MARIN TOURLONIAS

IL FIGLIO DEL MENDICANTE

C’è’in Auvergne , alla stessa distanza da Thiers , la capitale mondiale del coltello e da Ambert , che è celebre per essere la culla della carta , un piccolo villaggio appollaiato tra i Monti del Forez : Augeroilles.

Cosa dire di questo luogo ? . Poche cose . Non ha nessun monumento famoso , niente di notevole ad eccezione dei suoi paesaggi . Eppure è li che iniziò , poco piu’ di 250 anni fa , una specie di racconto delle fate , una storia degna di essere affiancata alla leggenda di Rockfeller…..

E’nel 1725 che nacque e poi ricevette il battesimo ad Augeroilles , un fanciullo che fu chiamato Marin.

Era il figlio di Antoine Tourlonias e di Marie Cambray , una coppia di povera gente , miserabili.

Non esisteva presso quella gente nessuno piu’ ricco di Pollicino .

Il tetto sotto cui vivevano non era nemmeno loro !. Antoine non aveva un lavoro fisso . Era giornaliero , vale a dire adoperato presso l’uno o l’altro durante il periodo in cui il lavoro necessitava di un poco di piu’ di mano d’opera : il fieno , la mietitura , la raccolta delle mele .. Egli non sceglieva né i suoi giorni , ne il suo luogo di lavoro , contento quando non era disoccupato ! . Molto spesso , nel suo giro , doveva anche elesimonare il pane , ed è per questo che lo si trova iscritto come mendicante nell’elenco della parrocchia di Augeroilles.

Antoine ebbe dunque , oltre ad altri , un figlio , Marin .

Quale fu l’infanzia di quest’ultimo , quale la sua giovinezza , non si sa.

Nessuno al villaggio ha notato come è vissuto questo ragazzino , tuttavia è facile immaginarlo : un po’ di lavoro , guardare per esempio le capre e le pecore nelle famiglie in cui mancavano bambini ed anziani , molto accattonaggio e probabilmente moltissimo scippo , bracconaggio , collette.

Ci si immagina il piccolo Marin che tende le sue trappole intorno ad una siepe , le mani immerse in un ruscello per afferrare una trota ….

I funghi , le more selvatiche ed altre bacche , pernici , tordi ed altri uccelli , i conigli e le lepri , i pesci che si prendono facilmente con le mani da chi sa abbassarsi , di chi non teme i graffi dei rovi , di chi sa tendere una trappola per la quale la mano è molto rapida ed agile per afferrare una trota che si nasconda in una cavità di un masso .

Considerate che in quel tempo gli agricoltori non spargevano sui loro campi tonnellate di pesticidi ,insetticidi ed altri ….cidi che distruggono anche e soprattutto la selvaggina .

Un bel giorno , sia perché egli viveva già questa vita da bohemien , sia per motivi meno conosciuti Marin, che aveva allora quasi venticinque anni , scomparve dal villaggio . Non abbiamo avuto giammai ad Augeroilles sue notizie . Egli non vi è piu’ tornato .

Qualche tempo dopo , ritroviamo Marin in Italia .

Quale progresso nella sua posizione ! .Finita la povertà!. Abbandonato il bracconaggio ! Finiti gli scippi..!

E’ ora domestico di un prelato , il Cardinale Acquaviva . Che progresso in qualche anno !

Il selvaggio si è sistemato . Egli ha un lavoro fisso e nel 1752 o 1753 sposa Maria Angela , una italiana e ben presto essi hanno il primo figlio ; Jean-Raymond .

Nella sua infanzia Marin ha conosciuto la fame , il freddo , la miseria , cosicchè egli ha deciso di arricchirsi perché ai suoi figli “non manchi niente”, come si dice nel suo villaggio di Auvergne.

E’ economo , qualità eminentemente Auvergnate . Egli è coraggioso , quasi tutti gli Auvergnati lo sono .

E’ pieno di risorse , questo è proprio di molti francesi .

Cosi’ , al suo lavoro , aggiunge ben presto una seconda attività: il commercio .

Il suo affare si sviluppa rapidamente e , alla morte del Cardinale , nel 1776 , egli si trova senza impiego , apre una bottega , una specie di Bazar , nella strada piu’ grande di Roma .

Di piu’ , sentendosi sempre piu’ cittadino ( la parola diventerà di moda dopo il 1789) di Roma , e può darsi soprattutto per compiacere alla sua clientela di matrone italiane , cambia ,oh! di poco , il suo nome . Egli lo italianizza piuttosto e si fa chiamare allora Marino Torlonia .

Suo figlio Jean-Raymond lavora con lui . Il suo commercio è florido e si è ingrandito . Un’agenzia di cambio e di prestito si è aggiunta al commercio originario . La prosperità dei Torlonia va veloce , quando Marino muore . Siamo al 21 marzo 1785 .

