MEMORIE di

di ADRIANA G. HOLLETT

Licciana e i suoi sette castelli Fotografie di A. G. Hollett©

2 a mio marito Reginald che condivide l’amore per la mia terra.

3 Mappa planimetrica della Lunigiana ricordata da Almagia’: ”Monumenta Italiae Cartographica”, pag. 60 Acquerello su carta - Piante antiche dei confini del 1643 - rappresentante i vari feudi lunigianesi.

4 Cenni sulla storia della Lunigiana

Per riassumere brevemente la storia delle origini della Lunigiana sara’ necessario, a causa della carente documentazione, ricorrere all’opera di Eugenio Branchi “ Storia della Lunigiana feudale”, unica fonte autorevole assieme a quella di Gioachino Volpe; ebbe a osservare quest’ultimo che, “ per la storia della Lunigiana, avanti il XII secolo, e’ poco meno che tenebre e tenuissima luce di alba lontana.” Concordando con loro, possiamo partire da Oberto, conte di Luni, di probabile origine longobarda e unico superstite della famiglia dei Marchesi di Toscana. Luni divenne colonia romana nel 177 a.C., prospero’ col nome di Provincia Maritima Italorum, subi’ dapprima l’invasione longobarda e in seguito, unita a tutta la Lunigiana venne aggregata al ducato longobardo di . Con i Franchi entro’ nella marca carolingia, Oberto ne fu il primo conte e, in seguito, quando i Vescovi contrastarono il dominio obertengo ottenendo da Federico I di veder sanciti i loro diritti su tutto il territorio, divenne sede vescovile. Il Volpe, concordemente ad altri storici e genealogisti, individua in Oberto (945), di origine longobarda, il primo ad essere nominato conte di Luni. L’essere conte di Luni aveva una certa rilevanza poiche’il paese, collocato tra e Toscana, testimoniava attraverso i resti dell’anfiteatro romano e quelli di antichi insediamenti paleolitici il suo notevole passato. Costui dopo pochi anni (951), oltre alla Lunigiana, entro’ in possesso della marca della Liguria orientale, dei centri di e Genova e alla sua morte tutti i suoi possedimenti vennero da lui lasciati ai due figli: Adalberto I e Oberto II. Dal primo figlio, per successive diramazioni, ebbero origine i casati dei marchesi di , e Sardegna, quella dei Pelavicino e dei Cavalcabo’ di Cremona. Dal secondo figlio , quello che maggiormente interessa la nostra storia, nacquero Alberto Azzo I e Oberto Obizzo I. Il primo dette origine alla casa d’Este ed il secondo a quella dei Malaspina. Oberto Obizzo I si stabili’ sui gioghi dell’Appennino Ligure-Tortonese-Piacentino, nelle alte valli della e dello e in quest’ultima valle, centro del suo dominio, pose la propria residenza nella rocca di Oramala, unico castello fortificato della valle e quella venne poi da sempre considerata la culla dei Malaspina. Successivamente Oberto Obizzo I fece costruire una serie di castelli che sarebbero divenuti formidabili punti di difesa e principalmente di controllo per il traffico delle merci che costituiva con i pedaggi una grossa fonte di ricchezza. I Malaspina facevano pagare molto cari questi pedaggi e talvolta arrivavano ad assaltare essi stessi le carovane comportandosi come briganti da strada. Il loro

5 castello di Villafranca fu chiamato Malvido e poi Malnido (nel diploma conferito dall’imperatore Federico a Opizone nel 1164) per i pedaggi da rapina e per le ruberie poste direttamente in atto da loro a spese delle carovane che transitavano dal passo della Cisa. Poco si sa di suo figlio Alberto I e del nipote Obizzo II, ma sicuramente il figlio di quest’ultimo Alberto II divenne noto col nome di Malaspina. Cio’ appare nell’atto di pace di Luni stipulato nel 1124 tra il vescovo Andrea da una parte e il marchese Alberto II detto il Malaspina dall’altra. Nella divisione tra Corrado e Opizzino nel 1221, a Corrado l’ Antico (1253) vennero assegnati i possedimenti alla destra della , mentre Obizino (1301) cambiando nell’arme lo “spino secco” in “spino fiorito” ebbe parte dei territori alla sinistra del fiume. La divisione poi non fu solo dei beni ma araldica, in quanto venne modificato lo stemma di famiglia. Quello dello spino secco portava uno spino con sei rami, uno verticale e cinque orizzontali, tre dei quali voltati a sinistra e due a destra, tutti con aculei.Quello dello spino fiorito portava uno spino verde con sei rami, uno verticale e cinque orizzontali tre dei quali a destra e due a sinistra, terminanti con tre piccoli globetti bianchi in croce alle estremita’ in modo da formare un piccolo fiore. Lo stemma originario aveva uno spino secco nero in campo d’oro con il motto “ad medelam” (mi offre rimedio). I membri del casato si moltiplicarono e cosi’ lo stemma venne spesso modificato; il piu’ conosciuto e’ pero’ quello che mostra un leone rampante coronato affiancato dai rami alternativamente, dello spino secco o fiorito o emtrambi. E’ da ricordare che il leone rampante bianco venne assegnato a Corrado detto l’Antico ( 1253) da Luigi IX re di Francia per l’aiuto ricevuto dal Malaspina nella crociata d’Egitto del 1248. Opizzino o Opizzone (1301), secondogenito di Federico (1264) “ fu lo stipite dei Marchesi e Signori di V illafranca”. La sua vedova marchesana Tobia Spinola, tutrice dei figli ancora in minor eta’, merita di esser ricordata come colei che “ compose, ordino’ e stabili’” gli STATUTI per e altre sue terre. (Gli Statuti di Aulla del 1303 sono conservati dal Dott. Francesco Raffaelli e dal Dott. Lorenzo Ferri di ). Importante precisare che fin da prima della divisione dei Malaspina del 1221esistevano nei loro feudi i MUNICIPI che erano composti da un Consolo, quattro o sei Consiglieri e un Massaro. La MAGISTRATURA era costituita da un Giudice d’Appello che era il Marchese, di un Podesta’ eletto dal marchese, un Vicario del Podesta’, un Notaro, un Corriere e un Custode delle carceri. Ogni terra aveva il proprio Municipio e tutti assieme quelli del feudo formavano il General Consiglio. Nel secondo Libro sono annotate norme e regole di diritto civile ma si deve ritenere che dovea esistere precedentemente regole e norme da disposizioni scritte o da consuetudini inveterate.

6 Alcune di queste norme erano: la donna se dotata non poteva succedere ai genitori, il marito non poteva donare o lasciare per testamento alla moglie cosa veruna; nella vendita dei fondi dovevano esser preferiti nella vendita i condomini, i parenti fino al quarto grado, i confinanti; la prescrizione degli immobili incorrevasi col lasso di venti anni ecc.. Nel terzo Libro si determinavano le trasgressioni e i delitti punibili con pene corporali o pecuniarie o afflittive: la fustigazione per tutta la terra, il bando perpetuo, il taglio della testa, la forca e la morte per mezzo del fuoco, la confisca dei beni. Si puniva l’omicidio col taglio della testa, l’adulterio con lire venticinque per l’uomo e la donna, lo stupro con la pena capitale, il furto, l’abigeato, il taglio degli alberi e la rimozione dei termini con pene pecuniarie. Per la falsificazione delle monete si era arsi vivi, la falsa testimonianza o lo spergiuro con la galera, e nelle scritture con la forca. Il delitto di lesa maesta’ portava al taglio della testa. Questi quattro Libri o Statuti furono adottati da tutti i discendenti di Federico per tutte le Terre e le Castella da tutti gli Uomini, Universita’ e Comunita’ che a loro furono soggetti. Gli Istituti di Pubblica Beneficenza conosciuti per essere esistiti in questo feudo furono: lo Spedale di S. Antonio Abate in Villafranca ed un altro simile senza nome proprio nel castello di Villa; il primo venne fondato dagli Uomini e Universita’ di Villafranca con rogito del 31 dic. 1488 che disponeva elargizioni di doti per le fanciulle povere; non si conosce chi fondasse il secondo ma venne governato da una Bolla Pontificia del 1550 e le sue rendite, non esitendo l’ospizio, venivano elargite ai poveri. In nessuna delle Terre o Castella sottoposte a Villafranca, ne’ in Villafranca medesima esisterono STABILIMENTI DI PUBBLICA ISTRUZIONE, il feudalismo autocratico aveva preferito l’ignoranza alla istruzione del popolo. Federico II, figlio di Tobia Spinola e Opizzone pervenne ad una divisione dei beni malaspiniani che erano rimasti indivisi fino al 1266, e la divisione conclusa il 25 ottobre 1335 gli porto’ ” Villafranca col suo castello detto Malnido, Verrucolata (Virgoletta), Battalasco, Panicale e Licciana, Monte Vignale, Monte Simone, Castevoli, Villa, Brugnato, Stadomelli, Cavanella, Beverone e Suvero, nonche’ diritti e affitti di Falcinello, Paduarina e Bracelli e Castiglione. Dopo alterne vicende il feudo di cui tratteremo passo’dapprima ai marchesi di e successivamente per estinguere un debito, a quelli di Villafranca. Nell’anno 1500 nella divisione tra Tommaso e Giovan Spinetta, a quest’ultimo vennero assegnati in esclusivo dominio Monti, Panicale, Licciana, Bastia, Montevignale, Terrarossa, e Suvero. I primi sette luoghi, formando un territorio della superficie di 12 miglia toscane, ebbe a confini a nord il torrente Civiglia, a sud il Tavarone, a est il monte Cerigoli e ad ovest il fiume Magra.

