PosteItaliane SpA-Spedizione inabbonamento postale-70% - Aut.GIPA/C/RM/04/2013 (Alessandro Siani) “Ma cos’è,‘a casa‘e Silvan?”. e l’armadio ascomparsa”. a scomparsa, il tavolo ascomparsa Mi consigliounletto disse:“Vi un nuovo tipo diarredamento. un loro designer per farmi consigliare quali l’Ikea. Andai aparlare con Siamo invasi da tendenze estere le caseinvece cambiano. Le mammesonosempre lestesse, (Alberto Sordi) avere dellagente estranea incasa. Non misposoperch é nonmipiace (Dino Risi) figlio delsindaco. L'ha progettata ungeometra, casa moderna. In ogniPaese c' è un’orrenda

Cose e case. Come sono le abitazioni degli italiani raccontate nei film? marzo 2020 | numero 49 |anno VIII NEI FILM? DEGLI ITALIANI RACCONTATE COME SONOLE ABITAZIONI COSE ECASE. di Bernardo Bertolucci Il cinemainBulgaria FOCUS Leone aRoma Fellini aRimini, MOSTRE conformista Il a 50annida ANNIVERSARI Social Movie INCHIESTE n°49 | marzo 2020

| € 5,50 Sul prossimo numero in uscita a maggio 2020

SCENARI La nuova serialità italiana

INNOVAZIONI Il MIAC e l'immaginario audiovisivo italiano

ANNIVERSARI a 50 anni da Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

FOCUS Il cinema in Repubblica Ceca editoriale

QUANDO IL CINEMA AIUTA A VIVERE MEGLIO

di GIANNI CANOVA

Strana la vita. Ci sono periodi in cui, per quanti sforzi tu faccia, sembra che nulla voglia girare per il verso giusto e altri momenti in cui invece, come per uno strano sortilegio, tutto gira alla perfezione. L’inizio del 2020 è stato per il cinema italiano uno di questi momenti “magici”: ha funzionato tutto. Sarà per l’effetto galvanizzante di Tolo Tolo, o forse per- ché Fellini si è convinto, per festeggiare il suo centenario, a fare il nostro santo in Paradiso, ma davvero non c’è quasi film che non abbia reso al sopra delle aspettative, da Ficarra e Picone a Özpetek passando per il Pinocchio di Matteo Garrone, e arrivando fino a Hammamet di Gianni Amelio e a Odio l’estate del trio Aldo Giovanni & Giacomo. Per non par- lare di film piccoli piccoli come 18 regali e Figli (arrivati l’uno poco al di sopra e l’altro poco al di sotto – al momento in cui scrivo – dei 3 milioni di euro), o del successo clamoroso e del tutto inatteso di uno youtu- bers-movie come Me contro te (oltre i 10 milioni di incasso, una cifra da capogiro per il cinema italiano). È il segno di un’inversione di tendenza rispetto al declino degli anni precedenti? Sono i primi frutti della nuova Legge sul cinema? Andare al cinema sta tornando di moda? Troppo presto per dirlo. Può anche darsi che sia solo una di quelle ondate casuali o occasionali che governano i flussi imprevedibili dei consumi culturali. Certo è però che il paesag- gio, una volta tanto, non ha nuvoloni neri all’orizzonte e il cielo sembra essere sereno. In questo quadro di complessivo ottimismo, con l’inizio del nuovo anno anche 8½ si rinnova, con l’ambizione di servire sempre meglio il mandato che si è attribuito: contribuire a rilanciare il cinema italiano e a farne un tassello imprescindibile nel dibattito culturale del nostro tempo. Da questo numero il lettore troverà perciò alcune nuove rubriche che indagano i rapporti del nostro cinema con tutta una serie di arti e discipline contigue (dall’arte alla musica, dal fumetto all’anima- zione), ma troverà anche un’attenzione costante, in ogni numero, alle sempre più numerose esperienze che fanno del cinema un fattore in- sostituibile di coesione o di riscatto sociale. Perché è questo, alla fine, che conta: al di là degli incassi, al di là della legittima soddisfazione per il successo, quello che ci preme è che il cinema riesca a insediarsi in modo stabile nel centro non solo del nostro immaginario ma anche di quelle pratiche che – in un modo o nell’altro – ci aiutano a vivere meglio. sommario

EDITORIALE 18 Fai bei sogni INCHIESTE CINEMA E... di Giona A.Nazzaro 01 Quando il cinema 40 Social Movie CINEMA E ARTE aiuta a vivere meglio 19 Malaparte, di Gianni Canova in collaborazione con Sky Arte di Gianni Canova la cupola del Deserto 60 Fatti non foste e socialite 42 Scendi la sedia, a viver come bruti di Walter Mariotti che porto il cinema di Nicole Bianchi SCENARI di Hilary Tiscione 22 Status, decoro Intervista 04 Dimmi dove vivi o necessità? 44 Il fattore H Roberto Pisoni e ti dirò chi sei di Silvana Annicchiarico di Claudio Fontanini di Gianni Canova CINEMA E MUSICA 24 Un pezzo di anima 46 Tu chiamale 62 La terza dimensione 06 Tra miseria e sogni di Ilaria Ravarino se vuoi Cinevasioni di Pasquale Catalano di abbondanza di Laura Delli Colli di Stefano Locati Interviste CINEMA E ANIMAZIONE 08 Il design dell’anima Fiorella Cicolini 64 Fidarsi delle nuove di Giulio Sangiorgio Giancarlo Basili REPRINT generazioni Alessandro Vannucci di Nicole Bianchi 10 Tra il fango e le stelle Paola Comencini 48 La sedia, strumento di Marcella Leonardi Sonia Peng espressivo di Alberto Intervista Sartoris da “Cinema”, Roberto Genovesi 12 Gabriele Muccino 30 Specchio dell’anima n. 30, 25 settembre 1937, Un tappeto etnico di Margherita Bordino pp. 206-208 per sentirti giovane di Andrea Mariani CINEMA E FUMETTO di Gian Luca Pisacane 32 Infanzia, adolescenza, 66 Le avventure di Remo sesso e morte Starr il cinenauta 13 Ferzan Özpetek di Francesco Castelnuovo testi di Gugliemino/Fumasoli Terrazze, scale RACCONTI DI CINEMA disegni di Mastrantuono e finestre di fronte 34 Case da cinema di G.L.P. di Stefano Stefanutto Rosa 52 Cornici di Luca Ferrando CINEMA E CIBO 14 Luca Guadagnino Interviste 68 La struncatura Piscina con vista Marco Belardi di Mimmo Calopresti di Fabiana Sargentini Nicola Giuliano di Andrea Gropplero Andrea Occhipinti ANNIVERSARI di Troppenburg 15 Paolo Virzì Andrea Paris Tv accese e libri ovunque 54 a 50 anni da di Nicola Calocero 36 Sai dove abita Il conformista CINEMA E ISTITUZIONI il cinema? 70 “Diamo valore 16 Cascine e casolari, di Alice Bonetti 54 Il conformista, alla diversità” tracce dell’identità tra storia di Sara Sagrati nazionale 39 Casa dolce casa e psicoanalisi di Beatrice Fiorentino a cura della redazione di Giorgio Gosetti Intervista Eva Sangiorgi 17 La villa, tra aristocrazia 59 : e parvenu il ricordo di un set 72 Un direttore giardiniere di B.F. al femminile al Torino Film Festival di G.G. di Cristiana Paternò

Intervista Stefano Francia di Celle SCANNER CINEMA ESPANSO GEOGRAFIE CONSTELLACTION!

74 A casa tutti bene 86 Federico, Tonino 96 Torino, visionaria, 102 L’innocenza dell’azzardo di Mariagrazia Fanchi, e la sfera d’acciaio concreta e bon e i legami di famiglia Maria Cecilia Murgia, di Nicole Bianchi di Oscar Iarussi di Simon&TheStars Maria Francesca Piredda, Viola Suzzani, Angela Tibaldi Intervista INTERNET Ariete – Carlo Lizzani Marco Leonetti E NUOVI CONSUMI Toro – Gabriele Muccino

FOCUS 90 Sogni e visioni 98 Visioni verticali. felliniane a Cinecittà È il futuro del cinema? 104 BIOGRAFIE 81 Hollywood dei Balcani, di Carmen Diotaiuti di Carmen Diotaiuti ma poche opportunità ai talenti locali 92 Leone, Kurosawa di Paola Casella e il pianoforte PUNTI DI VISTA di Morricone 84 Pochi ma buoni di Andrea Guglielmino 100 Movimento sì, di Bojidar Manov ma poco italiano 93 Viva il metacinema! di Pedro Armocida di Cristiana Paternò

94 Ennio chi? Il Babbo Natale delle idee di Rocco Moccagatta

Progetto Creativo ½ 8 In Redazione 19novanta communication partners NUMERI, VISIONI Carmen Diotaiuti E PROSPETTIVE Andrea Guglielmino Creative Director DEL CINEMA ITALIANO Consuelo Ughi Coordinamento redazionale Bimestrale d’informazione DG Cinema Designer e cultura cinematografica Iole Maria Giannattasio Valeria Ciardulli, Martina Marconi, Lorenzo Mauro Di Rese Coordinamento editoriale Iniziativa editoriale realizzata Nicole Bianchi Stampa ed allestimento da Istituto Luce-Cinecittà Arti Grafiche La Moderna in collaborazione con ANICA Hanno collaborato Via Enrico Fermi 13/17 e Direzione Generale Cinema Paolo Altibrandi, Silvana Annicchiarico, Pedro Armocida, 00012 Guidonia Montecelio (Roma) e Audiovisivo Alice Bonetti, Margherita Bordino, Nicola Calocero, Paola Casella, Francesco Castelnuovo, Pasquale Catalano, Registrazione presso il Tribunale Laura Delli Colli, Luca Ferrando, Beatrice Fiorentino, di Roma n° 339/2012 del 7/12/2012 Direttore Responsabile Claudio Fontanini, Mariagrazia Franchi, Gianmarco Fumasoli, Direzione, Redazione, Giancarlo Di Gregorio Giorgio Gosetti, Andrea Gropplero di Troppenburg, Oscar Iarussi, Marcella Leonardi, Stefano Locati, Bojidar Monov, Amministrazione Direttore Editoriale Andrea Mariani, Walter Mariotti, Stefano Mastrantuono, Istituto Luce-Cinecittà Srl Gianni Canova Rocco Moccagatta, Maria Cecilia Murgia, Giona A.Nazzaro, Via Tuscolana, 1055 - 00173 Roma Maria Francesca Piredda, Gian Luca Pisacane, Ilaria Tel. 06722861 fax: 067221883 Vice Direttore Responsabile Ravarino, Sara Sagrati, Giulio Sangiorgio, Fabiana Sargentini, [email protected] Cristiana Paternò Simon&TheStars, Stefano Stefanutto Rosa, Viola Suzzani, www.8-mezzo.it Angela Tibaldi, Hilary Tiscione Chiuso in tipografia il 27/2/2020 scenari DIMMI DOVE VIVI E TI DIRÒ CHI SEI

di GIANNI CANOVA

Sono le case che assomigliano a chi le abita o è l’abitante che finisce per assomigliare alla casa in cui vive? Nella sua inesauribile passione per gli interni domestici, il cinema italiano ha tracciato, a suo modo, anche una sorta di italica antropologia dell’abitare.

La Storia del cinema italiano, in fondo, è anche la storia delle case in cui registi, autori, scenografi e sceneggiatori hanno scelto di far vivere e abitare i loro personag- gi. Un esempio per tutti: la storia della famiglia Parondi in Rocco e i suoi fratelli (1960) di Luchino Vi- sconti racconta, fra le tante altre cose, anche il passaggio dal fred- do scantinato di Lambrate dove i fratelli bivaccano su brande di fortuna appena arrivati a Milano dalla natìa Lucania alla decorosa casa popolare di ringhiera in cui

scenari Cose e case nel finale festeggiano la vittoria dei personaggi che in quella de- sportiva di Rocco, ancora ignari terminata casa dovranno vivere e della tragedia che li sta per colpire abitare. In Benvenuti al Sud (2010) a causa di Simone. In molti film di Luca Miniero, ad esempio, la italiani la casa assume una con- casa del postino interpretato da notazione immediatamente pro- Alessandro Siani ha meravigliose tagonistica: La famiglia (1987) di piastrelle in cotto e una cucina attorno a due case unite da un ter- , ad esempio, è prima confortevole, calda e lumino- razzo in comune, in un bel palaz- di tutto la storia dell’appartamen- sa, con eleganti piatti decorati zo della vecchia Napoli, in piazza to del quartiere Prati di Roma, alla pareti. In Terraferma (2011) Ecce Homo, in cui abitano un che vede nascere e morire le varie di Emanuele Crialese, invece, i anziano avvocato interpretato da generazioni della famiglia che lo pescatori protagonisti vivono in Renato Carpentieri e la famiglia abita restando sempre identico a un pianterreno spoglio ma a suo di un ingegnere venuto dal Nord se stesso, al proprio decoro bor- modo elegante, molto minimal, e interpretato da . ghese, alla memoria depositata senza segni di indigenza o di bric- Di là la vecchia casa del vecchio nelle suppellettili e negli oggetti, à-brac arredativo. Tutto l’opposto avvocato, piena di libri, di mobili che restano lì, e continuano ad della casa di Cetto La Qualunque di mogano e legno scuro, sempre abitare le varie stanze, muti testi- in Qualunquemente (2011) di Giu- immersa nella penombra, nobi- moni dell’eterno fluire della vita, lio Manfredonia, dove l’eccesso le e decrepita e scontrosa come anche quando scompaiono gli di aspirazione borghese tracima l’uomo che la abita; di qui invece, umani che li avevano scelti, com- nell’opposto, nell’ostentazione un po’ rialzato rispetto al terraz- prati o costruiti. Un protagonismo sfacciata, nella bulimia arredati- zo, l’appartamento della famiglia analogo – per restare a Scola – è va, nel grottesco mobiliare, in una dell’ingegnere: più arioso e lumi- quello del caseggiato in cui abita sorta di ridanciano status symbol noso, con un divano color carta da Antonietta (Sophia Loren) in Una di un’Italia obesa e arricchita che zucchero, un grande televisore a giornata particolare (1977), grigio cerca di compensare con l’accu- schermo piatto, mobili più leggeri emblema architettonico di una mulo della quantità (di ori, sta- e provvisori. Le case, si sa, anche dignità popolare che rassetta il tue, capitelli, cristalli…) la propria nei film assomigliano a chi ci vive. quotidiano anche quando la Sto- scarsa familiarità con la qualità. Ma capita, a volte, che accada il ria imbandisce le sue tragedie, o la Molti autori del cinema italiano contrario e che siano gli umani terrazza del film omonimo (1980), sono poi, a loro modo, anche ar- che finiscono per assomigliare palcoscenico mondano di una redatori, e spesso hanno un loro alla propria casa. fauna umana che celebra lì i suoi mobile-feticcio, presente in quasi riti di riconoscimento e di osten- tutti i loro film: nell’arredo delle tazione, secondo una tradizione case dei film di , che dagli Anni ’80 arriva dritta sino ad esempio, è imprescindibile alle feste e ai party in terrazza di Jep la libreria, spesso Ikea, riempi- Gambardella ne La grande bellezza ta all’inverosimile di libri “veri”. (2013) di Paolo Sorrentino. Ce n’è una molto significativa A differenza del cinema america- in Aprile, mentre in Mia madre è no, che non perde occasione per addirittura la scena finale che si sbattere i suoi personaggi fuori di svolge davanti a una libreria. Ci casa e farli andare per il mondo, sono librerie nei film di Salvato- memore forse dell’antico noma- res, di Muccino, di Aldo Giovanni dismo dei pionieri e della loro e Giacomo, ma che io ricordi non antica abitudine al viaggio verso si è mai vista una libreria in un Ci- Ovest nelle praterie, il cinema nepanettone. Nei film di Ferzan italiano è invece tendenzialmente Özpetek, invece, l’oggetto d’arre- “sedentario”: i personaggi li chiu- do immancabile è il grande tavolo de dentro, li segrega nelle case e lì, da pranzo, quello che consente di negli spazi solo apparentemente imbandire le immense tavolate su rassicuranti di quello che Benja- cui si fanno le prove generali per min chiamava l’intérieur, studia la costruzione di famiglie allargate e stana comportamenti e muta- che pasteggiano con bicchieri di zioni, valori e disvalori, conflitti e cristallo, non solo a cena ma anche illusioni. A dominare, per lo più, è a colazione (Mine vaganti, 2010). un’ambizione diffusa e pervasiva Nel cinema recente, uno dei casi al decoro borghese e all’arreda- più interessanti è lo spazio abita- mento “benestante”, quali che tivo costruito da Giancarlo Basili siano la condizione economica per il film di Gianni Amelio La e il ceto sociale della famiglia o tenerezza (2017), tutto costruito

4/5 TRA MISERIA E SOGNI DI ABBONDANZA

di STEFANO LOCATI

Gli Anni ‘50

Gli Anni ‘50 sono stretti tra la volontà di ricostruzione, da un lato, e frequentano le due cugine protagoniste. Quella dove vivono, spoglia e l’esplosione del design e dell’estetica pop, dall’altro. Anche il cinema funzionale, è presentata dall’esterno, con una carrellata laterale che segue italiano, in questo decennio, è chiuso tra le istanze del Neorealismo e i personaggi spiandoli dalle finestre. Nello stesso palazzo c’è la casa di una l’emergere del cinema d’autore. È un periodo di cambiamento che ali- cartomante, colma di oggetti, con effetto barocco, tanto che a un certo menta una visione insieme tragica e aperta alla speranza della società punto una delle ragazze sbotta: “Sa cosa mi sembra la sua casa? Una bom- italiana. Specchio di questa società rimane la casa, che il cinema ritrae boniera”. C’è poi l’attico dell’artista, straripante cornici, sculture e quadri con insistenza, creando dei modelli visivi che evolvono di film in film. Si esposti gli uni sugli altri; o la casa dell’imbroglione, una stanza in affitto possono individuare tre filoni principali: la cruda rappresentazione del- di un’eleganza artefatta e di facciata, che contrappone volumi pregiati e la povertà, in un’estensione dell’estetica neorealista; l’esorcismo della busti a un misero fornellino a gas. Gli interni delle case sono espressione miseria tramite le armi della commedia; l’anelito a un miglioramento, delle personalità di chi le abita: in Un americano a Roma di Steno, la stanza con l’esposizione del lusso dell’alta borghesia. di un giovane ossessionato dalla cultura pop statunitense è un collage di Vittorio De Sica è probabilmente il regista che più si impegna nell’inda- poster di western e culturismo, comics, immagini di starlette, riviste, san- gare l’Italia in ricostruzione. In Ladri di biciclette la povertà è ovunque: tini di un’America d’esportazione – in contrasto con il resto della casa, più sia nella periferia di Roma, dove abita il protagonista, retaggio dell’ar- tradizionale, territorio degli esasperati genitori. chitettura urbana fascista, con case spoglie in cui bisogna portare l’ac- Ma c’è anche posto per un cinema che mette in scena il mondo dei qua da fuori con i secchi; sia in centro, dove il protagonista si avventura ricchi e dei privilegiati, spesso presentato tramite la lente del glamour alla ricerca della bicicletta rubata, con palazzi dal passato glorioso che dello spettacolo. In Bellissima, Luchino Visconti mostra le aspirazioni di nascondono interni bui, come la casa della veggente, che affastella san- una madre che non è riuscita a diventare attrice e ora vuol far vincere un tini, icone sacre, croci e rosari in un’esposizione esasperata di credulità concorso di Cinecittà alla figlioletta. Vive in un modesto seminterrato popolana. Gli interni vetusti delle abitazioni sono all’opposto della bru- alle pendici di un palazzo popolare, con mobili sporadici e scombinati, licante e vitale attività degli esterni. In Umberto D. De Sica mette in sce- in un ambiente assediato dai rumori esterni. La magia del cinema è qui na il contrasto tra la povertà disperata dell’anziano protagonista, con la la metafora di un’aspirazione alla bellezza però puntualmente tradita. sua minuscola stanzetta in affitto, e le ambizioni da borghesia sofistica- Si susseguono in effetti film che presentano il sogno di affrancarsi dalla ta della padrona di casa, che tiene convegni per amatori della lirica nel povertà grazie al cinema, come in Il viale della speranza di Dino Risi o La salotto sfarzoso ed effimero. La casa, solo apparentemente sontuosa, signora senza camelie di Michelangelo Antonioni: quest’ultimo vede una è in realtà infestata da ratti e formiche. La povertà si trasforma in alle- ragazza passare da una bottega sartoriale a fare l’attrice. La villa dove va goria fiabesca in Miracolo a Milano. Il giovane orfano protagonista aiuta ad abitare col marito, un produttore geloso, è austera e fredda: imita lo un gruppo di sbandati a erigere una pittoresca baraccopoli. Le casette stile hollywoodiano, dipanandosi su due piani, con scale e salone d’in- sbilenche che vengono innalzate sono una parodia di quelle reali. L’af- gresso imponenti, ma mescola arditamente colonnati classici e richia- fondo più sentito di De Sica sul problema della casa rimane comunque mi al design moderno, un cozzare di stili che rispecchia il traballante il programmatico Il tetto. Il film segue le tribolazioni di una coppia di legame tra i due. Antonioni si presenta già come il cantore del disagio neo-sposini in cerca di uno spazio proprio: non lo trovano né nella po- della borghesia. In Cronaca di un amore segue una donna povera sposa- vera casa sul mare dei genitori di lei, né nella affollata casa del cognato tasi con un ricco industriale che non ama, ora combattuta dai sentimen- di lui, dove la famiglia allargata vive sotto assedio dei letti, che occupa- ti per una vecchia fiamma. Il contrasto tra i due mondi è reso esplicito no ogni centimetro disponibile. Alla fine, si convincono a costruire una dagli ambienti che i due amanti abitano. Lei vive in una casa sfarzosa, casa abusiva, da erigere in una sola notte: ne nasce un minuscolo tugu- pingue, colma di specchi, tessuti pregiati, con lampade elettriche sem- rio, stretto tra la ferrovia e un fiume-discarica. pre accese. Lui invece si sposta da una camera in affitto all’altra, in spazi Negli stessi anni emerge uno sguardo più disimpegnato che trasforma angusti che trasudano solitudine e fallimento. Le amiche presenta in- la povertà in farsa. In Poveri ma belli Dino Risi mette in scena una Roma vece un gruppo di donne borghesi che vivono nella noia e nello sfarzo, borgatara all’occorrenza solidale. I due aitanti protagonisti, seduttori in perenne movimento tra feste sulla spiaggia e locali: una delle poche impenitenti, abitano in modeste casette di ringhiera attigue. Uno dei abitazioni che si vedono è l’elegante pied-à-terre di una di loro, dall’ar- due si dà persino il turno in camera con un lontano parente che lavora chitettura elaborata, luogo di svago e di incontri clandestini. Una cura di notte e dorme quando lui è in giro a bighellonare. Ne Il segno di Venere per l’arredo e lo sfoggio di dettagli che si svilupperà con prepotenza nel Risi elabora invece una serie di stili accentuati per le diverse case che decennio successivo.

scenari Cose e case 6/7 IL DESIGN DELL’ANIMA

Gli Anni ‘60

di GIULIO SANGIORGIO

Lo dice Antonio Costa, nel suo fondamentale La mela di Cézanne e l’ac- to alla mostra del proprio livello cendino di Hitchcock: “negli Anni ‘60 e ‘70 il paesaggio del Neorealismo, sociale, certo, ma guardate, ec- così legato alle contingenze storiche e produttive, diventa domestic coli, entrano in scena oggetti dif- landscape, frutto della nuova cultura del progetto”. Dal paesaggio esterno ferenti. Lavatrici, lavastoviglie, all’interior design. E il progetto? Cos’è? Una questione di interni dome- aspirapolveri. Televisioni. Im- stici e, insieme, interiore. C’è il cinema di Michelangelo Antonioni, a di- pianti hi-fi. Prodotti alimentari da mostrare tutto ciò: perché nel suo cinema gli interni sono filmati come supermercato. Con il loro packa- gli esterni. E viceversa. Pensate al trattamento di riverniciatura delle ging, i loro loghi. Entra in scena cose e dei luoghi di Deserto rosso. Ai muri sfiorati da Lidia in La notte: l’oggetto seriale. O “seriabile”, per non sono forse, come ricorda Bruno Di Marino, quadri astratti quanto dirla con Gillo Dorfles. Cambia la quelli appesi alle pareti di L’eclisse? È la psicologia stessa dei personaggi cucina, cambia il salotto. Diven- a essere opaca: sono le linee, i pesi, la composizione del quadro e dell’in- tano luoghi da abitare, adibiti a far quadratura, a darle forma. È il disegno. Il design (dell’anima). Il progetto esistere il tempo libero, per tutti. della casa negli Anni ‘60 è il futuro, un futuro finalmente pensabile, nel Luoghi in cui bere un cocktail, presente del boom economico. Lo rappresenta perfettamente Elio Pe- per esempio (e dunque eccoli, in tri, in La decima vittima, sci-fi retrofuturista, museo di oggetti di design, tantissimi film, i mobiletti simil distopia di un possibile mondo spettacolare, televisivo, pubblicitario bar). In cui ascoltare musica con che non è lontanissimo dal presente. Una questione di mobilio e sta- gli amici. Lounge music, si chiama: tus symbol. D’arredamento. Di oggetti. Elettrodomestici bianchi, dopo ovvero i ritmi jazz o bossa nova di i telefoni bianchi. Di linee, colori. Forme e firme. E di legami sociali. Di Piero Umiliani, di Piero Piccioni, benessere mostrato, in mostra, anche e soprattutto in casa. Di pubbli- di Riz Ortolani, di Armando Tro- cità, in ogni senso possibile (per seguire il percorso di mutazione an- vajoli? Musica d’ambiente. E di tropologica attuato dalla pubblicità sul corpo sociale è utile recupera- milieu. Per dirla con Jacques Bau- re tre titoli: Le tentazioni del dottor Antonio di , episodio drillard: “Ciò che viene consuma- di Boccaccio ‘70 [1962], Lo scatenato di Franco Indovina [1967] e Hanno to non è l’oggetto, ma piuttosto cambiato faccia di Corrado Farina [1971]). La casa è cambiata: allaccio il rapporto stesso”. Così, per non del gas, dell’acqua, dell’elettricità, sono solo i prodromi, le premesse e tornare sempre e solo a Pasolini, promesse. Persiste l’antica idea del salotto come di un luogo deputa- alla cronaca della scomparsa di

scenari Cose e case IL DESIGN DELL’ANIMA una classe sociale omologata in l’assassino Mario Bava racconta di nome di un comune mito borghe- sadismo: e lo fa rendendo incon- se e consumista, riprendiamo un fondibili, sin dalle prime inqua- film di Vittorio De Sica, Il boom drature, donne e manichini. Cose con Alberto Sordi: la storia di un e persone. Il suo Diabolik, alla fine impiegato che, per poter mante- del film è ridotto a una statua. A nere una vita agiata (molto agiata) un costosissimo souvenir. Am- per se stesso e soprattutto per la miccante. Dino Risi, in Vedo nudo, bella e giovane moglie, decide di mette in scena la storia di un pub- vendere nientepopodimenoche blicitario (Nino Manfredi) che, un organo. E non uno qualsiasi, per eccesso d’esposizione a im- attenzione: un occhio (poi arri- magini di donne svestite, finisce veranno, in questo processo di per vedere (e anche qui il proble- mercificazione incarnata, l’orec- ma è in primis dell’occhio) tutto chio di Sissignore di Ugo Tognaz- l’universo femminile circostante zi, nel ‘69, e gli organi genitali di privo di veli. E per essere impo- Il trapianto di Steno, nel ‘70). La tente, per abuso d’eros mercifica- negoziazione, dunque, concerne to, per una confusione del deside- in primis la vista, il visibile. Fateci rio tra immagini, cose e persone. caso: nessuno, nel film, chiede Il suo appartamento è ricolmo di quale sia la causa dell’improvvisa oggetti di design (una radio TS 522 ricchezza del protagonista de Il Brionvega, un telefono verde Co- boom. Non conta ciò che sta die- bra Ericofon, e soprattutto la pol- tro. L’importante è che lo status trona Elda di Joe Colombo). Una sia esibito. Vedibile. In superficie. donna commenta: “casa interes- In Sissignore è il protagonista stes- sante. Le somiglia: elegante, acco- so, Tognazzi, a non capire come il gliente, libertina, banale”. Questo padrone produca denaro per lui: interno, è un problema interiore. non conta il processo, ma il risul- Come si vede anche in La matriar- tato. Il consumabile. L’oggetto, ca di Pasquale Festa Campanile, la con la sua aura, e non i processi merce e il suo design han cambia- produttivi. L’impero della cosa, to, spostato (ma anche spossato) dell’arredo, del décor, comporta il desiderio. Il decennio è chiuso una risposta morale, da parte del simbolicamente da Dillinger è cinema: come poi Piero Schiva- morto di Marco Ferreri: gli oggetti zappa nel suo cine-museo del de- e la casa, qui, sono letteralmente sign Femina ridens, in Sei donne per l’alienazione del protagonista.

8/9 TRA IL FANGO E LE STELLE

Le periferie

di MARCELLA LEONARDI

Il cinema italiano ha trasfigurato il concetto di margine in immaginari antinomici, mondi tra il fango e le stelle dove le leggi del consorzio uma- no sembrano scomparire, lasciando un vuoto - infinito - in cui le crea- ture si dibattono tra stato angelicato e stato bruto. Una condizione pri- migenia e pulsionale, antecedente alla razionalizzazione d’una morale. Allestite con l’estro fantastico di un dipinto di Bruegel, le baracche di Miracolo a Milano (1950) sembrano appartenere a un paradiso a rove- scio (e ci vorrebbe forse la Scala al Paradiso, 1946, di Powell e Pressbur- ger, per discendervi): in un bianco e nero denso di nuvole e nebbie, bril- la nell’aria la presenza di una santità come stato infantile non corrotto. I protagonisti attraversano senza turbamenti condizioni sovrannatu- rali: un raggio di sole è presenza divina; una bianca statua prende vita come nelle fantasie di Cocteau; l’incontro quotidiano è con gli elementi primari - l’acqua, il fuoco - nei confronti dei quali si rinnova quotidiana- mente una reazione di stupore misterico.

scenari Cose e case L’umanità dei “dimenticati” di De periferia è una ferita aperta, una Sica trae piacere dalla vita al pun- striscia orizzontale che porta su to da godere anche del proprio di sé i segni della violenza: palazzi piccolo rifugio di fortuna, spes- abbandonati, terra inselvatichita, so ricavato da vecchi lamierati e ristagni e sterpaglie. L’umile ne- talmente piccolo da impedire la gozio di Marcello, con la sua esile posizione eretta: sono spazi del vetrina incassata nella parete, lo sonno, alvei materni da cui cer- zerbino colorato, la porta così fa- care, ogni giorno, di rinascere. La cilmente scassinabile, è un invito baracca è “casa”, inserita in un pa- alla violazione: fuori regna il vuoto esaggio ludico, mentre il bianco post-apocalittico di Castel Voltur- della neve ha una gentilezza me- no, un sogno ormai perduto e co- tafisica: De Sica individuava nella stellato di luci al neon. sua periferia la Grazia salvifica. In un quadro del tutto antitetico Castel Volturno è margine estre- troviamo il cupo, osceno circo mo e simbolico: il cinema italiano di freaks di Brutti, sporchi e catti- ne è attratto. Il regista Edoardo de vi (1970) di Ettore Scola: lo stato Angelis vi torna più volte, ambien- pulsionale è tensione al basso, tra tandovi Indivisibili (2016) e Il vizio rifiuti e deiezioni corporali. Scola della speranza (2018): la sua sensi- apre con un piano sequenza che bilità sembra captarne l’orrore e è uno squarcio d’inferno: la mdp la bellezza, per reinventarlo in un attraversa un budello esistenziale “centro del mondo” colmo di om- in cui corpi ammassati dormono, bre e di presenze sovrannaturali, scopano, allattano neonati, in un costantemente sull’orlo del collas- eccitamento ripugnante di sensi, so. Le baracche sembrano spro- tra odori, carni avvizzite, giovi- fondare nell’acqua, la pioggia batte nezze corrotte. Con uno sguardo incessantemente creando buche pessimista, alieno da idealismi e acquitrini. Ponteggi, percorsi ac- intellettuali e ideologie pregiudi- cidentati rendono l’esistenza un ziali, Scola allestisce lo spettacolo continuo attraversamento; la casa di una baraccopoli come “fogna” è un impossibile ritorno, simbo- dell’umanità, agglomerato indi- leggiato da pochi oggetti familiari. stinto di rifiuti, rottami, buchi abi- Ma lo sguardo contemporaneo tativi. La regia privilegia la ripresa più poetico appartiene ad Alice in continuità, senza stacchi: non Rohrwacher. che in Lazzaro fe- c’è un vero confine tra gli spazi lice (2018) irradia di luce i suoi ma una contiguità perversa, per reietti, abbandonati dal tempo cui all’interno di una catapecchia e dalla storia. Privati di identità si può consumare il sesso o defe- e trasformati in eterni viaggiato- care mentre una motocicletta at- ri, i suoi personaggi approdano traversa la stanza. La luce sembra sul lembo estremo di una grande eludere gli interni, condannati a città e fanno di un vecchio silos un’eterna penombra, al nero in affacciato sulla ferrovia la propria cui affiora il cupo sentimento in- misera abitazione. L’allestimento teriore di chi li abita. dell’interno testimonia come non La ricerca - estetica ed etica - che abbiano abbandonato i codici di metaforizza l’indefinito delle pe- una vita di Fede: tra santini appe- riferie in una condizione dello si alle pareti, condivisione, unità spirito torna centrale in tanto ci- familiare, ricordi salvati alla con- nema recente: in Bellas mariposas sunzione del tempo, la baracca (2012) di Salvatore Mereu la peri- conserva una dimensione di inte- feria assurge a metafora dell’ado- grità e un proprio estro fantastico. lescenza, è già ricordo, nostalgia, Si coglie, in questo spazio colmo e si consuma negli spazi aperti di di contraddizioni - gli oggetti ru- una Sardegna selvaggia e scabra, bati, le superstizioni, le palpabili nel cemento delle strade o in cam- correnti amorose - l’irrazionali- po battuto dal vento. tà pirandelliana dell’esperienza Sospeso sul limitare della mor- umana; e non resta che l’eternità te è il mondo che ansima, come della luna ad avvolgere di conso- un fantasma attaccato alla vita, lazione queste vite ai margini del- in Dogman (2018) di Garrone. La la vita stessa.

10/11 UN TAPPETO ETNICO PER SENTIRTI GIOVANE GABRIELE MUCCINO

di GIAN LUCA PISACANE

L’appartamento. Già Billy Wilder nel 1960 utilizzava un bilocale per sottolineare il cinismo della società, l’aspetto ridicolo dell’uomo co- mune. Con che scolava gli con una racchetta da tennis. Le abitazioni nei titoli: Tutti a casa, La gatta sul tetto che scotta, La terrazza, per citarne alcuni. E poi naturalmente A casa tutti bene di Gabriele Muccino. Una splendida villa a picco sul mare (un richiamo a Ricordati di me), una festa che si trasforma in un campo di battaglia. Tutto gira intorno al “salone”, dove troneggia un pianoforte. Gianmar- co Tognazzi intona Margherita di Riccardo Cocciante e per un attimo riunisce la famiglia. Ma l’ultima inquadratura del film sarà su quella stanza ormai vuota. Nel cinema di Muccino le case sono la chiave per comprendere i suoi personaggi. Alla fine de L’ultimo bacio Stefano Ac- corsi diceva: “Decidi che la fase dell’eterna adolescenza è finita, e che è ora di crescere. E allora tutto cambia. Avrai una casa più grande, la piscina, il garage col posto auto, il prato curato, il portico fiorito e le porte smaltate, il frigorifero sempre pieno per non sentirti povero, un tappeto etnico per continuare a essere giovane, le finestre da cui entra il sole”. I dettagli e l’apparire delineano il carattere. Nelle prime scene di Ricordati di me, ci viene mostrata la città, poi il quartiere, la facciata del palazzo e gli interni. È una discesa nel particolare. Le tende rosse di Ecco fatto mettono in risalto la passione tra i protagonisti, il quadro con la tigre vicino al letto dei due amici in Come te nessuno mai anticipa la grinta dell’occupazione della scuola. Il Muccino italiano dipinge rifugi borghesi, ben arredati, pronti a esplodere. Quello americano gioca con gli opposti, alterna il lusso alla disperazione. Will Smith ne La ricerca della felicità è costretto a stare col bambino nei dormitori per i senzatet- to, Russel Crowe viene ricoverato per mesi in Padri e figli. E la tragedia è dietro l’angolo: la roulette russa di Claudio Santamaria con la pistola del padre (Baciami ancora), la velenosissima medusa nella vasca da bagno (Sette anime). Pareti bianche, corridoi spogli (se il beniamino di turno è in crisi) o ben arredati. Tenute che sembrano uscite da Sabrina, come in Quello che so sull’amore. Ma gli Stati Uniti sono anche un luogo di incontro, di comunione. I muri che circondano i ragazzi de L’estate addosso delineano un mondo, sono quasi un confine. Pronto a dissol- versi sulle spiagge cubane dove regna la libertà.

scenari Cose e case TERRAZZE, SCALE E FINESTRE UN TAPPETO ETNICO PER SENTIRTI GIOVANE DI FRONTE FERZAN ÖZPETEK di G.L.P.

