Anno XXXVI, n. 2 BIBLIOTECA DI RIVISTA DI STUDI ITALIANI Agosto 2018 Tutti i diritti riservati. © 1983 Rivista di Studi Italiani ISSN 1916 - 5412 Rivista di Studi Italiani (Toronto, Canada: in v ersione cartacea fino al 2004, online dal 2005)

PROSE NOVECENTESCHE DEL PROFONDO

IL PUNTILLO DI CARLO BERNARI PROTAGONISTA DEL SOTTOSUOLO DI NAPOLI

ENRICO BERNARD Trogen, CH

Riassunto: La Napoli sotterranea, un mondo che si muove nell’ombra tra affari malavitosi e criminalità, e dove la ragione uman a si perde tra grotte e caverne in cui pulsa il vero cuore e il sistema arterioso di Gomorra, trova nel romanzo di Bernari Era l’anno del sole quieto una rappresentazione attualissima pe r la comprensione dei paradossi e contraddizioni apparentemente inspie gabili della città .

Keywords: Napoli, Gom orra, ‘mondo di mezzo’, camorra

Abstract: ’ underground , a world that moves in the shadow of illicit business and criminal activities , and where human reason gets lost am idst the myriad of caves and caver ns that make up the very heart and pulse of Gomorrah, is a world that finds in Carlo Bernari’s Era l’anno del sole quieto a most current rappresentation of the paradoxes and the contradictions of a city, which, on the surface, seem to defy a plausible expl anation.

Keywords: Napoli, Gomorra, ‘mondo di mezzo’, camorra

apoli, soprattutto a partire da Tre operai di Carlo Bernari del 1934 che ha contribuito alla demistificazione dell’immaginario idilliaco e N paesaggistico da car t olina trasferendo la citt à e la sua letteratura in un contesto nazionale e non più regionalistico - campanilistico, è diventata negli 256 ENRICO BERNARD ultimi tempi il conte sto , quasi ideale a causa delle sue contraddizioni , per la narrazione di molti mali della Gomorra italiana, non solo partenopea. La maggior parte della letteratura contemporanea ha per ò svolto quasi costantemente le sue osservazioni in una dimensione di superficie: da Le mani sulla citt à di Francesco Rosi alle narrazioni di Saviano, la speculazione edilizia, il malaffare, la camorr a, hanno ricevuto un’attenzione rel a tivamente alle zone di sopra della citt à , ai q uartieri malfamati o degradati senza approfondirne il substrato sotterraneo: il cosiddetto Mondo di Sotto . Tuttavia questi sforzi di descrizione dei fenomeni delittuosi e cor ruttivi raramente sono scesi in quel sottosuolo delle anime e in quel substrato della citt à , nel le sue viscere infu o cate come un inferno dantesco, che sono le cavit à su cui Napoli è costruita , in modo per ò sempre pericolante e fatiscente per una sorta di c orrosione interiore . Bernari, n elle opere narrative che seguono Tre operai, si è invece calato in questa dimensione sotterranea e sottotraccia della sua citt à creando addirittu ra un personaggio - simbolo, tal Puntillo , l’ineffabile factotum di Era l’anno del sole quieto , de l l’oscuro e virulento humus che da sottoterra gestisce e amministra il cosiddetto Mondo di Sopra .