7 Riferisce il Branchi nel suo testo Storia della Lunigiana Feudale, in riferimento al paese: “ … per trovar Licciana conviene cercarla in una angusta valle formata da due alti colli o monti e traversata dal Tavarone, ove a dispetto della bassa situazione l’aria vi e’ salubre, gli abitanti industriosi; quindi, che il feudo gira tredici miglia, che quindici sedicesimi di tutto il terreno e’ occupato dal torrente surriferito, mentre il sedicesimo rimanente per un quarto e’ a sementa e a viti, un quarto da olivi, altro quarto e’ ripieno di castagni,l’ultimo quarto di pascoli e boschi: gli olivi sono una ricca rendita del paese il cui prodotto si manda all’estero; le castagne si esportano nel genovese; il grano e’ sufficiente per la popolazione e il bestiame bovino nel genovese si traffica. Le rendite del feudatario consistono nei molini, nei cenci, nei diritti sulle successioni traversali e sulle compere fatte nel feudo da esteri, nelle gabelle, nel provento della osteria e del macello e nella privativa della compera delle olive. Oltre a dette rendite il feudatario gode piu’ e diverse servitu’ personali sui sudditi, consistenti nell’obbigo: 1) di fornire il palazzo marchionale di tutta la legna da ardere; 2) recare al palazzo tutte le raccolte; 3) portare alle sue vigne i pali; 4) prestar opera con la persona e bestie pel restauro di tutti gli edifizi marchionali; 5) far per turno ogni giorno in due persone la guardia al palazzo del feudatario; 6) portar lettere e robe colle persone e bestie pel Marchese, con obbligo nel medesimo del solo rimborso delle spese di vitto per viaggi lontani, o di qualche giornata,.infine che il feudo ha due strade principali, la mulattiera che da porta a Varano, al confine del feudo, e quella detta del sale che va a , dove il sale si prende.” ( relazione del Console Benedetto Bosti al granduca di Toscana del di’ 8 dicembre 1767, esistente presso l’Archivio delle Riformagioni di Firenze: ...Pontremoli era in questo tempo del Granduca di Toscana, ed ivi esisteva il magazzino di deposito del sale che per i patti dovea prendersi dai feudatarij della Lunigiana.) Da Storia Della Lunigiana Feudale - Eugenio Branchi

8 AN OUTLINE OF THE HISTORY OF THE LUNIGIANA REGION

In order to summarize briefly the history of the origins of the Lunigiana Region, it is necessary, due to scarce documentation, to resort to the work of Eugenio Branchi “Storia della Lunigiana feudale” (“History of the Lunigiana Region in feudal times”), the only authoritative source together with the work of Gioachino Volpe; in this regard, it was Volpe who observed, “the history of the Lunigiana Region, before the twelfth century, is little more than shadows and tenuous light of a distant dawn”. In accordance with these authors, we begin with Oberto, of Luni, probably of Lombardic descent and the only surviving member of the family of the marquis of . Luni became a Roman colony in 177 B.C., prospered with the name of Provincia Maritima Italorum (Italian Maritime Province), at first, subjected to Lombardic invasion, then, with all of the Lunigiana Region, was aggregated to the Lombardic dukedom of Lucca. With the Franks, Luni entered into the Carolingian march (borderland), Oberto was its first count and, later, when the Bishops opposed the dominion of the family, obtaining from Federico I, sanction of their rights on all of the territory, it became a bishop’s see. Volpe, in agreement with other historians and genealogists, singles out in Oberto (945), the first historical figure to be nominated count of Luni. To be count of Luni had a certain importance, as the town, located between Liguria and Tuscany, bore witness through the remains of its Roman amphitheatre and ancient Palaeolithic settlements, to its remarkable past. Oberto, a few years later (951), as well as the Lunigiana Region, entered into possession of the march of eastern Liguria, of the centres of Tortona and and, upon his death, all of his possessions were passed by him to his two sons: Adalberto I and Oberto II. The first son, by successive ramifications, gave rise to the lineages of the marquis of Massa, Corsica and , of the Pelavicino and of the Cavalcabo` of Cremona. The second son Oberto I, the one of greater interest to Lunigiana’s history, fathered Alberto Azzo I and Oberto Obizzo I. The first of these two gave rise to the and the second to that of the Malaspina. Oberto Obizzo I established himself on the passes of the Liguria-Tortona- Apennines, in the high valleys of the Trebbia and Staffora, and in this last valley, the centre of his dominion, he founded his residence in the rock of Oramala, the only fortified castle in the valley, later considered the cradle of the . Subsequently, Oberto Obizzo I had a series of castles built that were to become formidable points of defence and particularly of control of trade routes that constituted, in terms of tolls, a large source of riches. The Malaspina made these tolls very expensive and at times went as far as to besiege, by themselves, the passing caravans, behaving like highway brigands. Their castle at Villafranca became known as Malvido and later Malnido (in the diploma conferred by the emperor Federico to Opizone in 1164), due to plunderous tolls and thefts perpetrated by them at the expense of the caravans that passed by in the . Little is known of Oberto Obizzo’s son Alberto I and of his grandson Obizzo II; what is known is that the son of Obizzo II, Alberto II became known by the name of Malaspina. This appears in the peace treaty of Luni

9 stipulated in 1124 between the bishop Andrea, on the one hand, and the marquis Alberto II known as Malaspina, on the other hand. In the division between Corrado and Opizzino in 1221, to Corrado l’Antico (1253), were assigned the possessions to the right of the river Magra, while Obizino (1301), who changed the coat of arms from the “spino secco” (“bare thorn bush”), to the “spino fiorito” (“blossomed thorn bush”), had the part of the territories to the left of the river. The division, therefore, was not only in terms of possessions, it was also heraldic in that the family blazon was modified. That of the “spino secco” presented a bush with six branches, one vertical and five horizontal, three of which set to the left and two to the right, all with prickles. That of the “spino fiorito” presented a green bush with six branches, one vertical and five horizontal, two to the left and three to the right, terminated with three tiny white globes in a cross at the extremities so as to form little flowers. The original blazon had a black thorn bush on a gold background with the motto “ad medelam” (“to me, it offers a remedy”). The members of the family multiplied and, as a consequence, the blazon was often modified; the best known, however, is that which depicts a rampant crowned lion, side by side with branches, alternatively of bare or blossomed thorns or both. It is noted that the rampant lion was assigned to Corrado detto l’Antico (1253), by Luigi IX, king of France, for the help received from Malaspina in the crusade in Egypt in 1248. Opizzino or Opizzone (1301), the second son of Federico (1264), “was the ancestor of the Marquis and Masters of Villafranca”. His widow, Tobia Spinola, guardian of his infant offspring, is worthy of mention as she who “composed, ordered and established” the STATUES for Aulla and other territories of hers. (The Statutes of Aulla of 1303 are preserved by Dott. Francesco Raffaelli and by Dott. Lorenzo Ferri of Bagnone (1)). It is important to note that even before the division of the Malaspina territories of 1221, there were already in existence in their territories, the MUNICIPALITIES that were composed of a Consul, four or six Counsellors and a Massaro (farm overseer). The MAGISTRACY was made up of an Appeal Court Judge who was the Marquis, of a Podesta (high official), elected by the marquis, a Podesta’s Assistant, a Public Notary, a Courier and a Prison Custodian. Each territory had its own Town Hall and all those of the territory formed the General Council. In the second Statue or Book, were annotated rules and regulations of civil rights; however, it is believed that there had to exist rules and regulations prior to these, available in written form or in inveterate use. Some of these regulations were: a woman in possession of a dowry was not allowed to inherit from her parents; a husband was not allowed to donate or leave anything at all in his will to his wife; in the sale of real estate, joint owners, distant relatives, neighbours were to have precedence; the loss of unexercised rights to real estate after twenty years, etc.. In the third Book, were defined the transgressions and crimes punishable by corporal punishment or fines: flogging throughout the territory, banishment for life, decapitation, hanging and burning at the stake, the confiscation of possessions. Murder was punished by decapitation, adultery by a fine of twenty five liras for both men and women, rape by capital punishment, theft, rustling, felling of trees and removal of boundary stones by fines. Counterfeiting was punishable by being burnt alive, perjury by imprisonment and forgery by hanging. The crime of treason led to decapitation. These Books (four in all), were adopted by all the descendents of Federico Malaspina throughout all of their Territories and Castles by all of the Men, Universities and Communities under their rule.

10 Licciana and its seven castles

Licciana is a village in Lunigiana, situated in the valley of the Taverone. This land is delimitated by the Appennines, by mount Losanna, mount Alto, mount Tecchia dei Merli and mount Cmollo. The 30th August 1535, Licciana and its seven castles became an autonomous feud of the Malaspina family. The fued comprised two castles in Licciana and castles in Panicale, Monti, Bastia, Terrarossa and Pontebosio. However, before discussing the feud of Licciana and the Malaspina family, is important to briefly outline the history of Lunigiana. This region, situated between Liguria and Tuscany, was historically a land subject to invasion by the Longobards, up to 945 when Oberto I became count of Luni. Oberto’s territories included the Appennino Ligure-Tortonese-Piacentino, the valleys of Trebbia and Staffora and the family seat was established in the castle of Oramala. His son, Oberto Obizzo I, became the ancestral head of the Malaspina family in Lunigiana. The family’s castle, known as Malnido, now reduced to a ruin, is to be found in Villafranca. Geographically, the river Magra divided the Malaspina dominion into two parts: on the right the “spino secco” and on the left the “spino fiorito”. Licciana , originally part of the feud of Villafrancam, has in its coat of arms the “spino secco” (page 43), despite the fact that the territory belonged to the “spino fiorito”. The Malaspina family divided the Lunigiana into many small feuds, one for each son, and Licciana constituted a feud, which in 1528 was assigned to Giovan . This feud comprised, together with Licciana, the castles of Panicale, Monti, Bastia, Montevignale, Terrarossa, Podenzana, Suvero, and the territories of Piancastelli, Solaro, Bosco, Braja, Debiantoio, San Martino, Maggiola, Gabanasco, Corte, Monticello, Carpanedo, Groppo, Porciglia, Mulesana, Campo, Ameta, Basseto and Montale, The castle situated in the centre of the village of Licciana (page 17), originally constituted a simple stronghold, which afterwards was enlarged to a fortress with the aim of controlling the roads towards the passes of Linari and Ospedalaccio, for which a toll (pedaggio), was demanded. Thesecond of Licciana’s castles (page 32), situated beyond the bank of the river Taverone, was a comfortable and pleasant construction surrounded by a high wall and defended by guard towers. It was more a country residence than a fortress. In the castle itself, together with the large reception rooms, there are also large store rooms and fresh cellars housing large casks. In the garden in front of the castle, ten stone jars may still be seen, which, at one time contained olive oil and were originally in the castle’s cellars. The castle of Terrarossa (page 50), is situated in the plain where the river Taverone flows into the river Magra. It originally consisted of a stronghold situated on a rise near to an ancient dwelling place. The present castle was ordered built by the marquis Fabrizio Malaspina at the beginning of 1600, in the form of a quadrilateral, fortified palace with four

11 low towers. The castle was so large that despite the many years of construction, it was never fully completed. The castle of Pontebosio (page67), takes its name from an ancient bridge spanning the Taverone. The remains of the bridge are still visible sunken in the gravel of the river bed. Of the ancient rulers of the area, there remains no trace, since the name “Bosio” or “Bosone” was common in many and diverse feudal families in Lunigiana, so that it is not possible to establish if the ancient rulers were the Bosi of the Verrucola of or other masters. The castle was built by the marquis Fabrizio Malaspina towards the end of 1500 who used the same plan for the construction of the castle of Terrarossa. The castle of Bastia (page78), placed on the summit of a mount that dominates the village of Licciana and the river Taverone, is cited in ancient documents as the “Bastia of Saint Catherine” (bastia signifying fortification). Built towards the end of the thirteenth century, it became part of the “feud of the seven castles” towards 1500 under the rule of the Malaspina family. The castle is of quadrilateral form, exhibiting four imposing towers and a donjon (keep), that make it a majestic monument of fifteenth century structure. It was badly damaged during the earthquake of 1920 and was subsequently restored by the Formentini family, the present-day owners of the castle. The castle of Monti (page98), was built near the very ancient Pieve of Venelia and came into the hands of the Malaspina family before 1300. In 1500, the castle became the property of Giovanni Spinetta Malaspina who established it as the ruling centre of the surrounding area, including Licciana, Panicale, Bastia, Terrarossa, Podenzana and Suvero. The castle as being amongst the most important feudal constructions in Lunigiana. Of the old mediaeval structures, there remain traces of the drawbridge, the donjon, and two round towers to the north. This castle was also badly damaged by the earthquake of 1920 and subsequently restored by Torquato Malaspina, a forefather of the present marquis Niccolo`. The castle of Panicale (page113), goes back to remote times when in 938 king Ugo donated it to his wife Berta. Later, in 1077, Arrigo IV assigned it to the Estensi family; subsequently from the Moregnano family it passed to the Malaspina family towards 1200. This castle was united with that of Licciana in 1535 and from that time on, they became an independent feud up to the French revolution. Of the old fortifications of the castle of Panicale, there remain one of the gates of the castle wall and ruins of a keep in the hanging garden of the castle. This construction was converted into an exclusive residence by the powerful Medici family of Lunigiana. “... the Medici family of Panicale enjoys many priviledges conceded to it by Tuscan rulers, amongst which, the priviledge of creating notaries ...” (26). Despite being a Malaspinian feud, unlike other castles, the Malaspina family never entered in that of Panicale, which remained the exclusive property of the powerful family that resided there for over seven hundred years. Infact, of the three branches of the family in Lunigiana, that of the Medici of Panicale, resided in the castle continuously from 1300 up to the death of Anna Maria, the last descedent of the family.

