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EIKO KONDO

PITTURE GIAPPONESI A BRESCIA: VICENDE DELLA COLLEZIONE FÈ D'OSTIANI E DI ALCUNE OPERE APPARTENUTE A MUSSOLINI

Ho avuto occasione di schedare la collezione di pitture guente, e per la seconda volta nel settembre del 1874 giapponesi conservata presso la Direzione dei Civici rimanendovi fino al marzo del 1877.5) Ma anche fra il Musei d'Arte e di Storia di Brescia, e vorrei qui presen­ 1871 e il 1874, sembra abbia mantenuto rapporti col tarla, giacché essa è rimasta fino ad oggi sconosciuta, sia Giappone, giacché, secondo il curriculum, venne nominato in Italia che in Giappone. Mi accingo a farlo con la spe­ commissario del governo giapponese all'Esposizione Uni­ ranza che le mie ricerche contribuiscano a far luce almeno versale di Vienna del 1873. Forse proprio in seguito a su una piccola parte della storia degli scambi culturali fra questo incarico ricevette dall' Austria la Gran Croce di Italia e Giappone. Francesco Giuseppe e dal Giappone l'onorificenza della Spada Imperiale. Durante i due anni e mezzo del suo se­ L - La raccolta in questione è costituita da due nuclei: condo soggiorno in Giappone il conte Fè d'Ostiani con­ uno, il più cospicuo, è segnalato nelle schede più vecchie tribuì enormemente allo scambio culturale fra Italia e della Direzione dei Civici Musei d'Arte e di Storia di Giappone. In quel periodo il governo giapponese aveva in Brescia, dove è indicato come appartenente all'insieme progetto di istituire sul territorio nipponico una scuola delle opere donate ai Musei da Paolina Fè d'Ostiani nel d'arte moderna, e varie personalità straniere avevano maggio del 1920; l'altro è, invece, costituito dalle opere avanzato proposte in tal senso: tra gli altri si possono ricor­ provenienti dal Monte dei Pegni di Brescia ed acquisite dare il chimico tedesco Wagner, e il giornalista russo ai Civici Musei nel giugno del 1950. Grizunin. Il primo proponeva di dar vita ad una scuola Esporrò dapprima i risultati delle ricerche relative al che si prefiggesse di proteggere le forme d'arte e d'arti­ primo nucleo di opere. gianato tradizionali giapponesi, mentre il secondo aveva Si è creduto in un primo tempo che la contessa Paolina, presentato il progetto di un'università d'arte di " struttura responsabile della donazione, fosse la vedova del conte globale". Il progetto presentato dal conte Fè d'Ostiani, Alessandro Fè d'Ostiani (1825-1905), e che, dopo la invece, suggeriva l'istituzione di una scuola d'arte che morte del marito, ella avesse donato la di lui collezione perseguisse lo scopo principale di diffondere l'apprendi­ alla Pinacoteca Tosio-Martinengo di Brescia; I) ma da una mento delle tecniche proprie della pittura occidentale, lettera, conservata presso la Direzione dei Civici Musei cosa che era considerata in quel periodo dal governo giap­ bresciani, risulta chiaro che ella non era la vedova, bensì ponese come una pressante necessità. In conclusione venne la figlia del conte.2 ) accolta la proposta del conte, essendo essa stata giudicata Il fatto che la contessa Paolina avesse potuto adempiere la più consona alle esigenze del momento. Hirobumi It6, al desiderio paterno di donare la collezione alla Pinacoteca ministro dell'Industria, facendo proprio l'orientamento soltanto quindici anni dopo la morte del conte Alessandro, del conte, decise di assumere insegnanti italiani. Anche dipese con ogni probabilità dalle vicissitudini attraversate riguardo alle condizioni di lavoro, alla durata del contratto dalla Pinacoteca medesima, nonché dalla difficile situa­ e alla paga da corrispondere, il ministro It6 seguì le indi­ zione storica e sociale di quegli anni. cazioni espresse dal conte.6) In seguito alle decisioni Va precisato che in Brescia, in un primo momento, adottate, furono chiamati ad operare in Giappone tre esistevano due musei, costituiti l'uno dalla collezione di artisti italiani: Antonio Fontanesi (1818-1882) per il corso Paolo Tosio e l'altro da quella di Leopoldo Martinengo di pittura; (1847-1927) per il corso di da Barco. Nel 1908 le due collezioni si unirono a formare incisione; Giovanni Vincenzo Cappelletti ( '? - 1887 un unico museo, che venne aperto al pubblico il 27 set­ circa) per il corso preparatorio. tembre 1914; ma già il 22 maggio dell'anno seguente esso Sembra, inoltre, che il conte Fè d'Ostiani abbia aiutato fu costretto a chiudere i battenti a causa della prima guerra personalmente artisti giapponesi desiderosi di apprendere mondiale. Le opere più importanti vennero trasferite le tecniche dell'arte figurativa occidentale. Per esempio, allora in posti sicuri della città, e, successivamente, a egli non solo presentò a Fontanesi Yuichi Takahashi, Roma, a Palazzo Venezia, insieme a diversi quadri delle pioniere in Giappone della pittura ad olio, ma si dice che chiese di Brescia e dintorni. La mostra che, nella lettera abbia anche aiutato finanziariamente Genkichi, figlio di sopra citata, la contessa Paolina dice di voler visitare, Yuichi, quando quest'ultimo decise di farlo studiare alla doveva essere con ogni probabilità l'esposizione delle scuola di Fontanesi. Il nobile bresciano si prese anche cura pitture riportate a Brescia, dopo la conclusione della di Moriyoshi Naganuma, che si sarebbe più tardi recato guerra, nel febbraio 1920. Successivamente una parte di a Venezia per studiare la scultura occidentale.7) Ma tor­ opere fu restituita alle chiese da cui le tele provenivano.3) niamo al quesito da cui abbiamo preso le mosse, quello, Secondo il curriculum conservato presso la Direzione cioè, relativo alla provenienza della collezione d'arte'!'giap­ dei Civici Musei di Brescia,4) sembra che il conte Fè ponese di proprietà del conte. d'Ostiani si fosse recato in Giappone per la prima volta L'allora direttore della Pinacoteca bresciana, Giorgio il 9 ottobre 1870 come ambasciatore straordinario e ple­ Nicodemi, dopo aver ricevuto la collezione dalla contessa nipotenziario, rimanendovi fino all'inizio dell'anno se- Paolina, così scrive sulle pagine dei giornali cittadini:

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" In memoria del padre, conte seno Alessandro Fè d'O­ stiani, la signora contessa Paolina Montholon ha donato in questi giorni alle raccolte cittadine una preziosa colle­ zione di circa 140 disegni e dipinti giapponesi. Ne accre­ sce l'importanza l'origine, chè provengono da uno spe­ ciale dono fatto dal Mikado al Fè d'Ostiani, ambasciatore d'Italia al Giappone, nel 1879". Attualmente non dispongo di nessun documento che comprovi l'attendibilità di questa affermazione, ma sembra almeno certo che Paolina abbia raccolto direttamente dal padre una testimonianza in tal senso. Tuttavia è fuor di dubbio che il conte Fè d'Ostiani soggiornò in Giappone fino al maggio 1877 e nel novembre dello stesso anno si recò in Brasile, sicché la data indicata da Nicodemi è senz'altro errata; egli, con ogni probabilità, nell'indicarla fece riferimento alla data della stampa della lista eseguita da Chiossone, della quale parleremo in seguito. È corretto, invece, al riguardo Antonio Fappani, quando dice: " All'atto di congedo dall'imperatore Mutsuhito il conte Fè ebbe 140 pezzi fra dipinti e disegni appartenenti a cinquanta pittori di epoche diverse, dal sec. XVII al sec. XIX " .8) Il già citato Moriyoshi Naganuma, l'artista giapponese protetto dal conte e al quale dobbiamo una importante testimonianza circa la personalità del conte medesimo, è un personaggio che assume un ruolo impor­ tante nella sorte della collezione; infatti esiste un docu­ mento che testimonia che una parte della collezione venne esposta nella II Biennale veneziana del 1897, quando il conte era ancora in vita, ed il responsabile della sezione giapponese della Biennale era appunto Moriyoshi Naga­ numa.9) La sezione giapponese della Biennale consisteva di due raccolte: una comprendeva l'arte antica e contava esem­ plari appartenenti al mercante d'arte Ernest Seeger, mentre l'altra riguardava l'arte contemporanea, ed era stata selezionata dalla " Società degli Artisti Giapponesi". Al catalogo manca qualsiasi commento, eccetto una breve introduzione generale sull'arte giapponese, scritta proba­ bilmente da Vittorio Pica, unico studioso italiano di quel periodo in grado di parlare d'arte giapponese, anche se si IO trattava di un semplice epigono di Edmond de Goncourt. ) Ad ogni modo circa 60 kakemono della collezione del conte Fè d'Ostiani vennero esposti al pubblico in quell'oc­ casione, presumibilmente grazie proprio a Naganuma, che ne conosceva l'esistenza. Purtroppo questi kakemono pervennero alla mostra in una grossa scatola malconcia, solo tre mesi dopo l'apertura della mostra medesima, e perciò non se ne trova accenno nel catalogo.") È possibile che tali opere siano comprese tra quelle che costituiscono attualmente la collezione conservata a Brescia, ma non esistono documenti che lo comprovino. Infatti non è certo che le opere oggi conservate a Brescia I 2 comprendano l'intera collezione del conte. ) Se così non fosse, chi possiede il resto e in cosa esso consiste '? Per rispondere a molte domande avrebbero potuto essere assai utili lettere, diari, o, comunque, scritti perso­ nali appartenuti al conte o alla contessa Paolina; ma purtroppo non è stato possibile rintracciare nessun docu­ mento del genere. La ricerca in questa direzione è resa particolarmente difficile dal fatto che durante la seconda guerra mondiale il palazzo del conte fu bombardato, pare per ben due volte, e subito dopo la fine del conflitto