“Nella California del Nord troverà molte case isolate che assomigliano a quella di Psyco. Sono fatte con uno stile che si chiama gotico californiano, e quando è particolarmente brutto si dice anche pan pepato californiano”, spiegava Hitchcock a Truffaut ne Il cinema secondo Hitchcock. Le abita- zioni sullo schermo accompagnano l’azione, sono la tela su cui il pittore fa svolazzare il pennello. E nel caso di Ferzan Özpetek si parla di affre- schi spesso venuti dal passato. Pa- lazzi storici, ville meravigliose, luoghi d’incontro, di passione. È la tavola, la convivialità del cibo, a fare da epicentro della storia. In Saturno contro, Luca Argentero ha un malore durante un pasto tra amici, e in Mine vaganti è durante un pranzo che Alessandro Preziosi rivela la sua omosessualità. E anche ne La finestra di fronte lo smemorato pasticcere recupera il contatto col mondo preparando qualche leccornia. Famiglie allargate, quotidianità che deflagrano, dove le finestre sono uno strumento di comunicazione. L’attrazione tra Giovanna Mezzogiorno e Raoul Bova scatta guardandosi da un palazzo all’altro, ne Il bagno turco le vicine urlano le ultime news da un’inferriata a un balcone. Cinema di atmosfera, di sentimenti, dove anche le pareti trasudano mistero. Sui muri della tenuta di Cuore sacro, la madre della protagonista aveva sintetizzato i passi di tutte le religioni che cono- sceva. All’opulenza dei drappi rossi alla Visconti, degli splendidi broccati, si contrappongono i corridoi spogli, i marmi bianchi degli hammam. E i punti di congiunzione sono le scale. Non è un caso che nelle prime sequenze de Il bagno turco ci sia una “governante” che sale i gradini per scoprire la morte della padrona. Nei film di Özpet- ek, le scale rappresentano un’elevazione del personaggio, che sta per dare una svolta alla propria esistenza, af- frontare un punto di non ritorno. In Napoli velata sembrano quasi richiamare La donna che visse due volte. E infine gli ampi spazi, le terrazze (quasi speculari quelle de Le fate ignoranti e La dea fortuna), la dimensione comunitaria che si mescola con l’arte. Dietro a un quadro si può nascondere una rivelazione, come ci suggerisce anche il titolo Le fate ignoranti, oppure le tracce di un tradimento (ne fa le spese Edoardo Leo ne La dea fortuna). Roma, Napoli, Istanbul, la Puglia, la Sicilia. Ma forse gli inquilini più “strani” li deve sopportare Elio Germano in Magnifica presenza: sono i fantasmi di una compagnia teatrale. Non una casa, ma un palcoscenico.

12/13 PISCINA CON VISTA LUCA GUADAGNINO

di FABIANA SARGENTINI

La casa è come il cane: con il tempo comincia ad assomi- gliare al padrone. Abitando gli spazi si lasciano impronte, si marcano zone, si lasciano scie luminose che raccon- tano di chi li vive. Ricostruire un’abitazione in un film è compito dello scenografo che, in combutta con il regista, disegna nelle stanze di un personaggio le tracce che si presume abbia lasciato negli anni. Le scene, gli ambienti, le location sono fondamentali nel cinema: gli scenografi spendono tempo a trovare gli oggetti che rendono unico un personaggio, regalano una memoria allo spazio.

In Io sono l’amore, Luca Guadagnino sceglie di rac- contare l’abbiente famiglia Recchi, imprenditori da generazioni, attraverso la loro dimora: Villa Necchi Campiglio a Milano, prestigiosa magione ultimata nel 1935 dall’architetto Portaluppi, su incarico della ricca famiglia Necchi Campiglio, parte della borghesia indu- striale della Milano Anni ‘30. Tutto ciò che accade tra quelle mura si impregna del colore ligneo del mobilio, del gelo dell’argenteria da tavola, dell’altera scalinata, delle finestre sulla piscina (testimone del dramma fa- miliare ultimo), attraverso un dentro/fuori tra interno e giardino che ricorda l’abisso in cui si trova Wendy (Shelley Duvall) in Shining (Stanley Kubrick, 1980) mettendo il naso fuori dall’Overlook Hotel.

Chiamami col tuo nome. Una famiglia inglese della ricca borghesia passa ogni anno le vacanze in Italia in una villa nel Cremasco. Un ragazzo e un giovane uomo s’incontrano per un’estate d’amore. Intorno alla casa ruo- tano personaggi, situazioni, peccati commessi o desiderati. La soffitta dove accade ciò che segna tutti per sempre; la sala da pranzo dove si svolgono accese discussioni politiche filosofiche storiche; la piscina (in pie- tra, così piccola che ogni sette bracciate devi fare dietro front, come in Io ballo da sola), il giardino. Primi baci, primi amori, prime volte. Da sempre bertolucciano, dal grande maestro Guadagnino assorbe il lirismo dello sguardo non giudicante, un modo di tratteggiare nei dettagli tutti al loro posto, la possibilità di verità di perso- naggi ambigui, spesso indecisi, sempre bruciati da folle desiderio.

In Guadagnino la casa diviene antropomorfa, a tutti gli effetti ennesima protagonista della pellicola. Luoghi che parlano dell’anima, parlano all’anima. Come il padrone comunica a parole con l’animale domestico, la casa, le pa- reti, il soffitto, i pavimenti, parlano agli abitanti in un continuo scambio di comprensione ed equivoci che è la vita. Chiamami col mio nome: casa.

scenari Cose e case TV ACCESE E LIBRI OVUNQUE PAOLO VIRZÌ di NICOLA CALOCERO

Si presenta come uno spazio scenico ben definito su cui si proiettano, e si completano, le caratterizzazioni dei vari personaggi. Le case dei film di Paolo Virzì non rivestono una posizione dominante all’interno dell’economia della pellicola e non presentano mai un ar- redamento ostentato e marcato. Fedele a queste caratteristiche la casa riesce però, sempre, a ritagliarsi una dimensione centrale per lo svilup- po della trama. La casa si rivela a tutti gli effetti un elemento narrativo di contorno ma con una sua precisa identità e dignità che, pur non vivendo di luce propria, ma sempre di luce riflessa, si risolve sempre estrema- mente funzionale alle azioni dei personaggi. Dagli appartamenti operai di Piombino del primo film (La bella vita, 1994) ai salotti borghesi capito- lini della sua ultima fatica (Notti magiche, 2018), la casa nel cinema di Vir- zì mantiene questa solida coerenza narrativa. Più sono popolari le classi che la vivono, più la casa si mostra accogliente e solare. In questo micro- cosmo troviamo solo la televisione a farsi notare. Molto spesso lasciata accesa, si percepisce come elemento perturbante e non come moderno focolare. Non a caso il suo cinema attraversa in parallelo la Storia della nostra seconda repubblica. Come risposta a questi anni complessi, i pro- tagonisti dei suoi film sono spesso dei sognatori carichi di aspettative, incastrati nel loro “romanzo di formazione” e forse per questo - più che nella scenografia di altri autori della sua generazione - troviamo sempre la presenza dei libri. Sono per Virzì un oggetto altamente simbolico, non solo nelle camere animate di illusioni e speranze degli studenti fuori sede/fuoricorso o nei salotti delle conventicole fra gli intellettuali: una forte presenza di libri si nota persino nello studio romantico dell’aspi- rante tirannicida di Bonaparte in N- Io e Napoleone (2006). Sono nel suo cinema gli elementi più rassicuranti in scena, forse anche per questo li troviamo disseminati in un elegante disordine sempre vicini e a portata di mano. I libri vivono isolati e distanti, freddi e reclusi in algidi scaffali solo nelle case borghesi, arredamenti che con le loro geometriche sim- metrie e con i loro colori più spenti riflettono le negatività e la distanza dei personaggi che le vivono. Rigide e respingenti queste case identifica- no così quel mondo antagonista che l’idealismo dei personaggi di Virzì spesso riesce ad affrancare.

14/15 CASCINE E CASOLARI, TRACCE DELL’IDENTITÀ NAZIONALE

di BEATRICE FIORENTINO

La Cascina Roggia Sale, nella Bas- pagne dell’Alto Lazio, in una lo- estrazione sociale. Ma i casali, sa bergamasca, scelta e adattata calità di Canale Monterano, sede nel nostro cinema, non sono ne- da Ermanno Olmi per restituire, dell’armonioso gineceo interge- cessariamente legati al racconto tra fango e nebbia, le fatiche della nerazionale con sguardo al futuro della vita dei campi. Al contrario, (dura) realtà della vita dei campi di Speriamo che sia femmina. attraversano i generi: dal gotico ne L’albero degli zoccoli o il “caso- Non deve sorprendere che in un padano di Pupi Avati al cinema lar de noattri” nella campagna Paese dalla forte tradizione rurale d’autore di Bernardo Bertoluc- dell’Aretino, arredato col gusto come il nostro, anche il cinema ci, dal dramma storico di Paolo e nazionalpopolare dell’uomo della torni spesso a esplorare le sue ra- Vittorio Taviani alla commedia porta accanto, dove nel 1996 si è dici: la terra, trovando nei luoghi popolare di Monicelli (e Verdone, abbattuto, inatteso, Il ciclone Pie- della cultura contadina e nelle sue Genovese, Virzì…). Ce n’è per tutti raccioni. Un casolare rustico arre- architetture tipiche come le casci- i gusti. Il casolare italiano accoglie dato al minimo, spartano, scrosta- ne, le fattorie e i casolari, tracce ogni grado della scala sociale e to, sospeso tra realismo magico e della memoria, dell’identità na- qualsiasi atmosfera: spogli, tetri, ossessioni naturaliste, dove abita zionale, della Storia. In Novecento luoghi del terrore e immersi nelle una famiglia di apicoltori in fuga la cascina (Corte delle Piacentine, brume del Po (La casa dalle finestre dal caos della città (Le meraviglie), a Roncole Verdi, un piccolo bor- che ridono), possono essere povere ma anche “l’Inviolata”, la pro- go nella Bassa parmense), tipico abitazioni contadine prive del mi- prietà (di fantasia) della marche- esempio di antica corte padana, nimo comfort ma anche eleganti, sa de Luna, mezzadra fuori tempo coi suoi fienili, i porticati e la gran- accoglienti, opportunamente ri- massimo in Lazzaro felice. I casali, de aia centrale, più che scenario strutturate e trasformate - specie nella produzione cinematografica diventa essa stessa protagonista a partire dagli Anni ‘80 e ‘90 - in italiana, abbondano e attraversa- del film, il simbolo di un’Italia che residenze estive per la borghesia no il Paese in lungo e in largo. Dal- cambia con il cambiare dei perso- benestante (Io ballo da sola, Call Me la zona del Chianti dove sboccia naggi Alfredo Berlinghieri e Olmo By Your Name), mete raffinate per l’amore tra i giovani protagonisti Dalcò, avvicinati dal destino, uniti intellettuali di buon palato. di Con gli occhi chiusi, alle cam- dall’amicizia, divisi dalla diversa scenari Cose e case LA VILLA, CASCINE E CASOLARI, TRA ARISTOCRAZIA TRACCE DELL’IDENTITÀ E PARVENU

NAZIONALE di B.F.

Luogo esclusivo, appartato, di- della (vera) famiglia dell’attrice e stante, simbolo del privilegio eco- regista. Nelle scale in marmo e nei nomico e sociale di chi vi abita, la parquet, le porcellane, l’argente- villa al mare, nel cinema italiano, ria, come nel vuoto chiacchieric- incarna uno status. Appartiene a cio che accompagna pranzi e cene una élite: alla buona borghesia, in giardino, si specchia un deserto agli industriali, ai pochi superstiti di principi e di affetti, segnale ine- di una nobiltà in via d’estinzione. sorabile della fine di una classe e In ogni caso, senza eccezione, ai di un’epoca. Villa Gancia, a Forio, “ricchi”. Sono dimore ampie, ar- vicino a Ischia, dov’è ambientato redate con gusto e finiture di pre- A casa tutti bene, con l’ampio sa- gio che assecondano la moda dei lone centrale e il pianoforte che tempi. Anche i particolari, ogni i proprietari non sanno suona- oggetto, quadro, mobile, sopram- re, è invece il regno dei parvenu. mobile o tappeto, è lì per ribadire Acquistata con i risparmi di una una superiorità di mezzi, quasi mai vita di lavoro, è l’emblema di un di valori. Forse è questa “esclusi- riscatto sociale ma non morale. vità” a renderla una location tutto Elemento ricorrente: la presen- sommato occasionale nel nostro za della piscina, optional deluxe cinema, poco frequentata per- che contribuisce ad accentuare ché lontana dallo standard di vita la distanza dalla “normalità”. Ne dell’italiano medio per potervisi L’estate del mio primo bacio, in cui in qualche misura riconoscere. si racconta l’infatuazione di una Non a caso la vacanza al mare, ragazzina per l’addetto alla ma- nell’immaginario collettivo, e di nutenzione in una villa all’Argen- riflesso anche in quello di cellu- tario, dove l’arredamento tende loide, è quella del ceto popolare, all’accumulo (quasi una filosofia sulla spiaggia, dove le differenze di vita negli Anni ‘80 in cui è am- sociali si annullano. Quando c’è, bientato il film), questo è addi- la villa rimane decentrata e appar- rittura l’elemento simbolo del tiene ai “cummenda”, si viene be- divario tra le classi. E in A Bigger nevolmente accolti e rapidamen- Splash, a Tenuta Borgia, immersa te congedati. Raramente la villa al tra gli alberi e i di Pantelleria, mare è teatro stesso del racconto, minimal-chic, gusto contempora- ma quando accade l’ambienta- neo come si addice a una rockstar zione acquisisce un ruolo chiave, e al suo entourage, la piscina non è centrale rispetto all’azione. Nel solo espressione di privilegio, ma recente e disperato I villeggian- il centro di geometrie di sguardi, ti, la residenza estiva di Valeria desideri, pulsioni e morte. Mica Bruni Tedeschi in Costa Azzurra roba per tutti. è addirittura l’estensione fisica

16/17 FAI BEI SOGNI Nel passaggio dal Neorealismo alla Commedia, il territorio nazionale cede il campo all’esplorazione degli interni. La cartografia degli appar- di GIONA A.NAZZARO tamenti è in fondo l’epica della classe media che si afferma come potere d’acquisto e presenza politica. Nel cinema di Risi, soprattutto, in Moni- celli, e in Scola, gli interni diventano l’esteriorizzazione di una percezio- ne e rappresentazione del mondo che si sognava come un boom infinito (basti pensare a Poveri milionari). “Il tigre” Gassman è il corpo per ec- cellenza che abita questi spazi opulenti come un’estensione di un siste- ma nervoso centralizzato (per dirla con McLuhan) che in fondo stava Nel cinema italiano già sull’orlo di una crisi di nervi. Non è un caso che all’indomani degli Anni ‘70, con l’emersione del protagonismo studentesco, il cinema tor- più interessante ni per le strade e gli interni diventino il controcampo di una situazione di crisi irrisolvibile, opposizione esemplificata in Caro papà nel quale degli ultimi anni, Stefano Madia abita la maestosa casa paterna come una prigione. Che quello di Carpignano, gli interni borghesi affondassero le loro radici negli umori meno nobili della storia patria lo chiariscono sia Risi in Anima persa (i rigurgiti anti- Rohrwacher, Marcello, rinascimentali di Gassman) che il Lattuada di Venga a prendere il caffè da noi, dove l’occupazione della casa da parte di Tognazzi è rappresentata Di Costanzo, la casa come l’affermazione di un revanscismo priapico rancoroso. Con l’av- vento degli Anni ‘80 e la relativa “sparizione del cinema italiano” le case scompare e ritorna diventano lo sfondo delle soap e poco altro. Come se l’affermazione di prepotentemente una classe sociale unica – una borghesia paradossalmente interclassi- sta – avesse perversamente realizzato il sogno della società senza classi. il territorio. Questa assenza di interni, caratteristica del cinema che si fa a Roma, fa sì che in fondo non ci sia differenza alcuna fra gli interni dei film di Özpetek, Muccino, Virzì, Archibugi. Anche in Perfetti sconosciuti di Ge- novese, l’appartamento nel quale si consuma il film è in linea con i cri- teri di un’anomia d’arredo praticata come un’ideologia. Solo Maurizio Ponzi in Ci vediamo a casa ha evidenziato la fatica necessaria non solo a ottenere una casa ma a conferirle un’immagine e quindi una storia. L’occhio infallibile di Marco Bellocchio, invece, usa proprio gli interni domestici di Fai bei sogni per raccontare la storia segreta della borghesia italiana, mentre ne Il traditore Buscetta non fa altro che passare da un ambiente opprimente all’altro. E il finale lo sorprende a sognare sul tet- to. Non meraviglia, dunque, che nel cinema italiano più interessante de- gli ultimi anni, che accetta senza drammi la scomparsa della borghesia e della sua ideologia domestica, quello dei Carpignano, di Rohrwacher, di Marcello, di Di Costanzo, la casa scompaia e ritorni prepotentemente il territorio. Segno di un cinema ancora tutto da inventare.

scenari Cose e case MALAPARTE, LA CUPOLA DEL DESERTO E LA TERRAZZA SOCIALITE di WALTER MARIOTTI

Le case dei film italiani guardate “Le case le vorrei tutte di bella pietra, ben squadrate, con le altane aperte dal punto di vista di un architetto: sui golfi del cielo”. Scritta ben prima della fondazione della sua famosa la parola al direttore editoriale “Casa come me”, l’architettonica di Curzio Malaparte non descri- di “Domus”, la rivista di architettura ve efficacemente solo il rapporto e design fondata da Gio Ponti. tra il paesaggio e le abitazioni ma anche la relazione tra gli uomini e le cose, gli interni e gli esterni, ovvero quel design che prima di essere tecnologia abitativa resta strumento dell’affermazione di un’identità. Eretta nel 1938 sull’inarrivabile promontorio di Capo Masullo, nell’estremità Est dell’isola di Ca- pri, Villa Malaparte appare così come il gesto di una personalità complicatissima, dominata da una scala che conduce al sola- rium, ma che in realtà tende all’in- finito. Un gesto formale, quindi, che diventa sostanziale, capace di trasformare il terrazzo in una stanza a cielo aperto in cui l’unico arredamento consiste in una vela bianca, immaginata per riparare le nudità del padrone di casa e delle sue amanti dagli sguardi indiscreti della popolazione locale più che essere il sostegno mascherato della canna fumaria. Se il raziona- lismo dell’esterno eccede le idee di Adalberto Libera, che Malapar- te prima ingaggia per la progetta- zione ma subito diffida per diver- genza di vedute, l’interno della villa gira attorno al dialogo che lo scrittore di Tecnica del colpo di Sta- to intrattiene con Alberto Savinio, autore dei disegni delle maioliche colorate, dove la lira è ispirata a

18/19 Goethe, nonché delle grandi cornici in legno di noce che rendono le vi- fonda. Caso vuole che Bini abbia perfino un’isoletta, segno di una ste sui quattro lati di “una nave omerica finita a secco”, come la descrisse appena sviluppato il Bini-shell, natura incontaminata anche se Bruce Chatwin, dei veri quadri espressionisti, aperti su un pavimento in un ingegnoso brevetto per realiz- ancora per poco. L’interno è in- basolato che lo fa sembrare una strada romana. zare delle semisfere in cemento vece la rappresentazione di un Così, se a distanza di quasi un secolo a sorprendere è la forma della armato partendo da materiali po- amore borghese che non ha bi- Villa, integrata quasi perfettamente sul promontorio su cui spicca sati a terra e sollevati con la sola sogno che di sé: ambienti sono però per il rosso pompeiano di cui è rivestita, è proprio il mix di scelte pressione dell’aria. Nasce così la ampi e scabri, quasi nudi, come che conferma la poliedricità della personalità di Malaparte. Scale dal- Cupola, mitica residenza immor- sospesi in attesa delle emozioni lo stile precolombiano collegano il mare alla casa girando idealmente talata nel film che però suggella degli amanti che li scalderanno. attorno a un camino con il fondo di cristallo, che svela il mare quan- prima un amore i cui contorni dif- Siamo all’opposto dell’esteti- do le fiamme ardono. Il contrasto della vita e l’opera di Malaparte si ficilmente si distingueranno fra ca di Malaparte, sulla falsariga conferma nel suo studio, pensato in fondo alla casa a picco sul mare, realtà e rappresentazione. della sottrazione degli elementi proprio come le tre camere ognuna con una vista unica: i Faraglioni, Del resto, Costa Paradiso, a Nord di decoro che coincide con la Punta Campanella e la linea d’orizzonte tra cielo e mare. Lo stesso della Sardegna, in quegli anni è critica della struttura borghese orizzonte enigmatico che Jean Luc Godard volle immortalare ne Il di- proprio questo: un metaluogo, degli affetti e delle forme socia- sprezzo e che Liliana Cavani fece scrutare a un una provincia metafisica frequen- li. Anche qui, la centralità delle che vestiva i panni dell’autore de La pelle. tata da una popolazione di pittori, stanze gira su un camino acceso Poco meno di trent’anni dopo dalla fondazione di “Casa come me”, nel artisti, editori, attori e registi le cui ma intorno tutto è vuoto, sem- 1964, è il regista Michelangelo Antonioni a ingaggiare il virtuoso archi- vicende personali e professionali plificato fino al parossismo dei tetto Dante Bini per un’altra casa prototipale dell’identità, questa vol- si intersecano e si confondono letti e degli armadi scarnificati, ta nell’isola di Budelli, nell’arcipelago della Maddalena. La scusa è una in maniera inestricabile, come quasi inesistenti, come a riaf- sede per girare una scena di Deserto rosso, ma l’intenzione vera resta cor- tra natura e cultura. Dalla Cupola fermare la cifra del design nella teggiare una donna dalla bellezza straordinaria che il regista ha appena due sentieri ricavati nella roccia nudità dei corpi e delle persone incontrato, Monica Vitti. Così, la richiesta all’architetto è un ver nido conducono al mare e a un picco- all’interno e della natura incon- d’amore, inaccessibile e autonomo, che la travolga o meglio la circon- lo stagno, con tanto di torrenti e taminata all’esterno. Con la Cu- pola, Antonioni mette in scena un equilibrio difficilissimo e precario assieme, quello dalla passione di due amanti che non riesce a trasformarsi in relazione borghese, cadendo nell’accele- razione propria del mondo di quegli anni contestatori. Come la strana fauna di amanti, amici e amici degli amici che frequen- tavano le case vicine della Costa Paradiso, poco dopo le riprese anche la coppia Antonioni-Vitti abbandonerà la Sardegna, la- sciando come segno di un amo- re imperfetto la perfezione della villa-cupola, che passando subi- to di proprietà accelera un de- clino scritto, prima negli infissi poi della nervature d’acciaio del cemento armato, fino alla cadu- ta irreversibile dell’intonaco, da cui sbucherà una pelle sbiadita che resta la migliore metafora di quell’avventura umana dalla forma lunare.

scenari Cose e case Ma se gli interni e gli esterni dell’architettura forniscono ma- teriali all’immaginario, anche gli spazi intermedi sono spesso pro- tagonisti della critica e del tenta- tivo di costruzione dell’identità. È il caso delle terrazze, o meglio de La terrazza, pietra miliare del percorso artistico e ideologico del regista Ettore Scola. Su una terrazza romana s’incontrano periodicamente vecchi amici e colleghi, ospiti di una coppia che oggi si definirebbe socialite. Il film focalizza l’attenzione sui giorni che seguono uno di que- sti incontri e racconta questo lasso di tempo in cinque diversi episodi secondo cinque punti di vista. Le maschere sono quelle del sottobosco romano che già si profilavano con il Neorealismo: lo scrittore senza ispirazione, il giornalista tradito, il funzionario Gli apparati assoluti del design de concedersi solo la classe domi- za dove l’iperbole e il chiaroscuro anoressico, il deputato comuni- La terrazza, e la sua ricostruzione nante, ormai talmente assuefatta rendono il design parossistico e sta alle prese con un adulterio. di dettaglio meticoloso, sono il da non riconoscersi nemmeno quindi iperrealistico. Sorrentino Alfa e omega del racconto la stes- contrasto perfetto con l’ottusità più come privilegiata. ride degli attici su cui il post-ge- sa terrazza, elemento assoluto del oramai priva di soluzioni dei per- Rappresentazione perfetta di un nerone celebra se stesso con un design e di tutta una teoria archi- sonaggi, che si dibattono nell’a- design d’accoglienza ma solo giudizio dovuto alla distanza, alla tettonica, su cui Scola fa agire le tavica composizione fra reale e per gli identici, con una sinceri- non identificazione, mentre Scola figure e con cui chiude gli Anni ideale per cui soffrono una pena a tà altrettanto disarmante quello è parte integrante di quella terraz- ‘70, attraverso un ritratto scuro, cui non può esistere alcuna solu- stesso spazio tradisce il giudizio za i cui miti e riti riconosce come feroce, amarissimo e del tutto zione, o meglio redenzione, pro- di Scola che definitivo verso i pro- propri e su cui si fa giudicare dal disilluso della classe dirigente ro- prio all’arrivo del Compromesso pri personaggi, soprattutto quelli pubblico. Metafora del riflusso mana. Luogo borghese per eccel- Storico, che trova una sinistra animati dalle migliori intenzioni, che trasformerà il Pci in un partito lenza, spazio di raccordo e di pro- egoista e illusa, affamata ed ego- lo è anche vero se stesso. La ter- socialdemocratico ma incompiu- tezione tra interno ed esterno, la riferita, desiderosa soltanto di razza è il simbolo di una genera- to, la terrazza racconta attraver- terrazza romana coltiva l’illusio- accomodarsi negli status reali, o zione fallita a cui anche Scola sa so le meraviglie di uno spazio di ne del rapporto con l’altro, della presunti, di quell’agio borghese di appartenere e non fa nulla per design elevato a categoria dello differenza, ma in realtà lo tiene che nel discorso politico narra an- sottrarvisi. Una generazione ve- spirito un’Italia dove l’ideologia è a distanza di sicurezza autocele- cora di voler combattere. L’archi- nuta felicemente, quanto spesso una ridicola retorica e la morale brandosi nel più impenetrabile tettura di Scola è spietata come inconsapevolmente, a patti con quella che Oscar Wilde definiva: tema identitario. Scola anticipa il suo occhio, ben lontano da quel sistema che voleva cambiare. quello che ci si aspetta, sempre e così un tema del design contem- quell’autoassoluzione pubblica di Grazie all’espediente della terraz- solo, dagli altri. poraneo, l’essenza della terrazza cui qualcuno aveva parlato, con- za, è la prima volta che il cinema non come spazio sociale, quindi siderando – a ragione – il regista impegnato mette in discussione pubblico, ma come quintessenza romano parte dello stesso “genere se stesso, con una tecnica che è del privato che in un altro suo fa- sociale”. Si torna così alla terrazza assente anche nei manifesti più moso film, C’eravamo tanto amati, come spazio condiviso che è in forti del Neorealismo e resta su- sarebbe stata definita “una con- realtà privato, un lusso ambito dal periore persino alla rappresenta- venticola fra pochi”. proletariato romano che può però zione estetica de La grande bellez-

20/21 STATUS, DECORO O NECESSITÀ?

di SILVANA ANNICCHIARICO

Non più indizio di ostentata modernità come nelle case dei film Anni ’60 e’70, gli oggetti di design stanno ormai soppiantando anche nell’immaginario collettivo quel gusto old fashion, fatto di mobili imponenti di legno scuro, di velluti e broccati, di cristalli e tappeti, che connotava gli interni borghesi.

Silvio Berlusconi è solo nel suo destra e a sinistra della libreria ci salone e sta per iniziare una tele- sono due lampade Atollo di Vico fonata. Vuole dimostrare a se stes- Magistretti. Sul tavolo non è ap- so di non aver smarrito lo smalto poggiato nulla: solo due lampade cinico del venditore d’assalto su Serpente prodotte da Martinelli cui in passato ha costruito la sua Luce. Nient’altro. Il vuoto pre- fortuna. Per farlo chiama al te- vale sul pieno. Gli arredi non in- lefono un numero scelto a caso gombrano lo spazio, ne vengono sulla guida telefonica e cerca di accolti. A voler essere maliziosi convincere chi risponde ad acqui- si può ipotizzare che la scelta di stare un appartamento che la per- lampade che si chiamano Serpente sona in questione non ha nessun contenga una possibile allusio- bisogno e nessuna intenzione di ne velenosa alla personalità del acquistare. È una delle scene più Cavaliere (che qui sta davvero fa- celebri di Loro di Paolo Sorren- cendo il serpente tentatore), ma tino. Il Cavaliere è seduto in un sarebbe un’allusione comprensi- interno elegantemente minimal, bile davvero solo a pochi addetti tutto bianco, con una libreria in ai lavori. Quel che sembra più cui sono allineati solo libri con interessante rilevare è che quelle il dorso di copertina bianco. A stesse lampade, e quelle medesi-

scenari Cose e case me poltrone, potrebbero apparire (e di fatto talora appaiono) anche in tanti altri film italiani dell’ulti- mo decennio, a connotare le abi- tazioni di personaggi lontanissimi dallo status di Silvio Berlusconi. glia di un avvocato, al cui interno La lampada Atollo di Magistretti, rifulge la lampada Pistillo di Te- ad esempio, è presente nel film di trarch, mentre ne La Dea fortuna Ferzan Ozpetek Allacciate le cintu- di Özpetek la casa romana dei re, i cui protagonisti fanno parte a due protagonisti – con interni co- tutti gli effetti della classe media. lorati, pezzi vintage e mobili “po- Cosa significa questo? Secondo veri” ma molto caldi, fra cui spicca me, significa sostanzialmente la lampada Topo di Joe Colombo due cose. La prima: l’oggetto di – confligge con l’abitazione del- design non è più né un simbolo di la madre, ambientata nella Villa status né un indizio di ostentata Valguarnera-Gangi di Bagheria, di modernità come poteva esserlo una bellezza straordinaria, ma an- nelle case dei film Anni ‘60 e’70. che lontana e straniante. La seconda: gli oggetti di design Ma prendiamo anche un film ita- Ho citato questi esempi per dire stanno ormai soppiantando an- liano recentissimo come Villetta che quando si ragiona sui rapporti che nell’immaginario collettivo con ospiti di Ivano De Matteo. Di fra cinema e design la domanda quel gusto un poco old fashion, notte, nel momento di maggior da porsi non è più – credo – quan- fatto di mobili imponenti di legno tensione drammatica, la villetta – to design c’è nei film italiani, bensì scuro, di velluti e broccati, di cri- assunta fin dal titolo a un ruolo di cosa ci fa il design nei suddetti film. stalli e tappeti, che fino a qualche protagonista - appare illuminata a Penso che il design possa regalare decennio fa connotava gli interni giorno, tanto che la luce viene vista al cinema un significativo valore delle case borghesi. da oltre la cancellata dalla madre strutturale se e quando va oltre la La grande bellezza di Paolo Sorren- disperata. E la luce è prodotta da mera presenza “decorativa” o “ar- tino, per dire, pullula di oggetti una serie di apparecchi illuminanti redativa” per far propria l’ambizio- di design: nello splendido appar- realizzati da designer famosi: sul ne progettuale a generare spazi che tamento di Jep Gambardella con comodino c’è la lampada IC Light non si limitano a ospitare l’azione vista sul Colosseo si nota la Nesso Table di Michael Anastassiades, ma che la influenzano, la connota- di Artemide, la lampada da tavolo dietro al vano della scala la lampa- no e interagiscono con essa. arancione in resina disegnata da da Parentesi dei fratelli Castiglioni, Giancarlo Mattioli, mentre nello quasi a voler misurare l’altezza del studio del chirurgo plastico s’in- volume del vano scala, e ancora, travede sul tavolo la lampada Taj nella zona giorno, da una parte gal- della Kartell, quasi una scultura in leggia l’esile ed elegante lampada policarbonato disegnata da Fer- a sospensione Frisbi, disegnata da ruccio Laviani, scelta probabil- Achille Castiglioni per Flos. La luce mente da Sorrentino per connota- sembra voler contrastare l’ambi- re, anche attraverso una presenza guità pastosa che tiene insieme i oggettuale, una situazione strana personaggi, come se la scenografia e grottesca. di Sonia Peng ambisse a dare alla villetta, ai suoi arredi e alle sue luci, un ruolo – appunto – di assoluto protagonismo. Spesso poi la conflittualità fra i personaggi segna non solo l’im- pianto drammaturgico dei film ma anche la struttura scenografi- ca. Un po’ in analogia con il ma- gnifico Parasite di Bong Joon-ho, non sono rari anche nel cinema italiano gli esempi di film in cui si confrontano e confliggono due modelli abitativi: in Vivere di Fran- cesca Archibugi la villetta a schie- ra, anonima, in periferia, dove vivono i protagonisti, disordinata come la loro vita, confligge con la villa borghese dell’ex moglie, fi-

22/23 UN PEZZO DI ANIMA

Sei scenografi italiani

e la loro visione dell’abitaredi * nel nostro cinema. ILARIA RAVARINO!

scenari Cose e case 1. LUCIANO Luciano Ricceri (1940-2020) UN RICCERI, Il primo film che accredita lo scenografo è Giulietta degli Spiri- scenografo: ti (1965), dunque il suo debutto ufficiale fu con Federico Fellini: Ricceri è stato assistente di Piero Gherardi, sin da 8½ (1963). Sce- “La casa de La famiglia di Scola nografo, ma anche costumista e produttore, ha firmato grandi titoli: ispirata a quella di mio nonno” sodale di Ettore Scola, da Il viaggio di Capitan Fracassa – Nastro d’argento Miglior Scenografia (1991) a Concorrenza Sleale – David di L’aspetto della casa è già in Donatello Migliore Scenografia (2001), cura anche la scenografia in sceneggiatura? studio del mitico Marco Polo televisivo di (1982). Ci sono autori che descrivono Un medico in famiglia - tra i set perenni di Cinecittà - e la scelta di PEZZO punto per punto praticamen- girare Montalbano nella provincia di Ragusa, portano la sua firma. te tutto. E altri invece che sono Nato a Roma il 26 aprile 1940, Luciano Ricceri è scomparso lo scorso meno attenti, e che magari hanno 1° febbraio, poche settimane dopo questa intervista. bisogno di qualche suggerimento per completare quella che di fatto è una cornice con una grande fun- zione: raccontare il personaggio.

Quanto raccontano le case del DI ANIMA cinema italiano dei personaggi Ci sono degli ambienti, all’inter- che le abitano? no della casa, che raccontano di Moltissimo. Come fanno i vestiti, più il personaggio? anche le case esprimono l’ani- Ogni ambiente aiuta a raccontar- ma di un personaggio. La casa ne lo. Nella cucina, probabilmente, racconta, prima di tutto, la con- verranno fuori i vizi o i pregi di chi dizione sociale. Per Una giornata la usa. Ci sono libri nella camera particolare abbiamo scelto un da letto? Stiamo parlando di una 1. appartamento dentro a quello persona che legge? L’attenzione al che allora, a Roma, veniva chia- carattere del personaggio, alla sua LUCIANO mato “il grattacielo”. Un palazzo anima, in scenografia viene prima a viale XXI Aprile, fatto per piccoli dell’estetica. RICCERI impiegati. Il marito di Sofia era un usciere. Aveva una casa piena Le case vere degli italiani la aiu- di figli, piena di camere da letto. tano a trovare l’ispirazione? Letti appoggiati ovunque. La casa Certamente. Faccio tanti sopral- di Montalbano è un altro esempio. luoghi. La casa che abbiamo usato Rispecchia molto il personag- ne La famiglia, di Ettore Scola, con gio, la sua passione sfrenata per quella macchinina che attraver- il mare: Montalbano può uscire e sava il corridoio, era ispirata alla andare a nuotare dopo aver attra- casa di mio nonno in Prati, dove versato appena sei metri di spiag- ho vissuto da bambino. gia. Quella sua verandina sul mare è diventata il logo del film, e dire Quanto sono uguali e quanto che non c’era nemmeno nei primi diverse le case del cinema da romanzi di Camilleri. Lui descri- quelle vere degli italiani? veva una villa a Marinella, ma non Molto simili, tanto che si potreb- era sul mare. All’inizio Camilleri be fare un racconto dell’Italia at- ebbe un attimo di incertezza: ‘Od- traverso le case usate nel cinema. dio, cambiate tutto’, ci disse. Ma Ogni regione ha delle caratteristi- poi ha cominciato ad amare quel- che molto specifiche, che entrano la casa. Tanto che negli ultimi ro- precisamente nelle scenografie. manzi parla proprio di ‘verandina’. Le persiane della Sicilia con il sole che filtra. O la leggerezza delle case di Venezia, che sono costru- ite sulle palafitte e devono avere più vuoti che pieni, più finestre che mura. Sono dettagli che entra- no dentro, e in qualche modo par- lano inconsciamente a chi guarda.

