MEMORIE di LUNIGIANA di ADRIANA G. HOLLETT Licciana e i suoi sette castelli Fotografie di A. G. Hollett© 2 a mio marito Reginald che condivide l’amore per la mia terra. 3 Mappa planimetrica della Lunigiana ricordata da Almagia’: ”Monumenta Italiae Cartographica”, pag. 60 Acquerello su carta - Piante antiche dei confini del 1643 - rappresentante i vari feudi lunigianesi. 4 Cenni sulla storia della Lunigiana Per riassumere brevemente la storia delle origini della Lunigiana sara’ necessario, a causa della carente documentazione, ricorrere all’opera di Eugenio Branchi “ Storia della Lunigiana feudale”, unica fonte autorevole assieme a quella di Gioachino Volpe; ebbe a osservare quest’ultimo che, “ per la storia della Lunigiana, avanti il XII secolo, e’ poco meno che tenebre e tenuissima luce di alba lontana.” Concordando con loro, possiamo partire da Oberto, conte di Luni, di probabile origine longobarda e unico superstite della famiglia dei Marchesi di Toscana. Luni divenne colonia romana nel 177 a.C., prospero’ col nome di Provincia Maritima Italorum, subi’ dapprima l’invasione longobarda e in seguito, unita a tutta la Lunigiana venne aggregata al ducato longobardo di Lucca. Con i Franchi entro’ nella marca carolingia, Oberto ne fu il primo conte e, in seguito, quando i Vescovi contrastarono il dominio obertengo ottenendo da Federico I di veder sanciti i loro diritti su tutto il territorio, divenne sede vescovile. Il Volpe, concordemente ad altri storici e genealogisti, individua in Oberto (945), di origine longobarda, il primo ad essere nominato conte di Luni. L’essere conte di Luni aveva una certa rilevanza poiche’il paese, collocato tra Liguria e Toscana, testimoniava attraverso i resti dell’anfiteatro romano e quelli di antichi insediamenti paleolitici il suo notevole passato. Costui dopo pochi anni (951), oltre alla Lunigiana, entro’ in possesso della marca della Liguria orientale, dei centri di Tortona e Genova e alla sua morte tutti i suoi possedimenti vennero da lui lasciati ai due figli: Adalberto I e Oberto II. Dal primo figlio, per successive diramazioni, ebbero origine i casati dei marchesi di Massa, Corsica e Sardegna, quella dei Pelavicino e dei Cavalcabo’ di Cremona. Dal secondo figlio Oberto I, quello che maggiormente interessa la nostra storia, nacquero Alberto Azzo I e Oberto Obizzo I. Il primo dette origine alla casa d’Este ed il secondo a quella dei Malaspina. Oberto Obizzo I si stabili’ sui gioghi dell’Appennino Ligure-Tortonese-Piacentino, nelle alte valli della Trebbia e dello Staffora e in quest’ultima valle, centro del suo dominio, pose la propria residenza nella rocca di Oramala, unico castello fortificato della valle e quella venne poi da sempre considerata la culla dei Malaspina. Successivamente Oberto Obizzo I fece costruire una serie di castelli che sarebbero divenuti formidabili punti di difesa e principalmente di controllo per il traffico delle merci che costituiva con i pedaggi una grossa fonte di ricchezza. I Malaspina facevano pagare molto cari questi pedaggi e talvolta arrivavano ad assaltare essi stessi le carovane comportandosi come briganti da strada. Il loro 5 castello di Villafranca fu chiamato Malvido e poi Malnido (nel diploma conferito dall’imperatore Federico a Opizone nel 1164) per i pedaggi da rapina e per le ruberie poste direttamente in atto da loro a spese delle carovane che transitavano dal passo della Cisa. Poco si sa di suo figlio Alberto I e del nipote Obizzo II, ma sicuramente il figlio di quest’ultimo Alberto II divenne noto col nome di Malaspina. Cio’ appare nell’atto di pace di Luni stipulato nel 1124 tra il vescovo Andrea da una parte e il marchese Alberto II detto il Malaspina dall’altra. Nella divisione tra Corrado e Opizzino nel 1221, a Corrado l’ Antico (1253) vennero assegnati i possedimenti alla destra della Magra, mentre Obizino (1301) cambiando nell’arme lo “spino secco” in “spino fiorito” ebbe parte dei territori alla sinistra del fiume. La divisione poi non fu solo dei beni ma araldica, in quanto venne modificato lo stemma di famiglia. Quello dello spino secco portava uno spino con sei rami, uno verticale e cinque orizzontali, tre dei quali voltati a sinistra e due a destra, tutti con aculei.Quello dello spino fiorito portava uno spino verde con sei rami, uno verticale e cinque orizzontali tre dei quali a destra e due a sinistra, terminanti con tre piccoli globetti bianchi in croce alle estremita’ in modo da formare un piccolo fiore. Lo stemma originario aveva uno spino secco nero in campo d’oro con il motto “ad medelam” (mi offre rimedio). I membri del casato si moltiplicarono e cosi’ lo stemma venne spesso modificato; il piu’ conosciuto e’ pero’ quello che mostra un leone rampante coronato affiancato dai rami alternativamente, dello spino secco o fiorito o emtrambi. E’ da ricordare che il leone rampante bianco venne assegnato a Corrado detto l’Antico ( 1253) da Luigi IX re di Francia per l’aiuto ricevuto dal