UNIVERSITA' DI BOLOGNA Le Trasformazioni Del
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ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA DELL’ETA’ CONTEMPORANEA NEI SEC. XIX e XX “FEDERICO CHABOD” XVIII CICLO ANNO 2007 Le trasformazioni del Psi e i mutamenti del sistema politico italiano (1975 – 1981) M-STO/04 STORIA CONTEMPORANEA CANDIDATO: Andrea Spiri TUTOR COORDINATORE Prof. Gaetano Quagliariello Prof.ssa Maria Serena Piretti 1 CAPITOLO I Il Partito Socialista Italiano prima di Craxi Quella che si apre negli anni Settanta è una stagione cruciale nella storia del socialismo italiano, sia perché con essa ha inizio una nuova fase politica, dopo il fallimento della riunificazione con i socialdemocratici, sia perché in questo periodo il Partito Socialista sente la forte esigenza di riflettere sull’esperienza compiuta negli anni precedenti e di interrogarsi sul futuro. Tutto ciò nella consapevolezza di quanto sia ormai divenuto necessario il rinnovamento del partito e l’elaborazione di una linea in grado di offrire una risposta efficace alla grave crisi economica, politica ed istituzionale del Paese1. In soli sei anni, a partire dalla fallita unificazione con il Psdi nel 1969, si verificano ben tre cambi di segreteria, con l’alternanza tra Francesco De Martino e Giacomo Mancini, «entrambi incapaci di ridare slancio autonomo alla politica socialista e di rivitalizzare un partito diviso al suo interno, burocratizzato, immobile, invecchiato, del tutto inadatto ad attirare nuovi consensi dalla società in accelerato movimento»2. Il referendum del 12 maggio 1974, vinto dal fronte divorzista del «NO», ha testimoniato la crescita civile e culturale del Paese, la sua profonda trasformazione sul piano del costume oltre che su quello politico: «la possibilità anche solo teorica del cambiamento di schieramenti governativi dà fiato alla strategia dell’alternativa»3, 1 «Le difficoltà in cui si dibatte il Partito Socialista alla metà degli anni Settanta – nota Simona Colarizi – vanno iscritte nel generale declino del sistema politico italiano che, a quella data, mostra già i primi sintomi di una crisi, destinata ad approfondirsi durante il corso del decennio successivo fino a determinare il crollo della Prima Repubblica nel 1992 – 1994. Di fronte al progressivo allargarsi della forbice società politica – società civile, tutti i partiti sono costretti a interrogarsi sulla propria identità e a tentare nuove strade per rinnovarsi al loro interno, con maggiore o minore successo. Nel Psi, tuttavia, l’opera di rifondazione appare assai più radicale e tempestiva, anche perché la perdita di fiducia del paese nella partitocrazia che lo guida fin dalle origini della Repubblica ha effetti immediatamente visibili sul piano elettorale. Già alle politiche del 1972 i socialisti scendono al 9,6%, la più bassa percentuale registrata dal 1946 […]». Cfr. S. Colarizi, I socialisti e la società italiana, Relazione al Convegno promosso dalla Fondazione Italianieuropei, “Riformismo socialista e Italia repubblicana”, Roma, 17 novembre2003, ora in “Italianieuropei”, n. 5 – 2004, pp. 173 – 190. 2 Ivi. 3 Cfr. S. Colarizi, Storia dei partiti nell’Italia repubblicana, Laterza, Roma – Bari, 1998, p. 420. Cfr. anche S. Colarizi, Biografia della Prima Repubblica, Laterza, Roma – Bari, 1996; P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, Utet, Torino, 1995. 2 che trova all’interno del Psi nuovi sostenitori, «anche nelle file degli autonomisti, timorosi sempre più che l’abbraccio del compromesso storico potesse rivelarsi troppo soffocante per il più debole Partito Socialista, e nello stesso tempo da sempre più sensibili alle istanze laiche»4. L’analisi della documentazione relativa alla struttura interna è certamente utile per fotografare lo stato del Partito Socialista italiano nella prima metà degli anni Settanta5. I dati attinenti alla consistenza e alla stratificazione sociale degli iscritti al Psi indicano che il numero dei tesserati risulta essere mediamente superiore alle 500.000 unità. Tra le federazioni provinciali più vitali per numero di sezioni e di iscritti si annoverano quelle di Milano, Bari, Roma, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna e Firenze. Nei primi anni Settanta si registrano rilevanti mutamenti nella dislocazione geografica della base socialista, con una chiara tendenza ad una progressiva “meridionalizzazione” del partito. Nel 1975 gli iscritti nell’area Lazio - Sud raggiungono il 45,2% a fronte del 39,8% del 1961. Il processo di dislocazione geografica della base socialista comporta di fatto un’alterazione profonda nella stratificazione socio-professionale del partito: non c’è infatti un gruppo sociale che connota in maniera esclusiva la forza socialista. La tradizionale configurazione operaia del partito si va sempre più affievolendo e la categoria