co- molte nuove sulla cappella di Uberto Visconti (dal munque, alla stregua ad esempio di quella dei de quale discesero sia i Visconti di Somma che quelli Fedeli, dei Montorfano e degli Zavattari, una bot- di Sant’Alessandro) in Buganza, I Visconti e l’ari- tega milanese famigliare attiva per diverse genera- stocrazia milanese cit.; sul marmoreo sepolcro di

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Uberto solo in parte conservato ancora nella Rossetti, «Arca marmorea elevata a terra per brachia chiesa e realizzato verso il quarto decennio del octo». Le sepolture dell’aristocrazia milanese tra XIV secolo da Giovanni di Balduccio e bottega si Quattro e Cinquecento, in Famiglia e spazi sacri nella veda anche Laura Cavazzini, in Giovanni da Mi- Lombardia del Rinascimento, in corso di stampa; sul lano. Capolavori del gotico fra Lombardia e To- Carmine si attende la pubblicazione delle novità de- scana, catalogo della mostra (Firenze, Gallerie rivanti dal lavoro di Davide Mirabile, La chiesa di dell’Accademia, 10 giugno - 2 novembre 2008), Santa Maria del Carmine nel Rinascimento, tesi di Firenze 2008, pp. 140-143. dottorato, Università degli Studi di Padova, Scuola 86 Archivio Storico Diocesano di Milano d’ora in di dottorato di ricerca in Storia e Critica dei Beni poi ASDMi, Visite Pastorali, Cislago, vol. XIX, Artistici, Musicali e dello Spettacolo, XXII ciclo, fasc. 1, 1582 marzo 1. tutor Alessandro Ballarin, a. 2012. 87 Della seconda cappella si accenna nel docu- 97 Fornari, Cronica del Carmine cit., p. 179. mento commentato supra nota 84; sul Comparino, 98 La ricostruzione del pusch del 1467 in Covini, infra nota 356. L’esercito del duca cit., pp. 209-218 (Pier France- 88 Carlo Bianconi, Nuova guida di Milano per gli sco Visconti fu tra i pochi aristocratici milanesi ad amanti delle Belle Arti e delle sacre e profane anti- essere ammesso in castello con il duca: ivi, p. 253). chità milanesi, Milano 1787, p. 352. Per il contrasto tra i due gruppi (Sforza Maria 89 Giuseppe Maria Fornari, Cronica del Carmine Sforza, Ottone Visconti, Pietro Francesco Vi- di Milano eretto in Porta Comasca, la quale comin- sconti, Donato del Conte, Giovanni Pietro Berga- cia dall’anno 1250, e dura fin’ all’anno 1684, Mi- mini e Cicco Simonetta, ovvero quelli ammessi in lano 1685, pp. 202-204. castello) e quelli dei quali il duca «diceva male» 90 Nel proprio testamento, Pier Francesco men- (gli zii del Maino, Pietro Pusterla e «quanti homini zionava infatti la condivisione del patronato e del da bene») si vedano le lettere di Marsilio Andreasi mantenimento della cappella con gli eredi del fra- al marchese Ludovico Gonzaga dei giorni 4 e 5 di- tello Sagramoro, quindi verosimilmente qui inu- cembre 1467 (Carteggio degli oratori mantovani mato (ASMi, FR, p.a., b. 1393, pateat del alla corte sforzesca (1450-1500), coordinamento e testamento 1484 aprile 30, notaio Antonio Medici, direzione di Franca Leverotti, vol. VII (1466- realizzato in data 1530 luglio 1; Stefania Buganza, 1467), a cura di Nadia Covini, Roma 1999, ll. 301- Gianluca Poldi, Il polittico di Treviglio alla luce del 302); per il gruppo di sostenitori di Bianca Maria disegno sottostante: impostazione del problema e legati a Sant’Angelo si rimanda infra e a Edoardo nuove aperture, in «Arte Lombarda», 158/159 Rossetti, Una questione di famiglie. Lo sviluppo (2010), pp. 39-68, a p. 65, nota 67). dell’osservanza francescana e l’aristocrazia milanese 91 ASMi, Notarile, b. 200, notaio Guidetto Medici, (1476-1516), in Fratres de familia. Gli insediamenti 1438 marzo 25. dell’Osservanza minoritica nella penisola italiana 92 Fornari, Cronica del Carmine cit., p. 180. (sec. XIV-XV), a cura di Letizia Pellegrini e Gian 93 Nadia Covini, L’esercito del duca. Organizza- Maria Varanini, Verona 2011, («Quaderni di sto- zione militare e istituzioni al tempo degli Sforza ria religiosa», n. 18), pp. 101-165. (1450-1480), Roma 1998, pp. 253-254. 99 Un’ipotesi in merito che va verificata in Roberto 94 Per la morte di Clementina si veda Carteggio Cara, in Il portale di Santa Maria in Piazza a Ca- degli oratori mantovani alla corte sforzesca (1450- sale Monferrato e la scultura del Rinascimento tra 1500), coordinamento e direzione di Franca Le- Piemonte e Lombardia, catalogo della mostra, a verotti, vol. VIII (1468-1471), a cura di Nadia cura di Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa, Marco Covini, Roma 2000, l. 293, 1471 dicembre 3. Tanzi, Milano 2009, pp. 169-171. 95 La data si evince dalla nomina del nipote Fran- 100 La bibliografia per questi frammenti è notevole, cesco Bernardino al consiglio segreto che sostituì si rimanda almeno a Ulrich Alexander Middeldorf, lo zio da poco deceduto cfr. Caterina Santoro, Gli Sculptures from the Samuel H. Kress Collection. Eu- uffici del dominio sforzesco (1450-1500), Milano ropean Schools, Fourteenth to Nineteenth Century, 1948, p. 21, nota 3. London 1976, pp. 54-57; Jean-René Gaborit, Frag- 96 In generale per queste sepolture si veda Edoardo ments retrouvés du tombeau de Pier Francesco Vi-

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sconti, comte, de Saliceto, in La scultura decorativa 102 ASMi, Notarile, b. 1680, notaio Antonio Me- del primo Rinascimento, Atti del I convegno inter- dici, 1484 aprile 30. nazionale di studi (Pavia, 16-18 settembre 1980), a 103 Buganza, Poldi, Il polittico di Treviglio cit., p. cura di Carlo Bertelli, Roma 1983, pp. 137-141; An- 65, nota 67. tonio Viganò, Il periodo milanese di Benedetto Brio- 104 ASMi, Notarile, b. 1680, notaio Antonio Me- sco e i suoi rapporti con i cognati Francesco e dici, 1484 aprile 30. Tommaso Cazzaniga: nuove acquisizioni documenta- 105 Per la tomba di Giovanni I Borromeo si veda rie, in «Arte Lombarda», 108/109 (1994), pp. 140- Buganza, Palazzo Borromeo cit., pp. 42-49. 160, a p. 141. Più problematico l’avvicinamento a 106 La carriera di Ambrogino è stata ben delineata questi pezzi dello scenografico frammento di una da Covini, L’esercito del duca cit., pp. 273-279. monumentale Adorazione o Natività (soggetti per 107 Viganò, Il periodo milanese di Benedetto Brio- altro già presenti nel complesso marmoreo del Car- sco cit., pp. 140-160, p. 150, doc. 3; Laura Da- mine) conservato a Campione d’Italia e recante lo miani Cabrini, L’incanto delle “pietre vive”. Il stemma visconteo alla base di una delle colonne, un monumento Longhignana e l’uso del marmo a Mi- elemento sovradimensionato per convivere con gli lano in età sforzesca, in Scultura lombarda del Ri- altri rilievi Visconti di Saliceto; per la questione: nascimento. I monumenti Borromeo, a cura di Vito Zani, in Sculture del XIV e XV secolo per la rac- Mauro Natale, Torino 1997, pp. 259-276, alle pp. colta museale di Campione d’Italia, a cura di Daniele 264-265. Pescarmona, Como 2003, pp. 23-27; Roberto Cara, 108 Viganò, Il periodo milanese di Benedetto Brio- Giovanni Antonio Piatti e un “Cristo in pietà tra due sco cit., pp. 140-160, p. 150, doc. 5. angeli” a Casale Monferrato, in Il portale di Santa 109 Fornari, Cronica del Carmine cit., p. 180. Maria in Piazza a Casale Monferrato e la scultura del 110 Francesco Bernardino Visconti di Brignano, fi- Rinascimento tra Piemonte e Lombardia, catalogo glio di Sagramoro e di Clementina Secco di Cara- della mostra, a cura di Giovanni Agosti, Jacopo vaggio, più volte ricordato nei documenti come Stoppa, Marco Tanzi, Milano 2009, pp. 147-155, a «armorum ductor», fu consigliere segreto dal p. 153-154, nota 29; Vito Zani, Il ritratto funebre di 1484, commissario a Pavia (1487), indicato come Gaston de Foix in primo Ottocento tra tutela, studio il primo uomo dello stato dall’oratore gonzaghe- e collezionismo, in «Arte Lombarda», 160 (2010, sco fu incluso tra i membri del governo provviso- ma 2011), pp. 63-72, alle pp. 70-72. rio del settembre 1499 dopo aver consigliato 101 Come si desume dal contratto sulla facciata del- Ludovico il Moro a lasciare Milano. Subito nomi- l’arca da realizzarsi per la chiesa di Crenna nel nato senatore «miles» dai francesi, prese posizione Gallaratese avrebbero dovuto essere rappresentati contro il Trivulzio preparando un attentato con- su progetto del pittore Ambrogio Bevilacqua: al tro di lui in Duomo (Marino Sanudo, Diari, vol. centro una Crocifissione (forse poi sostituita da III, col. 261), mentre il fratello Leonardo Visconti un’imago pietatis ancora conservata nel muro della abate di San Celso faceva sollevare Milano nel chiesa parrocchiale), a destra della quale avrebbe gennaio del 1500 preparando il ritorno degli sfor- dovuto trovare posto un sant’Antonio con l’effige zeschi. A capo di 10.000 uomini sul campo di No- di Francesco Visconti, mentre a sinistra avrebbe vara, fuggì a Brignano dopo la rotta, ma convinto potuto essere collocato un san Francesco con il ri- dai cognati a rientrare in Milano fu arrestato e tra- tratto di Ginevra da Corte (sposa di Francesco e dotto in Francia a fare ammenda davanti al re in- committente dell’opera); a sovrastare il tutto, sieme al segretario Marchesino Stanga «ligati [...] sopra una cornice e «cubam unam cum vaxis dua- ma non pareano ligati» per rispetto della posizione bus» una statua della Vergine in piedi con il Bam- del Visconti (ivi, col. 451). Rapidamente recupe- bino in braccio (Viganò, Il periodo milanese di rato il proprio prestigio presso i francesi, che non Benedetto Briosco cit., pp. 149-150, doc. 2); si veda potevano fare a meno della sua influenza e delle anche Laura Cavazzini, Nell’orbita di Amadeo: sue clientele, fu ancora senatore dal 1501 fino alla marmi del Rinascimento lombardo alla Fondazione morte avvenuta nel 1504. Aveva sposato Madda- Giorgio Cini, in «Saggi e memorie di storia del- lena Pallavicini figlia di Pallavicino imparentan- l’arte», 27 (2003), pp. 181-198, a p. 184. dosi con la potente famiglia padana; tutti i suoi

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figli parteggiarono per il partito francese finendo cembre 9. puntualmente confiscati al rientro degli Sforza. 119 I beni erano assegnati al fabbriciere Pietro Le- Conservò sempre la residenza avita di San Gio- pori anche in risarcimento della mancata rendita vanni in Conca riacquistata dal padre Sagramoro di 80 lire annue prevista per la sacrestia del me- (1450) e residuo delle pertinente del palazzo di desimo cenobio (ASMi, Feudi Camerali, b. 116, Bernabò Visconti signore di Milano suo trisavolo. 1514 luglio 13). Detenne con i cugini le signorie di Brignano e Pa- 120 ASMi, Notarile, b. 33707, notaio Giuseppe Pu- gazzano in Gera d’Adda, alle quali aggiunse i feudi sterla, 1688 agosto 11; segnalato a chi scrive da di San Giorgio in Lomellina, di Castellazzo Ales- Matteo Di Tullio. sandrino e di Gallarate cfr. Stefano Meschini, 121 Quest’ultimo documento segnalato da Ales- Luigi XII duca di Milano. Gli uomini e le istituzioni sandro Morandotti (Il collezionismo in Lombardia. del primo dominio francese (1499-1512), Milano Studi e ricerche tra ’600 e ’800, Milano 2008, pp. 2004, pp. 389-392; Arcangeli, Gentiluomini di 41-42, nota 43) sarà integralmente pubblicato tra Lombardia cit., pp. 31, 140, 143, e ad indicem. breve da Davide Dozio. 111 Fornari, Cronica del Carmine cit., p. 180. 122 Per la committenza della cappella Marliani di 112 Per l’opera si rimanda almeno (con bibliogra- Sant’Antonio affrescata da Luini si rimanda a Ros- fia precedente) a Sandrina Bandera, Restituzioni setti, «Arca marmorea elevata a terra per brachia 2006. Tesori d’arte restaurati, catalogo della mo- octo» cit.; il contesto dei grandi lavori in Santa stra, Treviso 2006, pp. 196-199; Marco Magnifico, Maria della Pace con il coinvolgimento di Marco in Pinacoteca di Brera. Scuole lombarda e piemon- d’Oggiono, Giovanni Agostino da Lodi, Bernar- tese 1300-1535, a cura di Federico Zeri, Milano dino Luini e Bernardino Ferrari in Alessandro Bal- 1988, pp. 142-146. Recentemente, sulla scorta di larin, Leonardo a Milano. Problemi di leonardismo un’annotazione di Venanzio De Pagave (1795) re- milanese tra Quattrocento e Cinquecento. Giovanni lativa al cartiglio sotto i piedi della Vergine, il po- Antonio Boltraffio prima della pala Casio, con la littico è stato datato 1481 (Roberto Cara, collaborazione di Maria Lucia Menegatti, Barbara Bernardino Butinone, Bergamo 2009, p. 56), in Maria Savy, 4 voll., Verona 2003, I, p. 634, III, p. merito alla più antica attestazione del Fornari 1038; Cristina Quattrini, Giovanni Agostino da (1685) che leggeva 1484 e a una lettura stilistica Lodi e Marco d’Oggiono; quadri a due mani da dell’opera si veda Buganza, Poldi, Il polittico di Santa Maria della Pace a Milano, in «Brera mai Treviglio cit., p. 65, nota 67. vista», n. 6, Milano 2002; Maria Teresa Binaghi 113 ASMi, Notarile, b. 2195, notaio Giovanni An- Olivari, in Pinacoteca di Brera. Scuole lombarda e tonio Daiberti, 1490 luglio 6; ivi, b. 4081, notaio piemontese (1300-1535), a cura di Federico Zeri, Giovanni Antonio Robiati, 1490 luglio 9; regestati Milano 1988, pp. 234-262. Attorno alle parentele in Francesco Rossi, Janice Shell, Bernardino Buti- di un asse interessante stanziato in San Giovanni none, in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX se- in Conca che virava dal finanziere Giovanni Be- colo. Il Quattrocento, II, Bergamo 1994, pp. olco, ad Antonio Marliani fino agli aristocratici 161-169, a p. 166. Francesco Bernardino Visconti e Pallavicini si 114 ASMi, Notarile, b. 2923, notaio Bartolomeo veda Rossetti, La città cancellata cit. L’unico del Pagani, 1504 novembre 19; Meschini, Luigi XII gruppo a non essere sepolto alla Pace era il Beolco duca di Milano cit., p. 391, nota 258. che fu inumato invece nella parrocchiale di San 115 Il documento si conserva integro, ma in copia Giovanni in Conca dove pure il Visconti volle ov- seicentesca in ASMi, Feudi Camerali, b. 115, 1504 viamente lasciare il suo segno. La cappella di Lu- novembre 19. dovico Visconti Borromeo in Santa Maria della 116 ASDMi, Visite pastorali, Milano, S. Alessandro Pace infra nota 368. in Zebedia, vol. IV, fasc. 1, 1567 agosto 9, c. 6v. 123 Per l’esecuzione di quest’altro lascito ASMi, Fi- 117 Quest’ultimo risulta l’anno di dotazione del- nanze confische, b. 3248, 1513 dicembre 22. l’altare (ASMi, Notarile, b. 2957, notaio Bartolo- 124 Sebbene il ramo visconteo al quale apparteneva meo Ghiringhelli, 1508 aprile 5). Francesco Bernardino non contasse su particolari 118 ASMi, Finanze Confische, b. 3248, 1513 di- e originarie aderenze nel Seprio, l’aristocratico

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non mancò con la mediazione del fratello abate di Mina Gregori, Milano 1996, pp. 250-251) in rela- inserirsi nella zona ottenendo (1496) in livello per- zione alla bella cappella di Sant’Agnese nella par- petuo dall’abbazia di San Celso i beni di Caiello e rocchiale di Massino Visconti. Si tratta di una Premezzo presso Gallarate, forse progettato pre- commissione di Visconti “minori” di notevole in- ludio all’infeudazione del 1499 (Giorgio Chitto- teresse; a fare eseguire gli affreschi furono proba- lini, Un problema aperto: la crisi della proprietà bilmente Tullio e Battista Visconti per la morte del ecclesiastica fra Quattro e Cinquecento, in «Rivista fratello Giovanni Aloisio. Tullio Visconti, figlio di Storica Italiana», 85 (1973), pp. 353-393, a p. 354, Francesco, era un notaio milanese del ramo fami- nota 30; Achille G. Macchi, La contrastata infeu- gliare di Massino, in contatto nel 1492 con l’Ama- dazione di Gallarate a Giovanni II Bentivoglio, in deo per questioni relative allo sfruttamento di «Archivio Storico Lombardo», 112 (1985), pp. alcuni boschi nel Comasco e a questa data detto 379-416, alle pp. 404-405). Per i Visconti in San residente a Milano nella parrocchia di San Mar- Francesco a Gallarate si veda supra nota 78. cellino; nel 1495 si trovava domiciliato in San Ni- 125 ASMi, Feudi Camerali, b. 115, 1504 novembre colao intus dove si erano appena trasferiti 19. Giovanni Maria Visconti e suo figlio Galeazzo si- 126 Romite dell’ordine di Sant’Ambrogio ad gnori di Castelletto; quasi nulla resta della sua at- Nemus Santa Maria del Monte sopra Varese, Il tività come notaio (ASMi, Notarile, b. 4724, notaio monastero di Santa Maria del Monte sopra Varese, Giovanni Ambrogio Airoldi, 1492 maggio 24; Gio- Varese 2006, p. 75. vanni Antonio Amadeo. I documenti, a cura di Ri- 127 Silvano Colombo, Sculture dei Sacri Monti sopra chard Schofield, Janice Shell, Grazioso Sironi, Varese, Gavirate 2002, pp. 101-102; Silvano Co- Como 1989, doc. 283, p. 202; ASMi, Notarile, b. lombo, Il Santuario di Santa Maria del Monte sopra 4581, notaio Giovanni Angelo Galli, 1495 aprile Varese, Gavirate 2004, pp. 22, 25, 103-104; Raffa- 19; ivi, Appendice notai, b. 57). Interessante riferi- ella Ganna, La fabbrica sforzesca di Santa Maria del menti alla committenza di un Visconte del Ver- Monte sopra Varese: revisione critica e fatti inediti, gante era il lascito testamentario di Melchiorre in «Opere insigni, e per la divotione e per il lavoro». Visconti di Ermes sposo di Giovannina Besozzi di Tre sculture lignee del maestro di Trognano al Ca- Giovanni e probabilmente zio del pittore Euge- stello Sforzesco, Atti della giornata di studio (Mi- nio, podestà della Valsesia (1491 e 1493) che nel lano, Castello Sforzesco, 17 maggio 2005), a cura 1498 obbligò i propri eredi a fare realizzare un’an- di Marco Bascapè e Francesca Tasso, Milano 2005, cona del valore di 100 ducati per la chiesa di Santa pp. 37-53, a p. 42; Stefania Buganza, Intorno a Bal- Maria delle Grazie a Varallo (Davide Mirabile, Un dassarre d’Este e al suo soggiorno lombardo, in nuovo documento per Santa Maria delle Grazie a «Solchi», 9 (2006), pp. 3-69, alle pp. 44-45, nota Varallo Sesia: un nuovo appiglio per Gaudenzio gio- 125; Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa, Marco vane?, in «Sacri Monti», 1 (2007), pp. 365-379). Tanzi, Dopo Rancate, intorno a Varese, in Francesco 128 La chiesa fatta edificare da Bernabò era dedi- De Tatti e altre storie, a cura di Giovanni Agosti, cata a san Bernardo, affrescata con le storie del Jacopo Stoppa, Marco Tanzi, Milano 2011, pp. 15- santo nell’aula, una teoria di santi nel catino absi- 49, a p. 17. Da rammentare inoltre che Butinone dale e un polittico sull’altare maggiore (Carlo Cai- non era stato estraneo all’agnazione viscontea rati, All’ombra del Sacro Monte: cantieri, opere e anche per altra via, sempre nel 1484, quando abi- artisti a Varese tra ’400 e ’500 (1450-1540), tesi di tava a Milano in porta Vercellina, parrocchia di laurea specialistica, relatore Maria Grazia Alber- San Giovanni sul Muro (la stessa in cui abitavano tini Ottolenghi, correlatore Francesca Flores d’Ar- in questi anni l’arciprete di Santa Maria sul Monte, cais, Università Cattolica del Sacro Cuore di Gaspare Ambrogio Visconti e Ambrogio Griffi), Milano, a.a. 2006-2007). aveva preso a bottega Eugenio di Bartolomeo Vi- 129 Su quest’ultimo infra nota 232. sconti di Invorio (Rossi, Shell, Bernardino Buti- 130 Meschini, Luigi XII duca di Milano cit., p. 94, none cit., p. 164). Il documento è rievocato da nota 105. Andrea Di Lorenzo (in Pittura tra il Verbano e il 131 Ganna, La fabbrica sforzesca di Santa Maria del lago d’Orta dal Medioevo al Settecento, a cura di Monte sopra Varese cit., alle pp. 47-48.

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132 Romite, Il monastero di Santa Maria del Monte 69-79. Tipologie iconografiche simili, tratte di- cit., pp. 50-53, 109, nota 99; Carlo Alberto Lotti, rettamente da originali romani dovevano essere Santa Maria del Monte sopra Varese. Il monte sacro note a Milano; ad esempio, a casa di Marchesino Olona e il Sacro Monte del Rosario, Varese 2000, Stanga era conservata una dextrarum iunctio in- pp. 174-175. clusa in un’edicola, con la coppia di sposi rap- 133 In questo processo di sostituzione al Moro nelle presentata però a mezzo busto (Andrea Alciati, commissioni ducali si deve tenere conto che il Vi- Antiquae inscriptiones veteraque monumenta pa- sconti, insieme al cognato Antonio Maria Pallavi- triae, a cura di Gianluigi Barni, Milano 1973, ff. cini, al Trivulzio e a Bernardino da Corte, non si 96v-97r); due sposi affrontati con evidenti ri- fece scrupolo di spartirsi quanto restava dei para- chiami classici anche in una lapide nell’elegante menti ducali lasciati in castello (Giovanni Andrea tomba di Giovanni Antonio Bossi e Angela Barzi Prato, Storia di Milano in continuazione ed emenda del 1526. del Corio dall’anno 1499 sino al 1519, in «Archivio 140 Denotano di certo la fortuna del dipinto del Storico Italiano», 3 (1942), pp. 217-418; per la que- Bramantino le molte copie – di una tardocin- stione delle argenterie del castello Paola Venturelli, quentesca si conosce grazie alle Rime del Lomazzo Smalto, oro e preziosi. Oreficeria e arti sunturaie nel anche il nome dell’autore (Pietro Martire Stresi) – Ducato di Milano tra Visconti e Sforza, Venezia 2003, disperse tra musei e collezioni private (Mauro Na- p. 141). Anche lo sfortunato duca Francesco II tale, in Capolavori da scoprire. La collezione Borro- Sforza, pur trascurando in generale quelli che erano meo, catalogo della mostra, a cura di Mauro stati i cantieri ducali paterni elargiva denaro per le Natale, Milano 2006, pp. 130-136, a p. 133; Gio- commissioni al Monte (Sacchi, Il disegno incom- vanni Agosti, Bramantino a Milano, in Bramantino piuto cit., vol. I, pp. 71-72). a Milano, catalogo della mostra, a cura di Gio- 134 Ballarin, Leonardo a Milano cit., I, pp. 612-628. vanni Agosti, Jacopo Stoppa, Marco Tanzi, Milano 135 Per la questione infra nota 341. 2012, pp. 21-79, alle pp. 51-52; Giovanni Agosti e 136 Rossetti, La città cancellata cit. Jacopo Stoppa, Ragioni bibliografiche, in Braman- 137 Ricorda questa cattività anche il Lando come tino a Milano, catalogo della mostra, a cura di Gio- un’occasione in cui il prelato si dedicò allo studio vanni Agosti, Jacopo Stoppa, Marco Tanzi, Milano della Bibbia (Ortensio Lando, Paradossi. Cioè sen- 2012, pp. 81-87, a p. 83). tenze fuori del comun parere, a cura di Antonio 141 Alessandro Rossi, Una Lucrezia inedita di Corsaro, Roma 2000, p. 193); riottenuto il favore Marco d’Oggiono, in «Artes», 10 (1992), pp. 50- ducale il vescovo ricevette poco più di 200 lire da 53; Alessandro Rossi, in I Della Rovere. Piero Francesco II per continuare la fabbrica di San della Francesca, Raffaello, Tiziano (catalogo della Celso (Sacchi, Il disegno incompiuto cit., vol. I, p. mostra, Senigallia, Urbino, Pesaro, Urbania, 4 70, nota 136). aprile - 3 ottobre 2004), a cura di Paolo Del Pog- 138 ASMi, Feudi Camerali, p.a., b. 115, 1533 set- getto, Milano 2004, pp. 269-270; Maria Teresa tembre 21; copia del medesimo documento anche Fiorio, Un cuscino verde per Marco d’Oggiono, in ivi, b. 116. Arte e storia in Lombardia. Scritti in memoria di 139 Alison Luchs, Lo scalpello e la pagina. I Lom- Grazioso Sironi, a cura di Gigliola Soldi Rondini, bardo e l’illustrazone del libro a Venezia, in I Lom- Roma 2006, pp. 203-216, alle pp. 212-213; Balla- bardo, architettura e scultura a Venezia tra ’400 e rin, Leonardo a Milano, cit., I, p. 634, III, pp. ’500, a cura di Andrea Guerra, Manuela M. Mo- 1037-1038. ressi e Richard Schofield, Venezia 2006, pp. 137- 142 Si veda supra e infra note 122, 361. 159; Claudia Kryza-Gersch, «Il poeta cantore e 143 Sacchi, Il disegno incompiuto cit., vol. I, p. 360; l’amata». Una nuova interpretazione per il Doppio Archivio Storico della Fabbrica del Duomo d’ora ritratto di Vienna come Allegoria della musica, in in poi ASFD, Eredità, b. 75, doc. 6, 1522 maggio Tullio Lombardo scultore e architetto nella Vene- 27, doc. 9, 1522 settembre 2 (in questo secondo zia del Rinascimento, Atti del Convegno di Studi inventario così figura: «in lo studio, in prima una (Venezia, Fondazione Giorgio Cini, 4-6 aprile testa de una Lucretia de Roma adorata de relevo in 2007), a cura di Matteo Ceriana, Verona 2007, pp. uno tondo»).

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144 Annalia Francisci Muralti, a cura di Pietro Aloi- stualizzazioni storiche, storico artistiche e filologi- sio Doninio, Como 1861, p. 151. che; si vedano almeno: Rodolfo Renier, Gaspare 145 Infra note 206-208. Visconti, in «Archivio Storico Lombardo», 13 146 La cappella della Vergine presso l’abbazia be- (1886), pp. 509-562, 777-824; Grazioso Sironi, Gli nedettina di San Celso era di fatto un patronato affreschi di Donato D’Angelo detto il Bramante alla ducale eretto per volere di Filippo Maria Visconti. Pinacoteca di Brera di Milano: chi ne fu il commit- L’immagine miracolosa in essa conservata era og- tente?, in «Archivio Storico Lombardo», 104 getto della devozione popolare e come a San Sa- (1978), pp. 199-207; Bortolo Martinelli, La biblio- tiro si avviò presto la costruzione di un santuario teca (e i beni) di un petrarchista: Gaspare Visconti, sottoposto alla tutela dei minori osservanti. Con in Veronica Gambara e la poesia del suo tempo nel- l’assassinio di Galeazzo Maria Sforza i Visconti di l’Italia settentrionale, Atti del convegno (Brescia- Brignano (Leonardo abate di San Celso e suo fra- Correggio 17-19 ottobre 1985), a cura di tello Francesco Bernardino) assunsero di fatto una Cesare Bozzetti, Pietro Gibellini, Ennio Sandal, sorta di tutela sul patronato ducale, inserirono al- Firenze 1989, pp. 213-261; Richard Schofield, Ga- cuni parenti Visconti nel novero dei fabbricieri e spare Visconti, mecenate di Bramante in Arte, com- si scontrarono presto con Ludovico il Moro per la mittenza ed economia a Roma e nelle corti del gestione del cantiere (si rileggano in merito i do- Rinascimento (1420-1530), Atti del Convegno In- cumenti pubblicati in Nicole Riegel, Santa Maria ternazionale (Roma, 24-27 ottobre 1990) a cura di presso San Celso in Mailand. Der Kirchenbau und Arnold Esch, Christoph Luitpold Frommel, To- seine Innendekoration (1430-1563), Worms 1998, rino 1995, pp. 297-330; Cynthia Munro Pyle, To- pp. 327, 331-338, 342, 344, 348). Importanti ag- wards the Biography of Gaspar Ambrogio Visconti, giornamenti sulla fabbrica in Richard Schofield, Il ora in Milan and in the Renaissance: contratto per l’atrio di Santa Maria presso San Essay in Cultural History, Roma 1997, pp. 59-81; Celso, in Arte e storia di Lombardia. Scritti in me- da ultimo Edoardo Rossetti, Ritratti di baroni in moria di Grazioso Sironi, Città di Castello 2006, città e vedute urbane in campagna. Un inedito in- pp. 181-186. ventario di Gaspare Ambrogio Visconti (1499), in 147 Gaspare Ambrogio Visconti (1460-1499), figlio Squarci d’interni. Inventari per il Rinascimento mi- di Gaspare olim Pietro e di Margherita Alciati, lanese, a cura di Edoardo Rossetti, Milano 2012, consigliere segreto dal 1493 partecipa alla vita di pp. 71-99. Per questioni prettamente letterarie corte, ma non sembra essere stato coinvolto in ca- (ma non solo): Gaspare Visconti, I Canzonieri per riche e funzioni politiche. Forse è tra i gentiluo- Beatrice d’Este e per Bianca Maria Sforza, a cura di mini inviati a Napoli nel 1489 per accompagnare Paolo Bongrani, Milano 1979; Dante Isella, Lom- a Milano Isabella d’Aragona e, con l’agnato Batti- bardia stravagante. Testi e studi dal Quattrocento sta di Francesco Visconti signore di Somma (en- al Seicento tra lettere e arti, Torino 2005. trambi di «antiquae stirpis Vicecomites [...] ex 148 Cecilia Simonetta nacque il 12 gennaio 1464 senatu lecti opulenti equites» per usare le parole di (Carlo Radaelli, La vita di Cicco Simonetta (II), in Tristano Calco), scorta a Innsbruck Bianca Maria «Annali Universali di Statistica», 21 (1829), pp. Sforza sposa di Massimiliano d’Asburgo. Dal ma- 25-39, p. 36, nota 3) e aveva quindi solo otto anni trimonio con Cecilia Simonetta ebbe diversi figli quando fu promessa sposa a Gaspare; è lecito pen- maschi: Giovanni Gaspare, Galeazzo, Camillo, sare che il matrimonio non sia stato celebrato Paolo, Girolamo e Giacomo Antonio; ma anche prima del 1477-1478. almeno cinque figlie femmine delle quali Lucia fu 149 Ettore Verga, Per la storia degli schiavi orien- l’unica a sposarsi, con Simone di Guidotto Ma- tali in Milano, in «Archivio Storico Lombardo», genta, mentre le altre presero i voti presso i con- 32 (1905), pp. 188-199, a p. 193. venti vicini alla domus milanese del Visconti: San 150 La dote di Elisabetta di Gaspare Visconti di Je- Bernardino in Cantalupo e Santa Marta. Gaspare rago risulta di 2400 fiorini in ASMi, Notarile, b. Ambrogio è di fatto – insieme a Gian Giacomo 1069, notaio Agostino Terzaghi, 1453 maggio 15, Trivulzio – l’aristocratico lombardo a poter van- ma il Simonetta avrebbe appuntato in una propria tare un maggior numero di studi utili per conte- memoria che a lui erano stati portati in dote solo

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1000 ducati, benché per «honore e contetezza 154 Sulla camera delle Sibille del palazzo del car- dessa Ysabetta habia facto fare et dire la carta de dinale Giordano Orsini a Roma Salvatore Settis, ducati 2.000» (Radaelli, La vita di Cicco Simonetta Sibilla Agrippa, in «Études de Lettres. Revue de la (II) cit., pp. 25-39, a p. 36). L’annotazione getta lo Faculté des Lettres de l’Université de Lausanne», scompiglio sull’uso dei contratti dotali come fonte 4 (1985), pp. 89-116, alle pp. 98-103; e Salvatore fededegna, ma aiuta anche a comprendere le reali Settis, Le sibille di Cortina, in Renaissance Studies possibilità dei rami secondari di casa Visconti nel in Honor of Craig Hugh Smith, Firenze 1985, vol. dotare la propria prole, nonché la forte volontà di 2, pp. 437-457. Per gli eroi di Masolino si vedano Cicco nel contrarre un legittimante matrimonio vi- almeno Luisa Scalabroni, Masolino a Montegior- sconteo. dano: un ciclo perduto di Uomini Illustri, in Da Pi- 151 Per il consigliere Gaspare Visconti seniore si sanello alla nascita dei Musei Capitolini. L’antico a veda supra nota 52. Roma alla vigilia del Rinascimento, Roma 1988, 152 Si rimanda per una trattazione dettagliata rela- pp. 63-72; sulla reazione dei lombardi al ciclo tiva all’edificio a Rossetti, La città cancellata cit. Agosti, Bambaia e il classicismo cit., pp. 52-53. 153 Una biografia sintetica: Francesco Somaini, 155 Sull’appartamento delle Sibille a Belriguardo da Cicco Simonetta e la corte sforzesca, Milano 2001; ultimo Maria Teresa Sambin De Norcen, Le ville di molte informazioni di grande interesse sono for- Leonello d’Este. Ferrara e le sue campagne agli al- nite da Marcello Simonetta, Rinascimento segreto. bori dell’età moderna, Venezia 2012, pp. 94-97. Il mondo del segretario da Petrarca a Machiavelli, 156 Per il ciclo e il palazzo Romei, Cetty Musco- Milano 2004, pp. 127-170; sulle vicende storiche lino, Casa Romei una dimora rinascimentale a Fer- che portarono alla sua ascesa e caduta – con inte- rara, Bologna 1989; Matilde Gagliardo, Le sibille ressanti riferimenti alle posizioni avverse dei Vi- nel giardino. Un ciclo di affreschi per Giovanni sconti di Somma nei confronti del primo Romei a Ferrara, in «Prospettiva», 64 (1991), pp. segretario – si veda Riccardo Fubini, Osservazioni 14-37; Matilde Gagliardo, Le sibille di Giovanni e documenti sulla crisi del ducato di Milano nel Romei, in Le sibille di Casa Romei: storia e re- 1477 e sulla riforma del consiglio segreto ducale di stauro, a cura di Carla Di Francesco, Ravenna Bona Sforza, Essays presented to Myron P. Gilmore, 1998, pp. 21-46. a cura di Sergio Bertelli e Gloria Ramakus, vol. 157 Si deve comunque tenere conto anche dell’esi- I, History, Firenze 1978, pp. 47-103 (ora in Ric- stenza del ciclo di incisioni sul tema di Baccio Bal- cardo Fubini, Italia quattrocentesca, dove è omessa dini (Charles Dempsey, Baccio Baldini’s Sibyls and l’appendice documentaria, con il titolo La crisi del Albumasar’s «Introductorium Maius», in L’art de la ducato di Milano nel 1477 e la riforma del Consiglio Renaissance entre science et magie, a cura di Phi- Segreto ducale di Bona Sforza, pp. 107-135); e Mar- lippe Morel, Paris 2006, pp. 85-98). cello Simonetta, Introduzione, in Carteggio degli 158 ASMi, Notarile, b. 2243, notaio Galeazzo Bolla, oratori mantovani alla corte sforzesca (1450-1500), 1481 febbraio 14. coordinamento e direzione di Franca Leverotti, 159 Ibidem. vol. XI (1478-1479), a cura di Marcello Simonetta, 160 Ivi, 1481 agosto 6. Roma 2001, pp. 7-39; alcuni spunti in Franca Le- 161 Per le campagne decorative promosse al ca- verotti, «Diligentia, obedientia, fides, taciturnitas... stello di Pavia da Galeazzo Maria Sforza: Welch, cum modestia». La cancelleria segreta del ducato Galeazzo Maria Sforza cit., pp. 352-375; Ottolen- sforzesco, in «Ricerche Storiche» 74 (1994), pp. ghi, La decorazione del Castello di Pavia cit., pp. 305-335, alle pp. 330-332; in generale si faccia ri- 549-578; Albertario, La cappella e l’ancona delle ferimento anche ai vecchi lavori di Carlo Radaelli reliquie cit., pp. 49-116. apparsi in più puntate su «Annali universali di sta- 162 Due lavori recenti sui Bembo declinati in ottica tistica economia pubblica, storia, viaggi e com- cremonese, ma utili anche per le temperie delle mercio» tra il 1829 e il 1831 e a I diari di Cicco commissioni di corte: Marco Tanzi, Arcigoticissimo Simonetta, a cura di Alfio Rosario Natale, Milano Bembo. Bonifacio in Sant’Agostino e in Duomo a 1962, già presentati in diversi articoli su «Archi- Cremona, Milano 2011; «Quelle carte de triumphi vio Storico Lombardo» tra il 1949 e il 1957. che se fanno a Cremona». I tarocchi dei Bembo. Dal