Malaspina nella crociata d’Egitto del 1248. Opizzino o Opizzone (1301), secondogenito di Federico (1264) “ fu lo stipite dei Marchesi e Signori di V illafranca”. La sua vedova marchesana Tobia Spinola, tutrice dei figli ancora in minor eta’, merita di esser ricordata come colei che “ compose, ordino’ e stabili’” gli STATUTI per Aulla e altre sue terre. (Gli Statuti di Aulla del 1303 sono conservati dal Dott. Francesco Raffaelli e dal Dott. Lorenzo Ferri di Bagnone). Importante precisare che fin da prima della divisione dei Malaspina del 1221esistevano nei loro feudi i MUNICIPI che erano composti da un Consolo, quattro o sei Consiglieri e un Massaro. La MAGISTRATURA era costituita da un Giudice d’Appello che era il Marchese, di un Podesta’ eletto dal marchese, un Vicario del Podesta’, un Notaro, un Corriere e un Custode delle carceri. Ogni terra aveva il proprio Municipio e tutti assieme quelli del feudo formavano il General Consiglio. Nel secondo Libro sono annotate norme e regole di diritto civile ma si deve ritenere che dovea esistere precedentemente regole e norme da disposizioni scritte o da consuetudini inveterate. 6 Alcune di queste norme erano: la donna se dotata non poteva succedere ai genitori, il marito non poteva donare o lasciare per testamento alla moglie cosa veruna; nella vendita dei fondi dovevano esser preferiti nella vendita i condomini, i parenti fino al quarto grado, i confinanti; la prescrizione degli immobili incorrevasi col lasso di venti anni ecc.. Nel terzo Libro si determinavano le trasgressioni e i delitti punibili con pene corporali o pecuniarie o afflittive: la fustigazione per tutta la terra, il bando perpetuo, il taglio della testa, la forca e la morte per mezzo del fuoco, la confisca dei beni. Si puniva l’omicidio col taglio della testa, l’adulterio con lire venticinque per l’uomo e la donna, lo stupro con la pena capitale, il furto, l’abigeato, il taglio degli alberi e la rimozione dei termini con pene pecuniarie. Per la falsificazione delle monete si era arsi vivi, la falsa testimonianza o lo spergiuro con la galera, e nelle scritture con la forca. Il delitto di lesa maesta’ portava al taglio della testa. Questi quattro Libri o Statuti furono adottati da tutti i discendenti di Federico per tutte le Terre e le Castella da tutti gli Uomini, Universita’ e Comunita’ che a loro furono soggetti. Gli Istituti di Pubblica Beneficenza conosciuti per essere esistiti in questo feudo furono: lo Spedale di S. Antonio Abate in Villafranca ed un altro simile senza nome proprio nel castello di Villa; il primo venne fondato dagli Uomini e Universita’ di Villafranca con rogito del 31 dic. 1488 che disponeva elargizioni di doti per le fanciulle povere; non si conosce chi fondasse il secondo ma venne governato da una Bolla Pontificia del 1550 e le sue rendite, non esitendo l’ospizio, venivano elargite ai poveri. In nessuna delle Terre o Castella sottoposte a Villafranca, ne’ in Villafranca medesima esisterono STABILIMENTI DI PUBBLICA ISTRUZIONE, il feudalismo autocratico aveva preferito l’ignoranza alla istruzione del popolo. Federico II, figlio di Tobia Spinola e Opizzone pervenne ad una divisione dei beni malaspiniani che erano rimasti indivisi fino al 1266, e la divisione conclusa il 25 ottobre 1335 gli porto’ ” Villafranca col suo castello detto Malnido, Verrucolata (Virgoletta), Battalasco, Panicale e Licciana, Monte Vignale, Monte Simone, Castevoli, Villa, Brugnato, Stadomelli, Cavanella, Beverone e Suvero, nonche’ diritti e affitti di Falcinello, Paduarina e Bracelli e Castiglione. Dopo alterne vicende il feudo di cui tratteremo passo’dapprima ai marchesi di Olivola e successivamente per estinguere un debito, a quelli di Villafranca. Nell’anno 1500 nella divisione tra Tommaso e Giovan Spinetta, a quest’ultimo vennero assegnati in esclusivo dominio Monti, Panicale, Licciana, Bastia, Montevignale, Terrarossa, Podenzana e Suvero. I primi sette luoghi, formando un territorio della superficie di 12 miglia toscane, ebbe a confini a nord il torrente Civiglia, a sud il Tavarone, a est il monte Cerigoli e ad ovest il fiume Magra. 7 Riferisce il Branchi nel suo testo Storia della Lunigiana Feudale, in riferimento al paese: “ … per trovar Licciana conviene cercarla in una angusta valle formata da due alti colli o monti e traversata dal Tavarone, ove a dispetto della bassa situazione l’aria vi e’ salubre, gli abitanti industriosi; quindi, che il feudo gira tredici miglia, che quindici sedicesimi di tutto il terreno e’ occupato dal torrente surriferito, mentre il sedicesimo rimanente per un quarto e’ a sementa e a viti, un quarto da olivi, altro quarto e’ ripieno di castagni,l’ultimo quarto di pascoli e boschi: gli olivi sono una ricca rendita del paese il cui prodotto si manda all’estero; le castagne si esportano nel genovese; il grano e’ sufficiente per la popolazione e il bestiame bovino nel genovese si traffica.
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