La primavera , la dolce primavera romana del 1785 è , malgrado questo lutto , la primavera della famiglia Torlonia .

Jean-Raymond , o piu’ esattamente Giovanni Raimondi , ha allora trentuno anni . E’ una bella età per dare nuovo slancio a tutta la giovane impresa , soprattutto se questo giovanotto ha ereditato la volontà di arrivare che ha animato suo padre , l’anziano poveraccio di Augeroilles .

J.R. ( come nel feuilleton televisivo ) continua a sviluppare l’azienda e contemporaneamente e con buon risultato , l’attività commerciale e l’attività bancaria .

Siamo nel 1801 , egli non solo è il piu’ ricco di tutti i banchieri romani , ma anche mercante di grano , agente immobiliare , esercente agricolo , albergatore ….ed altro , cosi’ , senza dubbio .

Il paragone con Rockfeller, all’inizio di questo testo , non era vano .

Non c’è un solo romano che , in questo periodo , non abbia avuto da vicino o da lontano , affari nell’azienda di Giovanni Raimondi .

Questo, sia per un prestito , per un acquisto , per un affitto… I papi medesimi , Pio VI° all’inizio , poi Pio VII° , ebbero bisogno dei suoi servizi . Pio VI° gli chiese in prestito denari e, in ragione delle sue origini francesi , gli chiese di aiutarlo a trattare con le armate della Rivoluzione e con il loro generale , un certo Napoleone Bonaparte .

Pio VII° lo utilizzò ugualmente come intermediario presso l’imperatore Napoleone primo .

Questi servizi furono pagati, non in denaro ,poiché Giovanni ne possedeva piu’ del Papa , ma con un titolo di nobiltà . Jean-Raymond Tourlonias , alias Giovanni Raimondi Torlonia , fu nominato Duca di Bracciano , titolo che lo introdusse fra la nobiltà romana .

Piu’ tardi il nostro eroe diventa Marchese , dopo accettò il titolo e la proprietà di un principe decaduto , e il Papa riconosce i suoi diritti con il titolo di Principe Torlonia .

La famiglia dei Principi Torlonia è diventata una delle piu’ importanti della nobiltà italiana . E’ sempre prospera e un dei discendenti di Antoine Tourlonias e Marie Cambray, poveri fra i poveri di Augeroilles in Auvergne , ha sposato la zia dell’attuale re di Spagna .

Se vi recate nella Regione di Ambert in Auvergne , incontrerete un gran numero di lontani cugini dei Principi Torlonia , i Tourlonias sicuro , ma anche molti altri , poiché il ramo Auvergnate , molto meno ricco del ramo italiano , è molto piu’ numeroso .

Il vostro servitore (interlocutore) ne è un ramo .

Henri Pochon

Grazie a R. Lanciani

Da : PREROGATIVE DEL 10 APRILE 1840 di STENDHAL

COLLOQUIO “STENDHAL E LA DONNA”. 13 e 14 ottobre 2006

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L’INCREDIBILE SAGA DEI TORLONIA.( Dai monti del Forez ai Palazzi Romani ) .

(Pubblicato il 5-9-2006 in “Notizie Pubbliche “).

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UN “RE DI DENARI “. GIOVANNI TORLONIA

Se i lettori di “Roma ,Napoli e Firenze”, delle “Passeggiate a Roma” e di “Vanina Vanini”, come quelli del “Conte di Montecristo “ conoscono le accoglienze fastose che Giovanni Torlonia ; “ricco banchiere molto ebreo”, “molto avaro e un po’ birbone”, a giudizio di Stendhal , donò nel suo Palazzo Venezia , senza dubbio ignorano la sua storia fantastica e quella della dinastia che egli fondò .

Gli Stendhaliani che hanno letto il breve studio di Aimè Dupuy (Il Club di Stendhal ,15 ottobre 1968 )e attraverso la corrispondenza del console , disposero ormai della corposa e piacevole opera di referenza che Henri Ponchon ha dedicato ai Torlonia , i Rorhschild di Roma , oggetto di numerosi studi in Italia , ma raramente ricordati in Francia .

Henri Pourrat ha tracciato qualche linea nel suo “Gaspard delle Montagne” al fondatore della sua stirpe ; Jean Anglade l’ha ricordato in un romanzo storico , “ Chi ti ha fatto Principe?”(1992).

Giovanni Torlonia (1754-1829) è nipote di un modestissimo mercante di tele del Forez , Antoine Tourlonias , figlio di Marin Tourlonias (1725-1785), nato ad Augeroilles (Puy de Dome ), che si stabili’ a Roma nel 1750 , dove egli italianizzò il suo cognome in Torlonia .