I - BRESCIA, CIVICI MUSEI D' ARTE E DI STORIA - ANONIMO: FALCO SU UN RAMO DI PINO ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte

venne venduto. Peraltro, con ogni probabilità, già il conte stesso lo dovette sgomberare da molti documenti di sua proprietà, giacché il padre dell'attuale conte Alessandro Fè d'Ostiani lo vide bruciare vecchie carte di famiglia nel cortile del palazzo, nel I900. Ad onor del vero, va detto che, già prima che mi fosse richiesto di schedare la collezione bresciana di cui qui si tratta, ne conoscevo l'esistenza e ne ero anche stata incu­ riosita. Infatti ho lavorato diverso tempo presso il Museo d'Arte Orientale di Genova, che riunisce le opere d'arte collezionate in Giappone da , sulla vita e sull'attività del quale ho condotto ricerche sia in Italia che in Giappone.' 3) E proprio Edoardo Chiossone ha schedato per primo la collezione del conte Fè d'Ostiani. La collezione del conte conservata oggi presso la Direzione dei Civici Musei di Brescia corrisponde quasi perfetta­ mente a quella registrata nella lista di Chiossone; dico " quasi" perché mancano attualmente, fra le opere indi­ cate nella lista, un rotolo, quattro copie di pitture e due acquarelli. Il cosiddetto "catalogo" eseguito da Chiossone con­ siste, in realtà, in un semplice grande foglio (cm 30 X 36) di carta, sul quale è riportata la seguente intestazione: •• CATALOGO DI DIPINTI E DISEGNI GIAPPONESI Coordinato dal Cavaliere EDOARDO CHIOSSONE Professore d'incisione in Tokio Gennajo I879" Sotto il m<\rgine inferiore sono indicati il nome della tipografia ed il suo indirizzo a Rio de Janeiro. Il conte Fè d'Ostiani, che arrivò a Rio tra la fine del I877 e l'inizio del I878, probabilmente fece stampare in quella città la lista che aveva portato con sé dal Giappone. Era il I2 gennaio del I875 quando Edoardo Chiossone (Arenzano, 20 gennaio I833 - , II aprile I898) arrivò in Giappone in veste di cosiddetto oyatoi gaikokujin (straniero impiegato) per dirigere l'officina per la stampa di banconote. Fino a metà ottobre dello stesso anno Chiossone stampò certificati terrieri, licenze di fabbricazione, di vendita all'ingrosso ed al minuto di sigarette, marche da bollo, ecc. e nel dicembre disegnò un ritratto di Philipp Franz von Siebold (I796-I866), basandosi su di una fotografia che lo ritraeva nei suoi ultimi anni. Si dice che questo ritratto gli fosse stato "richiesto da tempo, attraverso l'officina di banconote, dal Ministro Plenipotenziario d'Italia". 14) In quel periodo in Giappone erano già arrivati i tre artisti italiani (Fontanesi, Ragusa e Cappelletti) dei quali ho parlato, eppure il conte Fè d'Ostiani chiese a Chios­ sone di redarre il "catalogo". È vero che Chiossone si era trasferito in Giappone circa un anno e mezzo prima di essi, ma i suoi impegni professionali erano molto pressanti e potevano rendergli oneroso l'accettare quel nuovo inca­ rico. Non a caso egli venne premiato quasi ogni anno, a partire da quello successivo al suo arrivo in Giappone, per la straordinaria dedizione al lavoro dimostrata: si dedicava alle sue attività in maniera assolutamente conti­ nuativa, senza concedersi vacanze estive, nè alcuna pausa in occasione delle domeniche o degli altri giorni festivi, sobbarcandosi, anzi, un gran numero di straordinari.'5)

2 - BRESCIA, CIVICI MUSEI D'ARTE E DI STORIA - KANO TANYU (COPIA DA SESSHU) : CUTRETTOLA SU UNA ROCCIA

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Dovette risultare, perciò, palese la natura sincera e par­ ticolarmente entusiasta del suo interesse per l'arte giap­ ponese, e, dopo che ebbe ricevuto l'oneroso ed onorevole incarico di catalogare queste più di cento pitture, il suo interesse dovette certo aumentare ulteriormente. Ciò lo avrà spinto più tardi a suggerire a Yoshisuke Tokuno, direttore del Poligrafico, di compiere un lungo viaggio di censimento delle antiche opere d'arte del Giappone. Questo viaggio prese avvio da T okyo nel maggio del 1879 e proseguì attraverso varie città come Yamanashi, Shizuoka, Nagoya, Nara, Wakayama, Kyoto, Shiga, Gifu, Nikko, ecc., per concludersi di nuovo a Tokyo il 19 set­ tembre dello stesso anno. Per più di quattro mesi e mezzo Chiossone e Tokuno raccolsero abbondante materiale, che venne successivamente pubblicato in fotografie e litografie. Fu, con ogni probabilità, a partire da questo viaggio che Chiossone iniziò a collezionare opere d'arte. Nel 1886, quando venne eletto membro onorifico dell'Associa­ ciazione d'arte Ryuchikai, sembra ne possedesse già un discreto numero. Quando poi, nel 1893, Aristide Olivari, anch' egli genovese, in occasione del suo viaggio intorno al mondo, si recò in Giappone e fece visita a Chiossone, a T okyo, trovò quello che definì come un vero e proprio museo domestico, ricco di numerosissimi oggetti d'arte, ordinati e illustrati da didascalie.16l Tuttavia, tutte queste notizie, che testimoniano l'interesse, o meglio, la passione di Chiossone per l'arte giapponese, riguardano gli anni successivi al 1879. Il catalogo da lui compilato per la col­ lezione Fè d'Ostiani risale, invece, come s'è detto, ad anni precedenti, ed è, perciò, comprensibile che esso contenga inesattezze ed imprecisioni, giacché è opera ben ardua catalogare correttamente delle opere d'arte giapponesi per uno straniero che, come Chiossone, vantava all'epoca meno di tre anni di soggiorno in quel paese, nel quale, per di più, era giunto senza una minima preparazione linguistica. I numerosi errori presenti nella lista, commessi per evidente incompetenza, inducono a ritenere anche che Chiossone, in quella circostanza, dovette avvalersi della collaborazione di un giapponese a lui vicino, ma estraneo alla materia, o, in altra ipotesi, dovette servirsi di infor­ mazioni e suggerimenti che gli venivano da più persone. In ogni caso, la lista delle opere possedute dal conte Fè d'Ostiani, redatta da Chiossone, elenca tre gruppi prin­ cipali di opere : il primo comprende kakemono (I-55) e makimono (')6-60), tra i quali sono indicati come opera unitaria anche i trittici, per un totale di 71 opere, raccolte sotto le voci "materia", "autori", "era giapponese corrispondente agli anni della era nostra", "soggetto" ed "osservazioni". Il secondo gruppo è intitolato " Schizzi su carta" (61-101 a,b,c) e le opere vi sono rac­ colte sotto l'unico titolo di "soggetti". Il terzo gruppo è intitolato "Trenta disegni della Scuola moderna delle Signore dal 1870 al 1877 ", senza nessun'altra indicazione. Fra i vari errori presenti nella lista i più palesi sono quelli commessi nel trascrivere in caratteri latini i nomi degli autori, le indicazioni delle ere giapponesi e le descrizioni dei soggetti rappresentati. I suoni della lingua italiana e quelli della lingua giapponese hanno caratteristiche assai diverse e, perciò, non è facile per un occidentale né co­ glierli né trascriverli in modo efficace quando manchi, fra

