Fascicolo 68-69

Fascicolo 68-69

©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte EIKO KONDO PITTURE GIAPPONESI A BRESCIA: VICENDE DELLA COLLEZIONE FÈ D'OSTIANI E DI ALCUNE OPERE APPARTENUTE A MUSSOLINI Ho avuto occasione di schedare la collezione di pitture guente, e per la seconda volta nel settembre del 1874 giapponesi conservata presso la Direzione dei Civici rimanendovi fino al marzo del 1877.5) Ma anche fra il Musei d'Arte e di Storia di Brescia, e vorrei qui presen­ 1871 e il 1874, sembra abbia mantenuto rapporti col tarla, giacché essa è rimasta fino ad oggi sconosciuta, sia Giappone, giacché, secondo il curriculum, venne nominato in Italia che in Giappone. Mi accingo a farlo con la spe­ commissario del governo giapponese all'Esposizione Uni­ ranza che le mie ricerche contribuiscano a far luce almeno versale di Vienna del 1873. Forse proprio in seguito a su una piccola parte della storia degli scambi culturali fra questo incarico ricevette dall' Austria la Gran Croce di Italia e Giappone. Francesco Giuseppe e dal Giappone l'onorificenza della Spada Imperiale. Durante i due anni e mezzo del suo se­ L - La raccolta in questione è costituita da due nuclei: condo soggiorno in Giappone il conte Fè d'Ostiani con­ uno, il più cospicuo, è segnalato nelle schede più vecchie tribuì enormemente allo scambio culturale fra Italia e della Direzione dei Civici Musei d'Arte e di Storia di Giappone. In quel periodo il governo giapponese aveva in Brescia, dove è indicato come appartenente all'insieme progetto di istituire sul territorio nipponico una scuola delle opere donate ai Musei da Paolina Fè d'Ostiani nel d'arte moderna, e varie personalità straniere avevano maggio del 1920; l'altro è, invece, costituito dalle opere avanzato proposte in tal senso: tra gli altri si possono ricor­ provenienti dal Monte dei Pegni di Brescia ed acquisite dare il chimico tedesco Wagner, e il giornalista russo ai Civici Musei nel giugno del 1950. Grizunin. Il primo proponeva di dar vita ad una scuola Esporrò dapprima i risultati delle ricerche relative al che si prefiggesse di proteggere le forme d'arte e d'arti­ primo nucleo di opere. gianato tradizionali giapponesi, mentre il secondo aveva Si è creduto in un primo tempo che la contessa Paolina, presentato il progetto di un'università d'arte di " struttura responsabile della donazione, fosse la vedova del conte globale". Il progetto presentato dal conte Fè d'Ostiani, Alessandro Fè d'Ostiani (1825-1905), e che, dopo la invece, suggeriva l'istituzione di una scuola d'arte che morte del marito, ella avesse donato la di lui collezione perseguisse lo scopo principale di diffondere l'apprendi­ alla Pinacoteca Tosio-Martinengo di Brescia; I) ma da una mento delle tecniche proprie della pittura occidentale, lettera, conservata presso la Direzione dei Civici Musei cosa che era considerata in quel periodo dal governo giap­ bresciani, risulta chiaro che ella non era la vedova, bensì ponese come una pressante necessità. In conclusione venne la figlia del conte.2 ) accolta la proposta del conte, essendo essa stata giudicata Il fatto che la contessa Paolina avesse potuto adempiere la più consona alle esigenze del momento. Hirobumi It6, al desiderio paterno di donare la collezione alla Pinacoteca ministro dell'Industria, facendo proprio l'orientamento soltanto quindici anni dopo la morte del conte Alessandro, del conte, decise di assumere insegnanti italiani. Anche dipese con ogni probabilità dalle vicissitudini attraversate riguardo alle condizioni di lavoro, alla durata del contratto dalla Pinacoteca medesima, nonché dalla difficile situa­ e alla paga da corrispondere, il ministro It6 seguì le indi­ zione storica e sociale di quegli anni. cazioni espresse dal conte.6) In seguito alle decisioni Va precisato che in Brescia, in un primo momento, adottate, furono chiamati ad operare in Giappone tre esistevano due musei, costituiti l'uno dalla collezione di artisti italiani: Antonio Fontanesi (1818-1882) per il corso Paolo Tosio e l'altro da quella di Leopoldo Martinengo di pittura; Vincenzo Ragusa (1847-1927) per il corso di da Barco. Nel 1908 le due collezioni si unirono a formare incisione; Giovanni Vincenzo Cappelletti ( '? - 1887 un unico museo, che venne aperto al pubblico il 27 set­ circa) per il corso preparatorio. tembre 1914; ma già il 22 maggio dell'anno seguente esso Sembra, inoltre, che il conte Fè d'Ostiani abbia aiutato fu costretto a chiudere i battenti a causa della prima guerra personalmente artisti giapponesi desiderosi di apprendere mondiale. Le opere più importanti vennero trasferite le tecniche dell'arte figurativa occidentale. Per esempio, allora in posti sicuri della città, e, successivamente, a egli non solo presentò a Fontanesi Yuichi Takahashi, Roma, a Palazzo Venezia, insieme a diversi quadri delle pioniere in Giappone della pittura ad olio, ma si dice che chiese di Brescia e dintorni. La mostra che, nella lettera abbia anche aiutato finanziariamente Genkichi, figlio di sopra citata, la contessa Paolina dice di voler visitare, Yuichi, quando quest'ultimo decise di farlo studiare alla