Misure Critiche Rivista Semestrale Di Letteratura E Cultura Varia
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misure critiche Rivista semestrale di letteratura e cultura varia La Fenice CASA EDITRICE Fondatore GIOACCHINO PAPARELLI Comitato scientifico GIULIANA ANGIOLILLO – ANGELO CARDILLO – CARLO CHIRICO – EMILIO GIORDANO ALBERTO GRANESE – ANTONIA LEZZA – SEBASTIANO MARTELLI – LUIGI MONTELLA LUIGI REINA – FRANCESCO SICA – ROSA TROIANO Redazione NUNZIA ACANFORA – DOMENICA FALARDO – ROSA GIULIO Direzione, Redazione, Amministrazione “La Fenice” Casa Editrice Via Porta Elina, 23 Tel. 089 226486 84121 Salerno Responsabile POMPEO ONESTI La Rivista si avvale di un Comitato di referee anonimi cui i testi vengono sottoposti per un preliminare vaglio scientifico. Questo fascicolo della rivista è pubblicato con un contributo del Dipartimento di Studi Umanistici – Sezione di Italianistica dell’Università degli Studi di Salerno Versamenti: C.C. P. 55967046 intestato a “La Fenice” di Onesti Simona Emma & C. s.a.s.; Bonifico bancario IT75P07601152000000055967046 a “La Fenice” di Onesti Simona Emma & C. s.a.s. – 84100 Salerno – Abbonamento Annuo 51,64 – estero 80,00 – Prezzo di un fascicolo 25,82 – Numeri doppi 51,64 Autorizzazione del tribunale di Salerno n. 366 del 28 – 12 – 1971 Pubblicazione semestrale, spedizione in abbonamento postale gruppo IV Titolo lavoro MISURE CRITICHE Nuova serie Anno XIII, n. 2 - XIV, n. 1 Luglio-Dicembre 2014 Gennaio-Giugno 2015 SAGGI DOMENICA FALARDO, Giuseppe Maria Galanti tra “pensieri vari”, ultime volontà e documenti inediti pag. 5 ENZA LAMBERTI, Foscolo: autoesegesi » 48 LUIGIA ACCUMULO, Thomas James Mathias, arcade inglese nella Napoli di primo Ottocento. Prime ricognizioni bibliografiche e documentarie » 71 GIOVANNA ZAGANELLI, Dalle teorie dell’interpretazione alla esegesi dei testi letterari. Iser tra Collodi e Dickens » 116 FAUSTO TUSCANO, Aspetti del pensiero musicale dei Canti Orfici » 128 DOMENICO CAPPELLUTI, Un “corsaro” all’attacco del Potere » 159 INTERVENTI RODOLFO DI BIASIO, La notte nel Purgatorio » 195 CARLO SANTOLI, Riscritture goldoniane: l’originalità dei libretti ‘seri’ » 211 GIOVANNA ZAGANELLI, Le macchine del tempo in letteratura: Proust e Genette leggono Nerval e Flaubert » 219 NOTE E RASSEGNE SANDRA CELENTANO, Gli Albigesi di Giuseppe La Farina tra storia, romanzesco e impegno anticlericale nella nuova edizione di Ella Imbalzano » 233 LUCIA CRISTINA TIRRI, Su un’antologia bilingue della diaspora italiana » 241 CARMELA LUCIA, Le forme plurime della rêverie del passato: Gli Anni Piccoli di Enzo Moscato » 248 LUIGI TASSONI, Il Medioevo contemporaneo di Giulio Angioni » 257 RECENSIONI V. Caputo, A. Comparini, F. D’Astore, E. Formato, E. Giordano, S. Laudiero, G. Leone, C. Monzone, A. Ottieri, C. Rosato » 269 Libri ricevuti » 297 3 DOMENICA FALARDO GIUSEPPE MARIA GALANTI TRA “PENSIERI VARI”, ULTIME VOLONTÀ E DOCUMENTI INEDITI Gli uomini studiano i libri più per comparir dotti che per esserlo e più per esserlo che per divenir migliori. Si cercano le cognizioni per soddisfare una vana curiosità, per lusingare il proprio orgoglio, per meglio raggirare il prossimo, per meglio appagare le proprie passioni imparando a saperle sostenere; ma non si studia per conoscere la grandezza del Creatore, i proprj doveri verso di lui e i suoi simili, per correggere tanti abusi, per frenare le passioni e soggiogarle, per esser utile a’ proprj simili. Si coltivano gli studj non per farsi, ma per comparir dabbene, non per cangiare i pessimi costumi, ma per saperli secondare. S’imparano tante massime e sentenze non per praticarne gli ammaestramenti, ma per servirsi di esse ne’ proprj propositi, e per ostentare una ipocrita virtù. Debilitata la virtù, i più sagaci cercano comparire buoni mentre non lo sono, ed una certa perfezione di virtù è rimasta ne’ libri. I maestri di questa professione sono molto ordi- narj, perché non è tanto difficile l’insegnare a viver bene quanto il viver bene. – Ecco come scrisse tanti concetti morali un Seneca, ecco come eludono il pubblico tanti pretesi dotti. Quale vantaggio avrò io ricavato dalle mie piccole cognizioni, se non mi hanno reso migliore? Si tratta di uno dei Pensieri di Giuseppe Maria Galanti (Santacroce di Morcone, nel contado del Molise, oggi Santa Croce del Sannio, 1743-Napoli 1806), elaborati tra il 1801 e il 1805,1 un’opera tarda, intrapresa durante una sorta di volontario esilio a Montevergine, nei pressi di Avellino, che costituisce un nuovo e interessante approdo per l’illuminista molisano, allievo di Antonio Genovesi, sensibile intellettuale di levatura europea, dedito prevalentemente a studi e progetti di riforma del Regno meridionale, supportati da notevoli 1 G. M. GALANTI, Pensieri vari e altri scritti della tarda maturità, a cura di A. Placanica, 5 Cava de’ Tirreni, Di Mauro Editore, 