24/25 2. FIORELLA CICOLINI, da collezione. Una casa non vissuta, E il bagno? Che dice il bagno? arredatrice: che si usa solo per ricevere o esibire C’è quello incasinato, quello in cui uno status. E poi ci sono le librerie tutto è a vista o tutto è nascosto. “La libreria è un evergreen” morettiane, un caso a parte.... Il bagno con il doppio lavello è un dettaglio che abbiamo copiato Quanto raccontano le case del E tra gli ambienti? dall’America e importato in Italia. cinema italiano dei personaggi Io amo la cucina. Puoi avere cu- Può essere divertente se il regista si che le abitano? cine completamente asettiche, è immaginato, magari, una scena in Tantissimo. Si cerca sempre di tipiche delle persone che vivo- cui la coppia si lava i denti e litiga. raccontare, attraverso la sceno- no sempre fuori e mangiano ta- Lo specchio grande aiuta nelle in- grafia, qualcosa di non detto sul ke-away. Oppure cucine utilizzate quadrature. Se poi vuoi raccontare personaggio. Qualcosa che, pur re- e stratificate, di chi ama cucinare due amanti sotto la doccia, allora stando sullo sfondo, sia in grado di e nel tempo accumula cose. Può le attenzioni saranno tutte sul ve- aiutare lo spettatore a capire chi sia trattarsi di una cucina nuova, di tro, più o meno opaco. il personaggio, a contestualizzarlo. marca o meno: ogni volta è un’av- ventura diversa. Qual è dunque la differenza Quali sono i dettagli che tra le case del cinema e le case ‘parlano’ di più? Una camera da letto cosa ci vere degli italiani? Dipende dal personaggio che si può raccontare? Non so se ci sia una differenza. racconta. Immaginiamo che si Ci sono situazioni interessanti. Forse un tempo si attingeva un tratti di una giovane coppia con Una è la camera da letto dei te- po’troppo dalle riviste, oggi per due bambini, classe sociale me- enager, che negli anni ha subito fortuna si usano di meno. La casa dio-alta. Cominci col porti delle grandi trasformazioni. Una volta del cinema forse è più enfatica: domande: chi sono? Che lavoro per ottenere verosimiglianza ci specialmente quando si racconta- fanno? Che tipo di condizione dovevi mettere i poster. Oggi, con no le case più modeste devi scon- economica hanno? Cosa si pos- la massiccia irruzione della tec- trarti con l’‘horror vacui’, il terrore sono permettere? Qual è il loro nologia, c’è stata una rivoluzione. del vuoto. Si tende sempre a riem- background? Potrebbero avere in Nelle camere dei ragazzi italiani pire l’inquadratura. Ma la verità casa dei ‘pezzi’ regalati dai geni- c’è almeno un televisore. Ci sono è che l’addizione è più semplice tori? È plausibile che possiedano schermi ovunque nelle case, tra della sottrazione. Penso alle case oggetti di design? E l’IKEA? Ormai computer, device e playstation. dei film di Guadagnino, tutte di IKEA è entrata nella casa degli ita- Tutta questa parte tecnologica, se un rigore meraviglioso. liani e il pezzo IKEA aiuta molto, vuoi raccontare un adolescente perché lo spettatore lo riconosce normale, non puoi più ometterla. esattamente come riconosce un Poi certo, se devi raccontare un pezzo di design: non sa magari che nerd che studia tutto il giorno, quella che vede è una lampada da forse puoi fare a meno della tv. Ma 500 euro, ma sa che si tratta di un devi certamente aggiungere un oggetto da showroom, prezioso, bel monitor. Una camera da let- ricercato. I mercatini dell’usato, to ti racconta tanto del contesto 2. poi, sono posti preziosi per tro- sociale. Posso avere una camera vare dettagli che ‘parlano’. Penso da letto meravigliosa, una raf- alla tipica ‘vecchia poltrona dello fazzonata – magari ho comprato ? studio di papà’. Non un pezzo ma- un pezzo al mercatino e mi sono gnifico, ma qualcosa che evochi ricreata la cabina armadio. Oppu- un ricordo di infanzia. re la camera da letto può essere contaminata dalla presenza di un Ci sono oggetti ‘passepartout’ bambino che disperde ovunque che aiutano più degli altri a i suoi giocattoli. Conta anche la contestualizzare? biancheria stessa del letto, il co- La libreria è un evergreen. A secon- pripiumone. Anche le lampade FIORELLA da di cosa contiene, può raccontare sul comodino ti dicono qualcosa. molto del background del perso- Non solo se sei ricco o meno, ma CICOLINI naggio o della sua famiglia. Ci sono anche se ti importa dell’estetica case stracolme di libri o case ‘di della casa o no. Non racconta solo rappresentanza’, che magari hanno quello che ti puoi permettere, ma una libreria importante e solo libri anche come sei.

scenari Cose e case 3. perché si tratta di un tono molto diffi- GIANCARLO cile da illuminare. Lo abbiamo tenuto per tutti gli otto episodi. La pulizia, e BASILI, quel bianco, ci aiutano a costruire l’at- scenografo: mosfera dell’Italia negli Anni ’60.

“Il bianco assoluto Quanto sono uguali e quanto degli Anni ‘60” diverse le case del cinema da quelle vere degli italiani? L’aspetto della casa è già in Le mie case tendono forse ad es- sceneggiatura? sere più essenziali di quelle ‘vere’. 3. Dipende dai registi. Ormai il cine- Non sono d’accordo con chi le ri- BASILI ma d’autore in Italia si fa soprat- empie troppo. Per me l’invenzio- tutto ‘in location’, per una questio- ne è nell’essenzialità. La mia sce- ne di contenimento delle spese. nografia è togliere, mai mettere. GIANCARLO E dunque cercare la casa giusta L’oggetto diventa fondamentale, insieme al regista diventa fonda- ma l’ambiente non deve mai so- mentale. Dietro alle case che appa- vrastare la storia. iono nei film c’è una ricerca enor- me: per Hammamet, con Amelio, abbiamo guardato 15 ville prima di scegliere quella più giusta per noi. E a volte la stessa sceneggiatura cambia a seconda dell’ambiente che si è trovato: non si modifica, ovviamente, il senso del testo, ma lo si adatta alla struttura più forte visivamente. Con L’amica geniale sono stato molto fortunato. Ho po- tuto ricostruire sia l’intero quartie- re in cui vivono le protagoniste che gli interni, perché non riuscivamo a trovare quelli giusti per l’epoca ! da rappresentare. Come fa una casa a comunicare "Bianco indizi sul personaggio? Prendiamo la nuova casa di Lila, ne L’amica geniale. La prima cosa cinema" che abbiamo deciso di fare con Saverio Costanzo era darle un’im- pronta diversa rispetto altri am- bienti: doveva saltare all’occhio la differenza con la casa vecchia. E anche lo scarto nell’energia del quartiere: il rione, nella seconda stagione della serie, è in espansio- ne. È un’epoca nuova. Vediamo case in costruzione, gente che lavora, cantieri. L’idea del corri- doio lungo aiuta a sottolineare la sequenza in cui Lila porta l’amica a vedere tutte le stanze dell’ap- partamento. Dalla cucina vedi il * salone, la camera da letto dà sul quartiere in costruzione. E i colori: abbiamo scelto di usare un ‘bianco cinema’, quel bianco assoluto che si usava all’epoca ma quasi mai nei film,

* 26/27 4. ALESSANDRO VANNUCCI, scenografo: “Vorrei vedere al cinema 4. la follia delle case vere”

Quanto raccontano le case del cinema italiano dei personaggi che le abitano? Le case sono la psico-geografia Può fare altri esempi? ALESSANDRO della storia in cui si muovono Penso a Il nome del figlio di Fran- VANNUCCI i personaggi. Ci dicono più di cesca Archibugi. Cercavamo la quanto non faccia la storia stessa, location giusta sbirciando appar- ci raccontano la psicologia delle tamenti in affitto, con la scusa di persone. Faccio un esempio ba- volerci andare a vivere. Io sentivo nale: per una persona che ha una l’esigenza di poter disporre di uno vita incasinata, supponiamo che spazio aperto, in cui tutto si ve- io immagini una casa che non è desse con tutto. La storia raccon- mai in ordine. A quel punto forzo tava di una coppia che nello stare un po’ la mano e decido di non at- insieme aveva accettato la stan- taccare nessun quadro alle pareti. chezza fisiologica della relazione. I quadri li lascio invece accatastati E dunque tutto - i libri, i giocattoli, a terra, come se dal giorno del tra- gli oggetti – doveva poter sconfi- sloco, in anni, quel personaggio nare, in una gestione dello spazio non avesse mai trovato un mo- in cui ognuno conviveva con i mento per sistemarli. La casa ci difetti dell’altro. E infatti in quel parla su un piano simbolico. Ma film bastava un’inquadratura del non sviluppa mai un discorso per tavolo centrale per avere sempre conto suo: quello della scenogra- il caos sullo sfondo. fia è un reparto che lavora di ser- vizio alla storia. Più che il terreno Le case del cinema italiano del bello, la scenografia è il terre- somigliano alle case vere degli no del giusto. italiani? Il vuoto mette paura a tutti, attori e registi. Per Il campione ho lottato per tenere vuota la casa del calcia- tore, interpretato da Andrea Car- penzano. Da una parte avevamo il personaggio di Accorsi, un uomo con un passato e una storia per- sonale da cui non poteva tornare indietro. Dall’altra avevamo il personaggio di Carpenzano, uno col futuro tutto scrivere, come un foglio bianco con una vita di successi davanti. Devo dire però che la mancanza di vuoti è una co- stante anche della nostra società: anche le case vere tendono spesso a essere sovrabbondanti e opu- lente. Prima erano più minimali- ste. È anche vero che nella realtà esistono case più folli di quelle del cinema. Mi piacerebbe vedere ogni tanto qualcosa di più estre- mo. A volte ci autocensuriamo. *follia La verosimiglianza può diventare una forzatura.

scenari Cose e case 5. COMENCINIPAOLA PAOLA COMENCINI, scenografa:

“Che piaga le lampade di design”

Da cosa si parte per immaginare la casa? 6. Bisogna sempre partire dai per- sonaggi. Più la sceneggiatura è precisa e meglio è. Mai lasciare un SONIA personaggio senza il background, servono dettagli. Scriverne il me- PENG, stiere, senza descriverne il carat- scenografa: tere, è inutile. “Ambiente rivelatore? Quanto dicono le case La cucina” del cinema italiano 5. dei personaggi che le abitano? Quanto raccontano le case del La casa racconta tantissimo. In cinema italiano dei personaggi SONIA generale tendiamo a darle un’aria È più complicato che le abitano? PENG vissuta, specialmente quando la realizzare una casa italiana Tantissimo. Dal dettaglio più piccolo, ricostruiamo in teatro di posa, per contemporanea o d’epoca? fino ai muri e all’arredo, ci sono infini- contrastare l’effetto ‘casa finta’. Fare film sull’attualità è più com- ti modi di raccontare il personaggio. Personalmente cerco di fare in plicato: da una parte hai uno spet- modo che le case siano veramente tro enorme di scelte, dall’altra il In che modo una casa può vissute. La chiave è dargli un ca- presente è meno codificato del raccontare, per esempio, una rattere, non accontentarsi delle passato. Per l’epoca sei legato alla famiglia italiana non bene- prime idee. Se si parla di una cop- documentazione storica, al suc- stante? pia che ha figli, ci saranno sicura- cesso della tua ricerca e al budget. Il mobile non di prima qualità, un mente dei giocattoli. Ma come? certo vuoto negli ambienti. I colo- Ordinati, disordinati, in giro per È più difficile realizzare una ri. Ma anche dettagli più raffinati: le stanze? I dettagli sono impor- casa italiana modesta a fronte di un ambiente un po’ tantissimi. Penso a una casa che o borghese? malandato, ecco magari l’investi- abbiamo ricostruito a Cinecittà, È più facile fare case estreme: mento in oggetti che suggerisco- in cui abitava il personaggio in- ricchissime o poverissime. For- no alla famiglia l’idea di lusso - il terpretato da Micaela Ramazzotti, se per le case borghesi, che sono televisore grande, la playstation, madre di due bambini. Era una raccontate da sempre sulle pagine l’elettrodomestico di qualità. commedia sopra le righe, senza delle riviste di moda, abbiamo più vincoli di verismo, e così abbia- modelli. Per le case modeste dob- C’è una stanza della casa che mo cominciato a ragionare sugli biamo fare una ricerca più accura- ‘parla’ più delle altre? estremi: una casa piccolissima, ta. Gli americani sono bravissimi La cucina sicuramente. Forse la oppure molto grande e mezza a raccontarle: spesso ricorrono cucina più del salotto. La cucina ti vuota. Un’enorme collezione di a precise palette di colori con cui restituisce il tenore di vita del per- foto, o magari un ambiente in cui creano uno stile che rende piace- sonaggio: usata, non usata, di vec- nessuno pulisce con attenzione. vole da guardare anche la casa più chio stampo, magari non rinnova- L’importante è trovare una chiave misera. Per esempio, le case nei ta. Stesso discorso per il bagno. e andargli dietro con coerenza. film dei fratelli Coen, sempre con Poi, superato il problema di come un gran carattere. Le case del cinema italiano caratterizzare il personaggio, bi- somigliano alle case vere degli sogna penetrare lo stile del film. Le case del cinema italiano italiani? Nella commedia classica italiana somigliano alle case vere Sono sempre un filino sopra le le case tendevano a essere mol- degli italiani? righe. È un difetto di noi sceno- to realistiche – penso alle case di Spesso le case del cinema sono grafi probabilmente: siamo legati Risi o Scola – ma anche molto di- troppo belle. Penso alla piaga del- all’ansia di non lasciare dei vuoti. vertenti, perché c’era sempre un le lampade di design, che magari E quindi coloriamo i muri, mettia- guizzo di creatività. sponsorizzano il film e quindi te le mo carte da parati… 6. ritrovi ovunque.

28/29 SPECCHIO DELL’ANIMA di MARGHERITA BORDINO

Le serie televisive italiane e le loro abitazioni: da Un medico in famiglia a Suburra, da Un posto al sole a Il commissario Montalbano.

La casa è il luogo del ritorno per antonomasia. Ritorno da scuola, dal la- Cinecittà. Di questo villino, luogo voro, da un viaggio. Simbolo della famiglia, dell’accoglienza. E questo molto vissuto è il giardino, in cui ritorno riguarda anche la casa più popolare della serialità tv italiana, spiccano gli “immancabili” na- quella di Un medico in famiglia. Villa Martini – a Colle Fiorito, quar- netti ma anche l’edera finta, ele- tiere di fantasia ricostruito a Cinecittà - è il cuore degli avvenimenti che menti di scenografia solo in un se- coinvolgono Lele (Giulio Scarpati), Nonno Libero (Lino Banfi) e il resto condo momento divenuti arredo della famiglia. Le scene principali si svolgono in cucina, con i personag- nella realtà. Molto presenti sono gi a tavola, come da buona tradizione del cinema italiano, e nel salotto. le stanze degli adolescenti. Stanze Nella cucina, Lele è solito dare le comunicazioni importanti al resto del a che diventano a tutti gli effetti nucleo, mentre nel salotto Nonno Martini ascolta, conforta o sgrida figli luogo in cui pianificare sogni o ri- e nipoti. In entrambi gli ambienti predomina un colore giallo/beige, so- fugiarsi dopo una dura discussio- brio e rassicurante. L’altra casa familiare a tantissimi spettatori è quella ne con gli adulti. In questa serie, della soap Un posto al sole. In questo caso ci sono più appartamenti alla casa vera e propria si uniscono di riferimento, un intero palazzo di Napoli, Palazzo Palladini, che nel- i luoghi più vissuti della giornata, la realtà fu dimora dell’armatore Achille Lauro. Si passa dalla casa del quelli del lavoro, come l’officina portiere piccola ma accogliente, luogo di chiacchiere e di passaggio, alla di Ezio e la bottiglieria Cesaroni. “terrazza”, l’appartamento che accoglie “i più giovani”, coinquilini tra Da qui s’intuisce che non si tratti di loro anche da sposati o separati, in cui non si diventa mai grandi del di una famiglia particolarmente tutto e la precarietà è quasi una condizione sine qua non. E poi ci sono intellettuale, ma appartenente al casa Palladini, casa Poggi e casa Bruni, i tre appartamenti “ricchi” del ceto medio e più popolare. Cosa palazzo: la prima famiglia è proprietaria dell’intero stabile, abbienti im- simile avviene in Tutti pazzi per prenditori la cui casa denota un ambiente alto borghese dai colori non amore in cui, oltre al grande ap- troppo chiari, quasi a indicare un luogo cupo; le altre due case sono pic- partamento dove vive la famiglia colo borghesi, appartenenti rispettivamente a un medico e a un com- protagonista, il campo d’azione si mercialista. Due case che presentano un arredo e una luce molto più sposta in una redazione al femmi- familiari e ospitanti. Il palazzo di Un posto al sole è parte del patrimonio nile e in un vivaio. Quella di Tutti culturale popolare italiano: si tratta della soap opera nostrana più lon- pazzi per amore è una casa dove geva, in onda dal lunedì al venerdì dal 21 gennaio 1996. non si trascorre molto tempo, Restando alla serialità più pop, altre due case “di famiglia” (allargata) non è curata nei dettagli o piena di significative sono quella de I Cesaroni, in tv dal 2006 al 2014, e di Tutti mobili. È una casa che si avvicina pazzi per amore (2008-2012). I Cesaroni abitano in un villino, che nel- molto allo stile di vita che condu- la realtà si trova in un quartiere romano caro a Pasolini, il Prenestino. ciamo oggi, diventando luogo in Si tratta di un edificio costruito intorno al 1920 e utilizzato solo per gli cui rientriamo esclusivamente la esterni, mentre le scene interne sono state girate in un teatro di posa a sera. Casa simbolica anche a li- scenari Cose e case vello narrativo in quanto unifica- routine ripetitiva assecondata Vianello è stata l’apripista di altre ormai luogo di “pellegrinaggio” zione di due appartamenti, come anche da una cromatura limitata sitcom più recenti quali Final- per turisti e fan, e si trova a Punta nella storia si uniscono le vite a due o tre tinte. Qui la casa è un mente soli (1999-2004) con Ger- Secca, comune di Santa Croce Ca- delle famiglie di Solfrizzi e Rocca/ contenitore di situazioni tragico- ry Scotti e Maria Amelia Monti e merina in provincia di Ragusa. Il Liskova. Facendo un salto indie- miche, che terminano tutte con la Love Bugs, prodotta tra il 2004 e secondo fa riferimento a Suburra tro nel tempo, è impossibile non celeberrima scena nel letto matri- il 2007, con Michelle Hunziker e – La serie ed è il posto in cui Au- citare Casa Vianello, anche tito- moniale in cui Sandra si lamenta Fabio De Luigi. In entrambe entra reliano e Livia Adami si scontrano lo della sitcom in onda dal 1988 con Raimondo della vita troppo in scena un altro ambiente della e riappacificano, e in cui lei perde al 2007. La storia, come è noto, è noiosa e piatta, ripetendo il tor- casa, il bagno, luogo di affiata- la vita. Di questa serie è impossi- incentrata sulla vita quotidiana mentone: “che barba, che noia, mento e sicurezza, in cui iniziare bile non citare la casa di Spadino dei coniugi Sandra Mondaini e che noia, che barba”, che anticipa o concludere la giornata tra un e della sua gente, appartenente Raimondo Vianello, sui loro bat- la “buonanotte”, momento in cui sorriso o una smorfia. Tornando a all’etnia Sinti, una casa troppo tibecchi, le loro iniziative malde- si corica e scalcia nervosamente una più recente serialità, tra i luo- colorata e kitsch. Un po’ come a stre e i conseguenti equivoci. È la sotto le coperte, mentre Raimon- ghi più iconici degli ultimi tempi dimostrare che realtà, o finzione, casa di una coppia di pensionati do si limita a lanciare alla moglie ci sono la terrazza di casa de Il la casa resta specchio dell’anima. che trascorre le giornate sempre alcuni sguardi e a leggere un libro Commissario Montalbano e il nello stesso modo, secondo una o “La Gazzetta dello Sport”. Casa salotto di casa Adami. Il primo è

30/31 INFANZIA, ADOLESCENZA, SESSO E MORTE

di FRANCESCO CASTELNUOVO

Fenomenologia della camera da letto.

Si racconta che Federico Fellini, fine della quale la bella Ninola di Amarcord entrava sotto le coltri son- quando era ancora piccolo, un tuose del letto a baldacchino del principe di Savoia e, alzatosi il sipario giorno avesse battezzato i quat- delle tende del talamo reale, pronunciava la celebre frase “Gradisca!”. tro angoli del letto in cui dormi- Immaginiamo che Federico ci guardi. “Mo’ su dai, fatemi ben vedere va a casa della nonna, con i nomi cosa avete fatto in camera da letto in questi ultimi anni. Ve lo portate dei cinema di Rimini. Tra di essi ancora a letto il cinema come facevo io?” c’era il Fulgor, dove aveva visto Bella domanda. Ci guardiamo attorno. E proviamo a individuare anche il suo primo film seduto sulle gi- noi quattro angoli. Che corrispondano non più a delle sale - perché, oggi nocchia del padre in una giornata le sale...eh, signora mia - ma a quattro stati della vita legati alla camera di pioggia. Così come era stata da letto: infanzia, adolescenza, sesso, morte. una giornata di pioggia quella alla Di solito la camera da letto durante l’infanzia compare nei film ame-

scenari Cose e case INFANZIA,

ricani per due scopi: raccontare il aggressività. Per poi ritirarsi co- “résistence d’auteur”, la elegge a to. Ricordate cosa diceva la mia momento in cui il bambino imma- modo comodo in camera da letto. luogo supremo, trasformandola nonna: “Se è Signór un perdòuna gina nella penombra o quello in Una camera da letto che, notare addirittura in un set fotografico a e pchè dla frègna, in paradis ui mèt ADOLESCENZA, cui riceve la buonanotte. Nell’an- bene, è la stessa camera da letto cui dedica lunghe sequenze. Se- la lègna”. no della morte di Fellini ad esem- di Nanni Moretti. Non solo. Ma è quenze meravigliose per sposta- (Se il Signore non perdona il pec- pio, il 1993, Johnny Depp rimboc- la stessa identica camera da letto mento dei punti di vista, per giochi cato sessuale, in paradiso ci mette cava le coperte a un giovanissimo usata nel film precedente, Io sono di luce e ovviamente per la dispo- la legna!)” Di Caprio in una memorabile sce- un autarchico. Stesso lettino pic- nibilità di Stefania Sandrelli ad na di Buon Compleanno Mr. Gra- colo, stessa scrivania accanto al esser sbirciata in tutte le posizioni pe. Dalle nostre parti invece, letto, stesso poster del volto me- che il suo corpo assume sul letto. SESSO nello stesso anno, esce Il Grande sto di Buster Keaton alla parete. La donna che si è fatta un nome Cocomero di Francesca Archibugi. Una cameretta da adolescente, prestigioso con Germi, Pietran- E malgrado anche lì i protagonisti insomma. Usata da un uomo di geli, Bertolucci, Scola non ha fossero ragazzi affetti da una pa- 25 anni. Incapace persino di ri- paura di offrire quel nome in pa- tologia mentale, non c’è una vera farsi il letto, come Moretti mostra sto ai close-up anali e vaginali di e proprio scena di buonanotte. senza veli nella divertentissima Tinto Brass. Grande forza, gran- Per avere una scena memorabi- scena slapstick della lotta con la de libertà! Nessun altro regista E MORTE le tra un genitore e un figlio in coperta che non vuole mettersi a e nessun’altra attrice (o attore) camera nel nostro cinema, biso- posto. Un italiano eterno adole- avranno il coraggio di mettere in gnerà aspettare dieci anni, con, scente che non sa rifarsi il letto, scena una camera da sesso così. tra l’altro, una curiosa inversione come può vivere serenamente Persino uno dei film italiani recenti delle parti. Il film è Anche libero va l’esperienza dell’amore in came- di maggior successo internaziona- bene di Kim Rossi Stuart del 2003. ra da letto? Non benissimo. In le come Chiamami col tuo nome, La scena è quella in cui il piccolo Bianca, infatti, Michele scappa quando mette finalmente la mac- Tommaso (Alessandro Morace) nervosamente dal letto in cui si china da presa in camera da letto, si spinge nel buio fitto della came- trova nudo con la bella addor- non svela i corpi nudi (motivo di ra da letto del padre (Kim Rossi mentata per andare a tuffarsi dissidio con lo sceneggiatore del Stuart) che sta dormendo dopo nudo nel ventre infantile della film James Ivory), ma scappa sul aver appena cacciato di casa il Nutellona. Via, via dalle coltri terreno della metafora, tra le più figlio in uno sfogo irrazionale di adulte. E a forza di scappare dallo viste e riviste quando l’iconografia rabbia, per una vita sommersa dai “ius primae noctis” quell’italia- occidentale doveva censurare il debiti e per le delusioni ricevute no diventa un candido. Diventa proibito: il frutto rosso e rotondo. dalla madre dei bambini. In si- il Gianluca de I soliti idioti che di E che dire di Perfetti sconosciuti? lenzio il bambino prova a vedere fronte allo spogliarello “à la Loren” Sarà solo un caso che il luogo dove se il padre sia sveglio, lo chiama di Madalina Ghenea lascia che Rocco ci dice che il giochetto psi- sussurrando, il padre si sveglia a ululare non sia lui, ma il padre co-erotico di tutto il film in realtà credendo chissà cosa sia suc- nascosto a bordo letto. Diventa non è mai avvenuto, sia proprio la cesso e il bambino gli fa: “Tutto il Checco Zalone di Cado dal- camera da letto? bene, pa’?”. E quel padre violento, le nubi, Che bella giornata, Sole a Insomma, a 30 anni di distanza burbero, manesco... improvvisa- catinelle e Quo Vado in cui non dalla fuga di Michele in Bianca, mente scoppia a piangere. Mal- c’è mai neanche una vera scena l’italiano ne fugge ancora. grado il buio della stanza e della memorabile in camera da let- sua vita, ha appena visto, grazie to, malgrado in tutti e quattro Non fugge invece dalla camera allo squarcio di luce generato da i film ci sia una storia d’amore. da letto come camera di morte. quella domanda del figlio, quan- La filmografia italiana recente è to le parti del letto dell’infanzia si Eppure la camera da letto per piena zeppa di letti di morte. Solo siano invertite. Una delle poche il sesso l’abbiamo inventata e per citarne alcuni: la scena di Pi- scene del cinema italiano recen- stra-utilizzata al cinema proprio nocchio e della bara portata dai te in grado di raccontare il dram- noi italiani. La commedia sexy per conigli neri; la scena de Il traditore ma del non rispetto dei confini almeno un decennio ne ha fatto in cui Buscetta ha la visione di una anagrafici da parte degli adulti. il luogo topico... in ogni senso. E bara... assai inquietante; la scena da ogni inquadratura: da sopra, del letto intriso di una morte che Dramma, quello del salto dei con- da sotto, da destra, da sinistra... e si fa silenziosamente avanti in Sul- fini anagrafici, che l’italiano vive più di tutti dal buco. Il buco della la mia pelle; il letto dell’ultimo lun- in un altro angolo del suo letto, serratura, signori... foro di visione go saluto alla figura materna ma- quello dell’adolescenza e della segreta e proibita, lontano parente lata in Mia madre; un altro letto di post-adolescenza. Esempio lam- del foro del proiezionista... roba da saluto alla figura materna sul fini- pante... Ecce Bombo. Michele Api- metacinema... Poi però negli Anni re degli anni in La prima cosa bella. cella ha 25 anni, non sa che fare ‘80, la camera da sesso inaugurata “Che vi succede?”, direbbe forse della propria vita e non solo vive dalla commedia sexy viene via via Fellini da lassù. Dai, ragazuoli... ancora a casa dei suoi, ma spesso chiusa. E così nel 1983 Tinto Brass un po’ meno di mortorio e un po’ li tormenta con la sua egocentrica ne La chiave, forse come atto di più di vita in quella stanza da let-

32/33 CASE DA CINEMA di STEFANO STEFANUTTO ROSA Quattro produttori raccontano la propria esperienza.

1) Quanto incide la scelta dell’abitazione e dell’arredamento nel budget di un film medio? 2) Chi sceglie l’arredatore/scenografo: il regista o il produttore? 3) Quando si sceglie un’abitazione che cosa occorre evitare per la riuscita del film? 4) Quando la scelta della casa è stata un elemento determinante per la realizzazione del film? 5) In quale film la scelta dell’abitazione è stata complessa e difficile?

MARCO BELARDI di Lotus Production

1. Dipende dalla centralità verso è narrare case povere, con dell’appartamento nella storia. arredamenti essenziali. Ad esempio, in un film come Per- fetti sconosciuti, dove l’abitazione 2. Normalmente il regista, avallato era fondamentale perché unica dal produttore. location di tutto il racconto, ab- biamo preso in affitto un appar- 3. Da un punto di vista produttivo, tamento ai Parioli per più di tre sicuramente un condominio che mesi. Lo abbiamo ristrutturato e ponga molte restrizioni e che non interamente arredato sulla base sia collaborativo con la troupe. delle nostre esigenze. Perciò il co- Da un punto di vista strettamente sto è stato decisamente superiore artistico, una casa che non sia alli- a quello medio di affitto di un’abi- neata col racconto. tazione che è tra i 2.500 e i 4.000 euro al giorno. Anche la tipologia 4. Sicuramente l’appartamento di di casa incide ovviamente sul co- Perfetti sconosciuti, anche la villa di sto. Un conto è raccontare una Ischia in A casa tutti bene. casa alto borghese, come quella di Una famiglia perfetta, ben di- 5. È stato molto difficile trovare la scenari Cose e case villa dell’isola greca di Paros per 4. Oltre che ne La grande bellezza, 3. Fondamentale è la disponibilità logistiche come parcheggi, acces- Immaturi - Il viaggio perché il re- anche ne L’uomo in più per l’abita- piena della casa per un periodo si, etc. Si possono spendere dai gista aveva un’idea molto precisa. zione del cantante e in Benvenuto superiore a quello programmato, 1.000 ai 10mila euro al giorno. Anche la ricerca della casa dove Presidente!. Qui il problema era mettendo in conto un eventuale stiamo girando la serie di Tut- dove ambientare il Quirinale, la protrarsi delle riprese. Se all’im- 2. Il regista in accordo con il pro- ta colpa di Freud a Milano è stata casa del Presidente, e la soluzione provviso devi tornare in casa e duttore. complessa, perché quella di cui credibile tra i palazzi reali visti è magari la proprietà non te lo con- si era innamorato il regista aveva stata la Reggia di Venaria a Torino. sente, sei rovinato. Importante è 3. Che sia fuori contesto, spesso numerose restrizioni imposte dal poi avere la disponibilità del con- si vedono abitazioni di studenti condominio (ad esempio non era 5. Di sicuro ne La grande bellezza e dominio consapevole di che cosa fuori sede arredate come case di possibile girare nel pianerottolo) Le conseguenze dell’amore perché la voglia dire ospitare una troupe. famosi designer e viceversa. per cui alla fine siamo stati costret- casa era una priorità, una condizio- Inoltre, la scelta della casa deve ti a trovare un’altra soluzione. ne necessaria senza la quale il film essere coerente con la personalità 4. L’abitazione era a tutti gli effetti non poteva partire. Per Le conse- di chi la abita, soprattutto nell’ar- uno dei protagonisti della serie tv guenze dell’amore abbiamo cercato redamento. Direi anche di evitare, Zio Gianni per Rai2, mentre per i NICOLA per mesi un albergo e lo abbiamo come spesso accade nei film medi film direi sicuramente Foresta di trovato a Treviso. Si trattava di gi- magari per pigrizia dello sceno- ghiaccio: almeno tre le abitazioni GIULIANO rare creando meno ostacoli possi- grafo, quelle ‘case da cinema’, la chiave difficilmente riproducibili di Indigo Film bile alla normale attività e a Roma banalizzazione dell’arredamento in studio. questo non si poteva realizzare se con tutto un po’ nuovo e tanti og- 1. Di norma non moltissimo a non chiudendolo per un periodo. getti di design. 5. Non parliamo di una location meno che non sia la vera casa dove Ci ha poi aiutato il fatto che in una specifica ma piuttosto di un è stato girato per intero Perfetti piccola città come Treviso l’arrivo 4. In 18 regali, da noi prodotto, il “mondo” da ricreare per il film di sconosciuti. Nel caso de La grande del cinema è stato accettato con regista Francesco Amato voleva Costanza Quatriglio Sembra mio bellezza quell’abitazione con vista più entusiasmo e disponibilità. che la casa dei protagonisti fosse figlio. Non potendo girare alcune sul Colosseo, molto importante simile a quelle villette tutte ugua- scene in Pakistan, dove parte del- narrativamente e dove le ripre- li con il giardino davanti che si la storia era ambientata, abbiamo se sono durate una settimana e ANDREA vedono nei film americani. Una setacciato tutto il Medio Oriente mezzo sulle nove totali, non ha sorta di non luogo che abbiamo per ritrovare delle location adatte avuto un costo decisivo. Da quella OCCHIPINTI trovato a Crespi d’Adda dove c’è ma soprattutto in paesi sicuri. Alla casa si doveva vedere qualcosa di di Lucky Red questo villaggio operaio, costrui- fine, abbiamo girato in Iran. identificabile in maniera imme- to a fine ‘800 con abitazioni tutte diata con Roma, un panorama che 1. Dipende da quanto è fonda- identiche. Abbiamo poi risistema- avremmo potuto anche ricostruire mentale la casa e da quanto si to la facciata e il giardino, mentre al digitale, ma le numerose scene trasforma. Se la casa cambia, l’interno l’abbiamo ricostruito nei previste sulla terrazza ci sarebbero come è accaduto in 18 regali dove Videa Studios. costate tempo e risorse. Poiché era l’interno è 18 anni prima e 18 anni in corso un passaggio di proprietà, dopo, il budget aumenta. E cresce 5. Trovare per La Befana vien di quella casa si è rivelata alla fine una se devi creare l’interno in studio, notte la casa laboratorio ultramo- situazione comoda per girare, un soprattutto se giri molti giorni derna del bizzarro personaggio po’ meno per le spese burocratiche dentro un appartamento, e hai interpretato da Stefano Fresi, cat- necessarie per le riprese. bisogno di spazio per le luci e la tivo magnate dei giocattoli. L’in- troupe, allora è più pratico rico- terno l’abbiamo girato al Macro di 2. Il regista, soprattutto se non è struire, magari con pareti mobili. Roma sfruttando i suoi spazi e vo- al suo debutto, suggerisce di chia- Spesso questa soluzione dell’in- lumi, mentre l’esterno è una sta- mare dei professionisti che già terno si accompagna con l’ester- zione sciistica del Monte Bianco, conosce per i vari ambiti del film e no di un’abitazione reale. rimodellata con gli effetti digitali. poiché un produttore s’affida a un regista perché ne ama la visione, 2. Se il regista ha consuetudine a non tenta certo di imporgliela. lavorare con uno scenografo con ANDREA il quale si è già trovato bene, il 3. Un errore fatto spesso nel nostro produttore cerca di accontentar- PARIS cinema è quello di non commisu- lo. I suggerimenti arrivano invece di Ascent Film rare le caratteristiche di un perso- dalla produzione quando il regista naggio alla casa in cui vive: così può non ha una preferenza o, come 1. La location dal vero viene sti- accadere che un benzinaio abiti in accade nella serialità televisiva, mata non solo dal punto di vista un attico. Tutto quello che si vede c’è già una macchina industriale artistico ma anche logistico e per nel film è decisivo per la sua riusci- in moto con uno scenografo e il l’impatto sul costo giornaliero ta: dalla luce alle scenografie, ai co- regista è una delle ultime scelte o del set. Una bella casa gratis nel stumi, sono situazioni che hanno addirittura gli episodi sono diretti centro di Roma è meno preferibi- un valore narrativo perché raccon- da registi diversi e l’impostazione le a un’altra a pagamento ma che tano l’identità dei personaggi. è data da uno showrunner. ha tutta una serie di facilitazioni

34/35 SAISAI DOVEDOVE ABITAABITA ILCINEMA?ILCINEMA?

Il nostro sondaggio si rivolge a 50 spettatori chiedendo loro di indicare un film italiano ambientato in un casale toscano, in una villa al mare, in un caseggiato popolare, in attici con terrazza, in un appartamento piccolo borghese, in un palazzo nobiliare. di ALICE BONETTI

Casa dolce casa. C’è forse un detto più rassicurante di questo? Noi italiani lo sappiamo bene. Non è un caso che la fenomenologia dell’abitazione cinematografica rispecchi in parte il costume del Se il 70% degli intervistati è riu- pubblico a cui viene mostrata. scito a individuare senza troppe Quale aspetto ha assunto allo- difficoltà i film ambientati in una ra “la casa” nel cinema italiano? villa (i titoli citati vanno da Villa Quali soluzioni di arredo il nostro Boscogrande de Il Gattopardo, a cinema propone per queste abi- Villa dei Quintili - meraviglioso tazioni di celluloide? Quali sono set di Compagni di scuola - pas- quelle rimaste più impresse nel sando per Villa Mater Domini nostro immaginario? Per scoprir- di Mine vaganti), in un casale to- lo abbiamo individuato alcune ti- scano (Pieraccioni docet), e in un pologie di dimore ricorrenti nelle appartamento borghese, qualche pellicole italiane (ville al mare, difficoltà in più l’hanno riscontra- ville borghesi e nobiliari, attici con ta nel ricordare film il cui set prin- terrazza, appartamenti borghesi, cipale fosse un palazzo nobiliare o casali toscani, caseggiati popola- una villa al mare. Una cosa però è ri), e abbiamo chiesto a un gruppo certa, tra i risultati del sondaggio di 50 persone di individuare uno o ci sono film che si sono ripetuti più film in esse ambientati. più e più volte. scenari Cose e case Il casale toscano de Il ciclone: Non c’è alcun dubbio, alla parola “casale toscano” la mente degli italiani corre subito al sensua- le flamenco ballato da Caterina (alias Lorena Forteza) nel film cult di Pieraccioni. Il bel casolare, che nel film è la casa dei protago- nisti della famiglia Quarini e che si trova in piena campagna a Late- rina (Arezzo), è rimasto talmente impresso nel cuore degli spetta- tori da diventare meta di un vero e proprio pellegrinaggio cinefilo. La villa nobiliare di Chiamami La terrazza de La grande bel- col tuo nome: Il film di Guada- lezza e Le fate ignoranti: Due gnino ha tanti pregi. Tra questi le film diversissimi tra loro accomu- location hanno un posto d’onore. nati da una città, Roma, e da una Villa Vimercati Griffoni Albergo- terrazza. La prima si affaccia su ni - che fa da sfondo principale Piazza del Colosseo, la seconda alla vicenda – non è passata certo sul quartiere Ostiense, uno dei inosservata agli occhi degli inter- più folkloristici della capitale. Se vistati. Com’è tipico dei film del ne La grande bellezza l’attico è il regista siciliano, la casa è un ele- luogo in cui il protagonista Jep si mento fondamentale nella storia rende colto della totalizzante e e la sensazione che emana di au- claustrofobica assenza di auten- tenticità e calore familiare è dav- ticità della contemporaneità e vero concreto e palpabile. delle persone che lo circondano, nel film di Özpetek la terrazza è invece il simbolo della conviviali- tà, luogo dove anche gli individui più diversi possono stare insieme e comunicare in modo autentico.