12 LICCIANA

Licciana - Panorama

Il feudo comprendente Licciana, Panicale, Monti, Bastia, Montevignale, Terrarossa, Podenzana e Suvero venne staccato dal territorio di Villafranca nel 1500 e con i suoi sette Castelli venne assegnato a Giovan Spinetta (1528) figlio del marchese Tommaso Malaspina. Il 30 agosto 1535 divenne feudo autonomo e fu assegnato a Jacopo Malaspina (1573) come Stato indipendente. Separato dal marchesato di Monti venne a comprendere oltre i sopracitati Castelli anche i territori di Piancastelli, Solaro, Bosco, Braja, Debiantoio, San Martino, Maggiola, Gabanasco, Corte, Monticello, Carpanedo, Groppo,Porciglia,Mulesana, Campo, Ameta, Basseto e Montale. (1)

13 Il feudo si estendeva a nord-ovest di Aulla sul fianco dell’appennino di Varano, ossia dell’alpe di Linari, sul lato destro del Tavarone, quasi di fronte al monte su cui posa il vicino Castello di Bastia. Il Castello di Licciana, posto in pianura nelle vicinanze del Tavarone, era costituito inizialmente da una semplice rocca che, in brevissimo tempo, venne affiancata dalle case costituenti il paese che dalla fortezza stessa prese il nome.(2) La prima notizia documentale di Licciana e’ del 1255 ma la sua esistenza come posto di guardia sulla vecchia strada attraversante la valle e’ piu’ antica. Situata in una stretta valle lungo il cammino conducente ai passi di Linari e dell’Ospedalaccio, con l’avvicendarsi dei commerci dal mare alla pianura padana oltre i valichi, fu particolarmente ambita dai Malaspina che la contesero ai Moregnano per l’importante funzione che il Castello aveva come posto di guardia e di stazione per la riscossione dei pedaggi.

Licciana -Lato nord del Castello.

Jacopo Malaspina (1573), ammogliato a Maria-Lucrezia di Antonio Malaspina di Aulla, signoreggio’ sul feudo 38 anni.(3) Gli successero Cornelio (1616) primogenito, maritato a Bartolommea di Giuseppe Maria Formentini di Licciana e Alfonso (1608), maritato a Regina di

14 Aliprando barone di Ues di Trento. (4) Nel 1577 ottennero l’investitura delle loro castella dall’imperatore Rodolfo II. (5) Senza prole legittima il primo, quattro maschi Alfonso, stabilirono l’indivisibilita’ del feudo e la primogenitura alla linea di Alfonso. Messo in il patrimonio, nello stesso anno, vendettero allo zio

Licciana - Lato sud-est del Castello.

Moroello, marchese di Monti, le due ville di San Martino e Mulesana. Nel 1581 acquistarono, sempre dal marchese Orazio di Monti, il feudo di Terrarossa e Borgonuovo, recuperando anche San Martino e Mulesana che vennero rivendute poi al marchese Fabrizio della Bastia.(6). Alfonso, sposatosi giovanisimo, ebbe numerosa figliolanza e mori’ giovane nel 1608. Il suo primo successore fu Ferdinando (1611), il primogenito, sposato ad Isabella di Spinetta Malaspina marchese di Olivola, che esercito’ dapprima il potere con orgoglio e poi con violenze e rapine che finirono col perderlo. Il suo carattere violento lo porto’ a scontrarsi con tutti i confinanti e traendo pretesti vari commise rapine, violenze, omicidi. Allontanato dalla Lunigiana, combatte’sotto Giovanni de’ Medici (7) ottenendo dal Granduca il brevetto di capitano. Dopo molte nefandezze fu

15 trucidato (1611) dal fratello Morello (1615) con la consapevolezza dell’altro fratello Obizzo (1641). Gli succedette quest’ultimo, Obizzo I (1641), che sposo’ Amadea, figlia di Ettore barone di Chiernon, dalla quale ebbe Alfonso, Jacopo e Obizzo. Il primogenito Alfonso e Obizzo terzogenito che gli premorirono, per cui gli succedette Jacopo II. Obizzo I, diversamente dal fratello Ferdinando, ebbe cura di cercar appoggi con i vicini, amplio’i suoi possedimenti, non manco’ di discernimento e di scaltrezza per mantenere i diritti suoi; rinnovo’ accomandigia con Ferdinando II nel 1623 e con Ferdinando III nel 1638. Mori’ nel 1641 e gli succedette il figlio Jacopo II. Questi, sali’ sul seggio marchionale all’eta’ di diciannove anni; e sposo’ Bianca Maria Rangoni di . Alla nomina, ereditando il feudo, chiese ed ottenne dall’imperatoreFerdinando III l’ investitura dei possedimenti suoi. La vita di Jacopo fu breve; manco’ in Licciana il 11 giugno 1649 all’eta’ di 27 anni lasciando la marchesana Bianca tutrice dei figli, Obizzo, Anna Regina, Ottavia e Amadea. Il primogenito Obizzo II (1717) venne unito in matrimonio con Paola di Prospero Cecchinelli di Sarzana e la madre Bianca Rangona, sua tutrice, ottenne per lui investitura dagli imperatori Ferdinando III nel 1651 e nel 1660 da Leopoldo I. I possedimenti vennero espressamente determinati nelle due ville di Amola e Campocontro, in una parte del giardino presso il castello e nella casa detta Stella Del Marchese, Panicale e Licciana, in questi due luoghi e nei suoi dipendenti.(8 ) Quando Obizzo II ebbe raggiunto la maggior eta’si diede a bagordi e dissolutezze; cerco’ piu’ volte di avvelenare la moglie, creo’ debiti e cerco’ di disfarsi del feudo. Quando la moglie Paola ritorno’ in Sarzana col primogenito Antonio Jacopo III, Obizzo II si trasferi’ a Firenze presso la corte Medicea dove Cosimo III lo accolse bene nell’antico palazzo della Signoria. Le maggiori spese per mantenersi in Firenze indussero Obizzo II ad indebitarsi col marchese di Suvero che voleva estendere il proprio dominio sul castello di Monti ma la moglie Paola riusci’ ad impedire le vendite dei beni feudali (9) ricorrendo all’Imperatore che vi oppose il divieto. In appoggio alla marchesana si schierarono il rettore di Licciana Don Gabanasca e il fratello Giovanni appoggiati dalla plebe che tumultuava protestando per la vendita e cercando di ribellarsi al marchese. La famiglia Gabanasca era tra le piu’ potenti del feudo per cui il marchese, anche su consiglio del Granduca, torno’ immediatamente nei suoi Stati a Licciana e preso contatto con i suoi convicini dinasti, i marchesi di Olivola e di Podenzana, quelli di Suvero compratore, il marchese del Pontebosio depositario, si armo’ di 400 uomini d’arme e si presento’ ai confini del feudo.

16 Licciana - Prospetto principale del Castello.

17 Licciana - Particolare della facciata sud del Castello.

18 Licciana - La base a scarpa del muro identifica il primo impianto delCastello.

19 Licciana - Collegamento del Castello con la chiesa di San Giacomo fatta costruire da Jacopo III nel 1693. ( Il collegamento pare sia piu’ recente)

20 Licciana - Lato nord-est del Castello.

21 Castello di Licciana - Collegamento del Castello alla chiesa. La chiesa parrocchiale, dedicata a S. Giacomo Maggiore, venne fatta erigere nel 1693 dal marchese Jacopo III, il collegamento col castello venne completato qualche tempo dopo.

I rivoltosi per mezzo del loro istigatore don Gabanasca minacciarono Obizzo II di morte e fecero affiggere manifesti infamanti i marchesi solidali al loro signore. I rivoltosi sperarono invano nell’appoggio degli aderenti della moglie di Obizzo II, ma il Marchese Guido Rangoni con il marchese Ariberti di Malgrate e Filetto che sembrava doverli sostenere con l’invio di 200 o 300 cavalli si defilarono. Senza indugio Obizzo entro’ in Licciana sfogando la sua rabbia soprattutto sulla casa paterna dei Gabanasca e sulla Rettoria e comincio’ a processare i rivoltosi. Si interpose Donna Giulia Rangoni consorte del marchese Guido di Malgrate Filetto offrendo di saldare lei personalmente i debiti contratti da Obizzo II col marchese di Suvero.

22 Licciana - Portale d’ingresso al Castello.

23 Licciana - Ingresso e atrio del Castello.

24 Licciana - Ingresso alle cantine del Castello.

25 Licciana -Ingresso alle cantine del Castello. Qusto pare fosse l’antico ingresso al Castello dopo il primo ampliamento che aveva inglobato la torre preesistente.

Intervenne anche il Granduca di Toscana che non vedeva convenienti le trattative concilianti dei vicini feudatari per convincere Obizzo II a concedere generale amnistia e soprattutto il decreto imperiale (9), 23 febbr 1685, che inibiva l’alienazione del feudo sotto pena di caducita’. La lite si risolse dopo 31 anni (10).Il 25 agosto 1732 si ottenne un decreto definitivo del Consiglio Aulico che restituiva Amola e Campocontro, nonche’ una parte del castello di Monti al feudo di Licciana e da questo mai piu’ vennero distaccati. Certamente il possesso di un feudo che gli consentisse di collegare la pianura padana al mare era sicuramente piaciuta al granduca di Toscana, il quale aveva predisposto per il suo protetto Obizzo II ogni tipo di assistenza in cambio del governo del feudo lunigianese: gli si dettero sovvenzioni in danaro e gli fu promesso in tutte le sue necessita’ la piu’ ampia assistenza; il consenso in caso di

26 Licciana - Scala di accesso ai piani superiori del Castello.

27 Nell’atrio del Castello, sul lato sinistro dell’arco in pietra vi e’ la seguente iscrizione:

NE SIS . SAPIENS . APUD TEMET PSUM . TME . DEUM ET RECEDE . A . MO . SANTAS

Potrebbero essere tre esortazioni il cui significato sarebbe approssimativamente il seguente : Non essere sapiente presso Dio e tu stesso temi Dio e allontanati dal male.

28 Licciana - Stemma del Marchese Malaspina partito con quello della moglie Baronessa di Chiernon.

Sull’arco in pietra, quasi a chiave di volta, troviamo l’arme di Opizino Malaspina ( 1641) unito a quello della moglie Amadea di Chiernon baronessa savoiarda. Sul nastro che racchiude lo stemma e’ incisa la data del 1620; sotto la dicitura :

OPPITIUS MARCHIO MALASPINA ET AMADEA BARONISSA DE CHIURUM CONSORTES UNANIMES.

