Perspectives on Italian Difference/Italian Differences in Perspective CHIA SMI Selected papers of the Harvard-Brown Graduate Conference

In Italian Studies _

2018 DALL’ISOLA AL MONDO. PROCESSI DI IBRIDAZIONE E PROVE DI IDENTITÀ COMPLESSA NELLA LETTERATURA SARDA DEGLI ANNI ZERO1 Carola Farci – University of Pauda/Université de Limoges

L’epoca globale porta con sé mutamenti nello spazio e The global era brings transformations both in space and nella percezione dello stesso. In questo intervento si in the ways in which it is perceived. In this essay, I will cercherà di mettere in luce le trasformazioni dello spazio try to shed some light on how the representation of the insulare della Sardegna negli ultimi decenni insular space of Sardinia experienced significant trans- formations in the last decades.

1. Il contesto sardo

Quando parliamo di letteratura sarda, parliamo di una letteratura non completamente inserita all’interno di quella italiana, di cui è tangente, talvolta addirittura parte integrante, ma comunque mai coincidente. È questo un giudizio abbastanza condiviso nella storia letteraria, di cui riporto la sintesi di Brevini: “Difficilmente la Sardegna, a causa della sua posizione decentrata e della sua peculiarissima storia, segnata dall’incontro con diverse culture, può essere integrata in un discorso di storia letteraria rigorosamente italiana”.2 La chiave, il concetto su cui vogliamo soffermarci, la ritroviamo in quel “a causa della sua posizione decentrata”. Ricorda Nereide Rudas: “la Sardegna è stata a lungo appartata, isolata. Il doppio isolamento del mare e della montagna ne hanno fatto per millenni una terra introversa, un ‘mondo a parte’, ‘lontano dalla grande storia’. L’isolamento, costante storico-grografica, è diventato modalità antropologico-esistenziale con il suo correlato di silenzio”.3 A cui fa

1 Le riflessioni riportate in questo lavoro costituiscono un primo passo della mia tesi di dottorato che, a differenza del presente articolo, si prefigge un’ottica comparatistica. Per approfondimenti, dunque, rimando alla mia tesi per l’Università di Padova e l’Université de Limoges, attualmente in fase di revisione. 2 FRANCO BREVINI (ed.), La poesia in dialetto. Storia e testi dalle origini al Novecento (Milano: Mondadori, 1999), 1531-1532, già in GIUSEPPE MARCI, In presenza di tutte le lingue del mondo (: CUEC, 2006), 13. Per un approfondimento sul tema, si veda l’interessante ricostruzione del rapporto tra letteratura italiana e letteratura sarda in lingua italiana tracciato da GIGLIOLA SULIS, «Anche noi possiamo raccontare le nostre storie». Narrativa in Sardegna, 1984-2015, in LUCIANO MARROCCU et al. (eds.) La Sardegna contemporanea. Idee, luoghi, processi culturali (Roma: Donzelli, 2015), 531-555. 3 NEREIDE RUDAS, L’isola dei coralli (Roma: Carocci, 1997), 195.

© 2018 Carola Farci. All rights reserved. 63 Perspectives on Italian Difference/Italian Differences in Perspective Licensed under CC BY-NC-ND 4.0 Selected Papers of the 11th edition of Chiasmi Harvard-Brown Graduate Conference in Italian Studies, 2018

Carola Farci eco Giuseppe Marci: “separatezza che deriva dal dato geografico e si trasforma in un elemento della psicologia”.4 Tutto ciò ha comportato, come prima conseguenza e come è noto, il prevalere assoluto dell’ambientazione sarda all’interno dei testi letterari di qualsiasi genere. Ci possiamo nuovamente soffermare sulle parole di Rudas, che racconta una sua esperienza di lettrice: “già in passato, leggendo un’antologia di poesie sarde, rimasi colpita che la massima parte dei circa cinquanta poeti in essa raccolti parlassero di un solo oggetto, avessero un solo grande tema poetico: la Sardegna”.5 Ancora, la studiosa rimarca “l’incentramento assoluto, oserei dire irrelativo, dello scrittore nella Sardegna come luogo originario, come patria, come mondo unico e assoluto”.6 Vediamo allora di analizzare qualche dato concreto. Ho infatti cercato di esaminare le maggiori opere della letteratura sarda del Novecento, per verificare quante fossero effettivamente ambientate in Sardegna, quante sia dentro che fuori dalla Sardegna, quante esclusivamente fuori dai confini dell’isola. Per ragioni di carattere metodologico ho scelto il genere del romanzo perché risulta il più adatto allo sviluppo di un’azione narrativa lunga, cronologicamente articolata,7 che preveda una non-unità di luogo. Quindi nonostante il carattere predominante della ambientazione sarda sia riscontrabile anche in altri generi, come ricordavano Rudas e Brevini, il romanzo risulta il più congruo alla nostra indagine. È infatti bene sottolineare che il dato che ci interessa rilevare è quello dell’immaginario, ovvero dove si sceglie di ambientare un’opera, dove, dunque, interessa ambientare un’opera. Per questo abbiamo escluso i romanzi di carattere autobiografico, in cui i luoghi della narrazione non sono eleggibili in base ad una scelta estetica ma costretti dalle ferree barriere della realtà biografica dell’autore. Infine è bene mettere in luce l’arbitrarietà della scelta, in cui sempre si incappa quando si cerca di mettere nero su bianco un canone. Il criterio che abbiamo cercato di utilizzare è quello della recezione, prendendo in considerazione, cioè, quelle opere che hanno lasciato un segno rilevante nella storia letteraria sarda e sono state riprese dagli scrittori successivi.8 Le opere dunque prese in considerazione in questa analisi

4 MARCI, In presenza di tutte le lingue del mondo, 11. 5 RUDAS, L’isola dei coralli, 39. 6 Ibid., 40. 7 Cfr. FRANCO MORETTI, The Novel (Princeton, NJ: Princenton University Press, 2006). 8 Seppur giustificata, la scelta resta tuttavia soggettiva. A proposito del canone della letteratura sarda, si rimanda alla lettura dell’interessante volume di MARCI, In presenza di tutte le lingue del mondo, dalla cui selezione questo saggio si discosta solo parzialmente. Il volume di Marci raccoglie e giustifica le opere più importanti della storia letteraria sarda, dal Cinquecento al Novecento, e ha alla base un importante riflessione linguistica. Il testo comprende anche un’importante appendice cronologica.