36/37 A quali conclusioni siamo giunti esaminando la lista di titoli cita- ti nel sondaggio? Innanzitutto, è lampante quanto l’interno bor- ghese abbia sempre esercitato un certo fascino sul cinema italiano. Il salottino morettiano di Apri- le, con le sue Ivar Ikea alte fino al soffitto e pieni di libri, l’apparta- mento-catalogo di Perfetti scono- sciuti o la villa di A bigger splash L’appartamento borghese di con le sue poltroncine di vimini, Perfetti sconosciuti: La casa in cui i tappetini intrecciati e le colora- è ambientata l’intera vicenda di tissime maioliche, bastano a farci questo film sembra essere uscita capire che l’interesse per l’arreda- da un catalogo di Casa Moderna: il mento benestante sia delle volte grande tavolo quadrato, circonda- così spasmodico da andare oltre to dalle sedie DSW di Vitra (ogget- i confini della credibilità. Inoltre, tucci da 500 euro l’uno), le grandi analizzando più da vicino le tra- e luminose finestre bianche che me dei film citati, sembra quasi contrastano con l’intenso blu delle che più grandi siano le case e più pareti, il romantico angolino relax lussuosi gli arredi, maggiore sia la con la poltrona e il poggiapiedi distanza, la solitudine e il disagio Anni ’50, una vecchia (pardon, che i personaggi che abitano que- “vintage”) cassetta in legno a fare ste sfarzose dimore vivono. Ecco da portariviste. Un mix perfetto di allora che la maestosa Villa Nec- stile, colori e raffinato disordine. chi Campiglio – dove Guadagnino Proprio come la casa di un qualsia- ambienta parte di Io sono l’amore – si italiano medio, insomma. diventa una pomposa ed elegante La casa popolare di Ovosodo e gabbia che congela e imprigiona de La Dea fortuna: La commedia sentimenti e movimenti del cuo- sociale del toscano Paolo Virzì è re. L’imponente palazzo nobiliare stata citata diverse volte nel nostro dove si stabilisce la famiglia pro- sondaggio. Nella natìa Livorno il tagonista di Gruppo di famiglia regista mette in scena malinconie e in un interno si trasforma in un disagi giovanili e il quartiere popo- inconsapevole custode di un’a- lare de La Guglia, con i suoi caseg- bitazione le cui pareti tappezzate giati, è il motore dell’intera vicen- di libri e quadri compensano un da. Altra opera ricordata in questa potente desiderio di isolamento categoria è stata La Dea fortuna, e distacco. E ancora, Villa Gherar- ultima fatica di Ferzan Özpetek. dini de La notte di Antonioni rivela L’atmosfera che il regista è riusci- ben presto la sua natura equivoca to a ricreare nell’appartamento e illusoria. La casa è qui testimone dove vivono i due protagonisti è in del vuoto sociale e affettivo e rive- effetti pregevole. Il palazzo di via latrice dell’estraneità tra le perso- della Lega Lombarda a Roma è una ne. In un saggio del ’76 il filosofo struttura straordinaria sia per la tedesco Heidegger ricollegava il sua valenza architettonica, sia per concetto di “abitare” a quello di l’elemento conviviale tipico di un “esistere” (l’uomo è in quanto abi- ambiente romano ormai dimenti- ta) e affermava che la crisi dell’uo- cato, caratterizzato da una dimen- mo contemporaneo consiste sione comunitaria tanto cara al proprio nel fatto che egli non è in regista turco. grado di “abitare”. Non sarà mica che una parte del nostro cinema stia cercando di farci capire proprio questo? Che non abbiamo capito che questa è la “crisi” per eccellen- za, dato che riguarda la struttura co- stitutiva fondamentale dell’esserci, ovvero l’essere nel mondo?

scenari Cose e case CASA DOLCE CASA A CURA DELLA REDAZIONE

8 critici raccontano 1. la casa del film italiano in cui amerebbero abitare 2. il film italiano in cui la casa è la vera protagonista

Alberto Anile rei pure un home-video da paura! piacerebbe abitare, quella di Chia- La grande bellezza. Meglio se dopo 1) L’abitazione che ospita i protago- 2) Film italiani dove la casa sia vera mami col tuo nome di Guadagnino. un cambio di arredamento. nisti de La terrazza (1980) di Ettore protagonista non me ne vengono 2)Il film italiano in cui la casa è 2)Quella di Una giornata partico- Scola. Perché una terrazza come in mente, ma in Villetta con ospiti vera protagonista: Dove non ho mai lare di Ettore Scola. quella è un sogno (e infatti è costru- di Ivano de Matteo la casa è forte- abitato di Paolo Franchi. ita in studio). mente protagonista. Marina Sanna 2) Ancora un film di Scola, La fa- Enrico Magrelli 1)La casa in cui mi piacerebbe abi- miglia (1987). Ma anche L’assedio Steve Della Casa 1)La casa nella quale mi piacerebbe tare è quella di Chiamami col tuo (1998) di Bernardo Bertolucci. 1)La villa dell’Olgiata (quella che abitare è quella di The Dreamers di nome di Guadagnino. appare in una trentina di film tra i Bernardo Bertolucci(ma ce ne sono 2)La protagonista è Dove non ho Oscar Cosulich quali C’eravamo tanto amati, Troppo almeno altre venti/trenta). Come mai abitato di Paolo Franchi. 1) Sono troppo affezionato a casa rischio per un uomo solo, Il giustiziere coinquilina sceglierei Eva Green. mia, l’unica con cui farei cambio sfida la città). 2)Le case protagoniste, a pari me- Barbara Sorrentini non è in un film italiano, ma nel 2)La casa è protagonista vera in rito, quelle di Una giornata parti- 1)Vorrei vivere a Villa Necchi cartoon La bella e la bestia. Lì, fi- Reazione a catena di Mario Bava. colare e de La famiglia. Campiglio a Milano, in Io sono l’a- nalmente, con la sua biblioteca, more di Luca Guadagnino. avrei lo spazio per tenere in parete Michela Greco Angela Prudenzi 2)Le fate ignoranti di Özpetek, ma tutti i miei libri e dischi e ci mette- 1)La casa di un film italiano in cui mi 1)L’attico di Jep Gambardella ne anche gli altri suoi film.

38/39 inchieste

SOCIAL MOVIE

di GIANNI CANOVA

Fra tutti i mezzi di comunicazione di massa, il cinema è quello che più di tutti, ancora oggi, svolge una funzione di aggregazione sociale. Dove arriva il cinema, c’è società. Per tutto il 2020, ogni numero di 8½ proverà a raccontare storie ed esperienze italiane di cinema sociale.

inchieste Social movie La scorsa estate, una sera, alla guida della mia auto su una delle circonvallazioni milanesi, mi è capitato di intravvedere sul muro laterale di un palazzo delle im- magini in movimento. In bianco e nero. Mi è sembrato di avere intravisto Totò. Incuriosito, alla descritto meglio di Giuseppe Tor- prima rotonda ho fatto inversione natore in Nuovo Cinema Paradiso: di marcia e sono tornato indietro un aggregarsi di persone incantate per vedere meglio. In effetti era davanti a ombre che si muovono un film. Su un terrazzo si intuiva- sopra un lenzuolo. In tempi di so- no persone sedute che guarda- lipsismi esasperati e di disperate vano un vecchio film proiettato solitudini, con i cosiddetti social sul muro cieco e privo di finestre, media che soppiantano ogni altra visibile – appunto – anche dalla forma di aggregazione sociale e strada sottostante. Non era un’o- precipitano il singolo individuo perazione di mapping, o di arre- in un isolamento esistenziale ap- do urbano cinéphile. Era davvero pena appena attenuato dalla pre- – così almeno mi è sembrato –la senza surrogatoria di qualche fol- visione di un film, con un pubbli- lower o di qualche like, il cinema co riunitosi apposta per vederlo. (assieme al teatro e allo stadio) Il cinema è davvero ovunque, ho resta una delle poche occasioni di pensato. Ma poi ho pensato che far parte di un pubblico. quell’esperienza ci dice anche Esperienza obsoleta? Vintage so- anche solo per il tempo di pro- altro. Ci dice che nel cinema c’è ciologico? E perché mai! Girando iezione e di fruizione di un film. qualcosa che spesso dimentichia- per l’Italia, attraversando le peri- Lontani dalle luci dei riflettori mo. O sottovalutiamo. Qualcosa ferie delle grandi città, entrando e dall’attenzione dei media, che che riteniamo poco importante o nelle istituzioni o nelle associa- sono sempre pronti a raccontare accessorio. Ma commettendo un zioni che si fanno carico – spesso quasi solo l’attività dei produttori errore impagabile: perché il cine- su base volontaria – di rendere e quasi mai le esperienze dei fru- ma continua a essere, fra i media più tollerabili i dolori fisici e psi- itori, gli appassionati operatori di vecchi e nuovi, quello che più di cologici degli individui, capita questo “cinema sociale” svolgo- tutti gli altri conserva una specifi- sempre più spesso di incappare in no una funzione importantissi- ca e spiccata funzione sociale. Gli esperienze in cui è il cinema a ser- ma che nessuno riconosce loro. altri media non ce l’hanno. Li puoi vire da collante o da catalizzatore Fanno parte di un’Italia che quasi fruire da solo. Anzi: sono talmente riaggregante di corpi sociali in nessuno racconta più, presi come totalizzanti che è bene nessuno tendenziale disfacimento. C’è chi siamo un po’ tutti a dipingere un interferisca nel rapporto esclusi- porta in giro il cinema su un furgo- Paese dominato solo dall’odio, vo che hai non solo con il tuo di- ne nelle periferie delle città, quasi dalla paura e dal rancore. Eppu- splay, il tuo tablet e il tuo monitor, in un ritorno alle origini e alla ge- re, ci sono anche loro: non fanno ma anche con la pagina del libro nesi “ambulante” del cinemato- notizia, non fanno rumore, non che stai leggendo. Il cinema no. Il grafo, e c’è chi il cinema lo porta vincono premi, ma sono lì, e col- cinema aggrega. Unisce. Costrui- e lo fa vedere nelle carceri, nei tivano una passione per il cinema sce pubblici. Quanto meno: è uno reparti pediatrici degli ospeda- ben più forte e radicata di quella di dei pochi mezzi di comunicazione li, nelle case di cura per malattie tanti operatori del settore ormai di massa che postulano, chiedono mentali. Arriva il cinema e subito stanchi, disincantati e disillusi. e sollecitano una fruizione collet- l’isolamento si attenua, e comu- In ogni numero di 8½, per tutto tiva. Un rito partecipato. Una co- nità “spappolate” si riaggregano, il 2020, vorremmo provare a rac- munità di spettatori. contare le storie di alcuni di loro. Sto parlando del cinema, non del- A dare loro un minimo di atten- la visione più o meno occasionale zione e di visibilità. Nella convin- di un film. Quello lo puoi vedere zione che se vogliamo riscoprire ovunque. Da solo, in piena luce, davvero perché il cinema è stato con immagini poco più grandi di ed è così importante nelle nostre un francobollo. Il cinema invece vite, forse abbiamo da imparare è quel rito sociale che nessuno ha da loro più che da chiunque altro. Sono portatori di una passione contagiosa: dove arrivano loro, il cinema si accende. E con il cine- ma, spesso, si accendono anche cuori e sorrisi.

40/41 “Scendi la sedia” è un po’ il mot- to del gruppo, dice Elia Rollier, SCENDI l’ideatore di Cinevan insieme agli altri tre ragazzi che compongono il quartetto. Un videomaker, un documentarista, un fotografo e un proiezionista, “ma prima di loro, LA SEDIA, c’era il furgone fricchettone Anni ‘70, anzi i furgoni, perché sono due”, continua. Cinevan è cinema itinerante. “Con il furgone – che è anche un po’ la nostra seconda CHE PORTO casa - possiamo portare il cinema in zone dove diversamente non arriverebbe. Quando proiettiamo i film nei cortili, gli abitanti del condominio portano le seggiole, IL CINEMA diventa un gesto riunente, qual- cuno a fine serata apre le porte di casa e cucina una , altri met- tono a disposizione le prolunghe di HILARY TISCIONE per l’elettricità. Il motto è appun- to scendi la sedia, ma anche scendi la pasta e la prolunga! Si tratta di un’operazione unificante prima di tutto”. Il nostro intento è arrivare in zone di Milano, d’Italia o d’Europa in cui il cinema non esiste. Un no- stro sogno è arrivare nelle piccole isole greche dove i bambini non lo hanno mai un film”. Come? “Pro- muoviamo le proiezioni con chi sta già facendo dei lavori sul ter- ritorio, dove c’è un comitato che propone iniziative di carattere Cinevan, sociale. Veniamo chiamati per co- un furgone per “trasportare” il cinema, per portarlo “in zone dove diversamente non arriverebbe”: si proiettano i film nei cortili, gli abitanti del condominio portano le seggiole, per un gesto che crea unione. L’ambizione è uscire da Milano e arrivare sulle isole e nelle zone più remote dell’Europa. CINEVAN

inchieste Social movie struire l’evento e ci piace organiz- situazione limite capace di riscat- avevamo desiderio di mostrarlo rendering, certificare gli impianti, zare ogni appuntamento insieme tarsi attraverso la musica. Questo nel quartiere di Chiaravalle - peri- valutare le uscite di sicurezza in alle persone del luogo”. per dire che scegliamo le pellicole feria meridionale di Milano – ma caso di incendio, passare ore nel Cosa determina la selezione dei con tematiche simili al contesto non ci è stato possibile. L’evento Comune di Milano presso l’Uffi- film? “È frutto di un percorso di e prima di tutto c’è un lavoro di era gratuito e non era coerente cio Eventi e molto altro”. esplorazione urbana, ci spostia- equiparazione e adattamento. Il con la policy aziendale della casa mo con il furgone e conosciamo primo evento di Cinevan è stato di distribuzione. Fare promozione Elia Rollier, Luca Cusani, Ales- il contesto e le persone che lo in Stazione Centrale di Milano culturale attraverso il cinema non sandro Viganò e Maurizio Ca- abitano. Facciamo delle riprese e nel periodo in cui quello spazio è considerata un’attività merito- sula respirano profondamente e costruiamo un racconto intorno si riempiva di profughi ed erano i ria, quindi non ci sono agevolazio- vanno avanti nella speranza che all’ambiente. Capiamo quali sono primi momenti difficili da gesti- ni. Non fanno distinzioni rispetto si possano definire meglio i pro- le loro esigenze, le loro aspettati- re, “non si avvertiva il lato uma- all’ente che propone l’idea, essen- getti che necessitano di un tale ve e le loro memorie - quando si no e noi avevamo bisogno di fare do un’iniziativa a scopo educati- controllo e quelli che non hanno tratta di persone anziane - ma an- emergere qualcosa che comuni- vo, oltre che di svago, non viene esigenza di un regime tanto in- che quali sono i cambiamenti del casse la solidarietà nei confronti accolta nonostante la possibilità flessibile e “sappiamo che il per- posto in quel momento specifico. di queste persone, per quel mo- remunerativa riferita al titolo del corso è lungo”. Prossimo proget- In questo modo cominciamo a mento abbiamo proposto Io sto film, questo proprio perché l’en- to in Zona Paolo Sarpi a Milano. pensare quale può essere l’evento con la sposa che secondo noi era il trata è gratuita”. È un paradosso. “Andremo prima ad esplorare il di restituzione che comprende un titolo giusto per quella piazza”. “Lo è. Siccome l’entrata è gratuita, quartiere, come è nostra tradi- video racconto prodotto attraver- loro ritengono che così facendo zione, e costruiremo un piccolo so le testimonianze della gente e Come rispondono le persone? “In andiamo a togliere guadagno ai documentario che anticipi la pro- la proiezione di un film che cer- modo molto positivo, la prossi- cinema creando concorrenza iezione. Stiamo valutando Giallo a chiamo di adattare il più possibi- mità e il rispecchiamento sono le sleale pur scegliendo un film di Milano, ma non è ancora certo. La le alla circostanza. La selezione è ragioni principali della partecipa- molti anni prima che non c’entra cosa che più ci coinvolge è un la- il risultato del desiderio di tutti, zione, ma anche il coinvolgimen- nulla con quello che c’è nelle sale. voro di raccolta di storie di vita nei bisogna fare anche un po’ i conti to di chi prende parte alle riprese C’è una miopia molto diffusa da quartieri più a sud del capoluogo con quelle che sono le preferenze e ha occasione di rivedersi nella questo punto di vista. Anche la lombardo, dove abbiamo coinvol- personali e cercare di condividere fase che anticipa la proiezione del gestione del suolo pubblico è una to gli studenti del liceo Einstein. la scelta il più possibile”. film”, continua Luca. Il rovescio questione spinosa. Per quanto Lo abbiamo chiamato Miracolo a “Per fare un esempio più specifico della medaglia, però, è la difficoltà riguarda le normative, l’evento Milano Sud, adesso vorremo fare sul tema della periferia - dice Luca nel raggiungere certi titoli. “Alcu- dev’essere predisposto come se Miracolo a Milano Nord, poi l’est Cusani - abbiamo fatto una proie- ni film sono inarrivabili dal punto fosse un cinema nel centro di Mi- e l’ovest per raccontare i piccoli zione nel quartiere delle case po- di vista economico - precisa Elia - lano e non una cosa nettamente miracoli che compiono certe per- polari di Via del Turchino, vicino per esempio per Ladri di biciclette più modesta, quindi ogni organiz- sone tutti i giorni. Vorremmo fare a Piazzale Cuoco a Milano, per ci avevano chiesto 700 euro per zazione prevede una grande fatica anche il Cinema sulle isole, dite quell’occasione abbiamo scelto Il una sera, anche con Non ci resta che dove è necessario coinvolgere un che ci stiamo montando la testa?”. maestro di violino che descrive una piangere ci sono state difficoltà: ingegnere che deve presentare un Assolutamente no.

CINEVAN

42/43 IL FATTORE H di CLAUDIO FONTANINI

H come Hospital ma anche come Heart. Sempre più complementare alla medicina tradizionale, il cinema sta diventando oggetto di studio e strumento terapeutico. Migliora l’umore ma anche la condizione cardiaca.

Rito collettivo, full immersion emotiva e viaggio ad occhi aperti in nuovi mondi. Ma non solo. Il cinema infatti, oltre a coinvolgere e far riflettere, ha anche capacità terapeutiche e può rivendicare un valore medico. E se per qualcuno un film non è in grado di cambiare il mondo di sicuro ha effetti benefici sulla psiche di una persona. A darne dimostrazione una serie di studi scientifici e la sempre maggiore diffusione dell’utilizzo del cinema negli ospedali. MediCinema Italia è una Onlus nata nel 2013 che offre proiezioni cinematografiche a scopo terapeutico all’interno di ospedali in sale dedicate; realizza eventi tematici per prevenzione e formazione e grandi eventi a scopo di socializzazione. Col patrocinio del Ministero della Salute, dal 2014, l’attività di MediCinema si articola in diverse fasi che vanno dalla progettazione e costruzione di sale ne- gli ospedali alla realizzazione di programmi di terapia di sollievo per malati affetti da patologie neurologiche e croniche, alla promozione di progetti di ricerca scientifica sull’uso della cineterapia in ambito di cura e riabilitazione. Attualmente, nei 4 ospedali attivati con oltre 25.000 pazienti trattati dopo 1.300 incontri cinema, si è riscontrato un 30% in meno di ansia, un 55% in più di benessere, e un meno 25% del dolore. “Il cinema - afferma il professor Eugenio Mercuri, direttore Area Salute del bambino del Policlinico Universitario A. IRCCS - ha una componente terapeutica che stiamo studiando dal punto di vista scientifico. Attraverso il cinema stabiliamo con i bambini e i ragazzi che abbiamo in cura un legame che ci aiuta ad avere una risposta terapeu- tica maggiore. Inoltre, questa attività portata avanti con Medicinema Italia Onlus ci aiuta a rendere l’ospedale sempre più un luogo ‘a misu- ra’ di bambino e ragazzo, in cui loro stessi possono vivere occasioni di formazione, crescita e soprattutto di valorizzazione dei loro interessi e inchieste Social movie potenzialità”. Sempre più complementare - per il suo potenziale di cura - alla medicina tradizionale, il cinema sta diventando oggetto di studio e da un primo rilevamento osservazionale, condotto nel 2017 in collabo- razione con il Policlinico A. Gemelli di Roma, il Centro Clinico Nemo e Spazio Vita-AUS Niguarda di Milano, su 260 pazienti (di cui 120 bambini con genitori) che hanno partecipato alla visione di un film sele- zionato per lo scopo, si annotava un miglioramento generale dello stato psico-fisico rispetto ai pazienti rimasti in corsia, con un miglioramento tra il 20% e il 30% nella percezione del dolore. A differenza dei pazienti rimasti in corsia, la maggior parte (ben l’80%) di quelli che hanno assi- stito ai film presentavano infatti una riduzione significativa della perce- zione di trovarsi e sentirsi in ospedale, accompagnata dalla percezione di vivere in un clima emotivo che si avvicina a quello sperimentato a casa propria e, comunque, al di fuori del contesto ospedaliero. La visione del film riesce anche ad alleviare gli stati di tensione, insof- ferenza e rabbia, non rari tra i bambini ospedalizzati. Ulteriore aspetto nell’osservazione sui minori, una considerevole riduzione dei sintomi d’ansia, di depressione e dei disturbi di tipo psicosomatico (ad esempio il mal di pancia) presenti spesso tra i bambini ospedalizzati. Risultati analoghi, seppur preliminari, sono stati rilevati anche nelle esperienze su pazienti adulti in cui emerge soprattutto un rafforzamento positivo del tono dell’umore, con la percezione di essere in una dimensione di “normalità di vita”. Dall’inaugurazione della seconda sala di cineterapia

MediCinema a Niguarda nel novembre 2018, si è proceduto con la re- golare somministrazione di test di gradimento ai pazienti presenti alle proiezioni settimanali. Da novembre 2018 a ottobre 2019, sono stati completati 1.111 questio- nari di gradimento, strutturati anche per una valutazione emotiva di stato pre e post visione (scala di misurazione qualitativa da 1 a 6). Dall’elaborazione dei dati raccolti si constata un miglioramento del 52% del tono dell’umore nei partecipanti. Chi ha studiato a fondo la correlazione tra film e variabilità cardiaca è anche il ricercatore indipendente Virginio De Maio che nel suo li- bro Filmatrix Discovery, frutto di oltre tre anni di ricerche, analizza i meccanismi che si celano dietro le premonizioni cinematografiche e l’atteggiamento del cuore davanti alle sfide della vita. Attraverso stru- menti di bio-feedback, tra cui quello dell’HeartMath Institute della California - utilizzato per i rilievi condotti da Di Maio su oltre 110 film - quello dell’autore è un vero e proprio viaggio interiore che rivisitando le scene in grado di stimolare il raggiungimento di un equilibrio psicofi- sici, favorisce la ripresa dai traumi e dalla sofferenza influenzando posi- tivamente la vita dello spettatore. “Il senso di benessere che proviamo di fronte ad un film è influenzato principalmente da due fattori, che sono gli stessi che determinano la coerenza cardiaca: la simulazione in- carnata e l’intenzione altruistica - dice Di Maio. Quando si manifestano questi due fattori il nostro corpo inizia a secernere endorfine ed inizia- mo a sentirci bene. Fino ad oggi gli studi non si sono spinti oltre e non avevano mai tenuto in considerazione la variabilità cardiaca, che inve- ce, rappresenta un indicatore biologico importante per documentare scientificamente la reazione delle persone di fronte ad un film”.

44/45 TU CHIAMALE Li-Li- SE VUOI CINEVASIONI ber-ber-

di LAURA DELLI COLLI

Cinema in carcere: quando condividere un film assume il valore etico di un viaggio virtuale in una realtà inevitabilmente negata. tàtà

inchieste Social movie Il luogo più stabilmente attivo nel ratorio di scrittura al femminile, tempo, con il carcere romano di ha prodotto invece nella sezio- Rebibbia, è sicuramente quello ne maschile un vero festival per di Dozza, la Casa circondariale di cento detenuti – venti dei quali Bologna dov’è nata in assoluto la autoconvocati e organizzati in prima rassegna di cinema in car- giuria - che hanno già discusso cere, e dove, dallo scorso mese di cinema vedendo film come di ottobre, proprio sul cinema, Tutto quello che vuoi o La ragazza si è andati oltre l’esperienza del del mondo e L’ora legale ma anche cineforum aprendo la prima sala Non e un paese per giovani, Lasciati destinata a pubblico e detenuti andare e Lo chiamavano Jeeg Robot insieme. Per ora un’esperienza poi confrontandosi con i protago- unica grazie a Cinevasioni, con nisti su Come un gatto in tangenzia- il regista Filippo Vendemmiati e le, Metti la nonna in freezer, A casa un gruppo di autentici ‘pionieri’ Li-Li- tutti bene, Io sono tempesta, Quanto del rapporto tra cinema e carcere basta, Made in Italy. E sempre a Re- guidato da Angelita Fiore e orga- bibbia s’è aperto alle detenute del nizzato dall’Associazione Docu- Liceo artistico statale Enzo Rossi mentaristi Emilia Romagna in col- presente nella casa circondariale laborazione con la direzione della anche Bookciak Azione! con il stessa Casa Circondariale bolo- concorso video ideato da Gabriel- gnese. Ed è ovvio che sul tema ci la Gallozzi per offrire ai giovani sia il ‘sì’ del Dipartimento mini- filmmaker l’opportunità di arri- steriale dell’Amministrazione vare a Venezia, sperimentando il Penitenziaria che sempre di più si piacere del cinema e il gusto della sta aprendo all’idea che proprio il lettura: E anche le detenute han- cinema possa essere il terreno di no realizzato per la prima volta i uno scambio etico utile per supe- video dai libri proposti. rare quel clima di separazione e ber-ber- Concludiamo con Fuori le Ali, disagio che, anche solo entrando ispirata alla lezione del grande in un carcere, immediatamente si Ettore Scola, e nata tre anni fa per avverte sulla pelle. La sala si chia- iniziativa della figlia Silvia e della ma AthmospHera, 150 posti con moglie Gigliola (che è anche nel una platea per ora di sedie mobi- Consiglio dei Garanti) con la gior- li che aspetta di avere poltrone nalista Marta Rizzo per portare ai fisse. Le proiezioni, come spiega più giovani detenuti dei minorili Vendemmiati, sono aperte anche il senso del cinema come occa- al pubblico esterno, con partico- sione di riscatto per comunicare lare attenzione a licei e università, ai ragazzi una prospettiva di recu- in una rete di autentico scambio pero sociale. Serafino Murri; Ro- umano e non solo culturale. Cine- berto Perpignani e Daniele Vicari vasioni ha trasformato il carcere di Bollate. Una mappa nella qua- un’esperienza diretta vissuta con hanno dato con Giacomo Ebner, in “un luogo della città”. le non vanno dimenticate Lecce, la Fondazione Cinema per Roma e magistrato, Gianni Rufini, diret- Bologna ma anche Palermo, Fi- tàchetà durante il Festival del Cinema con la condivisione attiva di Altri tore generale di Amnesty e tra gli renze, Marassi a Genova, e ancora Europeo ha portato in carcere tra sguardi, la rassegna presto ver- altri Annalisa Forgione e Antonio Terni, poi ArciMovie a Napoli a i suoi ospiti anche Elio Germano, so la sua nuova edizione nata tre Falduto un contributo operativo, Poggioreale quest’anno con ven- o Nisida con i ragazzi e le ragazze anni fa per iniziativa di Ilaria Spa- assistiti da tutor importanti come ti film, scelti tra i classici, anche di camorra, nell’isola-prigione da, Raffaella Manginj (nella prima Luciana Castellina Giuliano Mon- nell’intrattenimento (da Il sorpas- che ha fatto da giuria - guidata da serie con la psicologa Clementina taldo, Francesco Bruni, Mimmo so e Fantozzi a Le mani sulla città Saverio Costanzo - del Festival dei Montezemolo). Cominciamo da Calopresti, Paolo Taviani e Altan a Posti in piedi in paradiso). Tra le corti di Capalbio nel 2007. Cinema & carcere, che con Re- che ha disegnato anche il logo esperienze più significative Libe- bibbia al Maxxi, grazie alle iniziati- dell’Associazione. Gran finale rAzioni, il Festival delle arti den- Un po’ ovunque e sempre di più, ve coordinate per la Festa di Roma con i ragazzi alla Casa del Cinema tro e fuori (il carcere) a Le Vallette insomma, negli Istituti di pena il da Stefano Micucci ha aperto al su società e legalità. Come dice, di Torino che ha ospitato anche senso della rieducazione cerca regista Fabio Cavalli e al gruppo del resto, Fabio Cavalli “il tempo Paolo Rossi e Daniele Gaglianone più di coniugarsi con l’abbat- de La Ribalta – Centro Studi En- vuoto della detenzione deve esse- mentre a Milano Fuoricinema timento del muro del silenzio. rico Maria Salerno – il Rebibbia re riempito di opportunità: istru- di Cristiana Capotondi e Cristia- Un tema sul quale non poco sta Festival, esperienza culminata nel zione, formazione, lavoro per chi na Mainardi ha tenuto a battesi- facendo Roma a Rebibbia. E qui titolo di un film girato proprio nel sconta la pena”. E anche un film è mo con Gabriele Salvatores e il il racconto prende un percorso carcere come Cesare deve morire di comunque un inizio. suo Tutto il mio folle amore la sala visto anche da vicino: queste ri- Paolo e Vittorio Taviani. inaugurata all’interno del carcere ghe sono infatti anche cronaca di Altri sguardi, che rilancia il labo-

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La sedia, strumento espressivo di Alberto Sartoris da “Cinema”, n. 30, 25 settembre 1937, pp. 206-208 di ANDREA MARIANI

Gli Anni ‘30 sono il decennio che segna la prima e più profonda com- ternazionale entrano in fruttuoso penetrazione filosofica e pragmatica di cinema e architettura. Alberto contatto. Se il maestro russo ve- Sartoris, architetto razionalista – tra i fondatori del CIAM - Congrès deva nel mito funzionale della internationaux d’architecture moderne, insieme a Le Corubusier – e casa trasparente una poderosa autore dell’articolo che proponiamo su Reprint, non è nuovo al cam- metafora del linguaggio cinema- po cinematografico: atmosfera “architettonico-cinematografica” tografico – fino a tentarne esplici- aveva la rivista “La città futurista” di cui era capo redattore, attorno tamente un progetto filmico mai alla quale prende vita il progetto cinematografico futurista Velocità realizzato – e nello schermo un (1930) di Tina Cordero e Guido Martina. Tra le righe di questo scritto medium decisivo e uno straor- si colgono tutte le tracce di questo clima: dal mito della casa di vetro dinario punto di tangenza tra ci- – fondamentale emblema architettonico-cinematografico, nonché nema e architettura (Antonio So- progetto inconcluso di Sergei Ėjzenštejn – fino al cinema degli archi- maini, Lo schermo come quadrato tetti (a partire dallo splendido Una giornata nella casa popolare di Piero dinamico e l’architettura di vetro, Bottoni e Ubaldo Magnaghi del 1933), passando per il Festival del Ci- “Rivista di estetica”, 55 | 2014, nema Turistico e Scientifico di Como, inaugurato proprio nelle setti- 155-167), l’architetto razionali- mane di pubblicazione dell’articolo che qui ricordiamo, dove grande sta trova nell’arredamento della ruolo hanno avuto gli architetti razionalisti comaschi. “Parlando di sala cinematografica un campo architettura interna – scrive Sartoris – noi vorremmo poter fare in que- da rivisitare secondo i canoni del sta sede l’apologia della magica casa di vetro, della casa trasparente funzionalismo e dell’architettura nata dalla chiarificazione dell’eterno dilemma: architettura-funzione moderna. La sala cinematografi- o architettura-ornamento”. La riflessione trova una soluzione nello ca – e non solo lo schermo – è un spazio della quotidianità e in particolare nell’architettura della sala ambiente di applicazione formi- cinematografica, in ossequio a quella trasformazione decisiva dei miti dabile per la reinvenzione dello del Futurismo nella stagione degli Anni ‘30, in cui l’avanguardia non stile di vita dell’uomo moderno si esaurisce, bensì si vede realizzare in quella “ricostruzione futurista attraverso l’arredamento e l’ar- dell’universo” nella praticità degli spazi quotidiani: è qui che il mito fu- chitettura: “Con i metodi attuali turista può ritrovarsi “applicato”. “Per il sedile funzionale” – continua di costruzione si arriva a fabbri- Sartoris – “sono stati escogitati dagli artisti novatori, i profili più co- care una sedia solida ma leggera, modi, le sagome più riposanti, quelle che accompagnano l’uomo […] fissa o trasportabile e comunque in tutti i suoi stati: quando scrive, lavora, disegna, studia, medita, legge, adatta al nostro nuovo modo di mangia, dorme, riposa, pensa, si diverte, beve, parla, ascolta e guarda vivere che non è più il sedentari- in casa o a spettacolo, a teatro o al cinematografo”. La sedia diviene smo ma la mobilità”. La sala non simbolo e segmento metonimico del mito della casa trasparente: “il è solo l’ambiente di proiezione sedile è suscettibile di offrire una visione esatta della maniera di vive- – la centralità dello schermo ej- re che si svolgerà nella luce prodigiosa della casa trasparente”. La sala zenštejniano – e lo spazio consa- cinematografica è ambiente che deve accogliere la sperimentazione crato ai miti moderni della visio- della funzionalità della casa trasparente, illuminata questa volta non ne e del dinamismo – la centralità da luce naturale, ma dalla luce del proiettore e delle immagini: è signi- della visione – ma può diventare ficativo in questo senso l’interesse speculare che il cinema e il suo di- esso stesso ambiente struttural- spositivo spettacolare ricevono dall’architettura razionalista. D’altra mente e totalmente dinamico, parte, Sartoris è presente nel 1929 al Congrès international du cinéma leggero, “trasparente”, coinvol- indépendant di La Sarraz, dove Ėjzenštejn gira il suo documentario gente la totalità dei sensi se dise- The Storming of La Sarraz, e dove i protagonisti del CIAM - Congrès gnato e arredato secondo le linee internationaux d’architecture moderne e del cinema indipendente in- e i materiali del Razionalismo.

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CORNICI ITALIA – GERMANIA 4-3

di LUCA FERRANDO

Poi erano arrivati i mondiali del 2010, con il gol di Quagliarella allo sca- Londra, questa volta per sempre, “A settembre ti veniamo a trovare. dere. Poi quelli del 2014, con il morso di Suarez e l’Italia che di nuovo si e la mia vita era ferma in scatoloni Sara non è mai stata a Londra. fermava ai gironi. E di nuovo la nostra amicizia si interrompeva dopo ammassati nello studio di mio pa- Ci credi?” appena tre partite. Nel 2018 ai gironi neanche ci eravamo arrivati, ed io dre. Rientrare in quella casa dopo Al 14’ minuto Bartoli entrò in tack- ero rimasto a Londra. Matteo ne aveva approfittato per fare un viaggio cinque anni non mi fece nessun ef- le sul loro numero 9. con Sara ed erano tornati con una promessa. Fabio invece aveva smesso fetto. Avevo portato solo le vecchie La parata di Giuliani sul colpo di di rispondere ai messaggi. Ma noi eravamo quelli dei mondiali del 2006, fotografie ed una cornice nuova. tacco di Débinha mi ricordò Buf- la maturità appena finita e quella testata di Zidane che ancora vibrava Matteo, ancora sulla soglia, aveva fon nella finale del 2006. nel nostro petto. Per quanto le nostre vite avessero preso strade diver- cominciato a snocciolare ricordi, Quando Girelli segnò, io e Sara ci se da quella sera di luglio, ogni quattro anni ci ritrovavamo, un divano, e la nostra vita, per un attimo, era alzammo in piedi ad esultare. Gol una cassa di birra, Fabio che entrava dicendo: “E il passaggio di Pirlo?”, sembrata epica. Poi avevo visto annullato. Altro giro di birre. Matteo che ribatteva: “E il gol di Grosso?” e allora a me toccava aggiun- Sara. Dovevamo essere solo noi tre. Giuliani replicò al 37’, e al fischio gere: “Ragazzi, non dimenticate Cannavaro”. E l’inno, con noi in piedi, “Fabio?” dell’arbitro, io e Matteo parlava- la mano sul cuore e il telefonino in bilico a scattarci una fotografia da “Non lo so. Arriverà.” mo di Bonansea come, un tempo, incorniciare assieme alle altre. Ancora non si chiamavano selfie. “Dici?” parlavamo di Inzaghi. La proposta arrivò, inaspettata, da Matteo. “Ci vediamo domenica Sara era seduta sul divano, nel posto a casa di Federico. Italia-Brasile. Mondiale femminile. Le ragazze che di solito occupavo io. Matteo Il suono del citofono ci interrup- spaccano.” stava stappando le birre e intanto mi pe. Mi precipitai a rispondere Fabio non aveva risposto. chiedeva come stessero andando le pensando fosse Fabio. Ma era un cose a Londra. Non gli avevo detto corriere di Just Eat. Matteo aveva La casa era sempre il monolocale di Via Boucheron. Adesso però i mobili che le cose a Londra non erano anda- ordinato del sushi. erano vuoti e la televisione era la stessa del 2014. Ero tornato da poco da te per niente. “Scendo”. racconti di cinema “Ma digli di salire.” do una sigaretta. A vedere tutta quella gente lì fuo- “Ma sali tu, va.” “Rigore per il Brasile. Ve lo dico da una ri, la rabbia passò. La cornice per Quando aprii il portone, mi vidi per la prima volta come tanti mi aveva- vita. Alla fine, vince sempre il Brasile.” quell’anno sarebbe rimasta vuota. no visto nelle fredde serate londinesi. “Fabio.” Ma le cornici, spesso, dicono mol- Il Brasile, intanto, si era fatto più pericoloso. Gli scroccai una sigaretta e re- to più di una foto. Matteo cercava di districarsi con le bacchette, mentre Sara era rapita stammo in silenzio, a fumare. “Mi sa che Fabio, a questo giro si è dalla partita. Decisi di andare a fare un giro. Il portone si aprì. Sara e Fabio si sbagliato. Non è vero che il Brasile scambiarono un cenno, poi lei se vince sempre.” La testata di Zidane me l’ero persa. Ero uscito di casa per andare a fare ne andò. Non quella sera. Perché quella una passeggiata. La tensione era troppo alta, o forse era la delusione per A rompere il silenzio ci pensò Nazionale sarebbe rimasta con come erano andati quegli esami. Così camminavo per Torino aspettan- Matteo: “Alla fine ha vinto il Brasi- noi come quella del 2006. do che il tempo passasse e mi ero fermato al centro della via, davanti le. Ma l’Italia è passata lo stesso.” casa. Da lì sentivo le voci di Fabio e di Matteo, stavano litigando, l’unica “E noi che facciamo?” cosa però che ero riuscito a cogliere era il nome di Sara. Al mio rientro sembrava che nulla fosse successo. Avevamo seguito i tiri di rigore ab- Fabio cominciò a camminare. bracciati e di Sara non avevo più sentito parlare. Fino a quella foto su In- A metà di via Garibaldi, Matteo stagram, una sera di giugno quando in campo c’erano le altre Nazionali. propose di andare a bere una birra La partita era trasmessa in prima serata su Rai 1, la prima volta per una al solito pub. partita di calcio femminile, le vie intorno a casa mia, come all’epoca, “Figurati se ci sarà ancora”, gli risposi. erano deserte. Camminavo e dentro avevo la stessa rabbia di un tempo, Ed invece. Insomma, non era pro- o meglio una rabbia più pesante, che non sapevo come sfogare. Girai da prio lo stesso pub di un tempo, ma la via Passalacqua, qualcuno appoggiato al mio portone si stava accenden- birra alla spina ancora ce l’avevano.