Il sottosuolo di una citt à è bidirezionale , si pu ò scendere ma si pu ò anche salire. Nella rappresentazione letteraria di Bernari, Napoli assu rge a mito narrativo proprio per la sua doppia dimensione e direzion e : ora verso gli inferi, buio e notte come sostiene Eduardo in Napoli milionaria, ora verso la volta celeste del Ges ú fate luce! di Domenico Rea . Nella raccolta di saggi bernariani Non get tate via la scala questa d uplice possibilit à di salita e discesa, di doppia interpretazione del reale , nella considerazione che vi è sempre una seconda verità sotto la realt à narrat iva, è esplicita fin d al titolo. Rocco Capozzi, in Bernari tra fantasia e r ealtà, ha spiegato la visione del mondo dello scrittore napoletano come ‘ letta ’ attraverso un foro. Il riferimento è al romanzo di Bernari Un foro nel parabrezza, un giallo letterario del 1971 ove il protagonista si trova di fronte al mistero di un’automob ile col parabrezza forato da un proiettile, foro attraverso il quale scopre una veri tà alternativa che muta il suo atteggiamento nei confronti della quotidianità. In questo caso il “foro nel parabrezza” di Bernari permette un approfondimento cognitivo del reale in una dimensione orizzontale, come un cannocchiale che evidenzia particolari apparentemente poco significativi. Vedremo tra poco come il ‘ foro ’ di Bernari si trasformi nella sua opera anche verticalmente come discesa nei meandri del reale. Lo scrit tore ha infatti il potere di elevarsi al di sopra della realt à ma ha anche il dovere di mantenere un rapporto con essa, di poter discendere dalla foresta fantastica del calviniano Barone rampante per tornare gi ù a posare i piedi per terra e accollarsi il p eso della verit à . Il compito dello scrittore sta allora proprio in questa funzione dostojevskjana di scopritore e cacciatore di

257 IL PUNTILLO DI CARLO BERNARI PROTAGONISTA DEL SOTTOSUOLO DI NAPOLI verit à nascoste e del sottosuolo umano – ancorché sociale e topografico – da esplorare. Il tema della salita (e della discesa) rappresenta un a chiave di lettura nella poetica di Bernari. In una poesia dal titolo altrettanto emblematico ( Napule è tutta rampe) descrive cos ì la sua Napoli come un percorso as pro con una vetta da raggiungere o un sottofondo in cui calarsi , ovvero un ab isso ove sprofondare inesorabilmente .

Napule è tutta rampe, scalinate, scale, gradune, grade, gradiatelle, sagliute, scese, cupe, calate, vicule ’e coppa, ’ e sotto, viculille, vicule stuorte, vicule cecate. E song ’ ’ a centenare ’ e vicule ca nun spon tano, o c ’ ’o purtone ’ nfunno a spuntatora. (Bernari 26 cose in versi 63 )

Si tratta dunque di un labirinto a salire o a scendere con i ‘ vicoli cecati ’ che non spuntano da nessuna parte mentre chi li percorre è animato da sentimenti contrastanti .

Allèro o disperato, tu saglie sempre a Napule; fai na rampa, n’ ata, po ’ n ’a ta ancora ca te leva ’ o sciato. Jastimme e cunte ’ e grare, e ghiastemmanno sempe Napule a vide crescere tra rampa e rampa tanta filèr ’ ’ e panne spase, una culata ’ e case.

’ O mar e se fa cielo attuorn ’ ’ a sti pprete appese ca dirupano, una fiumara ’ e strade. Sott’ ’ o sole ca coce nun scuorge cchiù nu viculo, na grara, na calata, nu vico st uorto, nu viculo cecato: ’ e vvie sò tutt ’ ’ e stesse, mez’ ombra e meza luce, 258 ENRICO BERNARD

e ogni tan to na voce, o nu tramme sulagno ca saglienno saglienno allimma ’ e cchiaste int ’ ’ e vutate mettenno luntananza fra nu balcone e n’ ato. ( 63 )

Infatti la salita, tra le scintill e delle rotaie del tram solitario in curva, si tra sforma in una calata vers o gli inferi di una realt à per niente paradisiaca, anzi cupa e minacciosa.

Ma chesto che vo ’ dì, si Napule è tutta na sagliuta, tutta gradinate, vicule muorte, viche ca nun spontano, vicule stuorte, vicule cecate? E ’ o sole, sì, se ferma for’ ’ e cc ase, ma resta semp ’ ’ a fora, e si pe poco ce trase, rimane affà curnice, pecche nun se po’ ’ mpezzà mmiez ’ ’ a sti porte nere.

