La “Sarda Rivoluzione”
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Volume I Alessandra ZEDDA Anthony MURONI Danilo LAMPIS Gianni MARILOTTI M assimo DADEA Nicolò MIGHELI Omar ONNIS Paolo FRESU Vito BIOLCHINI Elvira SERRA A ldo ACCARDO M ariangela SEDDA Federico FRANCIONI Tonino MULAS Ottavio OLITA Mario SEGNI Luigi ZANDA Enzo CUGUSI ALESSANDRA ZEDDA Assessora Regionale del Lavoro, Formazione e Cooperazione Sociale. Laureata in Economia e commercio, ha militato nei massimi campionati nazionali di serie A e B come giocatrice e allenatrice di basket. PREFAZIONE Colgo con favore la significativa iniziativa promossa dall’Associazione Sardi Gramsci di Torino finalizzata a celebrare, nonostante l’emergenza in corso, Sa Die de Sa Sardigna attraverso un fotolibro digitale da socializzare e condividere con il mondo dell’emigrazione, dell’informazione e della politica. Particolarmente apprezzabile è la creatività con cui si intende non rinunciare ad un evento importante e un momento decisivo per la nostra Sardegna. Ad animare i moti de Sa Die fu proprio il coraggio e il rifiuto della rassegnazione, in forza della dignità dei sardi e del senso di appartenenza alla Sardegna. Credo che a buona ragione quei sentimenti possano essere richiamati oggi, per respingere la paura del contagio e fuggire dalla tentazione di arrendersi, pur nelle pesanti e gravi conseguenze economiche e sociali che la nostra isola, insieme all’Italia e al mondo intero, vivono. Per questi motivi plaudo alla brillante e coinvolgente idea che ci aiuta a vivere e festeggiare questo giorno consapevoli che pian piano riprenderemo in tutti i settori della vita, auspicando una maggiore consapevolezza della necessità di sentirci uniti al di là dei confini e nonostante le avversità, per essere e rappresentare in ogni luogo e in ogni istante l’orgoglio e la passione di essere sardi e d i onorare con ogni mezzo la bellezza della nostra Sardegna. Fortza Paris! Alessandra Zedda Assessore del Lavoro, Formazione Professionale, Cooperazione e Sicurezza Sociale Regione Autonoma della Sardegna ANTHONY MURONI Giornalista e scrittore Ha diretto L'Unione Sarda dal 2013 al 2016 Ha all'attivo diversi saggi e libri. Nel 2017 pubblica "Venticinque anni", edito da La Zattera SA DIE DE SA SARDIGNA Rivalutare la coscienza condivisa di essere Popolo e quindi Nazione è condizione per restituire alla Sardegna una voce autorevole nel confronto sulle politiche mediterranee, senza che queste siano delegate in toto alla Penisola, a cui le sorti della Sardegna – dopo la breve cesura rappresentata dal moto rivoluzionario del 1794 – sono oramai legate non solo dal punto di vista politico ed economico, ma anche della “coscienza”. Celebrare la specialità della condizione di insularità mai veramente riconosciuta da Italia e Ue avrebbe dunque significato rivendicare il ruolo dell’Isola non soltanto come terra d’approdo, ma come porta dell’Europa. Sa Die de sa Sardigna è una festa politica. Sarebbe stato meglio - già in epoca pre-Covid, non chiudere le scuole, cosa che peraltro la legge istitutiva non impone. Chiedere che per un giorno (per iniziare) la lingua e la storia fossero quelle del popolo sardo, insegnare che l’identità non è un recinto che esclude ma la forza che consente di rapportarsi col mondo e di vincere il timore dell’accoglienza. Finché saranno gli altri a disegnare un’identità alla nostra terra e al popolo che la abita o la sceglie per crescere i propri figli, sarà possibile spacciare l’attuale parcheggio per esseri umani come un luogo di accoglienza, integrazione e reciproca contaminazione. E’ uno degli effetti collaterali della nostra mancanza di coscienza: siamo talmente estranei e sconosciuti a noi stessi da essere incapaci di provare sentimenti e propositi adulti, fuori dal pensiero unico statale. Sa Die è festa politica perché dovrebbe invitarci per un giorno a essere più liberi e più coraggiosi di testa, di pensiero, di coscienza. Senza esclusioni ma senza forzature e rimozioni. DANILO LAMPIS Membro dell’Esecutivo Nazionale dell’Unione degli Studenti Si occupa per l’associazione studentesca di diritto allo SENZA MEMORIA studio, lavoro, welfare, antifascismo NESSUNA IMMAGINAZIONE DELLA SARDEGNA DEL FUTURO Care mamme e cari papà di Sardegna, quanto sarebbe bello se oggi deste la buonanotte ai vostri bambini con il racconto di una storia non abbastanza conosciuta. Essa tratta di un’insurrezione popolare dei loro lontani avi avvenuta il 28 aprile 1794, con la quale si allontanarono da Cagliari i Savoia e il viceré Balbiano, in seguito al rifiuto del governo torinese di soddisfare le richieste dell’isola: una maggiore autonomia e incarichi pubblici, politici e militari per cercare di rispondere alla drammatica situazione sociale ed economica alla quale i piemontesi non volevano e non sapevano far fronte. Così i vostri bambini scoprirebbero le figure di Giovanni Maria Angioy, di Francesco Cilocco e di tanti altri e altre che volevano rendere la Sardegna una repubblica indipendente e prospera, lottando