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a 50 anni da Il conformista IL CONFORMISTA, TRA STORIA E PSICOANALISI

di GIORGIO GOSETTI

Nata quasi per caso dalla richiesta di un progetto da parte della Mars Film Maria Paola Maino, e ottiene un Curioso il casting femminile se (allora filiale europea della Paramount), scritta in poco più di un mese budget limitato (750.000 dollari), si deve dar credito alle leggende dal regista all’indomani di Strategia del ragno, la trascrizione per immagi- ma grande libertà d’azione perché per cui la prima scelta doveva ri- ni del romanzo breve di Alberto Moravia è per Bernardo Bertolucci il la produzione è nelle mani del cu- guardare Florinda Bolkan (Giulia banco di prova sulla scena internazionale. Dalla “prima” mondiale de Il gino Giovanni. Le riprese vengo- Clerici) e Brigitte Bardot (Anna conformista al Festival di Berlino nel giugno 1970 sono passati 50 anni, ma no concentrate in poco più di tre Quadri), secondo un’idea quasi il fascino di quell’opera è ancora intatto, tanto che, già all’uscita, il critico mesi, nonostante il set si sposti da opposta rispetto alle scelte finali: Callisto Cosulich parlava di un autore che “aveva raggiunto la pienezza Roma a Parigi, da Joinville-le-Pont Sandrelli veniva dal set di Partner, delle proprie capacità espressive”. Senza esagerazioni, oggi si può dire che all’Abetone, e il massimo sforzo si Sanda esce dallo schermo quando quella pienezza anticipa e supera il traguardo – ben diversamente spetta- concentra su attori e collaborato- a Parigi Bertolucci vede Une femme colarizzato – del successivo Ultimo tango a Parigi (1972). ri. Convincere Jean-Louis Trinti- douce di Robert Bresson. Su Il conformista si sono ampiamente esercitati, nel tempo, storici del gnant, che è già in Italia per un altro Altrettanto interessante è la squa- cinema e psicoanalisti, critici letterari in gita e storici, appassionati bio- lavoro, risulta abbastanza facile, dra tecnica che passa da conferme grafi e (pochi) detrattori: insomma se n’è scritto in lungo e in largo, con una seducente il richiamo cinefilo con importanti, come le luci di Vitto- speciale segnalazione per le meticolose analisi di Federica Ivaldi (Studi nove- cui il regista ottiene la disponibilità rio Storaro, a gemellaggi culturali centeschi, vol.40) e di Adriano Aprà (video saggio All’ombra del Conformi- di due icone dello spettacolo d’an- come per Georges Delerue, le cui sta). E quindi, nel rivederlo adesso, conviene staccarsi per un momento tan come Yvonne Sanson e Milly, musiche avevano accompagnato dall’approccio storico-critico, dall’esegesi psicoanalitica ampiamente che impersonano le due madri (di la Nouvelle Vague e Le mepris di accreditata dallo stesso regista, dal confronto inutilmente stringente Giulia e Marcello), grandioso nel- J. L.Godard (ancora da Moravia), con le pagine di Moravia. Si sa che Bertolucci, alla ricerca di un’idea, si la sua misura il Manganiello (no- ma determinanti si rivelano altri fa suggestionare dal racconto del romanzo che gli viene da sua moglie, men omen) di Gastone Moschin. protagonisti, come la costumista

Le foto della sezione ‘Anniversari’ sono state gentilmente concesse dall’archivio fotografico © Si ringraziano dott. Marcello Foti, direttore Cineteca Nazionale; dott.ssa Daniela Currò, conservatore della CN; dott.ssa Rotondi, responsabile Archivio fotografico della CN; dott. Alessandro Andreini, ricerca e elaborazione immagini Archivio fotografico della CN.

anniversari a 50 anni da Il conformista "Il conformista" Festival di berlino50 1970 anni

Gitt Magrini, il geniale scenografo Ferdinando Scarfiotti, un monta- tore-autore come Kim Arcalli, che tanto influirà nella crescita suc- cessiva del regista. Ed è proprio questo inedito mix tra classicismo formale, soffio rivoluzionario di stampo francese ed emozioni nar- " Le riprese vengono concentrate in poco rative, che guardano anche alle ac- celerazioni del cinema americano più di tre mesi, nonostante il set si sposti in cui si affermano le figure emer- genti della New Hollywood (in da Roma a Parigi, da Joinville-le-Pont un processo reciproco come rac- conta Coppola che Il conformista all’Abetone, e il massimo sforzo si con- rivede ossessivamente al tempo del Padrino per cercare uno “stile” centra su attori e collaboratori." davvero nuovo) a creare il par- ticolarissimo mood in cui il film nasce. In qualche modo è come se Bertolucci si trovasse, perfino suo malgrado e incoraggiato da chi gli sta intorno, a tagliare i pon- ti con le sue radici di formazione, uccidendo metaforicamente i due padri che lo hanno portato a quel traguardo: dal mondo moraviano si distacca con dolcezza, modifi- cando però in modo sostanziale

54/55 la struttura della narrazione, in degli uomini che la abitano, a se- qualche modo anticipando l’evo- gnare plasticamente questa tra- luzione del pensiero di Pasolini sformazione. E quando Marcello circa il ruolo della Storia nella si mimetizza invece in una Parigi costruzione delle identità perso- colorata coi toni del cinema del nali; dalla “dittatura” espressiva Front Popoulaire, la sua grigia or- e metaforica del padre putativo dinarietà cerca inutilmente riscat- Godard si libera, inseguendo un to e liberazione nell’infatuazione equilibrio formale del tutto diver- per Anna Quadri, un fantasma so. È lo stesso Bernardo ad am- evidentemente non-conformista metterlo: “Questo film è la storia la cui immagine lo ossessiona fin di me e Godard. Quando diedi al da prima. Sul finale, poi, Bertoluc- professor Quadri il numero di telefo- ci utilizza gli spazi solenni della no e l’indirizzo di Godard, lo feci per Roma liberata (da Castel S. An- scherzo, ma più tardi mi dissi: ‘Beh, gelo al Colosseo) per rimarcare, forse tutto questo ha un significa- in un sistema à rebours, la stessa to… Io sono Marcello e faccio film impossibilità dell’essere normale fascisti e voglio uccidere Godard per quel suo antieroe che inva- che è un rivoluzionario, che fa no ha cercato fino all’estremo di film rivoluzionari e che è stato il annegare nel conformismo della mio maestro’”. Un evidente para- folla, prima il regime e poi i mani- dosso, dietro il quale si cela però festanti della Liberazione. – secondo me – il nocciolo duro La struttura narrativa scelta con la dell’intenzione bertolucciana: at- complicità di Kim Arcalli è carat- traverso la metafora della Storia in terizzata dalla figura della spirale e cui Marcello cerca disperatamen- dal passo del destino per il quale, te di distruggere il proprio padre fin da principio, Marcello Clerici morale, e poi quello totemico, a sente ciò che lo attenderà e azio- cui si è affidato come l’Italia in- na la sua memoria in un continuo tera, l’artista compie il necessario va-e-vieni tra spazi temporali che parricidio della sua generazione, finiscono per sovrapporsi nella secondo un percorso psicoanali- visione. La fabula moraviana – pur tico che certo influenza prepoten- rivisitata e corretta nella sceneg- temente la sua rilettura del testo e giatura – è estremamente sempli- del personaggio. ce: il Conformista Marcello viene Dice Alberto Moravia a Enzo Si- da una buona famiglia della bor- ciliano: “La mia intenzione era di ghesia italiana prona al Duce nella interpretare il Fascismo in chiave radice paterna (un avanguardista intellettuale. Ma forse, a causa sifilitico ormai sull’orlo della paz- d’una mia immaturità di scrittore, zia e una madre tossicomane che quel romanzo diventò un collo vive isolata da gran signora come di bottiglia in cui fu difficile far la Gloria Swanson del Viale del tra- entrare tutto quello che ci volevo monto). Ha scelto di annientarsi fare entrare. Mi accorgevo ancora per rimuovere il senso di colpa una volta che il romanzo su dati per un omicidio (che non sa di storici e realistici era impossibile aver mancato) nella prima adole- scriverlo”. E invece il film compie scenza, per distaccarsi dal mondo questo salto qualitativo, renden- marcio che lo ha messo al mondo, do immediatamente credibile per cercare un nuovo padre/men- la descrizione di una borghesia tore nel fascista cieco Italo Mon- ammalata di “normalità” con cui tanari, commentatore del regime nascondere le proprie fragilità e sulle onde dell’Eiar. È lui a det- devianze, e per questo immedia- targli la via per un’omosessualità tamente irretita dall’anormali- rimossa, è lui a presentarlo all’O- tà banale dell’uomo forte, della VRA (il servizio segreto fascista il prepotenza animale, della tutela cui acronimo rimanda alla figura del proprio essere profondo. È mitica della piovra), facendo di il contrasto evidente tra il vuo- Marcello un delatore e poi il man- to dechirichiano e stoltamente dante di un omicidio di regime. È imponente dei luoghi del potere ancora lui a incoraggiarlo ad un (il quartiere dell’Eur in cui opera matrimonio fin troppo ovvio con l’OVRA) e la piccolezza infima la vitale Giulia, che però è, a sua anniversari a 50 anni da Il conformista “Questo film e la storia di me e Godard. Quando diedi al professor Quadri il numero di telefono e l’indirizzo di Godard, lo feci per scherzo"

volta, frutto di quella piccola borghesia che si ripara all’ombra del Duce. in cui Marcello siede di fronte ad Per tutta la vita il protagonista ha Da qui prende il via il suo calvario: prima si fa carico del tradimento (una un fuoco che illumina il letto di sognato l’impossibile: “Sto per co- ricorrenza narrativa che da un lato rimanda all’Athos Magnani di Strate- un giovane pederasta, se da un struirmi una vita normale – scrive gia del ragno e dall’altro all’Oreste sartriano de Le mosche); poi sulla via lato sancisce il suo ritorno alla Moravia -, sposo una piccolo bor- di Parigi, guardato a vista dal sanguigno Manganiello, per baciare come “diversità”, dall’altro lo condanna ghese, mediocre, piena di idee Giuda il professor Quadri e compiere il parricidio annunciato. Da que- ad una pena infernale. E proprio meschine, di piccole ambizioni sto destino vorrebbe alla fine liberarsi, lasciando Giulia, lasciando il suo quell’immagine sottolinea la di- meschine. Sì, tutta letto e cucina! progetto insensato, fuggendo con Anna Quadri che certo non lo vuole. mensione “infernale” de Il con- La normalità, voglio costruire la Ma il viaggio è metafora della cecità a cui lui stesso si è condannato, fin formista: stretto tra le sbarre delle mia normalità… faticosamente”. da un matrimonio consumato tra tanti ciechi come il suo amico Italo. inferriate di una prigione che egli Adesso, quell’aspirazione che è E infatti sogna di essere cieco anche lui, cieco si vede quando rievoca il stesso ha voluto costruirsi calpe- stata dell’Italia intera, sconta la mito della Caverna di Platone nell’incontro con Quadri e cieco vuole es- stando le vite di chi ha amato. Lo sua nemesi. Ed è forse per que- sere (dunque impotente) quando i killer dell’OVRA uccidono il profes- sguardo in primo piano che chiu- sto che il corteo dei manifestanti sore e sua moglie. L’epilogo è affidato a un’altra Italia, quella della notte de il film è pieno di rimpianto per nell’ultima notte del Fascismo, della Liberazione, quando il conformista Marcello cerca di mimetizzar- la vita non-vissuta, ma è anche un con i canti libertari che risuonano si nel mondo nuovo, uscendo dal guscio protettivo di casa e di Giulia, monito (morale e non-moralista) tra le volte del Colosseo, appare per tradire ancora una volta, per farsi questa volta delatore di Italo, per diretto allo spettatore affinché più teatro che festa di popolo, stri- scoprire la verità sulla sua “anormalità” sempre scacciata e sempre pre- non si chiuda nello stesso recinto. dendo chissà quanto consapevol- sente. Così attribuirà al suo violentatore dell’infanzia (miracolosamen- Si capisce che per coglierne tutte mente con la fattura del racconto, te ritrovato) l’omicidio dei Quadri, ma nella suburra dei dropout che le sfumature il film ha bisogno di fino a sembrare un’apparizione hanno trovato rifugio tra le ombre del Colosseo è costretto a guardare in una o più visioni e vale la pena di posticcia e retorica in una rappre- faccia se stesso, a specchiarsi nella sua omosessualità, a guardare fisso dedicargli oggi tempo e attenzio- sentazione goffa del Quarto Stato in macchina noi spettatori - vittime e carnefici insieme – proprio come ne perché è uno scrigno cosparso di Pellizza da Volpedo. Di simboli, lui ormai si vede. Il finale claustrofobico (tanto diverso dal romanzo), di pietre preziose. allegorie, citazioni e modi à la ma-

56/57 tare in una società, che con quel pas- sato si rifiuta di fare i conti attraverso nière de il film è sovraccarico: que- la rimozione e l’ansia di normalità. sto ne fa il fascino e forse anche A nove anni dal suo esordio (ap- uno dei pochi limiti. Ma diversa- pena quindicenne), e due anni mente da Moravia, Bertolucci ri- dopo il suo primo incontro con esce nell’intento di dare unicità e Bertolucci, Stefania Sandrelli tro- profondità al suo sguardo, perfino va ne Il conformista uno di quei quando si rifugia negli echi della ruoli che marcano meglio la sua Nouvelle Vague (le inquadrature carriera, in contemporanea con sghembe) o nell’onirismo scoper- il grande successo popolare di to (la scena del Bordello a Ven- Brancaleone alle crociate. È Giulia, timiglia). Alla fine, vien da dire la borghesissima moglie di Mar- che siamo di fronte a un progetto cello, una donna che sembra pre- compatto, che la forma traduce da degli eventi e invece finirà ad in un’originalità della visione, in essere la vestale di un marito tra- cui perfino il virtuosismo tecnico volto dalla Storia, il punto di forza (l’uso del dolly sopra tutto) ritro- di una famiglia che si confonde va senso e finalità. Il conformista è nella nuova normalità del Paese. la storia di un piccolo uomo senza Per il regista è la prima opportuni- qualità che si fa carico del fardello tà internazionale con un ambizio- di una generazione e di una classe so cast italo-francese; per Stefania sociale senza futuro. E per questo un ruolo che cresce dal copione al non invecchia, perché il Male che set e, alla fine, diventa perno cen- Marcello scopre dentro se stesso e trale della struttura narrativa. abbraccia con disperata voluttà, è alla fine il Male che continua ad abi- anniversari a 50 anni da Il conformista STEFANIA SANDRELLI: IL RICORDO DI UN SET AL FEMMINILE di G.G.

Ricordare quei giorni è per lei ‘letto e cucina’. Bernardo voleva un vero tuffo nel passato: il pri- che Giulia trasformasse pian pia- mo giorno sul set. no il suo sguardo fino ad arrivare Cosa ricordo di quel set…? Che a una coscienza tacita e che la ca- c’era un’atmosfera come dire… ratterizza in tutta la parte finale. Io spessa, come se tutti sentissero ho cercato di metterci una vitalità che dovevano dare il massimo, istintiva, che poi la trasforma, fino che dovevano essere all’altezza. a farne il giudice silenzioso di Mar- Alberto Moravia veniva spesso cello quando cade il regime fasci- sul set e Bertolucci sapeva creare sta. Le due donne della storia non un’empatia originale, in cui era fanno ombra a Marcello, intorno a chiaro che, nonostante vi fosse cui ruota la problematica con cui il un protagonista maschile assolu- regista è intervenuto sul modello tamente centrale, le donne della originale, ma in una certa maniera storia occupavano uno spazio per sono l’altra parte del suo mondo, la lui molto importante. E poi c’era bipolarità che lo muove. quella scenografia, l’imponenza degli spazi dell’Eur, e gli spazi ri- Lei e Jean-Louis Trintignant… costruiti che ci facevano sentire Non c’è bisogno che io dica che allo stesso tempo grandi, impo- fantastica razza d’attore sia, così nenti e piccoli, quasi dei puntini come non c’è bisogno che io dica indistinti in uno spazio troppo più che Il conformista sta nella rosa monumentale di noi. dei miei film più amati. Ma Je- an-Louis arrivò sul set con un’in- Lei e Sanda, due donne pensate quietudine segreta, forse legata come opposti che si toccano, alla malattia del figlio, che lo ren- il bianco e il nero, colori che si deva distante e totalmente con- scambiano. centrato sul suo personaggio. Lo Ho sempre avuto un rapporto viveva letteralmente e la sua con- speciale con le colleghe e in Fran- centrazione era così intensa che cia ho legami bellissimi con tante diventava contagiosa, era come di loro: Fanny Ardant, con cui una se togliesse l’aria a tutto ciò che volta divisi perfino il camerino non c’entrava con il lavoro. Per gli sul set di Scola, Isabelle Huppert, attori la chimica reciproca, l’emo- con cui non ho mai lavorato ma zione che ciascuno si porta die- che è davvero una persona spe- tro, diventa fondamentale e quel ciale, Catherine Deneuve, e anche suo modo maniacale di entrare Dominique, che purtroppo non in ogni dettaglio di Marcello ci ha c’era lo scorso anno all’omaggio contagiati tutti. Ecco perché parlo che mi ha dedicato la Cinémat- di un’atmosfera ‘spessa’. Si avver- hèque Française, perché non vive tiva che vivevamo un’avventura (a in Francia, ma che all’epoca de Il quel tempo il cinema lo era davve- conformista è stata davvero ecce- ro) assolutamente irripetibile. zionale. Quando andavamo insie- me in giro per Parigi, nelle scene dello shopping era meravigliosa, girava la testa a tutte e due. Il mio personaggio era un po’diverso da quello scritto da Moravia, tutta

58/59 cinema e arte

FATTI NON FOSTE A VIVER COME BRUTI

di NICOLE BIANCHI

La rubrica, dedicata ai film evento d’arte, apre la collaborazione tra 8½ e Sky Arte, timoniere d’eccezione nella produzione e distribuzione di questo genere "pop", capace di includere i pubblici più differenti. L’approfondimento, che proseguirà per tutto il 2020, parte con l’intervista al direttore del canale, Roberto Pisoni, per una panoramica sul genere, sulle prospettive, sulle intenzioni e sui progetti.

La nostra Arte è un patrimonio mondiale: un canale italiano che ‘produce arte’, agli occhi delle case madri extra/europee, quanto è influente, viene considerato un faro? L’indicazione maggiore la può dare la nostra elezione a coloro che guidano il progetto europeo di produzione dei canali artistici. Con- ta l’esperienza pregressa di un canale che ha acquisito in breve tempo un’identità, grazie a produzioni originali con costi contenuti, con il coinvolgimento di case e filmmaker indipendenti. Gli esperimenti, poi, con il 3D ci hanno dato un’altra sponda di autorevolezza: la distribuzio- ne di questo genere nasce, è vero, con Nexo Digital, ma la produzione con il nostro Musei Vaticani 3D (2013). Tutto questo ha avuto una riso- nanza anche europea: all’estero, l’Italia – molto più che da noi - è con- siderata il Paese dei giganti, dei pilastri dell’Arte. Finché Sky Arte/Sky non ha iniziato a produrre, la tradizione dei prodotti tv connessi alla Storia dell’Arte era europea: nel periodo di selezione del prodotto per il lancio del nostro canale in HD, anno 2011, in Italia non esisteva niente sull’Arte che fosse prodotto in tale definizione. Questo è il contesto per cui siamo stati scelti come capofila di questa hub produttiva, Sky Arts Production Hub, che nasce nel 2014. cinema e... cinema e arte

Nel panorama della cultura I titoli 2020 da voi prodotti da sdoganare al cinema e in tv sono Botticelli, Raffaello, Pom- come contenuto pop, come si pei e il progetto su Roma: quali collocano le produzioni di Sky sono i criteri di selezione? Quali Arte dei film d’arte? Qual è lo più ‘facili’ da proporre, quali spirito e quali le intenzioni? una ‘scommessa’ da giocare? Il lavoro che abbiamo fatto in Perseguiamo il percorso sul ci- questi anni ha contribuito, senza nema d’arte lavorando su binari dubbio, a svegliare altre coscien- paralleli: le produzioni interna- ze, parlo di televisione: nel 2011, zionali, con i documentari più che un programma d’arte andasse classici, e poi una via più speri- in prima serata su Rai Uno credo mentale, che ha avuto il culmine fosse cosa accolta come battuta nell’esasperare la parte finzionale ironica, un po’ cinica. Per i nostri in Io, Leonardo. Per la scelta dei primi due/tre anni produttivi, che soggetti concorrono le opportu- la stampa ci indicasse come ‘ser- nità di comunicazione, l’appeti- vizio pubblico’, ad un certo punto bilità per il pubblico, la possibilità deve aver mosso chi lo fa davvero, che abbiano un valore istituzio- che ha così deciso di rischiare: i nale: Raffaello, titolo tradiziona- primi contenuti d’arte, in onda le, budget contenuto, per cui ab- con Alberto Angela, hanno fatto biamo scelto di fare una cosa agile una performance altissima. E ora per la celebrazione, cercando di c’è una scia significativa: se Cana- puntare sul rapporto tra l’artista Sia in ottica nazionale, che in- al più ampio pubblico possibile. le 5 ha deciso di riproporre docs e il ritratto femminile. Botticelli ternazionale, mi pare non ci Si tratta di obiettivi differenti, ci musicali in televisione, penso che nasce con la Hub e racconta un sia un interesse significativo sono operazioni culturali e ope- un po’ sia anche merito nostro, artista internazionale, le cui ope- delle grandi manifestazioni, razioni industriali e se i festival che abbiamo rimesso sul ‘banco re sono più famose dell’artista dei grandi festival, per i film fanno ancora lavoro di ricerca, è degli attrezzi di lavoro’ della tv stesso: tutti conoscono la Venere, evento d’arte: non sono desti- giusto perseguano quella via: a noi uno strumento che permette di la Primavera, nessuno sa chi sia nazioni corrette per il genere? interessa percorrerle entrambe, provare a ripensare una program- lui, parlo del mercato interna- Sarebbe interessante ci fosse fare documentari culturalmente mazione culturale. Per il cine- zionale. E la curiosità sta nel rac- un’attenzione? rilevanti, e quindi con destina- ma, il percorso è stato dapprima conto di un artista della Firenze Sono prodotti che nascono con zione anche verso grandi festival, sorprendente, e va dato merito medicea, in un Rinascimento un’intenzione di sfruttamento accanto a progetti industriali, che a Nexo di aver osato pensare che efferato e sublime al contempo, commerciale e il successo de- tentano di coniugare scientificità anche per le sale si potesse riscri- in cui lui ha codificato una del- riva proprio dall’aver cercato di e popolarità. vere un palinsesto: l’acceleratore le massime icone della bellezza raggiungere un pubblico ampio: era senza dubbio la tecnologia femminile occidentale. Pompei l’essere un progetto così ibrido 3D, affinché si potesse dire che è un esperimento che facciamo lo allontana dal gusto critico dei c’era un’esperienza immersiva - per la prima volta - in maniera grandi festival, anche se Frida è completamente differente dal spericolata: un film d’arte diret- stato presentato allo scorso TIFF. passato, anche con le opere d’arte to da un regista cinematografico, Sono curioso di vedere cosa farà - e sfidando l’ira degli storici -, alla Pappi Corsicato: si tenta di scar- Corsicato, in quest’ottica. Hanno ricerca di un connubio tra il punto dinare una narrazione classica, una genesi specifica questi film, di vista scientifico e quello spet- sicuramente con il suo tocco per- di per sé ‘sporchi’, che nascono da tacolare. Nonostante il tramonto sonalissimo, benché lui sappia di molteplici esigenze, e per esem- della tecnologia, è rimasto vivo dover corrispondere ad intenti pio le ricostruzioni non piacciono l’interesse per i film d’arte, fino scientifici. Il progetto su Roma ai francesi, perché sanno di teatro, quasi alla saturazione del merca- è ancor più sperimentale, con la quindi sappiamo che non sono to: c’è all’incirca l’uscita di un film regia di Gianni Troilo, uno dei no- amati tanto quanto i docs classici, a settimana, che ha ammorbidito stri autori, un talento visionario: che anche noi produciamo e che le punte dei successi straordinari s’annoda la Storia di Roma Antica vincono premi, ma che - di contro di qualche anno fa, come Loving con la vicenda di un personaggio - difficilmente escono poi al cine- Vincent o il nostro Caravaggio, e contemporaneo, alla scoperta ma. Quando lavoravamo a Io, Leo- tutti contano numeri significativi, della Città Eterna. Riproviamo un nardo qualcuno propose di man- attestati tra i 200 e i 600mila euro. percorso che supera la messa in darlo a Venezia, ma per me era scena classica del documentario una pazzia, non è il territorio per e la mescola con la finzione, ma questo genere, inoltre era diffici- senza far interpretare all’attore le potesse essere preso: l’intento un’icona della Storia dell’Arte. è invece comunicarlo per quello che è, un prodotto pop che cerca di raccontare in maniera originale

60/61 cinema e musica

NOI SIAMO LE COLONNE LA TERZA DIMENSIONE

di PASQUALE CATALANO

L'evoluzione della composizione di musica da film raccontata da un compositore.

cinema e... cinema e musica - noi siamo le colonne L’evoluzione della composizione di musica per film era già argomento di studio prima che questi diventasse “sonoro”. Béla Balázs scriveva che la musica regala all’immagine la “terza dimensione” emotiva.

Se si guardano i programmi musicali nelle raccolte a commento di film muti si nota che, al di là di rare composizioni dedicate (Saint-Saëns, Honegger, Prokofiev, l’italiano Pizzetti per Cabiria), le musiche sono stralci variamente assemblati di opere di Mozart, Brahms ma soprat- tutto Verdi e Rossini. Questo desiderio di andare incontro ai gusti del pubblico colto (Verdi e Wagner erano praticamente dei contempora- nei) ebbe la conseguenza di far conoscere l’Opera italiana a un pubbli- co più popolare di quello dei teatri d’Opera e valicò i confini nazionali.

Iniziò in quegli anni la bellissima storia del cambiamento inconscio dell’immaginario collettivo al quale i registi e i compositori italiani han- no contribuito, più che ogni altra cinematografia.

La prima scossa chiaramente riconoscibile, e tra le più citate, è quella assestata da Anton Karas, chiamato dal regista Carol Reed a musicare Il terzo uomo. Nella Vienna occupata del secondo dopoguerra per la pri- ma volta la musica non si sviluppa secondo i cliché codificati della ten- sione orchestrale o del jazz (che vivrà il suo decennio d’oro negli Anni ‘50) ma proietta l’inconscio dello spettatore in una nostalgia del pas- sato con la cetra di un tema divenuto celeberrimo e la colonna sonora spiazzante tra malinconia e ricordo, con risultati allora inediti. Dall’uso dei rumori in partitura (promosso da Nascimbene in Roma ore 11 ma rimasto praticamente inesplorato) alla atonalità, fino all’utilizzo E qui veniamo all’importanza dei contributi italiani che coprono in epico del lirismo della tromba (sembra una contraddizione in termini gran parte da soli tre decenni di Storia del cinema. ma qui risiede il genio del Maestro) in un personale deguello, Morricone costruisce al tempo stesso una nuova estetica e una nuova grammatica Con l’affermarsi del sonoro, l’Italia si differenziò dagli altri Paesi per il musicale; da quel momento al cinema nulla sarà più come prima. legame tra il melodramma ottocentesco e la musica per cinema, sia di Ancora Morricone darà un altro indirizzo con Indagine su un cittadino al repertorio che originale: l’evoluzione si sviluppò tutta sotto la vigilanza di sopra di ogni sospetto (1970). Qui la musica è insieme il coro grottesco del regime fascista che prediligeva un rassicurante classicismo musica- a commento della meschinità del potere e la rappresentazione malata le al quale si piegarono pressoché tutti i compositori dell’epoca e che, della psicologia del protagonista. Anche in questo caso l’ascolto della con la quasi sola eccezione di Malipiero e Rossellini (Renzo), conti- sola musica evoca il cinismo e la violenza gratuita dei poteri, siano essi nuerà all’affacciarsi del Neorealismo. costituiti o criminali.

Ma nel 1960 Nino Rota e Federico Fellini, dopo un rapporto di colla- L’ultima variante estetica significativa si deve alla collaborazione Mi- borazione che durava da nove anni, proposero un nuovo immaginario chael Nyman-Peter Greenaway, che con una certa continuità affronta- sonoro con la colonna sonora del film , forse più di quanto no dal 1982, con I misteri del giardino di Compton House (ispirato a Blow faranno con il successivo 8½. Up di Antonioni) fino a The Baby of Mâcon, il tema della inevitabile pu- Rota scrive colonne sonore dagli Anni ‘30 ma con Fellini si realizza la trescenza che il potere porta dentro di sé e che corrompe quello con perfetta simbiosi tra le storie di malinconica fantasia del presente del cui viene in contatto. Nyman utilizza la grammatica minimalista con regista e la musica fatta di cromatismi e intervalli “zoppi” del compo- frammenti classici da Mozart a Purcell; si usano sax, c’è un’aria dark e sitore milanese. La musica da sola evocherà nell’immaginazione anche atmosfere punk disturbanti. dei non cinefili l’atmosfera, appunto, da “dolce vita italiana”, dando il A partire da questo stile molti musicisti compongono colonne sonore via anche a una nutrita schiera di epigoni. nelle sfumature che vanno dalla “umanizzazione” al minimalismo puro Nel 1964 Ennio Morricone compone le musiche di Per un pugno di dol- al mero taglia-copia-incolla di frammenti classici. lari di Sergio Leone e con una sola colonna sonora cambia la visione del Western (fermo alla musica di Mezzogiorno di fuoco) traducendo in E oggi? Nei corsi di musica si affaccia una nuova generazione che se- musica le ansie della sua epoca e il rapporto tra l’uomo e la morte. gue logiche nuove nell’approccio alla sonorizzazione delle immagini; spesso la provenienza non è accademica e non sembra interessata a un background di conoscenze filmiche o musicali, ma la capacità di ricerca e assemblaggio di materiale disomogeneo e la conseguente creazione di ready-made a volte originali nella concezione e nella ap- plicazione pratica fanno presagire (o augurare) prossime novità nel circuito mainstream.

“Crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere” Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere

62/63 cinema e animazione

FIDARSI DELLE NUOVE GENERAZIONI

di NICOLE BIANCHI

Intervista a Roberto Genovesi direttore di Cartoons on the Bay

Il Festival, promosso da Rai e realizzato da Rai Com, per la prima volta non è più soltanto primaverile, ma conta anche un’edizione invernale: 2-5 aprile a Pescara, poi a dicembre a L’Aquila. Il tema dell’anno è il ruolo della donna, sia come professionismo, sia per come la figura femminile viene raccontata dall’animazione. Premio alla Carriera ad Altan per la Pimpa, e a John Pomeroy, uno dei “tre moschettieri” con Don Bluth e Gary Goldman. Nella selezione delle anteprime, anche l’indie Trash di Dafano e Della Grotta.

Qual è lo stato di salute dell’a- talenti, sulla creatività di persone nimazione italiana? che lavorano nel settore dei fumet- È una domanda che sarebbe in- ti, dei videogiochi, che potrebbero teressante sottoporre ad ASIFA, essere molto capaci nella realizza- Cartoon Italia e Rai Ragazzi, i tre zione sia di serie che di lungome- soggetti protagonisti, almeno per traggi, portando tutti gli specifici quanto riguarda l’animazione tele- elementi di vantaggio nella nar- visiva: per quella cinematografica razione per immagini del cartone ci sono pochi esempi interessanti, animato. E il discorso si potrebbe un numero molto basso rispetto a fare anche al contrario: sono tre quanto sarebbe necessario; sareb- mondi che dovrebbero comunica- be opportuno investire sui nuovi re di più. cinema e... cinema e animazione Cosa potrebbe fare l’animazio- Le istituzioni sono presenti a so- ne italiana per rafforzare una stegno dell’animazione? Quali vera credibilità internazionale? sono gli appuntamenti nazionali Non esistono più prodotti mono- - e non - in cui il settore riesce ad mediali, in ottica internazionale: avere un’efficace vetrina? si tende, sia per motivi economici Cartoons on the Bay, e la Rai in che di strategie di marketing e di generale, ha piacere nell’avere un prodotto, a costruire una filiera, dialogo continuo con le istitu- non cronologica ma contempo- zioni, con il MiBAC e le ammini- La stampa di settore come re- ranea: la differenza tra il mul- strazioni locali: Cartoons nasce cepisce e tratta l’animazione timediale e il crossmediale sta proprio da questo colloquio, noi italiana? C’è sinergia, valoriz- proprio nel fatto che il primo sia facciamo il Festival proprio per- zazione, o l’attenzione è cata- una catena, cioè se ha successo ché ci sono amministrazioni co- lizzata dalle produzioni colos- un prodotto si fanno tutti gli al- munali e regionali che supporta- sali americane? tri, invece il crossmediale nasce no economicamente l’evento e lo Se ci fossero più prodotti italiani su tutte le piattaforme e quindi i ospitano, e naturalmente intorno d’animazione per il cinema ci sa- vantaggi di ciascuna alimentano abbiamo il supporto delle istitu- rebbe più interesse. Ci sono poche e supportano le altre, è un gioco zioni nazionali, con patrocini di cose e, anche qualora non sembri- di squadra. Questo consente una Qual è il valore aggiunto del no- diversa entità. Cartoons on the no di alta qualità, si tende a non convergenza digitale dei linguag- stro settore animato, in ottica Bay credo sia l’unico festival dedi- parlarne male: la vecchia guardia gi, per costruire una narrazione mondiale? C’è un’eredità che la cato all’animazione e ai videogio- dei giornalisti guarda ai maestri, il più possibile omogenea, per nuova generazione ha saputo chi ad aver avuto l’Alto Patronato i nuovi critici guardano a ‘ciò che fare in modo che, soprattutto le raccogliere dai maestri? del Presidente della Repubblica, potrebbe essere’. Io preferisco nuove generazioni abituate a vi- La cultura italiana è piena di gran- e riceve costantemente la Meda- dare più attenzione a chi guarda deogiochi, serie tv e ai fumetti, dissimi romanzi, epopee, storie, glia di Rappresentanza. Questo ci al futuro, che ha voglia di studiare, trovino nel cartone gli stessi punti bellissimi film, che hanno attinto rafforza, ci stimola a migliorare: curiosare all’estero, confrontare di riferimento che sono abituati a agli archetipi della nostra cultura poi, quando l’animazione affron- i prodotti: se fossi chi produce, li gestire e fruire sugli altri media. Se più antica, dal tempo dei Roma- ta argomenti importanti da un ascolterei un po’ di più. il linguaggio dell’animazione con- ni fino ad oggi. Possiamo vantare punto di vista sociale, ecco che tinua ad andare avanti con un suo i migliori artisti, poeti, scrittori: l’aspetto ludico, didattico e civi- standard quasi esclusivo, senza dobbiamo rimanere nel nostro co, camminano a braccetto. Sia- guardarsi intorno, difficilmente solco, cercando di acquisire quel- mo l’unico festival di animazione riuscirà a sfondare nell’immagi- lo che gli altri hanno sperimen- crossmediale per cui non si paga nario del pubblico più giovane. tato e fatto meglio di noi, cioè i un biglietto: siamo servizio pub- Intervista a Roberto Genovesi Mi rendo conto che in molte si- nuovi linguaggi multimediali. Se blico e come tale offriamo alla po- tuazioni già accade, per fortuna: ci riuscissimo a utilizzare quelle polazione i nostri contenuti, per direttore di Cartoons on the Bay sono lungometraggi interessanti, tecnologie con i nostri contenuti professionisti, famiglie, bambini, come anche serie televisive, che faremmo tombola, perché siamo scuola. Quando Cartoons on the già sperimentano questa osmosi i migliori in assoluto. L’eredità dei Bay, 10 anni fa, aprì a videogiochi e di linguaggi. Il futuro dell’anima- maestri è molto bella, ma vivere fumetti tutti gridarono allo scan- zione italiana sarà sempre più di quella non aiuta ad aggredire il dalo, pareva una commistione roseo quando questa osmosi sarà mercato: sono convinto ci siano impossibile: poi, fortunatamente, sempre più palese. giovani talenti ancora non troppo soprattutto a livello internazio- utilizzati, o non al meglio, costret- nale, il concetto di arte crossme- ti a lavorare all’estero. Ci sono diale ha sfondato in maniera pre- disegnatori, artisti, sceneggiatori potente e, un paio d’anni dopo di italiani che, se guardiamo i grandi noi, anche il Festival di Annecy ha Un titolo italiano (recente), e successi dell’animazione interna- annunciato una sezione specifica. uno internazionale, che reputa zionale, spesso troviamo nei tito- Noi teniamo stretta la primogeni- di alta qualità e perché. li di coda, o anche di testa! Una tura di questa strada e guardiamo Sicuramente Spider-Man: Into the per tutti, Sara Pichelli, che con con interesse che anche altri se ne Spider-Verse ha cambiato il con- Ultimate Spider-Man ha raggiun- siano accorti. cetto di animazione, come ritmo, to addirittura un Oscar: siamo disegno e stile. Per l’Italia, mi è più molto contenti, come Cartoons semplice parlare di serie tv, di re- on the Bay, di aver aperto la stra- centi e interessanti ce ne sono pa- da a quest’artista, nostra ospite recchie, a me piace molto 44 Gatti, qualche anno fa con una mostra. in onda su Rai Ragazzi, ma per il Sempre guardando ai maestri con lungometraggio torno un po’ in- grande rispetto, bisognerebbe dietro e indico Pinocchio (2012) di però osare e fidarsi di più delle Enzo D’Alò, un’operazione artisti- nuove generazioni, per cercare di ca importante, più che da casset- costruire cose nuove. ta, un’opera d’autore.