Dopo un giro necessario presso i Torlonia del Forez , famiglia di fabbri e di mercanti , H. Ponchon , emerito genealogista , tenta di ricostruire l’eclatante percorso di Marin che si sarà dunque stabilito a Roma , al servizio di una delle conoscenze di famiglia , l’abate di Montgon , agente di Filippo V° di Spagna , il quale ebbe severi scontri con il Cardinale di Fleury , che preferirà rifugiarsi nel Palazzo Zuccari , molto vicino a Trinità de’ Monti , dove soggiorneranno Reynolds , i Nazareni ed anche il grande Winckelman . In seguito valletto di camera ,poi mercante di sete e tessuti , Marino sposa la figlia di un emigrato francese e di un notabile tedesco .

La coppia avrà cinque figli , fra i quali Giovanni , “il famoso mercante di filo “(Stendhal), l’eroe della famiglia , che inizierà la dinastia principesca dei Torlonia , con l’aiuto di suo fratello Giuseppe .

Il commercio prospera tanto e cosi bene che i Torlonia si danno alla banca .. Benchè Giovanni non fosse accettato immediatamente nel “giro” dei banchieri romani , egli riusci’ a far diventare la sua Casa la prima sulla piazza di Roma .

Suo figlio Alessandro gli succederà e , dal 1829 fino al 1860 , dirigerà la banca che sarà venduta nel 1869 e messa in liquidazione nel 1872 . Il capitolo III° ripercorre la “irresistibile ascesa “ di Giovanni che seppe approfittare degli sconvolgimenti provocati dalla Rivoluzione francese ; banchiere del papato ( che lo farà marchese e dopo duca ), ma anche fornitore delle armate della Repubblica , approvigionatore della Repubblica romana , banchiere di tutti i Bonaparte e della nobiltà romana , rappresentante a Roma del principe di Furstenberg ( che lo farà nobile dell’Impero nel 1794 ) , ed incaricato degli interessi della Polonia ,et.,etc..

Una tale riuscita suppone beninteso capitali disponibile ed una grande intelligenza finanziaria . La banca Torlonia sarà paragonabile a quella dei Rothschild , ma con meno apertura : per prima cosa le operazioni di cambio e l’utilizzo di capitali di origine commerciale non produttivi e dopo l’accettazione di effetti emessi in Europa dal papato . Durante i venti anni di conflitti tra la Francia e la Santa Sede , G. Torlonia sarà presente in tutte le tappe , navigando fra il papato e i governi che la Francia gli impose . Il suo nome compariva frequentemente nei dispacci francesi , in special modo in occasione dell’assassinio di Basseville , l’imprudente segretario d’ambasciata di cui Stendhal ha raccontato la fine tragica dopo Monti , e nei rapporti di Cacault , quando la Francia impose al papa l’armistizio di Bologna (1796). Giovanni diventa allora il banchiere di un papa che non ha tanto denaro per pagare il contributo per l’armistizio . Come la Francia accetta di essere pagata con forniture , notoriamente dall’alunno …..( che nel XVI° secolo aveva fatto la fortuna dei Chigi ), egli si assicura il trasporto da Civitavecchia . Dopo il trattato di Tolentino (1797) , il nostro uomo interviene ancora firmando numerosi assegni per il papa : egli firma anche un compromesso con la Francia . Prosegue la sua ascesa partecipando con molta abilità ed un po’ di fortuna ad operazioni sempre vantaggiose in periodo torbido : forniture per gli eserciti , approvigionamento per la città di Roma , acquisto di beni nazionali , diverse partecipazioni finanziarie ( tessiture , legno , etc.).

La banca Torlonia è una delle piu’ solide e piu’ prospere e, alla caduta della Repubblica , Giovanni si ritrova proprietario di immense tenute fra Roma ed il mare .

Il suo motto : “ Crescere a dismisura “.

Alla fine del secolo , in seguito alla esplosione dei benefici fra il 1797 e 1800 , la sua fortuna è fatta ; è considerato come il piu’ ricco banchiere d’Italia . Mette la sua borsa e il suo credito al servizio dei Cardinali per il Conclave del 1799 , ma le sue relazioni saranno difficili con il Cardinale Consalvi , il nuovo segretario di stato nominato da Pio VII° .