3 - BRESCIA, CIVICI MUSEI D'ARTE E DI STORIA - YOSA BUSON: DUE POETI

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gli interlocutori, una minima conoscenza delle due lingue, e ciò vale soprattutto per le sillabe costituite dall'unione di vocali con le consonanti S, H, R.' 7} Tuttavia, tutti quelli fin qui indicati possono ritenersi errori, nel complesso, di lieve portata, che, una volta indi­ viduati e capitane la genesi, risultano del tutto innocui. Non altrettanto lievi, nè perdonabili, sono, invece, altre trascuratezze, quali l'abitudine di non fornire nessuna indicazione circa l'autore di un'opera ove la firma risul­ tasse di ardua lettura, ovvero la scorretta lettura di alcune firme (per esempio: Kai per Kashi, che sarebbe più cor­ retto leggere Yoshitane): e, infine, l'attribuzione di dieci opere ad epoche in cui i supposti autori non erano ancora nati o erano, al contrario, già morti. Se Chiossone faceva questo tipo di errori elementari, è naturale che potesse attribuire a Sesshii un'opera che reca la sua firma, ma che in realtà è una copia da Sesshil dovuta a Kano Tanyil, che vi appose il sigillo" Seimei", uno dei suoi pseudonimi. Evidentemente, in quel periodo Chiossone non aveva il tempo, nè ancora gli strumenti e le capacità per control­ lare e correggere quegli errori. In ogni caso, le vecchie schede della Pinacoteca di Brescia si basavano, purtroppo, proprio su quella lista colma di inesattezze. Ma ora pas­ siamo concretamente in rassegna il contenuto della colle­ zione Fè d'Ostiani. Per quanto riguarda il primo gruppo di opere che, come già si è detto, consiste di kakemono e makimono, la maggior parte è costituita da realizzazioni del ramo Kobi­ kich6 della scuola Kan6, le cui figure centrali sono Hisa­ nobu e suo figlio Tsunenobu. Quanto rimane è opera di pittori come Tani Bunch6, Watanabe Kazan ed altri che appartenevano alla scuola cosiddetta Edo Nanga; e di pittori che appartenevano, come Ukita Ikkei, all'ultima corrente della scuola Fukko Yamato; e, infine, di pittori della scuola Sumiyoshi, come Sumiyoshi Hirosada. Indichiamo qui di seguito alcune tra le opere più rap­ presentative di questo primo gruppo. Anonimo: 'Falco su un ramo di pino' dipinto a inchiostro su seta, cm 99 X 45,2 (fig. I). Kan6 Tanyii (IS02-1674), copia da Sesshii (1420-1506): 'Cutrettola su una roccia " dipinto a inchiostro su carta, cm 52 X 26,5 (fig. 2). Anonimo: 'Fiori e uccelli su un ruscello' dipinto a colori su seta, cm 155,5 X 96 (TAV. XI) Yosa Buson (1716-1783): 'Due poeti' dipinto a inchiostro su carta, cm 75,5 X 30,5 (fig· 3) . Tani Bunch6 (1763-1840) : 'Fusetsu che riceve un invito di assunzione' dipinto a colori su seta, cm 110 X 49,5 (fig· 4). Watanabe Kazan (1793-1841) : 'Gru e bambù' dipinto a inchiostro su carta, cm 121,5 X 31,5 (fig· 5). Shibata Zeshin (1807-1891): 'Quercia' dipinto a colori su seta, cm 101 X 37 (fig. 6) . La prima opera (fig. I) non reca la firma, ma l'atteggia­ mento fiero senza ostentazione del falco con il ramo di un pino, vecchio ma forte, emana un profondo senso di con­ templazione.

4 - BRESCIA, CIVICI MUSEI D'ARTE E DI STORIA - TANI BUNCHO: FUSETSU CHE RICEVE UN INVITO DI ASSUNZIONE

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La seconda opera (fig. 2) è una copia, eseguita da Kan6 Tanyu, di un'opera originariamente dipinta da Sesshu. Infatti la pittura reca la hrma "Sesshu hitsu" (" Sesshu dipinse "), con sotto il sigillo" Seimei tI, uno degli pseudo­ nimi di Tanyu. Sesshu, considerato il più grande pittore del Giappone, deve aver prodotto numerosissime opere data anche la sua lunga vita, ma ne sono rimaste pochis­ sime considerate originali, un numero insufficiente per comprendere interamente il suo percorso stilisti co. Sono importanti, perciò, le copie fatte da Tanyu, pittore uffi­ ciale del governo feudale, e da altri pittori della scuola Kan6 nel periodo Edo (1603-1868). La pittura seguente (TAV. XI) raffigura presso un corso d'acqua e sotto un albero di salice diversi fiori, una roccia, una coppia di anatre mandarine e due uccelli in alto. Decorativa e fastosa e nello stesso tempo squisitamente raffinata, l'opera è di un anonimo del XVII secolo. L'opera, riprodotta nella fig. 3, raffigura a destra To Fu (Toho, in giapponese; 712-770), grandissimo poeta cinese, e a sinistra Matsuo Bash6 (1644-1694), eccellente poeta e scrittore giapponese. In alto sono riportate due poesie composte da questi poeti e scritte nelle loro lingue. Esse hanno un simile contenuto sulla primavera che se ne va, con fiori, pesci e uccelli che piangono riluttanti nel separarsene. L'artista della presente opera, Yosa Buson, poeta e pittore, produsse oltre a pitture nello stile Nanga, tante haiga, pitture accompagnate da poesie di 17 sillabe del tipo haikai. Il dipinto alla fig. 4, invece, raffigura l'aneddoto di Fusetsu, un personaggio cinese, che riceve un invito di assunzione da parte dell'Imperatore. L'artista della pre­ sente opera, Tani Bunch6, uno dei più importanti pittori del periodo, era senza dubbio versatile sia in stile sia in sogg~tti, e influenzò profondamente gli artisti contempo­ ranei. La pittura seguente (fig. 5) raffigura accanto ad una pianta di bambù una gru che sta beccandosi il petto. È un'opera di Watanabe Kazan, che era poeta, studioso, patriota ed eroe nazionale, oltre che pittore. Nel 1841 venne falsamente accusato dal governo feudale e condan­ nato all'arresto permanente a domicilio. Si suicidò per non recare dei danni al suo padrone, che era un principe feudale. La fig. 6 raffigura un albero di kashiwa, un tipo di quercia, il cui tronco taglia lo spazio diagonalmente, con due rami fioriti. L'artista Shibata Zeshin era un pittore della scuola Shij6, autore di stampe xilografiche ed anche eccellente artista della lacca. Le opere indicate nel catalogo come "Schizzi su carta", che costituiscono il secondo gruppo, in realtà non sono schiz;zi originali ma copie (funpon) di pitture antiche. Sono realizzate con pennello e inchiostro, talvolta legger­ mente acquerellate, e sono eseguite su fogli di carta sot­ tili e grandi, giuntati tra loro. Una di esse reca il sigillo "Busei mosha" (" Busei co­ piò tI), molte invece, il sigillo "Goseid6 ki" (" Goseid6 registrò tI), ed alcune, infine, " Bu'ichi mosha" (" Bu'ichi copiò"): ciò testimonia che si tratta di copie eseguite da Kita Busei (1776-1856), il cui pseudonimo era Goseid6, e da suo figlio Bu'ichi. Busei, discepolo di Tani Bunch6, aveva una notevole conoscenza della pittura antica giapponese e