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cuore del Ducato di Milano alle corti della valle del famiglie mercantili e loro residenze nella Milano Po, catalogo della mostra (Milano, Pinacoteca di quattrocentesca, in «Economia e Storia», 19 (1972), Brera, 20 febbraio - 7 aprile 2013), a cura di San- pp. 604-632, a p. 612, nota 24. drina Bandera e Marco Tanzi, Milano 2013. 172 Relazione del ducato di Milano del secretario 163 Albertario, La cappella e l’ancona delle reliquie Gianjacopo Caroldo, 1520, in Relazioni degli Am- cit., p. 80. basciatori veneti al Senato, a cura di Arnaldo Se- 164 Welch, Galeazzo Maria Sforza cit., p. 374, doc. 1. garizzi, 3 voll., Bari, 1913-1916, vol. II, pp. 3-29, 165 Si veda infra nota 393. a p. 9. Sulla gioventù di Gian Giacomo si veda Co- 166 Alciati, Antiquae inscriptiones cit., c. 109. vini, L’esercito del duca cit., pp. 259-263; per gli 167 Michele Caffi, Arte e dolori, in «Archivio Sto- sponsali favoriti dal duca Galeazzo Maria con rico Lombardo» 6 (1879), pp. 566-575, a p. 571; Margherita di Niccolò Colleoni (ricchissimo mer- Francesco Malaguzzi Valeri, Pittori lombardi del cante bergamasco residente a Pavia) contesa per Quattrocento, Milano 1902, p. 83; in generale sul la ricca dote anche da Giovanni Maria Visconti di pittore si veda la biografia in Maria Cristina Pas- Fontaneto e da Guidoantonio Arcimboldi: Fran- soni, Moretti, Cristoforo, in Dizionario biografico cesco Somaini, Un prelato lombardo del XV secolo. dei miniatori italiani, a cura di Milvia Bollati, Mi- Il cardinale Giovanni Arcimboldi vescovo di No- lano 2004, pp. 801-807. vara, arcivescovo di Milano, 3 voll., Roma 2003, 168 Teruggi, «In castro fontaneti» cit., pp. 176-182. vol. I, pp. 62-63, nota 100 e nello stesso, sempre 169 Andrea Luigi Casero, Un tramezzo affrescato in per il periodo giovanile, le ampie note 84-85, 103- San Nazzaro della Costa a Novara, in Studi in onore 104. Per la biografia del Magno con ampia conte- di Francesca Flores d’Arcais, a cura di Maria Gra- stualizzazione sul suo ruolo in epoca francese e zia Albertini Ottolenghi e Marco Rossi, Milano sulla sua agnazione in Letizia Arcangeli, Genti- 2010 («Quaderni di Storia dell’Arte», n. 1), pp. luomini di Lombardia cit., pp. 3-67; altre notizie 91-99; Agosti, Stoppa, Tanzi, Il Rinascimento lom- biografiche anche in Carlo Rosmini, Dell’istoria in- bardo (visto da Rancate) cit., p. 30. Per Novara si torno alle militari imprese e alla vita di Gian Gia- deve comunque tenere conto che la casa presso il como Trivulzio detto il Magno, 2 voll., Milano 1815 castello milanese del Moretti era aderente anche (vol. I, pp. 40-44, per i rapporti ottimi con Cicco). all’enorme complesso di case Barbavara, famiglia Riguardo al ruolo del Trivulzio come committente tutt’altro che estranea al cenobio novarese. si confrontino almeno Charles Robertson, The pa- 170 Sull’intrico di commesse ducali si vedano da tronage of Gian Giacomo Trivulzio during the ultimo: Albertario, La cappella e l’ancona delle re- French domination of Milan, in Louis XII en Mila- liquie cit., pp. 49-116; Albertario, Documenti per la nais, XLIe Colloque International d’Études Hu- decorazione cit., pp. 19-61; Marco Albertario, «Ad manistes (30 juin - 3 juillet 1998), Centre d’Études nostro modo». La decorazione del castello nell’età Supérieures de la Renaissance, Actes réunis par di Galeazzo Maria Sforza (1466-1476), in Il Castello Philippe Contamine et Jean Guillaume, Paris Sforzesco di Milano, a cura di Maria Teresa Fiorio, 2003, pp. 323-340; Rossana Sacchi, Note sui regi- Milano 2005, pp. 99-134; Carlo Cairati, Pavia stri: arti e artisti nella contabilità di Gian Giacomo 1477: un avvio per Zenale, in «Arte Lombarda», Trivulzio (1509-1519), in Fare storia dell’arte. Studi 158-159 (2010), pp. 69-73. offerti a Liana Castelfranchi, a cura di Maria Gra- 171 Cicco dichiarava che i libri erano stati comprati zia Balzarini e Roberto Cassanelli, Milano 2000, nelle Marche, a Napoli, a Roma, a Firenze e in pp. 93-102; Pier Luigi Mulas, Codici miniati di Lombardia «in quibus expendidi multas pecunias» Gian Giacomo Trivulzio, in «Viglevanum», 17 (ASMi, Notarile, b. 638, notaio Giacomo Perego, (2007), pp. 8-27. Sul bel palazzo milanese: Giu- 1461 febbraio 16). Alcune note sulla biblioteca in seppe Stolfi, Le case Trivulzio in Rugabella a Mi- Monica Pedralli, Novo, grande, coverto e ferrato. lano, dal XV al XVII secolo, in Aspetti dell’abitare Gli inventari di biblioteca e la cultura a Milano nel in Italia tra XV e XVI secolo: distribuzione, fun- Quattrocento, Milano 2002, pp. 505-510. Alcuni di zioni, impianti, a cura di Aurora Scotti Tosini, Mi- questi testi furono acquistati con la mediazione di lano 2001, pp. 175-185; Charles Robertson, Azarito Portinari cfr. Gino Barbieri, Alcune celebri Bramante and Gian Giacomo Trivulzio, in Bra-

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mante milanese e l’architettura del Rinascimento i Trivulzio Simone Albonico, Il ruginoso stile. Poeti lombardo, Atti del convengo, a cura di Christoph e poesia in volgare a Milano nella prima metà del Luitpold Frommel, Luisa Giordano, Richard Cinquecento, Milano 1990, p. 37, nota 66. Schofield, Venezia 2002, pp. 67-81. Per gli arazzi 178 La giovane figlia di Lodrisio olim Guglielmo Vi- si veda ora la scheda di Giovanni Agosti, Jacopo sconti e di Susanna della Croce era dotata con soli Stoppa, in Bramantino a Milano, catalogo della 1000 ducati (per un confronto immediato Anto- mostra, a cura di Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa, nietto dava invece per la sorella sposata Attendoli Marco Tanzi, Milano 2012, pp. 180-261; diventata Bolognini la bella somma di 4000 ducati), ma an- Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa, I mesi del Bra- cora più bassa era stata la dote della madre della mantino, Milano 2012. sposa (805 lire). I dati si rilevano dai documenti di 173 Si veda in particolare Rosmini, Dell’istoria in- dotazione di Fiorbellina (ASMi, Notarile, b. 1262, torno alle militari imprese cit., vol. I, pp. 601-645. notaio Marco Perego, 1481 dicembre 18) e dal te- 174 Giovanni Agosti, Scrittori che parlano di artisti, stamento di Lodrisio Visconti suo padre (ASOM, tra Quattro e Cinquecento in Lombardia, in Bar- Archivio Litta, b. 8, doc. 33, 1484 febbraio 9). Il bara Agosti, Giovanni Agosti, Carl Brandon Stre- Campofregoso mantenne ottimi rapporti con i pa- hlke, Marco Tanzi, Quattro pezzi lombardi (per renti Visconti come dimostra la sua nomina a ero- Maria Teresa Binaghi), Brescia 1998, pp. 39-93, a gatario nel testamento del cognato Ardizzino: un p. 62, nota 59 (con un’annotazione relativa ai ri- Visconti salvatico che abitava nel castello di Be- svolti di questo rientro milanese con la carriera di snate, non possedeva casa in Milano, e anche se le- Bramante). La biografia del poeta con riferimenti gava degli oboli modesti (rispettivamente solo 2 lire al testamento redatto a Garlasco, dove Piattino si ciascuno) alla Fabbrica del Duomo e all’Ospedale trovava sotto la protezione del Trivulzio, in Carlo Maggiore disponeva sepoltura nella chiesa ca- Cairati, Pietro Antonio Piatti, in E viene il tempo strense di Santa Maria a Besnate dove erano sepolti della pietà. Sentimento e poesia nei testamenti, ca- «aliis nobilibus de Bexnate, seu Vicemitibus de talogo della mostra (Milano, Archivio di Stato, 5 Bexnate» (ASMi, Notarile, b. 3595, notaio Gio- novembre 2009 - 26 febbraio 2010), a cura di Alba vanni Andrea Besozzi, 1509 dicembre 1). Fiorbel- Osimo, Milano 2009, pp. 66-74. lina e sua sorella Margherita sono menzionate 175 Richard Schofield, Grazioso Sironi, Bramante anche in un testamento di Elisabetta Visconti, ve- and the problem of Santa Maria presso San Satiro, dova di Cicco Simonetta, come destinatarie di un in «Annali di archittettura», 12, 2000, pp. 17-57, legato ingente (ASMi, Notarile, b. 937, notaio Laz- alle pp. 48-49, doc. 15; Robertson, Bramante and zaro Cairati, 1496 ottobre 4). Gian Giacomo Trivulzio cit., pp. 67-81; Giuseppe 179 ASMi, Notarile, b. 2977, notaio Francesco Pa- Stolfi, Le case Trivulzio in Rugabella a Milano, dal gani, 1504 agosto 29. XV al XVII secolo, in Aspetti dell’abitare in Italia 180 Su Giovanni Tolentino si vedano almeno: Carlo tra XV e XVI secolo: distribuzione, funzioni, im- Marcora, I commentarii di Giovanni II Tolentino, pianti, a cura di Aurora Scotti Tosini, Milano in «Archivio Storico Lombardo», 90 (1963), pp. 2001, pp. 175-185. 330-339; Richard Schofield, Giovanni da Tolen- 176 Per una ricostruzione della Camera d’oro si tino goes to Rome: a description of the antiquaries veda Rossetti, La città cancellata cit. of Rome in 1490, in «Journal of the Warburg and 177 I rapporti con Gaspare Ambrogio sono già ri- Courtauld Institute», XLII (1980), pp. 246-256; cordati in Renier, Gaspare Visconti cit., pp. 509- Rossana Sacchi, Un episodio di classicismo lom- 562, 777-824, alle pp. 798-802; sulla biografia del bardo: il monumento Tolentini in Santa Maria In- poeta si tenga conto di: Antonio Fileremo Fre- coronata, in Quaderno di studi sull’Arte Lombarda goso, Opere, a cura di Giorgio Dilemmi, Bologna dai Visconti agli Sforza per gli 80 anni di Gian Al- 1976, pp. XIII-XVIII; Valeria De Matteis, Fregoso berto dell’Acqua, a cura di Maria Teresa Balboni (Campofregoso, Fulgoso), Antonio (Antognotto, Brizza, Milano 1990, pp. 100-104; Cynthia Munro Antonietto) Fileremo (Filareno), in Dizionario Bio- Pyle, Una relazione sconosciuta delle nozze di Isa- grafico degli Italiani, Roma 1998, vol. 50, ad vocem. bella d’Aragona con Giangaleaz zo Sforza nel feb- Per i contatti di Bartolomeo Simonetta anche con braio 1489: Giovanni II Tolentino a Baldassare

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Taccone, ora in Milan and Lombardy in the Re- 190 Si vedano in merito: Riccardo Fubini, Federico naissance: essay in cultural history, Roma 1997, pp. da Montefeltro e la congiura dei Pazzi: politica e pro- 127-135; Roberta Martinis, L’architettura contesa. paganda alla luce di nuovi documenti, in Federico Federico da Montefeltro, Lorenzo de’ Medici, gli da Montefeltro. Lo stato, le arti, la cultura, a cura Sforza e palazzo Salvatico a Milano, Milano 2008, di Giorgio Cerboni Baiardi, Giorgio Chittolini, pp. 69-82. Piero Floriani, Roma 1986, vol. I, pp. 355-470; 181 I sonetti faceti di Antonio Camelli secondo l’au- Marcello Simonetta, Introduzione, in Carteggio tografo ambrosiano, a cura di Erasmo Percopio, degli oratori mantovani alla corte sforzesca (1450- Napoli 1908, p. 342, s. 307. 1500), coordinamento e direzione di Franca Leve- 182 ASMi, Notarile, b. 1262, notaio Marco Perego, rotti, vol. XI (1478-1479), a cura di Marcello 1481 settembre 1. Simonetta, Roma 2001, pp. 7-39, a p. 8, nota 4; Si- 183 ASMi, Notarile, b. 2946, notaio Enrico da monetta, Rinascimento segreto cit., pp. 163-165; Monza, 1478 maggio 30. Martinis, L’architettura contesa cit., pp. 98-115. 184 Agisce esplicitamente come tutore nelle divi- 191 Fubini, Federico da Montefeltro e la congiura sioni tra il Visconti e i parenti (ASMi, Notarile, b. dei Pazzi cit., pp. 409-412, nota 146 (su Matteo Be- 1926, notaio Antonio Bombelli, 1477 giugno 22; nedetti), pp. 457-458. Federico da Montefeltro era ivi, b. 2946, notaio Enrico da Monza, 1478 giugno stato nel 1457 padrino di Giovanni Giacomo pri- 4). Questo Ambrogio Rovera è personaggio da te- mogenito di Cicco Simonetta (Martinis, L’archi- nere sotto attenta osservazione avendo ricoperto tettura contesa cit., p. 102). tra 1488 e il 1492 la carica di priore della scuola 192 Sul poema del Santi richiama l’attenzione Si- della Concezione in San Francesco Grande (dove monetta, Rinascimento segreto cit., pp. 163-164. campeggiava la Vergine delle Rocce di Leonardo 193 Da questa città risulta aver fatto procura alla da Vinci) e ritrovandosi più volte vicino alle gio- madre con un rogito di Matteo Benedetti del 19 vani Ippolita e Angela Sforza figlie di Bianca Si- luglio 1481 per tentare un recupero dell’eredità monetta (ASMi, Fondo Sironi). paterna sul genovese Banco di San Giorgio 185 Schofield, Sironi, Bramante and the problem of (ASMi, Notarile, b. 959, notaio Salomone Sudati, Santa Maria presso San Satiro cit., pp. 17-57, alle 1482 settembre 28). pp. 48-49, doc. 15; sulla presenza in questa occa- 194 Simonetta, Rinascimento segreto cit., p. 165. sione del pittore frate Vittore da Sant’Angelo si 195 Novità su questi anni di Bramante in Stefania veda Rossetti, Una questione di famiglie cit., p. Buganza, Qualche considerazione sui primordi di 158, nota 167. Bramante in Lombardia, in «Nuovi Studi», 11 186 Per le considerazioni più aggiornate sul can- (2005), pp. 69-103. tiere di San Satiro si rimanda a Schofield, Sironi, 196 Il portico e la sala sovrastante misuravano 43 Bramante and the problem of Santa Maria presso braccia di lunghezza, 11 braccia e ¾ di larghezza San Satiro cit., pp. 17-57. e 10 braccia di altezza (circa metri 25 di lunghezza, 187 Un simile legato era previsto anche per la fab- per 7 di larghezza e 6 di altezza). Per le dimensioni brica di Santa Maria del Paradiso. Una copia del della loggia vigevanese Gianfranco Pertot, Il «Pa- testamento gentilmente segnalata da Sergio Mon- radiso» della duchessa. La loggia delle dame nel ca- ferrini è conservata nell’Archivio Dal Pozzo, Ere- stello di Vigevano: rilievi, letture stratigrafiche e dità Visconti, doc. 3, 1483 settembre 4. È perduto proposte per l’interpretazione della sequenza co- l’originale rogato dal notaio milanese Nicolino Ca- struttiva e per la conservazione, in «Viglevanum» sati. Il Visconti, che morì nel 1499, non rinnovò 19 (2009), pp. 16-31. mai le proprie disposizioni testamentarie come di- 197 In merito a queste questioni si rimanda a Ros- mostrano i documenti di dotazione spirituale delle setti, La città cancellata cit. figlie conservati in ASFD, Eredità, b. 108. 198 Questa abitazione fu venduta nel 1486 al mar- 188 Costantino Baroni, Documenti per la storia del- cante di stoffe pregiate Francesco Maggiolini per l’Architettura a Milano nel Rinascimento e nel Ba- il quale: Gian Paolo G. Scharf, I Maggiolini da Pisa rocco, Roma 1968, vol. II, pp. 113-114, doc. 540. a Milano nel Quattrocento, in «Studi storici», 3 189 Schofield, Gaspare Visconti cit., pp. 297-330. (1994), pp. 943-976. Su questo edificio noto per

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essere stato dal 1620 un palazzo dei Dal Verme: stata su Bramantino Edoardo Villata, Tristezza della Raffaella Fassi, Margherita Strazzera, Le vicende Resurrezione. Bramantino negli anni di Ludovico il storiche delle proprietà immobiliari della famiglia Moro, Milano 2012, pp. 45-54. Dal Verme a Milano in porta Vercellina parrocchia 203 Fregoso, Opere cit., pp. XXXVI-XLIII, 13-85. di San Giovanni sul Muro sino al 1861, tesi di lau- 204 Per la ricezione di Butinone e Zenale in Santa rea, relatore Paolo Maria Farina, Politecnico di Maria delle Grazie: Stefania Buganza, in Pittura a Milano, aa. 1997-1998. Milano. Rinascimento e Manierismo, a cura di 199 Per questo palazzo si veda supra nota 59. Mina Gregori, Milano 1998, p. 203; l’influsso degli 200 Gaspare Ambrogio acquistava dai fratelli da Uomini d’arme di Bramante sul Foppa di Santa Varese 4 pertiche (poco più di 2600 mq) delle 6 Maria di Brera: Facchinetti, in Vincenzo Foppa cit., pertiche locate in perpetuo nel 1478 dal mona- p. 204. stero di Sant’Ambrogio a Giovanni da Varese, più 205 Tutte le opere di Matteo Bandello cit., vol. I, p. un altro sedime adiacente – già di Bartolomeo 331. Quella di Bandello non è l’unica menzione Scotti – probabilmente esteso su una superficie di letteraria della villa: lo stesso Visconti cita la Ca- circa 500 mq. In questo spazio il Visconti intra- scina Bianca nel suo De Paulo e Daria amanti (Re- prese la costruzione del suo nuovo palazzo (Sironi, nier, Gaspare Visconti cit., p. 783). Gli affreschi di Donato d’Angelo detto il Bramante 206 Lucio Cavanna, Note, documenti e immagini di cit., pp. 202-203). storia vignatese, Vignate 1989, pp. 68-80. 201 Cose degne d’essere vedute et considerate nella 207 Le relazioni dattiloscritte con ampi inserti ma- grande città di Milano abozzo di un opuscolo di Ia- noscritti, un po’ retoriche e tutte incentrate sui copo Valerio canonico della Scala, BAM, S.117.sup, nomi di Bramante e Leonardo, recano i titoli Il pa- c. 255r. Un commento all’autore e al testo in Ales- lazzo bramantesco del poeta Gaspare Ambrogio Vi- sandro Rovetta, Tra un “paragone” e un “abbozzo” sconti a Cassina Bianca e Il palazzo di Gaspare di Giacomo Valeri. Milano città d’arte ai tempi di Ambrogio Visconti, il mecenate di Bramante,e e , in Studi di Sto- sono conservate presso la Biblioteca d’Arte di Mi- ria dell’arte in onore di Maria Luisa Gatti Perer, a lano con le segnature OP.B. 1707 e OP.B.1708. Il cura di Marco Rossi e Alessandro Rovetta, Milano Fermini fa più volte riferimento a suoi personali 1999, pp. 307-315. Molte nuove notizie relative ricordi di infanzia relativi allo stato della costru- alla disposizione della porzione del palazzo pas- zione (proprietà di alcuni amici di famiglia); se- sata ai Panigarola derivano da un documento se- guono poi indicazioni sui sopraluoghi del 1904 e gnalato a chi scrive da Mario Comincini. Non solo 1908. Durante il primo – in compagnia del Casi- il cortile, ma tutte le stanze terrene e superiori miro Ottone che in quegli anni consegnava ai po- sono descritte come dipinte; la camera «detta delli steri la nuova veste della piazza vigevanese – baroni pittura di Bramante» risulta inserita in un vennero scrostati parte degli intonaci e si realizzò enfilade di stanze prospettanti il giardino e affian- la campagna fotografica (Fermini, Il palazzo bra- cate da una sala grande sopra il portico con adia- mantesco cit., pp. 4-5, 7, 15; Fermini, Il palazzo di cente cappella. Per i particolari dell’edificio Gaspare Ambrogio Visconti cit., pp. 9, 11). L’ul- Rossetti, La città cancellata cit. timo riferimento temporale che permette di datare 202 Per gli uomini d’arme si vedano almeno Simone gli appunti è un rimando relativo a foto scattate Facchinetti, in Vincenzo Foppa. Un protagonista del nel 1940 a seguito della demolizione di parte del Rinascimento, catalogo della mostra (Brescia, 3 palazzo (ivi, p. 3). marzo - 10 giugno 2002), a cura Giovanni Agosti, 208 ASMi, Notarile, b. 2956, notaio Enrico da Mauro Natale, Giovanni Romano, Milano 2003, Monza, 1499 maggio 6; il documento è stato pub- pp. 202-203; Mauro Natale, in Melozzo da Forlì. blicato in Rossetti, Ritratti di baroni in città e ve- L’umana bellezza tra Pietro della Francesca e Raffa- dute urbane in campagna cit., pp. 79-100. ello, catalogo della mostra (Forlì, 29 gennaio - 12 209 Fermini, Il palazzo bramantesco cit., p. 8v. giugno 2011), a cura di Daniele Benati, Mauro Na- 210 Fermini, Il palazzo di Gaspare Ambrogio Vi- tale, Antonio Paolucci, Cinisello Balsamo (Milano) sconti cit., p. 12; attorno a questa tipologia di de- 2011, pp. 224-227; con un’attribuzione tutta spo- cori, per i quali in assenza di immagini è necessario

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sospendere ogni valutazione, si rimanda a Bruno contesto, in Lo specchio di Castiglione Olona. Il pa- Adorni, Un lascito bramantesco all’architettura lazzo del cardinale Branda e il suo contesto, a cura di “lombarda” fra Quattrocento e Cinquecento: l’al- Alberto Bertoni, Varese 2009, pp. 219-235). Una zato caratterizzato da decorazioni geometriche, in veduta di Roma su tavola era registrata anche in Bramante milanese e l’architettura del Rinasci- casa di Giovanni Tolentino amico di Gaspare Am- mento lombardo, Atti del convengo, a cura di Chri- brogio Visconti (Sacchi, Un episodio di classicismo stoph Luitpold Frommel, Luisa Giordano, lombardo cit., p. 103, nota 10). La sala capitolare Richard Schofield, Venezia 2002, pp. 99-109. dell’abbazia di Chiaravalle, un cantiere non estra- 211 Fermini, Il palazzo di Gaspare Ambrogio Vi- neo a Bramante, fu decorata forse al chiudersi del sconti cit., p. 13. XV secolo con graffiti rappresentanti vedute mila- 212 Si rimanda per i dettagli della ricostruzione a nesi. Per Chiaravalle si rimanda a Ferdinando Reg- Rossetti, Ritratti di baroni in città e vedute urbane giori, L’Abbazia di Chiaravalle, Milano 1970; e in campagna cit., p. 75. Chiaravalle. arte e storia di un’abbazia cistercense, a 213 Per la loggia di Innocenzo VIII: Giovanni Ricci, cura di Paolo Tomea, Milano 1992. Attorno alla Sulla classificazione delle città nell’Italia del Rina- questione delle vedute in Milano bisogna anche te- scimento, in «Storia Urbana», 17 (1993), n. 64, pp. nere conto di quel poco di buono che si è salvato 5-17, p. 10; Molly Bourne, Francesco II Gonzaga dei già brutti graffiti della cascina Pozzobonelli; and Maps as Palace Decoration in Renaissance Man- quest’ultimo un edificio forse incluso nelle pro- tua, in «Imago Mundi. The international journal prietà di Donato e Girolamo Carcano personaggi for the history of cartography», 51 (1999), pp. 51- vicini ai Visconti di Somma Lombardo (ASMi, No- 81, a p. 53; Maria Rita Silvestrelli, Pintoricchio tra tarile, b. 2975, notaio Francesco Pagani, 1498 feb- Roma e Perugia (1484-1495), in Pietro Scarpellini braio 9; Luciano Patetta, L’architettura del e Maria Rita Silvestrelli, Pintoricchio, Milano 2004, Quattrocento a Milano, Milano 1987, pp. 343-346). pp. 97-134, pp. 102-103; Giovanni Agosti, Su Man- Risale al 1513 una veduta di Genova con armigeri tegna I. La storia dell’arte libera la testa, Milano tratti da lavori mantegneschi che si ritrova a Mor- 2005, p. 281; Alessandro Rovetta, Cesariano e il cote in Canton Ticino (Lara Calderari, Silvia Valle nuovo corso del Rinascimento a Reggio Emilia, Parri, Rinascimento in Santa Maria del Sasso a Mor- Alessandro Rovetta, Elio Monducci, Corrado Ca- cote. La cappella maggiore tra Quattro e Cinque- selli, Cesare Cesariano e il Rinascimento a Reggio cento, in «Zeitschrift für Schweizerische Emilia, Cinisello Balsamo (Milano) 2008, pp. 143- Archäologie und Kunstgeschichte», 66/I (2009), 175, pp. 157-158. Per contestualizzare la presenza pp. 45-76, alle pp. 57-60). dei paesaggi nelle decorazioni dipinte e in partico- 214 Marco Folin, La corte della duchessa: Eleonora lare per la nascita di modelli di riferimento delle d’Aragona a Ferrara, in Donne di potere nel Rina- vedute urbane si vedano almeno Juergen Schulz, scimento, a cura di Letizia Arcangeli e Susanna Pey- La carta geografica tra scienza e arte. Carte e carto- ronel, Roma 2008, pp. 481-512, alle pp. 496-497. grafi nel Rinascimento italiano, Modena 1990 (spe- 215 Oltre alla «camera de le Citade» a Gonzaga, cialmente pp. 37-39); Giovanni Romano, Studi sul dal 1494 un gruppo di artisti, sotto la supervisione paesaggio, Torino 1991; Lucia Nuti, Ritratti di città. dello stesso Mantegna, decorarono la «camera del visione e memoria tra Medioevo e Settecento, Vene- Mapamundi» e la «camera Graeca» (qui le vedute zia 1996 (specialmente, pp. 30-32); Lucia Nuti, urbane si alternavano a storie dipinte) a Marmi- Cartografia senza carte. Lo spazio urbano descritto rolo; successivamente nei primi anni del Cinque- dal Medioevo al Rinascimento, Milano 2008. Il cento si dette il via alla decorazione della «camera tema delle vedute non era comunque estraneo a del Mapamondi et del Caiero» nel palazzo di San esperienze più prossime a quella vignatese. A Ca- Sebastiano (Schulz, La carta geografica tra scienza stiglione Olona, oltre alla nota veduta romana nel e arte cit., pp. 37-39; Nuti, Ritratti di città cit., pp. battistero masoliniano, nelle stanze del cardinale 31-32, 63; Bourne, Francesco II Gonzaga and Maps Branda era realizzato il famoso paesaggio ideale cit., pp. 51-82). I Gonzaga tentarono di coinvol- con i castelli rosei tra le verdi valli (Federica Armi- gere in questi progetti decorativi – a volte senza raglio, Rinnovare la tradizione: il paesaggio e il suo successo – Ercole de’ Roberti, Gentile e Giovanni

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Bellini e il Carpaccio (Agosti, Su Mantegna I cit., 233); considerato l’attestato legame del miniatore pp. 209, 281; con bibliografia precedente). con questa famiglia e con Francesco Visconti sa- 216 La Bourne (Francesco II Gonzaga and Maps cit., rebbe opportuno aprire nuove indagini in questa p. 52) collega proprio l’assenza di Milano dal ciclo direzione per seguire una pista identificativa del gonzaghesco all’alleanza dei marchesi con Venezia. maestro. Sulla cappella Castiglioni di Pavia si ve- 217 Per un contesto del contemporaneo uso a dano Maria Grazia Albertini Ottolenghi, Il colle- scopo decorativo (per l’architettura) dei profili im- gio Castiglioni, in Pavia. Architetture di età periali presenti nella monetizzazione romana si ri- sforzesca, a cura di Adriano Peroni, Torino 1978, manda a Andrew Burnett, Richard Schofield, The pp. 152-166; Marco Albertario, Pavia 1475. Gli af- Medallions of the Basamento of the Certosa di freschi della cappella Castiglioni, Milano 2004; e le Pavia. Sources and Influence, in «Arte Lombarda», note di Carlo Cairati, Pavia 1477 cit., pp. 69-73. 120 (1997), pp. 5-28; Fabiana Anfuso, Scultura de- Per le influenze ferraresi e i principali cantieri du- corativa e gusto antiquario a Milano in età sforzesca: cali (Certosa di Pavia e cappelle ducali pavesi e mi- i medaglioni scolpiti con teste all’antica, in «Numi- lanesi in testa) del periodo si vedano Stefania smatica e Antichità Classiche. Quaderni Ticinese», Buganza, Foppa e la cultura artistica filo-ferrarese 35 (2006), pp. 401-425. in Lombardia, in Vincenzo Foppa. Un protagonista 218 Una scheda sul codice: Cristina Quattrini, in del Rinascimento, catalogo della mostra (Brescia, 3 La Biblioteca Trivulziana del comune di Milano, a marzo - 10 giugno 2002), a cura Giovanni Agosti, cura di Angela Dillon Bussi e Giovanni Mauro Natale, Giovanni Romano, Milano 2003, Maria Piazza, Milano 1995, p. 158. pp. 170-173; Albertario, La cappella e l’ancona 219 Sulla questione «moderno» e «antico» si ri- delle reliquie cit., pp. 49-116; Albertario, Docu- manda alle pagine di Giovanni Previtali, La for- menti per la decorazione cit., pp. 19-61; Alberta- tuna dei primitivi. Dal Vasari ai neoclassici, Torino rio, «Ad nostro modo» cit., pp. 99-134; Buganza, 1964, pp. 14-16. In generale il contesto relativo al Intorno a Baldassarre d’Este cit., pp. 3-69; Stefania recupero dell’antico in: Memoria dell’antico nel- Buganza, Interferenze nordiche alla Certosa di l’arte italiana, 3 voll., a cura di Salvatore Settis, To- Pavia: Cristoforo de Mottis, una proposta per Za- rino 1984-1986; Roberto Weiss, La scoperta netto Bugatto e un’apertura su Hans Witz, in La dell’antichità classica nel Rinascimento, Padova Certosa di Pavia e il suo museo. Ultimi restauri e 1989; il gusto per l’antico in declinazione milanese nuovi studi, a cura di Beatrice Bentivoglio Ravasi, in Agosti, Bambaia e il classicismo cit., pp. 47-102. Milano 2008, pp. 193-217. 220 Per il miniatore almeno (con relativa biblio- 221 Note biografiche su Francesco Visconti in Fran- grafia): Pier Luigi Mulas, Maestro delle Ore Birago, cesca Maria Peroni, Proprietà, diritti e giurisdizioni in Dizionario Biografico dei Miniatori italiani, a dei Visconti a Somma e nel suo territorio nel XV se- cura di Milvia Bollati, Milano 2004, pp. 571-572. colo, tesi di laurea, Università degli Studi di Mi- Recentissimi gli interventi di Pier Luigi Mulas (La lano, relatore Gigliola Soldi Rondinini, aa. miniatura lombarda nell’ultimo quarto del Quat- 1990-1991, pp. 25-27; Fubini, Osservazioni e do- trocento, in Il libro d’ore Torriani, a cura di Pier cumenti sulla crisi del ducato di Milano cit., pp. 59- Luigi Mulas, Modena 2009, p. 14; Pier Luigi 60 (ora in Fubini, Italia quattrocentesca cit., p. 125); Mulas, Una proposta per la miniatura e la pittura Franca Leverotti, «Governare a modo e stillo de’ Si- del Rinascimento a Pavia: il Maestro delle Ore Bi- gnori...». Osservazioni in margine all’amministra- rago, alias Maestro dell’Annunciata Castiglioni?, in zione della giustizia al tempo di Galeazzo Maria Miniatura. Lo sguardo e la parola. Studi in onore di Sforza duca di Milano (1466-67), Firenze 1994, pp. Giordana Mariani Canova, a cura di Federica To- 24-25, nota 65. Il Visconti morì tra l’ottobre 1476, niolo e Gennaro Toscano, Cinisello Balsamo (Mi- quando testò, e il febbraio 1477, quando il figlio lano) 2012, pp. 232-236) che estendono alla Battista iniziava ad adempiere ai suoi legati (ASMi, pittura ad affresco l’attività del maestro. Vale la Notarile, b. 927, notaio Lazzaro Cairati, 1476 ot- pena di annotare che per anni un vicino di Fran- tobre 7; Peroni, Proprietà, diritti e giurisdizioni dei cesco Visconti fu Angelo Birago giurista addotto- Visconti a Somma cit., p. 27, nota 52). rato a Pavia e consigliere ducale (si veda infra nota 222 ASMi, Notarile, b. 7552, notaio Bernardo Bel-

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loni, 1531 agosto 18; Quattrini, in La Biblioteca Banco mediceo di Milano e Castiglione Olona: un Trivulziana cit., p. 158. legame possibile, in «Solchi», VII (2003), pp. 4-14; 223 Per l’arco cremonese: Monica Visioli, L’archi- Roberta Martinis, Il palazzo del Banco Mediceo: tettura, in Storia di Cremona. Il Quattrocento. Cre- edilizia e arte della diplomazia a Milano nel XV se- mona nel Ducato di Milano (1395-1535), a cura di colo, in «Annali di Architettura», 15 (2003), pp. Giorgio Chittolini, Azzano San Paolo 2008, pp. 37-52; Maria Paola Zanoboni, «Et che... el dicto 246-299, alle pp. 258-260. Pigello sia più prompto ad servire»: Pigello Porti- 224 Francesco Sforza donò a Cosimo de Medici nari nella vita economica (e politica) milanese quat- l’antica domus dei Bossi il 20 agosto 1455. La sede trocentesca, in «Storia Economica» 12 (2009), pp. del Banco abitata da Pigello Portinari fu imme- 27-107, specie alle pp. 83-86. diatamente oggetto di una serie di restauri con- 225 Per la ricostruzione della chiesa e la divisione di servativi (rifacimento delle coperture e restauro castello e abitato del 1473 si veda Alfredo Lucioni, dei vecchi affreschi); tra il 1459 e il 1462 la corte Somma e la sua pieve dall’alto Medioevo all’età bor- e la facciata furono riformate con un probabile in- romaica, in La Basilica di S. Agnese. L’antica pre- tervento del Filarete che descrive nel suo trattato positurale di Somma e la sua pieve: storia, arte e parte del cantiere. Nel 1486 Lorenzo de Medici, architettura, Varese 2006, pp. 35-77, pp. 49-56. impedito a sostenere gli impegni finanziari con 226 Adele Buratti Mazzotta, S. Agnese e S. Fede, di- Folco Portinari (figlio di Pigello), incaricava il suo segni e documenti per le loro vicende architettoni- agente di vendere il Banco. L’edificio era acqui- che, in La Basilica di S. Agnese. L’antica stato sottocosto da Aloisio Terzaghi, potente se- prepositurale di Somma e la sua pieve: storia, arte e gretario del Moro, che avviava subito una nuova architettura, Varese 2006, pp. 79-115, alle pp. 82- campagna di lavori. Accusato nel 1489 di cospi- 87; i documenti in Appendice documentaria, a rare contro Ludovico il Moro, il Terzaghi era con- cura di Gian Paolo G. Scharf, in La Basilica di S. dannato a morte e confiscato e il palazzo ospitava Agnese. L’antica prepositurale di Somma e la sua Bianca Sforza (figlia di Ludovico) e lo sposo Ga- pieve: storia, arte e architettura, Varese 2006, pp. leazzo Sanseverino in attesta di traslocare nella 227-233. nuova residenza fuori porta Vercellina. Nel 1492 il 227 Sulla tipologia di struttura Carlo Perogalli, Banco tornava ai Medici, ma dopo la loro crisi po- Chiese ad archi trasversi in Lombardia, in «Arte litica, nel 1495 era donato ad Antonio Maria San- Lombarda», 105/107 (1993, ma 1994), pp. 176- severino fratello di Galeazzo. L’anno seguente la 181. casa ospitava comunque Giuliano de Medici. Con 228 Lodovico Melzi, Somma Lombardo. Storia de- l’arrivo dei francesi il palazzo era ceduto a Catel- scrizione e illustrazioni, Milano 1880, p. 95; «Bea- lano Trivulzio, ma con il ritorno degli Sforza tissime pater». I «registra supplicationum» di Pio II (1512-1515) Ambrogio del Maino rivendicava i di- (1458-1464), a cura di Elisabetta Canobbio e Bea- ritti della moglie (ultima dei Bossi) e prendeva di- trice Del Bo, Milano 2007, p. 22, doc. 48. mora nell’edificio puntualmente tornato ai Medici 229 Albertario, «Ad nostro modo» cit., pp. 107-111. con il crollo della restaurazione del duca Massi- Sui cantori da ultimo Paul A. Merkley, Lora L. miliano. Al fine di contestualizzare il cantiere del Matthew Merkley, Music and Patronage in the Banco Mediceo si vedano: Carlo Casati, Docu- Sforza Court, Brepols-Turnhout 1999. menti sul palazzo chiamato «il Banco Mediceo», in 230 La lettera in Miniatori lombardi, in «Archivio «Archivio Storico Lombardo», 12 (1885), pp. 582- Storico Lombardo», 21 (1894), pp. 501-502; fa ri- 586; Barbieri, Alcune celebri famiglie mercantili e ferimento alla questione anche Andrea Di Lo- loro residenze cit., pp. 611-620; Patetta, L’architet- renzo, Tre schede per i fratelli de Donati, in «Nuovi tura del Quattrocento a Milano cit., pp. 266-274; Studi», 4 (1997), pp. 93-108, alle pp. 94, 103, nota Elena Caldara, in Vincenzo Foppa. Un protagonista 26. Esisteva un Salterio scritto con abbondante del Rinascimento, catalogo della mostra (Brescia, 3 uso di capitali e di lettere in oro dal chierico cre- marzo - 10 giugno 2002), a cura Giovanni Agosti, monese nel 1472 e arricchito da quattordici mi- Mauro Natale, Giovanni Romano, Milano 2003, niature di ignota mano. Al chiudersi del XIX pp. 143-145, schede 27 e 28; Elena Caldara, Il secolo si sono perse le tracce del manoscritto pas-