E c ’ adda i ’ a vede? chi more, chi figlia, chi se ’ nzora, senza nu matarazzo, senza nu cuscino, pe’ terra, ’mmocc’ ’ a port a, oppure sott ’ ’ a n ’ àndito, o arèto a nu cummò ca fa parete, tra gamme e scarpe ca strusciano e s ’ entroppano, tra tutte chesti vocche ca strillano, si magnano quanno magnano; si dormono quanno dormeno; pecchè allucca e smania, e maje trov ’ arrici etto chi nun tene nu lietto, e chi maje nun mett ’ nzieme nu muorz ’ ’ e pane e pace; ch ’ è peggio e nun tené 259 IL PUNTILLO DI CARLO BERNARI PROTAGONISTA DEL SOTTOSUOLO DI NAPOLI

cielo ’ a vedé e terra ’ a cammenà . (64)

La rappresentazione della realt à , in poesi a come nella narrativa , è sempre per Bernari condizionata da una discesa verso il “ basso”, nella pancia della realt à – paradossalmente anche quando si sale per quella fatidica scala verso l’alto e la luce del vero che è la letteratura. Conviene citare una riflessione di Bernari da Il paese delle anime , composto nel 1948 e inserito nella raccolta di saggi Non gettat e via la scala . In queste pagine Bernari spiega la sua intenzione di narrare un’altra Napoli, sommersa e segreta, sotterranea e cupa, ben distinta da quella ‘ superficiale ’ della citt à - cartolina:

Mi er o proposto di elevare la mia città a modello di vita spirituale come Mann fece per la sua Lubecca, quando tornò dopo molti anni nella città natale, e mi accorgo invece, che, più vado frugando in quei “ frementi legami” che mi tennero avvinto a Napoli, e pi ù scopro insidie e inganni . Se Napoli non rappresentò per me l’ideale “ paese dell’anima” fu perché proprio in quanto tale essa era stata deflorata da un’altra letteratura e da un’altra pittura; quindi poteva tutt’al pi ù presentarsi come “ paese delle anime” per quel poco e molto che altri avevano deposto artisticamente nella sua realtà. (205)

Poi si sofferma su alcuni rischi da affrontare parlando di Napoli:

Di quanta e quale tragicità fosse intrisa l’allegria del mio paese e come fitta di “ ombre poetich e” fosse la foresta che cintava la sua realtà, non starò a ripetere; basti qui accennarvi per dire dei rischi da superare prima di poter stabilire un rapporto con un mondo apparentemente facile e disponibile. Proprio perché invece di offrirsi nella sua imm ediatezza oggettiva si è sempre presentato nelle pi ù lusinghevoli manipolazioni artistiche, nelle adulterazioni pi ù sfacciate del comico e del melodram m a. Ecco, essa era per me un museo, un libro; andava visitata e letta; ma io dovevo esserne non solamente il visitatore e il lettore, ma il conservatore, l’ordinatore, il protagonista. Il problema era come porsi in essa e non di fronte ad essa: esserne in qualche modo il riform atore. (Bernari Non gettate via la scala 215)

Bernari si auto assegna dunque un compito delicatissimo che presuppone un ‘ calarsi ’ nella citt à alla ricerca, sotto la patina della superficie pittoresca e solare, da cartolina, alla ricerca di tutte le zone d’ombra e di buio che qualsiasi 260 ENRICO BERNARD opera ‘ riformatrice ’ non pu ò prescindere dal ce rcare di scandagliare per renderle manifeste per una possibile presa di coscienza . La narrativa di Bernari si muove cos ì su un piano orizzontale nella ricerca della luce per rischiarare le zone d’ombra, e in un altro piano verticale, nel sottosuolo della c itt à dove si annida la tenebra più insidiosa, quella del traffico illecito, del malaffare. Se dunque la superficie pu ò essere oscurata e nuvolosa come in Tre operai del 1934 oppure luminosa e foriera di speranza come in Speranzella del 1949 , le invisibili cavità, i vuoti delle caverne sotto strade e palazzi rappresentano appunto quella seconda realtà invisibile che governa, condiziona e incancrenisce di mefitiche metastasi la vita. Non si tratta di una visione meramente letteraria, poiché Napoli è eff ettivamente posata su degli spazi vuoti che nascondono la verità, ovvero la inghiottono , o per risputarla fuori sotto le mentite spoglie del paradosso e del grottesco, amplificandole come una cavernosa cassa armonica; o ppure facendol a sparire come i corpi dei morti ammazzati nei regolamenti di conti. Nel programma di Rai Tre Un autore, una città Bernari parla di questa dimensione sotterranea di Napoli:

Bisogna considerare che Napoli è una grande cassa armonica perché è costruita su caverne. Si è tentata pe rsino una mappa di questo suolo cavernoso. Furono costruite delle barriere perché altrimenti dal corso Vittorio Emanuele si sarebbe potuto arrivare al porto per vie sotterranee, con quanta sicurezza per gli abitanti di sopra è facile immaginare! E quanti d elitti si sono consumati in queste caverne, quante sfide mortali, quanta gente è scomparsa in queste sfide tra guapperie in lotta. È questo vuoto che c’è sotto che fa risuonare Napoli in modo eccezionale rispetto ad altre città. (Bernari in Benassi 51)

Il sottosuolo di Napoli, che rappresenta una forma di città sotterranea con le sue regole, i suoi abitanti, il suo ‘ traffico ’ di affari e camorrie varie, insomma una città sotto la città che ne condensa e nasconde anche il cuore pulsante sia pur segreto, occ ulto, diventa protagonista del romanzo di Bernari Era l’anno del sole quieto (1964) Il ‘sole quieto’ è un fenomeno astronomico di cui si intuisce facilmente la natura: un innocuo e momentaneo indebolimento ciclico delle radiazioni solari che, però, evoca n ella fantasia umana ancestrali paure di eclisse perenne e di spegnimento della luce – anche di quella immaginaria della ragione. Se la luce svanisce o si affievol isce viene ad eclissarsi anche la verità che è dunque percepita come l’ombra proiettata sul fo ndo della caverna platonica: inconoscibile e pertanto spaventosa. Di qui la missione dello scrittore di risalire dalla realtà fittizia e menzognera dell’ombra alla verità.

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L’anno del sole quieto è un titolo un po’ emblematico, ma esso si riferiva a quell ’anno, proprio il 1964, che fu della massima quiete della corona solare. Sotto questo emblema della corona solare quieta si svolgono le cose più inquiete e più inquietanti di questo nostro angolo della terra. Ecco, questo può essere uno degli esempi del so ttosuolo di Napoli, pieno di caverne. (Bernari in Benassi 49) Per spiegare questa mission dello scrittore Bernari premette al suo romanzo una dichiarazione d’intenti che sgombra il campo da ogni dubbio:

Persuaso che ogni romanzo è una menzogna alla ricerc a della verità, l’autore ne ha raccolte a dozzine e le ha disseminate in queste pagine, attribuendole a personaggi immaginari e a fatti ed ambient i puramente fantastici. (Bernari Era l ’anno del sole quieto 10)

Bernari adotta un’inversione di senso, uno s cambio ‘ ideologico ’ tra menzogna e verità. La premessa del romanzo è , di per s é , piuttosto enigmatica se si pensa che il termine ‘ dozzina ’ pu ò riferirsi sintatticamente sia alla verità che alla menzogna. Un paradosso che non viene risolto né, tantomeno, an nullato dalla conclusione apparentemente lapidaria, ma talmente esplicita da rafforzare il dubbio: “ Vana risulterà quindi ogni ricerca mirante a stabilire la fondatezza di questo o quell’altro episodio narrato” ( 10) . L’ incipit del romanzo di Bernari si apr e col difficile risveglio in una stanza d’albergo del protagonista, il professor Orlando Rughi, il quale viene subito a trovarsi col problema della luce negli occhi e quindi con una realtà alterata dal passaggio dall’oscurità al giorno. Ma una volta inizia ta la sua odissea quotidiana alla ricerca di una soluzione – figuriamoci, nella giungla del meridione italiano! – per la sua iniziativa imprenditoriale, apprende che la luce del giorno è come incupita dal fenomeno solare:

Che non fosse un sole qualunque, lo sapevo; approssimandosi l’anno astronomico del sole quieto, se ne era parlato a lungo; che fosse già iniziato, dovevo apprenderlo dal giornale [ … ]. (Bernari Era l ’anno del sole quieto 12)

E ancora: “Il sole quieto era già alto, inguardabile” (13). Conseguentemente la sua impresa sarà segnata da questa cattiva stella che brilla come un cattivo auspicio per la riuscita onesta in quel mondo sommerso di corruzione e malaffare. Comincia allora per il professor Orlando Rughi la discesa agli inferi, n ei meandri della città per espletare un tentativo di concussione. Per ottenere permessi e finanziamenti deve incontrare un personaggio dedito alla spartizione delle tangenti, tale Puntillo, che riceve appunto nel sottosuolo di 262 ENRICO BERNARD

Napoli, cui si accede scenden do dal chiaro - scuro della realtà orizzontale – in cui luce e ombra, verit à e menzogna si contrastano – al buio del sotterfugio e dell’inganno: una discesa verso il basso, insomma un passaggio dal sopra al sotto, dal giorno della coscienza alla notte dell’e tica e della morale, che racchiude tutte le bassezze e nefandezze umane:

Porta vera e propria non era: bensì un portello sghembo che si apriva nell’arco di un portone tarlato e sconnesso, a incorniciare una figura abbacinata dall’intensa luce. La penombra da cui proveniva sembrava averla ridotta a nebbia che si ritrovasse ora, nel sole, una nuova corposità; e quasi stentasse a modularsi in una consistenza fisica . [...] Non mi seguì subito, si fermò sulla soglia, assetato di luce […] . ( Bernari Era l ’anno d el sole quieto 14)

Tra il protagonista del romanzo, proveniente dalla realtà orizzontale, e il guardiano dell’abisso che si muove in verticale, dal buio alla luce e viceversa, si viene così a creare una dialettica o meglio un contrasto come tra due entità , appunto contrapposte e dialettiche:

[…] ridiscese ancora un gradino della sua umanità depressa, incapace di adattarsi all’ambiente […] . Questi denti! Che dolore. È l’umidità. Perciò copritevi ché qui l’umido non perdona […] . Se nel frattempo volete farv i un giro per le grotte, fate pure. Io vi accompagnerei volentieri, ma non posso allontanarmi dal portone. (14)

Guardiano di un inferno disumanizzante, il Caronte del romanzo di Bernari ha assorbito ogni sorta di depravazione e abiezione che gli si è attaccata addosso come l’umido trasudato dalle pareti della grotta, fino a devastarlo anche nel fisico:

Quante allusioni alla fatica, alla pazienza, alla rassegnazione del decadimento, lungo la scala dei valori umani, debbo raccogliere fra le rughe dell a sua voce, dei suoi sguardi, prima ancora che tra le rughe del suo volto precocemente invecchiato […] . Ma la cosa immonda era proprio lui che mi fronteggiava, mentre io, che pure gli assomigliavo nelle forme esteriori, dovevo scendere a quattro a quattro i gradini di quella sua sommessa umiltà per fingermi un istante alla pari e conquistarne la fiducia. (Bernari, Era l ’anno del sole quieto 15)

L’universo buio in cui è sprofondato il professor Orlando Rughi per un appuntamento con l’evanescente e f antasmag orico Puntillo (del quale Bernari stesso nell ’intervista citata ad Anna Benassi svel a, come si vedrà tra poco, la vera natura) è pieno di insidie e necessita di una flebile luce per non 263 IL PUNTILLO DI CARLO BERNARI PROTAGONISTA DEL SOTTOSUOLO DI NAPOLI inciamparvi – si tratta di una metafora – e restarvi vittima: “Il risu ltato fu una torcia elettrica che egli mi offrì di slancio: può esservi utile. Come v’inoltrate, con tutte le luci che posso accendervi, non vedete i vostri piedi. Ed è pericoloso. Un trabocchetto dopo l’altro” (15). L’inferno in cui si addentra il pe rsonaggio di Bernari è chiaramente un luogo demoniaco e di espiazione:

Potevo dunque assembrare libere immagini, per stabilire un contatto fantastico con la realtà che mi circondava e che faticavo a scandire dal buio e dalle coltri nebbiose e affumicate: fucina di Vulcano, grotta magica di Virgilio, carceri del Piranesi, cercavo un titolo plausibile da collocare sotto quelle visioni di carrucole, di argani e paranchi, da cui pendevano catene e crogiuoli, davanti a una serie di forni verticali da poco smura ti, o sopra fosse orizzontali, per le grandi fusioni , scavate nella terra. (Bernari Era l ’anno del sole quieto 16)

Di quali peccati sia saturo l’ambiente non può più rimanere un mistero:

Certamente un’idea da miliardi deve aver spinto Puntillo in qu esta direzione; un’idea da miliardi, mi ripetevo, dev’essere sepolta come un tesoro sotto questi detriti di cera, di refrattari, di legna, che ingombrano le grotte dell’antica fonderia. (16)

Immerso in questi pensieri ecco il primo pericolo, se non f osse per la voce del Guardiano che: “ dall’atrio mi richiamò proprio mentre stavo per porre il piede in fallo nel primo trabocchetto: che ve l’ho data a fare la torcia, se neppure l’accendete? ” (17) Una luce che non rischiara quella emanata dalla torcia fornita dal Guardiano, ma che invece getta ancora più ombre spaventose d’intorno:

[…] l’intera prospettiva delle grotte mi si svelò in un sussulto di luci e di ombre . […] L’insieme non era privo di una tetra suggestione; sicché la mente si rifiutava di a ssoggettare quell’orrida visione a un ordine meccanico razionale […]. (17)

Di girone in girone l’inferno si amplia a dismisura:

Con la torcia andavo frattanto illuminandomi il cammino, che, superate le grandi fosse dei forni interrati, si restrinse ad un a pista di terra battuta fra due fila di calchi di gesso che si moltiplicavano via via. Invadendo nel loro apparente disordine le caverne che si aprivano sui

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due lati della grotta centrale, simili a sepolcreti paleocristiani. (Bernari Era l ’anno del sole q uieto 8)

Ogni inferno che si rispetti presenta però anche un lato tragicamente farsesco e grottesco, come vuole quel drammaticamente attuale Mondo di Mezzo della mafia e della corruzione che entra anche nei meccanismi di produzione della cultura e dello s pettacolo 1 : “ Il cono di luce della torcia saltella ora impaziente da una statua all’altra illuminando a mucchi eresie, rivoluzioni, inquisizioni, restaurazioni, libero pensiero, trionfo della ragione e sanfedismo […] ” ( 18) . Dal fondo della caverna emergono infatti gruppi di busti di statue, residui di costumi teatra li, drappeggi e ammennicoli var i, tutto un repertorio di retorica accumulata nei secoli dalla civilt à e con essa sepolta.

Via via che la statuaria, da classica e neoclassica si fa naturalistica , i gesti si ripetono con monoto na frequenza, mentre i paludamenti decadono alla monumentalit à d a c imitero per uomini illustri o da villa comunale: al vacuo pettegolio sul volto umano si aggiunge una meschina rifinitura di palandrane e panciotti a quattro e a sette bottoni, di risvolti ai pantaloni cascanti sopra mastodontiche scarpe con fibbie, asole e stringhe […] , un’oggettivit à umiliata in quella sua prigione di gesso. (Bernari Era l ’anno del sole quieto 19)