5 - BRESCIA, CIVICI MUSEI D'ARTE E DI STORIA - WATANABE KAZAN: GRU E BAMBÙ ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte TAV. XI

BRESCIA, CIVICI MUSEI D'ARTE E DI STORIA - ANONIMO: (SECOLO XVII) FIORI E UCCELLI SU UN RUSCELLO ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte

cinese, e, oltre ad essere dotato di un'acuta sensibilità artistica, possedeva egli stesso numerose opere apparte­ nenti a quel genere. In quanto intenditore, era fatto ber­ saglio di una incessante richiesta di expertises, e si dice che, quando tra le opere che gli venivano sottoposte, ne notava qualcuna di particolare pregio, la copiava immediata­ mente. A riprova di ciò, una copia conservata presso la Direzione dei Musei Civici di Brescia reca un'annotazione in cui è indicato il nome di colui che aveva richiesto la perizia sull' originale; vi si legge, infatti: "arrivata da Miura il 20 novembre, anno della Tigre, Bunsei 13 (1830 ) ". Le copie eseguite da Busei sono datate a partire dal 1817 al 1830, mentre quelle eseguite da Bu'ichi recano date comprese tra il 1832 ed il 1855. Sul retro delle copie, in alto a destra, sono annotati i soggetti e i nomi degli autori delle opere originali, e così veniamo a sapere che si tratta per la maggior parte di pittori della scuola Kano, come Tanenobu (1600-1638), Tanyu (1602-1674), Masanobu (1625-1694), Tsunenobu (1636-1713), Tanshin (1653-1718), Minenobu (1662- 1708), ecc. Ne presentiamo qui due: Kita Busei (1776-1856), copia da Kan6 Tanenobu (1600- 1638): ' Scimmie che cercano di afferrare la luna riflessa sull'acqua' dipinto a colori su carta, cm 42,5 X 74,5 (fig· 7) . Kita Bu'ichi (?-?), copia da Kan6 Tanyu (1602-1674): 'Cavaliere cinese a caccia di oche selvatiche' dipinto a colori su carta, cm 105,5 X 52,5 (fig. 8). La prima opera raffigura sedici scimmie presso un corso d'acqua, che vogliono prendere la luna riflessa nell'acqua. È un soggetto dipinto spesso che satireggia chi ha un desi­ derio troppo grande. Si tratta di una copia di una pittura originariamente dipinta da Kan6 Tanenobu, pittore al ser­ vizio del principe feudale Maeda della provincia di Kaga. La seconda opera è una copia, eseguita da Kita Bu'ichi nel quinto mese del 1855, di una pittura di Kano Tanyu, raffigurante un cinese a cavallo che sta tirando una freccia verso delle oche in volo. La pittura originale deve essere stata eseguita tra il 1638 e il 1665; durante questo periodo infatti Tanyu aveva il titolo "Hogen", con cui firmò la presente opera.

Per quanto concerne il terzo gruppo di opere, intitolato " Trenta disegni della Scuola moderna delle Signore dal 1870 al 1877 ", sembra che Chiossone lo abbia datato basandosi sulla durata del soggiorno in Giappone del conte Fè d'Ostiani, il quale vi arrivò per la prima volta nel 1870, e lo lasciò definitivamente nel 1877. Tuttavia è molto probabile che tutti questi disegni siano stati ese­ guiti nel Keio I, anno della Tigre (1866), poichè utilizzano tutti lo stesso tipo di carta spessa, sono più o meno tutti della stessa misura (cm 37,5 X 30 circa), e, infine, due recano la data "Hinoe Tora shoka" (" Inizio dell'estate dell'anno della Tigre "), uno" Toki Hinoe Tora shigatsu nen itsuka " (" Il 25 del IV mese dell'anno della Tigre "), ovvero il IV mese secondo il calendario lunare, e un altro "Keio Hinoe Tora shinka" (" L'era Keio, anno della Tigre, principio dell'estate "). Del resto, il fatto che i disegni siano stati eseguiti all'inizio dell'estate è desumibile

6 - BRESCIA, CIVICI MUSEI D'ARTE E DI STORIA - SHIBATA ZESHIN: QUERCIA

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7 - BRESCIA, CIVICI MUSEI D'ARTE E DI STORIA - KITA BUSEI (COPIA DA KANO TANENOBU): SCIMMIE CHE CERCANO DI AFFERRARE LA LUNA RIFLESSA SULL' ACQUA

anche dai soggetti che riproducono: fiori di convolvolo, Il resto delle opere appartenenti a questo gruppo, tutta­ lucciole e zucche, germogli di bambù e ortensie con far­ via, è costituito per la maggior parte da disegni a inchio­ falle, ecc. stro con pennello, che è più corretto definire come opere Infine, ultimo indizio, fra gli autori, Suzuki Takeshi compiute di piccole dimensioni, piuttosto che disegni, morì nel 1870 e Satake Eikai nel 1874, e ciò contribuisce e che, al contrario dei lavori precedentemente considerati, a ricondurre le opere nell'ambito circoscritto della data­ si collocano nel solco della tradizione. Sono state eseguite, zione sopra indicata. probabilmente, da artisti che insegnavano in questa scuola: Non si sa esattamente che cosa fosse e come fosse orga­ si notano, infatti, pennellate esperte, ed alcune sono opere nizzata questa "Scuola delle Signore", cui si fa riferi­ davvero squisite. Le firme attestano che si tratta di disce­ mento nel titolo della raccolta, ma, esaminando le opere poli, o discepoli di discepoli, di Tani Buncho; pittori che in essa contenute, non sembra che si trattasse - come, dovettero prendere parte alla mostra organizzata al Tempio invece, risulta spontaneo ritenere in un primo momento - Genku di Asakusa in occasione del ventisettesimo anni­ di una di quelle scuole private che venivano istituite in versario della morte del maestro; questo testimonia la gran numero in quel periodo in varie città del Giappone, presenza dei loro nomi sull'invito alla mostra, che fu orga­ e specialmente a Tokyo, nelle quali si intendeva insegnare nizzata nel 1865, cioè l'anno precedente a quello indicato la pittura " alla occidentale ". È da ritenersi, invece, che su alcune delle opere presenti in questo terzo gruppo. in questo caso l'attributo" moderna" si riferisse presu­ Qui ne riproduciamo quattro. mibilmente al fatto che la scuola addestrava al disegno dal vero, e non praticava la tradizione di addestrare alla Satake Eikai (1803-1874): 'Paesaggio' copiatura delle opere dei maestri, come era consuetudine dipinto a inchiostro su carta, cm 37 X 29>7 (fig· 9). allora in Giappone. Alcuni disegni recano firme femminili, come Nanpo-jo, Suzuki Gako (I816-1870): 'Paesaggio' Shukin, ecc., e altre sette o otto opere rivelano senza dipinto a inchiostro su carta, cm 37,5 X 29,8 (fig.IO). dubbio, nell'esecuzione, una sensibilità tutta femminile, sebbene le firme non denuncino con chiarezza il sesso Araki Kanpo (1 831-1915): 'Convolvolo' degli autori. Si tratta di disegni tecnicamente poco maturi, dipinto o colori su carta, cm. 3713 X 29,8 (fig. II). ma che ritraggono a colori leggeri fiori, uccelli, frutti ... - soggetti, insomma, tratti dalla vita quotidiana - in ma­ Watanabe Shoka (1835-1887): ' Tre pesci' niere fresche e vivaci, liberi dalle rigide regole tradizionali. dipinto a colori su carta, cm 37,5 X 29,8 (fig. 12). ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte

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8 - BRESCIA, CIVICI MUSEI D'ARTE E DI STORIA - KITA BU'ICHI (COPIA DA KANO TANYU): CAVALIERE CINESE A CACCIA DI OCHE SELVATICHE

9 - BRESCIA, CIVICI MUSEI D'ARTE E DI STORIA - SATAKE EIKAI: PAESAGGIO

IO - BRESCIA, CIVICI MUSEI D'ARTE E DI STORIA - SUZUKI GAKO: PAESAGGIO IO ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte

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II - BRESCIA, CIVICI MUSEI n'ARTE E DI STORIA - ARAKI KANPO: CONVOLVOLO