Tutte cosi’ interessanti le pagine dedicate alla vita sociale dei Torlonia , all’educazione dei loro ragazzi , ai loro familiari ed invitati , ed anche ai loro lontani parenti : alla morte di suo zio Joseph Tourlonias , un semplice vetturino di Aubusson d’Auvergne , Giovanni Torlonia , già immensamente ricco , reclama la sua parte ! . Egli ha acquistato il vasto territorio di Roma Vecchia , eretto a Marchesato dal papa ; nel 1803 acquisisce il ducato di Bracciano , titolo che porterà a partire dal 1809 e che viaggiatori e cronisti menzionano inevitabilmente . Nel 1809 , ugualmente diventa patrizio romano , onore che gli accorda Pio VII° per i servizi ricevuti : entra dunque nell’alta nobiltà romana , accanto ai Borghese , Colonna , Orsini . Nel 1814 , viene nominato principe dopo l’acquisto del castello e dei terreni di Civitella Cesi . La sua ricerca nobiliare finisce nel 1820 con l’acquisto del ducato di Poli e Guadagnolo . Sopra tutti questi castelli , ville , palazzi e tombe – a Saint-Jean-de Latran , la cappella funebre dei Torlonia è “ decorata come un Cafè “.— egli pose degli stemmi molto evidenti composti da una cornice di sei rose d’oro su fondo blu’ , attraversati da due stelle cadenti : “sic itur ad astra “ avrà detto Coffe !. Se nel 1810 si trova al diciassettesimo posto fra i romani piu’ ricchi _ il principe Borghese si trova in testa con 2.605. 810 scudi-, nel 1820 la sua fortuna è valutata 1.082.752 scudi , di cui 85% in beni immobiliari . Alla sua morte lascia un patrimonio di trentacinque milioni di scudi !. I suoi figli e nipoti sposano gli eredi delle famiglie in testa alla lista: per esempio , la principessa Anna Maria , unica ereditiera del colossale patrimonio di Alessandro Torlonia , sposerà il principe Giulio Borghese , che dovrà adottare il cognome della sua sposa per continuare l’illustre cognome .

Nella saga dei Torlonia , Giovanni avrà come successore Alessandro (1800-1886) , suo figlio minore , il”Rothschild di Roma”. Il primogenito , Marino (1796-1865), meno conosciuto , sarà un esteta ed un viveur ; in quanto a Carlo (1798- 1848) , sarà il santo uomo della famiglia ed un amico delle arti . Da notare l’attenzione che Giovanni portò ai ragazzi nati dal primo matrimonio della sua donna , fra i quali “questo buon Chiaveri”, morto di colera nel 1837 , che Stendhal apprezzò . Alessandro , che sposa nel 1840 Teresa Colonna ( questo gli permette di aggiungere ai suoi stemmi la famosissima Colonna ), riconosciuto fra tutti da suo padre , fu di sicuro banchiere ed uomo d’affari , ma anche collezionista e mecenate ( per questa attività brevemente accennata , vedi Barbara Steindl , “Mazenantentum in Rom des 19 Jahrunderts . Die Familie Torlonia .1994 ). Al numero di queste operazioni , il prosciugamento del Lago Fucino , la sua grande opera , gli varrà il titolo di Principe del Fucino ,l’appalto della azienda di sali e tabacchi che Stendhal menziona nelle lettere e relazioni a Rigny, Broglie e Guizot . Considerati i servizi finanziari resi al papato , si comprende come Pio VII°l’abbia chiamato “il padre della patria “ e che abbia detto ad Anna- Maria Torlonia , sposa di Giovanni : “ Vostro figlio è il mio , egli ha salvato lo Stato “! (frase riportata da Stendhal al suo ministro ). I Torlonia giunsero al rango di principe assistente al trono papale , carica che esiste ancora oggi nella famiglia .. Alessandro sviluppa la partnership con i Rotdchild ( cassa d’ammortizzazione del debito pubblico , prestiti di Stato ), acquista numerose partecipate ( fabbriche ,trasporti . commercio della lana , etc.) . Nello stesso tempo ingrandisce e trasforma palazzi e ville acquistate da suo padre . Le gallerie e i saloni della vera “reggia” che è diventata a Piazza Venezia il Palazzo Torlonia , ex-Palazzo Bolognetti ( demolito all’inizio del XX°secolo ) , son ornate di sculture antiche e di opere di artisti contemporanei (Canova ,di cui Stendhal ammirerà il gruppo di “Ercole che getta Lycas in mare , Thorwaldsen , Galli). A ciò si aggiunge una collezione archeologica descritta da Oliviero Ozzi nel 1902 e da Jorgen Hartmann nel 1967 . La villa Torlonia , in via Nomentana , acquistata dai Colonna nel 1797 , viene ristrutturata da Giuseppe Valadier dal 1840 al 1845 , dopo da Caretti e Raimondi , sul modello di Villa Adriana , con il casino e il teatro . C’è anche il Palazzo Torlonia al Borgo (Via della Conciliazione), con i suoi ampi saloni in cui Alessandro ricevette migliaia di invitati ed organizzò feste memorabili dal 1840 al 1845 , La Villa di Albano , acquistata nel 1868 , con l’antica collezione Albani , il museo Torlonia della via della Lungara ( costituito partendo dall’antica collezione Giustiniani , su consiglio di P.E. Visconti ), i teatri Apollo , Argentina – ceduto alla città di Roma - e la sala Alibert. Lusso schiacciante dei nuovi ricchi?. Valeva la pena paragonare i Torlonia padre e figli a Mayer Amschel Rothschild e ai suoi cinque figli stabilitisi nelle cinque grandi piazze europee (Francoforte , Londra , Parigi , Vienna e Napoli – ma non a Roma !) , che rivaleggiavano in magnificenza e dei quali sono favolose le collezioni d’arte (Vedere Pauline Prèvost-Marcilhacy –I Rothdchild costruttori e mecenati ,Flammarion ,1995).