64/65 cinema e fumetto

cinema e... cinema e fumetto 66/67 cinema e cibo

LA STRUNCATURA DI MIMMO

CALOPRESTIdi ANDREA GROPPLERO DI TROPPENBURG

Mimmo, immaginandola come un cuoco, quali sono le particola- rie non trovo più quello spirito popolare che invece trovo per esempio rità della sua cucina cinematografica? da Sonia, il ristorante cinese di Piazza Vittorio. Domenica a pranzo ci sono andato con mia figlia Clio ed era pieno di romani, come le osterie Ho sempre detto, anche in tempi non sospetti, che cinema, cibo e cu- di una volta, con lo stesso spirito. cina hanno moltissimo in comune. Come preparazioni della messa in scena. Nei miei film ho pensato molte volte di entrare in scena come at- Quali sono gli ingredienti che preferisce usare nel suo cinema? tore, proprio per plasmare, per impastare con le mie mani quella scena. Prima di fare un film penso sempre a due elementi, ovvero l’architettu- Il mio ingrediente preferito è quello che io chiamo la verità, cioè la ra, di cui fanno parte sceneggiatura, location, scenografia e casting, e la capacità di entrare dentro a una realtà, che va anche al di là di me, nel cucina, cioè la fase successiva, dove impasti gli elementi che hai messo senso che metto in moto un processo, costruisco un impianto dal quale insieme. Insieme devono avere la giusta misura: per me la cucina è una spesso vengo stupito: quando ci riesco, quella verità che cerco, la trovo. questione di misura. Mi piace pensare alle scene come a un soufflé, cre- Un film ha spesso molti piani di verità, come il mio ultimo, Aspromonte, scono piene d’aria con pochi ingredienti dentro, oppure, in altri casi, tratto da un libro. C’è la verità dell’autore del libro che tocca delle corde con un impasto solido, elastico, che non cede. In un caso e nell’altro del regista e vede la sua verità e cerca di traferirla all’attore che a sua non devono cedere alla cattiveria del pubblico e degli addetti ai lavo- volta ha una verità: tutto questo processo, nella magia del cinema, dà ri. Io non capisco questi grandi chef italiani che parlano di alta cucina vita a una verità ultima, quella del film. Su nessun piano di verità puoi e poi fanno le pubblicità di prodotti in scatola, di cucine, di detersivi, barare, perché sullo schermo si vede se fingi. hanno trasformato una sapienza conviviale in competizione. Oggi si parla dappertutto di cucina, ma a mio avviso la qualità della ristorazio- Dove fa la spesa per la sua cucina cinematografica? ne si è abbassata e i prezzi sono aumentati. Ricordo che da ragazzino era una gioia venire a Roma con la famiglia, era una Roma piena di oste- Le storie che ho sempre raccontato sono quelle degli ultimi, gli operai, rie, di trattorie popolari in cui si mangiava benissimo e costava poco. gli studenti, i poveri nel mio ultimo film, perché questa è la mia vita, Chiunque si poteva permettere di mangiare in osteria, oggi nelle tratto- mio padre lavorava alla Fiat e tutte le persone che conoscevo si occupa-

cinema e... cinema e cibo vano di Fiat quindi ho comincia- nulla. Cerco sempre di eliminare to a raccontare gli operai di Lotta il più possibile le sovrastrutture. Continua, di Mirafiori e oggi, in Non arricchire nulla della sce- Aspromonte, racconto da una par- na, nulla in più. Quando sento te le mie radici, quella povertà quella semplicità che esiste, si che mi ricordo in Calabria quan- racconta e si fa forma, sono fe- do ero bambino, e dall’altra cer- lice, mi sembra di aver colto un co di raccontare le tre principali elemento di verità importante. ragioni per cui si è voluto tenere Se riesci a svuotare il racconto di il Sud in condizione di povertà. ogni sovrastruttura, ideologia, il Quindi, diciamo che la spesa la pubblico lo capisce e ti perdona faccio al mercato della realtà, al anche gli eventuali sbagli. Del re- mercato popolare, più vicino a sto, Truffaut diceva: “se devo farti me. Con questo non voglio giudi- arrivare un messaggio, scrivo una care il mondo, voglio conoscerlo cartolina, non faccio un film”. e raccontarlo e, per farlo, devi sporcarti le mani. Cos’è la struncatura?

Nella preparazione del suo Per un regista la stroncatura è piatto/film, quali sono le fasi qualcosa che capita spesso, a me della lavorazione che preferi- è capitata diverse volte anche nel sce e quando sente che sta ve- mio ultimo film. La “struncatu- ramente cucinando il piatto? ra” invece è - per me - un piatto ancestrale: ricordo da bambino La fase che preferisco, e quella in mio padre che andava a compra- cui sento che sto cucinando dav- re questa pasta sfusa in pastifici vero il film, è il momento della clandestini, che oggi sarebbero preparazione, quando la sceneg- illegali. Si tratta di una pasta inte- giatura è quasi finita e comincio grale, molto ruvida, a forma di ta- a cercare i luoghi, gli attori, a im- gliatella, che si ottiene dagli scarti La struncatura di Mimmo Calopresti maginare le scenografie e i tempi delle farine di segale e di grano, interni del film, quello per me è il ed è tipica di Gioia Tauro, e que- Ingredienti momento più bello, in cui sento sta è la mia ricetta. - 500 gr di struncatura di costruire il piatto, in cui sento - 20 gr di alici sott’olio se il film c’è o no. - 3 spicchi d’aglio - 250 gr di datterini Qual è il suo piatto preferito? - 100 gr di mollica di pane - prezzemolo Alla fine, è la pasta al pomodoro. - 1 peperoncino calabrese Che è un piatto tutt’altro che ba- nale. Con pochi elementi dosati Preparazione bene, quello che conta è la misu- Rosolare in una padella aglio e peperoncino, in olio bollente: frig- ra. Si fa presto a dire “pasta al po- gere rapidamente e levare la mollica di pane, aggiungere le alici modoro”, ma farla bene richiede asciutte e farle sciogliere, unire i pomodori a spicchi e cuocere amore, attenzione, e ingredienti fino ad ottenere la cremosità desiderata. di qualità. Cuocere in acqua bollente la struncatura per circa 12 minuti, sco- lare mantenendo una tazzina di caffè di acqua di cottura. Versare Qual è il suo tocco, la cosa che la struncatura nella padella e mantecare aggiungendo la mollica ritrova di lei in tutti i suoi film? fritta ed asciugata, all’occorrenza aggiungere acqua di cottura per ottenere la cremosità desiderata. Cospargere di prezzemolo. Credo sia la ricerca della sem- plicità totale, quasi al limite del

68/69 cinema e istituzioni

“DIAMO VALORE ALLA DIVERSITÀ”

Intervista a Eva Sangiorgi, direttrice della Viennale.

di SARA SAGRATI

Nata nel 1960, la Viennale o Vien- La Viennale è molto amata dal pubblico: come si riesce ad avere na Film Festival, è il festival di dei fan a un festival di cinema? cinema più importante d’Austria Eva ride (ndr). La Viennale è un festival cittadino che ogni anno porta e uno dei più conosciuti al mon- nelle sale della città molti film provenienti da tutto il mondo. La selezio- do in lingua tedesca. Dal 2018 il ne viene fatta con lo scopo di trovare film che sappiano rappresentare il direttore artistico è l’italiana Eva meglio della produzione cinematografica contemporanea. Al centro del Sangiorgi, classe 1978, originaria festival c’è proprio l’incontro tra i film e il pubblico, e credo che questa di Faenza. Ormai cittadina del centralità sia il motivo per cui è così amato. mondo, sperando che ci perdo- nerà questo luogo comune, l’ab- Tra l’altro, un festival senza troppa mondanità, dove si vengono a biamo raggiunta via Skype per far- vedere film poco conosciuti… ci raccontare cosa significhi “fare Non abbiamo nulla contro i red carpet, ci mancherebbe, e quando il direttore artistico”. possiamo portare degli ospiti lo facciamo molto volentieri. Io perso- nalmente tengo molto alle masterclass, che permettono di avvicinare pubblico e autori. Ma al centro del nostro festival restano i film, che andiamo a scovare in tutto il mondo, portando una panoramica della migliore produzione dell’anno, affiancata dalle retrospettive. Il pubbli- co ormai si fida delle nostre scelte e viene a scoprire nuovi autori, nuove storie e nuovi generi.

cinema e... cinema e istituzioni Eppure, c’è chi si domanda se al giorno d’oggi i festival abbiano Quanto costa un festival come ancora uno scopo, se servano. la Viennale? Per quanto mi riguarda, i festival di cinema hanno un ruolo fondamen- Al momento il nostro budget è tale, oggi più che mai. Non ho nulla contro le piattaforme digitali o la di 2 milioni e 700mila euro, con moltiplicazione delle possibilità di visione, anzi, permettono di arrivare i quali riusciamo a programmare a pubblici diversi e sono comodissime per recuperare ciò che non esce circa 330 film, per la maggior parte nelle sale fisicamente raggiungibili. Ma il cinema è sempre stato ed è lungometraggi, compresa la retro- soprattutto condivisione. Una ritualità che i festival mantengono e so- spettiva. I fondi sono pubblici, ma stengono: con tante possibilità di “consumo” culturale, la condivisione la metà arriva da box office e auto- in sala si mantiene e perpetua la sua centralità e, anche solo per que- finanziamento (gadget, program- sto motivo, andrebbe tutelata. Viviamo in una società dove si partecipa mi, etc), cosa di cui siamo molto sempre meno alla vita politica e sociale delle città, e così i festival diven- orgogliosi. La squadra fissa del tano una rara occasione di condivisione. festival è di 6 persone: il mio team più due persone dell’amministra- Una bella responsabilità: che linea seguite per la scelta dei film? zione e movimento copie, che Da una parte c’è ovviamente la cinefilia e la ricerca del mio team, ma aumenta di 25 collaboratori ester- dall’altra la volontà di proporre film che possano accendere la miccia ni sotto festival e di 120 persone della socialità e del confronto. Poi abbiamo anche la responsabilità di durante i giorni della kermesse. fornire degli strumenti che aiutino a creare un nuovo pubblico, come Nessun volontario: ci tengo a le masterclass con gli autori e le conversazioni con gli addetti ai lavo- specificare che tutti ricevono un ri. Non c’è una ricetta o, come si dice oggi, un algoritmo calato dall’alto compenso per il loro lavoro. da seguire: la mia squadra ed io scegliamo cosa proporre, prendendoci anche dei rischi, ma sempre ragionando su ciò che secondo noi vale la Giovane, italiana e donna. Ca- pena di vedere e recuperare. ratteristiche che l’hanno aiuta- ta o ostacolata? In quanti siete? Come funziona la selezione? Non vorrei essere fraintesa: c’è an- La Viennale è una sorta di ‘festival dei festival’ che, anche grazie alla cora molta strada da fare. Io però sua collocazione alla fine dell’anno, riesce a proporre una selezione non mi sono mai trovata di fronte del meglio visto in altre kermesse. Abbiamo anche la fortuna di non a difficoltà maggiori per il solo fat- avere il problema delle premiere mondiali, che ci limiterebbero nella to di essere donna, anzi, penso di scelta. In Viennale ci si aspetta che sia il direttore a programmare, e io avere sempre trovato porte aper- ne sono molto felice. Per farlo ho scelto un comitato di quattro consu- te. Certo, nel cammino ho subito lenti, che mi segnalano i titoli su cui poi ci confrontiamo. Poi c’è molto la mia dose di bullismo maschile, scambio anche con gli altri festival: ci si nutre delle opinioni degli altri ma non gli ho mai dato partico- per crescere. lare importanza. Sono convinta che sia una questione su cui non Come si diventa direttore di festival? Era quello che voleva fare spegnere mai i riflettori, ma voglio ‘da grande’? anche pensare di non essere stata Io neanche pensavo fosse un lavoro. Da ragazzina volevo diventare scelta solo perché donna. La que- scrittrice o architetto, per cui dopo il liceo ho studiato ingegneria con stione delle quote è sicuramente l’intenzione di passare ad architettura, ma non ha funzionato per me. una possibile soluzione al fine di Così mi sono iscritta a Scienza della comunicazione a Bologna. Presa dare spazio a chi se lo merita, ma la laurea avevo voglia di andare oltre i miei confini e ho fatto doman- attenzione a non confondere le da per un progetto interculturale in Messico. A Città del Messico ho possibilità con le qualità. Il cine- quindi conosciuto FICCO (Festival Internacional de Cine Contem- ma, dalla produzione ai festival, poráneo) dove ho lavorato per 6 anni come responsabile della comu- si sta aprendo alle donne ed è un nicazione. Mi sono fatta le ossa, fino a quando, 10 anni fa, è arrivata bene per aumentare i punti di vi- l’occasione di fondare il FICUNAM, nato in collaborazione con l’u- sta, di cui abbiamo bisogno. Ma niversità e grazie al quale è arrivata la chiamata dalla Viennale. Mi è attenzione a non generalizzare, spiaciuto abbandonare la mia creatura, ma ho accettato per cambiare ghettizzando gli sguardi più tradi- e mettermi alla prova, anche perché per fare bene questo mestiere è zionali. Impariamo a non puntare necessario vedere un sacco di cinema, frequentare i festival, scambia- solo il dito, ma a fare meglio e dare re continuamente esperienze con altri. valore alla diversità.

70/71 UN DIRETTORE GIARDINIERE AL TORINO FILM FESTIVAL

Intervista a Stefano Francia di Celle. di CRISTIANA PATERNÒ

Trasmette puro entusiasmo, Stefano Francia di Celle. A metà dicembre ha preso il posto di Emanuela Martini alla guida di uno dei festival più prestigiosi in Italia. Selezionato all’interno di una rosa di 8 candidati, è stato nominato all’unanimità dai vertici del Museo Nazionale del Ci- nema. Torinese, 54 anni, laureato in Storia e Critica del Cinema, lascia Venezia Classici “in totale armonia con Alberto Barbera, direttore della Mostra, ed Enzo Ghigo, presidente del Museo del Cinema di Torino” e la programmazione di Raitre a Fuoriorario, per dedicarsi per due anni, anima e corpo, a un festival che ha “visto nascere”. Portando una visio- ne spirituale e un’idea forte del lavoro di squadra. Suo primo impegno parlare con tutti i collaboratori della manifestazione, uno per uno, rac- cogliendo desideri e difficoltà. “La squadra fissa rimane tutta, voglio valorizzare ognuno di loro. Se a dicembre 2020 il personale interno mi dicesse grazie per aver migliorato lo spirito della squadra sarei veramen- te felice. Un festival non è solo scegliere il film che poi va agli Oscar, cosa peraltro importantissima e non facile”. Sarà invece rinnovato il comitato di selezione, con attenzione alla “pa- Foto di Rosalia Loia rità di genere e alla presenza di giovani critici”. Quando lo incontriamo,

cinema e... cinema e istituzioni a fine gennaio, è presto per parlare del programma, ma le idee sono in forme di creatività audiovisiva, sul ebollizione ed è già previsto un appuntamento con la stampa a metà web e sulla televisione, trovando marzo. Però questa chiacchierata con 8½ è la prima vera intervista. Per una chiave giusta per cercare l’in- ora, ammette, si lavora molto sulle relazioni. “Sto incontrando tutti a novazione e la creatività giovanile. Torino, il sovrintendente dell’orchestra Rai, il direttore del Teatro Sta- Due film del cuore, uno contem- bile, la Scuola Holden, il presidente della Regione Piemonte, con cui c’è poraneo e uno del passato. stato uno scambio molto vivace, non sulle idee politiche, ma sul pro- Corpo celeste di Alice Rohrwacher getto. Un incontro fondamentale è stato quello con la Fondazione per (2001) e Un borghese piccolo piccolo la Scuola di Compagnia di San Paolo, stiamo sviluppando un progetto, di (1977). che si ispira in parte alla felice esperienza di Alice nella Città. Hanno uno C’è una direzione del TFF che studio televisivo cablato con più di 200 scuole in tutto il territorio, così i l’ha entusiasmata in modo bambini possono interagire in diretta. Porteremo lì registi e autori e l’at- particolare? tività di formazione con i docenti partirà da subito”. La ‘mia’ direzione è quella di Ro- La preferenza è caduta su di lei proprio per il suo doppio profilo, berto Turigliatto e Giulia D’A- scientifico ma anche manageriale. gnolo Vallan, perché con loro ho Il manager culturale l’ho sempre fatto, anche come autore, le questioni fatto le cose più belle. E poi na- sono connesse perché quando hai a che fare con un progetto artistico turalmente Nanni Moretti. Ma mi hai a che fare anche con le risorse e le persone. A Torino posso final- sento in sintonia con tutta la linea, mente concentrarmi sull’attività manageriale. voglio valorizzare tutto quello che Da torinese che rapporto ha avuto con il Festival nel corso degli anni? è stato fatto aggiungendo delle Ho cominciato a lavorare al Torino Cinema Giovani con Alberto Barbe- cose nuove. ra direttore, quando avevo vent’anni. A Torino ho fatto tante esperienze: Tra i suoi maestri c’è sicuramen- con l’Archivio Cinematografico della Resistenza, il Festival Da Sodoma te Enrico Ghezzi. a Hollywood, il Museo del Cinema quando ancora aveva sede a Palaz- Lui è stato il più importante per zo Chiablese. Gianni Rondolino è stata una delle figure di riferimento l’intensità del rapporto che ab- per me, come pure Paolo Gobetti. All’Archivio ho incrociato l’aspetto biamo e la sua capacità di farmi politico del cinema, con le testimonianze dei partigiani. Al Festival di esprimere. Quando sono arrivato Ottavio Mai ho sperimentato la militanza gay ed è stato per me un mo- a Roma, e in Rai, ho avuto carta mento di liberazione personale. Comunque, attraverso il cinema, ho bianca. Tra i progetti importanti conosciuto i valori fondanti della mia vita. Al TFF mi sono occupato sia realizzati c’è il Festival Il Vento della ricerca copie che delle retrospettive. del Cinema di Procida, di cui ero Mentre i contemporanei si dedicano ai remake e rifacimenti, il ci- produttore e presidente. È stato il nema del passato è un’eterna riscoperta. Il che spiega il grande suc- mio master, sono cresciuto in un cesso di Festival come le Giornate del cinema muto di Pordenone, il anno come se ne fossero passati Cinema Ritrovato o la sezione Venezia Classici. 15. Oggi penso quasi tutti i giorni Per me la retrospettiva sul cinema nôvo brasiliano di Torino, curata da a Procida, perché lavoro in condi- Marco Melani e Marco Giusti, è stata un’autentica rivelazione. Era una zioni ben più favorevoli e con una cosa totalizzante, dopo aver lavorato alla movimentazione copie, stavo manifestazione che ha 38 anni di fino alle 2 di notte in sala a vedere questi film per me nuovi. Un altro mo- vita e una grande stabilità. mento chiave è stata la curatela della retrospettiva su Sokurov fatta nel Cosa le ha insegnato Ghezzi? 2003 insieme a Enrico Ghezzi e Alexei Jankowski, stretto collaboratore Ad accostare popolare e iper- del regista. Tirare fuori dagli scaffali capolavori censurati che nessuno raffinato, Godard e Matarazzo, i aveva mai visto e ricostruire la copia originale era anche ripercorre la blockbuster e Guy Debord. Ho storia culturale, e non solo, dell’Urss. L’altra grande esperienza è stata iniziato a seguire questa sua linea ovviamente Venezia Classici, a cui mi ha chiamato Barbera. quasi rapsodica, abbastanza unica, Dunque, al TFF 2020 ci sarà attenzione ai film del passato. non tanto in Rai, dove sono arriva- Avranno un ruolo molto importante ma non celebrativo. Il messaggio to nel ’96, ma al Festival di Taormi- forte che Venezia Classici dava e che continuerò a dare al TFF è che i na sotto la sua direzione da grande film vanno visti in sala con le migliori copie possibili, idealmente ci alchimista. I miei progetti prendo- dovrebbe essere un restauro per ogni film. Bisogna combattere l’abi- no sostanza da quelle grandi idee tudine diffusa che un film visto sul computer sia la stessa cosa. Certo, ma stanno più nella dimensione puoi vedere Guernica sul computer, però poi desideri andare a Madrid. dell’organismo che cresce in ar- I film, puoi vederli a brandelli oppure in streaming con copie di qualità monia, senza grossi scossoni. decente, però sono concepiti per la sala, almeno quelli della grande sta- gione degli Anni ’60 e ’70. Non vederli in sala mortifica e umilia tutti gli operatori del settore. Parliamo di cinema contemporaneo: quali sono i suoi gusti, le sue passioni? Il TFF ha sempre privilegiato il cinema indipendente, le opere prime e se- conde, attenzione che confermo. Mi piace molto il cinema di genere, se- guito egregiamente da Emanuela Martini. Poi voglio ampliare alle nuove

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A CASA TUTTI BENE

DI MARIAGRAZIA FANCHI, MARIA CECILIA MURGIA, MARIA FRANCESCA PIREDDA, VIOLA SUZZANI, ANGELA TIBALDI

La Valutazione di impatto della Legge Cinema e Audiovisivo (L. 220/2016)

L’entrata in vigore della Nuova Disciplina del Cinema e dell’Audio- visivo, all’inizio del 2017, è stata salutata come un punto di svolta nel- la storia del finanziamento pubblico in Italia. Cambiava il sistema di governance, con l’istituzione del Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo; cambiavano gli strumenti e i criteri di finanziamento, con l’estensione del Tax credit, l’istituzione di un articolato dispositivo di finanziamento automatico, il rinnovo dei criteri di assegnazione dei contributi selettivi; si inauguravano alcune importanti linee di azione a sostegno della distribuzione, dell’esercizio, della promozione e più am- piamente della screen culture, per la prima volta intesa in un’accezione estesa: film, opere televisive e web e prodotti videoludici. A completare il quadro, l’abolizione dell’istituto della censura, nei fatti già inattivo, ma emblematico di un sistema che, prima ancora che dalla politica, era stato messo fuori gioco dal cambiamento dei pubblici, del mercato e dell’intero scenario tecnologico e mediale. In quel frangente, il progetto di monitoraggio dell’intervento pubblico e dei suoi effetti (Artt. 12 e 27) passò quasi inosservato. Certo si tratta di una piccola azione nell’economia dei cambiamenti introdotti dalla Legge, ma non irrilevante nell’allineamento alle politiche internazio- nali di finanziamento pubblico e fin anche nella promozione di un’idea nuova e avanzata di cinema e audiovisivo: come plesso di imprese, ca- paci di generare valore economico e di produrre occupazione, ma an- che come attivatori di processi sociali e culturali complessi, capaci di operare su gangli fondamentali della vita pubblica. È su questo aspetto che ci concentreremo, richiamando anche alcuni dei dati che sono più diffusamente esposti nella valutazione.

scanner dati e tendenze del mercato audiovisivo a cura di DG Cinema e Audiovisivo La cassetta Fig. 1 - Metodologia: dimensioni e livelli degli attrezzi: prospettive e strumenti

Prima dei dati, dunque, la pro- spettiva. La valutazione degli im- patti della Legge 220/2016 è stata GENERALE condotta adottando un approccio multidimensionale, multilivello e IMPATTO IMPATTO multidisciplinare (fig 1). CULTURALE OCCUPAZIONALE /INDUSTRIALE

IMPATTO IMPATTO FUNZIONI ECONOMICO SOCIALE

PROCEDIMENTI

Muovendo nel solco tracciato dalla nota metodologica del 2017, l’analisi In questa prospettiva il comparto è stato articolato in tre aree: un’area ha anzitutto dettagliato e ampliato le dimensioni oggetto di analisi, con Core, che comprende le imprese le cui attività economiche rientrano l’intento di creare la migliore corrispondenza possibile fra lo strumento pienamente nel settore di riferimento come definito dalla Legge (qui di valutazione e i principi ispiratori della Legge, le cui finalità contem- sono state collocate, a titolo di esempio, le imprese classificate secondo perano obiettivi economici e industriali (il rafforzamento della filiera il codice Ateco come “attività di produzione cinematografica, video e e dei suoi settori e attori) con la conservazione e valorizzazione della programmi televisivi”); una parte Driven, che comprende le attività che cultura cinematografica e audiovisiva e l’assicurazione della sua più non sono di esclusiva pertinenza del settore oggetto di osservazione o ampia accessibilità da parte dei soggetti sociali. In questa direzione si per le quali i codici Ateco non consentono di raggiunge un livello di det- è proceduto all’identificazione (e poi alla ponderazione) di un ulteriore taglio sufficiente a estrapolarne la componente audiovisuale (ad esem- plesso di indicatori, che consentissero di bilanciare l’attenzione per la pio, le imprese di noleggio di videocassette, cd, dvd e dischi)1; e una dimensione economica e industriale con quella (primaria per la Legge) parte Promozione, che comprende le realtà e le iniziative che possono culturale e sociale. Per esempio, l’indicatore della “Parità di genere e di- rientrare nel perimetro di pertinenza dell’Art. 27 della Legge, che copre versità”, previsto dalla nota metodologica del 2017, è stato riarticolato appunto le attività di promozione (in questa area sono state considera- in tre indicatori distinti: “Le pari opportunità e la valorizzazione dei sog- te, per esempio, le “Attività di associazioni che perseguono fini culturali getti in avvio di carriera”; “Il pluralismo culturale e la varietà e diversità e ricreativi”). dei linguaggi e dei formati”; “I pubblici e l’impatto sociale”. LIVELLO DELLE FUNZIONI: verifica le ricadute della Legge sulle Nell’identificazione degli indicatori e nella loro ponderazione si è inol- diverse funzioni della catena del valore, come la produzione, la distri- tre optato per un’analisi multilivello. La sfida è stata quella di appronta- buzione, l’esercizio o la promozione. A questo livello sono stati messi a re un dispositivo in grado di verificare le ricadute della Legge sul com- punto di volta in volta strumenti di rilevazione differenti, prese in esa- parto nel suo insieme, sulle specifiche funzioni della catena del valore e me fonti e costruiti data set specifici. sui suoi singoli segmenti. Il disegno di ricerca è stato dunque strutturato in modo da operare a tre livelli. IL LIVELLO DEI PROCEDIMENTI: verifica le ricadute di ciascuna delle linee e azione della Legge sul settore e sui sui diversi segmenti. LIVELLO GENERALE: verifica le ricadute della Legge sul settore, valutato in sé stesso e in relazione agli ambiti produttivi con cui opera.

1 La distinzione tra Core e Driven è stata effettuata analizzando la descrizione che ISTAT dà delle singole classi di attività nonché esaminando le Classi di Prodotto (CPA) corrispondenti.

74/75 PROMOZIONE E DISSEMINAZIONE

RACCOLTA ELABORAZIONE DATI DEI RISULTATI 1 2 3 4 5 ANALISI E MONOTIRAGGIO Fig. 2 - Le fasi di lavoro INTEGRAZIONE COMPARABLES E INDICAZIONI DASHBOARD PER FUTURE VALUTAZIONI

Da ultimo, l’approccio metodolo- Una volta definite prospettive e Il lavoro è stato condotto fra Scenario e prelievi gico impiegato per la valutazione disegno di ricerca, il lavoro si è giugno e settembre 2019. I dati degli impatti si è caratterizzato snodato attraverso cinque fasi considerati, con eccezione per lo Non è possibile dare conto in per l’impiego di metodologie di (fig. 2): la razionalizzazione e l’in- stato di attuazione della Legge, si modo analitico dei risultati rag- rilevazione diversificate e multi- tegrazione degli indicatori neces- riferiscono ai primi due anni di giunti per i quali si rimanda al disciplinari, funzionali a fornire sari alla misurazione degli esiti applicazione della normativa e Rapporto. Qui proveremo a tirare dati e misurazioni delle quattro della Legge nelle diverse dimen- coprono il periodo compreso fra le somme del lavoro di Valuta- dimensioni considerate (econo- sioni e sui diversi livelli; la raccol- il 1° gennaio 2017 e il 31 dicembre zione, adottando come bussola i mica, occupazionale, culturale e ta dei dati, utilizzando le fonti già 2018. Questo arco temporale ha principi che hanno ispirato la Leg- sociale) a ciascuno dei tre livelli esistenti e realizzando indagini senz’altro permesso di formulare ge e che sono enunciati nell'art. (comparto, funzioni, procedi- ad hoc; l’analisi di scenario, con una prima valutazione. 3, comma 1, e richiamando alcuni menti - fig. 1). La principale fonte specifico riferimento al contesto dati esemplari. di dati è stato il database conte- internazionale; l’elaborazione dei nuto nella piattaforma DGCol, lo dati e da ultimo la messa a fuo- Favorire "il consolidarsi dell’in- sportello automatico on line per co di possibili interventi futuri dustria cinematografica naziona- le domande di contributo della sull’impianto e sul sistema di va- le nei suoi diversi settori anche Direzione Generale Cinema e Au- lutazione e la promozione e dif- tramite strumenti di sostegno fi- diovisivo, attivato il 28 settembre fusione dei risultati, di cui questo nanziario". 2017. Le informazioni sono state articolo è parte. Non il primo principio ad essere poi integrate attraverso l’uso di enunciato, ma senz’altro quello fonti complementari e attraverso che siamo più abituati a consi- rilevazioni ad hoc (per esempio derare quando ci interroghiamo la survey pubblici). Per l’elabora- sulla capacità dello Stato di so- zione dei dati ci si è avvalsi anche stenere il cinema e l’audiovisivo. di tool specifici, come il sistema La tabella 1 mostra in sintesi le di- input-output, per la misurazione mensioni del settore nel periodo degli impatti economici, il softwa- considerato. re Centric per l’elaborazione del budget di genere dei progetti.

scanner dati e tendenze del mercato audiovisivo a cura di DG Cinema e Audiovisivo Le dimensioni imprenditoriali Tab. 1 - I macroindicatori di impatto del comparto e gli indicatori ma- croeconomici restituiscono una fotografia positiva. Nel 2017, per esempio, le 6.501 imprese che operavano nel settore cinema 6MLD Il macroindicatore Spesa misura l’ammontare della spesa sostenuta da- e audiovisivo (ovvero nell’area SPESA gli operatori del settore e dedicata all’attività produttiva. Core del comparto) hanno gene- rato 2,8 miliardi di valore aggiunto lordo e 7,8 miliardi di fatturato, con una crescita significativa nel Il macroindicatore Valore Aggiunto Lordo (VAL) misura il valore di beni e 2018, dovuta all’entrata in vigore servizi prodotti in un determinato settore o comparto dell’economia ed dei decreti attuativi del Tax credit è la “risultante della differenza tra il valore della produzione di beni e servizi previsti dalla nuova Legge. Anche 2,8MLD conseguita dalle singole branche produttive ed il valore dei beni e servizi inter- i dati relativi all’occupazione re- VALORE AGGIUNTO medi dalle stesse consumati”. stituiscono un’immagine più che confortante: quasi 19mila FTE (Full Time Equivalent). Infine, si registrato risultati positivi an- ULA che in relazione alla distribuzio- 18.885,76 Il macroindicatore Occupazione rappresenta il numero di dipendenti ne all’estero, con un incremento OCCUPAZIONE del settore converti in unità equivalenti a tempo pieno (ULA). complessivo del 31% rispetto al 2015, sebbene si rilevi un rallen- tamento delle esportazioni di prodotti cinematografici e audio- visivi, con una perimetrazione dei 830MLN mercati di sbocco concentrati per REMUNERAZIONE Il macroindicatore Remunerazione del lavoro rappresenta le retribuzioni il 63,9% in UK, Germania, Fran- DEL LAVORO lorde dei dipendenti del settore cinematografico e audiovisivo. cia, Stati Uniti, Repubblica Ceca e Spagna. L’attenzione che il nuovo dispositivo di Legge destina alla Il macroindicatore Addizionalità valuta la capacità dei contributi e fi- distribuzione (l’attivazione di li- nanziamenti previsti dalla Legge 220/2016 di stimolare la realizzazione nee di finanziamento specifiche di opere e/o progetti audiovisivi e cinematografici che viceversa, senza per la distribuzione internaziona- 57,5% il sostegno di tali misure, non si sarebbero concretizzati. le; i nuovi bandi e le premialità per DEI BENEFICIARI NON le coproduzioni) costituiscono AVREBBE REALIZZATO Tale indicatore è stato implementato tramite un’indagine mirata sui sog- tuttavia una premessa promet- LE ATTIVITÀ E/I PROGETTI getti beneficiari di contributi al 31/12/2018. I rispondenti hanno fornito tente per il miglioramento dell’in- OGGETTO DI SOSTEGNO informazioni di carattere generale in merito all’effetto incentivante delle dicatore nei prossimi anni. ADDIZIONALITÀ linee di contribuzione e finanziamento introdotte dalla Nuova Disciplina.

Il macroindicatore Proventi da esportazione misura il valore di beni e servizi audiovisivi e cinematografici esportati dalle imprese italiane 145MLN operanti nel settore. In altri termini, permette di rilevare gli utilizzi di ESPORTAZIONI manodopera, beni e servizi nazionali da parte di soggetti stranieri.

0,34 MOLTIPLICATORE ROI Il macroindicatore Ritorno sugli Investimenti (ROI) misura le entrate fi- RETURN OF scali dello Stato generato dalle misure introdotte dalla Nuova Discipli- INVESTMENT na del Cinema e dell’Audiovisivo.

76/77 Un secondo principio che ha ispirato Fig. 3 - Finanziamento pubblico nel triennio 2017-2019 la Legge è l’attenzione verso tutti i comparti e i soggetti coinvolti nel- la filiera. Su questo punto il disposi- 600.000.000€ tivo ha operato sia attraverso l’attiva- zione di nuove linee di finanziamento 500.000.000€ (per esempio l’estensione del Tax cre- dit alla distribuzione); sia attraverso 400.000.000€ la semplificazione delle procedure di accesso ai contributi, per esempio attraverso l’attivazione della piatta- 300.000.000€ forma DGCol; sia infine attraverso l’allargamento dei criteri di accesso ai 200.000.000€ benefici di Legge, con un conseguente incremento delle iniziative ammes- se al finanziamento, di cui si dirà più 100.000.000€

avanti e un significativo aumento del- 421.254.759€ 301.020.941€ 464.195.384€ 288.344.464€ 514.159.450€ 340.927.143€* lo stanziato e dell’erogato (fig. 3). 2017 2018 2019* Sebbene il finanziamento continui a essere concentrato in termini per- centuali sul settore della produzione, STANZIATO EROGATO a petto di una spesa decisamente più * Dato parziale, istruttorie ancora in corso alta rispetto alle altre “funzioni” del comparto, la Nuova Disciplina del Cinema e dell’Audiovisivo ha previ- sto una serie di meccanismi compen- sativi che hanno portato a una cresci- ta della quota percentuale di fondi Fig. 4 - Budget di genere dei film finanziati sulla linea selettivi D.lgs 28/2004 e Legge 220/2016 sui segmenti della filiera tradizional- mente meno sostenuti, a partire dal- la distribuzione, e l’investimento su Selettivi-film di interesse culturale Selettivi** nuovi fronti, come quello della film literacy nel quadro del Piano Nazio- Dlgs 28/2004* Legge 220/2016 nale Cinema per la Scuola.

