Carlo Bernari Critico D'arte1 Rocco

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Carlo Bernari Critico D'arte1 Rocco BIBLIOTECA DI RIVISTA DI STUDI ITALIANI CONTRIBUTI LUCE, COLORI E NARRATIVA: CARLO BERNARI CRITICO D’ARTE 1 ROCCO CAPOZZI University of Toronto n po’ scherzando e un po’ sul serio Carlo Bernari ha spesso parlato dei suoi “cento mestieri” 2 quali apprendista sarto, lavoro in Ulavanderia, schedatore libraio, redattore, narratore, giornalista, fotoreporter , corrispondente di guerra, inviato speciale, poeta, sceneggiatore e, come testimonia l’introduzione all’opera di Tintoretto 3, critico d’arte. Rispetto a quest’ultimo mestiere, svolto innanzitutto durante gli anni ’60 e ’70, credo che siano pochi coloro che conoscono la miriade di scritti del Bernari critico d’arte. Mi riferisco sia ai saggi sui lavori di vecchi amici quali Paolo Ricci, Camillo Catelli, Luigi Crisconio, Carlo Cocchia, Eduardo Giordano detto Buchicco e Antonio D’Ambrosio, sia alle recensioni e prefazioni ai cataloghi di artisti più recenti, ad esempio Carlo Levi, Corrado Cagli, Alberto Sughi, Ernesto Treccani, Franco Villoresi, Nancy McAdams, Sarai Sherman, Roberto Ercolini, Domenico Purificato, Ettore de Conciliis, Enzo Frascione e Domenico Cantatore 4. 1 Si veda immagine 1 (Appendice) . 2 I lettori di Bernari ricorderanno che questa battuta dei “cento mestieri” appare in Era l’anno del sole quieto (p. 15), dove viene pronunciata dal vecchio custode del ripostiglio sotterraneo (un labirinto infernale) saturo di statue e statuette in gesso e in marmo. 3 Tintoretto , Milano: Rizzoli. 1970; Collana “I Classici dell’Arte”, Vol. 36. 4 L’elenco non è completo perché ci sarebbero altri artisti come ad esempio il pittore svizzero che viveva a Minturno, Zanetti Righi, a cui Carlo dedicò la poesia “sopra la maga pacchiana di Zanetti Righi”. La poesia è accessibile online sul sito di Enrico Bernard, “Neorealismo e Sperimentalismo”, www.enricobernard.com . È da notare che molti dei dettagli delle indicazioni bibliografiche mancano ai mei appunti; durante i nostri frequenti incontri Carlo spesso mi dava dei ritagli di giornali con i suoi scritti su vari artisti senza precisare le date in cui questi ultimi erano usciti. Vorrrei agiungere che ho conosciuto Bernari nel 1968 e dal 1976 in poi, grazie alla nostra amicizia, come testimonia la nostra corrispondenza, per lui ero Rocco, e con Marcella 9 ROCCO CAPOZZI Sebbene io sia del parere che stia lasciando fuori altri nomi, vorrei aggiungere alla lista lo scultore Emilio Greco. Carlo aveva accanto al letto un bellissimo nudo di donna di Greco, a cui era molto affezionato perché amava molto la “plasticità e monumentalità” 5 nelle opere dell’amico scultore e pittore. Inoltre Carlo mi aveva parlato di un lungo saggio su Franco Gentilini, un artista che aveva conosciuto nel 1958 sulla spiaggia di Gaeta 6; purtroppo si tratta di un lavoro parzialmente completato 7. Sospetto in ogni caso che ci siano altri scritti che non conosciamo in quanto negli anni Ottanta nuovi artisti gli avevano chiesto di scrivere una presentazione in occasione di una loro mostra, ma il Nostro non ha sempre ritenuto importante documentare questi “lavori occasionali”. È proprio così, “lavori occasionali”, come mi definì queste presentazioni dopo una mostra di un pittore locale a Gaeta nell’estate del 1985. Tuttavia non è dei lavori occasionali che voglio parlare; vorrei piuttosto soffermarmi su alcuni saggi che riguardano le opere di amici quali Ricci, Cagli, Levi, Sughi, Treccani e Frascione, per illustrare l’abilità e la costanza con la quale Bernari si cimenta con la pittura. La grande passione di Bernari per l’arte l’avrebbe notato chiunque entrasse nella sua casa in Via Gosio. A cominciare dall’entrata, lungo i corridoi e in ogni stanza, le pareti erano interamente coperte di incisioni, tele e disegni firmati da illustri artisti. Nel dicembre del 1972 Carlo mi accompagnò per la prima volta da una stanza all’altra offrendomi minuziose informazioni sui quadri che gli stavano più a cuore, dopodiché ho avuto spesso il piacere di ascoltarlo mentre commentava su arte e artisti, seduto nello studio, nella sua sedia preferita, sotto una tela di Paolo Ricci in cui si vedono raffigurati un nudo di donna e un gufo (immagine 2) ‒ era il gufo che, secondo Ricci avrebbe dovuto portargli fortuna nel vincere il “Premio Napoli” per Il giorno degli assassinii (1980). Purtroppo la realtà non fu così perché, come mi fu insistettero che li chiamassi Carlo e Marcella. Nella mia relazione rispetterò il suo desiderio e continuerò a chiamarlo Carlo. 5 Espressione del Nostro ogni qualvolta parlava di Greco. 6 Gaeta è stata importantissima per Bernari, la residenza estiva che gli ha dato la cittadinanza onoraria lo ha visto legato dagli annni Cinquanta fino alla sua morte (di fatto la sua sepoltura ha avuto luogo a Gaeta). Sulla spiaggia di Serapo, Carlo incontrava tantissimi amici e artisti come Domenico Purificato, il quale si era occupato anche di cinema ed aveva collaborato con il regista Giuseppe De Santis, ambedue nativi di Fondi. Sui legami di Bernari con Gaeta, come ad esempio la sua partecipazione nella giuria del premio Porticato Gaetano dal 1958 in poi, ci sarebbe da scrivere molto. 