La fig. 9 è un'opera di Satake Eikai, che raffigura un Araki Kanpo, l'autore del dipinto a fig. II, considerato paesaggio con un salice sulla riva di un fiume e una barca uno dei dieci più bravi in Giappone alla fine del secolo, in primo piano, e una montagna e un uccello in volo sullo era un professore della pittura giapponese nella scuola sfondo. L'autore firma l'opera con il titolo "Hògen" di Belle Arti a Tokyo. Ma prima del 1884 quando ritornò (" Hògen Eikai "), infatti l'autore, al servizio della famiglia al suo stile originale, aveva studiato anche la pittura occi­ Ii di un feudo locale, ricevette il titolo " Hokkyò " prima dentale, la cui tecnica si nota nella presente opera. e più tardi "Hògen". La fig. 12 raffigura piccoli pesci ayu, eleganti e snelli La fig. IO raffigura una catena di montagne. In alto l'au­ dai bellissimi colori, appena pescati e infilati in un rametto tore Suzuki Gako scrive le sue riflessioni pensando alla sua flessibile di salice di fiume. Dopo la morte di suo padre vita passata nella capitale come un viaggiatore lontano dal Kazan (cfr. fig. 5), l'autore Watanabe Shòka studiò la suo paese nativo, sognando di diventare un bravo pittore. pittura sotto la guida di Tsubaki Chinzan e poi con Fukuda La pittura con le montagne spoglie e solitarie e la calligrafia Hankò. Specialmente nella pittura col motivo di fiori e con delle linee acute e veloci si amalgamano perfettamente. uccelli, lavorò nella tradizione della scuola Nanga.

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12 - BRESCIA, CIVICI MUSEI n'ARTE E DI STORIA - WATANABE SHOKA: TRE PESCI

II. - Come abbiamo visto, la maggior parte della colle­ destriero indossando un'armatura completa e tenendo :done bresciana è costituita dalla raccolta di Alessandro Fè sulla schiena una bandiera sulla quale è riprodotta una d'Ostiani; tutto il resto, secondo l'annotazione riportata svastica (fig. 13). La scritta, in alto, recita: " T6zai aitsuzu nelle vecchie schede, è pervenuto ai Civici Musei nel 1950 bushi no michi" (" Le strade dei samurai dell'Est e del­ dal Monte dei Pegni di Brescia. l'Ovest si incontrano e collimano "), seguono la firma Le opere provenienti da questo istituto sono 7 kakemono " Iwane" e il sigillo" Matsui Iwane ". La dedica, in alto ed un paio di paraventi a sei ante.l8) Due fra i sette kake­ a sinistra, suona come segue: " Z6tei Mussolini shush6 " mono sono cinesi, e sono composti da alcuni pezzi di carta, (" Omaggio al Capo del governo Mussolini "), e sotto di ritagliati ed incollati, recanti calligraf?e e pitture. Altri essa sono apposti la firma" Dai-Nippon Matsui Rikugun quattro sono opere di carattere paesaggistico eseguite da Taish6" (" Generale Matsui del Grande Giappone ") e artisti giapponesi, e non presentano firme. il sigillo scritto (kao).l 9) L'ultimo, invece (dipinto a colori su seta, cm IlO,7 X Questo quadro probabilmente non fu dipinto dal gene­ 41), raffigura un samurai giapponese che cavalca il suo rale Matsui, ma non reca la firma dell'autore. ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte

Quando vidi questo kakemono, cominciai a sospettare che anche tutte le altre opere provenienti dal Monte di Pietà fossero appartenute a Mussolini, anche in conside­ razione del fatto che egli, dopo la firma dell'armistizio con gli alleati da parte del governo Badoglio, aveva costi­ tuito proprio a Salò, non lontano da Brescia, la Repubblica Sociale Italiana. Le ricerche condotte successivamente (non senza difficoltà, dal momento che sono trascorsi più di quarant'anni da allora), hanno confermato la validità di questa mia supposizione; tutte le opere a cui qui si fa riferimento, provenienti dal Monte di Pietà di Brescia, appartenevano al complesso dei beni sequestrati dallo Stato italiano alla famiglia Mussolini dopo la conclusione del conflitto mondiale. Cercherò ora di ricostruire le tappe salienti del percorso di ricerca attraverso il quale sono approdata a questa conclusione. In mezzo al vortice degli angosciosi avvenimenti sus­ seguitisi dal 1943, come, quando e da dove Mussolini potè riuscire a portare a Salò le pitture orientali di sua proprietà? E fu veramente a Salò, come supponevo, che esse furono poi sequestrate? Punto di partenza della ricerca fra i vecchi incartamenti conservati al Monte dei Pegni di Brescia è stata una carto­ lina, datata 23 novembre 1946, e indirizzata al direttore dell'istituto. Era scritta da un certo avvocato Luigi Ge­ rardi in veste di "sequestratario dei beni della famiglia Mussolini" e "avendone ricevuto ordine da Roma", chiedeva al Monte di Pietà l'autorizzazione a " depositare una parte dei mobili sequestrati nella zona bresciana per l'impossibilità di sorveglianza nel posto attuale" .20) In conclusione, quella cartolina testimoniava con cer­ tezza che le pitture orientali si trovavano fra le masserizie sequestrate alla famiglia Mussolini in una "zona bre­ sciana ". Ma era possibile stabilire con maggior precisione il luogo da dove quelle opere provenivano? La risposta è venuta da un altro documento conservato nell'Archivio di Stato di Brescia. Si tratta di una lettera del Ministero dell'Interno, indirizzata al Provveditorato Generale dello Stato, al Ministero delle Finanze ed all' Archivio di Stato di Brescia. È datata 18 marzo 1950, e vi si legge : "La collezione Mussolini a Brescia... venne formata nel 1946 col materiale mobile rinvenuto nelle varie resi­ denze di cui la famiglia Mussolini disponeva nella regione Benacense, durante il periodo della Repubblica di Salò; ma originariamente proverrebbe, almeno per la maggior parte, dalla Rocca delle Caminate ...... Per quanto concerne la Rocca delle Caminate, che è la località indicata nella lettera del Ministero degli In­ terni come luogo originario di provenienza della maggior parte dei beni sequestrati, essa si trova sopra Predappio, paese natale di Mussolini, ed era, com'è noto, la sua resi­ denza estiva. Ho potuto accertare che Mussolini si recò in quest'ultima da Monaco di Baviera, prima di trasferirsi a Salò, il 22 settembre 1943, e vi rimase fino al 7 ottobre, quando partì per la Lombardia. Proprio in quell' occasione dovette far trasferire sul Garda mobili e suppellettili che si trovavano 2 I nella Rocca. ) Nel 1945, dopo solo tre giorni dalla libe­ razione, il Comitato di Liberazione Nazionale nominò l'avvocato Luigi Gerardi sequestratore dei beni della