doveva essere con ogni probabilità l'esposizione delle scuola di Fontanesi. Il nobile bresciano si prese anche cura pitture riportate a Brescia, dopo la conclusione della di Moriyoshi Naganuma, che si sarebbe più tardi recato guerra, nel febbraio 1920. Successivamente una parte di a Venezia per studiare la scultura occidentale.7) Ma tor­ opere fu restituita alle chiese da cui le tele provenivano.3) niamo al quesito da cui abbiamo preso le mosse, quello, Secondo il curriculum conservato presso la Direzione cioè, relativo alla provenienza della collezione d'arte'!'giap­ dei Civici Musei di Brescia,4) sembra che il conte Fè ponese di proprietà del conte. d'Ostiani si fosse recato in Giappone per la prima volta L'allora direttore della Pinacoteca bresciana, Giorgio il 9 ottobre 1870 come ambasciatore straordinario e ple­ Nicodemi, dopo aver ricevuto la collezione dalla contessa nipotenziario, rimanendovi fino all'inizio dell'anno se- Paolina, così scrive sulle pagine dei giornali cittadini: 177 ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte " In memoria del padre, conte seno Alessandro Fè d'O­ stiani, la signora contessa Paolina Montholon ha donato in questi giorni alle raccolte cittadine una preziosa colle­ zione di circa 140 disegni e dipinti giapponesi. Ne accre­ sce l'importanza l'origine, chè provengono da uno spe­ ciale dono fatto dal Mikado al Fè d'Ostiani, ambasciatore d'Italia al Giappone, nel 1879". Attualmente non dispongo di nessun documento che comprovi l'attendibilità di questa affermazione, ma sembra almeno certo che Paolina abbia raccolto direttamente dal padre una testimonianza in tal senso. Tuttavia è fuor di dubbio che il conte Fè d'Ostiani soggiornò in Giappone fino al maggio 1877 e nel novembre dello stesso anno si recò in Brasile, sicché la data indicata da Nicodemi è senz'altro errata; egli, con ogni probabilità, nell'indicarla fece riferimento alla data della stampa della lista eseguita da Chiossone, della quale parleremo in seguito. È corretto, invece, al riguardo Antonio Fappani, quando dice: " All'atto di congedo dall'imperatore Mutsuhito il conte Fè ebbe 140 pezzi fra dipinti e disegni appartenenti a cinquanta pittori di epoche diverse, dal sec. XVII al sec. XIX " .8) Il già citato Moriyoshi Naganuma, l'artista giapponese protetto dal conte e al quale dobbiamo una importante testimonianza circa la personalità del conte medesimo, è un personaggio che assume un ruolo impor­ tante nella sorte della collezione; infatti esiste un docu­ mento che testimonia che una parte della collezione venne esposta nella II Biennale veneziana del 1897, quando il conte era ancora in vita, ed il responsabile della sezione giapponese della Biennale era appunto Moriyoshi Naga­ numa.9) La sezione giapponese della Biennale consisteva di due raccolte: una comprendeva l'arte antica e contava esem­ plari appartenenti al mercante d'arte Ernest Seeger, mentre l'altra riguardava l'arte contemporanea, ed era stata selezionata dalla " Società degli Artisti Giapponesi". Al catalogo manca qualsiasi commento, eccetto una breve introduzione generale sull'arte giapponese, scritta proba­ bilmente da Vittorio Pica, unico studioso italiano di quel periodo in grado di parlare d'arte giapponese, anche se si IO trattava di un semplice epigono di Edmond de Goncourt. ) Ad ogni modo circa 60 kakemono della collezione del conte Fè d'Ostiani vennero esposti al pubblico in quell'oc­ casione, presumibilmente grazie proprio a Naganuma, che ne conosceva l'esistenza. Purtroppo questi kakemono pervennero alla mostra in una grossa scatola malconcia, solo tre mesi dopo l'apertura della mostra medesima, e perciò non se ne trova accenno nel catalogo.") È possibile che tali opere siano comprese tra quelle che costituiscono attualmente la collezione conservata a Brescia, ma non esistono documenti che lo comprovino. Infatti non è certo che le opere oggi conservate a Brescia I 2 comprendano l'intera collezione del conte. ) Se così non fosse, chi possiede il resto e in cosa esso consiste '? Per rispondere a molte domande avrebbero potuto essere assai utili lettere, diari, o, comunque, scritti perso­ nali appartenuti al conte o alla contessa Paolina; ma purtroppo non è stato possibile rintracciare nessun docu­ mento del genere. La ricerca in questa direzione è resa particolarmente difficile dal fatto che durante la seconda guerra mondiale il palazzo del conte fu bombardato, pare per ben due volte, e subito dopo la fine del conflitto I - BRESCIA, CIVICI MUSEI D' ARTE E DI STORIA - ANONIMO: FALCO SU UN RAMO DI PINO ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte venne venduto. Peraltro, con ogni probabilità, già il conte stesso lo dovette sgomberare da molti documenti di sua proprietà, giacché il padre dell'attuale conte Alessandro Fè d'Ostiani lo vide bruciare vecchie carte di famiglia nel cortile del palazzo, nel I900. Ad onor del vero, va detto che, già prima che mi fosse richiesto di schedare la collezione bresciana di cui qui si tratta, ne conoscevo l'esistenza e ne ero anche stata incu­ riosita.

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