Come si pu ò facilmente desumere il Mondo di Sotto descritto da Bernari è in stretto collegamento , direi osmosi, col Mondo di Sopra t ramite la via di comunicazione delle scale ( a scendere o salire da o verso la realt à alla luce del sole). Un a zona neutra dunque , che rappresenta a sua volta quel M ondo di Mezzo , tra luce ed ombra, incarnato dal Guardiano. Si spiega infatti da sé come il bassofondo della realt à funga da discarica e raccolga tutto quello che in esso precipita o vi viene gettato dall’ alto sotto forma di rifiuto, residuo o sopravanzo cu lturale, ideologico, storico e sociale. Meno chiara potrebbe per ò apparire la funzione del Guardiano di questi spazii sottostanti alla citt à : a che pro una guardiania di ci ò che apparentemente non sembra rappresentare alcun interesse economico o commercial e, tantomeno ideologico o cult u rale, per il Mondo di Sopra ? I motivi fondamental i sono due, il primo legato alle attivit à illecite, malavitose, segrete che si svolgono in questi meandri al riparo da occhi ed orecchie indiscrete . D’altra parte in questo abi sso si calano – e si sporcano di fango morale – anche le attivit à apparentemente lecite, ma cariche di segreto malaffare, che si svolgono in superficie. La principale di queste furfanterie è la speculazione edilizia che non comincia dal terreno edificabile ,

1 Per questo fenomeno cfr. Enrico Bernard, Le mani sulla cultura .

265 IL PUNTILLO DI CARLO BERNARI PROTAGONISTA DEL SOTTOSUOLO DI NAPOLI ma dagli spazi vuoti sottostanti da fortificare per potervi gettare le fondamenta di ci ò che si vuole costruire appunto sopra di essi . Nel romanz o di Bernari è Puntillo il fac totum , l’intermediario tra i due mondi delegato a concludere gli affari, più meno leciti, tra di essi. Bernari così illustra il paradosso del suo stupendo romanzo Era l’anno del sole quieto , per altro coevo ( escono infatti contemporaneamente , e non è un caso ) de La speculazione edilizia di Calvino:

L’esistenza di questa rete d i grotte sotterranee ci fa rendere conto a quali rischi è andata incontro la citt à per la speculazione edilizia che si è sviluppata al di sopra dei vuoti, sulle colline, e ci fa capire il perché delle frane continue. Sono centinaia le caverne che, attraver sando il corpo di Napoli, formano nel sottosuolo un’estesa rete di vuoti per cui senza il loro possesso non si pu ò costruire di sopra, sulle colline, perché naturalmente le colline franerebbero. La grande speculazione si è stabilita non per il possesso dei suoli edificabili, ma per i sottosuoli. Insomma si vendevano e si compravano i vuoti . ( Bernari in Benassi 48)

A questo punto Bernari introduce il suo fantomatico protagonista invisibile e introvabile ma sempre presente – Nanni Loy vi si ispir ò per i l suo Picone – in tutti i traffici: Puntillo. Prosegue così Bernari:

Il deus ex machina di questa speculazione lo chiamai Puntillo proprio perché è qui, l ì in ogni luogo, e non è mai dove dovrebbe trovarsi. È un personaggio che esiste, che sta in ogni luo go per ò non si trova mai: non solo in modo diciamo emblematico, ma fisicamente: perché è presente in tutti gli affari che riguardano il sottosuolo di Napoli. Qui non vende né compra, è intermediario tra chi vuole acquistare non un suolo per edificare, ma u n sottosuolo da rinforzare per accaparrarsi il suolo sovrastante su cui edificare. Quindi, come ho detto, commercia dei vuoti. ( Bernari in Benassi 49)

Un sottosuolo dunque amministrato da un ineffabile affarista del quale Bernari non pu ò alla fine neg are l’emblematicit à letteraria: “ Quale figura più enigmatica e introvabile di lui? È una specie di Cic icov delle Anime morte di Gogol ” ( Bernari in Benassi 50) . Il che ci riporta a quell’impegno riformatore della realt à , di disvelamento della verit à di cui Bernari parla all’inizio dell’intervista .