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sato dalla biblioteca La Valliére a quella Durazzo I, p. 58; ivi, vol. II, p. 475), fu senz’altro uno dei cfr. Giuseppe Mongeri, L’arte del minio nel ducato membri più in vista del casato visconteo. La sua di Milano dal secolo XIII al XVI. Appunti tratti figura, nella Milano di fine Quattrocento e nei dalle memorie postume del marchese Gerolamo primi anni del Cinquecento, si assimila quasi a d’Adda (II), in «Archivio Storico Lombardo», 12 quella di una sorta di pater patriae (forse da qui (1885), pp. 528-557, a p. 544, nota 1; Catalogue l’uso anomalo per Bandello del termine patrizio des livres de la bibliothèque de feu M. le duc de La assegnato solo a Battista) garante della mediazione Valliere première partie, vol. I, Paris 1783, p. 16. tra la corte ducale, i propri aristocratici parenti e 231 Sul recupero dell’epigrafia antica come veicolo la scena cittadina. Anche il veneziano Gianiacopo per il mutamento nel gusto si vedano: Millard Caroldo espresse un giudizio assai positivo sul- Meiss, Toward a more comprehensive Renaissance l’operato di Battista e sulla sua famiglia (parere Paleography, in «Art Bulletin», 42 (1960), pp. 97- che quasi stride con gli aspri giudizi assegnati ai 112, alle pp. 98-99; Weiss, La scoperta dell’anti- vari agnati Visconti): «sono li fioli del quondam chità cit., pp. 168-194; Paola Isabella Gallerani, La messer Baptista Visconte, quale fu molto da bene T di Mantegna. Dai modelli epigrafici a un’iscri- e grandemente amato da milanesi; li filioli lo so- zione nascosta nella pala di San Zeno, in «Quaderni migliano, perché attendono a viver bene ed invero di Palazzo Te», 9 (2001), pp. 9-21; queste que- sono gentilissimi signori» (Relazione del ducato di stioni in relazione allo scultore Giovanni Antonio Milano cit., vol. II, pp. 3-29, a p. 19). Sostenitore Piatti in Edoardo Rossetti, Uno spagnolo tra i fran- di Ludovico il Moro, ricoprì gli incarichi di consi- cesi e la devozione gesuata: il cardinale Bernardino gliere ducale nel 1489, commissario di Pavia Carvajal e il monastero di San Girolamo di porta (1490) e di Cremona (1495), oratore a Mantova Vercellina a Milano, in Le duché de Milan et les nel 1496, nel 1499 fu inviato a Pavia per dare co- commanditaires français (1499-1521), a cura di municazione alla città della trasformazione della Frédéric Elsig e Mauro Natale, in corso di stampa. contea in principato per il primogenito del duca. Sarebbe interessante capire se il Maineri fosse pa- Sembra che dal 1493, il Visconti fosse insignito rente del più noto miniatore e pittore Giovanni per investitura imperiale del titolo di marchese di Francesco Maineri; quest’ultimo attivo tra le corti Monza. Nel 1467 era fuggito presso il Colleoni degli Este e dei Gonzaga, accompagnato da una con Girolamo Olgiati (uno degli assassini del famiglia di tipografi istallati a Mantova con signi- duca); in contemporanea il padre Francesco era ficativi esiti per la modernizzazione dei caratteri stato rimosso dal consiglio segreto. Nel 1474 il da stampa (Federica Veratelli, Maineri, Giovanni duca Galeazzo Maria aveva tentato di fargli spo- Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, sare una figlia di Pallavicino Pallavicini, ma Batti- Roma 2007, vol. 67, pp. 593-595; Raffaella Benti- sta sposò – a quanto pare con la mediazione di voglio Ravasio, Maineri, Giovanni Francesco, in Cola Montano – Giovanna di Pietro Pusterla con Dizionario biografico dei miniatori italiani, a cura una dote di 4000 fiorini, mentre sua sorella Anto- di Milvia Bollati, Milano 2004, pp. 715-717; An- nia sposava Giuliano Pusterla, altro figlio di Pie- drea Canova, Tipografi, librai e cartolai tra Man- tro. Pare che Battista abbia preso parte attiva negli tova e l’Emilia nel Quattrocento, in Rhegii eventi che seguirono la morte del duca Galeazzo e Lingobardiae. Studi sulla cultura a Reggio Emilia che nel 1477 avesse partecipato a una congiura in età umanistica, a cura di Andrea Canova, Reg- contro il Simonetta cfr. Litta, Visconti, tav. XVI; gio Emilia 2004, pp. 139-167, alle pp. 148-149; Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco cit., pp. Agosti, Su Mantegna I cit., p. 243, nota 51 e ad in- 22, 319, 408; Peroni, Proprietà, diritti e giurisdi- dicem). zioni dei Visconti a Somma cit., pp. 29-30; Fubini, 232 Nato verso il 1445, Battista Visconti era figlio Osservazioni e documenti sulla crisi del ducato di di Francesco e di Elisabetta Bussoni (figlia del Milano cit., pp. 59-60 (ora in Fubini, Italia quat- conte Carmagnola e di Antonia Visconti di Je- trocentesca cit., p. 125); Leverotti, «Governare a rago), definito dal Bandello «venerando patrizio» modo e stillo de’ Signori...» cit., pp. 24-25, nota 65. e «patrizio veramente degno d’ogni commenda- Con il matrimonio Pusterla il Visconti divenne zione» (Tutte le opere di Matteo Bandello cit., vol. contemporaneamente cognato di Baldassarre e

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Giuliano Pusterla, del conte Ugolotto Crivelli, del di Ambrogio, fatto sposare nel 1513 a Caterina Vi- conte Giovanni Rusca e di un Battista Castiglioni sconti, figlia e unica erede delle sostanze di Gio- di difficile identificazione: i Castiglioni che pote- vanni Maria Visconti e di Chiara Vimercati; da vano aspirare a questo matrimonio erano essen- precisare che Giovanni Maria era primo cugino di zialmente solo quelli di Casciago e di Venegono, Giovanni Andrea Visconti, sposo di Cipriana. Un ma secondo il Litta i due Battista di questo ramo matrimonio, quest’ultimo che tendeva a rinsaldare contrassero matrimonio con le figlie dei conti Cri- i legami patrimoniali e famigliari tra rami dei Vi- velli e in casa Carcano; tutte parentele di alto sconti che discendevano dallo stesso capostipite: grado nell’aristocrazia milanese e quasi tutte ghi- Uberto, fratello di Matteo. Lucia, figlia di Batti- belline. Da parte di madre la ramificazioni delle sta, sposò invece il marchese Marcantonio Palla- parentele sul quale Battista poteva contare enu- vicini di Cortemaggiore; anche questo matrimonio meravano i Castiglioni di Casciago (il burrascoso va letto nell’ambito di una comune politica tesa a Francesco, sposo di Rossana del Maino era un suo legare questo gruppo dell’aristocrazia milanese ai primo cugino), i Sanseverino discendenti dal con- Pallavicini, considerata la pressoché contempora- dottiero visconteo Aloisio, e il conte Pietro dal nea unione di Bona Pusterla, figlia di Giuliano Verme. Lucia Visconti sorella di Battista si era spo- (doppiamente cugina di Lucia), al marchese Cri- sata con Giovanni Agostino Vimercati erede del stoforo Pallavicini di Busseto. ricco e potente conte Gaspare. Mentre Cipriana I figli di Battista estimati nel 1524 furono France- Visconti, altra sorella legittima, era stata fatta spo- sco, che continuava a vivere nella casa di San Tom- sare con dote di 5000 fiorini a Giovanni Andrea maso in Terramara, e Ambrogio, residente in Visconti; figlio di quel Vercellino già favorito di Sant’Eusebio (magari in casa Rusca), rispettiva- Galeazzo Maria Sforza che fu accusato di cospi- mente con partite di 30.000 ducati e di 34.500 du- rare contro il Moro insieme a Roberto Sanseve- cati («co’ li beni de la consorte», cioè con i beni di rino. Più bassa era stata la dote di Orsina maritata Caterina Visconti, moglie di Ambrogio). Questo con 1300 fiorini ad Antonio di Erasmo Trivulzio, significa che la famiglia di Battista poteva contare ma si trattava probabilmente di un matrimonio tra su un estimo totale di 60.000 ducati; pari ad esem- illegittimi. Oltre ai legami stretti con questi casati, pio a quella degli eredi di Bergonzio Botta (ASMi, Battista poteva contare su un’ampia clientela ur- Censo p.a., b. 1520). I possedimenti famigliari spa- bana che annoverava alcuni rami di casa Besozzi, ziavano dall’avita terra di Somma e limitrofi (con- Bossi, Dugnani, Mantegazza e Vimercati tutti re- tado del Seprio) ad Agnadello (altra signoria di sidenti nei pressi di casa Visconti in San Tommaso questo ramo dei Visconti), a Motta Visconti sul Ti- in Terramara. cino, a Gaggiano, fino alla grande possessione Battista ebbe diversi figli: Francesco (sempre in- della Guglielmesca posta alle porte della città non dicato come primogenito, nato nel 1480 e morto distante da Chiaravalle. La famiglia deteneva inol- entro il 1531), Ermes (nato nel 1485 e morto nel tre il diritto di eleggere in Milano i cappellani di 1521), Ludovico (nato nel 1490 e morto entro il Santa Chiara, Santa Croce e di Sant’Apollinare 1514) e Ambrogio (nato nel 1494 e morto entro il (tutti monasteri nati o passati sotto le insegne del- 1528) e Lucia, ma incrociando i dati del Litta e dei l’osservanza francescana), esercitava de facto il pa- vari testamenti di Battista risulterebbe altra prole tronato sulla cappella dello Spirito Santo e delle (Vittoria, Barbara, Bianca, Matteo, Ottone) pro- Cinque piaghe di Cristo nella chiesa parrocchiale babilmente morta in giovane età, o dedicatasi alla di San Tommaso in Terramara, il copatronato della carriera ecclesiastica; il Visconti ebbe almeno un chiesa di Sant’Agnese a Somma e il patronato della figlio illegittimo chiamato Pietro Martire al quale chiesa di Santo Stefano a Mezzana, e possedeva vennero assegnati benefici a Mezzana e a Somma. due cappellanie nella chiesa milanese di Santa Dei figli maschi di Battista sono noti solo i matri- Maria degli Angeli: una dedicata al Corpo di Cri- moni di Ermes con la celebre ricca ereditiera sto e l’altra allo Spirito Santo. Significativo il fatto Bianca Maria Scapardone contratto nel 1514 dopo che, nel testamento del 1486, Battista disponesse che il giovane ebbe svestito i panni ecclesiastici e con una certa precisione della divisione di questi lasciato i benefici che deteneva nel Cremonese, e patronati, lasciando al figlio primogenito quello di

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Sant’Agnese, al secondogenito quello di Santo Ste- note, pp. 134-135 e note; Meschini, Luigi XII duca fano, al terzogenito le cappellanie milanesi; la di- di Milano cit., pp. 418-419, nota 429; Stefano Me- sposizione sparì nei testamenti successivi, ma schini, La Francia nel ducato di Milano. La politica testimoniava che a questa data i possedimenti di di Luigi XII (1499-1512), Milano 2006, vol. I, pp. Somma e i relativi benefici detenevano un’impor- 157-161 e note, vol. II, pp. 1072-1073, e nota 43; tanza particolare nell’ottica del Visconti. Letizia Arcangeli, Alle origini del Consiglio dei ses- Con il primo cugino Galeazzo Visconti, figlio di santa decurioni: ceti e rappresentanza a Milano tra Guido, Battista fu uno dei capi incontrastati della Massimiliano Sforza e Francesco I di Valois (mag- fazione ghibellina, sempre con il cugino fece parte gio 1515 - luglio 1516), in Con la ragione e col del governo provvisorio nel settembre del 1499 e cuore. Studi dedicati a Carlo Capra, Milano 2008, nel gennaio del 1500. Riuscì a fuggire dal campo pp. 33-75, alle pp. 40-46; Letizia Arcangeli, Ra- di Novara (aprile 1500) e con salvacondotto della gioni di stato e ragioni di famiglia: strategie succes- Serenissima raggiunse Bergamo con i tre amici, sorie dell’aristocrazia milanese tra Quattro e parenti e vicini: Ambrogio del Maino, Girolamo Cinquecento (Visconti, Trivulzio, Borromeo), in Fi- Carcano e Gaspare Visconti di Jerago. Traditi dai déicommis, procédés juridiques et pratiques sociales veneziani i quattro vennero imprigionati, tutti (Italie-Europe, bas moyen âge-xviiie siècle), «Mé- però riuscirono a fuggire tranne Battista che fu in- langes de l’École française de Rome. Italie et mé- fine consegnato ai francesi, detenuto in castello e diterranée», 124/2 (2012), pp. 447-469. trattato, pare, duramente (maggio 1500), fu poi in- Il Visconti dettò diversi testamenti, almeno sette, viato in Francia come ribelle (luglio 1500). Solo dei quali sei noti (da questi si ricavano molti dei nel marzo del 1501, malfermo nella salute («est in- dati sopra evidenziati: ASMi, Rubriche notai 4180, firmus»), l’aristocratico venne liberato dietro lo notaio Lancellotto Sudati, 1477; ivi, Notarile, b. sborso di 6000 scudi del sole, e pochi giorni dopo 1229, notaio Lancellotto Sudati, 1484 giugno 8; per la scarcerazione del figlio Francesco – an- ivi, b. 2970, notaio Francesco Pagani, 1486 aprile ch’esso preso sul campo di Novara, tra i primi ca- 28; ivi, b. 2975, 1497 novembre 23; ivi, b. 2977, merieri del Moro nel 1497, e cavaliere aurato dal 1504 marzo 9; ivi, b. 2979, 1510 febbraio 14; Ar- gennaio 1500 – dovette versare al castellano di chivio Visconti di San Vito, cassetta 114, 1514 Novara 1120 scudi e mezzo (ASMi, Notarile, b. marzo 10), morì nel palazzo di San Tommaso il 18 2976, notaio Francesco Pagani, 1501 febbraio 8; settembre 1516 a 70 anni d’età «ex febre continua ivi, b. 2922, notaio Bartolomeo Pagani, 1501 in septima et catarro», poco dopo essere caduto marzo 8; ivi, 1501 marzo 27). A differenza del cu- nuovamente in disgrazia al rientro dei francesi, ma gino Galeazzo, Battista non riuscì o non volle rici- almeno non in esilio come accadde nello stesso clarsi nei primi posti dell’amministrazione anno all’amico Ambrogio del Maino (ASMi, Po- francese, durante gli anni della prima dominazione polazione, b. 84). gallica sembrò sparire dalla scena pubblica, ma 233 ASMi, Notarile, b. 2970, notaio Francesco Pa- continuò ad operare come giurista e come media- gani, 1486 ottobre 28. La casa era già stata occu- tore negli affari relativi ad alcune delle principali pata dai Visconti da alcuni anni mentre Angelo famiglie milanesi. Battista riottenne invece una po- Birago aveva iniziato nel 1482 le trattative per l’ac- sizione di grande prestigio durante la restaura- quisto di una nuova dimora già dei Visconti di Je- zione sforzesca di Massimiliano: si assicurò nel rago e sita in Borgonuovo (ivi, b. 931, notaio 1512 gli uffici di esecutore della regia camera e di Lazzaro Cairati, 1482 luglio 10); risulta comunque commissario dell’Olona (sancendo con quest’ul- difficile capire se gli affreschi fossero commissione timo incarico l’influenza della famiglia sull’area del dei nuovi o dei vecchi padroni di casa. L’edificio Seprio), fu nominato senatore ed ebbe insieme a abitato dai signori di Somma è quello attualmente Ludovico Visconti Borromeo, Giovanni France- noto come palazzo Clerici: Adele Buratti Maz- sco Marliani e Ambrogio del Maino ampia delega zotta, Dal Pellegrini al Ricchino. Le fabbriche dei di nominare tutti gli officiali della corte e dello Visconti e i loro disegni di progetto tra Cinque e Set- stato, divenendo conservatore dello stato (Arcan- tecento. Un percorso per la lettura del territorio, geli, Gentiluomini di Lombardia cit., pp. 53, 57 e Oggiono-Lecco 2003, pp. 65-82; Enrica Pinna,

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L’architettura del palazzo dal Settecento ad oggi, in 199, doc. 900. Sulla cappella: Albertario, «Ad no- Palazzo Clerici. La proiezione internazionale di Mi- stro modo» cit., pp. 99-134; Albertario, Documenti lano, Milano 2004, pp. 51-86; Rossetti, La città per la decorazione cit., pp. 19-61. cancellata cit. 242 Laura Gnaccolini, Antonio da Pandino e la ve- 234 Per la decorazione di palazzo Borromeo: Bu- trata del Nuovo Testamento nel Duomo di Milano, ganza, Palazzo Borromeo cit., pp. 117-196. in «Arte cristiana», 18 (1993), pp. 403-422, a p. 235 Supra nota 224. 411, nota 28; per il contesto delle vetrate Buganza, 236 Antonio Averlino detto il Filarete, Trattato di Interferenze nordiche alla Certosa di Pavia cit., pp. architettura, a cura di Anna Maria Finoli e Li- 193-21. liana Grassi, Milano 1972, pp. 683-704; Caldara, 243 Sul cantiere di San Satiro si veda supra nota in Vincenzo Foppa cit., p. 143, scheda 27. 186. Per la presenza di Antonio, ASMi, Notarile, 237 Barbieri, Alcune celebri famiglie mercantili e b. 2511, notaio Boniforte Gira, 1483 maggio 7; loro residenze cit., p. 617. Gerolamo Biscaro, Le imbreviature del notaio Bo- 238 Il Terzaghi, che aveva ottenuto il palazzo dopo niforte Gira e la chiesa di San Satiro, in «Archivio il tracollo economico dei Medici con la complicità Storico Lombardo», 37 (1910), pp. 105-144, a p. del Moro e del cognato Filippo Eustachi, in que- 134, doc. 4. sti anni spendeva oltre 1000 ducati per rinnovare 244 Marco Albertario (Marmo, legno e terracotta. il palazzo (Martinis, Il palazzo del Banco Mediceo Appunti sulla committenza milanese tra settimo e cit., pp. 37-52, a p. 52, doc. 12). Per il contesto ottavo decennio del Quattrocento, in Opere insigni, anche Edoardo Rossetti, L’incompiuto palazzo del e per la divotione e per il lavoro. Tre sculture lignee castellano Filippo Eustachi in porta Vercellina del maestro di Trognano al Castello Sforzesco, atti (1485-89), in «Archivio Storico Lombardo», 131- della giornata di studio, Milano, Castello Sforze- 132 (2005-2006), pp. 431-461. sco, 17 maggio 2005, Milano 2005, pp. 27-35, p. 239 Figlio del pittore Pietro e con un fratello (Fran- 31) tende a scindere quanto principiato dal Bus- cesco) pure pittore, il Raimondi, documentato dal solo nel 1479, cioè «maiestatem unam pro capella 1472 fino al 1509, è una delle tante personalità dicte scole» e stimata da Carlo Trivulzio e Nazzaro sfuggenti dell’arte lombarda; abitò sempre in Mi- Draghi nel 1482 (definita in questo documento lano, porta Nuova, parrocchia di Sant’Andrea alla «manifacture seu anchone»), rispetto al «taberna- Pusterla Nuova, in via Bagutta, nella casa paterna culum unum lignaminis cum frixiis» dipinta da condivisa per anni con Giovanni Donato Montor- Marco Lombardi e Matteo de Fedeli (Biscaro, Le fano. Per una sua biografia si veda, oltre agli studi imbreviature del notaio Boniforte Gira cit., doc. I a e ai documenti di volta in volta citati, Agosti, Su p. 132; Schofield, Sironi, Bramante and the pro- Mantegna I cit., p. 417, nota 85. blem of Santa Maria presso San Satiro cit., pp. 17- 240 ASMi, Notarile, b. 2699, notaio Celso da Bolo- 57, pp. 18-19, docc. 7, 8, 10, alle pp. 47-48; gna, 1474 aprile 8. All’orafo Gottardo Crivelli è interessante la presenza come testimone dell’inta- commissionata nel 1476 una croce astile per San- gliatore Giacomo del Maino); giustamente l’Al- t’Ambrogio cfr. Paola Venturelli, Oreficerie e orafi bertario collega l’imponente macchina all’aspetto milanesi (sec. XV). Documenti inediti per alcune di un’opera di oreficeria. croci e un’opera (Beltramino de Zutti, i Pozzi, i Cri- 245 ASMi, Notarile, b. 2511, notaio Boniforte Gira, velli), in Arte e storia di Lombardia. Scritti in me- 1483 giugno 30 (Giovanni Antonio Amadeo. I do- moria di Grazioso Sironi, Città di Castello 2006, cumenti cit., pp. 132-133, doc. 87) e 1483 agosto pp. 85-98. 28 (Biscaro, Le imbreviature del notaio Boniforte 241 Su Isacco Argiropoli e per la commissione del- Gira cit., pp. 105-144, a p. 135, doc. 5). l’organo, Emilio Motta, Musici alla corte degli 246 ASMi, Notarile, b. 2512, notaio Boniforte Gira, Sforza. Ricerche e documenti milanesi (II), in «Ar- 1483 novembre 10; Biscaro, Le imbreviature del chivio Storico Lombardo», 14 (1887), pp. 278- notaio Boniforte Gira cit., pp. 135-136, doc. 6. 340, alle pp. 287-288; Rodolfo Maiocchi, Codice 247 Edoardo Villata, Leonardo da Vinci. I docu- diplomatico artistico di Pavia dall’anno 1300 al- menti e le testimonianze contemporanee, Milano l’anno 1550, vol. I, Pavia 1937, p. 189, doc. 861, p. 1999, p. 47, doc. 48.

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248 Biscaro, Le imbreviature del notaio Boniforte 1483 giugno 30 (Giovanni Antonio Amadeo. I do- Gira cit., pp. 139-140, doc. 10. cumenti cit., pp. 132-133, doc. 87). 249 ASMi, Notarile, b. 1958, notaio Giovanni An- 255 La questione meriterebbe una rilettura; si veda drea Besozzi, 1489 agosto 11; il documento è stato nel contempo Janice Shell, in Pinacoteca di Brera. segnalato in Paola Torno, Documenti inediti per Scuole lombarda e piemontese (1300-1535), a cura Giacomo del Maino e la scultura lignea in provincia di Federico Zeri, Milano 1988, pp. 93-102, scheda di Varese, in Giovanni Antonio Amadeo. Scultura e 81; con gli aggiornamenti cronologici contenuti in architettura del suo tempo, atti del convegno (Mi- Roberta Battaglia, in Da Bergognone a Tiepolo. lano-Bergamo-Pavia, aprile 1992), a cura di Janice Scoperte e restauri in Provincia di Bergamo, cata- Shell e Liliana Castelfranchi, Milano 1993, pp. logo della mostra (Bergamo, Museo Adriano Ber- 441-446, a p. 442, nota 7. nareggi, 16 novembre - 16 febbraio 2003), a cura 250 La comunità di Somma corrispose il denaro di Simone Facchinetti, pp. 34-49, specie alle pp. agli artisti secondo la ripartizione (pars inferiori 45, 49, nota 40. per lire 150 lire e soldi 4, e pars superiori lire 116 256 Per le attività lodigiane si rimanda a Mario Ma- e soldi 8) assunta con la divisione dell’abitato tra rubbi, La pittura a Lodi nella seconda metà del Quat- Francesco e Guido Visconti nel 1473 (ASMi, No- trocento, in L’oro e la porpora. Le arti a Lodi nel tarile, b. 1958, notaio Giovanni Andrea Besozzi, tempo del vescovo Pallavicino (1456-1497), catalogo 1490 novembre 8). Tenuto conto del precedente della mostra, a cura di Mario Marubbi, Cinisello acconto di 200 lire il costo complessivo dell’opera Balsamo (Milano) 1998, pp. 67-74, alle pp. 71-72; ammontava a 466 e 12 soldi, una cifra consistente. Janice Shell, L’attività di Bergognone tra primo e se- 251 ASDMi, Sezione X, Somma Lombardo, vol. 7, condo periodo certosino, in Ambrogio da Fossano ca. 1570. Nella visita pastorale precedente è laco- detto il Bergognone. Un pittore per la Certosa, cata- nicamente segnalata come «pulcra icona» (ivi, vol. logo della mostra, a cura di Gian Carlo Sciolla, Mi- 4, c. 2v, 1566 ottobre 5). lano 1998, pp. 313-325, alle pp. 315-316; ivi, docc. 252 Sulla bottega dei da Corbetta si rimanda alla 17, 19 alle pp. 428-429, doc. 62 a p. 434. tesi di dottorato di Carlo Cairati in corso di di- 257 Janice Shell, Pittori in bottega. Milano nel Ri- scussione. nascimento, Torino 1995, pp. 258-261, docc. 100- 253 Per la personalità di Bartolomeo da Como, 105; da rammentare che con i de Donati i Visconti forse da identificare con il celebre Maestro di (Princivalle figlio di Guido in particolare) possono Trognano, si veda: Maria Teresa Binaghi Olivari, essere entrati in contatto per la commissione del in Il tesoro dei poveri. Il patrimonio artistico delle Crocifisso di Sesto Calende (Di Lorenzo, Tre Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza schede per i fratelli de Donati cit., pp. 93-108, alle (ex Eca) di Milano, a cura di Marco Bascapè, pp. 93-95). Paolo Maria Galimberti, Sergio Rebora, Cinisello 258 Torno, Documenti inediti per Giacomo del Maino Balsamo (Milano) 2001, pp. 425-427; Raffaella cit., p. 442; Raffaele Casciaro, La scultura lignea Ganna, Giacomo del Maino, Giovanni Pietro de lombarda del Rinascimento, Milano 2000, pp. 279- Donati e altri artisti a Santa Maria del Monte 280; Raffaele Casciaro, in Splendori al Museo Dio- sopra Varese, in «Arte Lombarda», 117 (1996), cesano. Arte sacra dal IV al XIX secolo, catalogo pp. 64-71; Ganna, La fabbrica sforzesca di Santa della mostra (Milano, Museo Diocesano, 14 aprile Maria del Monte sopra Varese cit., pp. 37-53; Cai- - 29 ottobre 2000), a cura di Paolo Biscottini, Mi- rati, All’ombra del Sacro Monte cit.; si attende in lano 2000, p. 58; Raffaele Casciaro, in Il Museo Dio- merito un interessante contributo di Carlo Cai- cesano di Milano, a cura di Paolo Biscottini, Milano rati. 2012, p. 231. Per «Rolandus de Botis pictoris» si 254 ASMi, Notarile, b. 3433, notaio Cristoforo Car- veda ad esempio: ASMi, Rubriche notarili, 1982, dani, 1489 ottobre 12 (Fondo Sironi); gli altri docu- notaio Lorenzo Daverio, 1494 marzo 11. menti dai quali si evincono i contatti tra Bartolomeo 259 Si veda supra note 252, 253. e Antonio: ASMi, Notarile, b. 1461, notaio Dome- 260 Maria Cristina Passoni, Presenze rinascimentali nico Busnago, 1481 giugno 27 (Fondo Sironi); in S. Agnese, sculture e dipinti, in La Basilica di S. ASMi, Notarile, b. 2511, notaio Boniforte Gira, Agnese. L’antica prepositurale di Somma e la sua

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pieve: storia, arte e architettura, Varese 2006, pp. doc. 5215, 1474 ottobre 19 (Fondo Sironi). 127-129. 272 Sulle commissioni di Pietro Pusterla si vedano 261 Si rimanda comunque per queste questioni, Carlo Cairati, Gli inventari di Giovanni Battista come sopra, allo studio in corso di Carlo Cairati. Pusterla: il ritratto di un committente tra Bernar- 262 Per quest’opera si veda infra nota 274. dino Luini, i da Corbetta e Giovanni Angelo del 263 Alberto Bertoni, Galdino de’ Campanigo, Iob de’ Maino (1538), in Squarci d’interni. Inventari per il Prioris e Rolando de’ Bottis: tre botteghe a confronto Rinascimento milanese, a cura di Edoardo Ros- per il trittico dell’Assunta, in La Chiesa dell’Assunta setti, Milano 2012, pp. 135-155, alle pp. 144-145; a Casorate Sempione. Scrigno d’arte e cultura dell’età Edoardo Rossetti, «Chi bramasse di veder il volto barocca, a cura di Rosangela Cervini e Massimo suo ritratto dal vivo». Ermes Visconti, Matteo Ban- Conconi, Varese 2006, pp. 111-148. dello e Bernardino Luini: appunti sulla commit- 264 Carlo Torre, Il ritratto di Milano diviso in tre tenza artistica al Monastero Maggiore, in «Archivio libri nel quale vengono descritte tutte le antichità e Storico Lombardo», 138 (2012), pp. 127-165, alle modernità che vedevansi e vedensi nella città di Mi- pp. 141-142; Rossetti, Uno spagnolo tra i francesi e lano, Milano 1714, pp. 273-274. Più laconico il La- la devozione gesuata cit. tuada: «Il maggiore [altare] è formato di legno 273 ASMi, Notarile, b. 2877, notaio Luchino Ap- intagliato» (Serviliano Latuada, Descrizione di Mi- piani, 1489 ottobre 9, documento segnalato da lano, 5 voll., Milano 1737-1738, vol. V, p. 335). Carlo Cairati. 265 Sull’impatto e i riflessi di queste importanti al- 274 In via ipotetica si è tentato di assegnare ad An- tari lignei si veda almeno Albertario, Marmo, legno tonio Raimondi la fattura del Trittico di San Vito e terracotta cit., pp. 27-35. conservato a Somma Lombardo (Bertoni, Galdino 266 Per l’ancona di San Francesco Grande – che de’ Campanigo cit., p. 135). L’opera ora a San- come è noto presentava una commistione di tavole t’Agnese, ma un tempo nella piccola chiesa di San dipinte (da Leonardo e dai de Predis) e di intagli Vito (già di proprietà di Battista Visconti), rap- di Giacomo del Maino – da ultimo Maria Cristina presenta una Madonna in trono col Bambino, san Passoni, Nuovi documenti e una proposta di rico- Vito, san Modesto e santa Crescenza e sembra av- struzione per l’ancona della Vergine delle Rocce, in vicinabile al percorso della bottega dei Bergo- «Nuovi Studi», 11 (2004-2005), pp. 177-197. gnone in anni non distanti alla prima attività 267 Nadia Covini, Tra patronage e ruolo politico: certosina (si rammenti che nel 1492 Battista Vi- Bianca Maria Visconti (1450-1568), in Donne di po- sconti era commissario a Pavia). Non sarà strano, tere nel Rinascimento, a cura di Letizia Arcangeli dopo alcune riconsiderazioni e accertamenti, e Susanna Peyronel, Roma 2008, pp. 246-280, a p. poter avvicinare il piccolo catalogo del maestro at- 279, nota 121; Latuada, Descrizione di Milano cit., tivo anche a Somma Lombardo all’operato di Ber- vol. V, p. 335. nardino Bergognone fratello del più famoso 268 ASMi, Notarile, b. 4998, notaio Cosma Brenna, Ambrogio. Sul trittico e le opere di questo pittore 1501 febbraio 23, documento segnalato da Carlo si vedano Passoni, Presenze rinascimentali in S. Cairati. Agnese cit., pp. 117-135, a pp. 124-125; per la bi- 269 ASMi, Notarile, b. 2970, notaio Francesco Pa- bliografia precedente si veda anche Pietro Cesare gani, 1486 aprile 28; il riferimento alle volontà di Marani, in Pittura tra Ticino e Olona. Varese e la Elisabetta Bussoni nell’assegnazione della rendita Lombardia nord-occidentale, a cura di Mina Gre- in ASMi, Notarile, b. 2976, notaio Francesco Pa- gori, Milano 1992 (con la vecchia attribuzione a gani, 1503 gennaio 4. Si veda anche ASMi, Fondo Giovanni e Matteo Della Chiesa). Anche Rossetti, di Religione, b. 1798, fascicolo intitolato: «Ermes «Chi bramasse di veder il volto suo ritratto dal Visconti paga annue lire 70 per tante messe non si vivo» cit., 147-149. sa la provenienza di questo legato. Libro del mo- 275 Resoconto del ritrovamento degli affreschi e un nastero. Vedi l’acclusa memoria». importante commento sul ciclo in Carla Enrica 270 ASMi, Notarile, b. 2942, notaio Antonio Buchi, Spantigati, Aggiornamenti a «La “scoperta” otto- 1482 ottobre 29 (Fondo Sironi). centesca dei Boxilio e qualche proposta di rinnovata 271 ASMi, Notarile, b. 1011, notaio Pietro Brenna, lettura», in Ricerche sulla pittura del Quattrocento

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in Piemonte. Strumenti per la didattica e la ricerca, Corinna Gallori, Il monogramma dei nomi di Gesù a cura di Giovanni Romano, Torino 1985, pp. 103- e Maria. Storia di un’iconografia tra scrittura e im- 127, a pp. 124-127; Carla Enrica Spantigati, Mae- magine, Asola 2011. A utilizzare il simbolo, ma stro Antonio pittore a Frugarolo: pittura senza farne oggetto di culto, erano anche i gesuati nell’alessandrino fra Quattro e Cinquecento, in An- di San Girolamo istallati a Milano fuori porta Ver- tichità ed arte nell’Alessandrino, in «Bollettino cellina (Isabella Gagliardi, I Pauperes Yesuati tra della Società Piemontese di Archeologia e Belle esperienze religiose e conflitti istituzionali, Roma Arti», 43 (1989), pp. 281-295. 2004, pp. 199-231; per il cenobio milanese Rossetti, 276 Giovanni Romano, Pittori in bottega: Gauden- Uno spagnolo tra i francesi e la devozione gesuata zio Ferrari tra avanguardia e tradizione, in Fermo cit.). Per l’esperienza dell’osservanza in generale: Stella e Sperindio Cagnoli seguaci di Gaudenzio Kaspar Elm, Riforme e osservanze nel secolo XIV e Ferrari. Una bottega d’arte nel Cinquecento pa- XV. Una sinossi, in Ordini religiosi e società politica dano, catalogo della mostra (Bergamo, 29 settem- in Italia e Germania nei secoli XIV e XV, a cura di bre - 17 dicembre 2006), a cura di Giovanni Giorgio Chittolini e Kaspar Elm, Bologna 2001, pp. Romano, Cinisello Balsamo (Milano) 2006, pp. 11- 489-504; nella declinazione minoritica si rimanda 21, alle pp. 14-15; Giovanni Romano, Modelli di ai contributi sul tema in Giovanni Grado Merlo, bottega: Gaudenzio Ferrari tra avanguardia e tradi- Tra eremo e città. Studi su Francesco d’Assisi e sul zione, in Pratiche del disegno in Piemonte, Liguria francescanesimo medievale, Assisi 2007; e al recente e Provenza (secoli XV e XVI), a cura di Chiara volume (con relativa bibliografia nei vari contributi) Masi, Silvia Piretta, Giovanni Romano, Torino Fratres de familia. Gli insediamenti dell’osservanza 2008, pp. 79-108, alle pp. 84-85. minoritica nella penisola italiana (sec. XIV-XV), a 277 Giovanni Romano ha in merito fatto riferi- cura di Letizia Pellegrini e Gian Maria Varanini, mento a una «luminosità mediterranea» che apre «Quaderni di Storia Religiosa», 18 (2011). Ri- la strada a percorsi liguri non inusuali per un pit- guardo alla commissione dell’ordine in Italia set- tore lombardo (Giovanni Romano, Premessa, a tentrionale, specie nel contesto delle scelte Elena Rossetti Brezzi, Percorsi figurativi in terra iconografiche, si rimanda alle considerazioni di cuneese, Alessandria 1985, p. X; Spantigati, Mae- Alessandro Nova, Tramezzi in Lombardia tra XV e stro Antonio pittore a Frugarolo cit. p. 291). XVI secolo: scene della Passione e devozione france- 278 Marubbi, La pittura a Lodi cit., pp. 71-72. scana, in Il Francescanesimo in Lombardia. Storia e 279 Oltre a comparire insieme con il Suardi nel arte, Cinisello Balsamo (Milano) 1983, pp. 197-214; libro paga di San Satiro, il Raimondi fu cognato di Alessandro Nova, Konservative Theorie und inno- Princivalle Negri, un miniatore attivo per la Cer- vative Praxis bei den Franziskaners-Observanten als tosa di Pavia e affittuario di una delle abitazioni Auftraggeber der bildenden Künste, in «Zeit- di Bramantino (Rossetti, «Chi bramasse di veder il sprünge», 1 (1997), pp. 7-21; Federico Cavalieri, volto suo ritratto dal vivo» cit., pp. 127-165; Ro- Note per la decorazione delle chiese Francescane Os- berto Cara, Regesto dei documenti, in Bramantino servanti della Provincia milanese, in Rinascimento a Milano, catalogo della mostra, a cura di Gio- ritrovato. La chiesa e il convento di Santa Maria An- vanni Agosti, Jacopo Stoppa, Marco Tanzi, Milano nunziata ad Abbiategrasso, a cura di Pier Luigi De 2012, pp. 299-340, a p. 299, doc. 2). Vecchi e Giulio Bora, Milano 2007, pp. 131-141. 280 Riegel, Santa Maria presso San Celso in Mailand 283 Buratti Mazzotta, S. Agnese e S. Fede cit., pp. 82- cit., pp. 76-78, 80, 82, 88, 186, 359-362, 364-367, 87; i documenti in Appendice documentaria, a cura di 369, 375 Scharf, in La Basilica di S. Agnese cit., pp. 227-233. 281 Si veda supra nota 146. 284 Antonio Noto, Gli amici dei poveri di Milano: 282 Sull’iconografia e il culto del monogramma (IHS) 1305-1964, Milano 1966, pp. 71-72. Vincenzo Pacelli, Il monogramma bernardiniano tra 285 Zelia Grosselli, Documenti quattrocenteschi per segno e immagine, in La Croce. Iconografia e inter- la chiesa e il convento di S. Angelo di Milano, in pretazione (secoli I - inizio XVI), atti del convegno «Arte Lombarda», 64 (1983), pp. 104-108, a p. (Napoli, 6-11 dicembre 1999), a cura di Boris Ulia- 106, doc. 1. nich, 3 voll., Roma 2007, vol. III, pp. 407-435; Tania 286 Patetta, L’architettura del Quattrocento cit., pp.