comprensiva di operai e contadini rappresenta il 48,2% degli iscritti; assumono rilevanza alcuni strati sociali tradizionalmente minoritari nella composizione del Psi: ceti impiegatizi e liberi 4 Cfr. Z. Ciuffoletti, M. Degl’Innocenti, G. Sabbatucci, Storia del Psi. Dal dopoguerra a oggi, vol. 3, Laterza, Roma- Bari, 1993, p. 414. Proprio a testimonianza di quanto scrive M. Degl’Innocenti, è interessante riproporre il passo di un’intervista a Bettino Craxi. Interrogato sul rischio che il suo partito possa farsi “stritolare” dall’abbraccio Dc-Pci, il giovane leader della corrente autonomista del Psi afferma: «[…] Si comprende l’utilità di compromessi sul terreno delle cose utili per il rinnovamento del paese. Si contesta invece il proposito “storico”, e cioè strategico e finalistico. Si considera una sciagura l’ipotesi di un avvento della diarchia Pci-Dc», cfr. l’intervista di B. Craxi alla rivista “Epoca”, settembre 1975, ora in B. Craxi, Socialismo da Santiago a Praga, SugarCo, Milano, 1976, pp. 252 – 261. 5 Sulla struttura sociale del Psi si vedano, in particolare, Il Partito Socialista. Struttura e organizzazione, Atti della Conferenza nazionale di Organizzazione, Marsilio, Venezia, 1975, pp. 313 – 366; Psi, base sociale e struttura del partito, “Quaderni della Sezione centrale di organizzazione”, n.1, 1975; Psi, il partito e il paese. Annuario Statistico1975, “Quaderni della Sezione centrale di organizzazione”, n. 6, dicembre 1975; Almanacco socialista 1975/1976; V. Spini e S. Mattana (a cura di), I quadri del Psi, “Quaderni del Circolo Rosselli”, gennaio – marzo 1981, dove viene presentata una vera e propria radiografia del partito negli anni Settanta. 3 professionisti, piccoli coltivatori diretti, artigiani e commercianti e soprattutto le categorie inattive (casalinghe e pensionati). «Il Psi della prima metà degli anni Settanta, dunque, come altri partiti di massa, che si stanno ormai allontanando da una caratterizzazione nettamente classista, si muove lungo una direzione che riflette gli sviluppi e le trasformazioni in atto nella società italiana»6, dove la crescita di un nuovo ceto medio, già iniziata, sarebbe emersa in tutta la sua evidenza sul finire del decennio, quando il numero di addetti del terziario supera quello degli operai delle industrie7. Le analisi relative alla struttura organizzativa del partito permettono altresì di guardare alla composizione degli iscritti socialisti con riferimento al sesso, all’età e al livello di istruzione. E’scarsa la presenza femminile, di poco superiore al 10% e concentrata prevalentemente nelle fasce centrali di età; con riferimento ad esse, sono quelle comprese tra i 26 e i 40 anni e tra i 41 e i 60 che giocano un ruolo rilevante, essendo rappresentative, rispettivamente, del 32,8 e del 40,6% degli iscritti maschi; il dato relativo al livello di istruzione, infine, si presenta fondamentalmente omogeneo a quello, già visto, della stratificazione professionale: è molto alta (68,5%) la percentuale di iscritti in possesso di licenza elementare, a fronte di un 3,3% di laureati (quest’ultimo dato, comunque, non è da sottovalutare se si considera che, nell’arco temporale preso in considerazione, la percentuale di laureati a livello nazionale si attesta sull’1,7). Anche l’apparato centrale e periferico del partito è di estrazione piccolo- borghese: solo il 20% dei segretari di sezione, il 17% degli amministratori e lo 0,2% dei quadri sono operai; mentre il 35% dei segretari di sezione, il 43% degli amministratori ed il 73% dei quadri sono impiegati. 6 Cfr. G. Bettin, Il Psi e il trend plebiscitario (1976-1981), Working Papers del Centro di Sociologia Politica, Facoltà di Scienze Politiche “C. Alfieri”, Università degli Studi di Firenze, 1984, p. 22. 7 Cfr. P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi. Società e politica 1943 – 1988, Einaudi, Torino, 1989, cap. XI. 4 1.1 Il travaglio socialista: dalla Conferenza di Organizzazione alla fine del centro-sinistra I profondi mutamenti della struttura interna, che rispecchiano le più generali trasformazioni avvenute nel corpo della società, sono al centro delle riflessioni dei socialisti, che riuniti dal 6 al 9 febbraio 1975 a Firenze, celebrano un’importante Conferenza Nazionale di Organizzazione. Nelle intenzioni degli organizzatori, l’appuntamento fiorentino deve «portare il partito a un più maturo grado di riflessione sul suo modo di essere e sugli strumenti adeguati senza i quali qualsiasi linea politica rimane nel migliore dei casi “fatto” di opinione ma non si traduce in azione politica»8. La Conferenza, dunque, nasce dalla necessità di «adeguare il Psi ai mutamenti profondi intervenuti nel contesto sociale italiano, per assicurargli il suo ruolo di guida politica»9, determinante soprattutto in quella cruciale fase storica. La relazione introduttiva di Rino