G.e A. Torlonia furono a Roma personaggi-chiave e il loro nome diventò quasi leggendario perché , come dice il proverbio : a Dio e a Torlonia , tutto è possibile .

Nel suo epilogo , Henri Ponchon cita di proposito Stendhal , pertanto nientemeno che tendere per gli arricchiti che si vantano di parlare di letteratura ,arte o musica : “ Chiunque uomo pieno di milioni , usando i migliori scultori e architetti del suo secolo , ha una possibilità di essere immortale”.

Michel Arrous . Grazie a R. Lanciani

LE FILS DU MENDIANT

Il est en Auvergne, à égale distance de Thiers, la capitale mondiale du couteau et d’Ambert, célèbre pour être le berceau français du papier, un petit village perché dans les Monts du Forez : Augerolles.

Que dire de cet endroit ? Peu de choses. Il ne possède aucun monument réputé, rien de remarquable à part peut-être ses paysages. C’est pourtant là que commença, voici un peu plus de 250 ans, une sorte de conte de fées, une histoire digne de figurer aux côtés de la légende de Rockfeller…

C’est en 1725 que naquit, puis reçut le baptême à Augerolles un petit garçon que l’on nomma Marin. Il était le fils d’Antoine Tourlonias et de Marie Cambray, un couple de pauvres gens, de miséreux. On n’était pas plus riche chez ces gens-là que dans la famille du Petit Poucet. Le toit sous lequel ils vivaient ne leur appartenait même pas ! Antoine n’avait pas d’emploi fixe. Il était journalier, c’est à dire employé chez l’un ou chez l’autre pour les périodes où l’ouvrage nécessitait un peu plus de main d’œuvre : les foins, les moissons, la cueillette des pommes... Il ne choisissait ni ses jours, ni son lieu de travail, heureux lorsqu’il ne chômait pas !

Il devait même, plus souvent qu’à son tour, mendier son pain, et c’est ainsi qu’on le trouve inscrit comme mendiant sur les rôles de la paroisse d’Augerolles !

Antoine eut donc, outre d’autres enfants, un fils : Marin. Ce que fut l’enfance de ce dernier, ce que fut sa jeunesse, on ne le sait pas. Nul dans le village n’a noté la manière de vivre de ce gamin. Cependant, il est aisé de l’imaginer : un peu de travail, garder par exemple les chèvres et les moutons dans les familles où faisaient défaut enfants et vieillards, beaucoup de mendicité et probablement énormément de chapardages, de braconnage, de cueillette. On imagine bien le petit Marin tendant ses collets au détour d’une haie, les mains plongées dans le ruisseau pour s’emparer d’une truite… Les champignons, les mûres et autres baies, les perdrix grives et autres oiseaux, les lapins et lièvres, les poissons viennent facilement aux mains de qui sait se baisser, de qui ne craint pas la piqûre des ronces, de qui sait tendre un piège ou dont la main est assez prompte et agile pour s’emparer d’une truite qui se cache au creux d’un rocher. D’autant plus qu’en ce temps-là, les agriculteurs ne déversaient pas sur leurs champs des tonnes de pesticides, insecticides et autres …cides qui détruisent aussi et surtout le gibier.

Un beau jour, soit qu’il ait été las de cette vie de bohème, soit pour des motifs moins avouables, Marin, qui avait alors près de vingt-cinq ans, disparut du village. On n’eut jamais à Augerolles de nouvelles de lui. Jamais il n’y remit les pieds.

A quelques temps de là, on retrouve Marin Tourlonias en Italie. Quel progrès dans sa situation ! Finie la mendicité ! Abandonné le braconnage ! . Terminés les chapardages ! Il est maintenant domestique d’un prélat, le Cardinal Acquaviva. Que de chemin parcouru en quelques années ! Le sauvageon s’est rangé. Il a un travail fixe et en 1752 ou 1753, il épouse Maria-Angela, une italienne, et, très vite, ils ont un premier fils : Jean-Raymond.

Dans son enfance, Marin a connu la faim, le froid, la misère, aussi a-t-il décidé de s’enrichir pour que son fils " ne manque pas " comme on dit dans son village d’Auvergne. Il est économe, qualité éminemment auvergnate. Il est courageux, presque tous les Auvergnats le sont. Il est débrouillard, ce qui est propre à bien des Français. Aussi, à son travail, il ajoute très vite une deuxième activité : le commerce.