29 Licciana -Sugli architravi, sopra la scala di accesso al secondo e al terzo piano, in parte illeggibile, troviamo scritto: COL CANTO E COL SUON NON S’ADDORMENTI ...QUANTO PANE SI VOLE MANGIARE QUANDO SI MANGIA ...ENDO MALLE MENO LA SERA DELLA MATINA OGNI VOLTA BEVI...PER FINE DEL MANGIARE MANGI TUTTI QUEI POCHETTINI...

necessita’ di elevare, ad Obizzo ed i suoi, sulle loro castella, per difesa, la bandiera del granduca. “...Che sia al medesimo Marchese pagato e sborsato d’ordine del Serenissimo Granduca di Toscana ogni mese piastre venti fiorentine di buon argento di Fivizzano, e passati mesi sei senza che gli fosse pagato quanto sopra, il tutto s’intenda pro nullo e per non fatto; portare egli stesso e i suoi, armi corte in Firenz; un comodo alloggio per se’ e per isuoi in Firenze a spese del Granduca; l’elargizione di un cavallo ed un calesse per se’ e per tre servitori in cambio del divieto di far attraversare le loro terre al sale forestiero, alle biade e ai grani tranne a quelli delloStato toscano...”

30 Licciana - Immagine della Madonna inserita nella facciata del Castello.

Licciana - Arme della famiglia Malaspina sul portale d’ingresso al Castello.

31 CASTEL DEL PIANO

Licciana - Castel Del Piano Ingresso e mura del Castello. Questa costruzione venne a seguito dell’ampliamento del primo castello del borgo. Nel 1549, dopo aver ottenuto l’investitura del feudo, Jacopo I inizio’ la trasformazione dell’antica fortezza in palazzo residenziale. Alla sua morte (1573), il figlio Alfonso amplio’ ulteriormente il castello aggiungendo l’ala attualmente occupata dal palazzo comunale. Obizzo I, nella prima meta’ del seicento,condusse a termine l’opera. La costruzione di questo castelletto, eretto inizialmente per difesa, successivamente divenne residenza estiva.

32 Licciana - Castel Del Piano -

33 Licciana - Castel del Piano -Particolare delle mura.

34 Licciana - Castel del Piano - Ingresso del giardino.

35 Licciana - Castel del Piano -Ingresso della cinta muraria del giardino.

36 Licciana - Castel Del Piano- Mura perimetrali.

37 Licciana - Castel Del Piano- Ingresso secondario della cortina muraria.

38 Se la protezione dei Medici era conveniente per Obizzo II e il pedaggio sulla via del sale poteva esserlo per il feudo di Licciana non lo era altrettanto per i feudi circonvicini che decisero di aprire una nuova strada che dal marchesato di Bastia passasse sul Tavarone al ponte detto della Fraciulla e dal quale la nuova via andava a congiungersi direttamente al confine verso l’ingresso di Varano. Obizzo non si era ancora del tutto stabilito in Firenze che le cose del suo feudo andarono velocemente peggiorando. Verso l’estate del 1688 sorsero gravi dissidi tra gli uomini di Varano con quelli di Licciana a causa del contrabbando del sale e dovettero intromettersi il Governo Toscano e il superiore di Firenze onde evitare una guerra civile.

Licciana - Castel Del Piano - Ingresso principale del Castello.

39 Licciana - Castel Del Piano - Particolare della facciata principale del Castello.

40 Licciana - Castel Del Piano - Particolare del prospetto anteriore.

41 Licciana - Castel Del Piano -

42 Licciana - Castel Del Piano - Arme del Marchesato Malaspina. Il leone rampante bianco era stato concesso dal re Luigi IX di Francia a Corrado l’Antico per l’aiuto prestato alla crociata d’Egitto del 1248.

43 A destra in alto: il salone del piano terreno.

A destra in basso: il salone del piano superiore.

Licciana - Castel Del Piano - Schierate in una lunga teoria, dieci brille da olio, sono state trasportate dalle cantine del Castello del paese sotto i pini del giardino antistante Castel Del Piano.

44 45 Castel Del Piano - Particolare della cinta muraria.

46 Jacopo Antonio rientro’ con la madre nel 1689 nel feudo di Licciana, e succeduto al genitore chiese al Granduca di Toscana la continuazione dell’accomandigia gia’ concessa al padre. Durante il suo marchesato ottenne dal Granduca di Toscana di avere il sale di Trapani che prese a Massa e ne riattivo’ l’antica dogana . Il marchese di Podenzana, irritato di quanto sopra, bandi’ dal suo stato tutti i sudditi di Licciana e arbitrariamente volle far passare il sale suo genovese dal territorio di Licciana per quello della Bastia e di la’ per la Lombardia. Molte complicate vicende videro all’epoca contrapporsi i marchesi di Bastia e del Pontebosio a Jacopo Antonio, per cui quest’ultimo, dovette appellarsi all’imperatore e al suo plenipotenziario Borromeo che al Consiglio Aulico rimise i fatti e le ragioni dei litiganti. Nel frattempo vi furono gravi dissidi tra i confinanti uomini della Bastia e quelli di Licciana per una nuova via del sale , un’ antica strada che da Baccana attraverso il canale di Namporana portava a Varano, e per la quale gli uomini di Bastia potevano continuare i loro commerci senza pagare dogana. Vi furono poi furti di castagne nei territori di Licciana e nessuna restituzione malgrado l’ordine del Commissario Imperiale. Jacopo Antonio subi’ molte traversie nel suo lungo governo soprattutto a causa dei debiti dello sprovveduto padre. Si sposo’ assai giovane con Beatrice del marchese Aurelio Cavalca ed ebbe da lei molti figli; il primogenito mori’ avvelenato, seguirono Cornelio e Ignazio che gli succedettero. Ammalatosi in Licciana nel 1741, nell’anno stesso, per rogiti di Ser Agostino Picciati, chiamo’ erede Cornelio (12 ). Questi, gia’ da tempo stabilito in , rientro’ per succedere al padre, prese possesso dei feudi e confermati gli ordini e le magistrature, lascio’ il governo delle terre al fratello e rientro’ a Parma dove sposo’ Maria Teresa Malaspina duchessa di Massa. Rimase signore del feudo per trentasette anni e mori’ a Parma nel 1778. Quando Ignazio succedette al fratello aveva sessantaquattro anni, per cui, gia’ vecchio, non fece innovazione alcuna; il suo governo duro’ sedici anni e durante questo periodo rifiuto’ qualunque trattativa col granduca di Toscana che da sempre ambiva possedere il feudo di Licciana. Ignazio era maritato con Margherita, figlia del colonnello barone Federigo di Rossillon, tedesco, comandante la fortezza di ; ebbe da lei tre figlie femmine: Maria Antonia Gaspara, Amalia Marianna e Amadea Gaspara. Alla sua morte si aperse la successione tra gli agnati finche’ con la rivoluzione francese nel 1797 vennero soppressi i Feudi Imperiali della Lunigiana e quest’ultima venne incorporata nella Repubblica Cisalpina. Poco dopo la morte del padre, Amadea Gaspara,unica supestite si sposo’ col marchese Massimiliano Montecuccoli di Modena, dando fine alla dinastia dei Malaspina di Licciana.

47 Lo stemma qui a lato, raffigurante un’aquila coronata e sormontato da insegne di capitano e’ affisso sul prospetto principale di Castel del Piano affiancato a quello dei Malaspina. E’ probabile che, al momento dell’acquisto del castello, il dottor Giannetti vi collocasse lo stemma del proprio casato.

Infatti, questo riprodotto a fianco, e’ simile a quello di Castel del Piano ed e’ affisso a Monzone, sull’arco soprastante la strada, a fianco della balaustra marmorea che collega palazzo Giannetti al giardino pensile. Lo stesso stemma e’ riprodotto su una lastra tombale della chiesa gentilizia del 1700, collegata al palazzo della famiglia, che ricorda la morte prematura del figlio infante di Angelo Giannetti e Caterina Tolomei nell’anno MDCCCLXXVIII. In questo stemma, diversamente dal precedente, possiamo notare a destra in basso il giglio fiorentino e a sinistra la stella di Lunigiana.

48 Amadea Gaspara Malaspina ando’ sposa al marchese Montecuccoli di Modena e per quanto quest’ultima famiglia avesse promesso ad Eugenio Branchi (20) di fornirgli il resto dei documenti necessari per documentare le restanti notizie sulla famiglia Malaspina, la rimanente parte dell’archivio della famiglia malaspiniana di Licciana venne passata al conte Pompeo Litta di Milano. Nell’anno 1884 il dottor Domenico Giannetti acquisto’ dai conti Montecuccoli entrambi i castelli, i mulini e venti poderi. Nei primi anni del novecento le proprieta’ passarono al figlio Angiolino e dopo di lui al nipote Angelo (1931). Il figlio di quest’ultimo, Mario (1985) eredito’ l’intero patrimonio’ e alla sua morte la proprieta’ rimase alla moglie. La famiglia Giannetti e’ originaria di Pugliano .

L’attuale proprietaria, Elsa Italia Giannetti, ritratta all’epoca del suo matrimonio con Mario Giannetti.

49 CASTELLO DI TERRAROSSA

Castello di Terrarossa -

L’antico territorio feudale di Terrarossa confinava a est col feudo di Olivola, a nord con quello di Monti e il territorio di Fornoli, a ovest dalla Magra e a sud col Tavarone, che lo separava dal feudo di Aulla. In tutta la sua lunghezza, da sud a nord, era attraversato dalla e dalla via romana. Questa terra, omonima del feudo, fu dapprima un piccolo impianto in un luogo chiamato Camposagna e successivamente, aumentate le abitazioni, prese il nome di Borgonuovo.