due lunghi anni nella speranza di vincere la battaglia. Scoprirebbero, poi, che dei ricchi non ci si può fidare, ché presto si vendono a qualcuno più forte di loro per riportare l’ordine, come fecero in Sardegna ponendo fine alla stagione rivoluzionaria. Scoprirebbero tante cose, dato che nelle scuole purtroppo la storia della loro isola non è ancora sufficientemente trattata, se non completamente trascurata. E sono proprio i fatti della storia ad insegnarci che quando non c'è memoria non si può acquisire coscienza di sé neanche nel presente. Perché di fronte alle strutturali ingiustizie che segnano la maggioranza delle biografie di chi abita oggi l’isola, di fronte alla povertà, alla disoccupazione, al fallimento di modelli di sviluppo esogeni e alle difficoltà di costruirne uno nuovo nel rispetto delle persone e dell’ambiente, all’occupazione militare che avvelena le terre e a tante altre ingiustizie, dovrebbe scattare un desiderio straripante e figlio di ciò che siamo sempre stati. Parlo del desiderio del riscatto che ha animato le giornate della “sarda rivoluzione” e, in seguito, quello delle tante rivolte contadine, pastorali e operaie che hanno segnato i decenni a venire; di figure note come Antonio Gramsci e Emilio Lussu, e meno note ma non per questo meno esemplari come Paska Zau, Marianna Bulassai, Michele Colombu, Mialinu Pira, Antonello Satta, Sergio Atzeni e tante e tanti altri. Sì, perché l’azione e il pensiero tesi alla giustizia, alla libertà e all’uguaglianza, non si muovono soltanto come reazione allo schiaffo dei soprusi, ma anche e soprattutto se si matura l’ardente volontà di realizzare un miglioramento delle proprie vite e della propria terra, di essere felici. È una questione che forse ha a che fare più col cuore che con la sola testa, che da sola non riuscirebbe a far compiere passi avanti apparentemente troppo azzardati. Per i vostri figli il 28 aprile diventerebbe così un giorno di scoperta travolgente. Non può essere altrimenti la presa di coscienza del fatto che anche la nostra isola ha una storia ricca, piena di luci e ombre come qualsiasi altra storia, ma certamente da conoscere, rispettare e da cui farsi influenzare nelle sue pagine migliori. Sapere cosa si è subìto e cosa si è costruito permette di aprire una finestra di possibilità inedite. Non esiste infatti nessun destino scritto né per sé né per la collettività a cui si sceglie di appartenere e ci si può unire per scriverne delle pagine nuove, estirpando vecchie e contemporanee oppressioni, lottando per la democrazia, i diritti e per autodeterminarsi pienamente. Alla fine del racconto accendete il pc e mettete Su patriotu sardu a sos feudatàrios, meglio conosciuto come Procurare ‘e moderare. È uno dei canti popolari più vecchi d’Europa composto mentre i contadini del Logudoro si ribellavano nel 1794 e nel 1795 contro i soprusi dei nobili. Ha un testo che fa venire i brividi, un vero e proprio inno universale alla libertà contro l’oppressione. Continua ad essere cantato nelle feste anche se non viene ascoltato in profondità, forse perché siamo stati abituati a sentirci impotenti e rassegnati. Qualcosa che non ci appartiene e che deve essere rigettato convintamente. Per questo, care mamme e cari papà, prima di lasciare i vostri bambini alle loro riflessioni, dite loro che oggi si festeggia il popolo di cui fanno parte. Lo si festeggia ricordando un momento in cui ha alzato la testa, esortandoci giustamente a credere che, nonostante tanti abbiano provato a renderlo subalterno, esso abbia tutte le capacità, risorse e intelligenze per costruire il meglio che la vita riserva. Infine, quando sarete sotto le coperte, sorridete orgogliosi per quello che avete fatto. Riempire di senso “Sa die de sa Sardigna” non è un semplice regalo di conoscenza che fate ai vostri figli oggi, ma un atto d’amore verso il loro futuro, verso le generazioni a cui spetta il compito di costruire un’isola nella quale valga la pena realizzarsi lavorativamente, immaginare una famiglia, coltivare le proprie passioni. Sebastiano Satta, nell’aprile 1907, in una poesia dedicata a “la madre dell’ucciso” di Francesco Ciusa scriveva: Se l’aurora arderà su’ tuoi graniti Tu la dovrai, Sardegna, ai nuovi figli. Un frammento della luce di questa aurora verrà dal ricordo delle vostre dolci parole. GIANNI MARILOTTI Scrittore e politico Senatore della Repubblica è il presidente della commissione per la Biblioteca e Archivio SA DIE DE SA SARDIGNA: Storico TRA RIEVOCAZIONE STORICA E ESIGENZA DI RIDEFINIRE LA NOSTRA IDENTITÀ Il 28 aprile è la festa dell’identità nazionale del popolo sardo, una ricorrenza fortemente voluta da forze politiche e avanguardie culturali che, pur tra polemiche e storcimenti di naso, è diventata un’occasione importante di dibattito e crescita del senso di appartenenza. Questa giornata viene celebrata in tutte le contrade della Sardegna e tra i sardi che vivono in Italia, in Europa e nel mondo in modo non rituale, ma come occasione di approfondimento sul nostro passato e sul nostro futuro.