L’estensione dell’accessibilità ai bene- fici di Legge, nel quadro del sostegno olistico al comparto, ha dato esiti posi- 1% 2% tivi anche in relazione al principio del- DOMANDE MIXED la salvaguardia e della valorizzazio- 13% 18% ne del pluralismo culturale. Insieme 86% 80% all’inclusione delle opere televisive e web e della produzione videoludica nel novero dei progetti potenzialmen- te beneficiari del sostegno pubblico attraverso contributi automatici e selettivi, il dispositivo di Legge ha si- stematizzato e rafforzato il sostegno ai DONNA giovani autori e alle opere prime e se- conde e introdotto una serie di misure 1% 3% volte a favorire il superamento del gen- PROGETTI 12% 21% der imbalance che in Italia, come nel FINANZIATI 87% 76% resto d’Europa, rappresenta un vulnus del comparto. A tale riguardo, l’atten- zione introdotta nei contributi seletti- vi verso le opere dirette da donne (o il cui soggetto, sceneggiatura o musica UOMO sono a firma femminile) ha portato a un significativo miglioramento del bi- * Lungometraggi e Opere Prime/Opere Seconde (2004-2016). lanciamento di genere (fig. 4). ** Lungometraggi di autori affermati, Opere Prime/Opere Seconde, opere di animazione e documentari (2017-2018).

scanner dati e tendenze del mercato audiovisivo a cura di DG Cinema e Audiovisivo Il dialogo fra la produzione cinematografica italiana e il contesto internazionale è stato incentivato attraverso un plesso di interventi che proseguono e po- tenziano l’azione del precedente quadro disciplinare. In particolare, il sostegno allo sviluppo e alla pro- duzione di opere in partnership con altri Paesi ha visto nel biennio un aumento dei contratti di copro- duzioni (Tax credit coproduzione - Art. 15), passati da 30 nel 2017 a 38 nel 2018, e un parallelo incremento del numero di Paesi non europei coinvolti (erano 4 nel 2017 e sono diventati 7 nel 2018). Contestual- mente è aumentato l’impatto ge- nerato dal Tax credit per la produ- zione esecutiva di opere straniere in Italia (Art. 19), con 29 domande approvate, 10 Paesi produttori, di cui 8 dell’Unione Europea, e 2 ex- tra europei. Sempre nel quadro del sostegno alla diffusione del cine- ma italiano all’estero si situano le azioni attivate nel quadro del Film Distribution Fund, gestito dalla ottenuto un notevole successo in (227 esercizi) e a Associazioni, Cinercircoli e Sale della Comunità (37 DGCA insieme all’Istituto Luce Ci- termini di domande e di istanze soggetti a cui fanno capo sovente ampi circuiti di sale). Anche la ca- necittà e ANICA (Art.26) e le azio- approvate (497), di forza di ri- pacità delle opere finanziate di accedere ai canali theatrical e dome- ni a sostegno dello sviluppo della chiamo (sono stati coinvolti 372 stici offre primi dati positivi. Tenendo presente che molte delle opere cultura cinematografica (Art. 27), istituti scolastici) e di diffusività finanziate erano nella fase iniziale del ciclo produttivo, al momento una delle cui finalità è la diffusione sul territorio nazionale. della rilevazione il 14% delle opere beneficiarie del sostegno pubblico all’estero dell’immagine dell’Italia nella linea produzione già in sala e il 59% delle opere tv sostenute con tramite il suo patrimonio cinema- Da ultimo, il principio della pro- le nuove aliquote avevano avuto un passaggio televisivo, facendo re- tografico e audiovisivo. mozione della più ampia frui- gistrare indici di ascolto superiori, sebbene di poco, alle medie di rete zione del cinema e dell’audio- nella fascia oraria di riferimento. Il principio de “la conserva- visivo si è declinato in un insieme zione e il restauro del patri- combinato di azioni: il sostegno Nonostante il quadro emerso dalla valutazione, qui sinteticamente ri- monio filmico e audiovisivo ai punti di visione e promozio- costruito, non permetta di sbilanciarsi eccessivamente rispetto agli ef- nazionale” ha ispirato una serie ne dell’esercizio in tutte le sue fetti su lungo periodo della Legge 220/2016, poiché occorreranno alcuni di interventi, fra cui il bando fina- forme, comprese sale d’essai, anni prima di poterne valutarne appieno le ricadute, i dati finora raccol- lizzato all’“Attività di acquisizio- Associazioni per la promozione ti permettono di essere ottimisti rispetto agli esiti futuri. Di certo l’inno- ne, conservazione, catalogazione, della cultura cinematografica, Ci- vatività della Legge, ha avuto ripercussioni sull’intera filiera cinemato- restauro, studio, ricerca, fruizione necircoli e Sale della Comunità; il grafica e audiovisiva e ha profondamente modificato la governance e, e valorizzazione del patrimonio sostegno alla distribuzione delle più estesamente, l’attività dell’Amministrazione, orientando l’interven- cinematografico e audiovisivo” opere; l’ampliamento della frui- to pubblico verso criteri oggettivi e automatici per l’assegnazione dei (Art.27). Si tratta di una delle linee bilità dei luoghi di visione per le contributi, verso l’adozione di criteri di efficienza ed efficacia e verso di intervento con il più alto tasso persone con disabilità motorie e una cultura della valutazione e del monitoraggio interno. L’attenzione di risposte positive (l’88% delle sensoriali; l’attivazione, nel qua- rivolta a tutto il comparto, l’apertura al beneficio fiscale anche per sog- domande approvate) e con un fi- dro della Valutazione di impatto, getti finora a esso estranei, la risposta positiva di realtà eterogenee di- nanziamento di quasi 2 milioni di di un sistema di monitoraggio slocate su tutto il territorio nazionale, la spinta all’internazionalizzazio- euro (1.876.000). della presenza delle produzioni ne sono alcuni dei segnali positivi che muovono verso l’allineamento La formazione dei pubblici e finanziate nel circuito theatrical del settore cinematografico e audiovisivo italiano a quello dei Paesi più l’educazione all’immagine è e domestico e dei pubblici e dei forti in materia, in equilibrio tra due spinte, quella alla globalizzazione e probabilmente il principio che loro bisogni. Anche in questo caso quella rispettosa dell’identità locale. nel primo biennio di applicazio- i dati raccolti tratteggiano uno ne della nuova normativa ha evi- scenario positivo e in crescita, La valutazione di impatto della Legge Cinema e Audiovisivo per gli anni 2017- denziato gli impatti più positivi, caratterizzato da un sostegno dif- 2018 è stata realizzata da Università Cattolica e PTSCLAS S.p.A. ed è scaricabi- su tutti gli indicatori. Il Piano Na- fuso, attraverso il credito di impo- le al seguente collegamento: http://www.cinema.beniculturali.it/direzionege- zionale Cinema per la Scuola ha sta, agli esercizi cinematografici nerale/148/valutazione-di-impatto/

78/79 FOCUS BULGARIA

Nome ufficiale: Popolazione: 6 981 981 ab. Repubblica di Bulgaria Densità: 63 ab./km2 Capitale: Sofia Superficie: 110 994 km2 Lingua: bulgaro Valuta: Lev bulgaro Forma di governo: Repubblica parlamentare HOLLYWOOD DEI BALCANI, MA POCHE OPPORTUNITÀ AI TALENTI LOCALI di PAOLA CASELLA

La Storia del cinema bulgaro comincia nel 1915 con il film muto Balga- ran e galant, diretto e interpretato da Vasil Ghendov, il cui successivo Luibovta e ludost (1917) è uno dei pochi titoli dell’epoca ad essere rima- sto a noi. Ma l’industria cinematografica della Bulgaria ha cominciato a strutturarsi come tale solo intorno agli Anni ‘30, ricevendo la spinta determinante sotto il regime socialista che le ha procurato le risorse economiche per crescere e diventare, anche con finalità propagandisti- che, una delle più rilevanti all’interno del blocco sovietico. Nel ‘48 la na- zionalizzazione del settore ha portato ad una fioritura culminata negli Anni ‘70, dando spazio ad autori come Valo Radev il cui Il ladro di pesche (1964) ha partecipato alla Mostra del Cinema di Venezia. La nascita nel 1962 degli studi cinematografici di Bojana, vicino alla ca- pitale Sofia, segna uno spartiacque importante: questa “Cinecittà bul- gara”, come è stata soprannominata, è diventata il centro di produzione più importante dei Balcani. Presso gli studi della Bojana Film Com- pany sono stati realizzati molti film nazionali ma anche molti titoli in- ternazionali che si sono avvalsi delle strutture, tecnologie e attrezzature dei settori produzione, laboratorio e animazione (da sempre un fiore all’occhiello della cinematografia dei paesi dell’Est Europa), nonché dei reparti tecnici locali, a costi molto inferiori di quelli dei Paesi dell’Euro- pa occidentale. Negli Anni ‘70 la Bulgaria è arrivata a produrre circa 25 lungometraggi di finzione l’anno ed è della fine del decennio l’affermazione di Ljudmila Živkova, membro del Politburo e figlia del leader del Partito comuni- sta bulgaro, Todor Zhilov, che prese a cuore le sorti della cinematogra- fia nazionale e fece il possibile per allargarne gli orizzonti. Fra gli autori emersi in questo periodo vale la pena ricordare Metodi Andronov, Eduard Zahariev e Rangel Valčanov, che fecero il possibile per smar- carsi dalla censura e dalla necessità di imprimere ai loro lavori la com- ponente fortemente propagandistica richiesta dal governo. Ma il nome più significativo resta quello di Georgi Djulgerov, che nel 1977 vinse l’Orso d’argento al Festival di Berlino con Avantaž. Gli Anni ‘80 rappresentano una stretta conservatrice e un ritorno alle finalità politiche del cinema controllato dal Partito Comunista bulga- ro. Ma a fine decennio emergono alcuni autori più liberi dal controllo governativo come Nikolai Volev, il cui Margarit & Margarita (1988) fu presentato alla Quinzaine de Realizateurs e i cui film successivi hanno partecipato a molti festival internazionali.

80/81 Il crollo del regime comunista, au- spicato da molti cineasti, ha signi- ficato tuttavia anche un crollo dei finanziamenti al cinema naziona- le. Dai primi Anni ‘90 sono state smantellate le strutture produtti- ve e i reparti tecnici che avevano nel tempo raggiunto una solida professionalità. Gli addetti al set- tore cinematografico, abituati a vivere dignitosamente da dipen- denti statali, hanno dovuto riposi- zionarsi su un libero mercato che, in un’economia depressa come quella bulgara di allora, ha signifi- cato ritrovarsi in grandi difficoltà. La privatizzazione degli studi di Bojana, venduti alla compagnia californiana New Image, è stato il colpo di grazia. Anche molte produzioni italiane avevano am- bientato in passato in quegli studi tutta o parte delle riprese dei pro- pri film, contando sull’alto livello professionale delle troupe locali e sul risparmio economico garanti- to da quella struttura: dal Galileo di Liliana Cavani a L’amante di Gramigna di Carlo Lizzani, en- trambi datati 1968, dal televisivo La piovra 7 di Luigi Perelli (1995) a Il principe di Homburg di Marco Bellocchio e Il carniere di Mauri- Hanno fatto leva sull’accordo di Ma ovviamente, visto il passaggio gari: solo l’episodio numero 6, nel zio Zaccaro (entrambi del 1997), coproduzione cinematografica e di proprietà di Nu Bojana, a fare 2014, ha finalmente visto appro- da Il mestiere delle armi (2001) di televisiva Italia-Bulgaria, firmato la parte del leone sono le produ- dare dietro la cinepresa un autore Ermanno Olmi a Occhi di cristallo fin dal lontano 1967 e in seguito zioni statunitensi, soprattutto di bulgaro, il regista pubblicitario e di Eros Puglielli (2004), dal Sac- rinnovato nel 2015, film come Box genere, al punto che gli studi sono di video musicali Valeri Milev. co e Vanzetti televisivo diretto da Office 3D di Ezio Greggio (2011), stati soprannominati “la Hol- Il problema è proprio che gli studi Fabrizio Costa (2004) fino a La Tir di Alberto Fasulo (2013), lywood europea”: fra gli esempi di Bojana sono stati “colonizzati” masseria delle allodole dei fratelli Marc’Aurelio d’Oro all’ottava edi- ci sono il fantascientifico Caccia- dal cinema americano senza dare Taviani (2007). zione della Festa del Cinema di tore di alieni (2003) di Ron Krauss sufficiente opportunità ai talenti Roma, o Banat di Adriano Valerio con ; The Black e all’identità bulgari, che hanno (2015). Assai più controversa, nel Dahlia (2006) di Brian De Palma; continuato a riscontrare grandi 2010, la realizzazione di Goodbye l’action-horror Day of the Dead del difficoltà produttive e distributive, Mama, opera prima scritta, diret- 2008 diretto da George Romero e tanto che fino a pochi anni fa l’of- ta, prodotta e interpretata dalla il suo seguito del 2018, Bloodline; ferta non superava i cinque titoli bulgara Michelle Bonev e presen- Hero Wanted (2008) di Brian Smrz l’anno. Anche le sale cinematogra- tata alla 67esima edizione della con Cuba Gooding Jr; il thriller fiche sul territorio nazionale sono Mostra del Cinema di Venezia con Getaway – Via di fuga (2013) di scarse: 62 in tutto, fra cui molti gran contorno di polemiche. Courtney Solomon con Ethan multiplex, che tipicamente non L’Italia non è il solo Paese ad Hawke e Selena Gomez; Killing favoriscono le uscite nazionali. La essersi avvalso delle strutture Season (sempre 2013) di Mark Ste- capitale Sofia vanta 7 monosale e 8 produttive e degli ottimi reparti ven Johnson con Robert De Niro multiplex, il resto dei cinema sono tecnici bulgari: ad esempio Emir e John Travolta; Attacco al potere 2 concentrati nelle cittadine di Plov- Kusturica ha girato presso gli stu- (2016) con Gerard Butler; Rambo did, Varna e Burgas. di di Bojana il suo Underground – Last Blood di Adrian Grunberg A dare sostegno al cinema na- (1995), Palma d’Oro al Festival di con Sylvester Stallone e Hellboy zionale esistono però istituzio- Cannes, e i belgi Peter Brosens e di Neil Marshall (entrambi 2019). ni come il Bulgarian National Jessica Woodworth hanno girato Un caso particolare è la serie hor- Film Center, l’Archivio cine- in Bulgaria buona parte di Un re ror Wrong Turn, i cui terzo, quinto matografico nazionale e so- allo sbando, presentato a Venezia e sesto episodio sono stati girati prattutto il Centro Nazionale di nel 2016. in Bulgaria con cast e troupe bul- Cinematografia Bulgaro, fon- focus Bulgaria dato nel 1991. Nel suo più recente New Bulgarian University, sempre rapporto sullo stato del cinema nella capitale. nazionale il CNCB ricorda come Anche grazie a questo sostegno la legislazione bulgara abbia intro- strutturato negli ultimi anni il ci- dotto fin dal 1994 misure di finan- nema bulgaro sta ritrovando nuo- ziamento automatico per le co- vi riscontri in patria e una nuova produzioni internazionali, anche notorietà internazionale. Autori in vista dell’entrata della Bulgaria come Ivan Nitchev, il cui Rapso- nell’Unione Europea, avvenuta dia bulgara era il candidato all’O- nel 2007. Nel 2003 è stato inoltre scar della Bulgaria come Miglior istituito il Film Industry Act che Film Straniero nel 2014; Stefan regola il comparto audiovisivo na- Komandarev, il cui Directions - zionale con lo scopo di facilitare Tutto in una notte a Sofia è stato le produzioni cinematografiche, selezionato a Cannes nella sezione riservando un fondo per il cine- Un Certain Regard nel 2016; Ilian ma, che per il 2019 ammontava Metev, premio Cineasti del Pre- a circa 7 milioni e mezzo di euro, sente a Locarno nel 2017 con ¾; creato per finanziare un minimo Milko Lazarov, che con Ága ha di 7 lungometraggi di finzione chiuso la Berlinale del 2018; Ge- l’anno (ma solo l’anno scorso ne orgi Tenev, che con il documen- sono stati realizzati 18), 14 docu- tario Simon Versus Fear, primo film mentari e 160 minuti di anima- bulgaro ad essere selezionato in zione. L’85% del fondo è destinato competizione al RusDocFilmFest alla produzione (e va a coprire cir- di New York, ha vinto il Crystal ca il 50% dei costi di realizzazione Globe Award nel 2019; e infine l’ar- di ciascun film cofinanziato), il tista dell’animazione Theodore 5% alla distribuzione, un altro 5% Ushev, che con Fisica della malin- alle rassegne cinematografiche e il conia era l’anno scorso a Toronto. restante 5% ai festival. Fra i registi bulgari di taglio più Il governo ha anche predisposto commerciale spicca il già citato un programma di incentivi fisca- Valeri Milev, che si è fatto un nome li per attrarre in Bulgaria quelle con l’action-horror Re-Kill (2011), produzioni cinematografiche e ha proseguito con Wrong Turn 6: televisive internazionali che dal Last Resort (2014), cui ha fatto se- 2008 al 2015 hanno praticamen- guito Bullets of Justice (2019) con Ivanka Grubcheva, Iskra Yosi- te raddoppiato gli investimenti Danny Trejo protagonista. fova, Malina Petrova, Mariana nell’industria cinematografica lo- Attualmente, però, i riconosci- Evstatieva-Biolcheva, Mile- cale, e ha stipulato accordi bilate- menti più alti alla cinematogra- na Andonova, Maya Vitkova, rali di coproduzione con Francia, fia bulgara sono al femminile: il Routzie Hassanova, Svetla Canada, Russia, Turchia, Israele e, Pardo D’Oro al Festival di Locar- Tsotsorkova, Katerina Gora- come già detto, Italia. La nazione no del 2016 a Bezbog – Goddess di nova e Kristina Grozeva, il cui bulgara è entrata a far parte nel Ralitza Petrova, che è anche The Lesson – Scuola di vita (2014) 2002 del programma Creative Eu- valso alla sua interprete, Irena è stato presentato nella sezione rope MEDIA, che sostiene i film Ivanova, il premio all’interpreta- Contemporary World Cinema del dei Paesi membri dell’Unione Eu- zione femminile. E sono molte Festival di Toronto, e che sta oggi ropea, ed era già membro di EU- le registe bulgare, cui la rassegna lavorando alla coproduzione gre- RIMAGES dal 1993. milanese Sguardi Altrove ha de- co-bulgara The Father. La capitale della Bulgaria ospita il dicato nel 2018 un interessante Del resto, la presenza femminile Sofia International Film Festival, Focus, che hanno fatto parlare bulgara dietro la cinepresa ha ra- il Sofia Independent Film Festival, di sé nell’ambito internazionale, dici lontane, a cominciare da Bin- il Cinemania World Film Pano- come Sofia Zornitsa, il cui Mila ka Zhelyazkova, regista di una rama e l’International Animation da Marte, candidato della Bulgaria decina di film fra la fine degli Anni Film Festival. A Varna ha luogo agli Oscar nel 2004, fu definito “il ’50 e quella dei ’70: a lei Elka Niko- invece il festival di cinema più film della rinascita del cinema in- lova ha dedicato nel 2007 il do- longevo della Bulgaria: il Golden dipendente bulgaro”, mentre con cumentario Binka - To Tell A Story Rose, che nel 2021 compirà 60 Voevoda ha vinto il Sarajevo Film About Silence. E Iglika Tofonova, anni. Non mancano in territorio Festival nel 2017; o come Nadej- che nel 2015 ha firmato il dramma bulgaro le scuole di cinema come da Koseva, che con il suo Irina giudiziario Il pubblico ministero, la la National Academy for Thea- (2018) ha fatto incetta di premi difesa, il padre e suo figlio (2015), tre & Film Arts di Sofia, che offre internazionali. Altri nomi di spic- aveva già partecipato in concor- corsi di laurea, master e dottorati, co sono Adela Peeva, autrice di so a Cannes nel 1974 con The Last e il Dipartimento di Cinema della Divorce Albanian Style (2007), Word – Poslednata Duma.

82/83 POCHI MA BUONI di BOJIDAR MANOV

Filo diretto da Sofia Il punto di vista critico.

Il processo artistico nel cinema tivi, con Godless di Ralitsa Petrova bulgaro si muove a ondate attra- (2016) e ¾ di Ilian Metev (2017), verso fasi di stagnazione e altre di la Bulgaria ha vinto il Grand Prix crescita. Gli ultimi 3 o 4 anni sono a Locarno. Directions di Stephan stati senza dubbio positivi, il che Komandarev (2017) è stato sele- è confermato da una serie di fatti zionato in Un Certain Regard a oggettivi. Nonostante la modesta Cannes dopo 33 anni di assenza produzione annuale, con 10-12 del nostro Paese dalla selezione film finanziati dallo Stato attra- ufficiale. Al contempo, The Les- verso il Centro Nazionale (e con son (2014) e Glory (2016) del duo il sostegno del fondo europeo registico Kristina Grozeva e Petar Eurimages e del Programma Eu- Valchanov, sono stati in decine ropa Creativa), oltre a una decina di festival, hanno ricevuto molti di film che chiameremo provvi- premi e unanime riconoscimento soriamente “indipendenti” (cioè internazionale. La giovane attrice finanziati da altre fonti), i migliori emergente Martina Apostolova, dei quali ricevono un meritato ri- vista nel dramma sociale Irina conoscimento nei festival inter- di Nadejda Kosseva (2018), vin- nazionali, per due anni consecu- citore di molti premi ai festival focus Bulgaria di Varsavia, Tbilisi, Hong Kong, alla vita sia che siano presi dallo Cottbus, etc., è stata invitata tra le sconforto e distrutti dalla nostal- dieci European Shooting Stars alla gia; riescano a trovare armonia nel Berlinale 2020. quotidiano o affondino nella fru- Un’eccellenza tra i film di succes- strazione della routine. Il dramma so è Aga di Milko Lazarov (2018), psicologico Sister (opera seconda che, dopo aver chiuso la Berlinale della regista Svetla Tsotsorkova) con un eccezionale successo, ha osserva il mondo psicologico del girato più di 70 festival interna- singolo, tormentato da diverse cir- zionali e ha portato in Bulgaria costanze domestiche all’interno di 30 premi. Un film notevole che una biografia familiare intricata. veicola un potente messaggio par- Con queste qualità, il film è entrato lando di un uomo solo e dimenti- ovviamente nella selezione di New cato, che vive fuori dalla globaliz- Directors a San Sebastian (2018) e zazione e dal mondo tecnologico, in seguito ha vinto il Grand Prix a e deve affrontare ardue questioni Cottbus (2019). sul suo incerto futuro. Un film di Di tutt’altro genere è il dramma livello mondiale, dal linguaggio psicologico The Father del 2019, cinematografico puro, universa- terzo film del già menzionato duo le, comprensibile ovunque sul Kristina Grozeva e Petar Valcha- pianeta, e con un’estetica potente nov: una storia delicata su un an- che dialoga con i classici eterni ziano vedovo e la sua difficoltà ad della settima arte. Non sorpren- adattarsi alla solitudine. Un film, de che il titolo di lavorazione del tra l’altro, abilmente dissemina- progetto fosse simbolicamente to di gradevole umorismo. Non Nanook, cambiato poi dagli autori sorprende quindi che abbia vinto per motivi legali e anche morali. il Grand Prix Cristal Globe a Kar- Peccato che l’Academy non l’ab- lovy Vary. bia notato come proposta bulgara È un complesso dramma psicolo- per la categoria Film Internazio- gico A Picture with Yuki (debutto nale agli Oscar privandosi di un’o- del regista Lachezar Avramov): là pera estremamente meritevole di dove interviene il tema della col- nomination o premi. pa e della redenzione, si profilano Queste succinte osservazioni possibilità psicologiche partico- hanno trovato ulteriore confer- larmente ricche e abissi dove le ma al 37° National Feature Film emozioni si rispecchiano. Festival Golden Rose (Varna, 27 Rounds del regista Stephan Ko- settembre-4 ottobre 2019). Dei 12 mandarev rientra a pieno titolo lungometraggi presenti almeno nel discorso della varietà tema- debutto di Stanislav Donchev, e metà erano validi, con una grande tica. È l’opera seconda dopo Di- Bad Girl, altro debutto, dell’attrice varietà di temi e di scelte artisti- rections e parte di una progettata Marian Valev, sono opere di buon che degli autori. trilogia sulla vita nella città di not- livello rivolte al pubblico più va- Questi guardano ad aspetti im- te. Once Upon a War di Anri Kou- sto possibile. portanti della vita quotidiana in lev, nonostante il budget limitato, I titoli menzionati sono esempi Bulgaria: la questione dei migranti, è un film storico, incredibilmente dell’indiscutibile varietà di pro- l’incontro e scontro di diversi strati compatto, sulla fine del XIX seco- blematiche, temi e generi. Gli culturali, il soggetto umano in un lo. Cat in the Wall, opera prima di autori articolano in modo aperto contesto sociale mutevole e cose Mina Mileva e Vessela Kazakova, il loro messaggio e cercano ambi- simili. Ancor più importante la vita approfondisce il difficile destino ziosamente buoni risultati artisti- interiore dell’individuo attraverso d’immigrazione di due giovani ci, benché con esiti diseguali. Ma una sorta di “topografia psicolo- donne in un’Inghilterra inospita- solo Picasso può permettersi di gica”: sia che riescano a far fronte le. Mentre Letters from Antarctica, dire: “Io non cerco, io trovo!”.

84/85 cinema espanso

FEDERICO, TONINO E LA SFERA D’ACCIAIO

di NICOLE BIANCHI

intervista a Marco Leonetti – responsabile Cineteca Comunale di Rimini

Il 20 gennaio Rimini ha aperto le celebrazioni per il centenario dalla nascita di Fellini con una mostra - Fellini 100. Genio Immortale - poi itinerante, che entro fine anno diverrà Museo permanente. Tra le preziosità inedite, uno scritto di Tonino Guerra, oltre al prestigioso materiale d’archivio di Istituto Luce Cinecittà.

Fu Sigismondo Pandolfo Mala- Amarcord mi pare che Federico era stato spinto a scrivere dallo vita - dal limite sottilissimo - che testa, signore del ‘400 riminese, ed io siamo riusciti a regalare psicanalista Ernst Bernhard: il ri- Fellini ha vissuto tra cinema e a ideare il castello che ospita l’e- l’infanzia al mondo”. Bastereb- sultato è un testo per un’analisi realtà quotidiana e personale. sposizione, disposta su tre piani: be questa affermazione a donare interminabile. Infine, la stanza per i corridoi e i livelli della dimo- l’onirismo, la nostalgia e l’entu- di Federico e Giulietta, con due E poi al piano terra, l’ingresso, ra, passeggiando, le orecchie ven- siasmo genuino necessari “ad grandi schermi semicircolari e che, giungendo dall’alto, fa entra- gono accarezzate costantemente incontrare Fellini”, ma poi ci frontali, che in mezzo abbrac- re nella sala del tam tam dei mani- dalla voce di Federico, che parla, sono teche con pezzettini pre- ciano un pouf tondo dove lo festi, in cui ne capeggiano appesi e quasi sembra lo stia facendo ziosi, come esposimetro e vetri- spettatore può sedere e sceglie- una decina di versioni de La dolce con te spettatore, mentre si trat- ni di Delli Colli e Rotunno, fino re di entrare “in casa loro”: le vita: per l’ingresso/uscita tra le ta spesso di interviste. Come per alla suggestiva “La danza dei co- voci, alterne, dialogano, di tutto, stanze, opache “pareti” mobili, Zavoli racconta Fellini del 1964: “Il stumi”, così si chiama la sala 11, dalla stempiatura di Fellini al dalla linea a soffietto e dall’anima mio Paese, mi sembra di riparto- dove, monumentali, sembrano discorso, in anglo-romagnolo, a tenda, fasci verticali di plastica rirlo, ricrearlo, al di fuori del mio letteralmente camminarti in- fatto alla cerimonia degli Oscar. dura bianca. Fino alla camera del- Paese mi sento sperduto”, confes- contro i costumi di Danilo Do- la vita, narrata su pannelli, e che sa il regista al giornalista. nati per Roma o quelli da Oscar Passando per il piano di mezzo, inizia nel 1883 da Luigi Fellini, il de Il Casanova, che anticipano si cammina tra parallelepipedi nonno, e da papà di Urbano, per Se si discende, dal piano alto a “Il libro dei sogni”, un gigante ruvidi, grigi e solidi, forti a so- arrivare al 1994, la scomparsa di terra, uno dei primi incontri è testo multimediale, che lo spet- stenere, all’apice, una collezio- Giulietta. Federico lascia la Ter- con Tonino Guerra, sodale del tatore può sfogliare per entrare ne di fotografie del Maestro, del ra il 31 ottobre 1993, nato il primo Maestro, che ci dice come: “con un po’ nell’universo che Fellini set, di Giulietta, che narrano la mese dell’anno 73 anni addietro. cinema espanso Leonetti, per celebrare Fede- rico Fellini, senza il rischio di ovvietà, come si è sviluppato il progetto della Mostra, che si tra- sformerà in Museo permanente a conclusione dell’anno 2020? 11 La Mostra è un’anticipazione del Museo. Ed è curata dagli stessi progettisti, Marco Bertozzi e Anna Villari, per Studio Azzurro, per una continuità. La Mostra apre le celebrazioni, il Museo ne sarà la grande conclusione. Si è scelta l’insolita intuizione di raccontare la Storia d’Italia attraverso i suoi film: si sa, non è stato un regista militante, però è stato un autore politico; da Amarcord a La voce del- la luna, è come sfogliare le pagine 22 della nostra Storia. Chi ha raccon- Studio Azzurro: perché si è op- tato, meglio di Fellini, la psicolo- tato di far incontrare una sto- gia dell’italiano nel Fascismo? O ria, come quella dello Studio, il boom economico, con vitalità con quella di Fellini, entrambe e segni involutivi? È un trattato di portatrici di un peso specifico? antropologia, il suo cinema. È stato fatto un bando pubblico, internazionale. Hanno concorso 8 raggruppamenti, tutti di gran- de valore, poi una commissione di indipendenti, in assoluta au- tonomia, ha scelto: capofila del progetto è la casa di produzione Lumière&Co di Milano, di cui qui fa parte anche Studio Azzurro, che la commissione ha ritenuto fos- 33 se il più meritevole, sulla base di Rispetto all’attuale Mostra, un progetto preliminare messo a cosa ci sarà di ulteriore e/o punto dall’amministrazione co- differente nel Museo? munale di Rimini. Studio Azzurro C’è molta attenzione per conci- è un’eccellenza del nostro Paese, liare una continuità tra Mostra e sono stati pionieri nei musei di Museo, senza bruciare lo stesso: narrazione, e poi c’è una connes- quello che si può vedere nella Mo- sione sentimentale, per uno dei stra, non si vedrà nel Museo, o co- fondatori, Paolo Rosa, riminese, e munque pochissimo. La Mostra è fulgida intelligenza. un’anticipazione nello stile, nell’i- dentità visiva, non tanto nei con- tenuti, anche perché il Museo non si svilupperà a Castel Sismondo, sede della mostra riminese, ma anche al Cinema Fulgor, con altri 1.500 mq sopra alla sala: è un mu- seo diffuso che comprende questi due spazi chiusi, oltre al grande spazio aperto di Piazza Malatesta – ‘la piazza dei sogni’, come è sta- ta ribattezzata – che unisce i due monumenti, con percorsi ispi- rati ai film di Fellini, in particolar modo al finale travolgente di 8½, inno alla vita, alla gioia della ne- cessità di unirsi, alla tolleranza e all’accettazione.

86/87 4Nell’allestire4 la Mostra, è stato scoperto qualcosa di inedito? Ci sono esposte alcune perle inedi- te, grazie anche alla collaborazione dell’Associazione Tonino Guerra, uno dei grandi collaboratori di Fel- lini, anche per lui ricorrono i 100 anni: abbiamo esposta la pagina di un taccuino dello sceneggiato- re, una lettera indirizzata a Fellini, che si riferisce a Prova d’orchestra, in cui Guerra non è accreditato, sintomo che tra loro sussisteva qualcosa al di là di un puro rappor- to professionale. Lì Tonino sugge- risce al Maestro il finale del film, uno dei più potenti di tutta la sto- ria del cinema. Il film finisce con una sfera d’acciaio che distrugge tutto, un po’ metafora dell’Italia della fine degli Anni ‘70: quell’idea lì è di Tonino Guerra, che non solo suggerisce il finale scrivendo, ma disegnando quella sfera. Questa è una preziosità. Poi, grazie alla Fon- dazione Fellini di Sion, abbiamo il ciak del Casanova, oltre ad alcune lettere inedite, materiale quindi 55 che riesce ad integrare i contenuti audiovisivi con quelli più d’archi- Castel Sismondo dispone di vio, ricerca e approfondimento. tre piani: come avete concer- tato - con Studio Azzurro - la suddivisione e l’allestimento degli spazi? Mi concentro sul piano terra, il cuore della mostra: c’è uno scher- mo di 14 metri in cui sono rico- struiti tre mini Cinema Fulgor, ciascuno esprime un ventennio storico, dai ‘30 agli ‘80. Lo scher- mo è diviso in tre sezioni, in cia- scuna sono montate insieme le immagini dei film felliniani riferiti a quel periodo, con i due più im- portanti repertori audiovisivi del- 66 la nostra memoria, Istituto Luce e Teche Rai. Così, senza grandi L’agenda della Mostra, che da discorsi, si rende evidente, con Rimini inizia il suo viaggio la forza del cinema, quanto i film itinerante. Il magazine di cinema di Fellini assorbissero il tempo e Certamente fino a metà aprile ri- come cinegiornali e documentari mane a Castel Sismondo, per poi riflettessero i suoi film. lasciarlo libero affinché inizino che ti raggiunge dove vuoi. i lavori per il Museo. Poi arriva a Roma a maggio, a Palazzo Venezia. A seguire, anche con l’aiuto di Ci- necittà, l’idea è quella di portarla un po’ in giro per il mondo, dove speriamo viaggi anche e soprat- Vai sul sito miabbono.com e sottoscrivi il tuo abbonamento. tutto dopo il centenario. Il Museo sarà battezzato a fine dicembre Riceverai 8½ dove vuoi tu ad un prezzo speciale. secondo le previsioni. cinema espanso SCENARI L’altra faccia del mestiere dell’attore: caratteristi, non protagonisti, comparse 14 - 15

Il magazine di cinema che ti raggiunge dove vuoi.

VaiVai sul sul sito sito miabbono.com miabbono.com e e sottoscrivi sottoscrivi il il tuo tuo abbonamento. abbonamento. riceveraiRiceverai 8 ½8½ dove dov evuoi vuoi tu tu ad ad un un prezzo prezzo speciale. speciale. SOGNI E VISIONI FELLINIANE A CINECITTÀ di CARMEN DIOTAIUTI

Negli Studi cinematografici sulla Tuscolana una mostra- istallazione permanente racconta l’universo felliniano attraverso gli occhi e i ricordi dello scenografo, premio Oscar, Dante Ferretti. Il racconto onirico di un sodalizio artistico e, insieme, di un’amicizia.

cinema espanso La mostra si snoda attraverso tre di appuntamenti. Si arriva, poi, ambienti principali, in cui lo spet- nella sala del Fulgor, il cinema di tatore avanza in un’atmosfera da Rimini qui rappresentato in stile sogno. La sala centrale è quella hollywoodiano Anni ’30, luogo dell’automobile, protagonista emblematico per l’infanzia di Fel- del rito con cui regista e sceno- lini, porta di accesso a quella che grafo si recavano, spesso insie- sarà la sua grande arte. me, a Cinecittà. Uno spazio, non solo fisico, in cui avevano luogo Dietro alla realizzazione dei tre conversazioni, scambi di idee ambienti di Felliniana c’è tutta e racconti di sogni. Il percorso l’abilità dei lavoratori e delle ma- prosegue nella casa di piacere, estranze di Cinecittà, tanto amati dedicata al film simbolo del so- da Fellini, che sono riusciti a far dalizio artistico tra Fellini e Fer- diventare realtà i bozzetti dise- retti, La città delle donne (1980), di gnati da Dante Ferretti. Mentre cui è rappresentato, in un unico a realizzare le figure è stata Ma- quadro, l’immaginario: dai per- kinarium, che ha dato vita a tre sonaggi più famosi ai riferimenti, soggetti iperrealisti raffiguranti a visioni e sequenze memorabili Fellini, Mastroianni, Ferretti, e, della pellicola. Il tutto dà vita a un accanto a questi, tredici perso- Felliniana. Ferretti sogna Fellini è una mostra-istallazione che porta la bordello-lunapark, con soubrette naggi onirici, realizzati in maniera firma dei premi Oscar Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo. Una in bikini che circondano Mastro- abbozzata come fossero disegni celebrazione dell’universo felliniano, inaugurata proprio nel centenario ianni (le stesse che lo guideranno, non rifiniti, per rendere immedia- della sua nascita, e in uno dei luoghi a lui più cari, gli Studi cinemato- poi, verso la fuga in mongolfiera), tamente comprensibile la diffe- grafici di Cinecittà. Un viaggio onirico attraverso gli occhi e i ricordi di e uno scivolo bordato di velluto renza tra i manichini che riprodu- Dante Ferretti, che ricrea il racconto di un sodalizio artistico, ma anche rosso, con lampadine e luci da cono persone realmente esistite e di un’amicizia, quella con il Maestro riminese incontrato per la prima giostra, che fanno da contrappun- quelli che simboleggiano le visio- volta nel 1969 sul set del Fellini Satyricon. to all’atmosfera soffusa della casa ni felliniane.

Foto di Andrea Martella

90/91 LEONE, KUROSAWA E IL PIANOFORTE DI MORRICONE di ANDREA GUGLIELMINO

All’Ara Pacis di Roma fino al 3 maggio la mostra C’era una volta Sergio Leone, in collaborazione con Luce Cinecittà.

Cosa avevano in comune Stalin, Churchill e Wittgenstein? Amavano tutti il Western americano. Lo amava anche Sergio Leone, ma il genere era arrivato a consunzione negli USA di fine Anni ‘60, mentre avevano ricominciato a farlo in Europa, ad esempio in Spagna e in Germania. Le- one, dopo il suo primo film, un peplum come Il Colosso di Rodi, cercava il successo che non aveva ottenuto. Lo trovò appunto nel Western, genere che anche suo padre Roberto Roberti (al secolo Vincenzo Leone) aveva praticato. Suo padre e sua madre, Bice Valerian (Edvige Maria Valcaren- ghi), girarono il Western perduto La vampira indiana, lui come regista, lei come interprete. Fino al 3 maggio è all’Ara Pacis di Roma la mostra C’era una volta Sergio Leone, a 30 anni dalla scomparsa e a 90 dalla nascita del regista. Una mo- stra che ha esordito con grande successo alla Cinématheque di Parigi registrando il record assoluto di 60mila presenze. Il percorso inizia pro- prio col trillo del telefono di C’era una volta in America. Ci sono le foto della scalinata di Trastevere, che ricorda quella di Odessa e quindi La corazzata Potëmkin, si passa attraverso l’insuccesso della critica (si pos- sono leggere le recensioni negative) e si attraversano tutte le influenze culturali dell’artista. Dall’arte classica a quella Pop passando per La sfi- da del samurai di Kurosawa, che Leone avrebbe “copiato” inquadratura per inquadratura creando Per un pugno di dollari. Il tema del passaggio da un artista all’altro è sottolineato in un’altra se- zione, dove vediamo quello che Leone ha lasciato ad altri cineasti, la sua eredità: da Spielberg a Tsui Hark a Tarantino, ai videogiochi ai Simpson. Rispetto alla mostra francese, c’è una sezione dedicata al sodalizio con Ennio Morricone. È stato ritrovato il pianoforte su cui il maestro suona- va le prime note dei temi dei film di Leone che sarebbero poi diventati celebri. Ma c’è spazio anche per i silenzi e i rumori, la dilatazione tem- porale che Leone letteralmente “inventa” nei primi minuti di C’era una volta il West. Morricone aveva scritto il tema ma Leone non lo usò, usò solo i rumori. C’è lo spolverino indossato da Clint Eastwood nella Trilo- gia del Dollaro. E c’è la ricostruzione della “doppia porta” aperta su Co- ney Island che permette a di attraversare 30 anni di ricordi in C’era una volta in America. Promossa dall’Assessorato alla Crescita Cul- turale di Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, l’esposizione è co-prodotta dalla Cinématheque insieme alla Cineteca di Bologna e realizzata con il contributo del MiBACT in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà, Ministère de la Culture, CNC e SIAE. cinema espanso VIVA IL METACINEMA!

di CRISTIANA PATERNÒ

Divertente e leggero, ma anche serio e documentato, il Dizionario del cinema immaginario di Alberto Anile, edito da Lindau, propone una riflessione aggiornata e appassionata sul film nel film e un catalogo di opere che esistono solo dentro altre opere.