2000, pp. 65-66. DOMENICA FALARDO competenze statistiche e storico-geografiche, come documentano molti dei suoi scritti, a cominciare da quelli giovanili, frutto degli insegnamenti del suo «savio maestro».2 I Pensieri, per i quali, a differenza che per le altre opere galantiane, non sono stati rinvenuti appunti e lavori preparatori – cioè le caratteristiche “stratificazioni” definite “selve”, in questo caso probabilmente distrutte dall’autore, che costituiscono una sorta di «magazzino di attrezzi e di materiali per ogni eventualità di organica scrittura»3 – ci restituiscono l’ultimo Galanti, un riformatore lucidamente moderno, amareggiato testimone della tragedia napoletana di fine Settecento, sempre preoccupato per la salute del corpo sociale, nemico dell’ipocrisia, che, alla luce delle esperienze vissute e «in sintonia con gli sviluppi della cultura europea, non tanto di quella italiana», privilegia «i temi della morale, dell’uomo nella realtà concreta della società e della cultura e in rapporto a tutti i diversi saperi».4 È un Galanti al crepuscolo del suo percorso esistenziale, «chiuso in un assoluto e risentitissimo isolamento»,5 ormai pronto ad allontanarsi dalla vita pubblica, il quale, non essendo stato un martire legittimista nel periodo della repubblica, non è ben visto dalla monar- chia restaurata; chiude, infatti, le sue Memorie storiche con un’amara riflessione: Lettore, osserva il giuoco delle vicende umane. L’autore sembra aver travagliato di proposito per tirarsi addosso un infortunio, il più serio. Ha avuto la rara felicità di non essere arrestato, ed ha sofferto la disgrazia di non essere stato arrestato.6 Privato ormai della progettualità riformistica, Giuseppe Maria program- ma dunque una revisione generale della sua vasta produzione letteraria, poi non portata effettivamente a compimento, e lascia come ultimo suo frutto il Testamento forense, pubblicato qualche mese prima della sua morte,7 scritto che, svelando «i vizi e le turpitudini del Foro napolitano», è stato «in 2 Cfr. G. M. GALANTI, Scritti giovanili inediti, edizione critica a cura di D. Falardo, con un saggio di S. Martelli, Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Press, 2011. 3 A. PLACANICA, Introduzione a G. M. GALANTI, Pensieri vari e altri scritti della tarda maturità, cit., p. 7. 4 S. MARTELLI, Due secoli di sfortune editoriali e un ritrovamento fortunato, in G. M. GALANTI, Scritti giovanili inediti, cit., p. XXXI. 5 A. PLACANICA, Preliminari biobibliografici ed archivistici, in ID., D. GALDI, Libri e manoscritti di Giuseppe Maria Galanti. Il fondo di Santa Croce del Sannio, Lancusi (Sa), Edizioni Gutenberg, 1998, p. 28. 6 G. M. GALANTI, Memorie storiche del mio tempo e altri scritti di natura autobiografica (1761-1806), a cura di A. Placanica, Cava de’ Tirreni, Di Mauro Editore, 1996, p. 199. 7 G. M. GALANTI, Testamento forense, Venezia, presso Antonio Graziosi, 1806; ID., 6 Testamento forense, a cura di I. Del Bagno, Cava de’ Tirreni, Di Mauro Editore, 2003. Giuseppe Maria Galanti tra “pensieri vari”, ultime volontà e documenti inediti certo modo il precursore de’ grandi cangiamenti nell’ordine giudiziario ed amministrativo sopravvenuti nel regno».8 Del resto, Galanti, pur sentendo maggiore trasporto per la «civile economia», alla quale, ancora molto gio- vane, cominciò a dedicarsi seguendo le lezioni di Genovesi, «benefattore della Patria co’ suoi travagli e co’ suoi scritti»,9 intraprese, per volontà di suo padre, gli studi legali, conseguì la laurea in Giurisprudenza a Napoli nel 1765 e quindi ebbe modo di frequentare e conoscere molto bene la realtà del Foro napoletano che non abbandonò mai – pur non amandola, avendo maturato la convinzione che «per incidere proficuamente sull’or- ganizzazione generale dello Stato bisognasse rinnovare ab imis il ‘tempio della giustizia’»10 – tranne che nel periodo compreso tra il 1791 e il 1797 durante il quale gli furono affidati vari incarichi dal Governo, tra i quali quello di “visitatore generale delle province”11 con il compito di elaborare la descrizione dell’intero Regno meridionale sul modello di quella del Molise,12 particolarmente apprezzata dai sovrani. Dal pensiero sopra riportato, intitolato Se si studia per divenir migliore, emerge che Galanti, come il suo maestro, curatore, traduttore e divulgatore di testi, considerava il libro un fondamentale strumento per costituire un nuovo spirito civile; aveva svolto infatti un’importante opera di sprovin- cializzazione della cultura napoletana intraprendendo una non fortunata ma significativa e innovativa attività editoriale avviata con la fondazione nel 1777 della “Società letteraria” di Napoli – che nel 1778 si trasformò in “Società letteraria e tipografica” – nell’ambito della quale aveva la respon- sabilità scientifica delle pubblicazioni e l’incarico di curare i rapporti con