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DALL’ISOLA AL MONDO. PROVE DI IDENTITÀ COMPLESSA NELLA LETTERATURA SARDA sono: Elias Portolu di (1900; in volume 1903);9 Canne al vento di Grazia Deledda (1913);10 Marianna Sirca di Grazia Deledda (1915);11 Diario di una maestrina di Maria Giacobbe (1957);12 Sonetàula di Giuseppe Fiori (1961);13 Paese d’Ombre di Giuseppe Dessì (1972);14 Padre padrone di (1975);15 Il giorno del giudizio di (1977);16 L’apologo del giudice bandito di (1986);17 Po canto Biddanoa di Benvenuto Lobina (1987);18 Procedura di (1988);19 L’oro di Fraus di (1988);20 Bellas Mariposas di Sergio Atzeni (1996);21 Sempre caro di (1998).22 Abbiamo voluto dividere i risultati in tre categorie, rappresentandole graficamente: i romanzi che sono ambientati esclusivamente dentro la Sardegna sono indicati in colore in arancione; i romanzi ambientati sia fuori che dentro l’isola, in colore giallo;23 fuori dai confini dell’isola sono rappresentanti in colore verde (FIGURA 1). Come si può notare, circa il 92,8% delle opere, cioè tredici su quattordici di quelle prese in considerazione, è ambientato all’interno dell’isola. Ambientato sia all’interno dell’isola, sia all’esterno e ve n’è solo una, Elias Portolu, il cui ritorno del protagonista da un carcere nel continente, seppure non inquadrato all’interno della trama stessa, costituisce il motore delle

9 GRAZIA DELEDDA, Elias Portolu, pubblicato dapprima in rivista sulla Nuova Antologia nel 1900, poi in volume (Torino: Roux e Viarengo, 1903). 10 GRAZIA DELEDDA, Canne al vento (Milano: Treves, 1913). 11 GRAZIA DELEDDA, Marianna Sirca (Milano: Treves, 1915). 12 MARIA GIACOBBE, Diario di una maestrina (Bari: Laterza, 1957). 13 GIUSEPPE FIORI, Sonetàula (Roma: Canesi, 1961). 14 GIUSEPPE DESSÌ, Paese d’Ombre (Milano: Mondadori, 1972). 15 GAVINO LEDDA, Padre Padrone (Milano: Feltrinelli, 1975). 16 SALVATORE SATTA, Il giorno del giudizio (Padova: CEDAM, 1977). 17 SERGIO ATZENI, L’apologo del giudice bandito (Palermo: Sellerio, 1986). 18 BENVENUTO LOBINA, Po canto Biddanoa (: 2D Editrice Mediterranea, 1987). Si noti che è questo l’unico testo in lingua sarda incluso nell’analisi. Questo perché, ci sembra, secondo i parametri da noi presi in considerazione, tra cui quello della ricezione, le opere in lingua sarda risultano in linea generale meno lette e, pertanto, meno incisive rispetto alle opere di letteratura sarda scritte in lingua italiana. Per approfondire il rapporto tra lingue e letteratura sarda si vedano MARCI, In presenza di tutte le lingue del mondo; e GIUSEPPE MARCI, Narrativa sarda del Novecento. Immagini e sentimento dell’identità (Cagliari: CUEC, 1991). 19 SALVATORE MANNUZZU, Procedura (Torino: Einaudi, 1988). 20 GIULIO ANGIONI, L’oro di Frau (Roma: Editori Riuniti, 1988). 21 SERGIO ATZENI, Bellas Mariposas (Palermo: Sellerio, 1996). 22 MARCELLO FOIS, Sempre caro (Nuoro: Il Maestrale, 1998). 23 Non stiamo considerando come rilevanti scene minime, scene di sogni, o scene di brevi ricordi. Stiamo invece considerando come “a metà” i volumi che hanno parti considerevoli della trama sia dentro che fuori dalla Sardegna.

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Dentro l'isola Tra dentro e fuori Fuori dall'isola

FIGURA 1. Luoghi e ambientazioni nella produzione narrativa sarda del Novecento

vicende e gioca dunque un ruolo di primo piano. Mentre non ce n’è nessuna che sia ambientata esclusivamente fuori dalla Sardegna. Possiamo dunque confermare anche con questo grafico la percezione avuta da Nereide Rudas in campo poetico. In effetti, durante tutto il Novecento, la Sardegna è madre, è mito, è donna amata. La Sardegna può essere amata e odiata. Ma soprattutto, la Sardegna è. E questo è il dato fondamentale, perché si assiste così ad un ribaltamento del rapporto tra figura e sfondo24. Ribaltamento che coinvolge non solo l’ambientazione, ma anche lo stesso pubblico di riferimento. Marci, in un suo volume dedicato alla letteratura sarda del Novecento emblematicamente intitolato Narrativa sarda del Novecento. Immagini e sentimento dell’identità,25 dopo aver esaminato attentamente gli autori che hanno animato l’isola durante il secolo appena trascorso, scrive: “per i nostri autori il destinatario è qui: inessenziale il pubblico che vive nella penisola, per lo più estraneo e lontano, indifferente ai problemi che caratterizzano l’isola e che traspaiono dalla prosa dei suoi romanzieri”.26