50 Borgonuovo esisteva gia’ nel 1126; era circondato da mura e la chiesa, da sempre dedicata a S. Giovanni, dipendeva dall’Abbazia di San Caprasio di Aulla.(13). La nuova rocca o castello e’ oggi situato presso Terrarossa mentre l’antica doveva essere su un poggio poco distante chiamato ancora Castelletto. Il feudo era costituito da Terrarossa, borgo e castello, dalle ville di Masero, detto anche Magio, Costamala e Canale Scuro. Appartenne ai Malaspina di Olivola i quali nel 1407, per transazione di aspre contese, la vendettero per mille fiorini d’oro ai marchesi Malaspina di Villafranca. Subi’ le sorti del feudo e per due volte l’occupazione dei genovesi finche’torno’ in possesso dei legittimi proprietari nella persona del marchese Fioramonte (1574). Rimase sotto la stessa dinastia che fu soggetta da piu’ e diverse divisioni della stessa finche’ non pervenne nel 1535 a Giovan Spinetta marchese di Bastia e, da questo, al nipote Fabrizio nel 1581. Sotto Fabrizio, nel 1617, venne venduta al Granduca di Toscana e da quest’ultimo ritorno’ ad un altro ramo della famiglia Malspina di . E’ da ricordare che dal 17 ottobre 1575 al 19 settembre 1581, il feudo di Terrarossa assieme a quello di Licciana e Bastia, appartennero al marchese Orazio Malaspina di Monti. Fabrizio, divenuto signore di Terrarossa, vi prese dimora, si sposo’ con donna Lucrezia dalla quale ebbe tre figli: Ferrante, Silvia, Ottavia. Quando Ferrante gli mori’ nel 1600 nella guerra delle Fiandre, rimasto senza successione maschile, chiese accomamdigia perpetua al Granduca di Toscana e decise anche di vendergli le proprie terre (1617). Il granduca ne prese possesso assegnandone il comando a Giovanni Antonio Rossi. Parlando del marchese Fabrizio e’ necessario dire che che fu uomo operoso, fece coltivare le terre e soprattutto fece costruire grandi sale nel castello per la produzione dei bachi da seta; queste sale si vedono ancora nel castello e per la loro costruzione egli dovette sborsare ingemti somme. (14 ) Stimato per la savia amministrazione delle proprie sostanze, ricercato dai suoi dinasti per risolver controversie, subi’ molestie gravissime dagli uomini dei Comuni vicini di Ricco’ e Fornoli che si ostinavano in diverse infrazioni di legge e non risarcirono malgrado le condanne subite. Fabrizio mori’ nel 1621ed il Granduca di Toscana, pagate le doti alle figlie, Silvia e Ottavia, rimanendone solo ed esclusivo padrone del feudo lo aggrego’ al Capitanato di Castiglione del Terziere e nel 1628 lo concesse a Manfredi di Bernabo’ marchese di Filattiera.

51 Castello di Terrarossa - Ingresso.

52 Castello di Terrarossa - La torre nord.

53 Castello di Terrarossa -La torre di sud-est.

54 Castello di Terrarossa - Il lato est.

55 Castello di Terrarossa - il lato est.

56 Castello di Terrarossa - Il piazzale dietro il Castello.

57 Castello di Terrarossa - Il lato nord.

58 Castello di Terrarossa - Lato nord-est.

Il Granduca Cosimo I aveva occupato fin dalla meta’ del 1500 il feudo di Filattiera sotto titolo di protezione lasciando ai legittimi signori solamente la rocca o castello, dove abitavano, e le entrate feudali. Disperati di poter riavere quanto gli apparteneva Bernabo’ e il figlio Manfredi, allora senza eredi, proposero al Granduca le ragioni giurisdizionali riservandosi le gabelle, le entrate feudali, le prescrizioni, le onoranze ecc. Inaspettatamente Manfredi divenne padre di un maschio e riusci’ a riavere il feudo e la investitura granducale di Terrarossa; sposato a Cassandra di Pietro della Seta, pisana, donna ricchissima, visse lontano dalle sue terre. Quando mori’ le sue esequie furone celebrate in Pisa nel 1642, anno in cui ricevette l’investitura il figlio suo Bernabo’. Questi, nato in Pisa, stette alla corte granducale come il padre, e da questa non si stacco’ mai. Alla morte del padre ottenne dal Granduca Ferdinando II la investitura di Terrarossa, o meglio, la conferma di quella gia’ concessa a Manfredi nel 1628; fu cavaliere e Priore dell’ordine di Santo stefano, poi Gran Contestabile ed in ultimo Maestro di Camera del Gran Principe ereditario. Sposo’Costanza del Conte Ippolito Della Gherardesca dalla quale ebbe: Giovanni-Manfredi, Ippolito, Cassandra,Eleonora,Costanza e Giovanna.

59 Castello di Terrarossa - Scala di accesso alle cantine.

60 Castello di Terrarossa - Percorso delle cantine.

61 Castello di Terrarossa - Sotterraneo.

62 Castello di Terrarossa - Una cantina del Castello.

63 Castello diTerrarossa - Sotterranei del Castello.

64 Castello di Terrarossa - Particolare di una cantina.

Bernabo’I mori’ in Pisa nel 1663 e nulla e’ da ricordare di lui in relazione al feudo. Gli succedette Giovanni Manfredi col solo nome di Manfredi che, ricevuta investitura Granducale nel 1664, rimase alla corte di Toscana ed ebbe l’onore di essere eletto Gentiluomo di Camera del Granduca Cosimo III. Del suo feudo era marchese solo di nome in quanto le sorti le dirigeva il Granduca. Sposo’ dapprima Margherita di Giuliano Romoli di Firenze ed in seguito Claudia del Principe Scipione di Santa Croce vedova del marchese Giuseppe Malaspina di Olivola. Ebbe da loro: Bernabo’II, Lorenzo, Scipione Andrea,Marcello e Matilde. Alla sua morte, 1708 gli succedette Bernabo’II il quale, sulle orme del padre, rimase ad oziare a Firenze e poco o nulla del feudo curo’. Sposo’ Vittoria del marchese Cosimo Riccardi di Firenze, ebbe da lei Manfredi, Giulia, Cosimo e Margherita. Mori’nel 1761a Firenze. Manfredi III, gia’ paggio alla CorteToscana, coltivo’ le lettere e le antichita’. Alla morte di questo personaggio, Terrarossa venne riunita definitivamente al Granducato di Toscana.

65 CASTELLO DI PONTEBOSIO

Castello di Pontebosio -

Esisteva anticamente un ponte sul Tavarone, tra Olivola e Monti, dove i marchesi Malaspina fecero erigere alcune fortificazioni che presero forse il nome da un antico proprietario; il nome Boso era frequentemente usato nelle famiglie feudali della Lunigiana, e del resto gli antichi dominatori della Verrucola di Fivizzano si chiamavano Bosi. Le sommita’degli archi dell’antico ponte sono ancora visibili affondate nella ghiaia del fiume. Non si conosce il momento in cui questo luogo diventasse cosi’ importante e fosse considerato un baluardo del potere marchionale.

66 Castello di Pontebosio.

67 Castello di Pontebosio - antico ponte sul Taverone

La giurisdizione di Ponte Bosio era situata tutta sul lato sinistro del Tavarone; i suoi confini erano: a nord il Tavarone stesso e il territorio di Bastia, a sud quello di Olivola, ad ovest il torrente e il territorio di Monti e ad est i territori di Agnino, Magliano e capitanato di Fivizzano, gia’ pervenuti alla Repubblica Fiorentina. Il suo nome compare la prima volta in occasione della divisione che fecero tra di loro i figli del marchese Giovan-Spinetta Malaspina di Villafranca i quali con l’ attuale nome, assieme a Bastia,Baccana e Terrarossa lo assegnarono a Moroello Malaspina. Formante parte del feudo di Bastia, passato nel 1535 al marchese Morello, nello stesso anno venne scambiato col fratello Fieramonte e nel 1574, dopo la sua morte passo’al figlio Fabrizio. Quando a Fabrizio venne conferito il feudo di Terrarossa nel 1581, felicemente cedette a Cammillo quello del Pontebosio che venne riunito a quello di Bastia sotto cui stette fino al 1631. Nello stesso anno questo venne assegnato a Ippolito il quale per transazione, riconosciuta solo nel 1639, lo cedette al marchese Lodovico (1658) che divenne capostipite dei marchesi di Pontebosio.Venne stabilito che il feudo

68 Castello di Pontebosio - Un grande ingresso murato.

69 Castello di Pontebosio -Portale d’ingresso del Castello. dovesse essere quello medesimo assegnato nel 1574: cioe’, la villa e il Castello del Ponte Bosio, Cuccarello, Ariola, Ronco e case de’ Reali: che il marchese Lodovico dovesse istituire primogenitura sul feudo, come gia’ l’avevano istituita per la Bastia capoluogo i cinque fratelli Cammillo, Ascanio, Corrado, Ettore e Giulio, nel 1574, e dovesse essere chiamato a succedere dopo il primogenito il secondogenito ecc. Lodovico si sposo’ con Leonora del conte Annibale Diana di Massa ed ebbe da lei; Giulio,Carlo-Antonio, AngelMaria, Caterina. Mori’a nel 1658. Gli successe Giulio(1664) che sposo’dapprima Taddea Farsetti di Massa e successivamente Euridice di Lodovico Biagiotti di Carrara. Dalla prima ebbe Ferdinando e dalla seconda Lodovico,Eleonora,CarloAntonio, Anna e Claudio. Niente d’importante avvenne durante la dominazione di Giulio e, alla sua morte, 1664, gli successe Ferdinando. Salito questi sul seggio marchionale paterno, fu sua prima cura ottenere i diritti imperiali dei suoi possedimenti e nel 1665 ebbe l’investitura da Leopoldo I(15), che gli venne rinnovata da Giuseppe I e Carlo IV nel 1717 e nel 1721.

70 Castello di Pontebosio - Portale d’ingresso al Castello.

71 Castello di Pontebosio - Lato di nord-est.

72 Castello di Pontebosio - Torre di sud-est.

73 Castello di Pontebosio - Torre sud.

74 Castello di Pontebosio - Lato nord-est.

75 Il marchese Ferdinando nel suo piccolo stato subi’ molte traversie soprattutto a causa del suo carattere piuttosto litigioso. Nel 1686 fino al 1689 ebbe sanguinosi scontri col marchese Alessandro di Podenzana suo confinante; sopite le rappresaglie una grossa inondazione gli causo’ gravi distruzioni. Nel 1690 partecipo’ alle controversie del feudo di Licciana, parteggiando or per Obizzo ora per la moglie Paola, permettendo un congresso nel suo castello e partecipando ad un altro nel castello di Aulla. Nel 1705 quando i Galloispani entrarono in Lunigiana fu uno dei primi a prestar loro obbedienza e giurar fedelta’ Nel 1707 Serafino, marchese della Bastia gli mosse lite al Consiglio Imperiale Aulico per spogliarlo del feudo ma per quanto la causa fosse lunga e dispendiosa egli ne rimase padrone. Nel 1718 ebbe molte inquietudini per aver preso parte alla contesa tra il marchese di Podenzana e quello di Licciana a causa del del transito del sale. Sposo’Vittoria di Quintilio Farsetti di Massa e da lei ebbe Lodovico II, Terenzia, Francesco-Fioramonte, Laura-Teresa, Quintilio e Tommaso-Azzino. Mori’ nel 1721. Gli succedette Lodovico II (1748) che tenne il governo per ventisei anni. Stando lontano dalle sue terre, in Carrara e alla Corte Medicea per la maggior parte del tempo, non manco’di recare vantaggi alle proprie terre e nel 1725 vi fondo’l’attuale parrocchia dedicata a San Giacomo. Ebbe investitura imperiale nel 1727, ripetuta poi nel 1744 e nel 1747. Prese in moglie Teresa Maffei di ed ebbe da lei Giulio primgenito, Anna-Candida, Carlo-Claudio, Anna-Eleonora e Maria-Vittoria. Venne sepolto nel 1748 nella chiesa di Ponte Bosio che lui stesso aveva fatto erigere.(19) Anche Giulio (1760), suo figliolo e successore, ricevette investitura dall’Imperatore FrancescoI nel 1751. Si ammoglio’ a Chiara di Giovan-Galeazzo Fusani di Parma ed ebbe da lei Claudio, Luigia, Ferdinando e Giuseppe.

