Insalata ghiacciata e ostricheDOWN

Piccione all’ortolana UP&

FOTO di RICHARD HAUGHTON 51 Se fosse...

Se fosse un’altra persona, sarebbe suo nonno Cesare, il papà di suo papà, che lui aveva visto forse solo una volta e che da come lo racconta era un casinista: faceva il calzolaio, ma non un calzolaio qualsiasi. Lui era specializzato in scarpe da ballo: “Immagina quanto cazzo lavorava, cioè, zero.” Quando si trasferì a Rivoli da Bolzano iniziò la sua fortuna. Prima che per merito, per quei casi della vita che anche se sei bravissimo, se non ti capitano rimani al palo. Gli capitò di fare le scarpe a una ballerina della Scala di Milano; da lei, anche le altre cominciarono a rivolgersi a lui, e insomma, “anche io le voglio, anche io le voglio, anche io le voglio” alla fine un giorno dalla Scala andarono a Rivoli e misero in piedi un laboratorio alta- mente specializzato per fare le scarpe per tutto il corpo di ballo. “Mio nonno raggiunse così una posizione economica tale che iniziò a vivere in un modo… facendo feste… baffo arrotolato, cappotti con revers… per fare le feste si vendeva anche i macchinari del calzaturi- ficio, e poi è morto in un prato rientrando a casa da una festa, s’era messo lì, probabilmente ubriaco, a dormire, a dicembre e ecco… il nonno Cesare, negli anni ’70, ma quanto si era divertito…” Se fosse un piatto, sarebbe la Zuppa nascosta di quaglia e trippa, spinaci e salsa di champagne. Tipo sarcofago. (così, sì, con gli spi- naci e non con la seconda variante al tartufo che poi ne è seguita). Una composizione di ingredienti che è una partitura di sensazioni acustiche, olfattive, gustative, tattili e visive nel quale si “sprofon- da” quasi che la ciotola fosse il cratere dello Jokull di Sneffels da cui si può arrivare al centro della Terra; come dire, attraverso mille peri- pezie di vita, al cuore di una incandescente finezza, eleganza e stile. Se fosse un luogo, sarebbe nient’altro che la collina morenica sulla quale non tutti quelli che vanno al Combal.0 si rendono conto di sedere: sedimentazioni, stratificazioni, depositi di glaciazioni, tem- po che ha costruito 335.000 anni fa l’anfiteatro morenico di Rivoli- Avigliana. Un capolavoro naturale che nasce da forti eterogeneità, spesso detriti trasportati da chissà dove. Se fosse un essere mitologico, una miniatura da bestiario medievale o un fumetto, sarebbe un’aquila col culo da tacchino. Ipse dixit, ma vorrei averlo detto io. O avete capito di chi parlo, o cambiamo gioco e passiamo a quello dei mimi.