24 Anche a questo proposito cfr. RUDAS, L’isola dei coralli. 25 MARCI, Narrativa sarda del Novecento. 26 Ibid., 10.

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DALL’ISOLA AL MONDO. PROVE DI IDENTITÀ COMPLESSA NELLA LETTERATURA SARDA Ma è allora doveroso chiedersi come cambia questa visione dell’isola nell’epoca della globalizzazione.27 Epoca in cui i collegamenti si fanno più intensi, e la caratteristica preminente dell’isola, quella, appunto, di essere isolata, passa dunque in secondo piano. Questi cambiamenti permettono ai viaggi di diventare più rapidi – il mezzo aereo si preferisce sempre di più al treno o alla nave – e più economici, allargando notevolmente la base dei potenziali viaggiatori. Cambia l’idea del viaggio, cambia l’idea dello spazio. E ciò ci porta a riconsiderare il concetto di spazio insulare per analizzarne le modificazioni: come cambia l’idea dell’isola, ora che si trova ad essere estremamente meglio collegata rispetto a quanto non lo sia mai stata nei secoli precedenti? Come cambia la percezione dell’insularità all’interno di un contesto tanto mutato rispetto al Novecento? Una delle possibili risposte, viene offerta proprio dalla letteratura e dal suo sguardo-testimonianza del cambiare dei tempi. Abbiamo infatti visto, all’interno del Novecento, il prevalere del concetto di isola-mondo. In ambito post-novecentesco, invece, vedremo come questa tendenza si mantiene, ma perde di importanza a favore della tendenza opposta, quella del mondo attorno all’isola. Osserviamole più da vicino con alcuni esempi che ci permettano di trarne conclusioni di natura più ampia.

2. L’isola-mondo

Abbiamo cominciato questo breve lavoro ricordando che la letteratura sarda gode di una certa autonomia, della quale i suoi rappresentanti sono più che consapevoli, e della quale fanno, in alcuni casi, vanto. Per cominciare a discorrere della manifestazione attuale di quella che abbiamo definito come isola-mondo, analizziamo un elemento para-testuale, la copertina di un volume uscito nel 2017 (FIGURA 2). Stiamo parlando di Lizzeri,28 di Nino Nonnis, autore noto ormai all’interno dell’isola per il suo sguardo ironico e dissacrante che si affina sui dettagli della quotidianità sarda. Il volume è una guida scherzosa delle peculiarità della vita in Sardegna. Ciò che però più ci interessa in questo contesto è la scelta, voluta dallo stesso autore, di eliminare l’Italia dalla mappa del Mediterraneo in copertina. Una scelta che, tra il serio ed il faceto, richiama

27 A questo proposito è possibile rinviare a un interessante volume collettivo di recente pubblicazione, di cui verranno citati alcuni interventi, SILVIA CONTARINI, MARGHERITA MARRAS, GIULIANA PIAS (eds.) L’identità sarda del XXI secolo (Nuoro: Il Maestrale, 2012). 28 NINO NONNIS, Lizzeri. Se rinasco voglio che succeda in Sardegna (Cagliari: Il Pettirosso, 2015).

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FIGURA 2. Nino Nonnis, Lizzeri.

la sempreverde carica di autonomismo – se non indipendentismo – presente nella regione. A dimostrazione che l’infatuazione per l’isola-mondo perduri sino ai nostri giorni e coinvolga anche le ultime generazioni, sono due giovanissime penne che si sono distinte negli ultimi anni nel panorama regionale e nazionale: si tratta di Mauro Tetti e Andrea Atzori.

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DALL’ISOLA AL MONDO. PROVE DI IDENTITÀ COMPLESSA NELLA LETTERATURA SARDA A pietre rovesciate,29 romanzo edito per i tipi di Tunué da Mauro Tetti, racconta le storie della terra di Nur, storie che si mischiano alle leggende sarde, ai modi di dire dell’isola, all’immaginario che scaturisce da un sostrato antico. Il volume di Tetti è un’interessante ed originale reinterpretazione del materiale tradizionale. Ma ciò che ci interessa rilevare in questa sede è certamente il mondo di Nur, nel suo spazio fisico e identitario.30 Soffermiamoci, infatti, sull’incipit del romanzo:

In principio Dio creò il cielo e la pietra. Il di su e il di giù. Le tenebre tremanti di su, le acque inerti di giù. E Dio disse: A Li Ga. Le acque si aprirono, emerse l’isola e Dio vide che era cosa buona. Dio parlava e dalla bocca uscivano musiche. E queste musiche meritavano di essere antiche. Dio creò il giorno e la notte, vide l’alba e vide il crepuscolo. Era il tempo. E Dio disse: L’isola produca germogli, le erbe producano semi e i semi producano frutti, ciascuno secondo la sua specie. Dio si tastò più volte la fronte corrugata, dimenticava le cose. Disse: L’isola produca povertà, produca miseria, ricchezza per pochi a svantaggio del resto della specie. E poi: L’isola brulichi di esseri viventi, rettili e bestie secondo la loro specie. Poi colse un pugno di farina bianca e una noce di miele di corbezzolo e disse: Cri Stia Nu. Dio creò l’uomo. A sua immagine lo creò.31