76 Castello di Pontebosio - Lato nord.

Claudio (1803) successe al padre e fu l’ultimo marchese ad avere signoria su questo feudo. Ottenne l’investitura da Francesco I nel 1761 e gli venne confermata nel 1767 da Giuseppe II. Nel 1783, alla morte del marchese Giovanni di Bastia senza prole maschile, il feudo venne unito a quello del Pontebosio. Claudio prese in moglie Anna di Giuseppe Massimiliano Malaspina marchese di Olivola ed ebbe da lei Giulio, Vittoria, Laura, Carlotta, Azzolino, Beatrice. Resse i due feudi, Ponte Bosio e Bastia, sino alla soppressione avvenuta nel 1797, per i quali aveva ottenuto regolare investitura, che fu l’ultima, nel 1791. Spodestato come ogni altro feudatario imperiale della Lunigiana, si ritiro’ a Carrara dove mori’nel 1803. Il figlio Giulio si stabili’ in Reggio di Modena, dal cui duca ebbe impiego ed incarichi onorevolissimi. Sposo’ Vincenza degli Oldoini di Genova e da lei ebbe Grimaldo (1834), Claudio, Carolina, Anna, Ferdinando. Da Grimaldo si ebbe Troilo (1844) e la sua discendenza, e’ tutt’ora esistente. Il 24 maggio 1831 il duca di Modena, Francesco IV, apri’ nel castello un seminario che venne poi chiuso nel 1930.

77

CASTELLO DI BASTIA

Castello di Bastia.

Questo feudo, collocato sulla cresta di un contrafforte dell’alpe di Camporaghena, venne eretto, in tempi immemorabili, sopra un’altura quasi inaccessibile dai marchesi Malaspina. Si parla per la prima volta di questa fortezza denominata Bastia di Sancta Catharina in un atto del l9 maggio 1423 come appartenente ai marchesi di Villafranca. Nel 1416 viene ricordata tra i 15 “oppida” dei Malaspina espugnati dai genovesi. Dal 1221 fino alla meta’ circa del 1300 formo’ parte del feudo di Opizone , successivamente passo’ ai marchesi di Olivola, a quelli di Villafranca e di quest’ultimo feudo segui’ le sorti.

78 Castello di Bastia - Lato ovest.

79 Castello di Bastia - Torrioni di sud-ovest.

La “ bastia di Santa Caterina” fu in origine una pura opera militare, una fortificazione di passo posta a guardia della “ strata Lizane” (19) diretta dalla Toscana alla pianura emiliana per il valico di Linari e per la quale i Malaspina riscuotevano pedaggio. Nel 1500 venne assegnata per divisione a Giovan Spinetta (capostipite dei marchesi di Monti) che portando la sua sede al castello di Monti gli aggrego’ quello di Bastia finche’ nel 1535 quest’ultima ando’ esclusivamente in signoria al marchese Fioramonte (1574) figlio di Spinetta. Questi prese in moglie Caterina Passeri-Bonaccolsi di Piacenza e anche a causa della numerosa prole avuta, visse in Lombardia dove rimase fino alla morte. Da lui passo’ al figlio Cammillo (1612) del quale poco si sa riguardo al suo governo. Ebbe la protezione del duca di Parma, protezione estesa poi ai suoi figlioli quando Cammillo annego’ traversando il Golfo del Leone mentre partecipava ad una spedizione in Spagna. Gli successe Ippolito (1638) che sposo’ Taddea figlia del marchese Francesco Malaspina diTresana; da lei ebbe molti figli, visse molti anni a Parma e rientro’ senza mai piu’ allontanarsi da Bastia fino alla sua morte.

80 Castello di Bastia - Lato di nord-ovest.

81 Castello di Bastia - Torrione di sud-ovest.

82 Castello di Bastia - Ingresso lato ovest.

83 Castello di Bastia - Ingresso di sud-est.

84 Ad Ippolito successe Francesco (1625) che, giovanetto, fece parte dei paggi alla corte del Duca di Parma prima e successivamente rimase alle dipendenze di quella corte anche se nominato, dopo molte vicende, unico signore del feudo di Bastia. Sposo’ Scolastica Zambini di Parma e da lei si assicuro’ la discendenza in Serafino (1736) e numerosi altri figli; da sempre rimase al servizio del Duca. Alla sua morte in Parma gli successe Serafino (1736) che sposo’ Teresa contessa Borri di Parma e sulle orme del padre rimase alla corte ducale lasciando il governo ai propri ministri. Durante la sua assemza accaddero cose gravi, soprattutto per il transito del sale, tra i marchesi di Podenzana e quelli di Licciana e per il parteggiare Bastia a favore del primo. Nel 1722 grazie alla longanimita’ del marchese di Licciana verso il biasimevole Serafino che, tra l’altro, mai si mosse dalla Corte di Parma, si pote’ evitare una guerra sanguinosa tra i due feudi confinanti. Anche il figlio che gli succedette, Giovanni (1783), in quarantasette anni non si mosse mai da Parma lasciando il governo ai ministri e rientrando alla Bastia solo per vacanza.

85 Castello di Bastia - Scalone dell’ingresso principale.

86 Castello di Bastia - Prospetto principale.

87 Castello di Bastia - Termine di confine tra il marchesato di Bastia e quello del Pontebosio.

88 Castello di Bastia - Termine di confine dal lato del marchesato del Pontebosio.

89 Castello di Bastia - Ingresso al Castello.

90 Castello di Bastia - Ingresso al cortile interno del Castello.

91 Castello di Bastia - Particolare del cortile del castello.

92 Castello di Bastia - Scalone di accesso al piano nobiliare.

93 Castello di Bastia - Il dongione .

94 Giovanni sposo’Annetta del marchese Giovan Cristoforo Malaspina di dalla quale ebbe solo figlie femmine: Adelaide,Gioseffa-Amalia,Enrichetta e Matilde. Il marchese Giovanni il 6 gennaio 1783, morendo lascio’ per testamento tre parti ugali alle tre figlie superstiti e usuffruttuarie dei beni allodiali, la moglie Annetta e la figlia ancor nubile Amalia-Gioseffa. Poiche’ non aveva lasciato figli maschi, ando’ subito al possesso del feudo il marchese Claudio Malaspina del Ponte Bosio (1803). Questi offerse in vendita al Granduca di Toscana i feudi di Bastia a del Pontebosio per venticinquemila zecchini ma la trattativa rimase in sospeso fino alla loro soppressione fatta dal generale Chabot nel 1797. La genealogia fa seguito al marchese Claudio il figlio Giulio (1849)che vide lo spodestamento di tutta la famiglia. Da Giulio, sposato a Vincenza degli Oldoini di Genova si ebbe dapprima Grimaldo (1834) e successivamente il figlio Troilo (1844). E’ probabile che il castello, abbandonato dagli ultimi feudatari, venisse occupato da diverse famiglie della zona che lo degradarono a residenza agricola. Subi’ diverse menomazioni anche a seguito del terremoto del 1920 e degli ultimi eventi bellici quando i tedeschi per rappresaglia minarono la torre di

nord-est. Il Castello venne riscattato dall’amb. Omero Formentini che gia’ possedeva una parte dell’edificio e da questi venne fatto oggetto di importanti lavori di restauro che hanno riportato il monumento alla maestosita’ delle sue strutture cinquecentesche.

95 Castello di Bastia - Salone del castello..

96 Attualmente il castello e’ abitato da donna Isabella dei marchesi Negrotto Cambiaso, dal figlio dottor Ludovico Formentini, funzionario della Commissione Europea, con la consorte donna Nicoletta dei Conti Petrangolini e i figli Filippo, Orsola e Sabina.

97 CASTELLO DI MONTI

Castello di Monti

Nell’anno 1500 i due fratelli Tommaso e Giovan Spinetta Malaspina di Villafranca si divisero il feudo; questo, chiamato anche Monte Simone, ed altri castelli divennero proprieta’ di Giovan Spinetta che ne divenne marchese. Il feudo comprendeva Monti, Panicale, Licciana, Bastia, Montevignale, Terrarossa, Podenzana e Suvero. Poco dopo che si fu insediato Giovan Spinetta (1528) si ammoglio’ con Maddalena di Leonardo Malaspina di , marchese di Castel dell’Aquila che gli dette molti figli e alla sua morte resse il marchesato in nome di quelli ancora minori. Nel 1535, morto Giovan Spinetta, il feudo venne ripartito tra i cinque figli superstiti: Monte Simone con la sua giurisdizione venne assegnato (a sorte) a Fioramonte. Bastia, Ponte Bosio, Bachana e Terrarossa a Morello.

98 Licciana, Panicale, San Martino e Molesana a Jacopo. Podenzana a Leonardo e Suvero a Rinaldo. Sempre nello stesso anno Morello e Fioramonte si scambiarono le proprieta’ e Morello (1578) divenne marchese di Monte Simone. Si sposo’ con Lucrezia di Ercole Strozzi Maggi di Firenze ed ebbe investitura dall’imperatore Ferdinando nel 1559. Il feudo era molto piccolo e scarse le vicende. Lo ingrandi’acquistando Terrarossa e Borgonuovo. I figli Orazio e Cammillo dettero il feudo in permuta a Cornelio e Alfonso di Licciana che a loro volta lo cedettero al cugino Fabrizio.Dopo molti frazionamenti venne acquistato, quasi completamente, dal marchese Torquato di Suvero. Torquato (1594) fu uomo e feudatario distintissimo e tra i piu’ ragguardevoli della sua famiglia. Amo’ i suoi suditi e li esonero’ dai balzelli; per le sue opere caritatevoli la sua memoria fu per molto tempo benedetta.

Castello di Monti.

Prese in moglie Euridice di Stefano marchese Malaspina di Madrignano ed ebbe da lei solamente Rinaldo. Di questo suo unico figlio si occupo’ personalmente con grande cura.

99 Castello di Monti - Il grande torrione ovest.

100 Castello di Monti - Il torrione quadrato .

101 Castello di Monti - Torre di nor-est.

102 Castello di Monti -Il torrione lato nord.

Il giovane Rinaldo visse a Pisa in casa Strozzi; di carattere poco riflessivo incorse in molti guai finche’gli venne proposta in moglie Caterina di Pietro della Seta di Pisa, la quale, ricchissima, gli risolse molti problemi. Il marchese Rinaldo II (1638) mosse liti con quasi tutti i Signori della Provincia e per un delitto venne condannato in contumacia, assieme al figlio Torquato II, al bando, alla confisca delle terre e al taglio della testa. Il marchese Torquato II (1643) con una rinnovata accomandigia, sposatosi con Maria del marchese Ottavio del Carretto di Genova, divenne il nuovo signore e dopo una lunga assenza ricomparve nel 1640 riprendendo il dominio del feudo per poco dopo sparire nuovamente trovando morte nelle Fiandre. Dopo due femmine, e dopo la sua morte, divenne padre di due gemelli:Ferdinando-Torquato e Innocenzo-Rinaldo-Francesco-Antonio. La marchesana Maria dovette piu’ volte resistere e difendere i diritti del secondogenito essendo subito morto il primogenito Ferdinando-Torquato. Sotto la sorveglianza di casa Medici Francesco Antonio (1714) fu il successoredi Torquato II.