Serena Guidobaldi

Peperone e acciuga “Louboutin” 53 Rigore fantascientifico

La cucina di Davide Scabin è un film di fantascienza, un reportage vista che ci sono mesi e mesi di prove, tentativi, misurazioni, calco- del National Geographic, un quadro simbolista. Seduti a un suo ta- li. Perché per lui non avrebbe senso la creatività senza una possibile volo si è paracadutati nel futuro, in paesi lontani, in un’altra dimen- applicazione. Infatti dietro ogni invenzione c’è tanto rigore. “Forse sione interpretativa. Ogni volta al suo ristorante mi tornano in mente mi prenderanno in giro per la mia mania di codificare ma la penso le parole di Emilio Salgari, uno dei più grandi autori di romanzi e così” ha detto quando ha annunciato durante Identità Expo la sua novelle d’avventura, tra i narratori di viaggi per eccellenza, che però Formula della creatività (o avanguardia o futuro in cucina) che si non aveva mai viaggiato: lui diceva che “scrivere è viaggiare senza esprime con C = Tr2 su tec+Tec cioè tradizione al quadrato sulla som- la seccatura dei bagagli”. Vien da pensare che mangiare al Combal. ma di tecnica più tecnologia. Come dire che solo Leonardo Da Vinci Zero è esplorare altri mondi comodamente seduti a tavola. Perché poteva mettere in pratica il sogno di Icaro. la sua cucina è un pass aperto sull’altrove: su piatti che anticipano le tendenze di venti anni (sarà banale ma come non citare il Cyber eggs, la Fusione a freddo, l’Ostrica virtuale, l’Hambook), che si pro- Eleonora Cozzella nunciano con l’accento di idiomi lontani (il Tataki di melanzana, il Merluzzo al nero con latte di mozzarella e ceviche di daikon, la Capasanta 5 punti “Sassoon Vidal”), che sintetizzano in un boccone mille idee-tecniche e suggestioni (la Zuppizza, il Rognone al gin, la Rognone al gin Fassona al camino). Pochissimi come lui sanno portare a galla netti e assoluti i sa- pori nascosti della memoria palatale, rifuggendo dal rappresenta- re realisticamente il mondo, puntando piuttosto a ri-crearlo grazie ad allusioni simboliche. Pochi sanno giocare con la tradizione fino all’iconoclastia: basti pensare alla sua rivoluzione nel mondo della , che ha sconvolto fino a cambiarne non solo aspetto e forma ma anche funzione (pasta che diventa sushi, piadina, bombolone, sufflè e addirittura condimento). Ma Scabin – sia merito anche al suo super team – non è “avanti” solo nei piatti. Anche la stessa idea di ristorazione precede tendenze. Nel Piemonte delle piole ha avuto il coraggio di fondare quel .Zero del Combal dal respiro internazionale. Per poi urlare che il futuro è il ritorno alla trattoria. Scommessa vinta col Blupum di Ivrea. Sono tante le sue riflessioni sull’universo cibo. Dosare il sale in modo da incontrare tutte le svariate percezioni di gusto dei commensali? Scabin, da convinto discepolo della cucina sartoriale, ha messo a punto il suo Scabin Salt System. L’obiettivo è offrire a ciascun cliente il massimo del piacere e farlo nei grandi numeri di un ristorante? Eccolo studiare il suo IT, Identity Taste, che prevede una scala di sei gradi di intervallo per ogni gusto (salato, dolce, amaro, acido, piccante) misurabili con apposito IT Kit: flacon- cini spray (sei per ogni gusto, rispondenti ai diversi livelli di perce- zione) da vaporizzare sulla lingua con diverse concentrazioni e così capire il proprio grado di piacere per ciascun gusto. Gli astronauti mangiano male? Scabin ha cercato e trovato la strada di piatti final- mente appetibili per astronauti. Chi è sottoposto a chemioterapia percepisce in modo insopportabilmente aggressivo i sapori prima gradevoli? Via a sperimentare combinazioni di gusto che affievoli- scano le sensazioni di metallico e di amaro. È quasi riduttivo questo elenco di sue imprese. Per dovere di sintesi si rischia di perdere di COMBAL