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62-66. Una descrizione del cenobio edita nel 1520 non ancora risolte nel Cinquecento avanzato, in era stata ripresa da Luca Beltrami, Notizie scono- Buratti Mazzotta, S. Agnese e S. Fede cit., pp. 79- sciute sulle città di Pavia e Milano al principio del se- 115, alle pp. 108-112. Si deve anche tenere conto colo XVI, in «Archivio Storico Lombardo», 17 delle frequentazioni di Lazzaro Palazzi e del suo (1890), pp. 409-424, alle pp. 422-423; si veda anche vicino il miniatore Princivalle Negri; quest’ultimo per il complesso Laura Andreozzi, Davide Mirabile, era miniatore per la Certosa (dove è noto l’inter- Nuovi spunti di indagine su Sant’Angelo Vecchio a vento del suocero del Palazzi), il cognato di Anto- Milano, in «Solchi», 7 (2003), pp. 82-85; Rossetti, nio Raimondi (del quale si è trattato in Una questione di famiglie cit., pp. 197-214. precedenza) e affittuario del Bramantino. Princi- 287 Noto, Gli amici dei poveri di Milano cit., p. 20. valle compare anche come testimone al docu- 288 Una descrizione in Giuseppe Bernardino Bu- mento di dotazione di Prudenza Palazzi, figlia di rocco, Chronologia Seraphica. Principio e felici pro- Lazzaro, sposata con la dote di 1000 lire (una cifra gressi de’ frati minori osservanti della Provincia considerevole per questa classe sociale) con Mel- Milanese, 1716 (2 tomi), Biblioteca Francescana di chiorre Agradi (ASMi, Notarile, b. 1758, notaio Sant’Angelo, ms. T-XIII-014/015, tomo I, cc. 4-5. Leonardo Sudati, 1493 maggio 11). 289 Regestum Observantie Cismontanae (1464-1488), 296 Giovanni Antonio Amadeo. I documenti cit., p. in «Analecta Franciscana», 12, Roma 1988, pp. 277- 283, docc. 585, 586; ASMi, Notarile, b. 3594, no- 278 (doc. s.d., ma sicuramente post 1472 e ante taio Giovanni Andrea Besozzi, 24 dicembre 1500. 1484); Merlo, Tra eremo e città cit., pp. 372-373. 297 ASMi, Notarile, b. 5355, notaio Agostino Con- 290 Il documento è trascritto in Laura Andreozzi, falonieri, 1503 giugno 19. Negli stessi anni l’inge- Vincenzo Foppa in Sant’Angelo Vecchio a Milano, gnere prestava la propria opera ai fratelli Carcano in «Prospettiva», (2007), n. 125, pp. 35-37. Il (amici dei Visconti e tutti sepolti in Sant’Angelo punto della situazione per l’attribuzione al Foppa come si annota di seguito) per la divisione dei beni del modello normativo per i tramezzi della provin- di Limbiate, Lomazzo e Niguarda contestati dai cia milanese in Buganza, Qualche considerazione francesi per la quota di Girolamo Carcano confi- cit., p. 97, nota 92. La commissione dell’opera è scato come ribelle (ivi, b. 2976, notaio Francesco stata messa in relazione con l’epigrafe di Tristano Pagani, 1502 agosto 27). Sforza e Beatrice d’Este apposta in Sant’Angelo nel 298 I frati dovevano disporre di almeno una ven- 1481 a soluzione di un voto (Andreozzi, Mirabile, tina di pertiche originarie se nel 1452 ne cedevano Nuovi spunti di indagine su Sant’Angelo cit., p. 83). temporaneamente 16 (Grosselli, Documenti quat- Altri dati sembrano fare gioco a questa ipotesi, trocenteschi cit., p. 106, doc. 4), mentre tra il 1485 Rossetti, Una questione di famiglie cit., pp. 155- e il 1492 erano donate dal Garbagnati e dal Vi- 156, nota 149; Rossetti, Cairati, «Memorie» dallo smara 37 pertiche (ASMi, Notarile, b. 1859, no- studiolo di Eleonora da Correggio Rusca a Milano taio Antonio Zunico, 1485 ottobre 1; ivi, b. 1878, cit., pp. 114-133, alle pp. 120-123. 1492 dicembre 18). 291 Rossetti, Una questione di famiglie cit., pp. 124- 299 In una supplica del 1458 si faceva riferimento 125. ad entrambe le chiese di Santa Maria degli Angeli 292 Riegel, Santa Maria presso San Celso in Mailand e Sant’Angiolino («Beatissime pater» cit., doc. 130, cit., p. 359. pp. 52-53). Attesta la presenza di Sant’Angiolino 293 Rossetti, Una questione di famiglie cit., p. 130. come edificio separato ancora un documento del 294 Sul Palazzi attivo dal 1467 al 1507 si veda Fran- 1475 con il quale si locavano ai terziari degli spazi cesco Repishti, Palazzi, Lazzaro, in Ingegneri du- accanto alle scale della foresteria e «prope hostium cali e camerali nel ducato e nello stato di Milano per quid itur ad ecclesiam Sancti Angelini» (1450-1706). Dizionario biobibliografico, a cura di (ASMi, Notarile, b. 2866, notaio Luchino Appiani, Paolo Bossi, Santino Langè, Francesco Repishti, 1475 febbraio 5). Nella chiesetta disponeva inoltre Firenze 2007, p. 100. la propria sepoltura Erasmo Trivulzio (Grosselli, 295 ASMi, Notarile, b. 1229, notaio Lancellotto Su- Documenti quattrocenteschi cit., p. 108, doc. 14). dati, 1484 giugno 8. Le problematiche relative alla La chiesa della Concezione era menzionata invece costruzione della canonica di Somma Lombardo, nel testamento del notaio Niccolò Biglia ancora

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dopo il saccheggio del 1527 (ASMi, Notarile, b. nel legato (Archivio Visconti d’Aragona, Eredità 5247, notaio Sigismondo Ceresa, 1529 giugno 16). Visconti, Testamenti, b. 12, fasc. 1, 1334 settem- 300 Beltrami, Notizie sconosciute cit., p. 422. bre 25, notaio Lancellotto Negroni). 301 Prato, Storia di Milano cit., pp. 217-418, a p. 305 ASMi, Notarile, b. 1069, notaio Agostino Ter- 353. zaghi, 1461 settembre 16. 302 ASOM, Archivio Litta, b. 9, doc. 67, 1516 ot- 306 Sul monumento funebre di Franchino si veda tobre 16; sul rapporto tra i Pallavicini e l’osser- ora Carla Travi, in Il Museo d’Arte Antica del Ca- vanza francescana si veda un breve sunto in stello Sforzesco. La scultura lapidea cit., pp. 376-381. Rossetti, Una questione di famiglie cit. pp. 145- 307 ASMi, Notarile, b. 1069, notaio Agostino Ter- 146, nota 64. zaghi, 1465 agosto 19. Il cenobio è l’unico ad es- 303 Questa chiesa dei francescani osservanti, poi sere dotato di un’articolata relazione propria: passata ai frati riformati, fu costruita nel 1452 su un Giuseppe Bernardino Burocco, Descrittione del giardino ducale sito nel luogo delle antiche case dei convento di Santa Maria delle Grazie dei minori os- Torriani per volere di Gian Rodolfo Vismara. L’edi- servanti fabricato fuori delle mura di Monza, Bi- ficio fu principiato dall’ingegnere Ambrogio da Or- blioteca Ambrosiana (Milano), ms. I 129 sup.; senigo attivo anche alla Fabbrica del Duomo come Cesare Aguilhon, Chiesa di Santa Maria delle Gra- una «cassina», cioè uno spazio per le prediche ur- zie dei Minori Osservanti in Monza e suoi monu- bane senza pareti e coperto da un tetto ligneo a ca- menti, Biblioteca Ambrosiana (Milano), Fondo panna sorretto da grandi arconi a sesto acuto in Achille Varisco, ms. N. I. 9 (79) inf. (post 1870- mattoni. È difficile capire quando furono costruite ante 1878); Anacleto Mosconi, I francescani e la le pareti laterali e quando iniziò la vera e propria Madonna delle Grazie a Monza, Brescia 1972; Giu- trasformazione in chiesa, verosimilmente non prima seppe Maurizio Campini, Chiese di Monza, del suo della fine del XV secolo. Nel 1527, con il trasferi- territorio e della sua Corte (1773), a cura di Ro- mento dei frati dalla suburbana Sant’Angelo al berto Cara, Milano 2011, pp. 59-64, 242-254; si Giardino accanto all’enorme tettoia ormai trasfor- veda anche per un’interessante figura della Ver- mata in chiesa fu eretto un conventino (Antonio gine qui realizzata su mecenatismo ducale Fede- Noto, Origine del luogo pio della Carità nella crisi rico Cavalieri, in Ambrogio da Fossano detto il sociale della Milano quattrocentesca, Milano 1962, Bergognone. Un pittore per la Certosa, catalogo pp. 21-26; Laura Andreozzi, I rilievi del Duomo di della mostra (Pavia, 4 aprile - 30 giugno 1998), a Vigevano provenienti da Santa Maria del Giardino a cura di Gianni Carlo Sciolla, Milano 1998, pp. 94- Milano, in «Viglevanum», 16 (2006), pp. 58-71). 99. A quanto risulta il convento di Laveno non fu 304 Per la questione si vedano Merlo, Tra eremo e mai costruito e si optò forse per l’edificazione di città cit., pp. 345-346; Cadili, Giovanni Visconti ar- un centro al di là del Verbano a Pallanza. Su San civescovo cit., pp. 81-83; Cadili, I frati Minori e i Bernardino a Pallanza si veda infra nota 359. Visconti cit., pp. 73-98. Oltre al caso più celebre 308 In almeno due dei suoi testamenti era specifi- della cappella maggiore con la tomba di Beatrice cato che il luogo di sepoltura si trovava presso d’Este madre di Azzone (per la quale si rimanda a quello di Lucia Visconti; Elisabetta disponeva un Buganza, I Visconti e l’aristocrazia milanese cit.), legato anche per il frate minore osservante Andrea Margherita Visconti, moglie di Francesco Pu- Visconti verosimilmente un congiunto (ASMi, No- sterla, aveva fondato una cappella dedicata al- tarile, b. 937, notaio Lazzaro Cairati, 1496 ottobre l’Annunciazione in San Francesco Grande nel 4; ivi, 1497 febbraio 23; ivi, b. 3057, notaio Pietro 1337 (Cadili, I frati Minori e i Visconti cit., p. 87), Lepori, 1501 giugno 29; Archivio Luoghi Pii Ele- forse seguendo le indicazioni del fratello Ottorino mosinieri d’ora in poi ALPE, Mastri, Luogo pio Visconti di Uberto che lasciando erede per metà della Carità, 47, a. 1519, c. 142; Noto, Gli amici Giovanni Visconti, allora vescovo di Novara, e per dei poveri di Milano cit., p. 217). metà la sorella Margherita disponeva per l’ere- 309 Emilio Motta, Gian Giacomo Trivulzio in Terra zione di una cappella con monumento in San- Santa, in «Archivio Storico Lombardo», 13 t’Eustorgio, ma temendo il rifiuto dei domenicani (1886), pp. 865-878, a p. 867. sostituiva i francescani di San Francesco Grande 310 Sulla famiglia del Visconti si veda Gian Dome-

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nico Oltrona Visconti, Ricerche su Gentile Visconti 317 Il giurista Carlo Visconti, figlio di Roberto, di Orago e la sua discendenza (sec. XV), in «Archi- sposo di Veronica Casati, spesso procuratore e ar- vio Storico Lombardo», 102 (1976), pp. 118-127. bitro nelle cause di Battista Visconti, di Galeazzo 311 ASMi, Notarile, b. 2663, notaio Giovanni Am- Visconti conte di Busto e di Ludovico Visconti brogio della Croce, 1475 febbraio 22; ivi, b. 976, Borromeo (nominati come propri esecutori con i notaio Giacomo Bonderi, 1475 ottobre 9; ivi, 1475 cognati Niccolò e Bernardino Casati), elesse la ottobre 30. I legati di Antonio Pietro furono man- propria sepoltura in Sant’Angelo per sé e per i dati in esecuzione a partire dal 1487 dai procura- propri discendenti (ASMi, Notarile, b. 4426, no- tori dei frati di Sant’Angelo in accordo con taio Martino Pagani, 1509 ottobre 17). Melchiorre Francesco Bernardino Visconti (ASMi, Notarile, Visconti di Castelletto fece un consistente lascito b. 933, notaio Lazzaro Cairati, 1487 gennaio 4; ivi, a Santa Maria delle Grazie di Varallo (Mirabile, b. 2921, notaio Bartolomeo Pagani, 1498 agosto Un nuovo documento per Santa Maria delle Grazie 13; anche ASMi, Fondo di Religione, b. 964, 1488 cit., pp. 365-379); e Giovanni Pietro Visconti di settembre 20). Considerato il legame di questo Vi- Besnate, figlio di Giacomo, richiese di essere se- sconti con Casorate si dovrà forse ripartire dalla polto all’Annunciata di Varese o a Sant’Angelo a sua personalità, così vicina ai francescani, per spie- Milano, oppure nella chiesa dei minori osservanti gare la presenza del trittico dall’iconografia im- più vicina al luogo della sua morte (ASMi, Nota- macolistica nella parrocchiale del paese? Per rile, b. 1393, notaio Galvagno Piantanida, 1497 quest’opera Bertoni, Galdino de’ Campanigo cit., gennaio 19). p. 111-148. 318 ASMi, Notarile, b. 927, notaio Lazzaro Cairati, 312 ASMi, Feudi camerali, b. 115, 1504 novembre 7 ottobre 1476; per le assegnazioni a Santa Chiara, 19. ivi, b. 2976, notaio Francesco Pagani, 1503 gen- 313 AMSi, Notarile, b. 2515, notaio Boniforte Gira, naio 4. Stando a Lodovico Melzi (che riporta le la- 1486 luglio 24; Emilio Motta, Chi furono gli scul- pidi funerarie), Guido e la consorte Leta Manfredi tori del monumento Torelli in S. Eustorgio a Mi- erano sepolti nella cappella maggiore di una chiesa lano?, in «Archivio Storico Lombardo», 49 dedicata a san Francesco, forse la grande chiesa (1908), pp. 146-150, p. 146, nota 1. milanese o addirittura il tempio genovese dei fran- 314 Giovanni Maria Visconti di Lancillotto, fratello cescani dove era governatore (Melzi, Somma Lom- di Alberto, e Antonia Rusca erano invece sepolti bardo cit., p. 174). nella cappella di San Pietro Martire alle Grazie 319 Si veda supra note 294, 295. (Silvana Aldeni, Il «Libellus Sepulchrorum» e il 320 Nello stesso documento dimostrava di avere piano progettuale di S. Maria delle Grazie, in «Arte già attuato parte del testamento paterno per la Lombarda» 67 (1983/1984), pp. 70-92, a p. 78). cappellania di Santa Chiara, ne istituiva una al 315 Si trattava probabilmente della cappella di San Gesù di porta Nuova (altro cenobio di clarisse di- Giacomo, luogo dove Alberto fu forse inumato e pendenti da Sant’Angelo per il quale si veda supra dove disponevano sepoltura Fioramonte Aicardi nota 269) e faceva consistenti lasciti anche a San- Visconti (con lascito di 200 ducati) e Cesare loro t’Orsola (l’atro monastero di clarisse milanesi), ma figlio (Archivio Visconti d’Aragona, Eredità Vi- ovviamente anche a Sant’Agnese a Somma Lom- sconti, Testamenti, b. 12, fasc. 10, 1507 gennaio bardo (con le disposizioni per la canonica da co- 31, notaio novarese Gregorio Ravizzoni; ivi, fasc. struirsi su disegno di Lazzaro Palazzi) e alla 11, 1507 giugno 1, notaio milanese Giovanni Ste- parrocchiale milanese di San Tommaso in Terra- fano Zerbi). Presso questa cappella il Fornari ri- mara (ASMi, Notarile, b. 1229, notaio Lancellotto cordava infatti «seguita l’arma Visconti, cioè il Sudati, 1484 giugno 8). serpe con un fanciullo in bocca così scolpito e ani- 321 Comparivano ancora i legati alle clarisse e alla mato in marmo, cioè Alb. Vic.» (Fornari, Cronica parrocchiale di San Tommaso, ma si definiva in del Carmine di Milano cit., p. 195). modo interessante la distribuzione dei patronati 316 Archivio Visconti d’Aragona, Eredità Visconti, tra i figli: al primogenito quello di Sant’Agnese di Testamenti, b. 12, fasc. 7, 1493 novembre 11, no- Somma, al secondogenito quello di Santo Stefano taio Cristoforo Bossi. a Mezzana, al terzogenito quello dei cenobi mila-

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nesi di Santa Chiara, del Gesù e di Santa Apolli- Covini, «La balanza drita». Pratiche di governo, nare (ASMi, Notarile, b. 2970, notaio Francesco leggi e ordinamenti nel ducato sforzesco, Milano Pagani, 1486 aprile 28). 2007, p. 200, nota 166). Sia Battista che Ambrogio 322 ASMi, Notarile, b. 2975, notaio Francesco Pa- beneficiarono insieme ad altri aristocratici delle gani, 1497 novembre 23. donazioni del Moro dell’ultima ora (Bernardino 323 ASMi, Notarile, b. 2979, notaio Francesco Pa- Corio, Storia di Milano, a cura di Anna Morisi gani, 1510 febbraio 14; Archivio Visconti di San Guerra, 2 voll., Torino 1978, vol. 2, p. 1623). Per Vito, cassetta 114, 1514 marzo 10. Girolamo Carcano si rimanda a Franca Petrucci, 324 ASMi, Notarile, b. 2924, notaio Bartolomeo Pa- Carcano, Gerolamo, in Dizionario Biografico degli gani, 1508 novembre 28. Per Francesco da San Co- Italiani, Roma 1976, vol. 19, ad vocem; e Meschini, lombano si rimanda a Abele Calufetti, I Vicari La Francia nel ducato cit., vol. I, p. 90, nota 160. provinciali dei Frati Minori della Regolare Osser- Una nota su Gaspare Visconti (di Jerago e non di vanza di Milano dal 1428 al 1517, in «Archivium Fontaneto) in ivi, p. 89, nota 100. Franciscanum Historicum», 72 (1979), pp. 3-36, 327 Battista Visconti e Ambrogio del Maino com- alle pp. 30-31; sulla vicenda e per gli altri testamenti parivano nell’elenco del 1 settembre 1499 (Corio, di Ambrogio del Maino Rossetti, Una questione di Storia di Milano cit., vol. 2, pp. 1622-1623), men- famiglie cit., pp. 101-103, 108-111, 115-117. Sulla tre Girolamo Carcano entrava in gioco nel gruppo famiglia del Maino, che meriterebbe uno studio ag- di governo il 2 settembre (I registri delle lettere du- giornato, si rimanda a Ferdinando Gabotto, Gia- cali del periodo sforzesco, a cura di Caterina San- son del Maino e gli scandali universitari nel toro, Milano 1961, p. 294, nota 90). Per la Quattrocento, Torino 1888; utilissimo Emilio Motta, formazione di questa sorta di magistratura prov- Una barzelletta di Ercole del Mayno contro i vene- visoria si veda Meschini, La Francia nel ducato cit., ziani ed i bagni a Bormio (1483-1493), in «Archivio vol. I, p. 66, nota 51). Ambrogio figurava anche Storico Lombardo», 22 (1894), pp. 166-183; una tra coloro che avevano mandato per la convoca- nota anche in Covini, Tra patronage e ruolo politico zione delle riunioni parrocchiali cfr. Letizia Ar- cit., pp. 258-259, nota 35. Una piccola biografia di cangeli, Esperimenti di governo: politica fiscale e Ambrogio in Meschini, La Francia nel ducato cit., consenso a Milano nell’età di Luigi XII, in Milano vol. I, p. 65, nota 46. e Luigi XII. Ricerche sul primo dominio francese in 325 Gaspare Visconti era morto nel luglio del 1506 Lombardia (1499-1512), a cura di Letizia Arcan- quando Battista interveniva a tutelare la dote della geli, Milano 2002, p. 282. Gaspare Visconti, forse figlia orfana dell’amico fatta sposare a Girolamo a Bari nel 1499, era annoverato tra coloro che al Raverti (ASMi, Pergamene, b. 500, 1506 luglio 10). rientro del Moro furono incaricati di recuperare il 326 Questi aristocratici erano stati ampiamente im- denaro necessario per il pagamento dei mercenari piegati con l’insediamento diretto del Moro al go- (Cronica milanese dall’anno 1476 al 1515 di mae- verno del ducato. Battista era consigliere ducale stri Ambrogio da Paullo, a cura di Antonio Ceruti, dal 1489, Ambrogio del Maino fu nominato verso in «Miscellanea di Storia Italiana», 13 (1874), pp. il 1493, Gaspare Visconti nel 1495, mentre Giro- 93-378, alle pp. 362-369). lamo Carcano divenne consigliere solo nel feb- 328 Francesco Visconti restò a Novara prigioniero braio-marzo 1500 (Santoro, Gli uffici del dominio dei francesi fino ai primi mesi del 1501 (ASMi, No- sforzesco cit., pp. 22, 23, 26). Battista fu commis- tarile, b. 2976, notaio Francesco Pagani, 1501 feb- sario a Pavia (1491) e a Cremona (1495); Ambro- braio 8; ivi, b. 2922, notaio Bartolomeo Pagani, gio fu commissario a Piacenza (1495-1497), poi 1501 marzo 27). sostituito dal cugino Girolamo Carcano (ivi, p. 329 I documenti di aderenza in ASMi, Notarile, b. 319, 408, 488); mentre Gaspare fu nominato vice- 2921, notaio Bartolomeo Pagani, 1499 settembre duca di Bari verso il 1497 (ASMi, Notarile, b. 6. Era stato Giacomo Secco d’Aragona (suocero 2920, notaio Bartolomeo Pagani, 1497 dicembre di Girolamo Carcano) a intervenire presso il go- 22). Nel 1499 il Moro scelse Battista per comuni- verno della Serenissima per ottenere il lasciapas- care l’erezione in principato della città di Pavia sare (Sanudo, Diari cit., vol. 3, col. 282). (ASMi, Sforzesco, b. 1636, 1499 luglio 14; Nadia 330 Sanudo riporta con esattezza anche le età dei

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quattro (Sanudo, Diari cit., vol. 3, col. 248). 22, a p. 14, nota 50. 331 Sanudo, Diari cit., vol. 3, col. 294. 337 La cappella era stata costruita su disposizione 332 ASMi, Notarile, b. 2922, notaio Bartolomeo di Lancellotto e Andriotto del Maino (nonno di Pagani, 1501 marzo 8; Meschini, La Francia nel Girolamo Carcano e padre di Ambrogio del ducato cit., vol. I, pp. 148-149, 157, 160-161, 163. Maino), come risulta dai testamenti di Rossana del 333 Arcangeli, Alle origini del Consiglio dei sessanta Maino (zia di Girolamo), ASMi, Notarile, b. 1227, decurioni cit., pp. 40-46; Caterina Santoro, I con- notaio Lancellotto Sudati, 1480 ottobre 10; ivi, b. servatori dello stato di Milano, in Scritti storici e 1738, notaio Maffeo Suganappi, 13 giugno 1494. giuridici in memoria di Alessandro Visconti, Milano Era stata definita «locho molto onorevole» da 1955 pp. 360-366, alle pp. 361, 363. frate Bernardino Caimi (Emilio Motta, Il beato 334 ASMi, Sforzesco, b. 475, 1514 aprile 17. Bernardino Caimi fondatore del Sacro Monte di Va- 335 ASMi, Notarile, b. 3771, notaio Giovanni Pie- rallo, Milano 1891, p. 376). Nel 1511, considerata tro Carcano, 1525 settembre 10. Per questo ceno- la posizione di assoluta visibilità del sacello nel- bio si veda Elisabetta Canobbio, Dalla città al l’aula della chiesa il luogo era usato per una messa villaggio: aspetti dell’insediamento dei Minori os- solenne di consacrazione celebrata da Cristoforo servanti nella diocesi di Como (secolo XV - inizio Latuada (un altro interessante committente di Bra- secolo XVI), in Fratres de familia. Gli insediamenti mantino sepolto poi in Sant’Angelo nella cappella dell’Osservanza minoritica nella penisola italiana maggiore), vescovo di Glandèves (ASMi, Notarile, (sec. XIV-XV), a cura di Letizia Pellegrini e Gian b. 5050, notaio Giovanni Rodolfo Verani, 1511 Maria Varanini, Verona 2011, («Quaderni di sto- aprile 20). ria religiosa», n. 18), pp. 75-99, alle pp. 87-89. 338 ASMi, Notarile, b. 10761, notaio Giacomo An- 336 Gaudenzio Ferrari stimava i lavori dei fratelli tonio Carcano, 1541 gennaio 9. Pessina (Giuseppe Colombo, Vita ed opere di Gau- 339 Giovanni Antonio Amadeo. I documenti cit., denzio Ferrari pittore, con documenti inediti, Roma doc. 1205, pp. 442-443. 1881, pp. 193-194, doc. XXI a pp. 340-341). I Pes- 340 La ricostruzione dell’edificio sacro – di esclu- sina furono, durante il quinto decennio del XVI, sivo patronato di questo ramo della famiglia (Vi- impiegati a decorare gli archi trionfali asburgici sconti di San Vito) – era principiata nel 1458 (in (Silvio Leydi, Sub umbra imperialis aquilae. Im- contemporanea con i rifacimenti di Sant’Agnese), magini del potere e consenso politico nella Milano ma la chiesa era consacrata solo il 4 marzo del di Carlo V, Firenze 1999, p.151, nota 34). Invece, 1499 (Melzi, Somma Lombardo cit., p. 95; ASMi, dopo aver realizzato il tramezzo di Varallo, Gau- Notarile, b. 4536, notaio Lorenzo Daverio, 1499 denzio Ferrari al lavoro in Sant’Angelo per la cap- marzo 4). pella di Giacomo Gallarati (cognato di Girolamo 341 Marani, in Pittura tra Ticino e Olona cit., p. Carcano) realizzava il Martirio di santa Caterina 245; Shell, Pittori in bottega cit., pp. 267-268, doc. d’Alessandria ora a Brera dimostrando di essersi 112; Janice Shell, Marco d’Oggiono, in I leonarde- pienamente legato all’ambiente aristocratico che schi. L’eredità di Leonardo in Lombardia, a cura di ruotava attorno ai minori osservanti. Nel con- Giulio Bora, Milano 1998, pp. 163-178; Agosti, tempo aveva dipinto in Santa Chiara (dove erano Scrittori che parlano di artisti cit., p. 47; Paola Cor- monacate due sorelle di Girolamo Carcano) il trit- dera, in Museo Diocesano, a cura di Paolo Biscot- tico per l’altare maggiore con la Madonna in trono tini, Milano 2011, pp. 140-142. Sulle altre col Bambino, santa Chiara e sant’Antonio. Il con- donazioni di Battista a Santo Stefano di Mezzana testo di queste commissioni in: Filippo Maria risalenti allo stesso 1512: ASMi, Piccoli acquisti e Ferro, Un’ancona milanese di Gaudenzio, in «Pa- doni, b. 18, doc. 20, 1512 febbraio 20; Lucioni, ragone», 36 (1985), fasc. 419-423, pp. 157-163; Somma e la sua pieve cit., a p. 56. Rossana Sacchi, Gaudenzio Ferrari a Milano: i 342 Per il palazzo del Banco si veda supra nota 224. committenti, la bottega, le opere, in «Storia del- 343 Si rimanda per tutte queste notizie e conside- l’arte», 67 (1989), pp. 201-218; alcune note anche razioni a Rossetti, La città cancellata cit. Non sem- in Edoardo Rossetti, Il volto di Lucia. Un ritratto bra confermabile l’ipotesi di provenienza della ritrovato, in «Storia in Martesana», 4 (2010), pp. 2- Solideo di Bramantino dal palazzo Carmagnola-

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dal Verme (Marco Tanzi, in Bramantino a Milano, 1048) e Giovanni Romano (Rinascimento in Lom- catalogo della mostra, a cura di Giovanni Agosti, bardia. Foppa, Zenale, Leonardo, Bramantino, Mi- Jacopo Stoppa, Marco Tanzi, Milano 2012, pp. lano 2011, pp. 206-232). Per la particolare 262-271); la committenza di questo affresco pro- iconografia del Noli me tangere bramantiniano si veniente dall’«Archivio Notarile» va cercata in rinvia a Corinna Gallori, Il Noli me tangere di Bra- altra direzione, forse, nelle pieghe della commit- mantino e il culto della Maddalena. Itinerari fran- tenza del ricamatore Niccolò da Gerenzano che cesizzanti nell’Italia del primo Cinquecento, in Le aveva più volte espresso il desiderio di avere sopra duché de Milan et les commanditaires français la porta della propria casa l’effigie di una Vergine (1499-1521), a cura di Frédéric Elsig e Mauro Na- «depicta manibus unius boni depictoris de azuro tale, in corso di stampa. marino et auro fino». 348 Rossetti, Uno spagnolo tra i francesi e la devo- 344 Per le due opere si veda ora la scheda di Marco zione gesuata cit.; per la vicenda critica della Cro- Tanzi, in Bramantino a Milano cit., pp. 278-287. cifissione di Brera (ma con datazione 1503-1504 e Una copia della Pentecoste (Bosisio Parini, chiesa supposta provenienza dall’organo di Brera), ora di Sant’Anna) che sembrerebbe assimilabile alla Agosti, Stoppa, in Bramantino a Milano cit., pp. copia della Deposizione (già Travagliato, collezione 136-151. Serge Cadeo) pubblicata da Tanzi è stata presen- 349 Antonio Visconti di Guido, signore di Agna- tata in Villata, Tristezza della Resurrezione cit., p. dello e Somma Lombardo, conte di Lonate Poz- 89. Sarebbe interessante riuscire a percorre le vi- zolo (dal 1489), fu da Ludovico il Moro preposto cende di queste due copie per comprendere me- alla custodia della persona del duca Giovanni Ga- glio il contesto delle commissioni viscontee e la leazzo, divenne consigliere segreto nel 1494 e fu fortuna di Bramantino. nel 1495 e nel 1497 ambasciatore sforzesco alla 345 Il testamento di Battista Visconti di Ermes in corte di Ferrara (Santoro, Gli uffici del dominio ASMi, Clerici di Cavenago, b. 9, fasc. 1, 1597 sforzesco cit., p. 23; Lydia Cerioni, La diplomazia marzo 7. sforzesca nella seconda metà del Quattrocento e i 346 I documenti che riassumono le tappe di questi suoi cifrari segreti, 2 voll., Roma 1970, vol. II, p. impegni sono ora raccolti in Cara, Regesto dei do- 252). Antonio sposò nel 1491 Maddalena Trivul- cumenti cit., pp. 299-340. zio di Gian Fermo con 3000 ducati di dote; dal- 347 La cronologia presentata qui per il Noli me tan- l’unione nacquero molte figlie femmine (nove) e gere del Giardino (e di seguito per la Crocifissione due maschi Girolamo e Giovanni Battista (ASMi, di Brera) non collima pienamente con la data Notarile, b. 5469, notaio Giovanni Pietro Porri, (1498-1500) proposta di recente in relazione al- 1494 dicembre 16; Arcangeli, Gian Giacomo Tri- l’affresco staccato (Giovanni Agosti, Jacopo vulzio cit., p. 30, nota 89). Il Visconti sparì di fatto Stoppa, in Bramantino a Milano cit. pp. 124-131), dalla vita pubblica con l’arrivo dei francesi la- ma tiene conto del rapporto del dipinto con le sciando spazio all’attivismo politico del fratello Muse di Voghera e con il Trittico della Pinacoteca minore Galeazzo conte di Busto Arsizio; non Ambrosiana, saldatosi in occasione della stessa mancò comunque con lo stesso Galeazzo di venire mostra (ivi, pp. 164-179) a data 1505, nonché di in soccorso del cugino Battista intervenendo alcune ricerche in corso su Santa Maria del Giar- presso i francesi – forte dei propri rapporti di pa- dino dalle quali emerge l’impegno di Niccolò da rentela con Gian Giacomo Trivulzio – come ga- Gerenzano (particolarmente devoto alla Madda- rante per Battista e suo figlio Francesco (ASMi, lena), durante i primi anni del Cinquecento (1502- Notarile, b. 2976, notaio Francesco Pagani, 1501 1506), nel coordinare il completamento del febbraio 8). Durante gli ultimi vent’anni del Quat- complesso (per la chiesa supra nota 303). La cro- trocento, Antonio abitò in porta Vercellina, par- nologia che se ne dedurrebbe sarebbe più vicina a rocchia di San Giovanni sul Muro presso l’antico quanto ricostruito dalla «vistosa retromarcia» di gruppo di case viscontee e avendo come vicino di Mauro Natale (Capolavori da scoprire cit., pp. 130- casa il raffinato medico Ambrogio Griffi del quale 137), rispetto a quanto proposto da Alessandro sono noti i contatti con i pittori Stefano de Fedeli, Ballarin (Leonardo a Milano cit., vol. III, p. 1045- Troso da Monza, Bernardino Butinone e Bernardo