È la parte probabilmente più emblematica rispetto all’obiettivo del nostro lavoro. Il brano, che ricalca la Genesi biblica, è infatti strutturato tenendo conto non della creazione del mondo come nell’episodio originale, bensì della terra di Nur, cioè della Sardegna. Il mondo, dunque, viene a coincidere con quest’ultima, dato che non vi è niente di esterno all’isola. Emerge l’isola, non la terra. Emerge la Sardegna, la Sardegna è ciò che Dio crea, la Sardegna è mondo. Come si può notare anche dall’attenzione linguistica, dato che l’allocuzione performativa con cui Dio impone un nome alle cose e che sappiamo avere un’importanza primaria nella costruzione del mondo descritta dalla Genesi è proprio in sardo: A Li Ga, Cri Stia Nu. È questo un esempio interessantissimo di declinazione del concetto di ‘isola- mondo’ che lo diviene in senso letterale oltre che figurato. Vediamone un altro, sempre di una giovanissima penna, quella di Andrea Atzori. Che, addirittura, si cimenta con un genere abbastanza innovativo per i canoni tradizionali sardi, pur continuando a recuperare la costante dell’immaginario collettivo locale tradizionale.

29 MAURO TETTI, A pietre rovesciate (Latina: Tunué, 2016). 30 Lo stesso nome, Nur, riprende una delle radici prelatine più utilizzate nei toponimi (Nuraxi, Nuraminis, Nurri, etc.). Lo stesso espediente è stato più volte utilizzato nella letteratura sarda e ciò denota la forte volontà del giovane autore di inserirsi all’interno di una tradizione collaudata. 31 TETTI, A pietre rovesciate, 9. Si noti anche l’ironia dell’autore: aliga significa, infatti, spazzatura.

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Il volume di Andrea Atzori, anche se sarebbe più corretto parlare di ‘saga’, è un fantasy che si compone di vari episodi. Ci soffermeremo in questa sede sul primo, Iskìda della terra di Nurak,32 nel quale emerge con forza il tratto di isola- mondo che stiamo qui analizzando. La trama verte su una guerra – frutto della fantasia dell’autore – fra i popoli coinvolti in una contesa per il dominio del suolo insulare. L’equilibrio di Nurak potrebbe però essere minacciato e, per impedire la guerra, i Clan convocano la Grande Assemblea. Iskìda, la protagonista, che sta terminando la sua formazione nell’arte della stregoneria, guidata da uno strano e ricorrente sogno, decide di darsi da fare per salvare la pace a Nurak. Una trama, dunque, piuttosto semplice, che ricalca i format fantasy più noti. Ciò che però capta la nostra attenzione è, come dicevamo, l’ambientazione. Come suggerito dalle prassi del genere, infatti, il mondo di Nurak è rappresentato all’interno del volume tramite una mappa che permetta al lettore di seguire in maniera più precisa lo svolgersi delle vicende. E la mappa altro non è che la cartina della Sardegna, ruotata in senso orizzontale (FIGURA 3). Ecco, dunque, un altro emblematico esempio di isola-mondo, i cui confini sono delimitati da un emblematico ‘Nulla Salato’.

3. L’isola attorno al mondo

Gli esempi riportati rimandano alla tradizione novecentesca di isola-mondo che abbiamo brevemente illustrato nell’introduzione. Infatti, seppur trovando modi alternativi ed originali e seppur riamalgamando degli immaginari tradizionali consolidati, i due giovanissimi autori ambientano le proprie vicende all’interno di un’isola che è il tutto e all’interno di un’isola che è volutamente un tutto. Il fatto poi di essere ‘giovanissimi’ – Tetti è dell’86, mentre Atzori dell’84 – ci dà un’importante chiave di lettura. Entrambi fanno infatti parte, anagraficamente parlando, della cosiddetta ‘generazione Erasmus’, che ha visto il mondo cambiare sotto la spinta della globalizzazione e l’Europa assestarsi come entità politico-economico-sociale di riferimento. Al mondo che cambia, dunque, Tetti e Atzori contrappongono un’immagine fissata nel tempo, solida ed eloquente, d’una terra robusta che parla di sé. Alla stessa generazione, però, appartengono anche degli autori che al contrario modificano completamente, all’interno della propria opera, la

32 ANDREA ATZORI, Iskìda della Terra di Nurak (Cagliari: Condaghes, 2012). Si noti, anche in questo caso, la denominazione della Sardegna con la celebre radice Nur e il conseguente inserimento nel flusso della tradizione. Sia nel suo caso che in quello di Tetti si veda il modello di SERGIO ATZENI, Passavamo sulla terra leggeri (Milano: Mondadori, 1996).

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FIGURA 3. La terra di Nurak, da Andrea Atzori, Iskìda della Terra di Nurak.

rappresentazione canonica della Sardegna. Gli esempi che potremmo citare sono, anche in questo caso, numerosi, ma abbiamo deciso di soffermarci su alcuni che riteniamo particolarmente rilevanti ai fini del nostro discorso33: Vita e morte di Ludovico Lauter, di Alessandro De Roma34; La stagione che verrà di Paola Soriga;35 Sardinia Blues di Flavio Soriga36. Vita e morte di Ludovico Lauter è la storia di Ettore Fossoli, biografo, che decide di scrivere un libro sulla vita del grande scrittore Ludovico Lauter, ripercorrendo tutte le tappe della sua esistenza. Il narratore si trova così a dover inseguire Lauter in giro per il mondo. Perché la grande novità è proprio questa: nato e morto in Sardegna, la vita di Ludovico si è svolta soprattutto fuori dall’isola, in spazi via via più lontani dalla terra natia. Lo scrittore, infatti, segue il successo e la notorietà che lo porteranno sino a New York. Le sue tappe sono numerose, e in ogni città dove risiede abbiamo una descrizione accurata dello spazio attorno a lui: Roma, Wiesbaden, Bologna, Milano, New York. La vita di