55 I contorni di un mito

Avessimo il genio della lampada, gli chiederemmo di riaprire per una sera il Combal di Almese. In assenza della lampada, chiediamo diret- tamente al genio di rievocare le formidabili stagioni della trattoria. Il decennio che scrisse i larghi contorni del mito Scabin. “Primi mesi del 1992”, comincia a narrare il Rivolese, “Tiziana, la mia fidanzata dell’epoca, aveva aperto un centro estetico. Cercava un rappresentante di prodotti cosmetici. Pensai: perché no? Procurai da subito così tanti clienti che da Torino e provincia mi affidarono subi- to tutte le regioni del Nord Ovest. Vendevo più di Wanna Marchi. L’ho fatto per quasi due anni. Mi divertivo tantissimo”. Un divertimento che però non convinceva Aimaro Celestino, amico di lunga data di Scabin. Celestino non sopportava che uno dei più grandi cuochi del Torinese fosse relegato a fare il rappresentante di creme e ciprie. “Voleva aprire con me una trattoria ma io non avevo nessuna voglia di tornare a cucinare piatti da osteria. Venivo da un’esperienza di alta cucina creativa al Bontan di San Mauro Torinese. Avevo mag- giordomo e giardiniere. Chi me lo faceva fare?”. Non ha neanche il tempo di dire no: si ritrova al tavolo del notaio a firmare per il 50% della trattoria Al Combal, una locanda posizionata da 80 anni su una curva di Almese, borgo anonimo della bassa val di Susa. Per un breve periodo, Scabin continua col doppio lavoro: “Di giorno giravo in macchina e alle 18 entravo al ristorante. Spaccavo quattro conigli, li condivo con olio, rosmarino, aglio e li sbattevo in for- no. Riscoprii il valore della grande cucina povera”. È il giugno del 1992. Chiama a lavorare con sé anche la sorella Barbara in cucina e la fidanzata Milena Pozzi, in sala. Vengono entrambe dalla moda. Nel frattempo Celestino molla per i troppi impegni: “Ti do anche la mia quota, me la ripaghi quando riesci”. Nasce la società Ristoria. E la saga di una delle trattorie più cult dell’Italia degli ultimi 30 anni. “Apriamo con un menu fisso da 27mila lire per 10 portate”, ri- corda il cuoco, “ma cominciamo a fare da subito 65-70 coperti a sera. Nel giro di un anno aumentiamo il prezzo a 45mila”. Non potevi sce- gliere alla carta: “Chi voleva mangiare doveva per forza presentarsi tra le 20.30 e le 20.45. Chi arrivava dopo, partiva dal terzo o quarto piatto del percorso e alla fine pagava uguale”. Comparire nelle varie guide dei ristoranti non era l’obiettivo: “Non mi fregava nulla. Posa- te e cristalli erano tutto fuorché di pregio. Nei giorni di pioggia, tene- vamo anche delle frappeuse sui tavoli per raccogliere le perdite che cadevano dall’alto. Spegnevi la musica ed era come ascoltare una sinfonia new age. Tic toc, tic toc. Quando Milly passava tra i tavoli, il parquet ondulava tutto”. Pagare con le carte di credito non si po- e tequila o la Millefoglie di foie gras ai porcini montata col tuorlo teva: “Ci fu anche una settimana di baratto: i clienti non saldavano d’uovo. Tutte soluzioni di un cuoco che pensava sganciato da ogni il conto classico, ma portavano in cambio bottiglie di vino, forme di riferimento spazio-temporale: “Non compravo e non leggevo. Stavo parmigiano… Poi sono arrivato alla formula del bonifico sulla fiducia: nel mio isolamento creativo”. davo ai clienti l’Iban e loro mi avrebbero pagato una volta a casa. Piatti di concetto prima ancora che di materia prima. Bombe clande- Ma molta gente non la prendeva bene, troppo spiazzante”. C’era un stine che sparigliavano le carte, in un vero e proprio speakeasy della che di picaresco troppo avanti sui tempi. Metodi fuori dagli schemi gastronomia. “Il pubblico ci osannava”, ricorda, “c’erano i gourmet per il sentire comune. che volevano il creativo, seduti accanto a gente in canotta che sbra- Ma quando, nel 1996, inizia a servire clandestinamente un menu nava stinchi di maiale. Tavole su cui planavano al tempo stesso creativo accanto a quello classico da trattoria, il mito è definitiva- cybereggs e bagnacaude”. Non tutti capivano bene cosa stesse ac- mente servito. “Ero Doctor Jekyll e Mister Hyde: all’inizio decidevo cadendo. Figurati le guide di settore, incapaci di costringere in un io a chi concedere i piatti estrosi. Ma tale fu il successo che un paio voto il genio di un’insegna ben più che atipica. “Meritavamo la stella d’anni dopo fummo costretti a ‘commercializzarlo’, tra virgolette”. Michelin già dopo 3-4 anni, ma ce la tennero nascosta fino al 2000”. Parliamo di alcuni dei piatti più celebri e irriverenti della cucina Furono quasi costretti a dargliela quando Ferran Adria dichiarò che d’autore degli ultimi decenni. Come la Boîte a fumoir, una scatola Scabin era lo chef numero uno d’Italia. Quando il catalano venne ad di legno di cedro con del pesce affumicato che si faceva beffe dei Almese, provò la Bombola al rhum, una potentissima illuminazione gourmet duri e puri, quelli che mai avrebbero sposato l’ittico al figlia del tempo in cui Davide faceva il sub. “Respiravi nel boccaglio tabacco. O Charlie, Omaggio a zio Sam, un’installazione tra il ma- per 3 secondi i vapori del distillato ed eri già ubriaco”. Ferran lo cabro e l’ironico che inquadrava la tragedia della guerra in Vietnam guardò e gli disse: “Tu sei matto”. Genio e follia che di lì a poco con piccole bare scavate dentro lattine di Coca Cola decapitate. Per avrebbe compostamente trasferito a Rivoli. non dire dell’Ostrica virtuale o del Cybereggs, due simboli eterni di Davide Scabin. E di tutti quei piatti rimasti tra le mura precarie di Almese, mai più serviti dopo, come le Uova di rana con asparagi Gabriele Zanatta

Spaghetti Felicetti trick, ramen e calamaro 57 “Quello che ha fatto è storia, quello che farà è il futuro.”