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Zenale. Con l’inizio della dominazione francese il Isabella e Beatrice d’Este per la commissione di Visconti si trasferì in porta Ticinese, parrocchia di alcuni pregiati strumenti musicali, creati e intar- Sant’Eufemia intus in un’antica proprietà di fami- siati da Lorenzo Gusnasco da Pavia (Alessandro glia prossima alle case degli agnati Trivulzio (Ros- Luzio, Rodolfo Renier, Delle relazioni di Isabella setti, La città cancellata cit.). Testando nel 1522 d’Este Gonzaga con Ludovico e Beatrice Sforza dispose sepoltura nel monastero milanese di San- (III), in «Archivio Storico Lombardo», 17 (1890), t’Ambrogino alla Costa (dove erano suore due sue pp. 618-674, alle pp. 636-637. Frequentando la figlie, mentre un’altra era monaca a San Lazzaro), corte ferrarese, insieme al suo vicino e sescalco prossimo alla propria abitazione e precocemente Giovanni Simone Resta, Antonio ebbe modo di scomparso. La sua fu una scelta anomala rispetto stringere contatti con il giovane Cesare Cesariano; a tutti i propri parenti che optarono per una se- interessante il fatto che un altro suo referente fosse poltura in Sant’Angelo. Alle sei figlie femmine non «magistro Francesco da Castello» che non sarebbe entrate in convento lasciava la non elevata somma scontato identificare o con il miniatore (figlio di di 10.000 lire imperiali in dote (ASMi, Notarile, b. Maurizio) attivo per Carlo Pallavicini e alla corte 7304, notaio Giovanni Repossi, 1522 febbraio 14; Ungherese, o con l’orafo (figlio di Lorenzo) pre- Giovanni Domenico Oltrona Visconti, Storia di sente come testimone nel 1480 al contratto di ap- Lonate Pozzolo. Dalle origini al Seicento, Varese prendistato di Bartolomeo Suardi come orafo 1969, pp. 195-196, doc. 12). A rimpinguare il non (Schofield, Gaspare Visconti cit., p. 311; Alessan- ricco patrimonio rimastogli dopo le divisioni con dro Rovetta, Tappe di avvicinamento: San Bene- i fratelli del 1484 – Antonio era estimato nel 1524 detto Po e Ferrara, in Alessandro Rovetta, Elio per soli 10.000 ducati di beni (ASMi, Censo p.a., b. Monducci, Corrado Caselli, Cesare Cesariano e il 1520) – Giovanni Battista suo figlio fu fatto spo- Rinascimento a Reggio Emilia, Cinisello Balsamo sare alla cugina Vitruvia, figlia di Ambrogio Vi- (Milano) 2008, pp. 31-45, alle pp. 31, 36 e nota 44; sconti di Battista e di Caterina Visconti erede di su Francesco da Castello miniatore almeno: Mario una parte dei beni paterni e materni; dalla coppia Marubbi, Miniatura tra Lombardia e Ungheria: ri- discesero i . flessioni su Bartolomeo Gossi, Francesco da Ca- Presso Somma Lombardo, non discosto dal Ti- stello e Giovanni Antonio Cattaneo, in «Arte cino, il Visconti fondò una cascina che in onore Lombarda», 139 (2003), pp. 86-97; Cristina Ro- della moglie chiamò Maddalena. Qui, nel 1497 mano, Francesco da Castello, in Dizionario Biogra- eresse una chiesa dedicata appunto a Santa Maria fico dei Miniatori italiani, a cura di Milvia Bollati, Maddalena con adiacente villa. Non mancano di Milano 2004, pp. 223-228; Jonathan J. Alexander, destare un certo interesse alcuni affreschi inediti Francesco da Castello in Lombardy and Hungary, conservati in quel che resta del complesso. La casa in and Hungary: Humanism and art in the di campagna del Visconti passata al figlio Giro- early Renaissance, Acta of an international confe- lamo divenne con l’estinzione di questo ramo della rence (Firenze, 6-8 giugno 2007), a cura di Péter casata di proprietà degli Oltrona Visconti e subì Farbaky e Louis A. Waldman, Firenze 2011, pp. un incendio nel 1761 cfr. Giovanni Domenico Ol- 267-291; Pier Luigi Mulas, I corali di San Sisto: Gli trona Visconti, Le divisioni tra Gerolamo e Giam- artisti, in I corali benedettini di San Sisto a Pia- battista Visconti di Somma, in «Rassegna cenza, catalogo della mostra (Piacenza, Musei Ci- Gallaratese di Storia e d’Arte», 18 (1959), pp. 10- vici di Palazzo Farnese, 5 novembre 2011 - 27 13; Giovanni Domenico Oltrona Visconti, I Vi- febbraio 2012), a cura di Milvia Bollati, Bologna sconti di Arsago (da documenti inediti), in 2011, pp. 45-66; sul Francesco da Castello orafo si «Rassegna Gallaratese di Storia e d’Arte», 25 veda Paola Venturelli, Smalto, oro e preziosi. Ore- (1966), pp. 107-115. ficeria e arti suntuarie nel Ducato di Milano tra Vi- Dal poco che fino ad ora si conosce sulla coppia sconti e Sforza, Venezia 2003, pp. 98, 100; Paola Visconti Trivulzio, si può ipotizzare che l’atmo- Venturelli, Milano/Ungheria. Orefici e oreficerie sfera cortese che si respirava a casa di Antonio e tra Francesco da Castello, Caradosso e Bianca Maria Maddalena era assai promettente: il Visconti si Sforza, in «Arte Lombarda», 139 (2003), pp. 110- trovò nel bel mezzo di una contesa tra le sorelle 117, a p. 110). Non è semplice capire se – certo le

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premesse ci sono tutte – questo signore di Somma Francesco I re di Francia, Veronica sposa di Fe- Lombardo sia da identificare con il committente derico Borromeo e nonna dell’arcivescovo Carlo. milanese del pittore veronese Giovanni Francesco Mantenutosi dalla parte degli imperiali dopo la ca- Caroto, stando a Vasari infatti il «signor Anton duta del giovane Sforza, il Visconti passò negli Maria Visconte, tiratoselo in casa, gli fece molte anni successivi da un partito all’altro con estremo opere per ornamento delle sue case, lavorare» opptunismo. Di lui l’oratore veneziano Giania- (Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori copo Caroldo scriveva senza mezzi termini: «è scultori e architetti, a cura di Rosanna Bettarini e molto vanaglorioso e con l’animo pieno di signo- Paola Barocchi, Firenze 1976, vol. IV, p. 569; sul ria, odioso a’ francesi, e, per aver fatto mutazione Caroto a Milano in rapporto con Isabella d’Este da l’imperator e da Franza, non ha quel credito si veda Agosti, Su Mantegna I cit., pp. 214, 253- l’aveva» (Relazione del ducato di Milano cit., vol. 254, note 87-89). II, pp. 3-29, a p. 19). Nel 1526, settantenne si ri- 350 Galeazzo Visconti figlio di Guido e di Eleonora sposò con la quindicenne francese Caterina May Roeri di Asti fu nominato consigliere segreto nel dalla quale ebbe l’agognata prole maschile: Fran- 1483, si sposò nel 1484 con Antonia Tolentino (fi- cesco (morto in giovane età) e Luigi. Dopo essere glia di Niccolò e di Lucia Castiglioni di Casciago, rientrato nelle grazie di Francesco II Sforza nel sorella del “barone” e poeta Giovanni), consi- 1530, il Visconti ritornò alla corte dei Valois dove gnore di Somma e Agnadello, ebbe il feudo di morì nella tarda primavera del 1531. Molte notizie Busto Arsizio eretto in contea dal 1488 e qualche sul Visconti in Pio Bondioli, Storia di Busto Arsi- anno dopo le signorie di Valle Lomellina e Castel- zio, 2 voll., Varese 1954, vol. II, pp. 75-163; Ar- novetto (1494), ricoprì con Ludovico il Moro le cangeli, Gentiluomini di Lombardia cit., pp. 64-65, cariche di commissario generale delle genti d’arme nota 195; Meschini, Luigi XII duca di Milano cit., e commissario generale sopra le cacce; incaricato pp. 414-422; Arcangeli, Alle origini del Consiglio di prestigiose ambasciate fu a Parigi nel 1492 con dei sessanta decurioni cit., pp. 42-43, 46; Arcan- il rivale Galeazzo Sanseverino e continuò a intrat- geli, Ragioni di stato e ragioni di famiglia cit.). tenere con la corte francese, i cantoni svizzeri e la Galeazzo era proprietario dell’antichissima casa corte mantovana particolari relazioni fin dalla fine sita in porta Romana, parrocchia di San Satiro, degli anni ottanta del XV secolo. A significare il nella contrada dei Visconti di fronte alla Dogana. suo prestigio all’interno della corte e della con- L’edificio, ampliato nel 1494, era introdotto da sorteria viscontea Galeazzo compariva nei carteggi una grande porta in marmo, dotato di un’elegante mantovani semplicemente come «messer Ve- corte con loggiati superiori e addobbato di raffi- sconte». Dopo le confische subite come filosfor- nati arazzi, vasi per agrumi scolpiti e gabbie indo- zesco, passò progressivamente dalla parte dei rate per volatili, fu demolito nel 1516 per il francesi e fu nominato senatore nel 1505 dopo la tradimento del Visconti passato dal partito fran- morte dell’agnato Francesco Bernardino Visconti. cese a quello imperiale. Dopo questa data il Vi- Sempre più favorito da Luigi XII ebbe in conces- sconti, quando abitava a Milano prese residenza sione l’amministrazione del traffico del sale, il ca- in porta Vercellina, Santa Maria Podone, forse in pitaneato del divieto e la commissaria sulle tasse qualche dipendenza del palazzo Borromeo abitato dell’intero ducato, dal 1510 fu feudatario di Pio- dalla figlia Veronica (Rossetti, La città cancellata pera nell’Alessandrino. Tale era il potere di Gale- cit.). Qualche mese dopo la vittoriosa impresa di azzo da fargli sperare nel 1512 di avere qualche Agnadello, la regina di Francia chiedeva a un Ga- possibilità nell’aspirare per sé al titolo ducale. leazzo Visconti che si identifica facilmente con il Mentre l’anno seguente minacciava il nuovo duca conte di Busto in quel momento filofrancese «un Massimiliano («gli ricorda che ha tanto parentato certo quadro de pictura che è ad Milano, che di casa sua, oltra che habia dui generi de grandis- molto lo desidera» cfr. Clifford M. Brown, «Una sima parentella che gli può giovare et nocere»). immagine di Nostra Donna» (Lorenzo Costa Holy Dal matrimonio con la Tolentino aveva avuto solo Family for Anne of Brittany), in Cultura figurativa tre figlie femmine: Isabella sposa di Giacomo Gal- ferrarese tra XV e XVI secolo. In memoria di Gia- larati, Chiara sposa di Pietro Pusterla e amante di como Bergellesi, Ferrara 1981, pp. 113-133; Ago-

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sti, Su Mantegna I cit., p. 137, nota 43. Nel 1564 renzo Maggiore a soggiorni nel castello dei fratelli morì a Lione senza eredi maschi il figlio Luigi del in Somma Lombardo. Nello stesso 1511 il Vi- quale resta una lapide marmorea nel museo di Le- sconti divenne fermiere insieme ad altri amici e gnano; considerato l’indirizzo parentale verso i mi- agnati milanesi (Arcangeli, Esperimenti di governo nori osservanti, magari proveniente dalla locale cit., p. 308, nota 187, e p. 310). Le operazioni fi- chiesa dell’ordine, Santa Maria degli Angeli (Bon- nanziare dovute alla ferma e un’oculata gestione dioli, Storia di Busto Arsizio cit., pp. 185-186). dei beni ereditati dovettero rendere al Comparino L’anno dopo tra i suoi preziosi oggetti si trovava che era estimato nel 1524 in San Lorenzo per la almeno un dipinto rappresentante una Cleopatra somma di 20.000 ducati, quasi il doppio rispetto al (Sacchi, Il disegno incompiuto cit., p. 191, nota 70). fratello Antonio (ASMi, Censo p.a., 1520). Non ri- Considerati i possibili rapporti di Antonio Vi- sultano dati relativi a un suo matrimonio e morì sconti, fratello di Galeazzo, con il Caroto – autore senza prole nel 1526 quando i due fratelli soprav- di una Sofonisba copia rivisitata dalla celebre serie vissuti (Antonio e Galeazzo) e i nipoti (Giovanni di eroine del Giampietrino (Didone, Lucrezia, So- Battista detto il Risoluto di Princivalle, e Alfonso fonisba, Cleopatra) ora disperse tra le collezioni e Cesare di Tebaldo) si spartirono i beni di Cislago Borromeo e Kress (Cristina Geddo, in Capolavori con la domus castellana, le stalle e i boschi, ma da scoprire. La collezione Borromeo, catalogo della anche i terreni di Mozzate, Carbonate e Busto Ar- mostra, a cura di Mauro Natale, Milano 2006, pp. sizio (ASMi, Notarile, b. 3958, notaio Francesco 200-207) – si aprono suggestioni ancora tutte da Besozzi, 1526 marzo 8). percorrere su possibili committenze del Visconti 357 Paolo Maria Sevesi, Il convento di S. Angelo di negli anni venti del Cinquecento. Legnano (S. Maria degli Angeli), in «Archivium 351 Non vi sono indicazioni in merito nei primi te- franciscanum historicum», 21 (1928), pp. 104-126; stamenti, ma risulta un lascito di ben 1000 ducati alcune note sugli affreschi e le opere d’arte in esso alla fabbrica di Santa Chiara (ASMi, Notarile, b. conservate anche in Rossetti, Una questione di fa- 2541, notaio Boniforte Gira, 1503 settembre 4; ivi, miglie cit., pp. 126-128. b. 2561, 1520 novembre 28). 358 ASMi, Notarile, b. 2384, notaio Filippo Co- 352 Nel codicillo è comunque previsto anche un la- gliati, 1503 agosto 7. scito di 2000 lire alla chiesa domenicana osser- 359 La presenza del tramezzo nella chiesa di San vante delle Grazie (ASMi, Notarile, b. 2561, Bernardino a Pallanza è attestato da Benvenuto notaio Boniforte Gira, 1521 luglio 8). Silvola: «all’ingresso in sancta sanctorum, ove sta 353 ASMi, Notarile, b. 5288, notaio Niccolò Gira, la muraglia con sopra dipinta la passione del Sal- 1530 settembre 23. vatore» (Della minoritica riforma. Cronica nona 354 ASMi, Notarile, b. 3953, notaio Francesco Be- raccolta e scritta dal P.F. Benvenuto da Milano sozzi, 1519 settembre 15. alunno della medesima, sec. XVIII, Biblioteca 355 ASMi, Notarile, b. 3956, notaio Francesco Be- Braidense, ms. AF.XII.13. p. 300). sozzi, 1523 dicembre 8. 360 ASMi, Notarile, b. 2387, notaio Filippo Co- 356 Non esistono biografie di Battista detto Com- gliati, 1512 gennaio 13; ivi, Fondo di Religione, b. parino, cameriere ducale negli anni del Moro, con 964. Riferimento ad entrambi i testamenti in Livio l’arrivo dei francesi si trasferì nella sua terra Ci- Mondini, Cislago terra di poveri, terra di furbi, Lo- slago ottenuta dall’eredità paterna con la divisione mazzo 1982, pp. 58-59. del 1484 (ASMi, Notarile, b. 1988, notaio Gervaso 361 Shell, Pittori in bottega cit., doc. 98, alle pp. Bozzolani, 1484 febbraio 5). Nel 1503 acquistava 256-257; Franco Moro, in Pittura in Brianza e in per 3200 lire imperiali la porzione del castello di Valsassina dall’Alto Medioevo al Neoclassicismo, a Cislago di proprietà del primo cugino e omonimo cura di Mina Gregori, Milano 1993, p. 266; Ana- Battista di Francesco (ibidem, b. 2976, notaio cleto Mosconi, Serafico Lorenzi, I conventi fran- Francesco Pagani, 1503 febbraio 22) e qui rise- cescani del territorio comasco. Storia, religione, arte, dette con continuità fino alle invasioni degli sviz- in «Periodico della Società Storica Comense», 50 zeri del 1511. In seguito alternò residenze milanesi (1983), pp. 167-209, alle pp. 204-207; per il tra- in una casa decentrata nella parrocchia di San Lo- mezzo di Santa Maria della Pace Chiara Prevosti,

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Le più antiche vicende della chiesa amadeita di 334-341. Nelle scene del Rosario, specie nella Cir- Santa Maria della Pace a Milano (1466-1497), tesi concisione e nella Risurrezione – si tratta anche dei di laurea, Università degli studi di Milano, facoltà riquadri di maggior resa qualitativa nell’opera di di lettere e filosofia, relatore Giovanni Agosti, a.a. un pittore comunque brutto – sono ravvisabili ri- 2004-2005, pp. 119-138. chiami ad altre immagini. Se la Risurrezione mo- 362 Almeno dal 1582 e fino al 1607 nella cappella stra un evidente debito con le molte résurrection maggiore della chiesa parrocchiale di Cislago si ascensionnelle presenti anche sui tramezzi france- trovavano un’ancona antica («iconam habet sed scani, la Circoncisione sembra derivare dai motivi non congrua herentea pro parieti qua a tergo est») zenaliani che rimandano al disegno con le Storie e un crocifisso (la cui fattura era stata pure pre- di Cristo e alla Circoncisione, entrambe conservate scritta nei testamenti del Comparino) a testimo- allo Staatliche Museen di Berlino, già avvicinate niare, insieme alle molte altre ancone e pitture alla fattura di un possibile tramezzo di matrice ze- registrate dalla visita pastorale nelle chiese di Ci- naliana (Giulio Bora, Due disegni di Berlino: da slago e ai ricchissimi paramenti e suppellettili de- Foppa a Zenale, in Quaderno di studi sull’Arte scritti negli inventari, come l’attenzione dei signori Lombarda dai Visconti agli Sforza per gli 80 anni di Visconti verso il piccolo centro della brughiera si Gian Alberto dell’Acqua, a cura di Maria Teresa fosse comunque trasformata in una serie di opere Balboni Brizza, Milano 1990, pp. 23-31). Questi d’arte tangibili, non solo progettate ma anche ese- rimandi presenti nella terra del Comparino pos- guite (ASDMi, Sezione X, Cislago, vol. 19, fasc. 1, sono risultare interessanti specie in relazione al ri- 1582 marzo 1). chiamo del perduto tramezzo di Pallanza nel 363 È da segnalare la presenza a Cislago di un af- testamento del 1512. fresco devozionale dalla significativa iconografia: 364 Sul maestro da ultimo Davide Mirabile, Un pre- si tratta di una Madonna della Misericordia che rac- sepe ad Arona. Rinascimento sul Verbano tra pit- coglie alti prelati da un lato e principi e impera- tura, scultura e arte vetraria, in «Prospettiva», n. tori dall’altro, circondata dai Misteri del Rosario 119-120 (2005), pp. 98-104, specialmente a p. 101 (Andrea Spiriti, Gli affreschi di Cislago e l’icono- nota 18; Mirabile, in Il Rinascimento nelle terre ti- grafia di Massimiliano I nello stato di Milano d’età cinesi cit., pp. 108-111; ma si vedano anche Gio- sforzesca, in La proclamazione imperiale di Massi- vanni Romano, La Pala Sforzesca, in Il Maestro miliano I d’Asburgo (4 febbraio 1508), atti del con- della Pala Sforzesca, a cura di Giovanni Romano, vegno (Trento, 9 maggio 2008), «Studi Trentini di Maria Teresa Binaghi Olivari, Domenico Collura Scienze Storiche», 87 (2008), pp. 237-248). Sulla («Quaderni di Brera», n. 4), Firenze 1978, p. 14 diffusione e iconografia delle Madonne del Rosa- n. 23; Mauro Natale, in Pittura tra il Verbano e il rio si rimanda a Gilles Gerard Meersseman, Ordo lago d’Orta dal Medioevo al Settecento, a cura di fraternitatis. Confraternite e pietà dei laici nel Me- Mina Gregori, Milano 1996, pp. 251-253; per la dioevo, in collaborazione con Gian Piero Pacini, presenza del maestro a Locarno e per il punto III, Roma 1977, pp. 1144-1232; Vittorio Natale, sulla bibliografia: Lara Calderari, Locarno rinasci- Vicende di un’iconografia pittorica: la Madonnna mentale, in corso di stampa. del Rosario in Provincia di Alessandria tra fine Cin- 365 Attorno al polittico di Gaudenzio Ferrari in que e inizio Seicento, in Pio V e Santa Croce di Santa Maria ad Arona, commissionato il 25 feb- Bosco. Aspetti di una committenza papale, catalogo braio 1510 e concluso il 2 giugno 1511, si vedano della mostra (Alessandria, Palazzo Cuttica, e Colombo, Vita ed opere di Gaudenzio Ferrari cit., Bosco Marengo, Santa Croce, 12 aprile - 26 mag- pp. 288-295, doc. II, III, IV; Gaudenzio Ferrari, a gio 1985), a cura di Carlaenrica Spanticati e Giu- cura di Michele di Macco, Pierluigi Gaglia e Gio- lio Ieni, Alessandria 1985, pp. 399-428; Roberta vanni Romano, in Gaudenzio Ferrari e la sua J.M. Olson, The Rosary and Its Iconography, Part scuola. I cartoni cinquecenteschi dell’Accademia Al- I: Background for Devotional Tondi, in «Arte Cri- bertina, catalogo della mostra (Torino, Accademia stiana», 86 (1998), n. 787, pp. 263-275; ead., The delle Belle Arti, marzo-maggio 1982), a cura di Rosary and Its Iconography, Part II: Devotional Giovanni Romano, Torino 1982, pp. 61-71, alle Tondi, in «Arte Cristiana», 86 (1998), n. 788, pp. pp. 61, 65; Giacomo Fiori, Gaudenzio Ferrari ad

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Arona: una committente e un presepe, in «Verba- anni sia ad Arona che a Milano in casa degli zii Vi- nus», 18 (1997), pp. 61-73; Di Lorenzo, in Pittura taliano Borromeo e Bianca di Saluzzo. Ora sulle tra il Verbano e il lago d’Orta cit., pp. 255-256; strategie successorie dei Borromeo si veda Arcan- Paolo Venturoli, Il polittico di Arona e il giovane geli, Ragioni di stato e ragioni di famiglia cit. Gaudenzio, in Il restauro del polittico di Gaudenzio 367 L’edificio costituiva per altro un ampliamento Ferrari ad Arona, a cura di Paolo Venturoli, No- della vecchia casa Alciati passata in eredità a vara 1996, pp. 12-48; per la congiuntura creatasi Bianca Alciati moglie di Ludovico Visconti Bor- ad Arona, Simone Facchinetti, Fermo Stella, satel- romeo. I documenti per l’acquisto (la casa valeva lite di Gaudenzio, in Fermo Stella e Sperindio Ca- ben 18.000 lire imperiali) in ASMi, Notarile, b. gnoli seguaci di Gaudenzio Ferrari. Una bottega 4095, notaio Giovanni Antonio Robbiati, 1510 d’arte nel Cinquecento padano, catalogo della mo- febbraio 1; ivi, 1501 febbraio 23. Sul palazzo de- stra (Bergamo, Museo Adriano Bernareggi, 29 set- corato secondo una tarda fonte da Bramantino si tembre - 17 dicembre 2006), a cura di Giovanni veda Nadia Covini, L’inventario del palazzo mila- Romano, Cinisello Balsamo (Milano) 2006, pp. 39- nese di Tristano Sforza (1478), in Squarci d’interni. 57, alle pp. 39-40. Non è questa la sede per ad- Inventari per il Rinascimento milanese, a cura di dentrarsi nella bibliografia sul tramezzo Edoardo Rossetti, Milano 2012, pp. 47-69; Ros- francescano osservante di Varallo, nel contesto setti, La città cancellata cit. dell’attività di Gaudenzio si vedano i recenti: Ro- 368 Si deve tenere inoltre conto del fatto che Lu- mano, Pittori in bottega cit., pp. 11-21, alle pp. 17- dovico Visconti Borromeo fece erigere una cap- 18; Massimiliano Caldera, Gaudenzio Ferrari fino pella, della quale non è chiara l’identificazione, al 1528, in Fermo Stella e Sperindio Cagnoli seguaci nella chiesa milanese di Santa Maria della Pace, un di Gaudenzio Ferrari. Una bottega d’arte nel Cin- cantiere non estraneo all’esperienza più tarda di quecento padano, catalogo della mostra (Bergamo, Gaudenzio Ferrari (ASMi, Fondo di Religione, b. 29 settembre - 17 dicembre 2006), a cura di Gio- 1457, 1525 agosto 11). vanni Romano, Cinisello Balsamo (Milano) 2006, 369 Su questi percorsi di committenze dei Visconti pp. 23-37, alle pp. 26-27. di Fontaneto, Teruggi, «In castro fontaneti» cit., 366 Le vicende di Ludovico Visconti Borromeo – pp. 204-218. Per il castello si veda anche Gian- specie in relazione alla famosa contesa che lo vide carlo Andenna, Andar per castelli. Da Novara tutto contrapporsi ai Borromeo per l’eredità del conte intorno, Torino 1982, pp. 445-455. Vitaliano II – sarebbero da ritracciare a partire 370 Attorno al saccheggio di casa Trivulzio e spo- dagli atti processuali conservati in ASCMi, Fondo stamento degli arazzi Venturelli, Smalto, oro e pre- Morando Litta Attendolo Bolognini, b. 5, voll. I e ziosi cit., p. 147, nota 62; Agosti, Stoppa, in II. Nella crisi famigliare createsi tra i fratelli Bor- Bramantino a Milano cit., pp. 180-261, a p. 180. romeo, Giovanni III il Giusto e Vitaliano II (si ri- 371 ASMi, Finanze confische, b. 3248, 1513 dicem- manda per la vicenda alle rispettive voci curate da bre 17. Giorgio Chittolini nel Dizionario Biografico degli 372 Si veda supra nota 146. Italiani, Roma 1971, vol. 13, pp. 53-55, 72-75), si 373 Bisognerà verificare anche il tipo di rapporti inserirono la volontà del Moro di spezzare il po- che potevano intercorre tra un Francesco Morigia tere economico e politico dello stato Borromeo e abitante a Milano e figlio di un «magnificus» Gio- il desiderio di questo ramo di casa Visconti nel re- vanni (magari il Giovanni che aveva donato i ter- cuperare i feudi ceduti (Arona in particolare) in reni ai frati nel 1468) e Bramantino. Il Morigia favore della famiglia di mercanti fiorentino-pado- compariva come testimone in almeno un docu- vana dopo la morte di Gaspare Visconti seniore mento del pittore, ma frequentava spesso lo stu- bisnonno di Ludovico. Il giovane Visconti, come dio del notaio Giovanni Pietro Appiani (Cara, risulta dagli atti processuali, ma a confermarlo Regesto dei documenti cit., p. 302, doc. 16; si veda sono anche altre fonti indirette (Ludovico era ad anche ASMi, Notarile, b. 3723, notaio Giovanni Arona con Vitaliano nel 1489 per la traslazione dei Pietro Appiani, 1500 marzo 6). corpi dei santi Gratiano e Felino nella nuova 374 Elisabetta aveva un figlio di primo letto, Fi- chiesa), aveva di fatto abitato per almeno cinque lippo Maria Morigia, e in seconde nozze si era

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congiunta con un uomo d’armi napoletano; tra i fluirono i dipinti viscontei, ma anche quelli di casa principali enti ecclesiastici beneficiari dei legati te- Simonetta in via Brera e altre opere d’arte prove- stamentari della donna figuravano il Monastero niente da chiese e monasteri soppressi, si veda Maggiore di Milano e un cenobio benedettino par- Alessandro Morandotti, Il collezionismo in Lom- tenopeo (ASMi, Notarile, b. 1222, notaio Lancel- bardia. Studi e ricerche tra ’600 e ’800, Milano lotto Sudati, 1470 ottobre 5; ivi, 1470 ottobre 7). 2008, pp. 245-247, 252, nota 17, e ad indicem. La 375 Per gli affreschi si vedano almeno Sandrina teoria di questi passaggi è accolta con beneficio di Bandera, in Pittura tra il Verbano e il lago d’Orta inventario in Agosti, Stoppa, Ragioni bibliografi- dal Medioevo al Settecento, a cura di Mina Gre- che cit., pp. 81-87, a p. 84. gori, Milano 1996, pp. 60-76, pp. 239-240; Bu- 383 ASMi, Notarile, b. 5380, doc. 2301, notaio ganza, Palazzo Borromeo cit., p. 157. Agostino Mantegazza, 1516 marzo 28; ivi, b. 5382, 376 Giuseppe Bernardino Burocco, Chronologia doc. 3316, 1522 marzo 13; ivi, doc. 3317, 1522 Seraphica. Principio e felici progressi de’ frati mi- marzo 18; ivi, b. 4024, notaio Alessandro Mante- nori osservanti della Provincia Milanese, 1716 (2 gazza, doc. 4774, 1522 ottobre 9 (quest’ultimo tomi), Biblioteca Francescana di Sant’Angelo, ms. anche in ASMi, Fondo di Religione, b. 1112); con T-XIII-014/015, ff. 159- 160. questo ultimo codicillo il Visconti prevedeva 377 Diego Sant’Ambrogio, Una breve corsa artistica anche che «nocte tempore» e con ogni solennità le fra le grangie o possessioni agricole della Certosa di spoglie di Chiara Silva (sua amante), interrate nelle Pavia, in «Archivio Stoco Lombardo», 23 (1896), parrocchiale di San Pietro in Camminadella a Mi- pp. 345-372, a p. 354; Willem Suida, Die Spätwerk lano (quella dove si trovava il palazzo Visconti) des Bartolomeo Suardi genannt Bramantino, in «Ja- «sub figura beatissime matris Virginis Marie an- hrbuch der kunsthistorischen Sammlungen des al- nuntiate ab angelo depicta modernis temporibus», lerhöchsten Kaiserhauses», 26 (1906-1907), pp. fossero traslate nella cappella di Sant’Eustorgio. 293-372, alle pp. 327-331. Attorno alla cappella di San Tommaso d’Aquino 378 Francesco Frangi, in Pittura a Milano. Rinasci- (quarta a destra) e al relativo monumento sepol- mento e Manierismo, a cura di Mina Gregori, Mi- crale si rimanda a Rossana Bossaglia, La scultura, lano 1998, p. 240; Laura Andreozzi, Ricerche in La basilica di Sant’Eustorgio in Milano, a cura intorno alla decorazione di Santa Maria del Giar- di Gian Alberto Dell’Acqua, Milano 1984, pp. 93- dino a Milano, tesi di laurea, Università degli Studi 125, alle pp. 104-105; Buganza, I Visconti e l’ari- di Milano, relatore prof. Giovanni Agosti, a.a. stocrazia milanese cit. 2002-2003, pp. 111-115. 384 ASMi, Notarile, b. 5380, notaio Agostino Man- 379 Willem Suida, Bramante pittore e il Braman- tegazza,1516 marzo 28. tino, Milano 1953, p. 106. 385 Per il ciborio si veda in parte Carlo Bertelli, Il 380 Venanzio De Pagave, Vita di Bartolomeo Suardi ciborio di S. Ambrogio a Milano, Milano 1981; ma detto il Bramantino, BAM, Ms. S.157 sup., f. 109v; anche il più recente Sible de Blaauw, Il culto di trascritto in Suida, Bramante pittore e il Braman- Sant’Ambrogio e l’altare della basilica ambrosiana tino cit., p. 221. a Milano, in I luoghi del sacro. Il sacro e la città fra 381 ASMi, Santa Corona, b. 215, Eredità Visconti Medioevo ed Età moderna, Atti del convegno (Fie- di Cislago, 1716 gennaio 6, pubblicazione del te- sole, 12-13 giugno 2006), a cura di Fabrizio Ric- stamento di Cesare Visconti del 17 luglio 1713, fa- ciardelli, Firenze 2008, pp. 43-62. scicolo a stampa, p. 15; con il codicillo del 30 386 Per il conte di Busto si veda supra nota 350. agosto 1714 il Visconti ricordava ancora il con- 387 Sia l’abbattimento del palazzo di Galeazzo vento di Cislago disponendo che «a spese della conte di Busto in San Satiro – eseguito in sfregio mia eredità [si faccia] l’altare maggiore tutto di per la ribellione contro il re di Francia – che l’in- pietre lustre, e che sopra di esso si ponga per ta- cendio dei borghi sono eventi ricordati in Prato, bernacolo la cassa grande che mi trovo in casa Storia di Milano cit., pp. 353-354. fatta per un orologio tutta pure di pietra lustra con 388 Al valore iconografico letto in chiave politica bronzi dorati» (ivi, p. 51). delle scene della battaglia di Parabiago si fa riferi- 382 Per la collezione Castelbarco, nella quale con- mento in Maria Luisa Gatti Perer, La fondazione

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della chiesa trecentesca e la persistenza dell’icono- 391 Cristina Quattrini, Artisti e committenti a Santa grafia derivata dall’apparizione di Ambrogio, in La Marta al tempo di Arcangela Panigarola. Cronisto- chiesa e il convento di S. Ambrogio della Vittoria a ria del cantiere di Santa Marta negli anni di Arcan- Parabiago, Milano 1966, pp. 1-8; Alessia Devitini gela Panigarola, in Veronica Negroni da Binasco Dufour, L’iconografia di Sant’Ambrogio negli af- (1445-1497). Contesto storico e dinamiche di un freschi fra Gotico e Rinascimento, in Ambrogio. culto agostiniano tra Medioevo ed Età Moderna, L’immagine e il volto. Arte dal XIV al XVII secolo, atti del convegno (Milano-Binasco, 28-29 maggio catalogo della mostra (Milano, Museo Diocesano 2010), in corso di stampa. 17 marzo - 14 giugno 1998), a cura di Paolo Bi- 392 Alfonso Garovaglio, L’urna del suddiacono Val- scottini, Milano 1998, pp. 133-139; Gatti Perer, perto, il culto di Mitra, il battesimo e i battisteri, in Gli affreschi trecenteschi cit., pp. 103-213; da ul- «Archivio Storico Lombardo», 16 (1889), pp. 161- timo Guido Cariboni, I Visconti e la nascita del 186; Alciati, Antiquae inscriptiones cit., c. 168. C’è culto di sant’Ambrogio della Vittoria, in «Annali il sospetto che Alciati e Zenale siano stati in que- dell’Istituto storico italo-germanico in Trento», 26 sti luoghi ospiti di Giovanni Battista Pusterla (2000), pp. 595-613. Per il significato simbolico presso la villa di Monteoliveto poco discosta dal della festa della battaglia di Parabiago si tenga castello di Tradate. La committenza del Pusterla è conto anche delle celebrazioni del 21 febbraio stata da poco tracciata da Cairati, Gli inventari di 1500 organizzate dal Moro appena rientrato a Mi- Giovanni Battista Pusterla cit., pp. 135-155. lano cfr. Prato, Storia di Milano cit., p. 241; Carlo 393 Alciati, Antiquae inscriptiones cit., c. 99. Per il Marcora, Il Cardinal Ippolito I d’Este arcivescovo di testo si vedano anche i commenti di Weiss, La sco- Milano, in «Memorie Storiche della Diocesi di Mi- perta dell’antichità cit., pp. 177-178; e Agosti, lano», 5 (1958), pp. 325-520, p. 265. Bambaia e il classicismo cit., pp. 66-67. 389 Giulio Bora, I leonardeschi a Venezia tra anti- 394 Si veda supra nota 146. classicismo e «maniera moderna», in Leonardo & 395 Riegel, Santa Maria presso San Celso in Mailand Venezia, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo cit., p. 362. Grassi, 23 marzo - 5 luglio 1992), a cura di Pietro 396 Si veda supra nel relativo capitolo. Cesare Marani e Giovanna Nepi Scirè, Milano 397 Nicole Riegel, Cesare Cesariano e la chiesa di 1992, pp. 111-135, alle pp. 118-120 e nota 31; Ser- Santa Maria presso San Celso a Milano, in Cesare gio Momesso, Sezioni sottili per l’inizio di Marco Cesariano e il classicismo di primo Cinquecento tra Basaiti, in «Prospettiva», 87/88, 1997 (1998), pp. Milano e Como, Atti del Seminario di Studi (Va- 14-41. renna, 7-9 ottobre 1994), a cura Maria Luisa Gatti 390 Sugli affreschi della cappella di Sant’Ambro- Perer e Alessandro Rovetta, Milano 1996, pp. 3- gio in San Pietro in Gessate si rimanda a Buganza, 44; Riegel, Santa Maria presso San Celso in Mai- in Pittura a Milano cit., pp. 212-213; per la com- land cit., ad indicem. mittenza di Ambrogio Griffi: Rossana Sacchi, Am- 398 Antonio da Lonate (ca. 1462-1546) dopo un brogio Griffi e le arti: una rilettura, in La generosità probabile soggiorno padano operò nel palazzo di e la memoria. I luoghi pii elemosinieri di Milano e Cecilia Gallerani per conto di Ludovico il Moro i loro benefattori attraverso i secoli, catalogo della (1495), fu presente alla cessione di immobili per mostra (Milano, 6 dicembre 1995 - 6 gennaio l’ampliamento del Monastero Maggiore (cantiere 1996), a cura di Ivanoe Riboli, Marco Bascapè, come si annoterà non estraneo alla commissione Sergio Rebora, Milano 1995; novità sul palazzo va- dei Visconti di Somma) nel 1503 e nella stessa fab- resino del protonotaio in Carlo Cairati, Il cantiere brica ritornò alcuni decenni dopo, operò al pa- del palazzo di Ambrogio Grifi a Varese: novità sulla lazzo di Gian Giacomo Trivulzio in via Rugabella committenza del protonotaio apostolico, in Terre- (1510-1511), nel 1508 fu incaricato del completa- cotte nel Ducato di Milano. Artisti e cantieri nel mento di Sant’Ambrogio a Lonate Pozzolo, ma lo primo Rinascimento, atti del convengo (Milano- si ritrovava anche al monastero delle Veteri in Mi- Certosa di Pavia, 17 e 18 ottobre 2011), a cura di lano, lavorò a Vigevano per Francesco II tra il Maria Grazia Albertini Ottolenghi e Laura Basso, 1532 e il 1535, mentre in San Celso è attestato in corso di stampa. prima tra il 1498 e il 1500, poi tra il 1523 e il 1525