33 Si noti che le tre opere che stiamo prendendo in considerazione in questa fase sono le stesse già individuate da GIGLIOLA SULIS nel suo «Anche noi possiamo raccontare le nostre storie». Narrativa in Sardegna 1984-2015. 34 ALESSANDRO DE ROMA, Vita e morte di Ludovico Lauter (Nuoro: Il Maestrale, 2007). 35 PAOLA SORIGA, La stagione che verrà (Torino: Einaudi, 2015). 36 , Sardinia Blues (Milano: Bompiani, 2008).

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Ludovico Lauter si svolge su un mappamondo ben più vasto della Sardegna novecentesca. Lauter oltrepassa la barriera dello spazio con estrema facilità. La percezione stessa dello spazio-tempo diviene confusa, e questa confusione viene molto ben rappresentata da Giulia, la madre di Ludovico, che “dichiarava di scrivere da Cagliari, mentre nella lettera si parlava sicuramente di Roma, e lì, infatti, senza alcun dubbio, Giulia doveva trovarsi”.37 Per provare ad esemplificare i tragitti di Ludovico Lauter, ho cercato di tracciare una semplice mappa il cui fine è quello di visualizzare con immediatezza l’ampliamento di ambientazione del romanzo rispetto ai cronotopi che abbiamo visto costituire la norma della narrativa novecentesca sarda (FIGURA 4). È a questo punto necessario soffermarsi su un dettaglio importante: contrariamente a ciò che accadeva nel Novecento, dove i rari movimenti dall’isola erano generalmente definitivi e portavano con sé addii lacrimosi e descrizioni articolate dei viaggi stessi,38 nel volume di De Roma, come in molti della sua generazione, i momenti narrativi preposti al viaggio sono stati eliminati. Il viaggio non riserva più sorprese, è un momento della quotidianità che non merita alcuna menzione all’interno dell’impianto narrativo. Ecco che, dunque, prima si è in un luogo, poi nell’altro: il viaggio è semplice slittamento nello spazio. Lo stesso si può affermare per il romanzo di Paola Soriga, La stagione che verrà. Nell’opera tre amici, Dora, Matteo e Agata, vanno a vivere fuori dalla Sardegna per motivi di studio o di lavoro. Poi ritornano. Anche questi personaggi, come Ludovico Lauter, si muovono da una parte all’altra del pianeta, senza incontrare alcuna frontiera fisica o politica. Appartengono alla generazione Erasmus, che si muove in Europa con estrema facilità, ma arriva anche oltre, burattini di una precarietà esistenziale che li conduce però a continui nuovi inizi39 in sempre nuovi luoghi. La città di Cagliari, osservata dai tre ragazzi, in particolare da Dora, è letta all’insegna dei tre concetti di mobilità, identità e mancata unicità. È, infatti, una città vista non più nella sua chiusura ma nel suo essere parte di un insieme enorme, città come tante: “Vista dall’alto Cagliari somiglia anche a Barcellona, a Lisbona e a Genova, a Napoli e a Rio de Janeiro”.40 Una città in cui ci si muove, in una terra da cui si entra e si esce, in una perfetta interscambiabilità identitaria.

37 DE ROMA, Vita e morte di Ludovico Lauter, 227. 38 Ciò non vale solo per la Sardegna. Si pensi, giusto per citare un esempio celeberrimo, ai Malavoglia o a tutta la letteratura dell’emigrazione. 39 Cfr. ZYGMUNT BAUMAN, Vita Liquida (Roma-Bari: Laterza, 2008). 40 SORIGA, La stagione che verrà, 38.

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FIGURA 4. Nella mappa è rappresentata la sequenza di viaggi compiuti da Ludovico Lauter. La prima tappa è stata lo spostamento da Cagliari a Roma, da lì a Wiesbaden, poi il ritorno alla capitale. In seguito Bologna, Milano, New York, e, dopo un periodo di incertezze, lo ritroviamo prigioniero a Cala Liberotto, nella costa Ovest della Sardegna.

Il romanzo di Paola Soriga, infatti, punta a raccontarci ciò che si nasconde dietro il concetto di mobilità. Ci parla di identità, di radici e di innesti. Si veda, ad esempio, questa bella metafora sul finire del romanzo:

Sopra di loro uno stormo di fenicotteri, Dora dice: - Migrano, - ma Matteo dice: - No, non migrano, i fenicotteri di Cagliari, vanno da uno stagno all’altro ma non più lontano, uccelli migratori diventati stanziali, si vede che si sono trovati bene -. Le spiega anche che in sardo si chiamano sa genti arrubia, la gente rossa, chissà se proprio perché prima arrivavano da lontano, erano stràngiusu, stranieri, o per una specie di rispetto per questi animali così eleganti e belli.41

Anche i personaggi di Soriga, proprio come Ludovico Lauter, vanno da una parte all’altra, spinti non dall’ambizione, come nel caso di Ludovico, ma dalla precarietà della nostra epoca. Spinti, anche, dalla voglia di conoscere nuove realtà, che entrano a far parte della propria esistenza proprio al pari dell’isola (“Io sono tutte le persone che ho conosciuto. Sono tutte le storie che ho ascoltato, le case e le città che ho abitato”;42 “sono tutte le acque in cui ho nuotato a rana o a dorso, la sabbia in cui mi sono stesa ad asciugare”;43 “Sono