MARCO BERRY, Le Iene

59 L’epifania di un bimbo Atipico allievo

pestifero Ogni volta che si parla della mia cucina non manca mai un riferimen- Seconda lezione. Alla fine di una cena entusiasmante chiedo a Milly to a Davide. “Allievo di Scabin” è la definizione che maggiormente come mai Davide non ci aveva ancora raggiunto al tavolo, come era La prima volta che la mia vita s’incrociò con quella di Davide Sca- mi accompagna. La cosa non mi dispiace, ma non è veritiera. Non solito fare. La risposta di Milly è: “Scusa Ivan, ho scordato di dirvelo, bin ero un bimbo di dieci anni più largo che alto, abituato fin dalla ho mai lavorato 5 minuti in cucina con Davide, non sono stato un Davide non c’è. È andato a giocare a bowling”. L’allievo impara: se culla a girare per grandi ristoranti da un padre critico di professione allievo, sono stato un cliente assiduo, per molti anni sicuramente un cliente abituale non si accorge della tua assenza in cucina, vuol che pretendeva un mio parere ogni volta che ci sedevamo a tavola, uno dei più assidui. Non ho conti precisi ma credo di aver mangiato dire che hai costruito una squadra straordinaria. Se la tua brigata perfino a casa davanti a una scaloppina. Diversi colleghi affidabili ad Almese almeno un’ottantina di volte. Lì è nato l’amore. Il mio è autonoma nelle preparazioni e nei servizi significa che avrai del gli avevano parlato di un “genio” dei fornelli che operava in un amore per la cucina in generale e per quella di Davide in particolare. tempo per le tue passioni e la tua creatività non potrà che trarne laboratorio di cucina d’avanguardia mascherato da trattoria senza Lì ho capito in che modo avrei voluto fare il mio mestiere. In questo giovamento. Le lunghe chiacchierate notturne dei dopo cena sono tempo poco fuori Torino, così mio papà un giorno estivo del 2000 mi senso sono allievo. state grandi lezioni di teoria di cucina, non di tecnica, ma di idee di caricò in macchina annunciando con sarcasmo che saremmo andati cucina. Ricordo una nottata con al nostro tavolo un noto luminare Prima lezione. Dopo almeno una decina di visite, che vuol dire aver a provare “...un assaggio di futuro”. Io ero stato un cliente modello di psichiatria che disquisì con Davide per ore di “gusto della forma” assaggiato una settantina di piatti diversi di grande cucina creativa, per tutta l’infanzia, ma poi in prepubertà ero diventato un diavolo o “forma del gusto”. Tra le pareti perlinate di Almese ho sperimen- una sera il menu propostomi comprendeva: vitello tonnato, insalata dispettoso con il solo fine inconscio di far venire gli incubi ai migliori tato che fare cucina in modo moderno significa avere basi solide e russa, risotto ai funghi e arrosto con patate. L’allievo impara: per camerieri d’Europa. L’ambiente del Combal non aveva i toni solenni tecnica, ma soprattutto cuore e cervello. Sono tante le cose che ho poter fare cucina creativa è fondamentale avere solidissime basi di delle grandi tavole francesi, né l’eleganza derivata che in quegli imparato in quel ristorante. A ben pensarci, sì, sono un suo allievo, cucina classica. Ancora oggi li ricordo come il miglior tonnato e il anni dilagava nelle sale italiane, e il taglio informale del servizio atipico, ma un allievo. Grazie Davide per la docenza. miglior risotto ai funghi della vita. fece sperare a mio padre che una volta tanto mi sarei comportato a modo. Si sbagliava. Cominciammo con alcuni antipasti piemontesi rimaneggiati, mentre Ivan Milani io mi divertivo a far scivolare sotto il tavolo forchette e tovaglioli per vedere quanto tempo ci metteva il personale di sala ad accor- Saltimbocca alla romana.Zero gersene e rimediare. Gli sguardi dei camerieri si facevano via via più severi, ma io godevo come un matto del loro fastidio e ricambiavo le occhiate con aria di sfida. Poi arrivò in tavola un piatto di cui oggi non ricordo la composizione precisa, ma con un nome che mai po- trei dimenticare: “Se Bismarck avesse inventato gli ...”. Si Zucchini in scapece trattava di asparagi, uova e poco altro, e mio padre lo liquidò (forse a ragione) come un gioco di stile fine a sé stesso. Intanto però io ero stregato, e smisi immediatamente di disturbare i camerieri per con- centrarmi sul piatto col desiderio di capirlo. Su di me aveva avuto l’effetto di un’epifania, insegnandomi che la cucina può essere gioco e pensiero prima che semplice artigianato. I piatti continuavano ad arrivare, e io mi divertivo come al cinema, seduto affianco a mio padre che invece manteneva un’aria perplessa. Anni dopo mi sarei reso conto che quel giorno avevamo mangiato in modo ordinario, ma intanto mi innamorai di quel locale e di quel cuoco dallo sguardo fin troppo vivo. Mio padre scrisse una mezza stroncatura sul Corriere della Sera, e per la prima volta mi permisi di fargli presente che non ero d’accordo. Lui mi chiese perché, e io non seppi rispondere. Ora, a distanza di tempo, so di essere diventato più cortese del bambino pestifero che ero, e a forza di visite credo di aver capito molto di Davide come cuoco e perfino qualcosa di lui come persona. Quello che non è cambiato, credo non cambierà, è che alla domanda “Perché lo trovi così speciale?”, ancora non so cosa rispondere.