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(Franco Bertolli, L’ingegnero Antonio da Lonate e Caselli, Cesare Cesariano e il Rinascimento a Reg- la chiesa di Sant’Ambrogio in Lonate Pozzolo, Lo- gio Emilia, Cinisello Balsamo (Milano) 2008, pp. nate Pozzolo 2003; Sacchi, Il disegno incompiuto 9-29, alle pp. 17-18. cit., vol. I, pp. 177-187; Francesco Repishti, Lo- 405 Buganza, in Pittura a Milano cit., p. 203. nate, Antonio da [de Bodiis, da Lonate Pozzolo], in 406 Per il monumento di Gaston: Agosti, Bambaia Ingegneri ducali e camerali nel ducato e nello stato e il classicismo cit., pp. 135-169; Maria Teresa Fio- di Milano (1450-1706). Dizionario biobliografico, rio, Bambaia. Catalogo completo, Firenze 1990, pp. a cura di Paolo Bossi, Santino Langé, Francesco 26-68, scheda 3; Maria Teresa Fiorio, Agostino Repishti, Firenze 2007, p. 82). Busti: uno scultore lombardo per il re di Francia, in 399 Per una biografia di Antonio si veda supra nota Agostino Busti detto il Bambaia 1483-1545. Il mo- 349. numento a Gaston de Foix duca di Nemours, ma- 400 Si veda supra nota 356. resciallo di Francia, luogotenente di Luigi XII, 401 Nel 1511 Antonio Visconti ordinava al podestà Milano1990, pp. 13-31; Maria Teresa Fiorio, «Una del comune di Lonate di consegnare ai nuovi con- archa molto superba»: il monumento di Gaston de soli i registri tra i quali quelli del cantiere (Bertolli, Foix, in Lombardia rinascimentale. Arte e architet- L’ingegnero Antonio da Lonate cit., p. 28). Un ac- tura, a cura di Maria Teresa Fiorio e Valerio Ter- cenno ai possibili intrichi legati ai rapporti tra An- raroli, Milano 2003, pp. 237-245; Janice Shell, Il tonio da Lonate, Cesare Cesariano e Antonio problema della ricostruzione del monumento a Ga- Visconti per il cantiere di Sant’Ambrogio in Ro- ston de Foix, in Agostino Busti detto il Bambaia vetta, Tappe di avvicinamento cit., p. 36. 1483-1545. Il monumento a Gaston de Foix duca 402 Cesare Cesariano, Di Lucio Vitruvio Pollione di Nemours, maresciallo di Francia, luogotenente di De Architectura libri dece traducti de latino in vul- Luigi XII, Milano1990, pp 32-61; Bertrand Jestaz, gare, raffigurati, commentati ecc., Como 1521, c. Les rapports des Français avec l’art et les artist lom- 91v; per il contesto si veda Rovetta, Tappe di avvi- bards: quelques traces, in Louis XII en Milanais. cinamento cit., pp. 31-45. XLI Colloque International d’Études Humanistes 403 Marco d’Oggiono abitava in porta Romana, (Parigi 1998), a cura di Philippe Contamine e Jean parrocchia di Sant’Eufemia durante i primi due Guillaume, Parigi 2003 pp. 273-303, alle pp. 279- decenni del Cinquecento. Con Renato figlio di 281. Alcuni aggiornamenti sul Bambaia in Vito Francesco Trivulzio e pronipote ex fratre di Gian Zani, I Bambaia. Madonna Taccioli, catalogo della Giacomo, nonché cugino di Maddalena, il pittore mostra, Milano 2000; Vito Zani, Una proposta per brianzolo strinse un intenso legame divenendo Bambaia giovane, in Il più dolce lavorare che sia. (1514) tutore del diciottenne aristocratico e lavo- Mélanges en l’honneur de Mauro Natale, a cura di rando per lui almeno alla fattura di un’«ancho- Frédéric Elsig, Noémi Etienne, Grégoire Exter- neta» (Albonico, Il ruginoso stile cit., p. 30, nota mann, Milano, Cinisello Balsamo, 2009, pp. 209- 54, pp. 144-145; Shell, Pittori in bottega cit., p. 213; Maria Teresa Fiorio, Bambaia e gli 299, doc. 161). Sulla committenza di Renato anche Arcimboldi, in Il più dolce lavorare che sia. Mélan- Sacchi, Il disegno incompiuto cit., pp. 190-191. ges en l’honneur de Mauro Natale, a cura di Fré- 404 L’atmosfera di casa Visconti è già stata rievo- déric Elsig, Noémi Etienne, Grégoire Extermann, cata. Per la presenza di Bramantino si rimanda a Milano, Cinisello Balsamo, 2009, pp. 215-219; An- Giovanni Romano, Un seminario su Bramantino, dreozzi, I rilievi del Duomo di Vigevano cit., pp. in Intorno a Giovan Battista Cavalcaselle: il caso 58-71; Vito Zani, Il ritratto funebre di Gaston de Bramantino, in «Concorso. Arti e lettere», 1 Foix in primo Ottocento tra tutela, studio e colle- (2007), pp. 39-69, alle pp. 62-65; Villata, Tristezza zionismo, in «Arte lombarda», 160 (2010, ma della Resurrezione cit., pp. 45-54; per il Cesariano 2011), pp. 63-72. e Gaspare Ambrogio Schofield, Gaspare Visconti 407 Zani, Una proposta per Bambaia giovane cit., cit., p. 311; Alessandro Rovetta, La formazione mi- pp. 209-213. lanese di Cesare Cesariano, tra «causas rerum», 408 Per la presenza di Zenale anziano nel cantiere «versus vulgares» e «mathematicos pingere modos», di Santa Marta si veda Stefania Buganza, Bernardo in Alessandro Rovetta, Elio Monducci, Corrado Zenale: un’aggiunta al catalogo e una nuova pro-

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spettiva sugli anni tardi, in «Nuovi Studi», 12 412 Un recente intervento su Santa Marta in Ga- (2007), pp. 55-70, alle pp. 58-63. briella Zarri, Profezia politica e santità femminile 409 Spetta a Maria Teresa Binaghi il merito di avere in Santa Marta: un modello, in Prima di Carlo Bor- catalizzato l’attenzione sul cantiere di Santa Marta romeo. Istituzioni, religione e società agli inizi del in un saggio pionieristico cfr. Maria Teresa Binaghi Cinquecento, a cura di Alberto Rocca e Paola Vi- Olivari, L’immagine sacra in Luini e il Circolo di smara («Studia Borromaica», n. 26), Roma 2012, Santa Marta, in Sacro e profano nella pittura di Ber- pp. 187-202; e in generale sulle “sante vive” si ri- nardino Luini, catalogo della mostra (Luino, Ci- manda a Gabriella Zarri, Le sante vive. Profezie di vico istituto di cultura popolare, 1975), a cura di corte e devozione femminile tra ’400 e ’500, Torino Piero Chiara, Gian Alberto Dell’Acqua, Germano 1990. Mulazzani, Maria Teresa Binaghi e Luisa Tognoli, 413 Attorno a Santa Corona si vedano almeno Ma- Luino 1975, pp. 49-76. Una dettagliata scheda sul rina Gazzini, Patriziati urbani e spazi confraternali complesso in Brunella Pisani, in Milano ritrovata. in età rinascimentale: l’esempio di Milano, in «Ar- L’asse di via Torino, catalogo della mostra a cura chivio Storico Italiano», 158 (2000), pp. 491-514, di Maria Luisa Gatti Perer, Milano 1986, pp. 490- pp. 500-504; Marina Gazzini, Scuola libri e cultura 500. Interessanti novità sulle dinamiche primo- nelle confraternite milanesi fra tardo medioevo e cinquecetesche a Santa Marta in Quattrini, Artisti prima età moderna, in «La Bibliofilia», 103 (2001), e committenti a Santa Marta cit. Sul Carvajal a Mi- n. 3, pp. 215-261; Arisi Rota, Buganza, Rossetti, lano si rimanda a Rossetti, Uno spagnolo tra i fran- Novità su Gualtiero Bascapè cit., pp. 47-92, pp. 77- cesi e la devozione gesuata cit. 78 (note); ora anche Marina Gazzini, L’associazio- 410 Alcuni dati sul Bellotti in Elena Bonora, I con- nismo religioso laicale a Milano dalla tradizione flitti della Controriforma. Santità e obbedienza nel- medievale all’età di Carlo Borromeo, in Prima di l’esperienza religiosa dei primi barnabiti, Firenze Carlo Borromeo. Istituzioni, religione e società agli 1998, pp. 32-33, 49 e ad indicem. Anche per il inizi del Cinquecento, a cura di Alberto Rocca e prete ravennate si progettò (1528) un sepolcro Paola Vismara («Studia Borromaica», n. 26), marmoreo, mai realizzato, con l’intervento del Roma 2012, pp. 279-285. Bambaia (Shell, Il problema della ricostruzione del 414 Rossetti, Uno spagnolo tra i francesi e la devo- monumento cit., pp. 37-38). zione gesuata cit. 411 Per l’Amadeo e le sue rivelazioni oltre alla voce 415 Su questa figura di santa viva ritratta da Luini del Dizionario Biografico degli Italiani (Giovanni si vedano Bonora, I conflitti della Controriforma Grado Merlo, Menes Silva, Amadeo de (Amadeo cit., pp. 59-94; Cairati, Gli inventari di Giovanni Lusitano, Amedeus Hispanus), Dizionario Biogra- Battista Pusterla cit., pp. 141-144; Cristina Quat- fico degli Italiani, vol. 73, Roma 2009, pp. 461- trini, Bernardino Luini, in corso di stampa. 463), l’ancora fondamentale Morisi Guerra, 416 ASMi, Fondo di Religione, b. 797, estratto dalla Apocalypsis Nova cit.; ma anche Morisi Guerra, costituzione della confraternita del 15 luglio 1527. The Apocalypsis Nova: A Plan for Reform cit., pp. 417 Il monastero di San Lazzaro di porta Romana 27-50; Anna Morisi Guerra, Il profetismo al tempo era nato originariamente (1497-1498) come ceno- di Alessandro VI, in Roma di fronte all’Europa al bio dedicato a santa Caterina da costruirsi in porta tempo di Alessandro VI, atti del convegno (Città Vercellina presso il centro dei gesuati di San Giro- del Vaticano - Roma 1999), a cura di Maria lamo in un’area urbanizzata da Ludovico il Moro. Chiabò, Silvia Maddalo, Massimo Miglio e Anna L’iniziativa della sua fondazione era stata presa dai Maria Oliva, 3 voll., Roma 2001, III, pp. 961-970. fondatori di Santa Corona il medico Valente Me- Su frate Benigno Salviati almeno, Germana Ernst legari, Francesco Mantegazza e Roberto Quartieri, e Paola Zambelli, Dragiši , Juraj (Benigno Salviati, tutti molto vicini alla corte sforzesca; i progetti fal- Giorgio), Dizionario Biografico degli Italiani, vol. lirono con la cacciata del Moro. Le terziare dome- 41, Roma 1992, pp. 644-651; Cesare Vasoli, Gior- nicane guidate da Margherita da Lodi e spronate gio Benigno Salviati (Dragiši ), in Prophetic Rome dalla mistica Caterina da Troncazzano (sorella di in the High Renaissance Period, a cura di Marjorie un frate amadeita e figlia di un capitano al servizio Reeves, Oxford 1992, pp. 121-156. di Francesco Sforza) si erano dovute trasferire

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presso l’antico ospedale di San Lazzaro. Si rimanda 424 Si veda supra nota 341. in merito a Rossetti, La città cancellata cit. 425 Virginio Longoni, Umanesimo e Rinascimento 418 La cappella era stata fatta costruire su com- in Brianza. Studi sul patrimonio culturale, Milano missione di Gualtiero Bascapè, ex cortigiano del 1998, pp. 138-139, nota 289. Nel documento ri- Moro e uno dei primi aderenti di Santa Corona, trovato dal Longoni, Marco figura con Boltraffio, Rossetti, Uno spagnolo tra i francesi e la devozione il Giampietrino, Giovita da Caravaggio, Giovanni gesuata cit. Agostino da Lodi e Girolamo Zavattari tra i sindici 419 Maria Teresa Binaghi, in Pittura tra Adda e e procuratori della scuola di San Luca che hanno Serio. Lodi, Treviglio, Caravaggio, Crema, a cura di appena eletto priore Bramantino e canepario Ze- Mina Gregori, Cinisello Balsamo (Milano) 1987, nale (ASMi, Notarile, b. 7267, notaio Giovanni p. 169; Maria Teresa Binaghi, Partita doppia mila- Luigi Casati, 1511 maggio 3). A completare l’an- nese per Tiziano, in «Venezia Arti», 8 (1994), pp. cona di Santa Marta per Paolo Visconti era pro- 39-42; Stefania Buganza, in Capolavori da scoprire. prio Girolamo Zavattari, amico di Luini e Zenale, La collezione Borromeo, catalogo della mostra, a per il quale si rimanda ad un prossimo studio di cura di Mauro Natale, Milano 2006, pp. 124-129; Roberta Del Moro. Cristina Quattrini, Lo Scherno di Cam. Un dipinto 426 Pietro Cesare Marani, Museo d’Arte Antica del riscoperto di Bernardino Luini, Milano 2006 Castello Sforzesco. Pinacoteca, tomo I, a cura di («Brera mai vista», n. 19), pp. 16-18. Maria Teresa Fiorio, Milano 1997, pp. 341-344. 420 Vittorio Pini, Grazioso Sironi, Bernardino 427 Si veda supra il relativo capitolo. Luini. Nuovi documenti biografici, Milano 1993, 428 ASMi, Notarile, b. 2946, notaio Enrico da vol. I, p. 30; vol. II, pp. 61-70, doc. 41. Monza, 1479 maggio 7; ivi, b. 2949, 1481 giugno 421 Le ultime volontà di Paolo Visconti in ASMi, 3; ivi, b. 2951, 1485 settembre 29. Notarile, b. 8294, notaio Francesco Sacchetti, 429 Per l’Annunciata di porta Nuova si rammenti 1519 settembre 7 (testamento e codicillo) e 9 (co- che le guide indicavano su un altare «una tavola dicillo). Il 13 settembre 1519 il Visconti era morto di pennello antico, ma incognito, che mostra un e i fratelli facevano redigere l’inventario dei suo Cristo estinto in seno della Vergine molto addolo- beni mobili tra i quali si conservava un suo ritratto, rata, e un San Girolamo» (Torre, Il ritratto di Mi- un Cristo portacroce e un «Cristo [...] ligato a la lano cit., p. 265; Latuada, Descrizione di Milano colona» (Rossetti, Ritratti di baroni in città e ve- cit., vol. V, p. 313), ovvero un dipinto di fine Quat- dute urbane in campagna cit., p. 77). trocento o inizio Cinquecento al momento non 422 Il Bellotti era presente al capezzale di Paolo identificabile. Su questo centro legato alla famiglia quando dettava testamento (si veda la nota prece- Calco e ai canonici lateranensi di Casoretto e della dente). A un Paolo Visconti, che potrebbe essere Passione si vedano le annotazioni di Rossana Sac- il sepolto in Santa Marta, l’ambiguo frate france- chi, Cappelle potenziali e allestimenti provvisori in scano Salviati dedicava una versione del suo Li- una chiesa-cantiere: Santa Maria della Passione bellus de Virginis Matris assumptione (Morisi (1508-1560), in Prima di Carlo Borromeo. Lettere Guerra, Apocalypsis Nova cit., p. 41 e nota 73; Bo- e arti a Milano nel primo Cinquecento, in corso di nora, I conflitti della Controriforma cit., p. 86, nota stampa. 84). Si rammenti che il Visconti potrebbe essere il 430 Il testamento di Camillo di Gaspare Ambrogio «messer Paulo» menzionato in alcune lettere della Visconti in ASMi, Notarile, b. 5501, notaio Gale- Panigarola (Buganza, Bernardo Zenale: un’ag- azzo Visconti, 1521 luglio 22 (non si dimenticava giunta cit., p. 69, nota 36). di erigere una cappellania nella chiesa di patro- 423 Domenico Sedini, Marco d’Oggiono, tradizione nato famigliare di Santa Maria al Cerro a Cassano e rinnovamento in Lombardia tra Quattrocento e Magnago); moriva il 9 maggio 1552 ed era sepolto Cinquecento, Milano 1989, pp. 102-108, scheda nella cappella di San Michele di Santa Marta 40, con bibliografia precedente. Da aggiornare (BAM, ms. A.198 Suss., Nota di quelli sepolti nella con Grazioso Sironi, Alcuni documenti sull’arte nostra chiesa esteriore , f. 35r). L’amico del nobile lombarda fra Quattro e Cinquecento, in «Raccolta pittore Francesco Melzi, Girolamo di Gaspare Vinciana», 30 (2003), pp. 409-14, alle pp. 413-414. Ambrogio Visconti lasciava addirittura 1000 lire

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per l’erezione di una seconda cappella viscontea parochie Sancti Petri in Caminadella»; non è in Santa Marta da dedicarsi ai Santi Giacomo e Fi- escluso che si tratti di un errore del notaio nel re- lippo, ma era nel contempo (9 settembre 1542) se- gistrare il patronimico e che il gentiluomo inter- polto nella cappella di Paolo in San Michele venuto a favore del frate sia proprio l’aristocratico (ASMi, Notarile, b. 5729, notaio Francesco Fre- poeta. Giovanni Pietro Visconti, zio del poeta, fa- ganeschi, 1539 marzo 11; BAM, ms. A.198 Suss., ceva comunque riferimento nei suoi testamenti Nota di quelli sepolti nella nostra chiesa esteriore , (vedi supra nota 428) a un nascituro figlio illegit- f. 30r). timo. Tra i teste si annoveravano anche il colto 431 Giovanni Gaspare figlio di Donnina Crotti e Guido Magenta (consuocero di Gaspare Ambro- postumo di Giovanni Gaspare Visconti di Ga- gio), il segretario ducale Giacomo Alfieri (i cui figli spare Ambrogio era inumato il 20 febbraio 1564 erano amici di Zenale ed entrarono in Santa Co- nella cappella di San Michele, così come suo figlio rona) e il notaio camerale Antonio Bombelli. Paolo il 7 settembre 1574 (BAM, ms. A.198 Suss., 437 Visconti, I Canzonieri cit., p. 18, s. XX (10). Nota di quelli sepolti nella nostra chiesa esteriore , 438 Ugo Rozzo, Bandello, Lutero e la censura, in Gli ff. 45r, 51v; il testamento di Giovanni Gaspare in uomini, le città e i tempi di Matteo Bandello, se- ASMi, Notarile, b. 5501, notaio Galeazzo Visconti, condo Convegno internazionale di studi (Torino- 1521 aprile 14). Giovanni Giacomo Visconti di Tortona-Alessandria-Castelnuovo, 8-11 novembre Giacomo Antonio nipote di Gaspare Ambrogio 1984), a cura di Ugo Rozzio, Tortona 1985, pp. pur disponendo la propria sepoltura accanto al 275-300; Andrea Canova, Paolo Taegio da poeta a nonno nella cappella di San Giovanni Evangelista ‘dottor di leggi e altri personaggi bandelliani, in in Sant’Eustorgio non dimenticava di ricordare «Italia medioevale e umanistica», 37 (1994), pp. agli eredi il rispetto dei lasciti dello zio Paolo per 99-135, in particolare pp. 114-115, 123, 130-131. la cappella di Santa Marta (ASMi, Fondo di Reli- 439 Rossetti, Ritratti di baroni in città e vedute ur- gione, b. 1112, notaio Giovanni Battista Bossi, bane in campagna cit., p. 73 e nota 12. 1571 settembre 29). 440 Alla questione si è accennato supra nel primo 432 Non si mancava anche di disporre per il rin- capitolo; si vedano comunque Gombrich, «My li- novo per le chiese di Casale Litta e Bernate nel Va- brary was dukedom large enough» cit., pp. 185- resotto (ASOM, Archivio Litta, b. 9, doc. 78, 190; Laura Giacomini, Tre palazzi milanesi e notaio Ardicino Caccia di Novara, 1528 settem- l’architetto Pellegrino Pellegrini, in «Arte Lom- bre 27). I fratelli di Gaspare disposero legati per le barda», 137 (2003), pp. 74-09; Giacomini, Co- chiese del luogo di Fontaneto e per la milanese struire una lauta dimora cit., ad indicem; Pavesi, Santa Maria della Pace con risvolti che sforano L’orgoglio di un nobile cit., pp. 81-103; Pavesi, Mu- probabilmente in questioni di ambito gauden- sica, arte e scienza nelle raccolte di Prospero Vi- ziano da rimandare ad altro approfondimento. sconti cit., pp. 193-214. 433 Claudia Di Filippo, Fra’ Battista da Crema e 441 Su queste questioni successorie si veda anche Giampiero Besozzi: le prime comunità paoline mi- Arcangeli, Ragioni di stato e ragioni di famiglia cit. lanesi, in Prima di Carlo Borromeo. Istituzioni, re- 442 Archivio di Stato di Mantova d’ora in poi ligione e società agli inizi del Cinquecento, a cura di ASMn, Archivio Gonzaga, b. 1897, Milano, 1520 Alberto Rocca e Paola Vismara («Studia Borro- giugno 23 e 25. maica», n. 26), Roma 2012, pp. 203-241, a p. 205. 443 ASMi, Notarile, b. 7552, notaio Bernardo Bel- 434 Ivi, pp. 206-207. loni, 1531 agosto 18, il documento è stato segna- 435 Pietro Ghinzoni, Un prodromo della riforma in lato da Silvio Leydi. Milano (1492), in «Archivio Storico Lombardo», 444 Tutte le opere di Matteo Bandello cit., vol. II, p. 13 (1886), pp. 59-90. 158. 436 Nel documento secondo quanto riporta il 445 Si veda il testamento di Battista in Archivio Vi- Ghinzoni (non è stato possibile per ora rintrac- sconti di San Vito, cassetta 114, 1514 marzo 10 ciare l’originale) compariva il «magnificus domi- (l’originale non si conserva nelle carte del notaio nus Gaspar Ambrosius Vicecomes filius quondam Francesco Pagani in ASMi). Ambrogio fu vinco- magnifici domini Iohannis Petri, porte Ticinensis, lato a una successione completa soli superati i 30

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anni di età e sottoposto a una forma di controllo Maria; la ragazza già promessa a Ludovico, fratello da parte del ricco banchiere Giovanni Pietro di Ambrogio morto in giovane età, portava al Vi- Porro, un altro committente di Bernardino Luini sconti un patrimonio approssimativo di 4500 du- cliente e amico dei Visconti di Somma Lombardo cati (assai inferiore a quello della cognata). La (Edoardo Rossetti, Ascese sociali e trasformazione vicende è stata efficacemente evidenziata da Ar- del territorio nella Milano del Rinascimento: il caso cangeli, Ragioni di stato e ragioni di famiglia cit. dei Porro di Greco e la roggia Certosa-Porro, in Il 450 Tutte le opere di Matteo Bandello cit., vol. I, pp. paese dell’acqua, a cura di Lucia Aiello e Marco 58-59. Bascapè, in corso di stampa). 451 Si veda supra il relativo capitolo. 446 Tutte le opere di Matteo Bandello cit., vol. I, pp. 452 Per le questioni concernenti questo palazzo e i 55-65. vari passaggi di proprietà, nonché per le campa- 447 Il contratto matrimoniale era stato rogato dal gna decorative si rinvia a Rossetti, La città cancel- notaio milanese Francesco Besozzi il 11 settembre lata cit.; sulla coppia Bentivoglio Sforza si rimanda 1514 (ASMi, Notarile, b. 3949). Per la sua biogra- a Sacchi, Il disegno incompiuto cit., vol. I, pp. 316- fia della donna e la fortuna letteraria della Novella 355. si vedano almeno Luigi Vaccarone, Bianca Maria 453 Sia Battista che il primogenito Francesco rico- di Challant e il suo corredo, in «Miscellanea di Sto- prono in questi anni la carica di conservatori dello ria Italiana», 4 (1897), pp. 307-331; Giacomo Gia- stato, un ristretto corpo consultivo con poteri su- cosa, Castelli valdostani e canavesani, Torino 1897, periori a quelli del senato (Santoro, I conservatori pp. 106-116; Ferdinando Neri, La contessa di dello stato di Milano cit., pp. 363, 365; Arcangeli, Challant, in «Giornale Storico della Letteratura Alle origini del Consiglio dei sessanta decurioni cit., Italiana», 98 (1931), pp. 225-254, poi in Storia e pp. 40-46). Anche supra nota 333. poesia, Torino 1936, pp. 85-129; Carlo Godi, Ban- 454 Sul trasloco a casa Tolentino, Sacchi, Il disegno dello. Narratori e dedicatari della prima parte delle incompiuto cit., vol. I, pp. 322-327. Novelle, Roma 1996, pp. 27-32; Vincenzo Bevac- 455 ASMi, Notarile, b. 2983, notaio Francesco Pa- qua, Milano e la Ca’ Granda. Vita e personaggi del- gani, 1519 luglio 29; ivi, 1520 novembre 10. l’Ospedale Maggiore, Milano 2010, pp. 73-79. 456 Il giardino di porta Comasina era pure ricor- 448 Interessanti notizie su Giacomo Gaspardone e dato dal Bandello (Tutte le opere di Matteo Ban- sul suo elegantissimo palazzo casalese in Antonella dello cit., vol. II, p. 389). Perin, Il palazzo tra gotico e rinascimento da Alba 457 San Maurizio era di fatto uno dei più antichi e a Casale Monferrato, in Architettura e insedia- il più prestigioso cenobio femminile milanese. La mento nel Tardo Medioevo in Piemonte, a cura di chiesa attuale fu ricostruita a partire dal 1503, Micaela Vigliono Davico e Carlo Tosco, Torino forse su un progetto precedente; per il monastero 2003, pp. 143-176, alle pp. 157-162; per il palazzo si vedano almeno Bernardino Luini e la pittura del e il suo elaborato portale marmoreo si vedano Rinascimento a Milano. Gli affreschi di San Mauri- anche Luca Tosi, in Il portale di Santa Maria in zio al Monastero Maggiore, a cura di Sandrina Ban- Piazza a Casale Monferrato e la scultura del Rina- dera e Maria Teresa Fiorio, Milano 2000; e scimento tra Piemonte e Lombardia, catalogo della Giovanni Battista Sannazzaro, Grazioso Sironi, mostra (Casale Monferrato, 9 maggio - 28 giugno Per la chiesa di S. Maurizio al Monastero Maggiore 2009), a cura di Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa, di Milano. Gli antecedenti e i primi decenni: nuovi Marco Tanzi, Milano 2009, pp. 90-91; Chiara Pi- documenti, in «Raccolta Vinciana», 30 (2003), pp. datella, ivi., pp. 136-137, 144-145. 239-265. I primi lavori di costruzione e decora- 449 Si tenga conto che Bandello asseriva ironica- zione dell’edificio furono verosimilmente curati da mente che se una donna superava i 4000 ducati Placida Visconti. La religiosa era presente nel ce- (16.000 lire) di dote valeva la pena di sposarla «se nobio dal 1470 al 1517, già dal 1490 ricopriva il bene fosse di quelle che danno per prezzo il corpo ruolo di badessa e nei primi anni del Cinquecento loro a vettura» (Tutte le opere di Matteo Bandello dirigeva il monastero alternandosi alle consorelle cit., vol. II, p. 556). Ambrogio sposò invece Cate- Serafina San Giorgio da Piacenza e Susanna Resta. rina Visconti figlia del lontano cugino Giovanni La Visconti poteva essere parente di Elisabetta so-

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rella dei Visconti di Brignano (si veda per que- riva, lei ha celato el tutto» (ivi, 1526 settembre 4). st’ultima supra nota 374). Per Palcida: Rossetti, 466 ASMn, Archivio Gonzaga, b. 1656, 1526 set- «Chi bramasse di veder il volto suo ritratto dal tembre 9. vivo» cit., p. 149. 467 Come primate della città, il Visconti fu più 458 ASMi, Notarile, b. 4099, notaio Giovanni An- volte carcerato durante il terribile 1526 (ASMi, Fi- tonio Robbiati, 1515 dicembre 4; ivi, 1516 gen- nanze confische, b. 3224; Sanudo, Diari cit., vol. naio 26; ivi, 1516 ottobre 30; ivi, 1516 novembre 43, coll. 477, 503-504). 21. 468 Lettera cifrata del conte Niccolò Maffei con ri- 459 Sacchi, Il disegno incompiuto cit., vol. I, pp. ferimenti ad una riunione del 17 ottobre (ASMn, 326, 333-338; Dario Trento, Alessandro e Ippolita Archivio Gonzaga, b. 1656, 1526 ottobre 28). Bentivoglio in San Maurizio, in Bernardino Luini e 469 Tutte le opere di Matteo Bandello cit., vol. I, p. la pittura del Rinascimento a Milano. Gli affreschi 65. di San Maurizio al Monastero Maggiore, a cura di 470 Si è stati tentati di identificare il ritratto della Sandrina Bandera e Maria Teresa Fiorio, Milano Challant ora nella santa Caterina in attesta del sup- 2000, pp. 37-44; Dario Trento, Alessandro Benti- plizio rappresentata nella cappella di Francesco voglio, Bernardino Luini e la sua scuola in San Mau- Besozzi, uomo non estraneo a tutta la vicenda, ora rizio al Monastero Maggiore, in «Ricerche di Storia in una delle molte sante effigiate nella chiesa in- dell’Arte», 77 (2002), pp. 61-83. terna o esterna (Luca Beltrami, Il castello di Mi- 460 Cronaca di Antonio Grumello pavese dal 1467 lano sotto il dominio dei Visconti e degli Sforza, al 1529, a cura di Giuseppe Müller, Milano 1856, Milano 1894, p. 580; e la nota successiva). Più re- pp. 424-428. centemente si interroga sulla questione Agosti, 461 ASMn, Archivio Gonzaga, b. 1647, Milano, Scrittori che parlano di artisti cit., p. 66. 1521 maggio 11. Altri dettagli sulla vicenda in Ros- 471 Luca Beltrami, Arte antica: la chiesa di S. Mau- setti, «Chi bramasse di veder il volto suo ritratto dal rizio in Milano e le pitture di Bernardino Luini (i vivo» cit., pp. 127-131. Da precisare che lo sposo Bentivoglio e la contessa di Challant), in «Empo- di Bianca Maria era Ermes Visconti di Battista e rium», 9 (1899), pp. 59-62; Luca Beltrami, Luini non Ermes Costanzo Visconti di Alberto, decapi- 1512-1532. Materiale di studio, Milano 1911, pp. tato per ribellione nel 1519; la confusione gene- 355-362. rata da un’interpretazione errata del Motta 472 Maria Teresa Binaghi Olivari, I francesi a Mi- ingannò tutti i biografi della Challant salvo Gia- lano (1499-1525): arti figurative e moda, in «An- como Giacosa (Emilio Motta, Morti in Milano dal nali dell’Istituto storico italo-germanico di 1452 al 1552 (spoglio del necrologio milanese),in Trento», 5 (1979), pp. 85-115, alle pp. 105-106; «Archivio Storico Lombardo», 18 (1891), pp. 242- Maria Teresa Binaghi Olivari, Bernardino Luini, 290, p. 250, nota 1). Milano 2007, p. 34; Sacchi, Il disegno incompiuto 462 Per la sepoltura di Ippolita Bentivoglio, Sac- cit., vol. I, pp. 328-335. Le due studiose propon- chi, Il disegno incompiuto vol. I, cit., pp. 330-333; gono in alternativa all’identificazione con Ippolita Rossetti, «Chi bramasse di veder il volto suo ritratto e Alessandro, quella delle coppie: Violante Benti- dal vivo» cit., pp. 128-129. voglio e Giovanni Paolo Sforza, Ginevra Bentivo- 463 Vaccarone, Bianca Maria di Challant e il suo glio e Giovanni del Carretto (con una propensione corredo cit., p. 327. per la seconda). Insistono sull’identificazione data 464 Figlia dell’aristocratico Baldassarre Pusterla e da Beltrami e ormai tradizionale Pietro Cesare vedova del finanziere del Moro Bergonzio Botta, Marani, Gli affreschi di Bernardino Luini in San Daria era l’unica donna portata in Francia con i Maurizio fra circoli letterari, tradizione lombarda e capi del partito ghibellino nel 1516 (Prato, Storia classicismo centro-italiano, in Bernardino Luini e la di Milano cit., pp. 350). pittura del Rinascimento a Milano. Gli affreschi di 465 ASMn, Archivio Gonzaga, b. 1656, 1526 agosto San Maurizio al Monastero Maggiore, a cura di 27; qualche giorno dopo in una lettera confusa di Sandrina Bandera e Maria Teresa Fiorio, Milano Sigismondo Ferarese al marchese di Mantova era 2000, pp. 53-73, nota 35 a pp. 72-73; Trento, Ales- annotato «Madama di Gelan et don Pietro, mo- sandro e Ippolita Bentivoglio in San Maurizio cit.,

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pp. 37-44; Trento, Alessandro Bentivoglio, Bernar- Quattrini, Lo scherno di Cam cit., pp. 41-44; Bi- dino Luini cit., pp. 61-83. naghi Olivari, Bernardino Luini cit., pp. 33-34. 473 Era Giacomo Giacosa (meglio noto come 479 Marani, Gli affreschi di Bernardino Luini in San drammaturgo e librettista di Puccini, ma anche Maurizio cit., pp. 56, 66; e Trento, Alessandro e Ip- storiografo degli Challant) a proporre, in contra- polita Bentivoglio in San Maurizio cit., pp. 62-63. sto con le teorie di Luca Beltrami, l’identificazione 480 Agosti, Stoppa, Tanzi, Il Rinascimento lom- di Bianca Maria Gaspardone nella giovane com- bardo (visto da Rancate) cit., a p. 56 mittente effigiata nella lunetta di destra al Mona- 481 Adelin Charles Fiorato, Bandello entre l’histoire stero Maggiore (Giacosa, Castelli valdostani cit., et l’écriture. La vie, l’expérience sociale, l’évolution pp. 106-116); l’idea corretta del Giacosa filtrava culturelle d’un conteur de la Renaissance, Firenze anche nelle battute di un dramma da lui dedicato 1979, pp. 340-341; Trento, Alessandro e Ippolita alla Challant (Teatro di Giuseppe Giacosa, a cura Bentivoglio cit., p. 38 di P. Nardi, Verona 1948, vol. II, pp. 459-460). Ma 482 Francesco Frangi, Una traccia per la storia della la tradizione era precocemente attestata da un’in- pittura a Milano dal 1499 al 1535, in Pittura a Mi- cisione pubblicata a corredo di Vite e ritratti delle lano. Rinascimento e Manierismo, a cura di Mina donne celebri d’ogni paese (opera della duchessa Gregori, Milano 1998, pp. 23-36, p. 35. D’Abrantes; continuata per cura di letterati ita- 483 C’è da chiedersi se proprio l’affresco milanese liani), Milano (ca. 1836-39), traduzione rivisitata appena licenziato non abbia potuto essere scelto di Joseph Straszewicz, Laure Junot d’Abrantès, dal vescovo Bagarotti come modello all’ancona Les femmes célèbres de tous les pays, Paris 1834; il dell’abbazia ai piedi dell’Appennino (Paola Ceschi tutto è registrato anche in Ferdinando Neri, La Lavagetto, Due lettere e qualche documento per il contessa di Challant, in «Giornale Storico della polittico di Luini a Bobbio, in Scritti di Storia del- Letteratura Italiana», 98 (1931), pp. 225-254, poi l’arte in onore di Sylvie Béguin, a cura di Mario Di in Storia e poesia, Torino 1936, pp. 85-129. Giampaolo, Elisabetta Saccomani, Napoli 2001, 474 ASMi, Rubriche notai, b. 446, notaio Bernardo pp. 204-218; Binaghi Olivari, Bernardino Luini Belloni, 1521 dicembre 29 (a nativitate); Pini, Si- cit., pp. 30-31) roni, Bernardino Luini cit., vol. II, doc. 35, p. 51. 484 La Madonna di Brera è forse da associare alla 475 ASMi, Notarile, b. 7555, notaio Bernardo Bel- committenza dei Tonsi (o Tosi), bustocchi amici e loni, 1534 novembre 9; Pini, Sironi, Bernardino vicini dei Visconti di Somma, e in particolare al Luini cit., vol. II, doc. 41, pp. 61-70. mecenatismo di Benedetto che fece completare la 476 ASMi, Notarile, b. 2983, notaio Francesco Pa- decorazione della cappella-altare di famiglia in gani, 1522 febbraio 12; Vaccarone, Bianca Maria di Santa Maria di Brera, già affrescata dal Foppa con Challant e il suo corredo cit., pp. 309-310. la Madonna in trono di Bernardino Luini del 1521 477 Vaccarone, Bianca Maria di Challant e il suo (Matteo Ceriana, Cristina Quattrini, Per Vincenzo corredo cit., p. 312; Si conserva memoria di un Foppa e Bernardino Luini in Santa Maria di Brera, altro ritratto di Bianca Maria in abito da sposa in «Bollettino d’Arte», 124 (2003), pp. 27-46, alle (probabilmente con la stessa veste di San Mauri- pp. 33-38). Benedetto Tonsi, figlio di Michele e zio), un tempo conservato in casa d’Arco a Man- Susanna Archinto, fu arbitro nella composizione tova e attribuito al pennello di uno Spanzotti tra gli umiliati di Viboldone, la Certosa di Pavia e (Alessadro Baudi Di Vesme, Schede Vesme. L’arte Giovanni Pietro Porro (il committente di Luini a in Piemonte, Torino 1982, vol. IV, p. 1598). Per il Greco) per le divergenze insorte nell’apertura bianco come colore del lusso si veda Chiara Buss, della roggia Certosa-Porro (Rossetti, Ascese sociali Seda ben bianca, in Seta, oro, cremisi. Segreti e tec- e trasformazione del territorio nella Milano del Ri- nologia alla corte dei Visconti e degli Sforza, cata- nascimento cit.). Il giurista e questore dell’annona logo della mostra (Milano, Museo Poldi Pezzoli, era spesso presente – in qualità di vicino – anche 20 ottobre 2009 - 21 febbraio 2010), a cura di in casa di Ermes Visconti, come ad esempio nel Chiara Buss, Milano 2009, pp. 114-115. 1519 per i pagamenti della dote di Anna Pusterla 478 Un bilancio delle datazioni del tramezzo in Sac- cugina del Visconti (ASMi, Notarile, b. 2982, no- chi, Il disegno incompiuto cit., vol. I, p. 328-329; taio Francesco Pagani, 1519 luglio 29). Il Tonsi