103 Castello di Monti - Lato sud.

104 Castello di Monti -Questa finestra venne fatta ripristinare da Torquato V dopo il disastroso terremoto del 1920 che ridusse quasi in rovina il Castello. Sotto: interessanti questi due simboli raffiguranti lo spino fiorito (?) dello stemma malaspiniano o un qualche altro simbolo di derivazione longobarda.

105 In alto a destra: fibula ad arco. Sotto: croci in lamina d’oro. Milano - Museo Archeologico.

I reperti fotografati appartengono a corredi funerari reperiti in aree strettamente longobarde.Queste croci con le loro decorazioni a nodi ed intrecci (Schlaufenornamentik) diffuse in tutto il nord Europa, erano subordinate non a carattere religioso ma a differenza di classe sociale. Osservando le decorazioni scolpite negli architravi di una delle finestre del castello colpisce la straordinaria somiglianza dei motivi decorativi.

106 A destra in alto due tremissi e recto di tremisse del re Cuniperto. A sinistra gli stessi simboli scolpiti su una delle finestre del castello.

Le tre monete raffigurate in alto sulla destra sono emissioni longobarde. Subito dopo la loro conquista d’Ialia vi fu una prima monetazione aurea di imitazione bizantina i cui tipi raffiguravano l’effigie dell’imperatore e la vittoria sul retro. Con re Cuniperto, verso la fine del VII secolo, inizia una monetazione longobarda vera e propria; da un lato il re pone la propria effigie e il proprio nome e dall’altro l’Arcangelo Michele, protettore del popolo Longobardo. Accanto a questi tipi centrali vi furono dei tipi locali tra cui si ricordano gli stellati emessi dalle citta’ toscane con la stella da un lato e il monogramma della citta’ dall’altro. Quando la Lunigiana venne aggregata al ducato longobardo di Lucca, Oberto (945) la assegno’ al vescovo Gotifredo. All’epoca castelli e torri di guardia furono distrutti dagli invasori e assegnati a Signori e ceppi gentilizi disposti a vivere secondo legge longobarda da cui e’ facile presumere ( come nelle foto in alto) che nelle ricostruzioni fossero utlizzati simboli longobardi.

107 Castello di Monti - Atrio.

108 Castello di Monti - Giardino pensile.

109 Castello di Monti - Nella sala da pranzo un tripode raffigurante lo spino secco.

110 Castello di Monti - Scala di accesso al piano superiore.

111 Castello di Monti - Ingresso del salone.

112 Castello di Monti: in alto - Affresco del secolo XV raffigurante la Madonna tra i dottori della chiesa. Sotto - Arme dei Malaspina tra due Arpie nell’architrave del camino nel salone.

113 Frammenti di architravi rinvenuti dopo il terremoto del 1920

La marchesana Maria si rimarito’ segretamente nel 1646 per non essereprivata della tutela sui figli, ma quando si seppe e le venne ricusata la tutela, si ritiro’a Sestri continuando a molestare i poveri sudditi. Segui’ ancora un periodo di lotte, di turbolenze, conflitti a fuoco e misfatti per motivi diversi. Giunse finalmente il 1657 e Francesco Antonio (1714) esce di puberta’ divenendo giovan signore degli stati suoi. A 14 anni sposo’Elisabetta del marchese Spinetta Malaspina di Olivola ma poco resse il matrimonio a causa di gravi fatti intercorsi tra le due famiglie. Comunque dopo pochi anni dalla separazione i coniugi tornarono a riunirsi e da loro nacque Torquato III ( 1736) che unitosi a Livia Galletti di Pisa seguito’ la dinastia con Francesco Antonio II.Del nuovo marchese non si ebbero lagnanze ne’ notizie di particolar rilievo.Al marchese Francesco Antonio II (1771) seguirono Torquato IV (1827) che sposo’ Teresa del marchese Francesco Garimberti di Parma e dopo di lui Massimiliano Leonardo. Seguirono in successione Ladislao (1924) sposato a Marianna della Rosa Prati dei marchesi di Collecchio e dopo di lui il figlio Torquato V (1946). Quest’ultimo merita particolare attenzione poiche’ dopo il disastroso terremoto

114 del 1920 si adopero’ per ricostruire il castello quasi distrutto e con costanza e competenza, ne segui’ i lavori di ripristino e di restauro che lo hanno conservato fino ai giorni nostri. .Dopo Torquato V troviamo Moroello Ladislao (1974) che sposando Claudia Gardi lascia nella persona del suo successore il marchese Niccolo’.

Il marchese Niccolo’ Malaspina e la consorte donna Lucia dei conti Romani Adami. Il loro primogenito Moroello nasce nel 1991.

115 CASTELLO DI PANICALE

Panicale - Panorama.

Il Castello di Panicale, sorse in epoca remotissima ai confini della corte che nel 938, tra le corti lunigianesi, Re Ugo dette in dote alla moglie Berta “curtem que dicit novam”, cioe’ Cortenuovo presso Fornoli. Considerato che questi dovesse essere il centro dei possedimenti ducali toscani della zona suddetta, Panicale doveva essere un piu’ remoto capoluogo curtense che forse e’ indicato dalla localita’ ancor oggi chiamata “Corte” presso Panicale. Nel 1077 fu confermato da Arrigo IV agli Estensi, Panicale “ cum omni re Guidonis fili Dodonis”la quale espressione allude ancora ai vasti confini della vecchia tenuta ducale. Da gli Estensi passo’ ai Moregnano nel 1119 e attorno al XII secolo i Malaspina rilevarono idiritti e le ragioni di Panicale assieme ad altri territori.(21)

116 I Malaspina presero possesso del castello non oltre la meta’ del XIII secolo perche’ nella divisione fra i condomini di Filattiera del 1275 il castello di Panicale e le sue pertinenze, unito con altri passarono a Francesco figlio di Bernabo’ che istitui’ il marchesato di Olivola.

Castello di Panicale - Prospetto dalla piazza.

Poco resto’ Panicale sotto i marchesi Malaspina di Olivola che, nel 1355, dato in pegno ai marchesi di Villafranca, fu destinato stabilmente a quel feudo. Da quel momento il Castello di Panicale e quello di Licciana ebbero vicende comuni ma a poco a poco il secondo ebbe preminenza sulla valle del Tavarone. Nel 1535 Panicale e Licciana costituirono feudo indipendente e cosi’ si mantennero sino alla Rivoluzione Francese. Delle vecchie fortificazioni di Panicale rimangono una delle porte del recinto castellano e i ruderi di un mastio nel giardino pensile del Castello.

117 Castello di Panicale - La porta del recinto castellano.

E’ importante evidenziare che, diversamente dagli altri castelli del feudo, quello di Panicale non venne mai abitato dai Malaspina perche’, fin dalla seconda meta’ del 1300, divenne sede della potente famiglia dei Medici di Panicale.(23 ) Questo antichissimo casato, conosciuto da gran tempo,era giunto in Val di Magra nel secolo decimoquarto godendo subito di gran reputazione ed influenza perche’ ricchi e forniti di educazione ed istruzione fuor del comune.(24) I Medici di Panicale discendono da Giovanni che nel 1440 era gia’ morto e da suo figlio Alderico che nel 1452 era anch’egli morto. Alderico ebbe due figli:Giovanni-Matteo e Bertone. Da Alderico il casato si divise prima in due rami, poi in tre. Un ramo venne da Giovanni-Matteo di Alderico, l’altro da Francesco di Bertone, il terzo da Alderico di Giovanni Battista. Giovanni-Matteo, notaro rogante il 6 novembre 1452, ebbe due figli:Bartolomeo e Jacopo. Morto il primo, Jacopo succedette al padre e viene ricordato nel 1525 quale fondatore della Cappella di San Bernardino nella chiesa di Panicale. Dopo di lui troviamo il figlio Giovanni Battista seguito dal figlio Alderigo e a sua volta dal

118 nipote Annibale del quale rimane l’iscrizione sull’architrave del grande camino nel salone del castello che dice “ ANNIBAL MEDICES MDLII FECIT”. Alderigo e il figlio Annibale sono ricordati per atti rogati nel 1533 in Malgrate tra la Comunita’ di Filetto e il Marchese Cesare Malaspina.(26) Con essi si estimngue un ramo della casata di Panicale. Giovanni-Francesco, Alderico ed i loro discendenti furono dal fondatore Jacopo chiamati alla Cappella suddetta. Francesco,capo dell’altro ramo, fu podesta’ e Jusdicente di Villafranca ( il Branchi ricorda che rogasse in Parma nel 1495). Discesero da lui Bartolommeo ( che rogava nel 1520) e Jacopo. Da quest’ultimo, podesta’ di Varano (1524) nacque Giovanni Francesco (1568) che rogo’nel 1540 l’atto di fondazione del Benefizio dei S.S. Bastiano e Sebastiano. Ebbe in moglie Antonia di Battistino dei castellani di Commano, dalla quale nacquero Jacopo e Pietro-Paolo. Jacopo, dottore in jure utroque,fu giudice nella Ruota fiorentina (Doc III)(27) e andato a Roma nel 1562, presento’ a papa Pio IV documenti tali che questi riconobbe di sua agnazione la famiglia lunigianese, e nello stesso anno lo nomino’Conte Palatino e Cavaliere dello Sprone d’oro (DocXXIII)(27). Lascio’ due figlie Isabella e Diamante. Da Pietro-Paolo, fratello di Jacopo,nacque Giovanni-Francesco(1634) che lascio’ due figli: Piero nato nel 1595 e Pietro-Paolo nato nel 1602. Da Pietro-Paolo nacquero quattro figli:Bernardino nato nel 1629, Giuseppe nel 1630,Giovanni Francesco nel 1633 e Giovanni Battista nel 1635. Di costoro non si ritrovera’ traccia. Alderico (1577) di Giovanni Battista (1558), rogante in Fivizzano nell’anno 1553, dal quale ebbe origine il terzo ramo della famiglia, fu podesta’ di Varano nel 1558; mori’ nel 1577 lasciando il figlio Antonio, anatomista in Pisa e bene accetto alla Corte Granducale. Costui ebbe tre figli: Angelica, Annibale e Marco Antonio. Il terzo figlio, Marco Antonio, nato nel 1586, lascio’ un figlio di nome Jacopo, nato nel 1607 che a sua volta ne lascio’ quattro: Giovanni, Marco-Antonio,Francesco e Annibale. Annibale, nato nel 1634, ebbe cinque figli maschi e due femmine: Isabella, Agata, Giovanni Francesco, Jacopo Antonio, Domenico Maria, Niccolo’Tolentino e Alderico. Solo quest’ultimo si ammoglio’e lascio’ figli: fu sua consorte Susanna Cortesi e i suoi figli furono: Annibale, Maria Maddalena, Maddalena Vittoria. Annibale, senza prole, mori’ chierico nel 1742; con lui si estinse il ramo dei Medici di Panicale. Maria Maddalena (1803) nel 1743 sposo’ il capitano Francesco Paganini di Licciana.