41 Ibid., 151-152. 42 Ibid., 5. 43 Ibid.,115.

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Carola Farci tutte le case in cui ho dormito anche una notte sola, i campeggi e i bed and breakfast; una villa a Maiorca in cui avevo fatto colazione sotto un portico ricoperto di gelsomino, caffè e ensaïmades; una trattoria sulla spiaggia in una caletta nella punta est di Sifnos, dove la signora che cucinava somigliava a mia nonna Patrizia; il cortile di una casa a Giannutri con un ginepro che aveva rami su cui ti potevi sedere a guardare il mare”).44 Vediamo, anche in questo caso, una mappa che ci possa aiutare a capire di quale entità parliamo (FIGURA 5). Nella mappa sono tracciati, infatti, i percorsi dei tre personaggi: in verde Agata, che dalla provincia di Cagliari va a studiare a Pavia e poi si trasferisce nel capoluogo sardo; Matteo in blu, il suo viaggio da Cagliari a Bologna per frequentare l’università, da Bologna a Berlino in cerca di fortuna, e poi a ritroso. E in rosso Dora, l’emblema di questa generazione precaria e di questa mobilità a trecentosessanta gradi. Dora che parte da Alghero, segue la famiglia in una cittadina vicina a Barcellona, studia nella stessa Barcellona, quindi a Pavia, si occupa di cooperazione internazionale in varie zone del mondo. Dora è l’esempio del superamento del concetto di isola- mondo, un continuo peregrinare da una parte all’altra, senza considerare un luogo più casa dell’altro. Infine, il romanzo di Flavio Soriga si discosta in parte dai precedenti in quanto ambientato soprattutto tra Londra e la Sardegna. Contrariamente ai personaggi già analizzati, infatti, i protagonisti di Sardinia Blues non si muovono da una parte all’altra del mondo in senso fisico – o, per lo meno, in misura minore rispetto ai loro colleghi -, ma lo fanno in senso astratto. Pani, Licheri e Corda vengono dalla periferia della Sardegna e sono trentenni disoccupati, che passano il tempo tra la discoteca e la messa a punto di piccoli furti. In comune hanno il loro amore per delle ballerine. Pani, narratore, è affetto da talassemia. Eppure, tra gli elementi salienti del testo spiccano i continui riferimenti che accomunano l’isola ad altre parti del mondo: “La Sardegna è il nostro Messico”;45 Sassari è “la nostra piccola cadente Buenos Aires”;46 Cagliari “la nostra piccola scintillante Los Angeles”47 Si aggiunga che la stessa malattia di Pani lo mette perennemente a contatto con l’altro, permettendogli, dunque, di travalicare continuamente i confini dell’isola pur senza muoversi. La talassemia viene infatti utilizzata come simbolo dell’identità complessa:48 “Ogni due

44 Ibid. 45 FLAVIO SORIGA, Sardinia Blues, 9. 46 Ibid., 13. 47 Ibid. 48 Su questo punto cfr. anche GIULIANA PIAS, Fra tropismo identitario e identità postmoderna, in CONTARINI, MARRAS, PIAS (eds.), L’identità sarda del XXI secolo, 118: “Figura principale di questa ‘mescolanza’ è Davide Pani, il protagonista ammalato di talassemia e costretto a cicliche trasfusioni

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FIGURA 5. La carta mostra gli spostamenti dei tre protagonisti de La stagione che verrà: in nero Agata, che dalla provincia di Cagliari si sposta a Pavia per studiare, e poi rientra nel capoluogo sardo; in blu Matteo che, partito da Cagliari, studia a Bologna, trascorre un breve periodo a Berlino, e poi procede a ritroso sino a tornare al punto di partenza; in rosso Dora che, dopo gli studi, si muove da una parte all’altra del globo per seguire i suoi progetti di lavoro.

settimane vado in ospedale a fare il pieno, seicento grammi di sangue di generosi sconosciuti di chissà quale etnia o credo o classe sociale o religione”.49 La trasfusione, fisica e metaforica, come epifenomeno della globalità. Una globalità in cui i tre personaggi di Flavio Soriga sono costantemente immersi, in uno sguardo rivolto al presente che avvolge tutto il globo e che tutto il globo mette sotto assedio e questiona senza sosta, Sardegna compresa:

di sangue che ne fanno l’esempio vivente della “contaminazione”, del passaggio, per così dire, da un sangue all’altro, con tutto il portato simbolico che questo può avere in riferimento all’identità”. 49 SORIGA, Sardinia Blues, 88.

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Ma te lo immagini cosa sarebbe potuto succedere, quali meravigliose conseguenze si sarebbero potute avere se una mente illuminata di quest’isola fosse andata a New York e avesse prelevato Warhol nei suoi anni migliori e l’avesse portato nel polveroso villaggio nuragico di Barumini e se quell’artista visionario avesse scattato una polaroid di quegli ammassi di pietra e ne avesse fatto un quadro pop con le strisciate di pennarello e le sovrapposizioni cromatiche e tutto? , te l’immagini quale presente vivo e reale avremmo potuto vivere noi se i nuraghe fossero finiti vicino ai saponi Brill e al dollaro americano e Marilyn Monroe e a Mick Jagger, se la nostra isola fosse stata conosciuta al mondo per la rivisitazione postmoderna del simbolo della nostra storia più remota?, altro che stare lì a piagnucolare per l’ignoranza del mondo rispetto ai nostri ammassi di pietra, altro che gridare all’ingiustizia per il fatto incontrovertibile e inevitabile che l’intero genere umano ci ignora e vuole continuare a ignorarci con grande tranquillità, ti immagini l’opera di BARUMINI VILLAGE in giro per le temporanee del mondo, ma ci pensi?.50