Paolo Vizzari

Bubble Milk DOWN 61 Spudoratamente sincera ...e chissenefrega

Davide Scabin. Mi scrive il mio direttore e mi chiede 400 parole su Scabin. Nei primi 30 secondi dalla richiesta penso che A) Oh ragazzi, non è mica morto, B) Lo facciamo ora perché ha perso la stella? C) Ho voglia di farlo perché è giusto sempre e comunque celebrare uno dei più grandi cuochi italiani, e D) Il rischio retorica è dietro l’ango- lo, anzi, è nel mio grembo accoccolato affianco al mio gatto. Decido dunque che Davide Scabin non merita nessuna ampollosità e che voglio essere completamente e spudoratamente sincera. Quindi ecco una scomoda rivelazione: il mio istinto mi dice che non c’è nulla di strano nel fatto che il re degli opposti, l’imperatore dell’ossimoro, l’inventore dei menu UP & DOWN e DOWN & UP stia ora attraversan- do proprio una delle due fasi. No? Me lo aspetto da lui. Scabin ha sempre dato emozioni forti e contrastanti a chi lo ha cono- sciuto meglio. A volte persino a chi non lo ha conosciuto affatto. La maggior parte delle volte a tavola, e questo non è discutibile. Scioc- candoti, lasciandoti a riflettere nello specchio di un piatto vuoto, mai banale, mai gratuito. E poi come uomo, esplosivo nelle sue emo- zioni, in grado di dialogare con i servi e con i re mettendosi sempre sullo stesso piano. E persino ora, perdendo la stella, ha stimolato l’intervento di chiunque a sputar fuori la propria opinione - contro o a favore - e nessuno ha potuto resistere alla tentazione. Questo è un chiassoso, noioso a volte, dato di fatto. Scabin, suo malgrado, ha un talento nella cucina quanto nel provo- care pensieri ed emozioni. Non è un caso che l’apice concettuale del suo percorso professionale sia un viaggio possibile in entrambe le direzioni, dal basso verso l’alto e viceversa, e nessuno dei due lati è gustativamente o intellettualmente trascurabile o meno importante dell’opposto. E lui lo sa meglio di chiunque altro. Quindi piuttosto che celebrarlo come un genio da sostenere, piutto- sto che accusare chi confonde la critica con la storia della cucina ita- liana, e piuttosto che unirmi al coro di voci lacrimevoli o spregianti, dico che è una gran figata che Scabin sia una parte indelebile, e non sostituibile, della nostra rivoluzione gastronomica e quindi cultura- le. E chissenefrega di quel che pensano gli altri.

Lorenza Fumelli L’intuizione del genio

Ho conosciuto Davide Scabin alla fine degli anni ‘90. Venne a trovarci nella redazione del Gambero Rosso insieme ad altri suoi colleghi per un servizio sugli chef emergenti con tanto di interviste e foto. Gli chef passavano prima da me per l’intervista e poi di seguito al set fotografico. Non lo conoscevo, non ero mai stata alla trattoria Combal di Almese né, colpevolmente, mi ero granché documentata. Confesso, è una mia sciocca abitudine, come quando vado al cine- ma, preferisco non sapere nulla del film, voglio essere libera di avere impressioni originali. Bene, rimasi fulminata dalla classe con cui dis- simulava l’intelligenza e cavallerescamente teneva a bada l’ironia. Mi stava raccontando di aver smesso di fare il rappresentante di prodotti cosmetici e ricordo che pensai: “Ma questo da dove spunta, è un marziano!”. Non ho mai smesso di pensare alla sproporzione tra quelle poche righe che allora gli dedicammo sul giornale e l’e- normità del personaggio. Fosse dipeso da me gli avrei assegnato d’ufficio le Tre Forchette, le Tre Stelle, le Tre Madonne. Tutto! Non ho cambiato idea.