13 - BRESCIA, CIVICI MUSEI D'ARTE E DI STORIA - IGNOTO (IWANE MATSUI 1): SAMURAI

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famiglia Mussolini, ma sembra anche che molti preleva­ l'Interno, in conformità alla proposta della Commissione, menti sul lago di Garda fossero già stati compiuti da parte istituita con nota 18 aprile, esprime l'avviso che: di reparti militari, ufficiali isolati e nazionalisti improvvi­ 1 - "tutto il materiale biografico, archivistico, visivo sati. Tanto che, quando trapelò la notizia" dell'insospet­ (fotografico) e uditorio (dischi) ... sia concentrato presso tata esistenza della grande raccolta", come affermò la l'Archivio Centrale dello Stato .. . ". Gazzetta del Popolo del 31 marzo del 1950, dei mobili 2 - " ... possa essere favorevolmente accolta la richie­ della famiglia Mussolini conservata presso il Monte dei sta del Direttore del Museo di Brescia, in merito alla Pegni di Brescia, il fatto sembrò incredibile a molti che destinazione al medesimo Museo della riproduzione della pensavano che quei beni fossero andati. quasi totalmente Tavola Puetingoriana, nonché dei sette papiri con scritta dispersi. in giapponese". Ma che cosa comprendeva questa "grande raccolta", e quanto era ampia? Prelevati "i sette papiri", il resto della collezione Mus­ Come diceva l'avvocato Gerardi nella sua cartolina, in solini sembra sia stato poi distribuito tra vari organi un primo momento egli pensava di depositare al Monte dei pubblici secondo le assegnazioni stabilite dall'Intendenza Pegni unicamente una parte dei beni sequestrati, il che di Finanza di Brescia, modificate, talvolta, in base alle avrebbe reso necessaria la disponibilità di due sole stanze. necessità dei singoli organi. Così, dopo quasi quattro anni, Ma successivamente, nell'arco di un anno, dovette trasfe­ tra il 31 maggio 1950 e l'II agosto dello stesso anno, ven­ rirvi anche tutto il resto, giacché, secondo quanto lamen­ nero traslocati dal Monte dei Pegni tutti gli oggetti che vi tava il Monte dei Pegni, in una lettera datata 3 settembre erano stati depositati. 1949 e indirizzata all'Intendenza di Finanza di Brescia (che si era sostituita all'avvocato Gerardi dal 15 marzo A questo punto della ricerca rimaneva ancora un ultimo 1949), i beni sequestrati riempivano ben dieci stanze dubbio da diradare, un quesito al quale fornire risposta: all'ultimo piano del Monte di Pietà. presso la Direzione dei Civici Musei di Brescia era regi­ All'Archivio di Stato di Brescia ho rinvenuto un docu­ strata una coppia di paraventi giapponesi a sei ante; essi mento in cui si segnalava che gli oggetti erano sistemati erano indicati come provenienti dal Monte dei Pegni, ma in venti enormi casse, ma senza altra specificazione. For­ non erano nominati in nessun documento di quell'istituto. tunatamente, però, al Monte dei Pegni è conservata una Erano stati anch' essi di proprietà di Mussolini? E se sì, lista dettagliata, datata 25 novembre 1947. Prima di tutto come e quando egli se li era procurati? vi sono registrate "n. 7 pitture (papiri) che si ritengono La coppia di paraventi riproduce su fondo d'oro cormo­ giapponesi", depositate nella "Sacrestia", probabil­ rani appollaiati su aspre rocce (inchiostro e colori su mente appese alle pareti. Segue un elenco di oggetti assai carta, cm 182 X 360 ciascuno) (figg. I4 a-b). eterogenei per genere e grandezza, comprendente masse­ Su quello che dovrebbe essere collocato sulla destra è rizie, effetti personali, cimeli storici ecc., e inoltre una dipinto un cormorano con le ali spiegate, mentre su quello raccolta di oltre mille volumi di vario soggetto. di sinistra sono raffigurati due cormorani con le ali chiuse; quelle figure sono state tracciate con una certa intenzione Sorgono, a questo punto, spontanee due ulteriori do­ umoristica, ma sono, al contempo, cariche di una profonda mande: dove sono andati a finire tutti questi oggetti e e melanconica solitudine. Sotto le vigorose pennellate come sono arrivate le pitture giapponesi al Museo di a inchiostro che tratteggiano le rocce, se ne intravedono Brescia? altre, similmente forti e gravi, di colore blu scuro. Vi si Come si è già detto, a partire dalla metà del 1949 diventò legge la firma "Hirafuku Hyakusui" e, più in basso, un frequentissima da parte del Monte dei Pegni la richiesta sigillo "Hyakusui" .22) di sgombero degli oggetti appartenuti a Mussolini e depo­ Si dice che Hirafuku Hyakusui (1877-1933) si trasferì sitati presso quell'istituto dopo il sequestro eseguito nel 1912 nella casa con giardino di Aoyama per potervi dall'avvocato Gerardi per conto del nuovo governo. Oltre tenere uccelli da ritrarre copiandoli dal vero, ed anche a richiedere lo sgombero delle stanze occupate, il Monte perché essa era sufficientemente grande da potervi sten­ di Pietà, iniziò, inoltre, a reclamare, in seguito, anche la dere tele grandi come paraventi. Fu allora che cominciò a corresponsione di un canone d'affitto per gli anni durante realizzare pitture di grandi dimensioni, e fu, infatti, in i quali i suoi locali erano stati occupati. Forse anche per quella casa che, nella primavera del 1914, dipinse il para­ questo l'Intendenza di Finanza di Brescia si risolse, infine, vento decorato con oche col quale poi partecipò all'Espo­ ad accogliere tali richieste. Con una lettera del 17 dicem­ sizione Taish6, ottenendo il terzo premio. Con un paio bre 1949 essa comunicò al Monte dei Pegni l'intenzione di paraventi a sei ante raffiguranti tacchini egli ottenne, di far effettuare dei sopralluoghi al Direttore del Museo nell'autunno dello stesso anno, anche il terzo premio di Brescia. Di lì a poco, come già si è documentato, la all'Esposizione del gruppo Bunten. Gazzetta del Popolo, rendeva pubblica la notizia della Ma una delle sue opere più rappresentative è ' Araiso ' presenza dei beni di Mussolini presso il Monte dei Pegni (, Riva burrascosa '); si tratta di un paio di paraventi a due di Brescia. Era il 31 marzo del 1950 e, finalmente, questa ante, conservato oggi nel Museo Nazionale d'Arte Mo­ situazione, con il collegamento tra Roma e Brescia, si derna di Tokyo, e risalente al 1926. In essa alte onde, avviava a una soluzione. bianche di schiuma, si infrangono contro una grande Difatti, la Direzione Generale dell'Amministrazione roccia al centro di un mare blu scuro; sopra la roccia sono civile del Ministero dell'Interno, con lettera del 7 aprile appollaiati otto gabbiani bianchi. Si tratta di un' opera 1950, ordinò al Prefetto di Brescia di " costituire una Com­ che richiama da vicino i due paraventi di Brescia. missione di esperti per il competente esame e giudizio degli Sulla scorta di questi dati è nato il sospetto legittimo elementi che costituiscono la cosiddetta collezione Mus­ che esistesse un legame tra i paraventi "bresciani " e la solini ". E in una successiva lettera, non datata, indiriz­ mostra di pitture giapponesi tenutasi a Roma nel 1930; zata all'Intendenza di Finanza di Brescia, la Direzione una mostra della quale mi ero già interessata in passato, e Generale dell'Amministrazione Civile del Ministero del- di cui da tempo mi ripromettevo di occuparmi in modo

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14, a-b - BRESCIA, CIVICI MUSEI D'ARTE E DI STORIA - HIRAFUKU HYAKASUI: COPPIA DI PARAVENTI CON CORMORANI SU ROCCE (' RIVA BURRASCOSA ' )

più approfondito. L'ipotesi, secondo la quale i due para­ Yokoyama, capo pittore del gruppo Inten, riteneva che venti potevano provenire dalla mostra di Roma, era con­ le pitture giapponesi dovessero essere ammirate in un fortata soprattutto dalla collocazione cronologica della ambiente consono alla cultura che esse esprimevano, e, mostra, considerato che i paraventi erano inclusi, a Bre­ quindi, l'ambiente in cui la mostra fu allestita riprodusse scia, in un gruppo di oggetti d'arte appartenuti a Musso­ l'architettura tradizionale giapponese. La mostra si svi­ lini, e considerata anche l'epoca a cui risalivano le altre luppava su un percorso totale di 436 metri e le opere opere di Hyakusui stilisticamente affini a queste. erano distribuite in un ambiente dotato di 16 alcove, CosÌ, il ritrovamento, consultando il catalogo di quella piccole e grandi, ispirate a diversi stili tradizionali. mostra, delle riproduzioni dei paraventi "bresciani tt ha Le strutture, realizzate con materiale di ottima qualità, dato piena conferma alle mie congetture. Essi vi figura­ furono preparate e montate in Giappone, davanti al Museo vano con il titolo 'Araiso', come l'opera conservata al Okura Shukokan, e, dopo essere state numerate, vennero Museo Nazionale d'Arte Moderna di Tokyo.23l smontate e trasportate in Italia. Nonostante i problemi Nel catalogo della mostra tenuta al Museo Okura tecnici presentati da uno spazio espositivo comprensibil­ Shùkokan di Tokyo in occasione del cinquantesimo anni­ mente molto lontano dalle esigenze correlate all'arte giap­ versario della mostra di Roma, ho ritrovato un'altra foto­ ponese, dalle fotografie dell'epoca si può capire che le dif­ grafia riproducente questi paraventi, collocati accanto ad ficoltà furono alla fine superate brillantemente. una maestosa alcova di stile giapponese. Il 25 aprile, come programmato, si tenne il vernissage, Attraverso il curatore del catalogo della mostra al Museo e all'inaugurazione del giorno successivo presenziò Mus­ Okura Shukokan ho avuto l'opportunità di conoscere l'in­ solini. Il 30 aprile arrivò anche il re, insieme a due figlie. gegnere Kenkichi Ozawa, che era il più giovane tra i Un numeroso pubblico visitò la mostra: in media 4500 funzionari giapponesi giunti in Italia in occasione della persone al giorno, per un totale di 166.500 persone al mo­ mostra romana del 1930. Adesso, anziano, ed unico super­ mento della chiusura della mostra, il l° giugno 1930. stite fra tutti i delegati giapponesi a quella mostra, egli Per quanto concerne le opere esposte, esse erano in mi ha gentilmente inviato un estratto del suo diario di tutto 177, eseguite da 80 pittori diversi, ed erano sele­ quell'anno, intitolato Ricordi dei miei giovani giorni lontani, zionate da Taikan per il gruppo Inten e da Gyokud6 l'Esposizione d'Arte Giapponese a Roma. Kawaai e Seih6 Takeuchi per il gruppo Teiten. Per questa Basandomi su questo diario e su altri materiali, sono riu­ prima loro grandiosa mostra all'estero i pittori scelti si scita a ricostruire sommariamente come era stata organiz­ impegnarono con entusiasmo, ed anche per questo non zata la mostra. poche opere tra quelle esposte erano di eccellente qualità. Essa si tenne nel Palazzo delle Esposizioni, a Roma, dal Taikan, in un libretto pubblicato al suo ritorno in 26 aprile al I giugno del 1930. Le spese di allestimento e di Giappone, affermava: "Il capo del governo (Mussolini) gestione pare siano state tutte a carico del barone Kishichir6 ... ci ringraziò dei paraventi a sei ante, opera del pittore Okura, proprietario in Giappone del Museo Okura Hirafuku, donatigli dal Barone Okura, e del quadro che Shukokan e di una catena di grandi alberghi. Taikan gli ho regalato io. Ha espresso il suo parere sul mio quadro,