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guidò la delegazione per congratularsi con Luigi Sforza: sposa prima Elisabetta Pagani e poi Lu- XII per la vittoria di Agnadello (1509), dove fu in crezia Cittadini sorella di Girolamo (Giovanni Si- compagnia di Francesco Besozzi (committente di toni di Scozia, Theatrum genealogicum Familiarum Luini per la cappella di Santa Caterina al Mona- illustrium, nobilium et civium inclytae urbis Me- stero Maggiore) e per l’occasione fu creato cava- diolani, 1705, manoscritto presso l’ASMi, f. 327; liere. Narra la novella II, 27 di Bandello ed è Sannazzaro, Sironi, Per la chiesa di San Maurizio dedicatario della II, 56 (Carlo Godi, Bandello. cit., pp. 254-255; Meschini, Luigi XII duca di Mi- Narratori e dedicatari della seconda parte delle No- lano cit., pp. 235-236; Meschini, La Francia nel du- velle, Roma, 2001, pp. 194-195, 471-472; Me- cato di Milano cit., vol. I, pp. 76-77, nota 75). Per schini, La Francia nel ducato di Milano cit., vol. II, un suo coinvolgimento nel cantiere di Santa Cate- p. 593, nota 13). rina del Sasso a Leggiuno (patronato di fatto dei 485 Cristina Quattrini, Tangenze centroitaliane Besozzi), Vittorio Pini, Sopra la scultura lignea del nella pittura del ducato di Milano al tempo di Ber- Cenacolo cinquecentesco a Saronno: il cosiddetto nardino Ferrari, in «Viglevanum», XVI (2006), pp. “Andrea da Milano” è Andrea da Corbetta?, in 34-57, alle p. 50-51; Quattrini, Lo scherno di Cam «Raccolta vinciana», 38 (2001), pp. 125-141, doc. cit., p. 41; Binaghi Olivari, Bernardino Luini cit., p. 10, pp. 137-138. 27; Buganza, Bernardo Zenale: un’aggiunta cit., pp. 493 Per l’intervento di Battista a favore di France- 60-61. sco Besozzi Meschini, La Francia nel ducato cit., 486 La cessione del 19 agosto 1519 in ASMi, Nota- pp. 1072-1073, nota 43. La tazza d’argento era ri- rile, b. 6003, notaio Pietro Martire Spanzotta; ivi, cordata in uno dei testamenti del Besozzi ASMi, b. 3953, notaio Francesco Besozzi; ASCMi, Loca- Notarile, b. 4104, notaio Giovanni Antonio Rob- lità milanesi, b. 53. biati, 1524 giugno 3. La vicinanza della famiglia di 487 Sulla questione nella prospettiva dell’«opposi- Francesco Besozzi al ramo sommese dei Visconti zione tra corona e aristocrazia» Arcangeli, Genti- era suggerita anche dalla presenza di un nipote di luomini di Lombardia cit., pp. 65-67, e nota 203. A Francesco come preposito della domus umiliata di evidenza di questo giro di vite dei dominatori fran- Santa Caterina a Cislago (altra signoria di fatto di cesi soccorre anche un documento senza data (ma questi Visconti); da qui proviene forse una Ma- dovrebbe risalire al 1519) e contenente una lista donna col Bambino e santa Caterina, affresco stac- di milanesi condannati a morte tra i quali si anno- cato e conservato a Brera, già nelle collezioni verano il conte Antonio Maria Crivelli e suo figlio Castelbarco (eredi della signoria di Cislago) e de- Francesco, Francesco, Sforzino e Alessandro scritto nelle visite pastorali (ADMi, Sezione X, Ci- Sforza, il conte Federico dal Verme, Ermes Co- slago, vol. 19, fasc. 1, 1582 marzo 1; Sitoni di stanzo Visconti (l’unico effettivamente decapi- Scozia, Theatrum genealogicum cit., f. 65; Mon- tato), Giovanni Antonio Biglia, tutti i figli di dini, Cislago cit., pp. 273-287; Giovanni Battista Ambrogio del Maino e Manfredo Pallavicini di Sannazaro, in Pinacoteca di Brera. Scuole lombarda Cortemaggiore (ASMi, Finanza confische, b. e piemontese (1300-1535), Milano 1988, pp. 425- 1747). 427). Recentemente l’opera è stata attribuita al 488 Cairati, Gli inventari di Giovanni Battista Pu- Moietta (Federico Cavalieri, Intorno a Nicola Mo- sterla cit., p. 136. ietta, in Il convento dell’Annunziata di Abbiate- 489 ASMi, Finanze confische, b. 3224. grasso, a cura di M. Comincini, Abbiategrasso 490 Il contesto storico artistico di questi anni in 2006, pp. 117-152, alle pp. 149-150). Il centro re- Sacchi, Il disegno incompiuto cit. ligioso di Cislago era direttamente collegato alla 491 ASMi, Notarile, b. 7552, notaio Bernardo Bel- casa umiliata di Somma (Melzi, Somma Lombardo loni, 1531 agosto 18. Per lo stato dei palazzi nel cit, p. 140, n. 2). Varrebbe la pena di estendere in borgo di porta Vercellina si veda Sacchi, Il disegno avanti lo studio di questo ramo di casa Besozzi. I incompiuto cit., vol. I, p. 369. nipoti di Francesco risultano essere personaggi in- 492 Notaio dal 1481 al 1539 e figlio di Gabardino teressanti per il contesto devozionale del maturo di Bardello, il Besozzi era sindaco fiscale del co- Cinquecento (Bonora, I conflitti della Controri- mune di Milano con i francesi e Massimiliano forma cit., pp. 262-367, e ad indicem; Di Filippo,

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Fra’ Battista da Crema e Giampiero Besozzi cit., pp. capitoli (Giulio Bora, Tradizione luinesca da San 203-241). Vittore a Meda a San Maurizio al Monastero Mag- 494 ASMi, Notarile, b. 7230, notaio Giovanni giore, in «Raccolta Vinciana», 24 (1992), pp. 155- Maria Besozzi, 1513 novembre 21. 179; Moro, Il primo Cinquecento cit., pp. 34-40, 495 Del gruppo faceva parte ad esempio Giovanni alle pp. 36-37 e la scheda alle pp. 262-263; Binaghi Pietro Porro il banchiere e tesoriere di Francesco Olivari, Bernardino Luini cit., pp. 29-30). II Sforza da identificarsi con il committente di 496 Con i codicilli del 1521 lasciava somme consi- Luini per gli affreschi di Greco, con un fratello stenti ai monasteri di clarisse di San Bernardino frate in Santa Maria delgi Angeli a Lugano che po- (dove era sepolta la prima moglie Elisabetta Pa- trebbe essere il tramite per la presenza di Luini nel gani) e del Gesù (dove i Visconti di Somma ave- cenobio, una cappella in Sant’Angelo e il cui figlio vano una cappellania), mentre un lascito si accasava in casa dei Carcano (Corinna Tania imprecisato destinato al nipote Bonaventura Vi- Gallori, L’Altare Porro nel Duomo di Milano, in sconti passava proprio alla scuola di San Giuseppe «Nuovi Annali. Rassegna di studi e contributi per presso Santa Maria del Giardino (ASMi, Notarile, il Duomo di Milano», 1 (2009), pp. 143-155; Fran- b. 4103, notaio Giovanni Antonio Robbiati, 1522 cesco Frangi, Bernardino Luini: un ritratto per casa aprile 21). Porro, in Il più dolce lavorare che sia. Mélanges en 497 Per questo significativo cantiere si vedano le l’honnor de Mauro Natale, a cura di Frédéric El- novità presentate da Francesco Repishti, Antici- sing, Noémie Etienne, Grégoire Extermann, Mi- pazioni su Girolamo Della Porta detto Novarino. lano 2009, pp. 275-281; Binaghi Olivari, L’attività nel Duomo e il primo progetto per la Bernardino Luini cit., p. 40; da ultimo un profilo chiesa di San Giuseppe a Milano (1519), in «Arte su Giovanni Pietro in Rossetti, Ascese sociali e tra- Lombarda», 137 (2003), pp. 61-69. sformazione del territorio nella Milano del Rinasci- 498 ASMi, Fondo di Religione, b. 2167, 1524 mag- mento cit.). Da ricordare che Cleofe Carcano gio 18. badessa di Meda e committente di Luini era so- 499 ASMi, Notarile, b. 4104, notaio Giovanni An- rella di Girolamo più volte citato nei precedenti tonio Robbiati, 1524 giugno 3.

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Indice dei nomi Antonio di Puccio Pisano, detto Pisanello, pittore – 19, 123n Appiani Giovanni Pietro, notaio – 148n Adorni Bruno – 128n Appiani Luchino, notaio – 136n, 138n Agosti Barbara – 111n Arcangeli Letizia – 5, 11, 109n, 115n, 119n, 124n, Agosti Giovanni – 90, 110n, 111n, 113n, 117n-121n, 128n, 133n, 136n, 141n-143n, 145n, 146n, 148n, 124n, 125n, 127n-131n, 134n, 137n, 142n, 143n, 154n, 155n, 158n 145n, 147n-151n, 155n, 156n, 157n Archinto Susanna, sposa di Michele Tonsi – 157n Aguilhon Cesare – 139n Arcimboldi Guidoantonio, arcivescovo di Milano – Aicardi Visconti Fioramonte, di Giorgio, sposa di Al- 124n berto Visconti d’Aragona – 140n Argiropoli Giovanni, letterato – 53 Aicardi Visconti, famiglia – 115n Argiropoli Isacco, di Giovanni, musicista – 53, 134n Airoldi Giovanni Ambrogio, notaio – 120n Arisi Rota Anna Paola – 111n, 152n Albertario Marco – 11, 110n, 113n, 116n, 123n, Asburgo, famiglia e casa regnante – 18 124n, 129n, 130n, 134n, 136n Attendoli Bolognini, famiglia – 125n Albertini Ottolenghi Maria Grazia – 112n, 120n, Avalos (d’) Beatrice, sposa di Gian Giacomo Trivul- 124n, 129n, 150n, zio – 43 Albonico Simone – 125n, 151n Averulino Antonio, detto Filarete, architetto – 48, 50, Alciati Ambrogio – 24, 115n 51, 53, 130n, 134n Alciati Andrea – 41, 77, 79, 111n, 121n Azzone Visconti, signore di Milano – 25, 76, 112n, Alciati Ayroldo - 24 139n Alciati Bianca, di Pietro, sposa di Ludovico Visconti Bagarotti Battista, vescovo di Bobbio – 157n Borromeo – 148n Baldini Baccio, incisore – 123n Alciati Elena, di Ambrogio, sposa di Giacomo Gal- Ballarin Alessandro – 117n, 119n, 121n, 143n larati – 115n Balzarini Maria Grazia – 124n Alciati Lucia, di Ambrogio, sposa di Giovanni Pietro Bandello Matteo, domenicano e novelliere – 18, 46, Visconti – 24, 115n 83, 86, 88, 90, 110n, 127n, 131n, 136n, 154n-158n Alciati Lucrezia, di Pietro, suor Illuminata di Santa Bandera Sandrina – 119n, 124n, 149n, 155n, 156n Maria del Monte – 36, 115n Barbavara Eufrosina, sposa di Pier Francesco Vi- Alciati Margherita, di Ambrogio, sposa di Gaspare sconti – 32, 110n Visconti – 24, 122n Barbieri Gino – 124n, 130n, 134n Alciati Pietro – 24 Barni Gianluigi – 121n Aldeni Silvana – 140n Barocchi Paola – 145n Alexander Jonathan J. – 144n Baroni Costantino – 126n Alfieri Giacomo, segretario ducale – 154n Baronio Cesare – 18 Allegranza Giuseppe – 22, 114n Bartolomeo da Como, intagliatore – 55, 56, 135n Amadeo Giovanni Antonio, scultore e architetto – Bartolomeo da Pisa, frate francescano – 61 54, 62, 67, 118n, 120n, 134n, 135n, 138n, 142n, 152n Bartolomeo Veneto, pittore – 110n Amboise (d’), Charles, vedi Charles d’Amboise Barzi Angela, sposa di Giovanni Antonio Bossi – Ambrogio da Fossano, detto Bergognone, pittore – 121n 55, 135n, 136n, 139n Bascapè Gualtiero – 111n, 152n, 153n Ambrogio da Orsenigo, ingegnere – 139n Bascapè Marco – 120n, 135n, 150n, 155n Andenna Giancarlo – 108n, 114n, 148n Battaglia Roberta – 135n Andreasi Marsilio – 117n Baudi Di Vesme Alessandro – 157n Andreozzi Laura – 11, 138n, 139n, 149n, 151n Beffa Negrini Antonio – 13, 108n Angelo da Chivasso, frate francescano osservante – 61 Belbello da Pavia, miniatore - 51 Anna d’Aleçon, marchesa del Monferrato – 87 Bellini Gentile, pittore – 129n, Anna di Bretagna, regina di Francia – 145n Bellini Giovanni, pittore – 42, 129n, Antonio da Pandino, pittore – 53, 54, 134n Belloni Bernardo, notaio – 89, 154n, 157n, 158n

160 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Bellotti Giovanni Antonio – 80, 81, 152n, 153n Bevilacqua Ambrogio, pittore – 118n Beltrami Luca – 89, 115n, 138n, 156n, 157n Bianca Maria Sforza, regina dei romani, sposa di Bembo Bonifacio, pittore – 40, 41, 123n Massimiliano d’Asburgo – 122n Benati Daniele – 127n Bianca Maria Visconti duchessa di Milano – 29, 51, Benedetti Matteo, notaio e oratore del duca di Ur- 57, 63, 136n bino – 44, 126n Bianchi da Velate, famiglia di pittori – 114n Benigno Francesco – 109n Bianchi Federico, pittore – 114n Bentivoglio Alessandro, di Giovanni II – 67, 85, 89, Bianconi Carlo – 27, 28, 117n 93, 111n, 126n, 157n Biglia Giovanni Antonio – 158n Bentivoglio Bianca, di Alessandro, poi suo Alessan- Biglia Ippolita, sposa di Princivalle Visconti – 70 dra benedettina – 87 Biglia Niccolò, notaio - 138n Bentivoglio Ginevra, di Alessandro, sposa di Gio- Binaghi Olivari Maria Teresa – 11, 89, 112n, 119n, vanni del Carretto – 156n 125n, 135n, 147n, 152n, 153n, 156n, 157n, 158n, 159n Bentivoglio Giovanni II, signore di Bologna – 120n Biondo Flavio – 18 Bentivoglio Ravasi Beatrice – 129n Birago Angelo – 51, 52, 129n, 133n Bentivoglio Violante, di Alessandro, sposa di Gian Biscaro Gerolamo – 134n, 135n Paolo Sforza – 156n Biscottini Paolo – 135n, 142n, 150n Beolco Giovanni, banchiere e mercante milanese – Bizzocchi Roberto – 108n, 111n 119n Bodio da Lonate Antonio, ingegnere – 78 Berengo Marino – 11 Bolandrini Beatrice – 113n Berenson Bernard – 90 Bolla Galeazzo, notaio – 123n Bergamini Giovanni Pietro – 117n Bollati Milvia – 124n, 129n, 131n, 144n Bergognone, vedi Ambrogio e Bernardino da Fos- Boltraffio Giovanni Antonio, pittore – 36, 119n, sano, pittori 153n Bernabò Visconti, signore di Milano – 17, 19, 20, 28, Bombelli Antonio, notaio – 92, 126n, 154n 29, 34, 35, 64, 75, 112n, 119n, 120n, Bona di Savoia, duchessa di Milano, sposa di Gale- Bernardino da Fossano, detto Bergognone, pittore – azzo Maria Sforza – 41, 44, 58, 123n 55, 135n, 136n, 139n Bonderi Giacomo, notaio – 140n Bernardino da Siena, frate francescano (santo) – 60, Bondioli Pio – 145n, 146n 61, 62, 63, 70, 71, 72 Bongrani Paolo – 122n Bertelli Carlo – 108n, 118n, 149n Bonora Elena – 152n, 153n, 158n Bertelli Sergio – 123n Bora Giulio – 137n, 142n, 147n, 150n, 159n Bertolli Franco – 151n Bordone Renato – 108n Bertolone Mario – 116n Borromeo Giovanni III il Giusto, di Filippo – 148n Bertoni Alberto – 108n, 128n, 136n, 140n Borromeo Giustina, di Filippo, sposa di Giovanni Besch Ingeborg – 112n Maria Visconti – 71 Besozzi Agnese, di Pietro, sposa di Gaspare Visconti Borromeo Vitaliano II, di Filippo – 71, 148n – 21 Borromeo, famiglia – 11, 15-17, 29, 31, 53, 72, 83, Besozzi Francesco, di Gabardino, notaio – 87, 90, 113n, 121n, 133n, 148n 92, 93, 146n, 155n, 156n, 158n Bortolotti Maria Pia – 11 Besozzi Gabardino di Bardello – 92, 158n Bossaglia Rossana – 149n Besozzi Giovanni Andrea di Andrea, notaio – 116n, Bossi Cristoforo, notaio – 140n 125n, 138n Bossi Elisabetta, di Tommaso, sposa di Ambrogio del Besozzi Giovanni Andrea, di Filippo, notaio – 135n Maino – 68 Besozzi Giovannina, sposa di Melchiorre Visconti – Bossi Gabriele, notaio – 116n 120n Bossi Giovanni Antonio – 121n Besozzi, famiglia – 90, 93, 132n, 158n Bossi Paolo – 138n, 151n Bettarini Rosanna – 145n Bossi Tommaso - 29 Bevacqua Vincenzo – 155n Bossi, famiglia – 51, 53, 68, 130n, 132n

161 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Bothmer von Hans C. – 112n Calufetti Abele – 141n Botta Bergonzio, maestro delle entrate – 132n, 156n Calvi Felice – 11 Botta Rolando, pittore – 54-56 Camelli Antonio, poeta – 126n Bourne Molly – 128n, 129n Campini Giuseppe Maurizio – 110n, 139n Bozzetti Cesare – 122n Campofregoso Antonietto, detto Fileremo – 42, 125n Bozzolani Gervaso, notaio – 146n Canobbio Elisabetta – 130n, 142n Bramante Donato, pittore e architetto – 5, 9, 22, 39, Canova Andrea – 131n, 154n 42-46, 48, 49, 54, 59, 77, 79, 83, 122n, 124n-128n, Cara Roberto – 110n, 117n-119n, 137n, 139n, 143n, 134n, 149n 148n, Bramantino, vedi Suardi Bartolomeo Carcano Cleofe, di Antonio, suora benedettina – 159n Brenna Cosimo, notaio – 136n, Carcano Donato, di Antonio – 128n Brenna Pietro, notaio – 136n Carcano Giacomo Antonio, notaio – 142n Briosco Benedetto, scultore – 28, 30, 31, 72, 118n Carcano Giovanni Pietro, notaio – 142n Brogiolo Gian Pietro – 110n, 111n Carcano Girolamo, di Antonio – 65-68, 128n, 133n, Brugora Maria Caterina, suora benedettina - 80 138n, 141n, 142n Bruzzese Stefano – 108n Carcano, famiglia – 29, 68, 92, 132n, 138n, 159n Buchi Antonio, notaio – 136n Cardani Cristoforo, notaio – 135n Buganza Stefania – 11, 79, 109n, 111n, 112n, 114n- Cariboni Guido – 108n, 150n 120n, 126n, 127n, 129n, 134n, 138n, 139n, 149n, Carlo III di Borbone-Montpensier, connestabile di 150n-153n, 158n Borbone – 88 Bugati Girolamo – 114n Caroldo Giajacopo – 42, 124n, 131n, 145n Buratti Mazzotta Adele – 130n, 133n, 137n, 138n Caroto Giovanni Francesco, pittore – 145n, 146n Burocco Giuseppe Bernardino, frate francescano – Carpaccio Vittorio, pittore – 129n 138n, 139n, 149n Carraresi, famiglia – 23 Burzacchini Gabriele – 109n Carretto (del) Giovanni – 156n Busnago Domenico, notaio – 135n Carrisi Nadia – 11 Buss Chiara – 157n Carvajal Bernardino, cardinale – 69, 80, 131n, 152n Bussolo Pietro, intagliatore – 54, 55, 134n Casati Bernardino – 140n Bussoni Elisabetta, di Francesco conte di Carma- Casati Carlo – 130n gnola, sposa di Francesco Visconti – 57, 131n, 136n Casati Giovanni Luigi, notaio – 153n Bussoni Luchina, di Francesco conte Carmagnola, Casati Maria Letizia – 113n sposa di Aloisio Dal Verme – 63 Casati Niccolò – 140n Busti Agostino, detto il Bambaia, scultore – 79, 83, Casati Nicolino, notaio – 126n 110n, 123n, 129n, 150n, 151n, 152n Casati Veronica, sposa di Carlo Visconti – 140n Butinone Bernardino, pittore – 32, 33, 35, 36, 38, 46, Casciaro Raffaele – 135n 72, 77, 119n, 120n, 127n, 143n Caselli Corrado – 128n, 144n, 151n Caccia Ardicino, notaio – 154n Casero Andrea Luigi – 124n Cacherani Franceschino, notaio – 115n Cassanelli Roberto – 124n Cadili Alberto – 109n, 116n, 139n Castelfranghi Vegas Liliana – 108n Caffi Michele – 116n, 124n Castello (da) Francesco, di Lorenzo, orafo – 144n Cagnola Giovanni Francesco, notaio – 115n Castello (da) Francesco, di Maurizio, miniatore – 144n Cagnoli Sperindio, pittore – 71, 72, 137n, 148n, Castiglioni Battista, di Guarnerio – 132n Caimi Bernardino, frate francescano osservante – 142n Castiglioni Branda, cardinale – 17, 108n, 128n Cairati Carlo – 11, 113n, 120n, 124n, 125n, 129n, Castiglioni Branda, vescovo di Como – 51 135n, 136n, 138n, 150n, 152n, 158n, Castiglioni Cristoforo – 108n Cairati Lazzaro, notaio – 129n, 133n, 139n, 140n, Castiglioni di Casciago, famiglia – 132n Calco Tristano – 15, 122n Castiglioni Gian Giacomo – 13 Caldara Elena – 130n, 134n Castiglioni, famiglia – 108n, 132n Calderari Lara – 11, 128n, 147n Caterina da Troncazzano, suora domenicana – 152n

162 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Caterina Visconti, duchessa di Milano – 14 Colombo Silvano – 120n Cattaneo Giovanni Antonio – 144n Colonna, famiglia – 14 Cattaneo, famiglia - 17 Comincini Marco – 127n, 158n Cauchies Jean-Marie – 109n Conconi Massimo – 136n Cavalieri Federico – 137n, 139n, 158n Confalonieri Agostino, notaio – 138n Cavanna Lucio – 127n Contamine Philippe – 124n, 151n Cavazzini Laura – 114n, 117n, 118n Corbetta (da) Gualtiero – 19, 111n Cazzani Eugenio – 110n Corbetta (da) Santino, di Andrea, intagliatore – 55, 56 Cazzaniga Francesco, scultore – 30, 54 Corbetta (da), famiglia di intagliatori – 56, 135n, Cazzaniga Tommaso, scultore – 30, 31, 118n 136n Celso da Bologna, notaio – 134n Cordera Paola – 142n Cenedella Cristina – 115n Corio Bernardino – 108n, 141n Cengarle Federica – 11 Corradi Giovanni, frate francescano – 116n Cerboni Baiardi Giorgio – 126n Correggio (da) Eleonora, sposa di Eleuterio Rusca – Ceresatto Alessandro – 108n 113n, 138n Ceriana Marco – 112n Corsaro Antonio – 121n Ceriana Matteo – 121n, 157n Cosimo de Medici, signore di Firenze – 51, 130n, Cerioni Lydia – 143n Covini Maria Nadia – 11, 117n, 118n, 124n, 136n, Ceruti Antonio – 141n 141n, 148n Cervini Rosangela – 136n Cristina di Danimarca, duchessa di Milano, signora Cesariano Cesare, pittore – 72, 77-79, 128n, 144n, di Tortona, duchessa di Lorena – 113n 150n, 151n Crivelli Antonio Maria, conte di Dorno e Lomello – Ceschi Lavagetto Paola – 157n 158n Challant Bianca Maria, contessa di – 88, 89, 90, 155n, Crivelli Francesco, di Antonio Maria, conte di Dorno 156n, 157n e Lomello – 158n Challant Renato, conte di – 85, 87, 90 Crivelli Gottardo, orafo – 53, 134n Chaney Edward – 113n Crivelli Ugolotto, conte di Dorno e Lomello – 132n Charles d’Amboise, governatore di Milano – 36 Crivelli, famiglia – 132n, 134n Charles Fiorato Adelin – 157n Croce Benedetto – 111n Chavarría Arnau Alexandra – 110n, 111n Crotti Donnina, sposa di Gian Gaspare Visconti – 154n Chiabò Maria – 152n Cusani Aloisio – 54 Chiara Piero – 152n Da Corte Bernardino – 121n Chiesi Giuseppe – 11 Da Corte Ginevra, sposa di Francesco Visconti di Chittolini Giorgio – 11, 108n-110n, 120n, 126n, Crenna – 118n 130n, 137n, 148n Daiberti Giovanni Antonio, notaio – 119n Cinquini Adolfo – 109n Dal Verme Federico – 158n Ciocca Giovanni Pietro, notaio – 114n Dal Verme Pietro – 67, 132n Cittadini Girolamo, poeta - 87 Dal Verme, famiglia – 127n Cittadini Lucrezia, sposa di Francesco Besozzi – Daverio Lorenzo, notaio – 135n, 142n 158n De Donati Ambrogio, intagliatore – 55 Clemente VII, Giuliano de Medici, pontefice – 130n De Donati Giovanni Pietro, intagliatore – 55, 135n Cogliati Filippo, notaio – 146n De Donati Ludovico – 110n Colleoni Margherita, di Niccolò, sposa di Gian Gia- De Donati, famiglia di intagliatori – 55, 110n, 130n, como Trivulzio – 124n 135n Colleoni Niccolò – 124n De Matteis Valeria – 125n Collura Domenico – 147n De Pagave Venanzio – 73, 119n, 149n Colombo Beppe – 110n De Vecchi Pier Luigi – 137n Colombo Giuseppe – 142n Decembrio Candido (anche Candido da Vigevano) Colombo Mariaebe – 114n – 31, 114n

163 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Del Bo Beatrice – 130n Este (d’), famiglia – 17, 113n, 131n Del Conte Donato – 117n, Etienne Noémi – 151n, 159n Del Poggetto Paolo – 121n Eustachi Filippo – 134n Del Tredici Federico – 11, 116n Extermann Grégoire – 151n, 159n Dell’Acqua Gian Alberto – 147n, 149n, 152n Facchinetti Simone – 127n, 135n, 148n Della Chiesa Giovanni, pittore – 136n Falco Giorgio – 111n Della Chiesa Matteo, pittore – 136n Farbaky Péter – 144n Della Croce Damiano – 31 Farina Paolo Maria – 127n Della Croce Giovanni Ambrogio, notaio – 140n Fassi Raffaella – 127n Della Croce Susanna, sposa di Lodrisio Visconti di Fedeli (de) Matteo, pittore – 42, 43, 54, 134n Besnate – 125n Fedeli (de) Stefano, pittore – 143n Della Gasperina Diego – 114n, 115n Fedeli (de), famiglia di pittori – 116n Della Scala, famiglia – 23 Federico da Montefeltro, duca d’Urbino – 44, 126n Della Torre Gaspare – 85 Fermini Andrea – 46-48, 127n, 128n Della Torre Giacomo Antonio vescovo di Cremona – Ferrari Bernardino, pittore – 119n, 158n 30, 31 Ferrari Gaudenzio, pittore – 59, 71, 137n, 142n, Della Torre Giovanni Francesco – 31 147n, 148n, Della Torre o Torriani, famiglia – 139n Ferrero Sebastiano – 36, 67, 86 Della Torre Pagano, personaggio letterario – 15 Fiamma Galvano – 5, 14, 15, 108n, 109n, 116n Della Valle Angelino – 51 Fieschi, famiglia – 14 Della Valle Francesco – 114n Filarete, vedi Averulino Antonio – 48, 50, 51, 53, Delmoro Roberta – 110n, 112n, 113n 130n, 134n Dempsey Charles – 123n Filippo II d’Asburgo, re di Spagna e duca di Milano Di Filippo Claudia – 82, 154n – 19 Di Francesco Carla – 123n Filippo III d’Asburgo, re di Spagna e duca di Milano Di Giampaolo Mario – 157n – 19 Di Lorenzo Andrea – 120n, 130n, 135n, 148n Filippo Maria Visconti, terzo duca di Milano – 11, Di Macco Michele – 147n 16, 19, 22, 28, 122n Di Tullio Matteo – 11, 119n Finoli Anna Maria – 134n Dilemmi Giorgio – 125n Fiorio Maria Teresa – 110n, 113n, 114n, 121n, 124n, Dillon Bussi Angela – 129n 151n, 153n, 155n, 156n Dionisotti Carlo – 113n Flora Francesco – 110n Donati Claudio – 111n Flores D’Arcais Francesca – 120n, 124n Doninio Pietro Aloisio – 122n Floriani Piero – 126n Dozio Davide – 11, 119n Folin Marco – 11, 128n Draghi Nazzaro – 134n Fonduli Agostino, plasticatore – 54, 59 Dugnani, famiglia – 132n Foppa Vincenzo, pittore – 41, 46, 53, 61, 116n, 127n, Durazzo, famiglia – 131n 129n, 130n, 134n, 138n, 143n, 147n, 157n, Eleonora d’Aragona, duchessa di Ferrara – 48, 128n Fornari Giuseppe Maria – 27, 29, 30, 32, 117n, 118n, Elm Kaspar – 137n 119n, 140n Elsig Frédéric – 131n, 143n, 151n Forti Grazzini Nello – 113n Enrico da Monza, notaio – 115n, 126n, 127n, 153n Fossaluzza Giorgio – 110n Ernest Germana – 152n Fossati Felice – 114n, 116n Esch Arnold – 122n Fossati Marco – 108n Este (d’) Baldassarre, pittore – 51, 120n, 129n Francesco da San Colombano, frate francescano – Este (d’) Beatrice, del marchese Niccolò, sposa di 141n Tristano Sforza – 63, 138n Francesco I Sforza, duca di Milano – 29, 51, 130n, 152n Este (d’) Beatrice, sposa di Galeazzo I Visconti – 25, Francesco II Sforza, duca di Milano – 91, 92, 111n, 122n, 139n, 144n 121n, 145n, 150n, 159n

164 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Frangi Francesco – 149n, 157n, 159n Giovanni Antonio da Montonate, pittore – 71 Freganeschi Francsco, notaio – 154n Giovanni da Olmütz – 17 Frigerio Pierangelo – 108n Giovanni di Balduccio, scultore – 117n Frommel Christoph Luitpold – 122n, 125n, 128n Giovanni Giorgio Paleologo, marchese del Monfer- Fubini Riccardo – 123n, 126n, 129n, 131n rato – 17 Gaborit Jean-René – 117n Giovio Paolo – 18-20, 110n, 111n, 112n, 113n Gabotto Ferdinando – 141n Gira Boniforte, notaio – 134n, 140n, 146n Gaglia Pierluigi – 147n Giulini Giorgio – 114n Gagliardi Isabella – 137n Gnaccolini Laura – 134n Gagliardo Matilde – 123n Godi Carlo – 155n, 158n Galasso da Correggio – 109n Gombrich Ernst Hans – 19, 113n, 154n Galasso Giuseppe – 108n Gonzaga Antonia, sposa di Alfonso Visconti – 110n Galeazzi Regola, sposa di Battista Visconti – 51 Gonzaga Ferrante - 68 Galeazzo I Visconti, signore di Milano – 19, 112n Gonzaga Francesco II – 128n, 129n Galeazzo II Visconti, signore di Milano – 16, 19, 75, Gonzaga Ludovico, marchese di Mantova – 44, 117n 112n Gonzaga, famiglia – 5, 49, 88, 128n, 131n Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano – 16, 29, 40, Grassi Liliana – 134n 42, 51, 52, 116n, 122n-124n, 131n, 132n Grassi Lucrezia, sposa di Girolamo Figino – 37 Galimberti Paolo Maria – 135n Gregio Giovanni – 66 Gallarati Giacomo, di Aloisio – 142n, 145n Gregori Mina – 110n, 112n, 120n, 127n, 136n, 146n, Gallerani Cecilia, amante di Ludovico il Moro, sposa 147n, 149n, 153n, 157n di Ludovico Bergamini – 67, 86, 150n Griffi Ambrogio – 77, 120n, 143n, 150n Gallerani Paola Isabella – 131n Grosselli Zelia – 137n, 138n Galli Giovanni Angelo, notaio – 120n, Grossino Francesco, oratore del marchese di Man- Gallori Tania Corinna – 11, 137n, 143n, 159n tova – 87 Ganna Raffaella – 120n, 135n Grumello Antonio – 87, 156n Garbagnati Giovanni Filippo – 62, 138n Guerra Andrea – 121n Gaspardone o Scapardone Bianca Maria, sposa di Guerrieri Ludovico, oratore del marchese di Man- Ermes Visconti – 86-90, 92, 132n, 156n, 157n tova – 88 Gaspardone o Scapardone Giacomo – 86, 155n Guglielmetti Villa Gemma – 114n Gasparri Stefano – 111n Gugliemo V Wittelsbach, detto il Pio, duca di Ba- Gatti Perer Maria Luisa – 108n, 111n, 112n, 114n, viera – 20 115n, 116n, 127n, 149n, 150n, 152n Guillaume Jean – 124n, 151n Gazzini Marina – 152n Hakelberg Dietrich – 113n Gentile Marco – 111n Haskell Francis – 111n Ghilini Maria, sposa (1) di Pietro Alciati, (2) di Fi- Heenes Volker – 113n lippo Maria Visconti – 24, 72, 115n Ianziti Gary – 109n Ghinzoni Pietro – 82, 154n Ibsen Monica – 11, 110n, 111n Ghiringhelli Bartolomeo, notaio – 119n Imhof Jacob Wilhelm – 18, 111n Giacomini Laura – 113n, 154n Innocenzo VIII, Giovanni Battista Cybò, pontefice Giacosa Giacomo – 155n, 156n, 157 – 5, 48, 128n Gian Galeazzo Sforza, duca di Milano – 143n Isabella d’Aragona, duchessa di Milano – 122n, 125n Gian Galeazzo Visconti, primo duca di Milano – 14- Isabella d’Este, marchesa di Mantova – 85-87, 144n, 16, 23, 112n 145n Giannini Massimo Carlo – 15, 109n, 111n Isella Dante – 122n Gibellini Pietro – 122n Jacopino da Tradate, scultore - 21 Giordano Luisa – 125n, 128n Jestaz Bertrand – 151n Giovanni Agostino da Lodi, pittore – 119n, 132n, Junot d’Abrantès Laure – 157n 153n Lampugnani Oldrado - 29