Nel romanzo di Soriga coesistono “la Sardegna arcaica e quella nuova”51 in una narrazione che rompe in maniera forte con l’auto-lamentazione che ha per soggetto e oggetto la Sardegna, con la ricerca di attenzione spesso degenerante in auto-esotismo. Parla sì della Sardegna, ma lo fa in modo concreto, sfilandosi dagli stereotipi, tanto da inserire, tra i suoi personaggi, quello di un pastore omosessuale che ribalta completamente i canoni virili a cui ci aveva abituati la letteratura novecentesca. Si noti poi il ruolo giocato dall’immaginario cinematografico e musicale, entrambi proiettati al di fuori dell’isola.52 Quella di Soriga è una Sardegna concreta, che potremmo definire ‘autentica’ se il termine non portasse con sé un dibattito troppo fitto: definiamola, dunque, reale, tangibile, in evoluzione. E, proprio per questa ragione, questa Sardegna si rivela aperta alle influenze esterne, diventando la scacchiera in cui si muovono tre ragazzi di provincia probabilmente più influenzati dai telefilm americani che dalle leggende del proprio paese. E il risultato è che “l’isola finisce per somigliare a tutte le periferie del mondo”.53 Soriga, che racconta un continuo passaggio dalla Sardegna all’Inghilterra e viceversa, apre infatti ad una realtà molto più ampia, che coinvolge un modus cogitandi oltre che un modus vivendi e, proprio per questo, mette in risalto la profondità del cambiamento avvenuto con la rappresentazione di questa nuova Sardegna: una Sardegna dinamica, una terra che cambia, un’isola che si muove e che rifiuta unicità posticce e stereotipate, per sentirsi parte di una condizione più vasta di “piccoli popoli periferici e ridicoli”.54 E il suo, come quello di Paola

50 Ibid., 42-43. 51 SIMONA SANNA, Fra isola e mondo. Letteratura, storia e società nella Sardegna contemporanea (Cagliari: CUEC, 2008) 135. 52 Cfr. SANNA, Fra isola e mondo. 53 Ibid., 11. 54 SORIGA, Sardinia Blues, 123.

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DALL’ISOLA AL MONDO. PROVE DI IDENTITÀ COMPLESSA NELLA LETTERATURA SARDA Soriga e Alessandro De Roma, è un romanzo che racconta il punto di vista di un “ex Erasmus e apolide entusiasta”,55 e lo fa con leggerezza, senza prendersi sul serio. Come scrive Simonetta Sanna, “la sua [quella di Flavio Soriga] sarà una nuova modalità, nata dal confronto con l’altro che è dentro di noi, di servare fedeltà alla Sardegna, se, quando e come si vorrà. Una modalità indipendente dal nostro eterno romanzo familiare, dal cerchio fatale del riconoscimento di sé quale risultato del rispecchiamento negli occhi della comunità isolana”.56

4. Timide conclusioni

Come indicato in apertura, questo studio è solo una prima parte di un lavoro più ampio, inquadrato all’interno del mio progetto di ricerca. Le sue conclusioni sono, dunque, ancora provvisorie. Ci sembra però di poter già avanzare alcune considerazioni. La prima e la più importante concerne la diversificazione – tematica, spaziale, policromatica – nel racconto della Sardegna. Ci siamo trovati di fronte a due tendenze estremamente differenti, tanto da incarnare due poli opposti: una di rinnovamento del materiale tradizionale identitario, l’altra di superamento dello stesso. Nel primo caso, abbiamo osservato nuovi modi di mettere al centro la rappresentazione della Sardegna. Nel secondo emerge un mondo che si estende infinitamente e indefinitamente oltre la barriera del mare. Su quest’ultimo vorrei soffermare la mia attenzione in queste riflessioni conclusive. Se durante tutto il Novecento si è evidenziata una pressoché unanimità nel legame tra testo e isola, oggi assistiamo all’emergere di una nuova e importante tendenza che stravolge il sentimento identitario e porta ad una “sostituzione dell’endemico vittimismo con un nuovo e positivo protagonismo, aperto alla dialettica della comunicazione e alla continua ridiscussione della propria identità sarda”, che “ha indubbiamente consentito […] di restituire all’isola una rinnovata dignità di soggetto. Essi hanno saputo superare non solo il vecchio manicheismo interno, di matrice ‘indigenista’, che opponeva il mondo periferico al mondo ‘primo’, ma anche il portato degli sguardi esotizzanti provenienti dall’esterno”.57 O, come ricorda Virdis: “guardare ai tempi più

55 Ibid., 11. 56 SANNA, Fra isola e mondo, 140. 57 CONTARINI, MARRAS, PIAS, Introduzione, in CONTARINI, MARRAS, PIAS, (eds.), L’identità sarda del XXI secolo, 12. Si noti che le studiose si riferiscono in particolare agli autori di spicco a cavallo tra gli ultimi anni del Novecento e primi anni Duemila: Angioni, Atzeni, Fois in primis. Le considerazioni presenti non solo nell’introduzione ma in tutto il volume, vanno nella stessa direzione di questo studio