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raffigurante il bianco Monte Fuji che si erge nella luce I) Cfr. G . FRABETTI, Edoardo Chiossone, in Dizionario Biografico dorata del sole, dicendo: È un' opera veramente rigo­ degli Italiani, XXV, Roma 1981, p. 25 es. rosa ".24) Queste parole, che accennano sommariamente 2) .. Brescia, IO Maggio 1920 Egregio Signor Direttore, ai paraventi dipinti da Hyakusui, ci permettono di conclu­ sono lieta di farLe consegnare la cassa dei dipinti giapponesi dere che molto probabilmente si tratta della stessa opera destinati alla Pinacoteca della nostra Brescia. conservata presso la Direzione dei Civici Musei d'Arte Era questo il desiderio del mio amato padre, il Senatore C.te e Storia di Brescia. L'opera dovette essere acquistata Alessandro Fè d'Ostiani ed io l'adempisco con una soddisfazione. Avevo già combinato col C.te Lechi di visitare domani verso le da Okura in un momento precedente, e poi donata al ore 4 la Mostra e spero avere il piacere di vederLa. Duce dopo essere stata esposta alla mostra di Roma. Grazie del gentile pensiero di offrirmi la tessera di libero accesso Ma dove sarà finita la pittura del monte Fuji donata a alle civiche raccolte di storia e d'arte. Colla massima stima e considerazione Mussolini da Taikan? Non lo sappiamo, così come non Paolina de Montholon in Fè d'Ostiani" conosciamo il destino di altre pitture giapponesi che arri­ Il marito di Paolina non era, dunque, il conte Fè d'Ostiani, ma varono in Italia in occasione della mostra romana.25) il conte Montholon, figlio di secondo letto di Charles-Tristan Mon­ Se queste pitture non sono andate distrutte a causa dei tholon, che aveva seguito Napoleone nell'esilio di Sant'Elena. bombardamenti, e se non sono state rubate a Salò, dopo 3) Cfr. G. PANAZZA, I musei bresciani, in Brescia Post-romantica la fuga di Mussolini, potrebbero forse essere rimaste a e Liberty 1880-1915, Brescia 1985, p. 320. Villa Torlonia, o da qualche altra parte. In questo caso 4) L'attendibilità del curriculum del conte Alessandro Fè d'Ostia­ potrebbero un giorno tornare inaspettatamente alla luce, ni è in qualche misura assicurata dal fatto che la contessa Paolina sembra aver partecipato alla sua stesura. Infatti, sempre presso la come è avvenuto per l'opera di Hirafuku Hyakusui con­ Direzione dei Musei, è conservata anche una sua lettera dell'II ago­ servata nel deposito della Direzione dei Civici Musei sto 1923, scritta da Bienno e indirizzata a Giorgio Nicodemi, allora d'Arte e Storia di Brescia. Direttore della Pinacoteca. In essa si legge : ..... Le sono poi, oltre ogni dire grata, del gentile pensiero di voler ricordare il mio venerato genitore in quel suo lavoro. Mi rincresce di non poter mandarLe da qui le date che mi chiede; Le dirò in tanto che è nato a Brescia il 13 giugno 1825, e morto a Vorrei ringraziare il Direttore Bruno Passamani, che non solo mi Ro:na il 4 gi;;gno 1905. Le altre date, al mio ritorno in città gliele ha autorizzata a pubblicare le riproduzioni delle opere, ma mi ha gen­ faro avere... . tilmente messo a disposizione svariato materiale riguardante la colle­ Dal curriculum vitae di Alessandro Fè d'Ostiani riportiamo alcuni zione. I miei sentiti ringraziamenti vanno anche a molte altre persone dati. Nato il 12 giugno 1825 a Brescia, dopo il conseguimento della che mi hanno aiutata in vario modo nelle ricerche: tra esse la dott.ssa laurea in giurisprudenza all'Università di Vienna, iniziò immediata~ R enata Stradiotti, della Direzione dei Civici Musei di Brescia; il mente una brillante carriera diplomatica, che lo portò in varie parti dotto Gaetano Panazza, ex Direttore della Pinacoteca Tosio-Marti­ del mondo, tra cui il Brasile, la Cina e il Giappone. nengo; il sig. Luigi Micheletti, presidente della Biblioteca Archivio Fu anche, e per lunghi anni, consigliere comunale a Brescia e, Micheletti; il Direttore dell'Archivio di Stato di Brescia; il Direttore per diversi periodi successivi, sindaco di Bienno (cfr. A. FAPPANI, del Monte dei Pegni di Brescia; mons. Masetti; alcuni studiosi di Enciclopedia Bresciana, IV, Brescia 1981, pp. 65 e 66). Nel corso storia locale; e, infine, i miei giovani, cari amici bresciani, e in parti­ della sua vita ricevette, per i motivi più diversi, numerosi riconOSCI­ colare Simonetta Vittorini e Emilio Luzi per il loro costante affettuoso menti e premi da organismi di varie nazioni. Morì a Roma il 4 gIu­ aiuto. gno 1905.