165 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Lando Ortensio – 121n Maino (del) Ambrogio, di Andreotto – 65, 66, 68, Landriani Ludovico, preposito di Viboldone – 17 130n, 133n, 141n, 142n, 158n Landriani, famiglia – 17 Maino (del) Andreotto – 142n Langé Santino – 115n, 138n, 151n Maino (del) Elisabetta, di Lancellotto, sposa di An- Latuada Cristoforo, di Giovanni Antonio, vescovo di tonio Carcano – 63 Glandèves – 142n Maino (del) Giacomo, intagliatore – 56, 134n, 135n, Latuada Serviliano – 136n, 153n 136n Leonardo da Vinci, pittore – 54, 126n, 134n Maino (del) Lancellotto – 142n Leonello d’Este, marchese di Ferrara – 40, 123n Maino (del) Rossana, di Lancellotto, sposa di Fran- Lepori Pietro, notaio – 119n, 139n cesco Castiglioni – 63, 132n, 142n Leverotti Franca – 11, 108n, 115n, 117n, 123n, 126n, Maino (del), famiglia – 29, 55, 68, 117n, 141n, 158n 129n, 131n Mainoni Patrizia – 108n Leydi Silvio – 11, 142n, 154n Maiocchi Rodolfo – 134n Litta Pompeo – 11, 23, 25, 113n, 115n, 131n, 132n Malaguzzi Valeri Francesco – 124n Lomazzo Giovanni Paolo, pittore – 121n Malanca Alessandra – 109n Lombardi Marco, pittore – 134n Malaspina, famiglia – 17 Lombardo Tullio, scultore – 37, 121n Maltagliati Ornella – 115n Longhignana (Rimoldi da Turate) Ambrogino – 31 Manfredi Leta, sposa di Guido Visconti – 140n Longoni Virginio – 116n, 153n Mantegazza Agostino, notaio – 149n Lorenzi Serafico – 146n Mantegazza Alessandro, notaio – 149n Lorenzo de Medici – 126n, 130n Mantegazza Filippo detto il Cassano, stampatore – Lotti Carlo Alberto – 121n 109n Louis de Luxemborug, conte di Ligny – 67, 68 Mantegazza Francesco – 83, 152n Luchs Alison – 121n Mantegazza, famiglia – 132n Lucioni Alfredo – 130n, 142n Mantegna Andrea, pittore – 128n, 129n, 131n, 134n, Ludovico Maria Sforza, detto il Moro, duca di Mi- 145n, 146n lano – 5, 16, 22, 38, 53, 66, 80, 86, 111n, 118n, 122n, Marani Pietro Cesare – 90, 136n, 142n, 150n, 153n, 130n, 131n, 143n, 145n, 150n, 152n 156n, 157n Luigi XII d’Orleans, re di Francia – 66, 119n, 120n, Marco d’Oggiono, pittore – 36, 37, 67, 77-79, 81, 83, 133n, 141n, 145n, 151n, 158n, 86, 119n, 121n, 142n, 151n, 153n Luini Bernardino, pittore – 9, 34, 70, 81, 84, 88-93, Marcora Carlo – 125n, 150n 110n, 112n, 119n, 136n, 152n, 153n, 155n-159n Margherita da Lodi, suora domenicana – 152n Lunati, famiglia – 115n Marliani Antonio, maestro delle entrate – 119n Luzio Alessandro – 144n Marliani Giovanni Francesco, di Antonio – 34, 133n Maccabruni Claudia – 109n Marliani Lucia – 115n Machiavelli Niccolò – 18, 110n, 111n, 113n, 123n Marliani, famiglia – 11, 115n Mack Peter – 113n Marsili Giulia – 114n Maddalo Silvia – 152n Martinis Roberta – 126n, 130n, 134n Maestri (de Magistris) Bassanolo, pittore – 24 Martino della Gazzada – 60 Maestri (de Magistris) Stefano, di Bassanolo, pittore Marubbi Mario – 135n, 137n, 144n – 24, 25, 116n, Masi Chiara – 137n Maffei Niccolò – 156n Masolino da Panicale, pittore – 40, 123n Magenta Guido – 154n Massimiliano d’Asburgo, re dei romani – 122n, 147n, Maggiolini Francesco – 126n Massimiliano Sforza, duca di Milano – 34, 66, 69, 86, Magnifico Marco – 119n 92, 130n, 145n, 158n Maineri Carlo, musico e scrittore – 52 Matilde di Canossa – 17 Maineri Giovanni Francesco, miniatore – 131n Matteo Visconti, detto Magno, signore di Milano – Maineri, famiglia – 131n 16, 18, 19, 75, 114n, Maino (del) Agnese – 25, 63 Matthew Merkley Lora L. – 130n

166 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

May Caterina, sposa di Galeazzo Visconti conte di Muralto Francesco – 37 Busto Arsizio – 145n Muscolino Cetty – 123n Mazzilli Savini Maria Teresa – 115n, 116n Nardi Pietro – 157n Mazzocca Fernando – 112n Natale Alfio Rosario – 111n, 123n Meda Antonio, orafo – 54 Natale Mauro – 11, 110n, 118n, 121n, 127n, 129n- Medici Antonio, notaio – 117n, 118n 131n, 143n, 146n, 147n, 151n, 153n, 159n Medici Guidetto, notaio – 117n Natale Vittorio – 147n Meiss Millard – 131n Negri Princivalle, miniatore – 137n, 138n Melegari Valente – 152n Negroni Lancellotto, notaio – 139n Melzi Francesco, pittore – 153n Nepi Scire Giovanna – 150n Melzi Lodovico – 130n, 140n, 142n Neri Ferdinando – 155n, 157n Menez de Silva Amadeo, frate francescano – 80 Niccolò da Gerenzano, ricamatore – 69, 143n Merkley Paul A. – 130n Noto Antonio – 137n, 138n, 139n Merlo Giovanni Grado – 137n, 138n, 139n, 152n Nova Alessandro – 137n Merula Giorgio – 15, 18 Nuti Lucia – 128n Meschini Stefano – 119n, 120n, 133n, 141n, 142n, Occhipinti Elisa – 111n 145n, 158n Odet de Foix, conte di Lautrec e Comminges – 63, 76 Michelino da Besozzo, pittore – 14, 109n Oliva Anna Maria – 152n Middeldorf Ulrich Alexander – 117n Oltrona Visconti Gian Domenico – 140n, 144n Miglio Massimo – 152n Origgi Paolo – 11 Mirabile Davide – 11, 71, 112n, 117n, 120n, 138n, Osimo Alba – 11, 125n 140n, 147n Ostinelli Paolo – 11 Moietta da Caravaggio Niccolò, pittore – 158n Ottone Visconti, signore e arcivescovo di Milano – Momesso Sergio – 150n 13, 19 Mondini Livio – 146n, 158n Pacelli Vincenzo – 137n Monducci Elio – 128n, 144n, 151n Pagani Bartolomeo, notaio – 33, 119n, 133n, 140n, Monferrini Sergio – 114n, 126n 141n, 142n Mongeri Giuseppe – 131n Pagani Elisabetta, sposa di Francesco Besozzi – Montorfano Battista, pittore – 116n 158n, 159n Montorfano Donato, pittore – 134n Pagani Francesco, notaio – 125n, 128n, 133n, 136n, Montorfano, famiglia di pittori – 116n 138n, 140n, 141n, 143n, 146n, 154n, 155n, 157n Morandotti Alessandro – 11, 119n, 149n Pagani Martino, notaio – 140n, Morel Philippe – 123n Palazzi Lazzaro, architetto – 62, 65, 138n, 140n Moressi Manuela M. – 121n Palazzi Prudenza, di Lazzaro – 138n Moretti Cristoforo, pittore – 41, 116n, 124n Pallavicini di Busseto Antonio Maria, di Pallavicino Morigia Bonincontro – 16, – 63, 121n Morigia Filippo Maria, di Giacomo – 148n Pallavicini di Busseto Carlo, di Pallavicino, vescovo Morigia Francesco, di Giovanni – 148n di Lodi Morigia Giacomo – 72, Pallavicini di Busseto Cristoforo – 91, 132n Morigia Giovanni – 148n Pallavicini di Busseto Maddalena, di Pallavicino, Morigia, famiglia – 72, 110n sposa di Francesco Bernardino Visconti – 37, 118n Morisi Guerra Anna – 141n, 152n, 153n Pallavicini di Cortemaggiore Manfredo – 91 Moro Franco – 146n, 159n Pallavicini, famiglia – 17, 86, 119n, 132n Mosconi Anacleto – 139n, 146n Panigarola Arcangela, di Gottardo – 79, 80, 150n, 153n Motta Emilio – 116n, 134n, 139n-142n, 156n Panigarola Bramante, di Ottaviano – 79 Moyne (le) Pasquier, ingegnere francese – 61, 62 Panigarola Ottaviano, di Gottardo – 77 Mulas Pier Luigi -124n, 129n, 144n Panigarola, famiglia – 127n Mulazzani Germano – 152n Panzeri Federica – 11 Müller Giuseppe – 156n Paolo Diacono – 16

167 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Paolucci Antonio – 127n Pusterla Baldassarre, di Pietro – 58, 156n Passoni Maria Cristina – 124n, 135n, 136n Pusterla Bona, di Giuliano, sposa di Cristoforo Pal- Patetta Luciano – 128n, 130n, 137n lavicini – 132n Pavesi Mauro – 113n, 154n Pusterla Daria, di Baldassarre, sposa di Bergonzio Pedralli Monica – 124n Botta – 88 Pellegrin Elisabeth – 112n Pusterla Francesco – 139n Pellegrini Letizia – 117n, 137n, 142n, Pusterla Giovanna, di Pietro, sposa di Battista Vi- Percopio Erasmo – 126n sconti – 84, 86, 131n Perego Marco, notaio – 125n, 126n Pusterla Giovanni Battista, di Baldassarre – 91, 136n, Perin Antonella – 155n 150n, 152n, 158n Perogalli Carlo – 130n Pusterla Giuliano, di Pietro – 58, 131n, 132n Peroni Adriano – 129n Pusterla Giuseppe, notaio – 119n Peroni Francesca Maria – 129n, 131n Pusterla Pietro, di Baldassarre – 58, 85, 136n Pertot Gianfranco – 115n, 126n Pusterla Pietro, di Giovanni – 117n, 145n Pescarmona Daniele – 113n, 118n Pusterla Zanotto, notaio – 113n Pessina, famiglia di pittori – 142n Pusterla, famiglia – 29, 58, 85, 87, 91, 92, 114n Petrarca Francesco – 51, 123n Pyle Cynthia Munro – 122n, 125n Petrucci Franca – 141n Quartieri Roberto – 152n Petti Balbi Giovanna – 108n Quattrini Cristina – 11, 119n, 129n, 130n, 150n, Peyronel Susanna – 115n, 128n, 136n 152n, 153n, 157n, 158n Piantanida Galvagno, notaio – 140n Radaelli Carlo – 122n, 123n Piatti Pietro Antonio, detto Piattino, scultore – 42, Raffaello Sanzio, pittore – 44, 121n, 127n 118n, 125n, 131n Raimondi Antonio, pittore – 9, 50, 53-55, 57-59, 62, Piazza Giovanni Maria – 129n 77, 134n, 136n, 137n, 138n Pietro da Cardona - 88 Raimondi Francesco, pittore – 55, 134n Pietro da Castelletto, frate – 14, 15, 109n, Raimondi Pietro, pittore – 134n Pietro da Velate, pittore – 54, 70 Ramakus Gloria – 123n Pini Vittorio – 158n Ratti Edoardo – 108n, 109n Pinna Enrica – 133n Raverti Girolamo – 141n Piretta Silvia – 137n Ravizzoni Gregorio, notaio – 140n Pisanello, vedi Antonio di Puccio Pisano – 19, 123n, Rebora Sergio – 135n, 150n Pisani Brunella – 152n Reeves Marjorie – 152n Pisoni Pier Giacomo – 109n Reggiori Ferdinando – 128n Poldi Gianluca – 117n-119n Renier Rodolfo – 122n, 125n, 127n, 144n Porro Giovanni Pietro – 155n Repishti Francesco – 11, 138n, 151n, 159n Porro Giovannina, sposa di Ambrogino Longhi- Repossi Giovanni, notaio – 144n gnana – 31, Resta Giovanni Simone – 144n Porro, famiglia – 92, 155n Resta Susanna, suora benedettina – 155n Portinari Azarito – 53, 124n Ricci Giovanni – 128n Portinari Folco – 130n Ricci Giovanni Pietro, pittore – 55 Portinari Pigello – 53, 130n Riegel Nicole – 122n, 137n, 138n, 150n Prato Giovanni Andrea – 121n, 139n, 149n, 150n, Rizzoli Giovanni Pietro, detto Giampietrino, pittore 156n – 146n, 153n Predis (de), famiglia di pittori – 136n Robbiati Giovanni Antonio, notaio – 148n, 156n, Previtali Giovanni – 129n 158n, 159n Prevosti Chiara – 146n Roberti (de’) Ercole, pittore – 128n Prisciani Pellegrino – 78 Robertson Charles – 42, 124n, 125n Pusterla Anna, di Baldassarre, sposa di Tommaso del Rocca Alberto – 152n, 154n Maino – 157n Roeri Eleonora, sposa di Guido Visconti – 145n

168 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Romano Cristina – 144n Santoro Caterina – 117n, 131n, 141n-143n, 155n Romano Giovanni – 59, 108n, 110n, 127n, 128n, Sanudo Marina – 118n, 141n, 142n, 156n 129n, 130n, 137n, 143n, 147n, 148n, 151n Savorgnan, famiglia – 17 Romano Serena – 11, 112n Savy Barbara Maria – 119 Romei Giovanni – 40, 123n Savy Pierre – 111n, Rosmini Carlo – 124n, 125n Scaccabarozzi Paolo - 55 Rossetti Brezzi Elena – 137n Scharf Gian Paolo G. – 126n, 130n, 137n Rossetti Edoardo – 113n, 114n, 117n, 119n, 121n- Schofield Richard – 44, 120n-122n, 125n, 126n, 123n, 125n-128n, 131n, 134n, 136n-139n, 141n- 128n, 129n, 134n, 144n, 151n 146n, 148n, 152n-157n, 159n Schülke Yvonne – 112n Rossetti Gabriella – 108n Schwinn Christa – 112n Rossi Alessandro – 121n, Sciolla Gian Carlo – 135n, 139n Rossi Francesco – 119n Scotti Tosini Aurora – 124n, 125n Rossi Marco – 108n, 112n, 114n, 116n, 124n, 127n Scuccimarra Luca – 109n Rottoli Pietro, ingegnere - 40 Secco Clementina, sposa di Sagramoro Visconti – 28, Rovera Ambrogio – 43, 126n 118n Rovetta Alessandro – 127n, 128n, 144n, 150n, 151n Secco d’Aragona Giacomo – 66 , 141n Rozzo Ugo – 154n Secco Lantelmina, sposa del conte Galeazzo Vimer- Rusca Antonia, di Franchino conte di Locarno, sposa cati – 61, 63 di Giovanni Maria Visconti – 140n Sedini Domenico – 153n Rusca Eleonara da Correggio – 113n, 138n Segarizzi Arnaldo – 124n Rusca Franchino, signore di Como – 23, 112n, 114n Serli da Bologna Pandora, poi suor Ippolita da Bo- Rusca Gian Giacomo – 112n logna, benedettina – 87 Rusca Giovanna, di Franchino signore di Como, Settia Aldo Angelo – 110n sposa di Gasparino Visconti - 23 Settis Salvatore – 123n, 129n Rusca Giovanni, di Franchino conte di Locarno – 132n Sevesi Paolo Maria – 146n Rusca Lucia, di Franchino signore di Como, sposa Sforza Alessandro – 158n di Bartolomeo Visconti – 63 Sforza Angela, di Carlo, sposa di Ercole d’Este – 126n Rusca, famiglia – 113n Sforza Bianca, di Ludovico il Moro – 122n, 130n Sacchetti Francesco, notaio – 153n Sforza Cesare, di Ludovico il Moro – 67, 86 Sacchi Rossana – 11, 37, 89, 111n, 121n, 124n, 125n, Sforza Francesco – 158n 128n, 142n, 146n, 150n, 151n, 153n, 155n, 156n, Sforza Francesco I, duca di Milano, vedi Francesco 157n, 158n I Sforza Saccomani Elisabetta – 157n Sforza Francesco II, duca di Milano, vedi Francesco Saluzzo (di) Bianca, sposa di Vitaliano II Borromeo II Sforza – 71, 148n Sforza Galeazzo Maria, duca di Milano, vedi Gale- Salviati Giorgio Benigno (Juraj Dragiši ), frate fran- azzo Maria Sforza cescano – 80, 81, 152n, 153n Sforza Gian Galeazzo, duca di Milano, vedi Gian Sambin De Norcen Maria Teresa – 123n Galeazzo Sforza San Giorgio da Piacenza Serafina, suora benedettina Sforza Giovanni Paolo, di Ludovico il Moro, mar- – 155n chese di Caravaggio – 156n Sandal Ennio – 122n Sforza Giulio, del duca Francesco I – 54 Sannazzaro Giovanni Battista – 155n, 158n Sforza Ippolita, di Carlo, sposa di Alessandro Benti- Sanseverino Antonio Maria – 98 voglio – 67, 86, 87, 89, 93, 126n Sanseverino Galeazzo – 130n, 145n Sforza Ludovico Maria, duca di Milano, vedi Ludo- Sanseverino Roberto Ambrogio, di Giovanni Fran- vico Maria Sforza cesco, conte di Caiazzo – 88, 132n Sforza Maria Sforza, del duca Francesco I – 117n Sant’Ambrogio Diego – 149n Sforza Massimiliano, duca di Milano, vedi Massimi- Santi Giovanni, pittore - 44 liano Sforza

169 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Sforza Sforzino – 158n Strazzera Margherita – 127n Sforza Tristano, del duca Francesco I – 40, 63, 71, Strehlke Carl Brandon – 125n 138n, 148n Stresi Pietro Martire, pittore – 121n Sforza, famiglia – 6, 16, 66, 109n, 117n, 119n, 121n, Suardi Bartolomeo, detto Bramantino, pittore – 5, 9, 125n, 126n, 130n, 134n, 144n, 147n, 156n, 157n 37, 46, 54, 57, 59, 60, 64, 68, 69, 72-74, 79, 81, 110n, Shell Janice – 119n, 120n, 135n, 142n, 146n, 151n, 112n, 121n, 125n, 127n, 137n, 138n, 142n, 143n, 152n 148n, 149n, 151n, 153n Sigismondo Ferrarese – 88, 156n Sudati Lancellotto, notaio – 133n, 138n, 140n, 142n, Silva Chiara, amante di Galeazzo Visconti di Gaspare 149n Ambrogio – 149n Sudati Leonardo, notaio – 138n Silvestrelli Maria Rita – 128n Sudati Salomone, notaio – 126n Silvola Benvenuto – 146n Suganappi Maffeo, notaio – 142n Simonetta Angelo, consigliere ducale – 29, 30, 87 Suida Willem – 73, 149n Simonetta Bartolomeo, di Giovanni – 42, 46, 125n Tabacco Giovanni – 111n Simonetta Bianca, di Angelo, sposa di Carlo Sforza – Taegio Paolo – 83, 154n 126n Taegio, famiglia – 111n Simonetta Cecilia, di Cicco, sposa di Gaspare Am- Tamborini Marco – 108n, 115n, 116n brogio Visconti – 39, 45, 122n Tanzi Francesco – 46, Simonetta Francesco, detto Cicco, primo segretario Tanzi Marco – 90, 110n, 113n, 117n, 118n, 120n, – 5, 9, 29, 39-45, 47, 49, 63, 64, 117n, 122n, 123n, 121n, 123n-125n, 137n, 143n, 155n, 157n 125n, 126n Tasso Francesca – 120n Simonetta Giovanni Giacomo, di Cicco - 44 Taverna, famiglia – 115n Simonetta Giovanni, segretario ducale – 42, 44 Terraroli Valerio – 151n Simonetta Marcello – 123n, 126n Teruggi Ivana – 114n, 115n, 124n, 148n Simonetta, famiglia – 29, 40, 44, 63 Terzaghi Agostino, notaio – 122n, 139n Sironi Grazioso – 120n-122n, 125n-127n, 134n- Terzaghi Aloisio, segretario di Ludovico il Moro – 136n, 153n, 155n, 157n, 158n 130n, 134n Sitoni di Scozia Giovanni – 158n Tiberio da Parma, frate umiliato – 112n Solari Cristoforo, scultore e architetto – 72, 77, Tissoni Benvenuti Antonia – 109n Solario Giovanni, ingengere - 40 Tizzoni da Caravaggio Giovita, pittore – 153n Soldi Rondinini Gigliola – 108n-110n, 115n, 129n Toesca Pietro – 23, 114n Soldini Nicola – 111n Tognoli Luisa – 152n Somaini Francesco – 108n, 123n, 124n Tolentino Antonia, di Niccolò, sposa di Galeazzo Vi- Sonnay Jean Francois – 108n sconti conte di Busto Arsizio – 145n Spantigati Carla Enrica – 136n, 137n Tolentino Giovanni, di Niccolò – 125n, 128n Spanzotta Pietro Martire, notaio – 158n Tolentino Ludovico, di Niccolò – 42 Spanzotti, famiglia di pittori – 157n Tolentino, famiglia – 87, 155n Spinelli Damiano – 24, 115n, 116n Tomea Paolo – 109n, 128n Spinelli Marina – 110n Toniolo Federica – 129n Spiriti Andrea – 113n, 147n Tonsi Benedetto, di Michele – 157n Stampa Orsina, sposa di Baldassarre Pusterla – 58 Tonsi Michele – 157n Stampa, famiglia – 11 Tonsi o Tosi, famiglia – 157n Stanga Marchesino – 118n, 121n Torelli Ludovica – 82 Stella Fermo, pittore – 71, 72, 137n, 148n Torno Paola – 135n Stolfi Giuseppe – 124, 125 Torre Carlo – 136n, 153n Stoppa Jacopo – 90, 110n, 113n, 117n, 118n, 120n, Tory Geoffrey, incisore – 18 121n, 124n, 125n, 137n, 143n, 148n, 149n, 155n, 157n Toscano Gennaro – 129n Strada Jacopo – 20, 113n Tosco Carlo – 155n Straszewicz Joseph – 157n Tosi Luca – 155n

170 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Travi Carla – 112n, 113n, 114n, 139n Visconti Antonia di Jerago, sposa di Francesco Bus- Trento Dario – 90, 156n, 157n soni – 131n Trepesch Christof – 112n Visconti Antonia, di Francesco, olim Battista, sposa Trivulzio Antonio, di Erasmo – 132n di Giuliano Pusterla – 58 Trivulzio Carlo – 134n Visconti Antonio Pietro, di Gentile, signore di Orago Trivulzio Catellano – 130n – 64, 140n Trivulzio Erasmo – 132n Visconti Antonio, di Giannotto, signore di Crenna – 24 Trivulzio Erasmo, di Giacomello – 138n Visconti Antonio, di Guido, conte di Lonate Poz- Trivulzio Francesco, di Renato – 151n zolo, signore di Agnadello e Somma Lombardo – 69, Trivulzio Gian Giacomo, detto Magno Trivulzio – 78, 84, 143n, 144n, 146n, 151n 36, 41-43, 47, 66, 68, 69, 72, 76, 118n, 121n, 122n, Visconti Antonio, spenditore del duca Filippo Maria 124n, 125n, 139n, 143n, 150n Visconti 25, 116n Trivulzio Maddalena, di Gian Fermo, sposa di An- Visconti Arcangela, di Gaspare Ambrogio, suora tonio Visconti – 78, 84, 143n agostiniana – 76, 81 Trivulzio Renato, di Francesco – 81, 151n Visconti Ardizzino, di Lodrisio, signore di Besnate – Trivulzio, famiglia – 11, 78, 125n, 133n, 144n 125n Troso da Monza, pittore – 110n, 143n Visconti Azzone, signore di Milano, vedi Azzone Vi- Turpin Antoine, tesoriere del re di Francia – 68 sconti Ulianich Boris – 137n Visconti Barbara, di Battista, olim Francesco 132n Vaccarone Luigi – 155n, 156n, 157n Visconti Bartolomeo di Invorio – 120n Valeri Giacomo – 127n Visconti Bartolomeo, di Antonio – 63 Valle Parri Silvia – 128n Visconti Battista, detto Comparino, di Guido, signore Vallerani Massimo – 108n di Cislago – 26, 69, 70- 73, 78, 117n, 146n, 147n Valperga di Masino Arduino – 88 Visconti Battista, di Antonio, signore di Agnadello e Valvassori, famiglia – 17 Somma Lombardo – 51 Varanini Gian Maria – 117n, 137n, 142n Visconti Battista, di Ermes, olim Battista, signore di Vasari Giorgio – 45, 50, 79, 129n, 145n Agnadello e Somma Lombardo – 68, 84, 89, 92, 143n Vasoli Cesare – 152n Visconti Battista, di Francesco di Massino – 120n Venturelli Paola – 121n, 134n, 144n Visconti Battista, di Francesco, olim Battista, signore Veratelli Federica – 131n di Agnadello e Somma Lombardo – 11, 35, 36, 52, Verga Ettore – 122n 57, 58, 62, 65- 69, 81, 84, 86, 87, 92, 93, 122n, 129n, Vergani Alfredo – 112n 131n-133n, 136n, 140n-144n, 146n, 154n, 155n, Veronica da Binasco, suora agostiniana – 80 156n, 158n Vicedomini, famiglia – 17 Visconti Bernabò, signore di Milano, vedi Bernabò Vicini Donata – 112n Visconti Viganò Antonio – 118n Visconti Bianca Maria, vedi Bianca Maria Visconti Vigliono Davico Micaela – 155n Visconti Bonaventura 159n Villani Giovanni – 18 Visconti Camillo, di Gaspare Ambrogio – 82, 122n, Villata Edoardo – 127n, 134n, 143n, 151n 153n Vimercati Chiara, sposa di Giovanni Maria Visconti Visconti Carlo 113n – 132n Visconti Carlo, di Roberto – 140n Vimercati, famiglia – 132n Visconti Castelbarco, famiglia – 18, 73, 149n, 158n Visconti Alessandro, studioso – 109n, 142n Visconti Caterina, di Giovanni Maria, olim Giovanni Visconti Alfonso, di Pier Francesco – 17, 110n, Antonio, sposa di Ambrogio Visconti – 132n, 144n, Visconti Alfonso, di Tebaldo, olim Guido – 146n 155n Visconti Ambrogio, di Battista, olim Francesco, si- Visconti Caterina, vedi Caterina Visconti gnore di Agnadello e Somma Lombardo – 84, 86, Visconti Cecilia, di Gaspare Ambrogio – 75 132n, 144n, 154n, 155n Visconti Cesare di Cislago (sec. XVII-XVIII) – 72, Visconti Andrea, frate francescano - 139n 73, 149n

171 SOTTO IL SEGNO DELLA VIPERA

Visconti Cesare, di Alberto – 140n 72, 77, 110n, 117n-119n, 122n, 140n, 145n Visconti Cesare, di Carlo, signore di Albizzate-Fon- Visconti Francesco, di Battista, signore di Agnadello taneto (sec. XVII) – 113n e Somma Lombardo – 51, 52, 57, 60, 62-65, 67, Visconti Cesare, di Tebaldo, olim Guido – 146n 116n, 122n, 129n, 131n, 135n, 146n Visconti Chiara, di Galeazzo conte di Busto Arsizio, Visconti Francesco, di Esterolo, olim Giovanni, si- sposa di Pietro Pusterla – 145n gnore di Crenna – 30, 118n Visconti Cristoforo, di Bartolomeo, olim Antonio – Visconti Francesco, di Galeazzo conte di Busto Ar- 54, 57 sizio – 145n Visconti d’Aragona Alberto, di Lancellotto – 64, Visconti Francesco, di Massino – 120n 140n, 156n Visconti Franchino, di Gasparino, olim Giovanni, si- Visconti d’Aragona Ermes Costanzo, di Alberto – gnore di Albizzate – 23 156n, 158n Visconti Galeazzo I, signore di Milano, vedi Gale- Visconti di Brignano, famiglia – 29, 38, 64, 72, 122n, azzo I Visconti 156n Visconti Galeazzo II, signore di Milano, vedi Gale- Visconti di Castelletto-Aragona, famiglia – 29 azzo II Visconti Visconti di Cislago, famiglia – 18, 25, 73 Visconti Galeazzo, di Filippo Maria – 72 Visconti di Fontaneto, famiglia – 25, 141n Visconti Galeazzo, di Gaspare Ambrogio – 75-79, Visconti di Modrone, famiglia – 25 81, 122n Visconti di Saliceto – 29 Visconti Galeazzo, di Giovanni Maria, olim Lancil- Visconti Elisabetta, di Gaspare, sposa di Cicco Si- lotto, signore di Castelletto Ticino – 120n monetta – 63, 122n, 125n, 139n Visconti Galeazzo, di Guido, conte di Busto Arsizio, Visconti Elisabetta, di Leonardo, sposa di Giacomo signore di Agnadello e Somma Lombardo – 62, 70, Morigia – 72, 148n, 155n, 156n 133n, 140n, 143n, 145n, 146n, 149n Visconti Enrica, di Bernabò e sposa di Franchino Visconti Galeazzo, notaio – 153n, 154n Rusca signore di Como – 112n Visconti Gaspare Ambrogio, di Gaspare, consigliere Visconti Eriprando, personaggio mitico – 14, 15 ducale e poeta – 11, 15, 19, 22-24, 37, 39, 41-50, 75- Visconti Ermes di San Vito (sec. XVIII) – 136n 79, 81-83, 94, 109n, 114n, 120n, 122n, 125n, 127n, Visconti Ermes, di Battista, olim Francesco, signore 128n, 151n, 153n, 154n, di Agnadello e Somma Lombardo – 84-92, 132n, Visconti Gaspare, di Azzone, signore di Jerago – 65, 136n, 143n, 156n-158n 133n, 141n Visconti Ermes, di Lancillotto, signore di Castelletto Visconti Gaspare, di Camillo, olim Gaspare Ambro- Ticino – 120n gio – 20 Visconti Esterolo, di Giovanni, olim Esterolo, si- Visconti Gaspare, di Giovanni Maria di Fontaneto – gnore di Crenna – 25, 116n 82, 154n Visconti Esterolo, di Lodrisio, signore di Crenna – Visconti Gaspare, di Pietro, olim Gaspare – 24, 122n 24, 116n, 120n Visconti Gaspare, di Pietro, signore di Jerago – 122n Visconti Eugenio, di Bartolomeo di Invorio, pittore Visconti Gaspare, di Uberto, signore di Arona e Al- – 120n bizzate – 19-23, 39, 45, 109n, 114n, 123, 148n Visconti Filippo Maria, di Gaspare, signore di Albiz- Visconti Gasparino, di Gaspare, signore di Jerago – zate, Fagnano Olona e Fontaneto – 22-24, 41, 115n 116n Visconti Filippo Maria, duca di Milano, vedi Filippo Visconti Gasparino, di Giovanni, olim Uberto – 23 Maria Visconti Visconti Gentile, signore di Orago – 64, 140n Visconti Fiorbellina, di Lodrisio, sposa di Antonietto Visconti Giacomo Antonio, di Gaspare Ambrogio – Campofregoso – 42, 125n 114n, 122n, 154n Visconti Francesco (Giovanni Francesco), di Battista, Visconti Giacomo di Besnate – 140n olim Francesco, signore di Agnadello e Somma Lom- Visconti Gian Galeazzo, primo duca di Milano, vedi bardo – 66, 84, 86-88, 91, 92, 132n, 133n, 141n, 143n, Gian Galeazzo Visconti Visconti Francesco Bernardino, di Sagramoro, con- Visconti Gian Gaspare, di Gaspare Ambrogio – 19, sigliere ducale e signore di Brignano – 11, 32-38, 64, 122n, 154n

172 Visconti Gian Gaspare, di Gian Gaspare – 19, 82, abate di San Celso – 36, 38, 61, 72, 77, 118n, 122n 154n Visconti Lodrisio, di Guglielmo, signore di Besnate Visconti Giovanni Aloisio, di Francesco di Massino – 125n – 120n Visconti Lodrisio, signore di Crenna sconfitto a Pa- Visconti Giovanni Aloisio, di Gasparino, olim Gio- rabiago – 24, 115n vanni, signore di Albizzate – 23 Visconti Luchino, signore di Milano – 19 Visconti Giovanni Andrea, di Vercellino – 85, 132n Visconti Lucia, di Battista, olim Francesco, sposa di Visconti Giovanni Battista detto il Risoluto, di Prin- Marcantonio Pallavicini – 132n civalle – 146n Visconti Lucia, di Francesco, sposa di Giovanni Ago- Visconti Giovanni Battista, di Antonio, olim Guido stino Vimercati – 132n – 84, 143n, 144n Visconti Lucia, di Gaspare Ambrogio, sposa di Si- Visconti Giovanni Giacomo, di Giovanni Antonio, mone Magenta – 122n olim Gaspare Ambrogio – 114n, 154n Visconti Ludovico, di Battista, olim Francesco – Visconti Giovanni Maria (sec. XVII) – 18 132n, 155n Visconti Giovanni Maria, di Filippo Maria, olim Ga- Visconti Ludovico, di Giovanni Maria, olim Filippo spare, signore di Albizzate e Fontaneto – 22, 23, 71, Maria (Visconti Borromeo) – 71, 72, 119n, 133n, 115n, 124n 140n, 148n, Visconti Giovanni Maria, di Giovanni Antonio – Visconti Luigi, di Galeazzo conte di Busto Arsizio – 132n, 155n 145n, 146n Visconti Giovanni Maria, di Lancillotto – 120n, 140n Visconti Margherita, di Lodrisio – 125n Visconti Giovanni Maria, secondo duca di Milano – Visconti Margherita, di Uberto, sposa di Francesco 109n Pusterla – 139n Visconti Giovanni Pietro, di Giacomo, signore di Be- Visconti Matteo Magno, vedi Matteo Visconti, detto snate – 140n Magno Visconti Giovanni Pietro, di Pietro, olim Gaspare – Visconti Matteo, di Battista, olim Francesco – 132n 23, 24, 81, 82, 115n, 154n Visconti Melchiorre, di Ermes di Castelletto – 120n, Visconti Giovanni, di Esterolo, olim Lodrisio, si- 140n gnore di Crenna – 116n Visconti Orsina, di Francesco, sposa di Antonio Tri- Visconti Giovanni, di Uberto – 114n vulzio – 132n Visconti Giovanni, signore e arcivescovo di Milano – Visconti Ottone – 117n 14, 109n, 112n, 113n, 139n Visconti Ottone, di Battista, olim Francesco – 132n Visconti Girolamo (nonno di Giovanni Giacomo) – 22 Visconti Ottone, personaggio mitico – 14, 15 Visconti Girolamo, di Antonio, olim Guido – 143n, Visconti Ottone, arcivescovo e signore di Milano, 144n vedi Ottone Visconti Visconti Girolamo, di Gaspare Ambrogio – 39, 46, Visconti Ottorino, di Uberto – 139n 82, 122n, 153n Visconti Pallavicino, di Francesco Bernardino, abate Visconti Girolamo, di Giovanni Maria, olim Filippo di San Celso – 36, 77 Maria – 85, 115n Visconti Paolo, di Gaspare Ambrogio – 81, 82, 122n, Visconti Giulio (sec. XVIII) – 114n 153n, 154n Visconti Guglielmo, di Uberto – 114n Visconti Pier Francesco, di Leonardo – 17, 27, 28, Visconti Gugliemo, signore di Besnate – 125n 29, 30, 31, 32, 33, 110n, 117n Visconti Guido, di Battista, signore di Agnadello e Visconti Pietro Martire, di Battista, olim Francesco – Somma Lombardo – 51, 52, 60, 63, 64, 69, 70, 78, 132n 116n, 133n, 135n, 140, 143, 145 Visconti Pietro, di Gaspare, olim Uberto, signore di Visconti Isabella, di Galeazzo conte di Busto Arsi- Arona e Albizzate – 19, 22, 23, 24, 114n, 115n, 122n zio, sposa di Giacomo Gallarati – 145n Visconti Pietro, zio di Matteo Magno – 114n Visconti Leonardo, di Sagramoro, olim Bernabò si- Visconti Placida, suora benedettina – 155n gnore di Milano – 28, 29, 32 Visconti Princivalle, di Gaspare, olim Camillo 113n Visconti Leonardo, di Sagramoro, olim Leonardo, Visconti Princivalle, di Guido, signore di Agnadello

173 e Somma Lombardo – 70, 93, 135n, 146n Visioli Monica – 130n Visconti Prospero, di Gian Gaspare – 19, 20, 83, Vismara Giacomino, pittore – 41 113n, 154n Vismara Gian Rodolfo – 61, 139n Visconti Sagramoro, di Leonardo, olim Sagramoro – Vismara Paola – 152n, 154n 27-29, 117n, 118n, 119n Vitali Flaviano – 115n Visconti Stefano, di Matteo Magno – 75 Vitolo Giovanni – 108n Visconti Taddea (o Bonatteadea), di Gaspare Am- Vittore da Sant’Angelo, frate francescano e pittore – brogio, suora agostiniana – 76, 81 61, 126n, Visconti Tebaldo, di Guido, signore di Agnadello e Waldman Louis A. – 144n Somma Lombardo – 146n Weiss Roberto – 129n, 131n, 150n Visconti Tullio, di Francesco di Massino, notaio – 120n Welch Evelyn Samuels – 112n, 123n, 124n Visconti Uberto (padre di Ottorino, fratello di Mat- Wittelsbach, famiglia – 20 teo Magno?) – 139n Wiwjorra Ingo – 113n Visconti Uberto, capostipide dei Visconti di Albiz- Zambelli Paola – 152n zate, Cassano Magnago, Fagnano Olona e Fontaneto Zani Vito – 116n, 118n, 151n – 21, 23, 24, 115n Zanichelli Giuseppa – 109n Visconti Uberto, fratello di Matteo Magno, caposti- Zaninetta Paolo – 108n, 109n pide dei Visconti di Sant’Alessandro e Somma Lom- Zanoboni Maria Paola – 130n bardo (San Vito e Modrone) – 18, 116n, 117n, 132n Zappa Giulio – 109n Visconti Valentina, di Bernabò signore di Milano, Zarri Gabriella – 152n sposa di Gentile Visconti – 64 Zavattari Girolamo, pitore – 153n Visconti Valentina, di Gian Galeazzo, sposa di Luigi Zavattari, famiglia di pittori – 16, 116n Valois, duchessa d’Orleans – 75 Zenale Bernardo, pittore – 38, 46, 59, 62, 72, 76-79, Visconti Vercellino Maria (sec. XVII) – 18, 81, 82, 83, 91, 110n, 124n, 127n, 143n, 144n, 147n, Visconti Vercellino, di Ambrogio – 132n, 150n, 151n, 153n, 154n, 158n Visconti Veronica, di Galeazzo conte di Busto Arsi- Zenale Lucrezia, di Bernardo, suor Mansueta – 81 zio, sposa di Federico Borromeo 145n Zerbi Giovanni Stefano, notaio – 140n Visconti Vitruvia, di Ambrogio, olim Battista, sposa Zeri Federico – 119n, 135n di Giovanni Battista Visconti – 144n Zimolo Giulio Cesare – 109n Visconti Vittoria, di Battista, olim Francesco – 132n Zoni Elisabetta, sposa di Bernardino Butinone – 33

174 Finito di stampare luglio 2013