Fusione a freddo Raffaella Prandi Capasanta 5 punti “Vidal Sassoon” 63 1997

Charlie La forza del team

Idolatrare gli chef significa troppo spesso dimenticarsi della com- La storia della cucina invece, può vantare tre pezzi forti: la prima è plessità che rende grande un ristorante. E la complessità è frutto di Barbara (cioè la di Davide sorella), specializzata peraltro in pastic- un lavoro di squadra. Nel ristorante di Davide Scabin è praticamente ceria e dalla formazione artistica evidente, la stessa che le ha per- impossibile non accorgersene perché il lavoro di gruppo è parte messo di ragionare sul design per tante volte al fianco del metodico 1998 stessa del metodo. E se il Combal è anche uno stato dell’anima, è fratello quando si dovevano progettare e replicare migliaia di pezzi normale che il gruppo prenda i nuovi arrivati e li renda velocemente per eventi unici e indimenticabili. Al suo fianco Giovanni “Ciuby” (da parte del tutto: la forza del team qui è molto più che una somma Chewbecca, “Ciubecca” di Star Wars) Ghigo, che basta nominarlo di individualità. per vedere comparire “un risotto ai funghi da dare la testa contro il muro” come dice Bob Noto. Ciuby sulla tradizione è secondo a pochi Fra i tanti che hanno fatto parte della squadra, tanto per citarne e alcune delle architetture dei piatti classici del ristorante fondano due che adesso mietono successi altrove, ci sono Cristoforo Trapani proprio su di lui. Anche se poi tutte le decisioni (che vengono prese e Matteo Monti (il primo nelle cucine del Magnolia de l’Hotel Byron nella saletta in fondo, dietro le cucine) non sono partecipate solo dai a Forte dei Marmi e il secondo in quelle del Rebelot di Milano). Ma cuochi ma anche dal personale di sala. È lì che si mettono a punto se andiamo a guardare le fondamenta va detto con chiarezza che linee e menu. E la leggenda narra che l’ultimo nato, “Up & Down”, l’impianto non ha mai potuto prescindere dalle energie e dallo stile sia il frutto di un’intuizione di Milena. di Milena Pozzi, che in sala rimane un parametro su cui si misura la bravura degli altri. Perché la sua non è neanche in discussione. È Oggi Barbara e Ciuby sono al Blupum, la trattoria d’autore, mentre la sufficiente guardare la giovane sommelier Sara Repetto al lavoro per terza colonna, quella che tiene addirittura le redini quando Davide è capire quanto uno stile abbia fatto scuola. in viaggio, è Beppe Rambaldi ed è saldamente ai fornelli del Combal. Zero. Creativo al massimo - e lo è almeno quanto è simpatico - Bep- pe è una fucina di nuove idee, spesso ardite ma sempre riconoscibi- li, anche negli azzardi, per gli accostamenti armonici. Rimane un dettaglio non da poco, a proposito di squadra: i legami fra i quattro (Milena e Beppe da una parte e Barbara e Ciuby dall’al- tra) hanno prodotto due bei figli, uno per coppia.