In Era l’anno del sole quieto cerco di rappresentare non solo la furia devastatrice (l’opera è uscita nel 1964, ho cominciato a scriverla nel 266 ENRICO BERNARD

1957 e vi ho impiegato 7 anni) della speculazione edilizia, ma quella ancora più deleteria della cosiddetta industrializzazione del Mezzogiorno di cui Napoli (e il suo entroterra) doveva diventare il centro, il punto focale da dove doveva dipartirsi poi tutto il processo d’industrializzazione del nostro paese, e ha fin ito pe r farne le spese ! ( Bernari in Benassi 50)

La struttura mefitica e labirintica del sottosuolo di Napoli ha in superficie una corrispondenza topografica e toponomastica come le innervature e la rete venosa che traluce sotto una pallida e trasparente pe lle della città . Si torna dunque a quel concetto di orizzontalit à dell a metropoli che , come riproducendo la mappatura sotterranea sulla sua superficie, spiana la verticalità in una proiezione ortogonale: strade e vicoli sono allora un coarcervo di meandri e anfratti che collegano le varie zone e quartieri : ecco cosa rappresentano i Tunnel o i Fossi, termini che danno i titoli ad alcuni capitoli dell’ultimo romanzo di Bernari Il giorno degli assassinii (1980) . Scrive Sergio De Santis nel saggio introdutt ivo del la recente riedizione Marsilio de Il giorno degli assassinii di Bernari:

La citt à è come un essere umano, ha un cuore, un rene. Tra citt à e uomo non c’ è più nessuna differe nza: sono un unico organismo viv ente. Ma la citt à è davvero un “ inferno ” , co n delitti, misteriose sp aratorie, altrettanto inspiegabili esplosioni, dovute forse ad attentati di delinquenti o terroristi . [...] La citt à , come quella di Camus, è percorsa da una pestilenza, il colera, che sembra nascere idealmente e materialmente dalle sue stesse viscere. ( De Santis Come una ragnatela 1 0)

Ed ecco tornare nella disamina di De Santis il tema bernariano dell’oscurit à e della dialettica ombra - luce:

A quest’inferno si accede da un’oscurit à , da quel ‘ tunnel ’ che d à il titolo al primo capito lo. Tutti i capitoli recitano luoghi di luoghi assunti come emblemi universali: Il Tunnel, l’Inferno, l’Eden, il Foro, i Fossi, le Colline, i Musei, la Spiaggia . (De Santis Come una ragnatela 11)

Bernari dunque, co n clude De Santis, congegna Il giorno degl i assassinii come una ragnatela. Ma si tratta di una ragnatela di una toponomastica di fantasia che nasconde una rete di liquami e di fognature delle bassezze umane che sfocia a mare, inquinandolo, come il prologo del romanzo lascia intuire:

Per aggirare i blocchi sicuramente disposti dalla polizia, avevo scelto la strada più lunga: quella del Tunnel, un antico traf oro sotto le tombe 267 IL PUNTILLO DI CARLO BERNARI PROTAGONISTA DEL SOTTOSUOLO DI NAPOLI

misterio s e d e i due poeti, legato alla memoria di miti marini e silvestri, ed ora solcato invece da migliaia di automobili e di autocarri, i cui gas di scarico soffocavano coloro che al primo ingorgo dovevano rallentare o frenare e si liberavano da funesti presagi di morte in una gara assordante di richiami acustici. (Bernari Il giorno degli assassinii 16 )

Una bolgia dantesca c he vomita fino alla spiaggia e al mare i suoi immondi riflussi:

Il mare che quel traforo in tempi lontani doveva avvicinare alla citt à , sembrava averlo allontanato per lasciarlo sconfinare sotto altri cieli, bituminoso e prismatico, cloac a d’innumerevoli scoli oleosi d e i rifiuti industriali : sicché, nel buio asfissiante, al mare ormai si pensava, non più come ad uno sfogo naturale, ma come ad un argine putrescente, steso a delimitare una trama delittuosa che pareggiava morte con morte. (22)

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BI BLIOGRAFIA

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