119 Castello di Panicale - Arco di accesso delle mura castellane.

120 Castello di Panicale -Feritoia sul ponte levatoio.

121 Castello di Panicale - Uscita sul ponte levatoio.

122 Castello di Panicale - Ingresso alla residenza del primo piano.

123 Castello di Panicale - Antico ingresso castellano.

124 Castello di Panicale- Il prospetto principale dalle eleganti bifore. Il matrimonio di Maria Maddalena Medici col capitano Francesco Paganini fu molto fecondo. Da loro nacquero due maschi e otto femmine. Quattro di queste morirono infanrti, quattro si maritarono; dei maschi uno solo si ammoglio’. Le femmine morte nubili sono:Maddalena Lucia (1745), una nata e morta senza nome (1751), Maria Susanna (1755), altra Maria Susanna (1762). Le maritate furono: Maria Lucia sposata ad Antonio Mercati di Bastia (1765), Domenica Maria (1823) sposata ad Antonio Sarti, Margherita sposata a Francesco Bassignani del Merizzo (1776), Caterina sposata a Giovanni Pietro Boliani di Licciana nel 1787, I figli maschi furono Francesco Antonio e Luigi Venanzio. Il secondo, Luigi Venanzio moti’ in tenera eta’. Francesco Antonio (1831), maggiore nella milizia, sposo’ Rosa Brunelli di Licciana ed ebbe numerosa prole. Ritornando a Maria Maddalena Medici sposata al capitano Paganini, rimasta vedova si sposo’ in seconde nozze con Venanzio Carretti, ch’era stato padrino dei suoi figli e da questo matrimonio nacquero nel 1772 Luigi Carlo che si chiamo’ Carretti Medici e fu prete, nel 1773 Maria Maddalena Rosa che mori’ infante .

125 Castello di Panicale - Arco di accesso al borgo; sul pilastro visibile sotto l'arco troviamo incisa ( due volte) la data del 1114. A destra: una bellissima finestra del prospetto principale e l’architrave dell’ingresso castellano.

126 127 Castello di Panicale - Il giardino pensile; i resti del mastio non sono visibili perche’ coperti dall’albero.

Ritornando alla numerosa prole di Francesco Antonio che ebbe dieci figli, quattro maschi e sei femmine, diremo che cinque figlie morirono nubili: Maria Maddalena (1783), Maria Caterina Paola (1781), Anna Maria Maddalena (1805), Anna Maria (1798), Maria Caterina (1801). Maria Isabella (1799) venne maritata a Giovanni Giannotti di Corte. I figli maschi furono: Francesco Maria, Venanzio Melchiorre, Annibale Domenico, Alderico Luigi. Da Francesco Maria (1774-1857) marito di Maria Martinelli di Cotto (Fivizzano) nacquero nove figli, sei maschi e tre femmine; queste furono Maria Maddalena (1875) moglie di Pietro Baldassari, Clementina (1858) moglie di Giuseppe Pietrucci di Malgrate, Gioconda (1825). I maschi furono: Annibale, morto prete nel 1864; Sante (1893) vedovo di Marianna Bonfigli di Magliano; Luigi, dottore in medicina sposato a Carolina Montali di Licciana; Alessandro, Alderico (1890) e Francesco Antonio. Sante e Marianna ebbero un figlio solo che chiamarono Carlo (1868) il quale lascio’ tre figli: Isolina, Alceste e Alfredo.

128 Alfredo,nato il 21 Luglio 1836, sposo’ Giuseppina dei marchesi Gropallo di Spezia e dalla loro unione nacquero Tellio, nato il 17 agosto 1896 morto nel 1973 e Valter Costante nato il 9 novembre 1898.(28) Valter Costante mori’ giovane in un tragico incidente. Tellio si marito’ con Maria del podesta’ Saccomani di Madrignano. Dalla loro unione nacquero Valter, nato nel 1924 e morto nel 1952 e Anna Maria nata nel 1933 e morta il 26 aprile 1999.

Anna Maria dei Medici di Panicale. Con la sua morte si estingue una dinastia che visse ininterrottamente nel castello di Panicale per quasi seicento anni.

Stemma dei Medici di Panicale

129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 Gli alberi genealogici del casato Malaspina sono stati riportati dall’opera di Eugenio Branchi - Storia della Lunigiana Feudale -. Il ramo del marchesato di Monti e’ stato aggiornato dal marchese Niccolo’Malaspina. La genealogia della famiglia Medici di Lunigiana - ramo di Panicale - e’ stata ricostruita e aggiornata dall’autrice dal testo del genealogista Giuseppe Antonetti in : Famiglie Medici di Lunigiana. Per le fotografie degli interni dei castelli riportate nel testo si ringraziano i proprietari che ne hanno consentito la pubblicazione:la signora Elsa Italia Giannetti, il marchese Niccolo’ Malaspina di Monti e il dottor Ludovico Formentini di Bastia. Si ringrazia inoltre la signora Elsa Italia Giannetti, la quale, consentendo di essere ritratta nel proprio palazzo in Monzone, ha reso possibile comparare e attribuire uno stemma collocato a Castel del Piano, con altri presenti nel giardino e nella cappella gentilizia appartenenti alla famiglia Giannetti -Tolomei.

140 Bibliografia

(1) Note delle distribuzioni delle Imposizioni Imperiali, esistenti presso l’archivio domestico Malaspina di Mulazzo, fiza 6. (2 Ttradizione locale comunicata a Eugenio Branchi dal sacerdote Lazzaro Zanetti, priore di Panicale, nel 1845. (3) Gerini, Memorie istoriche di Lunigiana. Emanuele Repetti, Dizionario storico della Lunigiana. (4)Diploma Imperiale di primogenitura del 24 maggio 1578 concesso a Cornelio e Alfonso , esistente presso l’Archivio delle Riformagioni di Firenze. (5)Lunig.Codex diplomat. Italiae. (6)Atto di vendita del feudo di Terrarossa e Borgonuovo del di’ 19 sett. 1581 rogato Antonio Bancio, esistente nell’archivio domestico Malaspina di Mulazzo. (7) Lettera del marchese Ferdinando di Licciana del di’ 21 giugno 1595, Archivio Mediceo, Carteggio di Ferdinando I, filza 204. (.8)Lunig, Codex diplomat. Italiae. (9) Lettera Imperiale al Marchese Obizzo di Licciana del 23 febbraio 1685, e Lettere del Governatoredi Lunigiana Sozifanti al Segretario Panciatichi del 7 e 21 aprile 1685, esistenti presso l’archivio Mediceo Affari di Lunigiana, filza 31. (10) Ordine Imperiale del quale si tratta conservato nell’archivio domestico Malaspina di Mulazzo (11) Libro dei capitoli esistente nell’Archivio delle Riformagioni di Firenze (12) Difesa dei beni allodiali spettanti agli ex-feudatari delle Alpi Apuane da presentarsi ai consigli legislativi della repubblica Cisalpina, archivio domestico Malaspina di Mulazzo. (13) Gerini, Codex documentorum illustrium Lunexanae, ms. esistente nella Libreria dell’Archivio Centrale di Stato di Firenze. (14) Se per avventura le sale di cui sopra venissero in seguito distrutte o variate, puo’ vedersi la pianta del castello e palazzo di cui si tratta, disegnata per l’occasione della vendita al Granduca nel 1617, che si conserva nell’Archivio Mediceo, affari concernenti la Lunigiana. (15) Codex diplomat. Italiae e Serie di documenti provanti le branche dei 5 fratelli. (16)Lunigiana, Litta. (17)Diploma d’investitura del Ponte Bosio data al Marchese Claudio fu Giulio Malaspina dall’imperator Leopoldo II nel 27 ottobre 1791, esistente nell’archivio domestico Malaspina di Villafranca. (18) Gerini, Memorie storiche di Lunigiana.

141 (!9) Ubaldo Formentini, Monumenti della Lunigiana, Il castello di Bastia. (20) Eugenio Branchi - Storia della Lunigiana Feudale -vol II pag.673 (21) Ubaldo Formentini - Castelli di Lunigiana - pag.55 (22) Ubaldo Formentini - Castelli di Lunigiana (23) Relazione del Console Benedetto Bosti al Granduca..Archivio delle Riformagioni di Firenze. (24) Giuseppe Antonetti -Medici di Lunigiana -Societa’ Tipografica Fiorentina -Firenze (25) Eugenio Branchi- Storia della Lunigiana Feudale- vol II pag. 352 (26) Eugenio Branchi - Storia della Lunigiana feudale - vol II pag.687 (27) Giuseppe Antonetti - Medici di Lunigiana - Societa’ Tipografica Fiorentina - Firenze. (28) G:Antonetti - Medici di Lunigiana - societa' tipografica fiorentina - Firenze

142 INDICE

Carta della Lunigiana.------pag. 6 Storia della Lunigiana.------“ 7 Licciana and itsseven castles.------“ 11 Castello di Licciana.------“ 13 Castel Del Piano.------“ 32 Castello di Terrarossa.------“ 50 Castello del Pontebosio.------“ 66 Castello di Bastia ------“ 78 Castello di Monti.------“ 98 Castello di Panicale------“ 112 Alberi Genealogici ------” 125 Bibliografia ------” 133

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Note dell’autrice

La Lunigiana e i suoi borghi sono sempre stati cari all’autrice che, originaria di quella terra, ha conservato nel cuore e nella memoria i luoghi e le semplici storie delle persone che l’hanno abitata;. alcune di queste conosciute di persona ed in altri casi rivissute nei racconti della nonna o dei vecchi del paese.Le vecchie filastrocche ascoltate nell’infanzia, le antiche storie di folletti e diavoli, di cui il piu’ curioso era il Buffardel, sono rimaste in lei come immagini di un tempo ormai scomparso. Sente quindi la necessita’ di ricreare in parte quel mondo e farne rivivere il ricordo per coloro che non l’hanno conosciuto e perche’ non se ne perda la memoria.I racconti e le fotografie le hanno consentito di descrivere quel tempo e ricrearlo con le immagini dei piccoli borghi disabitati e spesso abbandonati,degli sperduti agglomerati di casolari non ancora raggiunti dal progresso. Queste migliaia di fotografie, accuratamente classificate e divise in un ordinato archivio, sono state riprese e ripulite, con tecniche moderne,per poter illustrare, divise paese per paese,tutta la Lunigiana a cominciare dalla destra della Magra. Le immagini ci mostrano una terra verde di boschi e sullo sfondo le rovine di grandi costruzioni spesso dirute da intemperie e rovi; pendii sui quali ruderi di antichi monasteri sembrano riecheggiare solitudini di silenzi e preghiera; colline e dorsi selvosi dove un rosario di solitarie pievi testimonia ancora la devozione della gente di Lunigiana; stretti borghi dai vicoli anulari, spesso bui e ventosi; piccole case costruite con pesanti pietre cementate dall’umile sudore dell’uomo. L’autrice vuol anche ricordare che le centinaia tra castelli, torri e castellari che ancora allungano la loro ombra con la fierezza della loro origine e del loro passato sono un segno tangibile di una terra povera di mezzi ma ricca di storia. In particolare vuole evidenziare con la pubblicazione di questo libro la storia del feudo di Licciana che nel 1500 era costituito da ben sette castelli rimasti a tutt’oggi riuniti nel piccolo comune e soprattutto sottolineare come probabilmente non esista alcun altro comune in Italia o altrove che possa contare, in un cosi’ limitato territorio, un tal numero di castelli di cosi’ grande mole, storia e bellezza.

144 Stemma malaspiniano - museo lapideo di Verona

145 Prima Edizione nel Dicembre 2003 Seconda Edizione nel Settembre 2009 dalla Tipografia Digitale - Carrara

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