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Carola Farci recenti in relazione all’immagine che i Sardi danno di se stessi, significa rendersi conto che si è usciti da uno stereotipo a lungo durato, da una prospettiva di esotismo tanto interno quanto esterno, e che molte polemiche ha generato. Quello di una Sardegna antica arcaica appartata quasi residuale, miracolo della storia da cui non sarebbe neppure stata toccata, e pertanto fascinosa e affascinante: una sorta di mondo distaccato, primitivo, resistente”.58 Per concludere è dunque fondamentale sottolineare la rottura netta che si è verificata rispetto al secolo scorso. Il passaggio qui evidenziato dall’isola-mondo al mondo intorno all’isola, che coinvolge un numero importante di romanzi contemporanei, è un cambiamento di importanza e interesse rilevanti. Queste nuove narrazioni superano la centricità dell’isola per abbracciare un arco spaziale più vasto, portandoci conseguentemente a riflettere su vari aspetti della nostra società attuale. Ripensiamo alle affermazioni di Rudas, ripensiamo a quelle di Marci: si staglia qualcos’altro, oltre l’isola, e questo nuovo orizzonte chiama in causa non solo nuovi protagonisti a livello narrativo e nuove dinamiche identitarie, ma anche nuovi sguardi da parte del lettore. Soprattutto, una nuova postura da parte di chi scrive, che si affranca a una visione totalizzante del tema ‘Sardegna’ per inserirsi in una dimensione più vasta e meno esclusiva. È sempre Marci a definire la tematica sarda come uno dei caratteri fondanti la letteratura isolana: “il secondo carattere59 che distingue la nostra produzione è quello relativo alla tematica sarda. Intendo con questa espressione riferirmi al topos rappresentato dalla descrizione di un paesaggio fisico, antropologico e morale che finisce con l’essere un vero e proprio protagonista nelle opere della letteratura sarda. Il fenomeno caratterizza la nostra scrittura da almeno quattro secoli”.60 Ed effettivamente il carattere persiste. I romanzi qui presi in considerazione si aprono sì al mondo, ma sempre partendo e tornando in Sardegna. La Sardegna rimane uno dei poli della narrazione61 ed è questo che, più di tutto, racconta il percorso compiuto dagli autori presi in esame. Non orfani di identità da rivendicare, ma aperti ad una contaminazione, ad una creolità endemica e persistente.62 Perché è questo che cambia davvero: l’isola non è più sola. e costituiscono un interessante approfondimento sulle trasformazioni letterarie e identitarie degli ultimi anni. 58 MAURIZIO VIRDIS, Prospettive identitarie in Sardegna: fra lingua e letteratura, in CONTARINI, MARRAS, PIAS (eds.), L’identità sarda del XXI secolo, 31. 59 Il primo è la complessità linguistica. Cfr. MARCI, Narrativa sarda del Novecento. 60 Ibid., 13. 61 Questo vale in maniera diffusa, ancora oggi. Fa eccezione Nicola Lecca, che ambienta i propri romanzi in vari luoghi d’Europa ma non in Sardegna. 62 Cfr. a questo proposito ÉDOUARD GLISSANT, Introduction à une poétique du divers (Parigi: Galimard, 1996).

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DALL’ISOLA AL MONDO. PROVE DI IDENTITÀ COMPLESSA NELLA LETTERATURA SARDA I romanzi che raccontano di un mondo che gira intorno alla Sardegna ci parlano con forza di ibridazione e mescolanza. Raccontano di genti che si incontrano e uniscono e di identità che cambiano. Testimoniano la voglia di lasciarsi alle spalle la tradizione, una tradizione Sardegnocentrica dove il legame tra terra e autore risulta indissolubile. Infine, una nuova rappresentazione della forma isola, che si trova non più isolata e mondo a parte, ma al centro di una fitta rete di movimenti e relazioni sociali. A ciò aggiungiamo anche, come già messo in luce, la perdita del viaggio a livello narrativo: un momento di cui si può fare a meno, che non racconta più nulla e che ci dice di quanto ingombrante sia, all’interno della quotidianità, lo spostamento da un luogo all’altro, in conformità con un senso di continuità identitario: i personaggi sono pronti a mettersi in gioco, a domandarsi chi sono e da dove vengono, stavolta con risposte non più scontate e non più confinate a un lembo di terra in mezzo al mare. È giunto, dunque, il momento di sollevare domande. Di chiedersi se ancora le etichette che abbiamo utilizzato per secoli per descrivere la Sardegna possono continuare ad essere utilizzate ora che il mondo viaggia a velocità vertiginose, ora che mentre scrivo sono arrivate delle imbarcazioni di fortuna dal Nord Africa, e chi c’era sopra ed è sopravvissuto al mare, al “nulla salato” come direbbe Atzori, è diventato anche lui, adesso Sardegna, come Sardegna è chi è tornato a casa dopo degli anni passati a lavorare altrove, e Sardegna è chi è fuori ma viaggia continuamente, fa il pendolare tra l’isola e il continente, dove il termine ‘continente’ è qui usato in senso proprio, e non nell’accezione tutta isolana di ‘Italia’. Una Sardegna in continuo mescolamento, continuo cambiamento, dove il viaggio non esiste più, dove il mare non esiste più, dove, dunque, è bene chiedersi se ancora esista l’isola. E, con questa provocazione, è possibile concludere.

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About the author

Carola Farci (1989) si laurea a Pisa in Lingua e Letteratura Italiana e in Letterature e Filologie Europee. Consegue poi un Master in Estudios Literarios all’Universidad Complutense de Madrid e, tornata a Cagliari, si abilita all’insegnamento delle materie letterarie nelle scuole di secondo grado. Ha pubblicato articoli su Italo Svevo, Carmen Martín Gaite, Sergio Atzeni e si è occupata di didattica della letteratura. Al momento svolge un dottorato di ricerca in letterature comparate presso l’Università degli Studi di Padova, in cotutela con l’Université de Limoges.

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