Son affaire se développe rapidement et, lorsque à la mort du cardinal, en 1776, il se trouve sans emploi, il ouvre une boutique, une sorte de bazar, dans la plus grande avenue de Rome. De plus, se sentant de plus en plus citoyen (le mot ne deviendra à la mode qu’en 1789) de Rome, et peut-être surtout pour complaire à sa clientèle de matrones italiennes, il change oh ! très peu, son nom. Il l’italianise plutôt et se fait alors appeler Marino Torlonia. Son fils Jean-Raymond travaille à ses côtés. Son commerce est florissant et s’est agrandi. Un comptoir de change et de prêt s’est ajouté au commerce d’origine. La prospérité des Torlonia est en marche lorsque Marino meurt. Nous sommes le 21 mars 1785.

Le printemps, le doux printemps romain de 1785 est, malgré ce deuil le printemps de la famille Torlonia.

Jean-Raymond, ou plus exactement Giovanni Raimondi a alors trente et un ans. C’est le bel âge pour donner un nouvel élan à la toute jeune entreprise, surtout que ce jeune homme a hérité de la volonté de réussir qui animait son père, l’ancien miséreux d’Augerolles.

J.R. (comme dans le feuilleton télévisé) continue donc à développer l’entreprise, étendant à la fois, et avec beaucoup de réussite, l’activité commerciale et l’activité bancaire.

Si bien qu’en 1801, il est le plus riche de tous les banquiers romains, mais il est aussi marchand de grains, agent immobilier, exploitant agricole, hôtelier… et d’autres aussi sans doute. La référence avec Rockfeller, en début de ce texte, n’était pas vaine. Il n’est pas un seul romain, qui, à cette époque, n’ait eu, de près ou de loin, affaire aux entreprises de Giovanni Raimondi. Que ce soit pour un emprunt, un achat, une location…

Les Papes eux-mêmes, Pie VI, d’abord, puis Pie VII eurent besoin de ses services. Pie VI lui emprunta de l’argent et, en raison de ses origines françaises, lui demanda de l’aider à traiter avec les armées de la révolution avec leur général, un certain Napoléon Bonaparte. Pie VII l’utilisa également comme intermédiaire auprès de l’empereur Napoléon premier.

Ces services furent payés, non en argent car Giovanni en possédait plus que le Pape, mais par un titre de noblesse. Jean-Raymond Tourlonias, alias Giovanni Raimondi Torlonia fut nommé Duc de Bracciano, ce qui l’introduisit dans la noblesse romaine.

Plus tard, notre héros devint Marquis puis acheta les titres et propriétés d’un prince ruiné, et le Pape reconnut ses droits au titre de Prince Torlonia.

La famille des princes Torlonia est devenue l’une des plus importantes de la noblesse italienne. Elle est toujours prospère et l’un des descendants d’Antoine Tourlonias et Marie Cambray, pauvres parmi les pauvres d’Augerolles en Auvergne a épousé la tante de l’actuel roi d’Espagne.

Si vous vous rendez dans la région d’Ambert en Auvergne, vous rencontrerez un grand nombre de lointains cousins des princes Torlonia, les Tourlonias bien sûr, mais aussi beaucoup d’autres, car la branche auvergnate, quoique moins riche que la branche italienne est bien plus nombreuse.

Votre serviteur en est un rameau.

Privilèges du 10 avril 1840 de Stendhal

Colloque « Stendhal et la femme » 13 et 14 octobre 2006 »

L’Incroyable Saga Des Torlonia. Des Monts Du Forez Aux Palais Romains

Published on 05/09/06 in Nouvelles publications . Closed

Une « figure à argent » : Giovanni Torlonia

Si les lecteurs de Rome, Naples et Florence , des Promenades dans Rome et de Vanina Vanini , comme ceux du Comte de Monte-Cristo , connaissent les réceptions fastueuses que Giovanni Torlonia, « riche banquier fort juif », « fort avare et un peu fripon », au jugement de Stendhal, donnait dans son palais de la place de Venise, sans doute ignorent-ils sa fabuleuse histoire et celle de la dynastie qu’il fonda. Les stendhaliens, qui ont lu la brève étude d’Aimé Dupuy ( Stendhal club , 15 oct. 1968) et parcouru la correspondance du consul, disposeront désormais du solide et agréable ouvrage de référence qu’Henri Ponchon a consacré aux Torlonia, les Rothschild de Rome, objet de nombreuses études en Italie, mais rarement évoqués en France : Henri Pourrrat a consacré quelques lignes de son Gaspard des montagnes au fondateur de la lignée ; Jean Anglade l’a évoqué dans un roman historique, Qui t’a fait prince ? (1992). Giovanni Torlonia (1754-1829)est le petit-fils d’un fort modeste marchand de toiles du Forez, Antoine Tourlonias, et le fils de Marin Tourlonias (1725-1785), né à Augerolles (Puy-de-Dôme), qui s’installa à Rome en 1750, où il italianisa son patronyme en Torlonia. Après un détour nécessaire chez les Tourlonias du Forez, famille de forgerons et de marchands, H. Ponchon, généalogiste émérite, tente de reconstituer l’étonnant parcours de Marin qui se serait donc fixé à Rome, au service d’une de ses relations familiales, l’abbé de Montgon, agent de Philippe V d’Espagne, lequel eut de si sévères démêlés avec le cardinal de Fleury qu’il préféra se réfugier dans le palais Zuccari, tout près de la Trinité des Monts, où séjournèrent Reynolds, les Nazaréens, et même le grand Winckelmann. D’abord valet de chambre puis marchand de soieries et draperies, Marino épouse la fille d’un émigré français et d’une notable allemande. Le couple aura enfants dont Giovanni, « ce fameux marchand de fil » (Stendhal), le héros de la famille, qui fondera la dynastie princière des Torlonia, avec l’aide de son frère Giuseppe. Le commerce prospère tant et si bien que les Torlonia se consacrent à la banque. Quoique Giovanni n’ait pas été immédiatement accepté dans le corps des banquiers romains, il réussit à faire de sa maison la première sur la place de Rome. Son fils Alessandro lui succèdera et, de 1829 jusqu’en 1860, dirigera la banque qui sera vendue en 1869 et mise en liquidation en 1872.