“Le storie esistono solo nelle storie” (Wim Wenders)

Come per l’isola che non c’è, i film immaginari sono destinati a stuz- zicare la fantasia del cinefilo a pari merito, se non ancor più, di quelli esistenti. Una vertigine narrativa che ha suggerito a un saggista attento come Alberto Anile il primo e (finora) unico Dizionario del cinema im- maginario. I film che esistono solo dentro i film. Pubblicato da Lindau (325 pp., 24 €). Il libro ha la prefazione di Paolo Mereghetti e un corpo cen- trale di schede con tanto di giudizi e stellette come in un piccolo “me- reghetti” in sedicesimo. Film che non esistono che, in un puro atto di fede, assurgono al rango di opere catalogabili con ferreo metodo espo- sto nelle Istruzioni per l’uso introduttive. Conditio sine qua non è che del film-dentro-il-film esista il titolo, una scelta che ha costretto l’autore a rinunce dolorose, come quella alla “Passione” che trova spazio nella Ricotta pasoliniana. La scrematura ha portato al risultato di 390 titoli: tra questi La solitudine del trotskysta di Nanni Moretti (Aprile, 1998, ma del famoso musical sul pasticcere trotskysta si parlava già in Caro diario, 1993) ovvero di uno dei più appassionati utilizzatori di film nel film. E se numi tutelari del cinema nel cinema restano Truffaut (in Effetto not- te si gira Vi presento Pamela) e Wenders (l’incompiuto I sopravvissuti al centro del mitico Lo stato delle cose), Anile ha il non trascurabile merito di coniugare il metacinema con ironia regalandoci un libro da leggere, rileggere e consultare allegramente ma anche un testo documentato e serio. Trascorsi e (almeno in parte) archiviati gli Anni ’70 con la loro frenesia semiotica e le code di venerazione per il postmoderno degli ’80 e ’90, il tema non accenna ad essere archiviato o archiviabile. Al di là dell’approccio semiotico a rischio di “congelare il valore del film in aride autopsie narratologiche”, la voglia di parlare di cinema nel cinema resta, attraversando tempi, culture e continenti diversi. E autori: Gar- rel, Almodóvar, Allen, Moretti, il citato Wenders, naturalmente Fellini con 8 1/2. I primi casi si annoverano negli anni del muto, tra i più recenti Boogie Nights e Ave, Cesare! ma anche i nostrani Boris Il film, Una storia senza nome di Roberto Andò e Notti magiche di Virzì. Alla fin fine, solo due grandi non hanno mai ceduto alla tentazione: Rossellini e Kubrick.

92/93 ENNIO CHI? IL BABBO NATALE DELLE IDEE

di ROCCO MOCCAGATTA

Le meravigliose avventure di Mr. De Concini nel mondo del cinema: memoir-confessione a due voci - Chi si firma è perduto - Ennio De Concini: Memorie di un fallito di successo - (tra)scritto dal giornalista e critico musicale Jonathan Giustini, e rimasto in un cassetto dagli Anni ’90 fino al 2019.

Di Ennio De Concini, sceneggiatore principe e par excellence del cinema portanti: da Ponti/De Laurentiis a Cristaldi e Vasile, e poi gli americani, italiano, resiste nel tempo un’immagine che ha contribuito a scolpirne Paramount, United Artists, MGM), “Babbo Natale delle idee”, l’uomo l’icona a futura memoria. All’epoca dei “sandaloni” di ambientazione con l’idea giusta al momento giusto. Un fornitore di soggetti, insomma, greco-romana antica da lui stesso lanciati con Le fatiche di Ercole, scivola che faceva partire un film, spesso da una propria idea, abbandonandola frenetico e leggiadro tra più gruppi di giovani sceneggiatori, ciascuno poi nelle mani di altri, non raramente anche un super consulente che ri- impegnato a sviluppare una sua idea, e legge, consiglia, corregge. Infa- solveva problemi, superava impasse, garantiva il risultato finale. Questo ticabile, sempre puntuale, la battuta giusta al momento giusto. Un’im- faceva De Concini, che fosse il Guerra e Pace di King Vidor o un piccolo magine rivelatrice, che si ritrova anche, in filigrana, tra le pagine del peplum di Antonio Leonviola. bellissimo memoir-confessione a due voci Chi si firma è perduto - Ennio Grandi e piccoli, in cinquant’anni di cinema, sono passati (quasi) tutti De Concini: Memorie di un fallito di successo, (tra)scritto dal giornalista e dallo spin doctor De Concini. Che aveva cominciato con Steno e Moni- critico musicale Jonathan Giustini dopo mesi di incontri negli Anni’90 celli alla Lux (Il brigante Musolino, primi Anni ‘50), dopo aver abbando- con un De Concini ormai auto-esiliatosi dal cinema italiano, tra un sot- nato una promettente carriera letteraria, bollato da Emilio Cecchi quale toscala a Roma e una casa di campagna ad Albaneto. Un libro, per inciso, traditore sedotto dalle lusinghe pecuniarie del cinema. Una lettera scar- rimasto nel cassetto fino al 2019, perché rifiutato dall’editore origina- latta incancellabile, che lo indusse a disprezzare il mestiere al quale do- rio, spaventato dal suo procedere alluvionale e non cronologico, ora in veva fama e ricchezza come occupazione mercenaria e basta, salvo poi flashforward ora in flashback, lontanissimo dal nitore levigato di tante abbandonarlo negli Anni ‘90 e tornare all’amata letteratura. (auto)biografie molto meno affascinanti. E che riemerge ora grazie a un In mezzo, però, c’è stata buona parte della Storia del cinema italiano, e il editore sensibile e illuminato quale Francesco Coniglio (al quale dob- libro di Giustini la ripercorre in modo anarchico e ribaldo, tra sottili re- biamo tanto come lettori, compresa l’ultima, vera rivista di fumetti ita- ticenze, amnesie più o meno sincere e coup de théâtre anche gratuiti del liana per adulti pensanti, l’indimenticabile Blue) che l’ha inserito nella suo protagonista: il peplum e i generi popolari per guadagnare tanto e collana Pop Story curata per Iacobelli editore. subito; il caso Divorzio all’italiana, dove suggerì Mastroianni al posto di De Concini, dunque, è una sorta di Rosabella/Rosebud del cinema ita- Sordi e ribaltò in commedia grottesca l’originale progetto serio sul de- liano, labirinto senza centro à la Welles (uno dei grandi incontri manca- litto d’onore, vincendo un Oscar per soggetto e sceneggiatura che ritirò ti e rimpianti, con Orson che prima se ne innamora e lo vorrebbe scippa- in sua vece un Germi amareggiato di non averlo ottenuto per la regia; gli re a De Laurentiis, salvo poi non farsi più vivo, e, tempo dopo, dichiarare anni della Swinging London post-Oscar quando tutti lo volevano perché di non conoscerlo). Al punto di affermare dall’inizio che la sceneggia- ormai era “come il Parmacotto”; la lunga parentesi in Unione Sovietica, tura non esiste, e quindi, neppure lo sceneggiatore, deludendo subito prima con Giuseppe De Santis per lo sfortunato (ma folgorante) Italiani chi si aspettasse una possibile altra storia del cinema italiano. Piuttosto brava gente, e poi per altri progetti, come La tenda rossa, alle prese con si accredita come “consigliori” del produttore di turno (tutti i più im- nomenklatura e burocrazie comuniste; fino alla rinascita negli Anni ‘80 cinema espanso so grandi sconfitti come lui, da Franco Rossi a Franco Brusati) o lo intuisse misteriosamente inafferrabile e chiuso nel proprio particolarissimo genio (Pasolini, Brass), oppure ancora lo indovi- nasse molto simile a sé, magari in una comune superficialità mer- cenaria (Dino Risi). D’altronde, dei (supposti) miti non riusciva mai a non annusare piccole e grandi miserie: Rossellini il dilet- tante geniale che cercava sempre la complicità nelle sue debolezze, Fellini vittima della propria me- desima deificazione, Pontecorvo eterno indeciso, Antonioni eter- no insoddisfatto, Freda sublime artigiano, ma pronto a tutto per soldi. Per tacere di Chaplin, che gli fece l’impressione di un uomo di uno squallore spaventoso, o di Kubrick, che l’invitò nella sua cu- cina modernissima e iperacces- soriata, dove però mangiava solo insalata e prosciutto, o ancora di Polanski, luciferino e stregone- sco, circondato da una specie di setta adorante. Sapidi ritrattini, sulfurei aneddoti, pennellate ora acide ora compas- sionevoli. Impossibile, come dice lo stesso Giustini e come ammet- te qua e là persino De Concini me- desimo, credere davvero a tutto. Ma il fascino di questo meravi- come padre-padrone della nuova glioso libro sta nel suo essere un fiction tv moderna, da La piovra in maelstrom forsennato, costruito poi, prima per Rai, poi per Media- attorno a un grande non detto che set, deus ex machina delle produ- è il buco nero della vita del suo zioni berlusconiane di Reteitalia protagonista - la disperazione per (da Disperatamente Giulia a Donna un figlio mentalmente disturbato, d’onore). C’è stato persino il tem- vittima e carnefice di un genito- po di provare a essere, negli Anni re così ingombrante (svelata da ‘70, il regista delle proprie storie, Roberto Faenza in una delle due ma anche qui per caso, di mala- postfazioni alla fine, quasi come voglia, in un paio di occasioni ri- fosse lo slittino di Citizen Kane) – tenute sprecate, nell’elefantiaco fino a diventare un impressionan- kolossal in una stanza (anzi un te corpo a corpo, più ancora che bunker), Gli ultimi 10 giorni di Hit- tra intervistatore e intervistato, tra ler e nel piccolo apologo d’amore De Concini e se stesso. Quasi un difficile Daniele e Maria, melanco- regolamento di conti à rebours su nicamente autobiografico. una carriera matta e disperatissi- E poi ci sono stati gli incontri, ma, dal punto di vista privilegiato con tutti, grandissimi e minimi, della “vita da sorcio” alla quale si consapevole di essere un “uomo era condannato alla fine, cercan- in vendita, anzi in affitto”, apoli- do di capire finalmente chi fosse de sradicato e incapace di andare stato questo Ennio geniale caccia- oltre un’epidermica conoscenza balle e “fallito di successo”. con chiunque. Che lo sentisse ideale maestro (Monicelli, Ste- no) o compagno di viaggio (spes-

94/95 geografie

TORINO, VISIONARIA, CONCRETA E BON Geografia della città sabauda da Carlo Levi a Dario Argento.

di OSCAR IARUSSI

“L’adolescente città di Torino”. Herlitzka che, nel 1938 delle leg- nella Lucania a metà degli Anni Così la definisce Carlo Levi ne Il gi razziali contro gli ebrei, fugge ‘30, narrati in Cristo si è fermato a futuro ha un cuore antico (Einau- a Buenos Aires con altri parenti, Eboli (il libro apparve per Einaudi di 1956), apparentando la città tra cui il padre dell’attore Roberto nel 1945, mentre il film che ne tras- dov’è nato il 29 novembre 1902 Herlitzka. Carlo si laurea nel 1924, se , protagonista a San Pietroburgo, che allora si lo stesso anno in cui espone i suoi Gian Maria Volontè, è del 1979). chiamava Leningrado. Levi cresce quadri per la prima volta alla Bien- Fra gli amici e compagni torinesi con i fratelli Luisa e Riccardo in nale di Venezia, in quella Torino del giovane Levi vi sono Natali- un villino liberty di Borgo Crimea, che è la capitale della modernità no Sapegno, con cui faceva delle oltre il Po, al n.11 di via Bezzecca. industriale italiana (la FIAT e l’in- corse a perdifiato intorno a pa- L’edificio c’è tutt’oggi sebbene dustria cinematografica ancora lazzo Madama in piazza Castello, probabilmente ricostruito - dice per poco florida all’ombra della Federico Chabod, Mario Fubini, e l’urbanista Andrea Rolando ba- Mole). I suoi genitori appartene- Foa, Bobbio, Monti, Pavese, Giu- sandosi sulle mappe custodite vano alla media borghesia ebrai- lio Einaudi, il maestro di pittura dal Museo Torino - dopo i bom- ca: Ercole lavorava da rappresen- Felice Casorati, Persico, Lionello bardamenti della Seconda guerra tante di una ditta inglese di tessuti Venturi. Senza dimenticare Vi- mondiale che devastarono l’area e la madre Annetta era sorella del tia Gourevitcht, ballerina ebrea ai piedi del Monte dei Cappuccini, leader socialista riformista Clau- lituana di cui Carlo si innamora un tempo occupata dai lavandai. dio Treves, che per la nascita di e che lo introduce nel cenacolo Sull’ingresso del villino campeg- Carlo invia una cartolina augurale del biellese Riccardo Gualino, giava un ritratto di Ercole Levi, con l’effigie di Mazzini e l’invito a magnate e futuro produttore ci- padre di Carlo, disegnato da Giu- mantenersi “integro”. nematografico, fondatore della seppe Pellizza da Volpedo, l’auto- Un documentario di Alessandra SNIA Viscosa e vicepresidente re del Quarto Stato, ex compagno Lancellotti e Enrico Masi, Lucus FIAT, poi confinato da Mussolini di classe del padrone di casa. Levi a Lucendo. A proposito di Carlo a Lipari. Le sue aziende avevano studia al Liceo Alfieri e s’iscri- Levi (2019), ripercorre l’avventu- sede amministrativa nel Palazzo ve alla facoltà di Medicina poco rosa biografia del medico pittore Gualino o Palazzo Novecento, più che sedicenne, dove ha tra i scrittore piemontese e i luoghi del progettato a fine Anni ’20 da Gino suoi docenti il fisiologo Amedeo confino inflittogli dal Fascismo, Levi-Montalcini (fratello di Rita)

geografie e da Giuseppe Pagano lungo il Non lontano dal villino di via Bez- cernaio. Tutta la lunghezza del corso Vittorio Emanuele II, primo zecca, in piazza Crimea, c’è la fa- teatro è percorsa da un carro gru mirabile esempio del Razionali- mosa e controversa Casa dell’O- di due metri per due, con portata smo italiano, che in seguito ospi- belisco progettata negli Anni ’50 di una tonnellata, per permettere terà l’ufficio personale dell’av- da Sergio Jaretti ed Elio Luzi che le riprese aeree ed illuminazioni vocato Agnelli. Con la Lux Film, citano ironicamente le opere ar- particolari…”. Arturo Ambrosio Gualino produrrà nel ‘49 Il grido chitettoniche di Antoni Gaudì: è il vero antagonista di Giovanni della terra, sceneggiato da Carlo una provocazione nel contesto Pastrone, il regista e produttore Levi con Tullio Pinelli, prossimo del quartiere borghese scandito del kolossal Cabiria (1914), e fi- sodale di Federico Fellini, e gira- dal neoliberty sabaudo, in seguito nanzia tra l’altro un Pietro Micca to nei campi profughi di Palese e scelta da Dario Argento come lo- nel 1907 sul martirio del geniere Trani, nei vicoli di Bari vecchia per cation de Il gatto a nove code (1971). settecentesco durante l’assedio simulare quelli di Gerusalemme e Lo stesso Argento ambienta Pro- francese di Torino (da non con- Haifa, e lungo le coste pugliesi per fondo rosso (1975) nella vicina Villa fondersi con l’omonimo film di- la partenza e l’approdo della nave Scott, la “villa del bambino urlan- retto da Aldo Vergano e i costumi colma di esuli ebraici diretti in te”, che all’epoca era un collegio disegnati da Carlo Levi nel 1937) Palestina nel 1947. Ma la città del femminile gestito dalle suore, con e Ultimi giorni di Pompei (con Va- giovane Levi è soprattutto la Tori- riprese del film anche in piazza ser e De Roberti, 1908). Ma quella no di Antonio Gramsci e di Piero CLN, dove il killer ammazza la Torino è anche la città in cui, ne- Gobetti con le sue riviste “Energie medium (“Quella piazza così ge- gli stessi anni e nelle medesime nuove”, “il Baretti” e “La rivolu- ometrica sembrava appartenere strade del giovane Levi, opera l’in- zione liberale”, su cui appaiono a una città aliena”), fino al Teatro gegnere sardo Giovanni Antonio tra l’altro le prime due lettere di Carignano sul cui palco recita per Porcheddu che introduce in Italia Un popolo di formiche di Tommaso l’ultima volta la leggendaria Clara il brevetto del cemento armato, e Fiore, che in parte si può conside- Calamai, la diva a seno nudo de La nel 1922 si applica all’architettu- rare una matrice del Cristo. Levi cena delle beffe di Blasetti (1941), e ra strutturale dello stabilimento conosce Gobetti nel novembre la sensuale/criminale fedifraga in FIAT Lingotto. Torino visionaria 1918, a soli 16 anni, e comincia a Ossessione di Visconti (1943). Villa ma concreta, e bon. frequentarlo ogni domenica mat- Scott è concepita, giusto nel 1902 tina per leggere insieme delle pa- in cui nasce Levi, dall’ingegnere gine di Hegel. Pietro Fenoglio (omonimo del maresciallo piemontese prota- gonista oggi dei noir di Gianrico Carofiglio), che nel 1911 dell’Espo- sizione Universale nel Parco del Valentino disegna gli avveniristici Studi cinematografici Ambrosio di via Mantova: “Pilastri di ferro che sorreggono un tetto vetrato a due falde soverchiato da un lu-

96/97 internet e nuovi consumi

VISIONI VERTICALI. È IL FUTURO DEL CINEMA?

di CARMEN DIOTAIUTI

È sempre più diffuso il fenomeno dei contenuti audiovisivi realizzati in verticale, il formato tipico degli smartphone, protagonista della maggior parte dei video online, ma non solo. Esiste già un Festival, il Vertical Movie, dedicato a questo tipo di filmati e sta per arrivare sul mercato un televisore il cui schermo si può ruotare anche in verticale. Peter Greenaway, ospite dell’evento, si è detto interessato a realizzare il suo primo film a fruizione verticale.

internet e nuovi consumi Si chiama Vertical Movie il primo festival italiano dedicato alle visioni verticali, nato nel 2018 sull’onda del sempre più crescente interesse verso i contenuti audiovisivi re- alizzati nel formato tipico degli smartphone, quello verticale appunto, utilizzato nella maggior parte dei filmati caricati in Rete. Un modo non solo per legittimare, ma an- che per iniziare a definire confini e sintassi di quella che è, a tutti gli effetti, una nuo- va modalità espressiva, e non solo tra i più giovani. Già nella seconda edizione della manifestazione sono state circa 1.500 le opere, provenienti da tutto il mondo, prese in considerazione per la selezione. Lo stesso Peter Greenaway, ospite del Festival, si è detto interessato a realizzare il suo primo film a fruizione verticale, sottolineando come la cultura moderna sia, in generale, indirizzata verso questa direzione, dal verti- calismo delle forme architettoniche occidentali alle abitudini di consumo dei conte- nuti multimediali attraverso lo schermo di un telefonino, che nella quasi totalità dei casi avviene orientando il dispositivo verso l’alto. “Se, poi, si ritiene il cinema come uno sguardo attraverso una finestra - ha aggiunto il regista - occorre considerare che la maggior parte delle finestre nel mondo occidentale sono di forma verticale e non orizzontale”. Così, se inizialmente un filmato girato in verticale era considerato un errore di in- quadratura, effetto di un uso un po’ maldestro del dispositivo, oggi è proprio questo il formato che appare come il più naturale alla visione. Complice lo spostamento massiccio della fruizione dei contenuti video verso lo smartphone; dispositivo dise- gnato per essere tenuto con minimo sforzo in una sola mano, orientato verso l’alto, divenuto nel tempo una sorta di protesi estensiva del nostro corpo, arrivata a dettare legge anche in fatto di sguardi e visione. Tra i primi, tangibili, effetti della diffusio- ne del fenomeno, la scomparsa, negli ultimi due anni, delle fastidiose barre laterali su questo tipo di filmati visualizzati nei player di smartphone o social network vari, YouTube compreso; la nascita di una nuova piattaforma video, IGTV, praticamen- te la tv di Instagram, che permette la riproduzione di video 9:16 ben più lunghi delle classiche Stories; il successo di un’app come TikTok, pensata per fare e condividere brevi video; l’introduzione di trailer verticali fruibili da mobile da parte di Netflix, e l’annuncio della prossima messa in commercio, anche sul mercato europeo, di un televisore Samsung (The Sero) a grande schermo, in grado di ruotare agilmente per adattarsi a contenuti sia verticali che orizzontali, imitando così, su larga scala, l’espe- rienza dello smartphone. Siamo di fronte, dunque, ad un’evoluzione del linguaggio per immagini, che ha in- vertito le proporzioni della dimensione spaziale della narrazione, portandole da 16:9 a 9:16, ma nel fare questo ha riscritto il rapporto tra cornice e opera, tra forma e contenuto. Poiché lo spazio è indiscutibilmente anche la forma del linguaggio, col mutare delle proporzioni cambia la composizione stessa dell’immagine. La rappre- sentazione in formato portrait è frutto di una nuova forma di inquadratura, di una diversa prospettiva sul mondo. La distorsione in verticale richiede un punto di visio- ne differente; un racconto articolato in una diversa costruzione: una storia pensata e sceneggiata in verticale, in cui perfino i focus narrativi appaiono mutati. Il verticale è la dimensione della presa diretta, del racconto in tempo reale sul mondo, in cui i primi piani guadagnano spazio rispetto alle panoramiche e l’attenzione si focalizza più naturalmente su volti ed espressioni. Le nuove immagini, in ogni modo, possono essere girate non solo con uno smartpho- ne ma anche utilizzando dispositivi più professionali, ruotati di 90 gradi per lo speci- fico utilizzo. Così in Cina, nazione in cui la diffusione del cellulare è particolarmente capillare, il vertical drama è diventato da qualche tempo un vero e proprio genere, con numerosi prodotti audiovisivi disponibili, per lo più di tipo seriale: dalle com- medie romantiche My Boyfriend-ish Sister e My Idiot Boyfriend alla serie comica Arg Director. Ma anche il mercato occidentale non resta a guardare: l’emittente televisiva australiana ABC ha da poco prodotto la serie in sette brevi episodi Content, sceneg- giata dalla prospettiva di un telefono e presentata in anteprima su Facebook, You- Tube e Instagram. Content segue le vicende di una giovane influencer ossessionata dalla sua immagine online, e i nuovi episodi vengono pubblicati ogni settimana alle 18:00, orario ideale per attirare il ghiotto pubblico di pendolari, che, proprio in quel- la fascia oraria, naviga maggiormente sui dispositivi mobili alla ricerca di contenuti d’intrattenimento.

98/99 punti di vista

MOVIMENTO SÌ, MA POCO ITALIANO

di PEDRO ARMOCIDA

Una riflessione sulla prima estate di Moviement che ha contribuito all’ottimo risultato al botteghino del 2019, ma i titoli italiani hanno un po’ patito. La parola a Mario Turetta - DG Cinema del MiBACT, Mario Lorini - Anec, Giampaolo Letta - Medusa e Francesca Cima - Indigo Film e presidente dei produttori Anica. punti di vista Finalmente il cinema in sala, in Italia, tira un sospiro di sollievo gra- del periodo dal 2001, grazie all’uscita di diversi titoli di richiamo per zie a un buon andamento nel 2019, anno in cui il box office ha ot- il pubblico (a partire da Spider-Man: Far from home). Anche agosto tenuto 635.449.774 euro, con 97.586.858 presenze. Rispetto al 2018 (+45,91%) ha registrato il più alto incasso per il periodo dal 1995, che, ricordiamolo, è stato un vero annus horribilis, si è registrata una anno di inizio delle attività di rilevazione di Cinetel. L’estate del 2019 crescita degli incassi del 14,35% (8,70% sul 2017) e un aumento delle ha beneficiato sia dell’uscita de Il Re Leone (primo incasso dell’an- presenze del 13,55% (5,77% sul 2017). Certo, poi, analizzando in pro- no), che dei proseguimenti dei film già in sala e delle nuove uscite. fondità i numeri si scopre che la quota del cinema italiano, 21,22%, è Ma va anche considerato che quest’estate era una di quelle senza i invece diminuita rispetto allo scorso anno (era del 23,03%), a favore grandi eventi sportivi (Europei, Mondiali, Olimpiadi…). La parola a di quella del cinema statunitense giunta al 65,16% (era del 55,57% nel Mario Turetta, direttore generale per il cinema e l’audiovisivo del 2018). Non sono questi certo dettagli trascurabili, però la sensazio- MiBACT, che ha finanziato direttamente Moviement: “Non è tanto il ne è che si respiri un’aria nuova e tutta l’industria cinematografica fatto del milione che è stato dato come progetto speciale per quei tre si stia muovendo abbastanza all’unisono: “Movimento è proprio il mesi, ma è che tutti gli attori della filiera si siano messi intorno a un concetto che riassume il significato di Moviement, un progetto tavolo con determinazione, per voler raggiungere un certo risultato. sicuramente ambizioso. E io credo che di movimento ne abbiamo Si è fatto sforzo comune e si è promosso il cinema”. fatto perché mettere insieme tutta la filiera, la produzione, la distri- Però, c’è un però. L’esiguità dei film italiani usciti nel periodo estivo. buzione, l’esercizio, lo Stato, non è così semplice”, dice Mario Lori- Perché naturalmente la parte del leone l’ha fatta il cinema statuni- ni presidente dell’Anec, che nel 2019 ha visto pure la riunificazione tense con la sua quota dell’84%, mentre l’Italia ha inciso solo per dell’esercizio cinematografico italiano con l’Anem (Associazione un 6,72% di incassi. “Moviement - spiega Giampaolo Letta, am- nazionale esercenti multiplex) confluita in Anec (Associazione na- ministratore delegato di Medusa - è stata determinante per questo zionale esercenti cinema). risultato positivo del 2019. La sfida adesso è quella di trovare dei film Ecco, sarebbe interessante capire se, e come, il lancio di Moviement italiani giusti da far uscire in estate, non è semplice per vari motivi, per portare il pubblico in sala anche d’estate abbia influito sui nu- non ultimo quello delle resistenze che hanno comprensibilmente meri positivi di tutto il 2019. Per farlo riprendiamo i dati Cinetel che registi e produttori”. D’altro canto, è anche vero, ragiona Mario Tu- testimoniano come il mese di luglio (+108,90%) sia stato il migliore retta, che questo “è il primo anno di un cambiamento. Ci siamo dati un orizzonte di tre anni, ci vuole la sua maturazione, e io penso che con il cinema italiano andrà sempre meglio”. Ne è convinto anche Mario Lorini: “La mia impressione è che ci sia il ritorno di opere che intercettano il pubblico, messe bene anche in ordine temporale. Abbiamo visto che da settembre il cinema italiano ha riconquista- to le sue posizioni, lo ha fatto anche a Natale quando non c’è stato nemmeno un Cinepanettone”. E i film italiani d’estate? “Noi ci stia- mo lavorando - rivela Letta - purtroppo un progetto che avevamo è saltato e se ne riparlerà sicuramente nel 2021, ma non è escluso che possiamo avere qualcosa per l’estate 2020. L’anno scorso facemmo uscire Il grande salto di Giorgio Tirabassi, che andò anche discreta- mente bene. Ma, lo ricordo, che più o meno dieci anni fa siamo stati i precursori con i cosiddetti ‘Cinecocomeri’... I due film dei Vanzina, Un’estate al mare e Un’estate ai Caraibi, furono dei test che dimostra- rono che certe commedie possono funzionare anche d’estate. Co- munque, il nostro contributo ci sarà”. La più realista però è Francesca Cima (Indigo Film e presidente dei produttori Anica) che, pur sottolineando come quello di Moviement sia un “progetto integrato e ambizioso su cui dobbiamo continuare di lavorare” e che “a livello di comunicazione anche tra i più giovani la percezione è positiva grazie ai tanti progetti di formazione nelle scuole”, il più delle volte non ci si accorge che il problema estivo è, diciamo così, un pochino più globale: “Il nostro è un Paese format- tato sui tre mesi di ferie, le scuole chiudono, la Rai fa le repliche, e questo è un problema per noi, perché mancano proprio i contenitori importanti in cui fare promozione. Insomma, è un sistema che va cambiato, non possiamo fare tutto da soli noi del cinema”.

100/101 constellaction!

L’INNOCENZA DELL’AZZARDO E I LEGAMI DI FAMIGLIA

di SIMON&THESTARS

L’Ariete Carlo Lizzani e il Toro Gabriele Muccino

Il Cinema e lo Zodiaco hanno molto in comune. Sono due potenti macchine narrative: dentro il cerchio zodiacale sono inscritte tutte le storie che l’uomo può raccontare, proprio come dentro i 16:9 del grande schermo. I 12 segni dello Zodiaco sono “personaggi” straordinari. Esprimono i dodici aspetti fondamentali che si fondono nella creazione di una personalità che possa dirsi completa. D’altro canto, ci vogliono dodici cavalieri per fare la Tavola Rotonda, dodici apostoli per portare il Messaggio nel mondo, dodici fatiche per concludere il cammino iniziatico di Ercole, e dodici archetipi astrologici per comporre quel caleidoscopio che chiamiamo “personalità”. A partire da questo numero, raccontiamo il cerchio dello Zodiaco attraverso dodici registi, uno per segno, che incarnano al meglio il relativo “insegnamento” astrologico.

constellaction! Gabriele Carlo Lizzani Muccino

Partiamo naturalmente dall’Ariete, il primo segno dello Zodiaco, l’apri- Dal fuoco vivo dell’Ariete si passa alla terra saggia del Toro, per raccon- pista della primavera. Attivo, intraprendente e dinamico proprio come tare il quale ho scelto Gabriele Muccino. Qui il cambiamento è netto, quel primo germoglio che rompe la stasi invernale e rimette in moto la radicale, ma al di là delle molte differenze, è forte la complementarità natura. L’Ariete è il pioniere, l’innocente, il guerriero. Innocente come tra questi primi due segni dello Zodiaco. Se il fuoco è la fiamma dell’i- lo sono i bambini: incuranti delle conseguenze, immuni dal timore del niziativa, la terra è la materia prima necessaria alla sua realizzazione fallimento. Guardano solo avanti. Del resto, se quel primo germoglio concreta. E così, il Toro raccoglie dall’Ariete il testimone dell’impulso stesse lì a pensarci e ripensarci, chiedendosi se è il momento giusto per creativo e si preoccupa di dargli forma. Preoccupandosi anche della spuntare, l’inverno durerebbe tutto l’anno. Qualsiasi impresa passa per “realizzabilità” di certe iniziative. Si può fare? Quanto tempo ci vuole? l’angolo cieco di un piccolo azzardo, e l’Ariete esprime proprio la spinta Quanto costa? Starà in piedi? Sono tutti interrogativi che esprimono la necessaria a superare quel gradino. Così come esprime lo spirito guer- vocazione primaria del Toro: prendere ciò che è astratto e calarlo in una riero necessario a prendere di petto la vita. È competitivo, senz’altro, forma concreta. Lottando contro i limiti imposti dalla materia. Come lo ma prima ancora ha bisogno di abbracciare una battaglia e combattere scultore, che deve superare col sudore della fronte la resistenza oppo- per portarla avanti. Non è la mischia che lo spaventa, ma la sensazione sta dal marmo per vedere nascere la propria creazione. O come l’ovulo di vuoto di quando non hai una causa per la quale batterti. Per queste femminile che intercetta lo spermatozoo e, con il tempo e lo sforzo, lo ragioni come rappresentante dell’Ariete ho scelto Carlo Lizzani. Non (tras)forma in ciò che dovrà diventare per assumere un’identità auto- solo per le tematiche della sua filmografia, ma anche per la sua natura noma. Tutti le altre caratteristiche normalmente associate al Toro (il garbatamente intrepida e per l’impegno profuso nelle più importanti senso pratico, l’attaccamento alla casa, alla famiglia, l’amore per tutto cause civili e politiche del suo tempo. Partigiano della Resistenza roma- ciò che dà stabilità) non sono altro che riflessi di questa sua aspirazione na, esordisce nel cinema come sceneggiatore abbracciando il Neorea- primaria: fissare le cose in strutture in grado di durare nel tempo. Tutti lismo. Del resto, il racconto del desiderio di cominciare una nuova vita temi certamente presenti nei film di Muccino, soprattutto quello di fa- di un Paese che si lascia alle spalle un passato di guerre contiene in sé miglie che ruotano attorno a case che diventano quasi luoghi totemici. quell’impulso impaziente di (ri)nascita che è proprio dell’Ariete. Nello Ma ancor prima è l’affanno dei suoi personaggi che fa pensare al Toro. stesso filone si inserisce anche il suo film di esordio alla regia Achtung! Corrono, sudano, gridano. Ogni loro manifestazione sembra esprime- Banditi! (1951), la cui “genesi” ci racconta molto su Lizzani. Il film venne re la fatica della lotta necessaria a superare una “resistenza”, una forza infatti realizzato grazie ad una sottoscrizione di azioni da 500 lire: una di senso contrario. Ancora, l’attaccamento, la possessività, il desiderio forma “cooperativa” di produzione necessaria, secondo lo stesso Lizza- di “fissare” il momento e la sensazione di nostalgia per ciò che scivola ni, a “finanziare film coraggiosi che l’industria privata non si sentiva di nel passato, espresso dalla vocazione a “trattenere”, tipica del Toro. Del produrre (…), a rompere il cerchio di una consuetudine umiliante per il resto, lo vediamo anche fuori dal grande schermo, perché il tema della cinema italiano, dare un esempio, lanciare un’iniziativa” (da “Quaderni famiglia, dei legami, dell’attaccamento ammantano la sua vita un po’ a delle Olimpiadi” n. 3, agosto 1951). E questo sembra davvero un “ma- tutto tondo. Dai rapporti controversi con il fratello Silvio, che ha “for- nifesto” dell’Ariete: apripista, sperimentatore, pioniere, coraggioso e mato” artisticamente e che ha poi visto prendere il largo, fino ad arrivare soprattutto indipendente. Perché se c’è qualcosa che proprio non riesce alle sue tre famiglie elettive, il nome di Muccino è spesso associato alle a fare è attendere i tempi degli altri. Chiedere il permesso, aspettare un sue vicende familiari. Per ragioni che sono inviolabilmente private, ma semaforo verde legato a logiche che sfuggono al suo controllo. E, ancor anche per una qualità specifica del Toro: i legami di sangue sono indele- prima, stare fermo. “Ago ergo sum”, dice l’Ariete, perché il movimento è bili, come il senso di appartenenza che creano. Come il cordone ombe- vita. La stasi, la sua negazione. licale, possono essere recisi, ma di certo non cancellati.

102/103 biografie PASQUALE CATALANO

Firma le musiche di film di Özpetek (Mine vaganti, Magnifica presenza, Allacciate le cinture, Napoli velata, La Dea Fortuna), Sorrentino (L’uo- SILVANA mo in più, Le conseguenze dell’amo- re), de La guerra di Mario, Alaska, ANNICCHIARICO La doppia ora, Sono tornato, Ro- manzo criminale-la Serie, La ver- sione di Barney, La siciliana ribelle, Foto di Francesca Marino Signorina Effe. Tiene conferenze Architetto, independent design cu- e seminari presso istituzioni cul- rator, conferenziere, svolge attività turali e musicali sul rapporto tra di critica e di ricerca. È membro del immagini e musica. Comitato tecnico-scientifico per i musei e l’economia della cultura del MiBACT. Docente all’Universi- tà Isia, sta curando dei progetti per il LAURA rilancio della tradizione artigianale italiana e collabora con “la Repub- blica” e “Domus”. Dal 1998 è stata DELLI COLLI conservatore della Collezione Per- È presidente della Fondazione Cinema per Roma e da quasi vent’anni manente del Design Italiano della del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani che asse- Triennale di Milano e dal 2007 al gna i Nastri d’Argento. Al cinema e ai suoi protagonisti ha dedicato il suo 2018 è stata direttore del Triennale lavoro quotidiano dopo i primi anni all'ADN Kronos, a "la Repubblica", Design Museum di Milano. e come inviato speciale a "Panorama". Tra i suoi suoi libri Fare Cinema, Eur, si gira, le monografie dedicate a Monica Vitti, Ferzan Özpetek, Gianni Amelio, Marco Tullio Giordana, Fulvio Lucisano e la fortunata serie Il Gusto del cinema. Ha firmato con Guido Torlonia il documen- tario Handmade Cinema, sugli artigiani del set e coordina la selezione SIMON & di “Cinema Italian Style”, la rassegna di Luce Cinecittà che, con Ameri- can Cinematheque, lancia ogni anno a Los Angeles, con un ventaglio di THE STARS titoli dell’ultima stagione, il film italiano scelto per gli Oscar.

Simone Morandi (alias Simon & the Stars) nato sotto il segno dell’Ac- quario, ha cominciato a occuparsi di oroscopo quasi per gioco, sull’on- da della pura passione per le stelle. Ma ormai è un fenomeno del web: il suo sito e le sue pagine Facebook ed Instagram attraggono ogni anno centinaia di migliaia di visitatori. Discepolo di Liz Greene e Mela- WALTER nie Reinhart, Simon ha reso l’astrologia materia illuminante e ricca di stimoli, conquistando un pubblico sempre più vasto grazie a un linguag- MARIOTTI gio sensibile, poetico e diretto. Il suo oroscopo è ospitato da numerose testate sia offline che online, radio, riviste e quotidiani. Partecipa pe- riodicamente a “Pinocchio” (Radio Deejay), “Vieni da me” (RaiUno), “Movie Mag” (Rai Movie), “Le Lunatiche” (RadioRai2). Ha all’attivo Ha studiato Filosofia a Siena e Harvard ed Economia alla Bocconi. Ha quattro libri: L’oroscopo -Il giro dell’anno in 12 segni, usciti per gli anni ideato e diretto progetti di informazione e di trasformazione per gruppi 2016, 2017, 2018 e 2020. editoriali, istituzioni, aziende. Fra i suoi libri Alfabeto del post capitalismo (2009) e WeLink-Studiosul Soft Power (2017). Attualmente è direttore editoriale di “Domus”.

biografie Sul prossimo numero in uscita a maggio 2020

SCENARI La nuova serialità italiana

INNOVAZIONI Il MIAC e l'immaginario audiovisivo italiano

ANNIVERSARI a 50 anni da Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

FOCUS Il cinema in Repubblica Ceca PosteItaliane SpA-Spedizione inabbonamento postale-70% - Aut.GIPA/C/RM/04/2013 (Alessandro Siani) “Ma cos’è,‘a casa‘e Silvan?”. e l’armadio ascomparsa”. a scomparsa, il tavolo ascomparsa Mi consigliounletto disse:“Vi un nuovo tipo diarredamento. un loro designer per farmi consigliare quali l’Ikea. Andai aparlare con Siamo invasi da tendenze estere le caseinvece cambiano. Le mammesonosempre lestesse, (Alberto Sordi) avere dellagente estranea incasa. Non misposoperch é nonmipiace (Dino Risi) figlio delsindaco. L'ha progettata ungeometra, casa moderna. In ogniPaese c' è un’orrenda

Cose e case. Come sono le abitazioni degli italiani raccontate nei film? marzo 2020 | numero 49 |anno VIII NEI FILM? DEGLI ITALIANI RACCONTATE COME SONOLE ABITAZIONI COSE ECASE. di Bernardo Bertolucci Il cinemainBulgaria FOCUS Leone aRoma Fellini aRimini, MOSTRE conformista Il a 50annida ANNIVERSARI Social Movie INCHIESTE n°49 | marzo 2020

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