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Uno spaccato della vivace personalità di Alessandro Fè d'Ostiani Nel 1948, insieme ad altre sette persone, venne condannato a morte ci viene fornito da Moriyoshi Naganuma (M. NAGANUMA, Gendai dal Tribunale Militare Internazionale dell'Estremo Oriente. Pare bijutsu no y6ran jidai (Il periodo iniziale dell'arte moderna), in Chuo­ che Mussolini ammirasse lo spirito ed i princìpi che ispiravano la koron, Tokyo, luglio 1936, p. 222). figura tradizionale giapponese del samurai, e, anche per questo, La famiglia Fè d'Ostiani possedeva a Bienno una villa, che Paolina probabilmente egli gradì molto questo dono. successivamente donò ad un istituto di beneficenza locale. 20) Ho accertato che si trattava dell'avvocato Luigi Bonaventura 5) M. IZEKI, Gaka Fontanesi (Fontanesi Pittore), Tokyo 1984, p. 150 e s. Gerardi, di Limone sul Garda, morto tre anni or sono. Da un documento che ho rinvenuto in un secondo momento all' Ar­ 6) Per ulteriori dettagli cfr. IZEKI, op. cit., pp. 150-156. chivio di Stato di Brescia, ho appreso che" l'ordine da Roma H si 7) IZEKI, op. cit., pp. 208-213. riferiva alla richiesta avanzata dall'avvocato Ercole Chini, direttore 8) FAPPANI, op. cito dell'Ufficio dei Beni Mussolini, costituito, appunto, nella capitale. 9) Cfr. Catalogo illustrato, Seconda Esposizione Internazionale 21) La Gazzetta del Popolo, il 31 marzo 1950, oltre la Roc~a, d'Arte della Città di Venezia, Venezia 1897. indica, come luogo di provenienza dei mobili, anche Villa Torlonla! dove abitava all'epoca la famiglia Mussolini. Ma dopo l'arresto d1 IO) M.M. LAMBERTI, Ambivalenze della divulgazione dell'arte Mussolini, nel 1943, quanti mobili fu possibile trasportare da Roma giapponese in Italia: Vittorio Piea, in Bollettino d'Arte, LXXII, a Salò? 1987, 46, p. 74· 22) Solo in un momento successivo ho avuto modo di leggere le II) Cfr. V. PICA, L'Arte mondiale a Venezia, Napoli 1897, pp. parole scritte da Mokichi Saito, famoso poeta, a proposito della pit­ 279-299· tura di Hyakusui, raffigurante alcuni tacchini in un giardino, esposta 12) Il risultato delle ricerche da me condotte al riguardo non è alla VIII Esposizione del gruppo Bunten, nel 1914: " ... con un del tutto soddisfacente : oltre alle opere catalogate presso i Civici pennello grosso, che sembrava ai miei occhi d'allora un pennello da Musei bresciani, ho individuato come appartenenti al conte solo calligrafia, egli tracciava una pennellata dopo l'altra, mettendoci una poche statue cinesi di porcellana. Secondo quanto si racconta in grande forza. Non sembrava affatto dipingere ... ". seno alla famiglia Fè d'Ostiani, il conte amava in particolar modo Alla pittura nella quale mi ero imbattuta ben si attagliavano queste i paraventi giapponesi e se ne procurò in gran numero ma, purtroppo, osservazioni, così come pure le parole di ShOfu Muramatsu: •• Que!­ una nave carica di trecento paraventi giapponesi di proprietà del l'inchiostro, dopo un po', si fondeva, dando vita ad una superfic1e conte si inabissò in un'epoca imprecisata nel Mar Rosso. animata e piuttosto sporca ... Egli applicava con forza una pennellata 13). E. KONDO, O-yatoi gaikokujin Edoardo Chiossone - sono dopo l'altra anche se avrebbe potuto ottenere lo stesso effetto con un~ sh 6gm to gy6seki to collection (Edoardo Chiossone, straniero assunto tecnica più scaltrita, visto che comunque l'inchiostro alla fine S1 dal Governo Giapponese -la sua vita, il suo lavoro e la sua collezione), fondeva". S. MURAMATSU, Honcho gajin-den (Biografie di pittori in Rekishi dokuhon, Tokyo, giugno 1978, p. 272 e ss; IDEM, giapponesi), Tokyo 1977, VII, p. II3. O-yatoi gaikokujin Edoardo Chiossone - Nihon tok8 izeu (Edoardo 23) Come cataloghi della mostra tenutasi a Roma nel 1930, cfr. Chiossone, straniero assunto dal Governo Giapponese - prima del SllO il catalogo pubblicato in Italia, Catalogo esposizione d'Arte Giapponese, arnvo in Giappone), in Spazio, Tokyo 1979, n. 20, p. 39 e ss. Roma 1930, anno VIII, aprile-maggio; il catalogo pubblicato in 14) K. KUMAMOTO, O-yatoi gaigokujin, Bijutsu (Stranieri assunti Giappone, Roma kaisai Nihon bijutsu tenrankai kinen zuroku (Cata­ dal Governo Giapponese, Sezione d'Arte), Tokyo 1976, p. 16. Proba­ logo in commemorazione dell'esposizione d'arte giapponese a Roma), bilmente gli stessi figli di Siebold glielo avevano chiesto proprio con la presentazione di Okura Kishichiro, Tokyo 1930, in due grandi tramite il conte Fè d'Ostiani, che era in Giappone dal settembre del­ (cm 54 x 39) volumi lussuosi, in cui sono riprodotti i nostri para­ l'anno precedente. Da quel disegno originale Charles Pollard ricavò venti. Esiste anche, di P.S. RIVETTA, La Pittura Moderna Giapponese, una litografia. I figli di Siebold, dopo aver ricevuto il ritratto comple­ Bergamo 1930, che contiene le fotografie commentate di 24 pitture tato, scrissero a Chiossone una lettera di ringraziamento, datata comprese fra le opere esposte. "Yédo, Aug. 30, 1876 H. La lettera è conservata ora nel Museo Inoltre, per il cinquantesimo anniversario della mostra di Roma, Chiossone, insieme al regalo che l'accompagnava, un album di foto­ venne organizzata una mostra al Museo Okura Shiikokan di Tokyo, grafie del vecchio Giappone (cfr. KONDO, op. cit.). in occasione della quale vennero esposte 35 opere con catalogo: 15) O-yatoi gaikokujin Edoardo Chiossone to sono jidai-ten­ Kais6 no Roma ten, Showa go-nen Kokusai k6ryii kindai nihonga-sen Chiossone rainichi hyaku-nen o kinen shite (Edoardo Chiossone, stra­ (Reminiscenza 01 the 1930 Fine Arts Exhibition in Rome), a n~ero assunto dal Governo Giapponese, e il suo tempo - in commemora­ cura dell'Okura Shiikokan Museum, Tokyo 1980,26 aprile-29 giugno. zwne del centenario dell'arrivo di Chiossone in Giappone), a cura del­ 24) T . YOKOYAMA, Italia seilu shusai Okura danshaku k 6en Roma l'Istituto Italiano di Cultura, Tokyo 1976, pp. 47-49. kaisai nihon bijutsu tenrankai ni tsuite (Sull'Esposizione d'Arte Giap­ 16) A. OLIVARI, Intorno al mondo. Note di viaggio, Genova 1894, ponese a Roma, organizzata dal governo italiano e patrocinata dal p. 237 e S. barone Okura), Tokyo 1930, p. 22. 17) Del resto, l'atteggiamento poco scientifico dei compilatori 25) Tra queste, un paio di paraventi a sei ante di Taikan, raffi­ è denunciato anche dall'adozione di denominazioni popolaresche, guranti fiori di ibisco, rimasti in Italia dopo la mostra, e per il ritro­ di uso molto comune, ma certo anche assai poco corrette: ad esem­ vamento dei quali il Museo di Tokyo, fondato alla memoria di pio, nella lista, Kannon (la dea della misericordia) è indicata come Taikan Yokoyama, ha organizzato una ricerca ancora in atto. L'opera .. Kannon-sama H (Signora Kannon), Hotei (uno dei sette dei della era stata presentata al pubblico giapponese in occasione della XV fortuna) come .. Hotei-sama H (Signor Hotei), Kaminari (il dio Esposizione (1928) del gruppo Inten, e secondo ShOfu Muramatsu del tuono) come" Kaminari-sama H (Signor Kaminari). il barone Okura l'aveva acquistata e donata a Mussolini, con un atto 18) Ma non è da escludere che all'elenco possa essere aggiunto un che, tra l'altro, segnò la premessa alla realizzazione della mostra di altro paio di paraventi a sei ante, la cui provenienza è rimasta fino Roma (cfr. MURAMATSU, op. cit., VIII, p. 146). Altre opere di cui ad oggi incerta. Questi ultimi paraventi raffigurano scene dai capitoli si vorrebbe conoscere il destino sono l'alcova rivestita di carta color del romanzo Genji Monogatari (Storia del Principe Genji) di Mu­ oro decorata con aceri rossi dipinti dal pittore Somei Yiiki, o la pit­ rasaki Shikibu (978-1016). tura di soggetto storico raffigurante • Il guerriero Shigemori nella battaglia di Heiji' di Eikyii Matsuoka, da lui donata a Mussolini .19) Iwane Matsui (1878-1948) guidava le truppe inviate nella in occasione della mostra di Roma (egli l'aveva esposta l'anno prece­ Cma centrale nel corso dell'ultima guerra mondiale, e fu il respon­ dente alla mostra tenuta in Giappone del gruppo Teiten, ottenendo sabile dell'eccidio consumatosi a Nankino il 13 dicembre del 1937. un premio: vedi sempre MURAMATSU, op. cit., VII, p. 179).