Le chapitre III retrace l’« irrésistible ascension » de Giovanni qui sut profiter des bouleversements provoqués par la Révolution française : banquier de la papauté (qui le fera marquis puis duc), mais aussi fournisseur des armées de la République, approvisionneur de la République romaine, banquier de tous les Bonaparte et de la noblesse romaine, représentant à Rome du prince de Fürstenberg (qui le fera noble d’Empire en 1794), et chargé des intérêts de la Pologne, etc. Une telle réussite suppose bien évidemment des capitaux disponibles et une grande intelligence financière. La banque Torlonia sera comparable à celle des Rothschild, mais de moindre envergure : d’abord des opérations de change et l’utilisation de capitaux d’origine commerciale inemployés, puis l’acceptation d’effets émis en Europe par la papauté. Au long des vingt années de conflits entre la France et le Saint-Siège, G. Torlonia sera présent à toutes les étapes, naviguant entre la papauté et les gouvernements que la France lui impose . Son nom apparaît fréquemment dans les dépêches françaises, notamment lors de l’assassinat de Basseville, l’imprudent secrétaire d’ambassade dont Stendhal a raconté la fin tragique d’après Monti, et dans les rapports de Cacault quand la France imposa au pape l’armistice de Bologne (1796). Giovanni devient alors le banquier d’un pape qui n’a pas assez d’argent pour payer la contribution d’armistice. Comme la France accepte d’être payée en fournitures, de l’alun notamment (qui avait fait la fortune des Chigi au XVIe siècle), il va en assurer le transport par Civitavecchia. Après le traité de Tolentino (1797), notre homme intervient encore en signant de nombreuses lettres de change pour le pape ; il signe même un compromis avec la France. Il poursuit son ascension en participant avec beaucoup d’habileté et un peu de chance à des opérations toujours juteuses en période troublée : fournitures pour les armées, approvisionnement de la ville de Rome, achat de biens nationaux, participations financières diverses (tissages, bois, etc.) La banque Torlonia est une des plus solides et des plus prospères et, à la chute de la République, Giovanni se retrouve propriétaire d’immenses domaines entre Rome et la mer. Son principe : « Crescere a dismisura ». A la fin du siècle, suite à l’explosion des bénéfices entre 1797 et 1800, sa fortune est faite ; il est considéré comme le plus riche banquier de l’Italie. Il met sa bourse et son crédit au service des cardinaux pour le conclave de1799, mais ses relations seront difficiles avec le cardinal Consalvi, le nouveau secrétaire d’Etat nommé par Pie VII.

Tout aussi intéressantes les pages consacrées à la vie sociale des Torlonia, à l’éducation de leurs enfants, à leurs familiers et invités, et même à leur lointaine parentèle : à la mort de son oncle Joseph Tourlonias, simple voiturier d’Aubusson d’Auvergne, Giovanni Torlonia, déjà immensément riche, réclame sa part ! Il a acheté le vaste territoire de Roma Vecchia, ferme érigée en marquisat par le pape ; en 1803, il acquiert le duché de Bracciano, titre qu’il portera à partir de 1809 et que voyageurs et chroniqueurs mentionnent inévitablement. En 1809 également, il devient patricien romain, honneur que lui accorde Pie VII pour services rendus : il entre donc dans la haute noblesse romaine, aux côtés des Borghese, Colonna, Orsini. En 1814, il est fait prince après l’achat du château et du domaine de Civitella Cesi. Sa quête nobiliaire s’achève en 1820 par l’achat du duché de Poli et Guadagnolo. Sur tous ces châteaux, villas, palais et tombeaux – à Saint-Jean-de-Latran, la chapelle funéraire des Torlonia est « décorée comme un café », (Edmond About) – il appose de très parlantes armes composées d’un bandeau de six roses d’or sur fond bleu parcouru par deux étoiles filantes : sic itur ad astra aurait dit Coffe ! S’il n’est en 1810 qu’au dix-septième rang des plus riches romains – le prince Borghese caracole en tête avec 2.605 810 écus −, en 1820 sa fortune est évaluée à 1. 082 758 écus, dont 85% en biens immobiliers. A sa mort il laisse un patrimoine de trente-cinq millions d’écus ! Ses enfants et petits-enfants vont épouser les rejetons des familles en tête de liste : par exemple, la princesse Anna Maria, unique héritière du colossal patrimoine d’Alessandro Torlonia, épousera le prince Giulio Borghese, lequel devra adopter le patronyme de son épouse pour perpétuer l’illustre nom.