Marco Bolasco

Cyber Eggs 65 Foto di Bob Noto Let’s play: Down & Up / Up & Down

Esistono cuochi che creano sempre la stessa ricetta, cucinano sem- non è un menu palindromo, la cucina futurista e Daniel Spoerri non pre lo stesso piatto, servono sempre lo stesso menu. Ciò non si- c’entrano nulla). Quindi è possibile iniziare con un Piccione all’or- gnifica necessariamente che disprezzino la propria clientela o non tolana, proseguire con il Rognone al gin e con i Saltimbocca alla abbiano altre idee. È una scelta. In trent’anni di carriera, Davide Sca- romana, passare al Ramen, alla Melanzana verace, al Peperone con bin ha cambiato radicalmente stile cinque o sei volte. È una scelta. acciuga Louboutin, al Bubble milk quindi terminare con la Capasanta Vidal Sassoon e l’Insalata ghiacciata di ostriche. I dolci (Bombolino I menu Down & Up / Up & Down, che vengono serviti attualmente al di mezzanotte, Cioccolato, e fusione a freddo) vengono serviti alla Combal.Zero, rappresentano l’ennesima svolta. fine del menu, come nella versione classica. L’innegabile vantaggio è Menu Down & Up che appena seduti si placa la fame con la portata principale e, man Coraggio, come si fa lo spoglio narrativo di un pasto simile? Va ri- mano che l’appetito scema, si assaggiano piatti sempre più leggeri. mossa subito la tentazione di accorpare la cucina del Combal.Zero Un’intuizione apparentemente semplice che però, a quanto mi risul- ad altri esempi di cucina contemporanea apparentemente somi- ta, nessuno aveva avuto prima. glianti. La principale differenza sta nel fatto che Scabin ha smesso Sarebbe bello che almeno uno di questi menu venisse assaggiato di indottrinare la gente. Si dà per scontato che la sua ricerca lo abbia da chi studia all’alberghiero, partendo da qui e recuperando quello portato ad ottenere questi risultati e che i suoi dilemmi gastrono- che è venuto prima. Non per copiare e incollare, né per mettere in mici siano affrontati in separata sede, non attraverso spiegazioni al cantiere progetti fuori della propria portata, ma per imparare come puro servizio di chi ascolta. Solo una minoranza di persone conosce si mettono a punto piatti senza sbavature, al di là di cosa si sta tutti i vari passaggi dell’evoluzione del Combal.Zero - ed è quindi cucinando. in grado di cogliere i molteplici riferimenti di turno - ma ciò non ha importanza, poiché Scabin cede la parola alla qualità della materia prima ed alla nettezza dei piatti. Una nettezza che non deriva neces- sariamente da una idea di estetica culinaria o dalla messa in scena Bob Noto di un pasto multisensoriale ma dalla distanza. Dal numero di passi indietro che fa lo chef prima di ideare e cucinare qualcosa cercando di coniugare al meglio semplicità ed eleganza. Un menu per tutti, nel senso più positivo del termine. Combal.Zero Menu Up & Down Piazza Mafalda di Savoia Detto ciò, per un creatore di mondi come Scabin, tutto questo non 10098 Rivoli (TO) - Italia è sufficiente. Quindi propone, in alternativa, il menu Up & Down. In Tel: +39 011 9565225 pratica lo stesso menu è degustabile nel senso inverso (attenzione, www.combal.org

67 Dall’alto, in senso orario:

Gnocchi di patate e barbabietole con fonduta

Ravioli di zucca al burro e salvia

Insalata di baccalà, misticanza di verdure crude e cotte con panna acida e erba cipollina