7 Parte del saggio appare nel volume Franco Gentilini un’arte che gli somiglia (Roma: Tintalo-Delta, 1971). 10 LUCE, COLORI E NARRATIVA: CARLO BERNARI CRITICO D’ARTE spiegato da Carlo, la giuria, composta da cento operai, considerò il suo romanzo, il suo riuscitissimo “giallo metafisico”, troppo difficile. La mia relazione nasce da due motivi: anzitutto, perché sin dalle prime letture dei romanzi di Bernari sono rimasto affascinato dalla forte presenza delle arti visive e degli effetti cromatici nelle sue strategie narrative ‒ in particolare dai giorni di Tre operai ad Era l’anno del sole quieto ‒ e quindi parlo di un fascino che mi ha visto impegnato a studiare le sue opere per decenni 8; e poi perché ho potuto registrare le sue reazioni davanti ai dipinti, ad esempio negli studi di Ettore de Conciliis, Paolo Ricci e Enzo Frascione, o ad una mostra antologica di Alberto Sughi. I momenti accanto a Carlo mentre analizzava un quadro per poi parlare dell’artista sono indubbiamente alcuni dei miei ricordi più vividi dell’autore ‒ a questi vanno aggiunte le numerose ore trascorse con Carlo e Marcella a Roma, a Gaeta e a Toronto. Per celebrare Carlo Bernari inizio col richiamare alcuni aneddoti personali dai miei appunti annotati durante i nostri incontri dal 1975 al 1989, e che quindi risalgono a delle occasioni particolari (interviste, incontri con amici, mostre, gite, e lunghe ore trascorse nel suo studio o sulla spiaggia a Gaeta). Per la prima parte di questo intervento ho scelto del materiale inedito della mia ricerca che riguarda la sensibilità artistica di Carlo, il ruolo di Alberto Sughi nella sua narrativa negli anni ’60, e la possibile presenza del realismo sociale della pittrice tedesca Käthe Kollwitz (1867-1945) nei lavori di D’Ambrosio, Ricci e i Circumvisionisti. Nella seconda parte vorrei invece puntualizzare come i suoi scritti sull’arte ci rivelano tanto dei significativi riferimenti al suo sodalizio con i vari amici artisti, quanto una tensione a storicizzare l’artista e il suo impegno sociale, un’attenta disamina degli elementi cromatici e delle acute osservazioni sui rapporti tra immagine e narrativa. Tra i tanti debiti che ho verso il Nostro inizio con l’annoverare la mia amicizia con Ettore de Conciliis, nell’estate del 1975, quando il giovane artista e direttore del “Centro delle arti popolari” a Fiano Romano era ancora alle prese con la pittura dei murali (immagine 3) . Carlo aveva scritto una recensione sulle tematiche sociologiche e ideologiche del murale di Cerignola 9 (immagine 4) e da un paio di anni mi parlava con grande entusiasmo del realismo sociale e dell’impegno di Ettore nell’aver messo assieme un vero e proprio atelier composto da artisti italiani come Rocco Falciano e giovani americani come Nancy McAdams e Wendy Feltman, tutti 8 Tra i miei scritti più recenti segnalo: “Metafisica, espressionismo e Nuova Oggettività nel primo Bernari”, Nord e Sud (Napoli: ESI, 2000), pp. 101- 121; e “Ombre e paura nel realismo spettrale di C. Bernari”, Avanguardia , 42 (2000), pp. 27-47. 9 Il Giorno , 19 marzo, 1975. 11 ROCCO CAPOZZI interessati all’arte murale e ad un’estetica che ha sempre attirato Bernari, e cioè un’arte impegnata di stampo realista e sociale. Un breve sguardo ad alcuni particolari nella narrativa dei murali a Avellino, Cerignola, Trappeto (Palermo), e Fiano 10 è sufficiente per capire come in primo piano risaltano gli elementi di testimonianza e di critica sociale. Ad esempio, nel murale ad Avellino, tra i tanti personaggi raffigurati si riconoscono facilmente Ernesto Treccani, Pablo Picasso, Alberto Moravia e John Kennedy. Durante la lunga visita a Fiano Romano Carlo discusse dapprima il ruolo dell’arte dei murali e il dovuto riconoscimento ricevuto da Ettore da parte di scrittori e artisti come Carlo Levi, Ernesto Treccani, Danilo Dolci e Marino Mazzacurati 11 . Poi commentò per circa due ore l’incredibile luce e il gioco dei colori che caratterizzano le tele della nuova direzione intrapresa con grande successo da Ettore; mi riferisco alla pittura delle nature morte e degli incantevoli paesaggi lungo il Tevere e della campagna romana (immagini 5, 6, 7)12 . Francamente, benchè mi sia occupato degli effetti cromatici e luministici nella narrativa di Bernari da Tre operai a Era l’anno del sole quieto , e quindi conoscevo indirettamente la sua profonda conoscenza della storia dell’arte, forse perché era la prima volta che osservavo Carlo nell’atto di commentare dei quadri nella presenza di un’artista, rimasi sbalordito dai suoi acuti richiami ai maestri della luce da Rembrandt e Caravaggio a Corot mentre faceva i suoi complimenti a Ettore. Nell’estate del 1981 Carlo e Marcella mi invitarono a cena a casa di Enzo Frascione dove trascorremmo buona parte della serata davanti alle opere dell’artista di origine napoletana.
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