Dans la saga des Torlonia, Giovanni aura pour successeur Alessandro (1800-1886), son fils cadet, le « Rothschild de Rome ». Le fils aîné, Marino (1796-1865), moins connu, sera un esthète doublé d’un viveur ; quant à Carlo (1798-1848), il sera le saint homme de la famille et un ami des arts. A noter l’attention que Giovanni porta aux enfants nés d’un premier mariage de sa femme, dont « ce bon Chiaveri », mort du choléra en 1837, que Stendhal apprécia. Alessandro, qui épouse en 1840 Teresa Colonna (ce qui lui permet d’ajouter à ses armoiries la très fameuse colonne), distingué entre tous par son père, fut bien sûr banquier et homme d’affaires, mais aussi collectionneur et mécène (sur cette activité rapidement évoquée, voir Barbara Steindl, Mäzenatentum in Rom des 19 Jahrhunderts. Die Familie Torlonia , 1994). Au nombre de ses opérations, l’assèchement du lac Fucino, sa grande œuvre, (auquel César avait déjà pensé et que tenta de réaliser Claude) lui vaudra le titre de prince de Fucino, l’adjudication de la ferme des sels et tabacs que Stendhal mentionne dans ses lettres et rapports à Rigny, Broglie et Guizot. Au vu des services financiers rendus à la papauté, on comprend que Pie VIII l’ait appelé « le père de la patrie » et qu’il ait dit à Anna-Maria Torlonia, épouse de Giovanni : « Votre fils est le mien, il a sauvé l’Etat » ! (Propos rapportés par Stendhal à son ministre). Les Torlonia accèderont au rang de prince assistant au trône pontifical, charge qui est encore aujourd’hui dans la famille. Alessandro développe son partenariat avec les Rothschild (caisse d’amortissement de la dette publique, emprunts d’Etat), prend de nombreuses participations (mines, transports, commerce de la laine, etc.) En même temps il agrandit et transforme palais et villas achetés par son père. Les galeries et salons de la véritable reggia qu’est devenu place de Venise le palais Torlonia, ex-palais Bolognetti (démoli au début du XXe siècle), sont ornés de sculptures antiques et d’œuvres d’artistes contemporains (Canova, dont Stendhal admirera le groupe d’ Hercule lançant Lycas à la mer , Thorwaldsen, Galli). A cela s’ajoute une collection archéologique décrite par Oliviero Ozzi en 1902 et par Jörgen Hartmann en 1967. La villa Torlonia, via Nomentana, acquise des Colonna en 1797, est restructurée par Giuseppe Valadier de 1802 à 1806, puis par Caretti et Raimondi, sur le modèle de la villa Adriana, avec casino et théâtre. Il y a aussi le palais Torlonia au Borgo (via della Conciliazone), avec ses vastes salons où Alessandro reçut des milliers d’invités et organisa des fêtes mémorables de 1840 à 1845, la villa Albani, achetée en 1868, avec l’ancienne collection Albani, le musée Torlonia de la via della Lungara (constitué à partir de l’ancienne collection Giustiniani, sur les conseils de P. E. Visconti), les théâtres de l’Apollo, de l’Argentina – cédé à la ville de Rome – et la salle de l’Alibert. Luxe écrasant de nouveaux riches ? Il vaudrait la peine de comparer les Torlonia père et fils à Mayer Amschel Rothschild et à ses cinq fils installés dans les cinq grandes places européennes (Francfort, Londres, Paris, Vienne et Naples – mais pas à Rome !), qui rivalisent de magnificence et dont les collections d’art sont fabuleuses (Voir Pauline Prévost-Marcilhacy, Les Rothschild bâtisseurs et mécènes , Flammarion, 1995). G. et A. Torlonia furent à Rome des personnages-clés et leur nom est resté quasi-légendaire car, comme le veut le proverbe : à Dieu et à Torlonia, tout est possible.

Dans son épilogue, Henri Ponchon cite opportunément Stendhal, pourtant rien moins que tendre pour les enrichis qui se piquaient de parler littérature, art ou musique : « Quel que soit un homme à millions, en employant les meilleurs sculpteurs et architectes de son siècle, il a une chance d’être immortel. »

Michel Arrous

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