Zuppa di cipolle con salampatata

Tagliatelle all’uovo Monograno Felicetti MATT alla bolognese

Stinco di maiale glassato con patate al rosmarino BLUPUM

69 Blupum Un oste tradizionale

A Talponia sono le 6.32. Sono qui, seduto sul divano, che guardo Anna mi ha chiesto di scrivere qualcosa su Davide Scabin dopo una Scabin è stato tra i primi a rompere gli schemi dell’alta ristorazione fuori dai vetri sigillati. Di là da quelli, un bosco ancora nero di notte. serata passata al Combal.zero. Avevamo appena finito di mangiare introducendo provocazioni - far mangiare l’ospite con le mani, farlo Dietro di lui, il chiarore dell’aurora. Come il quadro l’Impero del- uno dei più buoni fritti misti in circolazione in Piemonte, e di con- sporcare, giocare con lui - che sono la norma in gran parte dei ri- le luci di Magritte, avete presente? Notte e giorno possono stare seguenza nel mondo. Il fritto misto alla piemontese è un lungo rito. storanti contemporanei. Non l’ha fatto per il gusto di rivoluzionare assieme, soprattutto nello spleen cristallino del gin. È qui che ho Una serie di piccole porzioni fritte che ogni volta compongono un un modello che si era sedimentato e ingessato negli anni. Io credo l’epifania: Scabin doveva passare a Ivrea. Era nel suo karma (io pasto in miniatura, dal salato al dolce. Una preparazione complessa l’abbia fatto per portare lo spirito gioioso dell’osteria tra le mura di non credo al karma; l’alcol che c’è in me, sì). E doveva vivere - in e profondamente tradizionale da queste parti. un locale elegante. E questo stesso approccio si può leggere nei suoi queste settimane in cui sostituisce Barbara e Ciuby - a Talponia. Non piatti. Preparazioni che hanno sempre l’obiettivo di essere buone e Così, dopo avere pensato un po’ a cosa si poteva scrivere su uno sapete cos’è Talponia? Talponia è un edificio visionario: una curva golose, seppur tecnicamente perfette. chef del quale davvero si è detto moltissimo ho deciso che ne avrei di cemento, alluminio e vetro affacciata su una foresta in miniatura. scritto parlando di tradizione. Scabin è uno dei più grandi interpreti Riesce così nella complessissima operazione di perfezionare la cuci- Sembra uscita dal telefilm Il Prigioniero, e infatti quello è del ’67, della creatività pura, un genio assoluto, capace di pensare e cucina- na senza toglierle il graffio. Mantiene in questo modo la tradizione questa del ’69. Talponia era una residenza dell’Olivetti. Ed è pensan- re piatti che come pochi altri hanno impattato nella storia della cu- italiana costantemente nel proprio orizzonte anche quando sembra do ad Adriano Olivetti - alle 6.32 - che capisco che Ivrea non poteva cina mondiale e hanno fatto tabula rasa di tutto ciò che c’era prima. impossibile trovarla nel piatto di fronte a noi, e riesce a essere iper- non intercettare la traiettoria Scabin. Adriano Olivetti vuol dire un E allora cosa c’entra la tradizione? C’entra eccome. Nella cucina di creativo anche se sta facendo quanto di più classico esista. È un umanista che inventa il computer, un imprenditore contro l’accumu- Davide, infatti, un’idea svetta su tutte le altre: la tavola è anzitutto oste creativo e moderno, che se potesse fare giocare a carte i suoi lazione del capitale, un intellettuale che ama il design, un sognatore piacere, convivialità e gusto. Tre elementi, che sono, più di qualsiasi commensali nelle ore in cui il locale è ufficialmente chiuso lo fareb- con 36.000 dipendenti, un provinciale cosmopolita. Insomma, non ingrediente, al centro della gastronomia tradizionale italiana. be molto volentieri. E nelle sue mani la noiosa diatriba tradizione so se Scabin abbia un pantheon personale, ma Olivetti dovrebbe versus innovazione è finalmente sorpassata e risolta perché tutto, starci (anzi, son sicuro che ci stia). proprio come a casa della nonna la domenica, è pensato solo con E dire che è capitato un po’ tutto per ventura. Un paio d’anni fa l’obiettivo di renderci felici. Davide, Barbara, Milena e Ciuby ci chiamano al Combal per darci la notizia: “Son venuti da noi due ragazzi di Ivrea, ci hanno proposto di fare un progetto lì, abbiamo accettato, a patto che fosse una Eugenio Signoroni trattoria”. Ah, la trattoria. Ve lo ricordate quando ancora era scritto sull’insegna rossissima del Combal, ad Almese? Trattoria cioè piatti regionali da tutt’Italia, prezzi pop, zuppiere da condividere, descan- Ile flottante so. Il tutto nelle mani di Barbara e Ciuby, distaccati da Rivoli. Sono loro che si divertono a farti girare dal Veneto alla Sicilia, a esagerare com’era bello strafare ai tempi del boom quando si mangiava fuori mai, ma quando lo si faceva poi bisognava dormire tre giorni come pitoni. Un’osteria condotta da grandi cuochi. Una cosa nuova. Una cosa strana. Un Blupum, che infatti qui significa “mela blu” cioè uno diverso, un po’ matto. Poi i due ragazzi di Ivrea sono andati. Noi invece siamo tornati e ritornati, fino a una notte d’agosto. Barbara e Ciuby sono in ferie. A presidiare la trattoria, Davide. Si fa tardi. Il locale chiude, noi no: si sommano storie, Marlboro e bicchieri. Poi Scabin, dice “aspetta”: oggi gli han portato i conigli. Un salto di là. Una manciata di interiora, una di giardiniera, tutto in padella. E s’invera quel che ho sempre pensato: non c’è niente di meglio di un piatto semplice preparato da un grande cuoco. Poi tutti a Talponia, per il bicchiere della staffa. Ed è così che, alle 6.32, finisco su questo divano a guardare il bosco, un po’ come Le- opardi con la sua siepe. E penso che anche Olivetti è partito da qui per conquistare il mondo, decenni prima di Steve Jobs e della sua mela morsicata. Ora anche Ivrea ha la sua mela: è blu, ed è solo all’inizio della propria avventura. Good night. And good luck.

Luca Iaccarino

Blupum

Corso Botta 38 10015 Ivrea (TO) - Italia Tel: +39 333 3146158 www.blupum.com

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Andrea Petrini